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Acque di Prima Pioggia: Insediamenti Produttivi e Infrastrutture 1 QUALITA’ E CONTROLLO DELLE ACQUE DI DILAVAMENTO DI INFRASTRUTTURE VIARIE S. Papiri e S. Todeschini Dipartimento di Ingegneria Idraulica e Ambientale, Università degli Studi di Pavia Via Ferrata, 1 – 27100 PAVIA e-mail: [email protected]; [email protected] Sommario La memoria, preliminarmente, definisce le strade e le loro pertinenze, con riferimento al Decreto Legislativo 30/04/1992 “Nuovo Codice della Strada e presenta una sintesi dei criteri compositivi della piattaforma stradale fissati dal Decreto Legislativo 5/11/2001 “Norme Funzionali e Geometriche per la Costruzione delle Strade”. Successivamente, indaga i principali agenti inquinanti delle infrastrutture viarie, le loro fonti di emissione e i meccanismi che ne governano la dinamica. Sviluppa, infine, un’analisi critica delle soluzioni proposte in letteratura per mitigare l’inquinamento veicolato dalle acque di dilavamento di strade e parcheggi urbani, autostrade e strade extraurbane di grande traffico, pertinenze stradali di servizio e di esercizio. In particolare, evidenzia la rilevanza dei diversi sistemi di controllo in termini di affidabilità funzionale e efficienza gestionale. Introduzione Numerosi studi condotti in diversi Paesi hanno evidenziato che le acque meteoriche di dilavamento provenienti dalle pavimentazioni delle strade urbane ed extraurbane, nonché delle loro aree di pertinenza (aree a parcheggio, aree di servizio, aree di caselli a pedaggio, ecc.) sono molto contaminate e possono determinare un rilevante impatto negativo sulla qualità del corpo idrico ricettore (Sartor e Boyd, 1974; Ellis e Revitt, 1982; Lygren et al., 1984; Muschack, 1990; Tong, 1990; Hamilton e Harrison, 1991; Ball et al., 1998; Deletic e Mahsimivic, 1998; Irish et al., 1998; Sansalone et al., 1998; Sansalone et al., 2002; Vaze e Chiew, 2002, Artina e Maglionico, 2003). In molti Stati, la riduzione di questo impatto costituisce pertanto uno dei principali obiettivi dei piani di tutela ambientale. L’obiettivo può essere perseguito con molteplici metodologie, indicate come “Storm Water Best Management Practices”. In Italia, in assenza di una normativa che disciplini la materia delle acque di dilavamento stradali, la quasi totalità di tali acque è raccolta e canalizzata verso i ricettori superficiali o, in alternativa, infiltrata nelle opere di canalizzazione in terra contigue alla sede stradale. Sovente, queste pratiche causano insufficienze idrauliche nei ricettori, inquinamento del suolo e dei corpi idrici superficiali, contaminazione delle falde idriche. I recenti programmi di ampliamento e ammodernamento della rete viaria nazionale hanno fatto emergere le problematiche connesse alla raccolta, al controllo e al trattamento delle acque meteoriche di dilavamento stradale. Questa memoria, preliminarmente, definisce, in modo essenziale, le strade e le loro pertinenze con riferimento al Decreto Legislativo 30/04/1992 “Nuovo Codice della Strada” come modificato e integrato dal Decreto Legge 27/06/2003, n. 151 “Modifiche ed Integrazioni al Codice della Strada” e presenta una sintesi dei criteri compositivi della piattaforma stradale fissati dal Decreto Legislativo 5/11/2001 “Norme Funzionali e Geometriche per la Costruzione delle Strade”.

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Acque di Prima Pioggia: Insediamenti Produttivi e Infrastrutture

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QUALITA’ E CONTROLLO DELLE ACQUE DI DILAVAMENTO DI INFRASTRUTTURE VIARIE

S. Papiri e S. Todeschini

Dipartimento di Ingegneria Idraulica e Ambientale, Università degli Studi di Pavia Via Ferrata, 1 – 27100 PAVIA

e-mail: [email protected]; [email protected] Sommario La memoria, preliminarmente, definisce le strade e le loro pertinenze, con riferimento al Decreto Legislativo 30/04/1992 “Nuovo Codice della Strada e presenta una sintesi dei criteri compositivi della piattaforma stradale fissati dal Decreto Legislativo 5/11/2001 “Norme Funzionali e Geometriche per la Costruzione delle Strade”. Successivamente, indaga i principali agenti inquinanti delle infrastrutture viarie, le loro fonti di emissione e i meccanismi che ne governano la dinamica. Sviluppa, infine, un’analisi critica delle soluzioni proposte in letteratura per mitigare l’inquinamento veicolato dalle acque di dilavamento di strade e parcheggi urbani, autostrade e strade extraurbane di grande traffico, pertinenze stradali di servizio e di esercizio. In particolare, evidenzia la rilevanza dei diversi sistemi di controllo in termini di affidabilità funzionale e efficienza gestionale.

Introduzione Numerosi studi condotti in diversi Paesi hanno evidenziato che le acque meteoriche di dilavamento provenienti dalle pavimentazioni delle strade urbane ed extraurbane, nonché delle loro aree di pertinenza (aree a parcheggio, aree di servizio, aree di caselli a pedaggio, ecc.) sono molto contaminate e possono determinare un rilevante impatto negativo sulla qualità del corpo idrico ricettore (Sartor e Boyd, 1974; Ellis e Revitt, 1982; Lygren et al., 1984; Muschack, 1990; Tong, 1990; Hamilton e Harrison, 1991; Ball et al., 1998; Deletic e Mahsimivic, 1998; Irish et al., 1998; Sansalone et al., 1998; Sansalone et al., 2002; Vaze e Chiew, 2002, Artina e Maglionico, 2003). In molti Stati, la riduzione di questo impatto costituisce pertanto uno dei principali obiettivi dei piani di tutela ambientale. L’obiettivo può essere perseguito con molteplici metodologie, indicate come “Storm Water Best Management Practices”. In Italia, in assenza di una normativa che disciplini la materia delle acque di dilavamento stradali, la quasi totalità di tali acque è raccolta e canalizzata verso i ricettori superficiali o, in alternativa, infiltrata nelle opere di canalizzazione in terra contigue alla sede stradale. Sovente, queste pratiche causano insufficienze idrauliche nei ricettori, inquinamento del suolo e dei corpi idrici superficiali, contaminazione delle falde idriche. I recenti programmi di ampliamento e ammodernamento della rete viaria nazionale hanno fatto emergere le problematiche connesse alla raccolta, al controllo e al trattamento delle acque meteoriche di dilavamento stradale. Questa memoria, preliminarmente, definisce, in modo essenziale, le strade e le loro pertinenze con riferimento al Decreto Legislativo 30/04/1992 “Nuovo Codice della Strada” come modificato e integrato dal Decreto Legge 27/06/2003, n. 151 “Modifiche ed Integrazioni al Codice della Strada” e presenta una sintesi dei criteri compositivi della piattaforma stradale fissati dal Decreto Legislativo 5/11/2001 “Norme Funzionali e Geometriche per la Costruzione delle Strade”.

Papiri S. e S. Todeschini

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Successivamente, indaga i principali agenti inquinanti veicolati dalle acque meteoriche dilavanti infrastrutture viarie e le loro fonti di emissione e, infine, effettua una rassegna tipologica dei presidi atti a ridurre il carico inquinante sversato nei ricettori naturali. Le infrastrutture viarie Le infrastrutture viarie rappresentano gli spazi necessari alle diverse categorie di traffico per assolvere alle funzioni di traffico ammesse: movimento, sosta di emergenza, sosta, accesso privato diretto, rifornimento. Esse comprendono le strade e le pertinenze stradali. Le strade rappresentano aree ad uso pubblico destinate alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali e sono classificate riguardo alle loro caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, nei seguenti tipi:

A. Autostrade; B. Strade extraurbane principali; C. Strade extraurbane secondarie; Strade urbane di scorrimento; D. Strade urbane di quartiere; E. Strade locali

Il Decreto Legislativo 5/11/2001 fissa per ogni tipo di strada la composizione possibile della carreggiata, la larghezza e il numero delle corsie, i limiti dell’intervallo di velocità di progetto, le dimensioni da assegnare ai singoli elementi modulari e i flussi massimi smaltibili. Inoltre, attua una distinzione tra strade a alto, a medio, a basso traffico in funzione del traffico veicolare medio giornaliero (TMG), come presentato in tabella 1.

Tabella 1 Caratteristiche delle diverse tipologie stradali secondo il Decreto Legislativo 5/11/2001.

Classificazione TMG Tipo di strada Numero corsie per senso di marcia

Larghezza totale della piattaforma

stradale [m] 3 32,5 Autostrada 2 25 3 29,5

Strada ad alto traffico > 15000 Strada extraurbana

principale 2 22 Strada extraurbana

principale 2 22 Strada a medio traffico 2000 ÷ 15000 Strada extraurbana

secondaria 1 10,5

Strada a basso traffico < 2000 Strada extraurbana

locale 1 9

Le pertinenze stradali sono le parti della strada destinate in modo permanente al servizio o all'arredo funzionale di essa e si distinguono in pertinenze di esercizio e pertinenze di servizio. Sono pertinenze di esercizio quelle che costituiscono parte integrante della strada o ineriscono permanentemente alla sede stradale, mentre sono pertinenze di servizio le aree di servizio, con i relativi manufatti per il rifornimento ed il ristoro degli utenti, le aree di parcheggio, le aree ed i fabbricati per la manutenzione delle strade o comunque destinati dall'ente proprietario della strada in modo permanente ed esclusivo al servizio della strada e dei suoi utenti.

Acque di dilavamento di infrastrutture viarie

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Qualità delle acque di dilavamento di infrastrutture viarie L’acqua di pioggia subisce una contaminazione dilavando l’atmosfera, le strade e le pertinenze stradali. La prima interazione tra l’acqua e gli inquinanti avviene in atmosfera, in cui sono presenti inquinanti di origine naturale e antropica. Successivamente, l’acqua di pioggia dilava le superfici stradali trascinando una parte del materiale che si è accumulato durante il tempo asciutto. La deposizione atmosferica sul suolo avviene sia in tempo asciutto sia durante la pioggia: la prima è di entità minore e si manifesta per particelle molto piccole (dimensioni inferiori a 60 µm); la seconda avviene attraverso due fasi successive: l’incorporazione di sostanze nelle goccioline d’acqua entro la nube (rainout) e il dilavamento atmosferico (washout). I dati di letteratura mostrano un ampio ventaglio di concentrazioni di inquinanti nelle acque di pioggia quando giungono al suolo. In effetti, tali concentrazioni dipendono sia da fonti locali di inquinamento atmosferico, sia da fonti esterne e, quindi, da condizioni meteorologiche. In prevalenza, il carico inquinante di origine atmosferica riguarda i composti disciolti (metalli, cloruri, sodio). A titolo di esempio la tabella 2 illustra le concentrazioni di metalli nei campioni d’acqua piovana raccolti a Genova in occasione di cinque eventi meteorici nel periodo maggio - settembre 1996 (Riganti et al., 1997). Le frazioni di acqua piovana sono state raccolte mediante un pluviometro, posto ai margini di una strada a elevato traffico veicolare. Un campionatore automatico, dotato di 12 bottiglie, è stato collegato al pluviometro e programmato in modo da avviarsi in occasione di eventi meteorici e da destinare 200 ml di campione in ogni contenitore. Le deposizioni secche e quelle umide non sono state separate. Le determinazioni sui campioni di acqua piovana mostrano concentrazioni significative di metalli pesanti connessi al traffico veicolare; le concentrazioni dei vari analiti, in genere, decrescono nel corso di uno stesso evento; le prime acque di pioggia dilavano la frazione più consistente degli inquinanti presenti in atmosfera e del particolato depositato durante il tempo secco sull’imbuto del pluviometro. Le sedi stradali e le loro aree di pertinenza contribuiscono all’inquinamento dei deflussi meteorici attraverso due fenomeni successivi: l’accumulo durante il tempo asciutto e il dilavamento operato dalla pioggia. Gli inquinanti sulle superfici provengono dalla deposizione atmosferica di tempo asciutto, dal traffico veicolare (derivati di combustione dei carburanti, usura di pneumatici, parti meccaniche e impianto frenante dei veicoli, corrosione della carrozzeria dei veicoli, etc.), da rifiuti in prevalenza organici, dalla vegetazione, dall’erosione del manto stradale provocato dal traffico veicolare e dalla corrosione delle barriere. In letteratura esistono diversi studi che hanno cercato di individuare leggi di accumulo del materiale su superfici stradali appartenenti a diverse zonizzazioni urbane (Sartor e Boyd, 1974; Ellis e Revitt, 1982, Vaze e Chew, 2002); tali leggi sono differenti perché dipendono da numerosi fattori (morfologia delle sedi stradali, qualità del manto di usura, entità e tipologia del traffico veicolare, destinazione d’uso delle aree attraversate, meccanismi di trasporto e deposizione di sedimenti erosi, agenti atmosferici). Nella figura 1 sono presentate le leggi di accumulo dei rifiuti stradali per metro di strada trovate da Sartor e Boyd per diversa zonizzazione urbana.

Papiri S. e S. Todeschini

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Tabella 2 Concentrazioni di alcuni metalli in campioni di acque piovane raccolti a Genova tra maggio e settembre del 1996

Frazioni V [µg/l] Cr [µg/l] Ni [µg/l] Cu [µg/l] Zn [µg/l] Cd [µg/l] Pb [µg/l] Campioni 1

1 2 3

Campioni 2 1 2 3 4 5 6

Campioni 3 1 2 3 4 5

Campioni 4 1 2 3 4 5 6 7 8 9

10 Campioni 5

1 2 3 4 5 6 7

2,0 1,8 1,5

2,1 2,2 1,3 1,3 1,5 1,4

7,3 1,4 1,0 1,0 1,8

1,6 1,8 1,4 0,8 0,3 1,2 1,2 1,3 1,8 1,7

2,3 1,8 1,2 1,0 0,9 1,0 1,1

1,0 0,4 0,2

0,5 0,2 0,2 0,3 0,3 0,3

5,6 0,7 0,4 0,3 0,5

0,5 0,5 1,0 0,3 0,4 0,3 0,3 0,3 0,3 0,3

0,4 0,3 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1

3,1 5,4 1,1

3,4 1,1 1,0 1,0 1,3 1,5

8,2 2,4 1,4 1,3 2,8

3,3 1,6 2,3 2,3 0,9 1,1 0,9 0,7 0,8 0,8

3,9 2,6 0,8 0,7 0,7 0,7 2,2

89,3 24,2 39,4

94,9 34,6 49,6 30,9 109 157

428 123 104 151 312

161 155 87,3 59,0 47,8 92,1 61,5 49,6 54,0 52,7

452 244 154 144 127 113 285

1414 259 233

634 279 241 228 408 400

1991 369 319 358 653

869 426 657 217 197 211 149 76,4 75,5 84,1

1737 762 253 134 101 122 766

0,3 0,1 0,1

0,3 0,2 0,1 0,1 0,3 0,3

1,2 0,3 0,3 0,3 0,6

0,6 0,3 0,4 0,2 0,2 0,2 0,2 0,1 0,1 0,1

0,5 0,4 0,2 0,1 0,1 0,1 0,3

1,5 0,6 0,5

1,0 0,4 0,5 0,4 0,8 5,2

154 20,7 15,1 10,5 28,7

4,0 3,9 1,6 5,3

26,3 10,9 4,2

16,9 10,8 10,1

5,8 1,3 1,2 4,3 4,5 4,7 4,3

Figura 1 Accumulo dei rifiuti stradali in funzione del tempo secco antecedente [Sartor e Boyd, 1974]

Acque di dilavamento di infrastrutture viarie

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Si osserva che la maggior quantità di materiale si accumula sulla massicciata nei giorni immediatamente successivi all’ultima pulizia. L’azione del vento e degli spostamenti d’aria provocati dal traffico veicolare spostano parte dei sedimenti fuori dalla piattaforma stradale; per questo motivo, l’accumulo di materiale raggiunge un valore limite dopo un certo numero di giorni. La tabella 3 illustra i principali agenti inquinanti che si depositano su strade e pertinenze stradali e le loro fonti di emissione (Ball et al., 1998).

Tabella 3 Agenti inquinanti di infrastrutture viarie e loro fonti di emissione

Agenti inquinanti Principali fonti di emissione Particolato Consumo della pavimentazione, deposizione atmosferica, manutenzione stradale Azoto e fosforo Deposizione atmosferica, fertilizzanti utilizzati sul bordo della strada Piombo Gas di scarico, consumo freni, oli lubrificanti, grassi, consumo cuscinetti Zinco Usura dei pneumatici, olio motore, grassi, corrosione dei guard-rail

Ferro Usura della parti meccaniche dei veicoli, corrosione delle carrozzerie, strutture in ferro sulle strade (pannelli, guard-rail, segnaletica)

Rame Usura freni, carrozzeria veicoli, usura della parti meccaniche, insetticidi e anticrittogamici

Cadmio Usura pneumatici Cromo Carrozzeria veicoli, consumo freni e frizione Nichel Combustione a diesel, oli lubrificanti, carrozzerie, asfalto ,consumo freni Manganese Usura parti meccaniche Sodio, calcio, cloro Prodotti antigelo Zolfo Benzine, prodotti antigelo Petrolio Perdite dai motori,asfalti e bitume Bromo Gas di scarico dei motori Gomma Consumo pneumatici Amianto Consumo freni e frizione

L’acqua di pioggia dilava gli inquinanti accumulati sulle superfici nel periodo antecedente l’evento meteorico (wash-off). In particolare, l’azione dell’acqua sul suolo si manifesta secondo due modalità: l’impatto delle gocce e lo scorrimento superficiale. Il primo provoca essenzialmente distacco, mentre il secondo trasporto delle particelle. L’entità di tali fenomeni è legata sia all’intensità e alla durata della precipitazione, sia alla tipologia di superficie dilavata. Come già affermato, la morfologia delle sedi stradali, la qualità del manto di usura, l’entità e tipologia del traffico veicolare e la destinazione d’uso delle aree attraversate condizionano le dinamiche di accumulo e dilavamento degli inquinanti sulle superfici. In particolare, la tabella 4 mostra i diversi valori di concentrazione di alcuni parametri inquinanti nelle acque di scorrimento su aree a parcheggio, sedi stradali ad alto, medio, basso traffico e strade in aree residenziali del bacino di Marquette (Bannerman, 1999). All’aumentare dell’importanza della strada in termini di flusso veicolare aumentano i carichi inquinanti; le concentrazioni di nutrienti, di sostanze organiche e di metalli pesanti misurate nelle arterie ad alto traffico sono due o tre volte superiori a quelle delle strade a medio traffico. Le strade residenziali e quelle ad alto traffico presentano un inquinamento organico confrontabile. Nelle aree a parcheggio la concentrazione di idrocarburi è molto maggiore rispetto a quella riscontrata nelle strade; nella fase di accensione il veicolo consuma più carburante rispetto alla normale marcia; inoltre, durante la sosta le perdite di oli e benzine sono più frequenti (Ball et al. 1998).

Papiri S. e S. Todeschini

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Tabella 4 Concentrazioni medie di alcuni inquinanti nelle acque di dilavamento di diverse tipologie di strade nel bacino di Marquette

Tipologie di strade

Fosforo [mg/l]

Azoto [mg/l]

Azoto Kjeldahl

[mg/l]

BOD5 [mg/l]

PAH(*) [µg/l]

Pirene [ppb]

Zinco solubile [µg/l]

Rame solubile [µg/l]

Parcheggio commerciale 0.20 1.94 1.6 10.5 75.6 12.2 64 10.7

Strada ad alto traffico 0.31 2.95 2.5 14.9 15.2 2.37 73 11.2

Strada a medio traffico 0.23 1.62 1.3 11.6 11.4 1.75 44 7.3

Strada a basso traffico 0.14 1.17 0.9 5.8 1.7 0.27 24 7.5

Strada residenziale 0.35 2.10 1.8 13.0 1.8 0.34 27 11.8

(*) PAH : idrocarburi policiclici aromatici Artina e Maglionico hanno condotto indagini sul lavaggio, operato dalla pioggia, degli inquinanti accumulati sulla superficie stradale (Artina e Maglionico, 2003). Sono state campionate le acque in ingresso a due caditoie lungo la via Emilia nel 1996 (tabella 5) e a una caditoia lungo via Togliatti nel 2002 (tabella 6). Inoltre, si sono analizzati i sedimenti prelevati dalla caditoia di via Togliatti (tabella 7).

Tabella 5 Concentrazioni di inquinanti rilevate in ingresso a due caditoie a Bologna (via Emilia)

Data 5/06/96 25/06/96 28/08/96 11/11/96

Tempo asciutto [h] 117 48 64 72

Cad. 1 Cad. 2 Cad. 1 Cad. 2 Cad. 1 Cad. 2 Cad. 1 Cad. 2

SS [mg/l] 1212 1304 244 212 512 1162 504 372

COD [mg/l] 809 766 489 329 327 647 443 370 Oli minerali [mg/l] - - 0.65 1.24 9.9 10.2 0.9 3.42

Tabella 6 Concentrazioni rilevate in ingresso a una caditoia in via Togliatti a Bologna il 26/08/02

Parametro Unità di misura Valore minimo Valore massimo pH - 6,0 6,2 Conducibilità a 20°C µS/cm 195 271 Materiali in sospensione mg/l 292 434 COD mg/l 232 319 Nitrati mg/l 3,5 7,1 Solfati mg/l 12,1 24,7 Cloruri mg/l 6,7 9,38 TOC mg/l 15,0 24,9 Cadmio mg/l 0,00011 0,00051 Nichel mg/l 0,003 0,005 Piombo mg/l 0,0035 0,0109 Platino mg/l < 0,0001 < 0,0001 Rame mg/l 0,029 0,045 Palladio mg/l < 0,0001 < 0,0001 Rodio mg/l 0,0001 0,0001 Vanadio mg/l 0,004 0,005 Zinco mg/l 0,089 0,122

Acque di dilavamento di infrastrutture viarie

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Tabella 7 Sostanze presenti nel materiale depositato in una caditoia di via Togliatti a Bologna

Parametro Unità di misura Valore Nitrati mg/kg 19,9 Solfati mg/kg 165 Cloruri mg/kg 8,07 TOC % 6,31 Cadmio mg/kg 0,588 Nichel mg/kg 31,7 Piombo mg/kg 283 Platino mg/kg < 0,1 Rame mg/kg 122 Palladio mg/kg 0,2 Rodio mg/kg < 0,1 Vanadio mg/kg 23,1 Zinco mg/kg 612

Le determinazioni sui campioni prelevati in caditoia mostrano che le concentrazioni e le masse di SS, COD, oli minerali e metalli pesanti sono molto consistenti nelle caditoie e che esiste una buona correlazione tra tempo secco antecedente l’evento meteorico e solidi in sospensione. La tabella 8 illustra i primi risultati di un indagine tesa alla caratterizzazione qualitativa delle acque meteoriche dilavanti un’area di pertinenza dell’autostrada Brescia Piacenza (A21). Il sito sperimentale è localizzato presso la barriera a pedaggio di Cremona ed è interessato da un flusso veicolare medio di circa 13.000 unità al giorno. I mezzi in transito sono in prevalenza leggeri (68% dei totali). L’area indagata, di circa 2.560 m2, è costituita dalla sede stradale antistante la barriera a pedaggio e da un parcheggio. Le concentrazioni dei parametri inquinanti presentano un campo di variabilità abbastanza ampio, in analogia a quanto riscontrato da Legret e Pagotto su un tratto dell’autostrada francese Loire Atlantique (A11) (Legret e Pagotto, 1999). Le concentrazioni di cloruri sono più consistenti in inverno quando il sale viene sparso per evitare la formazione del ghiaccio. BOD5, COD, azoto e fosforo hanno concentrazioni piuttosto contenute; ciò è spiegabile con il fatto che l’area è soggetta a frequenti operazioni di pulizia per la presenza della sede della Società che gestisce l’autostrada. Le concentrazioni di metalli pesanti sono abbastanza elevate, perché gli usuali mezzi di pulizia del manto stradale presentano una bassa efficacia di rimozione delle particelle più fini alle quali è associata la maggior parte dei metalli pesanti.

Papiri S. e S. Todeschini

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Tabella 8 Concentrazioni di inquinanti nelle acque di dilavamento del sito sperimentale di Cremona

Parametro 26/02 10/03 12/03 24/03 19/04 05/05 Unità di misura Cloruri 213 1,07 177 56 46 18 mg/l Cl- Solfati 5 7 6 5 4 3 mg/l SO4

--

Alluminio - - - - 178 - µg/l Al Azoto nitrico 0,36 0,3 0,9 <0,9 0,6 0,38 mg/l N Azoto nitroso 0,11 0,08 0,06 0,1 0,02 0,05 mg/l N Azoto ammoniacale 0,8 0,52 1,3 0,89 0,33 0,03 mg/l N Azoto totale 1,3 1 2 1 1 <1 mg/l N BOD5 13 41 13 15 7 5 mg/l O2 COD 41 122 40 50 17 15 mg/l O2 Idrocarburi 0,14 0,3 0,52 0,45 <0,05 <0,05 mg/l Ferro - - - - - 657 µg/l Fe Rame - - - - 171 252 µg/l Cu Zinco 77 225 950 69 41 65 µg/l Zn Fosforo totale 0,06 <0,03 0,06 0,06 <0,03 <0,03 mg/l P Solidi sospesi 22 51 52 44 4 26 mg/l Cromo (somma) - - - - <10 <10 µg/l Cr Nichel - - - - <10 <10 µg/l Ni Piombo 15 37 48 22 12 25 µg/l Pb Saggio tossicità Daphnia Magna - - - - - 80 % immobili dopo 24h

Parametro 24/05 22/06 27/07 15/09 27/10 30/12 Unità di misura Cloruri 15 11 4 7 5 43 mg/l Cl- Solfati 4 4 2 4 3 3 mg/l SO4

--

Alluminio - 338 16 340 610 443 µg/l Al Azoto nitrico 0,45 <1 0,7 0,3 0,5 0,7 mg/l N Azoto nitroso 0,07 0,36 0,06 0,07 0,07 0,11 mg/l N Azoto ammoniacale 0,03 0,58 1,6 0,74 0,78 1,11 mg/l N Azoto totale 0,6 1 2 1 1 2 mg/l N BOD5 9 12 7 10 10 3 mg/l O2 COD 27 40 18 33 32 10 mg/l O2 Idrocarburi <0,05 <0,05 <0,05 <0,05 <0,05 <0,05 mg/l Ferro 664 1,067 69 570 455 1,052 µg/l Fe Rame 350 398 613 270 310,6 213 µg/l Cu Zinco 3,750 620 258 170 115 72 µg/l Zn Fosforo totale <0,03 <0,03 <0,03 <0,03 <0,03 0,07 mg/l P Solidi sospesi 30 56 22 22 87 32 mg/l Cromo (somma) <10 <10 <10 <10 <10 <10 µg/l Cr Nichel <10 <10 <10 <10 <10 <10 µg/l Ni Piombo 51 <10 20 16 51 <10 µg/l Pb Saggio tossicità Daphnia Magna 100 - 100 73 100 40 % immobili dopo 24h Controllo delle acque di dilavamento di infrastrutture viarie Il controllo delle acque meteoriche di dilavamento di infrastrutture viarie può essere conseguito sia mediante interventi non strutturali, sia attraverso interventi strutturali. Gli interventi non strutturali trovano impiego in zona urbana e nelle pertinenze stradali e consistono nell’attuazione di protocolli di manutenzione delle pavimentazioni e delle caditoie stradali atti ad asportare le polveri e i depositi. Tali interventi consentono di conseguire differenti efficienze di abbattimento degli inquinanti, in funzione della frequenza e dei mezzi impiegati per la pulizia. Gli interventi strutturali, proposti in letteratura e, in parte, già impiegati sia in ambiente urbano, sia in quello extraurbano, sono molteplici; tra essi si annoverano:

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- scaricatori di piena abbinati a capacità di invaso; - impianti di grigliatura, sedimentazione e separazione di oli e grassi; - filtri a sabbia; - bacini di detenzione; - sistemi di filtrazione e biofiltrazione; - sistemi di infiltrazione; - sistemi di affinamento: fitodepurazione e lagunaggio.

Tali sistemi si avvalgono di processi fisici, chimici e biologici per abbattere i contaminanti; in particolare, operano mediante sedimentazione, flottazione, filtrazione, adsorbimento e trasformazioni biologiche. La memoria presenta ora una rassegna tipologica dei sistemi di controllo appena elencati; in particolare descrive il loro funzionamento e indaga la loro efficacia nella rimozione degli inquinanti.

Scaricatori di piena abbinati a capacità di invaso

Gli invasi costituiscono uno dei mezzi più usati per il controllo quali-quantitativo delle acque meteoriche; assicurano un’efficace protezione ambientale dal momento che trattengono e escludono dallo scarico una notevole percentuale di inquinanti veicolati dalle acque meteoriche. Gli invasi possono essere realizzati in funzione degli eventi meteorici massimi in modo da ridurre il pericolo di incontrollati allagamenti (vasche volano o di laminazione), oppure al fine di accogliere e trattenere le acque di prima pioggia (vasche di prima pioggia). Le figure 2.a e 2.b illustrano gli schemi di rete unitaria e separata che prevedono sia vasca di prima pioggia sia vasca di laminazione.

Figura 2.a Schemi di reti unitarie con vasca di prima pioggia e vasca volano in linea e fuori linea

[Sistemi di Fognatura CSDU, Hoepli].

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Figura 2.b Schemi di reti separate con vasca di prima pioggia e vasca volano in linea e fuori linea

[Sistemi di Fognatura CSDU, Hoepli].

Impianti di grigliatura, sedimentazione e separazione di oli e grassi

L’inquinamento delle acque dilavanti aree di rifornimento carburante, autorimesse, parcheggi asfaltati, aree di caselli a pedaggio è principalmente dovuto a materiali grossolani, oli minerali e grassi. Di norma, l’impianto di trattamento è costituito da un dissabbiatore (una vasca per la sedimentazione dei solidi grossolani: sabbie e terriccio) e da un disoleatore (una vasca per la separazione degli oli minerali e dei grassi). Tali impianti si dividono in due classi:

- classe I: impianti che si avvalgono di filtro a coalescenza e abbattono la concentrazione di oli minerali e idrocarburi a valori inferiori ai 5 mg/l imposti dal D. Lgs. 258/2000 per lo scarico in acque superficiali;

- classe II: impianti che usano solo la separazione a gravità e rilasciano l’acqua con concentrazioni di oli e idrocarburi superiori ai limiti stabiliti per lo scarico in acque superficiali.

Nella vasca di sedimentazione il flusso dell’acqua è frenato da un tubo a T inserito all’ingresso della vasca; il materiale pesante si deposita sul fondo. Poi, l’acqua passa nella vasca di disoleazione ove può essere presente anche il filtro a coalescenza. Tale filtro separa le microparticelle leggere, che non si scindono dall’acqua per semplice flottazione, aumentando il rendimento di separazione. Infine, l’acqua trattata raggiunge un pozzetto di raccolta e viene inviata al recapito finale. In letteratura, non sono presenti dati certi sull’effettiva efficacia di tali sistemi, ma soltanto dati forniti dal costruttore. L’efficacia di rimozione dei sedimenti è bassa (stimata dell’ordine del 20-40%) perché il tempo di detenzione, in genere, è molto breve e si verificano fenomeni di ripresa in sospensione di sedimenti depositati in precedenza. L’efficienza nella separazione di idrocarburi è, invece, molto alta se ci si avvale di filtri a coalescenza. In realtà, l’efficienza del sistema è connessa alla sua manutenzione; dopo ogni evento la vasca di sedimentazione dovrebbe essere controllata e, eventualmente, pulita.

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La camera di raccolta e stoccaggio degli idrocarburi è dotata di un dispositivo che segnala quando è piena e deve essere svuotata.

Filtri a sabbia

I filtri a sabbia costituiscono un sistema di controllo qualitativo delle acque meteoriche di dilavamento; possono essere installati “fuori linea”, per trattare solo il deflusso iniziale, oppure “in linea”, per trattare tutto il deflusso. Di norma, questo sistema è costituito da una zona di pretrattamento, da una vasca di sedimentazione per eliminare i sedimenti più grossolani e catturare gli idrocarburi non emulsionati che potrebbero occludere il mezzo filtrante, da una camera filtrante costituita da un letto di sabbia ove avviene la rimozione di una parte dei sedimenti fini e delle sostanze disciolte. Tale sistema abbatte i solidi sospesi mediante sedimentazione e filtrazione; il fosforo mediante precipitazione, adsorbimento e decomposizione biologica; l’azoto organico mediante assorbimento delle particelle di sabbia, in presenza di batteri chemioautotrofi; NH3

+ e NH4

+ mediante lisciviazione, in presenza di batteri nitrificanti; i metalli pesanti mediante sedimentazione e filtrazione; gli idrocarburi mediante adsorbimento durante il passaggio attraverso il mezzo filtrante. L’acqua filtrata viene raccolta da un sistema di drenaggio e convogliata verso il corpo ricettore. Esistono diverse tipologie di filtri a sabbia e, principalmente, la distinzione è tra:

- filtri a sabbia interrati (Deleware sand filter) - filtri a sabbia in superficie (Austin sand filter)

I filtri a sabbia interrati possono essere installati “in linea” o “fuori linea”. Nel sistema in linea, figura 3, il deflusso entra direttamente nella vasca di sedimentazione attraverso delle griglie, passa nella camera di filtraggio (strato di sabbia di spessore 45 cm e strato sottostante di ghiaia di spessore 15 cm) attraverso uno sfioratore, viene convogliato a una camera di raccolta e inviato allo scarico. Il deflusso che eccede la capacità di trattamento del letto filtrante sfiora dalla vasca di sedimentazione direttamente nella camera di raccolta. Nel sistema fuori linea, figura 4, l’acqua meteorica viene separata e una parte va al pretrattamento (vasca di sedimentazione e separazione di idrocarburi), passa nella camera di filtrazione, viene raccolta da un sistema di drenaggio, convogliata in una camera di raccolta e inviata al ricettore. La tabella 9 illustra alcuni risultati di studi condotti su filtri a sabbia interrati inseriti in linea.

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Figura 3 Schema di filtro a sabbia interrato installato in linea [Young, 1996]

Figura 4 Schema di filtro a sabbia interrato installato fuori linea [Young, 1996]

Tabella 9 Percentuale di inquinanti rimossi da filtri a sabbia interrati in linea [FHWA]

Studi SSTOT [%] TP [%] Metalli [%] Commenti Bell et al., 1995 79 65 25-91 Horner et al, 1995 < 81 43-60 22-66 Rimozione di oli minerali e grassi > 80%

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I filtri a sabbia in superficie vengono installati in configurazione “fuori linea” e trattano esclusivamente il deflusso di prima pioggia. Tale sistema è formato da una camera di by-pass per proteggere il sistema da deflussi troppo grandi, da una camera di sedimentazione che provvede al pretrattamento e da una camera di filtrazione formata da un letto di sabbia. Il deflusso, una volta passato attraverso il letto filtrante, viene raccolto da un sistema di drenaggio, formato da uno strato di ghiaia e tubazioni, e convogliato allo scarico (figura 5).

Figura 5 Schema di un filtro a sabbia in superficie [FHWA]

La tabella 10 mostra i risultati di indagini tese alla valutazione dell’efficacia di rimozione di inquinanti dei filtri a sabbia in superficie.

Tabella 10 Percentuale di inquinanti rimossi da filtri a sabbia in superficie [FHWA]

Studi SSTOT [%]

TP [%]

TN [%]

Metalli [%] Commenti

City of Austin 1 (1990) 75 59 44 34-82 Alta rimozione di Pb e Zn, bassa di Cu City of Austin 2 (1990) 92 80 71 84-91 City of Austin (1990) 87 61 32 60-81 Welborn and Veeenhuis (1987) 78 27 27 33-60 I filtri a sabbia richiedono un’accurata e regolare manutenzione per garantire un efficace trattamento delle acque meteoriche di dilavamento. E’ necessario che l’impianto venga controllato a seguito di ogni evento meteorico consistente e, comunque, ogni 3 mesi per verificare che la conducibilità idraulica del mezzo filtrante sia ancora buona. In caso contrario, si interviene rimuovendo lo strato di materiale che si deposita sullo strato superficiale del letto. Quando il letto risulta completamente intasato è necessaria la sua sostituzione con materiale nuovo; questa operazione è molto onerosa in quanto il materiale intasato costituisce un rifiuto tossico.

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In sintesi, gli elevati costi di realizzazione, la facilità di intasamento superficiale del mezzo filtrante e la necessità di frequente e accurata manutenzione costituiscono i principali limiti di tali sistemi di controllo.

Bacini di detenzione

I bacini di detenzione (wet lands) sono sistemi costituiti da vasche interrate, bacini artificiali o avvallamenti realizzati con terreno filtrante precostituito e inerbito con una ricca vegetazione; al di sotto del terreno filtrante un sistema di drenaggio convoglia le acque filtrate al recapito finale (figura 6).

Figura 6 Schema di bacino di detenzione [ridisegnato FHWA]

I bacini di detenzione possono servire aree molto estese, fino a 20 ha e vengono dimensionati per invasare volumi di deflusso connessi a eventi meteorici di durata 48-72 ore e tempo di ritorno 10 anni. Tali sistemi attuano un controllo sia idraulico quantitativo: invasano provvisoriamente i volumi idrici connessi al dilavamento superficiale e li restituiscono al ricettore finale con una portata ridotta, sia ambientale qualitativo: i processi di sedimentazione e di infiltrazione abbattono i solidi sedimentabili, non sedimentabili e i metalli pesanti, mentre processi chimici e biologici riducono i nutrienti e le sostanze solubili. La tabella 11 riporta i risultati di una serie di monitoraggi su una wet land in Virginia, USA (FHWA).

Tabella 11 Percentuale di rimozione degli inquinanti in un bacino di detenzione in Virginia (USA)

Inquinanti % di rimozione degli inquinanti Range media Sedimenti 32-91 74 Fosforo totale 12-91 49 Azoto totale 6-85 34 Zinco 13-96 59 Piombo 23-95 69 L’accumulo di sedimenti sul fondo del bacino riduce la capacità d’invaso e rende l’ambiente poco salubre; pertanto, i detriti andrebbero rimossi almeno due volte all’anno.

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Sistemi di filtrazione e biofiltrazione

I principali sistemi di filtrazione e biofiltrazione sono i filtri a strisce vegetali e i canali erbosi. Tali sistemi trovano impiego nei terrapieni contigui alla sede stradale o nella zona dello spartitraffico. I filtri a strisce vegetali vengono impiegati per servire superfici poco estese lungo autostrade, ai lati di aree a parcheggio o di caselli a pedaggio. In particolare, il Washington State Department of Transportation suggerisce di utilizzare il sistema di filtro a strisce vegetali per il trattamento delle acque meteoriche provenienti da strade con al massimo 2 corsie per senso di marcia e con un traffico medio giornaliero che non superi i 30.000 veicoli. Tale sistema risulta facilmente intasabile; pertanto, necessita di una manutenzione frequente della copertura vegetale tagliando o, comunque, evitando la crescita di piante parassite. La vita utile del filtro a strisce vegetali è connessa ai carichi inquinanti presenti nelle acque di dilavamento e alla manutenzione e può raggiungere 7-10 anni. Uno schema di sistema con filtri a strisce vegetali è illustrato in figura 7.

Figura 7 Schema del sistema con filtri a strisce vegetali [Indiana Country Conservation District]

I canali erbosi sono progettati per una duplice funzione: allontanare e trasportare le acque meteoriche; provvedere a un controllo qualitativo del deflusso. Il sistema “grass channel” consiste in un canale poco profondo a sezione trapezia con inclinazione delle sponde 3:1, ricoperto da fitta vegetazione. Esso consegue l’abbattimento degli inquinanti mediante filtrazione attraverso la copertura vegetale e infiltrazione nel suolo. I canali erbosi arrivano fino a una lunghezza di 60 m; la larghezza varia da 0,6 a 3 m. Vengono dimensionati per filtrare, con un battente di 10-15 cm, la pioggia correlata a eventi con tempo di ritorno 6 mesi e per raccogliere deflussi connessi a eventi con tempo di ritorno 10 anni. Il sistema “dry swale” (depressione artificiale secca) provvede al controllo qualitativo essenzialmente mediante infiltrazione nel suolo. Il suolo deve possedere un’alta permeabilità per garantire l’infiltrazione del volume immagazzinato in un tempo ragionevole, dell’ordine di un giorno. Il sistema “wet swale” (depressione artificiale umida) utilizza processi di sedimentazione e l’assorbimento vegetale per trattare le acque. In tale sistema permane sempre un certo livello

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d’acqua per avere il terreno sul fondo del canale in condizione satura e garantire lo sviluppo delle piante acquatiche. Nella figura 8 sono rappresentati i tre tipi di canale.

Figura 8 Sezioni dei sistemi “grass channel”, “dry swale”, “wet swale” [FHWA]

I tre sistemi di canali possono servire piccole aree impermeabili, al massimo 2 ha. Sovente, la scelta è influenzata dalla permeabilità dell’area in esame: “grass channel ” e “dry swale” richiedono un suolo ad alta permeabilità con capacità di infiltrazione > 7 mm/h; “wet swale”, al contrario, necessita di un suolo poco permeabile. La tabella 12 riporta le percentuali di rimozione di alcuni inquinanti mediante le tre tipologie di canale erboso (Barret et al., 1999).

Tabella 12 Percentuale di inquinanti rimossi dai tre tipi di canale

Tipo di “swale” TSS % TP % TN % Metalli % Idrocarburi % grass 70 30 25 65-90 50-65 dry 80-90 35 40 80-90 45-60 wet 80-90 20 30 40-70 30-40

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La manutenzione di un canale erboso consiste nel rimuovere i sedimenti che si depositano, nel tagliare periodicamente l’erba, mantenendo l’altezza dello stelo almeno pari al livello del pelo libero della corrente, e nel rinfoltire le zone prive di vegetazione.

Sistemi di infiltrazione

I sistemi di infiltrazione nel suolo: trincee drenanti e bacini di infiltrazione, costituiscono sistemi di controllo sia ambientale, sia idraulico e risultano efficaci in terreni a elevata permeabilità e con falda lontana dal piano campagna. Le trincee drenanti sono trincee riempite con aggregato inerte e rivestite con uno strato di geotessile (figura 9). Esse sono costituite da uno strato superficiale, un filtro di geotessuto, una struttura serbatoio, uno strato di sabbia e un filtro in geotessile laterale. Lo strato superficiale, dello spessore di 150-300 mm, è costituito da pietrisco di pezzatura 20-30 mm e ha il compito di trattenere i sedimenti più grossolani. La struttura serbatoio è costituita da ghiaia di pezzatura 40-75 mm. Lo strato di sabbia, di spessore 150-300 mm, ha lo scopo di trattenere i metalli pesanti: in particolare, zinco e piombo. Il geotessile garantisce un effetto di filtrazione e previene l’intasamento della trincea.

Figura 9 Schema di una trincea drenante [ridisegnato da Scheuler, 1987, FHWA]

La tabella 13 mostra le percentuali di rimozione di alcuni inquinanti conseguite mediante l’impiego di trincee drenanti a Washington (Scheuler, 1987, FHWA).

Tabella 13 Percentuali di rimozione di inquinanti mediante trincea drenante

Inquinanti Sedimenti Fosforo totale Azoto totale Metalli pesanti BOD Batteri % di rimozione 90 60 60 80 80 90 Gli interventi di manutenzione ordinaria delle trincee drenanti consistono nella rimozione di materiali grossolani, detriti e sporcizia dallo strato superficiale. Qualora si intasino lo strato drenante o quello sabbioso, lo strato superficiale e il geotessile vengono asportati per

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consentire la sostituzione del materiale intasato con quello nuovo. Tale operazione è piuttosto onerosa. I bacini di infiltrazione sono invasi artificiali di profondità 0,3-0,6 m che immagazzinano temporaneamente le acque meteoriche. Tali bacini si impiegano per il drenaggio di aree estese fino a 12 ha e possono prevedere inserimento “in linea” o “fuori linea”. Laddove il carico di traffico è elevato e le acque di dilavamento sono cariche di inquinanti, si rende necessario adottare un sistema di pretrattamento con vasca di prima pioggia e impianto separatore di oli. La figura 10 illustra un bacino di infiltrazione combinato a un impianto disoleatore.

Figura 10 Bacino di infiltrazione combinato con impianto disoleatore [Sauli, 2000]

I bacini di infiltrazione vengono realizzati su terreni a elevata permeabilità, almeno 13 mm/h e sono dimensionati per infiltrare piogge con tempo di ritorno 10 anni entro 48-72 ore. La tabella 14 illustra i risultati di uno studio condotto a Washington e finalizzato alla valutazione dell’efficacia nell’abbattimento degli inquinanti mediante bacini di infiltrazione (Schueler, 1987, FHWA).

Tabella 14 Percentuali di rimozione di inquinanti mediante bacino di infiltrazione

Inquinanti Sedimenti Fosforo totale Azoto totale Metalli pesanti BOD Batteri % di rimozione 75-90 50-70 45-65 85-90 70-80 75-90 La sedimentazione del particolato provoca l’intasamento degli strati superiori di terreno riducendo la capacità filtrante di tale sistema; pertanto, è necessaria una frequente manutenzione per garantire una buona capacità di infiltrazione.

Sistemi di affinamento: fitodepurazione e lagunaggio

I sistemi di fitodepurazione prevedono l’impiego di piante acquatiche, le macrofite, per biodepurare le acque di dilavamento raccolte in bacini. Tali sistemi possono essere impiegati sia come trattamenti secondari, sia come trattamenti terziari a valle di impianti di depurazione convenzionali. I meccanismi biologici di rimozione si sviluppano a livello degli apparati radicali e rizomatosi delle piante acquatiche che possono essere emergenti, sommerse o galleggianti. La capacità di

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assorbimento dei metalli pesanti per diverse tipologie di essenza sono illustrate in tabella 15 (Cera e Di Maggio, 2000).

Tabella 15 Capacità di assorbimento dei metalli pesanti per diverse essenze

Tipo di essenza Cd [kg/ha]

Cr [kg/ha]

Cu [kg/ha]

Fe [kg/ha]

Mn [kg/ha]

Ni [kg/ha]

Pb [kg/ha]

Zn [kg/ha]

P [kg/ha]

N [kg/ha]

Typha Agustifolia 0,008 0,008 15,80 11,22 0,027 0,629 90 230 Typha Latifolia 0,01 0,36 13,66 0,8 30 180 Giunchi canne Phragmitee comunis 0,003 0,026 0,188 41,2 7,44 0,068 1,658 40 800 Juncus roemerianus 20 1200 Erbe Phararis arudinacee 0,25 43 430 Spertina altemiflora 5,8 6 1200 Spertina e Phararis 0,0004 0,0086 Altre specie Jiustica americana 0,55 24 2 4,2 Baticomia pacifica 0,23 1 0,5 0,56 Elcomia 0,14 13,44 30,2 20,2 0,33 0,44 2,68 297 20 Carex stricta 0,02 0,062 103,4 26,36 0,067 1,714 2 50 Selrpus lacustre 0,023 0,016 26,2 40,32 0,058 1,68 67 160

La depurazione mediante lagunaggio sfrutta i meccanismi di sedimentazione, filtrazione, assorbimento, degradazione aerobica e anaerobica delle sostanze inquinanti. I bacini sono colonizzati da una grande varietà di organismi viventi (batteri, alghe, zooplancton, piante acquatiche) che garantiscono una buona efficienza depurativa. L’efficienza depurativa di uno stagno biologico è strettamente legata al tempo di permanenza del deflusso nei letti preposti ai trattamenti di lagunaggio.

Scelta del sistema di controllo La scelta del sistema di controllo più idoneo per la specifica realtà in esame dovrebbe prevedere due fasi procedurali: un’analisi oggettiva in cui si individua un insieme di possibili interventi di controllo e un’analisi multiobiettivo tramite la quale si seleziona il sistema più idoneo. In particolare, con l’analisi oggettiva si indagano le caratteristiche fisiche, geolitologiche e geomorfologiche dell’area; si determinano le caratteristiche fisiche dell’infrastruttura viaria; si valutano i carichi inquinanti; si individuano gli obiettivi di controllo da conseguire; si individuano i possibili interventi di controllo. Mediante l’analisi multiobiettivo si valutano i costi e i benefici connessi ai possibili sistemi di controllo; si prendono in considerazione l’impatto paesaggistico e quello ambientale; si stimano i rischi di sversamenti accidentali di liquidi inquinanti. L’analisi costi-benefici valuta i costi di realizzazione, di esercizio, di manutenzione e i benefici del sistema nella rimozione di inquinanti. La valutazione paesaggistica e ambientale considera gli aspetti benefici dell’opera (gradevole elemento paesaggistico, habitat per ecosistemi acquatici) e quelli negativi (sottrazione di spazio, cattivi odori, rischi di esondazione). Il rischio di sversamenti accidentali di liquido inquinante si valuta in funzione della probabilità e della gravità dell’evento (R = p G, dove R: rischio; p: probabilità di accadimento; G: gravità). La probabilità di accadimento si evince dalle serie storiche osservate. La gravità si stabilisce dalla rilevanza, dalla vulnerabilità e dalla sensibilità del sito a rischio.

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La grande variabilità delle situazioni e la molteplicità dei sistemi di controllo proposti in letteratura rendono estremamente difficile una sintesi sulla necessità del controllo e sulla scelta della tipologia più idonea; sembrano comunque ragionevoli le considerazioni che seguono. E’ impensabile intervenire su “tutte” le acque di dilavamento dell’intera rete nazionale, in quanto ciò comporterebbe costi insostenibili. Sistemi di controllo dovrebbero essere attuati: - in tutte le autostrade e strade extraurbane principali ad alto e medio traffico di nuova

realizzazione o esistenti assoggettate a interventi di ristrutturazione; - nelle tratte di autostrade e strade extraurbane principali ad alto traffico esistenti, in

presenza di ambiti territoriali di particolare pregio ambientale (habitat di pregio, riserve naturali, risorgive) o acquiferi pregiati e vulnerabili (falde idriche, pozzi e sorgenti di uso idropotabile);

- in tutte le nuove infrastrutture viarie urbane ad alto o medio traffico o esistenti assoggettate a interventi di ristrutturazione.

La soluzione più idonea per le situazioni più critiche extraurbane, rappresentate da strade ad alto traffico (autostrade e strade extraurbane principali) e relative aree di pertinenza posizionate in aree sensibili, sembra essere quella di una rete di drenaggio delle acque di dilavamento con vasche di 1a pioggia dimensionate sulla base di 50 m3/haimp e successivo trattamento; le acque stoccate devono essere sottoposte a un trattamento di dissabbiatura /sedimentazione e disoleatura con filtri a coalescenza e a un affinamento del trattamento, ad esempio mediante fitodepurazione. Per le strade extraurbane ad alto traffico posizionate in aree non sensibili e le strade extraurbane a medio traffico, invece, le possibili soluzioni di intervento sono molteplici. Per le strade a basso traffico, si ritiene che le acque meteoriche di dilavamento della piattaforma stradale non richiedano alcun trattamento in quanto caratterizzate da una concentrazione media di inquinanti sufficientemente bassa. In ambiente urbano il controllo delle acque meteoriche di dilavamento dovrebbe avvalersi di interventi sia non strutturali, sia strutturali. L’impiego di scaricatori di piena abbinati a idonee capacità di invaso è comunque in grado di garantire un’efficace protezione ambientale. Conclusioni Le acque meteoriche di dilavamento di strade urbane ed extraurbane, nonché delle loro aree di pertinenza, sono molto contaminate e, in assenza di interventi di mitigazione, producono un impatto molto negativo sulla qualità del ricettore. Pertanto, la progettazione stradale deve prevedere infrastrutture idrauliche e manufatti atti sia alla difesa idraulica del corpo stradale, sia alla tutela dell’ambiente e delle risorse idriche. A tal proposito, va sottolineata la necessità di aggiornamenti normativi in merito ai presidi di intercettazione e controllo qualitativo delle acque di dilavamento stradale. In particolare, devono essere individuati i valori di soglia dei volumi di traffico oltre i quali occorre intervenire con specifici sistemi di controllo; deve essere precisata la gamma di tali impianti in funzione della tipologia di strada o area di pertinenza; deve essere condotto il censimento delle aree sensibili. La scelta del sistema di controllo più idoneo a una specifica realtà deve seguire un percorso logico basato su due fasi procedurali: un’analisi oggettiva riguardante l’opportunità di intervento, la localizzazione dell’opera, la compatibilità con il territorio, l’efficienza nella rimozione degli inquinanti, gli aspetti gestionali e un’analisi multiobiettivo che sviluppi

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un’analisi costi-benefici, valuti l’impatto paesaggistico-ambientale e il rischio di sversamenti accidentali di liquidi inquinanti. Qualsiasi sistema di controllo si scelga per mitigare l’impatto delle acque di dilavamento di un sito, è necessario effettuare frequenti operazioni di ispezione e di manutenzione al fine di garantire nel tempo una buona efficienza nella rimozione degli inquinanti. Bibliografia AA.VV. (1997) – Sistemi di fognatura – Manuale di Progettazione – CSDU, Hoepli, Milano. Artina S. e Maglionico M. (2003): Esperienze sperimentali per lo studio e il controllo delle acque di

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