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Annalisa, come tante altre donne, ha un sogno nella sua vita: diventare mamma. Ma come spesso succede, i sogni a volte si infrangono nel confronto con la realtà: a lei viene diagnosticata una grave malattia che può portarle via non solo i sogni, ma la sua stessa vita.Fortunatamente, molte volte la voglia di vivere, unita alla determinazione di realizzare i propri sogni, può cambiare il corso degli eventi.Come l’araba fenice rinasce dalle proprie ceneri dopo la sua morte, così Annalisa rinasce con la vittoria contro la sua stessa malattia. In fondo, “eroe” è colui che riesce a sostenere il confronto con le proprie debolezze ed i propri limiti e ad illuminare così le zone buie.In questo libro una storia avvincente che infonderà al lettore coraggio e speranza.

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ISBN 978-88-6332-

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ia vera

Valter Giraudo

L’araba fenice

Rinata dalle ceneri della mia malattia!

Cronaca di una storia vera

Illustrazioni di Laura Montanari

Edizioni Miele

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Il romanzo è ispirato ad una storia vera. Qualsiasi riferimento a persone esistenti (autorizza-zioni escluse) è puramente casuale.

La riproduzione, modifica, vendita o altra distribu-zione, con qualunque mezzo, anche digitale, nonpreviamente concordata con l’autore, è vietata esarà perseguita per violazione dei diritti di copyri-ght secondo le norme vigenti in Italia e a livellointernazionale.

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Dedicato a tutti coloro che lottano ogni giorno per guadagnare secondi preziosi di vita.

Dedicato a Annalisa Deserti, grande esempio di vita,che ha vissuto in prima persona questa storia, a suomarito Claudio e a suo padre Luciano, che hannoavuto la forza ed il coraggio di raccontarmela. Un sentito grazie anche a tutti i medici qui citati colloro vero nome e all’associazione Alcli: tutti lorohanno contribuito ad impreziosire questo libro.

Un ringraziamento speciale a mia moglie Laura,eterna musa ispiratrice e importante sostegno.

Dedica speciale ai miei figli Giorgia e Nicolò, aimiei genitori, a Andy, Stefy, Alex, e Sergio, al miomaestro Daisaku Ikeda e ai miei amici Tony, Mauroe Adriano.

Grazie anche a Barbara Miele, per aver creduto inme e per avermi sempre incoraggiato e sostenuto.

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L’Araba fenice

I miei occhi spentiguardano altrove,

oltre i soliti luoghi:ma vedo sempre e soltanto

luce che muore.Non è il fuori,

ad esser cambiato:è qualcosa che parte da dentro,

d’amaro velato.Tu sii maledetta,

oscura forzache cerchi di logorarmi

e di spegnere la vita mia.Scopro solo orabrandelli di me

che somigliano arelitti marci.

Ora più che mai è il casodi creder a chi dice

che dalle cenerisi può rifiorirecome nel mito

dell’araba fenice.

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Capitolo 1

“La vita è fatta di rarissimi momenti di grandeintensità e di innumerevoli intervalli.

La maggior parte degli uomini però, non cono-scendo i momenti magici, finisce col vivere solo gli

intervalli.”Friedrich Nietzsche

Stasera mi sono fermata a pensare, complice lapioggia e un mezzo pomeriggio di pigrizia, di vogliadi solitudine e di casa. Ed eccomi qua, con millepensieri e una piccola e sostanziale riflessione: farmemoria ogni giorno delle cose vissute. Sono passati sei anni da quel fatidico giorno e anchese non è facile ripercorrere le tappe di un vero e pro-prio incubo, tutto è rimasto nitido nella mia mente.Prima di allora la vita per me era stata tutta “rose efiori” come in una bella favola e non so ancora seper me sia giunta l’ora del lieto fine.Una cosa è certa: porterò con me profonde cicatriciche mi segneranno per sempre il corpo e l’animaperché un’esperienza come quella che ho vissuto tisegna e ti cambia nel profondo. Nulla sarà più comeprima.

Ho deciso di raccontare la mia storia perché sentivodi dover far conoscere a tutti i veri aspetti di questoincidente di percorso, non soltanto quelli negativi.Spero che molte persone leggendo questo libro pos-sano vedere gli occhi di una donna felice che ora,

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dopo tante sofferenze, sta finalmente riassaporandola vita. Voglio incoraggiare proprio te, mio caro let-tore: non smettere mai di lottare perché è proprio neimomenti più bui che bisogna reagire, per poter far siche tutto ciò che ci sembra impossibile si riesca asuperare e tu possa un giorno sentir nascere dentrodi te la forza, l’invulnerabilità per affrontare qual-siasi ostacolo. Non perdere mai la speranza e lafiducia, non perdere tempo a maledire la vita olamentarti, lotta finché è nelle tue possibilità, senzamollare mai. Solo così, quando vedrai rischiarire iltuo cielo, potrai dire “ce l’ho fatta” e tornerai dinuovo a sorridere al tuo mondo che per adesso sembra oscurarsi.

A volte, ascoltando una canzone, ti ritornano inmente degli episodi della vita che ti lasciano un sorriso sulle labbra, perché sai di aver sconfitto undiavoletto cattivo che voleva distruggerti, che cercavadi annientarti in un attimo con un semplice schioccodelle dita... ma non ci è riuscito perché chi è forte eama la vita è indistruttibile.

La vita...Com’è imprevedibile la vita...Forse è bella per quello: perché non conosci cosa tiriserva il domani. Così ogni istante è sempre unasorpresa e, se goduta appieno, è sicuramente il piùbel regalo che un Essere Umano possa ricevere.I nostri sogni nascono e si infrangono in continua-zione e le nostre vite, come le nostre priorità, cambiano ogni istante. Non c’è niente di certo nellavita. È come giocare alla roulette: non sai mai dove

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andrà a finire la pallina. Questa irresolutezza permolti è disarmante... solo per pochi è fonte digioia...L’incertezza del domani ci sovrasta a piene mani. Ciattende un futuro sereno e piacevole o sarà come unkiller in agguato? E il nostro domani? Come saràmai il nostro domani? Io so per certo che il mio“domani” sarà come una nuvola: sempre in muta-mento, si distruggerà e si rinnoverà senza schemi,senza preavvisi.È proprio il “viaggio nell’ignoto” che sempre di piùci colpisce e che tante volte ci lascia increduli esenza parole. Non comprendiamo, di conseguenzanon accettiamo. Ci disperiamo nel profondo delcuore e ci aggrappiamo a questa terra che pare l’unica certezza. Eppure, se guardiamo il cielo, seosserviamo un fiore, se ascoltiamo la voce cristallinadell’acqua, se impariamo a percepire il rumore delsilenzio o se lasciamo scivolare il nostro sguardooltre il confine del cuore, possiamo percepire nitida-mente il respiro della nostra vita immortale.Il corpo che abbiamo è la “macchina” che ci permettedi viaggiare su questo pianeta, ma la nostra veravita, la nostra essenza divina, passa oltre quel gra-nello, quel puntino nello spazio che è chiamatoTerra. Noi lo sappiamo, lo sentiamo. Ma sovente ildolore ci rinchiude nel “granello” e la paura ci bloccaoscurando la vista interiore.Bisogna imparare a “respirare l’infinito” per diven-tare consapevoli della “realtà luminosa” che è giàparte della nostra piccola vita in questo luogo del-l’universo. Bisogna andare oltre la mente per cono-scere ed accettare la saggezza del “divenire”, l’essere

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ciò che siamo, la consapevolezza di essere “fram-menti immortali” e indistruttibili dell’universo. Lerisonanze dell’immenso universo che ci circonda enel quale siamo immersi come una goccia nell’oceano,sono dentro di noi, in ogni nostro respiro, in ognibattito del nostro cuore. Gli impulsi d’amore che nescaturiscono sono come finestre che si aprono versoil cielo, respiri cosmici dell’anima.

Questa è la vita... un bene prezioso, insostituibile...Eppure... noi la diamo per scontata. Si apprezza cosìpoco la vita, anzi tanto spesso la si disprezza, perchéla si osserva solamente dal punto di vista del proprioegoismo. Si guarda solo alla vita presente ed allapropria sete di piacere e di potere. Sovente l’oscuritàche ci avvolge ci impedisce di giungere a manifestarela nostra vera personalità e limita la nostra vitaimpedendoci di manifestarne tutta la sua estensione.Tutto questo succede finché non arriviamo al puntoin cui rischiamo di perderla... allora, solo allora,capiamo l’importanza e la preziosità della nostravita.Eh... che stupidi siamo a volte: non solo non apprez-ziamo la vita, ma crediamo che la felicità dipendasolo dal possedere beni materiali. Ci disperiamo senon abbiamo l’auto nuova o il cellulare all’ultimamoda. Ci sveniamo per essere sempre in sintonia colconsumismo che ci divora e ci standardizza. Così lafelicità diventa come l’orizzonte: non si raggiungemai.Questa è l’opinione comune, e in effetti vedo tantagente che si affatica per raggiungere uno stato dibenessere e di felicità che sembra non arrivare mai,

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finché si conclude con amarezza che la felicità nonfa parte di questo mondo. Forse esisterà in quellodell’al di là… se mai c’è un “al di là”.Tanti, invece, si disprezzano. È sorprendente pensareche l’uomo sia l’unico “animale” della terra capacedi disprezzare se stesso, di svalutare la propria pre-senza nell’universo. Mi viene difficile immaginareun leone insoddisfatto della propria forma psicofisicao capace di colpevolizzare la propria aggressività.Noi esseri “evoluti” lo facciamo praticamente tutti igiorni, ignorando che dentro di noi c’è qualcosa dimolto più prezioso e fantastico che un’infinitagamma di possibilità: dentro di noi c’è la vita uni-versale. Che cos’è il disprezzo di se stessi? È unsentimento di auto commiserazione e svalutazionedi se stessi. È sentirsi indegni o troppo inferioririspetto agli altri o all’opera da compiere.Quando l’apprezzamento di se stessi è basso o nega-tivo, giungiamo a credere che non c’è nessun poten-ziale in noi e che mai otterremo qualcosa di impor-tante nella nostra vita. Ci vediamo insignificanti,tanto inutili che smettiamo di fare qualcosa. Ci con-vinciamo che la nostra vita non ha un senso e chenon importa in realtà la nostra opinione o la nostrapartecipazione.Questo disprezzo di sé stessi, ci obbliga a restarefermi e, di conseguenza, perdiamo grandi opportunità.

Come tutti, anch’io sono partita di corsa alla ricercadi questa felicità, e come tutti pensavo di raggiun-gerla migliorando le mie condizioni economiche,nel possedere una bella casa, ecc. E, sicuramente,non sempre esaltavo le mie capacità, a volte anche

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io mi sottovalutavo.Prima di conoscere la mia malattia, pensavo che unavolta ottenuto il benessere economico sarei statafelice. Anzi, pensavo addirittura che certe cose nonmi potessero mai toccare. Si, la malattia è sempreesistita, ma riguardando esclusivamente “altri”all’esterno della mia famiglia, per me era come sefosse “inesistente”… E così fanno molti, finché nonvengono toccati direttamente, finché non si rendonoconto che “gli altri siamo noi”, come dice UmbertoTozzi in una sua canzone

“Noi che stiamo in comodi desertidi appartamenti e di tranquillitàlontani dagli altrima tanto prima o poi gli altri siamo noi.oh oh oh...in questo mondo piccolo oramaigli altri siamo noi.”

Quindi il mio concetto di felicità, come per tantialtri, veniva sempre dopo qualcos’altro: dopo ildenaro, dopo la salute, dopo la serenità, dopo averrisolto i miei problemi, dopo… dopo… dopo… ecosì mi passava davanti la vita.Il rischio? Che un bel giorno ti accorgi di esserediventato vecchio, ma la felicità non è arrivata, haisolo sistemato alcune cose della tua esistenza, haiuna pensione, forse una casa, e dei figli che si pren-dono cura di te. Ben poco rispetto a quello che tiaspettavi, anzi, facendo un consuntivo ti accorgi chei momenti felici sono stati ben pochi rispetto aimomenti di dolore, preoccupazione, rabbia.

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“È davvero così triste la mia situazione?”, mi chie-devo sovente.Mi sono messa a pensare, e dopo attente riflessionisono giunta a delle conclusioni molto incoraggiantidi cui voglio farti partecipe.La felicità esiste ma è sbagliato il modo con cui lacerchiamo. Esplorando il mondo invisibile, ho tro-vato fiumi di felicità e di gioia di cui non percepiamola presenza, perché i nostri sensi sottili sono atrofiz-zati, i nostri canali energetici sono ostruiti, e siamopieni di blocchi a livello interiore. La vera felicitàviene dall’interno, dal nostro essere profondo. Lafelicità non dipende da fattori esterni, da ricchezza oaltro, e non costa niente. Ci sono persone che nellavita hanno tutto e sono infelici, perché pretendonodi ricevere la felicità dalle cose materiali e dall’e-sterno. C’è tanta gente che nonostante sia ricchissima,soffre di depressione, mentre c’è gente poverissimama dal cuore contento.Con ciò non voglio dire che bisogna essere poveriper essere felici, ma non bisogna illudersi che i benimateriali possano renderci felici.La felicità è una scelta di vita, sembra strano ma ècosì. Noi nella vita facciamo delle scelte, alcuneconsapevoli, la maggior parte inconsapevoli.Paradossalmente mettiamo sempre la felicità comepunto d’arrivo di un percorso lunghissimo, che nonraggiungeremo mai.Proviamo allora a cambiare prospettiva e metterla alprimo posto, come punto di partenza e ad adeguaretutto il resto alla nostra felicità. Io ci sono arrivatadopo questa mia esperienza di malattia. Spero che tupossa arrivarci prima...

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L’unica cosa che ancora una volta mi viene da sottolineare è che “la nostra vita è breve, precaria, eimprevedibile” e quindi è nostro dovere vivere ognicosa e ogni giorno nel modo migliore, senza riman-dare a domani ciò che può essere fatto oggi, senzainterrogarsi troppo su quanto sia giusto o no.Vivere, assaporare ogni cosa che ci sfiora, senzarinunciare alle emozioni, senza rinunciare a com-portarsi come si vorrebbe perché siamo qui a farcisolo delle grandi seghe mentali. Certo, non che conquesto possiamo avere l’alibi di calpestare il mondo,ma sicuramente abbiamo il diritto di sentirci liberidi essere… essere veramente “se stessi”, non solodi apparire.Quante volte ho rinunciato a essere me stessa perchéera sconveniente, perché forse avevo paura, perchéa volte rinunciare alle cose è più semplice che provarci. Quante volte…Oggigiorno se mi guardo intorno, e anche indietro,sono ogni volta più convinta che vale sempre lapena andare avanti, buttarsi e provare, vivere appienola vita, sentire scorrere l’adrenalina nelle vene… ese poi si cade, si sbaglia, si cambia... beh... ci si rialza.In fondo, l’importante non è “non cadere mai”, ma“sapersi sempre rialzare dopo una caduta”.Credo che nulla succeda per caso in questo universo,dobbiamo solo imparare a capire cosa quell’episo-dio ci vuol veramente insegnare... Non solo: hocompreso con la mia esperienza che ciò che eraaccaduto era proprio quello che in quel momentovaleva la pena per me vivere….C’è anche chi non ha potuto scegliere, o meglio avreb-be scelto ma la sua scelta non è stata rispettata...

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Beh l’esperienza insegna, l’importante è non dimen-ticare la lezione velocemente… e allora amiamo sevogliamo amare, sorridiamo se vogliamo sorridere,piangiamo se ne sentiamo l’esigenza, rinchiudiamociin casa se ci va di farlo e mescoliamoci alla gentequando il senso di solitudine ci prende alla gola.Siamo Esseri Umani, non possiamo controllaretutto: se mi va di arrabbiarmi mi arrabbierò, se mi vadi cantare lo farò a squarciagola, se ne avrò vogliami vestirò di nero anche se fuori ci sono 40 gradi edi bianco anche mentre diluvia, senza rimandare adomani nemmeno la scelta del colore… vivendo,assaporando, gustando ogni gesto e ogni piccolasensazione…. Ringraziando ogni episodio che lavita mi riserva, ringraziando di cuore tutti coloroche camminano al mio fianco e anche tutti coloroche non ci sono più ma che hanno lasciato una traccia nel mio cuore…

A tal proposito mi viene in mente il dolce ricordo dimia nonna: una grande donna che sapeva godersi lavita, che ha saputo cogliere ogni attimo finchél’alzheimer non se l’è portata via. Lei, maestra digioia e di vita.

Ricordo in particolare un episodio avvenuto duranteuna gita in montagna. Lei camminava in quel pratopieno di fiori e sapeva dove stava andando.L’ombrello che portava le serviva per ripararsi siadal sole, sia da un’improvvisa pioggia. Previdente,ma sicura. Era pronta per ogni evenienza: non le ser-viva altro. In quel frangente ho preferito rimanere insilenzio e soffermarmi a guardarla. Avevo la

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sensazione che possedesse un’arte: quella di nonavere un orologio in testa, di non porsi tanti perché,né affannarsi a fare domande a cui non avrebbesaputo dare risposte. Avevo l’impressione però chesapesse qualcosa di essenziale: vi sono cose chescompaiono e cose che restano. Cose che vale lapena vivere e altre che non valgono un minuto dellanostra vita. Che basta fermarsi e guardare per capiredove e verso cosa andare. Che è sufficiente attardar-si un attimo per comprendere dove ti porta ogni stra-da e scegliere quella che senti di più tua. Lei avevascelto il prato, non il sentiero. Perché? Semplice. Ilprato brulicava di vita ed a lei piaceva starci inmezzo, come una dei tanti esseri che lo abitavano.Cercava la strada in cui meglio poteva assaporare ilsenso della vita. Dove la vita muore e rinasce in uncircolo eterno a cui essa stessa apparteneva.

E io? E noi? Siamo artefici del nostro destino o inbalìa degli eventi?Siamo in grado di creare il mondo attorno a noi, diinfluenzare il corso degli eventi, di determinare lanostra salute e il nostro lavoro, o siamo come mario-nette alla mercé della vita?Ci sentiamo stanchi e afflitti quando un amico si rivela poi il nostro più grande nemico, quandoscopriamo che le nostre convinzioni sulla onestà e integrità degli altri vanno in frantumi, quandodemoliamo le nostre illusioni positive su chi ci circonda, quando eravamo aggrappati ad esse comeuno scalatore è aggrappato alla roccia. Pensiamo di conoscere gli altri tanto da poterne prevedere icomportamenti e ci stupiamo se scopriamo che il

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nostro parrucchiere di fiducia si brucia vivo, se unnostro parente si comporta da marito e da amante, seun professore da noi stimato si rivela un pervertito! Perché ci stupiamo?Perché non osiamo pensare che la vita è imprevedi-bile e che gli altri sono per noi imprevedibili?Forse perché altrimenti vivremmo in uno stato di insi-curezza continua che porterebbe un continuo stato didisagio, perché nessuno avrebbe più fiducia nel vicinodi casa che chiede di entrare perché gli serve il sale,perché nessuno si sposerebbe più, perché la pauradominerebbe su qualunque altra emozione.E se la vita è imprevedibile per gli altri, se tutti glialtri sono al contempo imprevedibili, noi come pos-siamo pensare di essere esenti a questa legge?

La vita, così com’è, è un enigma per me. Io nonordino tutto quello che la vita mi porta, eppure nonsempre posso respingere la merce. Può sembrareche la vita causi distruzione, ma poi tuttavia pensoche a causare distruzione potrei essere io...

Dalla mia esperienza ti suggerisco di non vedere lavita come un campo di battaglia, ma piuttosto comeun terreno d’incontro. C’è in atto una conferenzacon migliaia di partecipanti. Non sei l’unica melanel mucchio. Ci sono da considerare le vite di altri ei loro interessi. Allo stesso tempo, non c’è nulla daconsiderare, se non andare avanti partendo da dove titrovi per poi scoprire dove atterri successivamente.Forse hai appena avuto una spinta.

Tu sei una persona tutta tua, e ciascun altro è una

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persona tutta sua, ed a volte le due non s’incontranoe a volte sì, e qualche volta le cose cambiano. Puoiessere certo che la vita nel mondo è piena di cam-biamenti. Il suo tema è il continuo cambiamento.Come diceva il Budda Shakyamuni “l’unica cosacerta è il cambiamento”. Il mondo non è il “vecchioaffidabile” a cui aggrapparsi. Ma puoi fare affida-mento su te stesso. Attraverso la buona e la cattivasorte, puoi essere presente su questo palcoscenicochiamato “vita” e uscirne integro. Può darsi che lavita non sia tutta rose e fiori, eppure sei incoraggiatoad avanzare su questo sentiero imprevedibile conuna compassione maggiore nel tuo cuore e versouna comprensione maggiore nella tua mente.

La vita sa come prenderti e ti fa andare avanti. Tantovale che la segui almeno saltellando...

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Epilogo a cura della protagonista

Se la mia mano giungesse fino al Quaderno delFato, tutto lo riscriverei secondo il mio desiderio;e toglierei dal mondo d’un subito tutto il Dolore, e

lieto il capo ergerei fino a vette di cielo.

Omar Khayyam

Mi piacerebbe che questa storia fosse un messaggiodi speranza per tante persone che vivono questamalattia ma anche per le loro famiglie: vorrei direloro che non si può solo sopravvivere, ma si può tor-nare a vivere.

Quando ci siamo trasferiti a Rieti, tutti i reatini diadozione romana ci etichettarono come dei matti.“Rieti è una città chiusa e la gente è ottusa.” eranole frasi ricorrenti. Non ti dico poi quando raccontavoche mi stavo curando proprio a Rieti: gli stessi rea-tini mi dicevano che sbagliavo tutto, che qui nonerano assolutamente competenti. In questa miaesperienza ho veramente capito che mai come inquesta circostanza è vero il detto che l’erba del vicinoè sempre più verde. Voglio confutare queste dicerietestimoniando che proprio a Rieti ho conosciutopersone meravigliose. Vorrei inoltre ringraziare un piccolo ospedale diprovincia dove con solerzia, ma soprattutto congrande umanità (dai portantini ai medici, nessunoescluso) mi hanno accolta, curata, rassicurata e fortunatamente guarita. Un ambiente dove sono

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ancora vivi concetti fondamentali quali “umanità” e“rispetto”, dove non mi sono sentita un numero o uncognome, ma una persona con la propria dignità.Ancora oggi, quando incontro il personale con cuisono venuta a contatto, non manca mai un abbraccioed un sorriso.

Un ringraziamento particolare è d’uopo ai dottori:Barberani Fausto, Capparella Vincenzo, LuginiAntonio, Rossi Valter e a tutto il personale dei repar-ti di oncologia e di chirurgia dell’ospedale S.Camillo de Lellis di Rieti.Un grazie particolare anche alla mia amica Sandra ealla sua famiglia: con loro mi sento sempre a casa.Grazie anche a Simona per aver voluto condividerecon me la sua esperienza.Un ringraziamento speciale va a Santina Proietti e atutti i suoi volontari dell’associazione ALCLI perl’immenso lavoro che fanno quotidianamente perquesta comunità.

Soprattutto vorrei ringraziare la mia famiglia che miha sempre amata e sostenuta: senza di loro non sareinulla!

Annalisa

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Conclusioni a cura dell’autore

In questa vita tutti soffrono, prima o poi; solo chemagari lo fanno in silenzio. Ecco, la diversità delloscrittore consiste nel suo desiderio di comunicareil dolore dell’umanità attraverso i lamenti delle

proprie pagine esistenziali.

Carl William Brown

Questa è stata la mia prima esperienza di “narrazione”di una storia vera. Sicuramente non è stato facilediventare “la protagonista”, indossare i panni di“Annalisa” e immaginarmi le sue sofferenze, i suoistati d’animo, la sua lotta e i suoi sogni. Credo cheaver seguito l’esperienza di una malattia simile dimio padre (tumore allo stomaco) mi abbia permessodi sperimentare personalmente alcuni stati d’animoqui descritti e di scontrarmi con la vita e la sua crudarealtà: l’impermanenza di tutti i fenomeni, esistenzacompresa.

È stata la vitalità e la forza di Annalisa e della suafamiglia, la loro unione straordinaria, la loro “voglia divita” ad incoraggiarmi e convincermi a provare questanuova e straordinaria esperienza come scrittore.Per questo li ringrazio vivamente: mi hanno permessodi fare un salto di qualità e di crescere non solocome scrittore ma, soprattutto, come essere umano.A loro tutti va il mio più sincero “grazie”!

Valter

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UN LIBRO PER CREARE VALORE

Ebbene sì: la cultura può, anzi dovrebbe creare valore, e questo è uno degli obiettivi di quest’opera letteraria.Ecco perché l’Autore e l’Editore hanno deciso didevolvere parte dei proventi derivanti dalla venditadi questo libro all’Associazione “ALCLI – Giorgioe Silvia”, affinché la “fiaba” della vita acquisti unvalore vero e affinché la dignità della vita diventi undiritto di tutti.

Parte dei proventi ricavati dalla vendita di questolibro saranno devoluti all’Associazione ALCLI“Giorgio e Silvia”. Per ogni copia venduta verràinfatti devoluto 1 Euro all’Associazione.

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Presentazione dell’Associazione Onlus ALCLI“Giorgio e Silvia”

www.alcli.it

L’Associazione Onlus ALCLI “Giorgio eSilvia” è un’associazione senza fini di lucro cheopera con le sole forze del volontariato raccogliendofondi per la ricerca e la cura delle leucemie e delleneoplasie ematologiche e solide dell’infanzia e del-l’adulto.

Ispirata ai principi della solidarietà umana ed alrispetto del valore della dignità insiti in ogni singolapersona, l’Associazione agisce prevalentemente infunzione dei malati e delle loro famiglie.

L’ALCLI nasce il 14 maggio 1987, fondata daigenitori dei bambini di cui porta il nome e daiProfessori, Medici ed Infermieri della ClinicaPediatrica dell’Università “La Sapienza” di Roma.Sorta, inizialmente, per rispondere alle esigenze diun centro di terapia poco assistito dalla Sanità pub-blica ed affollato da piccoli pazienti che affluivanoda buona parte dell’Italia Centro-Meridionale, ha,nel tempo, ampliato la propria attività offrendoun’importante supporto alla ricerca scientifica edallo studio nel campo delle leucemie del bambino.

Poiché lo statuto prevedeva di estendere la pro-pria azione su tutto il territorio della Regione Lazio,nel 1993 è stata aperta la Sezione di Rieti, di cuifanno parte anche i medici del nostro OspedaleGenerale Provinciale di Rieti, che, in conformitàalle nuove disposizioni legislative e ad una revisio-ne statutaria, nel 1998 è stata ricostituita come

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nuova sede legale.Dal novembre 2000, l’Associazione è ufficial-

mente iscritta al numero 239 del registro regiona-le delle Organizzazioni di Volontariato operanti nelsettore sanitario.

Nel corso di questi 25 anni l’Associazione ècresciuta non solo al suo interno ma, soprattutto, nelterritorio, perseguendo con coerenza e caparbietà lefinalità espresse dall’art. 4 dello Statuto che si è datonel momento della propria fondazione e di cui ripor-tiamo di seguito i punti principali:- sostenere nelle cure sanitarie e nell’assistenzasociale i bambini e gli adulti affetti da leucemie eneoplasie ematologiche e solidepromuovere l’assistenza socio economica dellefamiglie in casi di particolare difficoltà- operare nei centri onco-ematoligici (degenza ordi-naria, day hospital, ambulatori), al fine di ottimizzarel’opera professionale del personale medico ed infer-mieristico, facendosi carico di alcune attività divolontariato non strettamente di carattere medicosanitario, ma fondamentali per un ottimale iter clinico- favorire la ricerca clinica nel campo delle leucemiee neoplasie ematoligiche e solide dei bambini e del-l’adulto, mediante contributi per rimborsi spese,corsi di aggiornamento al personale medico e/oborse di studio o altri tipi di incentivazione- favorire la donazione di attrezzature ai centri preposti a questo tipo di patologia- promuovere corsi di formazione per gruppi divolontari che operino presso centri onco-ematologicie sul territorio per il conseguimento delle finalitàdelle associazioni

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- favorire contatti con analoghe associazioni italianeed estere, allo scopo di coordinare azioni di interessecomune- sensibilizzare la donazione del midollo osseo e dialtri tessuti omopoietici- promuovere iniziative di carattere culturale, spor-tive, documentaristiche e realizzare la raccolta difondi, risorse, mezzi necessari per il conseguimentodei suddetti obiettivi, affinché attraverso il solidalecontributo di tutti si possa parlare più concretamentedi malati in grado di inserirsi nuovamente nella vitanormale di tutti i giorni.

Sempre in questi anni, attraverso il contributosolidale di tutti e la promozione di molteplici inizia-tive, è stato raggiunto un grande obiettivo sognato eperseguito per lungo tempo: la costruzione e messain funzione (24 settembre 2011) di una Casa diAccoglienza messa gratuitamente a disposizione deimalati e loro familiari che devono recarsi a Rieti perlunghi periodi di cure.

Tutti gli strumenti ed i servizi forniti sono atotale carico dell’Associazione e pertanto a com-pleto titolo gratuito per i beneficiari.

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INDICE

Capitolo 1................................................................9

Capitolo 2..............................................................21

Capitolo 3..............................................................35

Capitolo 4..............................................................43

Capitolo 5..............................................................53

Capitolo 6..............................................................65

Capitolo 7..............................................................79

Capitolo 8..............................................................89

Capitolo 9............................................................103

Capitolo 10..........................................................117

Capitolo 11..........................................................129

Capitolo 12..........................................................157

Capitolo 13..........................................................163

Epilogo a cura della protagonista........................172

Conclusioni a cura dell’autore.............................174

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©Copyright by Edizioni MieleContrada Prosano

73034 Gagliano del Capo (LE)www.edizionimiele.it [email protected]

Proprietà Letteraria RiservataI diritti di riproduzione, traduzione

e adattamento sono riservati in tutti i Paesi.

Stampato in Italia - printed in Italynel 2012

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