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Linee Programmatiche

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Programma Federazione della Sinistra

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Page 1: Programma FDS

Linee Programmatiche

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IntroduzioneLe elezioni amministrative comunali e provinciali previste per il 15 maggio 2011 avrannosicuramente un grande valore politico generale sia per l’estensione degli elettori chiamati al voto(oltre nove milioni in oltre mille comuni, dei quali circa 120 superiori ai 15000 abitanti e circa 30capoluoghi, e 11 province) e sia per l’entità della posta in gioco.

Il tema centrale di queste elezioni sarà, infatti, la difesa della Democrazia e Dell’AutonomiaFinanziaria e Istituzionale degli Enti Locali messa ferocemente in discussione dai tagli deitrasferimenti drammaticamente operati in questi anni dai governi liberisti e di destra guidati daBerlusconi e la difesa dei diritti dei cittadini, a partire dai più deboli, messi profondamente indiscussione dal disegno federalista in via di approvazione. Il disegno federalista,infatti, portatoavanti dal governo Berlusconi-Bossi, e contenuto nella legge 42/2009, che come forze politichedella Federazione della Sinistra siamo stati fra i pochi a contrastare radicalmente sin dall’iniziopone un drammatico bivio: o spremere ulteriormente i cittadini, del nord e del sud, o tagliare iservizi snaturando definitivamente quel ruolo di enti di prossimità più vicini ai bisogni deicittadini.

Altro che la falsificazione propagandistica di un governo liberista che “non metterebbe le maninelle tasche degli italiani”!

La combinazione degli effetti fra manovre finanziarie 2010 e 2011 del governo e federalismomunicipale è dirompente e si configura come attacco storico alla democrazia parallelo all’attacco aidiritti dei lavoratori operato da Marchionne.

Nella manovra di luglio scorso, infatti, si è definito un inasprimento del “patto di stabilità” cheprevede sia il taglio di trasferimenti sia una serie di norme che inaspriscono le sanzioni per gli entiinadempienti; per le Regioni a statuto ordinario si prevede un taglio di 4000 milioni di euro per il2011 e 4500 per il 2012; per le Regioni a statuto speciale (e le province di Bolzano e Trento) meno500 milioni per il 2011 e meno 1000 per il 2012; per i Comuni meno 1500 per il 2011 e meno 2500per il 2012; per le Province meno 300 milioni per il 2011 e meno 500 per il 2012.

A questa cifra di ben 14,8 miliardi nel prossimo biennio vanno aggiunti gli effetti del taglio giàdeciso con la precedente finanziaria triennale (ddl 112/98 sempre di Tremonti): per il 2011, infatti,alle cifre prima richiamate vanno sommati 1800 milioni per i Comuni, 98 per le province, 1500 perle Regioni.

Il decreto sul federalismo municipale prevede, peraltro, che fino all’entrata a regime del 2014 glienti locali non avranno ulteriori trasferimenti col fondo perequativo.

L’entrata in vigore di questo decreto è, in questo momento, ritardata dal positivo e rigoroso atto delPresidente della Repubblica che lo ha dichiarato “irricevibile” dopo la bocciatura in commissionebicamerale: tuttavia il suo iter è destinato ad andare avanti nelle aule parlamentari a meno che nonsi crei a livello di enti locali e di opinione pubblica un’iniziativa di opposizione che superil’ambigua e grave scelta dell’ANCI che, nel suo ultimo Consiglio nazionale del 3 febbraio u.s. –nonostante il dissenso aperto dei nostri rappresentanti e di molti sindaci del nord e del sud – hascelto di non esplicitare nessuna contrarietà, accontentandosi dell‘ambiguo contentino di aver fattoanticipare la possibilità per i Comuni di imporre da subito addizionali fiscali e nuovi tributi, e cioèdella possibilità di scaricare sui cittadini gli effetti dei tagli dei trasferimenti invece di contrastarli,difendendo l’AUTONOMIA FINANZIARIA DEI COMUNI.

Nell’ultimo testo del decreto, infatti, visto che questi tagli avranno un carattere ancor piùdrammatico nella fase transitoria fino al 2014, quando è prevista la messa a regime di un fondoperequativo, è stata anticipata l’entrata in vigore della possibilità di incrementare le addizionali

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IRPEF (anche correndo il rischio della sua retroattività per il 2010 se deliberate entro il marzo2011), determinando così un aumento del prelievo fiscale; peraltro è stata immediatamente fissatal’aliquota dell’IMU, la possibilità di imporre la tassa di soggiorno per i comuni turistici e artistici, etasse di scopo per la realizzazione di opere pubbliche.

Il giudizio della Federazione della Sinistra sul decreto delegato sul “federalismo municipale” –esplicitato anche dai nostri amministratori in un documento presentato al consiglio nazionale ANCIe scandalosamente non messo ai voti – si può così sintetizzare.

1. Il contenuto del Decreto è molto spesso in contraddizione con i principi generali dellaLegge 42 del 2009 alla luce soprattutto del fatto che, ancora oggi, non sono statideterminati in alcun modo i costi standard sulla base dei quali procedere nell’erogazionedei servizi; pertanto registriamo la certezza che il “federalismo fiscale” si configuracome prelievo fiscale aggiuntivo e non come concretizzazione dell’autonomiaimpositiva dei Comuni.

2. Infatti, si è deciso di procedere senza un disegno organico non avendo ancora neanchedefinito le funzioni proprie dei comuni, e nemmeno proceduto alla preventivaapprovazione in Parlamento del Nuovo Codice delle Autonomie.

3. Di fatto si costringono i Comuni, mancando un’organica riforma fiscale, a scegliere frainasprire la pressione fiscale (addizionale IRPEF, aliquote IMU, imposta di scopo e tassedi soggiorno) o a non procedere negli investimenti in conto capitale, e/o a tagliare iservizi, a danno dei cittadini più deboli e a rischio di marginalità sociale.

4. Il fondo perequativo che andrà a regime solo nel 2014 non è ancora ben determinato nénella quantificazione delle risorse disponibili né nei suoi meccanismi di distribuzione.

5. Nell’IMU, peraltro, scompare il principio della progressività dell’imposta:s’incrementano fino al raddoppio i costi per le attività commerciali e artigianali, che nonpotranno più godere delle riduzioni previste nell’ICI, e si favoriscono i proprietari diseconde case.

6. Con l’introduzione della cedolare secca sugli affitti si aggrava ulteriormentel’imposizione fiscale sui redditi più bassi con il sicuro aumento dei canoni di locazioneper gli inquilini e invece si premiano i redditi più alti con la riduzione del carico fiscaleper i proprietari di seconde case, ledendo il principio costituzionale della progressivitàdelle imposte.

Insomma col federalismo municipale si costringono i Comuni ad aumentare le tasse locali (aumentoaliquote IRPEF, tassa di soggiorno, IMU, ecc.) senza ridurre la pressione fiscale nazionale,soprattutto sui lavoratori dipendenti e sui cassintegrati che sono i maggiori contribuenti in questopaese

Con questi numeri gli EELL non sono in grado di chiudere i bilanci, a meno di non dover subire unricatto: o si tagliano i servizi sociali per i cittadini (asili nido, refezione scolastica, assistenza aglianziani e ai portatori di handicap, sostegno ai minori a rischio, inclusione dei più deboli a partire daimigranti ecc.), magari diminuendone qualità ed estensione universalistica o si aumentano le tariffedei pubblici servizi (tassa rifiuti, occupazione suolo, trasporti, edilizia pubblica ecc.) magaritentando di privatizzarli (l’esatto opposto di quello che chiedono le centinaia di migliaia di cittadiniche hanno firmato il referendum per l’acqua pubblica) o si vende ai privati il patrimonio strategico,oggi rimpinguato dal cosiddetto federalismo demaniale; oppure, inevitabilmente, si è costretti asforare il patto di stabilità subendone le sanzioni successive.

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Insomma il governo delle destre con le manovre finanziarie di tagli drammatici dei trasferimenti econ il disegno presuntamente federalista, scaricando sui Comuni e sugli Enti Locali tutti i costi dellacrisi, individua le istituzioni locali come luogo per attaccare i più deboli e i loro diritti sociali e didemocrazia.

Ecco perché le prossime elezioni amministrative si configurano COME ELEZIONI POLITICHEDECENTRATE e quindi avranno grande valore politico generale: al centro dello scontro ci sarà –insieme ai temi programmatici specifici locali- la capacità della sinistra e del centro-sinistra dicostruire coalizioni politico-programmatiche contro la politica liberista delle destre e di Berlusconi.

L’attacco all’autonomia degli enti locali e ai diritti dei cittadini è, infatti, l’altra faccia della politicapadronale di Marchionne, che tenta di annullare i diritti sindacali e costituzionali delle lavoratrici edei lavoratori mettendo in discussione lo statuto dei lavoratori e il contratto collettivo di lavoro.

E’ fondamentale, in questo quadro, il ruolo della Federazione della Sinistra: I ProgrammiDevono Essere al Centro delle Nostre Alleanze Locali nel senso che stiamo lavorando in tutti iComuni e le Province che vanno al voto affinché i Programmi delle Coalizioni di Centro-Sinistrao di Sinistra abbiano al centro temi di fondo, su cui in questo documento ci soffermeremo, come

◦ Moralità

◦ Trasparenza

◦ Patrecipazione

◦ Enti Locali Contro La Crisi,

◦ Ambiente

◦ Beni Comuni a partire dall’Acqua,

◦ nuovo Welfare Di Comunità

◦ enuovo ruolo Dei Consigli Comunali.

Per la Federazione della Sinistra, infatti, il programma è realmente il fondamento delle alleanze enon semplice corollario; perciò abbiamo considerato e consideriamo pregiudiziale a ogni intesapolitica – ed anche alla partecipazione, dove lo abbiamo considerato utile, alle primarie del centrosinistra- l’assunzione vincolante di questi punti di valore generale che si configurano comecondizione di una svolta.

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CINQUE IDEE PROGRAMMATICHE PER UN NUOVO RUOLO DEICOMUNI E DELLE PROVINCE COME ENTI DI PROSSIMITA’ AFAVORE DEI CITTADINI, A PARTIRE DAI PIU’ DEBOLI, E FATTOREATTIVO DI DEMOCRAZIA E DI PARTECIPAZIONE.

Abbiamo definito cinque idee e priorità programmatiche per noi discriminanti da porre a base delconfronto con le forze del centro sinistra.

Su queste proposte, che saranno articolate con schede analitiche a livello territoriale, è ancora incorso un confronto ampio nella Federazione della Sinistra, confronto che deve andare avanti nellefederazioni, nei circoli territoriali e di lavoro e con le soggettività organizzate di movimento.

Ci limitiamo in questa sede solo a richiamarne le priorità e gli obiettivi fondamentali.

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1. QUESTIONE MORALE e TRASPARENZA AMMINISTRATIVA. DEMOCRAZIA, PARTECIPAZIONE E NUOVO RUOLO CONSIGLI COMUNALI.

La Federazione della Sinistra lavora perché, a partire dalle prossime elezioni locali, attraverso lapartecipazione si superi quel distacco fra cittadini e istituzioni frutto delle mancate risposte aibisogni popolari e dei ceti più deboli e reso più grave dalla moltiplicazione, negli ultimi mesi, diepisodi di corruzione di amministratori e di esponenti politici, di cattivo utilizzo del danaropubblico e da un perverso rapporto fra politica e affari, fatti che hanno riproposto l’urgenza dellamoralizzazione della vita pubblica.

a) MORALITA’ e TRASPARENZA

La verità è, infatti, che ogni volta che a livello di Enti locali si discute di esternalizzazioni,privatizzazioni, norme derogatorie di piani regolatori, ecc. non solo si mina la democrazia dellarappresentanza degli interessi pubblici, ma si apre un varco drammatico alla possibilità dicorruzione degli amministratori, come evidenziato dall’esplodere della questione morale nei mesiscorsi in molte istituzioni locali del nord e del sud.

Ecco perché proponiamo come discriminante, sia per le nostre liste, sia per le coalizioni con cui cialleiamo, l’adozione di un codice etico da parte di ogni candidato, basato su alcuni principi a tuteladella moralità pubblica:

◦ assenza, all’atto della candidatura, di condanne penali anche di I grado e di rinvio agiudizio per reati non d’opinione o d’abuso d’ufficio;

◦ impegno alle dimissioni dall’incarico istituzionale (consigliere – assessore), in caso dirinvio a giudizio per reati non di opinione o di abuso d’ufficio;

◦ mpegno a evitare, nell’ambito della propria attività istituzionale, ogni possibile conflittod’interessi.

Si tratta, inoltre, di mettere in campo regole chiare e trasparenti di gestione: pensiamo a criteri per lenomine, a limitazione delle trattative private, sia per affidamenti di opere che di servizi, all’assolutalimitazione delle consulenze e del ricorso a dirigenze esterne e, comunque, mediante bandi dievidenza pubblica, onde reperire reali esperti.

b) LOTTA ALLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

IN QUESTO QUADRO, in particolare nel Mezzogiorno ma anche nei comuni del centro-nord, VADATA GRANDE PRIORITA’ ALLA LOTTA CONTRO LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA eall’ANTIMAFIA SOCIALE.

Proponiamo il rilancio delle esperienze antiracket costruite con la partecipazione attiva di tanticomitati di cittadini e di commercianti e il sostegno a tutti i soggetti dell’antimafia sociale, a partireda Libera, e alle associazioni e alle cooperative che si misurano su progetti economici e sociali diutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata

Proponiamo, nei Comuni dove è ritenuto utile, la costituzione di un Assessorato specifico e dedicatoche assuma la centralità della lotta alla legalità, alla criminalità organizzata attraverso una scelta,l’assessorato contro il racket e la criminalità, di grande valore politico e simbolico.

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c) BILANCIO PARTECIPATIVO

Si tratta, in realtà, di rafforzare oltre che la partecipazione anche i meccanismi di trasparenza.

Su questo piano proponiamo che vadano riprese e valorizzate le prime esperienze fatte in molte cittàitaliane da Grottammare, a Roma, da Pieve Emanuele a Napoli, ecc. (esperienze negli ultimi annisostanzialmente ridotte sotto la scure dei tagli e della controriforma strisciante degli EELL) dibilancio partecipato, puntando, in particolare, a finanziare pratiche e strumenti di partecipazionediretta dei cittadini ad assemblee democratiche che definiscano le priorità di bilancio sulla base delcensimento dei bisogni territoriali ed al fatto che tutti i processi di riqualificazione urbana e rilancioterritoriale possono avvenire solo garantendo la trasparenza dei procedimenti e l’effettività deicontrolli sull’azione degli enti preposti alla riqualificazione territoriale stessa.

Quando parliamo di partecipazione, in tutte le nostre esperienze, parliamo di progetti di futuro cheriguardano la complessità della vita delle persone, cioè del loro destino produttivo e del loro destinonello spazio urbano, della vita e del lavoro insieme.

L’innovazione dei meccanismi democratici, determinata dalla sperimentazione di processipartecipativi connessi alla gestione della cosa pubblica, permette, insomma, il superamento didisuguaglianze tra i cittadini e l’affermazione del principio della trasparenza dell’amministrazionepubblica.

In concreto proponiamo di porre al centro delle nostre piattaforma programmatiche:

◦ l’impegno del Comune a realizzare il bilancio sociale dotandosi di strumenti permanentidi comunicazione con i cittadini;

◦ la destinazione di una percentuale delle risorse del bilancio a forme di sperimentazionedel bilancio partecipativo;

◦ la costruzione di laboratori di quartiere per permettere l’informazione e la partecipazionedei cittadini alle scelte urbanistiche.

d) NUOVO RUOLO DEI CONSIGLI COMUNALI

Non può essere taciuto, però, che negli enti locali, lungi dall‘ affermarsi di forme di democraziadiretta e di partecipazione, si è innestato spesso negli ultimi anni un progressivo svuotamento dellefunzioni, dei compiti e dei ruoli dei consigli comunali e dei consigli provinciali a favore del potereormai monocratico del Sindaco e delle Giunte.

Si pone, quindi, il tema della modifica della legge 81/93 sull’elezione diretta dei sindaci epresidenti, legge che ha favorito certamente, una maggiore stabilità dei governi locali, ma a dannodelle prerogative di rappresentanza democratica dei Consigli, ridotti spesso ad una pura funzioneconsultiva e spesso privati anche delle competenze effettive in materia di bilancio e di urbanistica.In particolare chiediamo che nei programmi delle coalizioni cui partecipiamo sia rilanciato,anche a legislazione vigente ,la centralità del ruolo politico del CONSIGLIO COMUNALE,definendo l’ impegno alla sua convocazione preventiva su tutte le materie urbanistico-territoriali,ambientali,sociali ,della mobilità e sui programmi delle aziende partecipate anche al di la delle strette competenze previste dalle normative,per poter svolgere effettivamente come consiglio in ruolo di indirizzo programmatorio e di controllo sulla attività dell’ente.

e) DECENTRAMENTO E MUNICIPALITA’

E’ in questo quadro necessario aprire un dibattito sul ruolo dei consigli circoscrizionali e dellemunicipalità nelle grandi città che vanno al voto.

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Va sicuramente valorizzato e rilanciato il ruolo dei consigli circoscrizionali come enti di prossimitàe istituzione potenzialmente più vicina ai cittadini; vanno perciò corrette impostazioni dellecircoscrizioni come pura duplicazione ridotta delle strutture comunali senza poteri effettivi, senzaruolo e funzione precisa al servizio dei cittadini, soprattutto nei comuni più piccoli; riteniamo utile,infatti, prevederli dove la dimensione dei Comuni è superiore a 100000 abitanti e nei capoluoghi diprovincia prevedendo, però, in questi casi la possibilità effettiva dei consiglieri di partecipare e disvolgere la propria funzione democratica col meccanismo dei gettoni legati -ovviamente –all’effettiva presenza all’ attività istituzionale e bandendo ogni forma di sprechi o di beneficioimmotivato. I consigli circoscrizionali, allora, dove è giusto siano previsti, non solo non sono uncosto, ma rappresentano una risorsa della democrazia: vanno ampliati i loro poteri d’indirizzo e dicontrollo sulle politiche territoriali, delle attività economiche e sull’efficacia e la qualità dei serviziche l’ente eroga ai cittadini, aumentando la possibilità di prevedere la partecipazione diretta deicittadini (ad esempio, possibilità di indire referendum consultivi, disponibilità di spazi e strumentiper favorire l’attività di comitati e di associazioni, ecc. ).

Le municipalità non nascono, nel dibattito da noi animato a ROMA e a NAPOLI negli anni scorsi,come pura estensione del decentramento, ma come nuovo governo di prossimità. Esse esprimono,infatti, la necessità di una vera innovazione istituzionale. Orbene, la mancata dotazione di risorseumane ed economiche sufficienti e il mancato trasferimento di molti poteri ha reso più difficilequesta esperienza che invece, come FDS, intendiamo valorizzare e rilanciare. Vogliamo perciòaccentuare il ruolo delle Municipalità come autorizzativo delle attività economiche all’interno dellapianificazione comunale, e puntiamo a riconoscere loro una competenza primaria su politichesociali, scuola e spazi pubblici. Del resto è proprio a partire dalle Municipalità che è possibileridisegnare gli stessi tempi sociali della città, affrontando in particolare le condizioni drammatichein cui le donne vivono, in contesti familiari sempre più disgregati, con la piaga di unadisoccupazione e precarizzazione generalizzate, che le riconduce, soprattutto nelle realtà territorialipiù disgregate e colpite dagli effetti della crisi, verso il rischio di ghettizzazione nelle muradomestiche, dove già ora vivono di fatto segregate tante donne straniere.

Proprio perché vediamo l’ enorme potenziale delle municipalità, proponiamo di lavorare per dareloro piena personalità giuridica innovativa: referendum consultivi, spazi pubblici per lapartecipazione , sperimentazione spinta del bilancio partecipativo.

f) LOTTA AI COSTI IMPROPRI DELLA POLITICA

In questo quadro appare demagogica e inefficace la propagandata sforbiciata ai costi della politica alivello di enti locali (riduzione dei compensi per i Sindaci, i Presidenti e gli Assessori, indennità peri Consiglieri che passa, come tetto massimo, da un terzo a un quinto di quella prevista per i Sindacie per i Presidenti, contenimento dei gettoni e dei costi degli organi di gestione delle societàpartecipate). Intendiamoci, siamo stati tra i primi ad aver sollevato il tema dei costi impropri dellapolitica anche a livello locale, soprattutto riguardo alla proliferazione di enti di secondo grado,all’aumento delle consulenze e delle dirigenze esterne, alle assunzioni senza concorso in moltesocietà miste, ai benefit immotivati per gli amministratori a partire dalle auto blu, ecc.

La manovra del luglio scorso, tuttavia, non si configura affatto come taglio ai costi impropri dellapolitica a livello locale e, infatti, nella relazione tecnica il comma 5 dell’art. 5 non prevedeeconomia per i saldi nazionali e quindi evidenzia la falsità del risparmio; la verità è che la manovraè un attacco alla risorsa della democrazia elettiva dei Consigli.

Emblematico a tal riguardo è il taglio del gettone di presenza per i Consigli circoscrizionali emunicipali (poche centinaia di euro al mese nelle grandi città) in quanto già con le precedentiFinanziarie tali emolumenti sono stati già limitati ai soli capoluoghi di provincia e alle cittàsuperiori ai 100000 abitanti.

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Non è certo credibile un Governo che in nome del rigore taglia gli spiccioli dei compensi deiConsiglieri comunali e municipali, ma non taglia il numero dei parlamentari limitandosi ad unapiccolissima riduzione del compenso.

E’ necessaria una reazione democratica degli enti locali, non in difesa dei presunti privilegi, ma indifesa della democrazia, spostando l’asse sui bisogni dei cittadini e sul ruolo dei Consigli come entidi prossimità.

g) DIFESA DEL RUOLO E DELLE FUNZIONI DELL’IMPIEGO PUBBLICO CONTRO OGNI PRIVATIZZAZIONE ED ESTERNALIZZAZIONE

C’è infine un nesso forte fra i tagli agli enti locali che ridurranno la loro capacità di erogare serviziai cittadini e l’attacco indiscriminato ai pubblici dipendenti contenuto nella manovra attraverso lasospensione dei diritti contrattuali collettivi e il licenziamento di oltre il 50% dei precari chelavorano nella pubblica amministrazione.

Bisogna evitare una sottovalutazione di quest’ attacco al pubblico impiego: l’offensiva di Brunettacontro i “fannulloni” rischia di passare culturalmente anche in settori della sinistra e del sindacato,determinando una forma di “rivoluzione passiva”, se non si costruisce un’adeguata iniziativa dilotta.

Infatti, è da notare che la manovra sfiora pochissimo i compensi dell’alta burocrazia e invece hasospeso per tre anni ogni miglioramento economico e normativo per milioni di lavoratrici elavoratori.

h) RUOLO DELLE PROVINCE E NOSTRE PROPOSTE

In questo quadro, riteniamo decisivo che si definiscano le funzioni fondamentali delle Province, nelrispetto dei Principi degli articoli 118 e 119 del titolo V della Costituzione, anche al fine difinanziare “ integralmente le funzioni pubbliche attribuite” prima dell’attuazione del disegnofederalista.

Come Federazione della Sinistra riteniamo che si debba considerare chiuso l’annoso dibattitosull’inutilità delle Province e le demagogiche campagne sui loro costi e lavorare, invece, inpositivo, a definire per le stesse una funzione fondamentale di pianificazione economica eterritoriale di area vasta, anche per permettere un livello di coordinamento dei 5.740 Comuni italianiinferiori ai 5.000 abitanti, che rappresentano una caratteristica peculiare e una ricchezza dell’Italia

Proprio per salvaguardare questo ruolo di coordinamento di area vasta e di ente intermedio traRegioni e Comuni ci siamo opposti in questi anni alla proliferazione di nuove e piccole province, lacui configurazione territoriale non fosse storicamente e culturalmente definita e pretendiamo che leRegioni conferiscano alle Province tutte le deleghe previste in particolare in materia urbanistica,ambientale, di assetto idrogeologico di edilizia scolastica e di politiche per la formazione e per illavoro.

Una provincia che rispetti i compiti a essa assegnati, con un programma di governo chiaro e preciso,può essere l’unica istituzione che può agire su scala intermedia (quindi senza le diseconomie discala dei piccoli e medi comuni), e soprattutto sostituendo alla farraginosità burocraticadell’amministrazione regionale una più efficace azione amministrativa e di programmazione.

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2. ENTI LOCALI CONTRO LA CRISI

Abbiamo più volte constatato negli ultimi anni come la portata della crisi economica abbiadeterminato un arretramento senza precedenti nella storia rispetto alle conquiste date fin qui perscontate, un arretramento violento che, in pochi mesi, ha riportato il mondo, l’Europa e l’Italia, aprendere atto di licenziamenti di massa, della precarizzazione dell’esistenza dei cittadini edell’esclusione di ogni diritto: aumento vertiginoso della cassa integrazione e della disoccupazione,endemicità del precariato e crescita della povertà in fasce sempre più diffuse della popolazione.

E’ perciò fondamentale che nelle piattaforme programmatiche per il governo delle Province e deiComuni ci siano punti chiari:

1. è necessario creare d’intesa tra Comuni, Province e Regioni, fondi di solidarietà per ilavoratori in cassa integrazione finalizzati sia all’anticipazione delle spettanze sia a misuredi solidarietà e di sostegno alle lotte;

2. nessun aumento delle tariffe dei servizi (asili nido, refezione, ecc. ) e previsione di unafascia di esenzione o del suo ampliamento per le famiglie monoreddito dei lavoratori con unreddito ISEE inferiore a E 15.000 l’anno;

3. SOSPENSIONE delle RATE dei MUTUI per la prima casa, attraverso convenzioni con gliistituti di credito, per il periodo previsto di cassa integrazione dei lavoratori del territorio, esenza oneri per i beneficiari dell’allungamento della durata del mutuo stesso;

4. difesa del potere d’acquisto dei redditi più bassi, favorendo l’iniziativa dei GAS ( Gruppid’acquisto solidali) e dei GAP ( Gruppi di acquisto popolare) contro il caro vita per i generidi largo e generale consumo, favorendo i mercati su aree pubbliche, concordando con iproduttori iniziative promozionali di vendita diretta in un’ottica di accorciamento dellafiliera.

5. esenzione dai pagamenti per i servizi pubblici locali per i giovani disoccupati, precari ocomunque provenienti da famiglie a basso reddito.

Abbiamo già evidenziato che le manovre del governo e il decreto legislativo sul federalismomunicipale hanno determinato una subordinazione della finanza degli enti locali alla finanzanazionale che rende sempre più difficile questo ruolo attivo degli enti locali contro la crisi epenalizza gli investimenti e le scelte locali, soprattutto quando tali scelte rispecchiano i bisogni deicittadini.

Un importante obiettivo di lotta è, allora, quello di costruire un’iniziativa degli amministratori e deicittadini per una radicale modifica dell’attuale configurazione del “patto di stabilità”, prevedendoneun allentamento soprattutto per quanto concerne la spesa sociale e gli investimenti, tenendo contoche il calo della produzione e dell’occupazione rende più drammatico il costo sociale di una politicadi risanamento solo monetaria dei conti pubblici, rispetto all’esigenza di equità sociale e di rilanciodei consumi interni.

In questo quadro servirebbe rilanciare l’INTERVENTO PUBBLICO in economia ridiscutendo ilparametro del rapporto fra debito pubblico e PIL sotto il 2,5%, prevedendone l’innalzamentoalmeno di un punto. È possibile in questo modo investire i 15 miliardi sopravvenienti, equivalenti aun punto di PIL, per la detassazione dei salari a partire dai redditi più bassi e per finanziarel’estensione della cassa integrazione a tutti i lavoratori (portandola all’80% dello stipendio) conrelativo obbligo del mantenimento del posto di lavoro e l’istituzione di un salario sociale per tutti idisoccupati; una politica che punti al mantenimento del rapporto di lavoro per tutti i lavoratori e colsalario sociale crei le condizioni dell’inclusione sociale di giovani, precari e disoccupati.

Negli anni scorsi un centinaio di Comuni, scelti fra quelli con maggiori criticità economiche e

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sociali, prevalentemente al sud ma anche in alcune realtà delle periferie metropolitane del nord,hanno sperimentato il reddito minimo d’inserimento; in alcune Regioni, come la Campania, è statoistituito un reddito di cittadinanza, subito cancellato dalla giunta di centro-destra. Tali istituti sonostati gestiti proprio dai Comuni con risultati sostanzialmente positivi definendo complessivamenteun vero e proprio censimento della povertà ben superiore agli aventi diritto vista la limitatezza dellerisorse disponibili.

Il vero limite di questi provvedimenti, infatti, è stato proprio il carattere limitato nel tempo e neiterritori interessati . IL REDDITO SOCIALE DEVE, PERTANTO, ESSERENECESSARIAMENTE UNA MISURA UNIVERSALE, proprio per superare limiti e problemiemersi nelle sperimentazioni locali e temporanee. Noi riteniamo,inoltre, che l‘ inclusione socialedeve anche favorire l‘ inserimento lavorativo attraverso un nuovo intervento pubblico in economia eun piano nazionale per il lavoro, per il quale oggi siamo mobilitati.

Assumere nei programmi comunali il tema di una misura universale di contrasto alla povertà vuoldire lavorare a costruire una vertenza nazionale insieme a altri enti locali, ai movimenti e alsindacato, dando a questo obiettivo il valore strategico di un primo passo, sul terreno del welfarelocale, della battaglia per il salario sociale.

Fermo restando il nostro impegno a contrastare la politica dei tagli e di controriforma degli entilocali del Governo della destra, noi proponiamo, perciò, anche a legislazione vigente alcune scelteprioritarie in materia di bilancio e di politica finanziaria di enti locali tese a rendere praticabile latutela delle esigenze dei ceti più deboli e per non essere quindi costretti a tagliare politiche sociali oaumentare tariffe dei servizi o, peggio ancora, usufruire delle facoltà di AUMENTO DELLATASSAZIONE LOCALE previste dal dlgs sul federalismo municipale e cioè aumentando lealiquote irpef o inserire nuovi tributi di scopo. ecc.

In particolare proponiamo di lavorare sulle entrate correnti.

ICI. Visto che i comuni non percepiscono più, a partire dal 2008, l’entrata proveniente dal primacasa è possibile tuttavia intensificare l’azione relativa all’evasione-elusione, sia per quanto riguardagli altri immobili soggetti ICI, sia per gli ex fabbricati rurali, sia per quanto riguarda le prime case eassimilati in relazione agli anni pregressi (2004-2007).

IRPEF. Pur considerando ambigua e propagandistica la norma che prevede la partecipazione degliEELL all’accertamento su evasione/elusione Irpef, che riconosce al comune collaborante il 30%della somma dell’accertata evasione, è possibile, tuttavia, utilizzare tale norma per aumentare leentrate, puntando soprattutto ad accertamenti antielusivi.

Si può inoltre lavorare sulla riduzione della spesa corrente con precisi indirizzi politici.

Ridurre al massimo le consulenze e gli incarichi, valorizzando le risorse interne, riducendo o sepossibile azzerando le progettazioni affidate all’esterno, riducendo convegni, seminari, eventi, feste,contributi, ecc. non strettamente necessari.

Risorse umane. In quest’ ottica, va posta una grande attenzione alla macchina amministrativa deglienti locali, contrastando la cultura brunettiana che individua i pubblici dipendenti come fannulloniimproduttivi, per puntare a una privatizzazione di funzioni pubbliche e all’esternalizzazione dinumerosi servizi.

Vanno in ogni caso salvaguardati la dignità e i diritti dei lavoratori.

L’obiettivo deve essere quello di una completa deprecarizzazione della P.A., attraverso pianipluriennali di assorbimento delle risorse attualmente a tempo determinato e la conseguentedefinizione di nuovi servizi stabili a favore dei cittadini.

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3. BENI PUBBLICI E LOTTA ALLE PRIVATIZZAZIONI DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI , GESTIONE INTEGRALMENTE PUBBLICA DEL CICLO DELL’ ACQUA.

E’ nota la nostra battaglia sul tema della lotta contro la privatizzazione dei servizi locali, battagliache ha avuto il punto più significativo in particolare nella mobilitazione popolare per l’acquapubblica .

E’ fondamentale continuare a coinvolgere in questa battaglia sui territori – anche in preparazionedel referendum contro la privatizzazione previsto per giugno prossimo – i cittadini, i comitati eforum per l’acqua, le associazioni per il Nuovo Municipio e tutti i soggetti che in questi anni hannocostruito dal basso pratiche partecipative locali.

La sfida principale ovviamente rimane quella della pubblicizzazione del servizio idrico. Va, infatti,enormemente valorizzato il significato politico e civile della raccolta delle firme per il referendumper l’acqua pubblica, raccolta che in pochi mesi, senza mezzi significativi e con una scarsissimaattenzione dei media, ha raggiunto oltre un milione e quattrocentomila firme: la Federazione dellaSinistra ha offerto a livello locale e nazionale un significativo contribuito a questo successolavorando nei comitati e garantendo, anche, un decisivo supporto logistico-istituzionale.

La battaglia per l’acqua come bene pubblico, priva di valore economico commerciale di scambioperche piena di valore d’uso pubblico e sociale, ha inoltre affermato che oltre la sinistra, vi sonoimportanti forze cattoliche e del volontariato che partecipando attivamente alla battaglia hannoevidenziato l’esistenza di soggetti sociali, oggi delusi da una politica lontana dai bisogni popolari,ma assai disponibili e interessati a PARTECIPARE direttamente a battaglie di cambiamento chiare evisibili, a partire dalle prossime elezioni comunali.

Il governo Berlusconi con la legge 133/2008 all’art. 23 bis (modificato dall’art. 15 del D.L.135/2009) ha legiferato in un’ottica di privatizzazione tentando di relegare la gestione diretta inhouse solo a situazioni marginali.

Il 23 bis e successive modificazioni, infatti, prevedono, per la gestione dei servizi pubblici locali,come regola generale ordinaria la messa a gara degli stessi e quindi la privatizzazione.

A legislazione invariata, prima del referendum, vanno comunque affermati nei programmi comunalidella sinistra e del centro-sinistra tutti gli strumenti normativi ed amministrativi ammessi perconseguire gestioni interamente e propriamente pubbliche dei servizi pubblici locali.

Il 23 bis, infatti, è costretto a riconoscere che gli enti locali possono ricorrere a forme di gestione deiSPL alternative alla messa a gara. purché nel rispetto di quanto previsto dalla normativacomunitaria.

Proprio a livello comunitario (solitamente citato da chi pretende di imporre come soluzioniinevitabili le privatizzazioni e le liberalizzazioni) si trovano gli elementi normativi a sostegno di unaforma di gestione dei SPL integralmente pubblica; si tratta di due principi previsti dalla normativacomunitaria a più riprese confermati dalla giurisprudenza europea:

◦ il principio di autonomia delle autorità pubbliche;

◦ il diritto delle autorità pubbliche di ricorrere alla “auto produzione” dei servizi daerogare ad una comunità.

La nuova normativa, si applica a tutti i SPL senza le precedenti distinzioni (gas, energia e trasporti).Oggi, siamo nelle condizioni, seppur difficili, sul piano politico e su quello amministrativo, diproporre una gestione integralmente e propriamente pubblica di tutti i servizi pubblici localicostruendo aziende pubbliche in grado di gestire l’intera gamma dei SPL (acqua, rifiuti, gas –

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energia, TPL).

Al fine di affermare l’obbiettivo della GESTIONE PUBBLICA dei SPL vanno necessariamenteprevisti cospicui investimenti pubblici (europei, nazionali, regionali) per ottenere , a partiredall’acqua, la proprietà pubblica delle reti, oltre che della gestione, tenendo conto che nessuncomune italiano è in grado da solo di sostenere i costi di tale pubblicizzazione dei SPL e i necessariinvestimenti.

E’ inoltre,perciò, importante prevedere nei nostri programmi l’inserimento negli STATUTICOMUNALI del principio del carattere pubblico dell’acqua sancendo che:

• l’acqua è un bene privo rilevanza economica

• il ciclo idrico integrato dell’acqua è di proprietà dell’ente pubblico e gestito direttamente o attraverso un ente di diritto pubblico.

Sulla tematica dei SPL, insomma, è per noi discriminante assoluta, nei nostri rapporti di coalizionee nella definizione dei programmi, individuare le vigenti modalità di gestione dei vari servizi,pretendere un impegno a non procedere a nuove privatizzazioni se già avviate in alcuni servizi edefinire un percorso per la pubblicizzazione di tutti i servizi a partire dall’acqua, individuandotempi e strumenti per tale percorso. Va in ogni caso prevista l’individuazione di strumenti dipartecipazione e di controllo dei cittadini utenti sulla qualità e le tariffe dei servizi erogati.

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4. AMBIENTE, TERRITORIO E POLITICHE DI SVILUPPO ECOCOMPATIBILI

a) CLIMA

Tutte le azioni dell’Amministrazione comunale devono essere improntate ai principi delle carte diAalborg e di Aahrus con la partecipazione democratica dei cittadini alle scelte che riguardano i temidella vivibilità e dell’ambiente.

L’Italia e’ in clamoroso ritardo nell’applicazione del Protocollo di Kyoto. A fronte di un impegno diriduzione del 6,5% rispetto ai valori del 1990, si registra invece oggi un superamento del 12% deilivelli di emissioni nazionali al 1990.

La scala locale non e’ certamente risolutiva degli impegni gravanti sull’Italia, ma vanno praticateanche a questo livello tutte quelle iniziative, anche piccole, che, se diffuse in tutto il territorionazionale, possono contribuire anche in maniera significativa al contenimento delle emissioni deigas climalteranti:

◦ nell‘ illuminazione degli Edifici Pubblici adottare obbligatoriamente l ‘ utilizzo dienergie rinnovabili ;

◦ incentivare l’adozione di sistemi di riscaldamento radianti a bassa temperatura;

◦ promuovere strumenti di semplificazione autorizzativa per la realizzazione di impiantifotovoltaici integrati negli edifici e introdurre l’obbligo di predisposizione dei nuoviedifici, a partire da quelli della pubblica amministrazione, per poter ospitare impiantifotovoltaici;

◦ - nel mini-eolico: semplificare le procedure autorizzative per la realizzazione dei piccoliimpianti eolici laddove non vi siano vincoli ambientali e paesaggistici;

◦ potenziare e qualificare l’offerta del trasporto pubblico : traffic calming, per limitare lavelocità per rendere compatibili i flussi di traffico veicolare e quelli non veicolari(pedoni, ciclisti);

◦ valorizzare il ruolo del mobility manager, specialista nell’ottimizzazione deglispostamenti sia a livello comunale che provinciale;

◦ promuovere l’uso della bicicletta (bici al seguito sui trasporti pubblici e creazione dipiste ciclabili)

b) DIFESA DELL’AMBIENTE

Il territorio va poi difeso con una costante opera di manutenzione capace di mantenere efficienti isistemi di difesa idraulica, di coordinare le competenze e le conoscenze sulla gestione delle opere dibonifica, di difesa delle coste dall’erosione.

E’ soprattutto tra i beni naturali che ci sono quei beni comuni che per noi vanno maggiormentetutelati e che devono rimanere proprietà pubblica. Questo e’ l’impegno che rinnoviamo nei nostriprogrammi:

Aria. Il Piano di risanamento della qualità dell’aria deve indicare le azioni da intraprendere perconcorrere a migliorare su scala locale la qualità dell’aria a partire da alcune scelte significative:

◦ il miglioramento generalizzato dell’ambiente e della qualità della vita, evitando iltrasferimento dell’inquinamento tra i diversi settori ambientali;

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◦ la coerenza delle misure adottate nel piano con gli obiettivi nazionali di riduzione delleemissioni sottoscritti dall’Italia in accordi internazionali o derivanti dalla normativacomunitaria;

◦ misure serie di lotta all’elettrosmog.

Acqua. I principi guida nella gestione dei servizi idrici integrati non solo – come già detto –nonpossono prescindere dalla difesa del carattere pubblico della proprietà e della gestione delle reti edell’erogazione del servizio , ma devono anche puntare al risanamento dei corpi idrici inquinati, alconseguimento del miglioramento dello stato delle acque, alla diminuzione della dispersione dellereti, al perseguimento di usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche con priorità per quellipotabili.

Protezione dell’ambiente e bio-diversità. Il territorio dei comuni italiani costituisce un patrimoniounico per ricchezza di habitat e biodiversità. Tale ricchezza, già tutelata con l’istituzione dei Parchinazionali e regionali e delle Riserve Naturali, va accresciuta mediante la tessitura di vere e proprieReti Ecologiche.

Gestione sostenibile delle risorse naturali e rifiuti. La “chiusura del cerchio” dell’eco-compatibilità si ottiene promuovendo il mercato dei prodotti “ ambientalmente preferibili ”ovvero dei prodotti che durante l’intero ciclo di vita siano in grado di generare minori impattisull’ambiente in termini di diminuzione dell’energia, riduzione delle emissioni durante laproduzione, minore produzione di rifiuti e riciclabilità.

Il decollo di questo mercato e degli “acquisti verdi” potrà dare uno sbocco alle azioni positive chevanno pianificate nei Piani Provinciali dei rifiuti che debbono contenere alcune scelte di fondo:riduzione della produzione dei rifiuti, aumento della raccolta differenziata, superamento dellapolitica degli inceneritori passando al trattamento a freddo, attivazione della filiera del riciclo e delriuso delle merci.

c) NO AL NUCLEARE, SI ALLE ENERGIE ALTERNATIVE

In questo contesto di grave ritardo l’Italia sceglie il ritorno al nucleare dopo 20 anni dal Referendumche rischia, oltre alle considerazioni sulla pericolosità di questa tecnologia, di spostare tutte lerisorse sul nucleare piuttosto che sulle fonti rinnovabili, così come hanno fatto gli altri Paesi europeie come si apprestano a fare gli USA di Obama. Sul nucleare vanno sottoscritti impegni chiari, nellacostruzione di alleanze elettorali, perché il Comune e la Provincia dove ci candidiamo sianodichiarati “Territori denuclearizzati” per far nascere dal basso una grande opposizione alla scelta delgoverno.

Questa impostazione è, infatti, frutto di una nostra cultura ambientalista che abbiamo ribadito inquesti mesi, animando il Comitati per il SI alle energie rinnovabili e per il No al nucleare insieme aiquali abbiamo raccolto le firme per una legge di iniziativa popolare per le fonti rinnovabili ( energiaeolica, fotovoltaica, geotermica ecc.) e la salvaguardia del clima. E questi comitati possonodiventare i comitati per il SI all’ abrogazione delle norme governative per il nucleare, nelreferendum previsto a giugno insieme a quello per l ‘ acqua pubblica.

RIFIUTI ed ENERGIE ALTERNATIVE sono tematiche che si possono risolvere solo con unagrande discontinuità nelle politiche economiche, fiscali e industriali – puntando su sistemi localidiffusi di auto-organizzazione – di cui Comuni e Municipalità possono e devono essere il perno – enegli stessi comportamenti e stili di vita delle persone ( vedi la possibile riduzione della produzionedi rifiuti).

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d) AGRICOLTURA

E’ necessario sollecitare, ove non sia stato già fatto, che le Regioni attuino le deleghe nei confrontidelle Province in materia di politiche agricole.

Bisogna ricominciare a ragionare seriamente su un modello agricolo che sia in grado dirappresentare un’alternativa alla speculazione edilizia, nonché alla disoccupazione, all‘emarginazione sociale, all’ abbandono delle zone interne, alla povertà crescente, che ponga conforza la questione della qualità dei prodotti, legata al lavoro, alla tipicità, alla territorialità etracciabilità.

Devono essere incrementate le attività agro-silvo-pastorali e artigianali tradizionali, incentivando leproduzioni locali e l’occupazione, anche attraverso la valorizzazione delle terre pubbliche, comunalifavorendone la gestione attraverso attività eco compatibili (ad es. agricoltura biologica – recuperodel patrimonio naturale ed architettonico locale – educazione ambientale – educazione al gusto –agricoltura sociale);

I Comuni di concerto con le organizzazioni professionali agricole, i sindacati, le associazioniambientaliste e dei consumatori possono costituire sul proprio territorio farmer market o mercaticontadini di vendita diretta di prodotti agricoli legati al territorio, accorciando la filiera conincremento di reddito per i produttori e risparmio economico e aumento della qualità per iconsumatori.

I Comuni devono incrementare nelle mense di propria competenza l’utilizzo di produzionibiologiche e possibilmente legate al territorio.

Con apposita delibera, i Comuni devono dichiararsi liberi da O.G.M.

e) ATTIVITA’ PRODUTTIVE

L’artigianato e la piccola impresa devono essere integrati in un concetto di valorizzazione delpatrimonio territoriale, le stesse specificità locali devono concorrere a una politica di svilupporesponsabile che crei valore aggiunto per l’insieme del territorio facendo sì che le stesse aziendeportino un valore aggiunto a tutta la comunità.

Uno strumento che i Comuni possono utilizzare è il recupero e il riuso di medie e grandi areeindustriali dismesse; una politica comunale che favorisca l’insediamento di imprese artigiane legatealle specificità socio-culturali del territorio può essere un modo per usufruire di aree che troppospesso finiscono in mano alla speculazione. Per lo sviluppo produttivo e occupazionale diartigianato e piccola impresa non è sufficiente la disponibilità di aree, ma necessitano di fattori econdizioni favorevoli. Le Istituzioni e fra queste, in primo luogo i Comuni, devono impegnarsi percontribuire a costruire:

◦ territori organizzati capaci di produrre risorse, e opportunità;

◦ moderne infrastrutture, aree produttive munite di servizi, una formazione adeguataper vincere le sfide dell’innovazione, un credito disponibile e accessibile, sistemiscolastici rispondenti alle esigenze di cambiamento, ecc;

◦ assistenza alle aziende in tutte le fasi del loro sviluppo.

La spinta della grande distribuzione alle aree di pregio e strategiche è pressoché uniforme in tutto ilterritorio nazionale. E’ tuttavia è possibile utilizzare gli strumenti di programmazione urbanistica ecommerciale per impedire o limitare la devastazione del tessuto economico, territoriale, urbano esociale .

Al fine di garantire la presenza delle piccole attività commerciali e di artigianato tipico localesoprattutto nei centri storici e nelle periferie e per contribuire a difendere posti di lavoro, vanno

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proposte iniziative tese a ottenere:

◦ incentivi fiscali e tariffari per l’apertura di esercizi di piccola e media distribuzione,soprattutto quella specializzata;

◦ obbligo per i comuni di formulare negli strumenti urbanistici di settore, cioè nei Pianidelle attività commerciali, norme specifiche per il piccolo commercio;

◦ sostegno alle iniziative del commercio equo e solidale gestito da organismi o soggettisenza fine di lucro, riconosciuti formalmente;

◦ offerta di spazi diffusi e certi per il commercio ambulante e per il realizzarsi di mercatiniautogestiti dalle associazioni dei migranti e rom;

f) TURISMO

Nel turismo italiano, negli ultimi anni le cose non vanno più tanto bene. La domanda domestica èferma. La domanda straniera cala. La voglia degli Italiani di andarsene a fare vacanze all’esteroaumenta sempre. E’ impensabile che si possa riguadagnare competitività solo con le politiche disostegno alle imprese, adatte alle crisi di tipo congiunturale e ai settori che producono merci. Ilturismo si vende nel medesimo luogo in cui si produce: insomma il turismo è un settore produttivoin cui l’utile d’impresa non dipende solo dalla capacità di chi investe, ma da fattori pubblici comel’ambiente, le risorse naturali e l’organizzazione del territorio. E’ sul piano locale che sispecializzano le diverse tipologie di turismo (i “turismi”) e avviene l’assemblaggio e la formazionedel prodotto turistico finale, inteso come insieme di beni, servizi, valori ed opportunità che sioffrono alla fruizione dei turisti.

Considerata la centralità del territorio nello sviluppo del turismo è indispensabile una politica localefocalizzata su alcuni priorità:

◦ coordinare le regole dell’impegno degli organismi locali e delle rappresentanzeimprenditoriali e locali;

◦ badare alla valorizzazione del territorio di competenza;

◦ esaltare le proprie attrattive di carattere turistico (culturali, paesaggistiche, folkloristiche,artigianali, enogastronomiche, ecc);

◦ curare l’accessibilità e la mobilità interna all’area;

◦ assicurare i servizi civili, vicini alle persone, siano essi cittadini o turisti;

◦ gestire le proprie tariffe locali con attenzione al fenomeno turistico;

g) TRASPORTI E MOBILITA’

Il problema dei trasporti è una delle grandi questioni nazionali. In tutti sondaggi emerge come unodei principali problemi che investono quotidianamente i cittadini. Nonostante ciò le soluzioni sonospesso palliativi (targhe alterne), contraddittorie ( parcheggi in centro), quando non sbagliate comela proliferazione di grandi opere stradali che non fanno altro che peggiorare la situazione di unamobilità fin troppo basata sul trasporto gomma per persone e merci. Le auto e i camion inquinanoanche quando sono fermi in quanto occupano molto spazio. Tant’è che le città, da luogo di vita e direlazione sono diventante delle infrastrutture per l’auto. I trasporti su gomma per persone e mercisono dunque ormai insostenibili per i costi umani, sanitari, economici che producono e ricadono sututta la società.

Le proposte

1. I cittadini e gli amministratori devono decidere senza alibi prendendo coscienza e

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conoscenza degli enormi guasti che questo modello di trasporti spande sulla società. Perquesto proponiamo l’introduzione, nell’ambito della programmazione finanziariapluriennale e annuale, del Bilancio Sociale e Ambientale per una Mobilità Sostenibile. Talebilancio deve evidenziare i costi umani, sociali, sanitari, ambientali, economici e gli sprechiche i trasporti producono sul territorio, in modo che nessuno possa prescinderne nelmomento delle scelte. In secondo luogo, tale Bilancio deve contenere gli obiettivi dicambiamento e le scelte coerenti di carattere finanziario e politico da trasferire nei piani disettore: Piani Urbani di Mobilità (PUM) ed altri strumenti urbanistici; é fondamentale chetale procedimento avvenga in forma partecipata.

2. Nello specifico vanno aumentati in modo progressivo i finanziamenti al trasporto pubblicocontrastando la tendenza e la scelta filo mobilità privata delle manovre finanziarie delgoverno di destra. Allo stesso modo va aumentata la velocità commerciale dei mezzi conradicali politiche del traffico migliorando per questa via l’efficacia e la qualità del servizio.Così va pontenziato il trasporto taxi nelle ore notturne per donne, giovani e lavoratoriturnisti con la possibilità di prenderli con un biglietto bus e con rimborso del resto da partedel comune.

3. Attraverso la logistica si deve operare una riorganizzazione complessiva del trasporto mercinelle città e zone limitrofe con l’obiettivo possibile di una riduzione dei camion circolantidel 25% per ognuno dei prossimi due mandati amministrativi

4. E’ necessaria un’integrazione tariffaria fra i vari mezzi. Nei centri delle città dove i viaggisono sempre brevi proponiamo biglietti ridotti: 50 centesimi per 30 minuti.

5. Ad un servizio pubblico deve corrispondere una gestione pubblica delle aziende

h) URBANISTICA E PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE

Altro nodo programmatico decisivo è per noi il territorio, inteso come patrimonio di beni e risorsemateriali e immateriali da tutelare e valorizzare. Dobbiamo opporci con forza alla proposizione dimodelli di sviluppo fondati sulla speculazione territoriale, tanto in termini di urbanizzazioneedificatoria quanto di insediamenti produttivi inquinanti.

Punto d’importanza fondamentale per il futuro delle città e dei territori è quello dellaprogrammazione urbanistica. E’ evidente che il governo di centro destra intende promulgare la finedel governo pubblico del territorio, la sua irreversibile privatizzazione, la resa senza condizioni agliinteressi fondiari e di speculazione edilizia.

Per contrastare in maniera adeguata ed efficace la nefasta prassi dell’urbanistica “contrattata”,vanno individuati adeguati strumenti finalizzati a restituire significato e cogenza agli strumenti diprogrammazione pubblica del territorio e dei suoi usi:

◦ una precisa normativa sulle destinazioni d’uso dei suoli che definisca con precisione erigore quello che si può realizzare in un determinato comparto e con quali modalità;

◦ una altrettanto rigorosa e precisa definizione della parte più propriamente normativadegli strumenti di programmazione del territorio;

◦ il rigetto della prassi di ricorrere alla monetizzazione delle aree standard: per ogniintervento urbanistico va garantita la cessione al Comune delle aree standard dovute;

◦ il rigetto della prassi di ricorrere allo scomputo degli oneri di urbanizzazione che devonoessere pagati al Comune evitando che i privati realizzino direttamente le opere inscomputo oneri;

◦ la limitazione del rimando a piani speciali per l’attuazione del piano regolatore generale.

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In genere si tratta dei cosiddetti “programmi o piani complessi” ( P.I.I., P.R.U. P.U.A.ecc…) che nella maggior parte dei casi introducono varianti e deroghe molto pesanti alpiano generale e sono gli strumenti prediletti per l’attuazione dell’urbanistica contrattata;

◦ la riconduzione al consiglio comunale dell’esame preventivo di ogni accordo diprogramma o protocollo d’intesa avente a oggetto il territorio e le opere pubbliche.

E’ necessario garantire un controllo delle trasformazioni anche alla scala edilizia, attraverso ilRegolamento Edilizio che ha lo scopo di qualificare e classificare il patrimonio immobiliare,incentivando l’uso di tecnologie ecocompatibili capaci di migliorare la qualità dell’abitare oltre cheridurre i consumi energetici, idrici, ecc.

Attraverso i regolamenti edilizi va ovviamente contrastata la normativa sulla casa portata avanti dalGoverno Berlusconi ( il cosiddetto piano casa e le relative normative regionali di applicazione e daultima la ambigua normativa di accatastamento delle cosiddette case-fantama) che rischia dilegalizzare un vero e proprio saccheggio edilizio e del territorio prevedendo la possibilità diaumentare del 20% le cubature di edifici residenziali e commerciali in deroga ai piani regolatori.Come Federazione della Sinistra pensiamo che questa sostanziale liberalizzazione dell’abusivismoedilizio avrebbe effetti devastanti sul territorio.

i) UNA NUOVA POLITICA ABITATIVA

E’ in questo contesto che deve essere programmata una nuova stagione per l’affermazione deldiritto alla casa e il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica.

IL “DISAGIO ABITATIVO” Il governo Berlusconi ha cancellato i finanziamenti della leggenazionale n°9/2007 sul disagio abitativo in sostegno alle categorie deboli, da noi fortemente voluta,che predisponeva strumenti tesi ad affrontare l’emergenza costruendo al tempo stesso la base dipartenza per interventi strutturali di una nuova politica del diritto alla casa.

I Comuni negli ultimi anni hanno sempre più difficoltà ad attuare una politica sociale che garantiscaattraverso l’ edilizia pubblica il diritto alla casa ai soggetti più deboli e non ha grandi strumenti percontrastare l’ aumento dei fitti e gli sfratti.

Serve, perciò, una nuova politica nazionale e regionale per la casa per la quale i Comuni e le loroassociazioni devono battersi con più forza a tutela di un diritto costituzionale: in particolare lenostre proposte sul tema riguardano:

◦ abolizione del canale libero dei canoni per le abitazioni, e rafforzare la trattativasindacale territoriale per il canone concordato. L’introduzione della cedolare secca sugliaffitti-prevista nel”federalismo municipale” va in senso opposto in quanto è un premioalla rendita e penalizzerà ulteriormente gli inquilini che non godranno di nessunaagevolazione fiscale;

◦ obbligo all’affitto a canone sociale e sostenibile per gli alloggi delle grandi proprietàpubbliche;

◦ certezza del diritto al sostegno all’affitto, anche attraverso finanziamenti regionali ecomunali, per sostenere le famiglie che hanno difficoltà a corrispondere lo stesso canoneconcordato;

◦ loccare tutti i progetti di dismissione del patrimonio statale ed ERP, e recupero delpatrimonio fatiscente inutilizzato;

◦ - partecipare con fondi statali ed europei, attraverso la Conferenza Stato – Città –Regioni, ai processi d’acquisto e ristrutturazione nei centri storici, per allargare ilpatrimonio pubblico o misto e gli affitti socialmente sostenibili, sperimentare e

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incentivare l’autocostruzione e l’autorecupero favorendo, a tal fine, la costituzione e ilsostegno di cooperative di nativi e migranti;

◦ iniziative sociali e umanitarie per offrire una sistemazione ai senza tetto;

◦ etendere la tutela verso i nuclei familiari colpiti da sfratto per morosità incolpevole;

◦ costruire un vasto schieramento politico istituzionale per una proposta legislativa dimodifica della legge 431\98, e per l’individualizzazione delle risorse per l’ediliziaresidenziale pubblica.

Dobbiamo rivendicare l’istituzione di sportelli informativi (uffici casa) nei comuni dove non cisono; per affrontare l’emergenza abitativa occorre costruire come nostra iniziativa politica centrid’ascolto capaci di fornire indicazioni e sostegno anche legale per contrastare il mercato nero dellelocazioni, ed offrire possibili soluzioni ai soggetti sfrattati.

j) LAVORO E FORMAZIONE PROFESSIONALE

Come abbiamo già detto la crisi morde ferocemente il mondo del lavoro. I dati sulla disoccupazionesono rivisti costantemente e rapidamente in rialzo. L’Unione Europa è passata da una previsione di3.5 milioni di disoccupati a oltre 6 milioni. Così accade in Italia; ma il dato significativo è che oltrela metà è donna.

La questione del lavoro è dunque la principale questione sociale e politica. Su questo temamisureremo le possibili alleanze. Abbiamo già esposto le nostre proposte generali per lasalvaguardia del lavoro, contro i licenziamenti per l’estensione della cassa integrazione e per ilsalario sociale. Vogliamo ora individuare il ruolo e le competenze specifiche degli enti locali, inparticolare delle province, sul tema del lavoro e della formazione professionale da mettere al centrodei nostri programmi .

Va in primo luogo ribadita la priorità della valorizzazione del collocamento pubblico comestrumento per perseguire l’obiettivo di un lavoro “buono” stabile e non precario, sicuro e con idiritti. Infatti, a partire dal Decreto Legislativo n. 469 del 23/12/97, il sistema di collocamento vienegestito attraverso le Amministrazioni locali che meglio riescono a soddisfare le esigenze del proprioterritorio.

Ai Centri per l’Impiego spetta il compito di fornire proposte d’inserimento lavorativo, formazione eriqualificazione professionale, attuando una strategia di prevenzione contro la disoccupazionegiovanile o quella di lunga durata.

Prioritario diventa allora difendere il carattere pubblico di queste strutture dei servizi per l’impiegoimpegnando le province a contrastare quegli aspetti della legislazione nazionale che impone tagli alpersonale, o esternalizzazione e precarizzazione.

Una gestione locale e pubblica dell’ accesso al lavoro deve porsi alcuni obbiettivi prioritari:

◦ svolgere un continuo monitoraggio della realtà produttiva locale, individuando leesigenze del mercato del lavoro, favorendo l’ incontro fra domanda e offerta;

◦ favorire un sistema informativo capillare per un primo orientamento al lavoro attraversola rete degli enti interessati, come sportelli“informagiovani”, URP comunali, istituzioniscolastiche, associazioni di categoria, ecc.;

◦ vanno definiti progetti formativi d’inclusione sociale finalizzati a rimuovere lediscriminazioni nell’ accesso al lavoro delle figure più deboli come i disabili, le donne, imigranti, i precari e i disoccupati di lunga durata, al sud in particolare;

◦ i centri per l’impiego devono contribuire, d’intesa con altre istituzioni, a combattere illavoro nero e ad aumentare la sicurezza sul lavoro.

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In questo quadro va collocato il ruolo del sistema della Formazione Professionale.

Vanno innanzitutto contrastati, attraverso un uso mirato delle risorse economiche, i provvedimentigovernativi volti all’assolvimento dell’obbligo d’istruzione nei Centri di Formazione Professionaleo, addirittura, nell’apprendistato in azienda.

Occorre orientare il sistema della formazione professionale alle fasce più deboli sia dei giovaniinoccupati che dei lavoratori espulsi dal processo produttivo individuando soluzioni formativecapaci di difendere l’occupazione.

E’ necessario:

1. rivendicare la creazione e il potenziamento di centri di formazione professionalepubblici, la predisposizione di piani formativi che tengano conto sia delle esigenze disviluppo alternativo del territorio (ad esempio sviluppare competenze nel settore delriciclaggio e del riuso dei materiali o nel campo delle energie alternative), coniugandolecon quelle di crescita culturale dei ragazzi;

2. rivedere i criteri e le regole dell’ accreditamento dei soggetti che operano nellaformazione professionale, attraverso l’individuazione di precisi vincoli quantitativi equalitativi; in particolare: il numero e l’adeguatezza agli obiettivi formativi delle sedi edelle attrezzature necessarie, la presenza di figure professionali specifiche e stabili(formatori, progettisti, coordinatori e tutor) necessarie a garantire percorsi formativi diqualità;

3. introdurre elementi di qualità e di maggior controllo sull’utilizzo delle risorse per quelche riguarda le convenzioni con i gestori privati;

4. individuare e sostenere percorsi di alta formazione post diploma per la specializzazionedi quadri tecnici e nuove figure professionali;

5. strutturare un’offerta di formazione continua e permanente di qualità sia per dare lapossibilità a chiunque ne senta l’esigenza di arricchirsi culturalmente, sia per chiperdendo il lavoro ha bisogno di ripensare e/o riadattare il proprio futuro, sia per chi habisogno di riqualificarsi o acquisire nuove competenze professionali.

Si tratta, in definitiva, di ridare dignità al sistema della formazione professionale, riscattandola dallatendenza, purtroppo assai diffusa in parti consistenti del Paese, ad operare per qualifiche di bassoprofilo destinate, nella migliore delle ipotesi, a ruoli marginali nel mercato del lavoro. Al contrario,occorre puntare su profili professionali ad elevato contenuto tecnologico e mirati allariqualificazione ambientale e produttiva del territorio, in raccordo con l’insieme delle politicheattive per il lavoro.

Attualmente, a causa delle politiche governative di deregulation, solo una percentuale molto bassadi inserimento nel mondo del mondo del lavoro passa attraverso i canali istituzionali. Per invertirela tendenza è necessario potenziare l’orientamento e sviluppare forti e strutturate sinergie tra gliosservatori, l’orientamento, la formazione e i centri per l’impiego pubblici.

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5. DIRITTI DI CITTADINANZA SOCIALE PER UN NUOVO WELFARE INCLUSIVO E PARTECIPATO. CITTA’ GIUSTE SICURE ED A MISURA DI DONNE E DI UOMINI.

a) WELFARE INCLUSIVO E NUOVI DIRITTI DI CITTADINANZA.

In questi anni la tendenza strutturale delle politiche neoliberiste è stata caratterizzata dal taglio deiservizi sociali. Questo ha prodotto che i diritti e la loro esigibilità sono divenuti una variabilesecondaria rispetto al contenimento della spesa pubblica.

Occorre ricordare, infatti, che l’attuale Governo ha nuovamente e drasticamente ridotto il FondoNazionale per le Politiche Sociali (FNPS) ed ha annullato fondi per la non autosufficienza, per lepolitiche di inclusione degli immigrati e per gli asili-nido, azzerando, di fatto, la parziale masignificativa inversione di tendenza sul finanziamento pubblico delle politiche sociali fortementevoluta dal PRC , durante il Governo dell’Unione.

Si vuole smantellare progressivamente lo stato sociale e il principio costituzionaledell’EGUAGLIANZA a favore di un welfare residuale e caritatevole, ben simboleggiato dallapropagandistica ed assolutamente inefficace introduzione della social card.

È necessario contrapporre, a livello locale, un modello universalistico che risponda ai bisogni,vecchi e nuovi, delle persone. Il nostro programma deve caratterizzarsi da una chiara ri-assunzionedi responsabilità del pubblico attraverso la sua presenza costante nell’articolazione del sistema diprotezione sociale, rifiutando logiche mercantili e di esternalizzazioni selvagge. Le realtà del terzosettore, indispensabili nelle politiche del welfare locale, devono esercitare la loro funzione pubblicaallargando la sfera dei servizi e delle prestazioni sociali in sinergia con l’ente pubblico e non insostituzione dello stesso.

Va, perciò rilanciato l ’obiettivo di una pianificazione partecipata degli interventi sociali: il PIANODI ZONA deve diventare un vero e proprio cantiere sociale, dove la programmazione si basa sullalettura partecipata dei bisogni e la gestione la rispetta fino in fondo, affidando la valutazione dellaqualità dell’offerta direttamente alla cittadinanza. Proponiamo un’alleanza territoriale tra istituzioni,terzo settore e cittadini per rilanciare un modello di welfare in grado di attivare un circuito virtuosofinalizzato a garantire contemporaneamente diritti degli utenti e diritti dei lavoratori sociali.

Questo vuol dire, per noi, parlare di CITTÀ GIUSTE. Nella crisi economica attuale non bastanopiù solo enti locali efficienti amministrativamente (capaci di affermare una corretta gestione di “città normali“, che pur consideriamo positive rispetto a quelle caratterizzate da gestionidiscrezionali se non addirittura clientelari ) servono Comuni che promuovendo l’EGUAGLIANZAe l‘INCLUSIONE SOCIALE, soprattutto dei soggetti più deboli e colpiti dalla crisi,AFFERMINO UN MODELLO DI CITTÀ che lavorano a rimuovere o a ridurre l’emarginazionesociale, le disuguaglianze, le poverta’. Insomma, servono CITTA’ GIUSTE .

Lo sviluppo delle politiche sociali va orientata su alcune priorità:

1. La massima integrazione delle politiche locali del welfare, che vada a contaminare larete dei servizi sociali, sanitari ed educativi al fine di garantire la presa in carico globaledella persona attraverso progetti individualizzati comprendenti la continuità degliinterventi da un contesto a un altro.

2. Rispondere ai bisogni delle persone non autosufficienti, dagli anziani alle persone condisabilità, avviando percorsi di deistituzionalizzazione e preferendo la domiciliarità degliinterventi. Questo sancirebbe, da una parte, il passaggio dall’esclusione all’inclusione

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sociale delle persone, dall’altra, un risparmio di risorse assorbite oggi dagli istituti.

In Italia siamo in presenza,infatti, di un aumento significativo della popolazione anziana.Si invecchia ma le condizioni di invecchiamento spesso coincidono con una condizionedi non autosufficienza. L’organizzazione attuale della sanità tende a dire chel’ospedalizzazione delle persone riguarda solo il tempo relativo ai ricoveri urgenti (chetra l’altro viene ridotto sempre di più). E’ necessario ,invece, puntare sull’ integrazionesocio-sanitaria delle politiche e delle risorse. Quindi è necessario che i comuni,attraverso il Piano di Zona, si organizzino per un lavoro sulla “continuità di cura”promuovendo ”tavoli “appositi con l’Azienda Ospedaliera , l’ASL., la rappresentanzadelle RSA. Ciò significa lavorare per avere “protocolli sulle dimissioni protette”, peravere servizi misti centralizzati per l’accoglienza dei bisogni legati alla nonautosufficienza .

Le Case di Riposo si stanno,infatti, trasformando in piccoli reparti ospedalieri. Ciò staproducendo un aumento dei costi giornalieri a cui non corrisponde un adeguamento deicontributi socio-sanitari da parte delle Regioni. Di conseguenza i costi vengono scaricatisui comuni e soprattutto sulle famiglie. A tutela di queste ultime, si deve chiedere alleRSA e ai servizi per la disabilità di far pagare le rette sulla base delle disposizioni delD.Lgs .vo 130 e successive modificazioni , prendendo a riferimento solo il redditodell’interessato e non delle famiglie, così come previsto dalle numerose sentenze uscitenegli ultimi tempi.

3. Promuovere la partecipazione diretta delle persone straniere ,anche di coloro che nonhanno ancora la cittadinanza , alla vita cittadina ed amministrativa. Inoltre è necessarioche i comuni prestino particolare attenzione alle “seconde generazioni”. Ormai unnumero considerevole di ragazzi di famiglie straniere, nascono in Italia e vivono nellenostre città . E’ necessario che i Comuni promuovano il protagonismo di queste nuovegenerazioni e si impegnino, attraverso le associazioni autonomiste, per il riconoscimentodella cittadinanza italiana dopo il loro compimento del 18° anno di età.

4. Ampliare l’intera offerta dei servizi. In particolare, vanno assicurati servizi perl’infanzia, che in Italia superano di poco l’11% rispetto alla domanda, con ripercussioninegative sull’educazione stessa dei bambini e sulle condizioni di vita e di lavoro delledonne, che spesso sono le sole a farsi carico della cura dei propri figli;

5. Impedire il ricorso al massimo ribasso da parte dei comuni per l’affidamento dei servizi,che origina un’offerta scadente e la precarizzazione dei lavoratori coinvolti. Infatti, pernoi ripartire dai diritti vuol dire anche ripartire dai diritti di chi lavora nel sociale, chespesso si trova in condizioni di precarietà e formazione inadeguata, pregiudicando lastessa qualità delle prestazioni offerte.

La proposta che avanziamo è, dunque, quella di praticare un’idea alternativa di welfare, chedefiniamo pubblico e sociale.

Occorre promuovere una cittadinanza sociale sessuata, che tenga conto della differenza sessuale eche avvii uno scambio tra le differenze culturali tra nativi/e stranieri/e.

Occorre intendere i piani di zona come l’insieme dei progetti di vita delle donne e degli uomini chevivono sul territorio, dalle politiche di accoglienza, a quelle di assistenza, a quelle di prevenzionedei comportamenti a rischio promuovendo il protagonismo e la presa di parola dei soggetti.

Le prestazioni ai servizi sociali devono essere rivolte alla generalità dei cittadini italiani stranieri,apolidi, richiedenti asilo e rifugiati che risiedono nel comune.

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b) ISTRUZIONE E DIRITTO ALLO STUDIO

Il sistema dell’istruzione è una risorsa fondamentale per la crescita della comunità locale. Le scuolevanno valorizzate come centri di promozione umana e culturale, di aggregazione sociale e dipartecipazione democratica. Al fine di favorire l’accesso al sapere dei cittadini e delle cittadine, conprioritaria attenzione per le fasce sociali deboli e a rischio di abbandono scolastico, è necessariopromuovere una serie di interventi che diano centralità alle politiche della conoscenza nelladimensione locale. La legge 133/08, attraverso un forte taglio delle risorse destinate alla scuolapubblica, ha prodotto un generale peggioramento della qualità dell’intero sistema d’istruzione.

◦ Prima questione: che dovrà essere affrontata è quella relativa agli spazi scolastici,poiché la normativa prevede un innalzamento del numero di alunni per classe per iprossimi anni. Le Province e i Comuni, nei rispettivi ambiti di competenza, dovrannoattivarsi per dare risposte concrete elaborando piani per l’edilizia scolastica conl’obiettivo della sicurezza, e dell’innovazione al fine di creare spazi moderni, adeguati(palestre, laboratori, mense) al passo con i tempi e funzionali a una scuola in cuil’alunno sia parte attiva e protagonista. Dovranno inoltre sostenere le scuole per far sìche nella formazione delle classi vengano rispettati i parametri di affollamento delle auleprevisti dal Testo Unico sulla sicurezza. Particolare attenzione sarà posta allapredisposizione delle proposte per i Piani di dimensionamento scolastico che non puòessere interpretato come un adempimento burocratico subordinato ad una logica“ragionieristica” che porterebbe alla chiusura e all’accorpamento di importantiistituzioni scolastiche periferiche, creando seri problemi di funzionamento e di rapportotra le varie sedi ed istituzioni scolastiche. Il Piano, al contrario, deve essere inteso comestrumento dinamico, una sorta di conferenza permanente nella quale gli Enti Locali,favorendo la partecipazione dei cittadini, si misurano concretamente con i bisognieducativi ed elaborano strategie di sostegno al diritto allo studio, sia allargando il piùpossibile il ricorso alle deroghe rispetto alla previsione di accorpamento delle istituzioniscolastiche, sia intervenendo per l’estensione della rete dei servizi, anche con un ruoloattivo nei confronti delle Regioni.

◦ Seconda questione: riguarda i costi della scuola e il sostegno al diritto allo studio: lariduzione dei finanziamenti alle scuole e dei trasferimenti statali agli Enti Locali staprovocando un aumento generalizzato della spesa per l’istruzione a carico dei cittadini,in aperta contraddizione con il principio costituzionale di gratuità della scuoladell’obbligo. Vanno quindi messe in atto strategie atte a garantire costi accessibili permense e trasporti, nonché la gratuità dei libri di testo almeno nella fascia dell’obbligo,anche prevedendo il ricorso al comodato d’uso gratuito.

◦ Terza questione: la riduzione del numero degli insegnanti e delle compresenzecomporterà una riduzione di ore a disposizione delle istituzioni scolastiche, ore che oggivengono usate per attività di recupero per gli alunni più in difficoltà o per corsi dialfabetizzazione per alunni stranieri. La promozione di politiche mirate all’inserimentodi studenti stranieri dovrà avvenire anche attraverso l’organizzazione di funzioni dimediazione culturale.

Saranno le amministrazioni che, all’interno dei Piani per il diritto allo studio, dovrannofornire risorse alle scuole perché possano continuare a effettuare gli interventi neiconfronti dei ragazzi che hanno maggiori necessità, prestando particolare attenzioneanche all’integrazione dei soggetti disabili, implementando biblioteche e laboratori,sostenendo progetti promossi dalle scuole per il potenziamento dell’ offerta formativa efinalizzati a ridurre la dispersione scolastica.

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◦ Quarta questione: la realizzazione di Scuole dell’ infanzia e di Asili nido pubblici, chedevono essere considerati un servizio per la collettività e quindi dovranno essereaccessibili a tutti anche alle famiglie con un basso reddito. Va esclusa, a maggior ragionein un momento in cui vengono ulteriormente tagliati i finanziamenti alle scuolepubbliche, la possibilità di prevedere finanziamenti comunali per l’istruzione privata.

c) CULTURA

Il governo Berlusconi ha tagliato drasticamente i fondi destinati alla produzione culturale mettendoin atto una riforma dei settori basata sulla privatizzazione dei saperi e della conoscenza i cui effettidisastrosi sono ormai sotto gli occhi di tutti: hanno chiuso o stanno chiudendo i teatri (il Duse diBologna); sono a rischio per mancanza di fondi le fondazioni lirico-sinfoniche – che necessitanoinvece di una profonda riforma che le trasformi in luoghi pubblici di conservazione della memoria,trasmissione della tradizione ma al tempo stesso spazi aperti al territorio, alla sperimentazione, allaproduzione culturale, alle scuole e alle università; chiudono le sale cinematografiche “di città”; ilnostro patrimonio culturale sta degradando sempre più. Gli effetti sul lavoro saranno disastrosi: siavrà non solo una drammatica estensione della disoccupazione, ma ci saranno ripercussionialtrettanto drammatiche in tutte le attività di impresa dell’indotto, che è estesissimo.

Compiti importanti allora possono e debbono svolgere da un lato le province – in particolare perquanto riguarda i beni culturali e la formazione – e dall’altro le amministrazioni comunali attraversopolitiche finalizzate a creare le condizioni culturali, economiche e sociali per accedere alla cultura.

La cultura ha un valore strategico sul piano economico per l’indotto che determina e più in generaleper lo sviluppo di questo paese, ma principalmente strategico per l’utile culturale e conoscitivo edunque sociale che produce. È quindi centrale ed irrinunciabile un forte impegno pubblico nelleattività culturali.

Cultura dunque bene comune, ma soprattutto diritto fondamentale: a tutti va garantito l’accesso allaproduzione e alla fruizione della cultura.

Nelle nostre città è sempre più diffusa la politica dei grandi eventi, mentre si è andato sempre piùrestringendo il numero di coloro che della cultura possono fruire. Le politiche dei grandi eventirestituiscono moltissimo in immagine e dal punto di vista economico per il Comune che lipromuove, ma in nessun modo influiscono sulla vita vera della città, sulle tante periferie, sui bisogniquotidiani, sulla possibilità di arrivare alla cultura nel proprio quartiere, nel rispetto delle possibilitàeconomiche di ognuno.

La politica culturale di un ente locale deve concentrarsi invece non solo sui centri storici, ma nelrestituire alle periferie la vita culturale che è stata loro tolta. Costruendo o riaprendo o potenziandoin tutti i luoghi delle città biblioteche, teatri, cinema, sale di registrazione per la musica, disperimentazione teatrale, case delle culture.

Per quanto riguarda allora le politiche concrete che i Comuni e le Province possono mettere in atto,si propone:

◦ la costruzione di momenti e luoghi permanenti di confronto, elaborazione e verifica conl’associazionismo e le forze sociali e culturali presenti sul territorio;

◦ leggi sul lavoro per creare ammortizzatori sociali per i lavoratori della produzioneculturale;

◦ politiche economiche per consentire ai giovani e a chi ha basso reddito di poter accederealla cultura: prezzi economici per cinema, teatri, concerti, libri, mostre;

◦ politiche di sostegno alle istituzioni culturali, ai teatri, alle sale di qualità;

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◦ convenzioni tra le scuole e le istituzioni culturali pubbliche e private (cinema, teatri,gallerie, musei, sale di concerto, biblioteche, eccetera);

◦ promozione e sostegno di tutte le forme di associazionismo realmente legate al territorio;

◦ trasparenza e rigore nella gestione delle istituzioni e trasparenza e rigore nelle nominenegli enti culturali, con bandi pubblici basati su curricula, professionalità e competenza;

◦ costituzione di vere e proprie “case delle culture” in tutte i Comuni e in tutte le periferiedelle grandi città: luoghi pubblici di incontro, partecipazione, produzione,sperimentazione, confronto, formazione e fruizione culturale, destinati soprattutto aigiovani.

• Beni culturali

Le Province possono assumere un ruolo determinante nel garantire la cura e la conservazione deibeni culturali non solo attraverso la piena assunzione delle deleghe regionali in materia dipianificazione urbanistica, ma anche attraverso quella delle deleghe in materia di valorizzazione egestione delle risorse ambientali e culturali del territorio, mediante specifici programmi triennaliadottati congiuntamente agli enti locali, soprattutto quelli di piccola e media dimensione. Enti checontribuiscano alla integrazione tra il complessivo sistema culturale e paesaggistico del loroterritorio ed il loro sistema socioeconomico e territoriale, contribuendo alla progettazione della reteecologica complessiva ed alla tutela dei centri storici dei comuni.

Proponiamo inoltre la costituzione di autonome strutture centrali di direzione e gestione per lepolitiche relative ai beni culturali e paesaggistici. Istituzioni pubbliche, sistemi museali, dotati di undirettore artistico, di un consiglio di amministrazione, di un competente comitato scientifico checoinvolga i direttori dei musei aderenti al sistema e le soprintendenze territorialmente competenti, diuna assemblea dei partecipanti istituzionali che coinvolga gli assessorati alla cultura degli enti localiaderenti al sistema. Una struttura su cui le Province possano investire in termini di personale daassumere a tempo indeterminato (archeologi, storici dell’arte, restauratori, conservatori, operatorimuseali, etc) ed in termini di risorse. Una struttura che, mediante lo strumento della convenzione,consentirà di ricondurre a sistema, incrementando gli standard di sicurezza e fruizione, l’enormepatrimonio culturale e paesaggistico di competenza degli enti locali sostenendo i comuni nelleproprie politiche culturali, ed indirizzando a tali politiche le risorse trasferite dallo Stato e dalleRegioni, le risorse proprie e quelle dei privati attratte da una forte politica culturale pubblica.

d) CITTÀ GIUSTE SICURE, SOCIALI, ACCOGLIENTI

Una CITTÀ SICURA non può non essere una CITTA’ GIUSTA. Il tema della sicurezza èsicuramente, infatti, un altro leit motive che viene utilizzato dalla destra (e non solo purtroppo)quotidianamente e ossessivamente, attraverso la costruzione dell’ideologia della paura, la pauradell’altro, del diverso.

Il problema della sicurezza dei cittadini va affrontato e non ci sono margini per speculare néstatistiche che tengano. Si tratta di un problema drammatico che deve essere valutato in tutta la suaportata e la sua serietà e non, come qualche volta si può pensare per motivi elettorali o per nonlasciare presa alla Lega e alle destre su questo punto.

Tra l’altro non ci sarebbe libertà ed uguaglianza se non fossero garantite, in primo luogo, la salute ela sicurezza. La città e i quartieri devono diventare luoghi di socialità, di costruzione di relazioni edi legami sociali, che sono gli unici veri presidi per la sicurezza dei cittadini e delle cittadine.

Solo così il tema della sicurezza potrà cessare di essere cavallo di battaglia della destra per politicherazziste e sicuritarie rese più pericolose dalla recente approvazione di norme che ampliano i poteri

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di ordinanza del Sindaco quale ufficiale di governo e, quindi, su materie di competenza dello Statocentrale.

Le nuove normative prevedono, infatti, l’armamento della Polizia Municipale, autorizzano laprivatizzazione della sicurezza attraverso le ronde, limitano i diritti dei migranti, a partire da quellodi essere curati senza essere denunciati e tendono a rendere ordinario l’utilizzo dei militari nellecittà per funzioni di ordine pubblico: si tratta di provvedimenti gravi, sbagliati e spessoanticostituzionali che, peraltro, non sortiscono nessun effetto concreto.

Le ordinanze dei sindaci contro i barboni o per la chiusura di pubblici esercizi frequentati dapresunti disturbatori della quiete pubblica o per il facile smantellamento dei campi rom non siaccompagnano, negli enti locali, alla progettazione di veri interventi in tema di sicurezza.

Cosi s’innestano guerre contro i presunti unici responsabili delle azioni criminali, degli stupri edelle rapine, individuati solo negli extracomunitari e nei rumeni. Un’assurda guerra tra i penultimi egli ultimi della società.

Utilizzare le risorse per operatori e operatrici di strada per rendere le città visibili e sicure. Un veroe proprio programma va costruito per il rispetto e la dignità delle persone migranti, con particolareattenzione a casa, lavoro, istruzione e formazione. Attrezzare i campi rom per quei nuclei che fannodel nomadismo una scelta di vita, dotare gi altri nuclei di strutture sociali dignitose, di mediatori emediatrici culturali, di centri donne, anziani/e e bambini/e.

Insomma:

◦ dare dignità e diritti a stranieri e straniere;

◦ istituire case per donne maltrattate e violentate in fuga dagli autori di molestie e violenzeper loro, le loro bambine, i loro bambini;

◦ istituire un osservatorio di genere per l’infanzia e un percorso di formazione d’identitàsessuata a partire dalle scuole materne (è un bel modo per combattere il bullismo);

◦ formulare veri e propri “progetti carcere” per uomini e donne ristretti/e dentro e fuori ilcarcere, percorsi di ricostruzione di identità violate, distorte, umiliate;

◦ presidiare la città vuol dire rompere la solitudine, mettere in grado la popolazione diinteragire, relazionarsi, partecipare;

◦ rispondere alla richiesta di ordine pubblico con l’organizzazione di spazi pubblici dellacittà e nelle scuole, momenti di confronto fra operatori della formazione e utenti(ragazzi, genitori, assistenti sociali) per combattere la violenza maschile sulle donne,anche in famiglia.

◦ Un chiaro e preciso programma di tutela della sicurezza quartiere per quartiere, stradaper strada deve essere elemento imprescindibile del programma del PRC: ufficiparticolari disponibili a ogni orario per le richieste di aiuto, assistenti sociali disponibili aogni collaborazione con i cittadini e a ogni attività di formazione e sensibilizzazione,presenza costante, continua e percepibile dell’ente pubblico con funzioni di presidiodella sicurezza, agente come tale e avvertito come sostegno dalla cittadinanza.

Occorre, quindi, ripartire da un’altra idea di città.

Le nuove amministrazioni devono, insomma, saper praticare una politica di nuova apertura sociale eculturale verso tutti i soggetti in città, praticando una politica che valorizzi in tutti i campirinnovamento generazionale e differenza sessuale.