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Processi di innovazione culturale Corso di laurea magistrale in Sociologia, Università di Milano-Bicocca a.a. 2012-2013 1

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Processi di innovazione culturale

Corso di laurea magistrale in Sociologia,

Università di Milano-Bicocca

a.a. 2012-2013

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Indice

• Le premesse dell’innovazione

• I vettori dell’innovazione culturale

• Che cos’è l’innovazione: le diverse definizioni e la logica dell’innovazione

• Innovazione e senso comune: la prospettiva della vita quotidiana

• Creatività e innovazione

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• Meccanismi di costruzione della innovazione culturale

• L’ermeneutica del caso concreto:

* Il ruolo dei movimenti sociali nei processi di innovazione sociale e culturale. Il caso italiano degli anni Sessanta e Settanta del Novecento

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* Le associazioni dei familiari delle vittime

delle stragi (il caso italiano)

* Innovazione tecnologica e innovazione culturale: il ruolo degli utenti della rete nei processi di costruzione dell’innovazione

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1. Le premesse dell’innovazione

Una precisazione introduttiva

• ‘Innovazione’ e ‘invenzione’ non sono sinonimi. Mentre l’innovazione porta in sé la radice latina ‘novus’ – rinvia all’inedito, a ciò che si rinnova continuamente – l’invenzione ha a che fare con la scoperta (invenire = scoprire) (Nicola Cavalli)

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• La prima dimensione ha a che fare con la novità (innovazione); la seconda con la scoperta (invenzione). La prima rimanda a processi sociali costruiti su dinamiche di interazione; la seconda rinvia ad aspetti tecnici e tecnologici.

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Concentriamo ora l’attenzione sulle ‘premesse’ dell’innovazione.

• Innovazione come ‘movimento verso il nuovo’ – mutamento continuo delle condizioni della vita sociale. Relazione fra modernità (‘tempo nuovo’, Neuzeit ) e innovazione sociale (politica, economica, culturale).

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Una nuova tavola di valori; le differenze con il mondo della tradizione, anche sotto il profilo etico. L’’etica faustiana’.

Il significato positivo dell’innovazione e del mutamento → l’Occidente e il ruolo della scienza e della conoscenza (applicabilità del sapere scientifico all’ambiente circostante).

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• La comunicabilità dell’esperienza alla base del progresso scientifico e tecnologico.

• Innovazione e tecnologia legate a filo doppio come strumenti per risolvere problemi specifici.

• Tecnologia come forza dinamica della trasformazione economica sociale e culturale della società

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• Nell’universo moderno, al cui interno il concetto di innovazione prende corpo, la capacità di conoscere e di fare è messa a tema come infinita.

• Relazione fra innovazione e concezione del tempo lineare specifica dell’Occidente (rifiuto della ripetizione).

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• Il nuovo è insieme necessario e buono. Innovazione come ‘dovere’.

• Accelerazione del mutamento e processi di innovazione.

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Problemi aperti:

• La relazione fra innovazione e tradizione, fra passato e futuro, fra memoria e progetto.

• L’innovazione nella ‘società del rischio’

• La questione della responsabilità: oltre il tempo lineare?

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2. I vettori dell’innovazione

• Sulla base della relazione fra modernità e innovazione discussa in precedenza possono essere individuati tre principali vettori di innovazione:

• 1. istituzionali

• 2. culturali

• 3. tecnico-economici

Più vettori; strette relazioni al loro interno.

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• 1. I vettori istituzionali

• Sono di due tipi, politici e economici. I primi si concentrano intorno alla rappresentanza politica; i secondi intorno alla centralità del mercato.

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• 2. I vettori culturali

Valore positivo dell’agire nel mondo sulla base della convinzione di poter ‘fare la storia’ (vedi la visione weberiana dell’agire

intramondano). Centralità dell’individuo da un lato; della dimensione del ‘disincanto’ dall’altro.

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• 3. I vettori tecnico-economici• Importanza dell’economia capitalistica e

dell’impresa. Relazione fra scienza, tecnologia e sviluppo economico.

I processi di razionalizzazione costituiscono il trait d’union principale di questi tre vettori. La possibilità di ‘controllo’ sul futuro grazie al dominio sul mondo garantito dalla razionalità di scopo.

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• Per promuovere una cultura dell’innovazione è anzitutto necessario comprendere a che cosa rimanda questo termine. Le molte facce della definizione del ‘nuovo’. La relazione fra le diverse forme di razionalità e la costruzione di una cultura dell’innovazione.

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L’innovazione rispetto ai fini piuttosto che rispetto ai mezzi, ‘incrementali’ o ‘rivoluzionarie’ (Donolo). Le innovazioni istituzionali

La trasformazione delle istituzioni, il ruolo degli orientamenti di valore, e i movimenti sociali nella costruzione di processi di innovazione. La società civile come ambito in cui si generano nuovi orientamenti di valore.

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3. Che cos’è l’innovazioneLe definizioni (1)

* Prima definizione generale (Gallino)

Introduzione, in uno specifico contesto, di una nuova tecnica.

* Seconda definizione generale

Innovazione come processo di apprendimento (Donolo). Emergono nuovi stili di conoscenza, che consentono – più che la soluzione di precedenti problemi – la messa a tema di nuove questioni.

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• In questa seconda definizione, centrale per il nostro modulo, l’attenzione va ai processi attraverso i quali vengono alla luce nuove forme di concettualizzazione.

• Per questa via vengono rimesse in discussione le precedenti ‘regole del gioco’ e si aprono nuovi spazi per l’azione sociale.

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* Terza definizione generale

Espressione di un incremento di razionalità nelle forme dell’azione (Donolo e Fichera). L’incremento di razionalità e sia sociale sia politico. Il ruolo centrale della dimensione culturale (differenze tra riforma e innovazione).

Centralità, nella visione di Donolo e Fichera (def. 2 e 3), del riconoscimento dell’innovazione; saper ‘vedere’ l’innovazione.

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• • In tutte e tre queste accezioni generali

l’innovazione prodotta può generare forme di resistenza e di conflitto. Dal che cosa dell’innovazione al ‘chi’ (i soggetti) dell’innovazione.

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3. Che cos’è l’innovazione. Le definizioni (2) e la logica dell’innovazione

Tassonomia delle innovazioni (Freeman, 1994; vedi anche Infante, 1997):

• 1. innovazioni incrementali: migliorano la produzione e l’uso di beni già esistenti;

• 2. innovazioni radicali: nuovi processi e prodotti che cambiano il modo di produrre e consumare alcuni beni. Si presentano spesso ‘a grappolo’ (interconnesse al loro interno)

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• 3. mutamenti di sistema tecnologico. Innovazioni epocali. Riflessi sullo sviluppo di nuovi settori economici.

• 4. mutamenti di paradigma tecnico-economico (rivoluzioni tecnologiche). Esempi: macchina a vapore, energia elettrica, calcolatore elettronico, tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Interazione fra fattori tecnologici, economici e politici

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• I rapporti tra economia capitalistica e innovazione. Qual è il carattere specifico delle economie capitalistiche: attività razionale intesa a modificare il corso delle pratiche istituzionalizzate. Incremento di razionalità. Legame con l’innovazione tecnologica.

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Il contributo fondamentale di Schumpeter (1942, Capitalismo, socialismo e democrazia, ed. it 1955 ultimo scritto; primo scritto fondamentale, Teoria dello sviluppo economico, 1912).

La distinzione più nota proposta da Schumpeter: la classificazione ternaria invenzione, innovazione e diffusione

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Innovazione come processo di “distruzione creatrice”

Differenza tra invenzione, innovazione e diffusione

§ Invenzione come contributo al mutamento tecnologico; idee e

progetti per nuovi prodotti e procedimenti.

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§ Innovazione come introduzione nel sistema economico e sociale di un nuovo prodotto,

procedimento o sistema. Il riferimento non è solo alle innovazioni tecnologiche, ma anche a quelle organizzative, gestionali, finanziarie e così via.

§ Diffusione: è la fase in cui l’innovazione originale viene adottata e imitata da altre imprese e da altri utilizzatori. Il processo innovativo si espande.

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Per Schumpeter

• L’innovazione è uno strumento di crescita economica – si tratta di una nuova e fortunata combinazione di risorse

• Diverse forme di innovazione: * produzione di un nuovo bene * introduzione di un nuovo processo di produzione * accesso a un nuovo mercato * sfruttamento di una nuova fonte di materie

prime * realizzazione di nuove strutture organizzative

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• Centralità, nel processo di innovazione, dell’’atto imprenditoriale’. Il ruolo centrale dell’imprenditore. E’ l’imprenditore che sostiene i rischi del passaggio dall’invenzione all’innovazione.

• Imprenditore come primo innovatore (in quanto leader: capacità di pensare il nuovo e di prevedere quel che accadrà). Figura eroica, fuori dal comune.

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• Intreccio di dimensioni razionali ed extra-razionali dell’imprenditore → atto creativo, non solo razionalità funzionale.

• Razionalità diversa da quella del calcolo per il proprio utile.

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• Tre gruppi di motivazioni per la condotta dell’imprenditore:

a. aspirazione a fondare una dinastia

b. ricerca di prestigio sociale

c. desiderio di potere e di indipendenza, ma anche di creazione; volontà di esprimere il proprio intuito

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Tra le critiche alla visione schumpeteriana dell’imprenditore:

• L’imprenditore può non essere un singolo;

• Importanza della relazione fra ruolo imprenditoriale e appartenenza di classe

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In sintesi

• Modello lineare del processo di innovazione: fasi sequenziali (generazione di un’idea, invenzione, ricerca e sviluppo, applicazione e diffusione)

• Innovazione e tecnologia legate a filo doppio come strumenti per risolvere problemi sociali specifici (il problem solving)

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Altre definizioni di innovazione:

§ L’innovazione sociale come mutamento nel modo di provvedere ai bisogni (Gershuny, L’innovazione sociale. Tempo, produzione e consumi, 1993)

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§ Innovazione come esito della costruzione di una ‘comunità di pratiche’ in relazione all’uso delle tecnologie.

• C’è innovazione quando cambiano le pratiche sociali (vedi internet). Centralità degli utenti. (vedi Tuomi, Networks of Innovation, 2002)

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• Le nuove tecnologie sono oggetto di interpretazione e riappropriazione da parte degli attori nel contesto delle loro pratiche.

• E’ l’utente che ‘inventa’ il prodotto. Dall’’inventore eroico’ all’’utente eroico’.

• Innovazione come processo sociale attraverso il quale sono creati nuovi significati.

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• Occorre tenere presente che, nei processi di innovazione sociale, elementi tecnologici, economici, politici, di organizzazione istituzionale e di cultura appaiono indissolubilmente connessi.

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2. Innovazione e senso comune. La prospettiva della vita quotidiana Vita quotidiana (Jedlowski, Un giorno

dopo l’altro, 2005): ciò che appare prossimo e ricorrente, giorno dopo giorno. La routine: le situazioni che ‘tornano’, che si ripresentano con regolarità. Ma la routine non è pura e semplice ripetizione. Lo spazio per l’’invenzione’ e la vita quotidiana.

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• La v.q. , in quanto dimensione ricorrente, ha a che fare con la dimensione del tempo (cotidie: ogni giorno) (Jedlowski e Leccardi, Sociologia della vita quotidiana, 2003).

• Rinvia anche a orizzonti di senso che ci sono familiari. Più in generale può essere definita come un insieme di pratiche, di ambienti, di relazioni

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Per la fenomenologia sociale la v. q. è: “ il tessuto di abitudini familiari all’interno

delle quali noi agiamo e alle quali noi pensiamo per la maggior parte del nostro tempo. Questo settore dell’esperienza è per noi il più reale: è il nostro habitat usuale e ordinario”.

(P. e B. Berger, Sociologia. La dimensione sociale della vita quotidiana, 1977)

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L’espressione “vita quotidiana” ha una storia recente. Innovazione lessicale che accompagna il sorgere delle società industriali europee.

• V.q.: da tempo senza storia, tempo del lavoro obbligato (agli albori del capitalismo), a luogo della realizzazione dei desideri e misura della qualità della vita (a partire dalla seconda metà del Novecento).

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• E’ l’ambito in cui si produce l’ordine simbolico che regola le interazioni, attraverso il quale è possibile comprendere i processi di costruzione sociale della realtà.

• E’ lo spazio che costruisce ‘sicurezza ontologica’ (Giddens, Le conseguenze della modernità, 1994). Si esprime attraverso una coscienza pratica (versus coscienza discorsiva) v. Giddens, La costituzione della società, 1990.

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• Centrale, per lo studio dei processi di innovazione culturale, è la vita quotidiana in quanto prospettiva attraverso la quale ciascuno di noi ‘guarda’ la realtà. La ‘familiarità’ e la vita quotidiana.

• Se si intendono considerare i processi di innovazione è dunque necessario soffermarsi su questa prospettiva.

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• La v.q. è la dimensione dell’esistenza che si rende palese ogni volta che la vita assume caratteristiche ripetitive, capaci di creare familiarità (Jedlowski, Un giorno dopo l’altro, 2005)

• De Martino (La fine del mondo, 2002) e

l’episodio di Marcellinara45

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• De Martino: appaesamento (legato alla familiarità) versus spaesamento. La condizione contemporanea (vedi Berger, Berger e Kellner, The Homeless Mind: Modernization and Consciousness, 1973).

• In un contesto di familiarità, ciò che ci circonda assume significati indiscussi.

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• Che cos’è la quotidianizzazione e la sua relazione con la familiarità.

• Relazione fra ‘quotidianizzazione’ e istituzionalizzazione (piano collettivo)

• Rapporto fra ‘quotidianizzazione’ come processo cognitivo e assenza di problematicità (piano individuale).

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• Il processo di ‘addomesticamento’ (Silverstone)

• Addomesticamento come creazione di nuovi significati e nuovi legami. Attraverso questo processo costruiamo forme di controllo sulla realtà in quanto la rendiamo ‘naturale’.

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• In che modo la sociologia fenomenologica ci ha aiutato a comprendere la struttura cognitiva della vita quotidiana (vedi le riflessioni di Berger e Luckmann, 1969) .

• Alcuni concetti chiave: stile cognitivo; tipizzazione; struttura di plausibilità, routinizzazione.

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• Stile cognitivo come modo di concettualizzare il mondo.

• Tipizzazioni come modi di riconoscere la regolarità che si manifestano nella vita quotidiana.

• Struttura di plausibilità come indicazione di ciò che in una data cultura può essere considerato realistico.

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• Routinizzazione come stabilizzazione delle forme di interazione legate al quotidiano.

• La familiarità è l’esito di questa pluralità di dimensioni e processi

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• La relazione con il concetto di istituzione come stabilizzazione nel tempo di una serie di pratiche.

• Routine come base dei processi di istutuzionalizzazione.

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La vita quotidiana e il ‘senso comune’

Il senso comune (‘ciò che tutti sanno’, Jedlowski) può essere definito come lo specifico stile cognitivo, il modo di pensiero proprio della vita quotidiana. E’ lo ‘sfondo’ entro il quale la nostra esperienza personale si colloca.

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In accordo a questo modo di

pensiero il mondo è, per così dire, dato per scontato, è esente dal dubbio che le cose possano stare diversamente da come appaiono (Schutz, Saggi sociologici)

Esso appare stabile sotto il profilo cognitivo.

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• Senso comune: credenze, visioni della realtà, modi di metterla a tema, ‘massime’ con finalità pratiche, riferite alla vita quotidiana. Tutte queste dimensioni sono condivise all’interno di un gruppo sociale dato. Il ruolo delle interazioni sociali nella sua formazione.

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• Sotto questo profilo il s.c. è un insieme di certezze la cui verità non si lega a ragionamenti, ma ad evidenze. E’ il regno dell’ovvio, del non problematico, del familiare (Jedlowski). E’ anche, al tempo stesso, un sistema di aspettative

• Delimita, prima ancora che le risposte, le domande che è lecito porsi.

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Secondo la prospettiva della sociologia fenomenologica questo atteggiamento assume la realtà come non problematica. Mette fra parentesi il dubbio che le cose possano essere diverse da come appaiono.

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• Sul piano piano pratico questo atteggiamento corrisponde alla formazione di routine e abitudini.

• Il ruolo strategico della routine nel proteggerci dalla minaccia dell’incertezza contemporanea (vedi Berger, Berger e Kellner, The Homeless Mind: Modernization and Consciousness, 1973).

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Il senso comune può essere considerato anche come una forma di memoria sociale - come un insieme di regole, precetti, aspettative – legata ad una tradizione (vedi articolo di Jedlowski, Rassegna Italiana di Sociologia, 1, 1994).

Dimensione normativa del senso comune: ciò che ritenuto non solo ovvio, ma giusto.

Dimensione plurale del senso comune: non solo ogni società, ma anche ogni gruppo sociale, ha e riproduce un proprio senso comune.

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• L’innovazione, sul piano cognitivo, corrisponde precisamente ad una rimessa in discussione del senso comune: ad una sospensione, in altri termini, dell’atteggiamento che dà il mondo per scontato.

• Ne derivano apertura all’incertezza, ma anche alla creatività.

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• Inoltre, l’innovazione può essere legata al confronto fra i diversi sensi comuni presenti nella società moderna. Tensione fra i sensi comuni delle diverse cerchia sociali (Simmel). Come esito viene reintrodotto il dubbio (che le cose possano stare diversamente da come il senso comune le fa apparire)

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• In questo senso, l’innovazione culturale problematizza aspettative e giudizi tipici del senso comune. Più precisamente, li riformula.

• Sul piano pratico si può dunque affermare che i processi di innovazione costituiscono una rottura ed una riformulazione di pratiche routinizzate.

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Si crea, in questa cornice, un’interruzione dell’atteggiamento che dà per scontati i contenuti e le forme della realtà.

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Ciò può accadere da due diversi punti di vista:

• a. l’ambiente materiale offre nuove opportunità;

• b. si manifestano nuovi punti di

vista, che mettono in discussione i contenuti del senso comune. Il ruolo dei soggetti collettivi (i movimenti).

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• In sostanza, l’innovazione così intesa non rinvia soltanto all’identificazione di soluzioni ad hoc per la soddisfazione dei bisogni. Rimanda anche alla capacità di formulare nuove questioni, di ridefinire le forme di costruzione sociale della realtà.

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Questo processo, mentre rimette in discussione il dato per scontato, porta l’attenzione sulla dimensione della soggettività.

La v.q. può, in questo quadro, essere

considerata l’arena per l’esercizio della responsabilità e per l’espressione dell’autonomia.

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• Sintesi. Le tappe di de-costruzione del senso comune:

• A. Sospensione dell’atteggiamento di familiarità (conoscenza quotidiana)

• B. Ridefinizione delle tipizzazioni con cui la realtà viene intesa

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3. Meccanismi di costruzione dell’innovazione sociale. Ermeneutica

dei casi concreti

• L’innovazione può sorgere attraverso il compromesso fra logiche cognitive differenti (cognitive bargaining, Berger).

• L’esempio del ‘familismo morale’ (Turnaturi e Donolo)

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• Che cos’è l ‘familismo amorale’. Lo studio di Edward Banfield nella Lucania degli anni Cinquanta del Novecento (v. Le basi morali di una società arretrata, ed. or. Inglese 1957). Montegrano e la carenza di senso civico.

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• Il punto di partenza: moltiplicarsi , a partire dagli anni Ottanta, di associazioni di familiari (di malati, detenuti, vittime di stragi, di mafia, contro la droga). Scelta di mostrarsi in pubblico. La famiglia come base attraverso la quale richiedere una assunzione di responsabilità della parte pubblica.

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• Le associazioni dei familiari delle vittime di ‘mali’ socialmente prodotti. La centralità r la valorizzazione dei legami affettivi; la concezione di sé come cittadini/e. Sintesi tra sfera privata e sfera pubblica (cognitive bargaining, Berger): il ‘familiare cittadino’.

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• Le relazioni ‘private’, intime, come veicolo di eticità nell’arena pubblica.

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• L’innovazione è legata al rifiuto della contrapposizione tra pubblico e privato, affetti familiari (privati) e cittadinanza (dimensione pubblica). E, anche, al fatto che la famiglia è messa a tema a partire dalla sua dimensione affettiva (non come istituzione).

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• Punto di partenza delle associazioni, tra loro molto diverse, è sempre un caso concreto. Indignazione come virtù pubblica.

• Interlocutori sono l’opinione pubblica e lo stato.

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• La sfera di intervento ha a che fare con il sociale, non con il politico. Non c’è rifiuto ideologico della politica, ma la politica è altrove.

• Si delinea una sfera intermedia tra politico e sociale: l’individualità diventa sociale. Importanza della dimensione collettiva.

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• Attraverso le associazioni si creano nuove forme di legame sociale, solidarietà, relazioni sociali. Si riscoprono le basi dell’azione collettiva attraverso cause profondamente individuali.

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• * l’Associazione familiari delle vittime della

strage della stazione di Bologna (la

strage del 2 agosto 1980). Il dolore e il

lutto diventano la base di azioni a

carattere universalistico.

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Esempi di ‘familismo morale’ portati da Turnaturi e Donolo:

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• L’associazione nasce in modo autonomo, non delega, costruisce nuove forme di consapevolezza civica e favorisce modalità di apprendimento sociale tra i/le partecipanti. Nuove esperienze di relazione con la sfera pubblica. “La partecipazione nasce dalla forzata pubblicizzazione di dolori privati”. Distanza dalla politica istituzionale.

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* Il caso delle vedove di mafia

• L’associazione nasce in Sicilia (vedove di magistrati, sindacalisti, esponenti delle forze dell’ordine). L’esperienza drammatica del lutto diventa denuncia delle complicità, indignazione, richiesta di giustizia, virtù pubblica. “In quanto mogli, madri, vedove si è cittadine” (Turnaturi e Donolo)

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* Le madri di Primavalle

• Anni Ottanta, quartiere romano, lotta contro la droga di gruppi di madri/di genitori (ma prevalente presenza femmnile). Occupazione di una palestra del quartiere. Contro gli spacciatori, aiuto a chi è in crisi di astinenza. Attenzione da parte del comune a fronte dell’attivismo dei genitori.

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• Il ruolo centrale delle donne in queste forme di associazionismo. ‘Femminismo’ pratico e quotidiano. La cultura delle donne: il partire da sé, il rifiuto della delega.

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• Il processo trasformativo generato dalla partecipazione alla vita di queste associazioni (interno/esterno).

• Area intermedia tra sociale e politico.

• Difesa di identità non delegabili; casi individuali ma soggettività sociali.

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• Famiglia come spazio di mediazione fra pubblico e privato. Ambito da cui nasce la spinta verso la partecipazione civica.

• Soggettività private (familiari), pubbliche (pratiche di cittadinanza), collettive (il gruppo, l’associazione). Il ‘familismo morale’ come realtà quotidiana.

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• Centralità e legittimità delle emozioni. Emozioni come veicolo etico e strumento di conoscenza (di sé, del sociale). Le emozioni aprono alla sfera pubblica nella vita quotidiana.

• Le analisi di Marta Nussbaum (L’intelligenza delle emozioni).

• Un diverso tipo di razionalità.

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• In un’ottica di cognitive bargaining, il familismo può trasformarsi in innovazione culturale (e politica). La stessa messa a tema di queste forme di associazione come forme di ‘familismo morale’ costituisce innovazione. Il caso concreto ‘contiene’ questioni di principio.

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• L’esempio del ‘carry over’ (Berger): una logica cognitiva emigra da una ‘provincia finita di significato’ (Schutz) ad un’altra. ‘Il personale è politico’: dal femminismo degli anni Settanta alle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi.

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• Un esempio di ‘carry over’ e di innovazione concettuale: la categoria di ‘doppia presenza’ elaborata da Laura Balbo negli anni Settanta.

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Gli attori dell’innovazione. Due figure emblematiche: lo straniero e l’’esperto’

°Lo straniero

• La problematizzazione di ciò che è ovvio per lo straniero.

• Pratiche, valori, finalità, non possono essere dati per scontati. La visione dello straniero costituisce di per sé una critica al senso comune.

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•Lo straniero come innovatore in nuce. Mettersi in grado di riconoscere le potenzialità contenute in situazioni di marginalità sociale.

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• Schutz (saggio sullo straniero in ‘Saggi sociologici’).

La cultura del luogo non è entrata nella sua biografia

Lo straniero condivide il presente (eventualmente il futuro), ma non il passato. Un soggetto senza storia. La mancata relazione con il senso comune.

Gli schemi di interpretazione del mondo sono rimessi in gioco perché il gruppo di appartenenza non è più definito.

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• Per lo straniero gli attori osservati non sono tipi (esecutori di funzioni tipiche), ma individui.

• Non ci sono ‘ricette’ (Schutz) per la risoluzione dei problemi quotidiani.

• I modelli culturali del nuovo gruppo di riferimento non sono un rifugio, ma un campo d’avventura

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• In generale: non ogni situazione di marginalità può tuttavia trasformarsi in contesto di effettiva innovazione.

• Fondamentale è la fiducia e la convinzione (collettiva in particolare) di potere produrre innovazione.

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• Per generare innovazione cruciale risulta la capacità di esercitare potere.

• Per produrre innovazione lo sguardo che si posa sulla realtà quotidiana e ne pone in discussione il carattere dato per scontato deve potersi trasformare in azione sociale.

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• ° L’esperto

• Qui l’esperto è inteso non come chi possiede uno specifico know how, ma come colui che ha esperienza.

• L’esperienza nasce al confine fra senso comune e rielaborazione soggettiva. L’importanza degli ‘attraversamenti’ personali (ex-per-ire) (Jedlowski)

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• I contenuti del senso comune sono stati interiorizzati, ma vengono posti a confronto con i vissuti personali. Da questo intreccio può nascere esperienza.

• L’esperienza sedimenta nella v.q., ma comporta una presa di distanza dal senso comune che la caratterizza.

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• Il potere innovativo dell’esperienza: può modificare tipizzazioni legate al senso comune e alle routine quotidiane.

• L’esperienza personale come ‘antidoto’ al dominio del senso comune (vedi l’esperienza di relazione personale con soggetti migrati).

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• Tuttavia, per costruire innovazione, anche in questo caso come per lo straniero è necessario che chi possiede esperienza decida di usarla per produrre innovazione (deve possedere non solo un interesse, ma anche capacità e potere).

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• L’esperienza personale può smascherare il carattere ideologico di affermazioni che rivendicano il carattere innovativo di determinate azioni/situazioni (proposte come favorevoli alla collettività).

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• L’esperienza può ad esempio interrogare il sapere tecnologico, costringendolo a misurarsi con obiettivi che questo sapere tende a dare per scontati.

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Gli attori dell’innovazione: i movimenti sociali

• 1. La prospettiva funzionalista: i movimenti sociali come frutto di trasformazioni eccessivamente rapide (che producono forme di sradicamento e frustrazione)

• 2. La prospettiva che analizza la mobilitazione delle risorse necessarie all’azione collettiva (non sono sufficienti tensioni e conflitti)

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• 3. La prospettiva che mette a tema la struttura delle opportunità politiche (relazione fra movimenti sociali e sistema politico-istituzionale).

• 4. L‘approccio dei nuovi movimenti (Touraine e Melucci). Fine della centralità dello sviluppo delle forze produttive e delle dinamiche di classe. I movimenti non si definiscono più in primo luogo in relazione al sistema produttivo.

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• Della Porta e Diani (I movimenti sociali, 1996)

• Quattro tratti che accomunano i movimenti:

• a. reti di relazioni informali

• b. credenze condivise e solidarietà

• c. azione collettiva a carattere conflittuale

• d. ricorso alla protesta102

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La visione di Melucci (L’invenzione del presente, 1982)

• Rifiuto delle interpretazione dei movimenti nei termini di marginalità e devianza o, piuttosto, in riferimento alla richiesta di accesso e partecipazione politica alle istituzioni.

• La prima spiegazione tende a proporre i fenomeni conflittuali esclusivamente come reazioni anomiche ai mutamenti sociali. La seconda ignora la presenza di contenuti non politici nei movimenti contemporanei.

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• Tesi: Nelle società complesse stanno emergendo nuovi movimenti antagonisti. Nelle società tardo capitalistiche i conflitti non riguardano più le sole risorse economiche, ma investono “rapporti sociali, simboli, identità e bisogni individuali” (Melucci, L’invenzione del presente, p. 75)

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• In queste società si formano domande antagoniste che riguardano la logica del sistema e le forme con cui nascono bisogni e si definiscono le identità.

• Produzione e consumo sono, in questa cornice, anzitutto produzione e consumo di identità. Come conseguenza, i conflitti si spostano verso la difesa e la rivendicazione di identità contro apparati fondati sulla razionalità strumentale.

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• Le domande antagoniste riguardano tempo, spazio, relazioni, il diritto a essere se stessi (dunque la nascita, la morte, la salute e la malattia, l’identità sessuale, il rapporto con la natura. Fine della contrapposizione pubblico e privato).

• Due dinamiche intrecciate: cresce la pressione degli apparati verso l’omologazione, crescono le rivendicazioni di autonomia e identità.

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• Per questi motivi: scarsa negoziabilità delle lotte (femminismo, liberazione sessuale, lotte ecologiche, minoranze etniche, e così via).

• Più che interesse alla conquista del potere politico, volontà di controllo immediato delle condizioni di esistenza e indipendenza dal sistema.

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• Ricerca di partecipazione e di azione diretta.• I temi ricorrenti nei movimenti sociali

contemporanei: la centralità del corpo (luogo culturale della resistenza che si oppone alla razionalizzazione); l’identità e la vita quotidiana; la natura (dimensione sempre culturale, che sfugge ai controlli del potere)

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• L’individuo diviene dimensione sempre più sociale: tentativi del potere di manipolare le identità individuali e, insieme, rappresentazione dei bisogni come bisogni individuali. Il senso dell’azione individuale, le relazioni affettive, i problemi del quotidiano diventano aspetti sempre più legati a conflitti sociali fondamentali.

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• Oggi, più che parlare di conflitti di classe (in senso marxiano tradizionale), occorre fare riferimento a conflitti antagonisti: importanza di relazioni antagoniste che hanno per oggetto l’appropriazione e la destinazione di risorse sociali. Gli attori di questi conflitti possono mutare volta a volta e vanno dunque individuati empiricamente (fine dei ‘movimenti-personaggi).

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• I conflitti contemporanei sono a termine, su issues specifiche, mobilitano attori variabili. Le dinamiche della mobilitazione sono frammentate; quest’ultima si accende e spegne in modo intermittente.

• Tra le poste in gioco di maggiore rilievo in molti movimenti contemporanei c’è la “riappropriazione del senso e della motivazione dell’azione”. Legame con l’identità.

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• Possibilità degli attori di riconoscere la loro capacità di produrre azione (legame con le potenzialità di innovazione e, insieme, con l’identità). Dall’identità ascritta all’identità autocostruita. L’affermazione autonoma della propria identità, e per suo tramite la riappropriazione del senso dell’azione, può diventare posta in gioco del conflitto.

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• Contro la razionalità strumentale degli apparati, lotta per l’affermazione della propria identità. Dal gruppo al singolo attore sociale. Crescente individuazione dei conflitti collettivi.

• Come conseguenza, nuove aree di formazione dei conflitti e nuove forme di azione collettiva.

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Riferimenti bibliografici

• P. Jedlowski e C. Leccardi, Sociologia della vita quotidiana, Bologna, il Mulino, 2003.

• Una reading list, letture che completano la preparazione per le prove finali:

• P. Jedlowski, Quello che tutti sanno. Per una discussione sul concetto di senso comune, in Rassegna Italiana di Sociologia, XXXV/1, 1994, pp. 49-77;

• P. Jedlowski, Senso comune, esperienza e innovazione sociale, in Fogli nella valigia. Sociologia, cultura, vita quotidiana, Bologna, il Mulino, 2003, pp. 57-68;

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• C. Donolo e F. Fichera, Teorie e culture dell’innovazione, in Id. (a cura di), Le vie dell’innovazione. Forme e limiti della razionalità politica, Milano, Feltrinelli, 1988, pp. 213-236;

• G. Turnaturi e C. Donolo, Familismi morali, in C. Donolo e F. Fichera (a cura di) Le vie dell’innovazione. Forme e limiti della razionalità politica, Milano, Feltrinelli, 1988, pp. 164-185;

• A. Cavalli, La gioventù: condizione o processo?, in Rassegna Italiana di Sociologia, n. 4, 1980, pp. 519-542;

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• A. Cavalli e C. Leccardi, Le culture giovanili, in La Storia dell’Italia repubblicana, Einaudi, vol. III, Torino, pp. 709-800;

• A. Melucci, L’invenzione del presente. Movimenti, identità, bisogni collettivi, Il Mulino, Bologna, 1982, pp. 72-83 e 161-193;

• A. Melucci, Creatività: miti, discorsi, processi, Feltrinelli, Milano, 1994. pp. 11-32.

• I. Tuomi, Networks of Innovation. Change and Meaning in the Age of the Internet, Oxford New York, Oxford University Press, 2002, introduzione, capitoli 2 e 6.

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