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Gianfranco Ravasi COMMENTO ALLA BIBBIA P R O V E R B I 1

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Gianfranco Ravasi

PAGE 1

Gianfranco Ravasi

COMMENTO ALLA BIBBIAP R O V E R B I

INDICEProverbi

La danza della sapienza nella creazione

31. Lambiguit della sapienza

42. I contrasti dellessere

43. Lorizzonte sapienziale

74.Le tre grandi relazioni

95.Il nodo della sapienza

10La giornata delluomo dei Proverbi

151.La questione letteraria dei Proverbi

162.La modalit con cui si esprime la sapienza

173.La struttura del libro dei Proverbi

194.Le fonti dei Proverbi

215.La giornata delluomo dei Proverbi

25Sapienza e stupidit si confrontano

281.Considerazioni iniziali

292.Sapienza e stupidit

343.La tentazione

354.La donna perfetta

39Conclusioni

41Piste di approfondimento

42Bibliografia

43La danza della sapienza nella creazioneLa sapienza nelle Piazze fa udire la sua voce

Abbiamo davanti a noi un libro, quello dei Proverbi, che emblematico per un genere letterario, quello della letteratura sapienziale.

una letteratura nella quale si entra sempre con molto piacere perch molto ricca e originale.

Si tratta di un itinerario in cui si vedranno tonalit profondamente diverse. Alcune, molto familiari, sono quelle che io cercher di sollecitare con una certa immediatezza; altre, invece, sono tonalit nascoste, recondite. C un vero e proprio arcobaleno sapienziale che sepolto nellinterno di queste pagine non sempre facili.

Lopinione popolare quando sente parlare di sapienza e di proverbi immagina che si entri in un orizzonte nel quale tutti pi o meno trovino qualcosa di immediato, di diretto, di spontaneo. Questo vero, ma il libro biblico dei Proverbi, un po paradossalmente, anche un libro pieno di segreti: si veda ad esempio, il c. 8, la pagina usata dal pittore come simbolo riassuntivo del ciclo.

In questa introduzione di ordine generale organizzer il mio discorso un po scolasticamente. Indicher tre grandi momenti che sono quasi come tre spunti per poter entrare in questo mondo della letteratura sapienziale. Un mondo complicatissimo, ricchissimo perch non tocca solo Israele: in realt lo lambisce solo ai margini. La letteratura sapienziale, infatti, soprattutto quella egiziana e mesopotamica ed una letteratura altissima. In pratica corrisponde alla nostra filosofia o alla nostra teologia.

1. LAMBIGUIT DELLA SAPIENZA

Inizio con una premessa sullambiguit della sapienza. Questa ambiguit ve la rappresento in maniera moderna, con due dichiarazioni contrastanti. La prima riconosce la grandezza e limportanza della sapienza: senza questa lampada non si potrebbe quasi camminare. Scrive Kant:

Dice il sapiente, sulla scia di Socrate: quante cose ci sono che io non conosco.

E Kant immagina Socrate che cammina nellinterno di un mercato (vedendo quindi questo mondo affascinante, molteplice, policromo e poliformo, completamente diverso nei volti, nelle voci, nei comportamenti).

Ma dice il saggio nel trambusto del mercato: quante cose ci sono di cui io non ho bisogno!.

La sapienza anche saper tagliare: una grande intelligenza selettiva, altrimenti abbiamo solo lerudito che oggi pu essere battuto irrimediabilmente da un elaboratore elettronico. Non cos delluomo intelligente, del genio. impossibile, folle, inutile la corsa del computer nei confronti del sapiente. La seconda testimonianza di Oscar Wilde:

La sapienza o lesperienza il nome che ciascuno di noi d ai propri errori. Sono per pi istruttivi gli errori dei grandi intelletti che non la verit dei piccoli intelletti.

Tutti i grandi filosofi hanno detto sicuramente delle cose che sono pazzescamente erronee; eppure il loro pensiero talmente fecondo da aver condizionato tutta la cultura per secoli.

La sapienza ha continuamente questa ambiguit; qualcosa di assolutamente perfetto ma anche di profondamente umano, caduco. Lesperienza tante volte un rosario di fallimenti, di errori, che ci impedisce di farne altri o di farli fare ad altre persone.

2. I CONTRASTI DELLESSERE

Il primo capitolo pu essere definito, in maniera molto elementare, con una parola: hokmah (sapienza in ebraico), hakam, invece, il sapiente. Se vogliamo precisare il valore di questa parola, potremmo dire che essa simile ad una parola tedesca diventata quasi popolare anche nel linguaggio italiano: Weltanschauung (la visione del mondo). Hokmah la capacit di essere delle persone che rientrano in se stesse dopo aver percorso un giro di 360. , in pratica, uscire, abbracciare il cosmo e Dio e rientrare ancora in se stessi elaborando tutto quello spettro di realt che si sono viste. La hokmah dunque una vera e propria filosofia, una ricerca sul senso di tutto lessere e, in questa luce, possiamo dire che un vero e proprio pianeta completo che abbraccia totalmente lesistere. Questo modo di percorrere tutto lorizzonte e rinchiudersi poi in se stessi per elaborare (luomo al centro della sapienza) comporta tutta una serie di contrasti che fanno parte del nostro essere sapienti, del nostro comprendere. C innanzitutto un contrasto tra unesperienza alta e unaltra di tipo pi basso. prima di tutto possibile guardare dallalto. Pensiamo alla filosofia nobile, quella che trova le ragioni ultime, che ha una conoscenza sofisticata, che elabora dei sistemi onnicomprensivi. Nel c. 8 del libro dei Proverbi troviamo unelaborazione globale, dallalto, di tutto il senso dellessere. C anche unaltra strada, che potremmo invece definire dal basso ed quella pi popolare e folcloristica. La sapienza penetra anche quel mondo al quale di solito non attribuiamo dignit letteraria (la barzelletta ad esempio). Molti di questi testi racchiudono in s una scintilla di sapienza.

Per questo tipo di sapienza dal basso, ecco un paio di esempi presi dal libro dei Proverbi.

Un anello doro al naso dun porco, tale la donna bella ma priva di senno. (Pr 11, 22)Questa veramente una tipica espressione popolare.

La letteratura sapienziale continuamente venata di misoginia, di an-tifemminismo: la tipica difesa del maschio, il quale ha sempre paura della donna, nonostante il suo atteggiamento di superiorit, in pratica riconosce che nelle donne c un mistero e allora lo attacca, lo demolisce, lo smitizza (le barzellette oscene sono segno il pi delle volte di unestrema immaturit e paura nei confronti della sessualit).

Ecco un secondo esempio:

Sbattendo il latte ne esce panna, premendo il naso ne esce il sangue, spremendo la collera ne esce la lite. (Pr 30, 33)

una banalit, se si vuole, per uno schizzo, un bozzetto vivacissimo. Ecco allora il primo elemento: nel libro dei Proverbi e negli altri libri sapienziali biblici troviamo, proprio quasi come se gli occhi di questi autori fossero strabici, uno sguardo dallalto e uno dal basso; ci incontriamo con alcune pagine nobilissime che si interrogano sulla vita e sulla morte e con altre pagine appunto che riguardano il quotidiano pi modesto. La letteratura sapienziale pu essere comparata ad una cinepresa, messa al centro di una piazza e fatta girare ininterrottamente per ventiquattro ore, cercando proprio di raccogliere dallalba al tramonto gli uomini che escono, le donne che passano, il lavoro, il riposo... quel tentativo di raccogliere tutto senza elaborarlo completamente perch gi raccogliere il materiale significa in pratica avere una specie di filo interpretativo sotteso segreto.

Seconda antitesi: la sapienza sorge in ambiente aristocratico. Sappiamo, studiandone un po le origini, che la sapienza sorge attorno al 3000 a.C. in un ambiente ben particolare: in Egitto e in Mesopotamia, nelle scuole di palazzo. Nel mondo sumerico abbiamo la cosiddetta edubba, che la scuola per formare il principe ereditario, gli alti burocrati dello Stato, i futuri boiardi, lalta classe.Nel c. 1, v. 5 del libro dei Proverbi, quando si parla della sapienza si usa una parola che di solito tradotta in forme diverse, ad esempio ti dono del consiglio. Lespressione interessante, in ebraico tahbult, lantica versione greca della Bibbia detta dei Settanta ha tradotto kubernesis. Il termine appunto quello proprio della politica. Il vocabolo ebraico, apparentemente, sembrerebbe un plurale (il plurale femminile in ebraico si fa con la finale -t). In realt si tratta di un arcaico femminile di origine fenicia, per cui i Proverbi usano per definire la sapienza nella sua funzione pi alta un vocabolo arcaizzante e nobile, proprio delle scuole di palazzo, dellarte del governo.

La sapienza di origine aristocratica e proviene in particolare dallEgitto. Ecco che cosa scrive Wen-Amon, un sapiente emigrato in Fenicia nellXI sec. a.C. ( il momento in cui la sapienza entra anche con Salomone in Israele):

dallEgitto, mia patria, che uscita la sapienza per raggiungere il paese in cui vivo.

Oggi possediamo almeno una quindicina di raccolte sapienziali egizia-ne, veri e propri testi sistematici.

La sapienza per anche democratica.Di fronte alla grande sapienza di corte si crea, lentamente, quella sapienza che nasce come se fosse un respiro di popolo. Il popolo contadino ha bisogno di sapere come sono i cicli della natura per potere lavorare nei campi: ecco allora che si affida a detti che vengono ripetuti (larte per esempio, ha continuato a rappresentare le stagioni con i lavori dei campi).

quella sapienza, di cui si parlava sopra, che tocca prima di tutto il livello pi basso, per poi salire un po di pi. Altro elemento da sottolineare: la sapienza urbana e borghese a volte in polemica con quella di corte. C anche la distinzione apparentemente paradossale secondo la quale la sapienza aristocratica pi progressista, mentre quella borghese pi tradizionalista e conservatrice. Lintellettuale e il nobile sono certamente pi pronti a progettare e ad andare verso il futuro; il contadino, invece, il borghese e il basso popolo sono certamente molto pi conservatori.

Terzo contrasto. Esiste una sapienza, soprattutto nel libro dei Proverbi e nel Siracide, che ottimistica e che scopre larmonia della natura, delle cose e loda Dio. Ma ad essa si oppone una sapienza pessimistica.

Allinizio del c. 8 del libro dei Proverbi si descrive la Sapienza che esce per le strade, parla dalle alture, dalle vie, dai crocicchi, dalle porte agli ingressi della citt, dalle soglie degli usci. presente in ogni luogo e invita ad ammirare larmonia dellessere, larmonia cosmica. C la convinzione, come dice Pangloss il coprotagonista del Candido di Voltaire, che noi viviamo nel migliore dei mondi possibili. Questa visione ha certo un fondamento e sono le meraviglie che esistono nel cosmo e nelluomo. Per inevitabile che subito prenda piede anche la grande sapienza pessimistica, pi alta dal punto di vista letterario e teologico. Essa punta invece lobiettivo sulle smagliature dellessere. Certamente possiamo dire che il mondo mirabile, per, quando io sono malato, automaticamente, per me tutto il mondo diventa malato. Ecco allora il sorgere di una letteratura sapienziale pessimistica.

La letteratura pessimistica ricchissima: cito ad esempio il famoso Dialogo di un suicida col suo ba (o anima) (2200 a.C.) del mondo egiziano (Papiro di Berlino 3024): la storia in 156 linee, incomplete, di un uomo che decide di togliersi la vita perch non mette conto continuare a vivere e la sua conclusione di estrema desolazione, tanto vero che in tedesco lo si intitolato Lebensmde (taedium vitae). Anche se andiamo nellaltra parte della Mezzaluna Fertile, il mondo mesopotamico, incontriamo testimonianze dello stesso genere. Emblematico il testo accadico Io voglio celebrare il Signore della sapienza, che comprende circa 500 linee, composto nel 1500 a.C. Ecco una battuta per rendere lidea del come siamo lontani dallottimismo del libro dei Proverbi:

Il tormentatore (Dio) mi tortura tutto il giorno, nemmeno di notte mi lascia un istante; a forza di torcerli i miei tendini sono strappati, le mie membra sono slogate e gettate in un mucchio. Passo le mie notti nei miei escrementi come un bue, mi rotolo nella mia sporcizia come un montone. Anche quando abbiamo i primi testi teologici di un certo rilievo, come la cosiddetta Teodicea babilonese del 1000 a.C., composta da 27 strofe e 297 linee, il problema principale cercare di giustificare Dio di fronte al male.

Persino il famoso poema dellEpopea di Ghilgamesh un testo pessimistico: nella decima tavoletta, quando il serpente ha morsicato lalbero della vita, si legge:

Ghilgamesh, dove ti affretti? La vita che tu cerchi non lavrai perch gli dei se la tennero solo per se stessi.

Due libri biblici per eccellenza, Giobbe e Qohlet, sono due testi di profondo pessimismo e testimoniano la presenza di questo tipo di sapienza anche nella Sacra Scrittura.

3. LORIZZONTE SAPIENZIALE

La letteratura sapienziale deve affrontare alcune questioni radicali con un certo metodo. Possiamo dire che la domanda fondamentale, che la sapienza pone, lha formulata molto bene Qohlet, sapiente pessimista:

Quale utilit ricava luomo da tutto laffanno per cui fatica sotto il sole?.

La domanda fondamentale filosofica: che senso ha lessere e lesistere? Basta solo che luomo, per un istante, spenga linterruttore su tutte le distrazioni che gli impediscono di formulare le domande ultime; basta soltanto che luomo smetta, per un istante, di formulare le domande penultime: Cosa vedremo? Cosa mangeremo? Dove andremo? Ed ecco che subito luomo autentico, cosciente, si trova di fronte a quella radicale domanda che gli serpeggia nella coscienza come una fredda serpe: Che senso ha la vita? Perch la morte? C Dio? Che cosa siamo noi in questi spazi immensi?

Naturalmente, queste domande impauriscono e la sapienza offre risposte talora autentiche. Dio c; vivere bello; la morte un approdo felice o, comunque, una porta aperta sullinfinito.

E c laltra sapienza che dice: Dio esiste, per tace; la vita tutta tempestata di miserie; il vivere una specie di maledizione; il mondo in cui siamo un coacervo di contraddizioni; la morte un approdo nel nulla.

Per rispondere a queste domande, analizziamo innanzitutto il metodo seguito. Si potrebbe tracciare come su di una lavagna due colonne:

mettendo sulla prima le espressioni che tradizionalmente il resto della Bibbia usa per rispondere a queste domande, e sulla seconda le espressioni che vengono di solito usate dai libri sapienziali. Ad esempio: quando negli altri passi biblici si parla di Dio, si usa il termine Jahweh, il Signore; nei libri sapienziali invece questo nome lo troviamo pi raramente: si preferisce piuttosto usare il generico Dio Elohim, arrivando persino al paradosso di Qohlet che usa larticolo ha-Elohim (il Dio, la divinit). E questo il nome generico con il quale si chiamava Dio in tutta la Mezzaluna Fertile. Dire Signore e dire Dio, non la stessa cosa: un ateo non potr mai dire il Signore, dir invece Dio, la divinit.

Analogamente, sulla colonna tradizionale troviamo sempre come protagonista Israele, gli Israeliti, i figli di Israele. Nella letteratura sapienziale questi termini quasi scompaiono ed entra in scena una nuova figura che si chiama Adam (luomo). I personaggi sono universali. Si arriva al punto di coinvolgere, per il libro pi bello dellAntico Testamento, Giobbe, uno che non ebreo: era un uomo di Uz, una regione esotica, uno dei figli dOriente. La tipizzazione quella delluomo universale.

Facciamo un ulteriore passo avanti. Nei libri tradizionali della Bibbia viene quasi sempre usata lespressione: Cos dice Dio. I profeti entrano in scena con la parola di Dio (nem jhwh, oracolo del Signore). Nella letteratura sapienziale, invece, rarissimamente si trova una espressione direttamente riferita a Dio. la ragione delluomo che porta in s lavallo divino. la ragione che cerca: non Dio che mi si rivela direttamente, sono io che lo cerco con la mia mente e con la sua illuminazione. Per questo motivo stato detto che la letteratura sapienziale, in un certo senso, anche razionalistica, non nel senso illuministico occidentale, ma perch privilegia la ragione come via al credere; sottolinea di pi la ricerca rispetto allepifania, alla teofania, propria della letteratura tradizionale.

Ancora: sulla colonna biblica tradizionale troviamo di continuo la parola storia.

La Bibbia il racconto di una storia solenne di grandi eventi nei quali si realizza la parola di Dio: chi non conosce lesodo, oppure la grande conquista della terra promessa?

Nella sapienza la grande storia non c pi. Il libro della Sapienza, ad esempio, parla dellesodo, ma lo rappresenta come se fosse un esodo escatologico, cio finale, glorioso, cosmico, per cui la realt storica ormai si dissolve.

Nei testi sapienziali in scena invece il quotidiano, lesistente. In te-desco si distingue solitamente tra Sein e Dasein. Lessere, il Sein per eccellenza quello dei libri tradizionali; in quelli sapienziali abbiamo il Dasein, lessere qui e lessere l, lessere modesto e quotidiano, lesistente. La storia non pi quella dei grandi atti salvifici, quella della donna che sta lavorando nellinterno della sua casa, quella delle stagioni, la storia dellorefice, dellartigiano, di tutti quei piccolissimi quadretti di vita quotidiana.

cambiata la prospettiva: nellAntico Testamento, si parla continua-mente dellalleanza fra luomo e Dio. Nel libro dei Proverbi invece troviamo la parola beni (alleanza) una volta sola, quando essa viene usata per parlare del matrimonio.

Vorrei da ultimo sottolineare questa diversit di metodo in due testi paralleli:

Non avrai nei tuo sacco due pesi diversi, uno grande e uno piccolo.

Non avrai in casa due tipi di efa, una grande e una piccola. Terrai un peso completo e giusto, terrai unefa completa e giusta, perch tu possa aver lunga vita nel paese che il Signore tuo Dio sta per darti. (Deut 25, 13-15)

Doppio peso e doppia misura sono due cose in abominio al Signore. (Pr20, 10)Nel primo testo, tratto dallantica legislazione biblica, vi un ordine, nel secondo un consiglio. Nei libri sapienziali, infatti, non si avr mai limperativo violento, ma piuttosto il consiglio dolce: il padre che insegna al figlio, il maestro che consiglia il discepolo.

Ecco allora la prima conclusione: il metodo sapienziale quello della ricerca globale. una specie di umanesimo integrale che avvolge un p0 tutta lesistenza in una grande riflessione.

4. LE TRE GRANDI RELAZIONI

Per quanto riguarda il contenuto, possiamo riassumerlo teoricamente con una visione triangolare. Immaginiamo luomo messo al centro e da lui cominciamo a far dipartire tre raggi che cadono su tre punti diversi. Lo studio della letteratura sapienziale non consiste nellindividuare i punti, ma i raggi, le relazioni. una letteratura funzionale e pratica perch insegna a tendere i fili, a percorrere le strade che portano a quei punti.

Il primo punto naturalmente Dio. Si tratta di una sapienza sempre credente, non atea, anche se qualche volta ha delle incrinature pessimistiche. Riassume molto bene tutto questo il titolo che stato inciso tante volte sui portali di tante scuole, come ad esempio allingresso del collegio dove studi Alessandro Manzoni:

Il timore del Signore il principio della scienza;

gli stolti disprezzano la sapienza e listruzione. (Pr 1, 7)

Il punto di partenza, il primo nodo da stabilire il rispetto di Dio.

Il secondo filo, naturalmente, con il tuo simile, il tuo prossimo. Per stabilire questo rapporto si parte dalla relazione pi alta, quella damore e su quella si misurano tutte le altre in decrescendo. Questo filo teso e si ingrossa sempre di pi perch fatto di una matassa di colori. Prendiamo, ad esempio, il rapporto con la donna con tutte le sue dimensioni difficili e a volte scandalose. Troviamo pagine misogine che sono da smitizzare perch appartengono ad una precisa cultura, ma sono anche da evidenziare come un dato di fatto, perch ironizzare sulla donna appartiene alla cultura di molti secoli e di molte regioni. indubbio che nella Bibbia restiamo senza respiro quando vediamo questo filo cos teso verso il basso. Leggiamo, con una certa vergogna, nel c. 42, 14 del Siracide:

Meglio la cattiveria di un uomo che la bont di una donna, una donna che porta vergogna fino allo scherno.

Si tratta sempre di un modo strano ma reale per stabilire un contatto. Pensiamo ancora al rapporto con i magistrati, con i politici, con il fratello, con il padre, con i figli...

Nel terzo filo incontriamo unaltra realt. Luomo biblico non luomo spirituale platonico, ma luomo che ha un rapporto sereno con la materia e con essa si trova bene.

stato detto, e giustamente, che il libro del Deuteronomio e quello dei Proverbi sono due libri di santo materialismo, in cui si godono le cose. C un grande piacere nel toccare gli oggetti, nel vivere, nel mangiare, nel divertirsi, nellappropriarsi di tutto lorizzonte delle cose di questo mondo.

Ecco allora la scoperta del cosmo, della materia: una scoperta molto variegata, ma soprattutto filosoficamente rilevante.

Walter Benjamin, grande scrittore e pensatore austriaco, diceva:

La creazione divina completa quando le cose ricevono il nome dagli uomini.

Nella letteratura sapienziale c questa coscienza (e qui bisogna rifarsi ad Adamo che d il nome agli animali): luomo che fa s che le cose siano, perch se non ci fosse luomo, che senso avrebbe un panorama meraviglioso? C questa convinzione antropocentrica, un po pericolosa, ma anche estremamente suggestiva: luomo dovrebbe essere il liturgo della creazione, i decifratore del segreto mirabile di questo arazzo che lo circonda. Come dice i Salmo 148, dovrebbe portare nellabside del cosmo ventidue creature (tante quante sono le lettere dellalfabeto ebraico) a cantare: una lode a Dio con lui e diretta da lui.

C quindi la convinzione che studiare la tecnica, la scienza fondamentale. Il papiro egiziano Anastasi elenca liste sterminate di oggetti e di animali. Elencare significa dare i nome, conoscerle, possederle, penetrarle, pervaderle e averne coscienza e consapevolezza.

5. IL NODO DELLA SAPIENZA

Questo nodo fondamentale lo esprimiamo con un testo. una pagina bellissima che sarebbe tutta da commentare e da sciogliere nellinterno soprattutto dellebraico, perch proprio qui si rivela limpotenza della traduzione italiana. Lautore gioca moltissimo sullaspetto fonetico, sonoro delle parole. Del resto, anche i nostri proverbi sono normalmente in rima.

Il cantico nel c. 8, 22-31 del libro dei Proverbi:

Il Signore mi ha creato allinizio della sua attivit, prima di ogni sua opera, fin dallora. Dalleternit sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata; quando ancora non vi erano le sorgenti cariche dacqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline io sono stata generata. Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi, n le prime zolle del mondo;

quando egli fissava i cieli, io ero l; quando tracciava un cerchio sullabisso; quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dellabisso; quando stabiliva al mare i suoi limiti, sicch le acque non ne oltrepassassero la spiaggia; quando disponeva le fondamenta della terra,

allora io ero con lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante; dilettandomi sui globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli delluomo.

Vorrei fissare lattenzione sul v. 22 particolarmente significativo per scoprire il nodo che tiene insieme il Creatore e la creazione.

Vediamo di riuscire a comprendere, anche al di l dellebraico, il valore molto complesso di questo passo.

Il testo dice:

Il Signore mi ha creato allinizio della sua attivit;

la sapienza quindi qualcosa di creato, che in noi, che nel mondo. Ma questa traduzione dallebraico non sufficiente perch i verbo usato non bara (creare), bens qanah che significa, contemporaneamente, creare e generare; letteralmente: possedere, conquistare, acquistare.

Questo verbo ha perci due volti, come due sono i volti della sapienza che continuamente si canteranno.

Lautore conosce entrambi i verbi e li fonde insieme nel verbo qanah perch la sapienza nella mente di Dio, una sua idea, un progetto di Dio, qualcosa di increato, una realt divina, trascendente.

Il contenuto di questo progetto creare le cose.

Affinch i progetto diventi efficace e reale, necessario che diventi noi, che si attui nelle cose di questo mondo. La sapienza allora contemporaneamente qualcosa di divino e qualcosa di umano.

Ora si capisce perch questo inno stato applicato subito a Ges Cristo dalla tradizione cristiana: luomo-Dio.

La stessa espressione allinizio della sua attivit in ebraico : resht dark, che significa la primizia della sua via. La primizia, non solo cronologicamente parlando. Le primizie dei campi sono anche la cosa pi preziosa.

Lautore, allora, con questa espressione, allude contemporaneamente a due cose: la sapienza una cosa creata, la prima di tutte le cose; ma al tempo stesso anche qualcosa di superiore che assomiglia alla primizia preziosa e trascendente. In ebraico derek la via, ma anche la vita. Perci lespressione significa contemporaneamente una via, una mappa, una planimetria di una realt ma, al tempo stesso, anche la vigoria sessuale di una persona, la sua forza generatrice, la sua potenza, la sua vita.La sapienza dice: io sono la realt pi preziosa della forza di Dio, ma anche la prima delle realt create, perch le tengo insieme. La sapienza quindi di Dio ed anche nostra: c Dio il sapiente e c luomo sapiente. La stessa cosa ripresa nella parte finale. Riprendo due particolari.

Io ero con il Signore come architetto.

Abbiamo il vocabolo ebraico amon che ricorre una volta sola nella Bibbia. Secondo la filologia comparata questo termine significa architetto. La sapienza larchitetto di Dio che costruisce questa cattedrale dellessere nella quale luomo si aggira come un pellegrino stupito. Pensiamo a cosa noi non conosciamo ancora delluniverso; siamo ancora ai primi lembi di questo mantello divino.

Daltra parte possibile con altre argomentazioni tradurre questo vocabolo con fanciullo e allora abbiamo unimmagine ancora pi suggestiva che viene sviluppata in tutto ci che segue.

Michelangelo, nella Cappella Sistina, rappresentando la creazione, raffigura la sapienza come un giovane meraviglioso ed armonioso che sta giocando nellatelier immenso del cosmo. Dio rappresentato come colui che gioca. Il gioco puro e creativo , forse, il simbolo pi alto per parlare di Dio.

Naturalmente, dobbiamo dimenticare i giochi che siamo soliti dare ai nostri bambini, quelli che si comprano a Natale, squallidi esempi dei giochi degli adulti che non ammettono nessuna creativit. Dobbiamo dimenticare i giochi degli stadi, forme di frenesie tribali. Dobbiamo invece cercare il gioco puro, quello che si trova nellartista.

La sapienza potrebbe essere rappresentata come una fanciulla che danza.

La danza il segno pi alto dellarmonia e del gioco e non per nulla le grandi liturgie antiche hanno sempre avuto nel loro interno degli elementi che comprendevano la danza. Pensiamo alla danza mirabile dei Dervisci islamici, che armonia con la danza del Creatore.

Infatti, le espressioni che seguono, che sono state tradotte con delizia e dilettandomi, si riferiscono ad un vocabolo ebraico molto pi suggestivo. il termine che stato usato per festeggiare Davide vincitore contro Golia; per descrivere Davide che porta larca a Gerusalemme e danza davanti ad essa; il termine usato da Zaccaria per descrivere i ragazzi che giocano nelle piazze della Gerusalemme del futuro.

Le espressioni, quindi, vogliono rappresentare la creazione come unopera artistica, come un gioco supremo; architetto e fanciullo, quindi, si incontrano nello stesso significato.

per questo che la teologia, in epoca recente, come in passato, ha tentato di esprimere latto creativo proprio ricorrendo allimmagine del riso, del gioco.

Se voglio parlare di Dio, devo riuscire a capire cos i gioco nella sua purezza suprema, nella sua capacit estrema di creativit. Lartista quando sta creando, veramente gioca, si diverte infinitamente, trascende le sue miserie, perde la sofferenza fisica. vero perci quello che diceva Pascal: anche con i pi disperato dolore di denti, quando il pensiero ti avvolge la mente nella creazione, tu riesci a superare la sofferenza, sei veramente capace di passare oltre la radice delle cose.

Nel libro Homo ludens Hugo Rahner cita un monaco di San Gallo, Nokter, che cantava cos la Chiesa:

Ecce sub vite amoena Christe; ludet in pace omnis ecclesia tute in horto (Ecco, o Cristo, sotto una vite amena tutta la Chiesa gioca in pace sicura nel giardino).

Molti teologi hanno cercato di utilizzare lanalogia ludica, cio hanno tentato di parlare di Dio attraverso larte, lestetica. La poesia diventa sorella della teologia. Anche Lutero ha espresso questo concetto parlando dellApocalisse:

Allora luomo giocher con cielo e terra e sole e con tutte le creature, e tutte le creature proveranno anche un piacere, un amore, una gioia lirica e rideranno con te o Signore e tu a tua volta, riderai con loro.

Lutero evoca la danza dellinizio della creazione, i capolavoro di Dio, che ha avuto il suo acme nella creazione delluomo. Alla fine sar ancora una grande danza, sar la ri-creazione. La nuova creazione (e notate il gioco di parole) sar anche ri-creazione che per noi vuol dire divertimento, riposo.

Ecco allora lultimo elemento: la sapienza una qualit che in Dio e che in noi. Non si possono scindere le due realt. E allora ci si accosta alla sapienza con estremo amore, non con paura.

molto discutibile la religiosit che ha paura dellintelligenza, dellarte, della libert dellespressione.

La forza della religiosit non risiede nelloscurit, ma nella luce e la sapienza proprio la testimonianza che i comprendere una realt limitata delluomo, ma sempre una scintilla, un frammento della sapienza infinita.

Nella letteratura proverbiale anche le piccole cose che calpestiamo camminando (i verme, la mosca, la zanzara) sono presenti con la loro lezione. C la convinzione profonda che bisogna cercare di sciogliere e di capire la realt tutta. Questa convinzione arriver al paradosso estremo della qabbalah (la Cabala ebraica), quando si cercheranno i legami pi sottili e pi segreti di ogni cosa fino a diventare quasi maniacali. Ma lidea fondamentale. Non c nulla che non abbia senso, che non entri in questo grande progetto di Dio.

C anche un altro pensiero che vorrei che tutti avessimo ben impresso nella mente leggendo i Proverbi. Lo troviamo espresso da un grande pensatore, il quale ha dovuto patire molto per il suo capire: Galileo Galilei. Come tutti i grandi e gli autentici uomini intelligenti era dotato di una profonda umilt e semplicit:Infinita la turba degli sciocchi, cio di quelli che non sanno nulla e dicono di sapere tutto.

Assai sono quelli che sanno pochissimo.

Pochi sono quelli che sanno qualche piccola cosetta. Pochissimi quelli che sanno qualche particella.

Uno solo, Dio, quello che (la) sa tutta la verit.

La giornata delluomo dei ProverbiAscolta, figlio mio, listruzione di tuo Padre,., (Pr 1,8)

Inizio con un particolare marginale, ma tipico della letteratura proverbiale biblica. Come abbiamo gi detto essa dotata (e questo avviene per tutta la letteratura sapienziale popolare, ed anche per quella nobile) di una carica di ironia e di sarcasmo che raggiunge qualche volta persino la cattiveria. Questa ironia deriva sia dalla scoperta bonaria della miseria delluomo, sia dalla scoperta gioiosa dellorizzonte umano e dei suoi limiti che servono a creare una specie di fantasia nellinterno dellumanit, evitando il tono troppo monocorde.

Riporto un esempio di ironia tratto dalla letteratura che fiorita suc-cessivamente a quella proverbiale. Si tratta delle cosiddette storielle ebraiche, raccolte anche in un libretto di F. Flkel (Storielle ebraiche, ed. BUR, Rizzoli), le quali sono meno vivaci di quelle abbozzate nei Proverbi, ma ne esprimono bene latteggiamento.

Il testo che cito contiene anche unaltra caratteristica della letteratura sapienziale: lautoironia. Noterete che in finale lebreo ironizza su se stesso; un atteggiamento tipico soprattutto nella letteratura ebraica americana.

Quando si racconta una storiella yiddish (letteratura ebraica mitteleuropea) ad un contadino, egli ride tre volte: quando gliela raccontano, quando gliela spiegano e quando riesce a capirla. Un borghese invece ride solo due volte: quando gliela raccontano e quando gliela spiegano, ma non riesce a capirla. Un ufficiale ride una sola volta: quando gliela raccontano, perch non vuole che gliela spieghino e se anche gliela spie-gassero, non la capirebbe mai. Se invece la si racconta ad un ebreo, egli dice: Dio mio, io la conosco da sempre questa storia.

Lapproccio alla realt avviene con questo filo ironico sempre dotato di un certo sapore, di un certo sale. Tutto questo si riscontra nel libro dei Proverbi.

1. LA QUESTIONE LETTERARIA DEI PROVERBI La letteratura sapienziale un grande orizzonte che va oltre le 6915 parole ebraiche di cui composto i libro dei Proverbi. Rapportate alle 300.613 parole dellAntico Testamento ebraico, sono soltanto il 2,3%. Si tratta quindi, tutto sommato, di una stilla.

Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che esiste un pentateuco sapienziale, almeno per quanto riguarda il canone cattolico, che comprende appunto Giobbe, i Proverbi, il Qohlet, la Sapienza e il Siracide. La Sapienza e il Siracide non rientrano invece nel canone ebraico delle Sacre Scritture perch ci sono giunti in greco e quindi sono considerati deuterocanonici. -

Questo pentateuco sapienziale si pu ampliare fino ad arrivare ad un settenario, aggiungendo a questi cinque libri anche i Salmi e i Cantico dei Cantici, perch, dalla tradizione giudaica, vengono tutti messi sotto lo stesso titolo: ketuvim (gli Scritti). Ma i Salmi e il Cantico dei Cantici vivono di una loro autonomia, preziosit e splendore.

La letteratura sapienziale per non finisce qui. I cc. 1-3 della Genesi, per esempio, sono chiaramente letteratura sapienziale. Sono infatti una riflessione su ha-adam, cio sulluomo. Si tratta di una letteratura sapienziale, filosofica, teologica.

In pratica sono un po paralleli a quel bellissimo cantico che abbiamo esaminato nella precedente lettura biblica e che troviamo in Pr 8, 22-31, dove si canta la sapienza che , al tempo stesso, prima di tutte le cose, in quanto ha i medesimo volto di Dio ed nelle cose e in noi perch tutti noi abbiamo una scintilla di quella sapienza. Il cosmo intero partecipa alla bellezza della creazione.

Nel 1953 un famoso esegeta tedesco, G. von Rai ha scritto un saggio nel quale sosteneva che la storia di Giuseppe, narrata nei cc. 37-50 della Genesi, di natura sapienziale e non una pagina storica in senso stretto. un racconto esemplare in cui ci sono dei personaggi che sono collegati ai patriarchi e allesodo, ma che si presentano soprattutto come modelli di vita. Per questo sono rivestiti di molti elementi fittizi. Nel libro del Deuteronomio e negli stessi profeti si trovano spesso delle espressioni che sono veri e propri proverbi o dichiarazioni sapienziali. Lo stesso von Rad, in uno studio molto importante del 1960, ha sottolineato che la letteratura apocalittica (ad esempio quella di Daniele o di alcuni testi apocrifi) ha le sue origini in quella sapienziale, per cui la figlia di questa letteratura dallorizzonte cos ricco.

Sullintero panorama sapienziale primeggia la figura di Salomone. Nel c. 10 del primo libro dei Re, la regina di Saba incontra Salomone e resta stupita di fronte al sapere di questuomo. Da qui nasceranno tutte le leggende che daranno origine alla fantasia secondo la quale i negus neghesti (il re dei re, cio il re dellEtiopia) era discendente da un figlio nato dal matrimonio tra Salomone e la regina di Saba.

Con Salomone si ha la testimonianza di un contatto, di un dialogo ecumenico con le varie culture. Durante lepoca salomonica i fermenti, le ricerche delle letterature circostanti vengono portate a Gerusalemme e l rielaborate. Da questo incontro nasce la letteratura sapienziale ebraica. Ecco un esempio tratto da 1 Re 5, 9-14:

Dio concesse a Salomone saggezza e intelligenza molto grandi e una mente vasta come la sabbia che sulla spiaggia del mare. La saggezza di Salomone super la saggezza di tutti gli orientali e tutta la saggezza dellEgitto.

Egli fu veramente pi saggio di tutti, pi di Etan lEzrachita, di Eman, di Calcol e di Darda, figli di Macol; il suo nome divenne noto fra tutti i popoli limitrofi Salomone pronunzi tremila proverbi, le sue poesie furono millecinque.

Parl di piante, dal cedro del Libano allissopo che sbuca dal muro; parl di quadrupedi, di uccelli, di retti i e di pesci

Da tutte le nazioni venivano per ascoltare la saggezza di Salomone; venivano anche i re dei paesi ove si era sparsa la fama della sua saggezza.

evidente che in questo ritratto si vuole raffigurare i sapiente. In filigrana si intravede luomo saggio, lintellettuale ricco anche umanamente.

La sapienza, perci, abbraccia un orizzonte molto pi esteso di questi cinque o sette libri. Su tutti domina la figura di Salomone.

2. LA MODALIT CON CUI SI ESPRIME LA SAPIENZA

La sapienza si esprime in diversi modi: proverbi, detti, inni, parabole ecc. ma la forma pi caratteristica della letteratura sapienziale il proverbio (ebr. mashal).

Ogni cultura ha escogitato il suo tipo di proverbio secondo le proprie esigenze linguistiche.

Diceva il filosofo Francesco Bacone:

Il genio, la saggezza, lo spirito di una nazione si scoprono nei suoi proverbi.

Il termine mashal in realt molto generico in quanto indica: detto, sentenza, aforisma, proverbio, allegoria, parabola, poesia. Esso ha per i suo valore soprattutto nellinterno del proverbio proprio come lo intendiamo noi.

Il proverbio, essendo come una scheggia, pur nella sua semplicit, difficile da costruire perch raccoglie tutta la realt in un piccolo frammento. -

Inoltre, bisogna creare una forma espressiva che colpisca subito la mente evitando un lungo discorso: questultimo spegne la forza del messaggio che si vuole comunicare. Il proverbio deve andare diritto al cuore e alla mente anche della persona semplice, addirittura dello stupido, suggerisce il libro dei Proverbi, proprio perch ha pi bisogno di tutti di imparare.

Questi frammenti sono quindi molto complessi nonostante la loro brevit. Un grosso commento ai Proverbi di due autori spagnoli, Alonso Schkel e Vichez Lindez, dedica ben quaranta pagine (esattamente dalla pagina 134 a 174 nella traduzione italiana, ed. Borla) per spiegare i meccanismi interni a questi distici (si tratta, -infatti, solitamente di due versetti).

C innanzitutto il proverbio detto quod (in latino perch, infatti) cio i proverbio evento che ci fa balenare una cosa, una scenetta e su quella c gi una lezione.

C poi un altro proverbio un po pi sofisticato, pi filosofico, detto quia o cur (in latino perch), che cerca anche di trovare una spiegazione alla rivelazione fatta sulla realt.

Ma, soprattutto, una delle leggi fondamentali del proverbio il parallelismo, che pu essere sinonimico, antitetico e progressivo. Sinonimico significa ripetere due volte la stessa cosa da angolature diverse, cio guardando la stessa realt da due prospettive diverse, cogliendo due sfaccettature differenti:

Il falso testimone non rester impunito,

chi diffonde menzogne non avr scampo. (Pr 19, 5)

Il primo verso molto pi solenne, da tribunale, il secondo pi quotidiano.

Il parallelismo antitetico invece, insiste su un determinato dato descrivendone anche il contrario:

C chi fa il ricco e non ha nulla

c chi fa il povero e ha molti beni.

In 4, 18 troviamo un esempio di parallelismo progressivo. Comporta due elementi paralleli ed un terzo in crescendo:

La strada dei giusti come la luce dellalba, -che aumenta lo splendore fino al meriggio.

Uno dei risultati che si vogliono ottenere usando queste tecniche i suono, la facilit dellapprendimento, la costruzione della paronomasia, cio dellonomatopea fonetica.

Anche in italiano moltissimi proverbi sono costruiti sul gioco delle parole, sulle rime ed perci talora senza senso leggere dei proverbi in traduzione. Perdono di valore perch tutta la loro carica sta nella rima. La rima inoltre non appartiene solo alla poesia, alla letteratura o al ragionamento popolare, ma anche alla musica.

Pensiamo, ad esempio, al Carnevale degli animali di Saint-Sans o a quel divertentissimo Duetto tra due gatti di Rossini, in cui il soprano deve imitare proprio il gatto miagolando.

Anche Schubert, con il suo Quintetto della trota tenta di imitare lo scivolare del pesce nellacqua; pure Mozart si dedicato a questo genere nella cosiddetta Messa dei passeri e nelle Danze tedesche, imitando i canarino, i passeri ed altri uccelli.

C insomma lesigenza costante di rima e di onomatopea: pensiamo soprattutto al Pascoli e alle sue poesie.

Tutte queste cose hanno unimportanza fondamentale, perch permettono di avere lezioni immediate, che rimangono nella mente, quasi come fossero delle biblioteche portatili autentiche, scritte, appunto, sulla viva pagina della memoria.

I francesi hanno inventato lespressione che secondo me la migliore descrizione della memoria: in francese imparare a memoria si dice par coeur, attraverso il cuore. qualcosa che nasce -da unassuefazione profonda, per cui la memoria che possediamo deve essere aiutata, senza disprezzare questo dono straordinario che tutti gli uomini hanno in misura diversa ma che devono sviluppare.

Ricordiamo, infine, sempre a proposito del mashal, la tecnica del contrappunto.

Se noi raccogliessimo idealmente tutti i proverbi dellumanit, ci accorgeremmo che moltissimi sono contraddittori tra di loro eppure sono veri. Questo perch la realt stessa contraddittoria. Non la perfezione semplice e univoca di Dio. Ecco un esempio.

Non rispondere allo stolto secondo la sua stoltezza per non divenire anche tu simile a lui

Rispondi allo stolto secondo la sua stoltezza

Perch egli non si creda saggio. (Pr 26, 4-5)

indiscutibile che queste due rilevazioni sono entrambe vere, anche se contraddittorie.

Esiste quindi unantitesi che verit.

3. LA STRUTTURA DEL LIBRO DEI PROVERBI

Il libro biblico dei proverbi si compone di 31 capitoli, divisi dagli studiosi in tante parti: cinque parti, sette, otto e anche nove. Questo dovuto al fatto che si tratta di collezioni diverse i cui confini non sono sempre nitidi, anche perch ad esse si aggiungono degli allegati

o appendici.

Ecco brevemente un tracciato schematico. Ricordo che i proverbi sono tutti di periodi diversi.

1.La prima collezione costituita dai cc. 1-9: la pi recente (500-400 a.C.), ma anche la pi nobile e sofisticata.

2.I cc. 10-22 formano la seconda collezione, detta anche prima collezione salomonica. Essa si divide chiaramente in due parti: i cc. 10-15 che comprendono 184 proverbi dominati dal contrasto tra il giusto e lempio; i cc. 16-22 che si compongono di 191 proverbi di stampo monarchico. Riflettono lepoca di Salomone.

3.Dalla seconda parte del cc. 22 (v. 17) fino al c. 24 inizia la terza collezione, formata da due allegati intitolati: Le parole dei saggi. In apertura di questa terza collezione troviamo una cosa curiosa: la libera trascrizione di un testo sapienziale egiziano dellXI sec. a.C. Abbiamo perci losmosi tra Israele e lEgitto: la Bibbia ha riconosciuto parola di Dio anche lo scritto di un pagano, considerandolo ispirato.

Leggiamo ad esempio il c. 23, 29-3 5:

Per chi i guai? Per chi i lamenti? Per chi i litigi? Per chi i gemiti? A chi le percosse per futili motivi? A chi gli occhi rossi?

Per quelli che si perdono dietro al vino e vanno a gustare vino puro. Non guardare il vino quando rosseggia, quando scintilla nella coppa e scende gi piano piano; finir con il morderti come un serpente

e pungerti come una vipera. Allora i tuoi occhi vedranno cose strane e la tua mente dir cose sconnesse. Ti parr di giocare in alto mare o di dormire in cima allalbero maestro. Mi hanno picchiato, ma non sento male. Mi hanno bastonato, ma non me ne sono accorto. Quando mi sveglier? Ne chieder dellaltro.

Questo ci dimostra come la Bibbia non abbia nessun imbarazzo, nellaccogliere al suo interno contributi esterni e notazioni profondamente umane e quotidiane.

Ci sono inoltre delle indicazioni che riguardano la buona educazione, letichetta, il savoir-faire, le virt umane. Queste virt, oggi tanto calpestate, costituiscono invece per lautore dei Proverbi, una componente della fede, della religione.

4.La quarta collezione costituita dai cc. 25-29 ed aperta da un titolo:

Anche questi sono proverbi di Salomone,

trascritti dagli uomini di Ezechia, re di Giuda. (Pr 25, 1)

Verso la fine dellVIII secolo, quindi, Ezechia prese dei proverbi precedenti e li elabor. Anche questi cinque capitoli si dividono chiaramente in due parti: 25-27 e 28-29. Come si vede la collezione stata costruita con un certo criterio, ma anche con notevole variet.

La prima parte folcloristica e inondata dalla natura: sabbia, pietre, fonti, acque, campi, fieno, spine, vento, nubi, pioggia, neve, freddo, calura, asini, cavalli, greggi, leoni, uccelli, capretti, orafi, tessitori, carpentieri, contadini... Laltra, invece, molto pi so-lenne, di tono etico, religioso, quasi curiale. Probabilmente era ad un livello superiore, usata allinterno dei palazzi.

5.Lultima parte, cc. 30-31, formata da quattro frammenti proverbiali molto belli, provenienti da luoghi diversi e cuciti insieme. Il primo di un tale Agur, re di Massa (probabilmente una trib ismaelita araba). Siamo quindi, ancora una volta, in presenza di una sapienza esterna. La Bibbia dimostra uno spirito ecumenico e libero nel captare i valori delle altre culture:Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia:

tieni lontano da me falsit e menzogna,

non darmi n povert n ricchezza; ma fammi avere il cibo necessario, perch, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: Chi il Signore?, oppure, ridotto allindigenza, non rubi e profani il nome del mio Dio. (Pr 30, 7-9)

Il secondo frammento numerico, in quanto si gioca sui numeri che hanno sempre una simbolica spirituale allinterno di tutte le culture. Esiste una scienza chiamata gematria o numerologia che d dei valori simbolici ai numeri modellandoli su realt ulteriori, soprattutto spirituali. Leggiamo i primi due versetti di questa sezione,il 5 e il 6 del c.30: La sanguisuga ha due figlie: Dammi! Dammi!. Tre cose non si saziano mai, anzi quattro non dicono mai: Basta!:

gli inferi, il grembo sterile, la terra mai sazia dacqua e il fuoco che mai dice: Basta!. (Pr 30, 15-16)

Lautore usando pochissimi elementi (in ebraico sono una quindicina di parole) ha sceneggiato una situazione drammatica tutta particolare, partendo da una realt concreta come la sanguisuga. Il paragrafo del c. 31, 1-9 invece la sapienza di Lemul, un altro di questi sapienti dellantico Oriente.

Infine abbiamo il quarto testo, c. 31, 10-31, che chiude tutto i libro dei Proverbi: il bellissimo inno alla donna sapiente.

4. LE FONTI DEI PROVERBI

a. Lesperienza

Il grande sapiente, incarnato nei diversi autori di questo libro, potreb-be essere paragonato al romanziere francese ottocentesco Honor de Balzac. La sua Comdie humaine, infatti, una specie di sguardo sulle vie, sulle strade, sulle piazze, con un certo distacco apparente, ma in realt con molta passione e partecipazione.Il punto di partenza lesperienza delluomo, cantata in mille modi nei quali tutti ci riconosciamo. Anche per questo i singoli proverbi sono espressi solitamente con parole semplici e limitate ma folgoranti.

Il celebre drammaturgo francese Jean Racine ha scritto le sue opere usando meno di mille vocaboli, riuscendo per a rendere benissimo tutte le sfumature dei sentimenti, delle passioni, dei drammi.

quindi possibile essere molto chiari ed esprimere realt profondissime, pur usando poche parole.

Qualche volta quelli che parlano in maniera estremamente sofisticata, confusa e tormentata, danno limpressione di attingere ai pozzi pi profondi della sapienza. In realt, poi, salvo eccezioni, questo significa che hanno al loro interno una certa nebbia. Riuscire ad esprimere in modo chiaro la realt vuoi dire renderla comprensibile comunque e sempre, anche se ci pu comportare qualche semplificazione.

Ecco qualche esempio di questa esperienza presa dal vivo. qualcosa di concreto, di materiale, che colpisce; ma, al tempo stesso, anche la lezione che bisogna imprimersi, andando oltre limmagine:

Chi accaparra il grano maledetto dal popolo, la benedizione invocata sul capo di chi lo vende. (Pr 10, 26)

Ecco un altro esempio adatto alla cultura di tutti i tempi, ma anche cos tipico della nostra burocrazia e della nostra politica, perch si tratta di un dato costante:

Il dono come un talismano per il proprietario:

dovunque si volga ha successo. (Pr 17, 8)

b. La tradizione-

Questo secondo elemento caratteristico della cultura che viene tramandata oralmente come lo quella orientale.

Nessuno di noi un autodidatta puro, ha cio imparato tutto da solo:

ha sempre avuto un insegnante. Anche lautodidatta puro studia su libri scritti da altri. difficilissimo, ma, a mio avviso, anche stupido, cominciare da zero, per conto proprio, perch lumanit deve considerarsi sempre pi un corpo che prosegue da quanto gi stato raggiunto.

La tradizione indispensabile e noi incontriamo continuamente nel libro dei Proverbi questo schema: padre-figlio oppure maestro-discepolo. Il padre e il maestro sono infatti i sapienti per eccellenza e ovviamente anche i pedagoghi.

Questo tipo di pedagogia non pu essere sic et simpliciter applicata oggi, in quanto molto datata. Pone per in modo interessante il problema del metodo di insegnamento.

Insegnare non assolutamente una professione, anche se molti la devono fare per vivere. Insegnare soprattutto una vocazione. Ci sono persone genialissime, ma che non dovrebbero mai salire su una cattedra, perch non sono idonee ad insegnare e a comunicare.

La letteratura sapienziale, di sua natura, deve essere comunicata, essendo una guida di vita:

Ascoltate, o figli, listruzione di un padre e fate attenzione per conoscere la verit, poich io vi do una buona dottrina; non abbandonate il mio insegnamento. Anchio sono stato un figlio per mio padre tenero e caro agli occhi di mia madre. (Pr 4, 1-3)

La catena, come si vede, inizia nel passato.

Leggiamo anche i primi versetti del Salmo 78:

Popolo mio porgi lorecchio al mio insegnamento, ascolta le parole della mia bocca.

Aprir la mia bocca in parabole, rievocher gli arcani dei tempi antichi. Ci che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato, non lo terremo nascosto ai loro figli; diremo alla generazione futura le lodi del Signore, la sua potenza

e le meraviglie che egli ha compiuto. (Sal 78, 1-4)

Lo svolgimento di questa trama di atti salvifici continua poi per tutto lo scorrere del salmo.

Questa catena si snoda quindi nellinterno di tutto il popolo di Israele, anche per la fede, la quale viene ricevuta per trasmissione viva, per tradizione.

Ovviamente, poi, deve scattare ladesione, come attestato anche da Paolo:

Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anchio ho ricevuto: che cio Cristo mor per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a pi di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono linfimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perch ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio per sono quello che sono, e la sua grazia in me non stata vana: anzi ho faticato pi di tutti loro, non io per, ma la grazia di Dio che con me. Pertanto, sia io che loro, cos predichiamo e cos avete creduto. (1 Cor 15, 3-11)

Nel c. 1, 8 -9 dei Proverbi si definiscono i consigli del padre come la corona e la collana, sono cio la realt pi bella che orna luomo:

Ascolta, figlio mio, listruzione di tuo padre

e non disprezzare linsegnamento di tua madre,

perch saranno una corona graziosa sul tuo capo

e monili per il tuo collo. (Pr 1, 8-9)

Il padre rappresenta ovviamente il maestro, la generazione che ha gi vissuto determinate situazioni ed ha riflettuto su questi temi e che pu ora proporli.

Chi risparmia il bastone odia suo figlio,

chi lo ama pronto a correggerlo. (Pr 13, 24)

questo un esempio di pedagogia, allora validissima, oggi forse un po da aggiornare, anche se un filo di verit lo contiene ancora. C lelemento correzione, cio lidea di una educazione non severa ma esigente.

c. La riflessione

E grande filosofo Martin Heidegger ha coniato questa espressione-proverbio:

Denken ist danken

(comprendere vuol dire anche lodare, ringraziare).

Dio ci ha dato lo splendore della ragione e questo bisogna ricordarlo ancor di pi ora in cui trionfano i misticismi fatui, il sentimentalismo religioso e di altri generi. Si ha quasi paura della forza e della grandezza della ragione anche per la religione.Il libro dei Proverbi ci ricorda invece lestrema importanza del sapere, con una grande stima delluomo intelligente e un grande disprezzo, venato di ironia, nei confronti dello stupido, dello stolto, dellignorante, dellottuso:

Come il cane torna al suo vomito,

cos lo stolto ripete le sue stoltezze. (Pr 26, 11)

La sapienza nasce anche dal convegno dei sapienti, dal ritrovarsi insieme e discutere. una riflessione in dialogo.d. La rivelazione

Non dobbiamo poi dimenticare che la rivelazione la fonte pi importante della sapienza. C la convinzione che allinterno di cose cos modeste risuoni la voce di Dio. Qui ci troviamo veramente nel cuore del discorso.

Leggendo i libro dei Proverbi ci divertiamo perch troviamo i nostri vizi e le nostre virt, gli splendori e le miserie, i giochi e i pianti, quegli estremi di cui si compone la vita. Non dobbiamo per mai dimenticare che, per il credente, parola di Dio e ci significa che queste realt hanno in s un sigillo dinfinito.

Sono numerosissime le espressioni soprattutto nella prima collezione dei Proverbi che esprimono questa convinzione:

il Signore che d la sapienza,

dalla sua bocca esce scienza e prudenza. (Pr 2, 6)

Facciamo attenzione alle parole usate: non solo intelligenza, realt stupenda di cui si deve sempre ringraziare Dio, ma neanche solamente la scienza, che si acquista con grande fatica e studi pazienti alla ricerca della verit. Queste due cose non bastano ancora: lintelligente e lo scienziato non necessariamente sono il sapiente, i maestro, quello che lascia una scia nelle persone, quello che dice anche la banalit ma con un elemento - che le persone normali avevano trascurato. Essere sapienti, magari anche avendo poca intelligenza, sicuramente un dono divino.

Beato luomo che ha trovato la sapienza

e il mortale che ha acquistato la prudenza,

perch il suo possesso preferibile a quello dellargento

e il suo provento a quello delloro.

Essa pi preziosa delle perle

e neppure loggetto pi caro la uguaglia. (Pr 3, 13-15)

5. LA GIORNATA DELLUOMO DEI PROVERBI

Il libro dei Proverbi in un certo senso anche divertente. Esso ci riporta una sapienza, unintelligenza, una scienza affascinante e non noiosa. Daltro canto, per, il ridere non fine a se stesso, perch tutte queste cose rappresentano in qualche modo il nostro profilo umano e spirituale.

Uno studioso di questo libro ha detto:

Guarda i Proverbi, specchiati e se non coincidono coi tuoi lineamenti segno che devi correggerti.

E libro dei Proverbi ha una funzione educativa, pedagogica; non vuole creare una specie di ritratto del mondo, distaccato, asettico, ma tale che, una volta imparato, lo si trasformi.

Leggiamo insieme alcuni passi presi qua e l.

Gli animali fanno lezione:

Quattro esseri sono fra le cose pi piccole della terra, eppure sono i pi saggi dei saggi: le formiche, popolo senza forza, che si provvedono il cibo durante lestate; gli irci, popolo imbelle, ma che hanno la tana sulle rupi. (Pr 30, 24-26)Anche questi nostri fratelli minori ci devono insegnare qualcosa.

Abbiamo detto in precedenza che la vita riso e lacrime:

Anche fra il riso il cuore prova dolore

e la gioia pu finire in pena. (Pr 14, 13)

A proposito del mercato, nel c. 20, 14 troviamo uno schizzo straordinario, un bozzetto dal vivo:

Robaccia, robaccia dice chi compra: ma mentre se ne va, allora se ne vanta. (Pr 20, 14)Bussa alla porta di casa un povero bisognoso:

Non dire al tuo prossimo: Va, ripassa, te lo dar domani se tu hai ci che chiede. (Pr 3, 28)La tragedia continua dei poveri sfruttati, delle ingiustizie, sempre segnalata anche nellottimismo generale del libro dei Proverbi:

C gente i cui denti sono spade

e i cui molari sono coltelli,

per divorare gli umili eliminandoli dalla terra

e i poveri in mezzo agli uomini. (Pr 30, 14)

Questa espressione viene ripresa anche dal profeta Michea.

Un altro elemento tipico della vita quotidiana, non solo di allora, il chiacchiericcio: Nel molto parlare non manca la colpa,

chi frena le labbra prudente. (Pr 10, 19)

Ed infine il pranzo, che uno dei momenti in cui luomo si rivela maggiormente per quello che , manifestando i suo spirito, soprattutto se si tratta di un pranzo cordiale tra amici.

Il cibo, daltra parte, legato anche ad elementi fondamentali per la sopravvivenza delle persone, un grande simbolo di vita: luomo anche ci che mangia, pur senza giungere a conclusioni eccessivamente materialistiche.

Quando siedi a mangiare con un potente, considera bene che cosa hai davanti;

mettiti un coltello alla gola, se hai molto appetito.

Non desiderare le sue ghiottonerie, sono un cibo fallace. (Pr 23, 1-3) Un piatto di verdura con lamore

meglio di un bue grasso con lodio. (Pr 15, 17)

piacevole alluomo il pane procurato con la frode, ma poi la sua bocca sar piena di granelli di sabbia. (Pr 20, 17)

Possiamo concludere affermando che da cose piccole si possono trarre grandi lezioni.

Esprimiamo questo nesso tra mistero e realt quotidiana con la testimonianza di unaltra sapienza orientale, quella indiana, espressa dal poeta Tagore. Egli ci raccomanda di non cercare Dio in luoghi aureolati, diversi dal nostro mondo quotidiano, bens di cercarlo nel microcosmo che ci circonda; la nostra prima vocazione, anche se ricopriamo cariche importanti, di essere fedeli nelle piccole cose. Tagore costruisce la trama della sua lirica su detti dellantica tradizione vedica indiana:

A mezzanotte laspirante asceta annunci: Questo il tempo di lasciare la mia casa e di andare in cerca di Dio. Ah, chi mi trattenne tanto a lungo in questa illusione!.Dio sussurr: Io.

Ma luomo aveva le orecchie turate. Con un bimbo addormentato al suo seno, sua moglie dormiva placidamente su un lato del letto la famiglia, la vita quotidiana di cui i Proverbi parlano spesso . Luomo disse: Chi siete voi che mi avete ingannato per tanto tempo? non permettendogli di raggiungere i vertici della mistica, dellascesi.

-

Ancora la voce mormor: Essi sono Dio.

Ma egli non intese.

Il bimbo pianse nel sonno e si strinse accanto alla madre.

Allora Dio comand: Fermati, sciocco, non abbandonare la tua casa!. Ma egli ancora non ud.

Dio allora tristemente sospirando, disse: Perch il mio servo mi abbandona per andare in cerca di me?

Sapienza e stupidit si confrontano -

Donna irrequieta follia

1. CONSIDERAZIONI INIZIALI

Prima di iniziare i terzo ed ultimo nostro percorso allinterno del libro dei Proverbi, vorrei fare alcune considerazioni preliminari che ci aiutino ad introdurci lentamente in un tema molto spinoso e delicato, come annuncia il titolo stesso, e sottolineare ancora una volta quel colore un color seppia che attraversa qua e l la collezione dei Proverbi e, sistematicamente, i proverbi in generale di tutti i tempi. Sono piccole cattiverie che hanno per un fondo di verit; sono espressioni di sarcasmo, di ironia, qualche volta anche di superficialit, sempre permeate di realt. Pensiamo, ad esempio, a frasi simili a questa, tratta dalla cultura inglese:

La conversazione languiva, come spesso accade quando si parla bene del prossimo.

Il grande Bernanos, uomo abbastanza provocatorio pur nella sua solidit religiosa, amava moltissimo il tocco dellironia. Di fronte ad un avversario abbastanza feroce disse:

Nellaldil, lei ed io avremo indirizzi diversi.

Questa caratteristica di coniare giochi di parole o motti di spirito provocatori ed intinti appunto un po nel nero appartiene proprio al sottofondo costante della letteratura proverbiale.La prima ragione di questo fatto legata ad un tema di grande importanza che ci fa quasi da guida, orientando tutta la collezione dei Proverbi e un p0 tutta la sapienza tradizionale, soprattutto quella ortodossa e tradizionale. Si tratta della cosiddetta legge della retribuzione o legge della nemesi immanente. Secondo questa norma, delitto e castigo sono sempre insieme, cos come giustizia e premio. una visione molto ottimistica; il desiderio di ordinare questo mondo in cui, purtroppo, non vediamo tanto facilmente i delitto castigato e la giustizia premiata. Ecco allora uno sforzo quasi utopico o didascalico di vederlo e di affermano, quasi al di l della realt stessa. Si costruiscono cos molti proverbi in cui si cerca di condannare i male e di vederlo quasi afflosciare, dissolversi sotto lincombere di Dio stesso. Alcune volte si preferisce addirittura ricorrere al principio della nemesi immanente, ritrovando allinterno del male gi la punizione.

Facciamo un esempio curioso, in quanto lo si ritrova in tre versioni diverse di altrettanti autori:

Chi scava una fossa vi cadr dentro

e chi rotola una pietra, gli ricadr addosso. (Pr 26, 27)

Chi scava una fossa ci casca dentro

e chi disf un muro morso da una serpe.

Chi spacca le pietre si fa male

E chi taglia la legna corre pericolo (Qo 10,8-9)In un testo egizio arcaico, precedente sia ai Proverbi che a Qohlet, troviamo invece:

Chi rimuove una pietra, gli ricadr sul piede.

Notiamo perci la costanza dellimmagine per esprimere una convinzione ottimistica: il male noi possiamo irriderlo, anche se sembra qualche volta dirompente e trionfante, perch destinato ad essere schiacciato dalla legge cosmica, storica della retribuzione.

Qohelet e Giobbe reagiranno proprio a questa legge della retribuzione, perch guardando lorizzonte si accorgeranno che molto spesso il delitto premiato e la giustizia viene misteriosamente castigata.

La seconda considerazione si riferisce a un certo gusto radicale che nasce da una lettura del reale continuamente in bianco e nero, per contrasti. Tanto vero che gli studiosi hanno ormai fatto delle vere e proprie codificazioni dei Proverbi sulla base di raccolte antitetiche.

Ci sono, per esempio, dei proverbi destinati al giusto, a cui se ne contrappongono subito altri relativi allempio. Si parla del sapiente e dello stolto, dellattivo e dellozioso, di chi ama Dio e di coloro che io odiano.

Solitamente i proverbi pi vivaci prendono in giro i vizi e i difetti delle persone: lingiusto, il disonesto, lo stupido, il folle, lignorante, il pigro; sono senzaltro delle macchiette che si possono colorare con maggiore vivacit. -

C infine una terza ed ultima considerazione: la letteratura proverbiale ama lintelligenza. Essa infatti , come stato detto, in un certo senso razionalista, perch ama unintelligenza sfrangiata, che accoglie un ventaglio di tonalit, di colori, di forme. Si tratta di unintelligenza pratica, attiva, concreta, creatrice, ma anche, al tempo stesso, fantasiosa, rasentando persino la furbizia e lastuzia.Nel libro dei Proverbi troviamo quindi una grande stima per luomo intelligente. La persona sapiente chi pu fare bonaria ironia, giudicando, con sano distacco, senza essere giudice implacabile.

Lironia autentica infatti una pennellata. Solo quando diventa sarcasmo pesante non indizio di intelligenza. Per questo motivo non esito ad affermare che i libro dei Proverbi un testo moderno.

Esso sottolinea inoltre, continuamente, come lintelligenza che costituisce la grandezza delluomo, sia una cosa fragilissima, in quanto basta solamente un soffio per passare dal versante della sapienza a quello della stupidit.

Il noto teologo Emi Brunner scrisse nel 1947 unopera intitolata Luomo in rivolta, esprimendo questa tesi serpeggiante nel libro dei Proverbi con una frase impressionante ma vera:

Luomo un essere spirituale che sogna leternit e crea opere eterne, ma basta la perdita della piccola ghiandola della tiroide per trasformarlo in un ebete.

Dobbiamo per anche dire che i mistero dellintelligenza non sar mai sondato abbastanza, anche in questi tempi in cui si tentato invece di celebrare sempre di pi forme che non appartengono al sapere delluomo.

Anche per la religione occorre tornare allo splendore della luce della ragione, che uno degli strumenti privilegiati per conoscere Dio.

Dicono gli scienziati che la corteccia cerebrale di una persona si compone di dieci miliardi di cellule e di un milione di miliardi di connessioni. Contando le connessioni al ritmo di una al secondo, ci vorrebbero trentadue milioni di anni. Inoltre, la somma di tutti i modi possibili di interazione tra i neuroni supererebbe di diversi ordini di grandezza quella degli atomi, che si trovano nel mondo. E cervello, quindi, esaminato anche in questa prospettiva materialistica si rivela come una realt talmente superiore da costringere ad una celebrazione della grandezza dellintelligenza e della sapienza, cos come viene fatta dalla letteratura sapienziale.

Un Salmo sapienziale, il 139, dice:

Ti ringrazio, Signore,-

perch mi hai fatto una meraviglia.

Entriamo ora in un elemento delicato: la tipizzazione negativa femminile. Esaminando i testi, si vedr che questa tipizzazione non cos drammatica, perch la tipizzazione femminile della stoltezza (kesilut) ha, come parallelo perfetto, la tipizzazione femminile della sapienza (in ebraico il femminile hokmah).

Inizialmente queste rappresentazioni femminili hanno delle ragioni puramente grammaticali. In questottica si potrebbe dire che le lodi rivolte alla donna, non si riferiscono tanto a lei, quanto alla sapienza. Analogamente tutte le volte che si attacca la donna stupida, in realt si vuole colpire la kesilut, la stoltezza.

Bisogna comunque prendere atto che la componente negativa certamente superiore. La lotta contro la stupidit, vista come femmina, un dato che attraversa tutti i secoli e ad un certo momento ci si dimentica che si sta condannando la stupidit, e ci si ferma a biasimare la donna.

Le ragioni sono archetipiche e nascono dalla paura nei confronti della donna. Da qui nasce lidea della donna tentatrice: Adamo ed Eva,

Giuseppe e Potifar, Sansone e Dalila, per restare in ambito biblico. Esiste una misoginia che trae origine da motivazioni studiate dalla psicanalisi e dallantropologia culturale; si tratta di un fenomeno sedimentato a livello popolare e intellettuale. Oscar Wilde diceva:

Dio cre la donna per ultima perch non voleva consigli mentre creava luniverso.

E ancora:

La detesto, dice la donna di unaltra donna, come se fossimo amiche intime.

Sempre Oscar Wilde:

superfluo vendicarsi di una donna, ci pensa gi il tempo.

Tornando indietro nel tempo, sentiamo nella canzone del duca, nel Rigoletto di Verdi:

La donna mobile, qual piuma al vento, muta daccento e di pensier.

Una rappresentazione dellassoluta insicurezza: la donna non stabile, bens sabbia sulla quale non si pu costruire nulla. Nel canto XIV della Gerusalemme liberata del Tasso c unaltra dimensione: la donna appare come spumeggiante creatura, quasi come un animale grazioso:

Femmina cosa garrula e fallace, vuole e disvuole

e fonde luomo che sen fida.

Nel libro del Qohlet troviamo descrizioni simili, se non peggiori.

Trovo che amara pi della morte la donna, la quale tutta lacci:

una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi gradito a Dio la sfugge ma il peccatore ne resta preso. Vedi io ho scoperto questo, dice Qohlet, confrontando una ad una le cose, per trovarne la ragione.

Quello che io cerco ancora e non ho trovato questo. Un uomo su mille lho trovato:

ma una donna fra tutte

non lho trovata. (Qohlet 7, 26-28)

Nel Siracide troviamo un passo che unespressione molto viva dellincarnazione della parola di Dio persino nei luoghi comuni:

Non essere geloso della sposa amata, per non inculcarle malizia a tuo danno. Non dare lanima tua alla tua donna, s che essa simponga sulla tua forza. Non incontrarti con una donna cortigiana, che non abbia a cadere nei suoi lacci. Non frequentare una cantante, per non esser preso dalle sue moine. Non fissare il tuo sguardo su una vergine,per non essere coinvolto nei suoi castighi. Non dare lanima tua alle prostitute, per non perderci il patrimonio. Non curiosare nelle vie della citt, non aggirarti nei suoi luoghi solitari Distogli locchio da una donna bella, non fissare una bellezza che non ti appartiene. Per la bellezza di una donna molti sono periti per essa lamore brucia come fuoco. Non sederti mai accanto a una donna sposata,

non frequentarla per bere insieme con lei perch il tuo cuore non si innamori di lei

e per la tua passione tu non scivoli nella rovina. (Sir 9, 1-13)

Prima ancora del Siracide, Pitagora aveva formulato il principio della polarit maschile e femminile: c un principio del bene che ha creato lordine, la luce e luomo; c un principio del male che ha creato i caos, le tenebre, la donna.

Finiamo questa antologia antifemminista con un testo accadico del 2300 a.C; i celebre Dialogo di un pessimista:

Il servo dice al padrone: non amare, mio Signore, non amare. La donna un pozzo, una cisterna, una fossa, la donna un pugnale di ferro ben affilato che taglia la gola delluomo.

Come spiegare questa costante?

C una frase nei Proverbi che riassume questa misoginia considerando la donna come una realt che disturba lorizzonte:

Meglio abitare in un deserto

che con una moglie litigiosa e irritabile. (21, 19)

Si tratta certamente di un proverbio fisso, uno stereotipo, perch lo ritroviamo ancora pi caricato nel Siracide c. 25, 15: -

Preferirei abitare con un leone e con un drago

piuttosto che abitare con una donna malvagia.

Alla base di tutto questo c sicuramente una letteratura fatta da maschi. Erano soprattutto loro che la codificavano e la elaboravano. Anche a livello proverbiale-popolare la donna non era coinvolta. In secondo luogo, queste espressioni non le possiamo assolutamente addurre in s come parola di Dio, perch sono il segno della sua incarnazione e vanno quindi messe in parallelo con le pagine sulla violenza nellinterno della Bibbia. Respirano un clima, un comportamento, unatmosfera, una visione del mondo che caratteristica delle culture di tutti i tempi soprattutto a livello popolare, espressione di una serie di ragioni archetipiche che appartengono anche alluomo della Bibbia. Ecco quindi limportanza di non leggere mai la Bibbia in maniera fondamentalista, per non arrivare ai limiti di alcune sette maniacali, come quella degli Ebioniti, la quale considerava la donna solo un elemento negativo, indegna di essere salvata e come tale assolutamente fuori dal circuito della Chiesa.

Nessuna pagina della Bibbia deve essere presa alla lettera perch, come dice s. Paolo ai Corinzi,

La lettera uccide, lo Spirito d vita!. (2 Cor 3, 6)

Ci sono per anche elementi positivi: la tipizzazione della donna nella sapienza.

Consideriamo ora tre testi. I primi due sono positivi, ed i terzo, anche se negativo, costituisce un capolavoro della letteratura mondiale.

2. SAPIENZA E STUPIDIT

Analizziamo il primo testo, che si pu definire intermedio: positivo ma con unattenzione a tutte e due le dimensioni. Immaginiamo di essere in una citt con una piazza un po pi alta delle altre, una specie di acropoli, dove vi sono due donne ad un banco di vendita. Queste donne sono presentate come se fossero la donna-Sapienza e la donna-Stupidit.

Vediamo innanzitutto la Sapienza, la quale prepara una specie di casa con sette colonne.

Su questo numero sette si a lungo studiato, anche se risulta evidente che il sette rappresenta sempre la perfezione. Qualcuno ha pensato che sia dovuto al fatto che, escludendo il primo capitolo introduttorio dei Proverbi, ora siamo al nono e quindi abbiamo passato sette capitoli. Altri invece hanno supposto che il testo volesse riferirsi ai sette cieli, ai sette pianeti, alle sette aree terrestri, in quanto la casa della sapienza cosmica. Qualcun altro ha pensato alle sette colonne del tempio e questa potrebbe essere lidea della sapienza come luogo di culto. Allinterno della tradizione cristiana si poi iniziato a parlare dei sette sacramenti e dei sette doni dello Spirito Santo, ma questa uninterpretazione libera, allegorica, posteriore.

A parte questi tentativi di interpretazione la Sapienza offre, sul punto pi alto della citt, il pane e il vino, che sono i grandi simboli estremi della vita e della gioia:

La Sapienza si costruita la casa,

ha intagliato le sue sette colonne.

Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino e ha imbandito la tavola.

Ha mandato le sue ancelle a proclamare - -sui punti pi alti della citt:

Chi inesperto accorra qui!. A chi privo di senno essa dice:

Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate la stoltezza e vivrete, andate diritti per la via dellintelligenza. (Pr 9, 1-6)

Nel versetto finale troviamo una triade tipica della letteratura sapienzale: via, vita, sapienza. Sono tre cose che si devono cucire insieme, perch la via il grande simbolo della vita e deve essere sempre illuminata dalla lampada della sapienza. -

Lautore immagina che a questo grido risponda solamente poca gente, non essendo un invito affascinante, in quanto privo di curiosit, di morbosit, di segretezza, trattandosi semplicemente di pane e vino. La seconda scena del dittico si svolge dallaltra parte della piazza, dove laltra donna prepara il suo banchetto:

Donna irrequieta Follia, una sciocca che non sa nulla. Sta seduta alla porta di casa, su un trono, in un luogo alto della citt, per invitare i passanti

che vanno diritti per la loro strada:

Chi inesperto venga qua!.

E a chi privo di senno essa dice:

Le acque furtive sono dolci,

il pane preso di nascosto gustoso.

Egli non si accorge che l sono le ombre e che i suoi invitati

se ne vanno nel profondo degli inferi. (Pr 9, 13-18)

Troviamo ancora una volta la stupidit che scimmiotta la sapienza, favorita in questo dal fatto di rivestire molti abiti, presentandosi come pi affascinante, mentre la verit una sola, ha un abito solo. La stupidit pu rivestirsi anche dellabito della sapienza, incantando con lofferta di cose proibite. Si tratta sempre di cose semplici come lacqua e il pane, ma sono furtive e nascoste.

La conclusione alquanto significativa: come la maga Circe trasformava i suoi ospiti in animali, cos la stoltezza muta i suoi discepoli in esseri non stupidi, ma, molto peggio, in esseri morti.

Nel c. 5, 5 dei Proverbi troviamo infatti:

I suoi piedi scendono verso la morte,

i suoi passi conducono agli inferi.

Dietro questo aspetto solenne del trono dorato e del banchetto ricco di cibi raffinati, segreti, misteriosi, si profila lo scheletro della morte. Non sono cibi che nutrono e alimentano, anche se hanno sembianze affascinanti.

3. LA TENTAZIONE

Nel secondo quadro, c. 7, troviamo la descrizione della donna fatale nel senso latino di fatum, cio che porta alla rovina.

Ci sono interpretazioni diverse degli studiosi sullidentit di questa donna.

Uno studioso svedese aveva addirittura ipotizzato che si trattasse di una donna straniera, che aveva fatto un voto di prostituzione sacra. In alcuni riti orientali questo comprendeva anche i congiungersi sessualmente con un amante occasionale che i dio mandava per sciogliere un voto.

In effetti, in questo capitolo troviamo alcuni elementi come il voto da sciogliere, la luna, il sacrificio, ma si tratta di uninterpretazione troppo contorta.

Unaltra interpretazione invece ha unanima di verit molto pi consistente: nel testo si nota che la donna straniera.

Questespressione, in ambito biblico, rappresenta la prostituta sacra. Si tratta, quindi, non di un peccato sessuale, ma di un peccato teologico. Cedendo a questa donna si rinnega Dio.

Si tratta praticamente di quel sesso, oggi adorato e trasformato in un Moloch, che fa perdere qualsiasi gusto effettivo della sessualit. Uno che si abitua alla pornografia come cibo normale, ha perso sicuramente qualsiasi ricchezza di eros. Si diventa non solo frustrati, ma anche inetti a godere la completa bellezza della sessualit; per non parlare ovviamente della capacit di amare.

un idolo sempre pi esigente che umilia e fa morire luomo e la sessualit autentica.

quindi anche un peccato dei nostri tempi, ma per eccellenza un peccato teologico. Si cede di fronte agli idoli, a religiosit cos comode e accattivanti, ma alla fine devianti e deformanti.

Non escludiamo per neppure una terza possibilit che si basa principalmente sul v. 4, dove si chiama la sapienza mia sorella.

Nel linguaggio orientale i termine ahot non si traduce propriamente con mia sorella, ma piuttosto con mia amata. il titolo che si d alla fidanzata, alla sposa, perch si intende nel senso della dichiarazione della Genesi: tu sei la mia stessa carne. Nel Cantico di Cantici lo sposo dice:

Chi colei che sale dal deserto, appoggiata al suo diletto?

Sotto il melo ti ho svegliata; l, dove ti concep tua madre, l, dove la tua genitrice ti partor. (Ct 8, 5)

Si vogliono quasi ritrovare le radici, le sorgenti, in modo tale che il filo della vita non sia in alcun punto distaccato dallamore dei due.

Si entra cos nel problema delladulterio, della rottura di un amore, del tradimento, tanto vero che nei vv. 19-20 c anche il riferimento al marito assente. -

In questo capitolo il sapiente rappresentato come un uomo distaccato che guarda dalla finestra alla sera, quando il crepuscolo sta ormai avvolgendo tutto i groviglio delle strade per cui le figure sono un po confuse. Egli se ne sta in casa sua a godersi i fresco serale e loscurit che sta per incombere. questo un tema frequente nella letteratura sapienziale:

Locchio delladultero spia il buio

e pensa: Nessun occhio mi osserva!. (Gb 24, 15)

Luomo infedele al proprio letto

dice fra s: Chi mi vede? Tenebra intorno a me e le mura mi nascondono; nessuno mi vede, che devo temere?

Dei miei peccati non si ricorder lAltissimo. (Sir 23, 25-26)

Avvolto in questa cappa di tenebre c poi anche un notturno ben pi tragico e diverso nel c. 5, 2-8 del Cantico dei Cantici, dove la sposa costretta ad uscire per non aver accolto, per pigrizia, il suo uomo. Lo va a cercare disperata e viene addirittura violentata dalla ronda notturna. la sposa che parla:

Io dormo, ma il mio cuore veglia. Un rumore! il mio diletto che bussa:

Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, perfetta mia;

perch il mio capo bagnato di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne.

Mi sono tolta la veste; come indossarla ancora? Mi sono lavata i piedi; come ancora sporcarli?.

Il mio diletto ha messo la mano nello spiraglio e un fremito mi ha sconvolta.

Mi sono alzata per aprire al mio diletto

e le mie mani stillavano mirra, fluiva mirra dalle mie dita sulla maniglia del chiavistello.

Ho aperto allora al mio diletto, ma il mio diletto gi se nera andato, era scomparso. Io venni meno, per la sua scomparsa. Lho cercato, ma non lho trovato, lho chiamato, ma non mha risposto. Mi han trovato le guardie che perlustrano la citt, mi han percosso, mi hanno ferito, mi han tolto il mantello le guardie delle mura. Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, se trovate il mio diletto, che cosa gli racconterete? Che sono malata damore!. (Ct 5, 2-8)Leggiamo ora il c. 7 del libro dei Proverbi:

Figlio mio, custodisci le mie parole e fa tesoro dei miei precetti. Osserva i miei precetti e vivrai, il mio insegnamento

sia come la pupilla dei tuoi occhi. Lgali alle tue dita, scrivili sulla tavola del tuo cuore.

Di alla sapienza: Tu sei mia sorella, e chiama amica lintelligenza, perch ti preservi dalla donna forestiera, dalla straniera che ha parole di lusinga. Mentre dalla finestra della mia casa stavo osservando dietro le grate, ecco vidi fra gli inesperti, scorsi fra i giovani un dissennato.

Passava per la piazza, accanto allangolo della straniera, e sincamminava verso la casa di lei, allimbrunire, al declinare del giorno, allapparir della notte e del buio.

Ecco farglisi incontro una donna, in vesti di prostituta e la dissimulazione nel cuore. Essa audace e insolente, non sa tenere i piedi in casa sua. Ora per la strada, ora per le piazze, ad ogni angolo sta in agguato. Lo afferra, lo bacia

e con sfacciataggine gli dice:

Dovevo offrire sacrifici di comunione; oggi ho sciolto i miei voti; per questo sono uscita incontro a te per cercarti e ti ho trovato.

Ho messo coperte soffici sul mio letto,

tela fine dEgitto;

ho profumato il mio giaciglio di mirra, di alo e di cinnammo. Vieni, inebriamoci damore fino al mattino, godiamoci insieme amorosi piaceri, poich mio marito non in casa, partito per un lungo viaggio, ha portato con s il sacchetto del denaro, torner a casa il giorno del plenilunio.

Lo lusinga con tante moine,

lo seduce con labbra lascive;

egli incauto la segue,

come un bue va al macello;

come un cervo preso al laccio, finch una freccia non gli lacera il fegato; come un uccello che si precipita nella rete e non sa che in pericolo la sua vita.

Ora, figlio mio, ascoltami,

fa attenzione alle parole della mia bocca.

Il tuo cuore non si volga verso le sue vie, non aggirarti per i suoi sentieri,

perch molti ne ha fatto cadere trafitti ed erano vigorose tutte le sue vittime. La sua casa la strada per gli inferi, che scende nelle camere della morte. (Pr 7)

Nel brano troviamo il tema frequente della casa, con le sue stanze impreziosite di lino egiziano e ricche di profumi.

Tra le righe leggiamo inoltre una specie di scusa della donna: ho fatto un voto e devo consumano, con riferimento al c. 7 del Levitico, dove si dice che portando a casa la carne di un sacrificio di comunione, essa va consumata entro quel giorno e i giorno dopo, mentre il resto dovr essere bruciato. Si ricorre cio ad una scusa sacrale. La prostituzione sacra si rivestirebbe quindi di motivazioni in apparenza nobili. In realt, entrando in quella camera tra i lini e i profumi, si entra negli inferi.

4. LA DONNA PERFETTA

Lultimo testo dei Proverbi che analizziamo invece positivo: si tratta di un inno acrostico alfabetico, in quanto la prima parola di ogni versetto comincia con una lettera diversa secondo lordine dellalfabeto ebraico.

Questo cantico mette in scena una donna concretissima, con una responsabilit abbastanza sorprendente nellantico Vicino Oriente.

Non dobbiamo per stupirci di questo, perch lautore, in filigrana, ci rimanda sempre alla Sapienza e alle capacit pratiche che essa dona al suo fedele.

Questa donna quasi lideale compagna della vita e possiamo immaginare che, dopo la lezione del maestro durata 31 capitoli, i discepoli siano cresciuti e siano pronti per affrontare la strada del mondo. Il figlio pronto per sposarsi e va a cercare la donna giusta, cio la sapienza che si dovr veder rispecchiata anche nella moglie.

La descrizione di questo saluto del maestro contiene un paio di elementi che vanno sottolineati. Il primo elemento i realismo: non c poesia; della bellezza della donna si parla ma in maniera molto indiretta.

Unaltra cosa che stupisce lassenza dellamore, nonostante la Bibbia sia tuttaltro che priva di questa dimensione. Basti pensare a pagine intensissime di amore, come i Cantico dei Cantici, la storia di Rut, quella di Osea. Qui, invece, il tema non viene considerato. Tutta limpostazione pu essere definita quasi commerciale. Non dobbiamo comunque dimenticare che nellantico Vicino Oriente il matrimonio comprendeva i mohar, un vero e proprio trattato economico tra due clan, per cui la dimensione economica non era assolutamente da trascurare. Il secondo elemento si riconduce alle mani sempre attive della donna messe in primo piano. Il cervello, lintelligenza cos tanto lodata non mai la speculazione pura ed astratta, ma una meditazione che si dirama come lezione e insegnamento ma anche come azione.

Tanto vero che i rabbini arriveranno al punto di insegnare, sempre allinterno delle loro scuole antiche, un mestiere (Paolo, ad esempio, durante la sua formazione rabbinica aveva imparato a costruire i teli delle tende).

Contemporaneamente nei vv. 25-26, si descrive prima il vestito nei suoi tessuti e nella sua fabbricazione e poi si ritrae anche il vestito spirituale della dignit di questa donna. Abbiamo quindi un ritratto della Sapienza ambivalente in quanto molto idealizzato, ma anche forse molto concreto.

Leggiamo, allora, il testo.

(Alef) Una donna perfetta chi potr trovarla? Ben superiore alle perle il suo valore.

(Bet) In lei confida il cuore del marito e non verr a mancargli il profitto.

(Ghimel) Essa gli d felicit e non dispiacere

per tutti i giorni della sua vita.

(Dalet) Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. (He) Ella simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste.

(Wau) Si alza quando ancora notte e prepara il cibo alla sua famiglia e d ordini alle sue domestiche. (Zain) Pensa ad un campo e lo compra e con il frutto delle sue mani pianta una vigna. (Het) Si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle sue braccia. (Tet) soddisfatta, perch il suo traffico va bene, neppure di notte si spegne la sua lucerna. (Iod) Stende la sua mano alla conocchia e mena il fuso con le dita.(Kaf) Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero. (Lamed) Non teme la neve per la sua famiglia, perch tutti i suoi di casa hanno doppia veste. (Mem) Si fa delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti. (Nun) Suo marito stimato alle porte della citt dove siede con gli anziani del paese. (Samech) Confeziona tele di lino e le vende e fornisce cinture al mercante. (Ain) Forza e decoro sono il suo vestito e se la ride dellavvenire.

(Pe) Apre la bocca con saggezza e sulla sua lingua c dottrina di bont.

(Sade) Sorveglia landamento della casa; il pane che mangia non frutto di pigrizia.

(Qof) I suoi figli sorgono a proclamarla -beata e suo marito a farne lelogio:

(Resh) Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!.

(Sin) Fallace la grazia e vana la bellezza, ma la donna che teme Dio da lodare.

(Tau) Datele del frutto delle sue mani e le sue stesse opere la lodino alle porte della citt. (Pr 31, 10-31)CONCLUSIONI

Chiudendo questa breve analisi del libro dei Proverbi, vorrei sottolineare un proverbio sorprendente che troviamo nellultima collezione. Riguarda lamore nei confronti della donna. Nella sezione cosiddetta numerica, proveniente forse anche da un ambito esterno ad Israele, ci colpisce una frase stranissima che rappresenta il mistero dellamore tra il giovane e la ragazza dipinto in maniera quasi impressionistica, per immagini:

Tre cose mi sono difficili, anzi quattro, che io non comprendo:

il sentiero dellaquila nellaria, il sentiero del serpente sulla roccia, il sentiero della nave in alto mare,

il sentiero delluomo in una giovane. (Pr 30, 18-19)

Il passo nella sua frase finale descrive non soltanto la vi