protagonismo marilina laforgia1

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    Protagonismo giovanileMarilina Laforgia

    Si dice di noi che siamo dei narratori e a noi, di solito, piace confermarlo. E noi, danarratori quali siamo, abbiamo il dovere di vigilare sulle parole, di seguirne il destino che avolte i parlanti riservano ad esse.E quando necessario, da narratori quali siamo, dovremmo essere disposti a re-imparare le parole stesse.Ce ne sono alcune, infatti, alle quali stato riservato un destino, per cos dire, fortunato ealtre, invece, che hanno finito per perdere la loro accezione originaria fino a significareconcetti negativi che in origine erano loro estranei. Prediamo, per esempio, la parolaautorit: spesso creduta sinonimo di uso della forza, in realt una parola che,soprattutto in ambito educativo, ha un significato bellissimo, un significato completamenteperso nelluso comune, a tutto vantaggio di unaltra parola, autorevolezza, che ha

    assorbito, ma ha anche indebolito, il significato della parola autorit, esponendolo anchea grossi compromessi.Sempre restando in campo educativo, lautorit una pratica altamente impegnativa, chenon tutti possono permettersi.

    Tutto questo soltanto per prepararmi a dire che ben altro destino toccato alla parolaprotagonismo. La storia di questa parola , forse, ancora pi interessante.In alcuni dizionari della lingua italiana ancora riportata come neologismo; in effetti, in unoZingarelli del 1938 la parola protagonismo non figura ancora. C, invece, e da sempre neidizionari della nostra lingua, la parola protagonista. Parola composta di origine greca, haradice in agone, che significa gara, lotta. Ma lagone , per estensione, anche il luogoe lo svolgimento della gara, o della sfida, perci anche la piazza o lo spazio pubblico.Gli agoni erano lelemento basilare delle tragedie antiche, cos come delle commedie.Cos, per successive estensioni, protagonista ha finito per significare il personaggioprincipale di unopera, teatrale o per giunta pittorica. Finch si parlato di protagonista diun fatto, di unavventura fantastica o di un fatto reale. evidente che la parola protagonista ad aver generato la parola protagonismo.Questultimo definito, anche in dizionari abbastanza recenti, come smania diprimeggiare, di mettersi in mostra, e spesso sono indicate anche le azioni e icomportamenti con i quali si manifesta tale smania.Oggi la parola protagonismo, specie associata allaggettivo giovanile, unespressione

    molto largamente utilizzata: la si incontra spesso nellambito delle amministrazioni locali,regionali, provinciali o comunali, a indicare progetti, destinazione di fondi, bandi, concorsi,come espressione delle politiche giovanili dei vari livelli. In alcuni territori esistono i Centridel Protagonismo Giovanile. Per quel che ho potuto capire, sarebbero spazi diaggregazione e socializzazione, di promozione della creativit in vari campi. Non di radolespressione protagonismo giovanile indica qualcosa di pi orientato e si accompagna adespressioni quali partecipazione attiva, oppure solidariet e volontariato: protagonismogiovanile e partecipazione attiva, protagonismo giovanile e solidariet, protagonismogiovanile e volontariato.Sono certa che unindagine approfondita di questa materia potrebbe metterci di fronte apercorsi di grande interesse, magari anche di successo; ma altrettanto sono certa che non

    si tratta della materia che pu interessare noi.Il nostro interesse di fronte ad un tale tema pi quello di esplorare i significati di ci cheascoltiamo e di ci che diciamo e tentare di riconciliare significati e significanti. E, infatti,

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    nel rapporto tra significato e significante che si custodisce la forza delle metafore, di unametafora come lo scoutismo. Noi siamo una metafora.Come ogni altra esplorazione, in fondo, anche lesplorazione di significati potrebbelasciarci intravedere una possibile strada da percorrere.

    Oggi la parola protagonismo, a dispetto della sua origine, ha connotati del tutto positivi,infatti spesso la si usa per significare un valore. Nulla che abbia a che vedere con lasmania di apparire, ma che, piuttosto, richiama allassunzione di responsabilit,allimpegno diretto, al coraggio di agire di persona e di rispondere in proprio. Questo ciche spesso chiamiamo protagonismo.Ma anche vero che, altrettanto spesso, proprio ci che la parola protagonismo hasempre significato che oggi suona positivo, vale a dire: il mettersi in mostra, il primeggiare,loccupare spazi pubblici, attirare lattenzione, assorbire risorse, insomma creare visibilit,per usare unespressione che fa sintesi di tutto questo e che suona nulla affatto negativa.A parer mio, laspetto pi preoccupante di un tale fenomeno lessicale \ semantico che,stando cos le cose, corrispondendo cio significati diversi e per giunta opposti ad uno

    stesso significante, questi finiscono per sovrapporsi. Cos lapparire, il primeggiare, lavisibilit sono confusi con il coraggio di agire e di rispondere; loccupare spazi a ognicosto, assorbire risorse confuso con la responsabilit e limpegno diretto.Ecco perch per noi importante re-imparare le parole. Riconciliare significati esignificanti, perch altrimenti la strada persa.

    E dunque, di quale protagonismo parliamo? E di quali giovani?Vi prego di ascoltare quanto sto per leggere.

    Non v chi non parli di giovani, oggi (.)I nostri giovani non sono tutti buoni, n completamente buoni, certo. Un osservatore

    severo coglierebbe subito quegli aspetti negativi, nella loro formazione, i qualigiustificano quelle condanne che udiamo ripetere e la diffusa mancanza di fiducia neiloro confronti.E chi pu negare, infatti, che essi siano disorientati, senza alcun ideale cui accettinodi votarsi con vero, saldo e semplice eroismo? Le lacune della cultura e della diritturamorale sono evidenti.Il senso gioioso della vita si risolve troppo spesso in dissipazione, e cio rinuncia alpossesso della verit, e ad assumere limpegno decisivo e grave che essa impone aduna vita veramente illuminata.Lambiente familiare e quello della scuola, per una disattenzione diffusa, son

    decaduti di prestigio ed impedita perci, in unatmosfera di reciproca sfiducia,quella compenetrazione e quellarricchimento degli spiriti che fanno avanzare lagiovinezza in una libert responsabile e lieta.Tutto questo vero, dolorosamente vero () ma i giovani quando pure sianodissipati e stanchi, assenti da ogni costruttivo travaglio morale, sono tuttavia sempreinfinitamente generosi, in un istintivo e malgrado tutto saldo possesso di verit, ilquale consente loro, se non una realizzazione costante e diritta di valori, quelleparziali e discontinue attuazioni che vanno giudicate in se stesse con grande rispetto,e assicurano energiche ripresemorali della giovinezza, cui basta dare occasione (). Questa la giovinezza di oggi ( e forse di sempre) con le sue lacune e le suerisorse, soprattutto col suo infinito residuo di bont da realizzare. Solo che tutte le

    possibilit generose di queste anime aperte in fondo ad ogni ardimento siano aiutatee rese veramente feconde e le discontinue affermazioni di valore raccordate nellacoerenza di un sistema solido di esperienze morali.

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    Questo, c appena bisogno di avvertirlo, il compito delleducazione ().

    uno scritto del 1944, firmato Aldo Moro. Ci che a me parso assolutamentesorprendente non tanto la straordinaria attualit dellanalisi e la sintonia del pensiero

    dellautore con la nostra sensibilit, quanto il fatto che lo scrivente sia un ventottenne.Oggi potrebbe trattarsi di uno dei destinatari di quegli interventi e quegli investimenti calatidagli enti locali per promuovere il cosiddetto protagonismo giovanile, il frequentatore diuno di quei Centri del Protagonismo Giovanile; potrebbe trattarsi del fruitore di quelleoccasioni di aggregazione, socializzazione e manifestazione della creativit pianificateappositamente per lui, per consentirgli di occupare spazi e di rendersi visibile. Mentre, nel1944 egli era s nellagone, ma impegnato nelle battaglie del suo tempo, con il pensierogi rivolto agli altri, ai pi giovani. il solo protagonismo che noi possiamo riconoscere.Possiamo chiamarlo protagonismo giovanile, se vogliamo, perch incarnato da persone digiovane et, ma con tutti i caratteri di ci che, a parer mio, dovremmo avere il coraggio dichiamare adulto.

    Quello che intendo dire che se questo nostro tempo, come mille volte e in mille occasioniabbiamo detto e sentito dire, dilata le et, nega lautonomia, perpetua la dipendenza,blocca nella precariet e lascia invecchiare i giovani prima che siano diventati protagonistidel proprio tempo, e offre surrogati di protagonismo, noi, noidobbiamo rendere i giovaniadulti il prima possibile. Non una conversione al precocismo, allanticipazione delle et -credo che nessuno quanto noi conosca, con sacro rispetto, il valore di ogni et. Intendodire che il rispetto, la cura, la valorizzazione dei giovani laltra faccia della restituzionealla nostra cultura del valore delladulto.Olivier Reboul, nellopera I valori delleducazione, tradotta per noi da Gian Maria Zanoni,teorizza la scomparsa del valore delladulto dalla nostra cultura e imputa al Sessantottolintroduzione nel nostro sistema di valori delladultit come anti-valore. Ora, se il caratteredi ci che adulto non un valore, o un valore debole, si rischia di ingabbiare lagiovinezza dentro una condizione di irrilevanza, pur quando apparentemente se ne diarisonanza, o sembri rappresentare una preoccupazione, o diventi il centro di politiche eprogetti. Come, in fondo, in questo nostro tempo. Olivier Reboul ricorda anche comelesaltazione della giovinezza contro let adulta si ritrovi in tutte le dittature, e non ultime ledittature economiche.Questo nostro tempo ha bisogno che i giovani tornino a pensare, che abbiano il senso deldovere, la memoria, la fedelt, la capacit di accettare le frustrazioni, lindipendenzaemotiva, lautonomia morale, che incarnino insomma il carattere di ci che adulto, eperci abbiano autorit e seriet. il carattere di ci che adulto la garanzia di un

    autentico protagonismo dei giovani. La nostra proposta educativa, il cammino dallaPromessa alla Partenza, proprio una proposta centrata sul valore di ci che adulto, dalmeritare fiducia al servizio, dalla responsabilit del capo squadriglia al capitolo dellabranca R/S e, poi, luomo e la donna della Partenza, come paradigma che ispira eaccompagna sin dalla pista e lungo il sentiero. pedagogia centrata sul valore delladulto.Pedagogia dellesperienza, diciamo altrimenti, esercizio di vita, mentre vita.Ma mi permetto di dire che quello che siamo non basta. Una Associazione grande come lanostra, una pedagogia forte come lo scoutismo, in un universo di linguaggi pedagogicideboli, ha il dovere essa stessa del protagonismo, vale a dire del combattimento. Ha ildovere di stare nellagone, nel dove, nel quando e nel come si produce cultura. Penso cheil protagonismo associativo, vissuto come combattimento culturale, sia la via per

    promuovere il protagonismo dei giovani, come presenza di questi nella storia, e non suipalchetti costruiti per loro perch sfoghino le proprie energie.Si tratta, forse, di darsi una strategia per una buona battaglia. Mi torna alla mente che

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    siamo dei narratori, cio parliamo di esperienza e per esperienza e, quindi, pratichiamo leparole con responsabilit. Possiamo, dunque, rappresentarci, proprio come nel teatroantico, da protagonisti, protagonisti di questo tempo e di questo Paese. Giacch, quel cheaccade in una Associazione grande e distribuita come la nostra conta, o meglio pu, o

    forse deve contare nella cultura del nostro Paese. Questo significa che la vita interna allanostra Associazione deve essere unesperienza qualificata, unesperienza darappresentare.Questa Associazione deve poter dare ai giovani ci che noi chiediamo che i giovaniabbiano altrove, nelle scuole, nelle universit, nella vita politica, vale a dire la possibilit diincidere, di decidere, di orientare e di scegliere. Si tratta tanto di inventare forme dipartecipazione e di presenza nei processi decisionali quanto e soprattutto di inventare epraticare percorsi di educazione al pensiero, alla parola e alla responsabilit. Insomma, senon siamo noi quel sistema solido di esperienze morali che Aldo Moro auspicava per igiovani del suo tempo, capace di portare a coerenza le discontinue affermazioni di valoredella giovent, le lacune e le risorse, e di valorizzare linfinito residuo di bont da

    realizzare, chi pu diventarlo? Perdonate questo moto di presunzione: chi altro pudiventare questo, in questo nostro Paese, in questo nostro tempo?Io penso che perch noi possiamo diventare fino in fondo quel che siamo, dovremmo re-imparare lautorit, perch siamo educatori, perch ci occupiamo di educazione.Dovremmo forse re-imparare quella pratica altamente impegnativa che non tutti possonopermettersi, ma noi s. Dovremmo re-imparare lautorit come forza e responsabilit cheagisce e pu agire se e quando ha ricevuto un indirizzo, se e quando ha riconosciuto unavolont e, quindi, se ne fa custode, esigendo fedelt, e non sente ragione per realizzareci che la ragione ha scelto.

    (Intervento di Marilina Laforgia al Convegno regionale Agesci Lombardia 2012)