proverbi agrari toscani

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Toscana

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  • quaderni della rivista di storia dellagricoltura

    Firenze, 2003

    societ editrice fiorentina

    accademia dei georgofili

    5

    PROVERBI AGRARI TOSCANILETTERATURA POPOLARE, VITA CONTADINAE SCIENZA AGRARIA TRA SETTE E OTTOCENTO

    Paolo Nanni, Piero Luigi Pisani

  • Copyright 2003Accademia dei Georgofili

    Firenzehttp://www.georgofili.it

    Propriet letteraria riservata

    Supplemento alla Rivista di storia dellagricoltura, a. XLIII, n. 1 giugno 2003

    Servizi redazionali, grafica e impaginazioneSOCIET EDITRICE FIORENTINA

    Via G. Benivieni 1 - 50132 FirenzeTel. 055 5532924Fax 055 5532085www.sefeditrice.it

    e-mail: [email protected]

    Finito di stamparenel mese di novembre 2003

    (Stabilimento Poligrafico Fiorentino)

    In copertina : Disegno di Nicola Simbari inM. Mariani, Proverbi Campagnoli, Roma, 1958

    Pubblicazione edita per il 250Anniversario dei Georgofili

    Questo volume stato realizzato grazie ad un contributo di

  • indice

    Presentazione di Franco Scaramuzzi v

    Paolo Nanni, Piero Luigi PisaniIntroduzione 1Paolo NanniProverbi agrari toscani tra Sette e Ottocento

    1. scienza agraria, istruzione e letteratura popolare 7Aspetti delle campagne toscane, tra eredit e rinnovamento 8Trattati, manuali e lunari 13Proverbi agrari pubblicati tra Sette e Ottocento 17Una enciclopedia del sapere popolare 24

    2. vita contadina attraverso i proverbi 25Il mondo della mezzeria toscana 27Leconomia poderale 29Fattori, contadini, lavoratori a giornata 32Il lavoro nei campi 33Lalimentazione contadina 36Le industrie dei contadini 38Feste e solennit nel lavoro agricolo 41La saggezza dei proverbi campagnoli 42

    Piero Luigi PisaniScienza agraria e tradizione popolare alla luce delle moderne conoscenze

    Mezzadria, tra storia e memoria 47Fattori meteorologici e ambientali 65Sistemazione del terreno 73Tecniche colturali 75Viticoltura 92Olivicoltura 98Orticoltura 102Sericoltura 104Castanicoltura 106Bestiame, animali 109Considerazioni conclusive 117

    appendice 1

  • Proverbi agrari toscani pubblicati tra Sette e Ottocentoa cura di Paolo Nanni

    Nota editoriale 123Economia mezzadrile 125Fattori ambientali, stagioni 127Sistemazione dei terreni 132Tecniche colturali 133Viticoltura 138Olivicoltura 139Sericoltura 140Orticoltura 140Castanicoltura 141Bestiame, animali 141Meteorologia 144Usi alimentari 146

    appendice 2Proverbi agrari commentatisul Giornale agrario toscano (1827-1865)a cura di Paolo Nanni

    Nota editoriale 151Economia mezzadrile 153Fattori ambientali 199Sistemazione dei terreni 207Tecniche colturali 215Viticoltura 235Olivicoltura 246Sericoltura 254Orticoltura 255Castanicoltura 256Bestiame, animali 268

    indice dei proverbi citati 293

  • presentazione

    Sono particolarmente lieto che questo lavoro sia stato portato a ter-mine e pubblicato nel 2003 fra le edizioni realizzate dellAccademiadei Georgofili per celebrare il 250 anniversario della Sua fondazione.

    Solo lentusiasmo, la perfetta intesa, e la stretta collaborazionefra due Georgofili, uno studioso di scienze agrarie ed uno di storia,avrebbe potuto portare a compimento unopera cos organica, ap-profondita ed efficace sui nostri antichi proverbi agrari. Nellespri-mere questo sentito apprezzamento, non mi fa velo lamicizia chemi lega ad entrambi gli Autori, ma la consapevolezza dellimpegnoche una cos complessa materia ha evidentemente richiesto, nonchdellimportante risultato che ne scaturito.

    La letteratura sullargomento ha sempre richiamato interesse peril fascino stesso che i proverbi sanno esercitare, soprattutto quelliagrari, non solo come espressione di cultura e saggezza popolare, macome schietta testimonianza di quella civilt contadina nella qualeaffondano le nostre pi solide radici.

    Anche qualche apparente contraddizione, che pu essere talvol-ta superficialmente riscontrata tra proverbi diversi, va ascritta pro-prio alla saggezza di chi ha empiricamente conosciuto e cerca di farcomprendere la relativit delle cose e la complessit di quanto sempre possibile.

    Gli Autori hanno puntualmente raccolto, annotato e commen-tato quanto rientrava nei limiti geografici e temporali che si eranoposti. Hanno seguito un metodo rigoroso nel presentare questa let-teratura in forma organica e integrata. Hanno offerto la possibilitdi conoscere, approfondire ed apprezzare meglio lefficace sintesi di

  • franco scaramuzzivi

    una cos bella ed intelligente forma espressiva; forse anche di riflet-tere per un istante sul confronto con alcune forme di moderna co-municazione.

    Desidero esprimere agli Autori il vivo apprezzamento della nostraAccademia per il prezioso lavoro svolto, del tutto disinteressatamente.

    Un sentito ringraziamento rivolgo alla Cassa di Risparmio di Fi-renze, nella persona del suo Presidente Aureliano Benedetti, peraverci concesso il sostegno finanziario atto a consentire questa pub-blicazione, anche come concreta espressione dellantico cordoneombelicale che storicamente lega le due Istituzioni.

    Franco Scaramuzzi

  • Paolo Nanni, Piero Luigi Pisani

    introduzione

    Intorno ai proverbi, e in particolare a quelli dedicati allagricoltura,si verific tra Sette e Ottocento un significativo interesse documen-tato dalla pubblicazione di alcune importanti raccolte. Alcuni studia carattere pi propriamente linguistico1 furono realizzati dallAc-cademia della Crusca su questo ricco deposito di saggezza e sapien-za sperimentale, cercando di operare una distinzione, non semprechiara2, tra i proverbi, le voci e maniere della lingua parlata3 e imodi di dire4. Tali interessi rientravano non solo nella caratteri-stica tradizione erudita fiorentina, ma ruotavano anche intorno aldibattito sulla lingua italiana. Naturalmente vi era poi unatten-zione ai proverbi come espressione della cultura e della tradizionepopolare5. Non a caso ledizione dei Proverbi toscani raccolti daGiuseppe Giusti e pubblicati postumi da Gino Capponi nel 1853si apriva con una citazione del Tommaseo:

    1 L. Fiacchi, Dei proverbi toscani. Con la dichiarazione de proverbi di G. Maria Cec-chi, (Lezione, 30 nov. 1813), Firenze, 1820.

    2 Per una specifica trattazione di questi termini si rimanda in particolare a: T. Fran-ceschi, Latlante paremiologico italiano e la geoparemiologia, in Proverbi locuzioni modi didire nel dominio linguistico italiano, Atti del i Convegno di Studi dellAtlante Paremiolo-gico Italiano, a cura di S. C. Trovato, Roma, 1999, pp. 1-22.

    3 P. Fanfani, Vocabolario delluso toscano, 2 voll., Firenze, 1863 (ried. anast. Firenze,1976); Id., Voci e maniere del parlar fiorentino, Firenze, 1870 (ried. anast. Firenze, 1976).

    4 S. Pauli, Modi di dire toscani ricercati nella loro origine, Venezia, 1740 (ried. anast.1996); F. Baldovini, Spiegazione di molte voci e proverbi toscani, Firenze, 1763.

    5 G. Giusti, Raccolta di proverbi toscani, Firenze, 1853 (ried. anast., Firenze, 1993);F. Gotti, Aggiunta ai proverbi toscani di G. Giusti, Firenze, 1855; G. Giusti, Raccolta diproverbi toscani, nuovamente ampliati e pubblicati da G. Capponi, Firenze, 1871 (nuovaed., Roma, 2001); C. Dal Pino, Saggio di proverbi toscani, Empoli, 1876.

  • Se tutti si potessero raccogliere, e sotto certi capi ordinare, i proverbiitaliani, i proverbi dogni popolo, dogni et, colle varianti di voci,dimmagini e di concetti, questi, dopo la Bibbia, sarebbe il libro pigravido di pensieri.

    Al tempo stesso le raccolte di proverbi pubblicate furono anche unesempio di quella corrente letteraria di genere rusticale che rivolseparticolare attenzione ai libri destinati allistruzione, come gli alma-nacchi, i manuali, i lunari.

    Accanto a questi approcci pi propriamente linguistici e storico-letterari, tra la fine del XVIII e i primi decenni del XIX secolo, eb-bero una certa diffusione alcune raccolte di proverbi concernenti la-gricoltura e leconomia rurale6, realizzate con lintento di istruire icontadini alle pratiche agrarie e alle virt morali con immagini dellavita di campagna. Esplicitamente realizzato con questi scopi, il volu-me Proverbi pei contadini di Marco Lastri (1790) consisteva nella rie-dizione ampliata delle voci gi pubblicate nei suoi Lunari. Seguironopoi i Proverbi dei contadini, raccolti da Ignazio Malenotti nel suo IlPadron contadino (1815), e i capitoli relativi allagricoltura, alleco-nomia rurale e alla meteorologia della Raccolta di proverbi toscani delGiusti. Inoltre, con un intento pi decisamente orientato allistru-zione agraria, anche sul Giornale agrario toscano7 (1827-1865)comparvero importanti commenti relativi ad alcuni proverbi campa-gnoli. A partire dal 1847 Pietro Cuppari inser nel periodico una ap-posita rubrica dal titolo Proverbi agrari destinata proprio al com-mento dei proverbi alla luce delle conoscenze tecniche e scientifichedel tempo. I proverbi erano usati da questi autori quale efficace siste-ma di memorizzazione di precetti agricoli, e i commenti relativi ser-vivano per correggere o confermare usi e costumi dei contadini.

    paolo nanni, piero luigi pisani2

    6 M. Lastri, Proverbi pei contadini, Venezia, 1790; P. Cuppari, Proverbi agrari, Bul-lettino agrario, Giornale agrario toscano, nn. 1-23, 1848-1853; F. Min Palumbo, Pro-verbi agrari, Annali di Agricoltura siciliana, 1853-1855; Id., Proverbi agrari siciliani, Pa-lermo, 1856 (ried. anast. Bologna, 1986); I. Malenotti, Proverbi dei contadini, in Id., Ilpadron contadino, Firenze, 1815; P. Procacci, Proverbi agrari, Rocca di San Casciano,1889 (cfr. Almanacco per i campagnoli, edito a cura della Direzione dellAmico delcontadino, pp. 185-189).

    7 Il periodico edito dal Vieusseux e curato dai Compilatori Cosimo Ridolfi, Raffael-lo Lambruschini e Lapo De Ricci, venne pubblicato a Firenze tra il 1827 e il 1865.

  • Questa confluenza di diversi interessi intorno ai proverbi agrari,supportata anche dalla disponibilit di importanti edizioni, ha orien-tato il presente studio e ne ha motivato anche i limiti. Non si volu-to infatti realizzare una ricerca linguistica o antropologica che avreb-be richiesto altri strumenti e metodi di ricerca. Le raccolte indicatehanno piuttosto offerto la possibilit di compiere un raffronto tra gliusi e le consuetudini della tradizione contadina e la diffusione delleconoscenze applicate allagricoltura. Per mantenere omogenea la ti-pologia dei proverbi qui riproposti, sono stati presi in esame solo queidetti con valore didattico strettamente legati alle pratiche di campa-gna. Larco cronologico rimasto inoltre limitato ai decenni relativi atali edizioni, anche per le particolari caratteristiche che le contraddi-stinguono in relazione al contesto storico, culturale e scientifico.

    Gli studi sui proverbi naturalmente hanno avuto una lunga evo-luzione fino ad oggi. Numerose sono le pubblicazioni di raccolte diproverbi toscani edite ancora tra Otto e Novecento8 e anche quellededicate alla comparazione con le sentenze, proverbi e motti dellan-tichit9 e delle altre lingue europee10. In questi ultimi anni, inoltre,una attenzione ai proverbi pi strettamente logico-linguistica11 haportato anche alla pubblicazione dellAtlante paremiologico italiano12.

    introduzione 3

    8 A. Falassi, Proverbi toscani commentati, Bologna, 1990; G. Piattoli, Proverbi to-scani: raccolta di proverbi toscani illustrati, Roma, 1959; U. Cagliaritano, Proverbi e modidi dire toscani, Siena, 1968; F. Bellonzi, Proverbi toscani, Milano, 1968 (Firenze, 1995);R. Bellabarba, Proverbi toscani illustrati, Firenze, 1974; G. Pecori, Allombra del cupolo-ne: proverbi fiorentini, Firenze, 1977; M. C. Mannelli, Proverbi toscani: sapienza popolaretrasmessa di padre in figlio, Firenze, 1995. Si vedano poi le pi generali raccolte: G. Fran-ceschi, Proverbi e modi proverbiali italiani, Milano, 1908; R. Schwamenthal, M. L.Straniero, Dizionario dei proverbi italiani e dialettali, Milano, 1999.

    9 P. A. Barosso, Proverbi e detti proverbiali, scelti e ristampati, con equivalenti latini,Torino, 1837; P. Fanfani, Cento proverbi e motti italiani dorigine greca e latina, Milano,1906; L. De Mauri, Flores sententiarum: raccolta di 5000 sentenze, proverbi e motti lati-ni di uso quotidiano in ordine per materie, con le fonti indicate, schiarimenti e la traduzione,Milano, 1926; R. Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche: 10.000 citazioni dallanti-chit al Rinascimento nelloriginale e in traduzione con commento storico letterario e filologi-co, Milano, 1992; G. Fumagalli, Lape latina. Dizionarietto di 2948 sentenze, proverbimotti, divise, frasi e locuzioni latine, Milano, 1969.

    10 A. Arthaber, Dizionario comparato dei proverbi e modi proverbiali italiani, latini,francesi, spagnoli, tedeschi, inglesi e greci antichi, con relativi indici sistematico-alfabetici, Mi-lano, 1926.

    11 T. Franceschi, Latlante paremiologico italiano e la geoparemiologia, cit., p. 2.12 Atlante paremiologico italiano, a cura di T. Franceschi, Alessandria, 2000.

  • Per quanto riguarda poi i proverbi attinenti allagricoltura, oc-corre notare alcune specificit. Innanzitutto la loro diffusione nonha seguito soltanto la strada della tradizione orale. Calendari, luna-ri, fogli volanti diffusi nelle fiere recavano condensati di norme eprecetti tecnici proprio attraverso i proverbi che hanno costituitoper secoli delle elementari forme, tutte particolari, di propagandatecnica13. Tale tradizione senza soluzione di continuit giunta fi-no ai giorni nostri, tramandando cos le osservazioni nate dallespe-rienza trasmessa di generazione in generazione e riproponendo infondo lo stesso convincimento espresso sulle pagine del Giornalevinicolo italiano pi di un secolo fa:

    E per venire al caso nostro, dir francamente che noi agricoltori dob-biamo non solo credere fermamente alla scienza dei proverbi; ma ap-prezzarne pi di chicchessia limportanza, inquantoch lagricolturaessendo unarte, o per dir meglio, una scienza eminentemente popola-re, e sperimentale, non pu trascurare tutto ci che appunto sotto laforma di proverbi le viene tramandato di bocca in bocca dallespe-rienza di tanti secoli. Non v infatti arte, scienza o mestiere pi riccodi proverbi dellagricoltura.Viaggiate in Italia, percorretene una ad una le varie regioni agricole,dal Monferrato alla Sila, dal Friuli allAgro Romano; passate in Sicilia,traversatela per lungo e per largo, da Catania a Trapani, da Modica aMessina; e in questi vostri viaggi fermatevi a visitare le campagne, di-scorrete cogli agricoltori, interrogateli sulle loro colture, sui loro lavo-ri, sulle loro faccende, movete loro delle questioni, mettete loro in-nanzi qualche dubbio, ebbene? La loro risposta non sar che un pro-verbio, un proverbio che con diverso dialetto, con diverso accento,con diversa forma magari voi vi siete inteso ripetere nella Valtellina co-me nella Basilicata, nelle Langhe come a pi dellEtna, e che spesse vol-te vi ha tappata la bocca addirittura!I proverbi, dir cos, agricoli hanno sempre un fondo di verit, be-ninteso se si esaminano dal loro giusto punto di vista; i progressi del-la scienza non fanno che delucidar meglio la verit in essi racchiusa,e ci perch prima della scienza c stata la pratica, di cui i proverbisono i precetti sotto la forma la pi breve possibile. E se non fossealtro, solo per questa brevit, per questo laconismo con cui essi sin-tetizzano unintera serie di fatti agricoli, noi dovremmo tener in gran

    paolo nanni, piero luigi pisani4

    13 F. Cafasi, I proverbi nellagricoltura italiana, Rivista di storia dellagricoltura, a.xxiv, n. 2, dicembre 1984, pp. 91-114.

  • conto i proverbi in agricoltura, perch essi rappresentano la formapi facile, pi piacevole, quella che aiuta pi la memoria per ap-prendere e ritenere i pi utili precetti della bella arte dei campi.Voi trovate infatti in pochi proverbi, per dir cos, condensato tutto ciche sta scritto in interi volumi14.

    Le raccolte pi recenti di proverbi agricoli alcune estremamentericche e articolate come quella del Rossi Ferrini, altre pi specializ-zate come quelle sui proverbi della vite e del vino e dei mesi15 so-no state infine utilizzate come punti di riferimento per verificare ladiffusione geografica e la persistenza nel tempo dei vari detti.

    * * *

    Riunendo in questo volume i proverbi attinenti allagricoltura pub-blicati fra Sette e Ottocento e i commenti relativi apparsi nelle va-rie edizioni, si inteso offrire un contributo al raffronto fra la tra-dizione contadina e levoluzione delle scienze agrarie, oltre a segna-lare una interessante intersezione con la letteratura di genere rusti-cale caratteristica della Firenze dellepoca. I proverbi pubblicati dalLastri, dal Malenotti, dal Giusti e sul Giornale agrario toscano so-prattutto a cura del Cuppari, sono infatti accomunati dalla conver-genza di precise finalit: letteratura popolare, vita contadina e scien-za agraria. Sono proprio queste caratteristiche ad aver suggerito li-potesi di radunarle in una apposita pubblicazione, non a caso an-cora oggi sotto gli auspici dellAccademia dei Georgofili.

    Il volume che qui si apre contiene due saggi introduttivi. Uno de-dicato allinquadramento storico letterario e laltro allesame tecnicoscientifico per una valutazione dei proverbi e dei loro commenti al-la luce delle odierne conoscenze. Seguono poi due Appendici. La pri-ma riporta lelenco completo dei proverbi attinenti allagricolturapubblicati in Toscana tra Sette e Ottocento, con le note relative dei

    introduzione 5

    14 C. Mancini, La viticoltura ed i proverbi, Giornale vinicolo Italiano, 1884.15 U. Rossi Ferrini, Proverbi agricoli, Firenze, 1931; M. G. Lungarotti, Proverbi sul

    vino, Milano, 1968; M. L. Buseghin, M. G. Marchetti Lungarotti, Buon vino, favolalunga. Vite e vino nei proverbi delle regioni italiane, Perugia, 1992. Si veda anche C. Lapuc-ci, A. M. Antoni, I proverbi dei mesi, Milano, 1985.

  • paolo nanni, piero luigi pisani6

    singoli Autori. La seconda raccoglie cinquantaquattro proverbi pub-blicati e commentati, tranne poche eccezioni, sul Giornale agrariotoscano. Segue poi lindice dei proverbi citati.

    Linserto fotografico consente di illustrare alcuni dei proverbi ci-tati con immagini depoca provenienti principalmente dalla Fotote-ca dei Georgofili.

    Con sentita gratitudine ci rivolgiamo alla Accademia dei Georgo-fili e al suo Presidente Franco Scaramuzzi che ha seguito con at-tenzione lo svolgersi del nostro lavoro. Intendiamo infine rivolge-re un ringraziamento alla Cassa di Risparmio di Firenze, che hacontributo alla realizzazione dellopera; alla Societ Editrice Fio-rentina per la usata cura editoriale; e a Silvana Ruggeri per la ri-cerca fotografica.

    Firenze, 11 novembre 2003Per San Martino, ogni mosto vino

  • Paolo Nanni

    proverbi agrari toscanitra sette e ottocento

    1. scienza agraria, istruzione e letteratura popolare

    Il mondo dellagricoltura toscana tra Sette e Ottocento fu caratte-rizzato da una complessit di fattori che oltrepassavano gli aspettipi strettamente tecnici ed economici. Numerose furono ad esem-pio le intersezioni col mondo della cultura che destano continua-mente nuove occasioni di approfondimento. Sulle condizioni del-lagricoltura toscana si concentrarono infatti rinnovati interessi daparte dei ceti intellettuali e di quella aristocrazia agraria cos cen-trale nel cosiddetto ambiente dei moderati toscani, i quali ebberoun ruolo significativo nella economia, nella politica e nella cultu-ra dellepoca1. Se intorno alle nuove istanze per il progresso del set-tore agricolo si indirizz infatti lopera di importanti studiosi discienze agrarie e di economia pubblica, furono ancora gli stessi Ri-dolfi, Lambruschini, Capponi, Vieusseux a essere impegnati in va-ri settori della Firenze di allora2, ad esempio quello dellistruzio-

    1 R. P. Coppini, Il Granducato di Toscana. Dagli anni francesi allunit, Torino,1993; A. Salvestrini, Moderatismo risorgimentale, in Storia dItalia, a cura di F. Levi, U.Levera, N. Tranfaglia, Firenze, 1978, vol. ii, pp. 649-665; F. Conti, Introduzione, in C. Ri-dolfi, G. P. Vieusseux, Carteggio, vol. i, Firenze, 1994, pp. 1-32; Z. Ciuffoletti, LAcca-demia economico-agraria dei Georgofili, Quaderni storici, settembre 1977, pp. 865-875.

    2 Su questi argomenti si rimanda ad alcune opere generali: E. Sestan, La Firenze diVieusseux e di Capponi, a cura di G. Spadolini, Firenze, 1986; Gino Capponi. Storia e pro-gresso nellItalia dellOttocento, a cura di P. Bagnoli, Atti del Convegno (Firenze, 21-23 gen-naio 1993), Firenze, 1994; G. Gentile, Gino Capponi e la cultura toscana nel secolo XIX,Firenze, 1922; I. Imberciadori, Raffaello Lambruschini il romantico della mezzadria,

  • ne3. Tuttavia la loro attivit non fu affatto estranea a un pi vastomovimento anche in campo letterario, favorendo direttamente o in-direttamente una certa vivacit culturale che almeno fino alla metdel XIX secolo mantenne una dimensione internazionale4. Questospirito teso tra eredit e rinnovamento investiva in un certo modotutti i settori della societ e della cultura. Lo stesso Leopardi avver-tiva questi nuovi fermenti tanto da rivolgersi con aspra ironia allostesso Capponi, protagonista di quella virile et, volta ai severi /economici studi che intenta il ciglio / nelle pubbliche cose5.

    Un singolare documento di questa intersezione fra civilt conta-dina e i nuovi orizzonti culturali certamente rappresentato dal-linteresse che si verific per la particolare forma espressiva dei pro-verbi. Intorno a questo quotidiano elemento del linguaggio popo-lare si concentr infatti lattenzione di letterati e di alcuni impor-tanti agronomi intenti allistruzione in campo agrario.

    Aspetti delle campagne toscane, tra eredit e rinnovamento

    Dallantichit fino alle soglie dellet contemporanea lagricolturatoscana ha attraversato periodi di crisi, sviluppo e trasformazioniche hanno caratterizzato la distribuzione, il radicamento e levolu-

    paolo nanni8

    Rivista di storia dellagricoltura, a. xiv, n. 3, dicembre 1974, pp. 89-110; Id., La Firen-ze dei Georgofili al tempo di Gian Pietro Vieusseux, Rivista di storia dellagricoltura, a.xxiii, n. 1, giugno 1983, pp. 279-290; R. P. Coppini, A. Volpi, Cosimo Ridolfi. La for-mazione e le intraprese economiche, in A. Benvenuti, R. M. Coppini, R. Favilli, A. Vol-pi, La Facolt di agraria dellUniversit di Pisa. DallIstituto Agrario di Cosimo Ridolfi ai no-stri giorni, Pisa, 1991, pp. 9-87. Si vedano inoltre i carteggi recentemente pubblicati: C.Ridolfi, G. P. Vieusseux, Carteggio, vol. i, a cura di F. Conti, Firenze, 1994; G. Cappo-ni, G. P. Vieusseux, Carteggio, voll. i-iii, a cura di A. Paoletti, Firenze, 1994-1996; C. Ri-dolfi, G. P. Vieusseux, Carteggio, voll. ii-iii, a cura di M. Pignotti, Firenze, 1995-1996;G. Capponi, R. Lambruschini, Carteggio, a cura di V. Gabbrielli, Firenze, 1996; R. Lam-bruschini, G. P. Vieusseux, Carteggio, voll. i-vi, Firenze, 1997-2000.

    3 Si veda tra laltro la realizzazione delle Scuole di reciproco insegnamento, di uncerto interesse anche nella storia della pedagogia a Firenze: L. Bigliazzi, L. Bigliazzi,Reciproco insegnamento: il contributo dei Georgofili, Firenze, 1996.

    4 G. Luti, Letteratura, editoria, giornalismo, in Storia della civilt toscana, v, LOtto-cento, Firenze, 1998, pp. 297-344.

    5 G. Leopardi, Palinodia al Marchese Gino Capponi, vv. 233-235, in Id., Poesie, acura di M. A. Rigoni, vol. i, Milano, 1987.

  • zione delle coltivazioni tipiche, la tipologia dei fabbricati rurali6, lostesso paesaggio agrario costruito dallopera delluomo7. Fin dal pie-no Medioevo una prima rivoluzione agraria determin lestensio-ne degli spazi coltivati8, soprattutto le terre da pane e la diffusio-ne di determinate colture quali la vite9 e lolivo10 e la formazione diuna particolare struttura delle campagne dovuta allo stretto legamecon la rete urbana, rendendo la Toscana una terra di citt11. Ful-cro di tale connubio fu la diffusione del sistema mezzadrile soprat-tutto intorno alle principali citt dellarea centrale della regione12.Le profonde trasformazioni economiche, sociali, culturali che ca-ratterizzarono i secoli successivi durante il Granducato mediceo fi-no al XVIII secolo, determinarono tuttavia una sorta di capovolgi-mento del rapporto citt-campagna, portando lagricoltura a svol-gere un ruolo primario nella produzione della ricchezza13.

    Le condizioni delle campagne nel corso del XIX secolo furonoattraversate da una crisi strutturale legata soprattutto al rapporto traproprietari e contadini, tra capitale e lavoro, caratteristici del siste-ma mezzadrile in condizioni radicalmente mutate rispetto ai secoli

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 9

    6 H. Deplanques, Le case della mezzadria, in La casa rurale in Italia, a cura di G.Barbieri e L. Gambi, Firenze, 1970, pp. 189-216; R. Stopani, Il rinnovamento delledili-zia rurale in Toscana nellOttocento, Firenze, 1982; L. Bellicini, La campagna urbanizza-ta. Fattorie e case coloniche nellItalia centrale e nord-orientale, in Storia dellagricoltura ita-liana in et contemporanea, a cura di P. Bevilacqua, vol. 1, Firenze, 1994, pp. 77-130.

    7 E. Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano, Bari, 1961.8 G. Pinto, Campagne e paesaggi toscani del Medioevo, Firenze, 2002.9 Cfr. Ch. M. De La Ronciere, Il paesaggio viticolo fiorentino e le sue trasformazioni

    nel XIV secolo, in Id., Tra preghiera e rivolta. Le folle toscane nel XIV secolo, Roma, 1993,pp. 17-47.

    10 G. Cherubini, Lolivicoltura toscana dalle origini allet moderna, in La Toscana nel-la storia dellolivo e dellolio, Firenze, 2002, pp. 13-34.

    11 G. Cherubini, Una terra di citt: la Toscana nel basso Medioevo, in Id., Scritti to-scani. Lurbanesimo medievale e la mezzadria, Firenze, 1991. Sul rapporto fra alcune delleprincipali citt toscane e il loro territorio si veda pi di recente: Id., Citt comunali di To-scana, Bologna, 2003.

    12 Per una disamina anche storiografica della mezzadria nel Medioevo si veda: M. Gi-natempo, La mezzadria delle origini. LItalia centro-settentrionale nei secoli XIII-XV, Rivi-sta di storia dellagricoltura, a. xlii, n. 1, giugno 2002, pp. 49-110. Pi specificamentesulla storia della mezzadria nelle campagne toscane si veda G. Cherubini, Scritti toscani.Lurbanesimo medievale e la mezzadria, cit.; G. Pinto, Citt e spazi economici nellItalia Co-munale, Bologna, 1996. Ancora attuale, inoltre: Ph. Jones, Economia e societ nellItaliamedievale, Torino, 1980.

    13 C. Pazzagli, La terra delle citt. Le campagne toscane dellOttocento, Firenze, 1992.

  • precedenti14. Lo stesso Gino Capponi avvertiva pienamente questimutamenti intervenendo nellintenso dibattito sulla mezzadria chesi svilupp allinterno dellAccademia dei Georgofili soprattutto nelcorso della prima met dellOttocento15. Le specifiche caratteristi-che mercantili e finanziarie della Firenze delle Arti medievali aveva-no avuto in passato una influenza determinante su tutto il territo-rio, proiettandone gli interessi e le idealit.

    Ogni popolano agiato di Firenze aveva il suo podere avea la sua villa.Ma il popolano, o fosse del popolo minuto o del grasso, avea pur chefare in Firenze; la villa e il podere eran suo diporto, ma la bottega odil banco la sua vera professione. Poi verano gli ufizi pubblici in pro-vincia, a quali ogni cittadino era chiamato, che almeno per un annoil trattenevano, e anchessi contavano tra profitti. Poi viaggi frequentiper la mercatura o per la repubblica, poi le fazioni, i consigli, le logge,la piazza, difendersi o invadere, aspirare alla potenza o conservarsela.In questo trambusto di faccende, quale ozio rimaneva a cittadini on-de attendere pacificamente allagricoltura? Eppure il genio industriale,il genio economico degli antichi fiorentini, volevano che lagricolturafosse ben curata, la giacitura stessa e la magrezza del suolo sempre neimposero a noi la necessit. Impegnare i lavoranti stessi alla migliormanutensione del fondo, fargli per esso partecipi quasi dellamore delpadrone, e fargli quindi partecipi de suoi prodotti e de guadagni, erasagace provvedimento in questo contrasto dinteressi, era il migliormodo per assicurare a proprietarii la buona coltura delle loro terre. Diqui il nostro sistema di mezzeria16.

    Ben diversa appariva agli occhi del candido Gino la realt dellaToscana del suo tempo:

    paolo nanni10

    14 Sulle condizioni delle campagne toscane allinizio dellOttocento: C. Pazzagli,Lagricoltura toscana nella prima met dell800. Tecniche di produzione e rapporti mezzadri-li, Firenze, 1973; G. Biagioli, Lagricoltura e la popolazione in Toscana allinizio dellOtto-cento. Unindagine sul Catasto particellare, Pisa, 1975. Sui rapporti fra proprietari e conta-dini si vedano G. Giorgetti, Contadini e proprietari nellItalia moderna, Torino, 1974;Contadini e proprietari nella Toscana moderna, 2 voll., Firenze, 1981. Per una trattazionepi recente sulla mezzadria ottocentesca si veda: G. Biagioli, La mezzadria poderale nel-lItalia centro-settentrionale in et moderna e contemporanea (secc. XV-XX), Rivista di storiadellagricoltura, a. xlii, n. 2, dicembre 2002, pp. 53-101.

    15 La mezzadria negli scritti dei Georgofili, Firenze, 1934; R. P. Coppini, Il Granduca-to di Toscana. Dagli anni francesi allunit, cit.

    16 G. Capponi, Su i vantaggi e svantaggi s morali che economici del sistema di mezze-ria, Atti dei Georgofili, Continuazione, 11, 1833, p. 190.

  • Cadde lindustria in Toscana, cadde la repubblica. Le proscrizioni, lefughe dispersero molti cittadini, le propriet si raccolsero non dir frapochi, sempre il nostro suolo fu libero da questo flagello; ma scem alcerto il numero de proprietari, come saddice a monarchia. (...) Ma iocredo che le terre tra noi non patissero tanto come altrove dalla ruinade lor padroni. (...) Il contadino di per s lavora, senza sborso del pa-drone; il capitale in frazioni sparso ne poderi, il contadino custode. Lacoltura peggiora ma non cade affatto. (...) Da questa miseria usc laToscana per le buone leggi di Leopoldo primo17.

    In concomitanza con larrivo in Toscana dei Lorena il settoreagricolo, che aveva conosciuto un lungo periodo di crisi, fu inve-stito da un nuovo impulso18. Le rivoluzioni agronomiche19, le-gate allo sviluppo delle conoscenze tecniche e scientifiche applica-te allagricoltura20, che tra XVIII e XIX secolo interessarono buo-na parte dellEuropa, portarono i loro influssi anche nel Grandu-cato toscano. Tuttavia gli effetti di tali innovazioni conobbero unlento processo di introduzione nella pratica quotidiana delle cam-pagne21. Lattenzione intorno allagricoltura divenne comunqueuno dei principali settori dinteresse dei Granduchi lorenesi anchesotto la spinta delle nuove concezioni fisiocratiche22. Inoltre lapresenza a Firenze dellAccademia dei Georgofili (fondata nel1753), anche in rapporto con lo stesso riformismo lorenese23, co-

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 11

    17 Ivi, pp. 190-193.18 I. Imberciadori, Agricoltura al tempo dei Lorena, in I Lorena in Toscana, a cura di

    C. Rotondi, Atti del Convegno internazionale di studi (Firenze, 20-22 novembre 1987),Firenze, 1989, pp. 139-158; F. Diaz, I Lorena in Toscana. La Reggenza, Torino, 1988.

    19 Z. Ciuffoletti, L. Rombai, Introduzione, in Storia dellagricoltura italiana, iii,LEt contemporanea, 1, Dalle rivoluzioni agronomiche alle trasformazioni del Novecento,Firenze, 2003, pp. 11-18.

    20 B. H. Slicher Van Bath, Storia agraria dellEuropa occidentale (500-1850), Tori-no, 1973.

    21 Per la Toscana si veda: R. Pazzagli, Il ruolo della Toscana nella circolazione delle co-noscenze agrarie in Italia durante la prima met dell800, in Le conoscenze agrarie e la lorodiffusione in Italia nellOttocento, a cura di S. Zaninelli, Torino, 1990, pp. 257-278.

    22 M. Mirri, Proprietari e contadini toscani nelle riforme leopoldine, Movimento ope-raio, marzo-aprile, 1995; Id., La fisiocrazia in Toscana: un tema da riprendere, in Studi distoria medievale e moderna per Ernesto Sestan, vol. ii, Firenze, 1980, pp. 703-760.

    23 Sulla promozione delle scienze utili si veda A. Wandruszka, Pietro Leopoldo. Ungrande riformatore, Firenze, 1968. Per una sintesi generale dei singoli aspetti si vedano gliatti di due convegni: I Lorena in Toscana, a cura di C. Rotondi, Atti del convegno inter-

  • stitu lalveo in cui confluirono lattivit scientifica di importantistudiosi24, gli interessi di quellaristocrazia agraria illuminata cheebbe un ruolo politico ed economico fondamentale nella storia ci-vile toscana25 e lopera di divulgazione delle pi corrette praticheagricole.

    In questo contesto una sempre pi ampia attenzione fu rivoltaagli studi e allistruzione in campo agrario. Fin dal 1773 i Georgo-fili avevano pubblicato un bando di concorso proprio su questo te-ma: Ideare un progetto di scuola dagricoltura e coerentemente unsistema di educazione per i ragazzi della campagna26. Economisti eagronomi dellepoca individuavano infatti nella disponibilit di ca-pitali e nellistruzione agraria gli aspetti fondamentali per il pro-gresso dellagricoltura toscana. Proprio in questa direzione furonorealizzate alcune iniziative nel campo della pubblicistica27 e delli-struzione sia con la creazione di vere e proprie scuole antesignanedei successivi istituti agrari28 e forestali29 in Toscana, sia con la stam-pa di veri e propri corsi di agricoltura come quelli tenuti da Cosi-mo Ridolfi a Empoli30.

    paolo nanni12

    nazionale di studi (Firenze, 20-22 novembre 1987), Firenze, 1989; La Toscana dei Lorena.Riforme, territorio, societ, a cura di Z. Ciuffoletti e L. Rombai, Atti del convegno di stu-di (Grosseto, 27-29 novembre 1987), Firenze, 1989.

    24 Importanti furono gli studi sulla fertilit del terreno: a Giuseppe Gazzeri (1819) epoi a Raffaello Lambruschini si deve la scoperta del potere dincorpamento del terreno.A Cosimo Ridolfi si deve la divulgazione in Toscana dei nuovi metodi di sistemazione col-linare e dei sistemi di rotazione. Ancora a questi temi furono dedicati importanti contri-buti di Pietro Cuppari. Nel campo della meccanica agraria si deve a Ridolfi e Lambru-schini lo studio degli aratri. Si veda: R. Landi, Agronomia e ambiente, Bologna, 1999.

    25 Z. Ciuffoletti, LAccademia economico-agraria dei Georgofili, cit.26 Archivio Accademia dei Georgofili (= AAG), busta 105, ins. 5. Cfr. F. Scaramuz-

    zi, P. Nanni, Lagricoltura, in Storia della Civilt Toscana, v, LOttocento, cit., pp. 173-215.27 A. M. Pult Quaglia, Lagricoltura, in Storia della Civilt Toscana, iv, LEt dei Lu-

    mi, Firenze, 1999, pp. 383-407.28 I. Imberciadori, Per la storia delle Scienze agrarie, in Storia dellAteneo fiorentino.

    Contributi di studio, Firenze, 1986, pp. 699-742; Id., Sulle origini dellistruzione agraria inToscana, Rivista di storia dellagricoltura, a. xxiii, n. 1, giugno 1983, pp. 247-277; G.Gianfrate, Leducazione agraria a Firenze, Firenze, 1994; A. Benvenuti, R. M. Coppini,R. Favilli, A. Volpi, La Facolt di agraria dellUniversit di Pisa. DallIstituto Agrario diCosimo Ridolfi ai nostri giorni, cit.

    29 Si vedano i saggi pubblicati in LItalia forestale nel centenario della fondazione dellaScuola di Vallombrosa, Firenze, 1970.

    30 C. Ridolfi, Lezioni orali di agraria, 2 voll., Firenze, 1858.

  • Trattati, manuali e lunari

    Tra la fine del XVIII e la prima met del XIX secolo videro la lucein Toscana alcuni trattati, manuali, almanacchi e lunari che aveva-no lo scopo di istruire gli agricoltori sulle pi corrette pratiche agra-rie. Si venne cos a consolidare quella scuola agronomica toscana31

    che poggiava le basi su una tradizione secolare32 e che fu in grado diesprimere una articolata produzione teorico-pratica secondo speci-fiche caratteristiche tutte toscane. Nella prima met del Settecentosi devono anche ricordare gli studi di Cosimo Trinci33, il trattato delfattore della villa di Lappeggi Domenico Falchini34, cos come glistudi del botanico Micheli che dedic particolare attenzione anchealle variet della vite e dellolivo35. Limportanza accreditata a taleopera di istruzione non atteneva al solo campo tecnico-agricolo, maaveva anche importanti aspetti legati alla morale pubblica e al pro-gresso della societ36. In questo contesto un ruolo particolarmentesignificativo fu svolto da numerosi parroci di campagna che ai lorocompiti di cura religiosa e morale della popolazione rurale univanoanche quello dellistruzione agraria37. Ai nomi del canonico Ubaldo

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 13

    31 I. Imberciadori, Campagna toscana nel Settecento. Dalla Reggenza alla Restaura-zione (1737-1815), Firenze, 1953; Id., Economia toscana nel primo 800. Dalla Restaura-zione al Regno (1815-1861), Firenze, 1961; A. Saltini, Storia delle scienze agrarie, 4 voll.,Bologna, 1989; Id., Il sapere agronomico. Dallaristotelismo alla poesia didascalica: la para-bola secolare della letteratura georgica, in Storia dellagricoltura italiana, ii, Il Medioevo e letmoderna, a cura di G. Pinto, C. Poni, U. Tucci, Firenze, 2003, pp. 449-472.

    32 Tra questi: De agricultura di Michelangelo Tanaglia (sec. XV); La coltivazione diLuigi Alamanni (1546); Lodi e coltivazione degli ulivi di Pier Vettori (1574); Coltivazionetoscana di Bernardo Davanzati (1600); La coltivazione toscana delle viti e di alcuni alberi diGianvittorio Soderini (1600); Coltivazione toscana di Vitale Magazzini (1625); Bacco inToscana di Francesco Redi (1685).

    33 C. Trinci, Lagricoltore sperimentato, Firenze, 1726.34 D. Falchini, Trattato di agricoltura (sec. XVIII), a cura di S. Merendoni, Firenze,

    1990.35 E. Baldini, S. Ragazzini, Le variet di ulivo dellagro fiorentino. Manoscritto ine-

    dito di Pietro Antonio Micheli, Firenze, 1998.36 F. Paoletti, Veri mezzi di render felici le societ, Firenze, 1772. Sulla articolata fi-

    gura del Paoletti si veda: M. Mirri, Ferdinando Paoletti, agronomo, georgofilo, riformato-re, Firenze, 1967.

    37 R. Pazzagli, Un parroco agronomo nella Toscana del Settecento, in I saggi di agri-coltura di Giovan Battista Landeschi, ristampa anastatica delledizione del 1775, Pisa, 1998;C. Pazzagli, Introduzione, in J. Ricci, Catechismo agrario, ristampa anastatica, Firenze,

  • Montelatici38 e poi dei parroci di campagna Giovan Battista Lande-schi39, Marco Lastri40, Ferdinando Paoletti41, Ignazio Malenotti42,Jacopo Ricci43 sono legati importanti studi la cui notoriet si pro-trasse per molti decenni.

    La diffusione di questi trattati, manuali, riviste e lunari comestrumenti per lo sviluppo e la divulgazione delle conoscenze appli-cate allagricoltura e del programma di riforme in campo economi-co elaborato intorno agli ambienti del moderatismo liberale tosca-no, ebbe un significato anche come progetto culturale e pedagogi-co. Gli stessi Lambruschini, Ridolfi, Capponi, che ruotavano intor-no allattivit del Gabinetto scientifico-letterario del Vieusseux,ebbero infatti anche un ruolo egemone di guida politica e intellet-tuale44. La stessa fondazione nel 1827 del Giornale agrario tosca-no era avvenuta in linea con questi orientamenti. Il Lambruschininel 1826 si rivolgeva al Vieusseux, gi editore dellAntologia, au-spicando la realizzazione di un giornale dedicato agli agricoltori:

    Era molto tempo che io diceva tra me medesimo: si stampano parecchigiornali in Italia, per informare dei progressi delle scienze, quelli che lecoltivano; perch non se ne stampa uno che faccia arrivare fino al po-

    paolo nanni14

    2000. Per una trattazione sui parroci di campagna si veda L. Bigliazzi, L. Bigliazzi, Iparroci di campagna tra 700 e 800. Dai documenti dei Georgofili, Firenze, 2000. Sulleriforme del clero in Toscana: C. Fantappi, Promozione e controllo del clero nellet leopol-dina, in La Toscana dei Lorena. Riforme, territorio, societ, cit., pp. 233-250. Ci sia con-sentito di rinviare anche ad alcune brevi note gi pubblicate da chi scrive: P. Nanni, Fer-dinando Paoletti e la nuova agricoltura, Rivista di storia dellagricoltura, a. xli, n. 2, di-cembre 2001, pp. 31-48.

    38 U. Montelatici, Ragionamento sopra i mezzi pi necessari per far rifiorire lagricol-tura, Firenze, 1752. Il Montelatici fu anche fondatore dellAccademia dei Georgofili in-sieme, tra gli altri, a Saverio Manetti, Giovanni Targioni Tozzetti, Giovanni Lami, Dome-nico Maria Manni.

    39 G. B. Landeschi, Saggi di agricoltura di un parroco samminiatese, Firenze, 1775. 40 M. Lastri, Corso di Agricoltura pratica, ossia ristampa dei Lunari pei contadini del-

    la Toscana, Firenze, 1787.41 F. Paoletti, Pensieri sopra lagricoltura, Firenze, 1769; Id., Larte di fare il vino, Fi-

    renze, 1774 (ried. anastatica Firenze, 2003).42 I. Malenotti, Il Padrone Contadino, Firenze, 1815; Id., Manuale del cultore di

    piantonaie, Firenze, 1830; Id., Manuale del Vignaiolo toscano, Colle, 1831; Id., Lagricolto-re istruito dal padrone contadino e dai manuali del cultore di piantonaie del vignaiolo e delpecoraio, Colle, 1840.

    43 J. Ricci, Catechismo Agrario, Firenze, 1815.44 G. Luti, Letteratura, editoria, giornalismo, cit., p. 301.

  • polo quei lumi che le scienze possono diffondere sopra le sue giorna-liere occupazioni; che in una maniera quasi domestica, e quasi di pas-satempo dia al popolo unistruzione che difficile dargli sotto le formegravi della disciplina scolastica? E pensando di preferenza ai contadini,che io tratto pi spesso, e che ho pi frequenti occasioni di osservare,di compatire e di amare; perch, io rifletteva, perch si declama tantocontro i loro pregiudizi; contro le loro torte idee, e le loro cattive pra-tiche in agricoltura; perch si rinfaccia loro con tanto poca bont la lo-ro ignoranza; e non si fa nulla per disingannarli e per istruirli?45

    La Toscana del primo Ottocento ebbe cos un certo rilievo inquella corrente culturale che volgeva la propria attenzione verso unaletteratura popolare o di genere rusticale, con precisi fini edu-cativi e indirizzata al basso popolo, secondo la massima di CesareBalbo finch i libri non si fanno leggere da donne e da giovani noneruditi, vano e stolto sperare effetto dai libri46. Almanacchi, lu-nari, strenne, manuali sulle pratiche agrarie furono considerati qua-li significativa forma letteraria, come segnalava Carlo Tenca:

    Per la verit la letteratura s messa da qualche tempo su questa via, erinunciando alle solitarie astrazioni dellintelligenza, pi di una voltadiscese ad addomesticarsi e a conversare colla classe pi numerosa emeno istruita. Manuali, letture, giornali, almanacchi, pubblicazioni difacile accesso e di facile intendimento sorsero da alcuni anni a far fe-de anche presso di noi alla tendenza che dappertutto conduce la civilta ritemprarsi in un pi vasto e intelligente concorso di forze. ()Quando si pensa che le pubblicazioncelle del capo danno, quasi sem-pre figlie della speculazione, e per lo pi vuote ed insulse, sono ven-dute a migliaia desemplari, e passano di mano in mano lette da unin-tera classe di popolazione, non pi lecito star indifferenti a un mez-zo cos potente e pur cos facile di educazione47.

    Tuttavia vi erano alcune differenze tra la letteratura popolare nel-la Toscana di Lambruschini e Thouar, pi ancorata al genere peda-

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 15

    45 R. Lambruschini, Lettera al direttore dellAntologia sul progetto dun Giornale deicontadini, Antologia, 1826.

    46 S. Romagnoli, La letteratura popolare e il genere rusticale, in Storia della letteraturaitaliana, viii, DallOttocento al Novecento, Milano, 1969, pp. 77-85.

    47 C. Tenca, Le strenne popolari, Il Crepuscolo, 6 gen. 1850.

  • gogico ed educativo, e quella lombarda artisticamente pi co-sciente, pi autonoma di fronte agli intenti didattici48. In questocontesto culturale Giuseppe Giusti ottenne particolare attenzione daparte dello stesso Tenca e del Carducci, nellambito della loro oppo-sizione contro il romanticismo lacrimoso e immorale49. Loperapoetica del Giusti, dominata dalla satira politica e di costume, coscome il suo Epistolario50 o la Cronaca dei fatti di Toscana 51, eranopervasi da una bizzarra e corrosiva ironia eppure piena al tempo stes-so di un profondo senso di tristezza, come notava il De Sanctis:

    Firenze riacquistava il suo posto nella cultura italiana per opera diGiuseppe Giusti. Sembrava un contemporaneo di Lorenzo de Medi-ci che gittasse unocchiata ironica sulla societ quale laveva fatta il se-colo decimonono. Quelle finezze politiche, quelle ipocrisie dottrinali,quella mascherata universale, sotto la quale ammiccavano le idee libe-rali, gli Arlecchini, i Girella, gli eroi da poltrona, furono materia di unriso non privo di tristezza52.

    Il poeta e scrittore di Monsummano, che rappresenta nella suaFirenze un documento tipico di unet di trapasso sospesa tra lu-manitarismo moderato e il sovversivismo democratico53, dedicparticolare attenzione alle pi genuine forme espressive popolari tracui i detti proverbiali. La grande sensibilit e consapevolezza lingui-stica del Giusti erano rafforzate da questo preciso intento di esami-nare ed esprimere le ragioni di uno stato di decadenza che sembrasconvolgere le coordinate dellagonismo storico-rurale preesistenteaffidando la sua attivit al continuo rimestare nel fango54. La sua

    paolo nanni16

    48 S. Romagnoli, La letteratura popolare e il genere rusticale, cit., p. 78.49 L. Felici, La satira e il Giusti, in Storia della letteratura italiana, vii, LOttocento,

    Milano, 1969, p. 999.50 G. Giusti, Epistolario, a cura di G. Frassi, 2 voll., Firenze, 1859.51 G. Giusti, Cronaca dei fatti di Toscana (1845-1849), a cura di P. Pancrazi, Firen-

    ze, 1948.52 F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, in Id., Opere, Milano-Napoli, 1961,

    p. 842. Si veda anche: L. Baldacci, Giuseppe Giusti e la societ fiorentina, in Id., Lettera-tura e verit. Saggi e cronache sullOtto e sul Novecento italiani, Milano-Napoli, 1963, pp.37-62.

    53 G. Luti, Letteratura, editoria, giornalismo, cit., p. 306.54 Ivi, p. 307

  • Raccolta di proverbi toscani, pubblicata postuma dal Capponi, ne co-stituisce una significativa espressione.

    Proprio in questo preciso contesto culturale si inseriscono glistudi e le pubblicazioni di alcune importanti raccolte di proverbi.Luigi Fiacchi, accademico della Crusca, in una sua Lezione 55 ave-va illustrato limportanza dei proverbi come elementi linguistici.A parte le facete allusioni (Ad alcuno piace la carne dellallodola,ovvero la lode) o modi di dire legati a fatti notabili della vita cit-tadina (Saltar dArno in Bacchiglione) egli evidenziava i proverbiquali vere gemme della poesia e delleloquenza che traggono laloro origine da quella felice operazione dellingegno, la quale sco-prendo le somiglianze delle cose ha fatto nascere le metafore, o lostil figurato (Ogni legno ha il suo tarlo). Particolare attenzione erarivolta a quei proverbi che senza avere nulla di metaforico per laloro brevit, e per laiuto che ne porge la rima simprimono s fa-cilmente nella memoria anche delle persone pi grossolane e cheperci recar possono un vantaggio singolarissimo alla buona con-dotta della vita nel basso popolo (Chi parla per udita, aspetti lasmentita; Al canto si riconosce luccello al parlare il cervello).

    Proverbi agrari pubblicati tra Sette e Ottocento

    Con lintento di istruire i contadini alle pratiche agrarie e alle virtmorali furono pubblicate in Toscana alcune specifiche raccolte diproverbi tra la fine del Settecento e la met dellOttocento (qui ri-portati in Appendice, 1). I proverbi pubblicati dal Lastri nel suo Cor-so dAgricoltura 56 furono raccolti, ampliati e pubblicati nel 1790 aVenezia col titolo di Proverbi pei contadini 57. Si trattava di una rac-colta di 206 proverbi che servivano di Precetto per lAgricolturaed erano indirizzati ai Proprietarj delle Terre perch lo facciano cir-

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 17

    55 L. Fiacchi, Dei proverbi toscani. Con la dichiarazione de proverbi di G. Maria Cec-chi, (Lezione, 30 nov. 1813), Firenze, 1820.

    56 M. Lastri, Corso di agricoltura pratica ossia Ristampa dei lunari pei contadinidella Toscana, ora ridotti a nuova forma corretti ed in parte accresciuti, Firenze, 1778-1780.

    57 M. Lastri, Proverbi pei contadini, Venezia, 1790.

  • colare fra i loro Villici, e questi ne tragono utili cognizioni in aumen-to delle annuali raccolte58. I proverbi erano raggruppati sotto quattrocategorie: meteorologici, tecnici, economici e didascalici. Nella Prefazio-ne si sottolineava limportanza dei proverbi, dettati, enimmi e para-bole come ricco deposito di sapienza e verit, sia in campo moralesia per insegnare altre scienze pratiche soprattutto lagricoltura:

    LAntica Sapienza Orientale non in altro consisteva che in Proverbi,Dettati, Enimmi e Parabole, giacch questi nomi si confondon lunlaltro. Quindi furon raccolte queste sentenze figliuole dellesperienzae della riflessione, e quindi Salomone ce ne lasci un prezioso libro.Sembra a prima vista che simili collezioni sian fatte solo pei semplicie per gli idioti; ma quando si riflette, che in tanto esse sentenze si vanripetendo di padre in figlio, e di secolo in secolo, in quanto che sonogiustificate ogni giorno dal fatto, e confermate, bisogna che il pi sfre-nato orgoglio di qual siasi filosofo confessi, che queste non altro con-tengono che un ricco deposito di sapienza e di verit. Si sarebbe forseseguitato a scriver cos, se il piacere della ridondante eloquenza nonavesse sedotto egualmente chi parla e chi ascolta. Comunque siasi, mi sembrato sempre il metodo il pi sicuro per ottener leffetto di unabuona morale nella massima parte del popolo, quello di ripeterglienele massime per via di proverbi, i quali egli venera, tiene a memoria conla facilit la pi grande, e quasi impara per gioco. Oltre la morale sipotrebbero ancora insegnare altre scienze pratiche, ma pi di tutte la-gricoltura, la quale essendo la pi necessaria allumana societ, an-cora la pi antica, la pi provata e la meglio considerata. Infatti, se lamorale, e altre scienze simili ed arti, hanno proverbi, molto pi ne halagricoltura per le ragioni gi dettate. Nessun per gli aveva raccoltifin qui prima che un celebre Autore toscano ne desse un saggio. Hocreduto perci di fare un dono grato ai dilettanti della Campagna, nelpubblicare questi proverbi, dopo che lAutore istesso me ne ha con-cessa la facolt, e li ha pure aumentati e classati in quattro diverse par-ti. Accettino adunque i dilettanti di agricoltura questo epilogo dellar-te loro prediletta, e sperino che una volta qualcheduno vorr darneuna serie pi grande e aggiungervi una pi ampia spiegazione, conte-stata dai precetti dei pi celebri Geoponici antichi e moderni59.

    A distanza di circa mezzo secolo dai Proverbi pei contadini del

    paolo nanni18

    58 Ivi, p. 1.59 Ivi, pp. 5-7.

  • Lastri, fu pubblicata a Firenze quella che forse pu essere conside-rata la pi importante raccolta ottocentesca di proverbi toscani ov-vero la Raccolta di proverbi toscani di Giuseppe Giusti60. I proverbidel Giusti furono raccolti sulla base sia di manoscritti come quellodel Serdonati (fine XVI secolo), sia di edizioni precedenti comequella del Lastri per la parte riguardante lagricoltura. Ne facevaesplicito riferimento il Capponi nella sua introduzione:

    Ma pi frequente il rinvenire insieme raccolti quei Proverbi che han-no risguardo allAgronomia, dei quali buon numero in fine al CorsodAgricoltura del Lastri, e se ne fece poi un libretto stampato a Venezianel 1790 con aggiunte dellAutore: gli almanacchi o lunari nostri necontengono assai sovente, a cominciare da quegli anni nei quali rivis-sero gli studi agronomici promossi tra noi dallAccademia dei Geor-gofili; il Prof. Cuppari ne va illustrando parecchi via via ne Fascicolidel Giornale agrario toscano pubblicato dal Vieusseux61.

    Tuttavia fu soprattutto attraverso la viva tradizione orale che il Giu-sti port avanti il suo lavoro, come ricordava lo stesso Autore:

    Una sera a Firenze () mi trovai al gioco dei proverbi che si fa met-tendosi tutti in un cerchio donne e uomini, e buttandosi uno collal-tro un fazzoletto colla canzoncina Uccellin vol vol, su di me non sipos, si pos sul tale e disse qui tirano il fazzoletto sulle ginocchiadella persona nominata e dicono un proverbio; e bisogna dirlo presto,e che non sia detto avanti da nessuno, altrimenti si mette pegno62.

    La curiosit e linteresse per una cos viva testimonianza della schiettasaggezza popolare e della sua ricchezza linguistica, mossero i suoi stu-di e la sua ricerca, come egli stesso notava nella prefazione:

    E veramente questo dei proverbi cibo da far pro a tutti gli stomachi; la vera facile sapienza, ignota a certi cervelli aereostatici, che te ne voci-ferano una tutta loro con tantaria di mistero in tanto fogliame di frasi.Costoro presumono condurti per laberinti alla conoscenza del bene, e

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 19

    60 G. Giusti, Raccolta di proverbi toscani, Firenze, 1853 (ried. anast., Firenze, 1993).61 G. Capponi, Avvertimento, in G. Giusti, Raccolta di proverbi toscani, cit., p. vii.62 G. Giusti, Raccolta di proverbi toscani, cit., p. 14.

  • spargono per la via aperta e dilettosa del sapere le tenebre e le spine chehanno nella testa. Chi ebbe potenza e amore dilluminare le moltitudi-ni non fece cos: non coni un nuovo gergo furbesco, una nuova linguabara e jonadattica per la morale filosofia, ma pales il vero schietto diforme quale di sostanza; lo pales come laveva nel cuore63.

    Il volume fu poi arricchito dalle Aggiunte del Gotti64 pochi anni do-po e infine ripubblicato con una ulteriore raccolta del Capponi65.Tuttavia tali nuove edizioni alterarono lopera del Giusti, che conavvedutezza pionieristica aveva preferito rivolgersi soprattutto allatradizione orale, sostenendo che quella scritta aveva operato nonpoche alterazioni66.

    Anche Ignazio Malenotti, georgofilo, agronomo, parroco a San Lo-renzo a Montauto (San Gimignano) e autore agli inizi dellOttocentodi alcuni importanti studi sullagricoltura67, non disdegn luso neisuoi scritti di proverbi legati allagricoltura. La personalit di questoautore riveste certamente un certo interesse nel contesto culturale del-la Firenze dellepoca. Tra i pi importanti parroci di campagna deditiallagricoltura prima e indefettibil sorgente della pubblica felicitspecialmente nella nostra Toscana68 il Malenotti svolse anche unasignificativa attivit nel campo dellistruzione, rivestendo la carica diprefetto del Collegio Cicognini di Prato, e figurando tra i sostenitoridellIstituto Agrario di Meleto realizzato dal Ridolfi nella propria Vil-la di Meleto. I suoi scritti erano indirizzati innanzitutto ai proprietaricon lintento di sensibilizzarne lattenzione per una pi corretta con-duzione dei poderi e spesso assumevano accenti paternalistici volti acorreggere le consuetudini dei contadini ostili alle innovazioni.

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    63 Ivi, p. 3.64 A. Gotti, Aggiunta ai proverbi toscani di G. Giusti, Firenze, 1855.65 G. Giusti, Raccolta di proverbi toscani, nuovamente ampliati e pubblicati da G.

    Capponi, Firenze 1875. Il volume stato recentemente ripubblicato: G. Giusti, G. Cap-poni, Proverbi toscani, Roma, 2001.

    66 Cfr. C. Lapucci, Introduzione, in G. Giusti, Raccolta di proverbi toscani, ried. ana-st., Firenze, 1993.

    67 Oltre al Padron contadino pubblicato a Firenze nel 1815, si ricordano anche i ma-nuali del vignaiolo, del pecoraio e del cultore di piantonaie pubblicati intorno agli anni Tren-ta del XIX secolo, poi radunati nel volume I. Malenotti, Lagricoltore istruito dal padro-ne contadino e dai manuali del cultore di piantonaie del vignaiolo e del pecoraio, cit.

    68 Infra, p. 153.

  • Il contadino agisce sempre per abitudine, e altra ragione non rende delsuo operato se non se questa: mio nonno faceva cos, mio padre al-trettanto, dunque bisogna operare sempre in questa forma e non al-trimenti. Falso principio: larte agraria va raffinandosi come le altretutte, e da pochi anni in qua noi vediamo nei nostri terreni tanti pro-dotti, che non erano punto conosciuti in addietro, come per esempiola lupinella, il granturco, le patate, ecc. senza parlare del non mai ab-bastanza lodato sistema di ciglionare i campi di piaggia per renderlipianeggianti, e impedire che le acque facciano la loro rovina con quel-la delle piante, e di tanti altri69.

    In particolare interessante notare il riferimento allintroduzionedelle patate non solo nelle coltivazioni ma anche nellalimentazionecontadina:

    Con altri contadini poi, che non volevano le patate, adducendo perscusa che a loro non piacevano perch non ne avevano mai mangiate(ragione degna veramente delluomo il pi stupido) dovei ricorrere alcompenso di chiamarli a lavorare per pi giorni nel mio orto, cibandolicon patate intrise nel pane, e cucinate in differenti maniere; e in tal for-ma trovando ottimo questo cibo senza punto conoscerlo, adesso ne se-minano in una quantit non indifferente, il cui prodotto capace di farloro risparmiare non pochi cereali per il vitto della famiglia70.

    I principali temi trattati dal Malenotti e questo suo atteggiamentodidattico offrono un interessante documento per il raffronto travita contadina e scienza agraria agli inizi dellOttocento. Nel 1894Vannuccio Vannuccini, direttore dellIstituto Agrario Vegni71, cu-

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 21

    69 I. Malenotti, Il Padron contadino, ristampato ed annotato a cura di V. Vannucci-ni, Firenze, 1894, p. 85.

    70 Ivi, p. 88. Sullintroduzione della patata nellalimentazione contadina si veda: Incucina ai georgofili. Alimenti, pietanze e ricette fra 700 e 800, a cura di L. Bigliazzi e L.Bigliazzi, Firenze, 2001; N. S. Redcliffe, Storia sociale della patata. Alimentazione e care-stia dallAmerica degli Incas allEuropa del Novecento, Milano, 1989.

    71 Perito meccanico, Vannuccio Vannuccini consegu il titolo di Ingegnere industrialepresso la Scuola centrale dArti e Manifatture di Parigi, dove aveva lavorato per alcuni an-ni. Sollecitato da Angelo Vegni a rientrare in Italia per istituire nella propria villa delle Ca-pezzine un Istituto agrario, fondato poi nel 1883, il Vannuccini si era preparato a tale in-carico presso lIstituto agronomico di Grignon e poi nella Scuola di Montpellier. Divenu-to socio dellAccademia dei Georgofili, dedic la sua attivit agli studi ampelografici e aiproblemi enologici di cui fu reputato maestro. Cfr. A. Franchetti, Elogio dellaccademicoprof. Vannuccio Vannuccini, Atti dellAccademia dei Georgofili, s. iv, vol. 24, pp. xlvii.

  • rando una nuova edizione del Padron contadino giudicato ancora at-tuale a distanza di sessanta anni dalla prima edizione, non mancavadi annotare alcune considerazioni proprio sulla resistenza dei con-tadini alle innovazioni in agricoltura:

    Ordinariamente si suole esagerare la resistenza che il contadino oppo-ne alle innovazioni. Certamente egli non le accetta ad occhi chiusi, nda chiunque; e ben riflettendoci non si saprebbe dargli torto, conside-rando che un passo falso, una non riuscita, gli pu comprometterequel poco dal quale egli trae la sua sussistenza72.

    Proprio questo particolare atteggiamento aveva portato il Malenot-ti a utilizzare i proverbi come elemento sintetico per identificare equindi confermare o confutare alcune delle pi diffuse consuetudi-ni relative alleconomia rurale e allo svolgimento dei principali la-vori campestri. Al fine di richiamare le principali massime del lavo-ro nei campi, egli ne inser 80 a conclusione del suo Il Padron con-tadino. Nei suoi volumi si trovano inoltre citati numerosi proverbiin cui spicca il raffronto fra la vita mezzadrile e le spinte della nuo-va agricoltura sostenuta dal progresso delle scienze agrarie.

    La valenza dei proverbi agrari come espressione delle praticheconsuetudinarie dei contadini fu utilizzata anche sulle pagine delGiornale agrario toscano quale possibile strumento distruzione.Sebbene gi alcune memorie che recavano proverbi attinenti alla-gricoltura fossero apparse sul periodico fin dai primi decenni di at-tivit (a cura di Malenotti, De Ricci, Landucci), fu soprattutto Pie-tro Cuppari a estenderne luso. A partire dal 1847, infatti, egli in-trodusse nel Bullettino agrario, allora parte integrante del Gior-nale agrario toscano, una apposita rubrica dal titolo Proverbi agra-ri dove veniva illustrata la validit o la fallacia dei detti alla luce del-le conoscenze scientifiche e tecniche del tempo.

    Ho pensato che non dovesse tornare inutile pei lettori di questo Bul-lettino qualche commento sopra i proverbj agrarj toscani. Pertantoin ogni numero imprender a dilucidarne qualcuno dei meglio fon-

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    72 I. Malenotti, Il Padron contadino, cit., p. 89.

  • dati, e procurer del pari di avvertire la fallacia di parecchi fra i picomuni73.

    interessante notare come il Cuppari avvertisse pienamente il va-lore comunicativo dei proverbi che in poche parole racchiudono,o dovrebbero racchiudere, i risultamenti di una esperienza ripetutaper tradizione tramandata di generazione in generazione. Inaugu-rando la sua nuova rubrica egli ne sottolineava limportanza e altempo stesso i limiti, provvedendo cos a illustrare di fascicolo in fa-scicolo un numero non insignificante di proverbi.

    I proverbi son da considerare siccome aforismi che in poche paroleracchiudono, o dovrebbero racchiudere, i risultamenti di una espe-rienza ripetuta, che cos si tramanda per tradizione di generazione ingenerazione. Ma la natura nella manifestazione dei suoi fenomeni cos variata, che difficilmente si prestano questi ultimi a venir com-presi in una enunciazione breve ed assoluta. Aggiungasi poi che taliaforismi, dettati comunemente da pratici ordinari, incorrono nella fal-lacia di troppo estendere, e mi si permetta dirlo, generalizzare i risul-tamenti dei fatti osservati, e talvolta attribuiscono a cagioni arbitrariegli effetti veri che si osservano. Adunque reputo dover portare qualchefrutto il lavoro cui mi accingo, e che andr pubblicando nei numerisuccessivi di questo Bullettino come Variet che potessero accoppia-re in qualche modo lutile al dilettevole. Se non riuscir poi bene nel-lincarnare il pensiero, spero che i miei indulgenti lettori mi terrannosempre conto della buona volont che metto nel cercare di far lorogradire la mia Redazione. Nello stesso tempo poi invito gli agricoltoria parteciparmi quei proverbj che sono nella bocca delle persone cheabitano nei paesi ove i medesimi soggiornano: io mi dichiaro antici-patamente obbligato per la parte che prenderanno cos a questa nuo-va materia che introduco nella Redazione del Bullettino74.

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 23

    73 P. Cuppari, Proverbi agrari, Giornale agrario toscano, 1847, pp. 14-15. Una analo-ga iniziativa fu condotta dallagronomo palermitano Francesco Min Palumbo: F. Min Pa-lumbo, Proverbi agrari, Annali di agricoltura siciliana, 1853-1855; ora in Id., Proverbi agra-ri siciliani, (ried. anast.) Bologna, 1986. Una tale raccolta di massime pratiche ha il vantag-gio di offrire come in un quadro: 1. lo stato attuale dellarte e le conoscenze pratiche che i col-tivatori nostri si tramandano; 2. in questo modo il coltivatore delle diverse contrade sicilianepu rendersi informato degli usi e delle pratiche delle altre campagne, e confrontandole conle proprie scegliere le pi utili; 3. finalmente pu lagronomo conoscere gli errori che la tra-dizione stessa ancora tramanda e fare, seppure possibile, che meglio ordinati vadano ai ne-poti questi precetti, progettando in conseguenza quelle novit che sono necessarie (ivi, p. 4).

    74 P. Cuppari, Proverbi agrari, cit., pp. 14-15.

  • Inoltre egli annunciava che:

    i proverbi che prendo a delucidare non formeranno una serie ordina-ta, ma riguarderanno ora un soggetto rurale ed ora un altro secondo-ch mi verranno alla mente, o mi saranno comunicati75.

    I proverbi agrari pubblicati (Appendice, 1) e commentati (Appendi-ce, 2), costituiscono un corpus sufficientemente significativo di nume-rosi aspetti dellagricoltura toscana ottocentesca. Economia mezzadri-le, fattori ambientali, sistemazione dei terreni, coltivazioni di specieerbacee e arboree, orticoltura, sericoltura, allevamenti animali sonoinfatti illustrati attraverso lanalisi e il commento di specifici proverbi.

    Una enciclopedia del sapere popolare

    I pi recenti studi nel campo della paremiologia consentono dichiarire la critica delle fonti qui trattate. Se con il termine prover-bio si indica un detto sedimentato nella tradizione popolare, sipossono distinguere due tipologie. La prima e pi generale defi-nizione di proverbio riguarda il detto paremiaco o proverbiale, ele-mento della struttura di ogni lingua. Quello che comunementechiamiamo proverbio dunque una miniproduzione letteraria,che da letteratura orale si trasformata in segno retorico, ossa inuno dei complessi segni linguistici che compongono il codice re-torico comunitario76 di una specifica tradizione culturale e lin-guistica. La seconda tipologia invece quella di detto didattico odidascalico a carattere tautologico, ovvero frasi monosemicheche si tramandano nella memoria folcloristica quali precetti rela-tivi a un qualche lavoro (con grande preponderanza di quelli agri-

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    75 Ibidem.76 Con detto proverbiale si intende una forma di espressione brachilogica, consisten-

    te di un motto polisemico allologico che, sotto lapparenza di uninformazione specifica,svolge la funzione di comunicare succintamente e per via indiretta (analogica) unopinio-ne sui pi vari aspetti della vita umana (T. Franceschi, Latlante paremiologico italiano ela geoparemiologia, in Proverbi locuzioni modi di dire nel dominio linguistico italiano, Attidel i Convegno di Studi dellAtlante Paremiologico Italiano, a cura di S. C. Trovato, Ro-ma, 1999, p. 13).

  • coli), ovvero quali nozioni pratiche (calendariali, meteorologiche,igieniche)77. Tali detti costituiscono una vera e propria enciclo-pedia del sapere popolare. Se intorno ai primi si condensano inte-ressi di ricerca nel campo della linguistica, i secondi sono pi le-gati a studi antropologici. Lo stesso studio delle varianti assumenei due casi una importanza ben diversa: nel primo caso moltopi legato alla geolinguistica e alla dialettologia; nel secondo alraffronto fra usi e costumi, ma anche tecniche tipiche di specifi-che aree geografiche e culturali al fine di stabilire diversit e so-miglianze.

    I proverbi agrari pubblicati tra Sette e Ottocento che vengonoqui trattati appartengono, nella divisione suddetta, soprattutto allaseconda tipologia e costituiscono uninteressante fonte storica per lostudio del rapporto tra letteratura popolare, vita contadina e scien-za agraria. La loro provenienza, bench piuttosto articolata, tutta-via riconducibile a una stessa finalit. Tali raccolte, rubriche o sem-plici citazioni sono connotate infatti da un preciso intento di istru-zione per gli agricoltori, utilizzando la forma del detto didattico odidascalico quale miglior sistema per divulgare e memorizzare con-sigli e norme concernenti leconomia mezzadrile, i tempi delle la-vorazioni nei campi, gli andamenti meteorologici, i fattori ambien-tali, le tecniche colturali ecc.

    Illustrando nelle pagine che seguono alcuni proverbi toscani re-lativi allagricoltura non si intende naturalmente svolgere una spe-cifica indagine a carattere linguistico o antropologico, bens docu-mentare attraverso questa particolare fonte linguistico-letterariaquella civilt contadina che desta oggi numerosi interessi tra me-moria e storia.

    2. vita contadina attraverso i proverbi

    Il termine mezzeria invece di mezzadria prevalentemente usatodagli scrittori toscani di economia e agronomia non era soltantouna forma di distinzione linguistica, ma aveva anche il preciso si-

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 25

    77 Ivi, p. 14.

  • gnificato di indicare le condizioni peculiari del contratto mezzadri-le in Toscana. Nel 1919 Isidoro del Lungo, letterato e arciconsolodellAccademia della Crusca nonch socio dei Georgofili, fece nota-re che in una seduta accademica si erano usati indifferentemente, atorto, i termini mezzeria e mezzadria, richiamando la differenzadi significato.

    Il socio Del Lungo osserva che nel verbale [delladunanza precedente]sono usate indifferentemente le parole mezzeria e mezzadria; la primasoltanto parola prettamente toscana e nata nei Georgofili e sta a de-notare il sistema toscano di conduzione dei fondi. Raccomanda quin-di che la differenza di significato delle due parole sia tenuta bene inmente da coloro cui preme dimpedire la deformazione della nostralingua78.

    Questo intervento non rimase ignorato, tanto che ancora nel 1929lallora presidente dei Georgofili Dalla Volta, in una ricostruzionestorica della mezzadria in Toscana, richiamava esplicitamente talenota indicando con il termine mezzeria le specifiche caratteristichedel sistema di conduzione dei poderi in Toscana.

    Il presidente [R. Dalla Volta] ricorda che in una adunanza di qualcheanno fa, lillustre consocio sen. Del Lungo, arciconsolo dellAccade-mia della Crusca ebbe a dichiarare che la forma toscana dei contrattidi conduzione di fondi era da chiamarsi esclusivamente mezzeria, do-vendo laltra parola mezzadria usarsi per alcune specie di colonia par-ziaria vigenti fuori Toscana79.

    Queste notazioni erudite-linguistiche erano certamente parte diun habitus mentale proprio degli studiosi di agricoltura della To-scana dellOttocento. Tuttavia esse erano giustificate dalla consa-pevolezza delle particolari condizioni e consuetudini delle campa-gne toscane.

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    78 Adunanza del 6 aprile 1919, Atti dei Georgofili, s. v, vol. xvi, 1919, p. lii.79 Adunanza pubblica del 4 marzo 1923, Atti dei Georgofili, s. v, vol. xx, 1923, p.

    lxviii.

  • Il mondo della mezzeria toscana

    Questa singolare nota linguistica sul termine mezzeria confermale peculiari caratteristiche degli scritti dei Georgofili sulle campagnetoscane nel pi vasto contesto della mezzadria dellItalia centro-set-tentrionale. Alcuni detti didattici o didascalici citati nelle raccoltequi prese in esame non potrebbero essere compresi se non allinter-no del contesto culturale entro cui furono trattati i principali aspet-ti delleconomia poderale toscana, caratterizzata dai suoi personag-gi (padroni, contadini, fattori, lavoratori a giornata) e dalla tipicacoltivazione promiscua per ottenere dal podere tutti i beni e gli ali-menti necessari al fabbisogno della famiglia colonica.

    Scorrendo lelenco dei proverbi agrari toscani pubblicati tra Set-te e Ottocento (Appendice, 1) risalta innanzitutto la caratteristicavariet delle coltivazioni praticate nel tipico podere toscano: fru-mento, miglio, saggina, avena, cicerchiola, segale, orzola, fieno,fave, rape, lino, lupino, erba (prato), ortaggi. Seguono poi le colti-vazioni arboree con i loro preziosi prodotti: vite, olivo, gelso, melo,pero, fico, susino, mandorlo, noce, castagno. Si trovano inoltre ci-tati funghi e nespole. La variet delle coltivazioni aveva sia il van-taggio di diversificare la produzione sia di permettere le pi oppor-tune rotazioni, tanto che proprio lAccademia dei Georgofili si eradirettamente impegnata in una attivit di sperimentazione di nuo-ve specie e variet80. Nella stalla o al pascolo, nel pollaio come sul-laia si trovavano poi numerose specie animali: bovini, maiali, ca-valli, somari, pecore, capre, polli, oche, piccioni. Altri riferimenti sitrovano poi per gli uccelli: piccioni, fringuelli, ghirlind, merlo,cucco, beccafico, cornacchia, beccaccia, picchio, rondine, assiolo. Einfine api, bachi da seta, pesci, lucciole, cicale, ranocchi, cani, gat-ti, topi, serpi. Ad ognuno di essi legato un aspetto caratteristicodella vita in campagna. Ma ancor pi sorprendente la vivacit concui vengono descritti in vari proverbi, tale da renderli quasi presen-ze vive che dialogano col contadino, come il porco che chiede diessere ingrassato e dice dammi dammi, n mi contar mesi n anni o

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    80 P. L. Pisani, P. Nanni, Gli orti agrari di Firenze, Rivista di storia dellagricoltura,a. xxxvi, n. 1, giugno 1996, pp. 69-107.

  • la promessa della vite al contadino: Fammi povera e io ti far ricco.Elemento caratteristico della vita contadina poi lapprensione

    per landamento delle stagioni e delle annate, in cui traspare unprofondo senso di piet per le sorti della famiglia colonica: Il granfreddo di gennaio, il mal tempo di febbraio, il vento di marzo, le dol-ci acque daprile, le guazze di maggio, il buon mieter di giugno, il buonbatter di luglio, le tre acque dagosto con la buona stagione, vaglion piche il tron di Salomone, poich nellinverno Sottacqua fame e sottoneve pane ; e Anno fungato, anno tribolato ; Anno ghiandoso, annocancheroso. Lo spettro della fame rappresentava una grande preoc-cupazione: Oggi fave, domani fame ; Quando il fico serba il fico, tuvillan serba il panico ovvero qualunque cibo (pane o becchime degliuccelli).

    E proprio da questo senso drammatico del vivere scaturisconoalcuni sprazzi di saggezza popolare che facevano uso di giochi di pa-role La saggina ha la vita lunga per indicare la felicit del saggio ma soprattutto di immagini di vita della campagna utilizzate in sen-so figurato: Il sole di marzo muove e non risolve Che dicesi anche dichi propone le cose e non le conduce a fine81; Albero che non fafrutto, taglia taglia; Allapparir degli uccelli non gettar seme in terraintendendo di non far cose che poi siano guastate; Non sara comeserpica che ogni cosa vuole il suo modo82; Chi vuol vin dolce nonimbotti agresto chi vuole dolce vita non metta male83; Dal campoha da uscir la fossa Da quel che c si vuol prima cavare quel che bi-sogna84. Ancora alla secolare osservazione dei fenomeni naturaliapparteneva anche il rispetto delle fasi lunari Di luna al primo mar-te, si fanno tutte larte perch, specificava il Lastri, Al primo mar-ted della luna nuova sintende poter far tutto85.

    Vita nei campi e religiosit popolare si uniscono in modo in-scindibile nella stessa scansione del tempo. Cos solstizi ed equino-zi o linizio delle stagioni sono sempre legati a una solennit reli-giosa o alla festa di un santo, a cui corrisponde lo svolgimento di

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    81 Infra, p. 129.82 Infra, p. 136.83 Infra, p. 138.84 Infra, p. 132.85 Infra, p. 135.

  • determinati lavori. Proprio questo vivo legame costituisce forse unodei fattori fondamentali della vitalit della tradizione popolare, benlontano da una abitudinaria ripetizione rituale.

    Una notazione va qui aggiunta e riguarda le modifiche del ca-lendario avvenute nel Cinquecento. Sia il Lastri che il Giusti avver-tono nelle loro raccolte che le date indicate da numerosi proverbidevono essere posticipate di circa una decina di giorni in conse-guenza della riforma del calendario di Gregorio XIII nel 1582.Questo fatto per anche una testimonianza della longevit di mol-ti proverbi che sono rimasti immutati e tramandati per tradizioneorale in un secolare arco di tempo86.

    Leconomia poderale

    Tra i proverbi agrari che sono qui riproposti un cospicuo numeroriguarda ovviamente le condizioni delleconomia poderale. Occorretuttavia fare una distinzione ed evidenziare innanzitutto alcuni pro-verbi pi specifici, talvolta appositamente coniati dagli autori geor-gofili al fine di condensare alcuni concetti in un breve enunciato. il caso di due proverbi commentati dal Malenotti Il padrone buo-no fa buono anche il contadino; La buona casa fa buono il contadino che non trovano altre attestazioni se non in senso lato per analo-gia con i pi comuni Locchio del padrone ingrassa il cavallo e Fa piil padrone co suoi occhi, che lopre col badile. Di particolare interesserisultano due commenti apparsi sul Giornale agrario toscano re-lativi a proverbi sulla necessit dellinvestimento dei capitali in agri-coltura Agricoltore povero, agricoltura miserabile (De Ricci) o an-che Avaro agricoltor non fu mai ricco e sulle condizioni della mez-zadria in Toscana Podere vuol dir potere (Landucci). Entrambi siinseriscono pienamente nel pi vasto dibattito intorno alla mezza-dria che si svolse in ambito georgofilo nel corso dellOttocento87. In

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 29

    86 Si veda: Nota editoriale, Appendice, 1. Infra, pp. 123-124.87 L. De Ricci, Sopra lingiustizia di alcuni patti colonici, in AAG, Memorie, letture,

    pubbliche adunanze, b. 69, i. 775 (1 apr. 1827), cc. 6; G. Capponi, Sui vantaggi e svan-taggi s morali che economici del sistema mezzeria, Continuazione degli Atti dei Georgofi-li, vol. xi, 1833, p. 186 e vol. xii, 1834, p. 175; L. Landucci, Considerazioni sulla po-

  • particolare De Ricci metteva in evidenza proprio il problema delladisponibilit di capitale circolante:

    Prima per di discendere a minute esemplificazioni piacciavi osservareche la posizione del proprietario terriero toscano non quella del ter-riero degli altri paesi, il quale affittando i propri terreni non ha altra cu-ra che di ritirare una volta lanno il canone dellaffitto per erogarlo nel-la soddisfazione dei propri bisogni, o desiderii. No il proprietario to-scano un manifattore, uno speculatore, un fabbricante che obbli-gato in tutti i mesi, in tutte le settimane, in tutti i giorni a comprare, avendere, a fare delle spese, delle anticipazioni al suolo senza delle qualinon produce, e per quanto la maggior parte dei terreni sieno coltivatia mezzeria, ci che diminuisce molto la spesa a contanti del proprieta-rio, nonostante potrebbe asserirsi che nei beni di poggio lentrata nettaper il proprietario sarebbe fra il dieci e il venti delle somme che gli so-no passate dalle mani nellanno. Questo continuo giro di numerariooccorrente perch si mantenga viva lamministrazione campestre, ob-bliga a tenere una cassa sempre pronta per alimentarlo, giacch le spe-se, non accompagnando sempre, anzi prevenendo lentrate, la mancan-za del danaro difficulta ed impedisce la produzione88.

    Anche il Landucci si soffermava a evidenziare le particolari con-dizioni del territorio, della natura dei suoli, delle coltivazioni e del-

    paolo nanni30

    vert del contado toscano, Giornale Agrario Toscano, v. vi, 1832, p. 505; Id., Intorno al si-stema di mezzeria in Toscana e pi particolarmente della provincia senese, Giornale Agrario To-scano, v. vii, 1833, p. 361 (Infra, pp. 185-199); C. Ridolfi, Intorno ad unesperienza tenta-ta per migliorare la condizione di quei contadini che non sanno o non possono avvantaggiarsi per-fezionando larte propria, Continuazione degli Atti dei Georgofili, vol. 29, 1851, p. 392;Id., Della mezzeria in Toscana nelle condizioni attuali della possidenza rurale, Continuazionedegli Atti dei Georgofili, N.S., vol. 2, 1855 (memoria letta il 4 mar. 1855), p. 187; Id., Delcontratto colonico, ossia discussione sul miglior sistema di rapporto fra i proprietari e coltivatoride terreni nellaspetto economico, politico, morale e sui mezzi di perfezionarlo e difenderlo, Gior-nale Agrario Toscano, 1855, p. 87; V. Salvagnoli, Discussione sulle mezzerie toscane, Con-tinuazione degli Atti dei Georgofili, s. iv, vol. iv, 1834 (memoria letta il 1 giu. 1834), p.218; Id., Prospetto della discussione delle mezzerie suscitata dal Giornale Agrario Toscano, s. iv,v. iv (memoria letta il 2 mar. 1834), p. 197; Id., Riassunto delle ragioni prime direttive la rifor-ma delle mezzerie in Toscana, Continuazione degli Atti dei Georgofili, s. iv, vol. iv (me-moria letta il 7 set. 1834), p. 239; P. Cuppari, Considerazioni sulla mezzeria toscana, Gior-nale Agrario Toscano, 1858, p. 26; G. Cambray Digny, Intorno agli ostacoli che la colonatoscana oppone al perfezionamento dellagricoltura, Giornale Agrario Toscano, 1859, p. 177;R. Lambruschini, Lettera al march. Cosimo Ridolfi sulle attinenze che possa avere la mezzeriacon lincremento dellAgricoltura in Toscana, Giornale Agrario Toscano, 1857, p. 383.

    88 Infra, p. 177.

  • lo stato economico per esaminare le ragioni dello stato stazionario,se non retrogrado dellagricoltura toscana, tanto da porre linterro-gativo se non vi fosse un sistema da affiancare alla mezzadria.

    La classe agricola toscana, simile alle caste dellIndia non sa trovare altroimpiego, che il lavoro della terra, ma l dove la classe agricola vive riu-nita, e a contatto collaltra parte lavoratrice della nazione, facile le ilvoltarsi ad altre pi lucrose occupazioni. Labitatore isolato della campa-gna ognor contento del suo stato attuale, e rimane indifferente a tuttii pensieri governativi, mentre labitatore riunito entro i recinti murati,vede ed apprezza quanto vi ha di bene e di male, concepisce desiderj dimiglioramento, ed inquieto e malcontento non sa trovar posa fin tantoche non li ha conseguiti. Cos mentre il sistema di mezzeria opportu-nissimo a mantenere la pace e la tranquillit interna, poco adattato perdare alle nazioni quello slancio di volont, per cui conseguir possonolalto punto di civil perfezione. E questa mancanza di morale energia in-fluisce pur anche nella scienza agraria, che per mancanza di tentativi edesperienze, tarda lunghissimo tempo ad introdurre quelle grandi me-gliorie trovate dalle nazioni pi di noi industri. () Quivi dubitar si po-trebbe se sia attualmente utile il sistema di mezzeria, se pur mezzeria pudirsi quella, ove il proprietario in sconto dei suoi crediti prende tutti iprodotti, ed il contadino conviene che sia contento ricevere in contodelle sue fatiche lannuale meschino sostentamento89.

    Tali osservazioni puntavano il dito sulla crisi del sistema mezza-drile, le cosiddette cinque piaghe, legate allo sfruttamento del la-voro, allignoranza agronomica, allindebitamento contadino, alladenutrizione e alla disdetta annuale che non garantiva la necessariacontinuit di lavoro nel podere e rendeva sempre incerto il futurodella famiglia colonica90. La stessa Accademia dei Georgofili avevapromosso nel 1821 un Bando di concorso sul tema Se, attese le par-ticolari circostanze della Toscana, pu essere pi utile ai progressidellagricoltura il sistema di dare i beni rustici in affitto piuttosto chea colonia91. Tuttavia tali soluzioni si scontravano con la mancanzadi capitali da parte dei contadini, tanto che si diceva Chi affitta sco-

    proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 31

    89 Infra, p. 193.90 I. Imberciadori, Economia toscana nel primo Ottocento, cit., p. 25.91 AAG, Concorsi a premi accademici e di privata fondazione, b. 110, ins. 42. Cfr. At-

    ti dellAccademia dei Georgofili, Continuazione, iii, p. 41.

  • ficca o sfitta (Chi alluoga accatta) poich, come specificava il GiustiLa Toscana tutta mezzerie: quindi gli affitti erano in discreditoe non a torto, come speculazione da scioperati o da falliti92.

    Un ben pi alto numero di proverbi, attestati in quasi tutte leraccolte qui prese in esame, riguardavano invece gli aspetti pi co-muni della vita mezzadrile. Numerosi si riferivano al tema delle di-sdette coloniche che avvenivano in Toscana il 30 novembre. Tantemute, tante cadute si diceva per mettere in guardia dai frequenticambiamenti di coloni da parte dei proprietari e viceversa, poich icontadini in vista di abbandonare il podere facevano a lascia pode-re. Tuttavia tali passaggi da un podere allaltro si verificavano abba-stanza di frequente: Con un par di polli si compra un podere ; e inol-tre Quando canta il Firinguello, buono o cattivo (padron) tienti aquello; Quando canta il Ghirlind (o Ghirling), chi ha cattivo pa-dron mutar lo pu ; Quando canta il Merlo, chi ha padron si attengaa quello. Il Malenotti osservava a questo proposito:

    Per il che da commendarsi assaissimo il sistema introdotto nella mag-gior parte delle buone fattorie della Toscana, nelle quali ben di rado si li-cenziano i contadini (salvo il caso dimmoralit, o di altro incorreggibildisordine) ed invece di devenire a tal passo si accrescono, o si diminui-scono le terre dei poderi proporzionandole alle braccia di quella data fa-miglia; seppure non vien fatto di poterle cangiar podere nella stessa te-nuta; conservando cos il contadino quellaffetto, direi ereditario, che nu-tre per i possessi della fattoria, e per la persona del padrone medesimo93.

    Anche i problemi della casa colonica e dei suoi fabbricati veni-vano particolarmente sottolineati: Casa fatta e vigna posta, non si saquantella costa cos come La buona cantina fa il buon vino e La buo-na greppia fa la buona bestia.

    Fattori, contadini, lavoratori a giornata

    Anche con una certa dose di ironia, molti proverbi documentanoinoltre i rapporti fra padroni, fattori, contadini e lavoratori a gior-

    paolo nanni32

    92 Infra, p. 125.93 Infra, p. 156.

  • proverbi agrari toscani tra sette e ottocento 33

    nata. Della raccolta delle fave si diceva Tra maldocchio e lacqua cot-ta, al padron non gliene tocca poich, come osservava il Giusti, o peril maldocchio o succiameli che le distruggono o per i contadiniche le cuociono e se le mangiano innanzi di dividerle col padrone,il padrone non le vedeva nemmeno. Particolarmente bersagliati era-no poi i fattori: Fattor nuovo, tre d buono ; Fammi fattore un anno,se sar povero, mio danno ; Un fattore fatto re.

    Se del contadino si diceva il classico Il contadino ha le scarpe gros-se, e il cervel sottile (o fino) si sottolineavano poi i meriti dei buonilavoratori: Il buon lavoratore rompe il cattivo annuale ; e Lavoratorebuono di un podere ne fa due; cattivo, ne fa un mezzo.

    Alcuni proverbi facevano poi riferimento ai garzoni, ai mesan-ti (perch pagati mensilmente) e agli opranti a giornata: Gennaiooperaio e A mezzo gennaio, metti loperaio (per affrettare i lavori); Ca-vol riscaldato e garzon ritornato, non fu mai buono ; Chi ha quattrinda buttar via, tenga le opere (oprante a giornata), e non vi stia ;Gente assai, fanno assai; ma mangian troppo.

    Per prevenire il rischio dei ladri Chi fa e non custode, assai spen-de e nulla gode ; Di maggio nascono i ladri si ricorreva anche ai cu-stodi. Tuttavia il proverbio Chi non ha il gatto mantiene i topi, e chilha mantiene i topi e il gatto metteva in guardia dal dover mantene-re sia il custode sia i ladri.

    Il lavoro nei campi

    Naturalmente il pi alto e articolato numero di proverbi agrari ri-guarda il lavoro nei campi, lo svolgimento delle singole operazioni,la loro alternanza anche in base allandamento stagionale e le tecni-che colturali.

    Se il campo vuole buon tempo, buon seme e buon lavoratore, aquestultimo per lavorarlo bene occorrevano quattro m: manzi, mo-neta, merda e mano. Desta un certo interesse notare inoltre alcuneprecise indicazioni sulla sistemazione dei terreni. Il campo dovevaessere difeso e asciutto Beato quel campetto che ha siepe col fossetto con fosse ai lati per la canalizzazione delle acque Dal campo hada uscir la fossa. La semina poi non doveva essere troppo fitta Ilgrano (o la sementa) rado non fa vergogna allaia ; Solco rado empie il

  • granaio perch altrimenti la quantit del grano prodotto venivacompromessa, tanto che Del fitto non ne beccan le passere. Non man-cano poi indicazioni sulle rotazioni Chi semina fave, pispola granoperch la miglior caloria quella della fave94; Formento, fava e fie-no non si volsero mai bene e sulla concimazione Il letame quandtroppo forte, alle piante d la morte.

    Altro aspetto di estremo interesse poi linsistenza con cui siesortava alla realizzazione dei singoli lavori a tempo opportuno. ilcaso di proverbi come Chi dorme dagosto dorme a suo costo; Chi la-vora (ara) il campo innanzi la vernata avanza di ricolti la brigata; La-vora, o abborraccia, ma semina finch non diaccia. Al contrario, contono minaccioso: Chi pota di maggio e zappa dagosto non raccoglien pane n mosto.

    Aratro, zappa e vanga rappresentavano i fondamentali strumen-ti per la lavorazione del terreno: Laratro ha la punta di ferro; la zap-pa lha dargento; doro lha la vanga. In particolare la vanga dovevaavere la vangheggiuola lunga Chi vuole un lavoro degno, assai fer-ro, e poco legno e la vangatura, essenziale operazione Chi vanganon la inganna e Rivoltami che mi vedrai , doveva essere profonda Vanga piatta poco attacca, vanga ritta terra ricca, vanga sotto riccaa doppio. Fondamentale era per questo la disponibilit nel podere dibestie da lavoro Chi ha carro e buoi, fa presto i fatti suoi per lamigliore esecuzione dei lavori Chi lavora la terra con le vacche, vaal mulino colla puledra (colla somara) perch la raccolta scarsa eperci Ara coi bovi, e semina colle vacche perch coi bovi si fa solcoprofondo, non cos colle vacche95. Oltre ai bovini si raccomanda-va anche lallevamento delle pecore. Il Malenotti tratt in modospecifico lallevamento ovino illustrandone i vantaggi che esso po-teva arrecare alleconomia poderale96. Lallevamento delle pecorerendeva necessaria una certa disponibilit di capitale per le spese ge-nerali e per lalimentazione in certi periodi dellanno e in particola-re dopo il parto La pecora per il povero, non il povero per la peco-

    p