programma del corso di diritto criminale tomo 4 (04)
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- 54-(2) Una dichiarazione di Luigi XV del 4 niarzo 1724,
volle puniti di morte i furti clemestici qualunque ne fosse
i l valore . Qual f u 1' effetto di queslo esorbitante rigo re?
M e r c i e r nel suo T a b l e n u de P a r i s { c a p . 25, p a g . 82 )
risponde che la impunità dei furti domestici fu la conse-
guenza di quella legge, perchb i padroni repugnando a con-
segnare le proprie fantesche al patibolo le congedavano piut-
tosto che denunzia rle: a talchè dice egli presso noi qu attro
fantesche sopra dieci sono abitualm ente ladre. Q uesto orr or e
dovette anche accrescersi in Francia per i frequenti esempi
di condanne a morte di servi e fantesche riconosciute po-scia innocenti, che ricorda M o l i n i e r nel suo eccellente
scritto La r e p r e s s i o n du vol. p a g . 29 et suiv., T o u t o i b -
se 1869. h indubitato che se vi è delitto nel quale la con-
d a n n a p e r Jndizì renda probabile il sacrifizio di un inno-
cente, tale è il furto domestico per la facilità della dispari-
zione di qualche oggetto nelle famiglie, e per la facilita dei.
padroni a sospettar e la fedeltà de i domestici. Un caso di
condanna per furto di una fantesca innocente nella Inphil-
terra è ricordato ancora da C b e s t e r t o n ( l i e u e l a t i o t z s o f
pvisons li fe vol. 2 , pag. 146 ) ma almeno cola non si ebbe
a deplorare un omicidio giudioiario.
I1 famulato improprio si verifica nel fatto del-
1 operaio o giornaliero prezzolato che rubi a danno
di chi si vale dell' opera sua, o di altri, purchb il
furto cada sopra oggetti che si ritrovino nel luo-
go (2 ) ov' egli pestava il servigio, e purchb al furto
gli abbia prestato comodità il servigio medesimo.
Gli estremi del famulato improprio si coordinano a
quelli del famulato proprio. Anche qui si esige la
pattuita mercede, ma niente interessa che il lavoro
prestisi ad ora o a giornata; nè che la mercede sia
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y~ailzdeopiccola; in denavo o in roua : etermincctao inindeterminata.Non deve però considerarsi come
1neg~cec7eCassazione 28 aprile 1855;Annali Toscn-%.i VII , 1, 370) la pa+*tecij~azionegli utili della
lavorazione. Anche qui si richiede l' estremo che il
servigio abbia offerto la comodità di rubare: onde
è necessario che il furto commettasi durante la
lavorazione. Al qual concetto riannodasi l' altro del-
la Zocalith nella quale richiedesi che il furto si sia
consumato.
(1)Tra il fumulalo pro prio e lFimp ropr io vi è direferenza
eziandio i n ordine al lzsogo. Il servo douunque rubi la cosa
de l padrone è reo di furto qualificato purche abusi della
comodità del servizio. Così giudicato anche in faccia al co-
dice Sardo d alla Corte di Cassazione di Palermo nel suo de-
crelo del 20 maggio 1865 l ' operaio inve ce non lo è ugual-
mente se ruba in luogo diverso da quello dove il padrone
lo aveva posto a lav orar e. Cib è chiaro per la lettera del-
i' art. 377 let. m del codice Toscano: ed in termini del co-
dice Sardo f u stabilito (inerendo alla lettera dell' art. 607,
n . 4 ) dalla Corte d i Cassazione d i Milano nel siio giudicatodel 25 novembre 1864.
Il codice Toscano ha su questo proposito sanzio-
nato una nuovità rovesciando il caso della qualifica:
e riconoscendo meritevole di speciale protezione non
solo il padrone in faccia all' operaio, m a anche l'ope-
raio in faccia al padrone. Se taluno (art. 377 let. m)
chiama a sb un giornaliero per un lavoro, e nel-
1 occasione di questo lo deruba, si aggrava il furtougualmente che nel caso inverso. Io non divido la
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opinione di coloro che hanno censurato questa dis-
posizione. Trovo perfe tta parità cli ragione fra caso,
e caso ; è la maggiore rarità di un caso è suffis-
ciente motivo perchè non vi si provvegga quando
è possibile. Soltanto osservo che la coerenza impe-
riosamente esige, poichè si riconosce come Lzc:com-
pwato da circostanza aggravante il furto commesso
dal padrone a danno dell' operaio; che si consideri
come tale anche il furto commesso da un padrone
a danno del serv o: e non so comprendere come
mai il M o r i che accattava dal codice di Baclen
(art. 391) cotesta nuovità, la prendesse in un caso
e non in entrambo i casi, come 1 aveva stabilita
il legklatore badese.
ildesso è a dirsi della ipotesi della cmzseyfzu.
Molto prevalse fr a gli antichi dottori la opinione
che quando il servo o 1 operaio avesse rubato una
qualche cosa che a lui era stata data in consegna
per occasione del suo servigio, il titolo qualificato O
'aggravato scomparisse ; e siffatta teorica fondavasi
sopra una ragione altrettanto semplice quanto ra-
dicale. La consegna dell' oggetto esclude la figu ra
giuridica della conlrettaziorze per sostituirvi 1 altra
distinta figura della d i s t r a z i o~e l colpevole haviolato il do~minioe non ha violato il possesso. Ciò
basta perchè il titolo dì ficrto scomparisca per far
luogo al titolo minore di tm f fa , che è un furto in??
q ) vq~ - i o .ra qaando la legge dispone intorno alle
qualifiche od alle aggravanti di un reato, p resuppone
completo nella sua essenza il reato che vuole qua-
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- 57 -lificare. I1 ihmu lato qualifica i1 fur to o lo agg rava
secoilclo i casi : ila yarclie il fatto riceva l' ngLTa-
vaiite o la rjrinliticn I~isognnche innanzi tutto sia
fial*to (1). regoh generalc clie uiia truffa non dc-
genera in furto per il sopraggiungere di una r p -
lificc~, er eseinpio le due l~ers uile, l tem l~ o li notte,
la casa abitata la pubblica via, o simili. JIa la ap-
propriazione in~lel~itaelle cose consegnate al servo
o al lavoratore non fu i l to: dunque la qualifica non
pu9 rei~d erlo tale perchè un criterio misuratorenon pu9 sripplire a l difetto di un criterio essenziale.
Due risl~oste onosi date a cjuesto ragionamento, e
pe r le quali i moderni codici hanno eliminato la
distinzione cli che si parla. La prima si ti quella che
la consegna al servo od a1 lavoratore i> neces.ruviu,:e questa b una formula tutta politica, perchè la ne-
cessita non mutere bbe la co~iclizione giuridica del
fatto, n& farebbe cessare la abilitazione del possesso
per p;:rte del proprietario. La seconda è quella cbe
il servo possicde sempre a nome del padrone :
questa parve formula giuridica che attaccasse allaradice 1 oljietto : erc11B se il servo non possiede mai,
ma sempre per lo suo mezzo possiede il padrone,
h cliinro clie la appropriazione della cosa consegnata
al servo non più viola il solo gius cli do~ninio, aviola ancora il possesso.
(1) Che la consegnrc escluda il titolo d i furto e la pena
ordinaria anche riipporto a1 servo lo insegnarono espressa-
mente S c 11 o e p f e r o sgnopsis pnndcct. l i l . l e fitì-tis 11. 60;e implicilrtrnenle C a r 1) z o v i o juri6pritdentia prr1.s 4 , con-
stit . 41, i lef . 1 4 : e in terniini di cosa consegnata al se rvo
percliè la portasse in qualche luogo lo sostennero pure Ti t -
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b o r Racemara dcf. crim. ad art . 170, S. 6: e C l a s e n a d
art. 170, C. C. C. in fin. Prese a combatterli L e y s e r
fspec. 635, medit. 2 0 ) confessando perb che tale opinione
er a prevalsa nel foro. Ma egli ragiona la sua opinione so-
pra un argomento che è. piuttosto morale, anzichb politico,
o giuridico. Egli dice che quanto maggiore è stata la fiducia
del padrone nel servo tanto maggiore deve essere la sua
pena: laonde se si appropria cose che il padrone aveva a
lui dato in consegna E più colpevole dell' altro che abbia
rubato un oggetto da l padrone custodito gelosamente presso
di sè. Questo che forma tutta l' argomcntazioae di L e y s e rè un trasporto della morale nel foro, e prova troppo perch è
demolisce tutta la teorica dei furti impropri. i3 l'argomento
col quale i nioderni romanzieri francesi divenuti tanto en-
tusiasti della confutazione del codice penale, propugnarono
doversi punire l'a buso di fiducia più de l furto. h una con-
fusione del criterio morale col criterio politico.
Ma una volta accettate queste due osservazioni
per eliminare il titolo di truffa e mantenere quellodi furto nella appropriazione per parte del servo
delle cose a lui consegnate, sembrava doversi dire
altrettanto intorno alle cose consegnate d avoratore
non ascritto a servizio continuo, per il quale sorgeva
il famtdato impoprio. La questione relativa a ri-conoscere o negare all' accidentalità della consegna
la facoltà cl' impropriare o no la qualifica vuol es-
ser decisa con l' istesso criterio tanto se la quali-
fica stessa sia propria, quan to se essa sia impro-
priata per la precarietà del servigio ( 1 ) . Ora seni-
brava che se quanto al servo si era mantenuto il
titolo di f u ~ t omalgrado la consegna per le due ra-
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gioni della necessita di questa e del possesso a nome
del padrone, lo stesso dovesse dirsi e non f a r ~ ias-
saggio al titolo di truffa in proposito del lavoratore:
perchè anche in proposito del lavoratore ricorrevano
quelle due ragioni. Se io chiamo in mia casa un
operaio a ripnlirmi 1 argenteria, la consegna che di
questa a lui faccio necessaria, e lo B tanto se in
mia casa Ia ripulisce quanto se altrove:anche co-
stui possiede quell'argenteria a nome mio tanto se
lavora nella mia casa quanto se altrove intorno la
medesima. Parrebbe dunque che se ciò porta al furtoe non alla truffa nell' uno; al furto e non alla truffa
dovesse portare parimenti nell' altro. Malgrado ciò
il codice Toscano avendo apposto quella estensione
contemplativa anche del caso della consegna all'ar-
ticolo 385 dove contempla i1 fatto del servo, e non
avendola ripetuta all' art. 377 let. m, dove contempla
il fatto del lavoratore, dA ragione di sostenere che
abbia voluto escludere il titolo di famulato impro-
prio dalla sottrazione che questi faccia degli oggetti
a lui consegnati. Ciò ne rende perplessi :e conduce
a dubitare che il lavoratore facciasi debitore di furtoaggravato se porta la mano sovra altri oggetti nella
casa dov' egli è accolto; ma non sia debitore che di
sola truffa se porta via gli oggetti che a lui erano
stati consegnati pe r esercitarvi sopra il lavoro al
quale era chiamato, tanto se la opera sua intorno
a quell' oggetto dovesse da lui esercitarsi fuori della
casa ilel proprietario quanto se dovesse esercitarsi
entro la meclesima.
(1) Anclie in proposito della appropriazione commessa
dailavoratori non servi sulle cose consegnate loro pe r cagiono
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- 260 -del lavoro, p revalse la opinio ne ch e fosse truKa e non furto.
I più rigorosi dissero che era una truffa quali6c:ita in ra-
gione della persona ( e ciò sta ben e) ma scriipre ~r ul f~ i.na
speciale e frequenle applicazioue di qiiesta regola si fece in
Germania nei termini di tri t ur al or i di grani . Sembra che
in ordine a questi lavorarili fos sero là degli usi s pecia li,
poicliè trovianio clie si distingue fra tritzuc itores ii l r a t i e
tri l t tr« lores no n ju ra ti . RIa per gli uni e per gli altri , fi-
guralo il caso che questi mercenari portassero via giorrial-
niente. nei loro calzoni una quantità di grano che quantun-
qu e piccola. diveniva importante pe r la som ma (ci1 m odostesso che si pratica da certi facchini nel trasbordo dei
grani a Livorno) si decise non trattarsi di furto proprio,
niu di truffa stant e la consegna del padr one: C a r p z o v i oprac l i ca pa r s 2, quaest . 81, n. 43 et aeqq. - L r e C l;e r
de f i r ibus f runlentar i i s cap. 2 - W e r n h e r obserurit.
pnr s 6 , obs . 103 - o m m e1 rhaps odine obscrurct. 20.
La Corte di Cassazione di Napoli ha peraltro deciso il !)
gennaio 186 6 clie la sottrazione conlmessa dall' operaio
anche su lle cose a lui cons egnate sia furto e non truRa,\
inercndo alle illimitate disposizioni dell'art. 607 del codice
Sardo. La ques tiono pera ltro è preliminare: s e nel tema di
sottrazione di cosa consegnata vi sia bisogno di trovare nellostatuto locale una disposizione eccezionale p er esclu derltr
da l / 'urto, o d i una disposizione eccezionale p er esclitderlic
dal la tru fit . 11 iepisliitore toscano pe nsò , e parin i assai ret-
tamente, che la disposizione eccezionale fosse necessaria ad
esclu der la truffa, poichS questa er a il res ultato giuridico
delle coudizioni onlologiche del fatto. La Corte di Cassazione
di Miliino col suo giudicalo del 10 marzo 1866 ha deciso
clic il fdcaliino consegna tario di uii bau le chiuso a ch iav e
per triisportarlo in un deterniinaio luogo, se roinpe il bau le
per rub are un qualche oggetto contenuto nel medesinio non
è reo di senipiice truff,i o abus o di fiducia, nia di ver o e
proprio furto, per:hè il padr one avend o ritenuto la c hiavemostrò di non aver fiducia in lui, e serbò a sè il possesso
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degli oggetli che erano sotto la chiave da lui tenuta. Quesio
giudicato ha un3uppa rcnza di esatta armonia coi sottili prin-
cipii giuridici relativi al possesso. BIa pure il fatto della
consegna esiste, e disiinguendo fra continente e contenuto,
si viene all'assurdo che se il facchino rubava tiitto i l hriule
sarebbe punito meno di quello riol fosse per aver rub;i~o
alcuni oggetti nel medesinio racchiusi.
Queste sono le clifficolta nelle cluali s' inlpaccia la
ilioclerna scuola, che vuole considerare coine indif-
ferente nel faliinlato proprio la circostanza della
colzsegnn, e poi non ha coraggio di riprodurre (come
logica vorrebbe) la sua dottrina nella materia clel
farilnlato improprio : ercl18 comprende che intro-
ducendola ancora qui scoinl~arirebb ero utte le truffe
nei fatti al~usividi chiunque lavora a guaiiagno,
sia che lavori precariainente nella casa clel proprie-
tario che lo inll>iega, sia che lavori nella officina
l ~ r o l ~ r i a ;erchi: sempre in nmbo i casi ha luogo perl ~ a r t edcl padrone la consegna della matericc su a
sulla quale 1 altro devc lavorare. E sempre potrebl~e
iaipetcrsi che quella consegna non e va1utal)ile per-
c1iii i?necessa?.ia (giacchb non posso otte nere che il
sarto mi acconci 1 abito se non glielo mando a hnt,-
tcga) e sempre potrebbe ripetersi che il sarto non
possiede l' a l~ it o noinc proprio, ma a .nolire del
paclrone. Sicchi? questi due v anta ti argomenti in fine
dei conti si trovano a provar troppo ; d il primo
Iia il vizio di essere empirico nicntre il secondo ha
il vizib di confondere il possesso ciuile col possessonnlzcp*nlc.Qui sta 1 errore. Ciò clie distingue il furto
VOL. V. 11
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M a rnffa B la violazione del possesso naturale, e
non la violazione del possesso civile; tanto B vero
che il possessor civile si può rendere nei congruicasi colpevole di furto se sottrae la cosa al posses-
sore naturale. Non vi B pia idea possibile di tru ffa
con codesta dottrina : l comodatario, il depositario
ed ogni altro che (per comune consenso della scuola)
commette truffa e non furto quando distrae la cosa
ad altro uso in lucro suo, sempre possedevano in rap-
porto a quell'uso diverso a nome del proprie tario(1).
(1) Analogo B il dubbio relativo al servo o lavoratore
che non sottragga un oggetto ma essen do consegnatario d i
denaro del 'padrone se ne appropri una parte pareggiandoe
la direrenza con aumentare fittiziamente il valore della roba
acquistata per ordine del padrone con quel denaro. Tale
questione si esamina dal D r a b b e (de furto domestico
cap. l,ccg. 16) il quale nega ricorrere in siffatta ipotesi i
terrniui di furto e conclude nulla poena irrognri potest ,
La conclusione mi sembra ardita poiclib anche ammessa la
ragione che ne dà il D r a b b e quia abest contrectutio in-
vito donaino, rimangono però sem pre gli elementi di una
truffa. Ma se quando il servo si appropria denaro dato per
spenderlo a certo fine in pro del padrone si dice che non
è furto perchh abest consrectatio, parrebbe doversi dire lo
stesso se il se rv o non si appropria denari ma der rate od
altri oggetti a lui consegnati per un uso determinato. Io
nQa veggct la ragione di distinguere fra caso e ciiso,
D' altronde non mancano anche fra i moderni dei
giureconsulti di grande valore che mantengono l'an-
tica tearia; ed applicano anche d amulato la distin-
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zione tra furto di cosa che non era specialmente
consegnata al servo e appropriazione (i)di cosa spe-
cialmente a lui consegnata. I1 professore K i t k a
in una sua clissertazione riprodotta nell' Eco dei
TriEn~nalia?z?zo1859, 92. 881) fa il caso della fan-
tesca che rubi l'argenteria a lei clata in consegna
per porla poi in uso a certe occasioni, e dice clie
non ir furto. Fa il caso poi del servo a cui sia data
in consegna la chiave dei foraggi per valersene
mano a mano ai bisogni dei cavalli del padrone, e
clie venda quei foraggi tc suo profitto : e qui osservache 1 unica ragione di dubitare sorgeva perchi! ai
servo era stata consegnata la chiave e non già la
cosa, e malgrado ciò sostiene che e truffa (infedeltd)
e non furto. Anche J e n u l l (Eco dei T?-ibzcnali
anno 1859, n. 880 ) accettò tale opinione. Soltanto
saviamente clistinse fra quella consegna generale di
tutti gli oggetti che si trovano nei luoghi dove il
servo deve impiegare l' opera sua; e la consegna
speciale che di certi oggetti sia stata a lui fatta dal
paclrone. 11 primo afficlo che B consequenziale alla
natura clcl servigio, e non procede da una partico-lare deterniinazione di volonta non elimina il titolo
di furto : o elimina bensi il secondo :e qui lo J e-
n u l1 si fece a dettare alcuni criterii clai quali se-
condo lui veniva a sorgere questa consegna speciale.
In sostanza si vuole che il servo abbia una parti-
colare responsabilitb (almeno morale) di quei tdi
oggetti in faccia al padrone. E ciò pare a me che
modifichi anche lo elemento politico del reato; per-
chi! nella prima ipotesi il domestico pui, sperare pii1
facilmente di tener celata la propria partecipanza
alla sottrazione: non lo può ugualmente nel secondo.
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Se io prendo un giovine al mio servigio perclil: mi
accompagni alla caccia, incomincio dal dargli uno
(le' miei fucili ed eg li ne u sa legittimam ente portan-
dolo seco qua e là finche st a al mio se rvigio. Ma se
un giorno ei lo vende non sar à reo di furto, bensì di
truffa. Dal lato politico S meno temibile il reato in
tali condizioni perchè B inevitabile la scoperta. Dal
lato giuridico si applica qui la osservazione acutis-
sima di J e n u l l clie il dolo criminoso incomincia
quando il domestico si upp~?op~iua cosa e non giA(juando la contretta : lo che appunto risponde al coli-
cetto fondamentale che tutta informa la separazione
della truffa dal furto.
(1) Accade frequentemente che i domestici prendano le
cose del padrone non per venderle, ma per Qqi~eg?zavlea
profitto loro. In q uesti casi nasce la dis puta se il valore clel
tolto si debba niicurarc sillla valiila integrale della cosa, o
sulla somma lucrata mediante la oppignorazione. La Corte
di Cassazione di Firenze nel caso di argenteria portata al
inonte dal came riere stabili con decreto del23
gennaio1865
fiiti1inlì Toscan i XVII , 1,74) che lo nrnniontare del furto do-
vesse misurarsi dal denaro occorso al prolxietorio pe r redime-
r e il pegno. h la chi da questo giudicato vo lc ~s c rarre una re-
gola generale per stabilire che quando il ladro non vende
ina impegna la cosa il suo delitto dev e misiirarsi s ul in ero
ricavato dal pegno, parnii che erre reb be a p artito, e cle-
inolirebbe il principio fondairientale sulla misura del tolto,
pel quale ilella valutazione del furto si cerca quarito vtilga
11 6 cosa, e non quanto ne abbia lu,crato il sottrattore. lat..
Corti nos tre poterono decid ere in qii~11:i guisa nel caso s pe -
ci&, I ) F ~ c ~ I I ? i leii~leroche il serv o non avesse avuto I'ani-
ino di spogliare il padr one dell' argen leria, ma soltiiiilo (li
servirseiir s procacciarsi quel denaro: nei qiiali teriiiiiii su-
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- 65 -bent ra la figura del furto d' uso, in ordine alla quale gin
dicemmo di sopra che non si stima la cosa ma si stima il
valore dell' uso indebitamente fattone. Nell'istessa guisa do-
vrebbe certamente decidersi tutte le volte cIie il ladro dopo
avere rubato ed impegnato restituisse spontaneamente le po-
lizze al proprietario; o quando in una parola consti che
non vi era li animo di appropriarsi la cosa ma soltanto di
servir sene a darla in pegno per far de naro con l'animo poi di
riscat tarla e restituirla . Ma quan do di ciò sufficientemen te no11consti, chi ruba una cosa del valore di cento, ruba cento,
e come il suo reato non minora se poscia la vende per
dieci così non minora se la impegna pe r dieci. La d iver-
Senza non sta dunque sul determ inare c om e si sli»zi la cosa
tolta, ma sul determ inare cosa siasi veram ente volulo to-
gliere; se ci08 la sostanza della cosa o un uso momentaneo
della medesima. In ques ti giorni (maggio 1867)è acciiduto
in Lucca un caso singolare che può presentare elegante
questione analoga a quanto sopra. Un ricco sign ore fu ap -
prossimato notturnamente da un individuo che gli domandò
la limosina. I1 signore rispo se che non avev a dena ri. -Lo sconosciuto replicò - unque mi dia 1' orologio, ho
fame - con modi violenti lo costrinse a darglielo. Alla
mattina successiva quel signor e ebbe avviso do un fornaio
che il suo orologio era presso di lui dove era stato impe-
gnato la sera precedente da un incognito per pre ndere un
panc. La questione non è qui quella della scusa per neces-
sità di fame che stimerei ardua a sostenersi fino al punto
della scriminazione. La questione è s e il furto si debba mi-
sur are d al valo re del17 orologio o da quel tanto (valo re del
pane) per cui fu impegnalo. E non esiterei a sostenere che
si tratta di un furto di 40 centesimi perchè il sottrattore
non volle togliere al prop rietario la proprietii de117 orologio
ma soltanto quell' uso determinato.
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E veramente ci pare che di distinzioni vi si a bi-
sogno. Perchè se in faccia alla scienza ci sembra
troppo sfrenato nel senso di rigore il principio for-
mulato dal codice Toscano; pel quale in ultima ana-
lisi si viene a dire che il servo non com mette ma itruffa quando si appropria la cosa del padrone; dal-
1 altro lato vediamo pericoloso il principio opposto
che facilmente ridurrebbe a truffa gran parte dei
farti domestici se non si procedesse con debite li-
mitazioni. Cosi troviamo che il supremo tribunale
di Vienna (decisione riportata al n. 640 dell' ECO
dei Tribnali 26 agosto 18.56) dichiarb non furto
ma infedeltà la sottrazione che il servo aveva fatto
di un oggetto consegnatogli dal padrone per por-
tarlo ad un amico; e troviamo che 1'eccelso tribu-
nale veneto (decisione del 15 gennaio 1856, ndl' Eco
dei Tribunali .n. 610) dichiarò truffa e non furto il
fatto del servo che condotto seco dal padrone nella
sua gondola mentre recavasi a visitare un amico elasciato da quei10 mom entaneamente a custodia del-
la gondola, aveva gpinto via la medesima per appro-
priarsela insieme con tutti gli oggetti che conte-
neva. Questo ci pare che sia spinger troppo oltre
la dottrina della consegna spsciale valevole a con-
vertire il furto domestico in truffa:perchè la con-
segna (almeno nel secondo di tali casi) non davaal servo alcuna balia di contrettare la cosa, oltre il
modo prescritto. Colui non aveva licenza di muover
la gondola di colk: ne era posto a guardia, piutto-
stochb avere avuto facoltd di farne un uso qualunque
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- 67 -
e vera consegna.Cosicchk divenendo colpevoIc anche
il primo momento della contrettazione bene vi si
adattano i caratteri giuridici del furto. Vedasi da
questo però quanto sia delicata e difficile la que-
stione con la quale chiudo il presente capitolo.
M o d o .
I1 modo scelto per commettere il furto funziona
come criterio misuratore della quantità del reato
o in ragione dell' audacia mostrata dal ladro, o in
ragione de117arte speciale da lui adoperata per ru-
bare; o in ragione della violenza di cui si valse.
L' audacia sviluppa il titolo del fwto commesso in
presema cklproprietario. L'arte speciale fa nascere
il titolo di furto con destrezza . L a violenza poi può
cadere o su.lIa per.sona del proprietario, e sorgonoi titoli di fwto violento, di estorsione, di ricatto e
di girateka ; può cadere sdla cosa r~ b a t a sorge
il titolo di rapina; o pub cadere sulle czcstodie della
cosa involata, e sorgono i titoli di efrazione, di sca-lamento, di chiave falsa. Tutti questi titoli diman-
dano particolari osservazioni.
Questa partita enumerazione delle qualifiche del
furto desunte dal modo B il frutto della lenta ela-
borazione della scienza penale che forse nel suo
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ulteriore progresso farà sorgere nuove distinzioni
e nuove figure speciali. Negli antichi scrittori, come
nelle antiche legislazioni molti dei titoli che ancliamo
ad esporre si trovano confusamente aiioinhrati. La
Carolina ( a modo di esem pio) con lo articolo 150
e la costituzione elettorale sassonica (co~zstit.34,
pars 4) furono infelicissime:perchb 1 una e 1 alt ra
adottarono come indicatrice di grave qualifica nel
furto la formula di fu rto pericoloso. Ci6 diede oc-
casione (.i) acl infinite divergenze negli scrittori eda fluttuazioni nella g iurisprud enza . Alcuni vollero
definire con certi connotati speciali questo ca ratte re
di pericoloso nel furto ; lcuni opinarono non po tersi
definire a prio ri, ma dipendere dalle singole circo-
stanze. Alcuni intesero che la legge alludesse al pe-
r~icolo ersonub e mentre trovarono la clualifica del
pericolo nel solo tempo notturno o nclla invasione
del domicilio, o nella presenza di armi, o nel nu-
mero clei ladri, non lo vollero riconoscere nella me-
ra effrazione scalamento o chiave falsa, avvenuta in
luoghi non abitati. Altri invece sostennero che lalegge qui proteggeva le cose, e non le persone; e
che doveva guardarsi al pericolo delle propriet8 pii1
che al pericolo degli uomini; e cosi trovarono laqualifica dove i primi non la trovavano, e respetti-
vamente non la trovarono dove i primi volevano ri-cbonoscerla.Queste incertezze quando hanno origine
ilalla legge sono perniciosissime perchb ne emergequella difform ità nel punire casi simili, e quella pa-
rita nel punire casi difformi che tanto commuove
la coscienza pubblica. Non sono dunque tecnicisrni
pedanteschi ma utilissimi ritrovati, le distinzioni del-le scuole moderne.
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- 69 -(1) (Juesta fluttuanza delle giurisprudenze germaniche sull;i
interpretazione del pericolo fu lamenta ta anche recentem ente
dall' E r h a r d (de nolione fiu-li pay . 150) il quale ricordtr
di aver veduto condannare ad otto anni di ergastolo un
uomo ch e senza circostanze aggravanti aveva rubi~toredici
imperiali; e condanna re poi a soli quattro anni di ergastolo
un notissimo ladro convinto di dodici furti tutti notturni, e
con e ffrazione. Ma questa è pur troppo una verità dolorosiì
che viene rivelata dallo studio delle giurisprudenze penali.
I delitti di furto sono quelli che nei diversi casi pratici
offrono la maggio re sprop orzio ne, fra castigo e castigo. Forse
la cagione di ciò è tale che male si frena dalle leggi, vo-
glio dire il diverso modo di sen tire dei giudici intorn o ai
demeriti del ladro. i3 indubitato che se i ladri incontrano in
generale un' antipatia esagerata non S raro peraltro trovare
persone anche pratiche ch e gua rdano questo com e un lieve
delitto, o facilmente si muovono a compassionare chi lo ha
commesso sotto la larva della povertà molte volte voluta.
lo ebbi un giorno a disputare con un mio collega rinoma-
tissimo il quale mi diceva aver sempre dubitato se vera-
mente il furto potesse dirsi delitto. In quanto al diverso
significato attribuito alla formula fu rt o peric oloso nella
Alemagna vedasi T a b o r Racen~ atio?&esag . 463- I a r p-
p r e C h t decis. 1, 2. 39, png . 7; decis. ?, n. 33, png. 56; de-
cise20, n. 3 1 ,p ag . 157 - o h e m e r medi ta t . ad ar t . 159
C. C. C. - I a s e n commentar . ad ar t . 159 C. C. C.
T I T O L O I.
Fuurtoconzvaesso alla preseiiza del proprietario.
Le diverse opinioni sostenute dai dottom per dare
spiegazione del furto manifesto dei Romani e del
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- 70 -singolare criterio di penalità trovato da loro nella
sorpresa, possono ridursi a tre - O La più coniune
opinione referisce il furto manifesto al caso del la-
dro che sia sorpreso con la roba indosso prima di
averla recata eo loco quo destinaverut:G u n t h e r
Priracipiajuris Rowanipag . 796 - e i l s trae&tus crivtinalis pug. 410; e questa è la dottrina che
incontra maggiori dBcoltà per rintracciarne la ra-
gionevolezza - ."Vi fu chi lo riferi al caso in cui
il ladro fosse stato sorpreso prima che ponesse lamano sulla roba, quod occursum illi fuerit ad ap-
pe he nd ed um , antequam venerit ad locunz dèstin wturn; e questa interpetrazione si sostenne come la
più vera dal B e l l a p e r t i C a nella Ripetigione inZeg. fabzcs C. de furtis n. 6. In tal guisa avrebbero
i romani punito il furto tentato più severamente
del consumato, e cresce 1 assurdo - ."Altri perb
insegnarono che il ladro manifesto era colui che
aveva rubato sotto gli occhi del padrone, quem do-
minus vidit. Questa interpetrazione che si propugnU
daparecchi fra gli antichi repetenti concilierebbela distinzione romana con i dettati di ragione ed
allora nella teorica del furto manifesto troverebbesi
il primo fonte della qualifica opgidi generalmente
riconosciuta del furto commesso aila presenza delproprietario. Secondo ques ta dottrina il ritoglimento
della cosa al ladro afilequam eam attulerit quo dee-
stinaverat non sarebbe la condizione ontologica del
furto manifesto : arebbe invece la condizione giu-
ridica della actio furti, e i dottori avrebbero scam-
biato supponendo nei vari frammenti ove era cenno
del ritoglimento, che invece di esser questo una W-
va conàizione ad agire fosse la com?,iziove esseri-
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sicile della qualità d i manifesto (1) nel furto. I1 furto
sarebbe manifesto tostochè il padrone l;&~ubav e ,
e la ra;ione dello aggravam ento rom ano si trove-
rebbe spontanea nella maggiore audacia del ladro
che rub a sotto gli occ l~i el proprietario : sso avreh-
lje già incorso la pena del quadruplo essendo per
parte sua completo il delitto. M a il quaclrnplo non
si potreb l~e esigere, n è sperim entare l' azione dal
proprietario che tranquillamente lasciò compiere al
ladro anche la asportazione, perchb allora il furto
apparirebbe fatto sciente et patiente donzijzo.
(1) Ho già accennato nella nota al 9. 2048 varie ipotesi
poste innanzi dagli eruditi per rintracc iare la causa per cui
la sorpresa del ladro fosse pei Romani cagione di pena più
severa; ed ho mostrato che nessuna di queste elimina l'as-
surdo. L' E r li a r d o fde notione f u r t i pug. 127) si ri trae
dallo aggre dire la difficoltà contentaiidosi di po rre in rilievo
1' assurdo. Qualunque fosse (egli dice) la origine e la cau sa
di questa differenza di penalitl appo i Romani, certissimo
è che il ladro il quale agisce con tanta m alizia da occultar
sè e la roba sottratta è assai più pericoloso e temibile che
no1 sia quello esord iente cile si lasii a c ogliere col fur to in-dosso; ed b impossibile che alcuno m ai p retenda oggi d i
rovesciare per lo esempio romano questo criterio di pro-
porzione. E 1 17, r h a r d dice ben issim o in ciò. Ma app unto
perclib 1 assurdo è si grand e, bisogna c oncluderne che la
intelligenza comune non sia esatta, e che a rendere mani-
festo il furto non bastasse 1 accidentalità che il padrone
fosse sopraggiunto, ed avesse ripreso la roba :ma propria-
ioente occorresse che il ladro si fosse accinto a ruba re sotto
gli occhi del padrone. R in questo argomento ab absurdo
la ragione che mi determina ad accettare la dottrina meno
ricevuta circa la nozione del furto manifesto nelle XI I tavole,
perchb con tale dottrina si purga il dettato romano da una
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stranezza inconcepibile, r si coordina invece coi buoni prin-
oipii di ragione pen ale. In tale opinione m i confer ina ilframmento 7, S. 1 , de furt i s dove sull ' aulorità di P on i-
p o nio dicesi - i culla t ibi furtu111 f( ic e~ -e i~ ~le do1110
tuo , abscondisti te, ne le occidunl: etinna s i v id i s t i f i i r t u n ~
fieri, attanzen n o n es t mnnifesturn. Cib mos tra ch e la qua-
litk di manifesto non si desumeva soltanto dallo uver e il
padrone veduto rubare, ma bensì dallo avere il 2cidi.o ve-
duto il padrone, ed avere cib non ostante audacemente
rubalo in presenza sua.
Ma sia che vuolsi di questa indagine gcnetliaca
certo è che la qualifica desunta dalla p?7csefz,-cr,lel
proprietario è fondata in ragione e si coordina alle
Ihrmule nostre. Come puo il possessore a fronte di
Tln temerario che sotto i suoi occhi s'impadronisce
delle sue cose confidare nella difesa ~irivata? ual
custorlia maggiore può egli adoperare del tenere le
cose presso di s è e sotto gli occhi suo i? L'auclacia
di cotcsto ladro è massima; e se non si estrinseca
in una vera e propria violenza, indica l' animo pre-
parato ad usarla, o almeno fa supporre al padrone
che colui il quale osa cotanto sia pronto a res istergliquando esso voglia impedirlo.
Trova dunque pienissima giustificazione In regola
introdotta in aumento aile aggravanti previste dai
codici contem poranei, dal codice Toscano (a& 377,
let. k) che novera tra i furti aggravati quello com-
iriesso in p es en za del proprietario. Questa circostan-
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zs perb dine si h introdotta la sridilivisiona tra ftii'to
xg~rnvatoe f'urto clrlaliticato, non & semhrata me-
ritevoli: cli costitriire rera rlualifica, clandole sol(!
virtU di elevare la pena nella sua c7ut.crta senza
caiill-~iarne:i ,qi~ecie.
Nelio inteiyetrare la nozione cli questa aggra~~ante
la giurisp~udenza ia concorclcmente richiesto che il
furto sia stato commesso mentre il proprietario tro-
vavasi in tale situazione da poter vedere i1 ladro
nell' atto d i rril~nre 1). Se il proprietario mome~zta-
neamente erasi allontanato, od anclie per accideri-
tali occnliazioni crtlsi rivolto ad altra l~ar ten guisa
che non gli fosse possi1,ile vedere il ladro, la nostra
giuris;l,rudenza in questa precaria remissione di vi-
gilanza ha trovato una ragione per escludere lo
aggravtlwiento. Tranne cib, niente influisce che la
cosa fosse più o meno prossima alla persona del
padrone, purchk egli potesse vederla.
(1) Questa niassirna è pacifica. E tanto b vero che la r:i-
gione di questa aggravante trovaci più nella audacia di in-
t raprendere il furto che nella destrezza nel consumarlo, che
la Corte di Cassnziooe uel 1869 f Annali 5"oscrrn.i XSI, 1,
2 6 3, 2 6 4 ) decise non essere aggravato il furto se il ladro
al sopraggiungere del proprietario ne aveva desis ~ito. n ap-
plicazione di quesli principii la Corte di Cassazione di Fi-
renze nel 1854 f i inlzuli T o s c n ~ l i V I , 1, 1008) decise noi1
essere punibile coine furto aggra vato dtilla pres enza d el pro-
prietario il fatto di chi avendo ottenuta la consegna della
cosa dal proprietario asser endo di volerla pagar e, la porli
via senza effettuarne il pagamento. È stato pure deciso fAri-
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na l i Toscani XX , l, 9 9 ) non essere aggravato il furto
per la presenza del proprietario se f u coinmesso mentre i1
proprietario dormiva. Del resto la stessa Corte nel 1855
fAnna l i Toscan i XVII, 1, 1006) giudicò saviamente che
decidere sul concorso della presetite qualifica era questione
di fatto e non di diritto.
F u ~ i o o n d e s t r e z z a .
È singolare che men tre il codice Toscano ed altri
codici contemporanei fanno del furto con àestrezga
un furto aggravato, le antiche pratiche italiane'e
germaniche (1) consideravano come meno grave il
furto dei borsaiuoli e lo punivano con pene straor-
dinarie e piii miti. Anche questa variazione risale
a parer mio alla causa che trovammo in tante al-
tre.Fu la pena di morte improvvidamente minac-
ciata contro il furto che costrinse gl' interpetri atrovare delle attenuanti dove noi troviamo delle
agg ravanti. Di ciò si deve il biasimo ai legislatori,
e lo elogio agl' interpetri: ma bisogna concluderne
che la teorica del furto non ha sicura guida nelle
dottrine dei pratici, i quali la costruirono più col
cuore che con la mente, e deve dalla scienza mo-derna essere rinnovellah.
(1) Pare indubitato che Is pena di morte anche ne i tempi
del maggior rigore contro i ladri non si applicasse mai ai
borsajuoli:hI
ul I
e r ond
S t ru
vi11m 8yntagona juvi s ciui-
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- 75 -lis exercit. 48, tites. 25, lit. p.- a r p z v i o jztrisp rz~-
d e n t i a p a r s 4, constit. 53, def. 7, n. 8 - 1 a r p p r e C h t
àecisio 6,n.12 - B e r l i c h i o co nclu s. p r a c t . p a r s 5,
conclus. 46, n. 19.Non si comp rende b ene il principio giu-
ridico al qua le si rannodasse cotesta pratica: ma la m ede-
sima S comunemente attestata come vigente in vari paesi
del17Alemagna e se ne adduce a tutto criterio la dificoltà
di provare il corpo del delitto. Altri però insegnarono che
i borsajuoli si dovessero punire alla pari di ogni altro autore
di furto sen~plice: H e i 1s t ruc ta tus c r im. cap . 6, S. 57.
Nè mancò an che fra gli antichi chi sostenne doversi a que-
sta specie di ladri irrogare una pena più severa; e trovo
fra questi l? a r ì n a C C i o pr ax is quaestio 157, p u r s 1, n. 30 .
E nello erudito libro del T o s e l l i intitolato Ce~ztzi u1 foro
Cri?)iinale Boloynese vol. 1, ciy. 15 , trovasi ohe nell' an-
no 3317 fu condannata ad essere arsa viva una donna oome
colpevo le di borseggio. Convinta la prima volta di questo
reato era stata conda nnata alla frusta: ricaduta n ello stesso
reato fu sottoposta alla suddetta pena ex vigore nrbitr i i
nobis concessi.
Già notai di sopra (9.2024, nota 2 ) come i Ro-
mani, ed i pratici dopo di loro, distinguessero i ladri
di che adesso parliamo con nomi particolari (i) se-
condo la diversa forma con la quale esercitavasi la
loro meravigliosa destrezza, p ra col mezzo ( come
in quei tempi credevasi) di arti magielle , ora del
taglio delle tasche, ora della semplice agilith deile
clita. Questi nomi d istin ti sebben e qua e là ripro-
dotti anche oggi nel linguaggio volgare non hanno
influsso giuriilico: oggi comunemente si designano
costoro in Toscana col nonie di borsajoli, ed in a'-
tre parti d' Italia la form a del loro delitto chiamasi
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bo~seggio; mentre poi nel linguaggio legale si de-
signa col titolo di ficrto co.12 destrezsn. La ragione
dello aggravamento ci deve dettare le conclizioni
particolari del medesimo. Tale ragione sta in questo
che il borsajolo mostra un rudimento particolare,
uno studio, una proficienza, un' abilità, che quantun-
que perniciosa è spesso mirabile. Ciò da un Iato ri-
vela ima determinazione a delinquere, un' abitudine
a far mestiero del furto, che porta il dolo al som mo
su9 grado: e dall' altro lato presenta un pericolo piìl
grave e più esteso in tutti i proprietarii, poichb in
faccia a cotesti mariuoli non B più guarentigia ba-
stevole della proprietà nostra il tenerla in dosso ehen riposta nelle nostre tasche. Che se spesso que i
mariuoli scelgano a loro vittime i più gonzi e stu-
pidi, talvolta per6 riescono anche a danno di per-
sone accortissime e vigilanti. Lo aggravamento tro-
sra dunque la sua giustificazione in faccia a tutte
le scuole (2).
cieitnc Rotlie tom. 2 , prrg. 135- a n g l e u s se~nestrirt/?r
l ib. 8 , cap. 4.
(2) I3isogna per0 guardarsi dallo accettare come regola
assoluta che 13 ri-inggiore clstuziu matii~estata al ladro rrieriti
sem pre uno aggravam ento di pena. Questa formula indefini-
tamenle usata da alcuno è vera soltanto quando la mnggiore
iisLuzia del ladro produce l'effetto di rendere inutile la tu-
tela privata dellb propri età. Laondo un' asluzia p artico lare
iisnla dopo i l furto per n ascondere le cose rubat e rioti po-
trehbo tenersi come aggravante..
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Ma appunto per cotesta ragione vengono a pru-
nunciarsi le due condizioni necessarie a tale qua-
lifica- .' che ii furto cada sopra oggetto tenztto in
dosso (1) dal proprietario - .' che il furto sia com-
messo con sola ciestt*ezm. S e ii furto cade soma
oggetti che erano soltanto uicinni alla persona 'del
possessore, m a non sulla med esima, potrà nascere
la qualifica della presenza del padrone, ma non
quella della destrezza; appunto perche in tale ipo-
tesi occorre audacia, ma non abilità particolare. Se
poi la cosa di dosso al padrone fu tolta non per
sorpresa ed arte ma per violenza, sparirà anche una
volta la qualifica della destrezza per far luogo ai pii1
atroci titoli di rapina o di furto violento.
(1) Non sare bbe furto con d estrezza la so ttrazione di tiri
oggetto che si trovasse sopr a un animale domestico d~ no-
stra proprietà. Questa osservazione mi richiama alla mente
una specie particolare di ladri ch e meritarono provveclimenti
eccezionali iiell' antico r eam e di Napoli, e ch e potrebber-o
dirsi pelacode. Una pragruatica napoletana del 15 gen-
najo l 5 97 prese a considerare- vi - hc in qtteslo fe-
delissima Cit tci di Napol i d a molt i s i d inventato ( l i
.andare pelando le code a cava ll i per vetzdere poi i peli
di esse cc pescatori i n grave interesse de' pnclro~zi d i
quelli prlr essere le code cc det ti cava lli grccndissi)~zo rnri-
menlo. Al seguito di che con ,voto e pcrrere del Regio Colla-
tera l Consiglio fu niinacciata la pena di tre anni di galerri
contro - vi - uultinqtic pcrsojzn che ar di sc a o presttlna
di pelare dette code (1 : predeit i ctcunlli; raccomandando di
pi ù a i i ìIc~g~zi / ìcieggitori e Giudici del la Gr an Cor te t le l ln
VOL.IV. i2
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Vicn rin che debbono tenere pnrlicoliir pensiero della 0s-
seruanza tlel presente bando. Quando parlai di sopra del
furto della cosa minin.ln dimenticai di allegare questo esem-
pio; clie davv ero non potrebb e trovarsi cosa più m inima del
furto di un pelo. Vedasi questo bando in A l f e n o V a r i O
prugtrzuticae snnctioltes vol. 2 , tit. 85, prcty)n. 4 . (Juesto
furto oggi, avendo mancato i nostri legislatori di provvedere
alla sicurezza delle code, sarebbe semplice a meno che non
si operasse mentre il proprietario S sul cavallo, nel qual caso
potrebbe offrire un dubbio la qualifica desunta dalla presenza
(le1 proprietario. Vedasi anche Ia nota 1. a S. 2225.
E singolare clie per una abituiline quasi istintiva
del basso popolo tutte le volte che in una fiera o
c1oncorsopopolare viene sorp reso un borsqjuolo nel-
lo esercizio del suo mestiero, la plebe gli piomba
addosso a malmenarlo di colpi. Pare che questo
brutto uso non corra soltanto fra noi, ma anche in
CTerinania, poiclih lo vepgo riprovato ddl' 11o m-
111 e l 1~ita21socliue bserv. 104. Al~ponoi ho potutoverificare clic a tale procedimento B spinto il volgo
clalla credenza (cosi mi B stato risposto) che ai bor-
s:ijuoli la giustizia non fa niente, e però bisogna
dic il popolo dia loro una lezione. & questa forse
la credenza per la quale ho vecluto spesso anche
persone oneste riclerc con indifferenza a tali spet-
tacoli di furie popolari. Utilc O dunque che qucsta
fì~ggia i furto sia colpita con pene cli qualche dri-
rata, pcrchb poco b a sperarsi dalla correzione di
clii avendo sacrificato sttidi particolari ad erudirsi
nell' arte di dcliticjricre trova repugilanza acl aljban-
cionariie le praticlie. I1 codice Toscano pei combinati
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- 79 -disposti delle art. 376, e de l lhr t . 377, let. i e 378,
S. $1, aggiunge alla pena del furto semplice un au-
mento di carcere non minore di un mese, ne riing-
giore di un anilo (1). I1 codice Sardo lo prevede
aU' art. 623 e lo colpisce con auinento di carcere,
ordinando che la medesima non possa essere niai
niinore di un anno.
(1) però specia le nel codice Toscano clie la aggravante
della destrezza non la considera traane quando il furto siil
corninesso in luogo e tempo di popolare concorso; cosicchkil borsajolo che accostato un cittadino pe r via solitaria o nel
suo domicilio allegando un preleslo per trattenerlo a discorso
g17involi un oggetto di tasca, incor re 1' aggravante della pre-
senza del proprieiario rria non quella del borseggio.
P u , ~ t o i o l e n t o .
Quando il uia1vagio che agogna arricchirsi sullaroba d t ~ u i ceglie per giun gere al pravo fine il
rnezzo della ~~ioleilzaulla persona del proprietario,
egli inilubitatamente d i opera acl un malefizio, che
cluanclo anche non abbia recato efritchi dccnni allci
persona offesa (lesioni o scoiic~rtidi salute) prc-
senta pur scrnpre caratteri trasconclenti (1) di gr:t-
vitu. In primo luogo vi senipre la offesa cli c lrr t i
diritti, o hrse cl i tre, perche 1 aggressore oltre ;id
attaccare il ilirittu cli prol~i'ieli~,rilznomette coiiic.
iilezzo per lo meno il diritto (li liberth individrinlc,
e ilualdie volta ancora il dii~itto dclla iiitegritit
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personale. In secondo luogo c? innegabile che per
cagione di tale mezzo la potenza della difesa pri-
vata viene ad essere grandemente menom ata equasi distrutta; onde ognuno sa ed ognuno sente
che i furti violenti eccitano massima costernazione
e singolare spavento nei c ittadini, si perchb ternesi
della propria personale sicurezza, si perchh in faccia
alla probal~ile ipetizione di simili fatti non si trova
nella propria vigilanza e nelle forze private gua-
rentigia sufficiente alla tutela delle proprietà. Nelfurto violento e w i inoltre questo di speciale che
la tenuità del tolto (2) fa un giuoco tutto diverso
dall' ordinario. Se ne attenua, c? vero, il danno im -
mediato e cosi la quantità naturale del nialefizio ;
ma il danno mediato, e così la qaantitk politic? del
medesimo, se ne accresce di tanto di quanto climi-
nriisce il valore del tolto. Anche qui riscontrasi uiia
delle appIicazioni che mostrano ijlIace la teorica
della spinta. Come nell'omicidio la levità della cazbsa
aggrava anziche diminuire la quantità politica del
reato, cosi nel furto violento la esiguitk del valorene accresce la quantità politica per la maggiore
diffondihilita del danno mediato. Se in fatti si eser-
citi violenza per un lucro di parecchie migliaia di
franchi, il ma ggior numero dei cittadini che non
arrivano a possedere tanta somma si tranquillizza
nel pensiero che i loro piccoli averi non possano
offrir e seduzione bastevole a tanta scelleratezza.Ma
se invece la violenza s i usò per la miseria di pochi
franchi se ne spaventano i poveri, e se nc spaven-
tano i ricchi, di facile a rgom entando potersi fare
piìi alacremente per molto ciò che per poco e nie-schino lucro fu fatto . I1 criterio della violenza B
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clunque assorbenfe.'Esso riceve, è vero, incremento
clal concorso di altre circostanze, come il numero
dei ladri, la ?mite, le armi (3), la invasione del
dm i~icilio, simili: ina non tollera modificazioneper
la tenuità del valore sottratto.
(1) K ock f ins l i l t i t iones lib. 2, cap. 1, S. 188) opinb che
i soli furti violenti dovesse ro dirsi qualificati. Lo confutò pe r
tillro H o m m e l nella dissertazione d e fitr to qualif icato
~ ~ o t trnzato.(2) C r e ni a n i (d e j u r e c r l ~ n .ib . 2, cap. 7, cirt. 2, Cj. 2;
Ca r m i g na n i fElemcnta S. 1507) e G i u l a n i f l s t i t u z i o n i
2901.2, pag. 532) ripeterono che uel furto violento non ha im-
portanza come criterio misuratore la qaaritilh del tolto. lo ac-
cetto questa dottrina, ma dico di più che nel furto violento
la tenuità del tolto diviene circostanea aggravante come lo
diviene nello assassinio la tenuith della mercede.
(3) Sui cara tteri della violenza qualif icalric e del fur to rioii
furono concordi i criminalisti aleruanni. Alcuni insegnavano
non potersi aver e furto violento se i ladri non erano armati:
11 e r n h s r observat iones tom. Il, p n r s 9, obser. 182,
png. 556. Altri invece sostennero non essere al furto violentonecessario il requisito del le armi : L e y s e r s tedi tnt io nes
i» pande ct . specinaen 535, nledilat. 11. In questa disputa
pare che esercitasse influenza la incertezza della nozione del
fur to pericoloso, sulla quale gih dissi al S. 2109 nota. Ve-
dasi ancora W e i t t e n a u consil. 3, n. 4 9 , 5 0 , 51, 52,53,
54. Dalla confusa nozione della violenza è nata la incertez-
za nella quale caddero alcuni moderni sul definire il furto
commesso al mezzo di cloro, o di datura stramonia, con cui
siasi privato dei sensi il propri.etario al fine di derubarlo.
Alcuni dissero che questo era un caso nuovo. Io niente esilo
a ravvisarvi u n furto violento. Tutte le volte che una forza
fisica ha ridolto a niente le forze individuali del proprietarioonde iinpedirgli di opporsi al furto, ed il fine si B per tal
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guisa raggiunto, io non veggo come possa dubitarsi de l con-
corso di una violenza. La fisica azione del c loro e della da-
tura non differisce sotto il punto di vista giuridico dalla azione
fisica della fune con la quale il proprietario siasi legato: rsi l ' una che 1' altra di tali forze paralizzatrici della polenza
di resistere sono state poste in esercizio dalla mauo del laclro
R fine del furto.
S. 21 19.
Ehbero dunclue buona ragione tutti i legislatori
se si mostrarono specialmente severi contro il @t?*-
i o violento; ina in questa severità si venne ad ec-cesso quando si conservò contro i1 furto violento la
pena di morte. Ciò nelle antiche leggi altro non era
che l' applicazione di un falso principio generale,
per cui il reato di furto purchè si aggravasse di
poco er a colpito ilello estremo supplizio. Ma poiche
la civiltk e la scienza ebbero fatto riconoscere co-
desto errore nella generalità dei furti, fu erro re più
grave eccezionare iiella abolizione della pena capi-
t'ale i furti violenti, per quanto la eccezione si li-
initasse al concorso di altre circostanze aggravanti,
come neli' ar t. 381 del codice Francese, e nellalegge toscana del 1816. Ciò fu una ingiustizia ed
uno sbaglio politico. Fu una ingiustizia perchb si
vennero a punire ugualmente di morte due delitti
immen samente disuguali fra loro, quanto lo sono
la uccisione e la violenza a fine di rubare: fu unosl~agliopolitico perchb si diminui per t al guisa la
privata sicurezza spingendo i ladri violenti alla uc-
cisione del proprietario (1).
(1) Vi vuol poco a comprendere quanto sia potente in un
ladro clie scese alle violenze contro il proprietario lo inte-
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resse di distruggere il tesfirnonio che potrh riconoscerlo irifaccia alla giustizia,per non sentire il bisogrio di ar rr sk ~ re
la mano micidiale con un rincaro di pena. Cib non fii ~ e d u t o
dai legislatori francesi del 181 0 che al l5 rt . 581 punirono rli
inort e nel concorso d i altre asg ravanfi il fiirlo violento. Lo
compresero i riformatori del 1802 che nel nuovo art. 381
sostituiroi~o lla pena di inorte i l ar or i puhhlici a vita. 4Ia
questo non ser vi ad impedire che in Lucca, dove ci mante nne
il codice francese del 1 81 0 fino al 18 48 in tutta la sua feroce
purità, si decapitassero nel 18 46 in un sol giorno cinque rei
di furti violenti che non avevano tolto la vita a nessun pro-
prietario. Vizioso sempre accettare una legislazione da paese
straniero; ma imperdonabile la ostinazione di no n correg-
gerla quando lo straniero da cu i l'abb iamo accattata ha crc-
diìfo doverla egli stesso correggere.
La uioletz~u i costituisce cosi dail' uso di forza
fisica, come dall' uso di forza morale : anto è ellesiasi afferrato il proprietario, rinclriuso in una stan-
za, o percosso, o cinto d i lega mi perchi? non impe-disca il furto; tanto è clie al medesimo fine si sia
posta una pistola al petto di lui od in altro modo
siasi voluto spaventare : sul che è da notarsi che la
violenza si giudica piuttosto obiettivamente elle su-
biettivamente. Se (a modo d i eseil-ipio) si minacci0
con una pistola elle fosse vuota , la violenza rim ane
pu r sempre; poichè il proprietario nzinacciaio, ignaro
ciella innocuiti, di ciuell' arnw, dovette spriventarsenc.
La giurisprudenza su questo proposito ha usato
di una interretrazione larghissima (I ) applicando i
titoli di furto violento e d i edo rsioi~ e anche dovela m inaccia non e ra esplicita, o non conteneva realtzi
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- 84 -di pericolo, purchè in fatto avesse commosso l'ani-
mo del proprietario per guisa da indurlo a patire
il furto senza resistenza.
(1) Di tale larghezza mi piace ricor dare uno eseuipio. Un
celebre masnadiero denominato Stoppa infestava le campa-
gne toscane ed era il terror e della nostra marem ma pe r l e
moltissime stragi da lui commesse. Si giunse finalmente ad
arrestarlo, e la giustizia di Dio lo colse nella prigione prima
ch e lo colpisse la giustizia degli uomini. Ma intan to ch e eglistava nel carcere, un malandrino si presentò solo e senza
armi alla casa di un proprietario di campagna. Introdottosi
a parlare in privato col padrone gli disse ques te sole parole:
io sono Stoppa, sono fuggito dal cnrcei.e, ed ho bisogno
d i danaro . Niente di brusco nei suoi modi, i quali anzi fu-
rono affettatamente cortesi. Il proprietario gli diede un cento
di lire, ma il malandrino con un'altra reverenza osservò che
gli erano pochc, e il proprietario dovette dargliene quante
ne volle. Scoperto ed arrestato costui, nacque grande disputa
nei nostri tribunali sull' argomento della violenza. I1 proprie-
tario ne escludeva qualunque accenno , ma soltanto depose
di essersi trovalo tutlo compreso da terrore nel p ensar e cheegli era alla baiìa di quel famoso masnadiero. La magg ioranza
ritenne il concorso della violenza così subiettiva come obiet-
t iva: snbiettiva perchb ritenne ch e il colpevole si fosse dato
il nome di Stoppa a bella posta per incuter terrore: ohiet-
tiva perchè realmente era riuscito ad intimidire, e con la
intimidazione commettere il furto. Questo esenipio ri trae nei
suoi ultimi terminl il criterio della violenza.
La violenza incontra naturalmente un subalterno
criterio misuratore nella maggiore o minore gra-vità, degli effetti che essa abbia recato a detrimento
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clella persona. Più grave se produsse lesioni o scon-
certi nella salute ; e tanto più grave quanto piìt
serii furono cotesti danni. FinchC peraltro i mede-
simi non giungono alla strage del proprietario sic-
chi! ne swga il titolo di latrocinio (g. 1190) il
reato non muta mai classe: rimane il titolo di furto
qualificato dalla più grave fra le qualifiche in ra-
gione dello attacco ai diritti personali che gli è
servito di mezzo; ma non si considera m ai che il
mezzo superi il fine, perche se volesse osservarsia ciò vi sarebbe una continua fluttuanza di titolo;
cosiccli8 per alt ra differen za col latrocinio la con-
sumazione (1) del furto violento non s i raggiu nge
con le sole violeme, ma col rubare.
(1) Esercitale le violenze sopra il passeggiero al fine di
rubare a suo danno, se avviene poscia che i malandrini non
trovitndo in dosso a quello che pochi soldi lo lascino senza
prendere neppure questi, si avrà o no il titolo di tentativo
punibile? Si potrà dir e che in quanto alla somma ch e non
esisteva nelle tasche del passeggiero il tentativo manca neisuoi elementi per la non esistenza del soggetto passivo? Si
potrà dire che in quanto al denaro che il passeggiero aveva,
i l tentativo non punibile perchb rimast o tale per libera vo-
lontà. del colpev ole? L' uno e 1' altro aveva affermato la camera
delle ac cuse di BIodena. Ma il Pro cur ato re del Re ave ndo at-
taccato il decr eto avanti alla cor te di Cassazione di Torino, que-
sta con sua senteuza del 6 febbraio 1866 inserita nel giornale
la Legge n. 43 de l 1866, cassò il dccreto, (3 dichiarò che ai
termin i dell' art. 96 del codice Sardo esiste tentativo punibil e di
grassazione ancorchè il viandante non abbia denari in dosso.
La Cassazione ritenendo il tentalivo sanzionb a mio creder?
un er ro re giuridico renduto nec essario dal linguaggio del co-dice Sardo. Aveva errato la Camera di accusa rinviando gl' in-
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quisili d;i ogni persecuzioiie peiiale. Il teiitativo mancava degli
clementi giuridici per la più ricevuta dottrina e per l e di-
slinzioni che esposi nel mio opuscolo Co?zalo complicitci
pny. 56, 59; ma il fatto restava punibile coine violenza con-
tro le persone.
f3. 2122.
l?, chiaro da ciò clie la violenza può senza dub-
bio esser tacita, e vale 1 istesso. Ma potrà egli ri-
conoscersi rina qualifica nella violenza preszc?zta?
Per regola io persisto a non ammettere in penale
la parificazione del presunto al tacito: mmetto per6
che la violenza presunta possa in qualche caso co-
stituire un' aggravante per disposizione speciale di
legge, purchè la pena non si elevi mai alla pari di
quella sancita contro il furto violento. Di ciò ne trovo
due esempi clie mi paiono meritevoli d i essere a
questo luogo notati.
I1 primo esempio B nella delazione di arm i palesi
o nascoste per parte del ladro. Quando la violenza
fu realmente esercitata, l' arme (come ho detto) po-
trà essere un' aggravante della qualifica. Quando fu
brandita sarà un elemento di violenza tacita, da
equipararsi alìa espressa. Ma quando il ladro altro
non fece che delare l'arme (i), troppo si correrebbese in ciò si volesse tosto trovare un criterio di vio-
lenza. vero che lo essere il ladro munito di arm efa sospettare un pericolo che possa corrersi dal pa-
drone in caso di sorpresa; ma non può anzmettersi
la induzione che se il ladro aveva seco un' arme,
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clunilue crceiicc 232 aliir110 di usare violenza. In ]vi-
mo luogo non B accettabile questo ragionam eilto se
volesse adeguarsi l' animo di usare violenza con In
violenza realniente usata, assimilando in tal guisa
la mera intenzione (ed anche la intenzione suppo-
sta ) al fatto iuateriale che solo foima l' oggetto
delle sanzioni penali. Inoltre k fallacissin~acotesta
argomentazioi~e,o per lo iueno abbisogna di mol-
teplici clistinzioni. Bisogna clisting uere se l' arm a
era tale da m os tra ~e lie il ladro se ne munì conapposita determinazione, o t d e invece che ei la re-
casse seco per abituiline, o pe r qualche sua occor-
renza, come avviene spesso di un fucile o di un'ar-
nese rusticale. Bisogna distingue re se il furto fu
preorclinato o naccpe per occasione imprevista, conic
nella ipotesi di un cacciatore clie girando in cerca
(li preda vegga una casa aperta, e vi entri e pren-
da un qualche oggetto. In una parola io penso che
costituire della m era delazione di un' arm a una
qualifica costante del furto senza il concorso di altre
circostanze, sia cosa piena di g randi pericoli perla giustizia.
(1) I-lo già notato di sopra come rimanessero confuse in
Germania per le antiche coslituzioni la nozione del furto vio-
l c l t to , e del [urto pericoloso. La denominazion e di fur to pe-
ricoloso si era mantenuta dal codice di Baviera del 1815 al-
l' art. 221 che lo applicava alla banda, alla effrazione, alla
chiave falsa, alla scalata, e alla presen za d'arm i, invas ione
notturna di domicilio, e rottura di sigilli pubblici. La con-
serva pura i l codico di Boden al $. 581 che la applica a casi
simili agsiungendovi quello in cui il ladro si fosse introdotto
in un luogo tale che essendovi s orpre so non si sar ebb e po-tuto inro larc. Da ciò è chiaro che in sostanza il concetto di
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tale qualifica B quello di una violenza presunta, o piuttosto
inlenz ionale, in quanto si r itiene che il ladro siasi accinto
al furto nel preconcetto di usare violenza. Su tale idea parmi
che in generale si ragionassero le sanzioni che della sola
delazione di arm i costituivano la violenza: poichè ben alt ro
è dire che del furto violento la delazione o l' uso di armi
sia un' aggravante ulteriore (lo che è iutuitivo) e ben allro
è dir e che la presenza di armi renda violento il furto anc he
dove violenza non fu di fatto adoperata. klolti negarono ch e
11 solo possesso di un' arm e bast asse a qualificare il furto,
e distinsero tra furto cum gestatione a r m o r u m e f ur t o UV -
matn manu : a r p p r e C li t decis. 1, n. 58 et seqq.: ct
decis. 21, n. 26. Ma parecchi statuti procederono senza
distinzione a conside rare corno elem ento di violeriza pe r
parte de l ladro il possesso di ar mi ; e il codice Austriaco
S. 174, . parifica alle armi gli strumeriti pericolosi nll' nl -
t ru i s i curez za . Allora fu necessario introdurre delle dislin-
zioni; e così f u dello che sotto tale qualifica uo n cadesse il
ladro quando sorpreso dal proprietario si era munito d i armi
trovate sul luogo: N i s s e n de fu r to trrmato pag. 5 , $. 2;
sul che peraltro dissentiva I' antica pratica toscana: Anna-
la' Toscani XIII, l, 842. Così dovette dirsi che 1 uso di
arme non qualificava il furto di animali commesso nel par-
co altrui ( H a r p p r e C h t consil. 28, n. 24 et seqq.J perchè
I' arme era strumento necessario a commettere il furto
uccidendo gli animali. Vedasi N i c c o1 i n i questioni di diril-
to pard. 9 , cap. 9.
S . 2124.
Un altro esempio di violenza presunta lo trovo
nel codice di Malta ali' art. 256, n. 6, dove si ag-
grava la pena del frirto quando sia caduto sopra
oggetti che recava in dosso un fanciullo al disotto
di nove anni. Evidentemente q uesta disposizione
non 8' ispira ad altro concetto tranne quello della
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violefi$a presunta. I1 legislatore maltese vide in si-
mile fatto un abuso di forza quantunque violenza
reale non si fosse usata, e lo punì coi lavori forzati
da sette mesi a due anni. Riseterò peraltro a que-
sto proposito le osservazioni da me fatte nell' argo-
mento della violenza carnale al 9. 1493; con que-
sta avvertenza però che la reluttanza fisica del
bambino avverso chi lo spoglia delle vesti o degli
oggetti che reca in dosso può con facilità presu-
mersi, meglio assai che la resistenza a carezze chelo allettano.
5 , 2125.
Una questione che ha diviso le opinioni dei giu-
risti sorge nel caso della violenza che il ladro ab-
Inia adoperata quando sia stato sorpreso dal pro-
prietario nell' atto dell' asportazione delle cose in-
volate. Molti aderendo al rigore dei principii sosten-
nero che dovendo ormai riconoscersi la consuriia-
zione del furto nella sola contrettazione, il ladro
che già si allontanava col bottino in dosso sefri
colto per via e resisi8 al proprietario non potb ag-
giungere una qualifica al delitto giA compiuto, es-
sendo repugnante che un reato si qualifichi per un
accidente posteriore alla propria consumazione. Altri
osservi, ancora che il più delle volte questa resi-
stenza in caso di sorpresa procedeva dal timore
per parte del ladro di esser vittima di offese, o con-
segnato alla giustizia. Laoncle concludevano doversi
giuclicare i due fatti distintaniente: punirsi ci08 co-
i ne due delitti separati il furto senza la qualifica
della violenza, e la violenza successiva come delittocontro le persone secondo la sua speciale gravitti.
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Forse in faccia alla verità antologica questa dottrina
era piU esatta. hla generalmente prevalse (l ) unadistinzione: e si disse che il furto dovesse punirsi
come violento anche quando la violenza era avve-p
nuta dopo lo impossessamento, tutte le volte che
resultasse essersi la medesima usata. ilal ladro per
il fine di mantenersi nel possesso clelle cose rut~a-
te. Divers:imente doversi dir e quando (la al tra ca-
gione o per altro fine il ladro avesse usato violenza
contro il proprietario. E questa fu la opinione ac-
colta dal codice Toscano all' art. 389 lit. 71.
(1) Un giu dicato clellii Corte di Cassa zione di Tori no de l 1
ottobre 18UG in teiila della grassiizione prevista dal codice
Sardo agli art. 596 e 600, ha stabilito una n~assirnache in
generale sarebbe accomunabile a tutti i furti violenti: ciol!
che pe r incorrere in quel titolo de ve constnra essersi i ladri
recati ;irubare col preordinato divisamento di usare violeiizii
nel caso clie fossero stati sorpresi. Altrimenti se i ladri al
sopraggiungere del proprietario usarono violenza contro cli
I i i i , doversi ritenere che la violenza fosse usata (cluantunque
asportassero gli oggetti) al fine cli difendere le p ropri e per-
conc, e noti di commettere il furto. Questa dottrina pre sain senso assoluto piiò sem bra ro ardita e pericolosa: e per
lo meno de via dalla dottrina pratica comune. Clie noti possa
obiettarsi la qualifica di violento al furto se la violenza non
f u usata a l fine di appropriarsi le coso altrui , b regola apodit-
tira. Clie quando alla violenza si fecero dai ladri preparat ivi
i t n l e ~ i o r i i debba ritcn ere che la violenza fosse preordiniitn
coriie mezzo a1 furto, B parimente una regola coiriprovala
dalla logica cong ettu rale . 1iiIa c h e que sta ultima regola poss:i
rovcsci;irsi e stabilire ciic la violenza conimossa per moto
improvviso e pe r imprcueduta sor pres a rion qualifichi iriai
il fiirto, pu ò essere argome nto di grave dispiita. Certo b che
tale questione riducrsi at l una apprezzazionc d i rutto, e la
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scienza quando ha detto che la issa nata a d occasione del
furto non Io rende violento tutte le volte che ebbe causa
diversa dallo intendimento di consumare la asportiizione, ha
esaurito il suo compito e bisogna che lasci alla prudeuza del
giudice la valutazione delle contingenze che conducono al-
l'app licazi one della regola. Così trovo a tal fine p ortati in
calcolo eziandio la indole irascibile del ladro, 13 niniistà, e
la tenui ti della cosa involata come argomenti esclusivi del
furto violento. Così la Corte di Cassazione nel 22 settem-
b r e 1855 ( Anna l i Tosc a n i XVII , 1, 901, 902) decise che
quando il proprietario oltre le cose a lui involate dal ladro
volesse togliergli altre cose che erano di sua pertinenza, si de-
ve presumere che il colpevole usasse violenza per manle-
nersi in possesso delle cose pro prie e non dell' altrui. il poi
chiaro che la violenza deve essere esercitata contro il pro-
.prietario od altri che legittimamente procedono al recupero:
se i più ladri vengono a rissa tra loro nel repar to delle cose
fiirtive, quantunque sia violenau usflto p e r n ~ u n t e n e ~ s i) z
possesso, non sorge il titolo di furto violento.
Del resto pacifico fiia i dottori che il furto vio-lento non si elimini per la circostanza die il ladro
avesse odio o grave nimista contro il derubato, c
dica che se rubh per aviditk egli percosse però per
vcncletta e non per facilitare il furto. l$ntuitiva la
ragione che respinge cotesto sistema defensionale:
la cjualifica si desume dal t i l e s o e non dd le acci-
dent:~lit&dcll' c~~z1'9izo ell 'agente ; cosi le condi-
zioni ontologichc assorbiscono le considerazioni ideo-
logidlc. Trovo soltanto nei pratici che si è avuto
uli riguardo iiclln punizione qunnilo il furto vio-
lento era coilimesso da l rriarito a danno clell' ndrrl-leio da lui sorpreso iri. flagranti (1).
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- 92-(1) Sulle conseguenze civili di questa contingenza vedaci
H o m m a l rhapsodiae observnt. 795.
I1 furto violento si punisce dal codice Tosc;i-no
con la casa di forza che pnO estendersi (a rt . 390)
da otto anni fino all' ergastolo secondo le accessorie
circostanze che lo accompagnarono o la gravità dei
resu ltati della violenza. Al codice Sardo non pos-sibile tener dietro in questo argomento, perchb con
le due nozioni della depredazione e della g~assn-
,"ione, create dal medesimo in guisa che non trova
accordo in nessuna scuola, mescola insieme le va-
rie forme di furto che in questo capitolo esponiamo,
per guisa che non offre modo di combinarle con
le configurazioni più generalmente ricevute nelle
nostre scuole.
T I T O L O V .
E s t o r s i o n e .
Se la parola esto~~sionei prendesse nel suo si-gnificato volgare noi vi troveremmo soltanto un fio-
vte del furto violento senza vederne sorgere unadistinta fisonornia giuridica. Infatti nel comune lin-
guaggio si applica il nome di furto a colui chepi-
gZia d a sB: e se per pigliare più liberamente usa
violenza al proprietario, si dice violento il furto;laddove la csto~sione i ravvisa quando il ladro in-
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vece d i piglia?-e da sè cost~~ingel possessore a &T-
gli la cosa. Ora comprende ognuno come fino a tanto
che tutta la differenza sta nel pigliare o farsi da-
g.e, ma la cont~ettazionedella cosa è contegrq~oln-
Pzea alla violenza esercitata, sia impossibile trovare
una ragione giuridica per tener separate le due
ipotesi e farne due titoli distinti. Tanto è che il la-
dro mentre porta la mano nella mia cassa m'im-
pedisca con una pistola impugnata di respingerlo ;
tanto è che con la pistola alla mano m i sforzi a
prendere io stesso nella mia cassa il denaro e farne
a lui la consegna. Non i: dunque in codesto senso che
può dal giurista concepirsi la figura della cstwsione.
L a esto~*sioneel senso giuridico odierno (1) trag -
ge i caratteri della sua specialità da uno interuallo
di t~mnpoche debba trascorrere (sia pur breve) fra
la minaccia di un male e la sua esecuzione, oppure
fra la minaccia del male e lo inipossessamento della
cosa. Per aver furto violento bisogna clie il laclrcsabbia detto o d c ~ ~ ~ z m ia cosa o t i zcccida, oppure
abbia con la forza fisica costretto a dada : per avere
la estorsione bisogna invece che il ladro al~ bi a etto
o d u ~ ~ r w ia coscc o t i zcccicZevò, o vado a b~z~eiCC?"W
la casa, o simili, oppure abbia detto pronzelli cZi
cl~cm~niia cosa o t i zcccido. In una parola il male
i??z??zine?zle la, contem poranea locuplctazione costi-
tuiscono il fur to violento : l male f u t w ~ ~ la locu-
pletazione flctura costituiscono la cstorsione. L a ra-
gione dclla diffcrcnza sta dunque in qtiesto, che
quando il m d e minacciato è imilizinenle e In con-VOL.IV . 13
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- 94 -t,rettnzione è contelirporanea il medesimo è sernprc:
inevitabile, e bisogna dare o patirlo: quando invece
il male B futuro o futura la perdita della proprieti,
vi e un interva llo di tem po che lascia possilsilit,k cli
evitare il male minacciato senza perdere la roba.
E perciò che nella più esatta nozione della estor-
sione al male futuro minacciato alla persona si equi-
para il male imminente ininacciato alle proprieta,
appunto perche non 6 uiai tanto inevitabiIe quanto
qriello che si minaccia allo individuo dalla manosovrastante del malfattore.
(1) La estorsione se si cerca nel diritto romano fa capo
al c rime n vis: e questo dà occasione alle note dispute c irca
al criterio di sceveramenlo della violenz a pri va ta dalla vio-
le nz a pubblica, del quale già parlammo addietro al S. 1560,
e dovr emo anc ora tornarvi quando parleremo della violenza
pubblica. Questa idea fu riconosciuta anc he dalla Carolina
art. 128 e 129: e influì ancora sopra alcuni codici moderni,
come sull'Austriaco al S. 98 let. a, pel qu ale si è introdotta
la formula di violenze pubblica a m e z z o d i estorsione.
Al nostro modo di gua rdare le specie criminose repug na
codesta formula, e adottiamo invece la opposta di estorsione
a l m e z zo d i violent a, che ci pare più esatla perchè vera-
mente la violenza è il ntezFo e la estorsione è il fine. Laonde
secondo il me todo della scuola di C a r m i g n a n i classando
sempre i reati secondo il fine lr anne quand o incontrisi pr e-
v(11enza di gravità obiettiva nel me zz o sop ra il fine, no i
collochiamo la estorsione fra i delitti contro la proprietà
(liiiìndo si consurnb al mezzo di violenza privntn, lo che è
il ciiso più ordinario; salvo poi quando fosse commessa al
rnezzo di vio len za pubblica a rispettare la prevalenza de l
rnezzo sul fine referendo il fallo ai delitti soci;ili, e precisa-
rnente al titolo di violenza pubblicn, percliè nel nlezzo vi
B 1' ?ttacco di u n diri t lo unive~strle .Così la c l a s s a z i ~ n e
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nostra e la definizione delle fisonomie dei diversi reati i:
coordinata se mp re ad un principio costante di metodo ch e
risparmia molte incerlezze ed un nume ro g rande di equivoci.
Tale è la nozione che ci da di questo titolo il
codice Toscano (1) all' art. 393. Ivi alla lettera a
contempla la forma di estorsione che consiste nella
minaccia di un male imminente, ma con la quale
invece di costringere a dar tosto il denaro si co-
stringe invece a firmare un a obbligazione o conse-
gnare un documento qualunque dispositivo di di-
ritti patrimoniali: ma q uesta prima form a non of-
fre nel codice Toscano che una diversita puramente
nominale, perche il fatto e punito alla pari del furto
violento. Al contrario alla lettera b contexriplti. la
piu p ropria estorsione, facendo il caso clie sia fu-
turo il male minacciato alla persona, oppure siasi
minacciato soltanto un grave danno patririioniale,
oppure si sia simulato un ordine del]' autorità per
costringere altri a dar danaro od altra roba; e que-
sto fatto punisce con la casa di forza, riia in quaiitita
rninore d i quella inflitta al furto violento. E chiaro
per la lettera di quell' articolo clie la violenza esc*
citata oiiile costringore n firmare un docurilento
y~ lobc~ to l~ in2) che non contenga disposizione ili beni
palrinio~iiali, on 6 dal nzedcsimo contemplata e rieil-
tra nel mero litulo di violcnza privata.
(1) La noziont? di qucsto delitto i ii fi~ccia l cotlice Sardo
hisotna rilevarla cornbioando gli articoli 601 e 626, i q u a l i
eiitrrimbo prevedono il caso di un lucro estorto mediante
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- 96 -eccitu~nento d i timore, ment re il primo n e fa nascere il ti-
tolo di estorsione e il secondo quello di fisode. E la conci-
liazione e definizione dei du e distinti casi bisogna desumerla
dalla diversa natura del timore incusso, che per aver e la
estorsione deve referirsi ad uno dei mali accennati nell 'ar-
ticolo 601, od analoghi a quelli ,men tre Io eccitamento di
altri timori u ani od immaginar ii non costituisce che la frode,
Perciò la Carte di Cassazione di Milano il 1."agosto 1865
annullò come incompleta la d ich ia raz ione de i g iu rat i c h ~
rendeva costante essersi estorto denaro con modi atti ad
incuter timo?-e, e la sentenza c he a tale dichiarazione avevaapplicato il titolo e la pena della estorsione quantunque il
verodetto non specificasse quel liinore e quei modi che es-
senzialmente si esigono a cosliluire la estorsione.
(2) Se la intimidazione avesse per fine di estorcere uno
scritto che senza portare obbligazione patrimoniaie servisse
ad offendere 1 onore dello scrivente, parmi chiaro (checchè
op ini C a r n o t code pe'nnl a r t . 400 , S. 7 ) che il titolo di
estorsione non sa re bb e applicabile. Avremiiio una \.iolenza
privata e nienle di più.
Questo delitto B assai frequente tra noi e la sua
forma ordinaria si verifica in lettere anonime scrittecon ordine di depositare denaro od altro in certi
luoghi designati, sotto la comm inatoria di gravi
danni qualora non si obbeclisca. Per la nostra giu-
risprudenza quosto delitto peraltro nel novero diquelli alla consumazione dei quali si esige la coope8-
razione del paziente: perchè se lo intimato non si
imponga della minaccia, e m algrado quella si ostini
s non dar niente, o ricorra alla giustizia, si applica
il tiiolo di estorsioiie tcvztata ( I ) ,
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(1) Le Corti di Toscana hanno sempre applicato il titolo
di esforsione tentata anche quando il minaccialo aveva
fatto il deposito 31 luogo ordinato dopo avere avvertito la
polizia, che aveva procurato l' arresto dei malfattori prima
che potessero impadronirsi del denaro. Così fu giudicato dalla
Corte di Appello di Firenze il 13 novembre 1865 e sem-
pre. Io uno di questi casi accadde una specialità che nientre
ditnostra la dabbenaggine dei nostri agenti di polizia suscita
un a questione di diritto. Gli agenti della forza furono nascosti
in buon numero presso il luogo destinato al deposito; ma
in cambio di collocarvi un involto di denaro vi posero unsacchetlo pieno di rena. L' operazione andò fallita per altre
imprudenze: a a facendo la ipotesi che il colpevole fosse
stato arrestato nell' atto in cui aveva preso quel sacclletlo
( supponendolo tanto stolido da non accorgersi che quella eri1
rena) noi ci dimandammo se fosse stato possibile condan-
narlo come reo di estorsa'onc co nsum« ta. Stimo evidente clie
no, per le teorie generali della consumazione. Opino di piY
clie neppure il tentativo di estorsione si fosse potuto adat-
tare a quel caso. Si aveva una minaccia con ordine o una
violenzcz privatn condotta alla sua consumazione, e punibile
come tale. RIa gli atti successivi allo invio della lettera man-
cavano di soggetto passivo. Tutto ciò che si riferiva allalettera cadeva sul soggetto passivo dell' nltentato, cioè sulla
persona ; così non poteva dare elernento che ad un conntu
venzoto, che naturalmente si assorbiva nel titolo speciale già
consurnato. Gli alti costituenti il conato prossinzo incomin-
ciavano da quelli che si diricevano sul soyyetto passiua
della cansuntc~xione.&¶a questo (c he doveva essere in rap-
porto al titolo di estorsione il denaro da ca rp ir e) non era
mai esistito.
S. 2132.
Cosi la estorsione completa la nozione della mi-naccia che già svolgemmo a §. 1573 e segg. e pse-senta il progresso giuridico deUa azione criminosa
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- 9s -c-he si esercita snil'altrui libertà. Qu=ari~locvrt;cr1wrl-porsi nlczcn alt,-o fitz tranne rluel111 Lt' ;tttel'l'il'r
s'intirna ad altri un male ingiusto si h : ~a ,,risltrcriif
sct~q~lice.uando si minaccia ad altri un 111nle fu -
turo per indurlo a fare o non fare una qualclic?
cosa che non urrecJ~iucro al minacciante si Ira la
~)ainaccia olz ordine; e se la minaccia e njzozzi,iit~
si ha lo sco~~elisjtao. uando con la incussionc del
timore si è indotto altri a fare o non fare o patire
una cosa che non rechi lucro al minacciante, si ha la~~ioleiazarivata. Quando con la minaccia di un niale
inuninente si costretto altri a darci una qualche co-sa per veduta di lucro, si ha il furto siobrzto. Quan-
(lo finalmente per veduta di Zztcro si k minacciato un
lilale futuro onde costringere a darci to.~lo, si i? mi.-
riacciato un male imminente per ottenere una pro-
inessa od una dazione futura, si ha la esto~*sl'one l) .
(1) In proposito della estorsione è nato il dubbio s e la
regola che non vuole punibile il furto commesso dal figlio
i1 danno del padre si debba estendere eziandio alla estor-sione ed al furto violento. Comunemente il dub bio si riso lve
nel senso che i rapporti di filiazione non valgano a togliere
la criminosità di un fatto nel qual e benchb 1 ultimo fine
del colpevole sia un attacco alla proprietà, il mezzo scelto
si estrinseca in un attacco alla persona. Direste voi (osser-
va benissimo R a u t e r t r a i t é du d ro i t crimin. $. 624) che
il parricida non è punibile quando agisca per fine di furto?
Del pari che il furto violento la estorsione non
esaurisce la sua oggettivita giuridica nella offesaalla libertà individuale, rna bensì nella offesa al (li-
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vitto d i prorprietci, poichè in questa classe si novera.
Tale criterio è importantissinio per distinguere il
momento della consuvzazio~ze al semplice tentatiuo.
La estorsione non è consumata finchè la proprieti
non è lesa; e cosi rimane una semplice estorsione
tentata qualunque intimidazione che non raggiunse
lo effetto dello spoglio del propr ietario. Se per quan to
la intimidazione fosse grave il proprietario niente
died e o a nie nte s i obblig8, sia perchhb rico rresse
all' autorità, sia perche si trincerasse n el suo pro-prio coraggio, la estorsione re sta sempre nell' am-
bito del mero conato. Allora intorno alla punibilith
di tale conato sorgeranno le quistioni relative alla
idoneità o inidoneith dei mezzi adope rati, pe r con-
~:ludernesecondo i principii generali del conato o
che la insufficienza dei mezzi intimidatorii essendo
meramente relativa lo attentato Pi punibile, o che
tale insufficienza essendo assoluta spariscono i ca-
ratteri del conato punibile, e la giustizia non puc)
colpire che i soli mezzi adoperati in quanto i me-
desimi offrano un titolo per sB stan te di criminos ità.Questi principii sono certi; e le difficoltà non lievi
che s' incontran o nelle loro pratiche applicazioni di-
pendono tutte dalla apprezzazione delle circostanze.
Certo però si & che il delitto mancato non è possi-
bile a configurarsi in questo malefizio perchè sem-
pre il non raggiunto effetto si connetterà con i
nzexxi adoperati dal colpevole. Quando pero la pro-
messa fu estorta, ottenuto il documento, e simili, il
delitto è consum ato; n&cessa d i esserlo se per suc-
cessivi impedimenti il documento ottenuto non ar-
reca al malfattore quei benefizi pecuniarii che egliagognava ottenere.