progetto musia e danza intermedia - 訳あり 梅干し ... · john dewey (1859-1952), professore...

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1 Rete nazionale “Qualità e sviluppo dei Licei Musicali e Coreutici Italiani” Progetto “Musica e Danza InterMedia” Laboratori di Formazione Appunti per strategie di comunicazione e metodi di insegnamento del linguaggio della danza classica: strumenti didattici per docenti e allievi Prof.ssa Alessandra Alberti Liceo Coreutico Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” Via Giosuè Carducci, 5, 52100 Arezzo 26, 27 e 28 febbraio 2015

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Page 1: Progetto Musia e Danza InterMedia - 訳あり 梅干し ... · John Dewey (1859-1952), professore di filosofia all [Università del Mi higan, nel 1899 pu li ò il testo Scuola e società

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Rete nazionale “Qualità e sviluppo dei Licei Musicali e

Coreutici Italiani”

Progetto “Musica e Danza InterMedia”

Laboratori di Formazione

Appunti per strategie di comunicazione e metodi di

insegnamento del linguaggio della danza classica:

strumenti didattici per docenti e allievi

Prof.ssa Alessandra Alberti

Liceo Coreutico Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II”

Via Giosuè Carducci, 5, 52100 Arezzo

26, 27 e 28 febbraio 2015

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“Non si può imparare piangendo. Sennò non si impara niente.”

Gianni Rodari

Da una ventina di anni a questa parte, il centro del processo di apprendimento nella scuola si è

spostato dall’insegnante all’allievo. Questo slittamento ha avuto i primi sentori negli anni ’60, con le

proteste di Don Milani e la denuncia della scuola che allontanava gli alunni invece di avvicinarli, una

scuola selettiva che non andava incontro alle difficoltà dei più deboli ma che anzi cercava di eliminarli.

Ancora prima, andando indietro nel tempo, i pionieri di una didattica “diversa” li possiamo riconoscere

in Maria Montessori e in John Dewey .

Negli anni ’70 con i Decreti Delegati si inizia a parlare per la prima volta di Diritti degli studenti,

quindi si riconosce che anche gli studenti hanno un’anima. Fino ad arrivare agli anni ’90 – e qui la faccio

breve – in cui per tutta una serie di motivi sociali di cambiamento della società, di crollo della

concezione della famiglia tradizionale (donne che lavorano, maternità ritardata, crisi del padre, crisi

economica...) le natalità diminuiscono drasticamente e il figlio diventa un elemento prezioso, voluto e

centrale all’interno del nucleo familiare. Le dinamiche cambiano, il bambino non è più un essere

selvaggio da educare e moralizzare secondo regole millenarie e indiscutibili. Non si deve più reprimere la

sua creatività e naturalezza, non si sviluppa in lui il senso di colpa per il non raggiungimento di standard

adeguati alle aspettative di scuola, famiglia e società, ma lo si lascia libero (fin troppo, e qui è una parte

della difficoltà degli adolescenti di oggi) di trovare la propria realizzazione. Insomma lo si pone al centro

della vita familiare e si assecondano i suoi bisogni e attitudini, partendo dal presupposto che egli è

“buono”, e non più un peccatore perverso che va redarguito e formato affinché possa entrare a far parte

della società. Così il bambino diventa il centro della famiglia, e l’atteggiamento dei genitori cambia. Da

autoritari e impositori di regole da rispettare senza discutere, diventano flessibili e tolleranti, creano le

regole a seconda delle esigenze del figlio e della famiglia, sono più accomodanti, lo appoggiano e lo

sostengono in ogni occasione. Le nuove regole non sono “contro”, sono a favore del ragazzo1.

Lo stesso accade parallelamente nella didattica scolastica. Si ritiene che una pedagogia

inclusiva e flessibile possa essere in grado di evitare la dispersione scolastica tanto denunciata negli anni

precedenti. Questa tendenza è trans-nazionale, parte in primo luogo dalla cultura anglosassone, ma si

diffonde anche da noi, attraverso le varie normative europee ministeriali. Si crea la concezione di

apprendimento autonomo, ritenendo le regole imposte dall’alto come fonte di tensione e timore. Si

cerca così di ritornare all’idea di Maria Montessori che l’alunno debba “educarsi da solo”. Si crea il

concetto di una Cultura del Dialogo, in famiglia e a scuola.

1 Su questo argomento consiglio: Gustavo Pietropolli Charmet, Fragile e spavaldo, Laterza, Bari, 2008

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La formazione del docente

La formazione iniziale del docente in Italia dal 1999 è stata affidata alle facoltà delle scienze

della formazione, e questo cambiamento sta producendo una rivoluzione silenziosa i cui risultati

appariranno tra breve, una volta che il ricambio generazionale darà spazio ai nuovi laureati. Prima di

allora il motto della formazione degli insegnanti è stato “Chi sa, può anche insegnare”. Infatti un

insegnante si riteneva adatto a svolgere il suo lavoro una volta che si fossero verificate le sue

competenze nella sua materia, e niente di più. Le prove di reclutamento, i concorsi per le cattedre

avvenivano su verifiche inerenti unicamente il contenuto della propria disciplina di insegnamento.

Fermo restando che è sempre importante l’accertamento della conoscenza della materia da parte del

docente, in passato era però più rilevante cosa si sapeva, ma non come lo si intendeva trasmettere.

Dunque per la prima volta, con i primi laureati in scienze della formazione arriveranno nelle aule

degli insegnanti che avranno avuto una formazione di base anche rispetto ai contenuti

didattici/metodologici/pedagogici.

Questo processo rivoluzionario si applica agli insegnanti di ogni disciplina, e nel caso che ci

accingiamo ad approfondire, grazie alle direttive ministeriali riguardanti gli obiettivi specifici di

apprendimento dei Licei Coreutici, anche agli insegnanti di danza.

Un buon insegnante?

Come si definisce un buon insegnante? Anzi, in primo luogo, cos’è un insegnante e perché ne

abbiamo bisogno?

Un insegnante è chi è incaricato della trasmissione di competenze a chi non ne ha, o ne ha

poche. Un buon insegnante è colui che, nel trasmettere queste competenze – perché naturalmente è

fondamentale che ci sia la trasmissione delle competenze, delle informazioni, delle nozioni - riesce a

motivare, a ispirare, ad appassionare. “Insegnare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco”. Il

fuoco dell’interesse, della passione per la materia, certo, ma non solo. Il fuoco della ricerca, della sfida,

della motivazione ad andare oltre. Il buon insegnante motiva, coinvolge, tiene in considerazione le

opinioni degli alunni, fa attenzione alle loro capacità e debolezze , trasmette, comunica, condivide,

sviluppa un apprendimento consapevole e autonomo…insomma mette l’allievo al centro del processo di

apprendimento. Non è più l’insegnante con tutto il suo sapere al centro della scuola e del processo, è

l’allievo, con le sue incertezze, i suoi dubbi, le sue debolezze, le sue particolarità.

Buoni insegnanti ci sono sempre stati, anche prima delle direttive ministeriali. Ad esempio

Alexander Pushkin (1907-1970), l’insegnante di Nureyev e Barishnikov, era una grande personalità molto

discreta e sensibile: “Il suo tatto e la sua gentilezza creavano un’atmosfera di insegnamento che non

metteva gli allievi sotto pressione...non usava la frusta ma l’ispirazione, per far ripetere senza sosta ai

suoi allievi una combinazione particolarmente difficile. Era sensibile all’umore della classe e cercava di

mantenere quel tipo di emotività positiva e intensa che considerava preziosa. ”2.

Dunque calma, gentilezza, tatto, ispirazione positività...alcune parole importanti da tener

presente.

Ecco, ma tutto ciò come si impara? ovvero, si può imparare?

E gli allievi cosa cercano da un insegnante? Oltre naturalmente all’affidabilità delle informazioni

che trasmette e alla sua conoscenza, ma a volte a prescindere da questa, “...essi cercano una sicurezza,

2 Gennady Albert, Alexander Pushkin: Master Teacher of Dance, The New York Public Library, 2001, pp. 73-74

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la certezza di essere creduti e ascoltati, un sostegno che dia loro fiducia. Vogliono essere parte di un

progetto in cui abbiano un ruolo importante (la classe, la scuola, la vita), vogliono essere stimolati e

credere in quello che imparano. Vogliono capire che il lavoro che stanno facendo è importante, che è

fondamentale per la loro crescita”3.

Siamo andati a rileggere le Linee guida degli obiettivi ministeriali sui Licei Coreutici, e gli Obiettivi

Specifici di Apprendimento (OSA) degli stessi, e salta subito agli occhi la tendenza a porre sempre più

l’alunno al centro del processo di apprendimento. Questa tendenza inoltre sottolinea la necessità di una

formazione dello studente che lasci spazio al suo ragionamento autonomo, che lo liberi da preconcetti

dogmatici, e che sviluppi in lui l’interiorizzazione dei principi appresi.

“...Nel corso del quinquennio lo studente sviluppa capacità di osservazione, di ascolto e di analisi,

integrando tutte le esperienze maturate nell’ambito delle discipline coreutiche e musicali...Si dovrà

altresì offrire allo studente gli strumenti per intervenire autonomamente sul lavoro con una capacità di

analisi e di autocontrollo.”

(O.S.A. Liceo Coreutico D.M.211/2010)

Sviluppare allievi in grado di pensare e ragionare autonomamente, anche nell’ambito della

danza classica. Sarà possibile? Come fare?

Analizzeremo a questo proposito alcuni metodi di insegnamento e tecniche motivazionali molto

generali, che possono servire come strumenti utili ai docenti per scoprire come interagire e stimolare la

crescita autonoma e l’apprendimento indipendente dei loro studenti.

“Sarà opportuno utilizzare metodologie di visualizzazione per acuire la sensibilità visiva dello

studente e la sua capacità di correlazione della danza con le altre discipline scolastiche”.

(O.S.A. Liceo Coreutico D.M.211/2010)

L’insegnante, per poter dare tutto ciò ai suoi alunni, ha la responsabilità di lavorare e ricercare

affinché il suo messaggio sia trasmesso nel modo più confacente ed efficiente per tutti, alunni, classe e

se stesso compreso. E’ un lavoro duro, che non finisce mai, perché come diceva Arnold Schönberg,

“...ero costretto a trovare qualcosa di nuovo per ogni allievo...”4. Gli allievi e la classe andrebbero visti e

considerati come tante unità diverse, e non come un unico totale: la personalizzazione dei percorsi e la

differenziazione dei metodi di insegnamento sono strumenti del docente che aiutano ad arrivare più

lontano nella trasmissione di un apprendimento autonomo e indipendente. Ma non possiamo nemmeno

dimenticare le tecniche motivazionali e l’uso delle risorse.

Si impara in diversi modi: guardando, ascoltando, facendo. Ricordiamoci le 7 Intelligenze

multiple di Gardner, che possono risultare utili al docente per trovare metodi di insegnamento diversi e

che comprendano tutti:

1-logico-matematica

2-linguistico-verbale

3-kinestetica

4-visiva-spaziale

3 Da C.A.Tomlinson, Adempiere la promessa di una classe differenziata, 2006, pp.31-33 4 Arnold Schönberg, Manuale di Armonia, Milano, Il Saggiatore, 2008, p. 1.

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5-musicale

6-intra-personale

7-inter-personale

Ognuno impara in una maniera diversa, e fondamentale è rispettare queste tendenze naturali, e

sfruttarle al meglio per arrivare all’apprendimento, anche se attraverso percorsi diversi. Per imparare è

importante VOLER imparare, essere motivati ad imparare. L’insegnante dunque si trova a ricoprire un

ruolo complesso, non più fornitore di informazioni, ma “facilitatore di apprendimento”5. Come diceva

Platone, “lo scopo dell’educazione è portare l’individuo a voler fare ciò che deve fare”6.

Al suo attivo il docente ha la possibilità di osservare gli altri, di mettersi in causa, di ripensarsi, e

dunque di programmarsi per meglio ottenere dei risultati. In seguito, autovalutarsi per capire cosa ha

funzionato e cosa no, e cosa sarebbe meglio fare la prossima volta perché le cose vadano meglio. La

ricerca dell’adattamento alla classe che si ha di fronte è il segreto per arrivare nel profondo degli animi e

toccare il cuore di tutti.

“La libertà dell’insegnante e la sua capacità di adottare metodologie adeguate alle classi e ai singoli

studenti” sono decisive “ai fini del successo formativo”.

(Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento dei Licei Musicali e Coreutici)

Dewey, Montessori, Don Milani: tutti per l’educazione “diseguale”

John Dewey (1859-1952), professore di filosofia all’Università del Michigan, nel 1899 pubblicò il

testo Scuola e società. Il suo diagramma metteva la scuola al centro della società, come nucleo di

scambio tra le varie parti di essa – commercio, università, campagna, casa – che rappresentano la “vita

sociale”. Dunque una scuola viva, che utilizzasse tutti gli elementi reali che provengono da questi settori

della società, e che di rimando rispedisse ad essi la cultura e l’educazione elaborate nell’istituzione

scolastica. Si trattava di un sistema osmotico che rendesse la scuola un’istituzione viva e partecipe della

realtà sociale, e in cui nulla andasse sprecato delle passioni, delle abilità, degli interessi , delle capacità

degli studenti. Lo sperpero operato dalla scuola è ciò che getta gli individui ai margini della scuola stessa

e della società, ciò che al tempo stesso isola la scuola dalla società e la allontana dal cuore degli studenti.

“Non è (non è mai stata) la scuola del nozionismo a poter essere considerata una buona scuola. Ma è la

scuola della conoscenza a fornire gli strumenti atti a consentire a ciascun cittadino di munirsi della

cassetta degli attrezzi e ad offrirgli la possibilità di sceglierli e utilizzarli nella realizzazione del proprio

progetto di vita.”

(Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento dei Licei Musicali e Coreutici)

Dewey auspicava un approccio diverso all’insegnamento che mettesse al centro le esigenze

dello studente, una concezione della scuola che catalizzasse le energie della società, e che fosse capace

5 Paola Nicoletti, Sviluppo del concetto di apprendimento, da Nicoletti, P., Apprendere sempre, Roma, Francoangeli, 2005. 6 Platone citato da Howard Gardner in The Disciplined Mind, Penguin Books, New York, 200°, p. 52.

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di far lavorare il bambino attivamente e praticamente, e non solo di farlo ascoltare le nozioni che gli

adulti gli vogliono inculcare. Se trasportiamo questo schema nel mondo della danza classica, ci verranno

alla mente subito molte immagini e stereotipi comuni, ma purtroppo anche assai veritieri. L’insegnante

di danza dogmatico e severo che pretende da tutti il massimo senza spiegazioni e senza

compartecipazione, che applica il Metodo e le regole come dogmi a prescindere senza coinvolgere

l’allievo e senza tener conto delle sue diversità.

“I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione

approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e

critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze

sia adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel

mondo del lavoro, sia coerenti con le capacità e le scelte personali”.

(art. 2 comma 2 del regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei…”).

Anche Maria Montessori (1870-1952) andò nella stessa direzione di Dewey, affermando che

«L’educazione non deve essere più basata su un programma prestabilito, ma sulla conoscenza della vita

umana»7. Come Dewey anche Montessori si lamenta del fatto che la scuola sia isolata dalla società, e

che i suoi studenti non vengano affatto preparati ad affrontare la vita con l’educazione delle nostre

scuole. Montessori si auspica che si possa creare un ambiente in cui il bambino, sin dalla più tenera età,

possa scoprire da solo l’educazione alla vita, e dunque si appassioni ad imparare e ad educarsi.

“Acquisire un metodo di studio autonomo e flessibile, che consenta di condurre ricerche e

approfondimenti personali e di continuare in modo efficace i successivi studi superiori, naturale

prosecuzione dei percorsi liceali, e di potersi aggiornare lungo l’intero arco della propria vita”.

(Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento dei licei Musicali e Coreutici)

Dunque apprendimento autonomo e indipendente, guidato dall’insegnante come facilitatore

dell’apprendimento. Ecco la frase magica dell’educatore: che l’allievo si educhi da solo. Non è più

l’insegnante che mette in bocca all’allievo le nozioni senza che lui parli o esprima opinioni, ma è l’allievo

che scopre come istruirsi e si appassiona a farlo autonomamente. Questo è il nuovo ruolo

dell’insegnante, anche di quello di danza.

“Ciò significa favorire la sperimentazione e lo scambio di esperienze metodologiche, valorizzare il

ruolo dei docenti e delle autonomie scolastiche nella loro libera progettazione e negare diritto di

cittadinanza, in questo delicatissimo ambito, a qualunque tentativo di prescrittivismo. La libertà del

docente dunque si esplica non solo nell’arricchimento di quanto previsto nelle Indicazioni, in ragione dei

percorsi che riterrà più proficuo mettere in particolare rilievo e della specificità dei singoli indirizzi liceali,

ma nella scelta delle strategie e delle metodologie più appropriate, la cui validità è testimoniata non

dall’applicazione di qualsivoglia procedura, ma dal successo educativo”.

(Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento dei licei Musicali e Coreutici)

7 Montessori, M., La mente del bambino, Milano, Garzanti, 1952 (ed. or. The Absorbent Mind, India), p.12.

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Come si può fare tutto ciò in una sala di danza classica, dove i passi e il vocabolario sono così

accademici e dogmatici? Sembra una contraddizione in termini, eppure ogni insegnante con esperienza

può essere sicuro di aver attraversato questo ponte per portare i suoi allievi alla maturità intesa come

apprendimento autonomo.

Da Don Milani e dal testo-denuncia della Scuola di Barbiana (1963) parte il messaggio che la

scuola deve essere “diseguale” per poter essere equa e in grado di accogliere tutti, con le loro diversità e

diseguaglianze. «La scuola è sì di tutti, ma non può essere pensata come se tutti siano uguali; deve

essere quindi “diseguale” per compensare le differenze. Non può essere ciecamente egualitaria»8. In

questa frase troviamo l’impiego di due termini che hanno entrambi un significato negativo e uno

positivo. La diseguaglianza e la differenziazione.

Il processo didattico che in Italia è conosciuto come personalizzazione o individualizzazione dei

percorsi di apprendimento, nei paesi anglosassoni è stata chiamata con un termine particolare:

differenziazione. Useremo questo termine convenzionale in queta sede per essere più concisi e per

richiamare anche le “differenze” che si riscontrano nella lezione di danza in termini di fisico, di talento,

di motivazione, di impegno, di concentrazione.

La scuola dunque deve differenziare, personalizzare per esigenze, necessità, preferenze, livelli di

apprendimento, e anche età, e diventare diseguale nel senso del venire incontro e abbracciare le

diseguaglianze che la compongono in quanto fautrici di identità e portatrici di valori individuali da

mantenere.

“Si andrà verso un incremento di difficoltà tecniche che, pur valorizzando le singole personalità

e le capacità individuali, dovrà comunque mantenere un equilibrio all’interno del gruppo.”

“Si mirerà ad una tecnica avanzata pur commisurando l’impegno richiesto agli studenti con le

risorse fisiche e le capacità di concentrazione individuali.”

(O.S.A. Liceo Coreutico D.M.211/2010)

Alcuni elementi importanti

• Individualizzazione dei percorsi (asticella uguale per tutti ma con percorsi diversi)

• Personalizzazione dei percorsi (rispetto delle differenze e diversificazione degli obiettivi a

seconda dei punti di partenza)

Il concetto alla base della differenziazione, intesa come metodo di insegnamento mirato alla

personalizzazione/individualizzazione dell’apprendimento, è che l’educazione è più efficiente quando si

trattano gli studenti come individui con diversi livelli di conoscenze, profili di apprendimento e interessi.

Gli insegnanti dunque hanno l’obbligo professionale di aiutare tutti gli studenti a raggiungere il successo

nell’apprendimento.

La differenziazione scaturisce dalla convinzione che esistano differenze tra gli studenti, nel loro

modo di apprendere, nelle loro preferenze, nei loro interessi individuali, e per quel che riguarda la danza

classica, anche nelle loro capacità fisiche. E’ un modo organizzato ma flessibile di aggiustare

interattivamente l’insegnamento e i metodi di apprendimento alle necessità e alle preferenze di ogni

singolo ragazzo per poter raggiungere la sua massima crescita come studente.

8 Benvenuto, G., La scuola diseguale, Roma, Anicia, 2011, p. 21.

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In passato le istruzioni date dagli insegnanti seguivano una linea omogenea uguale per tutti. Al

contrario la differenziazione è centrata sull’individuo, e focalizzata all’utilizzo di strumenti istruttivi e di

verifica appropriati per quel che riguarda la flessibilità, la correttezza, la sfida e il coinvolgimento degli

studenti nello studio della materia.

Nella sala di danza la differenziazione avviene già da tempo, anche se non la si è mai chiamata

con il suo nome. Ad esempio essa avviene quando si aggiusta una posizione alle capacità fisiche dei

danzatori. Non tutti hanno una perfetta rotazione nelle anche, che permetta una prima posizione di

180° senza coinvolgere erroneamente le ginocchia e faccia pronare le piante dei piedi. Dunque

l’insegnante, quando aggiusta l’apertura dei piedi dei suoi allievi, allineandoli alla rotazione delle

ginocchia, effettua una differenziazione. Non tutti possiedono una seconda posizione en l’air

perfettamente allineata lateralmente. Così anche lì, l’aggiustamento dell’insegnante, che sposta la

gamba un po’ più in avanti ad alcuni per rispettare le loro caratteristiche fisiche, è differenziazione. Se

nella classe sono presenti livelli diversi di preparazione tecnica o di talento fisico, l’insegnante che

semplifica l’esercizio a chi è meno preparato, o aumenta le difficoltà per chi è più avanti tecnicamente,

sta facendo della differenziazione.

Tanto più questo metodo di insegnamento ci sembra necessario in uno scenario così vario come

quello dei Licei coreutici, dove la provenienza degli allievi è varia come il loro livello di competenza. Se la

differenziazione dal punto di vista fisico è necessaria per la salvaguardia della salute del danzatore, e per

poter ottenere il massimo delle sue potenzialità senza provocare inutili tensioni o sforzi strutturali

dannosi, la differenziazione dal punto di vista della metodica dell’apprendimento è altrettanto

interessante.

Ricordiamoci che si impara in diversi modi: usando la vista, l’udito, la lettura, o attraverso il

movimento (kinestetico). Nella danza tutti questi metodi possono essere sfruttati, per essere sicuri che i

nostri allievi vengano tutti inclusi nel processo di apprendimento, e possano beneficiare del loro metodo

preferito. Ad esempio qualcuno può preferire che gli si spieghino le cose a parole (udito), un altro

mostrandogli il movimento o guardando un video (vista), un altro leggendo una spiegazione scritta o un

testo (lettura), un altro ancora ha bisogno di tradurlo subito in movimento. L’insegnante in effetti già

usa tutti questi metodi per la spiegazione di un passo. Quando ad esempio spiega un passo senza

mostrarlo dicendolo solo a parole, sta usando il modo uditivo. Quando mostra l’esercizio senza parlare,

sta stimolando il modo kinestetico e quello visuale. Quando legge un esercizio da un testo di un

manuale di danza, sta usando il modo della lettura.

E se lasciasse agli allievi la scelta di usare il loro mezzo preferito per imparare ad esempio un

adagio? Qualcuno potrebbe leggere il testo scritto; un altro impararlo da un video, un altro sentendo la

spiegazione orale, un altro ancora imitando il movimento dell’insegnante. Questo responsabilizzerebbe

gli alunni, che si sentirebbero riconosciuti nei loro percorsi personali di apprendimento.

Quando invece ci soffermiamo sulla personalizzazione dei percorsi, ci viene spontaneo pensare

subito al voto finale...Se due studenti partono da due punti di partenza diversi, lavorando e

impegnandosi in egual modo, alla fine dell’anno non avranno raggiunto lo stesso livello, a meno che

quello che era più indietro non abbia lavorato di più. Dunque è giusto dare due voti diversi? Cosa si

giudica dunque, l’impegno o il risultato? E’ un discorso un po’ lungo e decisamente più ampio di quello

che questa sede ci richiede. Ma per quello che riguarda la danza a mio parere è molto pertinente,

soprattutto in un contesto come abbiamo detto così diversificato.

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Osservazione e valutazione

Insegnare bene è osservare, sentire di cosa ci sia bisogno, e rispondere in modo appropriato

“Quando insegnavo, non cercavo mai di dire al mio allievo solo quello che sapevo, ma quello che

lui non sapeva….questo mi costringeva a trovare per ogni allievo qualcosa di nuovo. Perciò non

osservavo mai quelle rigide regole per cui tutto si risolveva in indicazioni o suggerimenti che non

vincolavano l’allievo né il maestro…Il maestro deve avere il coraggio di compromettersi, non deve

mostrarsi come un individuo infallibile…ma come l’instancabile che è sempre alla ricerca, e qualche volta

riesce anche a trovare qualcosa”.

Arnold Schoenberg, Manuale di armonia, Milano, Il Saggiatore, 2008

«L’osservazione si differenzia dalla semplice visione di una data realtà educativa per il suo

carattere sistematico, intenzionale, finalizzato»9. Tutti gli insegnanti hanno a disposizione i mezzi per

un’analisi osservativa che costituisca la base di una ricerca qualitativa-osservativa in grado di stabilire i

diversi livelli, interessi, problemi, aspetti, ostacoli, ecc, all’interno della stessa classe, e trovare i mezzi e

le tecniche per migliorare la didattica. L’osservazione e la sua susseguente valutazione sono strumenti

importanti perché forniscono all’insegnante una conoscenza di base delle differenze, dei bisogni e dei

diversi livelli dei suoi alunni, e possono rappresentare uno strumento di ricerca mirata

all’individuazione dei problemi e alla successiva loro risoluzione. Osservare le lezioni di altri insegnanti

serve non solo a confrontarsi e ad aggiornarsi, ma anche a captare metodi, tecniche, espressioni

particolare che ci sembrano idonee e interessanti a trasmettere messaggi didattici. Sicuramente ci è

capitato di vedere che una correzione data da un altro insegnante con altre parole, arriva meglio ai

nostri allievi delle parole che noi abbiamo sempre usato. Dunque perché non approfittare delle nuove

parole, e “rubare” l’espressione usata dall’altro insegnante? Osservare anche ciò che non funziona o che

riteniamo non adatto all’insegnamento, per non ripetere gli errori degli altri.

UN ESEMPIO DALL’INGHILTERRA

Anche le discipline artistiche, come quelle accademiche, stanno vivendo un periodo di

trasformazione internazionale per quel che riguarda la formazione dei loro insegnanti. Direttive europee

sulle riforme della didattica e dei sistemi di apprendimento hanno coinvolto anche gli insegnanti di

danza in tutti i suoi stili, dalla classica alla modern, al tip tap, alle danze orientali, ecc. A differenza

dell’Italia - dove unica Istituzione riconosciuta e autorizzata a rilasciare Lauree specialistiche nelle

discipline coreutiche è l’Accademia Nazionale di Danza e soltanto dal 2005 - in Inghilterra il fenomeno

della riforma della formazione dei docenti di danza ha avuto una storia e una tradizione assai lunga e

fondata. Esistono varie istituzioni riconosciute dalle autorità per l’insegnamento della danza e per la

formazione di insegnanti, e tutte adottano corsi di formazione dei docenti basati su queste nuove

direttive finalizzate all’apprendimento autonomo e cosciente degli studenti. Nel percorso di studi per

diventare insegnante di danza certificato e abilitato dal governo inglese all’insegnamento della danza

9 Trinchero, R., ‘Rilevazione mediante osservazione’, in Manuale di ricerca educativa, Milano, Francoangeli, 2012, p. 250.

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nelle scuole pubbliche (e non solo), si prevede un primo livello in cui lo studente-docente debba tra le

altre cose anche osservare un certo numero di lezioni di altri insegnanti già abilitati, e compilare un

modulo per ogni lezione osservata, in cui dimostri di aver identificato vari elementi presenti nella

lezione, che risultano fondamentali per un buon apprendimento.

Dopo aver superato il primo livello di studi, gli studenti-docenti si troveranno invece a fare un

tirocinio attivo, sotto supervisione del Tutor, preparando per iscritto ogni singola lezione e inserendo ciò

che hanno imparato osservando le lezioni del livello precedente. Dopo ogni singola lezione dovranno poi

autovalutare per iscritto la lezione appena fatta, riconoscendo i propri meriti ed errori, e inserendo

anche i miglioramenti che intendono applicare nella prossima lezione per correggere gli errori fatti o per

migliorare ulteriormente il processo di apprendimento.

PERCORSO DI FORMAZIONE INSEGNANTI

Primo Livello

OSSERVAZIONE E VALUTAZIONE DELLE TECNICHE D’INSEGNAMENTO E APPRENDIMENTO

Il corso di formazione Insegnanti di danza in Inghilterra prevede l’osservazione

qualitativa/descrittiva/sistematica di un certo numero di lezioni di danza da parte dello studente iscritto

al corso, attraverso la compilazione di speciali Moduli/Schede/Griglie denominati OUTLT (Observation

and Understanding of Teaching and Learning Techniques). Si tratta di un’osservazione descrittiva

sistematica, perché svolta seguendo le lezioni di due classi diverse, con insegnanti diversi, nell’arco di un

trimestre, con un minimo di 6 ore di osservazione. Questo tipo di osservazione sarà non partecipante,

esterna, non ingerente, e attuata dallo studente-docente per seguire l’andamento di una classe per un

certo periodo di tempo, dunque in una situazione dinamica di osservazione, mirata all’identificazione di

certi comportamenti e fattori che avvengono all’interno di una lezione che favoriscono o meno

l’apprendimento.

L’OSSERVAZIONE DELLA LEZIONE

La prima sezione della scheda è un sistema di codifica check list in cui il candidato deve

individuare e spuntare determinati elementi che osserva all’interno della lezione.

Nella programmazione e nello svolgimento di una lezione si possono individuare numerosi

elementi presenti in misura diversa, e ciò vale per qualunque tipo di lezione si osservi. Allo studente-

docente si chiede di individuarli mettendo un segno di spunta accanto ad ognuno di essi, e di scrivervi

accanto il numero di Obiettivi di apprendimento (OA) con i quali ritiene che tali elementi abbiano

attinenza.

Ad esempio, se durante la lezione si è notato l’impiego dell’umorismo, lo studente metterà un

segno di spunta accanto a Uso dell’umorismo, e scriverà 4 nel riquadro accanto, perché, come vedremo

dopo, l’OA n. 4 è quello che riguarda le tecniche motivazionali, di cui l’umorismo fa parte. Tutti gli

elementi elencati elencati possono essere inseriti in teoria negli OA nella seconda sezione, anche se è

raro che tutti vengano rilevati all’interno di una singola lezione.

Questa analisi serve a consapevolizzare lo studente sulle didattiche più adatte da utilizzare o

meno in diverse situazioni, a seconda degli esempi che si trova a dover valutare, e che non sempre sono

portatori di principi e valori degni di emulazione.

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LA VALUTAZIONE DELLA LEZIONE

La seconda sezione del modulo OUTLT appare sotto forma di 6 griglie, ognuna dedicata a uno o più

particolari aspetti della lezione che il candidato deve valutare, dopo averli identificati nella prima sezione.

Se dunque prima ha osservato determinate azioni o comportamenti dell’insegnante, qui dovrà valutarne

l’efficacia in termini di strumenti finalizzati all’apprendimento autonomo dell’allievo. Naturalmente per poter

valutare questi elementi, lo studente-docente dovrà nuovamente menzionarli nelle griglie, e questo di solito

porta al rischio di incorrere nell’errore comune di “raccontare” ciò che si è osservato, invece di valutarlo.

Queste griglie sono mirate a sviluppare nello studente-docente la consapevolezza a discernere

comportamenti del docente ed eventuali problemi all’interno della classe, e a osservare e valutare come

l’insegnante osservato risponda alle esigenze degli allievi e come reagisca alle diverse situazioni che gli si

presentano nella lezione.

Dopo aver descritto, chiedersi sempre: PERCHE’ l’insegnante l’ha fatto? e COME hanno reagito gli

allievi? e COSA è successo?

Andare in profondità nel perché gli insegnanti agiscono in quel modo, se gli allievi hanno beneficiato di

ciò e in che modo, e se non ne hanno beneficiato, scoprirne il perché.

Obiettivo di Apprendimento 1: Dimostrare consapevolezza della struttura della lezione

Valutare la struttura della lezione osservata

Obiettivo di Apprendimento 2: Dimostrare consapevolezza dell’andamento della lezione

Valutare gli effetti delle variazioni dell’andamento sull'esperienza di apprendimento

Obiettivo di Apprendimento 3: Dimostrare consapevolezza del riscontro dell'insegnante e della

risposta/interazione degli allievi

Valutare i diversi tipi di riscontro dell'insegnante e le risposte e interazioni tra

allievi e insegnante durante la lezione

STRUTTURA

Questo OA richiede la valutazione di elementi che si richiamano alla didattica in quello che concerne più

propriamente le conseguenze e gli effetti della struttura della lezione per quanto riguarda un apprendimento

finalizzato.

Dopo aver presentato le diverse sezioni della lezione con un’indicazione sommaria della durata di

ognuna di esse , in modo da poter fare un raffronto anche di tipo temporale e quantitativo, lo studente-

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docente dovrà valutare la presenza o meno di una struttura evidente all’interno della lezione, per dimostrare

la consapevolezza dell’insegnante, ma anche la sua nell’identificarla. Una struttura adeguata e focalizzata

rende ovvio e palese il fatto che sia l’insegnante sia la classe siano ugualmente concentrati sul fine comune da

raggiungere. Si dovrebbero poter identificare e valutare i nuovi livelli di abilità che l’insegnante intende

proporre alla classe, i temi generali e i loro “sotto-temi”, i percorsi con cui arrivarvi e la loro logica

progressione.

Dunque lo studente-docente dovrà valutare se la struttura presentata dall’insegnante osservato è stata

funzionale allo scopo e se ha raggiunto gli obiettivi prefissati, se era bilanciata, se ha prodotto un quadro

chiaro per gli alunni e se ognuno degli allievi nella classe ne ha tratto beneficio.

Lo scopo della lezione influenza la struttura. Gli esercizi erano appropriati per gli studenti? Hanno rifatto

gli esercizi della volta scorsa?

Equilibrio tra esercizi fissi e liberi? Scrivere anche quali e quanti erano fissi e liberi.

FEEDBACK

In inglese si parla di feedback, riscontro, parere, affermazione, dato dall’insegnante agli allievi o alla

classe in generale. Serve per far capire a che punto si è del processo di apprendimento, in modo che l’allievo

possa avere un parere sulla sua esecuzione, per poter poi andare avanti seguendo il percorso giusto.

Il feedback può essere negativo o positivo, ma sempre si auspica che sia anche costruttivo. In ognuna

delle sue forme, esso deve essere individuato e valutato dal punto di vista degli effetti che ha sullo studente o

sulla classe tutta. Il feedback dell’insegnante agli studenti dovrebbe essere sempre costruttivo, in modo da

fornire gli strumenti per la correzione o il miglioramento, seguendo un modello didattico basato

sull’apprendimento collaborativo.

Nella nostra scheda si deve non solo osservare che tipo di riscontro l’insegnante fornisce ai singoli o alla

classe (elogi, correzioni, racconti, suggerimenti, critiche, commenti) ma anche e soprattutto se questi riscontri

sono efficaci per favorire l’apprendimento, ovvero se instaurano un clima di collaborazione e di cooperazione

tra insegnante e studente.

Anche le correzioni individuali o generali sono feedback, perché forniscono la “temperatura”

dell’esecuzione, e fanno capire all’allievo a che punto è del suo percorso d’apprendimento.

Per feedback si intende principalmente il feedback dell’insegnante all’allievo. Deve essere programmato.

Ad esempio pianificare un feedback positivo significa programmare di dire bene quando i bambini fanno bene.

L'informazione deve essere chiara, senza commenti superflui (non sono chiare frasi del tipo: “Bene ma..bene

però...”)., e riferita a episodi particolari e bendefiniti (“molto meglio la pirouette)” e non generali (“molto

bene” senza dire a chi né per cosa). Se si parla chiaramente il bambino immagazzina l'informazione per

sempre nella sua memoria muscolare. Gli elogi sono feedback.

Il feedback è sempre unidirezionale, ma può essere anche dato da più persone contemporaneamente ad

esempio tra insegnante e allievi che si scambiano punti di vista sull’esercizio o sulla lezione.

INTERAZIONE

Ascoltare e dialogare con lo studente per promuovere un apprendimento autonomo e interessato. Deve

essere programmata in anticipo, ed è importante anche per abbassare lo stress durante la lezione.

Nella valutazione bisognerebbe anche notare come gli studenti hanno risposto a quello che l’insegnante

chiedeva o al suo feedback – erano contenti? Hanno capito cosa si stava dicendo? Potrebbero migliorare in

base a quanto detto?

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Gli studenti hanno fatto domande? Come ha risposto l’insegnante alle loro domande? Si è chiesto agli

studenti di dare un feedback relativo ai loro compagni? (ad esempio se si osservano tra loro e gli si chiede di

notare gli errori che gli altri fanno…)

L’interazione può scaturire dal feedback dell’insegnante, ovvero è la risposta degli allievi al feedback.

METODI DI INSEGNAMENTO

La dimostrazione fatta direttamente dall'insegnante o tramite un allievo. La dimostrazione tramite un

allievo ha il pregio di eliminare il gap di età/ruolo tra docente ed allievo: essendo un suo compagno ad

eseguire, vede l’obiettivo più facile da raggiungere. Si può dimostrare anche ricorrendo al chunking, ossia

facendo vedere l'esercizio parte per parte.

Le istruzioni e le spiegazioni devono essere chiare, precise, concise, vivaci e motivanti dal punto di vista

artistico.

Domande aperte, che richiedano una risposta ampia e ragionata da parte dello studente. Possono

essere domande che fanno riferimento a quanto già spiegato, in ogni caso che stimolino un ragionamento, e

che non richiedano una risposta “sì o no”.

l'interazione, ossia ascoltare e dialogare con lo studente per promuovere un apprendimento autonomo

e interessato. L'interazione, che come altri metodi (es. la differenziazione) deve essere programmata in

anticipo, è importante anche per abbassare lo stress durante la lezione.

la ricapitolazione (ripasso), anche facendo riferimento a lezioni precedenti, e soprattutto partendo da

elementi noti che stimolano la memoria dell'allievo e lo tranquillizzano., in quanto già sperimentati.

la ripetizione, che non deve essere vuota, fatta solo per riempire il tempo, ma deve essere mirata, utile a

memorizzare bene le informazioni: essa serve soprattutto a rinforzare l'apprendimento dopo le correzioni.

Obiettivo di Apprendimento 4: Dimostrare consapevolezza dei metodi di insegnamento

e delle tecniche motivazionali, incluso l'uso delle risorse

Valutare l'adeguatezza dei diversi metodi di insegnamento, delle tecniche motivazionali

e della qualità delle risorse utilizzate durante la lezione

Obiettivo di Apprendimento 5: Dimostrare consapevolezza dei progressi degli allievi

Valutare il livello degli allievi e i loro progressi durante la lezione o nel corso del tempo

Obiettivo di Apprendimento 6: Dimostrare consapevolezza della sicurezza nella pratica della danza

Valutare l'efficacia delle misure di sicurezza nella pratica della danza adottate durante la lezione.

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compitini consistenti in esercizi da fare a casa , o sul momento: rifare l'esercizio in gruppi, a coppie,

provare a rovesciare l'esercizio (problem solving); fondamentale è lasciare il tempo necessario e sufficiente

agli allievi per elaborare le risposte e le soluzioni ai problemi dati.

ricorso alle immagini. E’ sfruttabile anche come tecnica motivazionale (OA 5). Stimola l’immaginazione

ed è molto efficace perché la visualizzazione del movimento è percepita più facilmente del linguaggio

scientifico.

la differenziazione. Consiste nel fornire modi individuali di apprendimento, adattando l'insegnamento ai

singoli studenti, o a gruppi di studenti accomunati da specifiche qualità. Questo può servire per lavorare

meglio un passo su alcuni soggetti, oppure per aiutare a lavorare un allievo con date caratteristiche corporee,

per prendersi cura dell'allievo in base al sesso (cambiare la combinazione o la musica). Si può differenziare

anche in base alle capacità di apprendimento, facendo fare solo la prima parte di un esercizio ai nuovi arrivati,

o tenendo conto della disabilità di un soggetto.

l' uso di oggetti (risorse), ad esempio tulle o nastrini per insegnare la morbidezza nei movimenti;

tappetini per fare stretching. Ma anche la musica è una risorsa, o lo specchio se usato specificamente per fare

vedere un aspetto della posizione o del movimento.

l'overlearning costruttivo, ossia far lavorare la classe in vista di un obiettivo (ad esempio l'esame);

il contatto fisico, detto anche “pratica guidata”, che può diventare una ripetizione guidata dell'esercizio

vera e propria, oppure la correzione fisica del movimento o della postura, per far capire come mettere la

gamba, come tenere la schiena, come tirare il piede, ecc.

Da non confondere con il tatto, inteso come delicatezza, attenzione diplomatica e sensibilità per non

offendere l’allievo. E’ invece più una tecnica motivazionale. Ad esempio, se prendo una ragazza per mano e le

parlo sottovoce di un suo problema tecnico o personale, senza spiattellarlo a tutta la classe, o dico “spero che

la prossima volta l’adagio riesca meglio” invece di dare un feedback negativo...

TECNICHE MOTIVAZIONALI

Utilizzate dall’insegnante per stimolare l’individuo o tutta la classe ad un apprendimento più autonomo

e consapevole.

Umorismo che allenta la tensione e dunque favorisce l’apprendimento, perché quando si è

sereni si impara meglio. Gianni Rodari diceva che “piangendo non si impara nulla”.

Battito di mani, ritmo, enfasi

Uso accattivante di immagini (questo è più un metodo di insegnamento, ma porta come effetto

una motivazione: infatti, poiché attraverso le immagini si apprende più facilmente, il risultato è

che riuscendo a fare meglio gli esercizi, gli allievi di conseguenza sono più motivati)

Motivazione artistica (una dimostrazione ben danzata, a fondo, ritmata o accompagnata da

voce onomatopeica per descrivere i movimenti; ispirazione e lirismo nell’adagio)

Uso vivido della voce, dizione corretta, canto

Coinvolgimento dell’allievo nella dimostrazione (questo è anche un metodo di insegnamento)

Supporto degli allievi spazientiti (ad esempio ripetendo l'esercizio insieme a loro), anche

incoraggiare e lodare l'allievo se riesce a fare qualcosa da solo

Creare delle piccole sfide per gioco, fare il discorsetto (positivo e incoraggiante!) ad uno ad uno

a fine lezione, ecc.

Altre tecniche motivazionali includono: l’uso della voce per spronare o per ispirare, a volte

anche delle risorse, una musica particolare che ispira...

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Motivazione al movimento: spronare a fare un movimento più grande, più lungo, a viaggiare di

più, a muoversi di più, a saltare di più...

RISORSE

Le risorse usate nella lezione sono tutti quegli oggetti (ma anche espedienti visivi o sonori quali musica,

filmati, foto) che vengono usati dall’insegnante per promuovere l’apprendimento attivo e coinvolto della

classe. L’oggetto è un mezzo per favorire l’apprendimento, un espediente ludico e didattico che coinvolge lo

studente e fa lavorare attivamente e positivamente la sua mente. Qui si deve valutare la sua efficacia o meno

nel processo di apprendimento.

Anche il tipo di musica impiegata è una risorsa (libera? fissa? Valzer? Mazurka? Jazz?) e va valutata per

la sua efficacia o meno all’interno dell’esercizio proposto. Altre risorse possono essere: impianto stereo CD

player, i-pad, i-pod, cellulare, uso del telecomando, il pianista quando presente, sbarre mobili, ecc.

Anche lo specchio (o la sbarra) può essere considerato una risorsa quando viene usato specificamente

dall’insegnante per aiutare una spiegazione, dimostrazione, o correzione, e non in quanto tale.

PROGRESSI

Qui si annotano e valutano i progressi fatti dagli studenti su un particolare episodio o argomento nel

corso della lezione, e rispetto all’ultima lezione osservata, o nel tempo passato. Perché sono migliorati?

Perché solo alcuni sono migliorati?

Si tratta di una verifica del processo di apprendimento attraverso l’osservazione dall’esterno, e dunque,

indirettamente, di una verifica dell’efficacia dell’insegnante. Capire la causa del loro miglioramento o al

contrario del perché non siano migliorati aiuta a capire in che direzione andare, quali metodi adottare e quali

no.

SALUTE E SICUREZZA DELLA DANZA

Questa griglia è specifica per l’insegnamento della danza, e riguarda le cautele che l’insegnante adotta

perché i suoi allievi non si facciano male durante la lezione, e nelle lezioni di danza, in quanto attività fisica, ciò

è estremamente rilevante.

Si osserva e si valuta ciò che fa parte della lezione di danza in termini di sicurezza fisica: l’ambiente,

l’abbigliamento, gli esercizi adatti o meno al livello, la prevenzione degli infortuni, l’allineamento fisico, ecc.

L’“ambiente psichico” (Maria Montessori) deve favorire una sana concentrazione e, nel caso della danza,

aiutare l’esecuzione fisica e non impedirla o causare danni corporei.

Anche il warm up e il cool down fanno parte della sicurezza nella pratica della danza e vanno valutati

adeguatamente, in accordo alla loro funzionalità ed efficacia o meno.

Secondo Livello

PROGRAMMAZIONE DELLA LEZIONE: Prima, Durante, Dopo

Dopo aver osservato le lezioni di altri insegnanti, ora si passa a fare il proprio tirocinio attivo,

programmando per iscritto le lezioni che intendiamo dare. In un mondo ideale, ogni lezione di danza classica

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dovrebbe essere scritta e programmata prima. Per ragioni di tempo molto spesso non riusciamo a scriverla,

ma in un modo o nell’altro la programmazione nella nostra mente c’è sempre.

Dunque se potessimo scriverla (e indubbiamente i vantaggi ci sono, perché già nell’atto di scriverla

dobbiamo fare una scelta e dunque decidere in che direzione andare con i nostri obiettivi), andremo in

quest’ordine di idee:

Selezione dell’obiettivo , scopo e struttura della lezione

Valutazione delle capacità degli studenti

Scelta dei metodi di insegnamento , delle tecniche motivazionali e delle risorse da applicare

Durante la lezione, nella pratica, dovremmo poi confrontarci con la realtà e con i cambiamenti che a

volte essa ci impone. Dunque nella pratica diretta dell’insegnamento ci troveremo necessariamente di fronte a

nuove sfide da affrontare e a nuove decisioni da prendere:

Presentare gli elementi da affrontare

Osservare e valutare il comportamento degli studenti

Effettuare cambiamenti, monitorare la pratica degli studenti: differenziare , riflettere, adattare ai singoli.

Poi eventualmente introdurre nuove difficoltà, o ridurle per alcuni

Osservare di nuovo, valutare e dunque ricominciare tutto da capo

Dopo la lezione, sempre in un mondo ideale, dovremmo trovare un attimo di calma e di tranquillità per

poter riflettere sulla lezione appena terminata, valutate ciò che abbiamo appena fatto, i cambiamenti

effettuati, e anche pensare a cosa fare in futuro per migliorare ciò che non ha funzionato o per approfondire

ancora l’argomento. Dunque:

Riflessione, auto-valutazione e verifica del raggiungimento o meno degli obiettivi prefissati

Pianificazione di modifiche future in accordo con i risultati raggiunti.

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Piccoli suggerimenti bibliografici

Sulla dis-eguaglianza:

• Benvenuto G. (a cura di), La scuola diseguale, Roma, Anicia, 2011.

• Dewey, J., Scuola e Società, Roma, Newton Compton, 1976 (ed. or. The School and Society,

1899).

• Montessori ,M., La mente del bambino, Milano, Garzanti, 1952 (ed. or. The Absorbent Mind,

India).

• Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Firenze, Libreria editrice fiorentina, 1976.

Sui cambiamenti nella società e sugli adolescenti:

• Pietropolli Charmet, G., Fragile e spavaldo, Laterza, Bari, 2008.

Sulla formazione del docente:

• Montedoro C., (a cura di), La personalizzazione dei percorsi di apprendimento e di

insegnamento, Roma, Francoangeli, 2001.

• Nicoletti ,P., Apprendere sempre, Roma, Francoangeli, 2005 .

• Trinchero, R., “Rilevazione mediante osservazione,” in Manuale di ricerca educativa, Milano,

Francoangeli, 2012.

Sulla differenziazione e le didattiche di insegnamento:

• Gardner, H., The Disciplined Mind, Penguin Books, New York, 2000.

• Gough, M., Knowing dance, Londra, Dance Books, 1999.

• Schönberg, A., Manuale di Armonia, Il Saggiatore, 2008

• Tomlinson ,C. A., Adempiere la promessa di una classe differenziata, Roma, LAS, 2006.

Su un grande insegnante di danza:

• Albert, G., Alexander Pushkin: Master Teacher of Dance, The New York Public Library, 2001

Sulla didattica nella lezione di danza classica:

• Pappacena, F., La danza classica tra arte e scienza, Roma, Gremese, 2014

Contatti:

Alessandra Alberti, Co-Direttrice Scuola Hamlyn Via Maggio, 7 50125 Firenze [email protected]