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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO Relazione conclusiva progetto di ricerca Piano per la valorizzazione dei boschi di faggio della Valle Sessera (Biella) Prof. Renzo Motta Dott. Antonio Nosenzo Dott.ssa Roberta Berretti Dott. Fabio Meloni 8 Giugno 2012 1

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 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO                                                      

Relazione conclusiva progetto di ricerca 

 Piano per la valorizzazione dei boschi di faggio

della Valle Sessera (Biella)

Prof. Renzo Motta

Dott. Antonio Nosenzo Dott.ssa Roberta Berretti

Dott. Fabio Meloni  

8 Giugno 2012

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Sommario

1. Introduzione ..........................................................................................................3 2. Obiettivi della ricerca .............................................................................................6 3. Trattamento irregolare delle fustaie di faggio.........................................................7 4. Materiali e metodi ................................................................................................10 4.1 Individuazione delle aree oggetto di studio .......................................................10 4.2 Metodologia per la caratterizzazione dendrometrica dei popolamenti...............13 4.3 Metodologia per la caratterizzazione qualitativa dei fusti ..................................13 4.4 Elaborazioni ......................................................................................................16 4.5 Elaborazioni cartografiche.................................................................................17 5. Risultati ...............................................................................................................18 5.1 Descrizione settore 1.........................................................................................18 5.2 Descrizione settore 2.........................................................................................24 5.3 Descrizione settore 3.........................................................................................31 5.4 Confronto settori................................................................................................36 6. Piano dei tagli......................................................................................................39 6.1 Settore 1............................................................................................................39 6.2 Settore 2............................................................................................................42 6.3 Settore 3............................................................................................................44 7. Conclusioni..........................................................................................................47 8. Bibliografia ..........................................................................................................51 Appendice 1: cartografia settori...............................................................................52 Appendice 2: assegno forestale ..............................................................................55

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1. Introduzione In Piemonte, sono presenti 874.660 ha di superficie forestale, pari al 34 % della superficie

regionale; le faggete con un’estensione pari a 135.770 ha, costituiscono una delle

categorie con la superficie più estesa a livello regionale, seconda solo ai castagneti.

Dell’intera superficie a faggio la componente storicamente governata a ceduo rappresenta

l’80% della superficie mentre il contributo delle fustaie è limitato al 10% (Ebone et al.,

2012). La situazione evolutiva – colturale attuale è il frutto della gestione pregressa dove il

ceduo di faggio fu, in ambito montano, la fonte primaria di energia per il riscaldamento

domestico (tronchetti), attività artigianali e industriali (carbone) e quella dei forni (fascine).

In seguito ai noti mutamenti socio – economici del secondo dopo guerra, il rapporto tra

uomo e risorse forestali si è modificato, lasciando alla libera evoluzione una notevole

estensione di boschi, un tempo assiduamente utilizzati e talvolta anche degradati, con

conseguente aumento di biomassa. Con una massa legnosa media di 200 m3/ha le

faggete sono tra le categorie forestali con maggior biomassa; in stazioni fertili i cedui

abbandonati di 40-50 anni di età presentano spesso valori superiori ai 300 m3/ha (Ebone

et al., 2012). In termini produttivi dall’utilizzazione forestale delle faggete si ottiene

attualmente, in prevalenza, legna da ardere (60%), assortimenti da triturazione (25%) e

solo un 10% di tondame da lavoro (Ebone et al., 2012).

I programmi di “miglioramenti boschivi” intrapresi a partire dagli anni ’90 (Regolamento

CEE 2081/93- obbiettivo 5b) a livello regionale hanno privilegiato le faggete, soprattutto

attraverso interventi di conversione all’alto fusto che hanno interessato una superficie

complessiva di 3811 ha (Gottero et al. 2007). Attualmente la maggior parte dei cedui è

fuori regime e la nuova normativa forestale regionale (L.R. n.4 del 10 febbraio 2009)

impone il governo a fustaia per i cedui con età oltre i 40 anni mentre la reiterazione della

ceduazione è prevista su una superficie estremamente limitata (7%) (Ebone et al., 2012).

E’ da sottolineare inoltre che le faggete di proprietà pubblica ammontano al 48% della

superficie totale e su oltre un 40% di questa sono previsti in futuro interventi di gestione

attiva finalizzati al completamento o all’avvio alla conversione dei cedui invecchiati

(Gottero et al. 2007).

In termini di gestione forestale il problema che si pone oggi per i popolamenti che sono

stati oggetto di taglio di avviamento all’alto fusto e che hanno già raggiunto 50-70 anni di

età è come procedere con i diradamenti che seguono questi primi tagli (Wolynski 2002).

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Questi popolamenti si caratterizzano in genere per una elevata uniformità sia strutturale

che compositiva che va a scapito di una auspicata maggior diversità biologica ma anche

una maggior resilienza dei popolamenti nei confronti di fattori di stress e/o disturbi naturali

(Ebone et al., 2012).

Il trattamento che generalmente viene considerato come riferimento dalla letteratura per la

gestione delle fustaie di faggio è il taglio successivo, nella sua modalità uniforme (Del

Favero, 1998).

A sostegno di tali tesi vengono portate come motivazioni le modalità di insediamento della

rinnovazione, la tendenza a filare e a formare naturalmente strutture monoplane, la

maggiore possibilità di educazione di fusti di qualità tecnologicamente elevata.

In un quadro selvicolturale impostato sui tagli successivi uniformi i diradamenti (o tagli

intercalari) dovrebbero quindi avvenire in maniera omogenea su tutta la superficie, in

modo tale da prevenire l’insediamento della prerinnovazione, per poi arrivare, verso i 100

– 120 anni a tagli di sementazione uniformi ed estesi su grandi superfici.

Peraltro occorre dire, che spesso, anche nelle regioni a più consolidata tradizione

forestale, per ragioni storiche, amministrative o organizzative, la realizzazione dei tagli

intercalari non ha avuto luogo o è avvenuta in maniera irregolare (Fabbio et al 1997).

Altra considerazione che mette in discussione l’applicazione dei tagli successivi riguarda il

panorama fondiario italiano caratterizzato, da un lato, dalle piccole proprietà private, e

dall’altro da molte proprietà comunali di ridotte dimensioni per le quali un assestamento

per estese superfici, quale viene richiesto dai tagli successivi uniformi, non pare facilmente

gestibile.

Queste considerazioni fanno preferire, per il trattamento dei popolamenti derivanti da

conversione, e più in generale per le fustaie di faggio, un quadro selvicolturale orientato su

strutture più irregolari, con il quale si potrebbe procedere fin d’ora con diradamenti

d’intensità variabile (Wolynski 2002). Attuando infatti interventi non uniformi è possibile

operare favorendo la formazioni di gruppi ossia di un mosaico fra zone soggette a diverse

intensità di prelievo. Questo può consentire di ottenere, anche in funzione delle

caratteristiche strutturali e compositive del popolamento di partenza, popolamenti più

articolati e spazialmente diversificati sino dai primi interventi attuati. Questo approccio

diviene particolarmente importante in ambiente montano dove condizioni stazionali e

vegetazionali locali sono fattori fortemente condizionati struttura e dinamica dei

popolamenti forestali. Sempre in ambiente montano inoltre l’applicazione di un trattamento

irregolare, meglio può andare in contro alla richiesta di multifunzionalità attualmente

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richiesta alle foreste valorizzandone gli aspetti correlati ad esempio al ruolo di protezione

(idrogiologica e diretta), di biodiversità nonché quello paesaggistico-ricreativo.

I vantaggi che l’applicazione del trattamento irregolare delle faggete può avere sulla

gestione di queste formazioni non si limita però agli aspetti sopra esposti ma interessano

anche aspetti economici. La creazione di strutture forestali irregolari consente infatti da un

lato di ridurre i costi nelle fasi giovanili del popolamento e dall’altro di massimizzare il

valore degli assortimenti consentendo un incremento dei diametri grossi nella produzione

e quindi del volume medio delle piante utilizzate (Wolynski 2002). Complessivamente

inoltre, l’elevata adattabilità del trattamento consente di valorizzare le reali potenzialità

stazionali così quelle del popolamento.

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2. Obiettivi della ricerca

Il presente lavoro “Interventi selvicolturali sperimentali in boschi di faggio della Val

Sessera” sviluppato dal Dipartimento AGROSELVITER (Università di Torino) in

collaborazione con la Regione Piemonte (Direzione Opere Pubbliche, Difesa del suolo,

Economia Montana e Foreste Settore Gestione Proprietà Forestali Regionali e Vivaistiche)

nasce da una collaborazione iniziata tra i due enti sin dal 2001.

Il primo lavoro di ricerca (“Valutazione selvicolturale di interventi di conversione all’alto

fusto di cedui di faggio (Fagus Sylvatica L.)”) condotto dal Prof. Mario Pividori nel 2001 si è

posto l’obbiettivo di valutare gli effetti di 2 tipologie di diradamento attuate all’interno di una

faggeta sottoposta a conversione.

Nella seconda collaborazione (“Interventi selvicolturali sperimentali in boschi di faggio

della Valle Sessera (Biella)” - 2009), gli obbiettivi del lavoro sono stati quelli di

caratterizzare, da un punto di vista qualitativo, due popolamenti di faggio e proporre per

questi interventi selvicolturali sperimentali. Nell’ambito di questo progetto la Regione

Piemonte ha organizzato una giornata di formazione per tecnici forestali della pubblica

amministrazione e liberi professionisti.

Questo nuovo lavoro (“Piano per la valorizzazione dei boschi di faggio della Valle Sessera

(Biella)” – 2011) si pone l’obbiettivo di fornire uno strumento tecnico di gestione finalizzato

alla caratterizzazione qualitativa di alcuni popolamenti di faggio presenti su una superficie

complessiva di 40 ettari, all’interno della proprietà demaniale della Regione Piemonte, ed

alla loro gestione selvicolturale.

Obbiettivo principale di tale lavoro è quindi la redazione di un piano di tagli decennale che

individui, per ogni anno della sua validità, una superficie di intervento di circa 4 ha

definendone sia le caratteristiche qualitative che le modalità di intervento.

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3. Trattamento irregolare delle fustaie di faggio

Come sottolineato in precedenza la gestione delle fustaie di faggio con il trattamento

irregolare può rappresentare una valida alternativa alle tradizionali forme di trattamento da

sempre adottate per questa specie.

Perché questo sia possibile è fondamentale però porre come primo obbiettivo della

gestione la massima valorizzazione possibile delle piante con caratteristiche tecnologiche

di pregio. Nelle faggete infatti, la bassa percentuale media di individui di elevato valore e la

grande variabilità fenotipica, impongono di lavorare sin dai primi stati evolutivi della pianta

se si vuole raggiungere l’obbiettivo di un fusto capace di fornire legname di pregio. Per il

faggio questo obbiettivo può essere identificato con un fusto rettilineo, privo di nodi e rami

per una lunghezza variabile tra i 6 ed i 12 m, in funzione della statura raggiunta a maturità

dal popolamento. Il valore della pianta si concentra però principalmente nei toppi basali

poiché la rapida crescita iniziale consente di concentrare entro i 20 cm di diametro centrali

del fusto difetti dovuti alla presenza di nodi piccoli. L’approccio al trattamento irregolare

delle fustaie, modifica quella che fino ad oggi è stata la morfologia ideale delle piante per

la produzione di pregio, in definitiva, l’albero obbiettivo per una selvicoltura di pregio, non è

più la pianta estremamente slanciata con chioma ridotta al quarto superiore, tipica dei

soprassuoli cresciuti densi fino ad età elevata, quanto piuttosto una pianta con chioma

ampia, che arriva ad occupare i ¾ dell’altezza totale, ben equilibrata, con un attività

fotosintetica elevata, alla quale conseguono accrescimenti elevati dei toppi di base (Figura

1) (Bastien 1997; Wilhem et al. 1998).

Selvicoltura tradizionale Il fusto da opera è costituito da due parti, la prima con lunghezza pari all’altezza di inserzione del primo ramo grosso, formatosi durante lo sviluppo della pianta, ed è la parte di maggiore valore del fusto. Il secondo tratto deriva dalla risalita della chioma lungo il fusto per effetto della competizione con le chiome vicine. È una porzione di fusto di scarso valore per effetto delle deformazioni e delle cicatrici lasciate dai rami morti caduti. Inoltre la perdita di rami grossi può essere fonte di attacco da parte di parassiti fungini che si possono poi propagare all’interno del fusto.

Selvicoltura di qualità

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Una volta terminata la fase di qualificazione la chioma è stata “bloccata”, mantenendola libera dalla competizione degli alberi vicini e si è potuta sviluppare in profondità. Ne è derivato un maggior accrescimento diametrico della porzione di maggior valore del fusto, una maggiore stabilità individuale della pianta, nonché una elevata produzione di seme, che consente una maggiore continuità nell’insediamento della rinnovazione nel popolamento di cui la pianta fa parte.

Figura 1: caratteri dell’albero obbiettivo in una selvicoltura orientata alla produzione di fusti di qualità

Inoltre, una pianta con le caratteristiche appena descritte, gode di una maggiore stabilità

individuale, di una minore predisposizione alla formazione del falso durame, impiega tempi

più brevi a raggiungere il diametro di maturità e presenta una maggiore capacità di

disseminazione.

Ponendosi quindi come principale obbiettivo la coltivazione delle piante di pregio è

facilmente comprensibile come l’applicazione del trattamento irregolare non miri ad

ottenere una determinata struttura ma questa è, in opposto, una diretta conseguenza di un

approccio che mira a comprendere caratteristiche e ruolo svolto dalle singole piante

nonché delle dinamiche di accrescimento.

In riferimento alle dinamiche di accrescimento, la letteratura francese e tedesca riconosce

alcune fasi distinte di crescita, definite dal comportamento delle piante, che consentono di

inquadrare meglio le dinamiche e le necessità colturali delle singole porzioni di bosco.

Le diverse fasi possono essere così sintetizzate:

- fase di insediamento o di rinnovazione: è la fase in cui si instaura una relazione tra

la possibilità di insediamento della rinnovazione naturale ed il parametro facilmente

misurabile dell’area basimetrica. Si reputa che, per mantenersi in condizioni di

equilibrio, e cioè con un afflusso sufficiente di giovani piantine nelle classi

diametriche inferiori, sia necessario far lavorare il sistema bosco con valori di area

basimetrica attorno ai 20 m2/ha. Questo valore può essere espressione di un dato

uniforme ed omogeneo all’interno della particella forestale o in opposto

rappresentare un dato medio di una situazione molto eterogenea e diversificata

indotta dalla presenza contemporanea di zone ad elevata densità e zone aperte

(es. buche di rinnovazione).

- fase di qualificazione: questa fase coincide con quello di massimo accrescimento in

altezza della pianta. La crescita verso l’alto che può consentire lo sviluppo di una

porzione di fusto privo di rami può avvenire o in seguito alla pressione laterale

esercitata dalle piante vicine della stessa età (popolamenti o gruppi coetanei) o in

seguito alla presenza di luce diffusa prodotta dalla copertura di un soprassuolo

principale.

- fase di attesa o di compressione: quando la formazione di un fusto della lunghezza

voluta e privo di rami può dirsi terminata, la chioma deve potersi espandere. Nel

caso di dinamica di crescita per gruppi, l’ostacolo è dato dalle piante della

medesima età cresciute assieme, che quindi bisogna iniziare a diradare. Nel caso

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- fase di dimensionamento o fase adulta: una volta raggiunti gli strati superiori del

popolamento, ed esaurita la fase di massima crescita in altezza, inizia la fase di

dimensionamento dei candidati. La crescita in diametro è strettamente correlata con

l’ampliamento della chioma che quindi deve essere liberata dalla concorrenza.

Obbiettivo di questa fase è quindi l’ottenimento di uno sviluppo armonico della

chioma evitando inoltre la morte dei primi grossi rami vivi situati sopra il fusto di

base. La scelta delle piante candidate da favorire deve avvenire sulla base della

loro vitalità, qualità e distribuzione spaziale.

- fase di maturità: nella fase di maturità si esaurisce la capacità di estensione laterale

della chioma e si riduce ulteriormente la crescita in altezza, gli alberi vengono

lasciati in loco fintantoché continuano a produrre nuovi strati di legname pregiato e

si pone solamente attenzione ad evitare la risalita della chioma per la morte delle

grosse ramificazioni basali.

Alla fine di questa sintesi sui principali aspetti della gestione irregolare delle faggete è

facile comprendere come più che la definizione di parametri assestamentali da utilizzare

come norme di riferimento, è utile individuare quei bioindicatori che, in maniera visiva e

nelle differenti fasi di crescita, possono fungere da strumenti concreti e pratici di

valutazione e di scelta (Wolynski 2002).

Fondamentale è riconoscere le fasi di crescita, le relazioni che si sono instaurate

all’interno del popolamento, come competizione, simbiosi o coesistenza, osservando le

chiome, il fusto e gli apparati radicali, inquadrando quindi le necessità colturali delle

singole porzioni di bosco.

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4. Materiali e metodi

4.1 Individuazione delle aree oggetto di studio

L’individuazione delle zone da sottoporre ad indagine qualitativa e pianificazione degli

interventi è avvenuta attraverso due fasi.

Nella prima fase sono state identificate le particelle forestali interessate da formazioni a

faggio ed adeguatamente servite da viabilità forestale. La ricerca di popolamenti di faggio

serviti da una buona viabilità nasce dall’esigenza del piano di tagli di proporre interventi

selvicolturali tali da ipotizzare il ritorno sulla stessa superficie, per una nuova utilizzazione

forestale, ad intervalli di 10 anni. La sostenibilità di tale proposta non può prescindere

quindi dalla presenza di infrastrutture capaci di ridurre il più possibili i costi delle

utilizzazioni forestali.

Per tale motivo, utilizzando la carta forestale regionale derivata dai Piani Forestali

Territoriali (PFT), quella delle particelle forestali derivata dal Piano Forestale Aziendale e

quella della viabilità forestale della Valle Sessera si è proceduto ad individuare tutti i settori

delle particelle interessate da faggio poste ad una distanza topografica massima di 100 m

e 300 m dall’asse centrale della strada o pista forestale. Tale distanza nasce dalla

considerazione che entro il primo valore (100 m) l’esbosco del legname può avvenire con

vericello mentre nel secondo caso (300 m), oltre all’uso di questo è possibile ipotizzare

l’impiego di gru a cavo.

In termini cartografici si è quindi definito prima un buffer impostando come parametro fisso

per la sua individuazione una distanza di 100 m e 300 m topografici dall’asse stradale e

successivamente si è incrociata la superficie così ottenuta con quella relativa alla

copertura forestale (Figura 2).

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incrocio superficie individuata dal buffer con particelle forestali a faggio creazione del buffer a partire dalla viabilità

individuazione delle porzioni di faggeta servite da viabilità

Figura 2: fasi dell’elaborazione cartografica per l’individuazione delle faggete servite da viabilità

L’elaborazione così ottenuta ha consentito di ottenere una selezione delle faggete

adeguatamente servite da viabilità forestale.

Dato l’obbiettivo del lavoro, si è ritenuto necessario escludere le aree la cui pendenza

elevata possa rendere eccessivamente onerosa o complessa l’attività di taglio ed esbosco.

Per tale motivo sono state individuate ed escluse tutte le porzioni di territorio con una

pendenza media superiore a 40 gradi. Questa elaborazione cartografica è avvenuta

incrociando le informazioni fornite dalla carta delle pendenze (grid con maglia di 10 m) con

quella ottenuta nella precedente elaborazione ossia quella delle faggete adeguatamente

servite da viabilità forestale (Figura 3).

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individuazione delle superficie con pendenza superiore ai 40° carta delle pendenze (grid 10 m)

individuazione delle porzioni di faggeta servite da

viabilità e su pendenze inferiori ai 40°

Figura 3: individuazione delle faggete poste su versanti con pendenza superiore ai 40°

La cartografia così ottenuta è stata utilizzata per la seconda fase ossia una osservazione

diretta dei popolamenti individuati dalle elaborazioni cartografiche con l’obbiettivo di

eliminare le aree già interessate da utilizzazioni recenti e contemporaneamente

individuare i popolamenti che, per caratteristiche dendrometriche e di fertilità, meglio

possano andare incontro ad un approccio selvicolturale orientato alla produzione di

assortimenti di qualità. Il sopralluogo ha consentito quindi di ridefinire i confini delle

porzioni di faggeta precedentemente individuate attraverso l’elaborazione cartografica

eliminando le aree anomale per morfologia, ad esempio in prossimità degli impluvi dei

torrenti, o per composizione (elevata presenza di specie diverse dal faggio come le zone

d’invasione a betulla).

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4.2 Metodologia per la caratterizzazione dendrometrica dei popolamenti

I popolamenti di faggio così individuati sono stati interessati da un rilievo dendrometrico

effettuato all’interno di aree di saggio poste ai vertici di un reticolo a maglia quadrata di

ampiezza 100 m. Sono state quindi individuate e realizzate sul terreno 33 aree di saggio

circolari di raggio topografico 12 m. Per ogni area si è rilevata esposizione e pendenza del

versante.

All’interno di ogni area, per tutte le piante con un diametro ad 1.3 m da terra (petto

d’uomo) superiore a 7.5 cm, sono stati rilevati specie e diametro. Per un sottocampione,

rappresentativo della distribuzione diametrica presente nell’area di saggio, si è inoltre

rilevata l’altezza totale della pianta.

4.3 Metodologia per la caratterizzazione qualitativa dei fusti

Il rilievo qualitativo dei fusti è avvenuto all’interno di 11 aree di saggio individuate

all’interno dei settori sulla base dei risultati dendrometrici ottenuti con il primo rilievo. Le

aree sono state quindi collocate all’interno di popolamenti ritenuti rappresentativi di tutto il

settore o porzione di questo. Il rilievo della qualità dei fusti e delle chiome è stato condotto

all’interno di aree di saggio aventi un raggio di 20 m (topografico).

La caratterizzazione qualitativa avviene sia attraverso la classificazione del fusto sia

attraverso la classificazione della chioma. La classificazione tecnologica del fusto si basa

su una serie di parametri quali curvatura, inclinazione, fibratura torta, presenza di rami o

cicatrici, ferite. Tale valutazione viene effettuata nei primi 3 metri di fusto.

La classificazione prevede 4 classi in qualità A, B, C o D come mostrato dallo schema di

classificazione (Tabella 1).

La valutazione della qualità del fusto è stata condotta sui primi 3 m di fusto, ritenendo

questa la misura minima necessaria per avere un assortimento di qualità commerciabile.

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Tabella 1: parametri considerati nella classificazione della qualità dei fusti

La chioma viene classificata sulla base del suo aspetto visivo attraverso una tavola di

confronto di “chiome tipo” suddivise in 5 classi, considerando di migliore qualità le piante a

chioma più espansa e regolare. Nel caso di chiome asimmetriche si è aggiunto un attributo

alla classificazione (Figura 4).

L’analisi delle chiome è stata approfondita, per le piante in classe A e B, rilevando sia

l’altezza di inserzione di chioma sia l’altezza della chioma persa intendendo con questa

l’altezza del primo ramo grosso o nodo presente sul fusto. Questo ultimo dato consente di

quantificare il processo di risalita della chioma sul fusto causato dalla carenza di luce nella

parte inferiore della chioma (Figura 5).

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CRESCITA IN CEDUO COMPOSTO

CRESCITA IN FUSTAIA

Figura 4: tavola di confronto per la classificazione della chioma (ONF 1997)

Chioma persa

Figura 5: fenomeno di risalita della chioma lungo il fusto ed individuazione della chioma persa

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4.4 Elaborazioni

I dati rilevati in campo sono stati quindi utilizzati per caratterizzare da un punto di vista

dendrometrico i popolamenti analizzati. Per singola area di saggio si sono quindi ottenuti i

seguenti dati:

- esposizione

- pendenza

- densità popolamento (n° piante/ha)

- composizione specifica

- area basimetrica totale ed area basimetrica per specie (m2/ha)

- volume totale e volume per specie (m3/ha). Sono state utilizzate, per il faggio, le tavole

di cubatura a doppia entrata formulate per i boschi cedui di faggio del Piemonte (Nosenzo

A. 2008) mentre per le altre specie sono state utilizzate le tavole dell’inventario forestale

nazionale (Castellani et al., 1984).

Le altezze misurate sono state utilizzate per la costruzione della curva ipsometrica. La

curva è stata ottenuta utilizzando un campione totale di 180 altezze.

I dati rilevati all’interno delle aree di saggio effettuate per valutare la qualità dei fusti sono

stati elaborati al fine di caratterizzare qualitativamente i popolamenti. Per ogni area di

saggio quindi sono stati ottenuti i seguenti risultatati:

- densità ad ettaro dei fusti in classe A, B, C e D

- frequenza percentuale delle 4 classi di qualità del fusto

- distribuzione delle 4 classi di qualità nelle classi diametriche

- distribuzione delle chiome nelle 5 classi di qualità

- distribuzione percentuale delle piante per classi di qualità del fusto e classi di qualità

della chioma.

I dati dendrometrici e qualitativi ottenuti sono stati utilizzati per effettuare una serie di

analisi statistiche con la finalità di evidenziare eventuali differenze significative tra i

popolamenti o eventuali correlazioni tra i diversi parametri rilevati.

16

4.5 Elaborazioni cartografiche

I punti di campionamento sono stati georeferenziati utilizzando un rilievo GPS così da

poter elaborare una cartografia tematica che fornisca indicazioni sulle caratteristiche

dendrometriche e di qualità dei popolamenti nelle singole aree. Attraverso Excel è stato

creato un database allegato successivamente alla informazione spaziale. Il database

fornisce tutti i parametri dimensionali misurati in bosco ed organizzati in modo tale da

poter effettuare elaborazioni sulla base di questi (Figura 6).

Figura 6: esempio di elaborazione cartografia ed organizzazione del database GIS

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5. Risultati

Le elaborazioni cartografiche effettuate nella prima fase ed i sopralluoghi successivi hanno

consentito di individuare tre porzioni di faggeta, denominati “settori”, per una superficie

complessiva di 40 ettari. I settori sono stati identificati con numeri progressivi da 1 a 3. e

sono localizzati sul territorio come mostrato dalla carta (Figura 7).

Figura 7: localizzazione delle aree oggetto del rilievo e del piano di taglio

5.1 Descrizione settore 1 Questo settore è interamente incluso nella particella forestale numero 12 del PFA.

La particella ha una superficie complessiva di 52.4 ha ed occupa il medio e basso

versante. Delimitata a monte dalla strada che da Bocchetto Sessera conduce a Bocchetta

della Boscarola ed a valle dal Torrente Sessera, si caratterizza per una morfologia

complessiva nella quale sono presenti due situazioni principali. Le quote superiori si

caratterizzano per la presenza di un crinale arrotondato con pendenze mai elevate e

scarsa pietrosità. Alle quote inferiori la morfologia diviene in opposto molto più accidentata

per incremento sia della pendenza sia per la presenza di salti di roccia e pietrosità diffusa.

La pendenza varia da un valore minimo del 20% ad uno massimo del 40% nei settori di

particella più acclivi La particella è complessivamente ben servita dalla viabilità per la

presenza di una pista forestale che, dipartendosi dalla viabilità principale conduce sino alle

quote inferiori.

18

Complessivamente la faggeta oligotrofica occupa una superficie di 26.1 ettari mentre la

restante parte della particella è interessata da un rimboschimento (24.2 ettari) e

secondariamente da formazioni ad alneto e betuleto montano.

Il settore 1 del presente piano di tagli è stato individuato delimitando una porzione della

particella pari a 13.3 ettari.

I rilievi dendrometrici hanno consentito di caratterizzare il settore per composizione e

parametri dendrometrici relativi (Tabella 2).

I valori di deviazione standard e di coefficiente di variazione ottenuti mostrano una buona

uniformità dei dati dendrometrici nei popolamenti rilevati (Tabella 3). La densità media

risulta piuttosto elevata (896 piante/ha) così come l’area basimetrica (34.8 m2/ha). La

composizione specifica varia nelle diverse porzione del settore passando da popolamenti

in purezza di faggio a popolamenti nei quali la betulla partecipa alla composizione

specifica in modo significativo (Figura 8) La struttura è pressoché ovunque monoplana e la

copertura delle chiome è colma. La mancanza di luce al suolo non consente l’affermazione

della rinnovazione e dello sviluppo di specie erbacee.

settore 1 densità area basimetrica volume

composizione (n/ha) (m2/ha) (m3/ha)

faggio 849 31.8 306.9

betulla 45 2.7 27.3

altre latifoglie 2 0.3 0.3

totale 896 34.8 335

Tabella 2: principali dati dendrometrici del popolamento forestale presente nel settore 1

settore 1 numero piante area basimetrica volume

deviazione standard 274.5 8.5 87.6

coeff. di variazione (%) 31 24 26

Tabella 3: valori di deviazione standard e coeff. di variazione calcolati

19

Figura 8: composizione specifica del popolamento nelle aree di saggio realizzate nel settore 1

Il diametro medio del faggio è di 21.8 cm e l’altezza media di 18.3 m.

La distribuzione diametrica del popolamento mostra come le classi di diametro 15 e 20 cm

siano quelle più rappresentate anche se non mancano individui di maggiori dimensioni, sia

di faggio che altre specie (classi superiori ai 35 cm di diametro) (Figura 9). I diametri

maggiori presenti nella curva di distribuzione diametrica sono localizzati principalmente

alle quota inferiori del settore, sul versante Est, in prossimità della pista forestale.

Settore 1- distribuzione diametrica

0

40

80

120

160

200

10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60

classe diametrica (cm)

freq

uen

za (

n/h

a)

faggio

altre latifoglie

Figura 9: grafico distribuzione diametrica delle piante nel settore 1

20

L’analisi della qualità dei fusti ha consentito di caratterizzare i popolamenti presenti anche

da un punto di vista qualitativo.

Complessivamente il settore presenta una buona densità di piante con caratteristiche del

fusto tali da ipotizzarne l’utilizzo per finalità diverse da quelle della legna da ardere.

Complessivamente infatti il numero delle piante che ricade nelle classi di qualità A e B è di

117 ad ettaro. Le piante di qualità sono anche quelle che presentano un diametro medio

superiore rispetto alle altre piante del popolamento.

settore 1 n°/ha diametro medio

A 21 24.9

B 96 24.2

C 433 18.6

D 515 18.1

Tabella 4: densità ad ettaro e diametro medio delle piante suddivise in base alla qualità dei fusti

In termini percentuali le piante classificate in classe A e B per il fusto rappresentano

complessivamente il 9.6% del numero totale. Sono piuttosto equamente divise le piante

classificate nelle classi peggiori ossia la classe C, che raccoglie il 43% delle piante, e la

classe D, con il 47% del numero totale (Tabella 5).

classe qualità %

A 1.8

B 7.8

C 43.1

D 47.3

Tabella 5: ripartizione percentuale delle piante in classi di qualità

La distribuzione delle piante con un fusto di qualità nelle classi diametriche evidenzia una

presenza di queste in tutte le classi diametriche comprese tra i 15 ed i 40 cm (Figura 10).

La classe diametrica dei 25 cm raccoglie in se circa il 30% di tutte le piante di qualità.

21

Settore 1- distribuzione diametrica qualità fusti

0

40

80

120

160

200

10 15 20 25 30 35 40 45 50

classe diametrica (cm)

fre

qu

en

za a

sso

luta

D

C

A+B

Figura 10: distribuzione diametrica delle piante suddivise per qualità del fusto

Analizzando i difetti presenti sul fusto si osserva come l’89% dei fusti presenti una sola

tipologia di difetto e solo un 8% presenta contemporaneamente più difetti sul fusto. Il

difetto più frequente è quello correlato alla presenza di nodi o di rami nella porzione di

fusto analizzato (62%) (Tabella 6).

tipo difetto %

solo curvatura 24

solo rami 62

solo fibratura 2

solo inclinazione 1

Tabella 6: distribuzione percentuale dei difetti rilevati sui fusti

L’elevata densità del popolamento e la mancanza di un numero elevato di matricine

proveniente dalla gestione del ceduo fa si che l’analisi della qualità della chioma mostri

come percentualmente le chiome più frequenti siano quelle in classe 2 e 3, che

complessivamente raccolgono il 66% degli individui analizzati (Tabella 7).

22

settore 1

classe chioma %

5 0.0

4 10.3

3 32.4

2 34.1

1 23.2

Tabella 7: distribuzione percentuale delle piante in classe di qualità della chioma

L’analisi comparata dei dati sulla qualità dei fusti con quelli relativi alla qualità della chioma

è rappresentata dalla tabella che segue (dati in percentuale sul totale delle osservazioni)

(Tabella 8). Le piante migliori per qualità del fusto e qualità della chioma (zona rossa)

rappresentano il 3.9% del numero totale ed un ulteriore 4.5% è rappresentato da individui

con buoni caratteri del fusto ma sviluppo della chioma meno favorevole anche se non

pessima (zona arancione).

Le piante individuate da questi due settori della tabella, per un valore complessivo del

8.4% sono identificabili con le possibili “candidate” del popolamento ossia con le piante

sulle quali porre la maggior attenzione in fase di assegno forestale allo scopo di favorirne

lo sviluppo e la stabilità. Le piante individuate dal settore verde della tabella possono

essere considerate le principali concorrenti delle candidate a causa del loro notevole

sviluppo di chioma e complessivamente rapprendano il 6.6% del popolamento. La

prevalenza assoluta delle piante, per un valore complessivo dell’83.8% (settore azzurro),

si caratterizza per scarsa qualità del fusto e scarso sviluppo della chioma; queste

caratteristiche consentono di identificare queste come piante indifferenti nei confronti delle

candidate, non avendo un elevato potere concorrenziale in termini di chiome. Il loro ruolo

deve essere definito individualmente nell’ambito dell’assegno forestale in funzione dello

sviluppo della piante e della sua posizione nei confronti delle piante di qualità.

23

Qualità fusto settore 1

a b c d

5 0.0 0.0 0.0 0.0 4 0.8 3.1 3.4 3.2 3 1.0 3.5 10.3 16.5 2 0.0 1.2 19.4 14.4

Qu

alit

à ch

iom

a

1 0.0 0.0 10.0 13.2

Tabella 8: distribuzione percentuale delle piante in classi di qualità del fusto e della chioma

5.2 Descrizione settore 2

Il settore due, è compreso nelle particelle N° 8 e 9 del PFA, che complessivamente

presentano un’estensione di 83,9 ha. La particella N° 8 (49,2 ha), occupa il medio versante

in un comprensorio posto a monte della pista Bocchetto Sessera - Bocchetta della

Boscarola (limite inferiore), fra i Rii Calcinone e quello immediatamente a destra dell'Alpe

Balmello di sotto. Il limite superiore è rappresentato dal sentiero che dall'Alpe Casari porta

all'Alpe Reja di sotto; questo sentiero costituisce l'unica possibilità di accesso alla parte

superiore della particella. L'accesso principale alla particella è possibile dalla sopraccitata

pista che costituisce il limite inferiore. Presenta un’esposizione Est, Nord – Est, e la

pendenza prevalente varia tra il 20 e il 40 %.

La particella si caratterizza per la presenza di una copertura forestale molto eterogenea in

cui si osserva una predominanza di rimboschimenti di abete rosso e larice nella parte sud

(9,5 ha), mentre alle quote superiori sono presenti boschi d’invasione di betulla (23,7 ha).

La superficie rimanente è occupata in prevalenza da giovani fustaie di faggio provenienti

da cedui in conversione. La rinnovazione è ovunque sporadica e con modeste possibilità

di affermazione a causa della mancanza di luce o per la concorrenza esercitata dalla

molinia; solo a valle dell’Alpe Calcinone, nella fascia di transizione fra il betuleto ed il

rimboschimento di larice, il faggio dimostra maggiori possibilità di raggiungere il piano

dominante.

La particella N° 9, con un estensione di 34,7 ha, occupa entrambi i versanti del Dosso

dell'Asino, fra il Rio Calcinone a sud ed il Rio Caramala a nord. Il limite inferiore (est) è

dato dal Torrente Sessera, che costituisce anche il limite di proprietà regionale, mentre

quello superiore (ovest) dalla strada Bocchetto Sessera - Bocchetta della Boscarola.

24

Questa strada, assieme a quella parallela ed inferiore (Rio Caramala - Rio Calcinone),

rappresentano i possibili accessi alla zona.

La pendenza della particella è complessivamente molto variabile passando dal 10% delle

zone meno acclivi al 40% di quelle più acclivi; L’esposizione prevalente è quella Est anche

se sono presenti settori di particella con esposizione variabile da Nord a Sud.

Il soprassuolo si caratterizza per la prevalenza di faggio e per la presenza di un mosaico

fra strutture ad alto fusto, ottenute con interventi di conversione, e cedui adulti con

matricine. In particolare le fustaie prevalgono nella parte più occidentale, in prossimità

delle due piste forestali che servono la particella; il ceduo prevale nella porzione orientale,

fra il Dosso dell’Asino ed il T. Sessera. In prossimità del Dosso dell’Asino sono presenti,

rispettivamente a sinistra e destra della pista forestale, un rimboschimento di latifoglie

mesofile (acero di monte e frassino maggiore) ed uno di conifere (pino nero e pino

silvestre). In quest’ultimo caso i soggetti presentano una crescita stentata e l’impianto

evidenzia numerose radure. Nei pressi del Rio Caramala, infine, è presente un alneto di

ontano bianco, attualmente di dimensioni ridotte per i fenomeni erosivi che hanno

interessato l’impluvio. La densità è sempre colma ed i soggetti di faggio si presentano

assai snelli, con chiome compresse; solo in prossimità del R. Caramala è presente un

nucleo a fustaia adulta con alcuni individui di medie dimensioni, con chiome ampie e

ramose.

I rilievi dendrometrici hanno consentito di caratterizzare il settore per composizione e

parametri dendrometrici relativi (Tabella 9).

I valori di deviazione standard e di coefficiente di variazione ottenuti mostrano una buona

uniformità dei dati dendrometrici nei popolamenti rilevati (Tabella 10). La densità media

risulta piuttosto elevata (782 piante/ha) così come l’area basimetrica (40 m2/ha). La

composizione specifica varia all’interno del settore con presenza di popolamenti nei quali il

faggio si associa alla betulla o ad altre latifoglie, in particolar modo nelle aree marginali del

settore stesso (Figura 11). La struttura è pressoché ovunque monoplana e la copertura

delle chiome è in prevalenza colma. Il popolamento non presenta una densità uniforme

nelle diverse parti del settore considerato. Dove la copertura delle chiome non risulta

colma si assiste allo sviluppo al suolo di specie erbacee mentre non sono presenti

significativi nuclei di rinnovazione di specie forestali.

25

settore 2 densità area

basimetrica volume

composizione (n/ha) (m2/ha) (m3/ha)

faggio 720 30.6 303.9

betulla 42 1.5 14.5

altre latifoglie 11 6.9 6.9

conifere 9 1.3 1.3

totale 782 40 327

Tabella 9: principali dati dendrometrici del popolamento forestale presente nel settore 2

numero piante area basimetrica volume

deviazione standard 237.0 6.1 66.5

coeff. di variazione (%) 30 18 20

Tabella 10: valori di deviazione standard e coeff. di variazione calcolati

Figura 11: composizione specifica del popolamento nelle aree di saggio realizzate nel settore 2

Il diametro medio del faggio è di 23.3 cm e l’altezza media di 18.7 m.

La distribuzione diametrica del popolamento mostra come le piante siano concentrate

principalmente nelle classi diametriche dei 15 e 20 cm di diametro (Figura 12). Le piante di

diametro maggiore rappresentano le vecchie matricine del governo a ceduo presenti nel

settore in modo irregolare.

26

Settore 2- distribuzione diametrica

0

40

80

120

160

200

10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60

classe diametrica (cm)

freq

uen

za (

n/h

a)

faggio

altre latifoglie

Figura 12: grafico distribuzione diametrica delle piante nel settore 2

L’analisi della qualità dei fusti ha consentito di caratterizzare i popolamenti presenti anche

da un punto di vista qualitativo.

Complessivamente il settore presenta una buona densità di piante con caratteristiche del

fusto tali da ipotizzarne l’utilizzo per finalità diverse da quelle della legna da ardere.

Complessivamente infatti il numero delle piante che ricade nelle classi di qualità A e B

sono 69 ad ettaro (Tabella 11). Le piante di qualità B sono anche quelle che presentano

un diametro medio superiore rispetto alle altre piante del popolamento.

settore 2 n°/ha diametro medio

A 7 19.8

B 62 24.1

C 283 22.5

D 460 22.8

Tabella 11: densità ad ettaro e diametro medio delle piante suddivise in base alla qualità dei fusti

In termini percentuali le piante classificate in classe A e B per il fusto rappresentano

complessivamente l’8.5 % del numero totale. Oltre il 57% delle piante ricade nella classe

peggiore per qualità del fusto, ossia la classe D (Tabella 12).

27

classe qualità %

A 0.8

B 7.7

C 34.8

D 56.7

Tabella 12: ripartizione percentuale delle piante in classi di qualità

La distribuzione delle piante con un fusto di qualità nelle classi diametriche evidenzia una

presenza di queste in tutte le classi diametriche comprese tra i 15 ed i 35 cm (Figura 13).

La classe diametrica dei 20 cm raccoglie in se circa il 33% di tutte le piante di qualità.

Settore 2- distribuzione diametrica qualità fusti

0

40

80

120

160

10 15 20 25 30 35 40 45 50

classe diametrica (cm)

freq

uen

za a

sso

luta

D

C

A+B

Analizzando i difetti presenti sul fusto si osserva come il 70% dei fusti presenti una sola

tipologia di difetto ed un rimanente 29% presenta contemporaneamente più difetti sul

fusto. Nei casi di fusto con una sola tipologia di difetto si sottolinea che quello più

frequente è quello correlato alla presenza di nodi o di rami nella porzione di fusto

analizzato (59%) (Tabella 13).

Tabella 13: distribuzione percentuale dei difetti rilevati sui fusti

tipo difetto %

solo curvatura 4

solo rami 59

solo fibratura 5

solo inclinazione 1

Figura 13: distribuzione diametrica delle piante suddivise per qualità del fusto

28

L’analisi della qualità delle chiome mostra per questo settore la presenza di una buona

percentuale di piante con buon sviluppo di chioma (22.2%) (

Tabella 14). Tale valore è imputabile anche alla presenza delle vecchie matricine del

ceduo che, sviluppandosi in modo isolato, hanno chiome ampie e profonde.

settore 2

classe chioma %

3.5 5 18.7 4 31.3 3

26.5 2

1 20.0

Tabella 14: distribuzione percentuale delle piante in classe di qualità della chiome

29

L’analisi comparata dei dati sulla qualità dei fusti con quelli relativi alla qualità della chioma

è rappresentata dalla tabella che segue (dati in percentuale sul totale delle osservazioni)

(Tabella 15). Le piante migliori per qualità del fusto e qualità della chioma (zona rossa)

rappresentano il 3.3% del numero totale ed un ulteriore 2.8% è rappresentato da individui

con buoni caratteri del fusto ma sviluppo della chioma meno favorevole anche se non

pessima (zona arancione). Le piante individuate da questi due settori della tabella, per un

valore complessivo del 6.1% sono identificabili con le possibili “candidate” del

popolamento ossia con le piante sulle quali porre la maggior attenzione in fase di assegno

forestale allo scopo di favorirne lo sviluppo e la stabilità. Le piante individuate dal settore

verde della tabella possono essere considerate le principali concorrenti delle candidate a

causa del loro notevole sviluppo di chioma e complessivamente rapprendano il 18.9% del

popolamento. La prevalenza assoluta delle piante, per un valore complessivo dell’72.6%

(settore azzurro), si caratterizza per scarsa qualità del fusto e scarso sviluppo della

chioma; queste caratteristiche consentono di identificare queste come piante indifferenti

nei confronti delle candidate, non avendo un elevato potere concorrenziale in termini di

chiome. Il loro ruolo deve essere definito individualmente nell’ambito dell’assegno

forestale in funzione dello sviluppo della piante e della sua posizione nei confronti delle

piante di qualità. Il settore giallo individua le piante con buoni fusti ma scarso sviluppo di

chioma (2.4% del totale); difficilmente queste piante potranno essere individuate come

candidate poiché le chiome eccessivamente ridotte sono motivo di elevata instabilità

soprattutto in seguito ad isolamento improvviso dopo un intervento di taglio.

Qualità fusto settore 2

a b c d

5 0.0 0.0 1.5 2.0 4 0.3 3.0 3.4

Tabella 15: distribuzione percentuale delle piante in classi di qualità del fusto e della chioma

12.0

3 0.3 2.5 11.0 17.5

2 0.3 2.1 10.0 14.1

Qu

alit

à ch

iom

a

1 0.0 0.0 9.0 11.0

30

5.3 Descrizione settore 3

Il settore 3 è interamente compreso nella particella N° 16 del PFA (69.9 ha) che occupa il

basso versante fra il Rio Tench ed il displuvio di Poggio Bonda, fra le Alpi di Giulla e di

Tench. A monte il confine della particella coincide con la strada Bocchetto Sessera-

Bocchetta della Boscarola; a valle il limite segue quello della proprietà regionale, che per

un breve tratto corrisponde con il T. Dolca. L'accesso alla particella è garantito sia dalla

strada che coincide con il limite superiore sia dalla pista che conduce all’Alpe Lavaggi.

La copertura forestale è complessivamente molto eterogenea per presenza di fustaie

giovani ed adulte di faggio, derivanti da interventi di conversione attiva, in mosaico con

cedui invecchiati e popolamenti di neoformazione a prevalenza di betulla. A valle della

pista forestale che porta a Ponte Lavaggi si alternano cenosi senza gestione a dominanza

di nocciolo, boscaglie miste e cedui di faggio di scarsa fertilità; in tutti i casi domina un

denso strato inferiore di nocciolo che impedisce l’evoluzione della vegetazione forestale.

In prossimità del Rio Tench la faggeta si arricchisce di latifoglie mesofile, per sfumare,

lungo il Rio nell’Alneto in formazioni di ontano bianco.

A monte della pista forestale la faggeta assume la fisionomia del popolamento adulto, a

prevalenza di faggio, localmente misto con betulla, pioppo tremolo ed acero di monte

(molto sporadico). Le strutture verticali ed orizzontali sono discretamente articolate, con

presenza di soggetti di diversi diametri. Da un punto di vista evolutivo è significativa la

presenza di un buon numero di soggetti di faggio con chioma ampia e profonda. In

prossimità della strada forestale vi sono alcuni giovani individui affermati di douglasia. La

densità è sempre colma, con locali diminuzioni in corrispondenza delle boscaglie.

I rilievi dendrometrici hanno consentito di caratterizzare il settore per composizione e

parametri dendrometrici relativi (Tabella 16).

I valori di deviazione standard e di coefficiente di variazione ottenuti mostrano una buona

uniformità dei dati dendrometrici nei popolamenti rilevati (Tabella 17). La densità media

risulta di (619 piante/ha) e l’area basimetrica ammonta a 33 m2/ha. Il popolamento

presenta complessivamente una densità inferiore rispetto hai precedenti ed una struttura

orizzontale più irregolare. La struttura verticale del popolamento è tendenzialmente

uniforme e monoplana, con una copertura delle chiome colma e continua. La tessitura e la

densità sono invece influenzate dalla presenza diffusa di vecchie e grosse matricine

31

caratterizzate dalle svluppate chiome. La componente erbacea è localizzata nelle aree in

cui la luce riesce a penetrare lo strato arboreo. Non sono presenti significativi nuclei di

rinnovazione di specie forestali.

settore 3 densità area basimetrica volume

composizione (n/ha) (m2/ha) (m3/ha)

faggio 558 29.9 293.7

betulla 55 3.0 31.3

conifere 6 0.4 0.4

totale 619 33 325

Tabella 16: principali dati dendrometrici del popolamento forestale presente nel settore 3

numero piante area basimetrica volume

deviazione standard 261.1 4.7 46.0

coeff. di variazione (%) 42 14 14

Tabella 17: valori di deviazione standard e coeff. di variazione calcolati

Il diametro medio del faggio è di 26.1 cm e l’altezza media di 19.7 m.

La distribuzione diametrica evidenzia una distribuzione più omogenea delle piante nelle

diverse classi diametriche comprese nell’intervallo 15-30 cm di diametro (Figura 14). Le

altre latifoglie, in prevalenza betulle, solo limitate alle classi diametriche comprese tra i 15

ed i 30 cm.

Settore 3- distribuzione diametrica

0

40

80

120

160

200

10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60

classe diametrica (cm)

freq

uen

za (

n/h

a)

faggio

altre latifoglie

Figura 14: grafico distribuzione diametrica delle piante nel settore 3

32

Settore 3- distribuzione diametrica

0

40

80

120

160

200

10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60

classe diametrica (cm)

freq

uen

za (

n/h

a)

faggio

altre latifoglie

Figura 15: composizione specifica del popolamento nelle aree di saggio realizzate nel settore 3

L’analisi della qualità dei fusti ha consentito di caratterizzare i popolamenti presenti anche

da un punto di vista qualitativo.

Il settore preso in considerazione non presenta individui con buone caratteristiche del

fusto, se non per un numero molto ridotto. Non sono presenti piante in classe A e quelle

classificate in classe B sono solo 12 ad ettaro (Tabella 18). Le piante di qualità B sono

anche quelle presentano un diametro medio superiore rispetto alle altre piante del

popolamento.

settore 3 n°/ha diametro medio

A 0 /

B 12 30.9

C 259 27.0

D 195 25.9

Tabella 18: densità ad ettaro e diametro medio delle piante suddivise in base alla qualità dei fusti

In termini percentuali le piante classificate in B per il fusto rappresentano

complessivamente solo il 2.6 % del numero totale (Tabella 19).

33

classe qualità %

0.0 A

2.6 B

56.0 C

41.4 D

Tabella 19: ripartizione percentuale delle piante in classi di qualità

La distribuzione delle piante con un fusto di qualità nelle classi diametriche evidenzia una

presenza di queste in tutte le classi diametriche comprese tra i 15 ed i 35 cm (Figura 16).

La classe diametrica dei 20 cm raccoglie in se circa il 33% di tutte le piante di qualità.

Settore 3- distribuzione diametrica qualità fusti

0

10

20

30

40

10 15 20 25 30 35 40 45 50

classe diametrica (cm)

freq

ue

nza

ass

olu

ta

D

C

A+B

Analizzando i difetti presenti sul fusto si osserva come il 64% di questi presenti una sola

tipologia di difetto ed un rimanente 36% presenta contemporaneamente più difetti sul

fusto. Nei casi di fusto con una sola tipologia di difetto si sottolinea che quello più

frequente è quello correlato alla presenza di nodi o di rami nella porzione di fusto

analizzato (50%) (Tabella 20).

Tabella 20: distribuzione percentuale dei difetti rilevati sui fusti

tipo difetto %

solo curvatura 13

solo rami 50

solo fibratura 2

solo inclinazione 0

Figura 16: distribuzione diametrica delle piante suddivise per qualità del fusto

34

L’analisi della qualità della chioma mostra come un 30% delle piante abbia un buon

sviluppo di chioma (classe 4 e 5); le piante con queste caratteristiche sono in prevalenza

le matricine sopravvissute alla passata gestione a ceduo del popolamento (Tabella 21).

Una elevata percentuale di piante (42.5%) presenta comunque chiome con un discreto

sviluppa (classe3) mentre un ulteriore 26.8% presenta chiome molto ridotte e raccolte sul

fusto.

settore 3

classe chioma % 5.5 5 25.0 4

42.5 3

16.8 2

10.0 1

Tabella 21: distribuzione percentuale delle piante in classe di qualità della chioma

L’analisi comparata della qualità del fusto con qualità della chioma mostra come non vi

siamo piante nel settore rosso della tabella, ossia quello che contiene le possibili migliori

piante sia per qualità del fusto che della chioma (Tabella 22). Solo un 2.5% delle piante

possono essere considerate come candidate della qualità (zona arancione).

Complessivamente quindi il popolamento presente nel settore 3 non presenta elementi di

qualità a favore dei quali operare prioritariamente in fase di assegno, spostando

l’intervento selvicolturale verso altri obbiettivi che verranno analizzati successivamente

Qualità fusto settore 3

a b c d 5 0.0 0.0 3.5 2.0

4 0.0 0.0 14.5

Tabella 22: distribuzione percentuale delle piante in classi di qualità del fusto e della chioma

10.5

3 0.0 2.5 23.5 16.5

2 0.3 0.0 9.0 7.5

Qu

alit

à ch

iom

a

1 0.0 0.0 5.0 5.0

35

5.4 Confronto settori

I dati raccolti sono stati sottoposti ad una serie di analisi statistiche per valutare la

presenza di eventuali correlazioni o differenze significative tra settori.

La presenza di piante di qualità (A+B) è stata correlata con tre parametri dendrometrici dei

popolamenti quali densità, area basimetrica e diametro medio.

L’analisi è stata condotta adottando la correlazione di Pearson.

L’elaborazione ha consentito di evidenziare che esiste una correlazione statisticamente

significativa tra il numero delle piante di qualità presenti (A+B) sia con la densità del

popolamento sia con il diametro medio (Tabella 23). La correlazione ha valore positivo per

la densità, ossia la proporzione di piante di qualità aumenta all’aumentare della densità,

mentre presenta segno negativo per il valore del diametro medio del popolamento (la

proporzione di piante di qualità si riduce all’aumentare del diametro medio del

popolamento).

classe

qual.

correl.

NHA correl. BA

correl.

Dmed

a+b 0.61 n.s. -0.68

c n.s. n.s. n.s.

d n.s. n.s. n.s.

Tabella 23: valori di significatività ottenuti dall’analisi delle correlazioni

Nella tabella che segue sono riassunti i principali dati dendrometrici dei popolamenti

presenti nei 3 settori ed il valore medio ad ettaro delle piante di qualità. La presenza di un

maggior numero di piante di qualità nei popolamenti più densi è da imputarsi

principalmente al fatto che, la concorrenza reciproca tra le piante, da un lato induce una

maggiore crescita in altezza e dall’altra inibisce lo sviluppo, per mancanza di luce, dei rami

bassi, causa di declassamento del fusto. Al ridursi della densità quindi la percentuale di

piante di qualità passa del 9.6% del settore 1 al 2.6% del settore 3 (Tabella 24).

36

parametri settore 1 settore 2 settore 3

densità 896 782 619

area basimetrica 34.9 33.1 33.3

volume 334.6 326.6 325.3

diametro medio 23.1 23.8 28.0

n°/ha (A+B) 117 (9.6%) 69 (8.5%) 12 (2.6%)

Tabella 24: parametri dendrometrici e densità delle piante di qualità nei tre settori analizzati

La correlazione negativa esistente tra presenza di piante di qualità con il diametro medio è

conseguenza della densità del popolamento ossia una ridotta densità favorisce lo sviluppo

diametrico delle piante in seguito alla possibilità di sviluppare una maggior superficie foto

sintetizzante e quindi anche rami nella parte più bassa del fusto. Il risultato raccoglie in se

inoltre la passata gestione poiché i popolamenti a maggior diametro medio sono anche

quelli nei quali maggiore è la densità delle matricine eredità della vecchia gestione a

ceduo dei popolamenti.

La tabella che segue (Tabella 25) evidenzia come la percentuale delle piante con chiome

in classe 4 e 5 incrementi sensibilmente passando dal settore 1 (quello a maggior densità

e minor diametro medio) al settore 3 (quello a minor densità e maggior diametro medio).

settore 1 settore 2 settore 3

classe

chioma % % %

5 0.0 3.5 5.5

4 10.3 18.7 25.0

3 32.4 31.3 42.5

2 34.1 26.5 16.8

1 23.2 20.0 10.0

Tabella 25: distribuzione percentuale delle piante nelle classi di qualità della chioma nei tre settori analizzati

In termini di difetti rilevati è interessante sottolineare inoltre, che con la riduzione della

densità, aumenta il numero di difetti presenti contemporaneamente sul fusto della piante e

causa del suo declassamento nelle classi di qualità peggiori (C e D).

Passando dal settore 1 al settore 3 il numero di fusti che presentano più difetti

contemporaneamente passa dall’8% al 36% (Tabella 26).

37

difetti (valori %) settore 1 settore 2 settore 3

senza difetti 3 1 0

con difetti 97 99 100

1 difetto 89 70 64

2 o più difetti 8 29 36

solo curvatura 24 4 13

solo rami 62 59 50

solo fibratura 2 5 2

solo inclinazione 1 1 0

Tabella 26: distribuzione percentuale dei fusti in funzione del numero di difetti rilevati e tipologia

Una analisi statistica è stata condotta inoltre per comprendere se esista una differenza

significativa tra i tre settori nella ripartizione dei fusti nelle 4 classi di qualità.

L’analisi statistica è stata condotta utilizzando test chi-quadro su coppie di settori (1 contro

3, 2 contro 3, 1 contro 2). Le differenze emerse sono tutte significative per cui nel settore 1

la proporzione dei fusti di qualità è significativamente maggiore rispetto al settore 2 ed al

settore 3; il settore 2 ha, a sua volta, una proporzione di fusti di qualità significativamente

maggiore del settore 3.

38

6. Piano dei tagli

La caratterizzazione dendrometria e qualitativa dei popolamenti rappresenta la base

conoscitiva utilizzata per definire un piano di tagli di validità decennale da applicare sulla

superficie complessiva di 40 ettari individuata.

I tre settori si differenziano come già evidenziato in precedenza principalmente sia per

parametri dendrometrici sia per valore assoluto (n°/ha) e percentuale delle piante di

qualità.

Poiché l’obbiettivo principale di questo piani di tagli è quello di proporre una gestione delle

faggete orientata alla produzione di assortimenti di qualità la definizione delle superficie di

intervento e dei tempi di taglio è avvenuta basandosi sui risultati ottenuti dalla

caratterizzazione diametrica e qualitativa ottenuta. L’individuazione delle sezioni di

intervento è avvenuta valutando inoltre aspetti correlati alla realizzazione del cantiere di

taglio quali viabilità disponibile e sistemi di esbosco utilizzabili.

6.1 Settore 1 Il settore 1 come già in precedenza illustrato si caratterizza per essere la porzione di

faggeta con la densità più elevata di piante di qualità nonché del popolamento nel suo

complesso. Elevata risulta anche l’uniformità strutturale del popolamento ad eccezione

delle ridotte porzioni poste a valle della pista forestale secondaria.

Il settore è stato quindi suddiviso in tre “sezioni” di taglio identificate dalle lettere A, B e C

ed aventi una superficie media di 4.5 ha (Figura 17 e Tabella 27).

sezionesuperficie

(ha)

4.3 A

4.7 B

4.9 C

13.9 totale

Tabella 27: superfici delle sezioni individuate nel settore 1

39

Figura 17: suddivisione del settore 1 in sezioni

La tabella che segue (Tabella 28) riporta in sintesi i principali parametri dendrometrici

rilevati per singola sezione e la densità delle piante di qualità.

parametro sezione

A

sezione

B

sezione

C

numero piante (n°/ha) 1040 763 931

area basimetrica (m2/ha) 37 37 29

diametro medio (cm) 22 27 20

volume (m3/ha) 357 370 265

piante qualità (n°/ha) 80 191 81

Tabella 28: parametri dendrometrici e densità delle piante di qualità all’interno delle sezioni

La sezione A sarà la prima zona di intervento poiché caratterizzata da un popolamento

estremamente denso ed uniforme nel quale le piante, a totale contatto di chioma, creano

una situazione di copertura colma. L’intervento selvicolturale sarà principalmente un

diradamento mirato alla liberazione totale o parziale delle chiome delle piante di miglior

qualità presenti ponendo però molta attenzione alla stabilità complessiva del popolamento;

40

è necessario evitare di isolare improvvisamente piante filate ed a chioma ridotta. La

ricerca delle piante con buoni parametri di stabilità quali sviluppo e profondità della chioma

nonché basso coefficiente di snellezza sarà fondamentale poiché tali individui

rappresentano l’ossatura principale del popolamento e sono garanzia della sua stabilità

nei confronti di agenti quali neve o vento. Il diradamento dovrà quindi essere effettuato

privilegiando la liberazione delle chiome di tali piante, indipendentemente dalla qualità del

loro fusto.

Il diradamento effettuato in questa prima porzione consentirà di verificare quale sarà la

stabilità complessiva del popolamento dopo il taglio, in relazione hai rischi di schianti da

neve o vento, e quindi di poter meglio operare nei popolamenti limitrofi negli anni

successivi.

La sezione B, individuata come seconda superficie da sottoporre al taglio, è quella che

presenta la maggior densità di piante di qualità. Al suo interno il popolamento si presenta

meno omogeneo rispetto alla sezione B sia per la presenza di due aree di saggio

sperimentali già diradate nel 2001 e per una maggiore mescolanza specifica con betulla

nei popolamenti meno densi posti alla quote inferiori (a valle della pista forestale).

L’elevato numero di piante di qualità presenti, probabilmente non consentirà di individuare

come “candidate” tutte queste per cui a parità di qualità del fusto sono da privilegiare le

piante con una migliore conformazione di chioma (sia per sviluppo che per profondità).

Data l’elevata densità delle piante di qualità si sottolinea che la presenza di due o più

piante di qualità vicine può rappresentare spesso un “biogruppo” ossia due o più piante

che coesistono senza un rapporto di concorrenza diretta se non addirittura di relazioni

simbiontiche. La comprensione del rapporto esistente tra le piante avviene osservando sia

il portamento dei fusti che quello delle chiome. L’identificazione del biogruppo consente di

valutare la possibilità di allevare questo come una unità unica ed indipendente, liberandolo

sul lato esterno dagli immediati concorrenti, ma lasciandolo intatto al suo interno.

La sezione C, l’ultima da sottoporre ad utilizzazione in questo settore, è interessata da un

popolamento forestale con caratteristiche diametriche e di altezza che denotano una minor

fertilità rispetto ai popolamenti precedenti esposti ad Est. La porzione di bosco presente

nella sezione posta più a nord, ossia a valle della strada principale, presenta inoltre

densità inferiori, diametri medi maggiori e maggior partecipazione della betulla nella

composizione specifica. La distribuzione delle piante di qualità appare non uniformemente

all’interno della sezione e quindi l’intervento selvicolturale dovrà avere come obbiettivo la

41

liberazione delle piante di qualità, la dove presenti, ed il mantenimento complessivo della

stabilità nelle altre porzioni.

6.2 Settore 2 Il settore 2 ha una superficie complessiva di circa 20 ettari ed è servito dalla strada

forestale principale e da una pista che da questa si diparte verso l’Alpe Caramala. L’intero

settore è stato suddiviso in 5 sezioni sulla base delle esigenze di realizzazione del cantiere

e quindi sulle possibili modalità di esbosco ma anche sulla necessità di limitare le superfici

di intervento (circa 4 ettari) e sulla relativa omogeneità delle porzioni di popolamento da

includere (Figura 18 e Tabella 29).

sezionesuperficie

(ha)

3.3 D

4.5 E

4.8 F

4.1 G

3.1 H

19.8 totale

Tabella 29: superfici delle sezioni individuate nel settore 2

Figura 18: suddivisione del settore 2 in sezioni

42

La tabella che segue (Tabella 30) riporta in sintesi i principali parametri dendrometrici

rilevati per singola sezione e la densità delle piante di qualità.

sezione

D

sezione

E

sezione

F

sezione

G

sezione

H

numero piante (n°/ha) 844 774 785 837 648

area basimetrica (m2/ha) 36 30 34 32 32

diametro medio (cm) 25 22 24 22 25

volume (m3/ha) 362 290 339 297 328

piante qualità (n°/ha) 111 104 56 40 40

Tabella 30: parametri dendrometrici e densità delle piante di qualità all’interno delle sezioni

Complessivamente i popolamenti presentano una densità inferiore rispetto al settore 1 ed

una densità di piante con fusti di qualità molto eterogenea sul terreno. L’eterogeneità dei

popolamenti è correlata inoltre alla variabilità della composizione specifica ed ad aspetti di

maggiore o mino fertilità correlati alla morfologia locale. All’interno delle singole sezioni

quindi i popolamenti non sono mai omogenei e le porzioni di bosco con individui di qualità

sono piuttosto concentrati. La minor densità dei popolamenti, imputabile al fatto che siano

stati sottoposti ad un taglio di diradamento in più della fustaia transitoria rispetto al settore

1, ha consentito lo sviluppo di piante complessivamente più stabili per sviluppo di chioma

e coefficiente di snellezza. La pendenza inoltre è in media inferiore rispetto al primo

settore, consentendo alle piante uno sviluppo più equilibrato delle chiome stesse.

La definizione delle priorità di intervento è avvenuta valutando principalmente la presenza

nella sezione di piante di qualità e con esso la densità attuale del popolamento. La priorità

è quindi stata data per i popolamenti nei quali la presenza di piante di qualità è correlata

anche a densità tali da richiedere un intervento di diradamento in tempi brevi.

Sulla base di tali valutazioni le prime sezioni che devono essere sottoposte ad intervento

sono la sezione D e la sezione E, all’interno delle quali la densità delle piante di qualità

raggiunge i valori maggiori.

L’elevata eterogeneità di situazioni che si presentano in ogni sezione di intervento implica

l’attuazione di un intervento che racchiuda in se molteplici obbiettivi. Posta quindi

l’attenzione sulla valorizzazione delle piante di qualità la dove presenti, sarà necessario

intervenire per modificare o migliorare altri aspetti del popolamento la dove la presenza di

piante di qualità è nulla o scarsa. Data la minor criticità di questi popolamenti sotto

l’aspetto della stabilità è possibile proporre interventi che localmente abbiano finalità

43

anche molto diverse tra loro quali ad esempio la regolazione della composizione specifica

o la creazione di condizioni favorevoli all’insediamento di una nuova generazione di alberi.

Questo si concretizza con forme di prelievo riconducibili di volta in volta al taglio saltuario

per pedali, al taglio successivo a gruppi, a forme intermedie come il taglio saltuario a

gruppo o a forme miste dei diversi tipi di prelievo.

Questo approccio, che consente di operare con prelievi di intensità anche molto diversa

nelle diverse parti di una sezione può consentire di ottenere, già con un solo intervento,

una maggiore articolazione della struttura dei popolamenti.

6.3 Settore 3

Questo settore di faggeta ha una superficie complessiva di 6.3 ha ed è servita dalla strada

forestale principale, confine superiore del settore stesso. Sono state individuate al suo

interno 2 sezioni di intervento di superficie 3.3 e 3 ha (sezione I e L) (Figura 19 e Tabella

31).

sezionesuperficie

(ha)

3.3 I

3 L

6,3 Totale

Tabella 31: superfici delle sezioni individuate nel settore 3

Figura 19: suddivisione del settore 3 in sezioni

44

I popolamenti presenti si caratterizza per avere al loro interno una scarsissima densità di

piante di qualità (Tabella 32). E’ possibile ipotizzare che l’attuale aspetto del popolamento,

in termine di qualità, sia imputabile principalmente alle storia forestale del popolamento

piuttosto che ad aspetti correlati alla fertilità stazionale.

sezione I sezione L

numero piante (n°/ha) 520 719

area basimetrica (m2/ha) 34 32

diametro medio (cm) 32 24

volume (m3/ha) 332 319

piante qualità (n°/ha) 16 8

Tabella 32: parametri dendrometrici e densità delle piante di qualità all’interno delle sezioni

In popolamenti come questi, la mancanza di individui di qualità può indirizzare l’intervento

selvicolturale verso un obbiettivo principale quale la creazione di condizioni favorevoli

all’insediamento di una nuova generazione di piante.

Con la gestione a tagli successivi uniformi tale finalità viene perseguita creando condizioni

di luce diffusa al suolo attraverso diradamenti uniformi che, alla fine del turno si

concretizzano in taglio di preparazione e/o sementazione. L’alternativa a tale approccio

può essere rappresentato dalla creazione di condizioni di luce favorevoli all’insediamento

della rinnovazione in modo localizzato attuando taglio successivo per gruppi o taglio

saltuario per gruppi (3-5 piante) o taglio per piede d’albero.

Questo consente di evitare un intervento di taglio uniforme su tutta la superficie e di

operare la selezione delle piante da abbattere e rilasciare sulla base di elementi quali

stabilità individuali, sviluppo della chioma etc.

Anche se la densità del popolamento risulta inferiore rispetto agli altri settori di faggeta

analizzati, è infatti comunque necessario porre attenzione al rischio di schianti per vento o

neve al quale sono sottoposte le piante nei primi anni dopo il taglio, in seguito

all’improvviso isolamento. Poiché lo scopo è quello di ottenere una nuova generazione di

piante diviene importante la scelta delle piante con il migliore sviluppo di chioma, a

garanzia di una maggiore capacità di fruttificazione. Il valore di riferimento di 20 m2/ha di

area basimetrica, indicato in letteratura come valore di sintesi perché in faggeta si abbia

un apporto costante di piante nelle classi diametriche inferiori, può essere interpretato sia

come valore reale rilevabile sull’intera superficie trattata (elevata uniformità del

45

popolamento) sia come valore medio attribuito all’intera superficie al quale però non

corrisponde una uniformità al suo interno per presenza di situazioni molto diverse quali ad

esempio zone molto dense che si alternano a buche di rinnovazione di dimensioni

variabili. L’obbiettivo degli interventi proposti nel settore 3 deve quindi puntare al

raggiungimento di quest’ultima situazione descritta poiché, date le caratteristiche del

popolamento di partenza, maggiori sono le garanzie per una sua stabilità complessiva. In

fase di attuazione dell’assegno forestale molta attenzione dovrà inoltre essere posta sulle

dimensioni delle buche create per favorire l’ingresso della rinnovazione di faggio poiché la

presenza di betulla nella composizione specifica attuale indica chiaramente la tendenza di

questa specie ad insediarsi nelle radure create in seguito a tagli troppo intensi.

Nei versanti con esposizione Nord si assiste comunque ad una progressiva evoluzione

verso le faggete originarie mentre per i versanti esposti a Sud è necessario porre

maggiore attenzione poiché l’evoluzione naturale di queste formazioni tende a veri epropri

betuleti con scarse tendenze evolutive.

46

7. Conclusioni Il piano di tagli proposto si pone l’obbiettivo di fornire al gestore forestale del territorio

preso in esame uno strumento tecnico di supporto sia alla conoscenza dei popolamenti

forestali di faggio che alla loro gestione selvicolturale.

L’analisi cartografica iniziale ha consentito di evidenziare come complessivamente 934

ettari di foreste siano ben servite da viabilità forestale e come di queste circa 400 ettari

siano interessati da formazioni a faggio.

L’esame dendrometrico e qualitativo dei popolamenti mostra come la qualità all’interno dei

popolamenti sia estremamente variabile e correlabile in parte a motivi stazionali ed in

parte allo sfruttamento avvenuto in passato, sia in termini di quantità dei prelievi che in

termini di modalità di questi. I popolamenti che si trovano in situazioni di versante

caratterizzati da una miglior fertilità (esposizione, pendenza, profondità del suolo) e

maggior densità attuale presentano al loro interno un elevato numero di piante di qualità

(A+B).

L’elevata variabilità rilevata all’interno dei popolamenti ha consentito di definire una priorità

di intervento temporale in funzione principalmente della densità delle piante di qualità

nonché delle caratteristiche dendrometriche medie del popolamento nel suo complessivo.

La realizzazione dei primi interventi di martellata e di utilizzazione forestale consentirà di

verificare l’applicabilità delle scelte selvicolturali suggerite ed il loro impatto sulla dinamica

dei popolamenti trattati attraverso il loro monitoraggio nel tempo.

La definizione di 10 sezioni di intervento è avvenuta ipotizzando una superficie media di

intervento annuale di 4 ettari ed un ritorno sulla stessa superficie dopo 10 anni (periodo di

curazione minimo consentito dal regolamento regionale). L’elevata frequenza di intervento

richiesta dal modello colturale proposto, ossia una gestione irregolare delle faggete,

impone una selezione dei popolamenti da trattare per non rischiare di disperdere risorse

organizzative e finanziarie su superfici troppo ampie o non adeguate.

E’ per tale motivo che la definizione delle superfici forestali ben servite da viabilità e con

pendenze adeguate rappresenta il primo importante passo da effettuare per rendere

sufficientemente razionale ed economica la gestione proposta. Quello successivo deve

consentire di identificare i popolamenti con le caratteristiche minime di fertilità che

consentano di puntare su una produzione di fusti di qualità.

Il piano di tagli non fornisce valori di prelievo nelle zone di intervento. Tale scelta nasce

dalla considerazione che, ad oggi, l’applicazione di una selvicoltura multifunzionale

47

orientata alla qualità trova ancora pochi esempi concreti nell’arco alpino italiano ed i pochi

casi disponibili sono piuttosto recenti. L’approccio proposto inoltre non consente di fornire

dati di prelievo così come avviene per altre forme di gestione poiché l’elevata variabilità

che caratterizza l’intervento in termini di modalità ed entità, indotta dalla valutazione su

singole piante e porzioni di popolamento di ampiezza variabile, non consente

generalizzazioni in tal senso.

Il progetto di collaborazione realizzato nel corso del 2009 (“Interventi selvicolturali

sperimentali in boschi di faggio della Valle Sessera (Biella)”) ha consentito di effettuare

interventi di martellata “sperimentali” all’interno di due popolamenti di faggio. Per tali

interventi sono quindi disponibili dei valori di prelievo che possono rappresentare dei puri

valori indicativi di riferimento e di esempio calati nella stessa realtà forestale del piano

proposto.

Il popolamento presente nell’area 1 è una fustaia transitoria che ha subito due

diradamenti, uno nel 1978 ed uno nel 1996. Per la fustaia transitoria presente nell’area 2

non sono disponibili dati sull’anno del taglio di conversione; data l’elevata densità è

ipotizzabile che dopo tale taglio il popolamento non sia stato sottoposto a diradamenti

successivi. Entrambi i popolamenti sono alla fine della fase di qualificazione ed all’inizio di

quella di dimensionamento per cui in entrambi l’intervento selvicolturale si è posto come

primo obbiettivo la liberazione parziale o totale delle chiome delle piante candidate da

quelle della concorrenza vicina.

Nel popolamento presente nell’area 1, una irregolare distribuzione delle piante di qualità

ha inoltre consentito di operare per favorire l’insediamento di rinnovazione di faggio nei

settori caratterizzati da assenza di piante di qualità e presenza di piante stabili ad ampio

sviluppo di chioma (portaseme).

Come indicato nella tabella (Tabella 33) i prelievi oscillano attorno a valori del 20%. sia in

termini di piante ad ettaro che area basimetrica e volume totale.

48

parametri

dendrometrici

popolamento

pre-taglio prelievo prelievo %

popolamento

post-taglio

area

basimetrica

(m2/ha)

27.4 5.7 20.7 21.7

numero piante

(p/ha) 846 175 20.6

671

volume

(m3/ha) 270 56.4 20.8 213.6

area 1

piante A+B

(p/ha) 60 (7.1%) / / 60

area

basimetrica

(m2/ha)

35.5 8.0 22.5 27.5

numero piante

(p/ha) 1087 217 20.0 870

volume

(m3/ha) 295.4 60.5 20.5 234.9

area 2

piante A+B

(p/ha) 80 (7.5%) / / 80

Tabella 33: dati dendrometrici interventi di martellata in due popolamenti di faggio della Valle Sessera

Nei popolamenti di faggio presenti nel settore 1 e 2 caratterizzati da un buon numero di

piante di qualità e densità complessive ancora elevate è possibile ipotizzare che

l’intervento selvicolturale, ponendosi gli stessi obbiettivi principali (liberazione delle

candidate dalla concorrenza), possa portare a valori simili a quelli sopra indicati. Più

difficile è ipotizzare i valori di prelievo che si potranno ottenere nei popolamenti

caratterizzati da scarsa o nulla presenza di piante di qualità (parte dei settori 1 e 2 oltre a

tutto il settore 3) all’interno dei quali gli obbiettivi di intervento si diversificheranno rispetto

al caso precedente cercando ad esempio di favorire lo sviluppo di una nuova generazione

di piante e/o la diversità specifica e strutturale.

Lo schema che segue (Figura 20) rappresenta una sintesi delle valutazioni che devono

essere effettuate in fase di intervento selvicolturale. A partire da una osservazione

complessiva del popolamento e dalla presenza o meno di piante con fusti di qualità si

passa all’osservazione del singolo individuo e del suo ruolo nel popolamento.

49

 

50

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 20: schema logico di valutazione del popolamento ed assegno forestale

8. Bibliografia

CASTELLANI C., SCRINZI G., TABACCHI G., TOSI V., 1984 - Tavole di cubatura a

doppia entrata. Inventario Forestale Nazionale Italiano (I.F.N.I.), 1: 5-111. ISAFA, Trento

DEL FAVERO R., 1998 – La vegetazione forestale e la selvicoltura. Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. EBONE A. , BRENTA P.,TERZUOLO P.G., 2012 – Il faggio: conoscenze e indirizzi per la

gestione sostenibile in Piemonte. Regione Piemonte, Blu Edizioni, pp. 136.

FABBIO G., BRUSCHINI S., MANETTI M.C., 1997 – Selvicoltura nelle faggete irregolari:

un caso di studio. Annali dell’Istituto Sperimentale per la Selvicoltura di Arezzo. Volume

28.

GOTTERO F., EBONE A., TERZUOLO P. CAMERANO P., 2007- I boschi del Piemonte, conoscenze ed indirizzi gestionali. Regione Piemonte, Blu Edizioni, pp.240. O.N.F, 1997- Queques elements pour la gestion en futaie irrègulière pied a pied. Service départemental de Haute-Marne. Documento interno.

WOLYNSKI A., 2002 – Sul trattamento irregolare delle fustaie di faggio. Sherwood, n.74. WOLYNSKI A., BERRETTI R., MOTTA R., 2006 – Selvicoltura multifunzionale orientata alla qualità. Sherwood, n.118

51

Appendice 1: cartografia settori

52

53

54

Appendice 2: assegno forestale La sezione A del settore 1 è stato interessato da un assegno forestale nel mese di maggio

del 2012. All’interno della sezione A i funzionari e gli operai forestali della Regione

Piemonte hanno tracciato, in fase preliminare, tre linee di teleferica funzionali alla fase di

esbosco del legname tagliato.

Nella successiva fase di assegno si è quindi operato marcando sia le piante da abbattere

(bollo rosa) sia le piante “candidate” per la qualità del fusto (bollo giallo); per entrambe le

categorie di piante si è rilevato il diametro ad 1.3 m da terra.

Al termine dell’intervento di assegno si è inoltre effettuato un rilievo topografico dei confini

dell’area interessata e del tracciato delle linee di teleferica.

RISULTATI ASSEGNO FORESTALE

La superficie complessiva dell’intervento è di 5.2 ha.

55

Come evidenziato in cartografia i limiti dell’area di intervento (in rosso) non coincidono del

tutto con la perimetrazione proposta nel piano dei tagli (in blu) così come la superficie

dell’area di intervento che è passata da una proposta iniziale del piano di 4.4 ha ad una

effettiva di 5.2 ha.

Nell’immagine che segue sono riportate le linee di teleferica, così come tracciate sul

terreno, rilevate a terra con il GPS.

56

Il popolamento forestale presente nel settore 1 è caratterizzato da una densità media di

896 piante ad ettaro ed una composizione specifica nella quale il faggio è presente

pressoché in purezza dato il limitato contributo in termini di piante dato dalle altre specie

forestali (betulla ed altre latifoglie).

popolamento pre-intervento

composizione n/ha g/ha vol/ha diametro

medio faggio 849 31.8 306.9 21.9 betulla 45 2.7 27.3 27.7 altre latifoglie 2 0.3 0.3 43.9 totale 896 34.9 334.6

L’intervento di martellata si è posto come principale obbiettivo la liberazione dalle piante

candidate per la qualità del fusto dalla concorrenza diretta delle piante vicine. Le chiome

delle piante candidate sono state quindi liberate dalla concorrenza ponendo molta

attenzione al loro grado di sviluppo che alla loro stabilità complessiva. Le chiome ben

equilibrate ossia ben sviluppate sia verso monte che verso valle oltre che in profondità sul

fusto, sono state liberate completamente su tutta la circonferenza eliminando le piante

vicine direttamente concorrenti. Le candidate con chiome fortemente asimmetriche verso

valle sono state invece liberate dalla concorrenza, quando possibile, solo verso monte in

modo da consentire loro lo sviluppo della chioma in tale direzione. In questi casi infatti

l’improvviso isolamento della chioma su tutta la circonferenza può indurre una elevata

instabilità complessiva della pianta con il rischio di andare incontro a fenomeni di schianto

in seguito all’azione del vento e del carico della neve. Questa modalità di intervento

consentirà quindi alla pianta di ampliare la sua superficie fotosintetizzante negli anni

seguenti il taglio e di migliorare la sua stabilità complessiva senza comprometterne

eccessivamente la stabilità. Nel liberare le piante candidate dalla diretta concorrenza delle

piante vicine si è operato cercando di non eliminare le piante che per sviluppo di chioma

ed altezza non rappresentano un elemento di concorrenza diretta pur essendo poste in

prossimità delle candidate. In questo modo si è cercato di articolare maggiormente la

struttura verticale ed orizzontale del popolamento già in questo primo taglio di

diradamento.

La distribuzione delle candidate per qualità del fusto è risultata non omogenea all’interno

della sezione consentendo di operare con altri criteri la dove non vi fossero individui di

qualità da liberare dalla concorrenza. In presenza di piante con chiome ben sviluppate,

57

equilibrate e profonde si è operato per favorire il loro sviluppo poiché questi elementi

rappresentano importanti elementi di stabilità del popolamento e potranno divenirne le

future piante da seme. Le vecchie matricine del ceduo caratterizzate da chiome

eccessivamente sviluppate o fortemente irregolari e fusti ad elevato diametro sono state

invece eliminate, quando possibile, per favorire il soprassuolo più giovane circostante.

Posticipare eccessivamente il loro abbattimento inoltre rischia di incrementare

notevolmente i danni meccanici sulle piante poste in prossimità nella fase di abbattimento

e movimentazione del fusto. Nelle situazioni ad elevata pendenza e su forte pietrosità

l’intervento è stato molto limitato per evitare un’eccessiva riduzione del grado di copertura

con conseguenti fenomeni erosivi a carico di lettiera e suolo. Maggiore copertura è stata

inoltre lasciata in prossimità delle vie di esbosco aperte e della viabilità forestale presente.

Complessivamente quindi l’intervento di martellata si è caratterizzato per un prelievo di

289 piante ad ettaro, 9.1 m2 ad ettaro di area basimetrica ed 85.7 m3 ad ettaro di volume.

dati martellata ad ettaro

composizione n/ha g/ha vol/ha diametro

medio faggio 284 8.9 83.9 19.99 betulla 5 0.2 1.8 22.61 altre latifoglie 0 0.0 0.0 0.0 totale 289 9.1 85.7 20.03

Complessivamente quindi sull’intera superficie sono state assegnate al taglio 1507 piante

per un volume complessivo di 447.5 metri cubi.

dati martellata complessiva

composizione numero area

basimetrica volume diametro

medio faggio 1482 46 438 19.99 betulla 25 1 9 22.61 altre latifoglie 0 0 0 0.0 totale 1507 47.5 447.5 20.03

In termini percentuali sono state assegnate al taglio il 32.2% delle piante pari al 26.1%

dell’area basimetrica ed al 25.6% del volume totale.

58

prelievo percentuale composizione numero area basimetrica volume faggio 33.4 28.0 27.3 betulla 10.5 7.0 6.7 altre latifoglie 0.0 0.0 0.0 totale 32.2 26.1 25.6

Analizzando la distribuzione diametrica delle piante prelevate si evidenzia come il prelievo

sia avvenuto principalmente a carico delle piante in classe diametrica 15 (con il 44% delle

piante presenti) e 20 cm (con il 37% delle piante presenti).

distribuzione diametrica piante prelevate

0

20

40

60

80

100

120

10 15 20 25 30 35 40 45 50 55

classe diametrica (cm)

freq

uen

za (

n°/

ha)

Complessivamente nel settore individuato dall’area di intervento sono state individuate

285 piante candidate pari ad un valore medio ad ettaro di 55 individui. Le candidate

presentano un diametro medio sensibilmente maggiore di quello calcolato per il restante

popolamento pari a 26.5 cm.

La distribuzione diametrica mostra come le piante candidate siano concentrate nelle classi

di diametro 20 e 25 cm anche se non mancano individui nelle classi diametriche superiori.

59

distribuzione diametrica candidate

0

5

10

15

20

10 15 20 25 30 35 40 45

classe diametrica (cm)

freq

uen

za (

n°/

ha)

60

61