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>>> 2 >>> 3 La legge 219 >>> 8 7 giugno in Piné >>> 7 Letto per voi Il Papa ai medici Opera di Silvio Magnini 2020 Care amiche, cari amici, avevamo preannunciato questa “novità”, l’abbiamo anche attesa e preparata al meglio delle nostre forze, ed eccoci finalmente qui: Questi miei fratelli si pre- senta a voi con un vestito nuovo. Succede, ogni tanto, di rinnovare qualcosa nel no- stro guardaroba: o perché un vestito non ci va più be- ne, ahimè, o perché è tal- mente “vecchio stile” che quasi ci vergogniamo a in- dossarlo ancora, o a volte, semplicemente perché ci siamo stufati di vedercelo addosso. Gli psicologi di- cono che rinnovare, ogni tanto, fa bene al cervello e anche all’umore. La motivazione che ci ha spinto ad adottare questa nuova veste della nostra rivista non è un capriccio, come capite; il desiderio è piuttosto quello di miglio- rare, di facilitare la lettura, di rendere il tutto più scor- revole, e sicuramente an- che quello di arrivare, pia- no piano, ad una maggiore diffusione. >>> 5 Questo nuovo vestito di don Cristiano Bettega 2 >>> INSERTO TRIMESTRALE DI VITA TRENTINA del 22 marzo 2020 Rivista trimestrale dell’opera diocesana pastorale ammalati e pellegrinaggi Nel Vangelo l’incontro con Gesù ridà pienezza alla vita

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La legge 219>>>

8

7 giugno in Piné

>>>

7

Letto per voiIl Papa ai medici

Opera di Silvio Magnini

2020

Care amiche, cari amici, avevamo preannunciatoquesta “novità”, l’abbiamoanche attesa e preparata almeglio delle nostre forze,ed eccoci finalmente qui:Questi miei fratelli si pre-senta a voi con un vestitonuovo. Succede, ogni tanto, dirinnovare qualcosa nel no-stro guardaroba: o perchéun vestito non ci va più be-ne, ahimè, o perché è tal-mente “vecchio stile” chequasi ci vergogniamo a in-dossarlo ancora, o a volte,semplicemente perché cisiamo stufati di vederceloaddosso. Gli psicologi di-cono che rinnovare, ognitanto, fa bene al cervello eanche all’umore. La motivazione che ci haspinto ad adottare questanuova veste della nostrarivista non è un capriccio,come capite; il desiderio èpiuttosto quello di miglio-rare, di facilitare la lettura,di rendere il tutto più scor-revole, e sicuramente an-che quello di arrivare, pia-no piano, ad una maggiorediffusione.

>>> 5

Questonuovovestitodi don Cristiano Bettega

2>>>

INSERTO TRIMESTRALEDI VITA TRENTINA del 22 marzo 2020

Rivista trimestrale

dell’opera diocesana pastorale

ammalati e pellegrinaggi

Nel Vangelo l’incontro con Gesùridà pienezza alla vita

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Siamo convinti infatti che la collaborazionecon Vita Trentina, che vogliamo ringraziaredavvero di cuore per la disponibilità, non pos-sa fare altro che bene anche a Questi miei fra-telli e a ciascuno di voi, care lettrici e cari let-tori. Perché tenerci informati non solo su alcu-ni fronti dell’azione pastorale, quelli che ma-gari ci vedono un po’ più coinvolti in primapersona, ma in modo il più ampio possibile sututto ciò che bolle in pentola nella nostra Dio-cesi, significa allargare gli orizzonti e allarga-re il cuore; significa, ne siamo convinti, esserecristiani un po’ più attenti e più consapevoli.

La speranza allora è che la lettura degli artico-li di Questi miei fratelli possa accompagnareanche la lettura di quelli del settimanale dio-cesano. Un po’ come succede quando indos-siamo un vestito nuovo: scegliere quali colorivogliamo abbinare ci aiuta a star bene con noistessi e a far bella figura. Ecco: l’abbinata diQuesti miei fratelli e di Vita Trentina ha propriol’obiettivo di aiutarci a far bella figura, comecredenti un po’ più consapevoli. Ne siamo con-vinti!Buone letture, quindi!

don Cristiano Bettega

Questo nuovo vestitol’editorialedalla prima>>>

IL PARROCO NEL MONDO

Inserto trimestrale di Vita TrentinaRegistrazione del Tribunale di Trento n. 1157del 9/9/1992.

DirettoreDiego Andreatta

Redazione Carlo Tenni, Daniela Gonzo, Federico Moser,Vanda Giuliani, Piero Rattin

ImpaginazioneSergio MosettiAntonella Zeni, Viviana Micheli

Servizi fotografici Gianni Zotta

Redazione - AbbonamentiServizio Salute Pellegrinaggi Anzianivia Barbacovi 4 – 38122 Trentotel. 0461/[email protected]

Stampa e spedizione Centro Stampa Quotidiani SpAVia dell'Industria, 5225030 Erbusco (BS)

2

Il personaggioStablum, medico dell’anima e sacerdote del corpo

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Voci e testimonianze

Malattia, dono di speranza

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La preghiera

Per la 28ª Giornata mondiale del Malato

7

PellegrinaggiSanto Domingo de la Calzada e ilmiracolo dei due polli

8

prima di leggerequesto numero...Ai lettori di questo primo numero del 2020 di "Questi miei fratelli",

inserto di Vita Trentina, va precisato che gli articoli

sono stati scritti e impaginati primadell'emergenza coronavirus.

Dalla redazione un pensiero e una preghiera per tutti coloro

che ne sono più colpiti.

DUE INTERVENTI DEL PAPA SULL’ETICA MEDICA

“Il malato non è un caso clinico”

Nello stesso periodo ilPapa si è rivolto anche aimembri della retesanitaria ‘SomosCommunity Care’, che aNew York assiste e curachi vive ai margini dellasocietà, ricevendoli inudienza.“Il vostro è un impegnoquotidiano volto acontrastare quellacultura dello scarto chedomina in molti scenarisociali... Oggi,

l’assistenza sanitaria è riconosciuta come undiritto umano universale e come unadimensione essenziale dello sviluppo umanointegrale. Tuttavia, a livello mondiale, rimaneancora un diritto garantito a pochi e preclusoa molti. Ed è anche da notare che, spesso,laddove l’assistenza al malato è garantita,essa è dominata dal tecnicismo, che finisce

per prevalere sulla persona,snaturando il senso ultimo dellacura stessa. Anche se non tutti gli interventimedici si tradurranno inguarigione fisica, l’impegno diogni operatore sanitarioaccanto al malato trova la suaespressione più matura e anchepiù efficace quando è animatodall’amore”.

20 settembre 2019

di papa Francesco

Riproponiamo alcuni passaggi deldiscorso di papa Francesco allaFederazione Italiana degli Ordinidei Medici Chirurghi e degli

Odontoiatri, tenuto il 20 settembre scorsoin Sala Clementina.

“La medicina, per definizione, è a serviziodell’uomo, di tutto l’uomo, di ogni uomo.Occorre sempre ricordare che la malattia,oggetto delle vostrepreoccupazioni, è più di unfatto clinico; è sempre lacondizione di una persona, ilmalato, ed è con questa visioneintegralmente umana che imedici sono chiamati arapportarsi al paziente:considerando perciò la suasingolarità di persona che hauna malattia, e non solo il casodi quale malattia ha quelpaziente.Si tratta per i medici dipossedere, insieme alla dovutacompetenza tecnico-professionale, un codice di valori e disignificati con cui dare senso alla malattia e alproprio lavoro e fare di ogni singolo casoclinico un incontro umano. Con questoatteggiamento si può e si deve respingere latentazione, indotta anche da mutamentilegislativi, di usare la medicina perassecondare una possibile volontà di mortedel malato, fornendoassistenza al suicidio ocausandone direttamente lamorte con l’eutanasia. Infatti iln° 169 della Carta per glioperatori sanitari sottolineaesplicitamente che: «Nonesiste un diritto a disporrearbitrariamente della propriavita, per cui nessun medico puòfarsi tutore esecutivo di undiritto inesistente»”.

Francesco parlando ai medici ha invitato a considerare il paziente come “una persona che ha una malattia e non solo il caso di quale malattia ha quel paziente”

“Il tecnicismo, finisce per prevalere sulla persona, snaturando il senso ultimo della cura stessa”

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BIOETICA OGGI 3

artificialmente la propria vita, quandociò significa prolungare la sofferenza. Echiedono ai medici di essere lasciatimorire in pace. Così è nato negli USA il “Living Will”, o“Testamento Biologico”. È un contratto:nel caso dovessi trovarmi in unasituazione critica ed avere bisogno disupporti vitali che non voglio accettare,ma nello stesso tempo non fossi ingrado di esprimere la mia volontà,lascio scritto cosa i medici possono enon possono fare sul mio corpo. Il testamento biologico non ha avutogrande successo, in primo luogo perchémanca di attualità. È difficileimmaginare a priori tutte le situazionicritiche che potrebbero verificarsi.Inoltre non è rapidamente reperibileproprio nelle situazioni di emergenza,in cui servirebbe. C’è poi il rischiodell’abbandono del paziente da partedel medico, una volta che ha deciso dirifiutare le cure.Oggi si riconosce che è nella relazione

di cura che si realizza la più altaintegrazione tra il medico e il paziente,nel rispetto dell’autonomia dientrambi.L’Italia, benché quasi ultima in Europa,ha prodotto una buona legge, la 219del 2017* (*https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2018/1/16/18G00006/sg), di cui siconsiglia la lettura, perché breve ecomprensibile a tutti. Dopo averchiarito l’importanzadell’informazione, che va datacomunque, adattandola alle capacità dicomprensione del paziente, e l’assolutanecessità del suo consenso aitrattamenti, la 219 analizza i variscenari possibili: la persona cosciente,il caso dei minori e incapaci, lesituazioni di urgenza, le disposizionianticipate di trattamento (DAT) neisoggetti sani, la Pianificazionecondivisa delle cure in quelli affetti damalattie croniche, che costituiscono il90% delle cause di morte. All’articolo 2

(terapia del dolore, divieto di ostinazioneirragionevole nelle cure e dignità nellafase finale della vita) tratta anche lasedazione palliativa profonda continua,chiamata a volte “sedazione terminale”. Quest’ultimo termine, come sottolineail Comitato Nazionale di Bioetica,sarebbe da evitare perché induce aconfusione con l’eutanasia o il suicidioassistito. Lo scopo della sedazione, alcontrario, è eliminare i “sintomirefrattari” alla terapia del dolore, comela fatica respiratoria e l’ansia chespesso si presentano alla fine della vita,causando profonda sofferenza. L’art. 2,infine, precisa che il paziente, anchequando rifiuta i trattamenti, non va maiabbandonato.

* medico anestesista rianimatore,Presidente della Commissione di Bioetica

dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari

ALCUNI ELEMENTI DI CHIAREZZA SU MATERIE COMPLESSE

La legge 219 e la sedazione terminale

Testamento biologico,DAT, legge 219,sedazione terminale,suicidio assistito,

sentenza della Corte... C’è un po’di confusione, specie per i nonaddetti ai lavori. Ma di che cosastiamo parlando? In primis deldiritto fondamentale di rifiutaretrattamenti sanitari di sostegnovitale come la ventilazione, ladialisi, la rianimazione, ecc., chela tecnologia ha messo adisposizione della medicina negliultimi decenni. Introdottiinizialmente per aiutare i malatigravi a superare una fase acutadella malattia, sono oggiampiamente utilizzati nellamalattia cronica. Ma non tutti imalati accettano di prolungare

di Edoardo Geat *

Gli scenari aperti dalla legge approvata nel 2017 e l’esigenza di non abbandonare mai il paziente

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nell’ospedale di cui eradirettore. Inoltre avevaaccolto altrettanti rifugiatipolitici e profughi, nellafase finale della guerra.Nei prossimi mesi tornerà inTrentino la mostra “Le altevie di Emanuele Stablum”con la quale si vuole far

conoscere questa figura cheha dato un contributo allaqualità della professione dimedico. Instancabilelavoratore, Stablumdedicava gratuitamente laprima ora di lavoro allevisite dei malati poveri,

dopo aver partecipatocon intensità allacelebrazione della Messaquotidiana. Intensa è statala sua corrispondenza con imalati, che da tutta Italia sirivolgevano a lui perappuntamenti e per cure. Leore notturne erano in buonaparte dedicate allo studio,soprattutto nell’ambitodella dermatologia. La sua azione fece crescerenotevolmente l’IDI, sortonella campagna romanaall’inizio del Novecento periniziativa di alcuni fratipionieri, che avevanoriscontrato un gran numerodi bambini affetti da diversepatologie dermatologicheconsiderate resistenti allecure. Il successo di questepratiche terapeutiche fu

strepitoso, anche grazie apomate, creme ed unguentiche i frati producevano. Nel1925 fu costruito un nuovoospedale e l’arrivo diStablum, primo medicodella congregazione, fuelemento determinante delsuo sviluppo. Seguendo ilServo di Dio, anche dalTrentino alcuni giovani sonopartiti per dedicarsi allacura dei malati, tra i quali ifarmacisti padre LuigiZamperetti e fratel DecimoGuarnieri; il medico fratelPaolo Ruatti e l’infermierefratel Clemente Maino il“Dokita”. L’editrice VitaTrentina ha in corso distampa una nuova biografiasul dott. Stablum, la cuiuscita è prevista per giugno.

IL PERSONAGGIO4

di Ruggero Valentini

A125 anni dalla nascita,ricordiamo il medicoEmanuele Stablum, cheebbe i natali in Val di Sole

nel paese di Terzolas (10 giugno1895). Partito dal Trentino per farsireligioso nella comunità del BeatoLuigi Monti, aveva la ferma volontà didiventare prete. Ma non fu così. Isuperiori lo dirottarono verso studiben diversi, abbandonando quelli diteologia per iniziare medicina echirurgia: “Il Signore mi avevacondotto fino alle soglie dell’altare, poimi additò un’altra via, e l’ho seguita,benché non comprendessichiaramente dove mi conduceva”.Dopo un percorso universitariopiuttosto accidentato, anche perchéfratel Emanuele veniva impegnato inaltre attività, finalmente si laurea aNapoli nel 1930. I quattro annitrascorsi nella città partenopea, conil suo tipico ambiente popolare eschietto, consolidano lo studentetrentino di motivazioni e ideali per lasua futura missione di medico. Sarà l’Istituto Dermopaticodell’Immacolata di Roma (IDI) aricevere dal dott. Stablum il megliodella sua genialità di medico e dellasua spiritualità di consacrato. Ilmancato raggiungimento delsacerdozio per obbedienza, fu lamolla che fece scattare in lui unavisione umana e spirituale dellamedicina. È indimenticabile unasua frase che rappresenta la sintesidi quest’attitudine di prossimitàalla persona: “Cercare sempre fra lepieghe di un dolore fisico iltormento di un’anima; udire inogni istante di fronte al malato ilrichiamo indiretto di Gesù: “vedi,colui che amo è infermo”;allontanarsi dal fratellosofferente soddisfatti di undovere compiuto solo quando lecure premurose, le paroleamorevoli di comprensione ce lohanno reso amico”.Presso la Santa Sede è in corso ilprocesso di beatificazione, cheattualmente sta esaminando la“Positio” ovvero il documentobiografico, storico e teologico sullafigura del Servo di Dio. Da parte delloStato di Israele Stablum vennedichiarato “Giusto tra le nazioni” nel2000 per aver salvato cinquantaperseguitati ebrei a rischio della suavita, nascondendoli e camuffandoli

FRATEL EMANUELE STABLUM A 125 ANNI DALLA NASCITA

Medico dell’anima e sacerdote del corpo

Stablum nel suo studio e accanto, con collaboratori e amici

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senz’altro “liberazione”. Cideve essere qualcos’altro - sideve poter incontrarequalcun’Altro. La diagnosi che fa Gesù, lì perlì ci sgomenta: egli affermache quell’infermità è opera diSatana. Satana è il nemicodella vita, della persona liberaed equilibrata, nella pienezzadella sua dignità. Se lapersona si lascia pervertire,diventando schiava delle cose,allora Satana ha buon gioco:la lega, fa di essa un essereaccartocciato, ripiegato su sestesso. Quando a furia diguardare con esclusivointeresse le cose della terra cisi incurva al punto che non si èpiù capaci di drizzarsi, allora ècome ridurre tutta la propriapersona a un arco, o ad unangolo di 90 gradi. È chiaro che il messaggioevangelico, a questo punto,oltrepassa la vicendapersonale di quella poveradonna “che da diciotto anniuno spirito teneva inferma” .Diciotto anni. È il triplo di sei.Sei è il numero dei giorni in cuisi dispiega la creazione,l’operosità di Dio e degliuomini. Tutto è buono,positivo, ma per l’uomo e ladonna manca un coefficienteimportante: l’opportunità diincontrarsi con Dio, e cioè lapossibilità e lo spazio in cuiraddrizzarsi, elevarsi, esostare. Cuore a cuore con Lui.Se manca questo, il temposcandito dal numero seidiventa una specie di strettocunicolo in cui soloincurvandosi si può procedere;occorre il sette, il “settimogiorno”: è lì che ci si puòraddrizzare, ritrovare dignità,riscoprendosi interlocutori diDio.“Era curva - annota Luca (chepoi, alla lettera, continua conun’espressione alquantostrana)- e non poteva sollevarsia raggiungere il fine”. Qualefine? È Dio il fine dell’uomo: èlì che si placa la sua ansia divita e di dignità. “Ci hai fattiper te, Signore - (ricordiamol’esclamazione di Agostino) - eil nostro cuore è inquieto finche non si riposa in te!”.

SPIRITUALITÀ

Ci deve essere qualcos’altro: si deve poter incontrare qualcun Altro

In quel tempoGesù stavainsegnando in unasinagoga in giornodi sabato. C’eralà una donna cheuno spirito tenevainferma dadiciotto anni; eracurva e nonriusciva in alcunmodo a starediritta. Gesù lavide, la chiamò a sé e le disse:«Donna, seiliberata dalla tuamalattia». Imposele mani su di lei esubito quella siraddrizzò eglorificava Dio.

Luca 13,10-13

La tua vera gloria, o Dio,è la nostra dignità di tuoi figli: perciò, liberaci dai nostri ripiegamenti su noi stessi.Raddrizzaci, rialzaci.Quando il nostro interesse per ciò che non è essenzialeraggiunge il livello di guardia e catalizza tutta la nostra sensibilità,guardaci e chiamaci:risuoni su di noi, con potenza, la Tua Parola di Liberatore.Non permettereche la nostra vita sia incurvata entro gli angusti confini dei sei giorni:con Te è arrivato il settimo,il grande Sabato della nostra dignità.La tua eternità ha squarciato il tempo,le nostre agende e i nostri calendari,e noi possiamo sollevare il capo, finalmente:perché Tu ci hai fatti per Te, Signore,e il nostro cuore è inquietofin che non si riposa in Te.

PREGH

IERAÈfacile per la personaumana incurvarsi sottola schiavitù delle cose,dei suoi affari, dei suoi

impegni, anche di poteriimponenti che oltrepassano lesue competenze. Dio, questo nonlo sopporta; dopo che liberò ilsuo popolo dall’Egitto, il SettimoGiorno (Sabato per gli Ebrei)ebbe questa tipica connotazione:giorno della libertà, in cui ci siincontra con Lui che di quellalibertà è il garante piùappassionato. “Donna sei liberadalla tua infermità” disse Gesù.Lo disse in giorno di sabato, inquella sinagoga. Chissà quantevolte vi si era recata quelladonna, con tutto il peso diquell’handicap che faceva dellasua vita un’esistenzaperennemente incurvata. Questaè la prova che non bastaappartenere a un popoloreligioso, frequentare conassiduità luoghi sacri e celebrareatti di culto, perché l’effetto sia

di don Piero Rattin

Non basta appartenere a un popolo religioso, frequentare luoghi sacri e celebrare atti di culto, perché l’effetto sia senz’altro “liberazione”

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VOCI E TESTIMONIANZE6

D a 20 anni sono ministro straordinariodella comunione: il ruolo primario èportare l’Eucaristia agli ammalati del-

la mia parrocchia, un piccolo paese dove tutti cisi conosce e si scambiano due parole quando cisi vede. Ho incontrato molti ammalati, molti liho salutati alla fine delle loro sofferenze. Ognuno ha una storia a sé, ogni famiglia vive lamalattia in modo personale e differente, ma cisono cose che accomunano tutti. Quando miaprono la porta sono sempre ben accolta, ma-gari non tutto è preparato come ci era stato in-segnato al corso, a volte manca il crocifisso, avolte è la candela a non esserci, ma la luce negliocchi dell’ammalato c’è sempre quando comin-cio a recitare le preghiere. Anche quelli più gra-vi, apparentemente lontani e assenti, riescono amuovere le labbra per accompagnarmi duranteil Padre nostro. Dopo la preghiera e la comunio-ne abitualmente c’è un altro momento che perl’ammalato e la famiglia è altrettanto importan-te: il dialogo. Mi raccontano della loro malattia,

delle loro sofferenze, delle speranze. Moltospesso infatti l’ammalato, e chi gli sta a fianco,ha bisogno di sfogarsi, di raccontare cose più omeno importanti. Si impara ben presto che com-pito del ministro è accogliere l’ammalato per in-tero come questi accoglie il cibo di vita eterna.Il mio servizio è rivolto a chi ha bisogno, ma inrealtà si tratta di un beneficio reciproco. Noi mi-nistri facciamo un piccolo servizio, che ci donadavvero molto quando ci accorgiamo che il no-stro ministero dà senso a tutta la settimana del-l’ammalato e anche alla nostra.Qualche volta, nelle feste solenni, capita che cisia anche la necessità del ministro straordinarioin chiesa. Lunghe file di fedeli si avvicinano al-

l’altare. Persone con le loro difficoltà, con la fa-tica della quotidianità che ben si legge sulle ma-ni tese per accogliere Gesù. Il volto però è quel-lo di chi sa di poter trovare speranza e sostegnoin quel Cristo con il quale il legame viene rinvi-gorito ad ogni Comunione. Quando capita che i fedeli cambino fila per nonricevere la Comunione dal laico, invece, mi fac-cio delle domande: credono che sia io a non an-dare bene o invece pensano che Cristo, fattosicorpo e cibo per ognuno di noi, sia diverso a se-conda di chi lo distribuisce? Tutta la mia attività è in parrocchia, ma quandod’estate in montagna alle messe nelle chiesettealpine c’è moltissima gente, più di una volta ilsacerdote ha chiesto aiuto da parte di qualcheministro straordinario per caso presente: allorami rendo conto di essere anche parte di una dio-cesi e di una comunità cristiana che va oltre iconfini del mio piccolo paese.

Elsa DemozziPressano

LA TESTIM

ON

IAN

ZA

Parla una ministra straordinariadi Pressano: “Quando visito gli ammalati mi raccontano

della loro malattia, delle loro sofferenze, delle speranze”

casa, di una vacanza… Ma… Io e tuttequeste cose e grazie Gesù che me le haidonate… sempre pensando, in fondo,che per essere felici uno dovesse avereun marito perfetto, dei figli perfetti,una casa perfetta, la salute… e unorimane limitato, schiacciato, rapito datutte queste belle cose limitate,nell’insoddisfazione perenne e nellacorsa a una cosa migliore che dia lafelicità.No!!!Non è questa la prospettiva! Uno pertutta una vita sbaglia completamenteprospettiva, e ce l’ha davanti al naso lasoluzione, e incontra delle persone che

hanno già sperimentato la gioia e laserenità e il sollievo di affidarsi aGesù... eppure c’è ancora questaresistenza, questa cocciutaggine,questo non voler cogliere al volol’opportunità fantastica di essere felici,di una felicità vera, nelle mani delSignore!Io e Gesù, solo dopo viene il miomondo: e se sono insieme a Lui, Lui cheè bellezza, tutto risulta più bello: deifigli che non fanno proprio tutto quelloche pensavi per loro, un marito che nonè proprio il partner ideale, perfino lamalattia. Cosa c’è di più grandioso, allafine, che affidarsi a Gesù? È come

affrontare la vita a braccetto con un’“essenza” così potente, che ti sostienee ti nutre e ti rende felice, e ti completa,e ti dà le risposte che cerchi e ti facompagnia, e sempre ti ama anchenella tua umana piccolezza... quandouno si porta questa grandiosità nelcuore, che importa dove sei, se sei invacanza o sei in ospedale, Lui c’èsempre! Se non mi fossi ammalata,probabilmente non l’avrei mai capito:avrei continuato a farmi trasportare“sentimentalmente” dalle circostanze,felice nelle belle, triste e arrabbiatanelle avverse.Nessuno in questi mesi mi harisparmiato il dolore fisicodell’intervento e delle medicazioni, lanausea e il malessere della chemio, manelle giornate in cui per la debolezzanon riesco a fare la moglie, la madre, lalavoratrice, io Gli dico “Mi basti tu,Signore”.

testimonianza affidata a fra Ezio, cappellano dell’Ospedale Santa Chiara

A 40 anni, la scoperta di un cancro al seno. Lunghe terapie e ore di attesa sui corridoi.La preoccupazione per il futuro. Poi, il sollievo di affidarsi a Gesù

MINISTRI DELLA COMUNIONE SERVIZIO PREZIOSO DENTRO LA CHIESA

“Loro accolgono l’Eucaristia, io posso accogliere loro”

UNA MAMMA ALLE PRESE CON UNA DIAGNOSI FATICOSA

Malattia, dono di speranzaH

o 40 anni e tre figlipiccoli. Quando inottobre mi hannoscoperto un cancro al

seno e mi hanno prospettato unintervento chirurgico dimastectomia seguito da sei mesi dichemioterapia, ho urlato al Signore“Perché a me?” e il mio cuore si èriempito di paura: paura dellamalattia, della sofferenza, paura perme e per i miei figli, paura per ilfuturo. Allora ho iniziato a pregare piùassiduamente, e sono andata arecitare il rosario alla Madonna diMontagnaga di Pinè e alla Madonnadi Pietralba, e fra le lacrimechiedevo, supplicavo il Signore didarmi la forza e la serenità perriuscire ad affrontare quello che miaspettava, perché da sola non cel’avrei fatta. E pregavo, e riflettevo,nelle lunghe ore di attesa suicorridoi dell’ospedale… e un giornomi è apparso così chiaro e cosìbanale l’errore di prospettiva che miero portata dietro per anni… Perchéper anni ero andata a Messa e avevofrequentato la catechesi per adulti,ma Gesù era “sempre rimasto lassù,in alto”. Uno da interpellare“all’esterno” della mia vita: quindic’ero io e la mia vita al centro, la miafamiglia, il marito e i figli, l’affettodegli amici, la soddisfazione nellavoro, la realizzazioneprofessionale, la bellezza di una

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LETTO PER VOI 7

poteva nemmeno pronunciare.Per permettere al malato di“costruire il senso dell’evento” (p.53), mette in evidenza MarinaSozzi, è spesso necessario passareattraverso la discussione sullecause, sugli elementi di rischioaddentrandosi in terreni in cuituttavia la medicina non trovaterreno solido. Ed ecco che nasconovarie teorie interpretative, dallaprospettiva psicosomatica a quelladel deterioramento dell’ambiente. Il capitolo che tuttavia colpisce di piùil lettore è quello che parla della“crepa tra medici e pazienti” e cioèdella “dimensione relazionale dellacura, della qualitàdell’informazione, dell’attenzioneglobale per il paziente e i suoifamiliari, del suo coinvolgimentonelle decisioni, del sostegno

psicologico e sociale” (p. 118). Ilpassaggio delicato della comunicazionedella diagnosi, ad esempio, che non è maineutrale ed è “il primo terreno su cuilavorare per migliorare la relazione tramedico e paziente” (p. 125). E poi lasettorialità delle competenze mediche, ladistanza tra il vissuto quotidiano dellamalattia e i luoghi deputati dellamedicina.Marina Sozzi, citando un pensiero di W.Osler: “Non è importante conoscere qualemalattia ha quel paziente, ma qualepersona ha quella malattia”, (p. 196),invoca “un’inversione di tendenza (dallamalattia al malato)” (p. 197) che vacompiuta non tanto dal mondo medico mainsieme ai malati stessi. Racconta a questoproposito nelle pagine finali alcuneesperienze innovative condotte in Italiatese ad un miglioramento della relazionenon fine a se stesso, non semplicecordialità e gentilezza, ma che ha comescopo la personalizzazione della cura. Non possiamo che condividere … e per

questo leggere il volume!�

Marina Sozzi, Non sono il mio tumore.Curarsi il cancro in Italia, Chiarelettere, Milano 2019, 244 pp., 17 €.

il libro

Il particolare di Giotto, Ultima Cena, nella Cappella

degli Scrovegni a Padova. L’utilizzo è stato fornito alla CEI

per la Giornata mondiale del Malato su gentile concessione

del Comune di Padova -Assessorato alla Cultura

la preghiera

Padre onnipotente, Signore del cielo e della terra,tu hai rivelato ai piccoli i misteri del regno dei cieli.Nella malattia e nella sofferenzaci fai sperimentare la nostra vulnerabilitàdi fragili creature:donaci in abbondanza la tua benevolenza.Figlio unigenito,che ti sei addossato le sofferenze dell’uomo,sostienici nella malattia e aiutaci a portare il tuo giogo,imparando da te che sei mite e umile di cuore.Spirito Santo, Consolatore perfetto,chiediamo di essere ristoratinella stanchezza e oppressione,perché possiamo diventare noi stessistrumenti del tuo amore che consola.Donaci la forza per vivere, la fede per abbandonarci a te,la sicura speranza dell’incontro per la vita senza fine.Maria, Madre di Dio e Madre nostra,accompagnaci alla fonte dell’acqua vivache zampilla e ristora per l‘eternità.Amen.

“Venite a me,voi tutti che siete stanchi e oppressi,e io vi daròristoro”

Mt 11,28

Per la 28ª Giornata mondiale del Malato

11 febbraio 2020

Consolati da Cristo per essere noi stessi consolazionedegli afflitti

Docente universitaria,scrittrice, a capo diuna fondazionededicata allo studio

dei temi della morte e delmorire, Marina Sozzi è peròsoprattutto una personapassata, e non una sola voltaattraverso l’esperienza deltumore. Scrive quindi da“esperta” nel senso di colei cheha fatto esperienza, ma non dastudiosa, medico o altro. Il suosguardo è quindi “innanzituttoculturale” econtemporaneamente“fortemente segnato dallasoggettività” (p. 18).Il libro riporta una serie diimmagini tratte dall’esperienzadi pazienti e medici, categorierappresentative, narrazioni:tutte con al centro la parola“cancro”, “tumore”, parola chesolo quarant’anni fa non si

di Vanda Giuliani

IL LIBRO DELLA SCRITTRICE MARINA SOZZI

“Non sono il mio tumore”: le parole di chi ne fa esperienza

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M entre sfogliavo il de-pliant illustrativo delpellegrinaggio a San-

tiago de Compostela, l’occhio èandato sul programma del quar-to giorno, riportando alla mentei ricordi di qualche anno fa quan-do visitai Santo Domingo de laCalzada. Questo Paese è stato le-gato al Cammino di Santiago findalle sue origini nel sec. XI. Cal-zada significa carreggiata, sen-tiero. Domingo, un giovane pastore fueducato al monastero di Valvanera evolle entrare nel famoso monastero disan Millan de la Cogolla. Quando lasua richiesta fu accolta, divenne assi-stente di Gregorio di Ostia, legatopontificio. Alla sua morte, Domingo siritirò a vita eremitica presso il fiumeOja per assistere i pellegrini che anda-vano a Compostela, costruendo chiesee ospedali. Si chiamò “de la Calzada”per la sua opera nel mantenimento emiglioramento della vecchia stradaromana. Alla morte di Domingo nel1109, la popolazione che si era raccol-ta come una manciata di case attornoalla capanna dell’eremita, era moltocresciuta. La chiesa, dove fu sepolto,fu elevata al rango di cattedrale pocotempo dopo.Ricordo ancora la visi-ta alla cattedrale ro-manica con due fac-ciate e tre navate convolta gotica. Il cam-panile e il retablomaggiore (grande pa-la d’altare) sono ba-rocchi. Quest’ultimofu spostato dalla suacollocazione origina-ria per lasciare in vistala splendida e origi-nale abside romanica.Ma la particolarità as-soluta (unica al mon-

do) di questa cattedrale è quella diconservare al suo interno una gabbiaintagliata, dove vi sono due polli bian-chi… vivi!Questa singolare tradizione ricorda unmiracolo che qui accadde molti secolifa, alla mensa del balivo (prefetto) delposto. La storia narra che una famigliapellegrina verso Santiago sostò in unalocanda di Santo Domingo dove il gio-vane suscitò l’interesse della figlia dellocandiere. Ma il ragazzo non contrac-cambiò. Quella, indispettita, si vollevendicare nascondendo tra i bagagli dilui una coppa d’argento e lo denunciòalle autorità. Il ragazzo fu accusato,condannato e impiccato. I genitori, af-franti, proseguirono il pellegrinaggio.Poi, sulla via del ritorno, con grandegioia trovarono il figlio vivo; ancora

pendente dalla forcama sostenuto da SanGiacomo. Corsero quindi ad av-vertire il balivo, maquesti stava mangian-do e li schernì dicen-do: “Vostro figlio è vi-vo come questi duepolli arrostiti che stoper mangiare”. In quelpreciso istante i duepolli si ricomposero e,vivi e piumati, comin-ciarono a cantare.

Federico Moser

Santo Domingo de la Calzada e il miracolo dei due polli

PELLEGRINAGGI8

Nell’itinerario dei pellegrini verso Santiagola visita alla cattedrale di Santo Domingoche custodisce una gabbiaintagliata

PELLEGRINAGGIO ALLA MADONNA DI PINÈ

7 giugno: da “fissare”subito

di Giuliana Berloffa

Sulla locandina cheannualmentepubblicizza ipellegrinaggi

proposti dalla nostra Diocesinon manca mai quello diPinè, anche se devecompetere con altri luoghi diculto dai nomi più altisonanticome Lourdes o Terra Santa.Dobbiamo riconoscere che l’appuntamento di Pinè non è tra i piùgettonati nelle nostre parrocchie; quale spazio, infatti, esse riservanonei loro bollettini al “Pellegrinaggio Diocesano a Pinè, con malati,presieduto dall’Arcivescovo?”. Quanti sono i Consigli Pastorali che nelprogrammare il calendario delle loro attività verificano di nonorganizzare gite/pellegrinaggi, nella medesima data in cui la Diocesi siritrova a Pinè? Perché Pinè è spesso “snobbato”, e perché partecipare al

pellegrinaggio in questo Santuario, èconsiderato ormai fuori moda? Per chi è rimasto fedeleall’appuntamento nell’accoglienteConca della Comparsa non è difficilecontrobattere a queste affermazioni; nonè vero che il pellegrinaggio a Pinè sianoioso e non offra spunti di riflessione!In una dimensione di semplicità eimmerso nella natura, Pinè offre a tuttil’occasione per sperimentare lafraternità in un clima di condivisione e dipreghiera. È bello assistere al lentoaffluire dei pellegrini scesi dai pullmanprovenienti da tutte le valli del Trentino,sentire la mescolanza di dialetti,

osservare le persone mentre si accostano alle statue raffiguranti laMadonna e Domenica Targa. D’accordo, qualcuno lo fa con superficialitào solo per farsi fotografare ma sono veramente molti quelli che vi siavvicinano con sincera devozione. È commovente vedere le personeanziane che, incuranti della gente vociante che le attornia, continuano asgranare tra le mani il Rosario; altrettanto edificante è scorgere queigenitori giovani che con naturalezza recitano l’Ave Maria assieme ai lorobimbi o salgono in ginocchio la Scala Santa nella chiesa del Redentore.La forza propulsiva del pellegrinaggio diocesano è proprio quella diradunare attorno al suo Vescovo i membri di tutta la comunità, compresii malati e i volontari che si mettono al loro servizio. Pinè raffigura quelloche ogni parrocchia dovrebbe essere: accogliente, orante, attenta,sorridente e premurosa con i suoi malati, senza delegare tale compitosolo alle associazioni di volontariato. Se qualcuno pensa che questaaspettativa sia una chimera, venga a Pinè; dopo aver “visto” dovràricredersi!

Ogni comunità farebbe bene a tener presente il valore dell’incontro diocesano nella Conca della Comparsa

La facciata e il dettaglio della gabbia