puppo i fondamenti del comumitarismo

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 PUPPO I fondamenti del comunitarismo, Tesi di Laurea, Genova, 2000. IV. Questioni aperte e conclusioni 1. Quale comunità? Al termine dell’analisi del multiculturalismo avevo proposto di abbandonare il termine cultura e di afdarsi ad un termine, almeno potenzialmente, meno ambiguo e vago, etnia. Ovviamente abbandonare il termine cultura non signica dimenticare le questioni alle quali, con l’uso di quel termine, si è soliti riferirsi. Secondo me, dunque, quando ci si vuole riferire a quell’insieme di elementi quali la lingua, la religione, un complesso mito-simbolico e altri fattori che esaminerò in seguito, è opportuno usare il termine etnia. Se invece ci si vuole riferire a ciò che costituisce un modo particolare di rapportarsi alla realtà, un modo di ragionare, di agire e di giusticare le proprie azioni e, in ultima analisi, ogni modalità del valutare, allora ritengo che si possa usare il termine tradizione così come denito da MacIntyre. 1 In questo modo si riuscirà, credo, a evitare di dover distinguere tra “cultura in senso stretto” e “cultura in senso lato”. Il fatto di distinguere tra etnia e tradizione, l’una contraddistinta da fattori di natura prevalentemente storica l’altra da fattori spiccatamente losoci, non impedisce che lo stesso fenomeno possa costituire sia un’etnia 1  Cfr. supra  , Parte II, Capp. 1.3. e 1.4.

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Cap. 4 de la Tesi

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  • PUPPOI fondamenti del comunitarismo, Tesi di

    Laurea, Genova, 2000.IV.

    Questioni aperte e conclusioni

    1. Quale comunit?

    Al termine dellanalisi del multiculturalismo avevo proposto di

    abbandonare il termine cultura e di affidarsi ad un termine, almeno

    potenzialmente, meno ambiguo e vago, etnia. Ovviamente abbandonare il

    termine cultura non significa dimenticare le questioni alle quali, con luso di

    quel termine, si soliti riferirsi.

    Secondo me, dunque, quando ci si vuole riferire a quellinsieme di

    elementi quali la lingua, la religione, un complesso mito-simbolico e altri

    fattori che esaminer in seguito, opportuno usare il termine etnia. Se invece

    ci si vuole riferire a ci che costituisce un modo particolare di rapportarsi alla

    realt, un modo di ragionare, di agire e di giustificare le proprie azioni e, in

    ultima analisi, ogni modalit del valutare, allora ritengo che si possa usare il

    termine tradizione cos come definito da MacIntyre.1

    In questo modo si riuscir, credo, a evitare di dover distinguere tra

    cultura in senso stretto e cultura in senso lato.

    Il fatto di distinguere tra etnia e tradizione, luna contraddistinta da

    fattori di natura prevalentemente storica laltra da fattori spiccatamente

    filosofici, non impedisce che lo stesso fenomeno possa costituire sia unetnia

    1 Cfr. supra, Parte II, Capp. 1.3. e 1.4.

  • sia una tradizione: semplicemente, dipendendo la distinzione dalla domanda

    che ci muove verso quel fenomeno, vale a dire dal punto di vista che

    assumiamo come osservatori, sar sufficiente non scivolare da un ambito

    concettuale allaltro creando quindi facili confusioni. Se si tengono bene

    distinte le questioni vertenti sulle etnie da quelle vertenti sulle tradizioni si

    potr anche analizzare il rapporto di influenza reciproca storicamente

    instauratosi tra fattori etnici e fattori di ricerca filosofica.

    Ad un primo sguardo appare frequente che etnie diverse siano

    sostenitrici di tradizioni diverse ma, voglio sottolinearlo, unetnia pu

    abbandonare una tradizione per abbracciarne unaltra senza, per questo,

    perdere la propria identit. Da un altro punto di vista altrettanto frequente

    che etnie diverse condividano la medesima tradizione anche se solo per brevi

    periodi.

    Quanto detto non acquista tuttavia molto senso se non mi affretto a

    definire il concetto di etnia e di comunit etnica.2

    1.1. Il concetto di etnia e di comunit etnica

    Si possono individuare alcuni elementi la cui presenza indispensabile

    affinch si possa dire di essere in presenza di unetnia.

    Innanzitutto, da menzionare pur nella sua banalit, letnia designata

    da un nome collettivo; elemento molto pi importante il fatto di costituire

    una comunit storica, costruita su memorie condivise da tutti i membri della

    comunit; la storia della comunit ha un carattere prevalentemente educativo

    in quanto la sua narrazione deve procurare piacere e gli eroi di cui si narrano

    le imprese devono incarnare le virt che la comunit ritiene preziose;

    costituisce una concreta possibilit che linsieme delle virt comunitarie si

    Questioni aperte e

    conclusioni

    2 Per la definizione del concetto di etnia e per la struttura di una comunit etnica, cfr A. Smith (1992), pp. 63-118.

  • evolva, accogliendo nuove virt ed escludendone altre, in conseguenza di

    mutamenti alla guida politica della comunit; dunque possibile il sorgere di

    un conflitto tra due o pi tradizioni etniche per assicurarsi il monopolio

    delleducazione e dellinterpretazione storica.3

    Coloro che appartengono alla stessa etnia condividono inoltre quello

    che si pu chiamare uno stile di vita o, per richiamare la nozione

    wittgensteiniana, una forma di vita;4 tale forma di vita soggiace alla comunit,

    informa di s aspetti importanti come lingua e religione ma anche aspetti

    apparentemente pi frivoli come il folklore, il cibo e la musica; bisogna

    sottolineare che la condivisione della lingua non sempre determinante o, pi

    precisamente, che spesso singole formazioni linguistiche sono per gran parte

    il risultato di un influsso reciproco, realizzantesi allinterno di una certa area

    geografica, tra elementi di natura religiosa ed elementi di natura sociale e

    politica. Il riferimento a una precisa area geografica costituisce

    lindispensabile fattore territoriale che contribuisce a definire unetnia,

    lelemento che aiuta a disegnare confini verificabili. Tuttavia possibile che il

    legame con un territorio abbia valenza puramente simbolica, come nel caso in

    cui un determinato luogo costituisca esclusivamente la meta di pellegrinaggi.

    Lultima caratteristica essenziale che definisce unetnia un forte senso di

    solidariet, eventualmente alimentato e accresciuto da un persistente stato di

    guerra.5

    Riassumendo si pu asserire che costituiscono delle etnie quelle

    Questioni aperte e

    conclusioni

    3 Cfr. A. Smith (1992), p. 73; anche se nel breve termine le narrazioni rivali possono dividere la comunit [] nel lungo termine la diffusione e linfluenza che queste narrazioni riusciranno ad ottenere avranno leffetto di approfondire il senso didentit e di destino condivisi in una particolare comunit; sulla caratteristica della narrazione epica consistente nella celebrazione del bello in s della propria Patria, cfr. G. Negrelli (1994), pp. 34 ss.

    4 Su Wittgenstein e la nozione di forma di vita, cfr. supra, Parte III, Cap. 4.

    5 Cfr. A. Smith (1992), pp. 75-101.

  • popolazioni, designate da un nome, che condividono un passato epico nonch

    uno stile di vita, sono associate ad un particolare territorio e sono unite da un

    senso di solidariet.

    Le etnie danno vita a, e fioriscono in, comunit etniche che, con il

    necessario grado di approssimazione, hanno avuto la seguente genesi

    strutturale; secondo la ricostruzione storica di Smith,6 da un punto di vista

    soggettivo, partendo dal basso, si incontrano masse che, spesso localizzate in

    zone rurali, condividono stili di vita talvolta diversi tra loro che a volte danno

    origine a sub-comunit; tali comunit rurali sono in contatto con llite urbana

    solitamente grazie allopera dei sacerdoti; la figura del sacerdote ha

    unimportanza fondamentale poich costituisce il tratto dunione tra

    lelemento oggettivo, il deposito di memorie, miti e simboli, e le grandi masse;

    evidente che la vitalit di una comunit etnica dipende dallefficienza dei

    processi di comunicazione, trasmissione e socializzazione del suddetto

    deposito.7

    Nonostante lassenza di un contatto diretto tra le masse e il patrimonio

    morale e giuridico della comunit, il sentimento comunitario, di noit e di

    appartenenza ad un gruppo assicurato dal fatto che le eredit familiari delle

    singole famiglie tendono a rispecchiarsi in uno stile di vita e in una tradizione

    pi ampia che, plasmando e insieme limitando tali eredit, forniscono

    limmagine e il linguaggio della nostra comunit.8

    Questioni aperte e

    conclusioni

    6 Per lanalisi della struttura delle comunit etniche, cfr. A. Smith (1992), pp. 104 ss.; in base alla struttura le etnie si possono distinguere in laterali ed estensive e verticali e intensive; le prime hanno natura aristocratica e tendono a non penetrare negli strati pi profondi della scala sociale mentre le seconde, definibili popolari sono incentrate e chiuse sulla citt in tal modo richiedendo la partecipazione delle masse (cfr. pp. 171 ss.).

    7 Cfr. A. Smith (1992), p. 105; tali processi utilizzano principalmente il rituale e il culto nel tempio, la diffusione dei precetti delle norme morali dei testi sacri, i simboli dellarte [], lelaborazione di tradizioni orali [] la promulgazione di codici ed editti giuridici [] e infine il servizio militare e limpiego della forza lavoro per la costruzione delle opere pubbliche.

    8 Cfr. A. Smith (1992), p. 117.

  • Sperando che il concetto di etnia e la struttura di una comunit etnica

    sia stato sufficientemente, per quanto schematicamente, chiarito, si potr

    passare ad alcune considerazioni che renderanno pi pertinente alla

    problematica del comunitarismo e del multiculturalismo quanto detto sinora.

    In primo luogo bene ricordare ancora una volta lassenza di una

    definizione di comunit nelle argomentazioni dei comunitaristi; non si capisce

    cio quale sia concretamente la portata del noi comunitario; il candidato a

    questo ruolo potrebbe essere in alcuni casi lo Stato-nazione, in altri casi

    potrebbe essere una comunit regionale, in altri casi ancora ci si potrebbe

    riferire a comunit non legate ad alcuna forma istituzionalizzata.

    Ebbene, io penso che molte delle caratteristiche delle comunit di cui

    parlano i comunitaristi siano possedute da quelle che sono state definite

    comunit etniche; tuttavia, se si tratta di ricercare una soluzione normativa di

    qualsiasi tipo non si pu eludere il fatto che le leggi hanno come ambito di

    applicazione delle federazioni di stati o singoli stati o singole regioni

    allinterno di stati, raramente comunit etniche.

    Nel mondo moderno si parlato molto di nazioni e di nazionalismi,

    poco di etnie e di etnicismi. Non sono certo in grado di decretare alcunch su

    questo spinoso argomento; tenter tuttavia di ricostruire alcuni legami, la cui

    sottovalutazione spesso allontana pi del dovuto posizioni cosiddette

    culturaliste o comunitariste da posizioni spiccatamente liberali.

    1.2. Tra etnicismo e universalismo: due concetti di nazione

    Mi riferisco in particolare a due relazioni: da un lato bisogna misurare

    quanto sia stato influente lelemento etnico nella formazione delle moderne

    nazioni, e quanto potrebbe essere influente per la loro sopravvivenza; da un

    altro lato legittimo approfondire i legami tra alcune forme di nazionalismo e

    quello che si pu definire luniversalismo dei diritti.

    Questioni aperte e

    conclusioni

  • Per quel che concerne il primo aspetto, preliminare dire qualcosa sul

    significato di etnicismo e, soprattutto sulla sua non intercambiabilit col

    termine inflazionato di nazionalismo; se infatti i nazionalismi sono

    concettualmente legati e cronologicamente successivi allelaborazione del

    concetto di nazione, elaborazione relativamente recente, gli etnicismi sono,

    potremmo dire, vecchi quanto luomo o almeno quanto luomo che, attraverso

    la comunicazione, ha saputo dare vita a comunit; per questo motivo

    legittimo assimilare i movimenti etnicisti, o almeno quelli di un certo tipo, ai

    movimenti e alle politiche comunitariste.9

    Per etnicismo si pu infatti intendere ogni movimento collettivo

    determinato sia dalla minaccia di disgregazione interna della comunit sia dal

    desiderio di rinvigorire le forme di vita e la tradizione della comunit; in

    particolare tali movimenti possono assumere diverse forme: dalla

    restaurazione territoriale a quella genealogica fino al semplice rinnovamento

    delle forme di vita della comunit. Bisogna sottolineare il tenore

    prevalentemente difensivo di ogni etnicismo: esso solitamente la reazione ad

    una minaccia, reale o apparente non ha molta importanza; pu trattarsi di una

    minaccia militare, di una sfida socio-economica o del semplice contatto con

    forme di vita e tradizioni lontane dalle proprie.

    Tra le finalit naturali di un movimento etnicista non compare

    laspirazione a diventare una nazione riconosciuta, uno Stato-nazione;

    piuttosto si potrebbe affermare che leventuale aspirazione della comunit

    etnica a divenire una comunit nazionale sarebbe sintomo del suo timore di

    unimminente disgregazione; disgregazione che si tenterebbe di arginare

    incapsulandola in unistituzione gius-politica internazionalmente

    riconosciuta. A partire dallet moderna tuttavia molte etnie, per quanto non

    Questioni aperte e

    conclusioni

    9 Per le caratteristiche, le modalit e le cause dei movimenti etnicisti, cfr. A. Smith (1992), pp. 119-130.

  • avessero aspirazioni indipendentiste e separatiste, si sono politicizzate; questo

    perch soltanto una forza politica poteva divenire rilevante ed essere

    ammessa a quella pratica politica consistente nella distribuzione delle risorse,

    spesso scarse, nazionali; letnia, se ha delle rivendicazioni da opporre, deve

    assumere il ruolo di gruppo di pressione.10

    Per approfondire la relazione tra etnia e nazione occorre ovviamente

    dire qualcosa sul concetto di nazione; essendo la letteratura in argomento

    sterminata sar difficile rendere conto di tutte le ipotesi avanzate sullorigine e

    il significato del termine nazione; si pu comunque tracciare

    unapprossimativa distinzione tra coloro che reputano il concetto di nazione

    un prodotto totalmente moderno e coloro che invece scorgono continuit tra il

    vecchio concetto di etnia e il nuovo concetto di nazione.11 Non ha tuttavia, ai

    fini della mia ricerca, eccessiva rilevanza la datazione precisa della nascita del

    concetto di nazione; fatto non controverso che, pur nella pluralit dei suoi

    significati, il concetto di nazione stato seriamente elaborato solo a partire dal

    XVIII secolo, grazie allopera degli Enciclopedisti, e poi rielaborato nella

    versione romantica.12

    Ho gi riferito le caratteristiche che fanno di un popolo unetnia;

    Questioni aperte e

    conclusioni

    10 Sulla politicizzazione delle etnie, cfr. A. Smith (1992), pp. 321 ss.; non pu non far riflettere il fatto che le recenti rivendicazioni etniche, pi o meno violente, nellEuropa orientale siano state conseguenza, e non causa, della dissoluzione di una struttura politica e sociale, lU.R.S.S., che garantiva agli individui unidentificazione di natura politica, pro o contro il regime sovietico; il vuoto lasciato stato facilmente colmato dalletnia e la rivendicazione di classe sostituita dalla rivendicazione etnica. Secondo U. Pagano (1994), p. 147: [] la crisi del marxismo (e conseguentemente della difesa del mondo libero) ha forse favorito il recente riemergere del nazionalismo []. Secondo I. Berlin (1994), p. 349, laspirazione allindipendenza nazionale sintreccia con la resistenza sociale allo sfruttamento.

    11 Per non fare che pochi riferimenti: lipotesi della continuit e dellorigine etnica delle nazioni sostenuta da A. Smith (1992), mentre tra i sostenitori dellipotesi modernista, pi numerosi, si possono ricordare E. Hobsbawm (1991) e F. Chabod (1992).

    12 F. Chabod (1992), pp. 46 ss., sottolinea che la paternit del termine nazionalismo da attribuire a Herder e riferisce dellimportanza di Herder nella formazione del senso di individualit nazionale e di autarchia spirituale; sullapplicazione, operata da Herder, al popolo (Volk) oltre che allindividuo, del concetto di originalit e autenticit, cfr. C. Taylor (1993b), pp. 47 ss.

  • bisogna ora analizzare le condizioni che legittimano un popolo a proclamarsi

    nazione.

    Secondo Hobsbawn,13 almeno per quel periodo del nazionalismo

    definibile liberale, il diritto di un popolo ad autodeterminarsi era riservato a

    quei popoli che, da un punto di vista economico e culturale, potevano

    considerarsi vitali; connesso a questo aspetto resisteva il vecchio principio

    della taglia minima,14 secondo il quale, per poter aspirare allo status di

    nazione, bisognava contare su una sufficiente estensione territoriale che

    garantisse un certo grado di sviluppo; le prime due condizioni emarginavano

    dalle potenziali nazioni quei popoli che, pur vitali sotto ogni aspetto, non

    potendo vantare un territorio sufficientemente esteso, non assicuravano un

    loro progressivo sviluppo a tempo indeterminato. Il requisito della taglia

    minima fondato, in ordine di importanza, su territorio, potenzialit

    economiche e risorse culturali costituisce dunque presupposto ineliminabile,

    soddisfatto il quale, tuttavia, ai fini dellabilitazione di un popolo al rango di

    nazione, occorre esibire almeno uno fra tre ulteriori requisiti. Secondo il primo

    criterio un popolo doveva essere storicamente associato a uno Stato

    esistente oppure possedere un notevole passato; in base ad un secondo

    criterio bisognava esibire unlite culturale consolidata, con una letteratura

    nazionale scritta e un gergo amministrativo; infine si poteva contare su una

    provata capacit di conquista.15

    Questioni aperte e

    conclusioni

    13 Cfr. E. Hobsbawn (1991), pp. 35-43.

    14 Tale principio, pur sempre implicito in ogni concezione liberale della nazione, fu espresso chiaramente da Friedrich List e dalla scuola storica degli economisti tedeschi; su questo punto, cfr. E. Hobsbawn (1991), p. 35.

    15 Cfr., per i suddetti tre requisiti, E. Hobsbawn (1991), pp. 42-43. Questi criteri rendono conto, a mio avviso, delle diverse concezioni della nazione; stati gi potenti economicamente non avevano certo bisogno di scommettere su sentimenti di comune appartenenza etnica: era sufficiente il comune e volgare sentimento di sentirsi grandi e uniti; altre situazioni nazionali, come quella tedesca e quella italiana, dovevano invece fare leva su elementi pi spiccatamente etnici, sulla letteratura nazionale, sul passato eroico e su altri elementi che definiscono etnicamente un popolo.

  • Si pu affermare lesistenza di almeno due significati del termine

    nazione o, in altri termini, di almeno due concetti di nazione; c chi16 parla

    quindi di nazione territoriale contrapponendola alla nazione etnica e,

    rispettivamente di una concezione civica e una concezione etnica della

    nazione; altri17 invece distinguono tra un concetto rivoluzionario-

    democratico e un concetto nazionalista di nazione.

    Il concetto territoriale corrisponde a quello rivoluzionario-democratico;

    esso stato elaborato dagli Enciclopedisti ed strettamente legato alla

    Rivoluzione francese; tale concetto spesso associato a quello di popolo

    sovrano: Lequazione nazione = Stato = popolo, e in particolare popolo

    sovrano, rapport la nazione al territorio;18 tale concetto prescinde dunque

    da ogni considerazione di tipo etnico; la nazione costituita allora da un

    gruppo di persone che abitano lo stesso territorio e obbediscono alle stesse

    leggi: da un lato quindi la nazione vista come una comunit di leggi e

    Questioni aperte e

    conclusioni

    16 Cfr. A. Smith (1992), pp. 279-287, dove distingue appunto tra nazioni territoriali ed etniche, e p. 288, dove si delinea la concezione civica della nazione, contraddistinta da un nuovo concetto di comunit, intesa come popolazione vincolata da legami derivanti dal vivere in un territorio politicamente delimitato, da legami di fedelt a identici sovrani e di appartenenza a una comune cultura politica. J. Habermas (1994), p. 163, distingue tra nazioni, come quella tedesca, che hanno connotazioni etniche e nazioni, come quella francese, che hanno connotazioni territoriali.

    17 Cfr. E. Hobsbawn (1991), pp. 23-27, in particolare p. 25: Non possiamo pertanto rintracciare nella nazione rivoluzionaria alcunch di simile al successivo programma nazionalistico di fare dello Stato-nazione un corpo definibile sulla base di criteri [] quali etnia, lingua, religione, territorio e memoria storica comuni [].

    18 Cfr. E. Hobsbawn (1991), p. 25: [] ci che caratterizzava il popolo-nazione visto dal basso era [] il fatto di rappresentare linteresse comune. Questa affermazione sembra rimandare al punto iniziale della mia ricerca, cfr. Parte I, Cap. 2.1., quando cercavo di rispondere al quesito circa che cosa costituisse realmente linteresse super-individuale in nome del quale sacrificare il proprio interesse individuale; ebbene, trovavo vaghe le espressioni come quella appena citata di interesse comune o altre simili come interesse generale; la mia speranza era di trovare, proseguendo la mia ricerca, una comunit storicamente data e operante i cui concreti interessi potessero sostituire le astratte enunciazioni di interessi comuni; venendo al dunque: la nazione sicuramente un fenomeno comunitario storicamente dato; se tuttavia nella definizione di nazione si comprende il riferimento ad un fantomatico interesse comune la situazione diventa grottesca: si potrebbe infatti sostenere che un gruppo di persone portatore di un interesse comune perch costituisce una nazione e che tale gruppo costituisce una nazione perch portatore di un interesse comune. Presumo che, affinch la nazione possa essere considerata come ci che Sandel chiama soggetto allargato del possesso, la sua definizione debba comprendere altri elementi, per cos dire pi distintivi e quindi, in un certo senso, pi normativi.

  • istituzioni, dallaltro i suoi membri sono caratterizzati dalla condivisione dei

    medesimi diritti e obblighi.19

    C chi ha dipinto con tinte molto forti e critiche la novit inaugurata

    dalla Rivoluzione francese:

    Con la Rivoluzione francese si afferma per la prima volta un modo di pensare, che forse ancora il nostro, per cui gli individui costituiscono la nazione, la quale a sua volta forma lo Stato, e non c altro: nulla di pi di questo panorama desertico, formato di uomini uguali come sassi, e da uno Stato pensato a immagine e somiglianza di un

    cumulo di pietre.20

    Lassenza del senso di solidariet tipico delle comunit etniche

    sostituito da una sorta di religione civile fondata sulla cittadinanza:

    La solidariet della cittadinanza richiedeva una religione civile come formata da miti, memorie e simboli condivisi, e comunicati in un linguaggio standard attraverso le istituzioni educative. La nazione territoriale diventa quindi unimpresa educativa di

    massa. La sua meta lomogeneit culturale.21

    Omogeneit culturale: che cosa significa cultura in questa locuzione?

    Questa domanda mi permette di definire, in modo del tutto arbitrario ma

    importante riconoscerlo il concetto di cultura. Come ho gi detto,

    preferisco non usare tale termine per riferirmi ad elementi etnici o a forme di

    ragionamento o, pi in generale, a forme di vita, emerse e impostesi

    spontaneamente allinterno di comunit effettivamente operanti. Ebbene,

    Questioni aperte e

    conclusioni

    19 Cfr. A. Smith (1992), pp. 279-281; secondo J. Habermas (1994), p. 158: [] lidentit comunitaria [] in una nazione di cittadini [] sar sempre legata ai principi costituzionali ancorati nella cultura politica e non agli orientamenti etici di fondo di una particolareforma di vita culturale prevalente nel paese; S. Weil (1990), pp. 95 ss., ritiene che la sostituzione della nazione a tutte le altre comunit, seguita dalla sua identificazione con lo Stato, abbia generato una situazione, quella in cui viviamo oggi, in cui il danaro e lo stato hanno sostituito tutti gli altri legami.

    20 Cfr. M. Barberis (1994b), p. 48.

    21 A. Smith (1992), p. 283; il riferimento allutilizzo di un linguaggio standardizzato rimanda alla distinzione di MacIntyre tra lingue-in-uso e lingue internazionalizzate; appunto su un linguaggio standard, disincarnato, non necessariamente in-uso tra le masse cui si rivolgeva, si contava per realizzare limpresa educativa di massa di cui parla Smith.

  • ritengo che con cultura ci si possa legittimamente riferire a quel complesso di

    conoscenze nonch abitudini in qualche modo costituenti il risultato di un

    processo, spesso imposto o comunque guidato dallalto, rivolto ad installare,

    nel senso letterale del termine installare cio come si installa un programma

    informatico quel complesso in soggetti incapaci, per motivi relativi alla

    propria etnia e alla propria tradizione, di generarlo spontaneamente. Si tratta

    di un concetto di cultura molto vicino a quello di coltura; quando da un

    terreno, per esempio un prato, si possono cogliere solo alcuni frutti, per

    esempio fiori, e noi desideriamo riceverne altri, per esempio ortaggi e verdure

    per il nostro nutrimento, allora bisogna avviare unimpresa educativa di

    massa: si arer il campo e si seminer ci che si desidera come futuro

    nutrimento. Si potrebbe dire che il prato subisce un lavaggio del cervello.

    Ebbene il concetto di cultura, cos come io lo concepisco e, si potrebbe dire,

    cos come spesso si storicamente definito, si riferisce a unimpresa che si

    distingue dal lavaggio del cervello solo per quantit, non per qualit.22 Se si

    conducesse lanalisi partendo dagli usi effettivi del termine cultura il risultato

    non sarebbe molto diverso; nellambito dei paesi colonizzati da potenze

    occidentali, per esempio paesi centro-africani, si potr dire di un individuo

    che di cultura cristiana o di cultura inglese volendo significare che,

    nonostante tutto dove il tutto assume diversi significati a seconda della

    postura del parlante non inglese n cristiano.

    In base alle mie definizioni penso si possa dunque sostenere che

    lappartenenza culturale mai coincider con lappartenenza etnica o con

    ladesione a una tradizione. Questo , a mio avviso, confermato da

    Questioni aperte e

    conclusioni

    22 A proposito della religione civile, inventata da Rousseau, e della pi famosa espressione della cultura filosofico-politica americana contemporanea, lopera di John Rawls, cfr. W. Fach - G. Procacci (1989), pp. 401-402: E come il filosofo francese pioniere del terrorismo di Stato stando alla reputazione di Rousseau nei quartieri liberali , Rawls fa parecchio affidamento su una sorta di lavaggio del cervello, metodo totalitario quanti altri mai che ama descrivere la libert come allegra obbedienza ad una legge superiore.

  • unulteriore riflessione che, innanzi tutto, chiarisce la differente natura

    dellappartenenza nel caso delletnia e nel caso della cultura e chiarisce altres

    perch sia improprio parlare di appartenenza, a meno che non si usi il termine

    in senso molto lato, a una tradizione; ebbene, essenziale allappartenenza la

    non volontariet dellatto di appartenere;23 nel caso delletnia, per quanto,

    come spero di avere ampiamente illustrato, questa non si possa ridurre a

    fattori biologici, la nascita a costituire e definire lappartenenza etnica: si

    nasce in un luogo nel quale si parla una lingua, si raccontano determinate

    storie, si compiono particolari riti, si onorano determinate persone, si adorano

    alcuni dei e via dicendo; tutto questo non oggetto di scelta individuale;

    tuttal pi una scelta pu determinare labbandono di certe forme di vita ma

    non, comunque, la recisione dellappartenenza. In almeno un senso anche

    lappartenenza culturale non deriva da un scelta; pi precisamente, anche se

    abbracciare una cultura pu formalmente sembrare un atto di scelta, si di

    fronte ad un atto indotto: si pu essere cio non liberi di rifiutare una cultura

    o, almeno, di sottrarsi allimpresa educativa di massa in cui consiste il

    processo di acculturazione; se letnia storicamente imposta, in modo assai

    simile la cultura imposta socio-economicamente; questo significa che,

    spesso, per dirla con Walzer,24 lacquisizione del bene cultura X

    determinante per partecipare alla distribuzione di una grande parte di altri

    beni il cui significato totalmente slegato da quello della cultura in questione;

    il processo di inclusione ed esclusione da determinate pratiche sociali fondato

    sulla cultura parallelo, se non coincidente, con il processo riguardante ci

    che viene definito come moda: chi non alla moda rischia di essere

    Questioni aperte e

    conclusioni

    23 Per uninteressante analisi del concetto di appartenenza, analisi riferita specialmente alle elaborazioni di Gadamer e di Heidegger, cfr. B. Accarino (1992), pp. 18-23; degna di attenzione la sottolineatura del legame tra il senso delludito e la situazione di non-libert costituita dallappartenenza.

    24 Cfr. supra, Parte II, Cap. 3.

  • emarginato da diverse sfere importanti per la realizzazione dellindividuo;

    non un caso che, almeno nelle moderne societ occidentali, forse per

    recuperare un qualche senso di inclusione, si sia coniato il termine

    controcultura. Unultima osservazione, che introduce al significato della

    tradizione, riguarda la coppia di termini conformismo e anticonformismo; io

    credo che tali termini abbiano esclusivo diritto di cittadinanza nel mondo

    della cultura; sovente si pensa invece che siano il rispetto e la fedelt ad una

    tradizione a generare fenomeni di conformismo e di conservatorismo; come

    MacIntyre ha spiegato molto bene25 essenziale alla tradizione , oltre alla

    naturale conflittualit interna, linsopprimibile tendenza al confronto con altre

    tradizioni; tendenza contraddistinta sia dal desiderio di dimostrare la propria

    superiorit sia di misurare la propria razionalit e verit. Ci che voglio dire

    che la vitalit di una tradizione garanzia contro ogni omogeneizzazione

    culturale e ogni conformismo conservatore; ci che esige la cultura, essendo

    questultima molto legata a leggi sociali ma soprattutto economiche, la

    prevedibilit dei comportamenti di masse di individui; la via pi sicura

    dunque quella dellomogeneizzazione culturale fondata su modelli di cultura

    e, ora, anche su modelli di controcultura: il progresso quindi strutturalmente

    inibito; soltanto una diversa congiuntura, pi probabilmente di natura

    economica, potrebbe generare una nuova esigenza, esigenza definibile senza

    esagerare di regime, e quindi instaurare un nuovo processo, ma non ancora

    un progresso se si vuole concedere almeno un pizzico di connotazione

    positiva a tale termine , di nuova acculturazione.26

    Questioni aperte e

    conclusioni

    25 Cfr. supra, Parte II, Capp. 1.3. e 1.4."

    26 Sul legame tra le idee tipicamente moderne, i movimenti democratici di formazione delle nazioni e il processo di omogeneizzazione culturale, cfr., in senso fortemente critico e altamente premonitore, F. Nietzsche (1975), 242; per quanto riguarda la natura artificiosa e le motivazioni economiche di una certa cultura nazionalista europea, cfr. F. Nietzsche (1982), vol. 1, 475.

  • Aderire a una tradizione invece garanzia di libert e progresso:

    allinterno di una tradizione infatti si trovano gli strumenti concettuali per

    criticare linterpretazione storica che, in un determinato momento, definisce

    lidentit delletnia nonch per analizzare e sviscerare le condizioni socio-

    economiche che richiedono limposizione di una certa cultura. Il livello sul

    quale opera la tradizione, essendo quello dellindagine razionale, si situa ad

    un piano superiore rispetto al livello etnico e al livello culturale; inoltre, come

    ho gi detto, non si deve parlare di appartenenza ad una tradizione ma di

    adesione a una tradizione, allevoluzione della quale si contribuisce; diverse

    tradizioni dunque, a proposito della stessa situazione, potranno offrire

    interpretazioni differenti e offrire soluzioni incompatibili; lunica dimensione

    obbligatoria relativa alladesione ad una tradizione quella costituita

    dallobbligo di abbracciare la tradizione che, storicamente vale a dire in

    riferimento allinterpretazione e alla soluzione di concrete questioni si sia

    rivelata razionalmente superiore.

    Ritornando alla questione principale: si pu sostenere a mio avviso che

    la nazione territoriale si fonda, e richiede per la sua sopravvivenza,

    lomogeneit culturale dei suoi membri; omogeneit culturale che nulla ha da

    spartire con lomogeneit etnica; lomogeneit culturale del popolo che

    costituisce una nazione intimamente legata alla nuova cultura trasversale

    che, inaugurata con le rivoluzioni della fine del secolo diciottesimo, attraversa

    lEuropa facendo propaganda di diritti universali e di autodeterminazione dei

    popoli.27

    Nella concezione territoriale della nazione la solidariet, non potendosi

    fondare sulla comune discendenza etnica, si fonda sulla cittadinanza; la

    Questioni aperte e

    conclusioni

    27 Sul tentativo di derivare il diritto dei popoli allautodeterminazione dalle Dichiarazioni dei diritti e, soprattutto, sullimpossibilit di conciliare tale diritto con il principio, proclamato, tra le altre, dalla Dichiarazione del settembre del 1792, dellindivisibilit e dellunit della Repubblica, cfr. T. Todorov (1991), pp. 282-289.

  • cittadinanza esprime tale solidariet e fraternit attraverso lattiva

    partecipazione sociale e politica alla comunit politica. Il rapporto tra

    solidariet e cittadinanza tuttavia, essendo fondato su unimpresa educativa

    di cui immaginabile la bassa percentuale di successo, facilmente vacilla; le

    difficolt pi grandi sorgono di fronte a movimenti di immigrazione; agli

    immigrati si offre quel bene importantissimo che la cittadinanza, ma un

    prezzo deve essere pagato; in cambio della possibilit di muoversi

    liberamente allinterno della comunit politica e di usufruire dei servizi che

    essa offre, bisogna liberarsi dei vecchi legami etnici; solo lunit politica deve

    essere degna della fedelt degli individui; non tutti tuttavia sono pronti a

    rinunciare e a dissolvere la propria identit etnica; si tende quindi a creare una

    situazione di duplice attaccamento che facilmente conduce al separarsi della

    cittadinanza dalla solidariet: da una parte, la fedelt allunit politica, allo

    stato, espressa nei termini dei diritti e degli obblighi della cittadinanza;

    dallaltra un senso di affiliazione e di solidariet con la comunit etnica nella

    quale la propria famiglia nata ed stata socializzata.28

    Una situazione come quella descritta stabile nella misura in cui la

    comunit politica continua a garantire un certo grado di sicurezza e tenore di

    vita ai suoi membri oppure, rovesciando la prospettiva, nella misura in cui

    limpresa educativa ha convinto i membri della comunit che stanno vivendo

    nel miglior modo possibile.

    Se molto si poteva dire sulla concezione territoriale della nazione, non

    Questioni aperte e

    conclusioni

    28 Cfr. A. Smith (1992), p. 313: Infatti, per quanto ci provi con forza, la comunit politica trova difficile assumere gli attributi e limportanza delle etnie pi vecchie che ha incorporato e che cerca di soppiantare, soprattutto quando le vecchie etnie continuano a colpire una corda ricettiva nei cuori di molti dei loro membri; sul concetto di solidariet, cfr. J. De Lucas (1993) che concepisce la solidariet come ayuda mutua [] basada en la existencia de lazos comunes de interdependencia que dan lugar a la simpata, a un afecto comn [] que surge como consecuencia de la existencia de una comn pertenencia, es decir, en cuanto somos miembros de una comunidad [] (pp. 90-91).

  • altrettanto si pu dire della concezione etnica:29 i nazionalisti etnici infatti non

    fanno che appellarsi a legami esistenti, di natura linguistica e consuetudinaria,

    alcuni dei quali, dopo unopera di rielaborazione e standardizzazione,

    vengono innalzati al rango di leggi e regole di vario tipo. Non vi bisogno

    daltro che della storia, della propria storia, per edificare una nazione; il ruolo

    svolto dalla cultura nella concezione territoriale qui svolto dalla storia della

    comunit etnica; non vi dunque alcuna impresa educativa da compiere e

    alcuna omogeneizzazione da raggiungere.30

    In una prima fase dunque la nazione concepita come comunit

    politica, comunit di cittadini; ma, c da chiedersi, lelemento etnico era

    davvero ininfluente per la formazione del sentimento nazionale? Questo

    equivale a domandarsi se quella che si delineava come religione civile fondata

    su diritti universali e autodeterminazione dei popoli potesse realmente

    fondare movimenti di liberazione o espansione nazionale; in ultima analisi: si

    potuto veramente prescindere da ogni elemento etnico nel processo di

    formazione dei moderni Stati nazionali? Ovviamente la risposta sar

    differente a seconda dei diversi nazionalismi e dei diversi Stati, ognuno con le

    sue peculiarit; tuttavia, con riferimento ai movimenti nazionalistici

    formalmente ispirati alla teorizzazione della nazione cos come elaborata dagli

    Enciclopedisti, si pu dire che essi furono in grado di far emergere sentimenti

    di appartenenza collettiva gi esistenti, seppure in modo virtuale e in piccolo

    gruppi di individui; Hobsbawn definisce questi preesistenti legami, sui quali

    fecero leva stati e movimenti nazionali, protonazionali; tali legami, bisogna

    Questioni aperte e

    conclusioni

    29 Per la concezione etnica della nazione, cfr. A. Smith (1992), pp. 284 ss.

    30 Cfr. A. Smith (1992), pp. 284-286; bisogna sottolineare come il modello etnico di stato sia stato pi frequente in Asia e in Africa dove spesso la religione veniva messa al servizio del nazionalismo.

  • ricordarlo, avevano prevalentemente natura etnica.31

    Se nel caso del nazionalismo etnico il riferimento alletnia esplicito,

    sembra tuttavia che, oltre le apparenze, anche i movimenti nazionalisti

    liberali, fondati sui valori rivoluzionari, sollecitassero gli individui allazione

    attraverso il richiamo, accuratamente e volutamente sotterraneo, a elementi

    squisitamente etnici.

    Il termine patriottismo serviva appunto a indicare quella virt il cui

    esercizio conduceva alla realizzazione degli obiettivi nazionalistici. Si

    potrebbe dire che etnia ed etnicismo, se strumentalizzati dai liberali per fini

    nazionalistici, mutassero denominazione diventando patria e patriottismo. La

    stranezza dovuta al fatto che lidea di patriottismo era dichiaratamente

    incentrata sullo Stato, inteso come unit politica ma, al contempo la patria era

    considerata quasi come una divinit; a proposito di questa situazione Chabod

    ritiene che, dopo la separazione operata da Machiavelli tra politica e religione,

    con il nazionalismo liberale ottocentesco si sia trasferita la religione nella

    politica: la nazione diviene lideale da attuare nel prossimo avvenire.32

    Gli obiettivi dei nazionalisti potevano non essere precisamente definiti

    ma nessun vero patriota metteva in dubbio la sua fedelt alla patria, lobbligo

    morale di agire e, se necessario, anche morire, per la realizzazione di un

    progetto, la nazione:

    Questioni aperte e

    conclusioni

    31 Sul protonazionalismo popolare, cfr. E. Hobsbawn (1991), Cap. 3. Sulla necessit di una coscienza collettiva culturale come presupposto dellidea di autonomia politica, cfr. T. Todorov (1991), pp. 204 ss.

    32 Cfr. F. Chabod (1992), pp. 61-67; quella che Chabod chiama religione della patria costituisce una delle pi incisive manifestazioni della religione civile inventata per trasformare la nazione da fenomeno puramente etnico in fenomeno politico; su questo punto cfr. anche E. Hobsbawn (1991), pp. 101-109.

  • Ci a cui il patriota committed un particolare modo di legare un passato, che gli ha conferito una identit morale e politica distinta, con un futuro per quel progetto che la sua nazione, e che sua responsabilit realizzare. Solo questa fedelt (allegiance) incondizionata, e la fedelt a particolari governi [] sar interamente subordinata alla

    loro dedizione al portare avanti quel progetto, piuttosto che frustrarlo o distruggerlo.33

    Un tale progetto nazionale, realizzatosi con la formazione di molti dei

    moderni stati-nazione, ha dunque radici storiche molto lontane, radici che

    costituiscono il necessario nucleo etnico di ogni nazione; poca importanza ha

    il fatto che il fine da raggiungere, da un punto di vista politico-istituzionale,

    prescindesse da, e negasse con forza, ogni legame di natura etnica.

    Questo significa che bisogna considerare con seriet e senza

    romanticismo le radici etniche del nazionalismo moderno, tributare la dovuta

    importanza a quellinsieme formato da miti, memorie e simboli, capace di

    accendere e infiammare un popolo anche contro il governo dello Stato; non

    bisogna cio sottovalutare la natura progettuale e processuale delle nazioni, le

    quali, se vogliono sopravvivere, devono contare sul loro substrato etnico e, se

    ne sono prive, come dice Anthony Smith, ne devono re-inventare uno.34

    Nel periodo della nascita del nazionalismo moderno si dunque

    delineata una contraddittoria situazione: da un lato limpegno degli

    intellettuali volto alla riscoperta del passato nazionale, alla definizione di

    unidentit particolare e autentica, impegno finalizzato allelaborazione di un

    complesso mito-simbolico capace di infiammare gli animi e quindi stimolare

    allazione; dallaltro lato quella che stata definita unimpresa educativa di

    Questioni aperte e

    conclusioni

    33 Cfr. A. MacIntyre (1992), p. 69; secondo MacIntyre fondamentale la dimensione progettuale della nazione; il progetto nazione ha radici lontane, stato posto in essere nel lontano passato e perseguito in modo da creare comunit particolari che, in modo istituzionalmente vario, rivendicano autonomia politica. Limpegno rivolto alla nazione del tipo overriding (cfr. supra, Parte I, Cap. 4) e, pertanto, incompatibile con un atteggiamento totalmente pluralista.

    34 Cfr. A. Smith (1992), pp. 431 ss. Cfr. anche E. Hobsbawn (1991), pp. 106 ss. e, per uno studio pi approfondito sulla fenomenologia dellinventare, E. Hobsbawn (1987), in particolare il Cap. I, Introduzione: Come si inventa una tradizione.

  • massa, colorata di internazionalismo, orientata alla formazione di masse

    culturalmente omogenee. Sembra dunque che convivano, allinterno dello

    stesso progetto di formazione delle moderne nazioni, la tendenza alla

    valorizzazione della particolarit, dellautenticit e della diversit di ogni

    popolo, fondata su elementi prevalentemente etnici, e la spinta verso il culto

    delluguaglianza, delluniversalit di alcuni valori, di una cultura omogenea,

    di unidentit non etnica che appunto stata definita moderna.

    I moderni stati-nazione devono la loro nascita alla contemporanea

    azione di queste due tendenze; tuttavia la loro intima contradditoriet non

    poteva che creare, una volta cessata lurgenza nazionalista, una situazione di

    conflitto.

    La moralit liberale,35 ora dominante negli stati-nazione occidentali

    incompatibile con la moralit del patriottismo36 grazie alla quale quegli stessi

    stati-nazione sono stati edificati. La moralit liberale non pu non considerare

    un vizio il patriottismo; il patriottismo daltra parte non pu non considerare

    un vizio la neutralit liberale. Questa incompatibilit, banale e di scarso

    interesse se interpretata in un contesto puramente filosofico, assume una

    grande rilevanza politica se inserita nella genesi delle moderne nazioni come

    suo elemento essenziale e inizialmente trainante.37

    La mia opinione che lopposizione tra particolarismo comunitarista da

    un lato e universalismo liberale dallaltro non pu essere esaminata da un

    Questioni aperte e

    conclusioni

    35 Cfr. A. MacIntyre (1992), pp. 61-62, che individua cinque assunti della moralit liberale comuni alle diverse manifestazioni filosofiche, kantiane, utilitariste o contrattualiste, del liberalismo; secondo questo punto di vista morale irrilevante dove e da chi si apprendono i principi e le prescrizioni della moralit.

    36 Cfr. A. MacIntyre (1992), p. 62: secondo questa concezione la moralit appresa da, in e attraverso il modo di vita di qualche comunit particolare.

    37 Cfr. J. De Lucas (1994), p. 97, il quale, a proposito della xenofobia, sostiene, contrariamente alla tesi della sua natura patologica, che i virus di questa supposta epidemia passeggera [] sono localizzati nella eredit genetica del nostro modello giuridico, che arriva a noi dalle concezioni giuridiche di fine 700.

  • punto di vista esclusivamente teorico; occorre invece cercare nella storia

    delluniversalismo, sicuramente la meno antica, la presenza e il ruolo della

    mai sopita tendenza delluomo, e delle comunit da lui create, a privilegiare,

    tra i tanti, un punto di vista particolare. Si scoprir allora che la storia

    delluniversalismo coincide con la storia delletnocentrismo il quale, non a

    caso, presenta le due seguenti contradditorie sfaccettature: la pretesa

    universalista, da una parte; il contenuto particolare (molto spesso nazionale),

    dallaltra.38

    Ricapitolando quanto emerso fino a questo punto e prescindendo dalle

    singole peculiarit di ogni nazione, si pu affermare con certezza che si in

    presenza di almeno due importanti manifestazioni del nazionalismo, una

    delle quali, quella che si fonda sul concetto territoriale e civico di nazione,

    strettamente legata alle teorie filosofiche sottese alla Rivoluzione francese.

    Questa affermazione tuttavia, nella misura in cui non falsa, altamente

    semplicistica. Al fine di dotarla di maggiore interesse condurr una breve

    analisi storica sul perch le teorie delluniversale uguaglianza degli uomini e

    delluniversale diritto allautodeterminazione dei popoli abbiano avuto tanta

    fortuna in Europa. Per chiarezza e brevit mi riferir allinsieme delle teorie

    menzionate con il termine universalismo; questa infatti la parola che

    meglio indica la cesura con un passato vissuto allinsegna dei diversi

    particolarismi.39

    Il legame da approfondire quello tra luniversalismo elaborato nel

    Settecento e il nazionalismo dellOttocento.

    Questioni aperte e

    conclusioni

    38 T. Todorov (1991), p. 6; Todorov offre molti esempi di spirito etnocentrico il cui ragionamento tipico, circolare e vizioso, il seguente: si definiscono dapprima i valori assoluti a partire da quelli personali e, in seguito, si finge di giudicare il proprio mondo con laiuto di tale falso assoluto (p. 9).

    39 Per questa analisi, oltre alle opere in argomento gi citate, sono particolarmente debitore di M. Barberis (1993b) e S. Chignale (1993).

  • Luniversalismo, nelle sue varie formulazioni illuministiche, presenta

    almeno due linee di sviluppo.40 La prima, ben esemplificata dallopinione di

    Montesquieu secondo la quale si pu essere anche persiani, ci ammonisce sulla

    possibilit che qualcuno possa essere diverso da noi e, non per questo, meno

    degno di rispetto: il rispetto cio dovuto universalmente poich tutti gli

    uomini sono ugualmente rispettabili. Il concetto molto semplice e chiaro

    tanto che i suoi sostenitori sono in crescita continua. Questa linea stata

    definita relativizzante e infatti costituisce lorigine di ogni forma

    contemporanea di relativismo fondato sul rispetto della diversit, rispetto

    peraltro disancorato da qualsiasi valutazione sostanziale sul contenuto della

    diversit. Accanto a questa linea di sviluppo, scolasticamente illuminista, ha

    origine un altro modo di intendere luniversalismo pi post-illuminista che

    illuminista incentrato sulluniversalit della ragione; la peculiarit di questa

    seconda linea di sviluppo costituita dal fatto che quella ragione universale,

    in ultima analisi, non era altro che la raison francese; si assiste dunque allo

    sviluppo di un universalismo assolutizzante, che tende ad allargare al resto

    dellEuropa una particolare concezione filosofica e forma di vita.

    Non difficile leggere nello sviluppo di queste due tendenze le

    premesse delle moderne discussioni interne al liberalismo. Da un lato coloro

    che esaltano luguaglianza, il rispetto della diversit qualunque essa sia, e,

    come corollario, la relativizzazione di ogni credenza politica o morale.

    Dallaltro lato lintima convinzione, allora della Francia ora di tutto

    lOccidente, della superiorit della propria ragione non in quanto ragione

    francese o ragione occidentale ma, presuntuosamente ed

    etnocentricamente, in quanto ragione universale, ragione valida per tutti. Non

    si rinuncia quindi alluniversalismo per una qualche forma di particolarismo,

    Questioni aperte e

    conclusioni

    40 Su queste due linee di sviluppo, luna relativizzante, laltra assolutizzante, cfr. M. Barberis (1993b), pp. 7-11.

  • bens si estende arbitrariamente la propria particolarit, camuffata da ragione,

    la propria forma di vita, spacciata come razionale, al resto delluniverso, senza

    peraltro avere chiesto alluniverso stesso alcun parere.41

    Tzvetan Todorov descrive in modo efficace e pungente il rapporto

    dinamicamente etnocentrico tra relativismo, universalismo e tolleranza:

    Luniversalista inconsapevole risulta inattaccabile, poich pretende di essere relativista; ma ci non gli impedisce di giudicare gli altri e di imporre loro il proprio ideale. Egli possiede laggressivit del secondo e la coscienza pulita del primo: assimila ingenuamente, perch non si accorto della differenza degli altri.

    La posizione di tolleranza generalizzata insostenibile [] si tratta di una posizione interiormente contraddittoria, poich consiste, ad un tempo, nel dichiarare equivalenti

    tutti gli atteggiamenti e nel preferirne uno tra tutti: la tolleranza.42

    Il paradosso di questa situazione consiste nel fatto che tali tentativi di

    estensione universale di tradizioni filosofiche e forme di vita particolari,

    apparivano come lantidoto contro altre forme di particolarismo; si potrebbe

    dire che limposizione di un particolarismo filosofico, sicuramente meno

    sospetta, arginava e, in un certo senso, metteva fuori legge, le pretese

    particolaristiche di natura etnica.

    Si pu abbandonare lanalisi delluniversalismo relativizzante poich,

    nella sua innocenza e sterilit, si mantenuto, a parte laggiunta di qualche

    contributo antropologico pi sofisticato dellopera di Montesquieu, uguale a

    Questioni aperte e

    conclusioni

    41 M. Barberis (1993b), p. 12, parla a questo proposito di nazionalismo camuffato da universalismo; sulla stessa linea interpretativa G. Negrelli (1994), p. 28, sostiene che la Francia ha individuato la propria identit nazionale non nella propria storia passata, ma nella nuova idea universalistica; da ricordare che anche A. MacIntyre (1992), p. 56, distingue tra il genuino patriottismo che, a mio avviso, corrisponde e forse si identifica con comunitarismo ed etnicismo, e quellatteggiamento, spesso scambiato per patriottismo, esibito da coloro i quali partecipano alle cause della loro nazione in quanto e solo in quanto come asseriscono la loro nazione ad essere il campione di qualche grande ideale morale; T. Todorov (1991), p. 221, sottolinea come, secondo i francesi, Il conflitto tra patriottismo e cosmopolitismo pu dunque esistere solo per cittadini di paesi diversi dalla Francia, poich in quanto patrioti, debbono fedelt al loro paese e, in quanto uomini, alla Francia, incarnazione dellumanit!.

    42 T. Todorov (1991), pp. 51-52, ma anche pp. 450 ss.

  • se stesso.

    invece interessante approfondire levoluzione delluniversalismo

    assolutizzante promosso dalla Francia. Prima di tutto bisogna chiedersi quale

    motivo possa spingere a proclamare luniversalit della propria ragione e, per

    estensione, della propria tradizione e forma di vita; ma, soprattutto, viene da

    chiedersi che cosa solitamente lo impedisca; correlativamente ci si pu

    domandare che cosa induca un popolo ad adottare la tradizione di un altro

    popolo.

    Ho gi esaminato la questione da un punto di vista puramente teorico

    con riferimento alla struttura concettuale elaborata da MacIntyre; voglio

    provare ora a rispondere a tali quesiti ripercorrendo la storia della Francia e

    dellEuropa ottocentesche.43

    Bisogna spiegare cio linfluenza che ebbe la tradizione universalista

    francese sul resto dellEuropa; la Francia costituiva un modello non perch

    veniva riconosciuta la superiorit della sua tradizione ma perch, pi

    semplicemente, era palese la sua efficienza e superiorit tecnico-militare:

    Napoleone avanzava con successo nel resto dellEuropa e questo era

    sufficiente per legittimare ogni teoria filosofica e politica. I francesi

    combattevano e vincevano invocando la liberazione dei popoli e proclamando

    lesistenza dei loro universali diritti.

    In senso parzialmente ironico si pu sostenere che gli stessi tedeschi

    divennero nazionalisti grazie a Napoleone:

    Questioni aperte e

    conclusioni

    43 Sui motivi che possono indurre ad abbracciare una tradizione estranea alla propria, cfr. supra, Parte II, Cap. 1.4.; per quanto riguarda una pi precisa analisi storica del punto in questione cfr. M. Barberis (1993b), pp. 18 ss.

  • [] bisognava fare come i francesi, salvo farlo contro di loro. Si doveva inventare una nazione tedesca da opporre a quella francese; alle ragioni per cui combattevano i

    francesi si dovevano opporre delle ragioni specificamente tedesche.44

    I tedeschi elaborarono dunque un concetto etnico di nazione che presto

    opposero a quello francese che, per quanto legato alla tradizione filosofica

    post-illuminista, era rigorosamente neutro dal punto di vista etnico.

    Come risulta evidente i due concetti di nazione, prima esaminati dal

    punto di vista teorico, si trovano ora sugli stendardi di eserciti schierati. Fu

    proprio la sconfitta dellesercito francese nella famosa battaglia di Sedan a

    decretare il trionfo del nazionalismo etnico. A quel punto anche i francesi

    impararono la lezione e il loro nazionalismo si spogli dellabito ormai

    gualcito delluniversalismo; la sconfitta militare innest infatti quella

    metamorfosi che dalluniversalismo port al nazionalismo di ispirazione

    rousseauiana vale a dire incentrato sulleducazione.

    A conferma del carattere essenzialmente storico dei concetti di nazione

    si pu ancora ricordare che i francesi, nella persona di Renan,45 al fine di

    giustificare lesigenza di riconquistare e strappare ai tedeschi lAlsazia e la

    Lorena, regioni che, da un punto di vista etnico, non potevano considerarsi

    francesi, tentarono di costruire una teoria della nazione su basi

    esclusivamente volontaristiche.46

    Ritengo che la piccola parentesi storica abbia offerto sufficienti spunti

    per avanzare qualche ipotesi sulla natura del nazionalismo e

    Questioni aperte e

    conclusioni

    44 Cfr. M. Barberis (1993b), pp. 18-19. Poich Napoleone era sempre vittorioso la ragione universalmente valida doveva per forza essere quella dei francesi: chi avrebbe mai potuto contestare una simile verit? Soltanto un popolo altrettanto vittorioso.

    45 Su Renan e sulla sua concezione volontaristica della nazione, cfr. T. Todorov (1991), pp. 261 ss.

    46 Cfr. M. Barberis (1993b), pp. 25-26. Per unapprofondita analisi della genesi dellopposizione tra una nazione alla francese, concepita come un insieme di individui uniti da una volont generale, e una nazione alla tedesca, concepita come individuo collettivo che domina i suoi componenti organici, cfr. L. Dumont (1983).

  • delluniversalismo. In primo luogo la genesi delluniversalismo non stata

    affatto universalista e pluralista; luniversalismo si sviluppato e diffuso in

    quanto particolare dottrina politica di una nazione particolare, la Francia;

    questa ipotesi non ha bisogno di essere vera: sufficiente non poter

    dimostrare con certezza la sua falsit; io penso che la storia del secolo scorso

    deponga a sfavore di uninterpretazione universalista delluniversalismo.

    Luniversalismo cos come lo si vive nelle societ contemporanee e cos

    come lo elaborano i filosofi contemporanei non politicamente invischiato

    con cause particolaristiche; peraltro, nel momento in cui alza il suo dito

    inquisitore contro espressioni filosofico-politiche contemporanee orientate

    alla tutela di tradizioni e forme di vita particolari, pare colposamente

    dimenticare le sue origini.

    Il legame tra cause universaliste e cause nazionaliste sembra dunque

    essere pi stretto di quanto si possa e si voglia ammettere; quella

    delluniversalismo come travestimento del nazionalismo sicuramente

    unipotesi interessante.

    Non bisogna per dimenticare che luniversalismo dei diritti ha avuto

    grandissimi meriti, suggellati dalle numerose Dichiarazioni dei diritti. Questo

    fatto nessuno, neanche, penso, il pi acritico nemico del liberalismo, potr mai

    negarlo. Le condizioni di vita di donne, bambini, e di ogni categoria

    socialmente pi debole, compresi gli animali, tendono a migliorare o, se non

    altro, a godere di una formale tutela. Questo importante e di indiscutibile

    valore morale; per valutarne limportanza basta considerare la situazione

    drammatica in cui versano, per fare solo un esempio, le donne in alcuni paesi

    islamici. Ricordare tutto questo banale ma penso sia utile poich nelle

    diverse critiche che i liberali hanno rivolto ai loro colleghi comunitaristi

    spesso questi ultimi sono stati presentati come sostenitori di regimi illiberali e,

    Questioni aperte e

    conclusioni

  • usando una simpatica formula, nemici della libert.

    2. Conclusioni

    Al termine di questultima escursione si possono avanzare alcune

    proposte interpretative; una relativa allinsufficienza dellindividualismo

    liberale, ai rapporti tra comunit e libert e alla necessit di un universalismo

    fondato su basi non individualistiche; unaltra orientata alla riabilitazione

    filosofica del concetto di etnia e di comunit etnica, riabilitazione che

    renderebbe pi interessanti e propositive, quindi non solo antiliberali, le

    teorie comunitariste.

    2.1. Comunitarismo e libert

    Dopo avere esaminato le principali critiche e le pi interessanti proposte

    che i comunitaristi hanno avanzato, ci si pu fermare un attimo e chiedersi,

    tentando di rispondere a un interrogativo posto allinizio della mia ricerca,

    quali critiche e quali proposte abbiano una valenza prevalentemente etica47 e

    quali invece si riducano alla sfera puramente normativa, morale o giuridica

    che sia.

    Si pu, tentando di avanzare qualche conclusione sulla coerenza teorica

    e la efficacia politica della filosofia comunitarista, iniziare col distinguere tra

    due grandi categorie di proposte e asserzioni.

    Da un lato si trovano affermazioni che vogliono ridisegnare il perimetro

    che separa gli elementi rilevanti da quelli irrilevanti nel ragionamento morale,

    nella giustizia distributiva e, in generale, in ogni questione che ha incidenza

    nella sfera morale di ogni individuo. Si pu riformulare quanto ho appena

    detto dal punto di vista interno alla tradizione liberale; lindividuo di

    Questioni aperte e

    conclusioni

    47 Utilizzo laggettivo etico in contrapposizione a normativo basandomi sulla definizione di etica e morale proposta precedentemente, cfr. supra, Parte I, Cap. 1.

  • riferimento sar dunque luomo libero; allora i comunitaristi hanno avanzato

    proposte filosofiche orientate alla ridefinizione degli elementi che possono

    incidere, in positivo e in negativo, sulla libert degli individui. Lesempio

    principe di questa categoria costituito dalla comunit: per i comunitaristi la

    comunit ha un valore tale che lindividuo non pu definire la sua libert in

    modo da essa indipendente; non solo: un uomo pu essere realmente libero

    solo in un contesto comunitario.

    Queste affermazioni comunitariste, facile comprenderlo, non hanno

    nulla a che fare con laborto o la pornografia. Voglio sottolineare la siderale

    lontananza tra affermazioni che mirano a stabilire che cosa ha diritto di

    cittadinanza nel discorso morale e giuridico e affermazioni che promuovono

    od ostacolano una determinata norma morale o giuridica.

    I filosofi liberali probabilmente distinguerebbero le due categorie di

    affermazioni definendo le prime appartenenti al dominio della metaetica e le

    seconde alla sfera delletica normativa.

    Charles Taylor, nel corso di unanalisi avente per oggetto il dibattito tra

    liberali e comunitaristi ha efficacemente distinto tra questioni ontologiche,

    riguardanti ci a cui si riconosce lo status di fattore da invocarsi per rendere

    conto della vita sociale e questioni di advocacy.48 Il secondo tipo di

    questioni coincide con le questioni normative: si tratta cio di giudicare la

    giustizia di reali proposte politiche o morali; secondo Taylor, spesso

    accaduto, nel dibattito tra liberali e comunitaristi, che una proposta

    ontologica sia stata interpretata come normativa e abbia quindi suscitato

    reazioni tanto esagerate quanto inappropriate.49 Parallelamente, Sheyla

    Questioni aperte e

    conclusioni

    48 Cfr. C. Taylor (1992b), p. 137.

    49 Cfr. C. Taylor (1992b), p. 139, dove si fa riferimento alla tesi principale di Michael Sandel, cfr. supra Parte I, Cap. 2.1., di natura ontologica, alla quale hanno fatto seguito reazioni liberali che, tuttavia, avevano la forma di reazioni ad un lavoro di advocacy.

  • Benhabib ha individuato e distinto, nella critica comunitarista al liberalismo,

    an epistemological and a political component.50

    Il comunitarismo, per quanto riguarda la sua parte migliore, vale a dire

    la sua proposta ontologica ed epistemologica, non costituisce una filosofia

    politica minacciosa nei confronti della libert; il comunitarismo si oppone al

    liberalismo, quindi ad una filosofia politica che, tra le altre, offre

    uninterpretazione della libert. Volendo andare oltre: il comunitarismo critica

    la concezione liberale in quanto questultima mette in serio pericolo la libert;

    il pericolo costituito dal fatto che il liberalismo, troppo preoccupato e teso a

    garantire la libert negativa, vale a dire la libert di non fare, la libert da

    obblighi non contrattati, rischia di erodere il terreno sul quale esercitare la

    libert intesa come libert positiva, libert di fare, di creare, di modificare la

    societ o anche solo la propria famiglia. Il comunitarismo rinuncia alla difesa

    ad ogni costo della libert negativa dellindividuo; la comunit intesa

    come il luogo allinterno del quale, da un lato, si pu essere vincolati ad

    obblighi non contrattati, dallaltro, si possono pi facilmente trovare sia le

    risorse che gli stimoli per impiegare la propria libert. Questo significa che,

    come primo passo per una matura comprensione della filosofia comunitarista,

    si deve rinunciare alla drammatica opposizione tra comunit e libert; si pu

    immaginare la contrapposizione tra liberalismo e comunitarismo in questi

    termini; per i liberali la coppia su cui edificare costituita dallindividuo e

    dalla sua libert negativa; per i comunitaristi lelemento da cui partire la

    comunit che pur sempre, bisogna ricordarlo, una comunit di individui

    Questioni aperte e

    conclusioni

    50 S. Benhabib (1989), pp. 375 ss. che, tra laltro, sottolinea come Communitarianism and contemporary critical social theory share some fundamental epistemological principles and political views. The rejection of ahistorical and atomistic conceptions of self and society is common to both, as is the critique of the loss of public spiritedness and partecipatory politics in contemporary societies. La grande differenza tra comunitarismo e teoria critica che rende questultima molto pi familiare ai liberali data dal fatto che la teoria critica abbraccia una prospettiva morale rigorosamente deontologica, formalista e procedurale.

  • la cui fioritura costituisce garanzia per la realizzazione positiva della libert

    degli individui; la peculiarit di questo punto di vista che non concentra

    esclusivamente lattenzione n su divine ed esigenti comunit n su individui

    assetati di autorealizzazione: ci che importa la relazione circolare tra

    fioritura della comunit e realizzazione degli individui; nella misura in cui gli

    individui, con le loro azioni, faranno fiorire la loro comunit si

    moltiplicheranno per essi le possibilit di impiegare in modo soddisfacente la

    loro libert. Si pu introdurre ora il concetto di capacit.51 Ebbene, secondo i

    comunitaristi, i liberali si disinteressano, una volta assicurate determinate

    libert, di creare le condizioni idonee affinch gli individui divengano capaci

    di fare ci che possono fare. A difesa di questo atteggiamento liberale si pu

    chiamare a testimoniare niente meno che la storia: la libert si infatti

    storicamente definita in contrapposizione alla non-libert costituita dai divieti

    legali e alla non-libert costituita dalla soggezione a un dominatore straniero.

    Tuttavia, anche se la storia giustifica la predilezione liberale per la garanzia

    negativa delle libert, rimane il fatto che, nelle societ occidentali

    contemporanee, quelle che hanno partorito i filosofi comunitaristi, sembra

    non esistere alcuna pressante esigenza di liberazione dal dominatore straniero

    n sembrano esistere troppe attivit, non palesemente illecite, colpite da

    divieti. Ebbene, la mia idea che il comunitarismo, anche se ha probabilmente

    esagerato alcune critiche e forse addirittura demonizzato alcune grandi

    conquiste liberali, ha avuto il merito di illustrare alcune gravi, anche se solo

    eventuali, conseguenze cui il liberalismo, se non reinterpretato in chiave

    comunitaria, potrebbe andare incontro. Linvito, inteso in termini di libert,

    quindi in termini liberali, potrebbe ridursi alla semplice revisione dei rapporti

    Questioni aperte e

    conclusioni

    51 Cfr., per unapprofondita analisi dei diversi concetti di libert e dei rapporti tra libert, capacit e potere, F. Oppenheim (1985), Capp. IV e V.

  • tra libert negativa e libert positiva.52 Significativo il fatto che alcuni filosofi

    liberali,53 pur respingendo formalmente il comunitarismo, forse pi per il suo

    modo di presentarsi che per la sua identit, hanno accolto alcune istanze

    comunitarie.

    Ci che peraltro sembra impedire ogni profonda e fruttuosa

    comunicazione tra filosofi liberali e filosofi comunitaristi proprio

    quellopzione ontologica che vota i liberali allindividualismo e i comunitaristi

    allolismo.54

    A prescindere dalle diverse manifestazioni della filosofia politica liberale

    si pu affermare infatti come caratteristica comune delle teorie liberali il loro

    definirsi individualiste. Il punto centrale da cui partire e cui arrivare

    lindividuo. La mia idea che la sfida pi grande lanciata al liberalismo

    consiste in un doppio attacco; un attacco quello comunitarista che ritiene la

    dimensione fondamentale del pensiero politico e morale la comunit;

    proveniente da tuttaltra prospettiva si pu individuare un secondo attacco,

    quello delle nuove tendenze ecologiste, le nuove filosofie ispirate al valore

    della vita tout court: da questo punto di vista, semplificando in modo

    grossolano, centrale e normativo il concetto di essere vivente; tutelare

    lindividuo e la societ a danno della vita meramente vegetale e animale o a

    danno della biosfera, tanto pericoloso quanto immorale.

    Secondo me si pu individuare un punto di contatto tra questi due

    attacchi che vada oltre il loro comune bersaglio. Il loro elemento comune il

    Questioni aperte e

    conclusioni

    52 Cfr. F. Oppenheim (1985), pp. 123-126, e B. Accarino (1992), p. 7: il conflitto tra comunitarismo e liberalismo potrebbe essere letto come opposizione tra una libert aristotelicamente satura di bene e di virt e una libert moderna spoglia e sobria.

    53 Esemplare il percorso filosofico di Ronald Dworkin; cfr. in particolare R. Dworkin (1992) che appunto dedicato alla comunit liberale.

    54 Cfr., per unanalisi della contrapposizione tra olismo e individualismo, P. Comanducci (1991), pp. 37-41.

  • fondamento naturale, biologico, non-culturale. Da un punto di vista

    minimalista deve essere tutelato ogni essere vivente, in quanto organizzazione

    autopoietica, per usare la terminologia gi utilizzata,55 ogni unit di primo

    ordine. Se si segue levoluzione degli esseri viventi si giunge al momento in

    cui si formano quelle che vengono chiamate unit di terzo ordine, in altre

    parole, comunit sociali fondate sul linguaggio. Ebbene lindividuo, vale a

    dire lessere umano, una categoria biologicamente inutile; se si vuole

    adottare un atteggiamento analitico si pu ridurre lindividuo alle sue

    componenti organiche, in particolare nervose; se si vuole adottare un

    atteggiamento romanticamente olistico, si pu liquefare lindividuo nel brodo

    comunitario.

    Ci che deve essere sottolineato che non esiste alcun mutamento

    qualitativo tra il funzionamento di un semplice organismo e il funzionamento

    di complesse comunit. Non si pu delimitare una sfera in cui lindividuo

    riveste il ruolo di fondamento e destinatario delle norme morali e giuridiche,

    senza correre il rischio di mettere a repentaglio lesistenza, solo morale o

    anche biologica, dellindividuo stesso.

    Un nuovo tipo di universalismo potrebbe soppiantare quello,

    etnocentrico, che ha dominato la vita politico-filosofica negli ultimi due secoli;

    un universalismo che si fonderebbe, non sul fatto che tutti siamo esseri umani

    con dei diritti, ma sul fatto che tutti siamo esseri viventi, legati gli uni agli altri

    in modo spesso impercettibile ma ineludibile.

    2.2. Verso un rinnovamento del vocabolario liberale

    Voglio per lultima volta sottolineare che, anche se ormai la comunit

    al centro di molti dibattiti, sia da parte comunitarista che da parte liberale non

    c stata tuttavia una esauriente, almeno per me, definizione di comunit;

    Questioni aperte e

    conclusioni

    55 Cfr. supra, Parte III, Cap. 2.

  • alcuni filosofi,56 sia liberali che comunitaristi propendono per una definizione

    di comunit tale da ridurre questultima alla comunit politica e, in ultima

    analisi, allo Stato-nazione. Ebbene, la mia personale opinione che ogni

    comunitarismo fondato sulla comunit politica destinato a incontrare serie

    difficolt; ritengo che questa affermazione sia in parte sostenuta dallanalisi

    sopra effettuata dei concetti di etnia e nazione; la comunit politica, vale a dire

    la comunit nazionale, per la sua genesi, non pu vantare quelle

    caratteristiche che sono necessarie affinch si possa intraprendere una politica

    comunitarista. Le moderne nazioni sono legate in modo talmente intimo alla

    filosofia liberale che ogni ipotesi di stampo comunitario impensabile.

    Tuttavia, sempre pi evidente che la dimensione nazionale risulta

    inadeguata alle esigenze della societ contemporanea: da un lato si tende a

    trascendere continuamente gli angusti limiti nazionali, come si usa dire si

    abbattono le frontiere, dallaltro sono sempre pi vive le rivendicazioni di

    minoranze etniche incorporate al tempo della formazione dei moderni stati-

    nazione. Si potrebbe sostenere che la dimensione dello stato nazionale risulta

    essere sia da un punto di vista economico che da un punto di vista morale

    inadeguata; dal punto di vista economico-sociale troppo piccola per essere

    autosufficiente e troppo grande per essere attenta alle specifiche potenzialit

    di ogni singola realt comunitaria;57 da un punto di vista morale

    linadeguatezza dipende dal fatto che, per un aspetto, la dimensione naturale

    delle enunciazioni di principi morali e giuridici ormai quella delle

    Dichiarazioni che fanno seguito a Conferenze internazionali, per un altro

    aspetto la dimensione nazionale troppo distante dai patrimoni morali delle

    Questioni aperte e

    conclusioni

    56 Solo per fare due esempi: Dworkin da parte liberale e Walzer da parte comunitarista.

    57 Per fare solo un esempio della inadeguatezza della dimensione nazionale, si pensi allipotesi, tuttaltro che di difficile verificazione, in cui una Direttiva della C.E.E. viene recepita da una Legge Regionale in mancanza di una Legge Nazionale.

  • singole comunit regionali per capirne il valore e quindi indirizzarle verso un

    qualche fine nazionale.58

    A puro titolo informativo, anche se non privo di interesse, si deve

    ricordare che la convinzione dellinadeguatezza e della superabilit della

    dimensione statuale gi presente tra alcuni positivisti francesi, in particolare

    in Comte il quale, teorizzando lo Stato universale, ritiene che, per quanto

    riguarda le suddivisioni interne, la dimensione ideale sia quella di una

    regione poich nulla deve frapporsi tra la regione e luniverso.59

    Ebbene, come gi emerso nel corso dellanalisi dei concetti di etnia e

    nazione, ritengo che il concetto di comunit richiesto da una filosofia

    comunitarista sia molto vicino al concetto di comunit etnica. Di conseguenza

    il comunitarismo allude a forme di etnicismo che, per quanto siano forme

    moderne, illuminate e progressiste, rimangono sempre fondate sulletnia.

    dobbligo una precisazione: io non sostengo affatto che i comunitaristi

    avessero in mente letnia e i movimenti etnicisti quando arrivarono a

    formulare le loro teorie; quello che credo che, per non svuotare di significato

    ogni discorso comunitario, bisogna riferirlo a una comunit che abbia

    caratteristiche corrispondenti a quelle descritte dai comunitaristi; tale

    comunit, se esiste e penso sia il caso di sottolineare il se la comunit

    etnica;60 le obiezioni di fronte a questa interpretazione penso si sprechino ma,

    Questioni aperte e

    conclusioni

    58 Queste ultime considerazioni penso non siano molto distanti da quelle rintracciabili in numerosi dibattiti che vertono sulla praticabilit di ipotesi variamente federaliste e mettono a nudo le inefficienze della soluzione nazional-statalista; non c, spero, bisogno di ricordare che, in questa sede, la questione federalista del tutto irrilevante: tuttavia il dibattito sul federalismo ha avuto, a mio avviso, il merito di richiamare allattenzione degli intellettuali i concetti di nazione ed etnia; un esempio indicativo fornito dal titolo di un Seminario: Stato o federalismo? Nazione o etnia? tenutosi a Cesena dal 15 al 16 ottobre 1993.

    59 Cfr. T. Todorov (1991), pp. 36-37.

    60 Cfr. E. Garzn Valds (1994), pp. 58-59, che sottolinea la tendenza, nei dibattiti sul multiculturalismo, soprattutto da parte comunitarista, a fermarsi a mezza strada pur di non giungere alle conclusioni che si inferirebbero dalle premesse su cui le rispettive posizioni affermano di basarsi.

  • ne sono sicuro, si fondano prevalentemente su una cattiva interpretazione del

    concetto di etnia. Una di tali obiezioni, quella fondamentale, far sicuramente

    riferimento ai pericoli insiti in ogni richiamo ad elementi di natura etnica; la

    paura di stimolare movimenti etnicisti incomparabile: la parola etnicismo

    facilmente diventa sinonimo di guerra etnica, di genocidio etnico, di pulizia

    etnica.

    Per rispondere alle obiezioni di questo tipo si pu intraprendere un

    percorso gi perlustrato; si pu in primo luogo ricordare, seguendo

    linterpretazione di Anthony Smith, che le nazioni moderne, apparentemente

    disetnicizzate,61 devono almeno in parte la loro origine alla vitalit di alcune

    comunit etniche; inoltre loperazione, intrapresa dai nascenti stati-nazione, di

    omogeneizzazione culturale, tesa alla cancellazione delle differenze etniche e

    alluniformazione verso modelli civici universali, se ha avuto discreto

    successo sulle masse urbanizzate, storicamente assoggettate a detta impresa,

    poca fortuna ha raccolto tra la popolazione delle vaste aree extra-urbane e

    rurali nonch, in tempi recenti, tra le sempre pi numerose rappresentanze di

    immigrati appartenenti ad etnie non contemplate dai processi di educazione

    di massa elaborati in condizioni storico-sociali del tutto differenti.62

    Questa genesi etnica vuole significare che, anche se di etnia e di

    comunit etnica non si vuole parlare, non si riesce comunque ad evitare che

    Questioni aperte e

    conclusioni

    61 interessante la tesi di O. Roy (1993) che sostiene lesistenza, almeno in Francia, di un nuovo processo di etnicizzazione dei conflitti sociali: la sua tesi che letnicit primaria [] si distrugge con lacculturazione, ma anche che il risultato lungi dallessere sistematicamente lintegrazione di tutti: noi vediamo oggi lemersione di una seconda identit, sotto-cultura della cultura occidentale urbana dominante, che riguarda solo le minoranze degli esclusi e che si esprime in termini etnici []: questa sotto-cultura potrebbe dunque eventualmente integrare giovani di origine diversa, senza peraltro cessare di funzionare come una categoria etnica (pp. 41-42).

    62 Ancora pi grave sembra essere stata la disattenzione liberale nei confronti delle ex-colonie; secondo I. Berlin (1994), p. 362, Il lato brutale e distruttivo del nazionalismo moderno [] una risposta su scala mondiale a un profondo e naturale bisogno degli schiavi test liberati (i decolonizzati). Si tratta di un fenomeno che la societ eurocentrica dellOttocento non aveva previsto. Come pot essere ignorata la possibilit di questo sviluppo?.

  • letnia sia alla base di una serie di relazioni spesso osservabili solo nel

    momento in cui assurgono al livello di conflitti, sia di natura linguistico-

    filosofica che di natura socio-economica.

    Riassumendo: le radici etniche delle moderne nazioni e i conflitti etnici,

    pi o meno aspri, che abitano le societ contemporanee possono certamente

    essere ignorati dal pensiero filosofico-morale e quindi ridotti,

    rispettivamente, ad interpretazioni storiografiche e alla cronaca

    internazionale ma dubbio che sia legittimo, ma soprattutto opportuno,

    farlo.

    A mio avviso, data una situazione di conflitto etnico, almeno due vie

    sono percorribili da colui che ad essa si accosta con un genuino spirito

    liberale: si pu negare la valenza etnica dei conflitti e interpretarli in chiave e

    in termini economico-sociali;63 oppure si pu cercare di rinnovare il

    vocabolario filosofico-politico del liberalismo nel tentativo di riuscire a

    definire la grammatica dei conflitti etnici.

    Chi intraprende la prima via difficilmente riuscir a spiegare in modo

    soddisfacente fenomeni atroci quali quelli di pulizia etnica: sar cio molto

    arduo descrivere tali situazioni senza ricorrere a un qualche concetto di etnia.

    Strettamente legato a questatteggiamento di negazione dellimportanza

    esplicativa del concetto di etnia, giace un grave pregiudizio che offre, come ho

    gi anticipato, la base per quel ragionamento, di validit dubbia, che, dal

    fatto che esistono guerre e, pi in generale, conflitti, dipendenti in larga

    Questioni aperte e

    conclusioni

    63 Compie un lucida analisi della tendenza a rifiutare spiegazioni in termini etnici di determinati fenomeni sociali, O. Roy (1993); cfr., con particolare riferimento alla pratica, nella fattispecie francese, di interdire luso di certe parole, p. 43: Cette pratique de linterdit ne traduit pas une volont de lutter contre le racisme, puisque Le Pen reprend chaque fois avec aisance la terminologie politiquement correcte (comme diraient les puritains universitaires doutre-Atlantique): elle exprime au contraire lapproche moralisante, pdagogique et psychologique (Ne dites pas, mais dites, Le racisme, cest mal) des problmes du racisme, qui avec lapproche ideologique (Le racisme mne au fascisme), a domin et sterilis la reflexion des annes 1980, niant les mots pour nier les problmes.

  • misura da valutazioni di natura etnica, evince che un certo tipo di fenomeni ai

    limiti dellumanit e in violazione dei pi fondamentali diritti umani, quali

    guerre e genocidi, siano inseparabili e, forse, naturali conseguenze, di quelli

    che ho definito movimenti etnicisti.

    Questo tipo di ragionamento eccessivamente semplificato; tuttavia, a

    mio avviso, esemplifica con sufficiente fedelt un certo senso comune

    liberale che fonda molte argomentazioni formalmente ineccepibili.

    Il fine cui tendo, fine ambizioso che non aspiro peraltro a raggiungere

    ma solo a delineare con precisione, quello di capovolgere un tale

    ragionamento.

    Il punto di partenza coincide con la scelta di intraprendere la seconda

    via sopra prospettata, vale a dire quella di mettere in discussione lo

    strumentario analitico-liberale disponibile per lanalisi dei fenomeni in varia

    misura etnici.

    Penso sia indiscutibile il valore positivo della discussione pubblica,

    dellargomentazione politica; il liberalismo ha sicuramente dato voce come

    mai prima alle opinioni di ogni individuo. Le societ liberali hanno accolto

    individui appartenenti alle etnie pi disparate assicurando loro pari dignit

    sociale. Tutto questo ha avuto un prezzo; prezzo pagato in parte dagli

    individui stessi ma soprattutto pagato dal liberalismo stesso, sotto forma della

    sterilit mostrata di fronte ad alcune situazioni, quali quelle di conflitti etnici.

    Per riprendere quanto detto sopra sulla distinzione tra questioni

    ontologiche e questioni di advocacy, penso si possa affermare che il

    liberalismo, dato il suo fondamento storicamente solido, costituito per grande

    parte dalle rivoluzioni liberali, si sia preoccupato poco di criticare i suoi

    fondamenti epistemologici. I comunitaristi, che in ultima analisi rimangono

    po