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Progetto Catalano: Gabriele Fontana Massimo Fumagalli 2017 1 Primavera 1945, costiera dei Cech Il caso Pino Retico (Clorindo Fiora) Non seppellite memorie o faziose espressioni. Non verità intinte nell'ideologia. Solo documenti. E' tutto o forse nulla! ( Anonimo archeologo della ReSistenza.)

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Progetto Catalano: Gabriele Fontana Massimo Fumagalli 2017

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Primavera 1945, costiera dei Cech Il caso Pino Retico (Clorindo Fiora)

Non seppellite memorie o faziose espressioni.

Non verità intinte nell'ideologia. Solo documenti.

E' tutto o forse nulla!

( Anonimo archeologo della ReSistenza.)

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Indice

Indice ............................................................................ 2 Tutta colpa di quelli venuti da fuori. .............................. 3 Bassa Valtellina, primavera 1944. .................................. 5 Vicende della Resistenza ............................................... 6 Primavera partigiana in bassa Valtellina. ....................... 9

La II divisione Garibaldi Lombardia .......................... 13 Il distaccamento Minonzio ...................................... 14 Marzo-Aprile nella bassa Valtellina .......................... 20

Fabio, una vecchia conoscenza.................................... 24 Una strana formazione ............................................ 26 Dov’è Retico? .......................................................... 29

Il percorso di Clorindo e dei suoi libri .......................... 34 GL l’organizzazione tra mito e realtà. .......................... 37 Il gruppo di Giustizia e Libertà in val Chiavenna. .......... 39 Appunti finali .............................................................. 42 Appendice .................................................................. 44

Giulio Spini nei Quaderni Valtellinesi ....................... 44 Documento dell’informazione clandestina .............. 45 Martiri del periodo Cospirativo ............................... 48 Giustizia e Libertà 14.12.1934 ................................. 54 Comune di Civo, Partigiani Combattenti e Patrioti. .. 55 Forze GL in Lombardia l’11.11.1944......................... 56 Relazione di Giordano Federico (Gek) al CVL e alla II div.

D’Assalto Garibaldi Lombardia. ....................................... 56 Svolgimento delle sigle ............................................... 59

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Tutta colpa di quelli venuti da fuori.

Fatte salve alcune memorie locali, che si contano sulle dita di una

mano, nella memoria che si è sedimentata nella lunga Valtellina i guai, e di conseguenza i morti, che ci sono stati dopo l’otto settembre 1943, son tutti causati dal comportamento di persone estranee alla valle siano esse i partigiani milanesi o le Brigate Nere toscane o, dulcis in fundo, i francesi della Milice. È sorprendente la capacità con cui ricercatori e storici sono riusciti a non inciampare nei caduti o nei fucilati a fine guerra. La stessa presenza delle formazioni fasciste, un guazzabuglio, si stempera nella parola usata: fascisti, che dice tutto e niente.

Abbiamo fatto due operazioni sul territorio valtellinese, fornire una mappatura dei caduti valtellinesi fuori dai confini provinciali, a dimostra-zione che la guerra aveva comunque coinvolto le genti di questa terra e dato corpo ad una” Cronologia Valtellinese” che desse conto di morti e delle azioni in questa terra dall’otto settembre in poi: entrambi hanno pro-dotto solo un silenzio assordante1.

Cocciuti ritentiamo con questa breve ricerca che è tutta interna alle dinamiche valtellinesi. Evitare di dar conto dei morti ammazzati durante i venti mesi della Resistenza coglie alcuni obiettivi: oltre a non entrare nel merito delle questioni che si pongono agli abitanti di una valle esclusa per vari anni dalla “guerra in casa”, si evita altresì di fare i conti con il raccon-to ormai superato delle due Resistenze, una combattente in bassa valle e dominata di garibaldini, una attendista e furba in alta valle dominata dagli autonomi.

Eppure basterebbe lo sguardo al monumento ai caduti di Valfurva, paese sperduto alla falde delle Alpi, per comprendere quanto sia falsa que-sta concezione.

Lasciare insoluti i casi dei caduti, elencandoli senza alcuna altra spe-cificazione alla fine dei volumi pubblicati, tacere completamente sulla resa dei conti, che vede la Valtellina tra le province che hanno il maggior nu-mero di fascisti fucilati, produce solo un terreno su cui pettegolezzi, dice-rie e polemiche possono attecchire: aspettano solo il momento opportuno.

Invece gli ammazzamenti che segnano tutto l’arco dei venti mesi so-no l’evidenza di quella che fu una guerra civile dura e profonda. In questa terra non abbiamo momenti di dura repressione che si traducono in centi-naia di morti e che vedono protagonisti in prima linea i tedeschi. Anzi, se vogliamo i tedeschi a volte accettano di subire qualche caduto quasi come

1 I due lavori di ricerca sono: G. FONTANA, M. FUMAGALLI, Antifascismo Caduti e disobbe-dienti Valtellinesi, 8 settembre 1943-2 giugno 1944. Il montanaro prende il fucile il difficile cammino della lotta armata partigiana, Associazione culturale Banlieue, Gruppo editoriale l’Espresso, Roma 2014; La cronologia valtellinese visibile in: http://www.55rosselli.it/progetto %20catalano/pdf%20progetto%20catalano/Valtellina-cronologia.pdf

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tributo normale in una guerra che si è dimostrata lunga e dura. Sono le varie bande fasciste che impongono una cieca violenza fino agli ultimi giorni: avremo in valle gruppi della Brigata Autonoma Muti, bande della Brigata Nera Cesare Rodini di Como e delle Brigate Nere toscane; milizie della GNR provenienti dalla Bergamasca e una formazione che ha fatto della violenza la propria ragione di vita come la Tagliamento. A questa violenza, fatta di spiate e di assassinii la risposta dovrà necessariamente porsi a un livello se non pari altrettanto alto, fuori dalle aspirazione dei resistenti, su di un terreno a loro sconosciuto che non sapranno comunque percorrere. A questa violenza diffusa non saranno esclusi i partigiani dell’alta valle i quali si troveranno a dover constatare che la violenza fasci-sta non trova ne confini né limiti. Sono queste le considerazioni che ci hanno spinto a prendere in considerazione il caso di Clorindo Fiora. La vicenda si sviluppa completamente all’interno delle dinamiche della Resi-stenza valtellinese, come dice bene Giulio Spini a proposito di Clorindo Fiora « Partecipò alla Resistenza e cadde, a poche settimane dall'insurre-zione, in una delle tragiche circostanze, fatte di equivoci e di tensione, che certo non mancarono in un avvenimento così complesso come la lotta partigiana». Spini è stato un personaggio importante e di primo piano della Valtellina, valgono per tutti le parole apparse sul giornale La Provincia di Sondrio in occasione della sua morte:« Spini incarna, a livello locale, quel-la che fu la parabola sociale e politica del dopoguerra, passando attraverso la Resistenza, la nascita dei movimenti democratici, dei grandi partiti ita-liani (fu segretario provinciale della Dc) che hanno traghettato la Prima Repubblica attraverso il boom economico, il benessere diffuso, la conqui-sta dei diritti e delle opportunità per tutti». La particolarità che rende im-portante questo caso è che non si tratta di un contrasto tra fascisti e resi-stenti, ma è all’interno della Resistenza. Oggetto a questo punto importan-te per le polemiche sui “garibaldini assassini” che ancora oggi continuano ad agitare i sonni di scrittori ed editori2. L’intento è quello di fornire un’analisi della situazione che rifugga da giudizi e da pregiudizi, cercando di fornire ai lettori elementi e dati su cui ragionare e, ce lo auguriamo, proseguire analisi e ricerche.

Clorindo Fiora

Il 3 aprile del 1945 in val Gerola (Valtellina) viene fucilato dai gari-baldini della 2a divisione Garibaldi Lombardia un intellettuale di Ronca-glia, Clorindo Fiora, questa la sua storia ma anche la storia del suo raccon-to.

I dati relativi alla sua morte sono desunti dai documenti depositati in copia presso l’Istituto di Storia Contemporanea di Como “Pier Amato Perretta” nel fondo Franco Giannantoni e all’Archivio di Stato di Sondrio

2 Vale per tutti: M. SERRI, Un amore partigiano. Storia di Neri e Gianna eroi scomodi della Resistenza, Longanesi, Milano 2014.

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presso il fondo Questura. Presso l’Ufficio Anagrafe del comune di Civo (SO), di Clorindo Fiora non esiste né data di morte né luogo di sepoltura, Roncaglia è una frazione del comune di Civo (SO)3.

Bassa Valtellina, primavera 1944.

Bassa Valtellina, costiera dei Cech, sono le montagne soleggiate alla nostra sinistra e ci accompagnano, andando, da Colico verso Sondrio, fino alla stretta di Talamona. Pochi paesi sparsi Cino (586 ab), Cercino (774 ab), Civo ( 1817 ab), Dazio (360 ab), Roncaglia, Poira di Dentro, Naguari-do, Caspano, Mello (1359 ab) tutti a mezzacosta a rubare quel po’ di prato su cui costruire una baita e una chiesa; Traona (1297 ab)4 in basso quasi in riva all’Adda ma con i radi pascoli su in alto fino a Oratorio sette fratelli (2000 m). Più in alto, sopra i paesi i prati, prati dell’O, prati Bioggio, prati di Aragno e, per indicare come è il terreno, Prà Succ. Una terra arida ba-ciata dal sole, dove si portano le vacche in val di Mello, che non è qui ma in val Masino ed il nome sta ad indicare una lunga e dura transumanza. Un fazzoletto di prato è una conquista, una sorgente è oro.

Alla nostra destra il versante valtellinese delle Prealpi orobiche con i paesi di fondovalle Andalo (320 ab), Delebio (1685 ab), Rogolo (408 ab), Cosio Valtellino (2904 ab) per finire con Morbegno ( 5988 ab), il paese più numeroso sul delta dei torrenti che scendono dalla val Gerola e dalla valle di Albaredo: le vie di comunicazione con la Valsassina e la valle Brembana.

Talamona (2931 ab) chiude questo scorcio della Valtellina chiusa sul delta del torrente che scende dalla val Tartano, sembra un’isola a sé, lonta-na da Morbegno e dalla costiera dei Cech.

È anche in queste montagne che dalla primavera del 1944 in poi si sviluppa la costruzione di una brigata garibaldina, brigata Garibaldi Valtel-lina prima, poi 40a brg. Garibaldi G. Matteotti fronte nord e fronte sud, poi 40a brg. Garibaldi G. Matteotti fino allo sconfinamento in Svizzera il 1 dicembre 1944. La ricostruzione delle formazioni partigiane sarà un duro e faticoso lavoro dopo il superamento dell’inverno 1944-1945. Il duro e faticoso lavoro c’è stato anche nella primavera ed estate 1944, riuscire a far convivere “milanesi” e valligiani non è stato facile. La politica è la capacità di riuscire a mescolare istanze materiali immediate: il no all’ammasso, il no alle requisizioni, un po’ di riso e farina che arriva dalla pianura, anche per le popolazioni locali, garantire la non deportazione in

3 IscComo “Pier Amato Perretta”, fondo Franco Giannantoni, b. Valtellina, fasc. Pino Retico. Comunicazione dell’Ufficio Anagrafe agli autori del 26/10/2015. ASSo, fondo Questura, fasc. Fiora Clorindo. Tutti i documenti citati in note sono in copia presso gli autori. 4 Fanno capo al comune di Civo le frazioni di: Cadelsasso, Caspano, Chempo, Civo, Lago Di Spluga, Naguarido, Poira, Regolido, Roncaglia, Santa Croce, Serone, Vallate; al comune di Traona le frazioni di: Bioggio, Corlazio, Moncucco Alto, Moncucco Basso, Pianezzo; al comune di Cercino le frazioni di: Belenasco, Siro; al comune di Mello: Bondo, Consiglio, Piazzo, Poira Di Dentro, Poira Di Fuori, Pecoia, Pusteria. I dati demografici fanno riferimento al censimento del 1936.

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Germania per i renitenti alla leva della RSI, con istanze di un nuovo mo-dello di convivenza sociale. Parole come libertà e democrazia per giovani cresciuti nel ventennio fascista non avevano senso, occorreva formarlo. Questo il lavoro che è stato alla base della costruzione della Resistenza, riuscire ad amalgamare quotidianità e futuro.

Tutto questo non è stato esente da frizioni e rapporti duri sia con la popolazione che tra le forze stesse della Resistenza.

La debolezza militare delle formazioni veniva in qualche modo na-scosta durante l’estate del 1944 con la speranza di una veloce fine della guerra che spingeva anche gli avversari, saloini e nazisti, a moderare gli attacchi. Svanita questa illusione le forze nazi-fasciste avevano buon gioco nello sconfiggere le deboli forze partigiane in bassa Valtellina.

Tra le popolazioni locali, che si sono trovate a doversi rapportare di-rettamente con una dura occupazione, con una crisi alimentare senza pre-cedenti e con i lutti familiari di una guerra persa, trova spazio il rivalersi sui resistenti sconfitti. Lo Stato è una entità mai ben digerita dai valligiani, a questa sopportazione si aggiunge il panorama dominato dalle baite bru-ciate e dalle requisizioni del bestiame. Il risultato di questa memoria è un amalgama non ben riuscito di racconti da osterie, manomissione di docu-menti, ricordi non ben organizzati e ignoranza variamente distribuita. Nes-suno si è mai preso la briga di seguire le poche tracce del primo caduto valtellinese, Aldo Perregrini, ne di approfondire il contributo locale alla costruzione della 40a brg. G. Matteotti. Questa memoria acefala trova an-che una forma per esprimersi e rimarcare le “malefatte” garibaldine, è il “Memoriale Valenti” e, in tempi non sospetti, la storia “ufficiale” della Resistenza Valtellinese, il volume di M. Fini e F. Giannantoni. È dentro questo minestrone fatto di cose non dette o ignorate, momenti di rivalsa nei confronti di chi la Resistenza l’ha vissuta intensamente, ripresa di una lontananza dallo Stato e dalle sue Istituzioni che si pone la vicenda storica e umana di Clorindo Fiora, Pino Retico.

Vicende della Resistenza

In un rapporto senza firma, datato 3 marzo 1945, inserito tra i docu-menti delle Brigate Garibaldi5 viene riportato:

“Retico. Da una infinità di prove risulta che questo losco individuo ha avuto più colloqui con le autorità fasciste. Inoltre ci risulta che l’arresto di Gilli è stato fatto eseguire dietro sue indicazioni. Ci siamo consultati con vari elementi valtelli-nesi i quali confermano che è un reale pericolo per le formazioni. Provvederemo a liquidarlo.”

5 Fondazione Istituto Gramsci, fondo Brigate Garibaldi, sezioni regionali: sottoserie Lombardia, doc. n. 01034. Citato in C. PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza : documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, Feltrinelli, Milano 1979, p. 410. Il documento completo è anche in Insmli, fondo Istituto Gramsci, documenti Brigate Garibaldi in copia, b. 8, fasc. 3, 01039; l’ evidenziato è nostro.

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Questo rapporto è all’interno di altre relazioni che evidenziano la presenza di spie nella zona di Morbegno, in particolare una coppia di ex partigiani che segnalano ai saloini i resistenti e i loro famigliari causando parecchi arresti tra i partigiani. Ma anche altre ombre si addensano sullo stesso Retico «Carli6 accompagnato in quel di Roncaglia dallo scrivente immediatamente messo in contatto con Retico, come di [sic ] stabilito, dovendo fare un viaggio per prendere contatti con i vari C.D.L. locali fu arrestato. Attualmente è a Sondrio». Ironia della sorte, ma anche evidenza delle difficoltà di comunicazione, un documento della II div. d’Assalto Garibaldi Lombardia a firma di Gek7 e di Elio tra alcune comunicazioni al 1° btg. della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti, inserisce la segnalazione «qualora possa direttamente interessarvi e affinché lo comunichiate a Reti-co (con il quale supponiamo siate in collegamento) l’esistenza in Cino di una pericolosissima spia […]» la comunicazione porta la data del 5 marzo 19458.

Pino Retico, è il valtellinese Clorindo Fiora, personaggio di cui è dif-ficile pennellare un ritratto. Di lui conosciamo segmenti di vita, la pubbli-cazione di due volumi nel 1932 a Napoli e nel 1934 a Milano, un articolo che viene ripreso da Giulio Spini nel 1982, la Valtellina negli anni ’30. É residente a Milano. Viene arrestato il 28.6.1940 per critiche al regime e all'entrata il guerra. È confinato per 5 anni a Pisticci e alle isole Tremiti, viene liberato il 5.11.1942. Non si sa se la sua figura è stata di riferimento per gli uomini che fuggono dai bandi della RSI e che dalla pianura e dalle periferie industriali milanesi si indirizzano o vengono mandati in monta-gna. Sino ad ora l’unica persona di cui si hanno riscontri è Angelo Man-zocchi di Morbegno che funziona da referente per i garibaldini.

Gilli è un ispettore delle brigate Garibaldi che sviluppa la sua attività tra il comasco e la Valtellina. Viene da lontano Bruno Bianchi, da Suzza-ra9, dove è nato nel 1909. Gilli, è il suo nome di copertura, è un vecchio comunista già condannato dal Tribunale per la Difesa dello Stato il 1° aprile 1932 a tre anni di reclusione poi nel 1936 ad altri 14 anni. Esce dal

6 Potrebbe essere Gilli, Bruno Bianchi, così in G. PERRETTA (a cura di), La 52a Brigata Garibaldi “Luigi Clerici” attraverso i documenti, Istituto Comasco per la Storia del Movimento di Liberazione, Como 1991, p. 612. In Fisec, Fondo biografia del militante, ad nomen, viene indicato solamente Gilli. 7 Federico Giordano, vedi la sua auto-biografia in appendice. Elio è il bergamasco Giuseppe (Popi) Taino. 8 Issrec, fondo ANPI, fasc. Brigate Garibaldi. Gek è Federico Giordano, allora comandante della II div. Garibaldi Lombardia, Elio è il bergamasco Giuseppe Taino, commissario della II divisione Garibaldi Lombardia. A fine guerra Gek venne fatto oggetto di un attentato «N. di prot. 16089 div. ll Sondrio 7 agosto 1946. Segnalazione Questore di Sondrio al Prefetto: Verso le ore 0,30 del 6 corrente in Gerola Alta due sconosciuti lanciavano contro l'abitazione dell'ex Commissario Politico della 2* Divisione Valtellina,Giordano Federico, inteso Geck, quattro bombe a mano, che esplodevano senza però causare vittime. Indagini in corso.» ASSo, fondo Prefettura, b. 1040. 9 A volte ci sono combinazioni che è difficile considerare casuali, Vando Aldrovandi, Al, uno degli organizzatori della Resistenza in Valtellina e Valsassina è nativo di Suzzara.

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carcere dopo il 25 luglio 1943 e dopo l’8 settembre viene incaricato di verificare lo sviluppo del “ lavoro sportivo” ( pseudonimo per lavoro mili-tare) nelle montagne del comasco e della bassa Valtellina. Di certo l’accusa a Retico di essere la causa del suo arresto non lascia indifferenti i garibaldini, che poi l’accusa sia provata e reale è un’altra faccenda, intanto Bruno Bianchi entra nel carcere di San Vittore il 9 marzo 194510, e questo non depone a favore di Retico. Gilli doveva far parte del triunvirato insur-rezionale assieme a Maio e Lino11. In Valtellina il problema della presenza delle spie non è sentito solo in bassa valle o è imputabile solo ai garibaldi-ni: Emilio, Teresio Gola, ragguaglia il «Comando 1° btg. 40a brigata Mat-teotti» «penso che a Triangia ci sia una cellula di spionaggio composta da elementi del luogo […] il capo è un certo […] uomo sui 45 anni, sbarbato e senza baffi, di media statura magro e dai capelli neri ».

Sulla vicenda di Pino Retico si staglia, ancor prima di conoscerne le traversie, la sua fine: « Il 3 aprile 1945, […]Pino Retico veniva fucilato in val Gerola da un reparto garibaldino in circostanze oscure», tante oscure che l’autore si affretta ad aggiungere « di quella tragica esecuzione man-cano infatti testimonianze dirette»12.

Questa fine oscura ha veleggiato per anni e anni, fornendo di volta in volta il destro a polemiche o contro il “famigerato Nicola” o contro i gari-baldini. Le leggende e le maldicenze su Dionisio Gambaruto, Die-go/Nicola, portano anche a queste affermazioni: «Dopo la guerra si saprà che Nicola aveva ucciso: prof Clorindo Fiora (Pino Retico), dott. Giumelli, dott. Parravicini, ten. Baruffi, Ettore Mascheroni, Costantini ma anche 17 partigiani del gruppo Pino Retico»13. Manca, o perlomeno non è stato rin-tracciato, alcun documento che chieda una indagine all’autorità giudiziaria dopo il 25 aprile inerente alla fucilazione di Clorindo. Possiamo iniziare a fare solo ragionamenti, e pertanto situare tutto nell’opinabilità, conside-

10 Copia dell’Interrogatorio di Scamoni Giulio, IscComo, fondo Franco Giannantoni, b. Valtellina, fasc. Pino Retico. Sul problema delle spie, dei contatti con i fascisti, e con la scia di miserie morali e materiali che si lasciano dietro, può essere utile cfr. R. NICCO, La Resi-stenza in Valle d'Aosta, 2. ed., Musumeci : Istituto storico della Resistenza in Valle d'Aosta, Aosta 1995. La narrazione, lontana dalle montagne lombarde, consente di acquisire la consa-pevolezza che i problemi della Resistenza non sono riconducibili a semplici istanze locali. In Lombardia, ma sul confine dell’alta Valtellina, cfr. M. FRANZINELLI, Un dramma partigiano: il caso Menici, Brescia Fondazione Micheletti, Brescia 1995. PM. 9, 10 febbraio 1945, Al Comando, Issrec, fondo ANPI, fasc. 6. 11 Cfr. C. PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza : documenti. Vol. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 574. 12 Cfr. M. FINII, F. GIANNANTONI La Resistenza più lunga: lotta partigiana e difesa degli impianti idroelettrici in Valtellina: 1943-1945, Sugarco edizioni, Milano 2008, p. 99. Nessuna informazione riguardo a Clorindo Fiora è invece reperibile nello studio di: F. CATALANO, La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, dattiloscritto inedito contenente i risultati di una ricerca coordinata da F. Catalano negli anni Settanta, in Fondo Catalano, Istituto di storia contemporanea “Pier Amato Perretta”; la copia che viene citata è in: http://www.55rosselli.it/progetto%20catalano/pdf%20progetto%20catalano/Valtellina-cronologia.pdf. 13 da uno scritto dell’archivio privato di Mariarosa Romegialli in copia presso gli autori.

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rando anche che con Gilli catturato, Nicola e Al in Svizzera, Maio alle prese con il problema del Comando Unificato, tutto il peso organizzativo nella bassa e media Valtellina ricade su Gek, Sam ed Elio che sono nella zona di Morbegno. Bisogna però non dimenticare che il racconto della storia si avvale anche di quanto succede dopo il 28 aprile in Valtellina dove si apre una rivalsa contro i partigiani garibaldini che coinvolge il sindaco socialista di Sondrio, Virgilio Bonomi e il Questore Mario Ab-biezzi. Che la tragica vicenda di Clorindo Fiora non abbia avuto allora le prime pagine dei giornali, assieme al caso di Carlo Baruffi, appare quanto mai strano, ma di stranezze questa vicenda ne è costellata.

Ricordiamo che stiamo parlando della fucilazione di un antifascista da parte delle forze garibaldine, questo è di difficile confutazione, ma noi non conosciamo né la sua posizione in un ipotetica formazione da lui co-mandata, né i rapporti che questa formazione ha con i comandi milanesi del CLNAI, se mai questa formazione è esistita. Non abbiamo trovato altra documentazione se non quella che usiamo qui e che è carente. Per riuscire ad avere un quadro più chiaro, in mancanza di documentazione locale e di racconti orali, è necessario sia rifarsi alla situazione nella bassa Valtellina tra l’inverno 1944 e la primavera 1945, sia considerare i rapporti organiz-zativi tra gli esponenti dei partiti antifascisti.

Primavera partigiana in bassa Valtellina14.

Il tema della fine delle ostilità belliche e dei rapporti tra le formazio-ni partigiane non è oggetto di questa relazione. Qui ci serve solo indicare i temi in discussione per inquadrare meglio la storia di Pino Retico. Purtut-tavia occorre considerare che, per una corretta interpretazione dei fatti, è necessario avvicinarci agli organigrammi delle formazioni che vengono confezionati dopo il 25 aprile 1945 con molta cautela. La sconfitta dell’autunno del 1944 con la conseguente scompaginazione delle forma-zioni partigiane ha reso difficile e nuova, molti sono in Svizzera, la rico-struzione della presenza nella bassa Valtellina. A questo fatto se ne ag-giunge un altro, non si può non prendere in considerazione anche la zona della Valsassina e di tutta la fascia che guarda il lago di Como da Lecco a Colico, che era la zona di competenza della 2a div. Garibaldi Lombardia. Una relazione del 17 aprile 1945 che la riguarda fornisce una fotografia alquanto impietosa, la 59a brg. Garibaldi Mina, occupa la zona della val Gerola fino a Colico. Gli uomini armati sono 130 con una trentina di armi automatiche, vanta alcune azioni. La 55a brg. Garibaldi f.lli Rosselli con fronte da Colico a Lecco. Vanta una quarantina di uomini armati e un’ azione armata a Premana.

14 Mancano, dopo il poderoso lavoro del prof. Franco Catalano che risale agli anni ’60 del secolo scorso, aggiornamenti e ricerche sulla Resistenza tra lecchese e Valtellina. Alcuni appunti sulle problematiche della ricostruzione primaverile delle brigate: cfr. G. FONTANA, Scampoli, La Resistenza brembana tra spontaneità e organizzazione, Il Filo di Arianna, Bergamo 2015.

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Il documento contiene una serie di buoni propositi e di intenzioni, è firmata da Gek (Giordano Federigo) e da Sam (Franco Manzotti) con il timbro del 2077 Regiment (Prov.) OSS e la firma di un ufficiale america-no15. Il timbro che fa riferimento all’ Office of Strategic Services america-no ci fornisce una indicazione interessante, quella della presenza di agenti americani nelle formazioni della 2a div. Garibaldi Lombardia.

Tra la fine dell’inverno e la primavera del 1945 il CVL di Milano mette in atto uno sforzo per riuscire a definire un comando unico di zona che superi i comandi territoriali che fanno capo alle rispettive organizza-zioni politiche. L’ipotesi del Comando Unico Unificato in Valtellina aveva già fatto capolino nel settembre del 1944. Il comandante Neri (Luigi Cana-li) e Odo (Ulisse Guzzi), a nome del Raggruppamento 1a e 2a divisione Garibaldi Lombardia, fanno presente alla «Divisione Giustizia e Libertà» la possibilità di addivenire ad un accordo in modo da formalizzare un co-mando unico con la partecipazione dei comandanti di Giustizia e Libertà16. Questa ipotesi verrà spazzata via con l’inizio del rastrellamento dell’ottobre 1944. Il comando unico prevede che formalmente le varie strutture armate perderanno la connotazione politica (Garibaldi, Matteotti, Giustizia e Libertà, Mazzini etc.), i comandi militari risponderanno ad un comandante unico, tutto verrà vagliato un modo unitario. Nella primavera del 1945 la presenza degli agenti della missione OSS fa si che si trovino a espletare le funzioni, più cercate che trovate, di controllori del processo militare della Resistenza verso la fase insurrezionale. In merito alla bassa Valtellina abbiamo solo un’indicazione nei documenti timbrati della 2a div. Garibaldi, mentre in alta Valtellina conosciamo i membri delle missioni OSS17 che arrivano fin li. Le formazioni in alta valle possono ancora gesti-re schermaglie politiche senza che queste diventino scontri aspri e a volte sanguinosi. Nell’inverno del 1944-1945 si sfilano dal controllo del partito d’Azione e a fine conflitto si dichiareranno fuori anche dal controllo del Partito Liberale Italiano18 appoggiandosi completamente agli alleati. Una comunicazione scritta, indirizzata al comando del 1° btg. della 40a brg. Matteotti div. Garibaldina Lombardia, datata 27 febbraio 1945 riporta

15 Musei Civici di Lecco, fondo Resistenza, fald. 3, documenti Guzzi. Se si vuole approfondire il problema v. P. TOMPKINS, L’altra Resistenza, Il Saggiatore, Milano 2009; v. CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI STORICI, Gli Americani e la Guerra di Liberazione in Italia, Office of Strategic Service (OSS) e la Resistenza Italiana, presidenza del Consiglio dei Ministri dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, Roma 1995. 16 Al Comando della divisione Giustizia e Libertà, 30/9/1944, Issrec, fondo ANPI, b. 1, fasc. 7. 17 v. CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI STORICi, Gli Americani e la Guerra di Liberazione in Italia, cit. pp-57-64; E. H. KLOMAN, Assignment Algiers: With the OSS in the Mediterranean Theater, Naval Institute Press, Pennsylvani 2005; v. M. CORVO, La campagna d'Italia dei servizi segreti americani : 1942-1945, Gorizia 2006. 18 Issrec, fondo Istituto Gramsci, 40a brg. Garibaldi. Al comando Divisione Giustizia e Libertà Valtellina, IscComo, fondo Franco Giannantoni, b. 3, fasc. Divisione GL. Il comandante Masera non ha mai comandato, Insmli, fondo Domenico Manera, Serie carte militari della Lombardia, b. 3. Fasc. 27

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nella intestazione CLN Corpo Volontari della Libertà, Divisione “Valtelli-na” dove la dicitura Giustizia e Libertà è cancellata, la stessa cancellatura appare anche nel timbro. La firma che compare è Emilio, Teresio Gola; Il Comando Lombardia delle formazioni Giustizia e Libertà, a firma di Vitto-rio (Guzzoni?), fa presente al comando della divisione in alta Valtellina che i contatti con Milano non sono difficili, semplicemente non vengono usati e si preferisce avere contatti diretti con il CLN di Lugano (!). Se fosse ancora necessario una nota Giuseppe Motta a fine conflitto esclude categoricamente il legame con qualsiasi partito del CLNAI; per le forma-zioni del Partito Comunista, che conta solo sulle proprie forze, il controllo del territorio diventa una condizione da cui non si può derogare da qui l’asprezza con cui combatte ogni tentativo di separazione o indipendenza dal CVL.

Questa situazione espone anche gli stessi ispettori garibaldini a si-tuazioni imbarazzanti, ne fa fede la risentita relazione di Giorgio, Leo Agliani, del 4 aprile 194519 in quanto «mi sono trovato molto impacciato per il fatto di non sapere con esattezza il numero delle nostre forze e la loro dislocazione precisa». Oltretutto l’ abbandono del riferimento a “Giu-stizia e Libertà” ma anche il non riconoscimento del CLNAI da parte delle formazioni partigiane in alta Valtellina, le difficoltà di riorganizzazione nella bassa Valtellina, sono elementi che non concorrono a rasserenare i rapporti tra i garibaldini ed eventuali gruppi di resistenti locali.

Maio, Mario Abbiezzi, quando rientra dalla missione in alta Valtelli-na relaziona di una situazione confusa «Sono rimasto nella zona […] dal giorno 8 al giorno 22 del mese di marzo 1945. […] Il comandante divisio-nale si ritiene apolitico e in sua presenza è stato deciso di togliere la de-nominazione “Giustizia e Libertà” e di non riconoscere la Delegazione regionale del partito […]. Il Comando ritiene più che sufficiente l’autorità ed il collegamento col CLN di Lugano per cui ritiene inutile qualsiasi altro collegamento […]. Il Comando della divisione alpina essendo completa-mente all’oscuro dell’esistenza del Comando generale del CVL […] rite-nendo inutile e dannosa l’azione del commissario politico […] decide di rimandare la composizione del Comando unificato20» vero è che Fabio, Piero Vergani, comandante delle Brigate Garibaldi in Lombardia aveva precedentemente «lunedì 5 marzo […] avuto una amichevole conversazio-ne con gli amici di GL, sul problema del Comando di zona per la Valtelli-na », peccato che però gli amici di GL non parlino più per le formazioni dell’alta valle21.

19 Insmli, fondo CVL, fasc. Comando zona lago di Como, Documenti del comando zona lago di Como. 20 Cfr. C. PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza : documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 529. 21 Ivi, p. 437. GL sta per Giustizia e Libertà che è il nome delle formazioni armate del Partito d’Azione.

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Anche la figura che è stata « approvata democraticamente da tutti i comandanti della divisione in parola22 » il tenente colonnello dei Cara-binieri reali Alessi non gode di nessuna simpatia da parte garibaldina23, è stato richiamato dalla Svizzera in cui era riparato con la moglie. Chiunque comprende come in questa situazione, in una zona che con la fine della guerra rischia di diventare bollente, trovarsi con formazioni che non rico-noscono la politica del CLNAI sia un elemento che può provocare scintil-le. Oltretutto, a parte gli uomini che il centro milanese delle brigate Gari-baldi spedisce in valle, qui si può contare sugli uomini di Tiberio, Pietro Porchera, che però si trovano nel chiavennasco, sugli uomini della val Gerola che hanno in Sam, Gek ed Elio il gruppo di comando e nell’ex 1° btg. della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti che diventa, nel marzo 1945, la nuova brigata Rinaldi al comando di Germano Bodo ed Ettore Maschero-ni. Il tempo non ha smussato gli angoli tant’è che il 29 marzo 1945, Lino, Siro Rosi, invia per conoscenza al Comando del Corpo Volontari della Libertà, Comando, copia di una lettera di chiarificazione che lo stesso Lino ha inviato a tale sig. Zecca che in «un colloquio avvenuto a Morbegno […] con Enzo di Colico vi siete permesso di dire di fare attenzione che Lino è un comunista24 ».

Le schermaglie dialettiche possono restare tali in condizioni normali, dentro ad una fase di guerra dove il ricorso all’uso della forza è nel quoti-diano, basta un niente per passare dalle parole ai fatti.

Questo impasse verrà risolto in due passaggi, la cui realtà materiale della loro applicazione lascia alquanto a desiderare. Il 26 marzo 1945 vie-ne accettata la proposta di Mario Abbiezzi, Maio, della costituzione di un comando provvisorio unificato in cui Edoardo Alessi è il Comandante e lui il suo vice, questa situazione viene superata l’11 aprile con la nascita del comando unificato Zona Valtellina-Lario suddiviso in quattro zone, Setto-re Valtellina, Settore Spluga, Settore Grigne, settore SAP. Come questo accordo poi si sviluppi a livello pratico è tutto da verificare. Non va di-menticato che già il 15 febbraio 1945 era stato stipulato un accordo tra le forze della provincia di Sondrio in cui venivano definite le zone di in-fluenza dei vari partiti presenti nel CLN di Sondrio fino a individuare e definire l’appartenenza politica dei sindaci nelle città importanti della

22 Evidenziazione nostra. 23 Ivi, p. 575. Per la figura di Edoardo Alessi cfr. M. FINII, F. GIANNANTONI, La Resistenza più lunga : lotta partigiana e difesa degli impianti idroelettrici in Valtellina: 1943-1945, cit., ad nomen. Cfr. Idem, L’ombra degli americani sulla Resistenza al confine tra Italia e Svizze-ra, Essezeta-Arterigere, Varese 2007, p. 288. F. CATALANO, La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., ad nomen. La sentenza nei riguardi del tenente colonnello Alessi è in: ASSo, b. Angelantonio Bianchi 2, fasc. 27, Tribunale Straordinario Provinciale di Sondrio, sentenze e atti processuali del 20 maggio 1944 a carico di Edoardo Alessi. 24 Cfr. C. PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza: documenti. Vol. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 546.

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provincia sondriese25. Ne deriva che rimettere tutto in discussione non agevola certamente la reciproca comprensione.

La conseguenza dello sconfinamento in Svizzera di gran parte della 55a brg. Garibaldi f.lli Rosselli e della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti nella primavera del 1945 è di procedere alla ricostruzione delle brigate partendo dai gruppi che son rimasti in loco durante l’inverno. Erano le ore 3 del 1 dicembre 1944 quando Giuseppe Giumelli26 viene registrato a Bondo dalle guardie confinarie svizzere con l’avanguardia dei partigiani che sconfina-no, prodromi di un inverno duro che vede in montagna pochissime forze partigiane27, è doveroso fare un passo indietro per comprendere l’evoluzio- ne e della presenza partigiana nella val Gerola e nella bassa Valtellina.

La II divisione Garibaldi Lombardia

Il rastrellamento dell’ottobre 1944 e il conseguente duro inverno 1944-1945 modifica la composizione e la struttura delle brigate garibaldi-ne che fanno capo al Comando di Raggruppamento delle brigate Garibaldi Lombardia con sede a Lecco28. In gran parte sconfinate in Svizzera le for-ze della 55a brg. Garibaldi f.lli Rosselli e della 40a brg. G. Matteotti, scompaginate le forze della 90a brg. E. Zampiero, sciolta la 89a brg. G. e G. Poletti sulle falde del Grignone così come anche la 86a brg. G. Issel in Valtaleggio, in montagna restano pochi uomini. Nella media e bassa Val-tellina regge il 1° btg. della Matteotti con Germano Bodo e Ettore Masche-roni29. Il 21 gennaio 1945 un organigramma della «I Divisione Garibaldina Lombardia 40a brg. “G. Matteotti” Comando I Battaglione» viene inviato «Al Comando di Raggruppamento», la brigata è formata da tre distacca-menti al comando di Tito (XII dist.), Mas (XIII dist.), Romero (XIV dist.), il capo del servizio informazioni e intendenza è Ennio, Comandante è Ettore e Commissario è Germano. Alcuni uomini sono in val Gerola con Sam, Gek, Elio e Oreste, Tiberio e una quindicina di partigiani in val Chiavenna, alcuni dispersi sulla costiera dei Cech, in val Tartano e nella zona di Colico. Gli uomini sono slegati tra loro, difficili i collegamenti, le staffette ormai braccate fanno fatica a muoversi. Le catture della metà di gennaio sembrano completare l’opera delle fucilazioni di Barzio a fine anno; finiscono nelle mani della GNR i comandanti Lario, Neri, Pietro e, preventivamente, il comando delle brigate Garibaldi comunicava:

Italia occupata, 9 gennaio 1945

25 Accordo per la provincia di Sondrio, Insmli, fondo Brigate Garibaldi, Istituto Gramsci in copia, b. 8, fasc. 3, doc. 0989. 26 medico della 40a brg. G. Matteotti. 27 Cfr. F. CATALANO, La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit.; Cfr. GABRIELE FONTANA, Considerazioni sulla cattura e fucilazione dei partigiani della 55a brigata Garibaldi Fratelli Rosselli: Baitone della Pianca (30 dicembre 1944), “Studi e ricerche di storia contemporanea”, n 77, giugno 2012, p.50. Idem, Scampoli, cit., pp. 127-177. 28 Cfr. F. CATALANO, La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., p. 284. 29 Insmli, fondo Brigate Garibaldi, Istituto Gramsci in copia, b.8, fasc. 3, doc. 0967.

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Al comandante "Oreste" Questo comando dopo aver esaminata attentamente la tua lettera del

mese scorso e dopo i colpi avuti con la cattura e la fucilazione del comando della 52a brigata e del comandante "Mina", è venuto alla determinazione se-guente:

ammessa l'impossibilità attuale di poter mantenere, con una certa sicu-rezza sulle nostre montagne delle formazioni numerose, sta studiando, e per ora ti espone in sommi capi, la riorganizzazione invernale dei nostri. Essa deve essere basata su squadre e nuclei di pochi uomini, mobili, volanti, in modo che il nemico mai sappia della loro dislocazione. Essi potranno vivere nei paesi, presso parenti, conoscenti, ecc. ma sotto la guida di comandanti sicuri e prepa-rati [...].

Tutti questi nuclei dipenderanno da un comando formato da soli quadri. Questo comando vedrebbe in te il comandante più adatto al compito di riorga-nizzatore della 2a divisione.

Da parte tua impartisci ordini in tal senso ai gruppi con cui sei in contat-to ["Sam", "Mario", "Pietro", "Ape", "Lince"]. [...]

Purtroppo questo comunicato non precedeva ma veniva a confermare una situazione che la caduta del Comando di Raggruppamento conferma-va, la struttura era impossibilitata a reggere l’impatto con le forze tedesche e saloine.

Il distaccamento Minonzio

Nell’organigramma del settembre 1944 della 55° brg. Garibaldi f. lli Rosselli risultano nove distaccamenti composti da circa 30 partigiani, nella val Gerola è di stanza il distaccamento Franco Minonzio al comando di Agol e con commissario Igo, Ercole Zugnoni e Igino Manni30. In altri or-ganigrammi, Igol, Igino Manni è Commissario del dist. Benedetto Croce, Commissario del dist. Minonzio è Claudio,Egidio Zanetti. Igo (Igol) verrà catturato alle baite di Abbio, sopra Biandino, il 12 ottobre 1944, morirà a Enebsee il 2 maggio 1945. Sono entrambi di Gerola Alta e, nella politica della brigata, porre al vertice gli uomini del territorio su cui viene a svi-lupparsi la formazione è una regola da cui solo in caso di necessità si può derogare. Non tutto funziona però, il racconto della presenza in bassa Val-tellina dei partigiani, complice anche la poderosa ricerca di Franco Catala-no, relega alla presenza del comandante della 1a div. Garibaldi Lombardia, Dionisio Gambaruto, Diego e poi Nicola, lo scontro con i valligiani ed in particolare tra gli uomini della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti. Un docu-mento a firma Igo del 18 settembre 1944 intitolato significativamente «Rapporto del Commissario sul Comandante Agol» riferisce le impressio-ni sul comandante

1) mancanza ASSOLUTA di una Fede e quindi di una coscienza politica

[…] 2) Egoismo ASSOLUTO, IPERBOLICO, che naturalmente non può coesiste-

30 ANPI Val Gerola, Igino Manni Patriota, Morbegno, s.d.

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re con la nostra Idea Democratica. […]. 3) – Per questo cerca di accentrare in sé ogni autorità […]. 5) non ha fiducia negli uomini […]31

e così via, accuse pesanti che portano Igo a concludere «NON è

L’ELEMENTO CHE POSSA E SAPPIA COMANDARE». Edoardo32 rincara la dose con una lettera il 19 di settembre, che contiene due rapporti su Agol datate rispettivamente i giorni 11 e 12 dello stesso mese. Che ci sia un situazione di insoddisfazione nel distaccamento la si intuisce, ma si capisce che c’è anche chi questa condizione comprende e a cui probabil-mente cerca di porre un freno. Il distaccamento il 30 agosto del 1944 ha una forza di «19 uomini + 2 sotto sorveglianza», di questi uomini tre sono senza fucile, i «Viveri sono scarsi […] facciamo notare grande scarsità di munizioni e assoluta deficienza armi automatiche» aggiungiamo che han-no 12 bombe a mano33. Da questa situazione Igo, in un altro suo rapporto però dedicato al «Distaccamento e sui Patrioti34» rileva che il campanili-smo sembra superato, ci sono ancora screzi ma tutti riconducibili al com-portamento del Comandante, e segnala tre partigiani: Italo, vice coman-dante, che è portato in «palmo di mano» dagli uomini, Mom, che è un informatore preciso e tale Chicco, «molto giovane, possiede però una ma-turità mentale e coscienziosità tale da porlo fra i migliori elementi […] di sicura coscienza democratica35», accanto a questo paragrafo qualcuno ha scritto la parola Gec.

Difficile credere che Chicco sia Gek. I nomi Chicco e Gek non figu-rano nell’elenco degli uomini del dist. Minonzio in data 30 agosto 1944, la firma di Gek appare sotto alcuni documenti che hanno l’intestazione «55a brigata d’assalto Garibaldi “Rosselli» e che riguardano operazioni di con-trollo in Valsassina36e risalgono alla fine di settembre 1944. La documen-tazione, carente, ci porta al 28 novembre ’44 quando in una lettera non firmata, ma riferibile a Piero (Losi), indirizzata a Mina che è nella zona della val Taleggio per risolvere la questione “Gastone” ed i rapporti con la 86a brg. Garibaldi G. Issel37, troviamo l’informazione che «il Minonzio (unico Dist.to rimasto in zona dato che da tre giorni tutte le formazioni sono passate [al di là dell’Adda nda] con Al e Ges) […] Della Brigata, sono rimaste in zona tre squadre col compito di disturbare e sconcertare il nemico38».

31 Issrec, fondo ANPI, busta 1, fasc. 8. 32 Partigiano non individuato. 33 Issrec, fondo ANPI, busta 1, fasc. 8. 34 Ibid. 35 Rapporto del Commissario sul Distaccamento e sui Patrioti, Issrec, fondo AMPI, b. 1, fasc. 8. 36 Verbale, 30/9/1944, si è proceduto al fermo di, Issrec, fondo ANPI, serie formazioni parti-giane, fasc. 8. Al Comande Distaccamento Fogagnolo e per conosc. al Comando del 1° Battaglione, IscComo, fondo brigate Garibaldi, fasc. 55a Rosselli, citato in Gabriele Fontana, 1935-1945 Valsassina anni difficili, BCC Cremeno, Introbio 2011, p. 178. 37 Cfr. G. FONTANA, Scampoli, cit., pp. 144-157. 38 28 novembre 1944, Caro Mina; Issrec, fondo ANPI, b. 1, fasc. 8.

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Ma è ancora Agol ad essere al centro dell’attenzione alla fine di no-vembre, questa volta è il Commissario divisionale Marco e il commissario Oreste a riprenderlo per aver abbandonato «in un momento critico [gli] uomini […] Questa è prova di irresponsabilità» e come conseguenza viene sollevato dall’incarico. I rastrellamenti continui hanno messo a dura prova una struttura che si era organizzata per scendere al piano alla fine di set-tembre e che invece è da due mesi sotto un duro attacco. Il 7 dicembre una particolareggiata relazione precisa la forza del distaccamento Minonzio e la condizione generale:

OGGETTO: Situazione e condizioni generali del Reparto Forza effettiva totale n. 42 Forza effettiva del DISTACCAMENTO N° 33 Forza presente al 7/XII/44 N° 29 La maggioranza degli uomini difetta di indumenti in generale e di calzature

in particolare […] Seguono considerazioni generali tra cui la constatazione che i «fatti

ISSAL (sic) MATTEOTTI, POLETTI, e ultimamente il caso FOGA-GNOLO» hanno minato il morale degli uomini, una nota riguarda una missione la PILAT, di cui non conosciamo la funzione. La firma del Co-mandante (su questo documento) non è comprensibile ma su di un altro è Italo mentre il Commissario è Rubin39.

Il 23 gennaio Elio e Gek relazionano «al Comando Raggruppamento Divisioni» che la situazione non è certo rosea «il 16 u.s. Oreste […] lasciò questo comando» e Oreste si trova in grave disaccordo con il comando in montagna, l’aver ridotto il numero degli uomini è stata disapprovata da «codesto Comando [di Raggruppamento] e dai superiori organi dirigenti». A nulla paiono essere serviti sia la discussione con i comandi sottoposti e la gravissima situazione che si è determinata nella metà del dicembre 1944. Quanto deciso non è stata una smobilitazione ma un adeguamento alle situazioni contingenti. A questo hanno concorso anche: «la fucilazione di Mina con la conseguente grave mancanza in seno a questo Comando di un elemento militarmente all’altezza della situazione», una situazione finanziaria precaria che rende difficile «il mantenimento dei patrioti at-tualmente in forza». La relazione si conclude con la richiesta di avere un incontro con un rappresentante del Comando di Raggruppamento40. Diffi-cile che questo sia avvenuto lo scollegamento è grande e a fine gennaio sono già stati catturati i comandanti del Raggruppamento e anche un commissario, Lince, conoscitore dei luoghi e legame con gli uomini in

39 I partigiani che hanno questi nomi di copertura non sono stati individuati. 40 Z.O. 23/1/1945 Al Comando Raggruppamento Divisioni, Insmli, fondo Istituto Gramsci, in copia, b. 8, fasc. 3.

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montagna è stato catturato il 17 gennaio41. Nei tre mesi invernali la crisi si acuisce, il 17 febbraio Oreste, Biagio Melloni, dissente dalle decisione che vengono prese in val Gerola ( ma anche a Milano) «Non si accontentò dei palliativi consigliati dai compagni della Divisione ( ne Maio ne Lino ne Gilli erano presenti) e in previsione del lavoro che avrebbe dovuti svolgere a Milano ritornò. Tanto della partenza quanto del ritorno tenne informata la Federazione»42. Il comportamento di Oreste evidenzia non solo lo scol-lamento all’interno della stessa dirigenza garibaldina, ma al fondo anche un’incomprensione sulle difficoltà invernali che risultavano più acute in montagna e rientra definitivamente a Milano43, si cerca di richiamare in servizio il valsassinese Mario Cerati, Romolo, ma non c’è risposta44. Il 5 marzo 1945, il comandante della Brigata Nera invia a quello della V com-pagnia di Lecco il risultato della cattura di Dino Cassinelli, Lince: sono indicazioni relative a Gek, Elio e Ago (sic!) senza il riferimento del nome vero. L’organizzazione delle brigate garibaldine resta un po’ nella confu-sione, gli organigrammi su cui poi noi oggi ci troviamo a ragionare sono organizzati a posteriori, altro raccontano i documenti. Il comando della 2a div. d’Assalto Garibaldi Lombardia, nelle figure del Comandante Elio e Commissario Gek comunica la ripresa dei contatti con il 1° btg. della 40a Matteotti il 23.01.1945, più sfumati i ruoli in un successiva comunicazione del 14.02.1945, Elio è il commissario della 89a brg. f.f. e Gek è il commis-sario (della 2° div ndr) f.f., in successive comunicazioni appare solo la firma del commissario Gek45. Formazioni e comandi, come si può notare, sono fluttuanti e lo saranno fino alla definizione di brigate e organici dopo il 25 aprile. Ancora il 13 aprile 1945 «il capufficiale (sic!) intendenza» usava l’intestazione 1a Divisione Garibaldina Lombarda 40a brigata nel ringraziare il fornitore di 30 kg. di formaggio e usava il più “popolare” Viva la Libertà piuttosto che il più militaresco Morte ai nazifascisti. Tre giorni dopo, stessa macchina da scrivere e stesso scrivente (Ennio) l’intestazione diventa Corpo Volontari della Libertà, Brigata Riccardo Rinaldi, vengono comunicati al distaccamento Fulvio (Comandante Quinto Moroni, commissario Nando Vigorelli, V. comandante Ugo )46 i dati rela-tivi ad una spia in frazione Triangia «Per la cattura, nel caso capitasse nelle mani di codesto comando47». Gek il 26 aprile si affida più semplice-

41 Per le condizioni nell’inverno 1944-1945 si veda l’articolo di G. FONTANA, Considerazioni sulla cattura e fucilazione dei partigiani della 55a Brigata Garibaldi Fratelli Rosselli: baitone della Pianca (30 dicembre 1944) cit. 42 Milano, 22 maggio 1945, alla Federazione dei Milano, biografia, Archivio privato L. Borgomaneri. 43 Al comando raggruppamento e alla delegazione comando, Insmli, fondo Istituto Gramsci, documenti brigate Garibaldi in copia, b. 8, fasc. 2, Valtellina. 44 Cfr. ANPI Comitato provinciale di Lecco, carte private Mario Cerati, fondo non catalogato; documenti pubblicati in: P. MASTALLI, Colico 28 aprile 1945 : la resa della colonna tedesca : i comandanti Gek e Sam nella Resistenza, Cattaneo, Lecco 2011. 45 Comunicazioni alle formazioni dipendenti Issrec, fondo ANPI, fasc. 5. 46, Issrec, fondo ANPI, fasc. 6 organici della brigata Rinaldi. 47 I due documenti sono in Issrec, fondo ANPI, divisioni Garibaldi, fasc. 4.

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mente ai vecchi e consolidati rapporti «Cara Ala, gli avvenimenti precipi-tano […]» l’intestazione questa volta è Corpo Volontari della Libertà Set-tore Valtellina, Ala è Angela Fanchi, partigiana di Sondrio, maestra in bassa valle che manteneva i contatti tra la val Gerola ed il resto della valle.

Intanto il 31 marzo veniva ufficializzata la presenza della 89a brigata Garibaldi “Mina” nella zona che va da Talamona a Colico. Le azioni del marzo 1945 sono fatte dal distaccamento Pizzini della ex 55a brg. f.lli Ros-selli che agisce nella zona di Colico, mentre nella relazione del 18.04.1945 sono indicati tre distaccamenti, Ghislanzoni, Trezza e Grosso che agiscono nel fondovalle. Il Ghislanzoni attacca il 3 aprile «il presidio fascista di Morbegno», i nuclei dei tre distaccamenti nei giorni successivi fanno azio-ni che sabotano i telefoni e la linea ferroviaria nei pressi della stazione di Cosio. La 2° divisione Garibaldi Lombardia risulterà composta, alla data del 16 aprile 1945 dalla 89a brg. Garibaldi “Mina” e dalla 55a brg. f.lli Rosselli, la prima brigata occupa la zona che va da Talamona a Colico, mentre la Rosselli ha «fronte da Colico verso Lecco48». La realtà è un po’ meno roboante dei nomi, la 89a conta «oltre 130 uomini Abbiezzi tutti armati» mentre la 55° ha un «effettivo [che] ammonta a 40 uomini49», a fine anno 1945 e precisamente il 17 dicembre, Mario, “Maio”, racconta di un organigramma più realistico, la «2a div. Garibaldi Valtellina venne regolarmente costituita nel periodo clandestino nelle persone di Vinci Alfonso detto BILL, Comandante, e di Giordano Federico detto GEK, Commissario. Nel periodo insurrezionale il Comando predetto, di stanza in Morbegno (Sondrio), ebbe alle sue dipendenze l’89a brigata Mina, la 40a Brigata Rinaldi e la 90a Brigata Zampiero operanti nel settore bassa Valtel-lina-Val Chiavenna50». Dell’impianto del Comando di Raggruppamento 1a e 2a div. Garibaldi Lombardia non resta più nulla, sganciata la 55a brg. f.lli Rosselli e la 52a brg. L. Clerici, sciolte e mai più ricostruite la 86a brg. G. Issel e la 89a brg. G. e G. Poletti, rimasti sulla carta i progetti del Comando Unificato, le forze garibaldine che operano in zona si coordinano quasi in modo naturale.

A fine guerra, il 9 maggio 1945 la 89a brg. Mina risulterà composta da 429 uomini suddivisi in tre battaglioni e nove distaccamenti che rispet-tano completamente la struttura che era della 55a brg. f.lli Rosselli nell’estate del 1944; i distaccamenti sono intitolati ai caduti locali e rispet-tano la posizione geografica dei paesi51. Il comando della brigata risulta formato da Sam, ( Franco Manzocchi di Casatenovo) comandante, Elio

48 Oggetto, Relazione, ai Comandi Superiori, Issrec, Fondo ANPI, 2 div. Garibaldi. 49Ivi. 50 Comando II divisione Garibaldi Valtellina, DICHIARAZIONE, Issrec, fondo ANPI, b. 3, fasc. XXX. 51 Dist. Pezzini a Rogolo, dist. Fistolera a Delebio, dist. Guattini a Dubino; dist. Bedognè a Morbegno, dist. Trezza a Ardenno, dist. Ghislanzoni a Traona, dist. Grosso a Cosio Valtellina, dist. Silvetti a Regoledo, dist. Pedranzini a Traona. Al Comando Divisione Valtellina, IscComo, fondo Franco Manzotti, fasc. documenti.

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(Giuseppe Taino di Bergamo)52 commissario, Agol (Ercole Zugnoni di Gerola Alta) com. del 1° btg e Fred ( Sergio Aondio di Colico) comandan-te del 2° btg.

Giuseppe Taino, Poppi, Elio, necessita di qualche spiegazione aggiuntiva. Nato a Bergamo il 14.7.1917, allora studente in medicina poi medico, antifascista di lunga data poi comunista «Arrestato nell’ottobre 1941 per avere sporcato un monumento fascista, condannato dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato a 4 anni di reclusione, incarcerato a Castelfranco Emilia. Liberato nell’agosto del 1943.» Uomo schivo e modesto rilascia ad Angelo Bendotti una sola intervista in cui non si dilunga sulla sua esperienza partigiana. Era stato incarcerato a Castelfranco Emilia con Gaetano Invernizzi, è questo il probabile tramite che lo porta in montagna dopo l’otto settembre sulle montagne lecchesi assieme alla banda Carlo Pisacane. Dopo lo scioglimento della stessa lo perdiamo di vista finchè non lo ritroviamo commissario politico del 1° btg. della 55a brg. Garibaldi f.lli Rosselli, assieme a Franco Manzotti, Sam, che ne è il comandante. A seguito del duro rastrellamento dell’ottobre del 1944 non segue gli uomini della brigata che espatriano in Svizzera ma resta in Valsassina assieme a Sam. Con quest’ultimo forma un granitico sodalizio che lo porta nella primavera del 1945 a costruire la 89a brg. Garibaldi Mina, come commissario politico della stessa parteciperà alle fasi insurrezionali. La 40a brg. Garibaldi R. Rinaldi, posizionata nella zona che va da Ardenno fino a Sondrio, lasciando in parte come “terra di nessuno” la costiera dei Cech, è strutturata su tre battaglioni. Comandante è Ettore, Ettore Mascheroni di Lodi, commissario Germano, Germano Bodo di Milano, tre battaglioni intitolati a Peppo, Bruno e Moro53. Lo schema riporta la data del 18 maggio 1945 e definisce la brigata ricostruita l’ 11 marzo 1945 sulle ceneri del 1° btg, della 40a brg. Garibaldi Matteotti, una firma di chi redige il quadro è Angelo (Enzo Canali) l’altra non è identificabile.

52 Cfr. A. DEL PONTE et altri (a cura di) Antifascisti nel Casellario Politico Centrale, quader-no n. 18, Anppia, Roma 1994, p.17. IscComo, fondo Franco Manzotti, fasc. 2. Per altre notizie, cfr. A. BENDOTTI, G. BERTACCHI, G. DELLA VALENTINA, Comunisti a Bergamo : storia di dieci anni, 1943-1953, Il filo di Arianna, Bergamo 1986, ad nomen. G. FONTANA, La Banda Carlo Pisacane: Carenno, Erna, Santa Brigida, Corni di Canzo, Nodo Libri ; Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta, Como 2010, p. 47. Elio lo troviamo ancora citato nel Diario di Sam che si trova anche in: http://www.55rosselli.it/documenti/pdf/documenti%2055rosselli /Il%20diario%20di%20Sam%20Franco%20Manzotti.pdf. Un ritratto fatto anche con il cuore in: A. BENDOTTI, Giuseppe “Popi” Taino, un comunista, Studi e ricerche di storia contemporanea, n. 85, giugno 2016, Il filo di Arianna, Bergamo pp. 76-75. 53Quadro della brigata Riccardo Rinaldi, Issrec, Fondo ANPI, fasc. 6.

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Marzo-Aprile nella bassa Valtellina

Nel periodo di ricostruzione delle forze garibaldine la costiera dei Cech appare abbandonata. Un po’ la conformazione geografica, un po’ i piccoli nuclei di case, i pochi uomini rimasti in circolazione sparsi nelle baite non bruciate, sono tutti motivi che non favoriscono certo l’aggregazione. Va aggiunto anche lo svanire delle speranze che l’illusione di una fine veloce della guerra aveva generato nell’estate precedente, in-somma nella primavera del 1945 non si prospetta facile la ricostruzione delle formazioni partigiane nella zona. Unica notizia uno scontro armato tra cinque partigiani del distaccamento Puecher che era posizionato sul monte Berlinghera, a ovest di Colico, e un gruppo di fascisti il 16 febbraio a Cercino. L’obiettivo dei partigiani è catturare o dissuadere i fascisti a requisire viveri, scopo che viene raggiunto quando si costringe il gruppo ad andarsene.

Nonostante le difficoltà e nonostante l’attesa della fine di una guerra sia ormai diventato un dato di fatto nella vita quotidiana, sembra che la guerra civile prenda improvvisamente il sopravvento nelle dinamiche Re-sistenziali come si può verificare controllando le uccisioni tra i primi di marzo e la metà di aprile del 1945:

Il 2 marzo1945 all’ Ospedale di Morbegno muore il partigiano della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti Abbondio Barolo cl. 1926 nato a Traona54.

A Caspano nello stesso giorno viene ucciso dalla XV B.N. “Sergio Gatti” di Sondrio Pietro Panera.55.

Il 09 marzo a Postalesio viene catturato e fucilato il milanese Tiberio Pansini cl.1917. Conosciuto con il nome di copertura di “dott. Rossi” aveva ricoperto la carica di Commissario del Com. Raggr. Brg. Garibaldi Lombardia con sede a Lecco.

A Cedrasco il 12 marzo viene fucilato dai partigiani Ilio Gerolamo Fini, è un militare dell’ Esercito della RSI inquadrato nella 18 a cmp. terri-toriale.

Il 17 marzo 1945 a Campo (Tartano) muore, per cause che non sia-mo riusciti ad accertare, Pio Barlascini nato il 18/05/1916 Tartano; era militare del 5 rgt. alpini.

Nello stesso giorno a Cino succedono due fatti gravi: viene ucciso Felice Pedranzini cl. 192556 e Isidoro Silvetti "Carnera" nato a Colico,

54 Issrec, fondo ANPI-Sondrio, schede caduti. 55 Ivi. Richiesta di risarcimento da parte di Pietro Panera in: On. Comitato di liberazione nazionale, Morbegno, Issrec, fondo ANPI, fasc. 3, dichiarazioni e documentazioni. 56 Ex Bandito Pedranzini, in Berbenno, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana, prov. di Sondrio del 26/03/1945 in http://www.notiziarignr.it/ricerca/default.asp. L’uccisione non è chiara, in base a quanto segnala la G.N.R. viene ucciso da Carnera. In Issrec, fondo

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entrambi partigiani della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti. Queste due morti non sono ben chiare e lasciano uno strascico amaro nella memoria locale, Pedranzini non si sa bene chi lo uccida mentre per Carnera i colpevoli sono indicati in due spie fasciste57.

Margherita (Rita) Caligari De Romeri cl.1890, volontaria nelle Ausi-liarie della B.N. Operativa “G. Garibaldi” di Sondrio e Maria Guslini De Romeri cl.1909, volontaria della CRI al posto di pronto soccorso di Son-drio, entrambe di Cino, sono qui fucilate dai partigiani il 29 marzo. In un documento del comando militare provinciale si specifica che «Nella notte dal 28 al 29 corr. Un gruppo di partigiani armati penetrati nell’abitazione dello squadrista Gualini Martino in Cino ne sopprimevano la moglie e le suocera. Il Gualini era assente.»58. Successivamente, oltre a raccontare il succedersi delle vicenda che riguarda Bruno Bianchi, si racconta anche la cattura di un altro partigiano, Croce Emilio a Colico che viene portato a San Vittore il 14 aprile 1945 (mat. 2654).

Nello stesso giorno nel comune di Postalesio in località Prà Leone (m 1028) viene ucciso in uno scontro con i fascisti Cesare So-verna nato a Castione Andevenno59, cl. 1927.

Il 4 aprile a Morbegno viene uccisa dai partigiani Liliana Piccinetti, mentre in valle Tartano Giovanni Battista Colombo, cl. 1891, di Talamo-na, cade durante un combattimento tra fascisti e partigiani.

Il giorno dopo in uno scontro a fuoco cadono60 nella zona tra Arden-no e Sassella gli squadristi Mario Rossoni della 38a B.N. di Pistoia, Sauro Scarselli e, Giulio Vannini della 41a B.N. di Firenze.

Il 6 aprile in Buglio in Monte viene fucilata l’impiegata Comunale Luigia Mossini.

A Gera del Tartano (Talamona) il 12 aprile cade in uno scontro a fuoco il fascista Benedetto Raschetti61, probabilmente per rappresaglia il giorno dopo viene fucilato il civile Giovanni Bono cl. 1920 di Forcola62.

ANPI-Sondrio, schede caduti ad nomen è indicato come un “caduto” della 40a brg. f.lli Mat-teotti. 57 Bandito Carnera, in Berbenno, Notiziari della Guardia Nazionale Repubblicana, prov. di Sondrio del 26/03/1945 in http://www.notiziarignr.it/ricerca/default.asp. Isidoro Silvetti “Carnera” in IscComo, fondo ANPI, schede partigiani caduti ad nomen. 58 Relazione del capo Servizio spionaggio presso il comando militare provinciale […]IscComo, fondo Franco Giannantoni, b. Valtellina, fasc. Pino Retico. Questo documento viene probabilmente recuperato dal servizio I-C della Divisione e inviato per conoscenza al Comando Divisione alpina Valtellina e al Comando 40° brigata G. Matteotti il giorno 7 aprile 1945. 59 Ministero della Difesa, Albo d'Oro dei caduti della seconda guerra mondiale. Issrec, fondo ANPI-Sondrio, schede caduti. P. PILLITTERI, Una valle lunga un anno : Sondrio, 28 aprile 1945: quando Germano con Ennio, Ettore e... /; con una intervista a Germano Bodo (Co-mandante "Riccardo Rinaldi" ex 40. Matteotti), Greco & Greco, Milano 2005, ad nomen. 60 Ivi, p. 136. 61 Indicato come militare nei reparti delle formazioni partigiane in Onor Caduti Min. Difesa, cfr. :http://www.difesa.it/Il_Ministro/CadutiInGuerra/Pagine/default.aspx 62 S. CAIVANO, Resistenza e Liberazione nelle nostre Valli, Issrec , Sondrio, 2011. Issrec, fondo ANPI, Schede caduti.

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Il Vice Prefetto di Sondrio, Francesco Campo, viene fucilato il 14 aprile a Tartano63.

Altra considerazione si deve fare nei confronti di Jole Ciapponi, una ragazza di Morbegno di vent’anni:

Il sindaco del comune di Gerola Alta con foglio senza numero in da-ta 18 corrente [mese di dicembre 1945] e diretto alla Prefettura di Morbe-gno, ha denunziato

il ritrovamento di uno scheletro umano in località Ponte Gatto del Lupo sulle

alture a destra dell’ abitato di Gerola. […] Si fa l’ipotesi che tali resti umani appar-tengano a certa Ciapponi Iole Rosa […] la quale è scomparsa da Gerola Alta la notte del 1° aprile u. s. ad opera dei partigiani comandati da Giordano Federico di anni 19, conosciuto con il nome di battaglia di “Gek”64.

La morte di Jole genererà una serie di memorie che modificano il

luogo del ritrovamento del corpo, in località diverse sulle montagne sopra Delebio o Gerola Alta65, e il periodo, si va dal 2 aprile 1945 al novembre dello stesso anno. La sua uccisione viene addebitata, per voce di popolo, ai partigiani della val Gerola. Come succede spesso, in assenza di ricerche, era considerata una collegatrice delle formazioni partigiane, viene ingloba-ta tra i caduti civili della RSI

Tutti i nostri ragionamenti e le considerazioni che ne conseguono, avvengono sapendo esattamente quello è successo dopo la in quel periodo; dobbiamo invece fare uno sforzo per considerare i fatti e le dinamiche di allora che trovano ancora, nella prima metà del mese di aprile, i fascisti in rastrellamento sui monti. L’ipotesi del “Ridotto valtellinese” per i fascisti in rotta è qualcosa di più di un desiderio. Da questo stato delle cose genera un incrudimento della guerra che a noi oggi appare strano ma che allora era all’ordine del giorno.

Se in altre zone d’Italia è lo spostamento del fronte ad incrudire la guerra e a lasciare una lunga striscia di sangue alle proprie spalle, qui in bassa Valtellina, è l’incrudirsi della guerra civile a lasciare strisce di san-gue, tant’è che il 10 ottobre del 1945 il CVL della zona unificata Valtelli-na-Lario, divisione Valtellina, comunica al Comando dell’Arma dei Cara-binieri di Sondrio ed alla Stazione di Morbegno dei CCRR che

siamo a conoscenza che in data recente si è proceduto da parte di codesta

Arma ad indagini in Gerola presso i congiunti della spia Curtoni Beatrice giustizia-

63 Elenco “LIVIO VALENTINI”Caduti Repubblica Sociale Italiana, ad nomen. 64 Legione Territoriale dei CC.RR di Milano, compagnia di Sondrio: 23 dic. 1945 segnala-zione, ASSo, fondo Prefettura b. 1048. 65 Cfr. G. ROCCO, Com'era rossa la mia valle: una storia di antiresistenza in Valtellina, , Greco & Greco, Milano 1992, ad nomen. Jole Ciapponi viene nominata assieme a Moretti Santina ma datate nel novembre del 1944.

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ta dalle Forze partigiane della II divisione Valtellina brigata Mina nell’inverno 1944-194566.

La Curtoni era nata a Gerola Alta (SO) il 06/04/1878, vi risiedeva e

viene fucilata il 23 marzo 1945. È un po’ come se in mancanza della guer-ra grossa in casa: bombardamenti, devastazioni, eccidi di massa, trova evidenza uno stillicidio di morti civili che è poi la “guerra civile” nel suo più crudo risvolto. Anche il ritrovamento, il 20 maggio 1945 di «tre cada-veri in stato di avanzata putrefazione» da parte di partigiani «della 2a divi-sione “Brigata Mina” [sic!]» sulle montagne sopra Delebio racconta di una memoria distorta. I tre cadaveri vengono dati alle fiamme perché ne viene ritenuta impossibile la identificazione. Più di due anno dopo, il 31 luglio 1947 la compagnia dei Carabinieri di Sondrio riferiva che il parroco di Delebio notificata il ritrovamento di tre cadaveri «in località “Canale della Tina” a quota 1600 nei presso del monte Legnone», sopra Delebio, che possono essere fatti risalire a tre persone uccise nell’autunno del 1944; di due di queste persone vengono forniti i dati anagrafici e del terzo si forni-scono informazioni che potrebbero aiutare nell’identificazione67. È anche la documentazione che riguarda il periodo primaverile del 1945 che pre-senta, a volte, situazioni che appaiono strane, raccontano di episodi che certamente in un contesto di guerra sarebbero finiti in un cantuccio. Tale è una dichiarazione, in copia, datata 5 marzo 1945 e sottoscritta da due par-tigiani già «residenti a Mello, […] appartenenti alla Banda partigiana del Dott. Giumelli, [ che] dichiarano di aver riconosciuto nella fotografia […]l’individuo che […] con un’automobile il giorno 24-25 novembre risaliva la Valmasino». L’individuo riconosciuto è il ten. col. della GNR Carlo Ferrario ex federale di Como. Ci sfugge il senso di una dichiarazio-ne fatta cinque mesi dopo e riguardante un ipotetico tentativo di aggancio con i partigiani fatto da un ex federale, la dichiarazione è preceduta da un’altra che viene fatta il 22 febbraio 1945 da «Un nostro informatore segreto» e sempre relativa alla presenza di Carlo Ferrario in val Masino. Sono, come detto precedentemente, episodi marginali dentro un contesto di guerra che però danno il senso profondo delle lacerazioni che la guerra civile si porta con sé, e che si trascineranno fino ai nostri giorni; episodi non in grado di assurgere alle cronache nazionali, non in grado di essere utilizzati per “colpire in alto”, ma comunque capaci di mantenere vivo un rumore di fondo contro i garibaldini assassini68.

66 Issrec, fondo ANPI, fasc. 20, affari diversi. 67 Oggetto: Rinvenimento di tre cadaveri- Segnalazione Sondrio 30 maggio 1945, ASSo, Fondo Prefettura b. 1048. Oggetto: Segnalazione Sondrio 31 luglio 1947, ASSo, Fondo Prefettura b. 1048. 68 Può essere un esempio l’articolo a cura di L. MARCHETTINI, Vicende partigiane, La vicenda Partigiana di Giuseppe Giumelli, Rocco Alberti e Gino Della Nave, Civo in Comune, anno 6°, n. 1, dicembre 2014, a cui hanno fatto seguito due serate di approfondimento con la partecipazione anche dell’ANPI comitato provinciale di Sondrio.

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Accompagna questi strani racconti la mancanza completa di una memoria che riguarda la presenza degli uomini dell’OSS in bassa valle. Agenti degli americani si trovano nella primavera del 1945 presso la 2a div. Garibaldi Lombardia, non ci sono solo gli americani a Livigno ma anche a Morbegno! La loro presenza diventa un elemento di garanzia nei confronti dei garibaldini, un aiuto insperato in chi ha “tenuto duro” durante un duro inverno; la 2a divisione Garibaldi può avvicinarsi alla fine della guerra con la convinzione di essere forte e di avere un riconoscimento ufficiale da parte degli alleati, magari non di tutti ma certamente degli americani. A rafforzare questa considerazione arriva un lancio a fine mar-zo « nella zona boschiva tra Piazza Calda e la Mutàla sotto l’alpe Legnone dove c’era la Strapazzi, baracca di legno, rifugio del gruppo di Delebio69. La relazione che viene inoltrata il 17 aprile 1945 «Ai Comandi Superiori» dalla 2° divisione d’Assalto Garibaldi Lombardia, pur avendo al suo inter-no numeri di partigiani difficilmente credibili ed avendo anche l’obiettivo di rivendicare la costruzione di una Resistenza armata che si è ripresa dalle durezze invernali, termina con l’elencazione delle armi necessarie che sarebbe bene avere con un lancio. La richiesta è di un lancio con l’indicazione delle coordinate per il campo «Alta Val Varrone: quota 1770». Le firme in calce sono quelle di Gek e di Sam, accompagnate del timbro dell’OSS e dalla firma dell’ufficiale americano che approva la rela-zione e la richiesta.

Fabio, una vecchia conoscenza

Ritornando a Clorindo Fiora, il 23 febbraio 1945, Fabio, Piero Ver-gani responsabile del triunvirato insurrezionale della Lombardia risponde ad una lettera di Retico:

Ho ricevuto la tua lettera e metto giù alcuni appunti […]perché di chiacchie-

re non ne voglio proprio sentire, nel momento che tanti uomini stanno arrischiando e dando la vita […].

Autonomia. Cosa vuoi intendere per autonomia? Intendi forse mettere una barriera tra i valtellinesi e i non valtellinesi? Se è così sei su un terreno fascista […].

Armi e denaro. Condizione essenziale per incominciare la lotta [sic] con quei giovani che ti stanno al fianco, tu pretendi che vengano fatti copiosi lanci di materiale bellico e che ti vengano inviate grosse somme di danaro. In tutta la mia vita di dirigente partigiano, non ho mai trovato una pretesa così assurda come la tua.[…] Le somme di danaro che i CLN e i Comandi militari inviano alle forma-zioni, non hanno per scopo quello di mantenere dei poltroni in montagna che scap-pano alle prime avvisaglie del nemico, che non sanno disarmare un nemico, che non sanno trovare il modo di procurarsi un’arma o da mangiare nei magazzini fascisti. […] per quanto riguarda poi i lanci […] gli Alleati fanno sapere molto

69 Partigiani a Delebio, comunicazione di Firmino Fistolera, ringraziamo Pierfranco Mastalli per averci dato l’informazione.

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sinceramente che i lanci vengono fatti là dove esiste una formazione combattente e non un branco di uomini nascosti […] prima agiscano, questi giovani, e poi avran-no non solo un lancio, ma parecchi lanci.[…]70.

La lettera prosegue poi con l’invito ad uscire da una logica ultra lo-

calistica per entrare nelle file garibaldine. Non abbiamo la lettera che Reti-co fa avere a Fabio ma possiamo agevolmente dedurre le critiche che que-sti rivolge ai garibaldini, sono il classico refrain che alcuni esponenti loca-li, dalle alpi valdostane a quelle friulane, rivolgono sia agli uomini della pianura che salgono sui monti ma anche ai dirigenti della Resistenza arma-ta. Che l’equilibrio tra montanari e contadini e il partigianato della pianura o meglio delle cinture metropolitane si regga su di un filo che può romper-si ad ogni momento è un dato di fatto, da questo elemento generalmente l’attenzione dei comandanti alle requisizioni ed anche alle azioni che pos-sono scoprire il fianco delle formazioni partigiane a critiche e malumori della popolazione civile. Tra l’altro questa attenzione darà luogo spesso a situazioni di durezza estrema nei confronti dei partigiani che, una volta condannati per furto, sono fucilati. Ne è un esempio il comunicato con cui il Comando della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti afferma che « contro l'ex patriota " Achille" dopo regolare processo viene pronunciata sentenza di morte per il seguente reato di cui si rese confesso: "Abusando della sua condizione di armato, compiva un grave furto in nome della Brigata. La sentenza è stata eseguita alle ore 15 del giorno stesso.71»

Se riuscire a passare dal rifiuto dell’ adesione alla RSI al combatti-mento contro la RSI non è facile72, altrettanto complicato è lo sviluppo della guerriglia in zone dove chi si è rifugiato sui monti ha casa, famiglia e fidanzate nei paesi a valle di cui vede le ombre e le luci della sera. Appare però velleitario riproporre queste tematiche a ridosso della primavera del 1945; dopo due duri inverni, una guerra che dura da cinque anni e una fila di caduti che non si conta più, il rifiuto del combattimento non è più con-siderato un elemento di dibattito ma semplicemente un intralcio.

Nella documentazione da noi consultata troviamo pochi riferimenti a Clorindo Fiora.

Un piccolo riferimento in un doc. del 16 luglio (1944) a proposito di una spia in movimento da Civo «Bisogna avvertire il professore73, subito con regolare scritto. Pare che la spia parta oggi stesso dal paese di Civo74», un altro in una relazione del 20 luglio

70 Cfr. C. PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza : documenti. Vol. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 407. 71 Fucilazione dell’ex patriota Achille, IscComo, busta Brigate Garibaldi (in copia da Istituto Gramsci doc. n. 0711 del 30/09/1944) 72 Su questo argomento cfr. G. FONTANA, M. FUMAGALLI, Antifascismo, caduti e disobbedienti valtellinesi, cit. 73 È con questo appellativo che viene indicato Clorindo Fiora 74 Al comandante del Fr. Nord; Insmli, Fondo Brigate Garibaldi, Istituto Gramsci, b. 8, fasc. 3, doc. 0498 del 16/7, in copia.

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Il Vice Comandante del prof. [ Fiora nda] con altri 17 sbandati, seguendo le

direttive del prof. di rimanere nascosti nei paesi sono stati arrestati nelle osterie e nelle case. Questo è il frutto delle istruzioni che il prof. ha dato ai patrioti di vivere nei paesi e di non andare in montagna con i partigiani […]75.

Una lunga, quattro fogli, relazione riporta la data del 2 sett. ( ma non

è certamente quella dei documenti riportati) ed ha la firma di Onit Nas e Pino Retico.

La relazione, ma sarebbe più corretto dire “le relazioni”, che non ri-porta il destinatario ma solo l’indicazione Buglio, sopra Ardenno (Morbe-gno) ci appare confusa e disarticolata tanto da far sospettare ad un falso. Ma potrebbe essere anche la lunga lettera a cui risponde Fabio.

Parte da una considerazione su un attacco a Buglio da parte dei fasci-sti

Un gruppo di partigiani è stato circondato da formazioni fasciste che con un

camioncino ( sic!) hanno bombardato il paese colpendo la chiesa sei case facendo una quarantina di vittime fra partigiani e civili. I partigiani hanno raggiunto Gv, [?] ed hanno riferito con forte lamentele che l’imboscata notturna è dovuta al compor-tamento inqualificabile del loro comandante il quale avendo un amante nel paese preferiva tener li gli uomini invece di metterli al sicuro in alta montagna. Il gruppo di Civo guidato dal compagno Pino Retico […]76».

Questa sembrerebbe essere la descrizione, da parte della coppia Reti-

co-Onit dello scontro che avviene a Buglio in Monte il 16 giugno 194477.

Una strana formazione

Questo documento da noi reperito si trova in due archivi, è suddiviso in Rapporto n. 1, Rapporto n. 2 e Rapporto n. 3 e proviene certamente da due macchine da scrivere diverse come indicano i colori dei caratteri, in uno neri, nell’altro azzurri. Non è certamente il documento originale, il primo e secondo rapporto sono conservati presso la Fondazione Isec nel fondo Odoardo Fontanella. Gli altri tre i rapporti, anch’essi non ribatti a macchina, si trovano invece presso l’Archivio dell’ IscComo nel fondo F. Giannantoni. Gli scritti sono una relazione che fa il quadro generale della situazione in bassa Valtellina estendendosi anche ad alcuni paesi della Valchiavenna (Novate Mezzola e Verceia). Vengono ipotizzate linee di attacco e di difesa, zone per lanci di paracadutisti, baite sparse che possono essere occupate come accantonamento per patrioti. Non viene neppure

75 Per la Delegazione comando e il Comando Regionale (unificato) lombardo; Insmli, Fondo Brigate Garibaldi, Istituto Gramsci, b. 8, fasc. 3, doc. 0507-0510 del 20/7, in copia. 76 1ª Divisione d'assalto Garibaldi Alto Lario: 40ª brigata Garibaldi Valtellina, relazione sull'attività tra il 25 maggio e il 21 giugno 1944, riguardanti principalmente l'azione di Buglio, Fisec, f. Fontanella Odoardo , fasc. 1ª Divisione d'assalto Garibaldi, b. 2, fasc. 13. 77 Cfr., L’occupazione di Buglio in, F. CATALANO, La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., p. 211.

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tralasciata la presenza della frontiera Svizzera e la considerazione che, una volta nascoste le armi, la Confederazione può essere usata come rifugio.

Il rapporto n. 1 elenca un grande numero di possibilità di azioni ar-mate, dove però fanno capolino, quasi un modo casuale le considerazioni seguenti

nessuna promessa, neanche in misura infinitesimale, non è stata mantenuta

verso questa organizzazione […] il desiderio immediato di questo gruppo è di anzitutto ricevere le armi […]» mentre si propongono come obiettivi «cinque grandi centrali elettriche […] sei linee ad alta tensione […] quattro posti militari», la conclusione è però «si attende con ansia il rifornimento delle armi

. Di tutt’altro tono il Rapporto n. 2; si parla di una marcia di 80 km

verso un luogo sconosciuto ordinato dal Comando all’alpe Scermendone78 per ritirare 50 moschetti, tre mitra, munizioni e un discreto numero di paia di scarpe per gli aderenti al movimento. La marcia si conclude con un nulla di fatto e la spiegazione ha l’apparenza di essere irrazionale, a meno che non si faccia riferimento al tentativo di attacco alla Caserma della GNR ferroviaria a Ballabio avvenuto il 2 giugno 1944 ed a cui partecipano alcuni valtellinesi79, la marcia di 80 km può avvalorare questa ipotesi.

I primi due rapporti riportano i nomi di Onit Nas e Pino Retico, men-tre il 3° rapporto non ha nessun nume alla fine. Ribattere a macchina, su carta velina facendo varie copie, era il modo più usuale per avere copie e riorganizzare documenti, l’altro modo poteva essere solo la fotografia, lunga e dispendiosa. Quello che non riusciamo a definire è quale di queste due versioni origina la seconda oppure se ve ne sia una terza che genera queste due.

Vi è sempre un segno, una frase, un nome che serve d’aiuto a percor-rere un sentiero. Nella versione che chiameremo per convenzione “Fonta-nella” una traccia è il periodo che contiene le frasi: «Il comp. Costa di Milano che tiene il collegamento » a cui fa seguito «Qui non si esita ad identificare il principale operatore di questo tentativo [ lo spostamento di 80 km ] nella persona di un detto “Maio” o “Mario”» per concludere con la questione delle armi «il gruppo di Scermendone, pur essendo armato e sussidiato, in nove mesi nulla ha compiuto». Nella versione che chiame-remo “Como” scompare ogni riferimento a Maio o Mario. Tracce indicati-ve sono anche le assenze, nessun riferimento a Nicola, Dionisio Gambaru-to, forse anche perché in quel periodo il suo nome di copertura, come si

78 Alpeggio posto lungo la costiera che guarda la piana dell’Adda sopra Berbenno. Abbastanza alto per garantire un minimo di sicurezza in caso di attacco fascista. Cfr. F. CATALANO, La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., p. 185. 79 Cfr., L’attacco a Ballabio in, F. CATALANO, La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., p. 204. Cfr. Intervista degli autori a Biagio de Giovannetti, 2012. Cfr. Incontro dei Capi della 40a Matteotti a Commissari a Sondrio il 24 settembre 1967 - Sala della Provincia, Issrec, Fondo ANPI Sondrio, b4, fasc.3.

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rileva dai documenti, è Diego80. La presenza di persone che garantiscono i collegamenti con Milano indica una certa conoscenza di chi gira per baite e paesi, mentre l’assenza di iniziative dopo nove mesi lascia alquanto a desiderare. Lasciando indeterminata la data dell’estensione dei documenti o quantomeno di un documento, i nove mesi situano il periodo tra il giu-gno e il settembre 1944. Diciamo che di fatti in questo periodo in bassa valle ne sono successe81e qui o si fa finta di non sapere oppure, cosa ancor più grave, si è talmente avulsi da quanto sta succedendo in valle da non comprendere l’andamento.

Nel rapporto sopracitato del 20 luglio, dove si fa riferimento al ra-strellamento a Civo, a p. 2, punto 11 si legge:

Si allegano copie di due lettere inviate al prof. e al parroco di Roncaglia. Si è

in possesso del 3° rapporto che il prof. ha inviato a Milano. Questo 3° rapporto è stato inviato a questo comando dal C.d.L. di M. per competenza per dimostrare che anche detto C.d.L. non tiene conto delle chiacchiere di questo azzeccagarbugli. In base a questo 3° rapporto è stato ordinato al comando del p. N. di arrestare il fami-gerato prof. con la massima segretezza, e di sottoporlo a regolare processo.

Cosa dice questo 3° rapporto che noi troviamo assieme al 1° e 2° nel

gruppo di documenti “Como”? Il rapporto è una filippica contro il « grup-po Nicola» accusato di vessare gli uomini che aderiscono al gruppo di Retico, di muoversi in modo disordinato e di provocare guai alla popola-zione civile e alla fine chiede al «Comitato Militare di volere al più presto provvedere per l’allontanamento da questo mandamento, della Banda Ni-cola […] decisi a rientrare nel nulla se non si cambiano i metodi, oltre che militari anche amministrativi, apportati dalle ingerenze del sedicente “co-mando di Brigata”»

Da quanto si può comprendere il successivo “processo” non ha altra funzione che cercare di ribadire l’assoluta centralità del comando della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti. Era palese il tentativo di Pino Retico di rap-portarsi direttamente con il CLNAI presentandosi come formazione auto-noma.

80 Dionisio Gambaruto viene mandato in montagna da Milano dove è fuggito dopo un arresto. Il suo nome di copertura, nei documenti, risulta Diego fino all’ottobre del 1944. Entrerà in Svizzera il 1 dicembre 1944 e uscirà attraverso il passo di Zocca il 10 aprile 1945. Cfr. Sottosettore zona-Como Valtellina, Insmli, fondo Istituto Gramsci, Brigate Garibaldi, b. 8, fasc.3 doc. n. 01088, in copia. Interessante notare che in M. FINII, F. GIANNANTONI, La Resistenza più lunga : lotta partigiana e difesa degli impianti idroelettrici in Valtellina: 1943-1945, cit., a p. 95 la stessa frase, riferita ad un doc. dell’ Istituto Gramsci, Roma, n. 0484-0489, riporta invece che « persona di un detto “Maio” o “Mario”» le parole «persona di un detto (“Nicola” N.d.A.)», la sostituzione di Maio (Mario Abbiezzi) con Nicola (Dionisio Gambaruto) sembra del tutto arbitraria. Purtroppo per ora ci è stato difficile riuscire a reperire il documento direttamente all’Istituto Gramsci a Roma. 81Cfr.http://www.55rosselli.it/progetto%20catalano/pdf%20progetto %20catalano/Valtellina-cronologia.pdf.

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Ma se Pino Retico trova una sua identità, Onit Nas che firma assieme i documenti chi è?

Una serie di richieste al parroco di Roncaglia non aiuta a chiarire la situazione, il 14 luglio 1944 il comando della 40a brg. Garibaldi G. Mat-teotti chiede il suo intervento per appianare i dissidi tra un tale «sig…. detto Pino e Gek, e le autorità patriottiche militari della vostra località82», nella stessa lettera vengono indicate le modalità di comportamento dei patrioti (mai stare in paese, mai abbandonare le armi, mai fare magazzini nei paesi stessi) che devono preservare i paesi dalle rappresaglie. Viene indicato altresì nella lettera un comando GAP a cui sono subordinati i patrioti del gruppo Gek. Costui è Federico Giordano, giovane studente di ingegneria nativo della val Gerola, è dentro questa diatriba che si trova il nome di Onit Nass, Sandro Costantino, di cui però non si hanno altri dati. Il fatto che la firma di Onit Nass è apparsa assieme a quella di Pino Retico ci dice che la visione resistenziale dei due era simile. Una risposta ai due rapporti di cui parlavamo prima è data dal Comando 40a Matteotti il 14 luglio 1944 ( da questa data possiamo dedurre i due rapporti di prima col-locati tra la metà di giugno e la metà di luglio).

La missiva è indirizzata direttamente a Onit Nass e, fatte salve le considerazioni sulla lotta partigiana diretta dal CLNAI e dal CVL, la pro-posta che viene alla fine fatta a Onit Nass sa molto di trappola, in poche parole gli si dice che, verificato che il gruppo non vuole avere rapporti con i partigiani sulle montagne, costituiscano allora un gruppo GAP dedito a colpi “mordi e fuggi”, questo gruppo sarà il primo di altri e lui, Onit Nass, ne sarà il comandante83. A questa domanda non si conosce la risposta data dall’interessato ma di gruppi simili ai GAP non abbiamo notizie in Valtellina, né bassa né alta.

Dov’è Retico?

Nella bassa Valtellina ci sono stati ovviamente momenti di tensione

che hanno coinvolto le forze partigiane, sia con la popolazione che all’interno delle formazioni stesse. Due in particolare sono stati i momenti di maggior tensione che hanno prospettato una spaccatura delle forze, in particolare della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti. Questi momenti vedono protagonista il dott. Giuseppe Giumelli, Camillo, che era il medico della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti; l’uomo impersona quello che possiamo individuare come l’ala “autonomista” della formazione e genera una scis-

82 Cfr. C. PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza : documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 123. 83 Al comandante del Fr. Nord; Insmli, Fondo Brigate Garibaldi, Istituto Gramsci, b. 8, fasc. 2, doc. 0490 del 14/7, in copia. Le note relative al doc. 190 in: C. PAVONE (a cura di), Le brigate Garibaldi nella Resistenza : documenti. V. 3, dicembre 1944-maggio 1945, cit., p. 124, sono molto confuse. Il riferimento alle Carte Aldrovandi non ha prodotto risultati.

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sione interna alla 40a brg. Il primo pronunciamento avviene agli inizi dell’ottobre 1944 e viene ricomposto definendo le funzioni di alcune figu-re come il commissario politico, il secondo pronunciamento invece si ri-compone spostando alcuni uomini dalla 40a brg. G. Matteotti alla 55a brg. f.lli Rosselli84.

Non ci sono riscontri della presenza del gruppo di Pino Retico duran-te questi fatti, quasi ad evidenziare la sua completa separazione con il travaglio delle formazioni resistenziali. Questa separazione si era già evi-denziata con il tentativo di collegarsi direttamente con il CLNAI. Un fo-glio di appunti inerente al « colloquio con Spini il 24 settembre 1977 a Morbegno » riporta la notizia che «Retico era in rapporto con Plinio Corti (Ulisse-Ricci) da tempo […] voleva, d’accordo con Corti, formare un gruppo G.L. »85. Il suo comportamento appare strano perché, potendo vantare comunque dei legami, anche vecchi, con Giustizia e Libertà, es-sendoci la presenza del PdA sia in alta Valtellina che nel chiavennasco, avendo alle spalle una residenza milanese e la potenzialità della pubblica-zione di due libri86 in pieno regime fascista, ebbene di tutto questo passato non c’è traccia. Pino Retico si chiude a riccio nella sua Civo e, a quanto ci risulta mancando riscontri, anche la sua memoria si appanna; il suo nome ritorna solo per essere usato in modo improprio in una sterile polemica post resistenziale che contrappone i “partigiani locali” ai “partigiani venuti da fuori”, come si può leggere in alcuni articoli apparsi sul notiziario del comune di Civo. A lui sono dedicate una decina di pagine nel volume di M. Fini e F. Giannantoni, nessuna citazione nella poderosa ricerca di F. Catalano e, dato non indifferente, nessun riferimento in una intervista col-lettiva in cui sono presenti Primo Luigi Grassi di Milano, Commissario della 1a Divisione "Garibaldi”; Giulio Giulio Spini di Morbegno già del Comando della 40a Brigata Matteotti; dott. Giuseppe Giumelli detto "Ca-millo" medico della 40a Brigata Matteotti; Mara, Anna Sacchetti, collega-trice; Tiberio, Pietro Porchera, comandante della 90a Brigata Zampiero; Rumina suo Commissario87. Lascia un retrogusto amaro poi trovare un suo riferimento in un volume che ha rappresentato una pietra miliare nella storiografia resistenziale, Cesare Pavone, Una guerra civile : saggio stori-co sulla moralità nella Resistenza dove viene citata la lettera di Pietro Vergani che rintuzza le pretese localistiche di Pino Retico. La posizione di quest’ultimo viene assunta come immagine deleteria, contrapposta ad uno

84 Cfr. F. CATALANO, La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., p. 215, p. 272. 85 IscComo “Pier Amato Perretta”, fondo Franco Giannantoni, b. Valtellina, fasc. Pino Retico. Non è dato sapere perché Franco Giannantoni non ha dato conto di questo nel volume suo e di Marco Fini. 86 C. FIORA, Concerto europeo, Società ed. Libraria, Milano 1932; idem, Metamorfosi sociale, Società editrice Dante Alighieri, Milano 1934. 87 Incontro dei Capi della 40a Matteotti a Commissari a Sondrio il 24 settembre 1967 - Sala della Provincia, Issrec, Fondo ANPI Sondrio, b4, fasc. 3. Anche un’intervista fatta nel 2008 ad alcuni partigiani di Morbegno, da parte di G. Fontana, P. Sironi e V. Ferri, non riportava alcun accenno a Pino Retico.

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spirito collettivo ed unitario del movimento resistenziale «La Valtellina ai soli partigiani valtellinesi, come sembra voler dire il comandate Reti-co?»88.

Però la sua storia, che oggi ci appare avvolta nelle nebbie, proprio sconosciuta nell’estate del 1945 non doveva esserlo. Clorindo Fiora non è sposato ma ha alcune nipoti che si sono già interessate alla sua sorte du-rante il periodo del confino con una petizione indirizzata a Benito Musso-lini. Rientrato dal confino è stato sottoposto a vigilanza e si è trasferito presso le nipoti. Una di esse, Maria, nell’agosto del 1945 scrive al Comita-to di Liberazione Nazionale, crediamo a Sondrio, una lettera di questo tenore89:

Roncaglia 6.8.45 Onorevole Comitato di Liberazione Nazionale La sottoscritta Fiora Maria porta a conoscenza di codesto C.L.N. quanto segue: il 3 aprile 1945 nella Valle Gerola veniva fucilato il dott. Fiora Clorindo, mio zio co-nosciuto col nome di battaglia (Pino Retico) è stato la fucilazione (sic!). Il cadavere veniva abbandonato sul luogo stesso senza che gli esecutori ne dessero avviso alla famiglia anzi quando si chiedeva dove egli fosse insistevano col dire che il dott. Fiora era partito con altri comandanti per destinazione ignota poiché anche il dott. Fiora era un comandante. Egli fu invitato a presentarsi al distacca-mento di valle Gerola comandato dal signor Gech per ritirare delle armi e non fece più ritorno e questo fu il ( illeggibile) per catturarlo. Come sia (illeggibile) contro il dott. Fiora non posso avere notizie certe, ma un buon numero dei suoi partigiani potendoli chiamarli sono in grado di fornire (illeggibile). Sono (illeggibile) sicura che il dott. Fiora ucciso dagli uomini di Gech (sic!). Dopo continue ricerche fu trovato il suo corpo e fu trasportato a Roncaglia suo paese nativo. Dopo un mese, cioè in giugno il Signor Questore Mario Abbiezzi ne autorizzava la pubblicazione del suo opuscolo e il giorno otto luglio veniva solennemente commemorato. Il signor Gech si offriva di partecipare alla cerimonia con un gruppo di ufficiali ciò che egli non ha fatto e garantiva di far pervenire alla famiglia il premio spettante ad un capo dei partigiani caduto cioè lire 20000 (Ventimila). Poiché tutto fosse messo in riferimento da parte della famiglia. Ma nulla più si è visto. Gech non riesco a trovarlo né a Morbegno né a Milano Anche poter parlare un minuto. Questo (illeggibile) di portare a conoscenza del C.d.L. la questione della morte del dott. Fiona affinché con giustizia ne risolva la questione e voglia provvedere a dare un miglior schiarimento e il premio spettante a meno che questo sia già in corso

88 C. PAVONE, Una Guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza, Bollati Boringhieri, Torino 1991, p. 140. Nel volume si trova anche citato Onit Nas, Sandro Costantino, tuttavia la citazione non risolve l’enigma del personaggio rinviando a documenti che già abbiamo citato. Grazie a Luigi Borgomaneri una curiosità sul nome Onit Nas che letto al contrario suona come san Tino (Costantino ?). 89Ci sono parole che non si comprendono, la lettera è in IscComo “Pier Amato Perretta”, fondo Franco Giannantoni, fasc. Pino Retico. Il fondo, non ordinato, si compone di quattro buste che contengono i materiali che sono serviti per la pubblicazione del volume sulla Valtellina, i documento sono in gran parte in copia. Ci sono i rimandi dei documenti nelle note dei relativi capitoli del volume: cfr. M. FINII, F. GIANNANTONI, La Resistenza più lunga : lotta partigiana e difesa degli impianti idroelettrici in Valtellina: 1943-1945, cit. p. 111.

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per mezzo del signor Gech. Io non pretendo vendetta ma se il C.L.N. (Illeggibile) gradita la questione del dott. Fiora mio zio con molto piacere attendo una soddisfa-cente risposta. Fiduciosa di essere sentita ringrazio e ossequio Fiora Maria Fiora Maria fu Domenico Roncaglia Civo

Clorindo Fiora non riposa nel cimitero di Roncaglia e non risulta

nessun atto di morte, tuttavia il 3 luglio dello stesso anno era stato distri-buito uno stampato che ricorda la sua figura. Non un’ accenno alla sua morte ma un elogio complessivo alla sua vita di antifascista, di oppositore al fascio e di partigiano, nessuna polemica né nessuna accusa. Poi, dopo circa un mese dalla pubblicazione Maria Fiora si fa scrivere90 la lettera di cui sopra. Il 10 agosto il C.L.N. di Sondrio chiede chiarimenti in merito ad un’altra lettera in cui compare anche il nome di Onit Nass (Sandro Costan-tino) e che contiene l’accusa di aver derubato Clorindo Fiora di quanto possedeva al momento della fucilazione. Nel mese di ottobre segue un’altra lettera di Maria al C.L.N. di Sondrio in cui si rammenta che la lettera spedita in agosto non ha avuto risposta. L’Ufficio Stralcio della 2a divisione Alpina Valtellina il 17 agosto risponde in modo asciutto che quanto aveva Clorindo Fiora «al momento della fucilazione, secondo il rapporto del plotone di esecuzione» è stato consegnato al comando. La sede del Comando era «in località Cantiere di Tronella » presso il cantiere della diga del lago d’Inferno, in alta val Gerola e sopra il lago di Trona, che viene costruita durante il conflitto tra il 1941 e il 1944, il cantiere ver-rà smantellato gradualmente91. Quanto fu possibile rintracciare, sul corpo del fucilato, fu consegnato ai parenti. Il comando ricorda che «i beni dei giustiziati venivano incamerati a vantaggio della Formazione».

Un altro documento che conferma «l’arresto e [la] liquidazione del provocatore Retico.» è datato 3.4.1945 ed è indirizzato «a Tiberio Sede» e proviene dal comando della 2a divisione d’Assalto Garibaldi 92.

Alla memoria locale possono essere fatti risalire due fogli, scritti a mano, senza data ne firma, che in copia sono stati trovati nella busta “Bri-gate Garibaldi” nell’archivio dell’Istituto di storia contemporanea di Co-mo. Quanto scritto va considerato con opportuna cautela, non da meno richiede una certa considerazione. I dati che si ricavano sarebbero certa-mente chiari se raccontati a qualche persona della costiera dei Cech ancora presente negli anni scorsi «Il 28 Novembre viene operato un rastrellamen-to generale […] io che mi trovavo a casa fui arrestato mentre mi trovavo in chiesa alla Messa, con me altri tre amici», il resto del racconto dimostra

90 Appare evidente la differenza di grafia tra la firma di Maria Fiora e la grafia della lettera. 91 Cfr. COMMISSIONE ANIDEL PER LO STUDIO DEI PROBLEMI INERENTI ALLE DIGHE ( a cura di), Le dighe di ritenuta degli impianti idroelettrici italiani, V. 7, ANIDEL, Roma s.d. 92 Questi documenti, in copia, provengono da IscComo “Pier Amato Perretta”, fondo Franco Giannantoni, fasc. Pino Retico.

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una buona conoscenza degli sviluppi della Resistenza nella bassa Valtelli-na tra l’estate del 1944 ed il novembre.

L’estensore conosce il trascorso di antifascista di Clorindo Fiora ma, come dice « il Fiora era si antifascista ma di idea piuttosto conservatore […] A conclusione di questo incontro si restò poi in attesa di ordini», poi-ché poco dopo si accenna alla «Primavera 1944, intorno alla zona di Bu-glio» si può ragionevolmente pensare che l’incontro di cui si parla avviene prima, dell’arrivo di «Nicola, uomo freddo e irremovibile dalle sue deci-sioni». In questo racconto Fiora lo incontriamo più oltre, siamo ormai nell’inverno del 1944-1945 quando

tentò di organizzare qualche cosa, lui usava sempre delle grandi parolone,

parlava di portare un domani in Parlamento delle profonde riforme, insomma io non ho mai potuto credere a queste sue esaltazioni, ebbene egli riuscì a trovare in quell’inverno 44/45 un paio di persone alle quali poté dare sfogo dei suoi progetti, le fece fare il doppio gioco con in fascisti e qui ci andarono di mezzo alcune perso-ne, il Panera Pietro ucciso a S. Anna sopra Dazio nel febbraio 45 l’Arresto di un membro del CLN Bianchi Bruno poi il tentativo di far catturare il famoso Bisio dai Partigiani a Mantello, ma il fascista Bisio riuscì a sfuggire i due partigiani del Fiora furono trattenuti dai Partigiani che in quel periodo si erano di nuovo orga-nizzati sopra a Cino ai prati dell’ O, questi venuto a conoscenza di tutto li fecero fuori dopo due o tre giorni93.

Purtroppo il documento è monco, ma quel poco che ci è pervenuto ce lo fa ritenere autentico, non falso. Si tratta pur sempre di una memoria che viene scritta dopo, non possiamo definire il tempo, che porta con se tracce di conoscenza non superficiali, il riferimento a Bruno Bianchi è lampante in questo senso. Se ne deduce non un rancore, nei confronti di Fiora, ma un distacco, l’immagine di una persona ormai fuori dal tempo.

Sono pochi elementi quelli che abbiamo trovato, che bastano però per poter affermare che nell’estate del 1945 sulla tragica fine di Clorindo Fiora non c’erano misteri. La sua storia diventa anche emblema di come viene attrezzata la narrazione della Resistenza in modo da insinuare una narrazione fatta di ombre, dubbi che lasciano lo spazio a interpretazioni diverse. I fatti raccontano una storia diversa con elementi chiari al di là di ogni dubbio

Il risultato è che sulla figura di Clorindo Fiora ancor oggi non riu-sciamo a esprimere nessun pensiero definitivo e nessuna considerazione più concreta del suo essere prima della sua fucilazione, ma anche prima della Resistenza.

93 IscComo, busta Brigate Garibaldi. Il documento, un copia non ha riferimenti, alcuni para-grafi sono sottolineati e altri evidenziati. La calligrafia è bella, indice di una persona usa a scrivere. Doveva fare parte di una memoria evidentemente più estesa.

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Il percorso di Clorindo e dei suoi libri

Due documenti ci aiutano nel cercare di fare un ritratto di Clorindo Fiora: il Registro matricolare del distretto militare di Sondrio e lo scritto che viene stampato il 3 luglio del 1945 per ricordarne la sua figura. Quest’ ultimo, al di là della retorica che lo permea, ci fornisce alcuni elementi attorno ai quali è possibile cercare di fare dei ragionamenti.

Clorino Fiora è nato il 6 dicembre 1899 a Civo il suo «foglio matri-colare e caratteristico 94» risulta fatto in triplice copia dove la prima ha l’intestazione un po’ pasticciata, non se ne conosce il motivo sia delle copie che del pasticcio sulla intestazione, la sua matricola militare è la n. 26251.

Viene chiamato alle rami nel 26° rgt. fanteria il 21 giugno 1917, vie-ne ritenuto rivedibile alla leva dopo una visita all’Ospedale militare di Piacenza e il 19 ottobre dello stesso anno viene rimandato a casa. Viene sottoposto ad una visita di controllo presso l’Ospedale di Milano il 26 aprile 1918 e «lasciato in congedo illimitato». Il 1 maggio 1918 viene richiamato alle armi ed assegnato al deposito del 61° rgt fanteria. Viene successivamente denunciato dal Tribunale militare di Guerra presso l’Intendenza della 9a armata e condannato a 3 anni di carcere il 17 agosto del 1918 per autolesionismo. La pena viene sospesa e viene amnistiato il 26 febbraio 1919. Nell’ ottobre dello stesso anno viene richiamato alle armi nella 4a compagnia Sanità del 26° rgt. fanteria e parte per la Dalmazia dal porto di Ancona il 12 febbraio 1920. Rientra in Italia dopo un anno sbarcando a Bari e viene mandato in congedo illimitato. Rifiutando di firmale la dichiarazione di «aver tenuto una buona condotta e di aver servi-to con fedeltà ed onore» perde il diritto al pagamento di premi in quanto aveva subito una precedente condanna. Nel 1922 Fiora si iscrive alla facol-tà di Scienze Sociali presso l’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori ( che poi diverrà l’Università Cattolica) e si laurea nel 1926. Fiora si iscrive ai corsi di laurea di una struttura che vede la sua presenza in Milano:

Il 7 dicembre 1921 l'Università Cattolica del Sacro Cuore fu inaugu-rata ufficialmente a Milano con una Messa celebrata da padre Agostino Gemelli alla presenza del cardinale arcivescovo di Milano Achille Ratti, futuro papa Pio XI. La prima sede dell’Università si trovava nel palazzo di Luigi Canonica in via Sant'Agnese 2 e solo nell'ottobre del 1932 fu trasfe-rita nell'antico Monastero cistercense di Sant’Ambrogio progettato dal Bramante e tutt'oggi sede dell'Ateneo. Nel 1921 gli studenti iscritti ai pri-mi due corsi attivi, ovvero quello di Scienze filosofiche e quello di Scienze sociali, erano 68. Possiamo immaginare che nel 1922 gli iscritti siano già saliti di numero, è certo che Fiora si iscrive in una università che muove i primi passi ma che ha l’obiettivo di concretizzare la presenza cattolica sul versante dell’ insegnamento, tant’è che con la sua nascita « venne segnato

94 ASSo, fondo Distretto Militare, fogli matricolari, Classe 1899, matricola 26251 Fiora Clorindo.

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un vittorioso punto di arrivo per il movimento cattolico, anzi, per l'intera comunità ecclesiale italiana»95. Nel 1931 Fiora si rivolge al Regio Ministe-ro della Guerra a cui chiede di togliere le variazioni matricolari che ripor-tano la sua condanna per autolesionismo. Lo scritto è particolarmente im-portante perché ci illumina un poco sulla vita dell’autore, afferma Fiora:

[sono] da quattro anni residente all’estero, mi sono liberamente iscritto alla

Sezione di Parigi del Partito Nazionale Fascista. Di là sono poi passato al Fascio di Londra e mi trovo ora iscritto al Fascio di Berlino. Aggiungo che essendo stato funzionario presso il Regio Consolato Generale d’Italia a Londra

La data del documento è il 31 gennaio del 1930 e il domicilio è

«presso Università Cattolica Via S. Agnese n. 2». Se ne deduce che all’estero ci va nel 1927 un anno dopo la laurea. Nel 1932 da alle stampe il suo primo volume Concerto Europeo. Dare alle stampe un volume non è cosa da poco, oltretutto non ci troviamo di fronte ad un racconto o comun-que a un romanzo che può avere una vasta diffusione, il volume si presta solo alle biblioteche universitarie o alle case di intellettuali e lo dirà lui stesso nella prefazione del suo secondo scritto, Metamorfosi Sociale «i curiosi di leggerlo, e quindi i capaci di intenderlo, non saranno più di dieci. E si tratta già di un pubblico notevole». D’altra parte la casa editrice ne garantisce la diffusione in un ambiente ben preciso96. Dobbiamo conside-rare che dal 1932 al 1934, ovvero nell’arco di due anni, Fiora riesce a dare alle stampe due volumi fatto non certamente semplice, il regime fascista ormai è ben consolidato e la pubblicazione di un libro non è non avviene certamente senza controllo. Possiamo ipotizzare che il primo volume,

95 Lettera di riscontro inerente alla presenza di Clorindo Fiora nella Università Cattolica: « Egregio Signor Fontana, in riferimento alla Sua mail, Le invio le informazioni relative al dott. Clorindo Fiora da Lei richieste. Iscrizione all’Università. Il dott. Fiora si iscrive al corso di laurea in Scienze economiche politiche e sociali, Facoltà di Scienze Sociali, presso l’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori – ente promotore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, eretto in ente morale con Regio Decreto 1014 del 24 giugno 1920 (l’Università Cattolica fu infatti giuridicamente riconosciuta con Regio Decreto del 2 ottobre 1924, n. 1661) – per “l’anno scolastico 1922-23”. Il corso di laurea prevedeva 4 anni (1922/23 – 1925-26). Data e tesi di laurea. Il dott. Fiora si laurea il 30 giugno 1926 discutendo la tesi “Le origini della Triplice Allean-za”, e conseguendo la votazione di “110 e lode”». La lettera è stata spedita il lunedì 14/12/2015, successivamente la sig.ra Barbara Borea della Direzione Didattica, Formazione post-laurea e Servizi agli studenti ( che sentitamente ringra-zio) mi ha anche fornito una traccia storica dell’Università cattolica del Sacro Cuore. 96 La Società Editrice Libraria nasce a Napoli nel 1878, viene trasferita a Milano nel 1896. La produzione si indirizza verso un pubblico elitario composto da medici, avvocati ed ingegneri. Tra le collane di maggior pregio si ricordano la Collezione legislativa Portafoglio, la Biblioteca del Politecnico la Piccola Biblioteca scientifica e la Biblioteca di scienze applicate al commercio. La casa pubblicò anche le opere di don Sturzo. A giudicare dalla sua attività (oltre 8000 titoli) aveva una certa importanza; chiude nel 1948 e nella sua attività post-Liberazione sembrerebbe di area strettamente cattolica/democristiana. Cfr. P. CACCIA ( a cura di), Editori a Milano 1900-1945. Repertorio, Franco Angeli, Milano 2013. Ringrazio Fabio Cani della cortese risposta che ha permesso questa nota.

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Concerto Europeo, sia il risultato di un progetto, per cui Fiora lascia l’Italia e viaggia per i paesi europei appoggiandosi alle strutture dello Sta-to fascista ed alla fine di questa esperienza, al suo rientro in Italia, il volu-me viene pubblicato. Fiora visita l’Europa in lungo e in largo, dalla Unio-ne Sovietica alla Francia ai paesi baltici ed ai balcani. Non doveva essere così semplice allora vagabondare per l’Europa, oltre ai mezzi personali, non bisogna dimenticare che viaggiare costa. Il tomo è un corposo testo di 425 pagine da 25 cm cadauna, di cosa parla? Prende in esame le condizio-ni socio-politiche dei paesi europei con l’obiettivo di fornire al lettore « Una volta compreso il modo di essere e di agire di ciascuna grande unità in sé, il lettore potrà poi da solo prevedere quale potrà essere il contegno di ogni unità di fronte a un problema determinato.»

Non un semplice trattato di politica che esponga le condizioni dei va-ri paesi, ma quello che si può chiamare una visione d’insieme dell’ Euro-pa. Diversa la trama del secondo volume che invece si pone il problema delle leggi che regolano lo sviluppo socio politico di una comunità, di una nazione. La presenza di questo volume solo nella biblioteca del Ministero degli Interni ci piace considerarla come la conferma del sequestro da parte del regime di Metamorfosi Sociale. Il 15 dicembre del 1934 esce il suo articolo, ripreso poi da Giulio Spini, che riguarda la condizione della Val-tellina sull’organo di Giustizia e Libertà a Parigi.

Una riflessione richiedono due fogli che riportano, scritte con la stes-sa macchina, «ALCUNI GIUDIZI DELLA STAMPA SU “CONCERTO EUROPEO”» e un giudizio su «METAMORPHOSE sociale» che si trovano nel fondo Giulio Spini presso l’Issrec. Dimostrano un interesse di Spini per Clorindo Fiora, si è sempre tenuto lontano dalle possibili polemiche sulla sua morte e si è posto il problema della comprensione del personaggio. «Livre remar-quable, étudiant la “metamorphose sociale” dans ses aspects et ses corréla-tions le plus imprévus […] Conception ingénieuse et tout à fait exhuasive» scrive un certo Julien Bertrand mentre giudizi favorevoli si leggono su L’Ambrosiano, Il Sole, L’Italia e L’Eco della Stampa a proposito di Con-certo Europeo «Basti, dunque, il dire che mediante tre o quattro capitoli dedicati a ciascuna [nazione], sono dal Fiora esaminate le condizioni della Francia, dell’Inghilterra, della Germania, della Russia, della Piccola Inte-sa, dell’Italia.»

C’è stridore tra le case editrici dei volumi di Clorindo, il suo iscri-versi al partito Fascista e il legame con GL che gli consente la pubblica-zione di un articolo e alla fine, la sua condanna ed il suo confino; le case editrici sono comunque legate ad un territorio anche generico del cattolice-simo, GL ha una matrice laica pur non esplicitando una aspra critica alle credenze religiose, il partito fascista sappiamo cosa è. Ma tant’è, siamo di fronte a contraddizioni che non siamo in grado di risolvere. Viene da pen-sare che GL si presenti come una organizzazione che ha una struttura i cui legami sono personali, amicali, dovuti agli incontri di lavoro e agli scambi di opinioni tra simili se non uguali. Non vi è ne la tensione che attraversa i

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partiti antifascisti storici, dai comunisti ai repubblicani né la presenza di figure che si dedichino interamente alla vita dell’idea e del partito. L’articolo di Fiora pubblicato a Parigi sul giornale Giustizia e Libertà, che a noi appare come un fulmine a ciel sereno o indice di un solido legame organizzativo, non era né l’uno né l’altro. Rientrato in Italia già nel 1931 probabilmente si porta con se i legami che ha intrecciato all’estero e che gli consentiranno la pubblicazione dell’articolo sul giornale di GL nel 1934. Non siamo a conoscenza di eventuali legami con l’antifascismo. L’arresto, con conseguente confino, che avviene nel 1940 per critiche al regime, al re e all’entrata in guerra è dovuto più che altro al suo parlare a ruota libera all’interno della biblioteca Militare del distretto di Milano manifestando tutta una serie di critiche ai tedeschi ed al re97. L’arresto successivo rendono esplicita la serie di interventi giudiziari: nel 1932 è privato della tessera del PNF per indegnità, nel 1933 condannato per ingiu-rie e segnalato come individuo violento e seminatore di zizzania. Il fatto di essere poi laureato, di aver una buona parlantina e una pronta intelligen-za lo rendono oltremodo pericoloso per il regime. Tutto questo però non basta a chiarire l’articolo che viene pubblicato sul giornale di GL a Parigi e il suo presunto legame con questa organizzazione in Valtellina.

GL l’organizzazione tra mito e realtà.

È doveroso uno sguardo che apra la sigla GL ad un racconto più arti-colato, anche senza entrare nella storia dell’organizzazione e della sua articolazione. É la stessa struttura di GL d'altronde che impedisce il di-spiegarsi di una racconto che permetta di chiarire tutte le linee di collega-mento. Giustizia e Libertà richiama inevitabilmente ai fratelli Rosselli ed ad un’area dell’antifascismo che tenta la sintesi tra liberalismo e sociali-smo. Da questo umus nasce il 2 giugno 1942 il Partito d’ Azione (PdA) per rappresentare lo sforzo per adeguarsi alle necessità della Resistenza che già si intravede. I militanti del PdA non sono assimilabili ai comunisti o in genere alla galassia della sinistra, sono infatti gli aspetti della militan-za politica degli uomini del PdA che « spinse gli uomini del PdA a fare della Resistenza il momento in cui il bisogno dell’azione si sostituì ad ogni altro impulso98» e questo, abbinato alla scomparsa del partito dopo la Li-berazione, portano a non dare importanza ai legami, ai rapporti, alla strut-tura stessa dell’organizzazione. È difficile cercare di dare un’immagine della struttura del PdA in Lombardia e nella fattispecie a nord di Milano perché ci mancano studi e ricerche che, senza dare tutte le risposte alle domande che sorgono, quantomeno possano aiutarci a trovare qualche bandolo della matassa. L’impressione è che se per il PCI, la DC, il partito socialista e il repubblicano, la Resistenza e la lotta politica che ha contenu-to, sono stati momenti per la loro trasformazione in organismi di massa in

97 Eccellenza il Prefetto, presidente della commissione Provinciale, ASSo, fondo Questura, fasc. Fiora Clorindo ( copia dei documenti per gentile concessione di Pierluigi Zenoni). 98 G. DE LUNA, Storia del Partito d’Azione, Utet, Torino 2006.

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grado di contenere le spinte, gli interessi, le pulsioni di classi e strati socia-li diversi, per il PdA questo non è avvenuto.

Per quanto possiamo comprendere, appoggiandoci allo studio più esaustivo che è quello di Angelo Bendotti e Giuliana Bertacchi sulle GL bergamasche, sono i legami tra i singoli che determinano quelli generali, le bande sono GL perché il comandante e il commissario sono del PdA. Il loro sforzo è portare gli uomini all’azione qui e ora, se sono portati a ra-gionare sul dopo lo fanno per via della presenza dei comunisti nel CLN o nei comandi di zona ma non è l’elemento predominante. Non conoscono la separazione tra vita privata e vita pubblica (politica); la figura dell’ispettore regionale, che è la longa manus del comando regionale, non resta in montagna ma “va e torna”, hanno dei contatti con il centro e non farebbe meraviglia che questi contatti si concretizzassero in qualche ritro-vo serale o pranzo a mezzogiorno. «Il 27 marzo (1945 nda) Quarti era stato arrestato, insieme alla moglie e a Giulio Alonzi, in casa di quest’ultimo a Lecco»99, questa frase vale di più di cento ragionamenti, tenendo presente che Alonzi era stato catturato il 6 settembre 1944 e poi rilasciato dopo varie vicissitudini, le modalità della cattura definiscono i modi e i comportamenti dei giellisti in modo lampante. È sempre il qui e ora che determina l’azione e, come conseguenza, si finisce per non defini-re neppure lo spazio politico in cui muoversi. Quest’ultimo verrà poi oc-cupato dagli altri partiti e al PdA non resterà altro che sciogliersi dentro loro. Le brigate e i gruppi saranno sempre quello che saranno i loro co-mandanti, certo si cerca in qualche modo di rafforzare la presenza ma, come in alta Valtellina, non basta mandare Cesare Marelli, Tom, che non riuscirà mai a legare con i partigiani che mal sopportano Giuseppe Motta. Se Plinio Corti, Biglia-Citterio-Ulisse, mantiene i contatti tra il centro e la periferia, numerosi sono i rapporti con Mario Invernicci, ma non c’è uomo della bergamasca che scollina in Valtellina e viceversa. Se dai documenti traspare un contatto stretto tra il centro e la periferia non risultano contatti tra le varie periferie senza passare dal centro.

C’era una presenza degli azionisti tra la val Chiavenna e la Valtellina dopo l’otto settembre? E nell’alta valle come era la situazione del PdA? Difficile rispondere anche a queste domande perché è facile che la sostitu-zione della discussione con «il bisogno dell’azione» non abbia trovato pronti tutti e come conseguenza non tutte le persone sono state in grado di afferrare velocemente il cambiamento di stato.

L’ostilità del PCI agli uomini del PdA e viceversa, si ritrova anche in regioni geografiche diverse dalla Lombardia: nella Valtellina il comm. Ulisse e il com. Camillo della 1a Divisione G.L. Valtellina affermano che «Il Comando della Brigata Valle Mera, regolarmente inquadrata in questa Unità» vede l’ingerirsi dei garibaldini nel territorio di propria competenza,

99 Cfr. A. BENDOTTI, G. BERTACCHI, Il difficile cammino della giustizia e della libertà, l’esperienza azionista nella resistenza bergamasca, Il filo di Arianna, Bergamo 1983, p. 233.

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chiedono l’intervento dei comandi superiori per fare rientrare l’iniziativa, siamo nel novembre del 1944. A loro volta i garibaldini denunciano l’attacco da parte di una squadra di ex garibaldini passati con i giellista ad una macchia tedesca con l’uccisione di un ufficiale e la cattura dell’autista. Gli attaccanti poi portavano la macchina nel paese di Postalesio (SO) con il rischio di gravi conseguenze per la popolazione. Nel documento si fa notare che il gruppo di ex garibaldini che ha disertato aderendo alla divi-sione GL ha portato con sé oltre alle armi anche il commissario politico Franco100. Il fatto che la presenza di una «brigata val Mera» nella zona di Chiavenna sia apparsa come una chimera non depone favorevolmente per gli uomini del PdA e così anche l’esiguità della loro presenza nel sondriese e in alta valle. Resta purtroppo l’impossibilità di raccontare di una presen-za in val Chiavenna del Partito d’Azione che in alta Valtellina finirà per esaurire la sua presenza: non bastano Plinio Corti, Mario Buzzi e Cesare Marelli a rivitalizzare una situazione che Giuseppe Motta e Pietro Fojanini tengono saldamente i mano, confortati anche dalla presenza delle FFVV nella zona del passo del Mortirolo/Aprica.

Il gruppo di Giustizia e Libertà in val Chiavenna101.

In Valtellina la tensione tra forze GL e garibaldini si smorza solo du-rante il periodo invernale, impegnati entrambi a trovare un modo per supe-rare l’inverno. Nell’estate-autunno 1944 l'asprezza dei rapporti fra forma-zioni gielliste e quelle garibaldine aveva raggiunto punti molto alti tra cui il caso Baruffi rappresentò l’estremo. Queste situazioni di tensione si ri-trovano spesso nei documenti delle brigate Garibaldi ed è la Delegazione Comando che deve intervenire non solo per dirimere questioni che hanno peso nella quotidianità del lavoro ( il rapporto tra Garibaldini ed il CLN di Chiavenna). Opporsi alla sostituzione di Nicola, come viene affermato in un documento datato 7 dicembre 1944102, in un momento in cui quest’ultimo sconfina in Svizzera con gran parte della brigata rappresenta

100 Scontri, frizioni tra le formazioni partigiane sono all’ordine del giorno in tutta l’Italia occupata, cfr. G. DE LUNA, P. CAMILLA, D. CAPPELLI, S. VITALI, Le formazioni GL nella Resistenza, Franco Angeli, Milano 1985, pp. 214-216. Il documento, relativo alla zona pie-montese e datato 11 novembre 1944, riferisce di una serie di scontri al limite del conflitto a fuoco tra formazioni GL e garibaldini. Lagnanze G.L. contro Nicola, IscComo, fondo Franco Giannantoni, Valtellina b. 3, fasc. capitolo 5. Azione elementi Divisione Giustizia e Libertà 8 novembre 1944, IscComo, fondo Franco Giannantoni, Valtellina b. 3, fasc. capitolo 5. Frizioni e incidenti si erano già verificati nell’estate 1944: questo Comando è venuto a conoscenza, IscComo, fondo Franco Giannan-toni, Valtellina b. 3, fasc. capitolo 5. In questo documento, oltre a rilevare la conflittualità tra i partigiani della bassa Valtellina e quelli dell’Alta valle, si abbozza la questione del comando operativo di zona che il rastrellamento dell’ottobre 1944 rimanderà alla primavera del 1945. 101 Ulteriori notizie sul gruppo di GL che si forma in val Chiavenna si possono trovare solo in R. CIPRIANI, Antifascismo e Resistenza in Valchiavenna, L’officina del libro, Chiavenna, 1999, pp. 131-134. Dobbiamo ad Andrea Via la possibilità di scrivere questa parte della ricerca per i documenti che ha trovato e per le informazioni che ci ha fornito. 102 C. PAVONE (a cura di), Le Brigate Garibaldi nella Resistenza. Documenti, v. 2, Feltrinelli, Milano 1979, p. 135.

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una posizione che va al di là della contingenza immediata e cerca di raf-forzare la posizione garibaldina guardando al domani. Alcuni giorni prima era il Comando del raggruppamento divisioni lombarde che interveniva per chiarire lo scontro tra i garibaldini e il CLN di Chiavenna. Questo scontro aveva portato al fatto che «Il rappresentante comunista nel CLN di Chiavenna venne destituito dal PCI» ed all’acuirsi delle tensioni. Guarda caso l’oggetto del contendere era la collocazione ed il funzionamento del CLN di Chiavenna non semplicemente una questione di rapporti tra i rap-presentanti delle forze politiche locali103. Ritornando in val Mera un rife-rimento alla brigata GL lo si trova in una nella relazione di Camillo

il comando della brigata "Valle Mera", regolarmente inquadrata in questa

unità, ed il CLN di Chiavenna, segnalano che il comando della 1a divisione "Gari-baldi", per opera di un capitano inviato appositamente in luogo, va tentando di indurre i reparti della brigata a staccarsi dalle formazioni GL per entrare a far parte delle forze garibaldine. A tale scopo, poiché i discorsi propagandistici e gli allet-tamenti non sono valsi e nulli, sono state formulate minacce assurde e assoluta-mente inammissibili quali, ad esempio quella di effettuare rastrellamenti […] Ora è sommamente deplorevole che mentre tutte le forze dovrebbero essere impegnate nella lotta contro il nemico, vi sia invece chi disperde tempo ed energie [facendone sciupare anche ad altri] in forme di concorrenza ed accaparramento, con prepoten-ze ed intimidazioni

Altri riferimenti si ritrovano in alcuni documenti del Comando

Lombardo di Giustizia e Libertà in cui viene indicata un “Brigata Valle Mera” comandata da Piero e che ha una forza di 60 uomini (27 novem-bre 1944), indicata senza altri riferimenti ( lo stesso vale per le altre brigate Valtellinesi) il 20 aprile 1945104. I legami tra i rappresentanti di GL sono confermati da una lettera di Roberto, Febo Zanon, a Ricci, Plinio Corti, che nella metà di settembre del 1944 viene tranquillizzato sui problemi della val Chiavenna aggiungendo anche che «L’ ufficiale Angelo ha abbandonato Nicola e si è messo a disposizione del CLN di Chiavenna105». Questo ufficiale, non individuato, era al comando del 2° btg. della 40a brg. Garibaldi G. Matteotti e viene sollevato dal co-mando per impedimenti fisici il 4.10.1944106 mentre in un altro docu-mento, a firma del commissario di brigata Giovanni, lo si accusa di stare sempre lontano dal reparto e collegato direttamente con il CLN di

103 Ivi, pp. 11-12. 104 Censimento forze in data 27 novembre 1944, Insmli, fondo CVL, b. 62, fasc. 153. 105 19.09.1944, Caro Ricci, ti invio, Issrec, fondo ANPI, fasc. 10, divisione alpina Valtellina. Inserito in una più vasta relazione, cenni espliciti al gruppo di G.L. ed ai problemi che solleva in: Pietro Porchera”Tiberio”, comandante della 90 brg. Garibaldi E. Zampiero, a. p. Renato Cipriani, fondo Piero Porchera, anche in: http://www.55rosselli.it/documenti/pdf/documenti%2090zampiero/pietro%20porchera%20e%20la%2090ma%20Zampiero.pdf. 106 Al comandante il II° Btg. Angelo, a. p. Renato Cipriani, fondo Piero Porchera.

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Chiavenna107. Questi scambi di informazioni rendono evidente la lotta politica per il controllo del territorio e delle formazioni armate presen-ti. Queste ultime però sono da considerarsi tali solo a fronte di una omogeneità di comportamento e non di dichiarazioni, l’elemento de-terminate è il livello di combattimento sul campo.

È lo stesso Febo Zanon a raccontare come si tenta la formazione di un gruppo legato a GL. Zanon era nato il 13.08.1900 a Chiavenna, (SO), iscritto al partito socialista, viene inserito nel Casellario Politico Centrale come sospettato nel 1927. È stato segretario della sezione socialista negli anni 1922-1925. Venne arrestato nel dicembre del 1926 e mandato al confine (Ustica e Tremiti) per un anno. Venne di nuovo riarrestato nel 1928 ma il processo che ne segue lo vede assolto. Il 10 dicembre 1944 è di nuovo catturato in seguito alla delazione di una spia, Alberto della Pedrina. Quest’ultimo, dopo la Resistenza sarà og-getto di atti d’accusa da parte dello stesso arrestato, che portato prima a Colico e interrogato, entra nel carcere di San Vittore il 31 dicembre e rilasciato in data imprecisata. Il riferimento al gruppo di GL lo leggia-mo nel suo verbale d’interrogatorio della GNR di Colico il 10 dicem-bre 1944108:

nel mese di maggio del c.a. ebbi occasione di conoscere un certo Lazza-

rini Leone, il quale aveva creato un gruppo di ribelli nella zona di Chiavenna, gruppo che sovvenzionava regolarmente fino al rastrellamento della GNR, epoca nella quale egli prima di fuggire a Milano, mi diede l’incarico di conse-gnare al capobanda Bellini Luigi con le istruzioni per l’ulteriore sovvenziona-mento della banda; istruzioni che mi vennero affidate in un secondo tempo, tramite alcune signorine inviatemi da Milano per conto di un certo Ricci [que-sto è il nome di battaglia] con il quale in seguito a richiesta ebbi occasione di conoscerlo a Milano, la prima volta in Foro Bonaparte, ed avere successivi incontri in Silvio Pellico dove, strada facendo, mi consegnava una busta chiusa indirizzata al signor Luigi Bellini dicendomi che la somma era destinata ai ribelli che agivano nella zona di Chiavenna, somma che si aggirava a seconda delle volte sulle 100.000 lire. Appena ricevuto l’incarico da Milano, ritornavo a Chiavenna dove a mio mezzo recapitavo la somma al comandante del Grup-po “Giustizia e Libertà”. Non ha mai dato l’incarico a nessun’altra persona di recapitare le somme destinate alla banda, perché io stesso le portavo in località Sasso de’ Cani, sopra l’albergo Crimea, dove mi incontravo con il Bellini una volta alla settimana e precisamente ogni sabato verso le 17. Al Bellini non consegnavo tutta la somma che mi veniva consegnata dal Ricci ma, secondo le istruzioni la ripartivo in diversi gruppi che consegnavo a seconda delle necessi-tà della banda e in proporzione alla somma che ricevevo.

107 15.09.1944, Desidero avere nel più breve, a. p. Renato Cipriani, fondo Piero Porchera. 108Cfr. F. CATALANO, La Resistenza nel Lecchese e nella Valtellina, cit., p. 199 Cfr. R. CIPRIANI, Antifascismo e Resistenza in Valchiavenna, 1922-1945, L'officina del libro, cit., ad nomen.

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Il numero dei componenti della banda si aggirava sui 7/8 uomini, tenuti esclusivamente come rappresentanti del gruppo “Giustizia e Libertà”, del Comitato demo - liberale, per contrapporli all’espansione delle Brigate Garibaldine composte da uomini di diverse idee politiche ma guidate da commissari politici comunisti, anche se di nazionalità italiana. Questi gruppi si scioglieranno e gli stessi componenti espatrie-ranno in Svizzera; superata con difficoltà la pausa invernale nella pri-mavera del 1945 il gruppo della 90a brg. Zampiero con la guida di Tiberio è saldamente presente nella valle di Chiavenna. Anche i titu-banti e i contrari vedono con favore la presenza dei garibaldini e i con-flitti con il CLN di Chiavenna sono superati, su questo fronte nel mese di aprile non c’ è problema per i comandi delle brigate Garibaldi. che appare sul numero del 15 dicembre 1934 del giornale Giustizia e Liber-tà stampato a Parigi che appare sul numero del 15 dicembre 1934 del giornale Giustizia e Libertà stampato a Parigi Sono documentate anche altre comunicazioni tra il Comando Lombardo delle brigate GL e i comandati della 1a div. Alpina GL Valtellina Camillo e Tom, lo scri-vente è Citterio, Plinio Corti ma non si trovano riferimenti sia alla brigata valle Mera che a Clorindo Fiora o ad altri gruppi in Valtellina, la presenza e l’epilogo di quest’ultimo restano avvolti in una aura di indeterminatezza.

Appunti finali

La storia della vicenda di Clorindo Fiora tocca alcuni nervi scoperti della storia della Resistenza in questo lembo di terra italiana che è stata la Valtellina, ma che non si può riuscire a confinare nella sola geografia del comune di Civo. Possiamo immaginare, e alcuni documenti lo conferma-no, che dopo il 25 aprile un’inchiesta da parte della Questura di Sondrio ci sia stata e che abbia aumentato le contraddizioni e non dipanato la matas-sa, a questo porterebbe l’atteggiamento tutto sommato attento di Giulio Spini nel trattare l’argomento e nella mancanza di polemiche contro i “ga-ribaldini assassini”. Quest’ipotesi trova un suo possibile riscontro nei do-cumenti trovati da Pierluigi Zenoni nel fondo Questura dell’Archivio di Stato di Sondrio109. I quattro documenti spaziano dall’agosto 1940 ( rela-zione al presidente della Commissione provinciale per l’Amministrazione e il Confino di Polizia) alla deposizione non datata ma presumibilmente post 25 aprile, di Scamoni Amilcare. Nel mezzo la relazione di Gek alla delegazione comando divisioni e distaccamenti d’assalto Garibaldi e al comando divisionale Valtellina del 7 aprile 1944. In questi documenti tutto sembra ruotare attorno ai contatti di Retico con i fascisti, la cattura di Gilli,

109 I documenti trovati da Pierluigi Zenoni riguardano: la relazione che determina la sua andata al confino, il provvedimento preso dalla Regia Questura di Milano la relazione, relati-va al processo a cui è sottoposto Fiora, alla delegazione comando delle brigate Garibaldi con la sentenza di condanna a morte di Fiora, la deposizione di Amilcare Scamoni che riferisce quanto appreso da sui figlio Giulio.

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i rapporti con le spie fasciste (che sono di Mello) e l’uccisione del parti-giano Panera. V’è da dire che non si comprende né l’atteggiamento dei fascisti, avere abboccamenti con una figura che non può oggettivamente dare garanzie per il domani, né quella di Retico che può solo vagheggiare il controllo del territorio. Anche l’uccisione di Panera da parte dei fascisti su indicazione di Fiora è di difficile accertamento e si presta a più di una considerazione negativa. Al di là dell’episodio in sé, di cui abbiamo trac-ciato il racconto, è l’evoluzione della memoria che necessita di una rifles-sione. Nessuno, sia a ridosso della sua fucilazione, sia negli anni seguenti sviluppa una memoria che accusi i garibaldini ed in particolare i coman-danti della II divisione Garibaldi Lombardia, non c’è nessuna recrimina-zione soprattutto dal cerchio familiare. Eppure la fine della guerra non aveva visto la Valtellina esente da duri scontri politici. Viene travolto il sindaco socialista di Sondrio, Virgilio Bonomi, che viene costretto ad ab-bandonare la carica, stessa sorte capita al Questore di Sondrio che è Mario Abbiezzi, la messa in angolo della Resistenza avviene quasi subito dopo il 25 aprile. Bastano pochi mesi e la messa sotto accusa di partigiani garibal-dini sarà una dura realtà.

Diventa naturale considerare che la fucilazione di un antifascista, già condannato al confino, da parte dei garibaldini sia una notizia ghiotta da gettare nella battaglia politica. Invece niente. Noi pensiamo che l’elemento stia proprio nella dinamica che porta alla tragica conclusione di questo fatto, interno alla composizione della Resistenza valtellinese e quindi dif-ficilmente imputabile “a quelli venuti da fuori”. Bisognerà attendere alcuni decenni, quando la memoria dei testimoni comincia ad essere labile, alcuni vengono meno e sia possibile, anche in queste contrade offuscare alcune fotografie che circolano tra i vecchi resistenti: Dionisio Gambaruto in una trattoria di Postalesio al tavolo dopo un incontro con alcuni partigiani, Mario Abbiezzi testimone al matrimonio di Germano Bodo, Vando Aldo-vrandi e Afonso Vinci a Buglio durante una commemorazione. Situazioni normali in cui i comandanti garibaldini si ritrovano, dialogano, mangiano e bevono con i loro ex compagni di battaglia. È quando cominciano a sbiadi-re queste immagini che si può cominciare un racconto diverso, dove le difficoltà della organizzazione della lotta partigiana armata scompaiono per lasciar posto ai contrasti, agli scontri che, isolati dal loro contesto di-ventano ottime occasioni per accendere polemiche che appaiono ormai fuori luogo. Importanti però per una costruzione della memoria che veda la Resistenza come elemento estraneo, esterno, avulso dalla realtà quotidiana dei valtellinesi, un mondo a parte che ha solo subito senza mai esserne protagonista, nel bene e nel male: un ritorno all’essere sudditi che faccia dimenticare di essere stati cittadini.

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Appendice

Riteniamo utile qui pubblicare alcuni documenti: uno scritto di Clo-rindo Fiora che appare sul numero del 15 dicembre 1934 del giornale Giu-stizia e Libertà stampato a Parigi, il testo di un piccolo scritto edito il 3 luglio del 1945 in ricordo di Clorindo Fiora, l’autobiografia partigiana di Giordano Federigo. A questi testi fanno compagnia la testata originale di Giustizia e Libertà del 14.12.1934, l’elenco delle forze di GL in GL in Lombardia l’11 novembre 1944, l’elenco dei partigiani del comune di Civo.

Giulio Spini nei Quaderni Valtellinesi

Il testo che appare sul numero del 15 dicembre 1934 del giornale Giustizia e Libertà stampato a Parigi viene ripreso da Giulio Spini nei Quaderni Valtellinesi, n. 4 del luglio 1982. Lo scritto è sulla condizione della Valtellina, fatta salva la limitazione geografica e la tipologia com-plessiva dell’intervento, quest’ultimo lo si potrebbe considerare un rias-sunto di alcuni elementi dell’analisi che F. Catalano fa nella sua ricerca sulla Resistenza nel lecchese e nella Valtellina. Molto interessante è la introduzione di Giulio Spini che, da par suo, vola alto rispetto alle tristi e pedanti contumelie sui “garibaldini assassini”110.

La Valtellina degli anni ’30111. di Giulio Spini Ci sembra interessante riportare per i lettori dei "Quaderni Valtelli-

nesì" una corrispondenza dalla Valtellina apparsa su "Giustizia e Libertà" organo del "Movimento Unitario d'Azione per l'autonomia operaia, la repubblica socialista, un nuovo umanesimo” come si leggeva nell'epigrafe in grassetto nella testata del giornale, sotto il titolo in rosso. Era, come è noto, l'organo del movimento legato all'iniziativa e all'ispirazione politica dei Fratelli Rosselli. L'articolo è firmato "Antivirus", pseudonimo sotto il quale si nascondeva il nome del valtellinese Clorindo Fiora, di Civo, dove era nato il 6 dicembre 1899.

Laureatosi in scienze politiche e sociali nel 1926 presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore (Padre Gemelli lo stimava come uno degli allie-vi più promettenti), fu portato dai suoi stessi studi ad avversare la dittatura, così da dover espatriare più volte, dal 1927 al 1935: in Francia, in Inghil-terra, in Germania, in Russia. A Parigi diventò appunto collaboratore di "Giustizia e libertà“, alla cui redazione mandò, in occasione di uno dei

110 Cfr. G. FONTANA, M. FUMAGALLI, Antifascismo, caduti e disobbedienti valtellinesi, cit., pp. 50-73. 111 L’elaborazione dell’impaginazione del testo è a cura di Eugenio Pirovano.

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suoi ritorni in Valtellina, la corrispondenza che qui riprendiamo e che venne pubblicata sul n°31 del 14 dicembre 1934.L‘articolo fu ritrovato tra le sue carte dopo la morte avvenuta il 2 aprile 1945.

Nel 1940 l'OVRA era riuscita a mettergli le mani addosso e a farlo condannare a cinque anni di confino, che scontò fino all'amnistia del "ven-tennale" (1942), per poi ritirarsi a Civo in domicilio coatto. Partecipò alla Resistenza e cadde, a poche settimane dall'insurrezione, in una delle tragi-che circostanze, fatte di equivoci e di tensione, che certo non mancarono in un avvenimento così complesso come la lotta partigiana.

La corrispondenza va letta non come un saggio scientifico, ma come una testimonianza polemica, lucida e risentita, specchio agitato dell'atmo-sfera provinciale di quel periodo, con qualche inflessione che ci permette di cogliere i segni di una emigrazione ideologica dell'autore dall'area catto-lica degli studi universitari a quella "laica".

Documento dell’informazione clandestina

Fascismo provinciale La situazione in Valtellina Ho percorso tutta la Valtellina. L'agricoltura vi ha una larga preva-

lenza, poiché solo nelle cinque borgate vi è un principio di industria e di commercio al minuto. Per quanto anche queste attività abbiano fortemente risentito della crisi e de regime, niente è paragonabile alla situazione dell’agricoltore. Già l’aspetto delle case vi dice che la miseria è profonda, poiché sono vecchie, a volte mezzo diroccate e coperte da una coltre di fuliggine condensata.

Quanto alle persone, per rendervi conto della loro miseria, vi baste-rebbe vederle una volta in processione, quando cioè vestono meglio, per constatare che si tratta di un corteo di cenci. I loro vestiti, di cotone gros-solano, sono rattoppati fino a non sapere più quale era la stoffa iniziale; ai piedi portano pantofole fatte di stracci o grossi zoccoli di abete o di piop-po, per copricapo dei cappelli senza più nessuna forma, e così intrisi di sudore che sembrano incatramati. E si nutrono di pane di segale o dì farina di castagne, di polenta gialla o bigia, della verdura che riescono a far a meno di vendere, e dei prodotti del latte, quelli che hanno bestiame.

La situazione in Valtellina è sempre stata non facile per causa della massa di debiti contratta in ogni tempo per poter vivere alla montagna. Il contrapposto economico del debito fu, fino al principio della politica ge-niale, l’emigrazione. Non meno di un terzo della popolazione più valida era costretta all'emigrazione diretta in tutti gli Stati e in tutti i continenti. Quelli che tornavano sani portavano spesso il denaro necessario per copri-re i loro debiti e vivere nel modo meno disastroso.

L'impossibilità dell‘emigrazione, la riduzione di tutti i cespiti possi-bili nel luogo, cioè il rinvìlio (diminuzione di prezzo N.d.A.) dei prodotti agricoli e del bestiame, sopprimendo la contropartita dei debiti, ha oramai letteralmente consegnato la massa lavoratrice in mano degli avvocati e

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degli ufficiali giudiziari. Il dazio sul grano non serve al valtellinese, che non solo non produce per vendere ma non ancora abbastanza per sfamarsi. Ed è forse per la massa di sacrificio conglobata nei prodotti della terra che il valtellinese ha della proprietà una idea metafisica, come d'altro lato pos-siede, per le infinite disgrazie a cui la sua vita è esposta, il senso tragico della vita, ed egli rappresenta quindi un supremo valore umano.

In sostituzione dell'emigrazione, per fare il denaro necessario ai bi-sogni più elementari, per pagare le imposte, per i quaderni dei figlioli che vanno a scuola, per il caso di malattia, il valtellinese, da qualche anno in qua, ha disseppellito una antica tradizione, dandosi al contrabbando.

Nella Valtellina, da Sondrio a Bormio, e in Valchiavenna, il contrab-bando ha assunto proporzioni estreme. Gruppi numerosi di contrabbandie-ri, talvolta accompagnati da parecchie donne, rischiano i terribili pericoli dei ghiacci e delle vette, per poter dar pane ai figli. Quante volte inutil-mente! Poiché gruppi di lanzichenecchi ben pasciuti e fidando sul lungo tiro delle armi, pagate con il denaro dei contribuenti, insidiano gli eroici montanari, contro i quali essi sanno bene di non bastare in cinque contro uno. ll "panem et circenses" di Mussolini è una cosa ridicola di fronte ai bisogni della popolazione. Ed è anche un soccorso odiosissimo per l'atto di carità che le gerarchie minori si danno l'aria e per le sottili ingiustizie delle distribuzioni, fatte con criteri di un'incredibile partigianeria.

L'Amministrazione locale

Questi fatti sono in stretta connessione con l'amministrazione locale. Un tempo i comuni, più o meno bene, riuscivano a vivere e a pareggiare i conti. L'avvento del fascismo ha condotto tutte le amministrazioni comu-nali alla disperazione. Vi basti il dire che una ventina di comuni in Valtel-lina ha proposto il concordato ai creditori, e che la maggior parte degli altri non è lontana dal far questo, vi riuscirà cioè fino a quando i creditori po-tranno essere costretti a moratorie reiterate. Non si può da questo indurre che i podestà non abbiano fatto del loro meglio per pareggiare i bilanci. Le imposte infatti si sono estese a ogni possibile azione, economica o no. Non solo l‘acqua e il vino e le galline, le pecore, le capre, i porci e la loro ma-cellazione, sono tassati, ma in un gran numero di comuni il regime ha disposto la quadruplicazione, non prevista dalle leggi, dei centesimi addi-zionali, e sono diventate di moda le concessioni di cose che non furono mai concesse, e la fiscalità zelante dei podestà è giunta a tassare fin le lapidi dei cimiteri in proporzione alla loro grandezza. Aggiungete che la distribuzione delle imposte è fatta con criterio assurdo e non suscettibile di correzione. Il contadino valtellinese, che viene tanto energicamente ri-chiamato ai suoi doveri civici, non ha la possibilità di far valere le sue ragioni per via regolare. Egli non ignora che il mezzo per passare in ogni luogo è quello della corruzione, di cui si serve abitualmente. Ciò non to-glie che ogni valtellinese senta l'assoluta sperequazione dei pesi fiscali. E

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non ha mezzo di interporsi quando vede e sa che cosa costino il monumen-talismo fascista, i contributi alle belle sedi dei fasci, alla federazione pro-vinciale, alle incessanti sottoscrizioni gratuite per oscuri scopi nazionali, dall'aviazione alle colonie elioterapiche, e quindi ai balilla, ai giovani e alle giovani italiane e alle altre proteiche manifestazioni dello Stato totali-tario.

Amministrazione della giustizia

Questo comincerete a spiegarvelo in parte - e il contadino se l'è spie-gato da lungo tempo- quando saprete che (e ve lo dicono in faccia in qual-siasi ufficio pubblico) vi è una legge per gli amici, una per i nemici, e una per tutti gli altri. Se uno fosse per ipotesi sospettato di antifascismo o an-che soltanto di non sufficiente devozione, i podestà, coadiuvati se del caso, dalle guardie campestri, su ordine conforme delle federazioni, non esitano ad inventare o travisare fatti e parole e ad agire di conseguenza presso la giustizia del regime eroicamente solerte, come vi sto esponendo.

L‘antifascista vede la nequizia delle sentenze soprattutto attraverso il Tribunale speciale. Il contadino valtellinese questo non lo sa, ma non igno-ra che sotto gli occhi suoi, la verità è regolarmente coronata di spine.

Mi si dice che ultimamente la giustizia sia alquanto migliorata in se-guito al cambiamento di tutti i magistrati. Ma ognuno sa che è uno stato di transizione, poiché occorrerebbero uomini di ferro per tenersi a galla nel pantano ufficiale che regna.

Quale giustizia potete voi attendervi da un pretore di Sondrio, noto-riamente sodomita, quale giustizia da un procuratore del re, il quale non registra neanche le querele che gli giungono se esse toccano qualcuno degli immuni della giustizia!

Da quel che sento lo stesso ambiente avvocatesco sarebbe corrotto sino alle midolla, fatta qualche onorevole eccezione (...). Gli antifascisti valtellinesi registrano e ricordano questi e molti altri fatti, avvenuti sotto l'egida dell'on. Morelli, che pare meno noto come medico che per le sue influenze locali. Forse mediocre, ma non malvagio, sembra invece l'on. Sertoli, che vorrebbe forse fare di più se non fosse anch'egli vittima dell'ambiente e del regime che l'ha tratto dall'oscurità.

Clero, fascismo e popolo

Il valtellinese è abbastanza religioso, ma non estremamente cattolico. Infatti conserva nel suo animo, presso l'insegnamento ufficiale, anche delle antiche tradizioni pagane, ed è facilmente protestante. E se gli accade di urtarsi con il parroco, mette subito al sicuro la coscienza distinguendo tra la religione e coloro che la rappresentano. I conflitti religiosi sono abba-stanza frequenti in Valtellina. Ma il fedele valtellinese in questi casi non abbandona la chiesa e non diventa indifferente.

E se clero e popolo comunemente si intendono tra di loro, questo vuol dire che il clero, per convinzione e per opportunità è piuttosto antifa-

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scista. In più di un caso il prete si è messo in testa ai reclamanti per chie-dere la riparazione di abusi flagranti. Inoltre, egli si sente oppresso dalla gerarchia, e notoriamente nei rapporti ufficiali col regime agisce, con se-conda intenzione.

Mi hanno provato che in un paese della Valchiavenna clero e autorità si sono trovate d'accordo per consumare una singolare rapina. E il popolo ha subito concluso che il fatto, tradotto in morale, equivaleva a mettere la religione al livello della tratta delle bianche. Il contadino valtellinese, che non ha mai saputo perché si fosse fatta una rivoluzione fascista, comincia a sapere perché si deve fare una rivoluzione antifascista. Nessuno glielo ha insegnato. Sono i giannizzeri del regime, sotto forma di podestà, di agenti delle imposte, di guardie campestri, di pretori, di procuratori del re, che glielo dicono ogni giorno. E‘ l'arroganza, la prepotenza, il chiedere senza tregua e il comandare, senza che al contadino mai si domandi l'approva-zione sull‘uso che del denaro versato e del potere concesso si deve fare.

E' la coscienza che la miseria non avrà fine fin che ci saranno fasci-sti, e che nessuna giustizia si può ottenere se non si abbatte tutto il regime, poiché esso è un blocco, e non si può punire un abuso senza rovesciarlo interamente, legato com'è dall'alto in basso a doppio filo.

Antivirus

Martiri del periodo Cospirativo112

L’opuscolo, che qui presentiamo in forma riscritta, riporta per sommi capi la biografia di Retico. Sono riscontrabili alcuni fatti: entra nel carcere milanese di san Vittore il 28 giugno 1940 mat. 47044 e viene rilasciato il 20 agosto 1940, viene confinato alle isole Tremiti, non vi sono riferimenti né al periodo della sua laurea né alle modalità di viaggio in Europa con la conseguente pubblicazione del suo primo lavoro. Colpisce nella lettura del documento l’assoluta mancanza di una polemica diretta relativa alla sua fucilazione

112 IscComo “Pier Amato Perretta”, fondo Franco Giannantoni, fasc. Pino Retico. L’opuscolo è stato risbattuto da Eugenio Pirovano.

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La Patria dolorante ha chiamato a sé i suoi figli migliori perché la

vergogna di cui l’aveva macchiata un regime disonorante, sostenuto da traditori desiderosi solo del proprio benessere, fosse finalmente cancellata.

Al materno appello, a cui risposero tutti coloro che avevano sofferto per le strazianti piaghe inferte al paese, non poté non accorrere prontamen-te chi per la Patria aveva sofferto per oltre venti anni, chi per la redenzione aveva lottato in silenzio, sperando in essa quando poteva essere ritenuta una chimera, così fra i primi accorse Clorindo Fiora, figlio delle monta-gne Valtellinesi( Egli nacque a Civo (Sondrio) il 6-12-1899).

Spinto giovanissimo da un sentimento di rivolta verso l’oppressore di cui vedeva chiaramente le malefatte, sebbene spesso velate da un teatra-le falso patriottismo, si occupò quasi esclusivamente di studi politici e sociali per formarsi una coscienza politica tale da potere, in un domani che presentiva certo, essere di utilità al paese.

Si laureò brillantemente in Scienze Politiche e Sociali nel 1926 pres-so l’Università Cattolica di Milano, dove Padre Gemelli lo ebbe allievo particolarmente caro ed apprezzato.

La sua intelligenza e gli studi fatti lo portarono ad interessarsi pro-fondamente di problemi economici e sociali ed a notare le numerose lacu-ne e colpe dell’ordinamento politico-amministrativo del governo allora al potere, mentre il suo carattere gli impediva spesso di soffocare la sua ri-volta, costringendolo a manifestare chiaramente la sua opinione.

Continuamente preso di mira e molestato dalle autorità giudiziario-politiche per queste sue tendenze, dovette espatriare più volte. La prima

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volta visse lontano dall’Italia dal 1927 al 1929: la seconda, dopo un mal riuscito tentativo di espatriare clandestinamente che gli costò una ventina di giorni di carcere, riuscì nell’agosto del 1032 a varcare la frontiera sviz-zera da dove si portò in Francia, Inghilterra, Germania e Russia: a Parigi, Londra e Berlino si trovò sempre a contatto con altri elementi fuoriusciti antifascisti, collaborando anche con il giornale “Giustizia e Libertà”, pre-cursore de l’”Italia Libera” sotto lo pseudonimo “antivirus”.

Fra le sue carte venne rintracciato un numero di detto giornale del 14-12-1934 che reca un suo articolo dal titolo “La Situazione in Valtelli-na”.

Venne clandestinamente in Patria per breve tempo nel 1934 per dare alla stampa un suo libro; quindi, ritornò all’estero, dove rimase fino al settembre del 1935.

Nonostante i disagi dell’esilio egli, con dura volontà e tenacia, conti-nuò i suoi studi preferiti e scrisse due libri: “Concerto Europeo” pubblicato nel 1932 dalla Società Editrice Libraria e “Metamorfosi Sociale” pubblica-to nel 1931 dalla Società Editrice Dante Alighieri.

Il primo libro è di scottante attualità perché vi si accenna fra l’altro, a quella migliore distribuzione della ricchezza nel mondo che fu trattata, e non in seconda linea, alla Conferenza di S. Francisco, e vi è abbozzata e preconizzata una più stretta unione fra la nazioni del vecchio continente: “Stati Uniti d’Europa”

Il secondo è un audace critica all’allora vigente forma di governo, tanto che fu sequestrato dall’Ufficio Stampa del capo del Governo dopo un mese dalla sua pubblicazione.

Tornato in Patria nell’autunno del 1935, trovò una buona sistemazio-ne presso una importante Società milanese dalla quale però fu allontanato dopo non molto perché “elemento indesiderabile”. Era stato infatti scoper-to che egli, riuniti alcuni colleghi e simpatizzanti, aveva fondato un picco-lo gruppo antifascista clandestino.

Da allora visse una vita molto grama e miseranda. La non apparte-nenza al P.N.F. e il suo passato gli precludevano ogni possibilità di siste-mazione; purtuttavia, egli non volle confessare alla famiglia il suo falli-mento.

Per seguitare seriamente i suoi studi e prepararsi per il giorno della disfatta del fascismo nella quale egli credeva tenacemente anche quando si voleva far credere l’Italia coperta di immortale gloria per la “conquista dell’impero”, si adattò a vivere nelle più squallide locande: in “sottoscala” come egli le chiamava allegramente.

Ma intanto poteva studiare. Lo ebbero frequentatore abituale e stu-dioso infaticabile tutte le biblioteche cittadine e specialmente quelle di Brera e quella Militare, ove lesse, consultò e studiò i migliori trattati di argomento militare, politico, economico, editi nelle principali lingue euro-pee.

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Arricchì in tal modo enormemente le già vaste cognizioni in materia e completò la sua preparazione per il giorno della riscossa che gli avrebbe permesso di mettere al servizio della Patria tutta la sua cultura e la sua esperienza.

L’OVRA tuttavia lo teneva d’occhio; l’Italia era entrata in guerra e si riteneva opportuno togliere dalla circolazione chi, con le idee e la parola, poteva intralciare la propaganda nazi-fascista.

Il 28 giugno 1940 Fiora venne fermato dalle autorità e tradotto nelle carceri di San Vittore. Trattenuto colà sino alla metà del mese di agosto, veniva poi convogliato alla volta della “Bonifica di Pisticci” con una pena di 5 anni di confino.

A Pisticci visse come vissero tanti altri sventurati rei di aver combat-tuto un regime di oppressione e di terrore. Clorindo Fiora fu visto con occhio particolarmente torvo dalle autorità locali, tanto che, nel settembre 1942 fu trasferito a titolo di punizione, al più duro confinato dell’isola di Tremiti, dove il molto e pesante lavoro, trovava quale compenso scarsis-simo vitto.

Molto spesso il battello che avrebbe dovuto portare i viveri non arri-vava e per quei poveri disgraziati erano giorni, settimane di digiuno e di fame.

“Mi tremavano le gambe quando ero isolato a Tremiti” questo fu tut-to quanto, al ritorno, raccontò in merito al suo confinato. Molta doveva essere la fame sofferta, se la sentì in tale misura un organismo tanto robu-sto e forte, già tanto allenato alle privazioni dal lungo periodo di sofferen-ze del 1936- 1940!

Ritornò fra i “vivi2 nel novembre 1942 a seguito dell’amnistia con-cessa per il ventennale; ma la sua liberazione fu solo teorica: egli, in realtà, venne tenuto prigioniero nel suo comune di residenza (Civo) con l’obbligo di determinate formalità, quale la presentazione settimanale al Comando dei Carabinieri Reali, ecc., formalità a cui Fiora si guardò bene sottoporsi.

Dopo il settembre 1943 fattasi più stretta la sorveglianza da parte della solerte guardia repubblichina di Morbegno, la quale compì diverse visite e perquisizioni al suo domicilio, senza tuttavia riuscire a “pescarlo”, dovette abbandonare la famiglia e vivere alla macchia. Più di un giovane del luogo, richiamato alle armi, prese dietro suo consiglio, la via dei bo-schi con lui.

Nei primi mesi del 1944 veniva inviato dal C.L.N. a costituire il pri-mo gruppo di partigiani nella zona che si estende fra il fiume Adda, la Val del Masino, il confine svizzero e la Val Chiavenna. Lavoro che egli iniziò col più grande entusiasmo, riuscendo a riunire sotto di sé un soddisfacente numero di giovani ardimentosi. Nacque così PINO RETICO.

Il primo scopo di Retico fu quello di inculcare nei suoi uomini, oltre ad un forte amor di Patria, un profondo rispetto per la disciplina e l’ordine, volti soprattutto ad evitare inutili ed arbitrarie spogliazioni ai danni della popolazione del luogo.

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Ne ottenne che questa simpatizzò molto con i partigiani ed in parec-chie occasioni il fatto riuscì di grande aiuto. Numerose furono le azioni per rifornire i partigiani di viveri e di armi. Un riuscito assalto alla caserma di Traona procurò loro un discreto bottino di moschetti e di indumenti. An-che lui, che nella zona possedeva beni, aiutò più volte i suoi uomini e sempre ospitò a casa i Commissari che si recavano da lui.

Dopo qualche tempo venne sostituito con altro comandante; ma non per questo cessò la sua attività a favore del movimento partigiano, sia iniziando un corso di conferenze nel locale del Dopolavoro di Roncaglia, sia facendo pervenire al Comando numerosi colpi di arma da fuoco. Egli ebbe anche modo, sia con scritti che verbalmente, di avvertire ripetuta-mente il Comando di Buglio che la sede si trovava in posizione strategi-camente inadatta, e il Comando poté constatare a sue spese quanto i timori di Retico fossero giustificati, allorquando, attaccato dai nazifascisti di Morbegno, ne ebbe la peggio.

In autunno si iniziarono i rastrellamenti da parte dei nazifascisti e i partigiani dovettero partire per altre zone meno soggette a quelle visite. Molti passarono in Svizzera.

Nel mese di novembre, il Comandante Nicola, prima di partire per la Svizzera con un ultimo scaglione di partigiani, chiamava a San Martino Retico e lo invitava a formare di nuovo una Brigata. Retico accettò e, dopo breve tempo, raccolto un buon numero di uomini di valore per fede e au-dacia, iniziava la guerriglia e gli atti di sabotaggio contro il nemico.

Egli stesso, per quanto come comandante non fosse tenuto a farlo, andava da un punto all’altro della sua zona per provvedere ai suoi uomini il necessario, soprattutto in vivere, senza come sempre commettere furti e soprusi ai danni della popolazione. Ogni atto di sabotaggio, di qualsiasi entità fosse, creava panico fra i nazifascisti, i quali non riuscivano mai ad individuarne la provenienza.

I suoi uomini ne erano entusiasti, lo veneravano ed erano orgogliosi di essere diretti con tanta giustizia e con tanta intelligenza. Più che un Capo egli fu per loro un compagno di lotta che con loro divideva rischi e pericoli e che nelle lunghe discussioni metteva a loro disposizione tutta la sua vasta cultura ed apriva la loro mente al problema per il quale soffriva-no e lottavano: il nuovo ordinamento politico-sociale- economico da dare alla nuova Italia libera. e con tanta intelligenza. Più che un Capo egli fu per loro un compagno di lotta che con loro divideva rischi e pericoli e che nelle lunghe discussioni metteva a loro disposizione tutta la sua vasta cul-tura ed apriva la loro mente al problema per il quale soffrivano e lottava-no: il nuovo ordinamento politico-sociale- economico da dare alla nuova Italia libera.

Nell’ardente clima dell’immediata vigilia, col folto gruppo di eroi da lui temprati nello spirito, oltre che nel fisico, attendeva anelante il momen-to della battaglia finale che finalmente doveva permettergli di misurare e di vincere, in campo aperto, l’odiato nemico.

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La liberazione d’Italia si avvicinava a grandi passi. La si sentiva dal-la impaziente volontà di agire di tutti i partigiani che, a stento trattenuta per lunghi mesi, si si acuiva in una attesa che diventava quasi spasmodica; lo si sentiva nell’aria, da mille sintomi come si sente l’avvicinarsi delle cose fatali.

Ed ecco il gran giorno: quale una valanga scendono dalle ardite cime e per le strette valli i Partigiani della grande Causa, travolgendo, in un entusiasmante impeto di valore e di audacia, la fallace impalcatura del fascismo; riscattando, di fronte all’Italia e al mondo, un ventennio di ver-gogna e di governo infamante.

Ma Retico non è con loro: un fatale, tragico destino ha stroncato la Sua esistenza nel momento culminante dell’azione per impedirgli di vede-re finalmente coronata dal successo la lunga opera preziosamente e dolo-rosamente compiuta.

Egli è morto Partigiano. Con gli scritti, con la parola, con gli atti del Movimento Partigiano fu precursore; dei Partigiani divise le sofferenze, i disagi, le speranze; alla Causa Partigiana ha dato, con la vita, la parte mi-gliore di sé stesso.

Perseveranza, tenacia, inflessibilità, coerenza, furono le Sue più grandi doti, unite ad una profonda bontà d’animo. Le Sue opere, i Suoi alti intenti, ne scrivono il nome a grandi caratteri nel Libro dei Martiri del nostro Movimento.

I Suoi compagni fedeli, i Suoi amici, tutti quanti Lo conobbero, Lo ricordano con grande rimpianto: ma con fiero orgoglio non ne piangono la scomparsa, poiché Retico è tuttora presente, come tutti i purissimi Eroi della Causa sono presenti a chi in Essa sperò, a chi per Essa lottò e soffrì.

Nel piccolo cimitero di Roncaglia è sepolto un grande antifascista, un grande Valtellinese, un grande Italiano. I monti che tanto gli furono cari ne circondano ora le eroiche spoglie; in mezzo ad essi ed alle ombrose selve Egli ha finalmente trovato quella pace che gli uomini e le avversità gli negarono in vita.

Da Roncaglia (Civo) il 3 luglio 1945 nel 3° trigesimo della Sua scompar-sa.

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Giustizia e Libertà 14.12.1934

Giustizia e libertà : movimento unitario d'azione per l'autonomia operaia, la repubblica socialista, un nuovo umanesimo, Parigi, anno 1., numero 1, 18 maggio 1934-anno 4., numero 30, 23 luglio 1937, Feltrinelli reprint, Milano, 1966.

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Comune di Civo, Partigiani Combattenti e Patrioti.

Issrec, fondo ANPI, fasc. 3, Comando Zona Valtellina Ufficio stral-cio.

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Forze GL in Lombardia l’11.11.1944

Relazione di Giordano Federico (Gek) al CVL e alla II div. D’Assalto Garibaldi Lombardia113.

CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTA’

113 ASSo, fondo Questura, fasc. Fiora Clorindo (copia avuta per gentile concessio-ne da Pierluigi Zenoni).

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II Divisione D’assalto Garibaldi Lombardia Comando Oggetto: Provocatore RETICO Z.O. 7/4/1945 Alla Delegazione Comando Divisioni E Distaccamenti D’assalto Garibaldi Lombar-dia SEDE Al Comando Dvisione Valtellina……………………………………SEDE per conoscenza

Informazioni ripetutamente giunte nel mese di marzo presso il Comando II

Divisione Garibaldi Lombardia ed altre formazioni garibaldine operanti In Valtelli-na, trasmesse al rappresentante della Delegazione Comando e confermate, preci-savano i seguenti elementi a carico di certo Dott. Fiora noto nella zona di Ronca-glia con il pseudonimo di Retico e sedicente organizzatore di formazioni patriotti-che garibaldine nella zona suddetta: I°) Nel periodo fine febbraio-inizio marzo il suddetto R. ebbe in località S.Croce un abboccamento con il criminale di guerra cap. Cazzola ed altro non identificato ufficiale della G.N.R. venivano trattati i seguenti argomenti: a) Cessione dia armi da parte dei fascisti per ottenere salvacondotti b) Esame della posizione, nei confronti delle formazioni patriottiche, di alcuni noti fascisti della zona. 2°) Il suddetto Retico ebbe nel successivo periodo ulteriori indiretti rapporti con elementi fascisti (es. Ten. Ronconi) o al servizio dei fascisti. L’esito di tali rapporti non era, in base alle informazioni di cui sopra, perfettamente noto. D’altra parte si verificano nello stesso periodo i fatti seguenti: I°) Arresto di diversi inviati del Comando Delegazione e da altri Organi centrali: particolare l’arresto di Carli, inviato presso il R. in qualità di Commissario onde esercitare il controllo sulla di lui attività e dare concretizzazione al piano di riorga-nizzazione, fino allora praticamente ancora da iniziare. Da notare che : a) Carli non era assolutamente conosciuto in zona (da escludersi quindi che la sua cattura debbasi attribuire a delazioni di ex partigiani delatori). b) Che Carli fu arrestato due giorni immediatamente dopo il suo arrivo presso Retico. c) Nella sua brevissima permanenza non ebbe contatti con persone so-spette né manifestò in alcun modo con estranei la sua identità o i suoi compiti.

2°) Il Presidio G.N.R. e Brigata nera di Morbegno, ed in particolare la sezione con-tro guerriglia del ten. Bisi era ed è tuttora perfettamente a conoscenza della si-tuazione e dell’attività patriottica, benché limitatissima in tale settore. Ne furono prova l’uccisione del Patriota Panera, le frequenti puntate di pattuglie fasciste in detta zona, la diffusione di elementi al servizio fascista (spie e squadre armate contro guerriglia). Il suddetto Retico, conosciuto largamente in zona come riorganizzatore di forma-zioni patriottiche, in contatto con elementi già partigiani che successivamente passarono al servizio di contro guerriglia provocando numerosissimi arresti (si allude alle spie Giulio e Lori di Mello e Guslini di Civo) non fu mai nemmeno mole-stato e visse tranquillamente nella sua abitazione di Roncaglia con piena tranquil-lità, recandosi ogni tanto nell’altra sua abitazione sita in Santa Croce (a pochi minuti da Morbegno).

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In considerazione di tali elementi, sentito il parere di Emilio, Ufficiale al Servizio Informazioni del Comando Divisione Valtellina (in data 17/3) sottoposta la que-stione in sommi capi alla Delegazione Comando che approvava la soluzione pro-posta, si decideva ( LINO della Delegaz. Comando, GEK e ELIO della II Divisione Garibaldi) di procedere all’arresto ed eventualmente alla fucilazione del predetto Retico. L’esecuzione di tali decisioni veniva interamente rimessa al Comando II Divisione Garibaldi. In data 3/4/1945 si effettuava l’arresto del Retico. Veniva sottoposto ad, un breve interrogatorio vertente, nelle linee essenziali, sui seguenti punti: a) Se avesse mai avuto colloqui con elementi fascisti nel periodo febbraio Marzo 1945. Negò. Dinanzi a più stringenti domande, ammette di aver avuto nel mese di marzo un colloquio con Cazzola in qualità di agente del catasto (?ndr) per una questione patrimoniale: colloquio che dice, avvenuto tramite una ragazza di cui ignora il nome e che non riguardò questioni estran private. Nega di aver parla-to di compromessi o di armi. Esclude di aver avuto rapporti con Ronconi e con Bisi. Asserisce di aver avuto il colloquio di cui sopra in una casa presso S. Croce; richiesto quale fosse, afferma, precisando di aver avuto il colloquio all’aperto presso una casa. Nega categoricamente e ripetutamente di aver avuto rapporti o anche solamente di conoscere le spie di Mello, ex partigiani Giulio e Lori. Nega di conoscere la spia Guslini Martino. b) Richiesto della sua opinione circa l’arresto di Carli, non sa cosa dire. Manifesta stima profonda per Carli. Non sa come spiegare il suo arresto, suppone fosse pedinato. Dinanzi all’affermazione che Carli fece delle dichiarazioni rivelatri-ci circa la di lui attività, resta fortemente sconcertato.

Successivamente si procede all’interrogatorio dei Partigiani Pini e Remo che lo accompagnavano. Superate alcune reticenze (Remo) fanno le seguenti essenziali dichiarazioni: I°) Il colloquio intercorso fra Retico e il criminale di guerra Cazzola, del quale col-loquio sono largamente a conoscenza, trattò la questione dei rapporti fra i parti-giani della zona ed il presidio fascista di Morbegno. Asseriscono però di non cono-scere l’esito di tale abboccamento. Affermano che il colloquio con Cazzola ed un altro ufficiale fu ottenuto tramite, non una ragazza, ma per mezzo di certo Rinal-do. 2°) Il Retico ebbe altri contatti, credono indiretti, con ufficiali fascisti quale ad es. il ten. Ronconi, con cui era anche ultimamente in trattative per ottenere delle armi. 3°) Il Retico ebbe ripetuti rapporti con i traditori Giulio e Lori; si trattava anzi di immetterli nelle formazioni partigiane. Conosceva ed era anche a contatto in un primo tempo, con il menzionato Guslini. In considerazione di tali elementi, tenendo presenti gli assunti della lotta di Libe-razione Nazionale e la conseguente assoluta necessità di stroncare ogni tentativo di compromesso con il nemico, considerando le disposizioni ricevute dalla Delega-

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zione Comando ed il parere espresso da membro del Comando Div. Valtellina, il Commissario della II° Divisione Garibaldi, Gek, decideva quanto segue:

IL PSEUDO ORGANIZZATORE RETICO, ACCERTAMENTE COLPEVOLE DI TRAT-TATIVE E DI COMPROMESSI CON IL NEMICO FASCISTA E DI AVERE CON TALE CONDOTTA PROVOCATRICE IMPEDITA L’OPERA DI RIORGANIZZAZIONE DELLE FORMAZIONI PATRIOTTICHE IN ZONA DI VITALE IMPORTANZA, FORTEMENTE SOSPETTO DI AVERE DETERMINATO LA CADUTA DI ELEMENTI GARIBALDINI E’ CONDANNATO ALLA PENA DI MORTE.

La sentenza veniva eseguita nella serata stessa del 3/4/1945. MORTE AI NAZIFASCISTI.

IL COMANDO II DIVISIONE GARIBALDI LOMBARDIA ( firmato GEK )

Svolgimento delle sigle

ANIDEL Associazione nazionale imprese produttrici e distributrici di energia elettrica. ANPI Associazione Nazionale Partigiani d’Italia ASSo Archivio di Stato di Sondrio. CLN Comitato di Liberazione Nazionale CLNAI Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia CVL Comando Volontari della Libertà DC Democrazia Cristiana GAP Gruppi di Azione Patriottica GNR Guardia Nazionale Repubblicana Fisec Fondazione Istituto per la storia dell’età contemporanea Insmli Istituto nazionale di storia del movimento di liberazione IscCo Istituto di storia contemporanea di Como IsrecBg Istituto per la storia della Resistenza e contemporanea

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Issrec Istituto sondriese di storia della Resistenza e contempora-nea. OSS Office of Strategic Service OVRA Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell’Antifascismo PCI Partito Comunista Italiano PdA Partito d’Azione