premio di tesi sul tema servizi per la prima … · dotti casualmente, gli da la sensazione e la...

60
PREMIO DI TESI SUL TEMA SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA 0-3 ANNI Dedicato alla memoria di Simonetta Andreoli PROVINCIA DI BOLOGNA SERVIZI SOCIALI E SANITÀ SERVIZIO POLITICHE FAMILIARI, INFANZIA E ADOLESCENZA

Upload: doanthu

Post on 27-May-2018

212 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

PREMIO DI TESI SUL TEMA

SERVIZI PER LA PRIMA INFANZIA 0-3 ANNIDedicato alla memoria di Simonetta Andreoli

PROVINCIA DI BOLOGNASERVIZI SOCIALI E SANITÀ

SERVIZIO POLITICHE FAMILIARI,INFANZIA E ADOLESCENZA

Si ringrazia Enrica Corso per la realizzazione dell’illustrazione di copertina

INDICE

Il premio tesi: nel ricordo di Simonetta Andreoli Assessori Anna Maria Dapporto e Giuliano Barigazzi 4

L’intreccio tra gli elementi teorici e l’esperienza educativa:lo sfondo dell’analisi e della valutazione delle tesia cura di Maria Cristina Volta 5

Gli abstract 7

Gli allegati 49

Il premio tesi: nel ricordo di Simonetta Andreoli

Collegare l’esperienza dei nidi d’infanzia e dei servizi integrativi (che cono-sceva bene e che aveva visto nascere nel nostro territorio) con la rifles-

sione e lo studio; promuovere e organizzare la formazione per gli operatori inservizio e partecipare alla formazione dei futuri nuovi educatori con collabora-zioni universitarie; cogliere la centralità della professionalità del coordinatorepedagogico per la qualificazione dei servizi in continua crescita, come numeroe come diversità di gestione. Queste alcune delle attenzioni e delle intuizioni diSimonetta Andreoli, pedagogista con una curiosità operosa: curiosità dell’altro(i suoi viaggi per conoscere le realtà estere) appoggiata alla sicurezza di alcunipunti centrali e forti dei nostri servizi; curiosità operosa perché attenta a lascia-re tracce, a divenire qualcosa di trasmissibile agli altri. Una curiosità che diven-tava ricerca e riflessione.

Dalla sua morte sono state diverse le iniziative che, nella preparazione, ci han-no richiamato le sue azioni, le sue produzioni, i punti caratterizzanti la sua pro-fessionalità e anche la sua personalità: professionalità e personalità che hannocreato un bell’intreccio di conoscenze profonde e di leggerezza nella comuni-cazione.

Ed è stato questo ricordo che ha fatto sì che alcune di queste iniziative fosse-ro a lei dedicate.Tra queste, anche il “Premio tesi sui servizi per la prima infanzia” e questa pub-blicazione sono segno dell’intreccio tra il suo ricordo e il nostro lavoro quoti-diano.

Assessore Anna Maria Dapporto Assessore Giuliano Barigazzi

4

5

L’intreccio tra gli elementi teorici e l’esperienzaeducativa: lo sfondo dell’analisi e della valutazionedelle tesi

a cura di Maria Cristina Volta1

Una convenzione, un protocollo di intenti sottoscritto tra Regione, Enti Locali,Università (Facoltà di Scienze della Formazione e Dipartimento di Scienze

dell’Educazione) fa da sfondo al lavoro di raccolta e di valutazione delle tesi pre-sentate per la partecipazione al Premio Tesi. Un atto tutt’altro che burocratico cheha rafforzato il rapporto stabile tra le istituzioni e che nelle sue premesse declina-va gli obiettivi di collegare servizi e ricerca, riflessione e pratica.Questi intenti ed obiettivi hanno trovato nella convenzione stessa l’indicazione dialcune attività da svolgere: tra queste la valorizzazione del lavoro di tesi, atto cul-minante del percorso di uno studente, che spesso tuttavia rimane all’interno del-l’esperienza universitaria. Delle ragioni per cui questo premio è stato associato alpensiero di Simonetta Andreoli si è già detto, e anche l’elaborazione del presentedocumento, che raccoglie le sintesi delle diverse tesi, si collega a lei che tanto spes-so ci aveva ricordato l’importanza della cura della documentazione e della pubbli-cazione dell’esperienza. Questo fascicolo raccoglie dunque gli abstract di tutte letesi pervenute, che, pur con diversa ricchezza, con diversi livelli di approfondimen-ti e di precisione, sono complessivamente di buon livello, dotate in molti casi di al-legati e documentazioni, anche multimediali, che danno conto della cura con laquale sono state pensate ed elaborate. Le tematiche sono varie, alcune più usua-li, altre più innovative: approfondimenti sul valore dell’espressione artistica (suono,musica, colore….), del corpo e del gioco all’interno delle attività e della vita del ni-do; analisi sui servizi tradizionali e sperimentali, sulle loro specificità, sui modelli edu-cativi su cui si basano su possibili e specifiche piste di ricerca; analisi sull’evoluzionedelle politiche e del sistema dei servizi; sperimentazione di indicatori per la valuta-zione della qualità dei servizi. All’interno del tema specifico affrontato nella tesi,

1Questa introduzione sintetizza considerazioni, riflessioni e proposte elaborate durante il la-voro della commissione incaricata della valutazione delle tesi.Tale commissione, costituita conuna logica interistituzionale, è composta da: rappresentanti della Regione (Sandra Benedetti);della Provincia (Maria Cristina Volta) dell’Università di Bologna (Milena Manini) del Coordina-mento Pedagogico Provinciale di Bologna (Franca Marchesi, Maurizio Priori)

trasversale e costante è stata l’attenzione e la riflessione degli studenti sulla quali-tà, la centralità, la cura e l’intenzionalità delle relazioni all’interno dei servizi, sullaprofessionalità e la qualificazione di chi opera al loro interno, sulla potenzialità deiservizi educativi per i bambini e per i genitori.La commissione, a seguito della lettura di tutte le tesi, ha posto come elementocentrale della propria valutazione la presenza di aspetti di rielaborazione, di anali-si e di riflessione critica rispetto agli aspetti più descrittivi e compilativi, dando dun-que maggiore valore allo sforzo dello studente di intrecciare gli elementi teoricidell’esperienza universitaria con la concretezza dei servizi e dell’esperienza educa-tiva. Con tale parametro è stata stilata la graduatoria delle tesi analizzate i cui ab-stract vengono presentati in questa successione. Da questo materiale si potrannocogliere gli elementi centrali delle analisi fatte da ogni studente; per rendere pos-sibile l’approfondimento e la conoscenza del dettaglio delle riflessioni e delle ana-lisi svolte, le tesi saranno consultabili presso Laboratorio di Documentazione delComune di Bologna punto di riferimento, in ambito e su incarico regionale, delladocumentazione educativa realizzata negli ambiti provinciali.La collocazione all’interno del catalogo del Laboratorio di documentazione cosìcome la pubblicazione degli abstract, si collega ad una delle premesse del “Premiotesi”: questo aveva oltre all’obiettivo di premiare i prodotti migliori tra quelli rac-colti, anche quello di raccogliere e far circolare alcune delle riflessioni fatte dai fu-turi professionisti del nostro sistema dei servizi, di far conoscere su quali ambiti etemi maggiormente si stava orientando l’attenzione degli approfondimenti univer-sitari, di far circolare pensieri ed ipotesi di ricerca futura.Tutto questo perché (come già in diverse occasioni di riflessione è stato eviden-ziato), ad oltre trent’anni dall’avvio delle prime esperienze di nido, il nostro siste-ma dei servizi è molto complesso ed è caratterizzato da un forte ricambio gene-razionale. Quindi l’attenzione a dare voce alle nuove generazioni di educatori ecoordinatori pedagogici che stanno entrando nei servizi, a collegare la loro forma-zione all’esperienza ricca e consolidata della nostra storia, deve essere l’obiettivodei prossimi anni, così da realizzare un’evoluzione a spirale, caratterizzata dall’inte-grazione tra ieri e oggi.L’attenzione alla formazione di base e specialistica, la collaborazione e le azioni co-muni tra mondo scientifico e servizi, la conoscenza e la circolazione degli specificisaperi è garanzia certa di un miglioramento del sistema dei servizi educativi e diquesta positiva evoluzione.

6

ABSTRACT

1. L’espressione sonora attraverso il corpo.Aspetti teorici e pratici della corporeitàdel bambino durante l’attività sonora

Maria Maddalena Lusso

La mia tesi è collegata al progetto di tirocinio effettuato pres-so il nido Alpi di Bologna.

In questo nido ho lavorato con il gruppo dei bambini medi, quin-di con bambini di circa due anni.Attraverso un idoneo allestimento degli spazi e attraverso alcuneproposte effettuate ho lasciato loro la possibilità di potere esplo-rare le sonorità di oggetti del quotidiano. Gli strumenti utilizzatisono stati pentole e cucchiai.La mia partecipazione al Gres, Gruppo di Ricerca Educazione alSonoro, mi ha permesso di dare un orientamento più specifico alprogetto sonoro, permettendomi di conoscere le basi teoriche sul-le quali si sono basati progetti di questo tipo.Ripercorrendo gli studi e le ricerche che sono state condotte sulleesplorazioni sonore dei bambini, mi sono in particolar modo soffermata suquanto espresso da Delalande, il quale ha espresso delle similitudini significati-ve tra l'attività del musicista e quella del bambino esploratore. Inoltre, egli haripreso alcune fasi teorizzate da Piaget sui tipi di gioco che il bambino percor-re nella sua crescita (gioco senso-motorio, gioco simbolico e gioco di regole),collocandosi nell'ambito della pedagogia delle condotte musicali.Inizialmente vi è una spiccata attività motoria conoscitiva dell'ambiente in cui ilsuono si aggiunge al piacere ma non ne è il fattore essenziale.In seguito il bambino subordina questa esuberanza motoria, alla ricerca del suo-no che casualmente ha prodotto e che ha catturato il suo interesse, passa quin-di dall'esplorazione di un oggetto materiale all'esplorazione di un oggetto so-noro.Il piacere prodotto dalla trovata sonora lo induce ad una nuova accentuazionedell'attività motoria. La particolarità sonora verrà esplorata ripetuta e variata.Ho voluto dunque approfondire la componente corporea che caratterizza

9

l'esplorazione sonora nei bambini.Durante il gioco senso-motorio che caratterizza i primi giochi dei bambini, neiquali il piccolo si misura con l'ambiente circostante, il corpo crea un suono.Quando il bambino acquisisce questa consapevolezza è il suono che a sua vol-ta restituisce al corpo il movimento, creando una sequenza circolare in cui ilcorpo tende al suono e il suono tende al corpo.La produzione sonora derivata dal bambino dopo una serie di movimenti pro-dotti casualmente, gli da la sensazione e la misura di sé stesso.Il suono diventa per il bambino il pretesto per potersi esprimere liberamente,per potersi misurare e per rilanciare quanto sperimentato.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof.ssa Addessi Anna Rita

10

11

2. Il contenimento dei bambini nel percorso corpo-emozione al nido

Valentina Bruni

Con il mio lavoro di tesi ho voluto approfondire la tematica del contenimen-to, per cercare di capire attraverso-quali elementi esso si traduce e si

esprime. Ciò che mi ha spinto ad affrontare l'argomento è stata la convinzio-ne, maturata durante il percorso accademico, che uno degli obiettivi primaridell'educatrice di nido è aiutare il bambino e la bambina ad acquisire la sicu-rezza di base necessaria per intraprendere il proprio percorso di crescita. Lafunzione del contenimento è fornire sostegno e sicurezza, esprimendo la pro-pria presenza attraverso gesti fisici che proteggono il bambino e consentono diprendersi cura di lui. Ciò che sentivo di dover aggiungere alle mie conoscenzeera capire come si esprime la propria presenza e che cosa comportasse inse-rirla nelle competenze professionali.Procedendo per analogie, ho cercato di dipingere le sembianze che il conteni-mento assume al nido, riflettendo su diversi punti di vista: un importante aspet-to dei gesti compiuti dall'educatrice è rappresentato dalle cure del corpo, at-torno alle quali nella prima infanzia ruota l'esperienza dei bambini, e per mez-zo delle quali si inaugura una relazione educativa fondata sull'empatia, checonsente di capire ed accogliere i bisogni e le emozioni dei bambini. Inoltre, hoesplorato quali sono le basi psicologiche del contenimento, percorrendo alcu-ne teorie sullo sviluppo della relazione tra l'adulto e il bambino ed integrandola riflessione con il contributo della psicologia sociale, che sottolinea l'importan-za delle routine e della quotidianità.Ho deciso poi di orientarmi verso una lettura psicomotoria del contenimento,perché la psicomotricità si fonda sulla comunicazione corporea ed in partico-lare sul suo contenuto emozionale; inoltre, attraverso i suoi studi, ha esplicitatola necessità, per l'adulto impegnato in una relazione educativa, di doversi con-frontare con il proprio stile relazionale. Personalmente, ritengo che la parte piùcostruttiva del mio lavoro sia stata mettere a confronto queste basi teorichecon la realtà incontrata durante il mio tirocinio osservativo, da cui è nato un la-

voro di riflessione grazie al quale ho cercato di far dialogare il modello teoricodi riferimento sia con il modello ideale delle educatrici, che ho cercato di faremergere attraverso un'intervista in profondità, sia con la pratica quotidianache ho osservato direttamente mediante un'osservazione partecipante di tipodiaristico.Sono giunta alla conclusione che il contenimento si attua attraverso l'offerta diun corpo, fisico e simbolico, che si esprime attraverso modalità non verbali: ilcontenimento è nel corpo stesso dell’educatrice, che attraverso la comunica-zione corporea trasmette accettazione e sicurezza ed è nella cornice organiz-zativa, che attraverso i suoi elementi si presenta ai bambini come corpo sim-bolico che facilita e contiene le loro esperienze. Un altro tema di riflessione èstato il significato che ha per l’educatrice l'essere quotidianamente a strettocontatto con il corpo e con le emozioni dei bambini: inserire l'empatia e la co-municazione corporea tra le competenze professionali significa innanzi tutto sa-per lavorare su se stessi, perché la relazione educativa coinvolge profondamen-te, chiamando in causa i propri vissuti ed il proprio mondo emozionale. Il con-tenimento non è una tecnica che si impara semplicemente attraverso lo studiodelle sue componenti, è piuttosto un modo di essere e di esserci; occorre dun-que saper contenere le proprie emozioni per poter poi contenere quelle deibambini, attraverso un costante lavoro di autoriflessione, rafforzato e sostenu-to dal collettivo che, attraverso un clima relazionale accettante, ha la capacitàdi accogliere le emozioni delle educatrici facendole sentire a loro volta conte-nute.

Bibliografia in allegato

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof.ssa Manuzzi Paola

12

13

3. Il servizio sperimentale di Educatrice Familiare.Un sistema di indicatori per valutarne la qualità

Martina Castelli

Il servizio di educatrice familiare è uno dei servizi sperimentali sorti in EmiliaRomagna a partire dal 2000, per far fronte alle nuove esigenze e alle diverse

richieste delle famiglie.Comparsi di recente nel nostro paese sotto forma di sperimentazioni, servizisimili a questo sono nel resto d'Europa vere e proprie realtà consolidate. Ciòche differenzia i progetti italiani e in particolare quelli emiliano romagnoli è lospecifico e concreto intento educativo di questi servizi, che si configurano al-trove con finalità più intrinsecamente assistenziali.L'educatrice familiare svolge il proprio lavoro nell'abitazione di uno dei bambi-ni di cui si prende cura o in altri spazi idonei messi a disposizione da una dellefamiglie. La ricettività massima di questo tipo di servizio è di tre bambini di etàcompresa tra i sei e i trentasei mesi.L'attivazione di un nucleo di educatrice familiare avviene aseguito di un accordo tra le famiglie e la stipulazione di uncontratto tra esse e l'ente gestore, che può coincidere conuna cooperativa sociale o con un'educatrice "titolare delprogetto". L'ente gestore fornisce l'educatrice ed assicura lasupervisione del progetto mediante il proprio personale tec-nico-pedagogico; il Comune eroga a ciascuna famiglia un contri-buto mensile, effettua il monitoraggio del servizio, si occupa dellaformazione permanente delle educatrici e della messa in retedel servizio con le altre strutture per l'infanzia presenti sul ter-ritorio.Al fine di valutare la qualità di questo servizio ho svolto unperiodo di tirocinio in un nucleo di educatrice familiare aBologna. Non esistendo alcuno strumento specifico per lavalutazione della qualità dei servizi di educatrice familiare,ho fatto riferimento al sistema di indicatori elaborato nel-

l'ambito di un progetto regionale finalizzato alla valutazione della qualità dei ni-di d'infanzia.Tale progetto si è concluso nel 1998 con la pubblicazione del te-sto "La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Romagna",a cura di Anna Bondioli e Patrizia Orsola Ghedini.Affinchè tale strumento potesse essere applicato alla specifica realtà del servi-zio di educatrice familiare è stato però necessario rielaborarlo ed integrarlo, te-nendo conto degli aspetti di intimità e domiciliante che caratterizzano tale spe-rimentazione.Gli indicatori sono stati suddivisi in tre raggruppamenti principali che si ricolle-gano ai diversi sistemi a cui Bronfenbrenner fa riferimento nella sua "Ecologiadello sviluppo umano" (1979): microsistema, mesosistema e esosistema. In par-ticolare sono state indagate le seguenti aree:• Qualità del contesto, delle relazioni e dell'offerta formativa. Professionalità e

soddisfazione dell'educatrice.• Qualità del rapporto tra servizio e famiglie e soddisfazione di queste ultime.• Qualità del rapporto tra educatrici.Il nucleo di educatrice familiare è risultato complessivamente un servizio diqualità più che sufficiente. In particolare, i punti di forza del servizio sono la di-stesa organizzazione temporale e l'elevata personalizzazione delle cure. Il deli-cato rapporto con le famiglie e la condizione di solitudine e isolamento in cuiopera l'educatrice si sono invece rivelati come gli aspetti di maggiore criticità.

Bibliografia in allegato

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof. Melotti Giannino

14

15

4. Bambini e bambine nei contesti educativi:la specificità dell’asilo nido

Elena Neri

L'argomento che ho scelto di trattare nell'elaborato è la differenza di gene-re durante il gioco dei bambini e delle bambine nell'asilo nido; il mio obiet-

tivo è stato quello di rilevare se sussistono atteggiamenti e stili di gioco diffe-renziati in riferimento al genere e in che modo si manifestano queste eventua-li differenze durante l'attività ludica.Le mie osservazioni si sono svolte, in particolare, durante il gioco libero deibambini e delle bambine, considerato il momento migliore per osservare le dif-ferenze nei comportamenti e negli atteggiamenti, e in cui le preferenze deibambini e delle bambine si esprimono più liberamente, in quanto l'adulto nonpropone le attività con intenzionalità orientative. Ho scelto di ricorrere ad unatecnica di osservazione basata su una griglia che mi ha permesso di focalizzareil mio interesse sui comportamenti che ho ritenuto rilevanti e fondamentali ri-spetto al mio obiettivo.Al termine del tirocinio ho sottoposto alle educatrici disezione un'intervista allo scopo di comprendere se le differenze scaturite dairisultati della griglia di osservazione fossero o meno da loro percepite nel con-tatto quotidiano con i bambini e le bambine. Parallelamente ho approfonditole ricerche e gli studi effettuati sulla differenza di genere che mi hanno permes-so di evidenziare profonde differenze in tre diverse aree di gioco: nella scelta enell'uso dei giocattoli, nel gioco senso-motorio e simbolico e nelle relazioni so-ciali.I risultati ottenuti dalle mie osservazioni rilevano spiccate differenze nell'usodello spazio e nella scelta dei materiali; lo spazio senso-motorio risulta maggior-mente occupato dai maschi (63%); durante l'attività prevalgono giochi di mo-vimento che coinvolgono l'intero corpo (43%); predominano l'abbandono edil passaggio da un gioco all'altro e la trasformazione degli oggetti durante l'at-tività ludica (41% e 31% dei casi osservati). Diversamente le femmine occupa-no maggiormente lo spazio simbolico (67%) durante il quale prevalgono l'usodella voce e degli oggetti (35% e 43%), il materiale viene scelto accuratamen-

te nel 53% dei casi e viene utilizzato con maggiore concentrazione nel 41%,inoltre, durante l'attività rimangono più concentrate rispetto ai loro coetanei(88% contro il 40%). L'unica variabile all'interno della quale non sono emerserilevanti differenze riguarda l'area della socialità, infatti, durante l'interazione inentrambi i sessi prevale il gioco solitario e non quello collaborativo; questo da-to può essere spiegato dal fatto che la cooperazione a questa età non è anco-ra un fenomeno del tutto consolidato.Ancora oggi, però, rimane aperto l'inter-rogativo se queste differenze siano dovute a fattori genetici o culturali; nume-rose sono state le ipotesi elaborate dalle quali sono emerse due principalicorrenti di pensiero. Alcuni ritengono che la differenza sessuale sia un datoesclusivamente naturale ed immutabile; altri, invece, sostengono che sia dovutaprincipalmente ad un apprendimento culturale imposto dalla società.Ho ritenuto di conseguenza opportuno approfondire il dibattito tra pedagogiadell'uguaglianza e pedagogia della differenza, partendo da una panoramica re-lativa ai cambiamenti che hanno coinvolto il ruolo della donna nel contesto so-ciale, cambiamenti avvenuti all'interno della famiglia e nei percorsi scolasticifemminili. In seguito a questi cambiamenti, consequenziali ad un costrutto sto-rico-culturale, si è creata una cultura della parità, nella quale la differenza tra uo-mini e donne viene negata tramite l'assunzione di un ruolo neutro nei confron-ti di essa. La differenza di genere, invece, esiste e solo il riconoscimento di es-sa porta la donna alla vera espressione di sé stessa, all'accettazione profondadella propria appartenenza di genere e alla libertà femminile, senza essere co-stretta ad uniformarsi ed omologarsi al sesso maschile, perché l'uguaglianza deidiritti e delle pari opportunità non basta a rendere libere le donne. Questopensiero, che si contrappone al paradigma dell'uguaglianza, viene affrontato dalmovimento della pedagogia della differenza, e questo passaggio di paradigmaha investito anche l'educazione e l'istruzione perché sono i principali strumen-ti di acculturazione ed il luogo privilegiato della trasmissione delle conoscenze.La forte presenza femminile nel corpo docenti delle scuole viene vista e pen-sata, dalla pedagogia della differenza, come fonte di forza al fine di valorizzaree rinforzare l'identità delle bambine, renderle soggetti autonomi, educandolenella differenza. Infatti, le educatrici e le insegnanti sono "costrette" costante-mente a confrontarsi e a proporre una propria identità sessuale in una fasemolto delicata della prima infanzia: la costruzione dell'identità sessuale dei bam-bini e delle bambine, altro tema di riflessione che ho sviluppato all'interno del-

16

l'elaborato.Ciò che è emerso dagli studi da me effettuati, mi ha permesso di confermareche le educatrici continuano a proporre un modello educativo politico "neu-tro", pensando in questo modo di battersi per l’uguaglianza tra i sessi, attraver-so l'imparzialità dei loro atteggiamenti e comportamenti; infatti le differenzenon solo vengono negate, ma vengono contestualmente incolpati i genitori diessere gli unici responsabili trasmettitori di stereotipi sessuali. A mio parere ilsistema scolastico all'interno degli asili nido dovrebbe essere maggiormente in-formato al fine di fornire un'adeguata formazione verso il rispetto delle diffe-renze di genere e verso la valorizzazione dell'identità di genere in modo taleda poter proporre modelli educativi più equi e congrui alle necessità dei bam-bini e delle bambine, valorizzando le caratteristiche, le qualità e le identità deidue sessi.

Bibliografia in allegato

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof.ssa Manini Milena

17

5. Genitori e bambini di fronte alla tv.Le implicazioni educative della co-visione all’interno di un centro per bambini e genitori

Valentina Donati

Viviamo in una società multimediale in cui la televisione è indubbiamenteuno dei media più diffusi ed attorno a essa si sono sviluppati dibattiti ed in-

terventi con l'intento di sottolinearne i rischi e il suo discutibile potenziale edu-cativo. I bambini mostrano per lei un grande interesse, non mi è stato quindipossibile non affrontare ed analizzare il binomio Tv-infanzia. La televisione èun'esperienza quotidiana, essa infatti può essere una compagna portatrice diconoscenza, ma può anche essere una presenza negativa.È pertanto importante cercare di scoprire nuove potenzialità e utilizzi del mez-zo televisivo.Nel corso della mia tesi, in particolare della prima parte, sono illustrate le prin-cipali teorie sulla visione televisiva in relazione al contesto di fruizione, i suoipossibili ambiti di utilizzo, le forme di tutela che gli autori televisivi attivano neiconfronti del pubblico (forse erroneamente) considerato il più vulnerabile difronte allo schermo e vi è un'analisi storica sulla programmazione per i mino-ri.Nella seconda parte, invece, è sviluppata e valutata un'esperienzacondotta in prima persona in uno degli innovativi servizi perl'infanzia: un centro per bambini e genitori.Analizziamo ora il contenuto di ciascun capitolo.Nel primo capitolo si analizza il ruolo dei mass-media al-l'interno della nostra società, dopo aver lasciato spazioad una descrizione delle principali metodologie di ri-cerca ed agli studi che si sono interessati al consumomediatico.Nel capitolo successivo per acquisire una più ampiaconoscenza dei preconcetti e dei quadri di valore sianalizzano le differenti linee teoriche che si occupano deiprocessi di apprendimento e sviluppo (Piaget e Vygotskij).

19

Nel terzo capitolo si prende in esame la socializzazione ai media. Ci si soffer-ma in modo particolare sui diversi contesti di fruizione (scuola, famiglia..) e sucome le interazioni fra i co-fruitori possano attivare processi sociali. Si dedicaspazio ed attenzione all'attività di mediazione che gli adulti operano sui bambi-ni in caso di visione congiunta.Il quarto capitolo offre un piccolo scorcio sulla disciplina della Media Educationche è il ponte ed il nodo fra il mondo della comunicazione e quello dell'edu-cazione.Il capitolo numero cinque apre una parentesi sulla televisione come servizio al-la popolazione. Sono stati confrontati i caratteri della televisione del serviziopubblico e di quello privato. Il confronto ha interessato anche la BBC, indiriz-zando in modo particolare l'attenzione sui protocolli che regolano le trasmis-sioni in funzione del pubblico dei minori. Il capitolo si chiude con l'analisi stori-ca della programmazione della Tv dei ragazzi.Nel sesto capitolo viene analizzato dettagliatamente un programma cult dellaTv dei ragazzi, I Teletubbies, che è stato il punto di partenza della parte praticadella mia tesi.La seconda parte della tesi inizia con il settimo capitolo in cui si descrive il pro-getto svolto in un Centro per bambini e genitori. In questo capitolo mi soffer-mo attentamente sulle caratteristiche del SET, dove ho sviluppato in modo pra-tico la mia esperienza. Essa ha avuto come obiettivo la ricerca delle implicazio-ni educative in un contesto di co-visione, tramite l'analisi del comportamentodi ascolto di un gruppo di adulti e bambini a fronte di un particolare testo te-levisivo. La trascrizione e la rielaborazione dei dati relativi al comportamentodi ascolto mi hanno permesso di rilevare come la fruizione collettiva può es-sere una sorgente di apprendimento di regole relazionali e sociali, oltre ad es-sere un'ottima risorsa cognitiva.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof.ssa Baronia Letizia

20

21

6. Il centro per bambini e genitori:un'opportunità di sostegno al neo-genitori

Chiara Salomoni

Negli ultimi anni la società italiana ha vissuto diverse trasformazioni che han-no modificato la struttura e la vita delle famiglie. Conseguentemente i

bambini, ma anche gli adulti, hanno manifestato nuovi bisogni.Il lavoro di cura nei confronti dei figli è sempre più spesso ridistribuito ed en-trambi i genitori si occupano del bambino. L'arrivo di un bambino si riflette an-che nelle relazioni all'interno della coppia implicando la creazione di nuovi equi-libri. Si ha di fronte, inoltre, un panorama che vede un aumento delle difficoltàdi collaborazione per la gestione della vita quotidiana all'interno delle reti fami-liari e sorgono, quindi, nuovi bisogni.Tenendo conto di questo quadro generale si può dire che si sta assistendo aduna progressiva privatizzazione della vita familiare e tutto questo porta chiara-mente con sé delle conseguenze. Innanzitutto il lavoro di cura e le responsabi-lità educative tendono ad essere via via concentrate solo sui genitori e l'unicoambiente in cui crescono i bambini tende a coincidere sempre più con le pa-reti domestiche.L'isolamento in casa in cui cresce il bambino coinvolge in prima persona anchei genitori e chi si prende cura del piccolo. Questa realtà porta con sé una con-dizione di solitudine piuttosto ampia che vede il padre e la madre vivereun'esperienza nuova e particolare come quella della genitorialità da soli, lonta-ni e senza alcuna assistenza offerta dalle reti familiari ed amicali. Inoltre è da te-nere presente anche il fatto che la nuclearizzazione delle famiglie ha fatto sì chesempre più spesso l'uomo e la donna diventassero genitori senza avere alcunaesperienza con bambini piccoli.In una realtà come questa è facile che l'esperienza genitoriale sia accompagna-ta da ansie ed insicurezze.Alla luce di quanto detto appare necessaria una proposta di sostegno alle fa-miglie, soprattutto ai neo-genitori, che li accompagni nella loro esperienza dicura e di educazione del bambino aiutando a cogliere le potenzialità di ognu-

no, offrendo occasioni di condivisione che permettano ai padri e alle madri disentirsi meno soli.I servizi socioeducativi hanno voluto rispondere all'appello delle famiglie crean-do nuove tipologie di servizi per l'infanzia. Con questa iniziativa si vuole fare inmodo che non ci si limiti, nel sostegno ai genitori, a dare risposte settoriali especialistiche, ma si cerchi di offrire alle famiglie uno spazio nuovo che favori-sca il confronto e la condivisione delle esperienze.La decisione presa dalle nuove tipologie di servizi per l'infanzia si è rivelata vin-cente, in modo particolare quella offerta dai Centri per bambini e genitori, chepropongono iniziative in una dimensione informale che non esclude i bambini,ma li mette al centro delle attenzioni educative, con operatori che lasciano spa-zio ai genitori, li ascoltano e li aiutano nel confronto con altre famiglie. Il con-senso ottenuto dimostra che i Centri sono riusciti a dare risposta ai bisogni deigenitori e dei loro figli.In questo lavoro sono state ripercorse, nella prima parte, le dinamiche che han-no investito le famiglie italiane in questi anni, ed è stato analizzato cosa signifi-ca, conseguentemente, diventare genitori oggi. Nella seconda parte è stata pre-sentata l'opportunità di sostegno che i Centri per bambini e genitori offronoalle famiglie, prestando particolare attenzione alle offerte fatte ai neo-genitori(con bambini da O a 12 mesi), riportando anche la mia esperienza di tirocinioche mi ha permesso di conoscere da vicino e di lavorare in un Centro che faquesto tipo di offerte.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof. Melotti Giannino

22

23

7. "Maestra ascoltami". L'esperienza sonoro-musicale del bambino

Katia Macchiavelli

Maestra ascoltami", suona così il titolo della mia tesi, per sottolineare che so-no molte le occasioni in cui i bambini esprimono il desiderio di essere se-

guiti da uno sguardo attento e interessato, capace di dare valore e significato aciò che stanno facendo, o lo richiedono come motivazione necessaria per con-tinuare la loro attività. "Guarda il mio suono" è una frase che spesso i bambinirivolgono alle educatrici quando giocano, sintetizzando in modo molto efficaceil bisogno di essere riconosciuti nella loro ricerca, e di poter contare sull'atten-zione di un adulto competente e coinvolto. E forse non è del tutto superfluosottolineare il fatto che, di solito, i bambini chiedono alle educatrici di guarda-re il loro suono e non di ascoltarlo, esprimendo il desiderio di un'attenzionecomplessiva nei confronti dell'azione che produce suono, e non solo del suorisultato. I bambini sembrano dunque chiedere agli adulti di condividere le at-tività di esplorazione e di scoperta, attraverso una presenza che evita commen-ti e giudizi, ma garantisce attenzione e capacità di attesa.Per poter prestare la massima attenzione a ciò che fa il bambino è fondamen-tale osservare e studiare il suo sviluppo da vicino. Come dimostrato da moltericerche esiste uno sviluppo musicale del bambino già nella fase prenatale chegli permette di porre le basi per gli ulteriori sviluppi. Già pri-ma della nascita i bambini hanno un'intensacapacità uditiva ed è grazie ad essa cheil piccolo stabilisce i primi scambi ei primi legami con l'ambiente fisicoe umano che lo circonda. L'espe-rienza sonora prenatale può con-dizionare precocemente diversi at-teggiamenti, comportamenti, incli-nazioni o avversioni relativi alsuono e alla musica, ma anche alla

"

relazione con l'ambiente e con gli altri. Ma fondamentali sono soprattutto i pri-mi tre anni di vita, in cui il bambino instaura un contatto diretto con i suoni econ la musica. Attraverso le reazioni circolari, il bambino diventa capace di tro-vare per caso un risultato nuovo e interessante, di conservarlo mediante la ri-petizione e di variarlo al fine di studiarne la natura. E' inoltre fondamentale perla formazione del linguaggio e per l'apprendimento delle prime forme di attivi-tà sonora, vocale e musicale, lo scambio intenso che il bambino intrattiene conil suo ambiente umano. E' infatti molto importante a questo proposito la co-municazione preverbale fra gli adulti e i lattanti, che viene modulata attraversoil baby-talk, che è appunto il discorso che l'adulto indirizza al bambino piccolo.E' stato studiato che molti dei tratti semplificati e sottolineati dalla voce adultaattraverso il baby-talk sono comuni all'organizzazione temporale sia della linguasia della musica: abbassamento dell'altezza e allungamento della fine delle frasi,contrasti di dinamica, accelerazioni e decelerazioni.Si è quindi scoperto che l'attitudine musicale, che si può definire come la po-tenzialità di imparare in musica, è in parte innata e in parte legata all'ambientein cui il soggetto vive nei suoi primi anni di vita. Quanto più sarà ricco di stimo-li musicali l'ambiente che lo circonda, tanto più il bambino sarà in grado di vi-vere il linguaggio musicale come una fonte di espressione naturale, alla streguadella competenza linguistica. Per rispondere nella maniera migliore alle richie-ste del bambino è importante osservarlo e analizzare successivamente le con-dotte musicali che egli è già in grado di mettere in atto da solo.Per attuare il mio progetto ho preso come riferimento il modello di Delalan-de sul concetto di condotta sonora e ho osservato se e come queste condot-te potevano essere presenti in bambini di due - tre anni. Ho svolto il mio pro-getto con otto bambini all'interno di un nido, alcuni della sezione dei divezzi ealtri della sezione dei semidivezzi. L'obiettivo che mi ero data era quello di os-servare le condotte sonore spontanee dei bambini e valorizzare le formeespressive e comunicative, in gruppo e singolarmente, individuando delle stra-tegie di interazione adulto/bambino in grado di far evolvere il loro gioco. Perstudiare le condotte, ho preso in considerazione le azioni messe in atto daibambini e coordinate fra loro in funzione di una finalità. Durante il progetto hodato ai bambini la possibilità di esplorare liberamente un materiale da me scel-to. Il mio atteggiamento durante le quattro giornate di progetto è variato in ba-se alla situazione che si veniva ad instaurare. Inizialmente ho effettuato un'os-

24

servazione non partecipante in modo da lasciare i bambini liberi di esplorare imateriali secondo i loro tempi. In seguito, in base alle osservazioni raccolte homesso in atto alcune strategie di interazione volte a focalizzare la loro atten-zione sulle specifiche caratteristiche sonore del materiale, ad acquistare consa-pevolezza delle proprie azioni, a sperimentare le azioni di altri bambini sul pro-prio corpo per integrarle nei propri schemi motori e a valorizzare e far circo-lare le scoperte dei singoli all'interno del gruppo. Durante l'interazione hosempre cercato di pormi nella zona di sviluppo prossimale del bambino, in al-tre parole ho cercato di mostrare al bambino situazioni che fossero vicine allesue capacità, per poter essere da lui agite in prima persona.Il progetto mi ha dato la possibilità di riflettere sull'importanza, in un primo mo-mento, di lasciare i bambini liberi di esplorare il materiale da soli, perché essisono già in grado di mettere in atto condotte sonore. Ho inoltre potuto con-statare l'importanza della presenza, all'interno di una situazione educativa, di unadulto capace di valorizzare e rinforzare le scoperte dei bambini, a volte anchesoltanto attraverso uno sguardo interessato, che valorizza l'agire del bambinoe lo sostenga. Una persona in grado di sostenere le condotte spontanee deibambini e di mettersi in gioco con loro, lasciandoli liberi di agire in alcuni mo-menti e di valorizzare le loro scoperte, sia a livello di interazione verbale chenon, in altri frangenti. Il progetto mi è stato utile per capire quanto sia impor-tante osservare il gioco dei bambini per comprenderne i meccanismi e per va-lutare quali siano i modi migliori per interagire con loro e far così progredire leloro scoperte. Ho potuto constatare che l'esplorazione sonora dei bambinipuò essere scoraggiata, o al contrario, arricchita se le condizioni, i materiali el'atteggiamento degli adulti la favoriscono. Fondamentale è che la comunicazio-ne fra educatori e bambini avvenga in modo morbido e preferibilmente attra-verso i gesti e gli sguardi, ma soprattutto utilizzando il dialogo sonoro, fatto dipiccole provocazioni atte ad accendere stupori e curiosità.Questa esperienza mi ha fatto scoprire che mettendosi nei panni dei bambinie giocando con i suoni, si diventa più sensibili alle condotte spontanee dei bam-bini, riuscendo a coglierne il valore e la bellezza. Ho riscoperto il piacere di gio-care e di stupirmi con oggetti comuni, ho riattivato la curiosità di leggere og-getti e luoghi come scrigni colmi di sorprese da catturare con orecchie atten-te e ho assaporato il piacere di produrre effetti e macchie di suono nuove.L'esperienza sonora che ho vissuto con i bambini, è stata utile perché ha spin-

25

to i piccoli verso la libera espressione creativa, valorizzando le scoperte e raf-forzando le loro condotte musicali, e ha creato un contesto strutturante edemotivo che ha permesso loro di esprimersi. Alla musica riconosco un grandepotere magico, evocativo, di sensazioni ed emozioni, per questo credo che ilsuo uso vada potenziato ed amplificato all'interno dei servizi per l'infanzia,avendo come obiettivo principale quello di incentivare nel bambino le condot-te esplorative e creative, valorizzando nel contempo le sue scoperte.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof.ssa Addessi Anna Rita

26

8. Un Sistema di Indicatori per la Valutazione della Qualità del Servizio Sperimentale diEducatrice Familiare

Gioia Casolari

Iservizi sperimentali, di cui fa parte l'educatrice familiare, si configu-rano come una possibile risposta che gli Enti locali e la Regione

promuovono in particolari situazioni sociali e territoriali per venireincontro alle necessità sempre più complesse e differenziate delle fa-miglie.L'educatrice familiare è quindi una nuova figura professionale che siprende cura dell'educazione dei bambini in un contesto strutturalee relazionale diverso da quello del nido: l'abitazione del bambino, fi-no ad un massimo di 36 ore settimanali, per 10 mesi nell'arco del-l'anno. Per ogni educatrice familiare il numero di bambini non puòessere superiore a tre.Le educatrici, fornite da Enti e Cooperative accreditati, oltre ad essere in pos-sesso dei medesimi titoli richiesti per le educatrici dei nidi d'infanzia, hanno an-che frequentato corsi di formazione specifica.Le famiglie stabiliscono un regolare rapporto privato con l'educatrice e pren-dono accordi sulle modalità organizzative del servizio in modo autonomo; so-no infatti le famiglie stesse che formalizzano il contratto di lavoro con l'educa-trice.Il Comune, oltre a prevedere un contributo diretto per il servizio, definito se-condo criteri di congruenza ed equità rispetto alle rette dei nidi d'infanzia, ga-rantisce la supervisione del coordinatore pedagogico comunale, la formazionepermanente delle educatrici ed il collegamento con il sistema dei servizi perl'infanzia presenti sul territorio.Per la mia prova finale lo scopo era di valutare la qualità del servizio di educa-trice familiare a Bologna, nel quale ho svolto il tirocinio. Non avendo trovatogriglie di indicatori specifici già esistenti, ho deciso di riadattare e integrare, se-condo le esigenze peculiari del servizio sperimentale, un sistema di indicatoriper la valutazione della qualità, costruito da un gruppo di esperti, ricercatori e

27

tecnici della Regione Emilia-Romagna, per il nido, in modo da assicurare così ilcriterio di collegialità.Gli indicatori sono stati perciò raggruppati, secondo il modello di contesto diBronfenbrenner (1979), in microsistema, mesosistema ed esosistema. Il micro-sistema comprende la qualità del contesto, la qualità delle relazioni, la qualitàdelle offerte formative, la professionalità dell'educatrice e la soddisfazione del-l’educatrice; il mesosistema include il rapporto tra servizio e famiglie e la sod-disfazione di queste ultime; infine l’esosistema riguarda il rapporto tra educatri-ci.In base al sistema di indicatori costruito, la valutazione ha messo in evidenza va-lori molto positivi riguardanti la qualità dell’organizzazione del tempo, la stabili-tà del contesto in cui i bambini trascorrono la giornata e la qualità delle offer-te formative; un altro punto forte del servizio riguarda la personalizzazione del-le cure e la relazione profonda che si instaura tra l’educatrice e i bambini. Ilrapporto con le famiglie può essere più o meno complicato da gestire; infatti,vista la natura privata del rapporto e il ristretto numero di persone coinvolte,per l’educatrice a volte è difficile conciliare il suo ruolo con le richieste dei ge-nitori, perciò è importante che la relazione non diventi eccessivamente infor-male.Un punto debole del servizio concerne la solitudine dell’educatrice dovuta al-la carenza di un confronto giornaliero con altre colleghe.La figura dell’educatrice e la qualità dello svolgimento del suo lavoro divengo-no elementi imprescindibili, in quanto incidono profondamente sulla qualitàdell’intero servizio.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof. Melotti Giannino

28

9. L’arte: esperienza che nutre. Per un'analisi deirapporti fra il cibo e l'espressione artistica in unaprospettiva pedagogica

Margherita Dotti

Questa tesi si struttura come analisi del progetto "Arte e cibo" svoltosi nelmese di giugno ultimo scorso all'interno della sezione di nido della scuo-

la “Mamma Nina" a Fossoli di Carpi e rivolto a bambini di due anni di età.Tale proposta tendeva a favorire nei bambini la conoscenza di alcuni aspetti ar-tistici che, più di altri, interessano e coinvolgono il corpo e le sue sensazioni so-prattutto quelle derivanti dal rapporto con il cibo. Esso ha aspetti storici, cultu-rali, antropologici, sottende numerosi significati e acquista dimensioni semprepiù complesse man mano che procede lo sviluppo psicofisico dell'individuo: ilcibo come fatto simbolico si lega al territorio, all'evoluzione dei costumi, allacrescita del bambino, alla percezione dell'affettività e alla scoperta del cor-po…L'atto alimentare è, quindi, momento di soglia, di contaminazione, di espe-rienza di pluralità e strumento d'indagine del "territorio" del sé e dell'altro: chimangia non assorbe soltanto dentro di sé le proprietà del nutrimento, ma si si-tua in un sistema culturale.All'interno della società post-moderna dove la realtà del cibo è resa via via piùimmateriale da forme culturali degradanti, indirizzate al superficiale e all'idola-tria delle immagini, si avverte una sovraesposizione di stimoli, soprattutto quel-li veicolati dai mass-media, che inducono verso un sentire impersonale e repri-mono le forme di senso e di contatto im-mediato specifiche della dimensionecorporea del bambino e che costituiscono il fon-damento del suo sapere. Come fare per riafferma-re in campo educativo il valore della propria diffe-renza soggettiva rispetto ad ogni altro da sé? Co-me fare per promuovere l'affermazione deipropri gusti contro l'abitudine alla mediocri-tà e alla superficialità?Le forme da dare ai percorsi emozionali e

29

narrativi intorno al cibo possono essere innumerevoli perché in un solo e rei-terato gesto del mangiare sono sottintesi molti significati; perciò il mondo del-l'arte, che come il cibo ha una matrice fisica, riferita ai sensi e alle percezioni,permette di sondare su ciò che l'abitudine del quotidiano spesso nasconde.Sia nell'artista che nel bambino si ritrova lo stesso percorso creativo: entrambi"guardano" con occhi non assuefatti, non si soffermano al dato visibile ma espri-mono esperienze esteriori che parlano direttamente all'osservatore. Non a ca-so in molti lavori di artisti moderni (come Paul Klee o Picasso) l'universo infan-tile riveste un ruolo importante per il linguaggio dei sentimenti che gli è pro-prio e che, successivamente, riemerge nell'immaginazione adulta.Nel bambino questa partecipazione è accompagnata dal desiderio di potertoccare con mano la veridicità delle cose, anche quando impara ad interpreta-re informazioni dalla vista o dagli altri sensi. Per questo è urgente nella scelta edefinizione dei saperi "forti" da trasmettere e da apprendere in un sistema cul-turale, insegnare soprattutto a guardare con le mani; invece i bambini col tem-po vengono sempre più ammoniti a "non toccare", come insegna Bruno Muna-ri, e sono condizionati da un'educazione limitativa orientata solo alla vista e al-l'udito. In tale logica, lo sviluppo e l'esercizio della dimensione artistica fin dallaprima infanzia si presentano come una condizione necessaria per il processo diformazione perché, se l'arte è fatta procedere dall'impersonalità all'esperienzaallora, riuscirà a coinvolgere l'interezza della persona in quanto contiene formedi conoscenza diverse e pone le basi per lo sviluppo di una forma di pensierodivergente e critico.Per quanto riguarda il cibo, da sempre è ritratto nelle opere d'arte. Dall'artegreca a quella romana i cibi sono impiegati per delle rappresentazioni ma sem-pre come elemento marginale o con connotazione religiosa, tra cui il Veronesecon Convito in casa di Levi (1573). Una nuova mentalità nei confronti del cibo siriscontra nell'opera Ortolano (1580) di Giuseppe Arcimboldo dove trionfa il gu-sto per l'allegoria e per la fantasia sfrenata: d'ora in poi il cibo non serve piùsolo per il sostentamento (concetto medievale), ma può e deve dare piacere.Emerge, tra il Cinque e il Seicento, il genere della "natura morta", già praticatoin epoca ellenistica e poi ripreso negli affreschi di Pompei ed Ercolano. Il primoa concepire il valore dell'opera d'arte nell'esaltazione della materia umile è Ca-ravaggio, come avviene nel Canestro di frutta (1594) dove pone la frutta dipin-ta sullo stesso piano delle altre forme d'arte. Il tema della cucina popolare, in-

30

vece, è trattato soprattutto nei quadri della pittura olandese del Seicento: laLattaia di Joannes Vermeer (1659) vuole simboleggiare il valore sacro del lavo-ro, anche quello più umile e quotidiano. In parallelo, anche il celebre I mangia-tori dì patate di Van Gogh (1885) è uno straordinario documento visivo dell'ali-mentazione delle classi popolari. In epoca più recente altri artisti si cimentanonel genere della natura morta: Cézanne ritrae oggetti inanimati per produrresensazioni tramite l'accostamento di tonalità calde e fredde che sono il riflessodi una coscienza in atto, di una ricerca ontologica; Morandi evita sofisticherieretoriche sostituendo l'alimento con bottiglie, vasi polverosi e barattoli che dal-la natura prendono in prestito forme e colori.Venendo agli artisti del nostro tempo, Man Ray e Piero Manzoni vedono l'og-getto in una dimensione in cui tutto può essere estetico perché non si dispo-ne più di modelli di valore e si vuole rompere le regole di una società utilitari-stica; poi nel clima del dopoguerra si sviluppa un'arte impegnata nel reale chesi misura con la nuova società dei consumi e dell'immagine, per esempio Li-chtenstein e Wharol analizzano da punti di vista diversi il sistema del consumi-smo illimitato: il primo vuole riprodurre il processo tecnologico con cui sì fab-bricano immagini capaci di colpire la psicologia collettiva, il secondo utilizza im-magini oramai logore, sfatte e perciò più sedimentate nell'inconscio collettivo.Poi i fotorealisti sfruttano l'idea della frontalità, presa in prestito dalla tecnica fo-tografica: per esempio, in French fries and Ketchup (1963) di Claes Oldemburg.Nel caso di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen l'alimento e gli oggettid'uso quotidiano diventano Large-scale project, ovvero immense installazionicon finalità sia estetica che simbolica che creano un effetto di spiazzamento nelpaesaggio. Infine, la riflessione sulla rappresentazione del cibo nell'arte si con-clude con Daniel Spoerri e Mario Merz. Entrambi non hanno usato tele ma ta-vole per creare opere di grande impatto con significati e qualificazioni diverse.L'esperienza di "Arte e cibo" rivolta ai bambini della sezione di nido, propone-va di far conoscere come il cibo è stato interpretato dagli artisti, soprattuttocontemporanei, cioè non solo da guardare ma capace di coinvolgere i sensi di-ventando materia, forma, colore, piacere, gioco. Le attività sono state organiz-zate secondo tempi, spazi e strumenti definiti precedentemente per una pro-gettazione che fosse adeguata ai ritmi e alle esigenze proprie dei bambini; que-sta modalità ha permesso di esprimersi in contesti in cui il gioco e il fare hannocostituito un binomio fruttuoso per scoprire tutte le regole della creatività.

31

L'educatrice ha cercato di sostenere le loro conquiste, rimanendo in una posi-zione di non interferenza, ma è stata anche lei impegnata ad interrogarsi co-stantemente sul significato da attribuire alle loro azioni.Le attività hanno permesso ai bambini di acquisire autonomia e modalità d'ap-prendimento cooperative, imparando anche a prendere in considerazione pos-sibili soluzioni alternative e, attraverso il coinvolgimento diretto, sviluppareun'attitudine positiva verso il cibo così da renderlo fonte di ispirazione, trasfor-mando esperienze di gusto in momenti di creatività.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof.ssa Bertolini Ines

32

10. Corpo in gioco e movimento tra induzione ecreatività

Isabella Busi

Rendermi conto di come si muove e procede il piccolo e grande mondo in-fantile e dell'influenza che possiede ogni gesto compiuto da una persona

adulta verso di esso: è questo ciò che ha guidato in qualchemodo la realizzazione del mio progetto di tesi. Servendomidella curiosità dei bambini come pretesto affinché fosseromotivati a fare ciò che proponevo loro, ho presentato ai pic-coli un libro "speciale" costruito da me personalmente e do-po la fase di lettura insieme, ho proposto loro un contestodel tutto simile a quello della storia del libro, al fine di osser-vare se e in che modo avrebbero risposto alla mia richiestaimplicita di imitare i comportamenti tenuti dai personaggi dellibro letto loro. Era infatti questo il mio presupposto: parten-do dalla narrazione di una storia, dimostrare che i bambini re-gistrano il racconto nella loro memoria corporea e che la lo-ro memorizzazione non coinvolge soltanto il cervello, ma tut-to il corpo. Passando quindi all'azione tramite l'inserimentodei bambini in un contesto analogo a quello della storia, avrei

dimostrato che i piccoli sarebbero stati in grado di imitare i ge-sti compiuti dai personaggi del libro attraverso, appunto, il pro-prio corpo in azione. Questa mia ipotesi è stata confermata in un

modo diverso da quello che io ipotizzavo: è vero che i bambi-ni inizialmente hanno riprodotto ciò che era stato proposto lo-ro mediante la lettura e l'osservazione delle raffigurazioni del li-

bro, ma hanno dedicato a quei gesti soltanto pochi minuti, neltempo restante hanno poi inventato una serie di giochi diversi,

servendosi di tutta la loro creatività. Per questo motivo ho de-ciso di soffermarmi sul tema del gioco libero e della creativitàdei bambini, sulle loro forme di gioco e sull'influenza che un

33

adulto può avere o meno sul loro comportamento, volendo capire fino a chepunto una richiesta seppur implicita da parte di un adulto possa influenzare ap-punto il loro gioco spontaneo, soffermandomi poi a ragionare sulla differenzatra una semplice induzione e una vera e propria manipolazione del gioco daparte dell'adulto.Ho perciò trattato della particolare rilevanza che detiene la creatività espressada un bambino mediante il suo fare, attraverso il suo movimento, tramite il suogioco. Osservando i bambini giocare spontaneamente, infatti, ho notato comeil loro fare fosse carico di gesti creativi anche nel momento imitativo, in cui ri-producevano le azioni intraprese dai personaggi del libro. Il loro gioco ha sot-tolineato inoltre forme di gioco di tipo senso-motorio e di tipo simbolico. Hotrattato di questi argomenti citando studi di diversi autori e facendo perciò ri-ferimento alla teoria stadiale dello sviluppo dell'intelligenza secondo Piaget,contrapposta invece alle teorie di Vygotskji e di Stern, integrandole con più re-centi studi e ricerche sulle diverse forme di gioco.Il "librone" da me proposto, che è stato in qualche modo lo strumento che haindotto determinati comportamenti ludici nei bambini, ha suscitato parecchiointeresse e ha stimolato in loro la curiosità di scoprire che cosa c'era "Dietrola porta"; ha permesso dunque ai piccoli di "entrare" senza indugi in un conte-sto in qualche modo già conosciuto perché già letto, già raccontato, già mani-polato; si tratta infatti di un libro tattile.Durante il progetto è emerso inoltre quella che è l'effettiva importanza delruolo dell'adulto nel gioco infantile, un adulto capace di proporre e in qualchemodo di indurre i bambini a determinati gesti, suggerendoli loro in modo im-plicito attraverso lo strumento del libro e stimolando la loro curiosità per mo-tivarli all'azione. Si tratta però anche di un adulto capace di rivedere quanto so-stenuto fino a quel momento nel caso risulti necessario. Giocano infatti un ruo-lo senza dubbio importante le aspettative che un educatore possiede neiconfronti della buona riuscita del progetto; la sua capacità di proporre delle at-tività deve perciò essere direttamente proporzionale alla capacità di far evolve-re diversamente dalle aspettative il progetto stesso nel caso in cui la situazio-ne lo rendesse necessario. Ho dovuto riflettere a lungo sulle modalità con cuisi attua un comportamento che posso in qualche modo definire flessibile e chemi ha poi ripagata, regalandomi la possibilità di osservare l'incredibile creativitàdei piccoli. Questa scelta mi ha permesso inoltre di registrare alcuni compor-

34

tamenti conflittuali e per così dire aggressivi tra i bambini approfondendonel'argomento, cosa che non sarebbe stata di certo possibile se avessi volutomantenere in modo rigido la mia ipotesi di lavoro, magari persuadendo i bam-bini a compiere solo comportamenti imitativi oppure non documentandoquelli che erano i comportamenti diversi dalle mie aspettative, e ignorandoli fi-no alla fine. Effettivamente c'è sempre in educazione il rischio che una sempli-ce induzione possa diventare manipolazione da parte dell'adulto che arriva adesercitare un'eccessiva fermezza nell'imporre al bambino determinati compor-tamenti; ma ancora, più semplicemente, la manipolazione può avvenire tramitei processi di sintonizzazione di cui parla largamente Stern, durante la qualel'adulto possiede in un certo senso il potere di controllare le emozioni delbambino inibendole oppure sostenendole. Per questo è importante tener pre-sente la distinzione tra manipolazione e induzione in modo che i bambini nonsiano costretti a rinunciare alla propria creatività o ad inibire certe loro emo-zioni, ma possano rispondere alla richiesta dell'adulto mantenendo la libertà dipoter "fare il loro gioco".Alla luce degli studi che ho fatto e dell'osservazione dell'esperienza condottavorrei sottolineare che esiste una certa consapevolezza dell'adulto di essere"un modello" per il bambino, ma che anche nel momento in cui imita, secondoquanto sostiene Vygotskji, il bambino ripropone sempre quanto assimilato du-rante la sua osservazione presentando qualche variazione seppur minima econfermando pertanto la propria capacità di essere creativo. Alla luce di que-ste considerazioni ho rivisitato il mio progetto, arrivando ad elaborarne uno ul-teriore possibile per il futuro. Le mie perciò non vogliono essere delle conclu-sioni vere e proprie ma piuttosto un principio, un nuovo inizio dal quale parti-re per la realizzazione di un progetto concepito diversamente per quantoriguarda certi aspetti dei materiali, della scansione temporale, degli spazi, delruolo dell'educatore e della documentazione.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof.ssa Manuzzi Paola

35

11. Esplorare il colore attraverso i sensi.Progetto 0-3 anni

Roberta Palestini

Il colore ha suscitato in me da sempre un interesse particolare eho colto l'occasione della tesi per approfondire tale argomento

da un punto di vista sia teorico che pratico, attraverso un progettoeffettuato durante il tirocinio all'interno del nido. L'obiettivo del proget-to è stato sin dall'inizio quello di far conoscere il colore ai bambini non so-lo con un approccio visivo, ma attraverso tutto il corpo, dando la possibi-lità al bambino di conoscerlo, di manipolarlo e di reinventarlo in continua-zione. Nel corso del progetto sono state proposte diverse attività comeattività di collage, di pittura, la manipolazione con la graniglia,con la farina, con la verdura cotta, con la carta,Riguardo il percorso svolto all'interno della tesi, nel primo capito-lo ho voluto tracciare in maniera sommaria gli aspetti dell'este-tica e dell'arte che sono sia la base di una educazione ai sen-si, sia necessari per comprendere e affrontare il disegno infantile.Nel secondo capitolo della tesi mi sono soffermata sull'esperienza grafico-pit-torica, spiegando innanzitutto l'importanza che riveste la creatività nel vissutodel bambino e successivamente esplicitandone le tappe evolutive, le caratteri-stiche e i significati.Nel terzo capitolo sono entrata più nello specifico del discorso colore, affron-tando la percezione e il significato del colore, poi la relazione esistente tra letonalità cromatiche, l'opera dell'artista e il disegno infantile. Infine ho volutoconcludere il percorso riportando nell'ultimo capitolo l'esperienza diretta vis-suta nel tirocinio.Il progetto educativo sul colore da me realizzato è volto a promuovereun'esperienza di conoscenza attraverso i cinque sensi ed è stato portato avan-ti con la collaborazione delle educatrici.Il progetto mi ha permesso di mettere in relazione la teoria con la pratica, masoprattutto di riflettere sull'importanza dei sensi e dell'esplorazione volti a pro-

37

muovere un'educazione completa che stimoli nell'individuo tanto l'aspettoconvergente quanto quello divergente. Infatti è importante promuovereun'educazione alla creatività, alla scoperta e all'esplorazione, dando spazio atutti e cinque i sensi senza privilegiarne qualcuno in particolare. L'educatore ela scuola devono proporsi come promotori di percorsi che aiutino il bambinoa sensibilizzare e affinare la sua percezione e la sua conoscenza, dando spazioalla creatività del bambino, evitando che venga anestetizzata dalla sovraesposi-zione incontrollata di stimoli esterni. L'educatore deve offrire molteplici e in-consuete possibilità che stimolino continuamente il pensiero, la fantasia e l'im-maginazione del bambino.L'arte e l'esperienza grafico-pittorica rappresentano due elementi validissimi dacui partire per promuovere un'educazione volta a sviluppare tutti gli aspettidella personalità dell'individuo, per costruire una conoscenza solida e comple-ta del mondo circostante.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof.ssa Bertolini Ines

38

12. Action Painting al nido.Tracce di movimento, emozioni emondi interiori

Gloria Balboni

Durante il mio percorso di formazione uni-versitaria ho approfondito vari temi che mi hanno appassionata, e tra tut-

ti ho deciso di utilizzare come argomento del mio elaborato finale l'educazio-ne grafico-pittorica e in particolare il linguaggio aniconico.Dapprima ho approfondito le mie conoscenze sulle varie fasi dello sviluppografico-pittorico nel bambino, che ho riportato nel primo capitolo, notando chetutti i bambini attraversano gli stessi stadi con tempi diversi in base ai loro rit-mi personali di sviluppo e alle stimolazioni ricevute nel contesto di vita. Intor-no ai due anni, quasi tutti i bambini sono in grado di disegnare varie forme discarabocchi che Rhoda Kellog ha definito come scarabocchi base. La studiosa ri-tiene che questi tratti grafici rappresentino una sorta di 'alfabeto', perché ricor-rono frequentemente nella produzione grafica singolarmente o composti, e ac-compagnano il bambino fino alla rappresentazione della figura umana, quandoavrà raggiunto la consapevolezza della sua totalità corporea. Queste nozioni misono state utili per avere consapevolezza delle capacità e dello sviluppo deibambini con cui avrei lavorato, e rappresentano il punto di partenza del pro-getto che ho realizzato per il mio tirocinio nel nido comunale di Sala Bologne-se.Successivamente, ho preso in esame quegli artisti che nel ventesimo secolohanno elaborato un'arte senza un soggetto riconoscibile, ma fatta di segni, trac-ce e colori che vivono autonomamente sulla superficie del quadro e sono libe-ri da ogni legame con la rappresentazione. Il percorso laboratoriale che hocreato, illustrato nel sesto capitolo, è suddiviso in sette attività, ed è finalizzatoall'educazione e stimolazione dell' espressione grafica e del lasciare traccia disé. Le attività che ho progettato e realizzato sono finalizzate all'utilizzo e allamanipolazione del colore mediante le tecniche della pittura verticale, il dripping(lo sgocciolamento), le impronte e attraverso 1'utilizzo di materiali quali le spu-

39

gne, i gessetti colorati, il carboncino e i colori dei cibi. In questo progetto di la-boratorio espressivo mi sono ispirata ai grandi artisti del novecento quali Pol-lock, Klein, Mirò, Novelli, quindi all'Action Painting, alla Body Art e all'arte delGruppo Gutai. Naturalmente non ho parlato ai bambini delle varie forme di ar-te, ma ho utilizzato il mio bagaglio di conoscenze per ricavarne spunti per idea-re attività varie e creative da realizzare con loro. Ho utilizzato gli artisti non tan-to come testo ma come pretesto riprendendo le tecniche per tradurle ai bam-bini nel rispetto delle loro capacità e del loro sviluppo.Ho utilizzato l’arte rifacendomi al pensiero di Marco Dallari, come ho illustra-to nel quarto capitolo, in base al quale l’arte è un "pretesto, un'occasione peraiutarci ad assumere un atteggiamento estetico, capace di ricadere poi anchesu ciò che non è necessariamente arte e opera d'arte". L'arte risveglia i sensianestetizzati dagli stereotipi e dall'indifferenza e diventa "materiale culturale edidattico in relazione al quale progettare e attivare laboratori, discussioni, rifles-sioni, giochi ricerche". Ogni attività del progetto da me condotto, era tesa a sti-molare la vista, il tatto e l’udito, fino a giungere al coinvolgimento totale di tuttii sensi nell' ultima esperienza, dal titolo “i colori del cibo”, in cui le tempere so-no state sostituite dal cibo, per fare una vera e propria esperienza sinestetica.Nella realizzazione dei laboratori espressivi sul colore ho dato molta importan-za all' allestimento degli spazi e all'utilizzo di determinati materiali. Mi sono po-sta l'obiettivo di permettere ai bambini di esprimersi liberamente, evitando didare loro consegne troppo rigide su come svolgere 1'attività, perché non vo-levo che si sentissero limitati nell'espressione della loro creatività e delle loroemozioni, seguendo percorsi decisi in tutto e per tutto dall’adulto. Per questomotivo ho allestito 1'ambiente destinato all’attività prima del suo inizio, ognivolta in modo diverso a seconda dell' attività scelta, curando ogni minimo par-ticolare senza che nulla fosse lasciato al caso. Ho ricoperto le pareti e il pavi-mento con teli di plastica e ho disposto i materiali sul tavolo in modo che ibambini potessero accedervi di persona e potessero scegliere a proprio piaci-mento quale colore utilizzare, in funzione del tipo di tecnica a cui facevo riferi-mento. Ho lasciato che fossero lo spazio, i materiali e la fantasia dei bambini adeterminare lo svolgimento dell' attività. Durante il laboratorio non anticipavomai ai bambini cosa avrei proposto successivamente, lasciando un velo di mi-stero ogni volta, che stimolava la loro curiosità.Molto di frequente accade che gli adulti paragonino le produzioni grafiche dei

40

piccoli alle grandi opere dei pittori dell' arte contemporanea: "Quel disegnosembra un Picasso!", oppure "Dipinge come Pollock". E' il caso di Marla, unabambina di quattro anni residente a New York, su cui è stato scritto un artico-lo apparso su una nota rivista femminile. I critici d' arte la definiscono una nuo-va promessa dell' arte astratta perché dipinge grandi tele utilizzando tecnichesimili a quelle dei grandi pittori del novecento, tanto che le sue creazioni sonostate quotate 15000 dollari. Dopo aver letto 1'articolo ho deciso di utilizzarloper affrontare il tema dell' "arte infantile", a cui ho dedicato il quinto capitolo.Al momento la letteratura relativa all'argomento è molto vasta e molti sono ipareri discordi.L'osservazione condotta al nido mi ha permesso di dedurre che la principalemotivazione che spinge il bambino a esprimersi graficamente è innanzitutto ilpiacere che prova nel farlo. In questo modo manifesta all'adulto capace diascoltarlo, i suoi stati d' animo attraverso una comunicazione non-verbale, masoprattutto c’è un rapporto tra i tracciati che il bambino produce sul foglio eil movimento in sé. Similmente fanno alcuni artisti dell' arte contemporanea edella pittura gestuale, Utilizzano il colore, lo spazio e il segno ed entrano fisica-mente nell'opera d'arte, con il corpo nella sua totalità per dipingere e lasciareche le passioni emergano.Secondo Rocco Quaglia "i disegni infantili non sono arte, ma per i bambini as-solvono la stessa funzione artistica che i dipinti per gli artisti. Il bambino cercadi realizzarsi, impegnando tutti gli strumenti di cui dispone. Lui ha gli strumentie gli adulti lo devono agevolare e promuovere quel che il bambino crea. Il bam-bino disegna per dare forma alle sue conoscenze e ai suoi sentimenti."1 Io miritengo in accordo con questo ultimo pensiero poiché anche se ci sono moltipunti in comune tra lo scarabocchio infantile e un' arte che non guarda più al-la realtà per imitarla, credo che il vero legame che esiste tra arte adulta e pro-duzione infantile, consista nella ricerca da parte dell' adulto di una forma diespressione priva degli influssi accademici e della tradizione e quindi formal-mente vicina allo scarabocchio e ai pastrocchi dei bambini. L' associare quindii disegni dei bambini alle grandi opere degli artisti astratti testimonia probabil-mente il desiderio dell' adulto di vedere nel proprio figlio un piccolo bambinoprodigio. I bambini adottano il mezzo di espressione che più sentono il proprio.

41

1 II manuale del disegno infantile, Quaglia, Libreria Utet, 2003

L'arte però, ed è quello che ho potuto sperimentare in questa esperienza ditirocinio e di tesi, può essere utilizzata per creare attività laboratoriali per bam-bini stimolanti e divertenti adattandole alle loro capacità.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof.ssa Bertolini Ines

42

13. La gestione strategica dei servizi all'infanzia.Due casi a confronto: Bologna e Milano

Cristina Redi

Attraverso la seguente discussione cercheremo di analizzare le diverse mo-dalità di gestione dei servizi rivolti all'infanzia nei Comuni di Bologna e Mi-

lano. Per compiere questa analisi, utilizzeremo dei modelli empirici, in partico-lare il Modello della Business Idea e il modello di coerenza nella gestione deiservizi elaborati da R. Normann.Vedremo se nell'agire strate-gico dei due Comuni, qui intesi come sistemi aperti ed or-ganizzati, vi sia una coerenza dinamica tra i tre elementiche contraddistinguono il Modello di Normann, ossiaprodotto, mercato e struttura, e nel caso ci fosse, sequesta permette a Bologna e Milano di essere veri epropri leader nell’offrire i servizi in questione ai pro-pri cittadini di riferimento, cioè le famiglie con bam-bini tra O e i 2 anni di età. Cercheremo di eviden-ziare come le tensioni e le dissonanze che emergo-no sia all'interno che all'esterno della strutturaorganizzativa, debbano essere sfruttate dalle orga-nizzazioni come tensioni positive, utili all'apprendi-mento continuo; tra questi input ricordiamo i mutamen-ti sociali che hanno riguardato l'evoluzione dei bisogni del-le famiglie, e le normative sull'infanzia sia Nazionali cheRegionali. Utilizzando in seguito il secondo modello, più stret-tamente legato alla strategia nel concepire ed offrire ser-vizi, prenderemo in esame per entrambi i comuni gli ele-menti che lo contraddistinguono: la composizione delservizio, le modalità di erogazione, l'importanza dell'im-magine, il mercato di riferimento, la cultura. Evidenzieremole differenze, e vedremo come a giocare un ruolo fonda-mentale nelle modalità di erogazione dei servizi sia in partico-

43

lare la cultura dominante tipica di una struttura organizzativa. Concludendo, ve-dremo come le due culture che contraddistinguono i Comuni in questione, liportino a seguire strategie diverse nell’affrontare questi temi; se Bologna pun-ta sulla valorizzazione e conservazione di un oramai consolidato patrimoniopubblico, e nello stesso tempo della creazione di un nuovo sistema di offertache sta creando un vero e proprio sistema integrato dei servizi all'infanzia, do-ve pubblico e privato autorizzato al funzionamento possano convivere per me-glio rispondere ad una domanda in continua crescita, vedremo invece come aMilano si voglia seguire un percorso diverso che punti invece a privatizzarequanto c'era di pubblico, attraverso una vera e propria politica di esternalizza-zione dei servizi alla persona, valorizzando il ruolo dei privati che rappresenta-no quindi all'oggi il leader di maggioranza nell'offrire servizi all'infanzia.Modalità seguita: ricerca di materiale e dati direttamente sul campo: Comunedi Bologna, Milano, Centri di Documentazione, Comitati dei genitori, ConsultaGianni Rodari.

Facoltà Scienze PoliticheCorso di laurea in Scienze Politiche indirizzo Politico-Amministrativo

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof. Lanzara Giovan Francesco

44

14. Il bambino con trisomia 21: il nido, importante risorsa di stimolazione

Eleonora Popolizio

La mia tesi di laurea tratta il tema della sindrome di Down, un'anomalia cro-mosomica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più nelle cellu-

le di chi ne è portatore: invece di 46 cromosomi ne sono presenti 47.In particolare mette in evidenza l'importanza dell'intervento precoce per ibambini affetti da questa sindrome.Come sappiamo il bambino con sindrome di Down presenta una serie di dif-ficoltà nell'ambito linguistico, sociale e motorio che non gli permettono un nor-male sviluppo. Però da molte ricerche è stato dimostrato che un programmadi intervento precoce attuato sul bambino e sulla sua famiglia fin dai primi me-si di vita pone le basi per la sua integrazione sociale e lo aiuta nello sviluppodelle capacità cognitive, sociali, motorie e linguistiche.Per i bambini affetti dalla sindrome di Down un programma di intervento pre-coce può essere rappresentato dalla frequenza di un asilo nido.Infatti, l'asilo nido rappresenta un'esperienza integrativa di quella familiare eperciò è molto utile ai bambini che presentano degli handicap. Proprio per que-

sto motivo viene consigliato dagli operatori socio - sanitari ai ge-nitori dei bambini con sindrome di Down.

Una parte fondamentale della mia tesi è dedicata all'osser-vazione di un bambino con sindrome di Down in un asilonido. Infatti ho ritenuto opportuno riportare l'esperien-za di un bambino Down che frequenta l'asilo nido pro-prio per evidenziare il ruolo del nido, e in genere, di tut-ti i servizi educativi, nello crescita e nello sviluppo deibambini che presentano dei deficit e quindi anche deibambini Down. Comunque da quanto ho potuto osser-vare, grazie all'esperienza del nido, il bambino ha raggiun-to importanti autonomie personali. Infatti è in grado di

mangiare e bere da solo, di stare con gli altri, di cammina-

45

re, di parlare.Tutto ciò che prima non era in grado di fare.Concludo dicendo che è importante offrire al bambino Down le stesse espe-rienze ed opportunità di qualsiasi altro bambino affinché possa sviluppare lesue capacità.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Educatore di nido e comunità infantile

Università degli Studi di Bologna

Relatore Prof. Charde Josè Jorge

46

47

15.Autogestione come espressione della partecipazione:la storia del Nido – Scuola Agorà, un’espressione reggiana1

Ferrari Lisa

La prima volta che sentii parlare dell’Agorà fu dalla Prof.sa Rinaldi, la quale miraccontò di questa originale esperienza di autogestione sorta a Reggio Emi-

lia nel 1991. Una realtà nel campo dei servizi per l’infanzia del tutto particola-re, unica in Italia, che però era sconosciuta dalla maggiore parte delle persone.Fu in quella stessa occasione che ipotizzammo che sarebbe stato interessanteprodurre una tesi di laurea sull’Agorà, per capire quali fattori ne avevano per-messo la nascita e successivamente lo sviluppo. Attraverso la mia tesi volevoperciò fare in modo che altri potessero conoscere questa realtà per apprez-zarne le caratteristiche e le potenzialità. Per poter ricostruire la storia dell’Ago-rà ho utilizzato una metodologia di ricerca basata sull’intervista ad alcuni deiprotagonisti di questa esperienza, cercando di seguire quello che era il filo sto-rico – evolutivo di questo servizio. Non esisteva uno scritto sulla storia del-l’Agorà, l’unico materiale che avevo a disposizione era la testimonianza dellepersone che vi avevano direttamente partecipato.Ho realizzato un campione di persone rappresentative dell’esperienza andan-do ad effettuare 18 interviste, in particolare al gruppo dei genitori che nel 1991hanno fondato l’Agorà, le personalità politiche che hanno partecipato a questainiziativa come Sandra Piccinini, Sergio Spaggiari e Tiziana Tondelli, alcuni deipresidenti dell’Associazione Agorà, le insegnanti e le pedagogiste (Paola Caglia-ri e Paola Cavazioni) che sono subentrate nel corso degli anni ed infine alcunidei genitori della sezione autogestita di nido – scuola che vivono oggi all’inter-no del nido Nilde Iotti. Attraverso questa ricostruzione storica ho potuto no-tare come i genitori dell’Agorà erano mossi dagli stessi ideali che 40 anni pri-ma avevano portato alla nascita delle prime strutture comunali per l’infanzia aReggio Emilia: creare un servizio educativo che si connotasse per la qualità del-la proposta educativa e per la valorizzazione del valore della partecipazione1La tesi è risultata non ammissibile al Premio in quanto è stata discussa nell’anno accademicoprecedente a quello richiesto nel bando di concorso

delle famiglie, un valore storico a Reggio Emilia che si rinnova continuamente,ma che qui assume una connotazione particolare, più sentita perché agita quo-tidianamente in prima persona.Sono proprio queste idee di base che hanno permesso lo svilupparsi e il con-solidarsi dell’esperienza dell’Agorà, nata nel 1991 da un gruppo di genitori checredeva nelle potenzialità e nelle qualità del progetto educativo comunale. Ge-nitori che hanno voluto mantenere certi parametri di qualità come il coordi-namento pedagogico, pur definendosi come servizio autogestito. Per questo sipuò pensare che oggi l’Agorà rappresenti una possibile evoluzione storico-cul-turale che il concetto di autogestito ha avuto nel corso degli anni, diventandoun’ulteriore espressione della partecipazione educativa.Altro valore che vorrei sottolineare è come la proposta educativa e pedagogi-ca dell’Agorà tenga strettamente connessi al suo interno il piano educativo conquello gestionale.Essa rappresenta la massima espressione della partecipazione educativa dellefamiglie al progetto della scuola, ma non solo, qui si tratta di farsi carico dellagestione di un servizio e di garantirne la continuità e soprattutto la qualità.L’Agorà è oggi considerata un servizio autogestito e auto-finanziato dalle fami-glie che si colloca all’interno di un servizio pubblico, composto da una pluralitàdi soggetti, con i quali l’Agorà collabora e convive quotidianamente all’internodi un progetto educativo di qualità.Qui l’autogestione rappresenta un’ulteriore espressione della partecipazione,dove i genitori sono i protagonisti attivi del progetto educativo e gestionale delservizio, e non solo come fruitori passivi di questo.L’esperienza educativa dell’Agorà rappresenta un’ulteriore espressione, testi-monianza della ricchezza di un progetto partecipato e, contemporaneamente,delinea una nuova definizione del concetto di autogestione in un Welfare di si-stema, ovvero in un contesto dove pubblico e privato collaborano alla creazio-ne di un sistema integrato di servizi educativi di qualità.

Facoltà Scienze della FormazioneCorso di laurea in Scienze della Formazione Primaria

Università degli Studi di Bologna, Reggio Emilia e Modena

Relatore Prof.ssa Rinaldi Carla

48

ALLEGATI

BIBLIOGRAFIA

Tesi n° 2Il contenimento dei bambini nel percorso corpo-emozione al nido

Valentina Bruni

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIAMMANITI M., Psicopatologia dello sviluppo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2001.AMMANITI M., STERN D.N., Attaccamento e psicoanalisi, Laterza, Bari, 1992. AUCOUTURIERB, DARRAULT I., EMPINET J.L., La pratica psicomotoria. Rieducazione e terapia, Armando Editore, Roma, 1986.BERTI E., COMUNELLO F., NICOLODI G, II labirinto e le tracce, Giuffrè editore, Milano, 1988.BONINO S., LO COCO A. E TANI F., Empatia. I processi di condivisione delle emozioni;Giunti, Firenze, 1998.BOSI R., Pedagogia al nido, Caroccì Editore, Roma, 2002.BURTH M., MARKUS U., Il libro delle coccole, Edizioni Red, Como, 1991.BUTTERWORTH G., HARRis M., Fondamenti di psicologia dello sviluppo, Psychology Press Ltd,1994.CAVARERO A., A più voci. Filosofìa dell'espressione vocale, Feltrinelli, Milano, 2003.CAMAIONI L., AURELI T., PERUCCHINI P., Osservare e valutare il comportamento infantile,II Mulino, Bologna, 2004.CHINOSI L., Sguardi di mamme, Franco Angeli, Milano, 2002.COLOMBO G., COCEVER E., BIANCHI L., Il lavoro di cura. Come si impara, come si insegna,Carocci Faber, Roma, 2004.CONTINI M., Per una pedagogia delle emozioni, La Nuova Italia, Firenze, 1992.DAVIS M,WALLBRIDGE D., Introduzione all'opera di Donala W.Winnicott, Psycho di G. Martinel-li, Firenze, 1984.DESAINT-EXUPÉRY A., Il piccolo principe,Tascabili Bompiani, Milano, 2000.D'ODORICO L. E CASSIBBA R., Osservare per educare, Carocci editore, Roma, 2001.DOZZA L., «Setting e dinamiche anti-gruppo nei gruppi di formazione», in M. Contini (a cura di),Il gruppo educativo, Op. Cit.EMILIANI F. (a cura di), I bambini nella vita quotidiana, Carocci editore, Roma, 2002.CAMELLI I., Pedagogia del corpo, Meltemi Editore, Milano, 2001.GOLEMAN D., Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1996.GRINBERG L., SOR D., DE BIANCHEDI ET., Introduzione al pensiero di Bion, Raffaello Cortina

51

Editore, Milano, 1993.HALL ET, II linguaggio silenzioso, Bompiani, Milano, 1969.IORI V., Lo spazio vissuto, La Nuova Italia, Firenze, 1996.KLAUS M.H., KENNELL J.H., KLAUS P.H., Dove comincia l'amore, Bollati Boringhieri,Torino, 1998.LAPIERRE A.,AUCOUTURIER B., La simbologia del movimento, Edipsicologiche, Cremona, 1983.ANDRE E ANNE, L'adulto di fronte al bambino. Da O a 3 anni, Armando Editore, Roma, 1996.MAHLER M., RINE FM BERGMAN A., La nascita psicologica del bambino, Bollati Boringhieri,Torino, 1978.MANTOVANI S., RESTUCCIA SAITTA L, BOVE C., Attaccamento e inserimento. Stili e storie del-le relazioni al nido., Franco Angeli, Milano, 2000.MANUZZI P., «Corpi in gioco e stili relazionali», in M. Contini (a cura di), Il gruppo educativo, Ca-rocci Editore, Roma, 2000.MANUZZI P, Pedagogia del gioco e dell'animazione, Guerini studio, Milano, 2002.MARCHESI F. E VASSURI P., «Lo spazio», in M. Manini, B. Q. Borghi (a cura di), Da zero a sei an-ni, La Nuova Italia, Firenze, 1991.MARCHETTI P., dispensa per il laboratorio "Lo spazio pensato" per il corso di laurea "Educa-tore di nido e comunità infantile" presso l'Università degli studi di Bologna, Facoltà di Scienzedella Formazione, anno accademico 2002/03.MAZZOLI F., SEDIOLI A., ZOCCATELLI B., I giochi musicali dei piccoli, Edizioni Junior, Bergamo,2003.NICOLODI G., «Maestra, guardami...», Edizioni Scientifiche CSIFRA, Bologna, 1992.PALMIERI C., La cura educativa, Franco Angeli, Milano, 2000.PENNAC D., Come un romanzo, Feltrinelli, Milano, 1993.SCHAFFER H.R., Lo sviluppo sociale, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1998.STERN D.N., Il mondo interpersonale del bambino, Bollati Boringhieri,Torino, 1987.STERN D.N., Diario di un bambino, Arnaldo Mondadori Editore, Milano, 1991.TINBERGEN N., TINBERGEN E.A., Bambini Autistici. Nuove speranze di cura, Adelphi, Milano,1989.WELCH M.G., L'abbraccio che contiene, red edizioni, Como, 1991.

RIVISTE CONSULTATECICOGNANI E., BOGA R., Insegnanti "Bruciati"? in «Pedagogika», anno Vili n. 4. COMUNE DICASALECCHIO DI RENO, Assessorato alle Politiche Scolastiche, Nido...e dintorni. I servizi edu-cativi per l'infanzia del Comune di Casalecchio di Reno, Maggio 2002.CAMELLI I., La formazione di un educatore e di un'educatrice sensibili in «Infanzia» n. 9.10/2004.

52

IMBERTY M., Il ruolo della voce materna nello sviluppo musicale del bambino» in «Musica Doma-ni», n. XXX/114.MANUZZI P., Dall'iniziativa: i corpi e gli sguardi m «Infanzia» n. 7.8/2004.MELUCCI A., La cura dell'educare. Convegno Ufficio Scolastico Regionale in Bologna, 5 febbraio2005 in «Infanzia» n. 4/2005.NICOLODI G., Gli elementi corporei della relazione educativa:! fili e la trama, in «Infanzia» n.9.10/2004.RICCIOLI M., Il massaggio per piccolissimi in «Vita dell'infanzia», gennaio/febbraio 2005.RAMARO L, L'empatia e i meccanismi di proiezione e introiezione in «Pedagogica», anno Vili n.3.RIVA M.G., La percezione di Bum Out nelle relazioni d'aiuto in «Pedagogika» , anno VIII n. 4.

SITI INTERNET VISITATIhttp://www.pallestra.com http://freeweb.supereva.com/cooperazionepedagogica

53

Tesi n° 3II servizio sperimentale di Educatrice Familiare.Un sistema di indicatori per valutarne la qualità

Martina Castelli

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIAREA FAMIGLIA DEL COMUNE DI BOLOGNA (2003), Settore Istruzione e Centro Studi edocumentazione sulla Famiglia, Presentazione dei servizi sperimentali "educatrice familiare" e "edu-catrice domiciliare" Comune di Bologna.BALAGUER I. (2004), Costruire una visione condivisa della qualità, nella Rivista "Bambini in Euro-pa" di novembre 2004, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (BG).BARBAGLI M., SARACENO C. (1997), Lo sfato delle famiglie in Italia, II Mulino, Bologna.BECCHI E., La qualità educativa: ipunti di vista e significati, in BONDIOLI A., GHEDINI P.O. (a cu-ra di) (2000), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Romagna, EdizioniJunior, Azzano San Paolo (BG).BONDIOLI A., Gli indicatori in campo educativo: problemi e criteri di definizione, in SONDIGLI A.,GHEDINI P.O. (a cura di) (2000), La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emi-lia Romagna, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (BG).DI PASQUALE G., MASELLI M (2002), L'arte di documentare. Perché e come fare documentazio-ne., Marius, Milano.D'ODORICO L., CASSIBBA R. (2003), Osservare per educare, Carocci, Roma.EMILIANI F., Contesti di interpretazione dei processi di crescita, in EMILIANI F. (a cura di)(2002),I bambini nella vita quotidiana. Psicologia sociale della prima infanzia, Carocci, Roma.GALARDINI A.L., L'asilo nido nell'esperienza italiana, in GALARDINI A.L. (a cura di) (2003), Cre-scere al nido. Gli spazi, i tempi, le attività, le relazioni, Carocci, Roma.GHEDINI P.O., Introduzione, in BONDIOLI A., GHEDINI P.O. (a cura di) (2000), La qualità nego-ziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia Romagna, Edizioni Junior,Azzano San Paolo (BG).GIOVANNINI D., L'attività al nido, in GALARDINI A.L. (a cura di) (2003), Crescere al nido. Gli spa-zi, i tempi, le attività, le relazioni, Carocci, Roma.MAZZOLI F., I suoni abitati, in COOPERATIVA SOCIALE LA COCCINELLA, MAZZOLI F., SE-DIOLI A., ZOCCATELLI B. (2003), I giochi musicali dei piccoli, Edizioni Junior, Azzano San Paolo(BG).MOSS P,, BALAGUER I. (2004), Bambini cittadini dell'Europa?, nella Rivista "Bambini in Europa" dinovembre 2004, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (BG).

54

OSSERVATORIO INFANZIA E ADOLESCENZA REGIONE EMILIA ROMAGNA, Educazione,istruzione e formazione, Materiale relativo al seminano "Verso il primo rapporto sull'infanzia eadolescenza in Emilia-Romagna'' svoltosi a Bologna il 14 febbraio 2005 (gruppo di lavoro nr. 2,coordinato da G. Cerini, dirigente tecnico, ufficio scolastico regionale per l'Emilia-Romagna).<http://www.emiliaromagnasociale.it/wcm/emiliaromagnasociale/home/infanzia/Documenti_seminario15_2_2 005/Doc_gruppo2.pdf> RESTUCCIA SAITTA L.; I bambini e la cura, in GALARDINI A.L. (a cura di) (2003), Crescere ainido. Gli spazi, i tempi, le attività, le relazioni, Carocci, Roma.RESEAU DE LA COMMISSION EUROPEENNE SUR LE MODES DE GARDE D'ENFANTSET LES AUTRES MESURES DESTINEES A CONCILIER LES RESPONSABILITES PROFESSIO-NELLES ET FAMILIALES, MARLENE KARLSSON (1996), L'assistance maternelle en Europe.RETE EUROPEA PER L'INFANZIA (1995), 40 Obiettivi di qualità nei servizi per la prima infan-zia, nella Rivista "Bambini in Europa" di novembre 2004, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (BG).SERVIMPRESA - AZIENDA SPECIALE DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI CREMONA(2004), Scheda informativa Tagesmutter.<http://www.servimpresa.cremona.it/documenti/Scheda_tagesmutter.pdf>

FONTI NORMATIVELegge 28 agosto 1997, n. 285

Regione Emilia RomagnaLegge Regionale 10 gennaio 2000, n. 1.Delibera del Consiglio Regionale 28 febbraio 2000, n. 1390.Circolare n. 10081/DPS del 9 marzo 2001 (Assessorato alle Politiche sociali. Immigrazione. Pro-getto giovani. Cooperazione internazionale) avente ad oggetto indicazioni sull'applicazione del-la legge regionale 1/2000.<http://www.emiliammagnasociale.i^cnVemiliammagnasociale/homeW 2/Cirdolare01.pdf>Delibera del Consiglio Regionale 25 luglio 2001 n. 227.Legge Regionale 14 aprile 2004, n. 8.Delibera del Consiglio Regionale 20 gennaio 2005, n. 646.Provincia autonoma di BolzanoLegge Provinciale 9 aprile 1996, n. 8.Decreto del Presidente della Giunta Provinciale 30 dicembre 1997, n. 40.Provincia autonoma di TrentoLegge Provinciale 12 marzo 2002, n. 4.

55

FONTI STATISTICHEISTAT, Bilanci demografici regionali <http://www.demo.istat.it/>.OSSERVATORIO INFANZIA E ADOLESCENZA REGIONE EMILIA ROMAGNA, Educazione,istruzione e formazione, Materiale relativo al seminario "Verso il primo rapporto sull'infanzia eadolescenza in Emilia-Romagna" svoltasi a Bologna il 14 febbraio 2005 (gruppo di lavoro nr. 2,coordinato da G. Cerini, dirigente tecnico, ufficio scolastico regionale per l'Emilia-Romagna).<http://www.emiliaromagnasociale.it/wcrri/emiliaromagnasociale/horne/infanzia/Documenti_semi-nario 15_2_2 005/Doc_gruppo2.pdf>Sito internet dell'Osservatorio Infanzia e Adolescenza della Regione Emilia-Romagna<http:/www. regione.emilia-romagna. it/wcm/infanzia/index. htm>

I dati del grafico 1 e della tabella 3 all'interno del capitolo 1 mi sono stati fomiti tramite e-maildai referenti per i servizi sperimentali delle varie Province della Regione Emilia Romagna.

56

Tesi n° 4Bambini e bambine nei contesti educativi:la specificitàdell’asilo nido

Elena Neri

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIARCIDIACONO C. (a cura di), Identità genere differenza. Lo sviluppo psichico femminile nella psi-cologia e nella psicoanalisi, Franco Angeli, Milano, 1991.BELOTTI. G., Dalla parte delle bambine, Feltrinelli, Milano, 1973.BENEDETTI S., Il mestiere dell'educatrice tra il sapere e il fare, in Galardini A. L., Crescere al nido.Gli spazi, i tempi, le attività, le relazioni, Carocci Editore, Roma, 2003.BESEGHI E., Inseguendo il Bianconiglio, in Varrà E. (a cura di), L'età d'oro. Storie di bambini e me-tafore d'infanzia, Pendragon, Bologna, 2001.BESEGHI E., Piccole donne crescono. L'editoria per l'infanzia dalle bambine alle adolescenti, in E.Beseghi,V.Telmon (a cura di), Educazione al femminile: dalla parità alla differenza, La Nuova Ita-lia, Firenze, 1992.BESEGHI E. (a cura di), Infanzia e racconto. H libro, le figure, la voce, lo sguardo, Bononia Univer-sity Press, Bologna, 2003.BESEGHI E. (a cura di), Ombre rosa, Giunti & Lisciani Editori,Teramo, 1987.BESEGHI E.,TELMON V. (a cura di), Educazione al femminile: dalla parità alla differenza, La Nuo-va Italia, Firenze, 1992.BONDIOLI A., Gioco e educazione, Franco Angeli, Milano, 1996.BONDIOLi A., Il buffone e il re. Il gioco del bambino e il sapere dell'adulto, La Nuova Italia, Firen-ze, 1989.BOSIR., Pedagogia al nido. Sentimenti e relazioni, Carocci Editore, Roma, 2002.BUTTERWORTH G., HARRIS M., Fondamenti di psicologia dello sviluppo, Psychology Press Ltd,1998.CASENTINO V., L'emergere della soggettività femminile nella scuola, in Cipollone L. (a cura di),Bambine e donne in educazione, Franco Angeli, Milano, 1991.CHITI E. (a cura di), Educare ad essere donne e uomini. Intreccio tra teoria e pratica, Rosemberg& Sellier,Torino, 1998.CIPOLLONE L. (a cura di), Bambine e donne in educazione, Franco Angeli, Milano, 1991. CO-LOMBO G., COCEVER E., BIANCHI L., Il lavoro di cura. Come si impara, come si insegna, Caroc-ci Faber Editore, Roma, 2004.

57

DEMETRIO D., GIUSTI M., IORI V., MAPELLI B., PIUSSI A. M., ULIVIERI S., Con voce diversa. Pe-dagogia e differenza sessuale e di genere, Guerini Studio, Milano, 2002.D'ODORICO L., CASSIBBA R., Osservare per educare, Carocci editore, Roma, 2001.DUVEEN G., Asimmetria nello sviluppo della identità di genere, in Arcidiacono C. (a cura di), Iden-tità genere differenze. Lo sviluppo psichico femminile nella psicologia e nella psicoanalisi, Franco An-geli, Milano, 1991.EMILIANI F. (a cura di), I bambini nella vita quotidiana. Psicologia sociale della prima infanzia, Ca-rocci Editore, Roma, 2002.GALARDINI A. L. (a cura di), Crescere al nido. Gli spazi, i tempi, le attività, le relazioni, Carocci Edi-tore, Roma, 2003.GILLIGAN C., Con voce di donna. Etica e formazione della personalità, Feltrinelli, Milano, 1987.GOLDSCHMIED E., JACKSON S., Persone da zero a tre anni. Crescere e lavorare nell'ambientedel nido, Edizione Junior, Bergamo, 1996.HARALAMBOS M. (a cura di), Introduzione alla sociologia, Zanichelli, Bologna, 1986.LURIE A., Non ditelo ai grandi. Libri per bambini.Tutto ciò che gli adulti (non) devono sapere, Mon-dadori, Milano, 1993.MANINI M., GHERARDI V., BALDUZZI L., Gioco, bambini, genitori. Modelli educativi nei servizi perl'infanzia, Carocci Editore, Roma, 2005.MANINI M., BORGHI B. Q., Da zero a sei anni. Materiali per un progetto di continuità educativa,La Nuova Italia, Firenze, 1991.MANUZZI P., Pedagogia del gioco e dell'animazione. Riflessioni teoriche e tracce operative, Gueri-ni Studio, Milano, 2002.MCGURK H., Lo sviluppo sociale del bambino, Boringhieri,Torino, 1986.NICOLODI G., «Maestra, guardami...» L'educazione psicomotoria nell'asilo nido, nella scuola ma-terna e nel primo ciclo della scuola elementare, Edizioni Scientifiche CSIFRA, Bologna, 1992.NIGRIS E., Ecologia della differenza, Junior, Bergamo, 2000.PIUSSI A. M. (a cura di), Educare nella differenza, Rosemberg & Sellier,Torino, 1989.PIUSSI A. M., Un mondo che asseconda la nascita, in Cipollone L. (a cura di), Bambine e donnein educazione, Franco Angeli, Milano, 1991.PIUSSI A. M., BIANCHI L. (a cura di), Sapere di sapere. Donne in educazione, Rosemberg & Sel-lier,Torino, 1995.RAGAZZINI D. (a cura di), Dal documento alla documentazione. Nuove competenze per la me-moria e per l'identità nella scuola dell'informazione, Le Monnier, Firenze, 2001.RUSPINI E., Le identità di genere, Carocci Editore, Le Bussole, Roma, 2003.SCHAFFERH. R., Lo sviluppo sociale, Edizione italiana a cura di A. O. Ferrarsi, Raffaello Cortina

58

Editore, Milano,1998.TRISCIUZZI L., GUETTA S., MLRAGLIA L., Il nido. Esercitazioni pratiche di assistenza all'infanziae tecniche professionali, Armando Scuola Editore, Roma, 1995.ULIVIERI S., Genere e formazione scolastica nell'Italia del Novecento, in: Demetrio D., Giusti M.,lori V., Mapelli B., Pissi A. M., Ulivieri S., Con voce diversa. Pedagogia e differenza sessuale e di ge-nere, Guerini Studio, Milano, 2002.ULIVIERI S. (a cura di), Essere donne insegnanti, Rosemberg & Sellier,Torino, 1996. ULIVIERI S.,Educare al femminile, Edizioni ETS, Pisa, 1995.VARRÀ E. (a cura di), L'età d'oro. Storie di bambini e metafore d'infanzia, Pendragon, Bologna,2001.VILNELLA M. (a cura di), Identità di genere e immagine femminile.Teorie e pratiche, Edizione Pro-gedit, Bari, 2000.

RIVISTE CONSULTATE:BOZZATO P., CAMPIMI C., A casa lo fa la mamma o il papa?, in "Bambine', Giugno 2005.CAPECCHI A., Origine di stereotipi e pregiudizi di genere nell'infanzia: una ricerca in due scuolematerne di Bologna, in "Infanzia", Aprile 1999.CAPPELLINI L., Educare alla Differenza, in "Bambini", Gennaio 1999, Dossier.CIELO C., BIANCA E., Bambine e bambini. Educare alla differenza di genere, in "Infanzia", Luglio-Agosto 2003.COMUNE DI BOLOGNA, Regolamento e orientamenti educativi per i nidi d'infanzia, Settoreistruzione/sport, Bologna, 2001.GALLIMI C., Natura e cultura nel ruolo sessuale, in "Età Evolutiva", Settembre, 1981, n. 9.MORANTI F., Giocano diversamente bambini e bambine?, in "Bambini", Aprile 2005.MUZZATTI B., Le credenze e i comportamenti stereotipici legati al genere, in "Età Evolutiva", giu-gno 2005.

SITI INTERNET CONSULTATI:SEVESO G., Differenza di genere nei contesti educativi, in www.Infantiae.Org, Newsletter 143, Lu-glio 2003.

59

Le tesi presentate sono consultabili presso il Laboratorio di documentazione e formazione delSettore Istruzione del Comune di Bologna via Cà Selvatica 7