primo anno - cislonline.cisl.it/e-book/i017a3d8d.0/primo anno.pdf · abbiamo parlato di crisi: noi...

62
Libera Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori L.C.G.I.L. primo anno Relazione della Segreteria Confederale al Congresso Nazionale Roma, 4-7 Novembre 1949 © copyright by Biblioteca Centrale CISL 2003 tutti i diritti riservati

Upload: hoangkhuong

Post on 21-Feb-2019

214 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

Libera Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori

L.C.G.I.L.

primo annoRelazione della Segreteria Confederale

al 1° Congresso Nazionale

Roma, 4-7 Novembre 1949

© copyright by Biblioteca Centrale CISL 2003tutti i diritti riservati

Page 2: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-2-

ORDINE DEL GIORNO DEL CONGRESSO

A) RELAZIONE DELLA SEGRETERIA CONFEDERALE

Relatore: On. Giulio Pastore

B) LEGGE SINDACALE

Relatore: Dr. Bruno Storti

C) STATUTO CONFEDERALE

Relatore: Dr. Francesco Venuti

D) ELEZIONI CONSIGLIO GENERALE

Page 3: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-3-

SOMMARIO

II PRECEDENTI

Dal sindacato prefascista alla lotta clandestina…………………………….....5Fermento unitario e responsabilità comuniste………………………………. ..7

IISINDACALISMO «NUOVO»

Chi ha tradito?…………………………………………………………………... 9Il Sindacato di categoria elemento «primario»……………………………….10Un diverso «costume» e un diverso «metodo»…………………………….. .11Nostro «finalismo»……………………………………………………………….12

IIILA L.C.G.I.L.

I primi passi………………………………………………………………………14Quanti siamo?……………………………………………………………………16Pensare ai «quadri» dirigenti – Rapporti tra «verticali» e «orizzontali»…...17Contributi sindacali………………………………………………………………17Fondo di resistenza……………………………………………………………..18La donna lavoratrice…………………………………………………………….18«Conquiste del lavoro» e «Bollettino di informazioni sindacali»…………... 19Sindacati autonomi……………………………………………………………...20L’unificazione delle forze sindacali democratiche…………………………... 21

IVATTIVITA’ CONTRATTUALE E VERTENZE

Nostro indirizzo e nostro metodo………………………………………………24Presenti in tutti i settori………………………………………………………….24Per gli statali……………………………………………………………………..25Agitazioni e scioperi……………………………………………………………..25Ostacoli superati…………………………………………………………………26Lavoratori del Sud……………………………………………………………….26I maggiori problemi……………………………………………………………...28Nostro commento………………………………………………………………..30Collocamento…………………………………………………………………….31Apprendistato e istruzione professionale……………………………………..32Previdenza e assistenza………………………………………………………..32

Page 4: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-4-

VL’AZIONE SINDACALE

NEL QUADRO DELLA RICOSTRUZIONE DEL PAESE

Reddito nazionale e salari…..………………………………………………….35Per il Paese………………………………………………………………………36Il maggior problema: la disoccupazione………………………………………36I licenziamenti……………………………………………………………………37Disoccupazione e «costi»…………………………………………………….. 39Gli «impianti»…………………………………………………………………….42Il «rendimento» dei lavoratori…………………………………………………. 43Il «contegno» degli imprenditori………………………………………………. 43Disoccupazione e esportazioni……………………………………………….. 45Disoccupazione ed emigrazione……………………………………………… 47Disoccupazione e politica economica…………………………………………48

VIL’UTILIZZAZIONE DELL’E.R.P IN ITALIA

Finalità degli aiuti………………………………………………………………..51E.R.P. e massima occupazione………………………………………………. 52Prevenire l’arrembaggio ai profitti…………………………………………….. 53

VIIRIFORME

La riforma fondiaria…………………………………………………………….. 54I contratti agrari…………………………………………………………………. 55I Consigli di Gestione……………………………………………………………56La riforma della burocrazia……………………………………………………..57

VIIILA L.C.G.I.L. IN CAMPO INTERNAZIONALE

Comitato Sindacale E.R.P……………………………………………………...59O.I.L……………………………………………………………………………….59La nuova Libera Confederazione Mondiale dei Sindacati…………………..59

IXCONCLUSIONE

……………………………………………………………………………………. 61

Page 5: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-5-

Amici delegati,

nel presentare e illustrare l'attività della nostra Libera ConfederazioneGenerale Italiana dei Lavoratori nel suo primo anno di vita, desideriamorichiamare i precedenti, lontani e vicini, della situazione sindacale nel nostroPaese, essendo nostro convincimento che in tali precedenti è la motivazionepiù profonda del sorgere e dello svilupparsi del nostro movimento.

Poiché, non v'è dubbio, noi siamo l'episodio conclusivo di una travagliatacrisi del sindacalismo italiano; conclusivo non in quanto L.C.G.I.L., ma comemanifestazione di quel libero sindacalismo, democratico e indipendente, che ènell'ansia dei lavoratori italiani.

I

I PRECEDENTI

Dal sindacalismo prefascistaalla lotta clandestina

Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nelfervido ed attivo sindacalismo del tempo prefascista. Fu, quello, il periodo delsindacalismo sì democratico, ma pur tuttavia di colore, e ciò non tanto pervolontà dei lavoratori, ma come conseguenza di una accesa atmosfera dicontrasti e dibattiti, politici e ideologici. È difficile contestare alcuni aspettinegativi anche di quel periodo sindacale; è infatti sempre deprecabile laformazione di un solco tra coloro che lavorano, ed è addirittura colpa quando ilsolco è reso incolmabile dalla lotta ideologica.

Tuttavia, lo storico che si accingesse a parlarci di quel tempo, non potrebbenon dare atto che è di allora l'apparire di sindacalisti, pensiamo ai maggiori,che, pur mantenendosi fedeli alle rispettive posizioni ideologiche, sepperoservire il proletariato non soltanto con piena dedizione, ma recando nell'azionealcuni dei canoni proprii dell'attuale nostro libero sindacalismo: servire ilavoratori con profondo senso di responsabilità, con lo studio meditato deiproblemi, sì da recare nelle trattative sindacali la forza delle idee e delleargomentazioni e non l'anonima e pericolosa pressione della piazza.

Con l'avvento del fascismo, il sindacalismo democratico scomparve. Molto siè scritto e detto sulle cause prossime e lontane dello scatenarsi di tale disastrosul nostro Paese. Secondo noi, non soffermandoci sulle varie concause, nonultima il verificarsi anche allora di violenze e intolleranze politiche, il filonespirituale, e non solo spirituale, del fascismo, si formò soprattutto nell'atmosferadi reazione creatasi tra gli agrari, a causa del profilarsi di concrete realizzazionia proposito di distribuzione delle terre ai contadini. Ecco perché noi siamo tracoloro che prima di definire il « fascismo » come fatto politico, lo giudichiamo,almeno alle origini, come fatto sociale. Fatto sociale che ha avuto sempre unainfluenza orientatrice e talvolta determinante per la dittatura, e ciò anchequando questa tentò di ammantarsi di indirizzi progressisti.

Page 6: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-6-

E qui conta di rilevare il grave errore, vera cecità, commesso dal movimentosindacalista corridoniano, preesistente al fascismo. Il non aver compreso chealle origini dell'azione di Mussolini e compagni vi era principalmente la molla diuna incipiente reazione di natura sociale ed economica, e l'aver invece credutoalla esclusiva presenza di motivi patriottici, ha posto gli idealisti allievi e seguacidi Corridoni, sia pure involontariamente, nella scia di chi doveva nel temporivelarsi tra i maggiori persecutori del mondo dei lavoratori.

E in questa scia, praticamente, fallirono anche i giovani sindacalisti nati ecresciuti nel regime, i quali, anche se sollecitati da un sincero amore per lacausa dei lavoratori a difenderne i diritti, finirono per servire cause ed obiettiviopposti, e ciò in virtù di quella trasposizione di valori operata dal fascismo, chefece dello Stato il padrone, se non il despota, ai cui piedi tutto dovevasacrificarsi: e quindi anche il Sindacato, e quindi anche i diritti del lavoro;trasposizione che già di per se aberrante, divenne in seguito, conl'identificazione di Stato e Partito, causa non soltanto di feroci odi di parte, maanche legittimazione alla peggiore delle reazioni.

È vero, vi può essere stata per alcuni di questi giovani l'attenuante dell'età edel clima; ma non si possono non ricordare con pena le loro idee, i loro discorsi,i loro scritti di allora, e ci si consenta di formulare l'augurio che pieno e totale siappalesi il rinnegamento di principî che allora si professavano con tanta enfasie che giornali e libri ci hanno tramandati.

Ebbe il sindacalismo fascista uomini di valore? Sissignori. E la L.C.G.I.L.,conseguente a questo suo convincimento, ha tentato anche un'azione direcupero. Occorre però dire, senza voler qui fare delle individuazioni, che lestigmate di un sindacalismo da tavolino, puramente amministrativo e tecnico,privo di mordente, non quindi sindacalismo derivante dalla espressa volontà,anche se talvolta esuberante, dei lavoratori, è fortemente manifesta nei più. Eperché la classe lavoratrice italiana possa, nella affannosa ricerca dei suoiquadri dirigenti, poter contare anche su taluni di questi antichi sindacalisti, nonc'è che da augurarsi che nei loro contatti con l'azione sindacale democratica,sappiano ritrovare la loro primitiva anima, quella che li voleva e li spingeva aservire i lavoratori e non lo Stato-Partito.

Ancora un pensiero a proposito di quel triste periodo: com'era nelle abitudinidi Mussolini, anche in campo sindacale il fascismo usurpò qua e là idee eimpostazioni, determinando gravi disorientamenti in chi si limitava a giudicaregli avvenimenti alla superficie.

È così avvenuto che la più colossale delle mistificazioni sociali ha potutoessere presentata con il nome di Corporazione, istituto che in altra epoca,accompagnando i primi passi delle forze organizzate del lavoro, costituì per lestesse reale ed efficace presidio. Ma poiché non basta un nome permascherare la realtà di un esperimento che risultò indubbiamente negativo per ilavoratori, definitiva è stata la sentenza di condanna da questi espressa;sentenza che vorremmo ammonisse chi ancora affaccia sia pure timidi accennia realizzazioni del genere, a non illudersi su possibili loro ritorni.

Page 7: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-7-

Fermento unitarioe responsabilità comuniste

Tra i fermenti che tennero accesa la fiaccola della libertà, durante lalunghissima notte fascista, primissima fu l'aspirazione, sempre viva tra ilavoratori, di riavere un sindacalismo democratico. Sindacalisti di antico stampoe lavoratori, furono sempre in prima linea, in tutti i momenti della lotta diliberazione; fu quello il tempo in cui si verificarono i primi incontri e si gettarono iprimi semi, di un sindacalismo democratico unificato. E questo venne alla luceall'alba della liberazione di Roma.

Non è nostro compito ricordare la storia dell'esperimento. Ci limiteremo adire che all'apparire della formula unitaria, avevamo tutti sognato una casacomune, dalle fondamenta solide, dalle colonne incrollabili, dagli ambienti caldidi una viva insopprimibile fraternità per tutti i lavoratori d'Italia.

Questo clima aveva avuto, ancora imperversante la dittatura, due convintifautori, veramente liberi da ogni preoccupazione ideologica: Buozzi e Grandi.Buozzi ci era stato rapito dal nefando furoreggiare della violenza fascista,Grandi restava spiritualmente continuatore e nel contempo custode di un'ideache a Buozzi l'aveva accomunato.

Incominciammo così con una grande fede nei cuori. Ma poi ritornarono igiorni grigi. Chi era venuto al fraterno amplesso con reconditi fini daraggiungere, del tutto estranei agli interessi dei lavoratori, incominciò ben prestoa puntare sui suoi « piani ».

Riunioni di attivisti di partito, immediato tentato predominio negli avviandiUffici di collocamento, prima scalata ai posti direttivi. In un primo momento, iltutto sembrò semplice zelo sindacale, zelo che se fosse stato sviluppato fuoridalla strategia di Partito, poteva anche raccogliere il consenso di quantidesideravano un sindacato forte ed efficiente. Ma così purtroppo non era: iltutto, nella mente degli incipienti « marescialli », fedeli al verbo stalinista, eracondotto secondo prestabiliti piani e mediante un filo conduttore che doveva ungiorno, a qualche anno di distanza, portare Togliatti a proporre ufficialmente,senza più veli e superflue pudicizie, che l'organizzazione sindacale italianaabbandonasse la formula della direzione paritetica, per darsi invece unadirezione a seconda dell’orientamento politico dei suoi iscritti.

Conquistato l'organismo, i comunisti non ebbero alcun ritegno ad ancorarlototalmente alle impostazioni del loro partito. Si iniziò così quella lunga catena diagitazioni di piazza, di scioperi senza alcuna ragione sindacale, di « calate » inpiazza delle masse popolari ordinate dalle Camere del lavoro, contro le forzedell'ordine, sempre con conseguenze gravissime per i lavoratori e mai percoloro che li comandavano.

Chi non ricorda lo sciopero per il « Governo Parri »? L'impiego delle forzesindacali per l’affare « Troilo »? Le astensioni dal lavoro per i furti alla FIAT? Leprime tentate speculazioni sulla disoccupazione, con una vera e propria catenadi scioperi mediante ordini sotterranei passati alle Camere del Lavoro non si sada chi?

Venne poi il Piano Marshall a scoprire del tutto le batterie comuniste. Siaggiunga il permanere, nelle impostazioni e nell'azione sindacale, per esclusivainiziativa della maggioranza comunista, di uno spaventoso superficialismo, che

Page 8: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-8-

se in un primo tempo, quando la situazione generale politica ed economica eraquanto mai caotica, non rivelò tutti i suoi aspetti controproducenti, più tardiapparve come il vero « tallone d'Achille » dell'azione sindacale dei lavoratoriitaliani.

Anche allora si parlava di « piani ». Di Vittorio, nel recente Congresso diGenova, dopo aver fatto suonare le trombe della propaganda comunista comese fossimo stati alla vigilia del « toccasana » di tutti i guai dei lavoratori, non hafatto altro che battere una strada ormai vecchia e cara ai cigiellisti; risolvere iproblemi sulla carta e fuori sempre dalla realtà, risolverli sulla base della piùvuota demagogia. Si domandi un pò all'archivista di Corso Italia quanti sono i« piani » di cui è stato eletto custode? E si noti che parecchi di questi « piani »sono andati inopinatamente in archivio, anche durante il permanere al Governodei ministri compagni di fede dei dirigenti la C.G.I.L.

Ed è per aver fatto percorrere al sindacalismo queste strade: superficialismo,demagogia, empirismo, fiducia nella piazza e non nella coscienza sindacale deilavoratori, abbandono a forze estranee ecc. ecc. che oggi si hanno per ilproletariato italiano le ben note conseguenze.

Ecco perché è ridicolo giudicare la ribellione dei lavoratori italiani neiconfronti della Confederazione comunista, come una semplice conseguenza diun episodio della vita politica del Paese; si è detto che il nostro abbandono dellaC.G.I.L. era preparato da tempo e che le giornate del 14 luglio 1948 non furonoche un pretesto. È esattamente vero: lasciamo la comoda definizione,puramente polemica, di « pretesto »; ma non vi è alcun dubbio che lasciando laConfederazione comunista noi non abbiamo fatto altro che interpretare lo statod'animo maturato da tempo in molte centinaia di migliaia di lavoratori, a seguitodegli abusi e sopraffazioni che per mesi e mesi erano state compiute ai dannidell'organizzazione sindacale italiana.

Page 9: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-9-

II

SINDACALISMO "NUOVO"

Chi ha tradito ?

Fallito l'esperimento unitario con i comunisti, e non perché unitario, ma acausa dello spirito e del metodo introdottivi, l'uno e l'altro pienamentecontrastanti con i principî che regolano le convivenze democratiche, si decise diaffrontare il tentativo dì un sindacalismo anch'esso unita rio, ma fermamenteancorato ai principî di libertà, democrazia, e totale indipendenza da forzeestranee, che puntasse direttamente ed esclusivamente alla difesa degliinteressi della classe lavoratrice e ne rivendicasse i diritti.

Qui occorre fare un passo indietro. Mettendoci noi su una strada diversa daquella percorsa dai comunisti, fummo tacciati, e lo siamo tuttora, di tradimento.

Ci si permetta allora qualche considerazione: è vero che l'unità dei lavoratoriè talmente necessaria nella dura competizione in cui si trovano impegnati con idatori di lavoro, che chi tale unità rompe, opera un vero e proprio tradimento.Ma la domanda da farsi è la seguente: chi ha rotto l'unità sostanziale, nonquella formale ed organizzativa, dei lavoratori? Poiché si vorrà convenire, che adare forza e compattezza ai lavoratori non è solo l'unità organizzativa, ma èsoprattutto l'unità morale. Che valore ha, che forza dà ai lavoratori, il fatto chedirigenti sindacali appartenenti a opposte posizioni ideologiche si trovino riunitinegli Uffici di uno stesso Sindacato, magari impegnati a scambiarsi anche iconvenevoli dell'amicizia, quando dietro ad essi, nella vita viva del sindacato,nell'ambiente sudato ed affaticato del lavoro, officina, uffici, campagne, ilavoratori sono tra essi divisi da un profondo solco di odi e rancori, fino adeterminare per gli uni posizioni di favore e tranquillità e per gli altri uno stato dicostante trepidazione per la pendente minaccia, o addirittura per il possibileverificarsi di violenze, o per il ricatto operato dalle cellule politiche, e tutto ciòsecondo la discriminazione di una ideologia politica?

Perché è di questo che i comunisti devono rispondere dinanzi alla storia delmovimento operaio italiano. A loro si deve, alle azioni delle loro cellule, ai lorocomponenti le Commissioni interne, se esiste questa veramente inumanasituazione in molti ambienti di lavoro, dove il lavoratore non comunista ritrova ilmedesimo stato d'animo di terrore e di intimidazione che gli toccò di vivere sottoil fascismo.

È tutto questo che ha diviso sostanzialmente e profondamente i lavoratori,ed è qui che veramente si può e si deve parlare di tradimento operato ai dannidella unità della classe lavoratrice italiana.

La rottura organizzativa determinata dal nostro distacco dallaConfederazione diretta dai comunisti, non è stata che una inevitabile conse-guenza di quell'altra rottura, molto prima e molto più profondamente prodottasiper intolleranza messa in atto dai comunisti fra gli stessi lavoratori.

Dunque, non a noi spetta la qualifica di « traditori ». Ed è proprio perchésiamo convinti che portando la politica di partito nel sindacato si operanoinevitabili rotture che il nostro « nuovo » sindacalismo vuol essere « libero ». Ed

Page 10: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-10-

evidentemente non soltanto libero dalla politica del partito comunista, ma liberodalla politica di tutti i partiti, come da tutte le ideologie di parte.

Il Sindacato di categoriaelemento “primario”

Si fa, in questo tempo, un gran parlare di autonomia delle categorie.Ebbene, la L.C.G.I.L. alle parole preferisce i fatti. Il nostro movimento si fondasulla piena « autonomia » del Sindacato di categoria, e l'organo confederalecon le Unioni provinciali dipendenti non sono che elementi di collegamento ecoordinamento.

Sindacalismo adunque « nuovo » anche nelle strutture. Il Sindacato dicategoria è per noi l'ente primario su cui deve poggiare tutta l'azione sindacale;la categoria è l'arbitra dell'indirizzo del Sindacato. Confederazione e Unioniassolvono invece la necessaria opera di coordinamento e, se necessario, ditemperamento, cosi da evitare impostazioni che in qualsiasi modoindeboliscano e danneggino l'uno o l'altro dei settori dei lavoratori.

Nell'autonomia delle categorie noi scorgiamo:

1) La realizzazione concreta del principio: il sindacato è dei lavoratori.

2) Il mezzo più efficace per distogliere il dirigente del sindacato dicategoria dalla « pigrizia » in cui l'ha cacciato il metodo accentratore deicomunisti.

3) La sicurezza che, impegnando direttamente sul piano direttivo efunzionale le categorie, queste avvertiranno maggiormente l'esigenza diacquisire quella coscienza sindacale di cui oggi si sente la carenza.

Tutto ciò non potrà non recare effetti benèfici per l'azione dei sindacati. Infatticosi si garantirà in ogni momento al sindacato:

1) La sensibilità particolare degli ambienti di lavoro.

2) La effettiva presenza nelle trattative sindacali dei necessari elementiprovvisti di competenza tecnica, prerogativa del dirigente di categoria.

3) La garanzia che nel decidere sul ricorso ai mezzi di lotta, avranno pesosoltanto gli interessi dei lavoratori, e non finalità estranee ai lavoratori e alsindacato.

Naturalmente, accettati questi principî bisognerà realizzarne tutte leconseguenze, e cioè non dovrà essere possibile ridurre l'autonomia dellecategorie alla semplice autonomia funzionale della Segreteria di Federazione odi Sindacato, ma sarà necessario mettersi sul terreno della piena funzionalitàdei Comitati direttivi, sia di Sindacato che di Federazione, proprio perchécomponenti degli stessi sono sempre lavoratori autentici, che vivono la lorogiornata nell’officina, negli uffici e nei campi. Insomma bisogna guarire dalla

Page 11: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-11-

piaga dell'uno a cui tocca dirigere e fare tutto. È questo, per noi, il metodo cheimpegna e rende consapevole tutto il « corpo » sociale dei lavoratori organizzatinel Sindacato.

Occorre rilevare che una tale struttura, mentre assegna alla « categoria » ilprimato, non annulla l'organizzazione orizzontale, ma ne riafferma anzil'indispensabile funzione unitaria ai fini di mantenere operante la solidarietà fratutti i lavoratori.

Un diverso “costume”e un diverso “metodo”

Noi consideriamo canone fondamentale del « nuovo » sindacalismo uncostume diverso da quello fino ad ora prevalso nel dirigente sindacale.

Tradotto in formule, tale costume significa:

1) Onestà di linguaggio quando si parla ai lavoratori: bisogna cioè pensareai lavoratori come a uomini dotati di elevata intelligenza, capaci quindi divalutare e discernere situazioni, fatti e idee. A nostro giudizio, è patente offesaal lavoratore, il tentativo di « imbottimento » dei crani, con affermazioni, notizie,idee assolutamente fuori dalla realtà, che è nei metodi comunisti oggi, come eranei metodi fascisti ieri.

2) Impostazioni sindacali realistiche e non demagogiche: anche perl'azione sindacale valgono certe regole vigenti in ogni genere di competizione ecioè:

a) la esatta valutazione della importanza ed essenzialità degliobbiettivi che si vogliono raggiungere;

b) la esatta e tempestiva valutazione delle proprie forze, della propria capacità di lotta e resistenza;

c) quali reali possibilità esistono di poter effettivamente raggiungeregli obiettivi prescelti.

3) Massimo conto degli interessi generali del Paese, intesi come interessidella comunità che lavora: a questo proposito si può ben dire che l'averrespinto, e comunque l'aver tentato di sabotare l'esecuzione del piano Marshallin Italia, significa che i dirigenti sindacali comunisti non sono sulla linea di unatale direttrice. Sono anzi su una direttrice opposta, perché hanno tentatol'interruzione e il rallentamento della produzione in Italia, proprio nel momento incui l'aumento della produttività è essenziale per la vita del Paese. Di fatto èavvenuto che i lavoratori italiani ad un certo momento sono stati schierati controil loro Paese, e ciò per servire gli interessi politici ed egemonici di un'altraNazione. È questo un assurdo che non deve più verificarsi.

4) Precedenza nella composizione dei « quadri » direttivi a uomini cheall'entusiasmo e alla fede nell'avvenire dei lavoratori, uniscono dimostrate

Page 12: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-12-

qualità tecniche, capacità, competenze e vivo senso di responsabilità: tutto ciòperché, una volta depurata dal finalismo di partito, e quindi situata fuori dell'areadel tornaconto politico, la controversia sindacale deve trovare i suoi presuppostisu elementi tecnici ed economici, così che si possa dimostrare come il renderegiustizia ai lavoratori, significhi anche determinare un equilibrio economico emorale utile alla comunità. Tener conto di ciò significa procurare alla causa deilavoratori la preziosa alleanza della pubblica opinione. Tutto ciò,evidentemente, postula la presenza, a capo dell'azione sindacale, di uomini diadeguata capacità e preparazione. Uomini, pertanto, disposti a piegarsi sui libri,ad effettuare le ricerche statistiche, ad approfondire le loro conoscenzeeconomiche e del processo produttivo, non privi naturalmente anche dellacapacità di direzione delle masse, dell'entusiasmo, del mordente proprio di chiassume responsabilità direttive. Sono queste qualità che danno forza eprestigio ai « quadri » direttivi.

“Nostro finalismo”

Poiché non mancano coloro che interpretano questo nostro sforzo diretto arealizzare un sindacalismo « nuovo », fondato sulla indipendenza dalla politica,oltre che sulla autonomia delle categorie, come un tentativo diretto a fare delsindacalismo puramente tecnico, esclusivamente agganciato ai problemi delsalario e del contratto collettivo di lavoro, sarà bene dire una parola anche inargomento.

Riaffermata la nostra ferma volontà di voler tenere lontano dal « nuovo »sindacato ogni forma di « interferenza » politica o ideologica, e perciò stessodecisi a non consentire alcuna discriminazione dei lavoratori nostri organizzati,in dipendenza alle loro convinzioni politiche o religiose, proclamiamo la nostraferma fede nel divenire delle forze del lavoro, come timoniere di un nuovoordinamento sociale ed economico.

È vero che noi intendiamo sottrarre il sindacalismo alla politica e quindi aldominio dei partiti, ma con ciò stesso noi poniamo le premesse di una ben piùvasta concezione che noi abbiamo del sindacato. Per essere espressione divaste masse di produttori, il Sindacato va oramai considerato elemento diestremo peso in campo economico, e come tale deve poter dire la sua parolaogni qual volta vengano dettate norme in materia. Noi postuliamo pertantol'inserimento del Sindacato tra gli istituti economici il cui ruolo è notevole nelloStato moderno. Vediamo in sostanza il Sindacato non annichilito nellacontingente vertenza salariale ma come partecipe della direzione dello Statocon non minori diritti di quelli oggi acquisiti dalle « collettività » politiche.

Per quanto le apparenze rendano ancora oggi di primo piano il predominiodella politica pura, l'urgente profilarsi di un maggior contemperamento trapolitica ed economia, non potrà non determinare uno spostamento di rapporti.

E perché non sia frainteso, questo nostro esplicito vagheggiare di maggioridiritti per le forze economiche, preciseremo subito che noi ci riferiamo alle forzeche scaturiscono dal lavoro, espressione della « persona » nelle sue peculiariqualità di spirito, cuore, intelligenza.

Page 13: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-13-

Ecco perché nel nostro statuto appare chiarissima l'affermazione: laL.C.G.I.L. vuole realizzare per il lavoro una posizione più confacente ai dirittidella persona umana.

Dinanzi alla superatissima concezione capitalistica, oramai condannata datutte le risoluzioni che vogliono ispirarsi a progrediti principî sociali, noi vogliamoassegnare alle forze del lavoro, sino a questo momento valutate merce ostrumento, una posizione di preminenza sul capitale.

Siamo quindi per una radicale modificazione dell'attuale rapporto salariale.Nostro obiettivo è il contratto sociale che ridoni al lavoro la sua incontestabileautorità, nonché la sua dignità. Contrari quindi a modificare l'attuale servitù dellavoro, prona al capitale, in una nuova servitù prona allo Stato, vogliamorestituire al lavoratore la preminenza che nel processo produttivo, comunquerealizzato sia con l'iniziativa privata che con forme più vaste di socializzazione,gli spetta di diritto in quanto « persona ».

Page 14: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-14-

III

LA L.C.G.I. L.

I primi passi

Su questi cardini e sulle strutture dinanzi illustrate poggia la L.C.G.I.L.Principî innovatori evidentemente, ai quali si è ispirato e dai quali è statoguidato il primo nucleo di sindacalisti che, nell'autunno del 1948, per primoprese l'iniziativa di dare vita in Italia ad un movimento sindacale libero eindipendente.

È superfluo fare la storia degli avvenimenti che portarono alla rottura dellaL.C.G.I.L. I fatti del 14 luglio 1948 sono ancora vivi nella memoria di ciascuno dinoi: concordi nel deprecare il delittuoso attentato all'on. Togliatti, ci opponemmoallora alla proclamazione di uno sciopero che in quel momento non poteva nontrasformarsi in incentivo per un ulteriore spargimento di sangue.

Dopo il 14 luglio, accertata e denunziata l'avvenuta rottura del Patto di Romaad opera della corrente di maggioranza della C.G.I.L., ebbe inizio, lento masicuro, il processo di svincolo di centinaia di migliaia di lavoratori dalle posizionisindacali di corrente. Lo stesso Congresso delle ACLI, espressione deilavoratori cristiani, sanzionò nel settembre di quell'anno questo processo, e conun ordine del giorno votato a grande maggioranza, indicò ai lavoratori che fino aquel momento costituivano la corrente cristiana, le vie di un nuovo tipo disindacato fondato sui presupposti della indipendenza da ogni influenza di parte.

Furono quelli i mesi nei quali sorsero in Italia i primi Liberi Sindacati: molti sene potrebbero enumerare. Per questa relazione basterà ricordare che aprendere l'iniziativa di dar vita alla nostra Libera Confederazione furonoesattamente: il Libero Sindacato Postelegrafonici, la Libera Federchimici e laLibera Federazione dei Tessili. Alle sedute preparatorie parteciparono, oltre allepromotrici, le seguenti categorie: Lavoratori del commercio, Ausiliari delTraffico, Legno, Alimentazione, CoIoni e mezzadri, Braccianti, Pesca, Vetro eCeramica, Statali, Parastatali, Ospedalieri, Edili, Metalmeccanici,Abbigliamento, Ferrotramvieri. Molte altre furono invece presenti all'AssembleaCostitutiva che si tenne a Roma nei giorni 17, 18, 19 ottobre. Con i Sindacati dicategoria, furono presenti le rappresentanze delle prime Unioni provinciali chenel frattempo, su iniziativa dei Sindacati locali, si erano andate costituendo.

Furono tre giorni di appassionati dibattiti a conclusione dei quali vennedeliberato di lanciare un manifesto al Paese e venne proclamata la costituzionedella Libera Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori.

Da allora ad oggi, amici, quanta strada! Incominciammo dal nulla fidandosoltanto nella nostra grande fede nel libero sindacalismo. Incominciammospaventosamente poveri. Vi ricordate le prime stanze in Corso Umberto qui aRoma! A differenza della C.G.I.L., che nei suoi primi passi ebbe grandipossibilità e notevoli mezzi (basterà ricordare tutto il patrimonio di sedi eattrezzature lasciate dal sindacalismo fascista), noi iniziammo nella miseria.Non una sede, non un tavolo, non una macchina da scrivere. Più tardi avemmole prime disponibilità mercè i contributi dei lavoratori e il fondo perl'indipendenza.

Page 15: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-15-

E le diffidenze, e le ostilità? Altri movimenti prima del nostro avevano tentatostrade diverse da quelle della C.G.I.L., ma erano finiti pietosamente ai marginidella vita sindacale. Contro di noi in quei giorni tutti avevano qualcosa da dire,perfino gli amici; l'epiteto di « scissionisti » era ripetuto da molte bocche e sumolti giornali, anche da quelli che più tardi dovevano rassegnarsi ad essere« scissionisti » loro stessi. Molta stampa, a cui piace veder tutto e soltanto conocchio politico, forse involontariamente relegava allora il nostro lavoro nellazona del silenzio.

E il grosso problema dei dirigenti! Molti erano venuti con noi, anzi tutti quelliche nella C.G.I.L. occupavano posti di responsabilità e da quei posti da tempocombattevano la buona battaglia contro le perpetrate sopraffazioni; ma nonpotevamo nasconderci che avendo nella C.G.I.L. la maggioranza comunistaquasi sempre relegato i nostri amici in posizioni di secondo piano, pochi eranoquelli che avevano acquisite ampie esperienze nella direzione della vitasindacale. Eppure nel nuovo organismo che avevamo costituito, bisognavaessere tutti all'altezza di ben maggiori responsabilità, responsabilità didirezione, ulteriormente aggravate dal fatto che fin dal primo momentobisognava tentare vie e metodi sindacali profondamente divergenti dalle vie edai metodi seguiti dalla C.G.I.L. I dirigenti furono quindi, fin dal primo momento,buttati allo sbaraglio delle maggiori prove.

Né si può sottacere che tutti vennero alla L.C.G.I.L., nonostante i molti dubbiche ciascuno nutriva sulla futura stabilità economica propria e della famiglia.Ciascuno aveva infatti lasciato un posto sicuro alla C.G.I.L., e non mancaronoquelli che respinsero anche offerte allettanti che venivano loro fatte da varieparti.

E che dire delle violenze: basta un nome, amici congressisti, GiuseppeFanin, a testimoniare quanta parte di rischio ebbe il vostro gesto, il gesto deilavoratori italiani che vollero liberarsi dalla tirannide sindacale comunista. Amolte centinaia assommano i lavoratori e sindacalisti feriti, percossi, aggrediti.Sedi distrutte, azioni criminose contro domicili privati, intimidazioni di ognigenere. Naturalmente, in primo piano, il ricatto esercitato dagli uffici dicollocamento, sicché aver la tessera del libero sindacato per moltissimi havoluto dire non avere una occupazione, essere condannati alla fame. Nonparliamo poi della silenziosa, ma non meno criminale azione intimidatoria svoltadalle cellule politiche sui luoghi di lavoro.

Ebbene, niente è valso a fermare il moto di autoliberazione e oggi, amicicongressisti, voi siete qui la migliore, la più visibile dimostrazione che il liberosindacalismo è oggi una grande, trionfante realtà tra i lavoratori italiani.

E non siete qui degli isolati o per ordine dall'alto, poiché dietro a questoCongresso stanno, pieni di vita e di entusiasmo, 33 Congressi nazionali dicategoria, oltre 90 Congressi provinciali di Unione e migliaia di assemblee econgressi locali.

Né siete qui per una qualsiasi polarizzazione ideologica. Sissignori, critici edipercritici della L.C.G.I.L., noi vi sfidiamo a provare che questo organismo hatradito gli scopi per cui è sorto: scopi chiarissimi e dichiarati: fare delsindacalismo puro, fuori da ogni indirizzo di partito o ideologico, sottratto adogni influenza di Governo.

Page 16: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-16-

Per contro, noi vi offriamo la prova della nostra piena e concreta libertà eindipendenza, nel milione e duecentomila nostri tesserati, massa composita,appartenente a tutto l'arcobaleno politico, e nelle migliaia di nostri dirigenti diogni grado, per nulla discriminati o classificati a motivo delle loro professioniideologiche e politiche.

Quanti siamo?

Oggi la L.C.G.I.L. conta:

1.221.523 Tesserati 92 Unioni provinciali 35 Federazioni e Sindacati nazionali 1.983 Sindacati provinciali di categoria 4.557 sedi mandamentali e comunali 16.154 membri attivi di Comitati direttivi di Sindacato.

E, si noti 1.221.523 tesserati veri non corrispondenti a tessere pagate da questoo da quell'organismo alla Banca Nazionale del Lavoro, ma pagate dai lavoratorie giunte non gratuitamente nelle loro tasche.

La nostra Segreteria Organizzativa ha un dossier di circolari e lettere,nonché un lungo elenco di visite di dirigenti centrali, il tutto a dimostrazionedella severità e serietà con cui si è proceduto in casa nostra sul piano deltesseramento. Del resto voi siete i migliori testimoni per aver subita taleseverità.

In questo primo anno di vita molte sono state le iniziative promosse incampo organizzativo.

Ricordiamo le maggiori:

a) 7 novembre 1948. A Milano, Roma, Napoli, Catania: convegniinterregionali di tutti i Segretari provinciali di Unione.

b) 10 novembre 1948. A Roma: convegno delle Segreterie delle FederazioniNazionali di categorie.

c) Dal novembre 1948 al febbraio 1949. In tutti i capoluoghi di provincia:Convegni dei Comitati direttivi provinciali di Unione e di categoria.

d) 28 novembre - 12 dicembre – 19 dicembre 1948. In 33 capoluoghi diprovincia: comizi pubblici.

e) 31 gennaio 1949. A Roma: convegno delle Segreterie delle FederazioniNazionali di categoria.

f) 8-27 febbraio 1949. A Milano, Roma, Torino, Padova, Firenze, Napoli, Bari,Cosenza, Messina: convegni interprovinciali di tutti i Segretari provinciali diUnione.

Page 17: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-17-

g) 16-21-23 maggio 1949. A Milano, Napoli, Roma: convegni interregionalidei Segretari provinciali di Unione e dei Segretari provinciali del settore Terra.

h) 10-14-17 giugno 1949. A Milano, Roma, Napoli: convegni interregionali deiSegretari provinciali di Unione e dei Segretari dei settori Statali e Commercio.

i) 10- 11 - 12 luglio 1949. A Roma: convegno studi per la LegislazioneSindacale.

l) 17-18-19 luglio 1949. A Roma: Assemblea Nazionale Organizzativa con lapartecipazione di 300 Dirigenti di Unioni provinciali e di Federazioni dicategoria.

Pensare ai “quadri” dirigentiRapporti tra “verticali” e “orizzontali”

In campo organizzativo, grave è tuttora l'insufficienza numerica dei «quadri».Vi è necessità che altri lavoratori abbandonino l'officina, la terra, l'impiego pervenire ad ingrossare le file dei dirigenti sindacali. La Confederazione devestimolare al massimo tale afflusso; in questi mesi un primo nucleo di giovanilavoratori è stato tratto dai luoghi di lavoro e affiancato ai nostri organizzatoripresso alcune delle maggiori Unioni provinciali. Più avanti, sarà opportuno chesorgano iniziative tipo scuola, sia pure a titolo di orientamento. A questo scopo,prevedendo tali esigenze, la Confederazione ha allargato i compiti del suoUfficio Propaganda e Stampa affidando allo stesso anche la Sezioneformazione dirigenti sindacali.

Appartiene al campo organizzativo la stabilizzazione dei rapporti tra i dirigentidelle organizzazioni orizzontali (unioni) e delle organizzazioni verticali(categorie). In questo periodo non sono mancate qua e là situazioni diincomprensione. Occorre riaffermare l'indispensabilità di una operante e strettasolidarietà tra tutti i gradi dei dirigenti sindacali. Non soltanto per le tradizioni delsindacalismo italiano, ma anche per le sostanziali funzioni che organismiverticali e organismi orizzontali sono chiamati a svolgere, bisogna giudicare diprimo interesse per i lavoratori, sia gli uni che gli altri. Nei dirigenti quindi nientegerarchie e posizioni di subordinazione: ma reciproca ferma volontà aconsiderarsi tutti ugualmente utili alla causa del Sindacato.

Contributi sindacali

L’efficienza organizzativa è anche in stretta correlazione con le possibilitàeconomiche e finanziarie del Sindacato, e qui purtroppo le note sono dolenti.

A mano a mano che l'azione sindacale abbandona la piazza per diveniretrattazione consapevole di problemi economici e sociali si avverte il bisogno distrutture costose: uffici, attrezzature, tecnici, ecc. Chi mai fronteggerà taliesigenze? Ed eccoci allora nel vivo del dibattuto problema dei contributisindacali. Noi siamo tra coloro che auspicano il contributo versato per legge datutti i lavoratori, senza naturalmente che ciò significhi iscrizione obbligatoria alsindacato; ma in attesa che la legge sindacale dica in proposito la sua definitiva

Page 18: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-18-

parola, urge operare in estensione e profondità fra i lavoratori onde convincerliche non altri, ma essi devono saper sorreggere il Sindacato.

Qui l'argomento si allarga: vi è una coscienza sindacale da formare, esistonoproblemi tecnici di raccolta dei contributi, per noi è di attualità il metodo diripartizione delle contribuzioni tra organismi verticali e orizzontali. È tuttamateria che il Congresso farà bene a dibattere.

Si deve allargare la cerchia dei collettori, urgono iniziative intese a fare deicollettori elementi vivi, occorrono guide tecnico-pratiche sul metodo, ecc. ecc.; ècomunque ovvio che se questo arduo problema non venisse totalmente risolto,sarebbero giorni grigi per il Sindacato.

Diciamo ai lavoratori: il Sindacato non sorretto dalla loro consapevole decisavolontà, anche permeata di sacrificio, non potrà reggere ai compiti che èchiamato ad assolvere.

Invero in molte Unioni e presso molte categorie molto si è già fatto; occorrenon fermarsi, e soprattutto è necessario che l'argomento sia a fondo meditatoda quelle provincie che hanno ancora molto cammino da percorrere.

Fondo di resistenza

È purtroppo un istituto caduto in disuso. Eppure mai come nell'attua le fasedella lotta sindacale esso dovrebbe rappresentare l'elemento vitale per ilavoratori.

Occorre che i sindacalisti e i lavoratori anziani, quelli che vissero il primosindacalismo democratico del tempo prefascista, inizino una efficace azionepresso le categorie onde rimettere in atto questa concreta forma di solidarietà,da cui l'azione sindacale nei momenti decisivi prende vigore e forza.

Quanti « scioperi » tra i più legittimi sono scontati in partenza, a motivo dellecondizioni di inferiorità in cui si trovano i lavoratori di fronte alla decurtazione delsalario che lo sciopero comporta, o al rischio che altri lavoratori disoccupatipossano prendere il posto momentaneamente abbandonato?

Siamo ancora sul terreno della rieducazione sindacale delle « masse ».Ebbene, si abbandoni ogni esitazione e si incominci. Si dica ai lavoratori che untenue sacrificio compiuto oggi, per dar vita al Fondo di resistenza, è unelemento di sicura vittoria per le battaglie del domani.

La donna lavoratrice

Impegnati quest'anno nelle questioni organizzative di carattere generale, ead affrontare i problemi sindacali interessanti la totalità dei lavoratori, poco si èfatto nel campo della donna lavoratrice. Poiché d'altra parte la nostra LiberaConfederazione non ha avuto e non ha intenzione di ignorare come e quantaimportanza abbia, per una organizzazione sindacale, l'impostazione e lasoluzione dei problemi femminili, bisognerà, con il nuovo anno, sviluppare unadeguato piano d'azione. Noi intendiamo tale azione soprattutto rivolta a darealla donna la consapevolezza del suo peso nel movimento sindacale, nonché adare ad essa la necessaria capacità ad impostare nei sindacati di categoria lasoluzione dei problemi che più la interessano.

Page 19: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-19-

È a questo fine che nell'ultima sua sessione, il Consiglio Generale nostro hadeliberato di costituire al centro, e nelle organizzazioni periferiche, commissionifemminili aventi il compito di sviluppare nelle lavoratrici una più viva coscienzasindacale e la competenza necessaria per un loro democratico inserimentonegli organi dirigenti di categoria, e ciò per assicurare un più adeguato studio eduna più sicura soluzione dei problemi specifici della donna nel campo del lavoroe della famiglia.

“Conquiste del lavoro”e “Bollettino di informazioni sindacali”

Il nostro giornale ha dieci mesi di vita.È nato dalla necessità di un settimanale collegamento fra tutti gli organismi,

dal centro alla periferia, attraverso le Unioni comunali, mandamentali eprovinciali.

Tre sono gli elementi su cui poggia questa impostazione:

1) Rete di corrispondenti periferici;2) Pagine regionali;3) Criteri di diffusione.

Per il primo elemento, Conquiste ha oggi una rete di 65 corrispondenti di cui58 nei capoluoghi di provincia.

Per il secondo elemento, si è realizzato un esperimento con gli amici dellaToscana. Conquiste pubblica infatti ogni settimana una pagina dedicatainteramente a quella regione. Questa, della pagina regionale, a nostro giudizio,è la soluzione che meglio consente di ospitare le moltissime corrispondenzeinviate al giornale. Al criterio della edizione regionale, si aggiunge quello delleedizioni di categoria, e l'una e l'altra permettono di assicurare al giornalequell'interesse particolare spesso richiesto dai lettori.

Per la diffusione, gli amici dirigenti devono convincersi della necessità di fararrivare il giornale ai lavoratori sul luogo di lavoro: nella fabbrica, nei campi,negli uffici. E poiché la sola strada che conduce allo scopo è quella dellaorganizzazione, si pone il problema di un più diretto e impegnativo lavoro daparte di tutti gli elementi direttivi del nostro organismo.

Non si può dire che ad oggi tale impegno sia manifesto. Dicano i congressistiil loro pensiero, ma soprattutto il congresso impegni tutti a compiere anche inquesta direzione il massimo degli sforzi.

È anche da rilevare come da parte di alcune categorie e di qualche Unioneprovinciale, si tende a realizzare periodici proprî. Siamo d'avviso che se questoindirizzo si estendesse, difficile ne risulterebbe la vita di « Conquiste delLavoro». Ci domandiamo: è questo un bene? Naturalmente nel dare unarisposta, si tenga conto che il fare pubblicazioni proprie, significa esaurire in taledirezione i pochi mezzi finanziari di cui dispongono e le Federazioni e le Unioniprovinciali.

Il Bollettino d'Informazioni Sindacali vuole essere soprattutto una do-cumentazione periodica degli « atti » della L.C.G.I.L.

Page 20: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-20-

Il Bollettino, per questo suo aspetto particolare, è rivolto quindi agli eletti dallecategorie sindacali, alle organizzazioni tutte che costituiscono la stessaL.C.G.I.L. e ai tecnici perché sia oggetto di studio e di riflessione.

Nel cercare quale potesse essere la sua struttura abbiamo pensato cheanche dall'esterno, oltre che dalle controparti dei lavoratori, si sarebbe potutoprestare attenzione a questo organo destinato a registrare le fasi e le ascesedella diuturna costruzione sociale dei lavoratori nelle loro libere organizzazionisindacali.

Così nella rubrica intitolata « attività sindacale » sono stati raccolti - seguendo un criterio già in uso, nelle quattro grandi branche dell'agricoltura,dell'industria, del commercio e del pubblico impiego - i tratti salienti della nostraattività.

Nel Bollettino abbiamo raccolto anche tutto quello che è fattore di progressosociale e che contribuisce alla elevazione morale e civile degli strati più larghidel popolo italiano.

Ciò è stato fatto con cura nelle rubriche « Legislazione », « PrevidenzaSociale » e « Notizie Sindacali dall'Estero », mentre, d'altro canto, sono statepubblicate notizie e studi statistici di carattere economico-finanziario, dati chedebbono essere ritenuti sempre più essenziali per un giudizio di comparazionee di merito.

Sindacati autonomi

Siamo stati rimproverati di non aver provveduto ad organizzare tutte lecategorie: per esempio i bancari, ferrovieri, esattoriali, maestri, insegnanti medi,assicuratori ecc. Ebbene, qui diremo che non siamo d'accordo con quei nostriamici che ci muovono tali critiche. La L.C.G.I.L. non a chiacchiere vuole essereun organismo di coordinamento e non un organismo che si sostituisce allacategoria.

Quando gli attuali Sindacati bancari, ferrovieri, maestri, esattoriali, insegnantimedi, assicuratori ecc. ecc., pur nella pienezza della loro autonomia,condivideranno l'istanza di una operante solidarietà anche organizzativa con lealtre categorie, e liberamente e spontaneamente vorranno far parte della nostrafamiglia, noi saremo lietissimi di averli con noi.

Ma andare noi ad organizzare i singoli lavoratori, sia pure per una presuntaquestione di prestigio: no. Questo non è il compito, non è nelle funzioni delnostro organismo inteso come la risultante federativa di sindacati già costituiti efunzionanti. Chi non condividesse questa impostazione intervenga nel dibattitoe rechi le sue ragioni.

Si noti che in argomento la L.C.G.I.L. ha dato concrete dimostrazioni di volertenere fede a questa sua impostazione. Non una delle categorie, dichiaratesiautonome, è stata intaccata dall'azione nostra, e tale comportamento haacquistato maggior risalto il giorno in cui altre organizzazioni hanno seguitodirettive opposte. Ed anche in sede vertenziale è prevalso nel nostrocomportamento il principio: intervenire soltanto se chiamati (vedi bancari).

Page 21: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-21-

L’unificazione delle forzesindacali democratiche

L'unificazione delle forze sindacali democratiche è certamente qualcosa dipiù di un fatto organizzativo. Tuttavia noi inseriamo questo capitolo qui poichéne risulti investita l'organizzazione in tutti i suoi gradi.

Incominceremo col dire che occorre innanzitutto intendersi sulla natura delle« forze » da unificare. Noi abbiamo detto fin dal giorno della costituzione dellaL.C.G.I.L., che se di un'istanza di unificazione devesi parlare, essa riguardasoltanto organismi sindacali, esistenti e funzionanti. Noi respingiamo senz'altrol'opinione di chi tenta di presentare la unificazione come l’incontro tra forzeideologiche diverse. Questo va detto soprattutto nei riguardi della campagna dicalunnie che viene condotta contro la nostra organizzazione.

Senza timore di smentita noi affermiamo che la L.C.G.I.L. è già per suo contoun organismo unificato, poiché niente in casa nostra discrimina organizzati odirigenti, direttive o azioni, su basi ideologiche.

Comunque, poiché esistono di fatto altri organismi sindacali democratici, laL.C.G.I.L., fedele alla sua impostazione unitaria, riafferma di voler far tutto ilpossibile per realizzare l’obiettivo di cui tanto si parla.

Come è noto, sono in funzione oggi due Commissioni composte dallerappresentanze della L.C.G.I.L., della F.I.L. e di un gruppo di Sindacatiautonomi. L'una per elaborare una proposta di statuto e l’altra per esaminarepraticamente i problemi organizzativi derivanti dal processo di unificazione. Èstato preso l'impegno che le decisioni saranno sottoposte agli organi di basedelle organizzazioni contraenti, il che vuol dire che arbitri definitivi di tuttosaranno i lavoratori, ed è giusto che ciò sia poiché sono essi i più interessatinella vicenda.

Dobbiamo in ogni modo dichiarare che non concepiremmo possibile unqualsiasi organismo unificato se non si fosse concordi nell'escludere ogni equalsiasi divisione interna, fondata sulla ispirazione ideologica dei lavoratori.

Questa dichiarazione, che risponde ad un nostro maturato convincimento, èanche di attualità; abbiamo infatti in queste ultime settimane, ascoltate e lettealcune curiose opinioni in tema di unificazione.

Si sono manifestate, in sostanza, tacite ed esplicite queste strane econtraddittorie posizioni:

- prima si fa l'elogio del sindacalismo libero e indipendente;

- poi si accusa la L.C.G.I.L. di essere asservita ad una determinataideologia;

- quindi, con la più strana delle logiche, si rivendica il diritto diagganciare il sindacato alla propria fede politica.

Molti sono in sostanza coloro che tradiscono questa mentalità; esempioclassico ve lo dà questo brano di articolo pubblicato da un giornale milanese nelcorso di un dibattito sulla « unificazione sindacale »:

Page 22: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-22-

« Ecco giunto dunque il momento di dire che il sindacato deve esseresocialista... » e più avanti per meglio legittimare quel deve, imperativo, vienedato un bel saggio di teorica socialista stabilendo un vero e proprio monopoliodi tutto ciò che possa rappresentare giustizia per i lavoratori. Né si creda chetrattasi di un caso isolato, che la maggior parte delle opinioni espresse inqueste settimane, in determinati settori, denunciano identico stato d'animo.

Cambiati i termini, siamo al ben noto slogan: « il sindacalismo o saràsocialista o non sarà ».

Evidentemente per questa strada, l'unificazione diventa una burletta, poichénon si vede la ragione per cui ad esempio, i cattolici, in nome dei loro principî,non potrebbero ripetere la stessa affermazione.

La verità è che a questi signori, accademici del sindacalismo, certamente piùpolitici che sindacalisti, deve essere posta questa esplicita domanda: e quandoavrete aggettivato il sindacato con questo o quell'attributo politico o ideologico,volete dirci cosa avrete dato in più ai lavoratori?

Poiché è qui che va ricondotta la questione; noi neghiamo che i lavoratoriricevano, sul piano dei loro bisogni, da un sindacato che sviluppi la suaimpostazione ed azione nell'ambito di una o dell'altra ideologia, un qualsiasimaggior vantaggio; mentre certa e sicura è l'altra conseguenza: quella discavare tra essi un incolmabile solco. È forse questo che si vuole?

In sostanza, non è per questa strada che si serve la causa del lavoro.Bisogna non scomodare i rispettivi sacri testi ideologici, se si vuole realizzarel'unità del mondo che lavora. Chiedetelo all'operaio dell'officina, al lavoratore deicampi o al travet dell'ufficio, ve lo diranno essi, che il problema è molto piùsemplice come è semplice la necessità di difendere il proprio pane e diriscattare una disumana posizione di servaggio.

Se questa è « l'idea forza », bisogna fermarsi qui, e nessuno abbia timoreche questo significhi tarpare le ali al sindacato. Proprio perché è idea forza,esprime capacità e possibilità di ben ulteriori sviluppi.

Sappiamo, che riducendo il problema entro questi limiti, diamo un seriodispiacere ai filosofi, ai dottrinari, ai politici, cui piace veder tutto e impostaretutto, secondo determinati schemi. Amici delegati, non vi preoccupate di questo,e quando vi dicono che disquisire su questo o quell'aspetto della unificazione, innome di questa o quella sottilizzazione di principio, oppure scandagliare testi epatrimoni ideologici, è una esigenza sentita e voluta dalla maggioranza deilavoratori, rispondete decisamente che non è vero. Questa non è l'esigenza deilavoratori, questa è l'esigenza dei politici, anzi degli attivisti politici, che nellagrande massa dei lavoratori non sono che una infima minoranza. E poiché ilcrollo del primo esperimento unitario è proprio stato provocato dagli « attivistipolitici », sarebbe una colpa grave se alla volontà di altri « attivisti », dovessimosubordinare ancora l'unificazione delle forze del lavoro.

E come errano i « politici », così sbagliano coloro che scrivendo o par lando dinoi, ci classificano, in quanto fautori della « unificazione », manovrieri legati apreoccupazioni tattiche o organizzative.

Si persuadano i pubblici osservatori di cose sindacali: potremo sbagliare,saremo certamente non all'altezza della situazione, ma una cosa è sicura: nécalcoli, né opportunismi ci guidano. Siamo gente che viene dalla fabbrica e chenella fabbrica come nel sindacato abbiamo acquisita l'istanza della fraternità

Page 23: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-23-

sostanziale del mondo del lavoro; sospettarci di secondi fini, quandoperseguiamo tale obiettivo, è ingiusto ed anche ingeneroso.

E a quelli che ci giudicano utopisti noi rispondiamo che vi sono, altrove,decine di milioni di lavoratori, ci riferiamo ai lavoratori degli Stati Uniti e a quelliInglesi, che hanno realizzata la meta che noi auspichiamo. Se è stato possibilea quei nostri fratelli, perché non lo dovrebbe essere per noi?

Page 24: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-24-

IV

ATTIVITA’ CONTRATTUALE E VERTENZE

Nostro indirizzo e nostro metodo

Fin dal dicembre 1948, a poco più di un mese dalla costituzione, il nostroConsiglio Generale prendeva posizione su tutti i maggiori problemi sindacali,fissando i primi elementi di un « nostro » indirizzo e di un « nostro » metodo.

Ricordiamo 4 delle 9 mozioni allora votate dopo ampio e approfonditodibattito. Le 4 mozioni si riferivano già allora alle questioni:

a) licenziamenti e disoccupazione;b) rivalutazione;c) contingenza;d) non collaborazione.

Le mozioni vennero largamente diffuse e illustrate ai lavoratori.Un'altra presa di posizione è servita a differenziare la L.C.G.I.L. in ordine alla

politica salariale. Ci riferiamo alle decisioni prese dall'Esecutivo Confederale il23 febbraio 1949. Con tali decisioni venivano indirizzate le categorie sul pianodelle richieste di incentivi e premi di produzione, considerati come coefficientiper realizzare una maggiore produttività. Nella direttiva era esplicitamenterespinta l'enunciazione allora fatta dalla C.G.I.L. circa il cosidetto « minimovitale » e il conseguente aumento indiscriminato dei salari.

Presenti in tutti i settori

L'attività contrattuale della Libera Confederazione è stata di naturainterconfederale, nonché di assistenza alle singole categorie. In sedeinterconfederale, non v'è stata, né trattativa né incontro che non abbia visto lapresenza operante della L.C.G.I.L. Altrettanto dicasi per l'azione condotta insede ministeriale. Per le categorie, notevoli sono state le prestazioni degli Ufficiconfederali per la preparazione e la impostazione di vari contratti, e intensa èstata la partecipazione alla stipulazione dei singoli contratti nonché allarisoluzione di vertenze collettive e individuali sia al Centro che in provincia.

Si può tracciare a grandi linee l'azione di assistenza data ai diversi settori, tracui, per importanza di attività è in prima linea quello dell'industria.

Se in questo settore il ritmo nel rinnovo dei contratti scaduti, o dei nuovicontratti, non ha proceduto con la desiderata celerità, ciò non è dovuto a scarsointeressamento di categoria o a poca sensibilità della Confederazione, ma adifficoltà obiettive, per cui accordi come quelli dei Metalmeccanici, Poligrafici,Gente dell'Aria, Petrolieri, Cementieri, Vetro e Ceramica, Legno edAlimentazione, hanno potuto fare notevoli passi avanti o addirittura esserecompletati, altri accordi, come quelli dei Chimici, hanno potuto semplicementeessere rinnovati senza notevoli, sostanziali modifiche, mentre quello dei Tessili,scaduto, non si è potuto ancora rinnovare.

Page 25: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-25-

Maggiori, almeno di numero, sono state le stipulazioni di contratti nelCommercio. È quasi al termine il contratto normativo che abbraccerà le piùimportanti categorie del settore. Nel settore della Terra, oltre il Patto per lemondariso, si è avuto l'accordo per i salariati e braccianti, e si sono iniziate letrattative per gli accordi provinciali che dovranno formare la base per l'accordonazionale. È stata inoltre iniziata la trattativa per la stipulazione del contratto perle tabacchine.

Per gli statali

Nel Pubblico Impiego si sono svolte trattative per il miglioramento delleretribuzioni agli Statali, a proposito dei quali giudichiamo inammissibile laimpostazione data dal Governo alla questione. Le Libere Federazioni degliStatali, distinguendosi sostanzialmente da altre organizzazioni, hannodimostrato di volersi attenere alla miglior prassi sindacale, predisponendo unadeguato studio con conseguente formulazione di organiche proposte,assolutamente non esose, e in ogni caso rispondenti ai reali bisogni dellacategoria. A questa evidente dimostrata buona volontà, nonché serietà dimetodo, si è risposto con il solito no, adducendo a motivo la non disponibilitàdel bilancio. Di fatto poi, la differenza intercorrente tra quanto concesso inquella sede dal Governo e quello richiesto dal progetto della LiberaFederazione venne messa a disposizione a distanza di pochi mesi, ma con unatale inadeguata impostazione da suscitare le proteste di tutto il personale. Tantovaleva, diciamo noi, accettare le proposte degli interessati; si sarebbe almenoraggiunto lo scopo di tranquillizzare tutto il delicato settore.

Attualmente è in corso una nuova azione e la L.C.G.I.L. intende dare allacategoria tutto il suo appoggio.

Avuto presente l'impegno assunto dal Governo di far decorrere i nuovimiglioramenti dal 1° luglio 1949 noi abbiamo già esplicitamente sostenuto che ilprogetto enunciato, se è sufficiente per alcune categorie, è assolutamenteinaccettabile per tutte le altre (che oltre tutto rappresentano circa il 90 per centodei dipendenti statali) e va quindi opportunamente integrato. Abbiamo quindipresentato le nostre proposte, che, oltre a richiedere una indennità integrativaper tutte le categorie rimaste escluse dal suaccennato progetto, tende adottenere ulteriori concessioni in favore dei lavoratori con maggior caricofamiliare, ed a sanare sperequazioni nei confronti del carovita, esistenti inalcune provincie.

Agitazioni e scioperi

Nei diversi settori non sempre l'attività contrattuale ha avuto andamentonormale e pacifico; in alcuni casi si è fatto ricorso allo sciopero. Per quanto ciriguarda, le astensioni dal lavoro sono state quasi sempre contenute nei limitistrettamente necessari, senza mai degenerare in forme dannose alleattrezzature od all'interesse della collettività, bandendo sempre il metodo di lottadella « non collaborazione ».

Molte agitazioni e molti scioperi si sarebbero potuti evitare se vi fosse statamaggiore comprensione da parte dei datori di lavoro, oppure si sarebbero potuti

Page 26: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-26-

più presto concludere se vi fosse stato maggior senso di responsabilità da partedi altre organizzazioni sindacali. Valgano tre caratteristici esempi: quello deichimici, quello dei marittimi, quello dei salariati e braccianti.

È doveroso constatare che non sempre gli scioperi hanno raggiunto gliobiettivi per cui erano stati dichiarati.

La nostra linea di condotta anche nel ricorso ai mezzi di lotta è sempre statacaratterizzata dalla volontà di differenziare il nostro metodo di azione, ed inverolà dove è stato possibile operare con categorie efficienti e compatte, non sonomancati positivi risultati.

Ostacoli superati

Il primo ostacolo che al sorgere del nostro organismo si è dovuto affrontare,è stato il tentativo della C.G.I.L. di estrometterci dalle trattative. Gli speciosipretesti addotti hanno dovuto però ben presto essere abbandonati, per la nostrafermezza e per il peso della nostra organizzazione; e quando sì è resonecessario, per il bene dei lavoratori, assumere noi la responsabilità di trattareda soli, o comunque di non deflettere dalle nostre impostazioni, non abbiamomancato di farlo, inducendo sovente altre organizzazioni a rivedere le loroposizioni. Anche la vigente legislazione, in ordine alle rappresentanze sindacalinei vari Enti e Commissioni ministeriali e prefettizie, ha rappresentato unnotevole ostacolo alla nostra azione. Per molti Enti, centrali e periferici, laLegge prevede una sola rappresentanza sindacale, e poiché prima di noipreesisteva la C.G.I.L., si rende laboriosa e difficile la nostra partecipazione adetti Enti.

Abbiamo chiesto leggi nuove, qua e là le Prefetture hanno mostratocomprensione del nostro buon diritto, e di fatto abbiamo potuto recare a questao a quella Commissione il contributo nostro; resta però sempre, in troppi casi, lagrave anomalia. Per esempio, siamo esclusi nella maggioranza dei Comitatiprovinciali dell'Istituto Assistenza Malattie, e alle nostre ripetute richieste ilMinistero ha risposto di attendere la Riforma previdenziale. È inutile dire chequesta risposta non ci soddisfa, ben sapendo che la Riforma previdenziale è dilà da venire. Evidentemente il Ministro è ancora in tempo a riparare la graveingiustizia.

In ogni caso oggi siamo presenti e operiamo, sia al centro che alla periferia,nel Comitato Interministeriale dei Prezzi, nella Cassa Integrazione Salari e nelleCommissioni paritetiche provinciali per la contingenza nonché in altreCommissioni minori.

Lavoratori del Sud

Nessuno si sorprenda se diamo questo titolo, a questa parte della relazione.Purtroppo, come esiste sul piano dei problemi generali del Paese una« questione meridionale », sono una dolorosa realtà le eccezionali e mortificanticondizioni di lavoro a cui sono soggetti i lavoratori nel meridione d’Italia.

La L.C.G.I.L. nella prima riunione del suo Esecutivo in data 2-3 dicembre1948 votava il seguente ordine del giorno:

Page 27: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-27-

Il Comitato Esecutivo della Libera Confederazione Generale Italiana deiLavoratori, a conclusione di un attento esame della situazione sindacale delleprovincie meridionali, dopo aver constatato che in molti settori lavorativi, primofra tutti quello agricolo, è in atto il mancato rispetto delle condizioni salarialipreviste dai patti di lavoro, così come vengono con estrema facilità elusi gliobblighi previsti dalla vigente legislazione sociale e quella sull'imponibile dimano d'opera

richiama

l'attenzione del Ministero del Lavoro e degli Ispettorati Provinciali su talesituazione. Ne invoca l’intervento a tutela dei diritti del lavoro e

invita

le Federazioni di categoria aderenti e le Unioni provinciali dei liberi lavoratoridelle provincie interessate a promuovere e sviluppare una energica azionesindacale in difesa di tutte le categorie, accompagnata da una intensa azione dipropaganda per il potenziamento dell'organizzazione sindacale, nella quale ilavoratori tutti devono ravvisare il più efficace presidio per il rispetto e la tuteladei loro diritti.

Ripresentiamo, alla riflessione del Congresso, il voto di allora aggiungendoviqualche altra considerazione:

1) sono ricorrenti, in alcune zone del Sud, ad esempio in Puglia e in Calabria,gravissime agitazioni sociali che se ricevono l'adesione di notevoli masse dicontadini a ciò portate dalla fame e dalla miseria, purtroppo costituiscono ancheineguagliabili occasioni per chi si è deliberatamente proposto di usare delmalcontento dei lavoratori per attentare all'ordine e alla legalità democratica;

2) la vertenza bracciantile dell'estate scorsa, sfociata in uno sciopero chetanti rischi ha fatto correre ai lavoratori e al Paese, ha confermato l'irriducibilitàdegli agrari in campo sociale, ma ha anche rivelato come gli agrari del Sudsono elemento determinante in questa posizione di irrigidimento del settore;

3) è ormai acquisito che nelle provincie meridionali si hanno le più antisocialicondizioni di vita per i lavoratori in genere, e in specie per quelli della terra.Assenza di abitazioni, mancanza dei servizi più comuni, salari di fame, patenteviolazione di ogni norma previdenziale sono un po' ovunque all'ordine delgiorno;

4) sempre nelle provincie meridionali è tuttora carente ogni buona normasindacale, anche limitata alla semplice esistenza di un contratto di lavoro e làdove il contratto esiste , è sfacciata la violazione da parte del datore di lavoro, ilquale non esita a intimare ai braccianti: « se vuoi lavorare, questa è la paga »; enaturalmente la paga è in deroga anche alle più basse tariffe contrattuali. È di

Page 28: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-28-

questi giorni la notizia che in provincia di Catanzaro si pagano salari di L. 250 algiorno per 10 ore di lavoro.

È a questo punto che il Congresso della L.C.G.I.L. ha il diritto di chiedersi:fino a quando un tale stato di cose è possibile che continui?

Ci si consenta, pertanto di rinnovare la proposta già da noi lanciata inoccasione dello sciopero bracciantile; promuova il Governo una inchiestaufficiale, meglio ancora se sarà di natura parlamentare, per accertare le realicondizioni di quelle provincie, perché se le notizie che si hanno non fosserovere, a nessuno deve essere permesso e quindi nemmeno a noi, dipropagandarle; ma se invece le stesse trovassero riscontro nella realtà alloradovrà la legge dire la sua parola. Parola severa, se necessario, e ciò in nomedella giustizia nonché per il buon nome della democrazia italiana.

I maggiori problemi

Nell'azione svolta in sede interconfederale cinque sono state le questioni dimaggiore rilievo:

1) Rivalutazione salariale - Gli accordi interconfederali di Milano del9-12-1945 e di Roma del 23-5-1946, avevano fissato i minimi contrattuali dipaga o stipendio e istituita l'indennità di contingenza, che stabilivano, tra l'altro,determinati distacchi o rapporti tra le diverse categorie di operai e di impiegati.

Il sensibilissimo aumento del costo della vita, e la conseguente operativitàdella scala mobile, ridussero di molto tali rapporti, determinando un vero eproprio appiattimento nei salari e stipendi.

L’accordo di tregua salariale del 27-10-1946 cercò di riportare l'equilibrio trale voci della retribuzione, e cosi quello del 30 maggio 1947 coI trasferimento diuna quota di contingenza alla paga base. L’inconveniente risultò attenuato manon risolto.

Così sorse la vertenza per la rivalutazione. Era naturale che le organiz zazionidei lavoratori ponessero l'istanza di ristabilire le distanze anche per dareincentivo al maggiore rendimento delle categorie specializzate. Le trattative perla rivalutazione degli stipendi degli impiegati ebbero un discreto esito, e il 30marzo 1948 fu firmato un accordo con il conseguimento parziale degli obiettiviprefissati. Non uguale fortuna ebbe la rivalutazione richiesta per gli operai. Findal suo nascere la nostra Confederazione impostò con una propria visione ilproblema, tenendo presente la realtà economica del Paese, che era allora infase di depressione, e, nelle trattative, che furono riprese nel dicembre delloscorso anno, portò sempre una nota di equilibrio. Finalmente, dopo alterne fasi,estenuanti incontri, e vivaci dibattiti, il 5 agosto c. a. è stato firmato un accordopreliminare, accordo che per la irrisorietà degli aumenti ottenuti non ha affattosoddisfatto i lavoratori. Occorre comunque valutare l'apposta firma, come ilsuperamento del punto morto rappresentato dal precedente costante rifiuto deidatori di lavoro a risolvere il problema. Dal lato economico quanto si è ottenutodeve essere considerato soltanto quale modesto acconto su quella che dovràessere la vera rivalutazione. Gli appiattimenti lamentati non sono stati correttiche in minima parte, e gli aumenti derivati sono di fatto irrisori. L'accordo

Page 29: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-29-

aggiuntivo firmato il 30 settembre per i lavoratori retribuiti a cottimo, ha evitatostrane interpretazioni che i datori di lavoro intendevano dare a quello del 5agosto.

A proposito di rivalutazione, ci sia consentito di esprimere la nostrameraviglia e la nostra protesta per l'atteggiamento assunto da molti industriali,che non contenti della irrisorietà dell'accordo stipulato, persistono a tentarneinterpretazioni ulteriormente restrittive.

2) Revisione del sistema della scala mobile - Questo sistema, escogitatoquando il costo della vita era in continuo aumento, senza alcuna esperienzaimmediata, è riuscito nello scopo di fotografare gli andamenti provinciali diaumento, ma ha creato sperequazioni che balzano all'occhio evidenti: provinciefinitime hanno contingenze molto differenti; categorie di lavoratori vedonodifferenziare troppo la loro retribuzione tra zona e zona; il tradizionale lievesquilibrio di retribuzione tra Nord e Sud si è ulteriormente accentuato.

Il sistema ha oggi bisogno di essere corretto in base alla esperienza fatta.Bisogna rifare il bilancio familiare rendendolo più aderente alla realtà. Darivedersi è l'indice di variazione che, da provinciale, a nostro parere, deveessere trasformato in nazionale. Lo esige la situazione che è andatastabilizzandosi e il carattere generale delle variazioni che ancora si incontrano.

3) Commissioni Interne - L'accordo 7 agosto 1947 sulla regolamentazionedelle Commissioni Interne aveva come data di scadenza il 31 dicembre 1948.

La Confindustria prima lo ha denunziato a norma delle clausole contenute inesso, e successivamente, dopo aver aderito ad una proposta di proroga, fino al31-3-1949, lo ha dichiarato decaduto, e ciò in particolare connessione conl'adozione, da parte della C.G.I.L., del metodo di lotta della « noncollaborazione».

Considerata la indispensabilità dei normali contatti tra Commissioni Interne edatori di lavoro, specie in rapporto al delicato problema dei licenziamenti, lanostra Libera Confederazione affermò di considerare comunque operantel'accordo, anche se scaduto, e ciò almeno fino alla stipulazione di un accordonuovo. Questa interpretazione non fu accolta dalla Confindustria, ed oggipurtroppo, in materia, si è ancora carenti. Rileviamo che in sede di revisionedell'accordo noi intendiamo presentare sostanziali modifiche in ordine alleelezioni delle Commissioni interne, nonché elementi nuovi riguardanti laprocedura per i licenziamenti collettivi.

4) Non collaborazione - Il metodo di lotta della « non collaborazione » postoin atto dalla C.G.I.L., ha provocato una presa di posizione nettamente contrariada parte della nostra Confederazione, che ripudia tale sistema di lotta. LaConfindustria ha comunque chiesto di inserire nei contratti che si stipulerannoper l'avvenire una formula cautelativa in cui si dichiara che, qualora si ricorra almetodo di lotta della « non collaborazione » gli industriali si riservano il diritto didichiarare immediatamente decaduto, di diritto e di fatto, il contratto. La C.G.I.L.ha accettato l'inclusione di tale articolo; noi abbiamo respinta la proposta,considerandola un vero e proprio attentato ad una delle maggiori conquiste deilavoratori: il contratto collettivo.

Page 30: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-30-

5) Assegni familiari – L’aumento degli assegni familiari previsto al punto 6dell'accordo 5 agosto, non è stato ancora concesso ai lavoratori. Siamoripetutamente intervenuti presso il Ministero del Lavoro e in questi giorni ilDecreto è pervenuto alla Commissione Lavoro del Senato.

Nostro commento

Su alcune di queste vertenze (rivalutazione, statali, tessili, ecc.) parecchio cisarebbe da dire. Ci limiteremo a rilevare la insoddisfazione dei lavoratori perquel che si è ottenuto, ed è su questa insoddisfazione che vogliamo esprimereun nostro commento.

Dato che è degli uomini l’errare, non saremo certamente noi ad escludereche a rendere meno soddisfacenti gli obiettivi raggiunti non abbia concorso lapochezza delle nostre capacità di organizzatori sindacali. Ciò premesso, siamod'avviso che occorra essere estremamente franchi nel rilevare che in questaoccasione quanto si è ottenuto è molto in relazione alla potenza intrinseca edestrinseca delle organizzazioni sindacali dei lavoratori.

Ed è qui che si pongono alcuni grossi problemi sui quali è necessario cheorganizzatori sindacali e lavoratori facciano convergere le loro attenzioni.

Primo problema: quanti sono i lavoratori che partecipano allo sforzo, e quindialla pressione che i sindacati sono chiamati a sviluppare nei confronti dei datoridi lavoro?

Secondo problema: qual è oggi la effettiva capacità di lotta (si intenda questaparola nel senso civico: per esempio di competizione) e di resistenza deilavoratori italiani? I dirigenti del sindacalismo comunista, abituati come sono aridurre il tutto ad un problema di piazza, questo quesito non l'hanno mai posto,o seppure è stato posto, l'interpretazione che più si addice alla loro mentalità eai loro metodi e fini, fa di questa capacità di lotta una specie di capacità evolontà di urto.

Per noi il problema è certamente un altro. Posto, ad esempio, che nel corsodelle sfibranti trattative condotte per la rivalutazione, dinanzi alle ingiustificate,persistenti e irriducibili resistenze della Confindustria, si fosse voluto, secondola più normale e legalitaria prassi sindacale, trasferire la vertenza sul piano delrapporto di forze con ricorso allo sciopero, quale risultato avremmo avuto? E quiintendiamo non lo sciopero ad uso della tattica sabotatrice dei comunisti (di ungiorno, o di un'ora, o a singhiozzo), ma lo sciopero come sempre è stato intesodai migliori nostri antichi dirigenti sindacali, cioè a dire ad oltranza, fino apiegare la controparte: come i lavoratori avrebbero corrisposto a questo invito, aquesto sforzo?

Poiché è tempo di dire che, fallito, almeno per quanto concerne i direttiinteressi dei lavoratori, il metodo del ricorso alla piazza, metodo voluto,predicato ed imposto dai comunisti, e ritornati all'azione sindacale megliointesa, il fattore decisivo, quando si tratta di perdere o vincere un'azionesindacale, oltre alla capacità e la competenza di chi conduce le trattative, è ilpeso della presenza attiva dei lavoratori, presenza che comporta naturalmentesacrifici, rinunzie, sofferenze.

Page 31: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-31-

Consentiteci di porre all'esame vostro questo grosso problema, che tra l'altronon è che un altro degli aspetti della necessaria opera di ricostruzione dellacoscienza sindacale dei lavoratori, perché oltre ad esprimerci il vostro parere,divenga elemento di dibattito e quindi di formazione e propaganda al vostroritorno in mezzo ai lavoratori.

Collocamento

Su questo argomento dovremmo iniziare con una lunga elencazione dellesopraffazioni attuate contro i liberi lavoratori, e più particolarmente contro icontadini, dalle cellule comuniste. Sono testimonianze dirette raccolte nellecampagne dell'Emilia, della Lombardia, del Piemonte, in Toscana, in Puglie e inaltre regioni d'Italia.

Sembra incredibile che in uno Stato democratico sia stata possibile tantapalese violazione della libertà e del diritto al lavoro. Per tre anni, 1946,’47 e '48,in molte regioni, praticamente, si è lavorato soltanto se in possesso dellatessera del partito comunista, oppure sottoponendosi ad ogni genere di rischi.

Quando il problema divenne evidente, il ministro Fanfani ne propose l'unicasoluzione possibile, sottraendo cioè gli Uffici di collocamento alle Camere delLavoro. Naturalmente è bastato l'annuncio del provvedimento perché le forzecomuniste di ogni grado, dalla cellula al Parlamento, si mettessero inmovimento. Da notarsi che l'azione comunista fu condotta in nome di unprincipio, che è anche nostro: il sindacato ha il diritto di esercitare ilcollocamento. Sennonché la realtà italiana era ed è, che il collocamento, dietroil paravento del sindacato, veniva, e viene esercitato dal partito comunista.

Le proposte Fanfani furono salutate con soddisfazione da migliaia dilavoratori che finalmente potevano sperare di vivere giornate tranquille.

Che è invece accaduto? I politici del Parlamento, più abituati a sedere sugliscranni di Montecitorio che non a vivere in mezzo ai contadini, cedendo a taciteminacce, hanno voluto, anziché approvare la legge nei suoi aspetti piùsostanziali, trovare un cosiddetto accordo, con il risultato di prolungare ancora ilcalvario dei contadini che non si piegano al verbo comunista.

In questa sede noi intendiamo energicamente protestare contro l'accaduto edomandiamo che la situazione sia riveduta.

Naturalmente, quanto è successo ha fatto suonare a festa le campane dellecellule, le quali, proprio in questi giorni, chiedono e pretendono assurdemaggioranze nelle famigerate commissioni. Voi lo sapete, o amici delegati: si ètentato di chiedere la proporzione di 7 a 1. Ebbene, al Ministero del Lavoro, alGoverno, noi diciamo che non piegheremo a tanta pretesa, perché neghiamoche tale sia il rapporto delle forze organizzate. Noi affermiamo che saràpossibile stabilire un qualsiasi rapporto soltanto dopo che saranno fissatenorme precise, che permettano di stabilire la realtà delle iscrizioni che sienunciano. D'altra parte, se si tiene conto del disorientamento prodottosi tra ilavoratori italiani, rispetto al loro dovere di iscriversi al sindacato, noi chiediamoche nelle valutazioni che si dovranno fare si tenga conto anche di questaanonima massa, ancora assente dalla vita sindacale.

Page 32: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-32-

Apprendistato e istruzione professionale

Abbiamo unito questi due problemi, perché è evidente la loro affinità,sebbene diversi e distinti. Mentre il primo, infatti, ha carattere prevalentementesociale, anzi sindacale, il secondo è squisitamente tecnico-didattico.

La breve età del nostro Organismo non ha consentito di realizzare unameditata impostazione del duplice problema. Convinti, d'altra parte, dellaurgenza di arrivare in questo campo a situazioni definite, anche per porre unargine al preoccupante impoverirsi della qualificazione nella nostra manod'opera, e consentire nello stesso tempo il riaprirsi di un indispensabile sboccoai giovani figli di lavoratori che bussano alle porte delle aziende, avidi di darsiun « mestiere », riteniamo che la Libera Confederazione debba, subito dopo ilCongresso, riaffrontare l'argomento.

La disciplina dell'apprendistato è tuttora regolata, in Italia, dal decreto legge1938 n. 1906, decreto che, salvo la necessità degli aggiornamenti dettati da unaconcezione più moderna del problema, e dal progresso tecnico-produttivo delnostro Paese, ne fissa i principi basilari. Tale provvedimento dà, tra l'altro, ladefinizione giuridica dell'apprendistato; sancisce il suo diritto alla retribuzione; lanon trattenibilità sul salario delle ore impiegate per la frequenza ai corsi diaddestramento professionale; la determinazione di un imponibile di apprendistida applicarsi alle singole aziende in rapporto al numero di operai da esseimpiegato; il diritto che, in caso di licenziamento, sia computato a favoredell'apprendista, dalla nuova azienda, il periodo di addestramento compiutonella precedente; il dovere di frequentare dei corsi di qualificazione; la que-stione del collocamento; la elencazione delle condizioni da fissarsi in sedecontrattuale ecc.

Posta l'istanza di una revisione è divenuto sindacalmente di attualità ilproblema della possibilità di occupazione, collegato con le retribuzioni pattuite econ l'imponibile. L'urgenza di una soluzione appare anche dall'interessamentodimostrato da molte Unioni e dalle categorie più interessate.

In questa sede, gradiremmo che la discussione spaziasse anche sul terrenodella istruzione professionale, da non confondersi con l'istruzione tecnica,quella cioè propriamente scolastica. Ci riferiamo a quella istruzione che siesplica a favore degli apprendisti e dei lavoratori adulti attraverso corsi di primoaddestramento, di qualificazione, di specializzazione e di perfezionamento, chepossono avere carattere aziendale, interaziendale ed extra aziendale.

È questo un campo nel quale il sindacato deve poter dire la sua parola edesercitare anche una esplicita funzione di iniziativa, come già avviene nei Paesiove la organizzazione sindacale ha più progredito.

Previdenza e assistenza

La situazione in questo campo si è fatta complessa e complicata. Dalla realtàdi istituti sulla cui funzionalità non mancano le critiche, alla pratica ricettativa deibeneficiari, ai progetti in cantiere vi è tutta una fluidità che ci fa quasi sgomenti.Questa è una materia veramente tra le più dibattute in questo secondodopoguerra. È un terreno sul quale, oltre alla varietà ed incostanza dellecongiunture, con la loro ripercussione nello stato d'animo degli assicurati e degli

Page 33: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-33-

assistiti, ha avuto più che mai pesante e sinistra influenza il continuo mutare deirapporti economico-monetari.

Già prima che si ponesse all'opera la Commissione per la riforma dellaprevidenza sociale era stato avvertito un tal quale slittamento. La previdenzasociale, intesa quale sistema di assicurazioni obbligatorie, andava subendoinfiltrazioni e ripetuti sconfinamenti da parte delle più diverse forme diassistenza sociale.

In luogo di muoversi su di una base di rischio, sia pure relativamentepreveduto e coperto, si tendeva a considerare preminente l'esigenza diassumere un onere di natura non assicurativa, rivolto a soccorrere la miseriadovunque e comunque si manifestasse. Si costituiva cosi un titolo di diritto, equindi di rivalsa, dell'individuo verso la collettività, al di fuori di ogni direttacontribuzione personale antiveduta, in vista di un evento valutabile. L'assistenzaè nettamente il campo del quasi assoluto imprevedibile. Ma appunto per ciò ilcampo della maggiore urgenza e della maggiore larghezza di disponibilità.

La Commissione ricordata finì per svolgere e conchiudere i suoi lavori,prevalentemente sotto l’influsso di codesta nuova esigenza. La Costituzionemedesima, con il suo articolo 38, è intervenuta a fissare, con una traiettoria digrande gittata, una serie di pubblici impegni per la costruzione di un sistema diamplissima sicurezza sociale.

È sembrato tuttavia a molti che, pur fissando lo sguardo verso tali fulgidemete della sicurezza sociale, si dovesse riconsiderare con più pacata riflessioneil quadro generale delle fonti contributive del carico delle prestazioni, e sicercasse, in altre parole, un più stretto nesso fra la desiderabilità e la possibilità.Un esempio di solare attualità rivela, purtroppo, la necessità di questa maggioreriflessione. Il Paese che più si era lanciato, senza troppi timori per la formazionesecolare della sua economia imperiale, verso istituti di altissima sicurezzasociale, in senso cioè scarsamente assicurativo, ma più intensamente poggiatosui sistema dei tributi diretti, sembra abbia avuto invece una capacità diresistenza assai dubbia in materia.

Noi particolarmente, in questa sede di L.C.G.I.L., di organizzazione sindacaledei lavoratori, mentre sentiamo di dovere agire più decisamente sulla base diuna previdenza assicurativa - poiché questa si addice ai lavoratori, cioè almondo di chi effettivamente lavora - non possiamo restare insensibili al grido diansia e al gemito di dolore che parte dagli strati sociali che non conoscono lagioia del lavoro. Ecco tutta la falange di coloro - ci riferiamo particolarmente aipensionati - i quali, lungi dal raggiungere, anche solo teoricamente, una relativaautosufficienza, ed estraniati il più delle volte dagli affetti e dalle cure di unafamiglia, sono i diseredati della vita. Dal pullulare della tribolazione e dellasventura, per cui il più completo rimedio non potrà essere d'ordine puramentemateriale, sorge la immensa sfera dei bisognosi, e si distende il vasto dominiodella assistenza sociale. I lavoratori, e tanto meglio quelli dei liberi sindacati,sentono qui la grandezza della offerta di un loro concorso morale e contributivo.

Dal 1 luglio 1947 è in gestione dell'Istituto Nazionale Previdenza Sociale ilFondo di solidarietà sociale, per un assegno temporaneo di contingenza aititolari di pensione di vecchiaia. Detto Fondo è formato con i contributi per metàdei datori di lavoro, per un quarto dei lavoratori, per un quarto dello Stato. Ciòpuò costituire forse una indicazione per il futuro. Vi è il germe di un ritorno ad

Page 34: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-34-

una previdenza diretta. Alcuni nostri Congressi preparatori si sono anchechiaramente espressi per una personale partecipazione dei lavoratori allacopertura degli oneri della previdenza e della assistenza sociale coordinate.

A parte gli apprestamenti tecnici, che saranno da vedere e studiare, è certoche uno spirito nuovo deve nascere per informare soluzioni nuove.

Page 35: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-35-

v

L'AZIONE SINDACALENEL QUADRO DELLA RICOSTRUZIONE DEL PAESE

Uscito il Paese dalla guerra, con il fardello delle distruzioni, con i suoi trafficisconvolti e, per molti settori, con la totale interruzione dei suoi commerci e dellesue attività produttive, gravi si manifestarono le conseguenze, in ordineparticolarmente al tenore di vita delle categorie a reddito fisso, e addiritturaspaventose per quelle senza alcun reddito.

L'avvenuta sensibile riduzione del « reddito nazionale » mieteva, in sostanza,le prime vittime tra i lavoratori, tra i disoccupati, tra i pensionati e in moltecategorie di cui è formato il medio ceto.

Reddito nazionale e salario

Le valutazioni del cosiddetto « reddito nazionale » come è noto, non sono nésemplici né pacifiche. In questi ultimi anni abbiamo, anzi, assistiamo ad uncontinuo dibattito tra gli specialisti circa la misura di questo elemento, edobbiamo dire che non tutte le valutazioni presentate potevano considerarsiobiettive e disinteressate.

Accettando i dati ufficiali dell'Istituto Centrale di Statistica il « redditonazionale » che fu nel 1938 di 135,92 miliardi di lire, è ridotto oggi, semprevalutato in lire 1938, a 109 miliardi: ha cioè subita una decurtazione di oltre il20%.

Come il peso di tale decurtazione è stato distribuito tra le categoriecomponenti la comunità nazionale?

In cifre e percentuali non è semplice stabilirlo. Di sicuro si può affermare cheil maggior onere è caduto sulle categorie povere che dinanzi abbiamo citato. Névale fare riferimento all'attuale indice del salario reale per alcuni gruppi dilavoratori, indice che non segna « nominalmente » una normale riduzione pari aquella accertata sul calcolo del « reddito nazionale », poiché è noto che sudetto salario contrattuale hanno operato e tuttora operano negativamente e inmisura sensibile fatti altrettanto reali, come:

a) fino al 1947, lo sfacciato avvento della speculazione proprio tra igeneri di prima necessità;b) ancora oggi una sensibile generale riduzione di orari lavorativi e ladisoccupazione portata ai suoi indici massimi.

Del resto è dimostrabile che in definitiva i benefici contrattuali conseguiti daalcune categorie salariali non sono affatto scaturiti da una più equa e socialedistribuzione del reddito, con un trasferimento dal capitale al lavoro, quantopiuttosto dal sacrificio registrato e sopportato da altre categorie di lavoratori.

Occorre inoltre notare, che non essendosi mai visto nel nostro Paese iltempo dei salari e degli stipendi alti, neppure nel periodo della cosiddettanormalità economica, le riduzioni operatesi hanno di fatto provocato fra ilavoratori condizioni di vita molto al disotto del minimo vitale.

Page 36: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-36-

Tutto ciò va detto per stabilire non soltanto il punto di partenza dellaformidabile opera dì ricostruzione intrapresa dal popolo italiano all'indomanidella guerra, ma anche per fissare quale sia stato e sia tuttora il tributo pagato atale opera dalle categorie lavoratrici.

Per il Paese

I lavoratori italiani avvertirono fin dal primo momento l'imperativo dellaricostruzione.

Ricostruire il Paese economicamente, ricostruirlo nel costume democratico.Si trattava di dimostrare al mondo che il popolo italiano pur avendo tantosofferto, e sotto l'imperio della dittatura e per la guerra, aveva ancora grandicapacità di ripresa, e che la rinata democrazia sapeva essere più che maiall'altezza dei gravissimi compiti derivanti dalla tragicità della situazione.

Bisogna dire che questa duplice esigenza fu condivisa allora dalla stessaC.G.I.L., quella della prima maniera, quella che viveva ancora nella candidaatmosfera unitaria, essendo per essa allora ancora preminente l'interesse delPaese, e non ancora l'interesse di un partito. Siamo in parecchi a ricordare idiscorsi di Di Vittorio al Comitato Direttivo Confederale di quel tempo, discorsiintesi a contemperare le esigenze dell’azione sindacale con quelle di nondeterminare la carenza dello Stato democratico, mercé le esasperate agitazioni,e ciò per non avvalorare la campagna denigratoria contro i risorti istitutidemocratici, indicati come incapaci dai fogli neofascisti impegnati già allora inuna incosciente campagna di stampa.

Ma venne il giorno in cui la « rotta » cambiò. A determinare il nuovoorientamento è stata la rottura in campo politico, quando caddero anche in sedegovernativa le formule tripartitiche. Da questo momento ha inizio l'involuzionedella C.G.I.L. : crollò in tale circostanza tutto il castello delle « ipocrisie »unitarie. Legati come erano, da tutto un premeditato piano a netto sfondopolitico e di partito, i sindacalisti comunisti non esitarono a mettersi al seguito diquella parte dello schieramento politico che nel Paese, in nome della cosiddetta« opposizione », assunse il ruolo di aggravare onde poterne speculare, letristissime e penosissime sofferenze del Paese.

Da allora la C.G.I.L. non badò più a collaborare nell'opera di ricostruzione,ben sapendo che un tale indirizzo avrebbe meglio servito il Partito a cui di fattosi era legata.

Si è voluta fare questa premessa di contenuto politico per stabilire come iproblemi di cui stiamo per parlare, già difficili da risolvere, furono resi ancor piùcomplessi per l'atteggiamento di uno degli organismi che raggruppavanosindacalmente i lavoratori.

IL MAGGIOR PROBLEMA:LA DISOCCUPAZIONE

Non v'è dubbio che la disoccupazione è stata ed è per l'Italia il maggiorflagello di questo dopoguerra. Per essa vi sono aliquote grandissime dilavoratori, forse alcune centinaia di migliaia, che, se non muoiono di fame, lodevono esclusivamente alla carità pubblica e privata; ed occorre inoltre rilevareche essa, la disoccupazione, contribuisce in misura sensibilissima a ridurre le

Page 37: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-37-

possibilità di vita per le stesse famiglie in cui si trovano operanti unità lavorative,e ciò perché, se è grande il numero dei nuclei famigliari ove per ladisoccupazione totale non entra il benché minimo salario, moltissime sonoquelle ove, sul già scarso salario del fortunato componente che lavora, pesanoaltre unità famigliari disoccupate.

I licenziamenti

Ed è dinanzi a questo quadro, i cui foschi colori non sono certamenteartificiosamente accentuati, che l’organizzazione sindacale si è opposta eintende opporsi alla più volte richiesta libertà indiscriminata di procedere alicenziamenti.

Una volta abbandonato dalle organizzazioni dei lavoratori il terreno dellaopposizione pregiudiziale a forme di alleggerimento di determinate aziende, èdovere civico, è dovere sociale, è obbligo morale per i datori di lavoro,procedere sul terreno di un onesto e umano esame delle singole situazioni,quando queste sono giudicate pesanti. Pretendere, come fanno oggi leorganizzazioni padronali, di voler evitare ogni contatto con le CommissioniInterne quando si deve affrontare la questione dei licenziamenti collettivi,significa porsi nella posizione di chi vede soltanto il proprio interesse, chespesso è pretto egoismo, mostrando con ciò di voler chiudere gli occhi dinanzial dramma che inevitabilmente si schiude per ciascuno dei lavoratori messi fuoridalla azienda.

La Confindustria, dinanzi a queste nostre considerazioni, oppone il piùcandido dei ragionamenti: « ma pensate forse che il datore di lavoro provigodimento nel licenziare, fino a cercare tale godimento ad ogni costo? ».

La Confindustria ci dia atto che anche i suoi organizzati, uomini mortali, sonosoggetti per lo meno alla tentazione di considerare preminente il propriointeresse, in questo caso aggravato dall'esasperato orientamento classista,ormai dote e qualità preclari di gran parte dei datori di lavoro, e poi in qualcherara occasione di avvertire l'istanza degli interessi altrui. Il preventivo esame edibattito, che noi ci ostiniamo a chiedere, delle ragioni che determinano oggi leaziende a licenziare, vuole proprio favorire lo schieramento delle parti su unterreno di obiettiva valutazione dei pro e dei contro, dei diritti del datore dilavoro, che sovente sono ispirati dal desiderio di conservare un già dignitosotenore di vita; e dai sacrosanti diritti del lavoratore, che sono invece sempre deisemplici diritti di conservare un tenue tozzo di pane, per sé e la propria famiglia.

Ecco perché bisogna tornare all'accordo del 7 agosto 1947, sulleCommissioni Interne, migliorandolo se necessario. Ed ecco perché nel semprevivo e scottante problema dei licenziamenti, sembra a noi debba effettuarsi unpiù pronto e soprattutto costante intervento della autorità governativa. Sonotroppo gravi per le famiglie dei lavoratori licenziati le conseguenze, ed evidentisono gli aspetti sociali del problema, perché possa essere abbandonato algioco delle parti, gioco il cui vincitore è in partenza individuato, per poco che siconsideri lo squilibrio delle forze. Al Ministero del Lavoro noi intendiamosottoporre un progetto di legge diretto a consentire l'intervento statalenell'esame di certi pressanti motivi che si affacciano, per giustificare

Page 38: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-38-

temporanee chiusure di aziende o modifiche di ragioni sociali, e ciò solo perconseguire l'obiettivo del licenziamento.

E ancora al Ministero del Lavoro abbiamo ripetutamente chiesto che siaesaminata con occhio diverso e particolare la condizione del disoccupatocapo-famiglia, sia in ordine dell'entità che alla durata del sussidio didisoccupazione.

Ma al Governo poniamo un altro quesito: si dice dunque, che i licenziamentisono un'esigenza a cui non è possibile sottrarsi se si vuole risanare molteaziende; con ciò stesso si presenta il fenomeno come qualcosa di inevitabile,quindi come fenomeno necessario. Di fronte a un problema di tale natura, ditale portata, di tale necessità, e soprattutto recante quelle conseguenze diordine sociale che tutti sappiamo e per vaste aliquote di cittadini, quale deveessere il comportamento di uno Stato democratico?

Evidentemente, lo Stato democratico - nella sostanza e non nelle parole, eperciò veramente fondato sul lavoro - deve provvedere col suo Governo allaprotezione del lavoro con un duplice ordine di misure:

1) Misure permanenti e di fondo, che si realizzano in linea di politicaeconomica più attiva, più dinamica, meno ispirata a criteri di bilancio e dicontabilità, e più decisa a provocare, direttamente o indirettamente, unariattivazione generale dell'economia e nuove occasioni di lavoro. E di questoavremo agio di parlare più deliberatamente, quando ci occuperemo degliindirizzi di politica economica.

2) Misure di emergenza, che immediatamente oppongono a mali dieccezione rimedi di eccezione. E cioè sin da ora, mentre la preoccupazioneprincipale del Governo sembra centrata nello sforzo per il risanamento delbilancio, per l'ordine pubblico, ecc., si potrebbero ad esempio, indirizzare glistessi sforzi a regolare con provvidenze eccezionali il periodo, definito di solopassaggio, che si ha, dal momento che l'operaio lascia lo stabilimento permotivi di alleggerimento e il momento in cui potrà rientrare, perché l'aziendarisulterà risanata. Qualcuno osserverà che siamo nel campo delle soluzionisemplicistiche; ebbene, noi sappiamo di poter rifiutare questa accusa, e di poterdichiarare che tale semplicismo è solo nella necessaria schematicità dellaformulazione, ma che vi corrisponde la realtà di soluzioni politiche concrete,affidata allo sforzo di ricerca e alla volontà di attuazione degli uominiresponsabili.

Certo, non saremo tanto superficiali da non intravvedere tutte le difficoltà peruna soluzione del genere: ne deriverebbero oneri notevolissimi, esigenzetecniche di controllo ugualmente gravose, ecc. ecc. Ma poiché, per contro,esiste il dovere e l'obbligo per lo Stato e per la collettività di nulla tralasciareperché il dramma del disoccupato si riduca almeno nei suoi aspetti piùspaventosi, non vediamo come non si debbano tentare anche le strade piùdifficili.

Perché, onde giungere alla auspicata soluzione, non si riesaminanoprovvedimenti già attuati, e proprio aventi i fini qui accennati, per esempio lescuole di riqualificazione o le cosiddette liquidazioni extra contratto di lavoro,pagate ai lavoratori che spontaneamente lasciano le aziende, per tentare una

Page 39: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-39-

impostazione organica e cavarne fuori una soluzione permanente, almeno finoa che durano le attuali condizioni di eccezione? Evidentemente si tratta dicreare con i contributi dei datori di lavoro e dello Stato, un fondo dicompensazione capace di reggere il lavoratore temporaneamente allontanatodall'azienda. Sarà questione di utilizzare le esperienze fatte con le citateiniziative, allo scopo di realizzare qualcosa di più organico e con procedure piùsnelle e il tutto per meglio adeguarsi alle necessità di oggi.

Del resto ciò sarebbe pienamente conforme alle ripetute dichiarazioni deidatori di lavoro, quando affermano che per ottenere il cosiddetto alleggerimentoaziendale, sono disposti ad accollarsi qualunque onere in altra sede.

Non siamo evidentemente qui a fare il processo a chi è stato la causa di tantiguai, ma ci si consenta ugualmente di rilevare che in questo malauguratoproblema delle aziende profondamente intaccate nella loro efficienza, v'è pureuna notevole responsabilità di molti industriali, i quali non hanno saputo o volutoprevedere le istanze della riconversione. Si pensò a guadagnare con l'industriadi guerra, ma non si compì alcun chiaroveggente sforzo per tempestivamenteprepararsi alle inevitabili difficoltà della riorganizzazione postbellica.

E ci si consenta anche di ricordare qualcuna delle soluzioni che da tempo,anche in linea sindacale si vanno prospettando.

In Confederazione, continuano a pervenire accorati appelli da parte deidisoccupati di molte Provincie, i quali chiedono una maggiore giustizia nelladistribuzione delle attuali possibilità di lavoro e si fa con ciò, chiaro riferimento asettori e zone ove abbondano gli orari straordinari.

Ed è di questo che vogliamo parlare: non è da oggi che le organizzazionisindacali dei lavoratori invocano un riesame di tale problema: ripetutamente èstata richiesta l'applicazione delle quaranta ore su scala generale, conconseguente abolizione degli orari straordinari. Purtroppo nessun seguito larichiesta ha avuto. Perché? A chi tocca affrontare il problema almeno in via diesame preliminare? I singoli industriali non lo faranno mai; la Confindustria nonne ha la forza, per via di quella tal resistenza che ciascun suo organizzatooppone quando vede intaccati i propri particolari interessi. Allora, è anche qui,un compito che deve assolvere l'Autorità Governativa.

Che la questione non sia semplice siamo d'accordo; che essa debba essereprima affrontata sul piano tecnico e sullo stesso « piano » dei costi, ne siamoconvinti, come siamo anche convinti che se una soluzione è possibile questadovrà essere diversa da settore a settore; ma perché queste difficoltà possanotrovare una soluzione bisognerà pure che qualcuno ne concreti l'analisi.

È del Governo in sostanza, a nostro giudizio, il dovere di un intervento anchein questo campo, intervento che potrebbe anche dare risultati positivi. Siincominci con una urgente convocazione di tecnici e competenti della materia,sia ad essi sottoposta per un approfondito esame la questione, e non è dettoche non si trovi la soluzione.

Disoccupazione e “costi”

Di pari passo con la lenta avanzata delle schiarite in campo economico e conl'affermarsi dei primi sintomi di normalità in campo produttivo, ritorna adacquistare il suo giusto peso il problema dei costi di produzione. Problema che

Page 40: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-40-

per quanto riguarda il nostro Paese, assume aspetti di maggior rilievo inrelazione proprio ai nostri mali maggiori. Avendo per noi valore determinante ilfatto che la nostra attrezzatura produttiva sia efficiente e funzionante, e ciòproprio per consentire la più alta possibile occupazione di mano d'opera, nonpossiamo non preoccuparci del costo del nostro prodotto, essendo ovvio cheriuscendo a battere l’altrui concorrenza, maggiori sono gli sbocchi e quindimaggiori e più costanti si prospettano le possibilità di lavoro.

Questa stretta connessione tra « costi », « esportazione », « minor di-soccupazione », è divenuto il tema preferito degli imprenditori ogni qual volta sitratta di affrontare i problemi delle loro maestranze. E sta bene, noi li seguiremoanche su questo terreno.

È vero che all'indomani della liberazione, per aver saputo l'Italia prontamenterimettere in movimento le sue attrezzature industriali, specie in campo tessile, siebbero aliquote altissime di esportazione, con conseguente lavoro, e a pienoritmo, delle fabbriche; per l'assenza quasi totale della concorrenza rivelatasitarda nella ripresa, non si ebbe allora alcuna questione di costi. Invero quello fuil periodo dei grandi guadagni da parte degli industriali, senza che per questo,naturalmente, di tali grandi guadagni si facessero partecipi i lavoratori: questanota acquista bruciante attualità oggi, quando, cioè, per via del ciclonevalutario, si vorrebbero giustificare restrizioni a danno dei lavoratori.

La concorrenza mancata allora è venuta più tardi, ed oggi, ci si ripete, unacappa pesa sulle nostre esportazioni. Ed è in questa sede che più vivo che maisi presenta il problema dei costi, problema che siamo pur noi d'avviso che vatenuto presente e affrontato, anche per evitare che, aggravandosi, diventi essopure altra grave fonte di disoccupazione.

Un approfondito esame del dibattuto problema ci porta ad analizzareinnanzitutto le componenti del costo.

Esse in generale sono:

- costo delle materie prime e sussidiarie- costo delle fonti di energia, (carbone, elettricità, ecc.)- salari, stipendi ed oneri sociali relativi- interessi passivi sui capitali mutuati- spese generali di organizzazione- ammortamento degli impianti- profitti di impresa

- oneri fiscali.

Tra le diverse voci, quella dei salari (compresi gli oneri accessori) è quellache, nella quasi totalità delle produzioni industriali, grava comparativamente dimeno. Gli studi a questo riguardo stanno a dimostrare che in numeroseproduzioni, la voce « salari e accessori » non incide che dal 10 al 30%,scendendo in qualche caso anche al disotto. Le eccezioni relative ad alcuniprodotti non di serie (specie dell'artigianato) non modificano la regola.

È ben strano, quindi, che al fattore « costo del lavoro » si pretenda ancoradare da alcuni una importanza del tutto preminente, solo per il fatto che le altrevoci di spesa si considerano « incomprimibili » - imposte, cioè, dal mercato o

Page 41: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-41-

dalla Legge - mentre quelle salariali si continuano a considerareanacronisticamente come « elastiche ».

È facile rispondere che la non compressibilità del costo del lavoro deveessere altrettanto evidente quanto quella del costo delle materie prime e deiservizi, e che, se mai, essa deve essere la meno toccabile, perché non investedei capitali, ma direttamente degli esseri vivi che sudano, soffrono e creano.

Ad ogni buon conto, nelle altre voci, vi è da incidere, e molto. Vediamonealcune:

a) Materie prime e sussidiarie. È in atto una flessione dei «prezzi all'origine »che non può sfuggire. Se questa flessione trova parziale corrispondenza inquella dei prezzi di alcuni prodotti finiti, essa è peraltro più accentuata là dove ilgioco degli oneri personali e sociali è meno sensibile, cioè appunto, nellematerie prime.

b) Interessi passivi. Ci sono due aspetti da considerare: 1) che unagiustificazione del diritto del capitalista-imprenditore a dirigere l'impresa ed agoderne il profitto, è essenzialmente quella del suo apporto di capitale oltre chedi lavoro e che, pertanto, quando tale apporto (come oggi spesso accade) vienemeno, viene anche a cadere in gran parte quel diritto e la possibilità tecnica diguidare adeguatamente l'impresa; 2) che il costo del denaro altrui (anche sebancario) ha un tasso tale da essere palesemente insostenibile nel quadro delleattuali possibilità di mercato dei prodotti venduti.

c) Spese generali. È una voce su cui incidono nello stesso tempo una diffusairrazionalità organizzativa, e spese « figurative » che debbono essere invececomprese tra i profitti e la remunerazione dei capitali. Quante sono oggi leaziende - ci riferiamo particolarmente ai grandi complessi - ove l'irrazionalitàorganizzativa trionfa e dove non difetta l'inidoneità di una parte almeno deicosiddetti dirigenti?

d) Ammortamenti e ricostruzioni. Cifre notevoli, di regola, specialmentequando chi dovrebbe sostenerne il maggior peso (come lo Stato per i danni diguerra) non può o non vuol farlo, e preferisce trasferirne l'onere all'iniziativaprivata.

e) Profitti d'impresa. Argomento scottante, ma che non può esseretrascurato, soprattutto per la considerazione che in luogo di una accettatariduzione normalizzatrice, in questo campo gli imprenditori continuano aconsiderare legittimi i forti tassi, considerando perdita la differenza tra il profittoconseguito e quello sperato in base a quegli eccezionali margini di congiunturaa cui le vicende belliche e postbelliche li avevano troppo a lungo abituati.

Il problema dei costi è, dunque, soprattutto un problema di tecnica produttiva,di rinnovamento degli impianti, di sistemazione organizzativa; ma ci sia ancheconsentito affermare che esso è pure un problema di riadeguamento sociale edi più stringente moralità del profitto e della spesa.

Page 42: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-42-

Parlando di « costi », si fa molto spesso cenno alla necessità di aumentare laproduttività; produttività che non mancherebbe, dicono i competenti, di giocaresul « costo unitario » del prodotto.

Ed è in ordine a quest'altro aspetto del problema che una parola vogliamodire circa due coefficienti, attorno ai quali si fa un gran parlare: il coefficientedegli « impianti » e quello del « rendimento » dei lavoratori.

Gli “impianti”

È dal 1945 che se ne parla, ma non si può dire che il parlarne molto abbiaprodotto effetti positivi.

Il capitale privato continua a rimanere assente, e se anche non mancanoalcuni lodevoli esempi di industriali che gettano nello sforzo produttivo i loroguadagni, i più si ostinano a tenere i forzieri chiusi, lasciando che le fabbriche sitrascinino dietro attrezzature preistoriche. Quel che si è fatto con i prestitiE.R.P. è per noi ancora troppo poco.

Dal prospetto che segue, si rivela come l'Italia sia uno dei Paesi che, per gliimpianti, ha meno utilizzato i vari aiuti americani.

ACQUISTI EFFETTUATI IN C/ E.R.P.dal 3 Aprile 1948 al 31 Agosto 1949

(in milioni di dollari)

In totale Macchinarie veicoli

%

Turchia 9 8 88,9Islanda 6 2 33,3Benelux 240 63 26,2Olanda 378 58 15,3Danimarca 110 13 11,9Francia 1094 123 11,2Svezia 28 3 10,7Irlanda 47 4 8,5Norvegia 78 5 6,4Grecia 146 8 5,5Inghilterra 1479 76 5,1Austria 243 7 2,9Germania occ. 474 10 2,1Italia 518 9 1,8

È comunque accertato che se esiste un settore ove il capitale italiano rivelale sue maggiori responsabilità, è proprio questo. Il timore del rischio el'incertezza di un alto guadagno, valgono molto più del dovere sociale checiascuno dovrebbe sentire verso il Paese e la collettività, anzi, vincono lo stesso« spirito imprenditoriale » che è a fondamento della funzione e dei dirittidell'imprenditore. È una amara constatazione che merita di essere fatta, e chepotrebbe anche avere un notevole valore orientativo negli atteggiamenti delGoverno in ordine alla sua politica economica.

Page 43: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-43-

Il “rendimento” dei lavoratori

L'argomento dei costi, trasferito sul terreno della « produttività », permette didiffondere nella « pubblica opinione » la tesi che in questa direzione molte sonole responsabilità dei lavoratori, in quanto oggi il loro rendimento non sarebbequello che dovrebbe essere.

Dato per vero che oggi il rendimento dei lavoratori è inferiore al normale,si tratterà di esaminarne le cause. Incominceremo a rilevare quelle di caratterefisiologico: l'abbassato tenore di vita, che in molti casi si concreta in stenti esofferenze, non può non influire fortemente sulle prestazioni che comportanootto ore di lavoro giornaliere: cedimento fisico adunque, al quale però va subitocollegato un vero e proprio cedimento morale, del quale vogliamo soprattuttoparlare.

Occorre qui introdursi ad esaminare i rapporti tra imprenditori e prestatorid'opera. Su questo argomento, il giornale « 24 Ore », portavoce degliimprenditori milanesi, in un suo editoriale pubblicato in agosto, dopo essersiposto il quesito se la crisi economica era ancora una realtà nel nostro Paese,non esitava a rispondere con le più ottimistiche affermazioni, e tra i motivi chegiustificavano tale ottimismo, elencava un « indubbio miglioramento nei rapportitra datori di lavoro e prestatori d’opera ».

Data la « fonte », si deve convenire che qualcosa di vero c'è; soltanto che, aparer nostro, se un merito esiste, questo è esclusivamente dalla parte deilavoratori, i quali di iniziativa propria hanno ampiamente sviluppato unarevisione critica in campo sindacale, sì da determinare un vasto movimento diautoliberazione dalle deleterie impostazioni sindacali comuniste, il cui obiettivoera ed è il sabotaggio della produzione. Per quanto riguarda i lavoratori siamoallora, da questo punto di vista, sulla buona strada; essi si sono resi conto cheun metro di stoffa prodotto in più o una unità in più lavorata al tornio, primaancora di rendere al padrone, contribuiscono a vincere la battaglia delladisoccupazione, e per essi questo obiettivo è stato più che sufficiente per indurlia rifiutarsi di continuare a seguire la demagogica faciloneria delle « cellule ».

Il “contegno” degli imprenditori

Dunque i lavoratori qualche passo in avanti l’hanno compiuto. Quale è statoper contro il comportamento del ceto imprenditoriale italiano?

È tempo di rilevare che se poteva essere necessario liberare l’azionesindacale dei lavoratori dalle deleterie deviazioni politiche, non è menonecessario e urgente che il padronato italiano riveda le sue impostazioni e lesue concezioni circa i doveri che ha verso i lavoratori e verso la collettività.Perché non basta parlare sempre della collettività quando si vogliono esprimeregiudizi sull'opera dei sindacati dei lavoratori; è tempo che questo bene comune,questo interesse del Paese, diventino anche punto di riferimento per giudicarese i datori di lavoro sono o no sulla giusta strada.

Bisogna purtroppo dire che in questo senso la pubblica opinione italiana, chepure è una pubblica opinione di gente povera - perché è certamente povero ilceto medio che in maggioranza la compone - ha avuto completamente travisatala visione delle cose. È sommamente ingiusto esprimere costantemente un

Page 44: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-44-

giudizio negativo sull’opera dei lavoratori e dei loro Sindacati, come se fosseroesclusivamente centri di sovvertimento senza curarsi di conoscere a fondo larealtà. Che nel comportamento di alcuni sindacati dei lavoratori vi siano stati evi siano tuttora tentativi di deviazione, non lo si nega; ma è del tutto fuori luogocondannare in blocco tutto un mondo, il mondo del lavoro, nel momento in cuipostula un minimo di giustizia, sol perché qualche minoranza esce fuori distrada.

Ma perché ugual giudizio severo non si dà - e ci riferiamo ancora allacosiddetta pubblica opinione - sull'atteggiamento del padronato, che rivelatosiincerto e titubante nel primo periodo dopo la liberazione, nei rapporti con ilavoratori è passato successivamente ad un vero e proprio deleterio attivismo insenso reattivo, e quel che è peggio traendo forza dai primi sintomi di stabilitàeconomica ed anche politica, stabilità conquistata a duro prezzo dal Paese?L’assurdo sta infatti qui, che in sostanza c'è chi approfitta dei risultati conseguitiin virtù anche della capacità autocritica dei lavoratori e della loro maggioreconsapevolezza.

Sono purtroppo una realtà i più gravi irrigidimenti su posizioni di resistenzanella trattativa sindacale, di difesa di situazioni economico-sociali, che,comunque si vogliano definire, sono certamente di pieno ed evidente squilibriose raffrontate con le condizioni, i bisogni, la realtà dolorosa dei lavoratori. Siparla tanto male delle posizioni classiste determinatesi tra i lavoratori; ma cheforse non è « classismo » della peggior specie quello assunto da gran parte deidatori di lavoro?

E qui viene in esame il metodo seguito e il comportamento dei datori dilavoro nelle trattative sindacali. La L.C.G.I.L. e i suoi Sindacati di categoria, inpiù di una circostanza hanno saputo contenere le proprie impostazioni neiconfini del sindacalismo più puro, ossequienti ad una prassi che appartiene almiglior sindacalismo del nostro Paese, contribuendo così a svelenire i contrastida ogni elemento eterogeneo. Dunque passo avanti, evidente. Quale è statainvece la linea di condotta dell'altra parte?

Nella trattativa il massimo della resistenza, della irriducibilità, anche di frontea richieste le più tenui, veramente minime. Per avere lo specchio di tutto unostato d'animo, basta pensare alla estenuante trattativa e ai suoi risultati, per larivalutazione delle qualifiche, durata 18 mesi almeno; rivalutazione che avevacome fondamentale obiettivo di determinare i validi presupposti per aumentarela produttività aziendale. E quando, con discutibile atteggiamento, si proclama il« non possumus », di fronte alla semplice richiesta di trattare inoltrata dailavoratori? Questo del pregiudiziale « non trattare » si profila come ungravissimo malvezzo, una vera e propria tendenza, tra i datori di lavoro.

Perché non citare, come elemento orientativo per la pubblica opinione, ilcomportamento della Confagricoltura alla vigilia dello sciopero dei braccianti?Poteva essere anche vero che il partito comunista aspettava, come feliceoccasione, l'ora dello sciopero, ma un'altra realtà la pubblica opinione, e ilgoverno democratico tanto giustamente preoccupato dell'ordine pubblico nondevono ignorare, ed è che gli agrari, dinanzi alle più dimesse proposte dicompromesso avanzate dai sindacati bracciantili alla vigilia dello sciopero,proposte definite più che accettabili dallo stesso Sottosegretario al Lavoro, on.La Pira, opposero un ripetuto no, secco no. Eppure, se c'è un settore ove non la

Page 45: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-45-

giustizia è calpestata, ma la dignità umana, rappresentata in modoparticolarissimo dai braccianti del Sud, è proprio il settore agricolo.

Si pone spesso l'accento sulle deviazioni verificatesi tra i lavoratori, e stabene; ma si abbia altrettanto coraggio di annotare che una revisione dimentalità e di metodi non è meno urgente tra i datori di lavoro. Persistere, comesi fa, anche da certa stampa, e presso molti ambienti della pubblica opinione,nel colorire le tinte a carico dei lavoratori, volendo ignorare gli addebiti che anome degli interessi della collettività sono da muoversi ai datori di lavoro, nonsignifica mostrarsi né sereni, né tampoco obiettivi.

È da rimuoversi una vetusta mentalità in campo « padronale ». La con-cezione cara all'ottocento, del « padrone » nel senso più incontrollato dellaparola, arbitro assoluto dei beni e di chi tali beni collabora a far fruttare, nonregge più. Non altrimenti va detto, se veramente si vuole un clima aziendale dimaggior fiducia, e quindi di maggior rendimento.

Naturalmente è questo un discorso che potrà dare la stura ai più disparaticommenti. Diranno alcuni che non è per questa strada che si elimina la realtà diuna lotta che divide la società. Può essere vero: ma noi che consideriamo, tral'altro, meritevole della più seria valutazione il giudizio della opinione pubblica,vogliamo fin d'ora dire che se la distensione dovesse tardare, si sappia almenoda che parte ricadono le maggiori responsabilità.

Nella diuturna dialettica delle trattative, sappiamo bene, per esperienza, cheè facile alle organizzazioni padronali rafforzare le tesi loro con l'apporto dipotenti schieramenti, di capaci professionisti, economisti e contabili, traendo daciò elemento per un'abile propaganda nel Paese; e a ciò serve certamente tuttoun sistema di diffusione di idee e notizie, che sfugge ad ogni possibile influenzada parte del mondo del lavoro. Purtroppo, in questa direzione, la povertà deisindacati dei lavoratori, posti nella impossibilità di dotarsi di eguale attrezzatura,gioca una parte qualche volta decisiva contro il buon diritto del prestatored'opera.

Ci si consenta però di rilevare che anche qui si è in sostanza ancora sulterreno del rapporto di forza, e non su quello della giustizia. E dopo averprecisato che non saremo noi a rifiutare il terreno della lotta, diremo che, standocosì le cose, nessuno ha il diritto di scandalizzarsi se l'assillante problema delvivere e del come far vivere la propria famiglia, determina nei lavoratori quellostato d'animo d'angustia, sofferenza, e spesso di ostilità, su cui è facile farrifiorire forme inconsulte di lotta, e per il quale si rende difficile risolvere ilproblema della maggiore produttività aziendale.

Disoccupazione e esportazioni

Già abbiamo detto come, in ordine ai licenziamenti, ci si riferisce sovente, daparte padronale, al problema delle esportazioni. L'avvenuta svalutazione dellasterlina ha ulteriormente accentuato tale indirizzo, tanto che la Confindustria ela stampa si sono affrettate a proporre e chiedere sgravi a favore del produttore.

In sostanza, se è vero che il ciclone valutario non ha finora fortementetoccato la lira, è però vero che in campo economico non si dormono sonnitranquilli, in quanto sono attesi ulteriori sviluppi, che si presentiscono, ma che

Page 46: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-46-

ancora non si è in grado di valutare. Le stesse recenti dichiarazioni del Ministrodel Tesoro risentono di tale preoccupazione.

Non v'è dubbio che anche ai lavoratori la questione interessa, tanto più che,come già detto, la parola « esportazione » ritorna frequentissima nelvocabolario dei datori di lavoro in sede di trattative: e torna, naturalmente, infunzione di vera e propria spada di Damocle, pendente sulle condizioni dilavoro. Si veda cosa sta succedendo al Nord in questi giorni nell'industriatessile.

Ci si consenta, intanto, di osservare che è quanto mai curioso questounilaterale modo di ragionare dei datori di lavoro. È sufficiente che si profili unqualsiasi fatto, interno o internazionale, da cui ne possano discendereconseguenze negative per la nostra economia, che si corre subito a individuarei possibili riflessi in rapporto alle condizioni dei lavoratori; naturalmente ugualeindirizzo non è seguito quando, verificandosi altri « fatti » interni o internazionali,le conseguenze per l'economia, invece che deprimenti, si manifestano fecondedi vantaggiosi risultati. Vedi nel primo caso la svalutazione della sterlina, e vedinel secondo caso i grossi affari realizzati, per esempio, dall'industria tessilenegli anni successivi alla liberazione. È in sostanza, anche qui, un problema dimentalità evidentemente assurda e anacronistica.

Per quanto si riferisce alla cosiddetta « contrazione » delle esportazioni, nonsi è comunque attesa la svalutazione della sterlina per parlarne. Da qualchemese è l'argomento principale con cui le imprese giustificano le richieste dilicenziamento. Eppure i dati statistici non dicono affatto che il fenomeno abbiaassunto proporzioni tali da legittimare un tale indirizzo, ché anzi si hannonotizie, se mai, di miglioramenti.

Infatti, valutate a peso, le medie delle esportazioni sono state nel 1947all'incirca un 43% di quelle anteguerra. Nel 1948 la media è salita all'84%, e nelprimo semestre di quest’anno 1949, la situazione non è affatto peggiorata. Si èregistrato anzi un ulteriore aumento, il che vuol dire che con il ritmo iniziato,quest'anno potremmo toccare e superare le stesse esportazioni complessivedel 1938. Del resto la conferma ufficiale è stata data in questi giorni dal Ministrodel Commercio estero in un suo discorso alla Camera.

Anche nei prezzi di realizzo, la situazione non è meno vantaggiosa, essendopassata, sempre in rapporto al 1938, da un indice nel 1947 dell'87%, al 118%nel 1948, indice confermato nel primo semestre di quest'anno.

Del resto, non è forse l'Italia l’unico Paese per cui si è disposta una riduzionedegli aiuti ERP per 40 milioni di dollari a causa « di un incremento delleesportazioni superiori al previsto » (come si legge negli atti del Senatoamericano)?

Se questi dati sono esatti, e lo sono, viene da chiederci, dove sta l'attualeperiodo critico delle esportazioni?

È pur vero che in argomento giocano elementi tutti propri nel mondo deidatori di lavoro. Settori più favoriti e altri meno favoriti. Ci sono in sostanza nelmeccanismo delle produzioni e degli scambi, operatori che guadagnano e altriche perdono, ma è questa una questione interna degli imprenditori, e come daquella parte si è pronti, capaci e di iniziativa, quando trattasi di organizzarsisindacalmente per far fronte alle rivendicazioni dei lavoratori, non sarebbe male

Page 47: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-47-

che uguale prontezza, capacità e iniziativa dimostrassero nel determinare unamaggiore disciplina, onde comporre le loro divergenze di interessi.

Possiamo ben supporre quanto riesca difficile alla Confindustria e allaConfagricoltura questo compito, ma è proprio per questo, cioè per questoprevalere di egoismi e interessi particolari, di questo settore o di quella impresa,che contestiamo il diritto quando gli affari non vanno nel senso desiderato, dichiedere soccorso allo Stato, e tantomeno di far cadere le conseguenze sulPaese e sui lavoratori.

In sostanza, resta sempre l'imperativo per il mondo dei datori di lavoro dimettersi su un terreno di maggiore socialità, non rifiutandosi di collaborare conlo Stato e i lavoratori per un migliore assetto produttivo generale ed unamigliore ripartizione dei redditi di impresa tra settore e settore, tra gruppo egruppo industriale; abbandonando quella linea (più agevole sì, ma certamenteantisociale) che, a forza di far dogma di ogni libertà economica, finisce perassistere impotente ad una lotta non di emulazione, ma di sopraffazione, non diassestamento, ma di monopolio.

Disoccupazione ed emigrazione

Non v'è alcun dubbio che il fermo posto alla nostra emigrazione gioca inmisura sensibile in tutta la questione della disoccupazione.

Il dato di partenza del problema demografico italiano sta in circa 500 milaunità di eccedenza annua dei nati vivi sui morti. Su questo dato operasoprattutto il fattore di una maggiore vita media, ma ciò nonostante è facilmenteaccertabile come, ogni anno, le nuove unità lavorative che vanno ad accrescerela nostra popolazione attiva, siano circa 300 mila.

Nelle attuali condizioni economiche del Paese sono pertanto 300 milalavoratori che vanno annualmente ad aumentare il numero dei disoccupati.Inoltre, i tecnici affermano che le stesse possibilità potenziali di assorbimentoda parte dell'agricoltura sono limitatissime, essendosi ormai raggiunta una«saturazione» tra popolazione agricola e superficie coltivata.

Si aggiunga che durante e dopo la guerra i rimpatri dei nostri emigrantihanno superato largamente le 300 mila unità, delle quali una parte nontrascurabile era proveniente da quelle colonie italiane, nelle quali è assaiproblematico che i nostri lavoratori possano tornare.

Per attenuare le gravi conseguenze di un tale stato di cose non sono mancatigli sforzi da parte degli organi governativi, diretti a ottenere la riapertura ditradizionali o nuovi sbocchi alla nostra mano d'opera. Scarsi sono stati però irisultati, e forse la ricerca di soluzioni concrete è stata anche ostacolata daiconflitti di competenza tra Ministero degli Esteri e Ministero del Lavoro; conflittiche realizzano un esempio classico di quella inadeguatezza di struttura di moltidegli organi centrali dello Stato, rispetto ai quali anche noi lavoratori dovremodire la nostra parola, perché non è ammissibile che problemi vitali per ilavoratori tardino a ricevere la loro soluzione a motivo del cattivo funzionamentodi superatissime strutture dell'Amministrazione statale.

Noi siamo comunque d'avviso che si debba insistere per la realizzazione diun progetto, sul quale si sono trovati d'accordo i rappresentanti del Governoitaliano nell'O.E.C.E. e i delegati italiani nel Comitato sindacale internazionale

Page 48: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-48-

per l'E.R.P., progetto che comporta l'utilizzo degli aiuti E.R.P. a favore di unaadeguata attrezzatura industriale ed agricola di Paesi dalle larghe possibilità diricettibilità, e ciò per consentire l'assorbimento di vaste aliquote di manod'opera.

Dobbiamo inoltre aggiungere che, convinti come siamo della necessità chesu questo piano di concreta solidarietà internazionale si incontrino leorganizzazioni sindacali democratiche, alla Conferenza preparatoria dellanuova Libera Confederazione Mondiale dei Sindacati tenutasi a Ginevra, ilSegretario Generale della L.C.G.I.L. poneva al centro del suo interventoprecisamente il dovere dei lavoratori dei Paesi più favoriti, di andare incontro ailavoratori dei Paesi più poveri.

Disoccupazione e politica economica

Le proporzioni assunte dal fenomeno della disoccupazione nel nostro Paeseautorizzano ad indagare se mai, tra le cause almeno del suo lungo perdurare,non vi sia anche l'indirizzo seguito dalla politica economica governativa.

Tanto più che capita sovente di sentirsi dire, dinanzi alle molte difficoltà disoluzioni di questo o di quel problema, che esistono, insormontabile ostacolo, leinsufficienti possibilità del Paese. E qui ritorna l'argomento del « redditonazionale » che ha da essere incrementato.

Esaminiamo allora questo altro aspetto del problema. Dinanzi alla accertatalimitatezza del « reddito nazionale » viene spontanea una domanda: questolimitato « reddito » è proprio utilizzato con la razionalità che la situazioneeconomica e sociale del Paese impone? Per esempio: di fronte ai bisogni dieccezione rappresentati dalla necessità di promuovere nuove occasioni dilavoro, qual è la percentuale del cosiddetto « reddito nazionale » che a questofondamentale scopo è stata e viene destinata?

Com'è, in parole povere, suddivisa la torta, purtroppo piccola, di cui disponeoggi il Paese? Qui si affaccia tutto il grosso problema degli investimentiproduttivi, dell'utilizzo del risparmio e dello stesso risanamento del bilancio. Ci siconsenta: è proprio da perseguirsi ad ogni costo, come meta prima edesclusiva, il risanamento del Bilancio, quando il Paese ha la massa deidisoccupati a tutti ben nota? Naturalmente non è tanto l'opportunità di unaricerca del pareggio che viene contestata quanto le modalità di politicaeconomica e i termini di tempo in cui si condiziona una tale concezione delpareggio finanziario.

E qui allora prendono corpo le obiezioni che da più parti si fanno, circa lanecessità di una politica economica governativa più attiva, più lungimirante,meno incerta, e se necessario più ferma nell'incisione sui settori e sui ceti che sirivelano sempre più insensibili ai bisogni della collettività.

Se dicessimo che il Governo democratico nulla ha fatto per fronteggiarel'assillante problema della disoccupazione, saremmo quanto mai ingiusti. Noidesideriamo anzi dare atto, particolarmente ai Dicasteri del Lavoro e dei LavoriPubblici, dell'evidente sforzo da essi compiuto per energicamente fronteggiarel'angoscioso problema. Sono ben presenti a noi le geniali provvidenze delministro Fanfani in ordine alle scuole di riqualificazione, i cantieri dirimboschimento, la costruzione di case, ecc. nonché la fervida opera del

Page 49: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-49-

ministro Tupini per la ricostruzione edilizia e della viabilità in tutto il Paese. Daquesto sforzo ne è certo venuto un alleviamento della piaga.

Ci si consenta tuttavia di osservare che oltre a queste, altre strade avrebbepotuto percorrere il Governo democratico, strade che possono peraltro ancoraessere percorse, strade che portano direttamente alla sostanza della tantodibattuta questione.

Ed eccoci cioè all'istanza di una politica economica, almeno nell'indirizzo,meno incerta. Forse basterebbe avere idee chiare e ben definite su cosa si vuolfare. Sono recentissime alcune dichiarazioni di fonte governativa, eautorevolissima, che citiamo a puro esempio di questo permanere di lineeincerte: « dobbiamo deciderci cosa fare dell'I.R.I., se cioè esso deve esseresoltanto un tentativo di salvataggio di alcune imprese o se invece deve tradursiin forme definitive di vera e propria nazionalizzazione », e poi ancora:

« dobbiamo deciderci di esperimentare la nazionalizzazione osocializzazione di determinati settori ».

Come è possibile contestare che è proprio da questa confessata incertezza,che alla fin fine è derivato una specie di fallimento di un istituto che potevarappresentare un esperimento positivo verso strutture nuove, richieste daesigenze sociali dell'economia, in contrasto con le tesi liberiste? Fallimento nonsoltanto strutturale, poiché gravi hanno finito per essere le conseguenze pertutto un complesso di imprese che l'I.R.I. controlla.

A nostro parere gli obiettivi di una politica economica chiamata al riassetto diun Paese impoverito dagli eventi bellici sono essenzialmente due: ricostruzionemateriale in vista di una adeguata ripresa produttiva, e riequilibrio tra i varifattori produttivi. In sostanza un aspetto tecnico-economico ed uno sociale.

Se in un Paese, la cui ricchezza è stata largamente distrutta, c'è un problemache si impone in via preliminare, esso è quello della stretta economia. Sia sottola forma del risparmio reinvestito in nuove produzioni di ricchezza, sia sottoquella della « selezione tecnica » per evitare ogni spreco di concorrenza.

In conseguenza occorre puntare su:

1) massimo sfruttamento ed acquisizione di materie prime;2) pieno utilizzo delle forze di lavoro esistenti;3) mobilitazione di tutti i capitali inerti;

4) programmazione degli obiettivi economici da raggiungere con ilminimo dei mezzi, sia in seno alle singole imprese che nei rapporti tra le diverseproduzioni.

In pratica, si tratta di stimolare al massimo l'iniziativa privata, sostituendosiad essa o disciplinandola allorquando essa pensa a deviare dagli obiettivi ultimiche, nel quadro nazionale, ci si propongono.

Questo tipo di « libertà economica vigilata » è tanto più necessaria in quantola concorrenza di gruppo fatta sul piano commerciale, anziché su quellotecnico-produttivo, è enormemente onerosa e dannosa al Paese e ai singoli,conducendo a perdite secche assolutamente inammissibili in un sistemaeconomico già impoverito.

Page 50: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-50-

Circa i capitali è mancata la mobilitazione di quelli inerti e la spinta alrisparmio e all'investimento di una parte del reddito, sia di lavoro che di capitale.Lasciati liberi, i capitali o si sono imboscati o si sono perduti in consumiimproduttivi. Lo Stato ha esso stesso offerto motivi all'imboscamento, in tremodi:

1) Con la politica di restrizione del credito che lascia privi di destinazionenotevoli masse di depositi nelle banche ed impone alti tassi di interesse nonchéonerose garanzie reali ai mutuatari.

2) Con la concorrenza alle banche e ai privati nell'assorbimento del risparmioattraverso buoni del tesoro ordinari, buoni postali, ecc. il cui gettito è destinatonon tanto a fini produttivi di interesse collettivo ma a soddisfare esigenze diTesoreria.

3) Con la libertà concessa più al commercio che non all'industria, conconseguente orientamento del denaro verso la compravendita piuttosto cheverso gli investimenti industriali diretti, a medio e a lungo termine.

In dipendenza di ciò, il reddito, anziché venire destinato nella maggior misurapossibile, o spontaneamente o coattivamente, a fini produttivi, preme verso iconsumi diretti (alimentari, di abbigliamento, di lusso) che, fra l'altro, conl'aumento della domanda dei beni relativi accentuano la dinamica dei prezzi alminuto e rendono necessarie importazioni di generi di consumo diretto più chedi beni strumentali.

Tutto ciò evidentemente risulta dannoso in ordine alla politica di austerità chenon poteva non essere utile per noi. Politica che di fatto si è realizzataesclusivamente per quelle classi più umili, che attanagliate dalladisoccupazione e dal carico famigliare, non possono risparmiare nulla per ilsemplice fatto che mancano pure dell'indispensabile.

In sostanza, la preoccupazione non è stata l'equilibrio economico generaledel Paese, ma l'equilibrio del bilancio dello Stato secondo una mentalità daamministratori sì , ma non da economisti.

Page 51: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-51-

VI

L'UTILIZZAZIONE DELL'E.R.P. IN ITALIA

Già in altri capitoli abbiamo ricordato gli aiuti E.R.P. Qui vogliamoriprendere l'argomento, innanzitutto per riaffermare il nostro convincimento chesenza tali aiuti le condizioni di vita del popolo italiano, e in particolare deilavoratori, sarebbero state di gran lunga peggiori di quelle di fatto registrate.Poiché è certamente difficile contestare che l'arrivo in Italia di oltre millepiroscafi carichi di cereali, materie prime, carbone ecc., che l'immissione nellanostra esautorata economia di notevoli mezzi finanziari non abbia volutosignificare per i lavoratori italiani una mensa più abbondante, un numeromaggiore di macchine in funzione, i commerci riattivati e, quindi, menodisoccupati, un migliorato tenore di vita, una ripresa più rapida della nostra vitaeconomica.

È stato questo il formidabile errore compiuto dai comunisti dirigenti laConfederazione del Lavoro; per quanto essi sapessero di dover rispondere delloro operato al loro Partito, e più in là a chi guida la lotta comunista nel mondo,mai avrebbero dovuto svelare così apertamente la loro sudditanza politica,schierandosi contro il più concreto degli atti di solidarietà che mai un popolo hapotuto compiere a favore di un altro popolo, e, nel caso in questione, di questonostro popolo di lavoratori di cui la Confederazione si diceva interprete e tutrice.

Finalità degli aiuti

Ciò ricordato pensiamo che qualcosa debba dirsi circa l'utilizzazione e l'impiegodegli aiuti E.R.P. in Italia.

Incominceremo con l’osservare che forse, per l'assillante preoccupazione diraggiungere l'equilibrio del bilancio dello Stato, nel primo anno di utilizzazionedegli aiuti E.R.P., non sempre si è tenuto conto delle finalità che gli stessi aiutisi sono proposti. Basta infatti osservare la destinazione data a quella parte delFondo-lire che in questo primo anno è stata utilizzata.

Sono 246 miliardi cosi suddivisi:

- opere pubbliche 20 miliardi- Fanfani case 15 “- costruzioni navali 15 “- bonifica 70 “- turismo 8 “- disoccupazione 15 “- ferrovie 90 “- siderurgica 13 “

246 miliardi

Page 52: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-52-

Di questi 246 miliardi, un buon 40% sono evidentemente stati destinati adalleviare precisi impegni di bilancio dello Stato. Ci riferiamo alle voci: operepubbliche, bonifiche, costruzioni navali e ferroviarie.

Si è cioè operato nel senso di impiegare i fondi E.R.P. proprio per quell'usoal quale essi, secondo le stesse convenzioni regolanti gli aiuti americani, nonavrebbero dovuto essere destinati.

Infatti non occorre perdere di vista le caratteristiche dell'ERP, rappresentatesoprattutto dalla sua eccezionalità; esso non è che un aiuto straordinario, unsovrappiù destinato a gettare le organiche premesse per la necessariaautonomia economica che il Paese deve raggiungere entro il 1952.

Disperdendo tali aiuti in opere che si potrebbero chiamare di prontosoccorso, si raggiungono detti scopi? Non sembrerebbe, tanto più che, per lanatura stessa della destinazione adottata, non si è potuto seguire unaimpostazione unitaria, sicché si è avuto un dannoso frazionamento fra Comitatie Ministeri, come un qualsiasi altro mezzo finanziario « interno », dacontendersi e da impiegarsi per ciascuna parte con criteri autonomi. Da ciò èderivata la costituzione, oltre che del « Comitato dei Comitati » (il C.I.R. -E.R.P.), di ben otto Comitati ministeriali E.R.P., tutti di natura consultiva e nondeliberativa, in quanto i poteri normativi e di procedura rimangono affidati allevarie Direzioni Generali, Divisioni, ecc. Si è cioè praticamente determinata unatale « burocratizzazione », che raddoppia quando non triplica, la già complessaprocedura esistente per le importazioni, per i pagamenti, per i trasporti, per laconcessione dei crediti, per le sovvenzioni, per l'approvazione dei progetti ecosì via.

E.R.P. e massima occupazione

Precise critiche noi sentiamo di dover muovere in altra direzione: è adesempio sintomatico che si sia reso necessario l'intervento del nostro ComitatoSindacale per l’E.R.P. per far ridurre del 50%, la percentuale di grano macinato,nell'aliquota delle importazioni di farine. Come il problema è stato visto da noi,nell'interesse dei lavoratori italiani addetti all'arte molitoria, perché non fu vistoprima dagli organi governativi preposti all’E.R.P.?

Questo di battersi, insistere, resistere nel concretare i piani di importazione,perché non siano ignorate le maggiori esigenze della nostra industria infunzione anche di impiego di mano d'opera, è un impegno al quale l'autoritàgovernativa italiana deve sentirsi decisamente vincolata.

E, sempre in ordine al problema della massima occupazione, ci si deverammaricare che, mentre per l’acquisto di macchinari americani si può operarea credito, per i macchinari di produzione nazionale è d'obbligo operare incontanti, determinando così vere e proprie impossibilità di lavoro in casa nostra.Così dicasi del ritardato finanziamento della piccola e media industria: quandosi considera che l'impresa italiana è soprattutto caratterizzata dalla piccola emedia fabbrica, e che la crisi finanziaria ha soprattutto mietuto in questa sede,non si vede perché provvedimenti annunciati da tempo siano ancora di là davenire.

Page 53: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-53-

Prevenire l'arrembaggio ai profitti

Riteniamo non sia sfuggito ai dirigenti governativi dell'E.R.P. come l'impiego delFondo-lire determini la possibilità di sproporzionati profitti a favore dell'uno odell'altro settore produttivo. Si noti ad esempio cosa è accaduto nel campo dellaricostruzione edilizia. La realizzazione dei piani Fanfani e Tupini non poteva noncausare una sensibile richiesta di materiale da costruzione, e poiché in questosettore è di fatto esercitato un vero e proprio monopolio, i profitti privati sonosaliti alle stelle. Queste constatazioni ci inducono a chiedere provvedimentipreventivi e controlli severi, intesi a mettere il catenaccio ad ogni possibilespeculazione. Non si deve dimenticare che il Fondo-lire è destinato al Paese enon all'arricchimento dei singoli.

E su questo argomento vogliamo concludere augurandoci che, lasciata in viadefinitiva la concezione di un E.R.P. visto come « piano di assistenza », si puntidecisamente al suo utilizzo sul piano organico di un decisivo contributo a crearele premesse per nuove occasioni di lavoro.

E ci si perdoni il bisticcio : diciamo occasioni, rifiutandoci di dire occasionali.Si pensi cioè ad un rapido ma stabile ringiovanimento della nostra strutturaproduttiva. Per noi lo sforzo maggiore dovrebbe essere rivolto alle importazionidi macchine e di impianti, non disgiunto questo sforzo dal tentativo di renderepossibile la produzione, almeno in parte, delle stesse macchine nelle nostreofficine surrogando se necessario l'assenza del capitale privato con l'utilizzo diuna parte del Fondo-lire.

Page 54: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-54-

VIl

RIFORME

La riforma fondiaria

La L.C.G.I.L. ha preso netta posizione in favore della « riforma fondiaria »,sostenendo la necessità che le stesse linee fondamentali annunciate nellarelazione ministeriale debbano essere migliorate se si vuole che la « riforma »risponda effettivamente ai suoi fini di giustizia e di piena valorizzazione socialee produttiva nel mondo agricolo.

Non dobbiamo nasconderci che il problema è di portata storica, ed appuntoper questo abbiamo ritenuto nostro dovere esprimere con assoIuta chiarezza ilnostro punto di vista: non intendiamo che una iniziativa di questo genere, allaquale sono legate le sorti di un profondo rinnovamento sociale ed agricolo,debba correre il rischio di ridursi a soluzioni di compromesso o di essereattenuata nei suoi fondamentali obiettivi per le forti resistenze che necontrastano il cammino.

Questo va detto, soprattutto nel momento in cui i ceti interessati cercano disviluppare una vera e propria azione di sobillazione e di aggiramento con ilpreciso scopo di sabotare le iniziative del Ministro Segni. Vada avanti il Ministroché di contro alle violenti ostilità di pochi tardigradi, vi è per l'opera sua il pienoconsenso e il più caldo incoraggiamento non soltanto dei lavoratori ma dellastragrande maggioranza degli italiani.

Noi sosteniamo che la « riforma fondiaria » deve essere radicale. Ènecessario, quindi, valutare con profondo senso di responsabilità la situazioneper vedere sino a quale punto, e in che misura, il lavoro agricolo possa trovareun concreto sollievo nel massimo incremento produttivo, attraverso le opere dibonifica e di miglioramento fondiario, e con l'avviamento del maggiore numeropossibile di famiglie lavoratrici alla proprietà coltivatrice.

È evidente che l'intervento dello Stato dovrà essere sufficiente, in quanto nonsi tratta della semplice redistribuzione di terreni eccedenti un determinato limite,ma di riuscire a creare un ambiente favorevole alla piccola proprietà contadina,in modo che con opportune agevolazioni nel riscatto e nella coltivazione, illavoro possa affermarsi in questa nobile battaglia di redenzione produttiva esociale.

Sarebbe « delittuoso » fare soltanto dei piccoli proprietari abbandonati a sestessi, per poi vederli ricacciati nelle categorie diseredate dalle qualiprovenivano. La « riforma » in questo caso sarebbe fallita, esasperando etradendo gli stessi lavoratori.

Noi chiediamo al Governo che il progetto sulla « riforma fondiaria » sia unprogetto coraggioso, completo: non si creda di poter fare la « riforma » con unprogramma che non tenga conto di tutti gli obiettivi cui essa deve servire:

La proprietà privata è rappresentata da 9.512.242 ditte per una superficiecomplessiva di ha. 21.572.951, così distribuita:

Page 55: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-55-

Montagna proprietà n. 3.759.201 superficie ha. 6.771.743

Collina proprietà n. 3.890.048 superficie ha. 9.772.482

Pianura proprietà n. 1.862.993 superficie ha. 5.028.726

Calcolando le proprietà che in collina e in pianura superano i 50 ha., si hannon. 37.264 ditte per una superficie totale di ha. 5.612.345, mentre le proprietàsuperiori ai 200 ha. - nelle stesse zone - sono n. 6.285, per una superficie di ha.2.812.750.

Si rileva, pertanto, che mantenendo il calcolo su due categorie soltanto(collina e pianura) la « riforma fondiaria » può operare in misura tale, che,disponendo anche dei terreni di proprietà di enti, e pubblici, si ritiene superioresenz'altro alla superficie « scorporabile » prevista nella relazione del Ministrodell'Agricoltura, e cioè di ha. 1.200.000 - 1.500.000.

Se si aggiunge, come devesi aggiungere, anche la montagna, almeno per laparte che si prevede « scorporabile », la disponibilità della superficie totale puòlargamente consentire la sistemazione di oltre 300 mila famiglie contadine.

Fissando quindi le nostre richieste in materia di « riforma fondiaria »,propugniamo:

a) la determinazione di un « limite » che consenta il più largo recupero diterreni destinati alla piccola proprietà;

b) la massima utilizzazione dei « terreni pubblici », il riscatto dei quali puòessere regolato attraverso la enfiteusi;

c) il riordinamento di tutte le leggi della bonifica e dei miglioramenti fondiari inmodo da incrementare l'attività produttiva;

d) che venga sancita la facoltà dell'esproprio, anche oltre il limite, nel casoche la proprietà non adempia alla sua funzione sociale;

e) una efficace organizzazione del credito e dell'assistenza tecnica allapiccola proprietà contadina;

f) la sostituzione del lavoro a salario con forme di cointeressenza a minimogarantito.

I contratti agrari

Anche sul piano dei contratti agrari la L.C.G.I.L. non è rimasta seconda adalcuno; un ampio studio al progetto di riforma dei contratti agrari è statopredisposto dal Settore Terra della Confederazione e largamente distribuito.Esso sarà sicuramente di chiaro orientamento nelle prossime discussioni alParlamento.

Page 56: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-56-

Dobbiamo riconoscere che in materia di contratti agrari si procede con moltalentezza: la discussione preliminare è durata circa due mesi ed essa haconsentito, però, di individuare gli amici e i nemici della « riforma». Si sono fattemolte parole, mentre gli avversari della « riforma » hanno battuto sul terrenodelle comuni preoccupazioni senza affrontare l'aspetto fondamentale: quellosociale, senza del quale la « riforma » resterebbe un semplice riordinamentolegislativo di norme contrattuali. È l'aspetto sociale della “riforma” quello da cuimuovono le legittime rettifiche di una situazione divenuta penosa e di esclusivoprofitto di una parte sola.

Noi difendiamo la “riforma” opponendo due considerazioni preminenti : a) illavoro è il fondamento della produzione e su di esso si fonda la Repubblicaitaliana; b) il diritto alla vita di ogni cittadino è il principio di più equi rapportisociali sancito dalla Costituzione.

La legislazione sui contratti agrari dovrà pertanto stabilire il criterio della« giusta causa », senza del quale i rapporti associativi e di affitto a coltivatoririmarrebbero esposti alle alternative e ai permanenti pericoli della disdetta.Inoltre: il diritto di prelazione; le migliorie obbligatorie; percentuali piùremunerative; l'equo canone; riordinamento della colonia parziaria, impropria edi quella migliorataria, nonché il diritto alla affrancazione nel caso di terreni noncostituenti delle unità poderali e da anni coltivati dalle famiglie lavoratriciall'opera esclusiva delle quali si debbono i relativi miglioramenti.

La L.C.G.I.L. sostiene inoltre che la legge sui contratti agrari deve prevederela stipulazione di successive regolamentazioni sindacali in modo da realizzare,con i patti regionali o provinciali, una struttura dei rapporti in armonia con i variambienti agrari e con quelle particolari caratteristiche locali che la legge nonpuò in via generale stabilire, senza precludere al sindacato l'esercizio di uno deipropri compiti fondamentali.

Noi crediamo fermamente nella « riforma agraria »: non crederemmo allanostra fatica e alla legittima aspettativa delle nostre categorie lavoratrici, se nonintravvedessimo nella « riforma agraria » una grande meta da raggiungere.

I Consigli di Gestione

Il Consiglio di Gestione è certamente uno degli aspetti della auspicatamodifica strutturale in campo industriale. Per noi, la presenza dei lavoratorinella operante direzione dell'azienda, è richiesta dalla concezione che abbiamodel lavoro. Accettato il principio che il lavoro non è né merce né macchina, nediscende che il lavoratore assume di diritto il ruolo di compartecipe dei compitidirettivi come lo è dello sforzo produttivo.

Ciò premesso, accanto ad altri possibili istituti, il Consiglio di Gestionerappresenta certamente uno dei « modi » con cui l'enunciato principio trovaconcreta realizzazione.

Senonché anche qui la strategia di partito, a cui si è ispirata tutta lacampagna condotta a favore dei Consigli di Gestione in campo comunista, hasortito l’effetto di suscitare contro l'istituto, la diffidenza ed anche l’opposizionedella pubblica opinione, con la naturale soddisfazione degli industriali.

Si può dire in sostanza che i comunisti sono tra i principali « affossatori » diuna delle maggiori rivendicazioni del mondo del lavoro. Del resto, non era

Page 57: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-57-

indispensabile un grande acume per capire che mai i datori di lavoro avrebberoconsentito ad introdurre nelle loro aziende un istituto che per le funzioni ecaratteristiche che gli venivano assegnate, manifestava chiara la volontàsabotatrice dei promotori.

Noi ritorniamo in ogni modo a rivendicare l'istituto dei Consigli di Gestionenelle imprese, con funzioni consultive, convinti che l'apporto dei lavoratori,specie in sede tecnica, non potrà che dare risultati positivi nel processo direvisione e miglioramento della nostra struttura produttiva. Così concepito ilConsiglio di Gestione non potrà non assolvere per i lavoratori un'utile funzionedi scuola di responsabilità e di competenza in vista del domani.

La riforma della burocrazia

Anche in favore di questa riforma che, per gli aspetti sotto i quali è statatrattata finora, ha assunto toni di particolare nebulosità per l’opinione pubblica,la L.C.G.I.L. prende una decisa posizione, sostenendo la necessità che ad essasi ponga mano con la massima sollecitudine, con completezza e con organicità,e che tale compito venga affidato a persone, o amministrazioni, o organisminettamente e chiaramente definiti.

Con sollecitudine: perché il prolungarsi della situazione di fatto reggentesi suun complesso di norme decisamente superate, nuoce al buon funzionamentodell'amministrazione pubblica e perpetua uno stato di insopportabile disagio deilavoratori dello Stato. Con completezza: perché nessuna delle parti checompongono il corpo di questa complessa riforma può essere trascurato oaccantonato. Con organicità: perché grave errore sarebbe procedere asoluzioni di problemi parziali senza una visione panoramica e collegata dei variaspetti della riforma stessa.

Altrettanto indispensabile è definire con chiarezza chi dovrà occuparsi diquesta riforma e dare ad essa (Ente o persona) una competenza esclusivanella materia. Sarebbe infatti sommamente pericoloso ed assolutamente nonproducente perpetuare il sistema fin qui seguito, per cui singoli aspetti dellariforma, o provvedimenti di legge ad essa relativi, sono stati trattati senza alcuncoordinamento dalle più varie amministrazioni ed autorità, provocando unasempre più notevole confusione di idee al riguardo.

Nella sostanza la L.C.G.I.L. imposta la riforma sui seguenti punti:

a) normalizzare la situazione del personale eliminando le posizioni diprecarietà del rapporto di lavoro di alcune categorie (avventizi e salariati non diruolo) in omaggio al principio che a esigenze normali ed ordinarie delleAmministrazioni si deve provvedere con personale stabile;

b) rivedere gli stati giuridici del personale, sia perché ormai sorpassati,sia per rendere più snella e più funzionale la carriera dei dipendenti dello Stato;

c) rivedere il trattamento economico dei dipendenti, non solo dal puntodi vista dell'ammontare delle retribuzioni, ma anche per raggiungere unamaggiore semplicità nel trattamento retributivo, e per eliminare le attuali

Page 58: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-58-

sperequazioni tra dipendenti dello stesso gruppo e grado, createsi in virtù diconcessioni speciali, differenti da Amministrazione ad Amministrazione.

d) definire una volta per sempre il problema della consistenza numericadel personale dipendente dallo Stato, attraverso una accurata indagine svoltanelle singole Amministrazioni sulla base delle esigenze di ognuna di esse, eprocedendo, di conseguenza, al trasferimento di personale da quelleAmministrazioni che ne abbiano in esuberanza a quelle che ne siano invecedeficitarie.

e) rivedere il funzionamento e l’ordinamento interno delle Am-ministrazioni e le leggi relative (compresa quella sulla contabilità generale delloStato) in modo da semplificare il meccanismo burocratico, puntando soprattuttosu un'accentuazione della responsabilità dei singoli uffici, così da renderne piùsnello e sbrigativo il funzionamento.

Questa in sintesi la nostra posizione, che è meno complessa di quanto possasembrare, in considerazione anche del fatto che alcuni provvedimenti relativialla sistemazione del personale sono già stati predisposti da lunghissimo tempoe, ove venissero approvati con sollecitudine, come ripetutamente richiesto dallanostra Organizzazione, darebbero un sostanziale avvio alla soluzione di questaessenziale riforma.

Page 59: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-59-

VIII

LA L.C.G.I.L. IN CAMPO INTERNAZIONALE

Comitato Sindacale E. R. P.

Con un ordine del giorno votato all'Assemblea Costitutiva, la L.C.G.I.L.confermò fin dal suo sorgere l'adesione dei liberi lavoratori italiani al ComitatoSindacale Internazionale, costituitosi a Londra tra le organizzazioni sindacalidemocratiche, avente lo scopo di collaborare alla realizzazione del PianoMarshall in Europa.

Il Comitato si è riunito quest'anno a Berna e a Parigi. L'azione nostra,condotta congiuntamente con i rappresentanti della F.I.L., è stata indirizzata arichiamare l'attenzione dei colleghi sindacalisti degli altri Paesi sull'assillanteproblema della nostra emigrazione. All'uopo abbiamo proposto la convocazionedi una Conferenza mondiale dei sindacati per esaminare tutto il problema dellamano d'opera.

Insieme ai colleghi degli altri Paesi abbiamo anche sviluppato una particolareazione per realizzare una più organica ed efficace collaborazione delleorganizzazioni sindacali dei lavoratori, sia con l'O.E.C.E., sia con gli organistatali dei rispettivi Paesi preposti all'attuazione del Piano.

O.I.L.

Nel campo delle istituzioni di diritto pubblico internazionale, dichiariamo diprovare la nostra più profonda soddisfazione per la crescente attivitàdell'Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Ormai nel trentesimo anno di vita, l'O.I.L. si appresta a portare sempre piùrigorosamente il senso della giustizia sociale in ogni angolo del mondo. Laparentesi della guerra ha dato conferma, con una nuova esperienza, che lapace sociale costituisce un elemento di garanzia per la durevole pace tra ipopoli.

Il sistema delle ratifiche delle convenzioni internazionali in materia di lavoro èconvalidato sempre più dalla prova dei fatti. Le 1039 ratifiche pervenuteall’ufficio Internazionale del Lavoro dagli Stati membri dell'O.I.L. sono unatestimonianza davvero palese di una più concreta accettazione del principiogenerale di una parità nei diritti e nelle obbligazioni sociali fra tutti i Paesi delmondo.

L'Italia si appresta, e ne siamo intimamente lieti, a dare la sua ratifica anumerosissime convenzioni.

Noi desideriamo assicurare l'O.I.L. della nostra volontà di una intensapartecipazione alla sua opera, e ne fa fede la presenza a Ginevra dei delegatidella L.C.G.I.L. fin da questo suo primo anno di vita.

La nuova Libera ConfederazioneMondiale dei Sindacati

La L.C.G.I.L. fu tra le primissime organizzazioni sindacali libere edemocratiche a caldeggiare il sorgere di una internazionale che riunisse i liberi

Page 60: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-60-

sindacati di tutti i Paesi. Una nostra proposta venne infatti fatta conoscere alleorganizzazioni consorelle fin dal 22 gennaio di quest'anno.

Oggi l'idea sta per concretarsi. Come è noto, nei giorni 25 e 26 giugno u. s. siè tenuto a Ginevra il Convegno preparatorio, svoltosi alla presenza di 35 Paesicon la rappresentanza di 47 milioni di lavoratori. Tre erano i componenti laDelegazione della L.C.G.I.L. Della Delegazione italiana faceva parte unrappresentante della F.I.L. In quella sede il Segretario Generale della L.C.G.I.L.partecipò al dibattito sostenendo le seguenti tesi:

1) la nuova organizzazione mondiale deve essere libera e indipendenteda ogni influenza ideologica.

2) la nuova organizzazione mondiale provveda a darsi Uffici attrezzatiper un tempestivo scambio di notizie sulle situazioni economiche e sindacali deirispettivi Paesi.

3) la nuova organizzazione sindacale realizzi concretamente la so-lidarietà internazionale della classe lavoratrice, impegnando i sindacati aderentia cooperare, per una rapida soluzione dei gravissimi problemi delladisoccupazione che attualmente assillano alcuni Paesi, cooperazione vistasoprattutto in funzione di scambio di mano d'opera.

In quella conferenza venne costituito un comitato preparatore dell’assembleacostitutiva della nuova Confederazione mondiale, tra i cui componenti è statoannoverato il Segretario Generale della L.C.G.I.L.

Lo stesso comitato, riunitosi più volte a Londra, ha formulato una proposta distatuto, ed ha fissato la data e le norme per l'assemblea costitutiva. Questaavrà luogo a Londra nei giorni dal 27 novembre al 10 dicembre p. v.

Il Consiglio Generale che sarà eletto in questa nostro Congresso dovrà, nellasua prima seduta, eleggere i componenti la Delegazione che rappresenterà aLondra la L.C.G.I.L.

Agli amici non sfuggirà l'importanza dell'avvenimento. Nel momento in cuialtre forze sindacali, tradendo gli interessi dei popoli e delle classi lavoratrici, sisono poste, sul piano mondiale, al servizio di forze dissolvitrici delle convivenzedemocratiche, il formarsi di un grande blocco di lavoratori di tutto il mondo,rimasti fedeli agli ideali di democrazia, giustizia, libertà e pace, non può noncostituire barriera e presidio oltre che per una efficace tutela del mondo chelavora, per la difesa della società democratica, per la tutela degli insopprimibilidiritti della « persona ».

Page 61: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-61-

IX

CONCLUSIONE

Amici delegati,

quando or è un anno, la L.C.G.I.L si affacciò al mondo sindacale, eranaturale che i nostri cuori trepidassero circa le possibilità di sviluppo dellanostra organizzazione.

Oggi, non è più così ; dopo questo suo primo Congresso, la L.C.G.I.L. nonsoltanto abbandona ogni trepidazione, ma si pone decisamente sulla stradadelle maggiori sue opere.

Forti del metodo adottato, di usare cioè verso di noi, verso gli altri, masoprattutto verso i lavoratori, il linguaggio della sincerità e del cuore, noi siamosicuri del nostro domani. L'esperienza di questo primo anno conferma che suquesta strada i lavoratori ci comprendono e ci seguono.

La dimostrata loro capacità autocritica, è garanzia che con noi, prima diesservi dei numeri, vi saranno delle coscienze. E questo, amici, ci conforta e citranquillizza.

Molte posizioni sono da rivedere nel nostro Paese. Ne abbiamo elencatealcune; ma su una, particolarmente, desideriamo richiamare ancora, aconclusione di questa relazione, la vostra attenzione; ed è la errata posizionedella pubblica opinione di fronte ai Sindacati dei lavoratori, posizione derivantedal disorientamento determinatosi nelle categorie dei ceti medi. Purtroppo,questo, non è soltanto un problema italiano. Nel momento in cui tutto unsistema economico volge al declino, il ceto medio fatica a comprendere lenuove istanze e fortemente dubita su un possibile diverso domani.

È vero che molta è la responsabilità, in questo campo, di coloro che hannofatto del sindacalismo dei lavoratori una palestra per le loro avventure politiche,poiché è proprio dinanzi a queste degenerazioni che nascono le esitazioni delceto medio.

Ed ecco allora l'azione nostra, o amici:

1) Fare del sindacato un operante strumento di giustizia, in difesa deidiritti del lavoro, di tutto il lavoro, manuale e intellettuale, puntando alrinnovamento strutturale di un mondo ormai superato, per giungere a realizzareveramente lo Stato fondato sul lavoro.

2) Richiamare l'azione sindacale ai canoni e agli impegni proprî dellibero sindacalismo, sicché abbiano a cadere le titubanze e le prevenzioni diquelle grandi masse di lavoratori, purtroppo sino a ieri abbandonate a sestesse, e che vanno sotto l'anonima definizione di medio ceto.

Questa o amici sarà la strada che condurrà alla più grande unità di tutticoloro che vivono del loro lavoro, siano essi l'operaio della fabbrica, ol'impiegato dell'ufficio, il contadino o il maestro, il professionista o il piccoloartigiano. Questa sarà la strada che condurrà alle più insperate realizzazioni.

Page 62: primo anno - CISLonline.cisl.it/e-book/I017A3D8D.0/primo anno.pdf · Abbiamo parlato di crisi: noi affermiamo che incipiente la crisi era già nel fervido ed attivo sindacalismo del

-62-

Diciamo tutto questo ai lavoratori: con una intensa e ben condotta opera dipersuasione e reclutamento, convinciamoli della indispensabilità e della forza diuna famiglia sindacale così composta, e l'opera nostra assumerà alloraveramente il ruolo di una missione. Portiamo nel cuore questo impegno edavremo veramente servito la causa del mondo del lavoro.