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QUOTIDIANO ECONOMICO, GIURIDICO E POLITICO www.italiaoggi.it GERMANIA Gente famosa cacciata dagli spot Giardina a pag. 14 AMICI DI TOSI Zaia battuto da otto leghisti Pistelli a pag. 12 PRIMAVERA UCRAINA In Lettonia marciano le SS Pasolini Zanelli a pag. 13 IN EDICOLA CON con guida «Bilanci 2014» a € 6,00 in più; con guida «Voluntary Disclosure» a € 6,00 in più; con guida «Sabatini Bis» a € 6,00 in più Nuova serie - Anno 23 - Numero 67 - Spedizione in A.P. art. 1 c.1 L. 46/04, DCB Milano Giovedì 20 Marzo 2014 Uk £ 1,40 - Ch fr. 3,40 Francia € 2,50 Bongi a pag. 33 Confederazione Nazionale dell’Artigianatoe dellaPiccola eMedia Impresa BARI 90 secondi La rubrica di Pierluigi Magnaschi a Punto e a capo (Class tv, canale 27, ore 20) Voluntary disclosure - Tutela anche per chi non ha completato la proce- dura Bartelli a pag. 28 Delega fiscale - Pronti a partire con catasto, fiscali- tà d’impre- sa e abuso di diritto Migliorini a pag. 31 Pubblica amministra- zione - Giro di vite sui compensi d’oro: esclusi dal tetto solo gli emolumenti occasionali Cirioli a pag. 35 Agricoltura- L’invio di massa di indirizzi Pec al registro imprese porta allo sblocco dei fondi De Stefanis a pag. 36 su www.italiaoggi.it Documenti/1 - Rateazio- ne flessibile per le cartelle esattoriali, la risoluzione dell’Agenzia delle entrate Documenti/2 - Pec e aziende agricole, la circolare del Mise Documen- ti/3 - Avvocati specializzati e difensori d’ufficio, le bozze dei re- golamenti ministeriali Documenti/4 - Legge Pinto e pagamenti in ri- tardo, la sentenza delle Sezioni unite della Cas- sazione Rateazione extra-large a effetto retroattivo. L’incremento del nume- ro delle rate da due a otto il cui mancato pagamento determina la decadenza dal beneficio della dila- zione si applica infatti in via retro- attiva anche ai piani già in essere alla data del 22 giugno 2013 (data di entrata in vigore della norma contenuta nel c.d. decreto del Fare). Così come l’ampliamento del nume- ro delle rate mensili ammissibili da 72 a 120, anche l’ampliamento del numero di rate che determina la decadenza dai benefici della ratea- zione ha dunque effetto retroattivo ai piani in essere alla data di entra- ta in vigore della norma. È questo il parere ufficiale dell’Agenzia delle entrate fornito in una risoluzione diffusa ieri. L’intervento di prassi amministrativa in oggetto si è reso necessario a seguito di varie richie- ste di chiarimento in tal senso per- venute alla stessa direzione centra- le. L’interpretazione fornita sul punto dalle Entrate è in linea con lo spirito delle disposizioni a favore del debitore introdotte nel 2013. Non si decade più dal beneficio della dilazione fino all’ottavo pagamento scaduto. E la regola si applica anche ai piani già in corso Rate fiscali più facili. Anche per il passato EMILIANI NEL MONDO Le spese folli della Regione Emilia per le missioni estere Arriva la pacificazione interna al Pd. Sancita dalla partecipazione di Matteo Renzi alla presentazio- ne del libro di Massimo D’Alema. Lo schema è più o meno noto. Gianni Cuperlo non riesce più a farsi riconoscere come leader dal- le varie anime esterne alla mag- gioranza renziana. E i giovani turchi giudicano più conveniente un’opposizione costruttiva, nell’alveo della nuova generazio- ne del partito e dal lungo futuro politico. I dalemiani hanno quin- di preso le distanze dalle posizio- ni bersaniane. Vero obiettivo di D’Alema è infatti un posto di pre- stigio nella Commissione Ue. E quella strada passa da Renzi. D’Alema e i giovani turchi abbassano i toni contro Renzi e finiscono per isolare Bersani IL Giornale dei professionisti * * * Avvocati super specializzati Pronto il regolamento per ottenere il titolo di specialista. Bisognerà superare un corso biennale di 200 ore e due esami. E poi fare una formazione continua ad hoc Dal diritto ambientale a quello internazionale o dell’Unione euro- pea, dal bancario e finanziario al penale, tributario, o condominio e locazioni. Sono solo alcune delle materie in cui l’avvocato potrà otte- nere il titolo di specialista. Seguen- do un corso di durata almeno bien- nale e di non meno di 200 ore, supe- rando una prova, scritta e orale, e sottoponendosi all’obbligo di forma- zione continua nella specifica area di specializzazione. Ponziano a pag. 7 Ventura a pag. 30 DATI AUDITEL Febbraio negativo per la Rai a causa di Sanremo LO DICE RIFFESER Qn vuol diventare in 18 mesi il quotidiano più venduto in edicola Plazzotta a pag. 26 Capisani a pag. 27 LETTERA DI UNA TINTORA CHE PERÒ RIGUARDA TUTTI NOI Ecco come si sta soffocando l’Italia fra l’indifferenza totale di politici e sindacalisti Borgogna a pag. 6 Pe a c M D ti/3 Martedì scorso, il giorno prima del- lo sciopero nazionale dei mezzi pub- blici urbani. Jumbo tram numero 15, in corso Italia. Una sudamerica- na sulla cinquantina inveisce tra sé e sé, ma a voce altissima, contro gli scioperanti del giorno dopo: «Noi ci facciamo un mazzo così per arriva- re in tempo a lavorare e rischiamo anche di perdere il posto di lavoro a causa della crisi. E loro, ‘sti cojo- ni, con il posto fisso e garantito, la paga regolare al momento giusto, l’orario fisso, le pause immeritate, le ritenute a posto, che fanno? Ci coionano a noi, ‘sti comunisti!». Si guarda attorno per cercare conni- venze fra un pubblico di trasportati, silenziosi come se fossero dei finnici in salamoia. Nessuno fa una piega. Allora lei riattacca: «Se non fosse perché mi piace tanto questo paese, porca… se non fossi cattolica tirerei una bella bestemmia». «Solo i taxi- sti, qui, fanno i soldi. Porca… Sono proprio incazzata. Incazzatissima». L’unica viva. DIRITTO & ROVESCIO È arrivata a ItaliaOggi una lettera che parla delle vicende di una lavanderia a Milano. Uno delle decine di migliaia di esercizi commerciali che chiudono da qualche tempo perché non ce la fanno più. Storie diverse ma anche uguali. Chiudono tra l’indifferenza di tutti, politici e sindacati in prima fila. È un pezzo dell’Italia che si disfa. Ma è una spia, un allarme, per tutti noi. I commercianti si arrendono perché sono stati salassati da un fisco rapace, da norme dementi, da una burocrazia implacabile. Questa è la lettera: «Dal prossimo mese chiudo perché non rie- sco più, non dico a guadagnarci, ma neanche a pagare le spese. Tra affitto e bollette mi servirebbero almeno 2 mila euro al mese, vale a dire dovrei stirare mille camicie. Ma non ne faccio neanche la metà. In un anno ho perso il 40% dei clienti. Gente che se ne sta ritornando al Sud perché con 600 euro di pensione, a Milano, non si può stare. Gente che è in cassa integrazione. Un macello». E poi, a mettere la ciliegina avvelenata sulla torta, ci pensa lo Sta- to. La lettera infatti aggiunge: «Lo scorso mese sono venuti degli ispetto- ri del ministero dell’ambiente. Mi han- no detto che devo mettere i filtri a carbone in ogni macchina. Costano 10 mila euro l’uno. Li ho guardati in fac- cia e ho detto loro: chiudo. Compli- menti, ce l’avete fatta, mi avete preso per sfinimento». Luca Zaia €1,20 098105098108105111103114 http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it http://www.milanofinanza.it - questa copia è concessa in licenza esclusiva all'utente 'bibliogr' - http://www.italiaoggi.it

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  • QUOTIDIANO ECONOMICO, GIURIDICO E POLITICO

    www.italiaoggi.it

    GERMANIAGente famosa cacciata dagli spotGiardina a pag. 14

    AMICI DI TOSIZaia battuto da otto leghistiPistelli a pag. 12

    PRIMAVERA UCRAINAIn Lettonia marciano le SSPasolini Zanelli a pag. 13

    IN EDICOLA

    CON

    con guida «Bilanci 2014» a € 6,00 in più; con guida «Voluntary Disclosure» a € 6,00 in più; con guida «Sabatini Bis» a € 6,00 in più

    Nuova serie - Anno 23 - Numero 67 - Spedizione in A.P. art. 1 c.1 L. 46/04, DCB Milano

    Giovedì 20 Marzo 2014 Uk £ 1,40 - Ch fr. 3,40 Francia € 2,50

    Bongi a pag. 33

    Confederazione Nazionaledell’Artigianato e della Piccolae Media Impresa

    BARI

    90 secondiLa rubrica di Pierluigi Magnaschi a Punto e a capo (Class tv, canale

    27, ore 20)

    Voluntary disclosure - Tutela anche per chi non ha completato la proce-dura

    Bartelli a pag. 28

    Delega fiscale - Pronti a partire con catasto, fiscali-

    tà d’impre-sa e abuso di dirittoMigliorinia pag. 31

    Pubblica amministra-zione - Giro di vite sui compensi d’oro: esclusi dal tetto solo gli emolumenti occasionali

    Cirioli a pag. 35

    Agricoltura- L’invio di massa di indirizzi Pec al registro imprese porta allo sblocco dei fondi

    De Stefanis a pag. 36

    su www.italiaoggi.it

    Documenti/1 - Rateazio-ne flessibile per le cartelle esattoriali, la risoluzione dell’Agenzia delle entrate

    Documenti/2 - Pec e aziende agricole, la circolare del Mise

    Documen-ti/3 - Avvocati

    specializzati e difensori d’ufficio, le bozze dei re-golamenti ministerialiDocumenti/4 - Legge Pinto e pagamenti in ri-tardo, la sentenza delle Sezioni unite della Cas-sazione

    Rateazione extra-large a effetto retroattivo. L’incremento del nume-ro delle rate da due a otto il cui mancato pagamento determina la decadenza dal beneficio della dila-zione si applica infatti in via retro-attiva anche ai piani già in essere alla data del 22 giugno 2013 (data di entrata in vigore della norma contenuta nel c.d. decreto del Fare). Così come l’ampliamento del nume-ro delle rate mensili ammissibili da 72 a 120, anche l’ampliamento del numero di rate che determina la decadenza dai benefici della ratea-zione ha dunque effetto retroattivo ai piani in essere alla data di entra-ta in vigore della norma. È questo il parere ufficiale dell’Agenzia delle entrate fornito in una risoluzione diffusa ieri. L’intervento di prassi amministrativa in oggetto si è reso necessario a seguito di varie richie-ste di chiarimento in tal senso per-venute alla stessa direzione centra-le. L’interpretazione fornita sul punto dalle Entrate è in linea con lo spirito delle disposizioni a favore del debitore introdotte nel 2013.

    Non si decade più dal beneficio della dilazione fino all’ottavo pagamento scaduto. E la regola si applica anche ai piani già in corso

    Rate fiscali più facili. Anche per il passato

    EMILIANI NEL MONDO

    Le spese folli della Regione Emilia per le

    missioni estere

    Arriva la pacificazione interna al Pd. Sancita dalla partecipazione di Matteo Renzi alla presentazio-ne del libro di Massimo D’Alema. Lo schema è più o meno noto. Gianni Cuperlo non riesce più a farsi riconoscere come leader dal-le varie anime esterne alla mag-gioranza renziana. E i giovani turchi giudicano più conveniente un’opposizione costruttiva, nell’alveo della nuova generazio-ne del partito e dal lungo futuro politico. I dalemiani hanno quin-di preso le distanze dalle posizio-ni bersaniane. Vero obiettivo di D’Alema è infatti un posto di pre-stigio nella Commissione Ue. E quella strada passa da Renzi.

    D’Alema e i giovani turchi abbassano i toni contro Renzi e fi niscono per isolare Bersani

    IL Giornale deiprofessionisti

    * * * Avvocati super specializzatiPronto il regolamento per ottenere il titolo di specialista. Bisognerà superare un

    corso biennale di 200 ore e due esami. E poi fare una formazione continua ad hoc Dal diritto ambientale a quello internazionale o dell’Unione euro-pea, dal bancario e finanziario al penale, tributario, o condominio e locazioni. Sono solo alcune delle materie in cui l’avvocato potrà otte-nere il titolo di specialista. Seguen-do un corso di durata almeno bien-nale e di non meno di 200 ore, supe-rando una prova, scritta e orale, e sottoponendosi all’obbligo di forma-zione continua nella specifica area di specializzazione.

    Ponziano a pag. 7

    Ventura a pag. 30

    DATI AUDITEL

    Febbraio negativo per la

    Rai a causa di Sanremo

    LO DICE RIFFESER

    Qn vuol diventare in 18 mesi

    il quotidiano più venduto in edicola

    Plazzotta a pag. 26

    Capisani a pag. 27

    LETTERA DI UNA TINTORA CHE PERÒ RIGUARDA TUTTI NOI

    Ecco come si sta soffocando l’Italiafra l’indifferenza totale di politici e sindacalisti

    Borgogna a pag. 6

    PeacM

    Dti/3

    Martedì scorso, il giorno prima del-lo sciopero nazionale dei mezzi pub-blici urbani. Jumbo tram numero 15, in corso Italia. Una sudamerica-na sulla cinquantina inveisce tra sé e sé, ma a voce altissima, contro gli scioperanti del giorno dopo: «Noi ci facciamo un mazzo così per arriva-re in tempo a lavorare e rischiamo anche di perdere il posto di lavoro a causa della crisi. E loro, ‘sti cojo-ni, con il posto fi sso e garantito, la paga regolare al momento giusto, l’orario fi sso, le pause immeritate, le ritenute a posto, che fanno? Ci coionano a noi, ‘sti comunisti!». Si guarda attorno per cercare conni-venze fra un pubblico di trasportati, silenziosi come se fossero dei fi nnici in salamoia. Nessuno fa una piega. Allora lei riattacca: «Se non fosse perché mi piace tanto questo paese, porca… se non fossi cattolica tirerei una bella bestemmia». «Solo i taxi-sti, qui, fanno i soldi. Porca… Sono proprio incazzata. Incazzatissima». L’unica viva.

    DIRITTO & ROVESCIO

    È arrivata a ItaliaOggi una lettera che parla delle vicende di una lavanderia a Milano. Uno delle decine di migliaia di esercizi commerciali che chiudono da qualche tempo perché non ce la fanno più. Storie diverse ma anche uguali. Chiudono tra l’indifferenza di tutti, politici e sindacati in prima fila. È un pezzo dell’Italia che si disfa. Ma è una spia, un allarme, per tutti noi. I commercianti si arrendono perché sono stati salassati da un fisco rapace, da norme dementi, da una burocrazia implacabile. Questa è la lettera: «Dal prossimo mese chiudo perché non rie-sco più, non dico a guadagnarci, ma neanche a pagare le spese. Tra affitto e bollette mi servirebbero almeno 2

    mila euro al mese, vale a dire dovrei stirare mille camicie. Ma non ne faccio neanche la metà. In un anno ho perso il 40% dei clienti. Gente che se ne sta ritornando al Sud perché con 600 euro di pensione, a Milano, non si può stare. Gente che è in cassa integrazione. Un macello». E poi, a mettere la ciliegina avvelenata sulla torta, ci pensa lo Sta-to. La lettera infatti aggiunge: «Lo scorso mese sono venuti degli ispetto-ri del ministero dell’ambiente. Mi han-no detto che devo mettere i filtri a carbone in ogni macchina. Costano 10 mila euro l’uno. Li ho guardati in fac-cia e ho detto loro: chiudo. Compli-menti, ce l’avete fatta, mi avete preso per sfinimento».

    Luca Zaia

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  • 2 Giovedì 20 Marzo 2014 I C O M M E N T I

    Cent’anni fa scoppiava la prima guerra mondiale. Un con-

    flitto sanguinoso che ha cambiato il corso della storia e ridisegnato, da cima a fondo, la cartina geografica dell’Europa e che ha anche prodotto due grandi eresie politiche totalita-rie che hanno devastato il Ventesimo secolo: prima il regime comunista so-vietico e poi, come contraltare, l’al-tra dittatura mortifera, il nazismo e fascismo. Se non si capisce questa pagina belluina della storia, non si ri-esce nemmeno a comprendere il tem-po presente. Purtroppo la scuola non svolge un’adeguata azione informativa al riguardo.

    Le giovani gene-razioni quindi non sanno che cosa è suc-cesso allora. E come mai dall’assassinio di un re a Sarajevo, fatto da un sin-golo esaltato, sia potuta uscire una carnefi cina che ha causato 9 milioni di morti fra i soldati (seimila morti al giorno) e 8 milioni di mutilati e di invalidi. Per celebrare l’evento e farne percepire il signifi cato il ruolo della tv pubblica dovrebbe essere de-terminante. Oltretutto la Rai perce-pisce un canone proprio per metterla al riparo dalle angosce degli ascolti (che si possono pure fare anche con produzioni di qualità). I talk show e i

    serial li fanno anche le tv private che non chiedono a nessuno

    il canone. Mentre la Rai latita sulla pri-

    ma guerra mondiale, France 2 ha mandato in onda lo stupendo Apo-calisse, la prima guerra mondiale, una serie di cinque episodi di 52 minuti ciascuno tratta da 500 ore di fi lm originali trovati negli archivi di tutto il mondo. Questo materiale è stato accuratamente colorato a mano (allora, infatti, le pellicole erano solo in bianco e nero) è sonorizzato con grande cura, conferendo al documen-to originale, storico, una qualità qua-

    si contemporanea. Q u e s t ’ o p e r a

    così complessa dimostra che France 2 non ha improvvi-sato il lavoro, che è anzi il frutto di una programmazione

    costosa, autorevole e programmata. Un anniversario, del resto, non è un caso di cronaca che capita improvvi-samente e quindi comporta interven-ti informativi affannosi, ma è un’oc-casione prevedibile, che si può e deve programmare. Purtroppo la Rai, in tutt’altre faccende affaccendata, ha preferito astenersi anziché varare produzioni storiche all’altezza degli imponenti fi nanziamenti derivanti dal canone. Per essere all’altezza non basta una fi ction o una benignata.

    Tenga conto diche cosa fa la tv

    pubblica francese

    DI PIERLUIGI MAGNASCHI

    L’ANALISI

    La Rai ha dimenticatola prima guerra mondiale

    DI EDOARDO NARDUZZI

    La storia narra di una Russa stabile e sicura di sé solo quando dal Cremlino è governata

    con sicurezza. La regola vale-va ai tempi degli zar, del Pcus e vale ancora oggi in piena epoca democratica, visto che Vladimir Putin è stato sempre eletto con regolari elezioni. Ed allora, dopo l’annessione del-la Crimea, in Ucraina per un caso della storia, è bene ini-ziare a capire cosa vorrà fare zar Putin, visto che potrebbe governare dal Cremlino an-cora per quasi otto anni. Per capirlo occorre concentrare l’attenzione su due società legate all’energia: Rosneft e Gazprom. La prima è il se-condo produttore al mondo di barili di petrolio al giorno, dopo la saudita Aramco, l’al-tra il colosso mondiale del gas. Entrambe sono pienamente controllate dal Cremlino ed entrambe saranno oggetto di una crescita dimensionale nei prossimi mesi. Per acquisire cosa? Rosfnet, ad esempio, è ascesa alle cronache economi-che italiane per essere diven-

    tata, con il 13%, il principale azionista di Pirelli. Qualche mese prima aveva rilevato dai Moratti un pacchetto di Saras, sia nella società che raffina sia in quella che opera nel trading petrolifero. Ma la strategia di Putin verso Rosneft e Gaz-

    prom sarà, parallelamente, duplice: utilizzarle come polo di aggregazione domestico di tutte le società private atti-ve nel business dell’energia; essere il braccio operativo del Cremlino per acquisire posizioni societarie in merca-ti e paesi amici in giro per il mondo. Nella nuova visione russa Rosneft deve diventare il colosso petrolifero, la più grande compagnia al mondo per produzione al giorno di barili, e Gazprom il suo con-traltare nello stesso business energetico. Due colossi in gra-do di fare la differenza nelle relazioni internazionali, per-

    ché capaci di mettere a terra una potenza finanziaria che la Russia post comunista non ha mai avuto. Così iniziano ad as-sumere un qualche significato geopolitico i rumors moscovi-ti che danno ceduta a breve la Bashneft (15,4 tonnellate prodotte all’anno), la società petrolifera della regione di Bashkiria di proprietà della holding Sistema dell’oligar-ca Vladimir Yevtushenko, un tempo vicino al sindaco di Mosca Yuri Luzhkov, pro-prio alla Gazprom. La mag-

    gioranza dei russi, del resto, non è favorevole alle molte ricchezze accumulate dagli oligarchi, durante il crollo dell’Urss, nel settore delle ma-terie prime. Ritiene la gestio-ne statale migliore di quella degli oligarchi e quindi Putin, non solo non incontrerà alcu-na resistenza nella società ci-vile, ma rischia di accrescere la sua popolarità a colpi di nazionalizzazioni petrolifere. Perché di statalizzazioni nel comparto dell’energia ce ne saranno diverse e in tempi più brevi di quanto non si pensi in Occidente.

    © Riproduzione riservata

    IL PUNTO

    Rosneft e Gazprom sono le due diplomazie economiche di Putin

    DI MARCO BERTONCINI

    L’ha ammesso, non per la prima volta, lo stesso Matteo Renzi. Nel suo di-scorso parlamentare ha riconosciuto quanto «sia forte in tutto il continente il rischio di un’afferma-zione di partiti populisti e antieuropeisti». Non è ne-cessario essere esperti di politica estera per render-si conto di fenomeni come la possibilità che al primo posto, fra i partiti francesi, si collochi il movimento di Marine Le Pen o che parti-ti euroscettici o totalmente antieuropei siano, nell’in-sieme, maggioritari nel Regno Unito.

    A casa nostra non solo si avverte l’insistita battaglia grillina contro euro & Eu-ropa; ci sono pure i seguaci di Alberto da Giussano, più gruppi minori di destra e di sinistra, cui vanno ag-giunte le pulsioni, che tut-to sono fuorché fi loeuropee, presenti in Fi. È vero, come Renzi ricorda, che l’Europa odierna è lontana, se non opposta, dai sogni degli

    europeisti di mezzo seco-lo fa. Tuttavia rimane che non solo nulla si fa contro questa Europa, ma ci si as-soggetta.

    Giulio Tremonti ricor-dava frequentemente la malefica produzione nor-mativa proveniente dalla burocrazia europea, che è ormai all’origine della lar-ga maggioranza di leggi, decreti, regolamenti, nor-me regionali ecc. sforna-ti in continuazione nella Penisola (e, similmente, negli altri Stati). Abbiamo con Bruxelles il debito di vincoli, obblighi, sanzioni, pesi, costi, la cui consisten-za è ancor più grave rispet-to ai veri o supposti difetti dell’austerità che si vor-rebbe praticata. L’aspetto peggiore è che questa va-langa europea cresce senza che mai nessuno riesca ad arrestarla, o nemmeno ci provi. Non c’è da stupirsi se il 25 maggio l’antieu-ropeismo non vincerà, ma senz’altro rivelerà dimen-sioni elettorali mai prima raggiunte.

    © Riproduzione riservata

    LA NOTA POLITICA

    L’antieuropeismo verso lo sfondamento

    Putin sta nazionalizzando

    l’energia

    GOne hundred years ago the First World War bro-ke out. It was a bloody conflict that changed the

    course of history and redefined the geographic map of Europe from end to end. It also produced two huge totalitarian and political heresies, which devastated the Twentieth Century: firstly the soviet commu-nist regime and afterwards, as a counterpart, the other deadly dic-tatorships, Nazism and Fascism. If this ferocious page of history isn’t understood, present cannot even be understood. Unfortunately, the school doesn’t provide adequate information in this regard.

    The young ge-nerations don’t know what hap-pened at that time and how the killing of a king in Sarajevo by a single crazy person entailed the slaughter of nine million peo-ple among soldiers (six thousand deaths per day) and eight million maimed and disabled people. The role of the public television should be crucial to celebrate that event and make its meaning perceived. Furthermore, Rai earns a fee pre-cisely to be secured from the fear of the audience (that can be made with quality product too). Talk shows and serials are also broa-

    dcasted by private channels that don’t ask for fees.

    While Rai shirks the First World War, France 2 broadcasted the amazing “Apocalypse, the First World War”, a five-episode series of 52 minutes each, drawn from 500-hour original movies found in the archives of all over the world. This material was accura-tely coloured by hand (at that time films were indeed only in black and white) and carefully recorded, thus giving to the document an almost contemporary quality.

    This complex work shows that France 2 didn’t ad-lib and that the

    job was the result of an expensive, distinguished and scheduled program-ming. An anniver-sary is not moreo-ver a sudden news story that entails a

    laborious information search, but a foreseeable chance, which can and must be scheduled. Unfortunately Rai, busy for quite other matters, preferred to decline instead of lau-nching historical products matched up with the impressive resources deriving from the TV fee. To rise to the occasion a fiction or a trick played by Benigni isn’t enough.totally contradict its principles.

    © Riproduzione riservata

    Traduzione di Silvia De Prisco

    IMPROVE YOUR AMERICAN ENGLISH

    Rai forgotthe First World War

    It should consider what

    the French public TV does

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  • 3Giovedì 20 Marzo 2014Giovedì 20 MarzP R I M O P I A N OMa i sindacati, in allarme per pensionati e statali, bocciano la politica del ghe pensi mi

    Renzi dice che i tagli li fa lui Berlusconi non è più Cavaliere. Quote rosa alle Europee

    DI FRANCO ADRIANO

    Come si dice ghe pensi mi in fiorentino? Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni,

    a Skytg24, è livido dalla rab-bia. Il dibattito politico è par-tito dai tagli alle pensioni del governo Monti per arrivare ai ventilati tagli del governo Renzi, ancora una volta sulle pensioni. Peggio ancora per i sindacati, il fatto che dopo il polverone sollevato sulle indi-screzioni relative al piano dei tagli del commissa-rio, Carlo Cotta-relli, la risposta del presidente del con-siglio è che ci pense-rà il governo: «Sulla spending review è del tutto ovvio che le scelte le fa la po-litica», ha affermato Renzi in parlamen-to, «L’analisi tecnica è una cosa, ma poi le decisioni le fa chi è eletto. Altrimenti sarebbe come se in una famiglia il com-mercialista decides-se lui se si taglia la scuola di musica o si risparmia sulla spesa della quarta settimana». Bo-nanni e Susanna Camusso in que-sto schema sem-brano non avere un ruolo. La leader Cgil non gliele manda a dire: «I tagli di spesa annunciati rientrano nella vecchia logica dei tagli lineari e della compressione della occupazione, con effetti che sarebbero immediati». In-somma, secondo il sindacato rappresentano il «ritorno in una logica recessiva». Diffici-le ritenere che vada a buon fine il tentativo di Renzi di ridimensionare gli annunci di Cottarelli: «È solo un elenco». Ormai l’allarme è lanciato e praticamente tutte le sigle sindacali del pubblico impie-go sono sul piede di guerra. Solo per fare un esempio il se-gretario generale della Con-fsal Vigili del fuoco, Franco Giancarlo, già prende atto «che il governo Renzi si ap-presta ad operare ulteriori drastici tagli sulla sicurezza» ed esprime preoccupazione «per l’incolumità dei cittadi-ni». È un assaggio dei toni che si raggiungeranno nelle prossime settimane.

    Renzi: il 3% oranon è in discussione,ma c’è margine di manovra

    Uno dei punti cruciali del dibattito di ieri in parlamento in preparazione del prossimo Consiglio europeo a Bruxel-les ha riguardato la fatidica soglia del 3% tirata in ballo praticamente da tutti i par-

    lamentari di maggioranza ed opposizione. Renzi in replica ha voluto tornare sul tema ha sostenuto, in polemica con M5s, che «il parametro oggettivamente è un para-metro anacronistico, lo è og-gettivamente». «Quello che però in queste ore sfugge», ha continuato, «non è la discus-sione sul sopra o sotto il 3 per cento, ma è il fatto che alcune forze politiche, tra cui la vo-stra (M5s ndr), ha sostenuto il fatto che il governo immagi-nasse un pacchetto di coper-

    ture molto ampio, molto più ampio di ciò che è necessario per corrispondere all’impe-gno dei mille euro annuali a dieci milioni di lavoratori». Dunque, «ciò che è necessa-rio non è lo sforamento del 3 per cento, ma è il rispetto del 3 per cento con un’eventuale possibile – verifi cheremo se è necessaria – modifi ca dal 2,6 al 3 per cento». Renzi, poi, ha ricordato che «non c’è oggi la conferma del limite del 3 per cento in tutti i Paesi, anzi, molti Paesi sono decisamen-te sopra questa percentuale. La Francia, che pure è la Francia, quindi un Paese che merita non soltanto la nostra amicizia ma il nostro rispet-to e la nostra stima, è – mi pare di ricordare – al 4,2 per cento, è in un percorso di rien-tro ma è al 4,2 per cento – lo dico perché è stato argomento di discussione proprio con il presidente Francois Hol-lande. É chiaro, la Francia ha un rapporto tra debito e pil che è diverso rispetto al nostro, sia perché nel corso degli anni il debito era meno alto sia perché il pil – anche se ha qualche problema an-che la Francia – è cresciuto a più di quanto siamo cresciu-ti noi. Allora, la discussione oggi non è sul 3 per cento, per il quale – ripeto – non ci sarà nessuno sforamento da parte nostra, né sulla discussione

    di politiche in prospettiva. È evidente che se cambiamo la Commissione noi vogliamo anche cambiare anche le rego-le del gioco all’interno dell’Ue, è naturale che noi abbiamo il desiderio profondo di rifl ette-re sul fatto che è inutile fare convegni sulla disoccupazio-ne giovanile – come faremmo se non cambieremo il modo di concepire la battaglia contro la disoccupazione giovanile –, ma è importante sottolinea-re ai nostri concittadini che il tema in discussione oggi

    è prendersi lo spazio che noi abbiamo e non andare a sforare i limiti che vengono dall’Europa».

    Il plauso del premier a Causi

    L’intervento che è piaciuto di più a Renzi, ieri, è stato senza dubbio quello del de-putato Marco Causi del Pd (per «l’abilità e la competenza tecnica e politica che», ha det-to rivolto all’Aula, «tutti noi siamo soliti riconoscergli»).

    Ma che aveva detto Causi per meritarsi un simile pubblico elogio? Intanto, ha ricordato che fra due mesi per la prima volta si voterà per il parla-mento europeo, ma anche per il presidente della Commis-sione europea «con un primo storico inizio di sburocratiz-zazione degli organismi di governo dell’Europa». Poi che fra tre mesi avrà inizio il se-mestre italiano di presidenza dell’Unione e i segnali positivi sono tanti «come la proposta della Commissione per uno

    scambio fra riforme strutturali e fl essi-bilità degli obiettivi a medio termine del bilancio». In più, «le recenti dichiarazio-ni di Draghi» sulla politica monetaria che usa come pa-rametro di riferi-mento il divario fra crescita effettiva e crescita potenziale e, quindi, di fatto la disoccupazione, dunque «come può la politica fi scale di bilancio non fare al-trettanto? E, anco-ra, il rapporto Gual-tieri-Trzaskowski, «approvato a larga maggioranza dal Parlamento euro-peo, che indica la strada di una vera capacità fi scale eu-

    ropea e la necessità di utiliz-zarla per la crescita e il con-trasto della disoccupazione, in particolare giovanile. La strada, insomma, di un bi-lancio davvero federale». In questa fase di movimento e di opportunità, per Causi , l’Italia può iniziare a coglie-re risultati: nell’immediato il taglio Irpef, Irap e della bolletta elettrica. Ma in pro-spettiva «la golden rule per gli investimenti o almeno per alcuni tipi di investimenti a

    più elevato impatto occupa-zionale o ambientale; la pie-na e simmetrica attuazione dell’unione bancaria, senza regole punitive per le nostre banche; la valutazione degli obiettivi di fi nanza pubblica che tenga conto della capacità produttiva inutilizzata e del-la grave crisi occupazionale; la mutualizzazione di par-te dei debiti sovrani dentro schemi poi in cui ciascuno continua comunque a pagare gli interessi della sua quota di debito, ma che consentono un risparmio importante su questa spesa».

    Richiesta di arrestoper l’ex segretario regionale del Pd siciliano, Genovese

    È stata depositata alla Camera la richiesta di arre-sto per il deputato del Pd, Francantonio Genovese, già segretario regionale del Pd, ex sindaco di Messina, ex bersaniano oggi renziano, nell’ambito di un’inchiesta sulla formazione professio-nale. Mentre per il deputato si attende l’autorizzazione a procedere, tre suoi colla-boratori sono già in carcere. L’accusa è associazione per delinquere finalizzata alla frode. Dalla documentazione acquisita sono emerse fatture gonfi ate del 600% per affi tti o prestazioni di servizi: un metodo per accaparrarsi de-cine di milioni di euro di fondi regionali.

    B. non è più Cav e lancia la si da di preferenze Toti-Fitto

    Silvio Berlusconi non è più Cavaliere del Lavoro. la notizia è emersa dal Consiglio direttivo della Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro, riunita ieri, che ha concluso l’esame della posi-zione del leader di FI. Il Con-siglio direttivo e il collegio dei Probiviri hanno preso atto di una lettera di autosospensio-ne di Berlusconi. In compenso ieri Berlusconi ha deciso che il 25 maggio Giovanni Toti sarà capolista al Nordovest, Antonio Tajani al Centro e Raffaele Fitto guiderà i can-didati del Sud. Nel Nordest il capolista potrebbe essere Renato Brunetta.

    Accordo sulle quote rosa alle elezioni europee

    Nel caso di tre preferenze espresse» queste «devono ri-guardare candidati di sesso diverso, pena l’annullamen-to della terza preferenza». È questo il nucleo dell’accordo raggiunto al Senato sulla pa-rità di genere per le elezioni europee. La parità totale è prevista dal 2019, pena la ri-cusazione della lista.

    © Riproduzione riservata

    Vignetta di Claudio Cadei

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  • 4 Giovedì 20 Marzo 2014 P R I M O P I A N OPresa in contropiede dall’astenia del Cav e divisa fra i vari capibastone senza potere

    Forza Italia è in piena sbandataIl 30% alle europee è diventato un vero e proprio sogno

    DI MARCO BERTONCINI

    Fi sbanda. Manca una linea politica chiara e defi nita. Se è scontato l’obiettivo (ottenere

    alle europee un risultato lar-gamente superiore al 20%, pur se ben distante da quel 30% che maligni retroscenisti assicurano essere il sogno di Silvio Berlusconi), i mezzi variano. Soprattutto, si nota l’assenza di unità interna: in un altro partito sarebbe preoccupante, ma in un mo-vimento padronale come Fi sembra non provocare ecces-sivi guai, atteso che a decide-re è sempre e solo uno.

    Tuttavia ci si domanda se proprio il proprietario del partito non sia all’origine di questi sbandamenti. Esem-pio tipico: l’offerta a Matteo Renzi per ampliare l’intesa già raggiunta, fi no a inglobare un patto che comprenda altre riforme, dalla pubblica am-ministrazione alla spesa sta-tale, dal lavoro alla giustizia. Insomma, la strana maggio-ranza, partita con l’italicum e destinata a riformare Senato e titolo V della Carta (oltre che, beninteso, a chiudere la par-tita, ben aperta, della riforma elettorale), dovrebbe estender-si e irrobustirsi. È vero che a insistere sulla proposta è so-prattutto Renato Brunetta, ma, dietro, potrebbe esserci lo stesso Cav.

    Si tratterebbe, però, di un clamoroso voltafaccia rispetto alla fi ducia revocata (più per dispetto che per ra-zionalità politica) al governo Letta. Se è vero che B. ormai da mesi dà per scontato che le elezioni non siano imminen-ti (non ne parla quasi più, se non per indicarne la possibile

    data fra un anno almeno), e quindi rinnega la propria esa-sperata e dimenticata azione per avere le urne nel volgere di pochi mesi o di poche set-timane, non si comprende come egli intenda arrivarci. È legato alla convinzione di poter soltanto lui sconfi gge-re Renzi, ma si rende conto delle difficoltà, politiche e giuridiche, frappostegli per

    l’interdizione dai pubblici uf-fi ci e per la sempre vigente e più duratura incandidabilità. Inoltre detesta il permanere di Fi, volendo dar battaglia soltanto con i nuclei degli at-tivisti di fi ducia.

    I quadri del partito sono perplessi; ed è dir poco. Di-visi al proprio interno, guar-dano alle europee come oc-casione di conta personale,

    faccenda, questa, che al Cav dà l’orticaria. Vorrebbero una sistemazione anche statuta-ria degli organi di partito: chiedono, cioè, qualcosa che a B. infastidisce perfi no al solo sentire: fi gurarsi se dovesse attuare tali nomine. L’incer-tezza domina sovrana: non si sa bene quale comportamen-to tenere nei confronti del governo e di Renzi in primo

    luogo. Non si sa chi andrà in lista alle europee. Non si sa nemmeno quale comporta-mento si debba tenere sugli emendamenti all’italicum e, ancor meno, sulle riforme costituzionali. Tutti sono consapevoli che conta esclu-sivamente quel che decide il Cav; ma se il Cav non decide, o rinvia, o traballa?

    © Riproduzione riservata

    DI CESARE MAFFI

    La conferma della condanna di Silvio Berlusconi ha smorzato i (non poco maldestri, va detto) tentativi verbali di candidarlo alle europee. Non è det-

    to, però, che muti la sostanza dell’obiettivo del Cav, vale a dire legare indissolubilmente competizione e proprio nome. Senza dubbio B. intende ancor più di prima presentare sé stesso quale vittima della magistratura ros-sa. Per ora, le reazioni del suo mondo politico sono incentrate tutte sulla contrapposizione fra il ruolo politico di Berlusconi (il quale ha con sé il 20% dei votanti, ma i propagandisti preferiscono parlare di 10 milioni di italiani) e l’impossibilità, conferita da interventi giudi-ziari, di esercitare pienamente tale ruolo.

    È possibile che il Cav intenda lo stesso compiere il gesto di presentarsi candidato. Sa benissimo che gli uffi ci circoscrizionali lo depennerebbe, che l’uffi cio nazionale respin-gerebbe i ricorsi, che Tar e Consiglio di Sta-to similmente direbbero di no agli elaborati documenti prodotti dai legali berlusconiani, però sfrutterebbe ogni esito a lui contrario per esibirsi come perseguitato da un complotto politico-giudiziario. Insomma, potrebbe sfrut-tare propagandisticamente le conseguenze dell’interdizione e dell’incandidabilità.

    Quasi sicura viene data la presenza del

    cognome B. nel contrassegno elettorale. Nes-suno lo può impedire. Non necessariamente l’eponimo di una lista deve essere candidato, posto che una formazione politica può con-trassegnarsi come meglio ritiene. Gli appas-sionati di cronache elettorali ricordano che nel 1996 si presentò alle politiche una forma-zione “Pannella-Sgarbi”, nella quale Vittorio Sgarbi non era candidato: non solo, era per-fi no pluricandidato in Fi, cioè in liste diverse da quelle che recavano il suo nome.

    Più delicata e oggi indefi nibile, inve-ce, è la partecipazione effettiva del Cav alla campagna elettorale. Sarebbe possibile, a giudizio degli esperti, se egli fosse assegnato ai servizi sociali; sarebbe invece inattuabile, se fosse costretto alla detenzione domiciliare. Le testimonianze sono concordi nell’indicare non pochi patemi di B. in attesa del 10 aprile, quando si svolgerà l’udienza che dovrà deci-dere il suo destino di condannato.

    Ancor più incognita, infi ne, è la pre-senza della fi glia minore Barbara come can-didata. È ormai un tema riaffi orante, dopo che la sostituzione di Berlusconi con la fi glia maggiore Marina pare essere stata messa in un canto. Se ci si rivolgesse a un allibratore politico, la quintuplice capolistatura europea di Barbara B. sarebbe oggi data fra i 10 e i 12 a 1.

    © Riproduzione riservata

    É QUESTA LA NUOVA STRATEGIA DI B. CHE NON PUÒ CANDIDARSI

    Il Cav si presenterà, ma come vittima della magistratura rossa

    DI DOMENICO CACOPARDO

    La richiesta di arresto del deputato Pd Francanto-nio Genovese, formulata al Parlamento dal Gip di

    Messina su conforme richiesta del pubblico ministero, non è cosa da passare sotto silenzio. Francantonio Genovese è il fi glio del senatore Lu-igi Genovese, cognato del boss de-mocristiano Nino Gullotti, ministro di lungo corso e controllore di una parte importante del potere siciliano e nazionale. Questo senatore Luigi Genovese venne nominato «gerente generale dell’Agip» in Sicilia, negli anni in cui Gullotti si affermava come uomo di riferimento dell’area dorotea. Perciò, chiunque volesse aprire un distributore Agip o un ne-

    gozio Agipgas nell’isola doveva pas-sare dalle forche caudine degli uffi ci del senatore. Unico erede del padre e dello zio Gullotti, Francantonio Ge-novese si è trovato a gestire un impo-nente patrimonio, tanto imponente da indurlo a dichiararsi ‘fi nanziere’ nei curriculum parlamentari.

    Una parte dei suoi quattrini sono investiti nella società (maggio-ranza Franza) che gestisce i traghetti privati dello Stretto. Senza preoccu-parsi del palese confl itto di interessi, si è messo alla testa nel movimento No-ponte, tanto da sfi lare in prima fi la nelle manifestazioni. Sindaco di Messina per il centro-sinistra, si è distinto in tante operazioni critiche. Fra queste quelle che hanno spinto il pubblico ministero a chiederne l’arre-sto. La sua giunta, ch’era minoranza

    in consiglio comunale, riuscì ad ac-quistare (in tutti i modi) un vasto consenso nell’opposizione, talché la sua anticipata rimozione dalla carica venne decisa per commissariamento. Il processo in cui è imputato riguarda un sistema ben concepito per lucrare, attraverso società a lui riconducibili, i fondi stanziati per la formazione pro-fessionale. Un metodo raffi nato che, pare, comprendesse l’acquisto degli immobili in cui i corsi di formazione si sarebbero tenuti, in modo da incas-sare anche gli oneri di locazione.

    Il caso Genovese non è, però, un caso di normale malversazione di provincia. Assume un rilievo na-zionale, giacché Veltroni, segretario del Pd, lo volle segretario regionale del partito e, poi, deputato nazionale. Rieletto per la protezione, anche que-

    sta colpevole, di Pierluigi Bersani, è passato, al momento giusto, nelle schiere dei renziani. La cosa più pa-radossale è che, accanto alla notoria incapacità di articolare un discorso politico appena intellegibile e alla ca-pacità di manovra su terreni, come dire, impropri, l’onorevole Genovese ha goduto anche della protezione del Pd messinese che lo conosceva bene per doti (scarse) e per difetti, tanto da candidarlo al comune prima e poi al Parlamento.

    Chissà se questo nuovo e gio-vane gruppo dirigente del Pd saprà avviare un’operazione chiarezza per il Pd di Messina (terzo dopo Pdl e Grillo nel 2013), sceverando i com-plici da coloro che hanno protestando subito.

    © Riproduzione riservata

    NON È UN CASO DI MALVERSAZIONE LOCALE MA UN EPISODIO DI MALCOSTUME POLITICO NAZIONALE

    Richiesta di arresto per l’on. Pd Francantonio Genovese, impostoda Veltroni, protetto da Bersani, ripescato da Renzi. Brutta figura

    di Pierre de Nolac

    Renzi: «Rischioil tutto per tutto».

    Come alla ruotadella fortuna.

    * * *

    Renzi: «I taglili decidiamo noi».

    A Pitti Uomo?

    * * *

    Renzi: «L’Italiaha fatto i compiti».

    Lo dice perchéla moglie insegna?

    * * *

    Berlusconi non è più cavaliere del lavoro.

    È sempre più interdetto.

    * * *

    Il cardinale Bagnasco: «Bisogna incentivarei consumi».

    Ma papa Francescolo sa?

    PILLOLE

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    liaoggi.it

  • 5Giovedì 20 Marzo 2014Giovedì 20 MarzP R I M O P I A N OPer collocare i dipendenti pubblici di troppo poteri accentrati presso Funzione pubblica

    Esuberi, lo Stato si fa l’agenziaSpending review realizzata anche con i prepensionamentiDI ALESSANDRA RICCIARDI

    Una volta fatta la scelta politica, poi bisognerà correre. Sul piano di Carlo Cottarelli il

    premier Matteo Renzi non vuole cedimenti, deve asso-lutamente raggiungere quei 5 miliardi di euro di rispar-mi che il commissario per la spending review ha indica-to per il 2014 (anche se per prudenza, ha poi precisato, sarebbe meglio aspettarsene 3). In queste setti-mane i gruppi di lavoro sono stati chiamati ad elaborare an-che le eventuali fasi attuative. É il caso della gestione degli esuberi nella pubblici am-ministrazione, con la revisione delle procedure per trasferire i dipendenti pub-blici in eccesso presso un’amministrazione presso un altro etne pubblico dove c’è carenza di persona-le. Quella mobilità che fino ad oggi è esista solo sulla carta e che invece nel giro di un paio di anni deve essere un modello di efficace funzionamento del-la pubblica amministrazione, è l’obiettivo. Secondo rumors governativi, il ministero della Funzione pubblica e quello del

    Tesoro sono pronti ad accen-trare la gestione del personale dichiarato in esubero: il cen-tro di verifica di qualifiche e curriculum e di riassegnazio-ne ad altra amministrazione è stato individuato nel dica-stero guidato da Marianna Madia, con il supporto delle specificità tecniche del dica-stero guidato da Pier Carlo Padoan. Una sorta di agen-zia di ricollocamento pubblico, che agirebbe nell’ambito del

    territorio re-gionale della vecchia sede del travet. E, una volta avuta la lista del personale in eccesso ,con procedure più veloci e snelle dell ’attuale decretazione. Per il dipen-d e n t e c h e non dovesse a c c e t t a r e , scatterebbe la sanzione già esistente

    ma mai applicata del licen-ziamento finale. Cottarelli ha stimato che in eccesso possa-no ritrovarsi, entro il 2016, 85 mila dipendenti, quantificati in base a «piani specifici di riforma», si legge nelle slide del commissario. Un allegge-rimento del contingente dei dipendenti pubblici di circa il 3%. Più o meno quanti ogni anno se ne vanno per pen-

    sionamento. Ed è proprio il fronte previdenziale l’altro che potrebbe dare una mano ad alleggerire la spesa per la burocrazia che la Ue giudica

    fuori misura. L’ipotesi è una deroga alla riforma Fornero per i soli dipendenti pubblici: questo consentirebbe di an-ticipare di due anni le uscite

    previdenziali. Liberando po-sti che con il blocco del turn over non verrebbero, almeno nell’immediato, riassegnati.

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    DI GIANNI MACHEDA

    I tedeschi ormai si sono convinti che noi ita-liani proprio non capiamo le cose. Dopo averlo detto a Berlusconi, a Monti e anche a Letta, che il limite del rapporto

    defi cit/Pil non possiamo sforarlo, la Merkel adesso lo ha ripetuto anche a Renzi. Ma pure lui sembra fare orecchie da mercante, tenta scappatoie, cerca soluzioni alternative, imma-gina scenari di fi nanza creativa. Qualunque cosa pur di non rispettare questo maledetto 3%. E allora pare che la Cancelliera si stia dan-do da fare per passare a metodi alternativi.

    Una task force segretissima sarebbe già al lavoro a Berlino su un pacchetto di misure da applicare all’Italia nei prossimi mesi. Roba nuovissima, mai sperimentata prima: misure subliminali. Secondo quanto ItaliaOggi ha ap-preso, questa estate ai turisti tedeschi che si recheranno in villeggiatura in Italia saranno date disposizioni affi nché chiedano ad alberghi e ristoranti uno sconto del 3%. Non un euro in più, non un euro in meno.

    Viceversa, agli italiani che andranno a

    visitare la Germania, alla frontiera i doganie-ri teutonici porranno una precisa domanda: «Quanto fa 100 meno 97?» Visti i rapporti sto-

    rici di vicinato e quant’altro, i tedeschi hanno poi già chiesto agli austriaci di organizzare pacchetti speciali per le settimane bianche del prossimo inverno: ogni tre prenotazioni prove-nienti dall’Italia, 100 euro di sconto-famiglia. E anche i player delle scommesse sono stati coinvolti, per fare in modo che ai prossimi Mondiali in Brasile in un eventuale scontro tra Italia e Germania il 3-0 degli Azzurri venga quotato a 100 (comunque sarebbe stato così in ogni caso…).

    Nel frattempo, Adidas proporrà alla no-

    stra Federazione gioco calcio di vestire l’Ita-lia per i prossimi tre anni, e chissà mai che a guardare in continuazione le divise nuove di zecca con quelle belle strisce sulle spalle a qualcuno squilli il campanello. In estate, il popolare cantante italo-tedesco Vito Lavita proporrà al pubblico di Germania la nuova hit: una cover di «Uno su mille ce la fa« di Gianni Morandi intitolata «Drei von hundert Siegen» («Tre su cento vincono«). E quando Hugo Boss in settembre rastrellerà sul mercato il 3% di Cucinelli, a quel punto non ci saranno più dubbi e tutti noi avremmo capito. Anche Renzi, che nel suo studio di Palazzo Chigi ripenserà al suo incontro con la Merkel, ci rifl etterà un po’ su e fi nalmente farà uno più uno (più uno).

    © Riproduzione riservata

    É GIÀ AL LAVORO A BERLINO UNA TASK FORCE

    Un piano Merkel per far capireagli italiani che il 3% è solo il 3%

    DI RICCARDO RUGGERI

    Il canovaccio comunicativo del renzismo su basa su tre plinti: la giovinezza, la fiorentinità, la petulanza. L’unico che riesce a

    farne la sintesi è Crozza: in realtà è lui il vero premier, l’altro fa il sin-daco. L’impressionante quantità di parole dette, twittate, scritte, alle quali dalle 6,30 del mattino fino alle 22, siamo sottoposti da parte dei membri di questo nuovo Governo, e dei renziani di complemento che lo chiosano e lo supportano, hanno un solo obiettivo: sfinirci, ripetendo all’infinito la locuzione «in passato eravamo mal governati, da ora in avanti entreremo in un nuovo Ri-nascimento». Su ogni tema hanno una risposta ben infiocchettata che ci offrono come un’ostia su un piat-tino dorato. Noi apriamo la bocca, chiudiamo gli occhi, abbassiamo il capo, non osiamo deglutirla, tornia-mo al nostro banco, mentre il profu-mo dell’incenso ci stordisce.

    Finalmente, una donna (quin-

    di dotata di maggior buon senso), la ministra della Difesa Roberta Pinotti, si è chiesta, pur senza an-dare oltre: «Abbiamo bisogno dell’Ae-ronautica Militare?» Dopo anni di chiacchere ridicole, bi-tri partisan, sugli F 35 ecco la domanda chiave tanto attesa. Un passo indietro. Alla fi ne degli anni ’90, il Governo D’Ale-ma prese una decisione intelligente: sostituire gli oltre 300 velivoli mili-tari di tre tipologie, che sarebbero stati via via rottamati per raggiunti limiti d’età (entro il 2020), con un solo aereo multiuso (intercettore e bombardiere), riducendo così il parco velivoli della metà. Molti i benefi ci in termini di personale, addestramen-to, manutenzione, ricambi, etc. Per la sostituzione fu scelto l’americano F 35, perché quello europeo (Euro-fi ghter) era solo intercettore.

    Poi arrivò Monti, pensando di

    compiacere l’opinione pubblica, ne ridusse il numero a 90, lo stesso, si sussurra, farà ora Renzi, portandoli a 45. Per fortuna Letta non se ne occupò, perché, altrimenti, saremmo

    già a 20. Nel mondo militare, così come nel mondo del business, ci sono «numeri» sbagliati by defi nition. Un paese come l’Italia non può avere una forza aerea di soli 45 velivoli, sarebbe come dire zero. La Svizzera, un decimo dell’Italia come numero di abitanti e spazio aereo, con nessuna partecipazione a operazioni militari internazionali, avendo avuto lo stes-so problema di rinnovo, ha scelto di dotarsi di 22 Gripen (intercettatori svedesi, simili ai Eurofi ghter). Per fi nanziarne l’acquisto ha, tra l’altro, drasticamente ridotto le caserme attive, vendendo le altre ai privati (però sul serio).

    Piuttosto di prendere la deci-

    sione (suicida) di dotarsi di soli 45 velivoli e fi ngere di avere tuttora l’Ae-ronautica Militare, sarebbe più serio, con una decisione squisitamente poli-tica e di ripensamento sul nostro ruo-lo internazionale, privarsi tout court della stessa. Monti e Renzi hanno trattato gli F 35 come se fossero delle «auto blu»: non è ammesso farlo. Di tutte le slide di Renzi, la più ridicola è

    stata proprio quella delle «auto blu»: non si parlò degli «autisti blu», i cui costi sarebbero l’unico vero grande ri-sparmio, che però mai si verifi ca per-ché scatta la frase «fatti salvi i diritti dei lavoratori». Fortunatamente Ren-zi si è portato a Palazzo Chigi l’uffi cio della «Spending Review», così Carlo Cottarelli potrà spiegare a lui e ai ministri che gli unici veri risparmi sono quelli legati «al dimissiona-mento degli addetti alle attività che si decide di eliminare». O se preferi-te «non esistono sprechi non legati a presenze umane che sono un tutt’uno con lo spreco».

    Alcuni si chiederanno, come ga-rantiremo la difesa del nostro spa-zio aereo? Come abbiamo fatto con le centrali nucleari per avere ener-gia elettrica pulita già disponibile: acquistandola in Francia e in Sviz-zera. Diamo il nostro spazio aereo in outsourcing, come si fa per le pulizie degli uffi ci, purché sia fatto con gare pubbliche e trasparenti.

    [email protected]@editoreruggeri

    © Riproduzione riservata

    IL CAMEO DI RICCARDO RUGGERI

    Non basta eliminare le auto blu. Per risparmiare, debbono essereeliminati (o riciclati) anche gli autisti blu. Ma non si può, dicono

    Carlo Cottarelli

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  • 6 Giovedì 20 Marzo 2014 P R I M O P I A N OD’Alema e i giovani turchi del Pd non faranno un’opposizione pregiudiziale contro Renzi

    I bersaniani restano sul packL’intesa sarà lubrifi cata da posti Ue e in segreteria

    DI BORGOGNA

    In anticipo sulla primavera, arriva la pacificazione in-terna al Pd. È questa l’aria che si è respirata durante

    la presentazione del libro di D’Alema, presente sul palco, per amichevole quanto sentita partecipazione, Matteo Ren-zi. Il premier, pur pressato da mille impegni e di ritorno dalle fatiche europee per convincere Hollande e la Merkel della bontà del suo piano di riforme per l’Italia, non ci ha pensato su a lungo e ha voluto onorare quell’impegno preso con l’ex leader Ds. E così si è creata la più ghiotta delle occasioni, per tutti coloro che volevano leg-gere, in questo evento, la fine di un periodo di gelo tra questi due mondi. Di fronte ad una platea composta per lo più da dalemiani storici, più o meno virati negli anni all’eterodos-sia, si è dunque svolto l’anti-cipo pubblico di quello che da settimane tutti si aspettano stia per accadere nell partito, la pacificazione tra Renzi e una parte - ma solo quella - della minoranza interna.

    Lo schema è più o meno noto. Gianni Cuperlo, no-nostante i molti tentativi fatti anche in questa fase, non ulti-ma la proposta di una sorta di cantiere fi nalizzato alla costru-zione di un’area di minoranza unita e compatta, non riesce più a farsi riconoscere come le-ader dalle varie anime esterne alla maggioranza renziana. La proposta cuperliana è infatti in discussione da giorni, se ne parla molto, ma si è capi-to che diffi cilmente divente-

    rà realtà. Le posizioni, a quelle latitudini, sono ormai troppo diverse. La prima vera spac-catura post congressuale (ma, in realtà, il congresso non si è mai chiuso) era stata creata dalla componente dei giovani turchi, che aveva, di fatto, ab-bandonato Cuperlo, dopo varie fi brillazioni, per migrare ver-so altre posizioni, meno ostili e più vicine alla maggioranza e che non disdegnano l’entra-ta, con ruoli signifi cativi, nella nuova segreteria che presto do-vrà essere varata da Renzi.

    In questo senso, ha gio-cato un ruolo fondamentale anche il dato generazionale. I «turchi», sono appunto media-mente giovani e non ci tengono più di tanto a seguire le derive e i fardelli dei loro padri e fra-telli maggiori. Meglio dunque giocare la partita di un’oppo-sizione costruttiva a Matteo, ma nell’alveo della nuova generazione giunta al potere del partito e dal lungo futuro politico. E adesso sembra arriva-ta la volta dei dalemiani, che, proprio recen-temente, hanno nuovamente preso le distanze, con net-tezza, dalle

    posizioni bersaniane, ritenute troppo ostili a Renzi e dunque asfi ttiche. A marcare l’area del dissenso al premier, restereb-bero dunque, più o meno, solo i bersaniani duri e puri, mentre le altre componenti della mi-noranza, chi più chi meno, con varie tinteggiature e distinguo, si avvicinano sempre di più a posizioni più costruttive verso la maggioranza.

    Tradotto in termini pra-tici, ci si aspetta che turchi e dalemiani, nella prossima segreteria del partito, possa-no avere più di qualche ruolo signifi cativo. Assai probabile è quello di «numero due», ov-vero la vicesegreteria che sa-rebbe stata già opzionata da un noto esponente, giovane e turco. Ma questa partita non sarà giocata da sola. Andrà invece di pari passo con altre due partite che si stanno de-fi nendo proprio in queste ore.

    La prima è quella delle candidature europee.

    Sono già noti alcuni dei capolista come Sassoli al Centro e Emiliano al Sud, mentre il su-per votato Gianni Pittella potrebbe essere il traino per il Mezzogiorno. Ma

    il punto è

    che a Renzi servono volti e nomi che siano in grado di trovare un forte consenso nel territorio, visto che, con le preferenze, servono i voti veri. In questo senso, alcuni esponenti dei territori, anche amministratori locali, prove-nienti dall’ex area dalemiana, con ottime radici sul territo-rio e cospicui serbatoi di voti, sembra stiano acquistando, agli occhi di Renzi, un valore specifi co altissimo e potreb-bero dunque ottenere delle candidature di rilievo.

    In aggiunta a questo, c’è il vero obiettivo del lìder ma-ximo, quel posto di prestigio

    in Europa cui aspira da anni e che potrebbe vedere concre-tizzato nelle forme di una vice-presidenza sotto Schulz, con un ruolo nella Commissione ancora defi nire. Certo non si parla più di mister Pesc, quel ruolo da ministro degli Esteri europeo che sarebbe stato il suo grande sogno, ma comun-que ci sarebbe a disposizione una posizione di grande rilie-vo, forse sui temi economici. La strada per ottenerl, a passa da Renzi, che dovrebbe proporre la sua candidatura e da quello che si è visto ieri, per «Max» ora sembra tutta in discesa.

    il Retroscena.it

    DI MASSIMO TOSTI

    Emanuele Macaluso, amico da sempre di Giorgio Na-politano, ha annunciato (in una intervista) che il

    presidente della Repubblica ha in-tenzione di dimettersi dalla carica fra sei mesi. Appena dopo approva-ta la legge elettorale, mantenendo l’impegno espresso al momento del-la rielezione di lasciare il Quirinale dopo diciotto mesi. A sinistra non è piaciuta questa esternazione affida-ta a terzi. Temono che si riproduca la scarica dei 101 (quelli che impal-linarono Prodi) e che Berlusconi finisca per influenzare la scelta del nuovo candidato. Forse sopravvalu-tano la forza del centrodestra, diviso fra gli avversari del governo che elo-giano Renzi e gli alleati che tengono il broncio al leader.

    Se nell’eventuale elezione presidenziale conteranno i fran-

    chi tiratori del Pd, sarà necessario guardarsi dai traditori del versante opposto. Senza trascurare il fatto che, di qui a sei mesi, molti scena-ri potrebbero cambiare in misura vistosa. È improbabile che il voto per le europee (alla fi ne di maggio) mantengano immutati i rapporti di forza: c’è chi prevede un trionfo di Renzi, l’uomo del fare (anche se, fi no ad oggi, ha detto, più che fatto), e c’è chi teme una vittoria di Grillo, pronto ad aprire come una scatola di tonno l’europarlamento. Un successo del centrodestra non viene neppure preso in considerazione (nonostan-te i calcoli ipotetici dei sondaggisti), perché Berlusconi è in attesa di destinazione (domiciliari? servizi sociali? manette ai polsi per il tra-sferimento in un carcere?) e perché Alfano non ha il carisma necessario per legittimare pronostici rosei per il suo partito.

    Che vinca Renzi o Grillo, il pa-

    norama assumerà colori diversi. E se Napolitano abbandonerà il campo, la politica subirà un nuovo scossone (salutare o micidiale, dipenderà dal volto del vincitore). Un’altra varia-bile è nelle mani del presidente del Consiglio: se manterrà (o comincerà a mantenere) le promesse di riforme, potrebbe irrobustirsi parecchio per-sino a prescindere dal risultato del-le europee e delle amministrative. Visto che dalle urne non usciranno modifi che per i seggi parlamentari, Renzi potrà godere di una conside-revole libertà d’azione decretata dal consenso (e dalle speranze) dell’opi-nione pubblica. E sarà lui a orien-tare con autorevolezza la scelta del successore di Napolitano (confi dan-do anche sui voti aggiuntivi di una parte consistente del centrodestra.

    Gli uccelli del malaugurio han-no tentato anche di sbertucciare la visita di Stato alla Merkel, ironiz-zando sul cappotto allacciato male

    e sull’«impressione» con la quale la lady di ferro ha accolto i progetti di Renzi, ricordando che la signora era rimasta impressionata anche dal programma di Mario Monti. La differenza fra le due «impressio-ni» è netta: perché Monti si presen-tò a Berlino accompagnato dal coro di elogi della stampa tedesca e dei banchieri, mentre Matteo è giunto in Germania accompagnato dalla fama di ragazzino irrequieto e irrispetto-so delle regole imposte dalle vestali dell’euro e del rigore. Una specie di guastafeste, un Gianburrasca da guardare con sospetto. Che è proprio la fi gura che serve all’Italia (e anche all’Europa) per sperare in un futuro migliore. Probabilmente, annuncian-do le prossime dimissioni, anche Na-politano confi da nella buona volontà di Renzi per lasciare il Quirinale con la convinzione di non aver lasciato un Paese senza guida.

    © Riproduzione riservata

    PASSI PERDUTI NEL TRANSATLANTICO

    Napolitano avrebbe intenzione di lasciare fra 6 mesi. Le elezioni europee sono un maxitest, a seconda che le vinca Renzi o Grillo

    Merkel di Riccardo Ruggeri

    - In due anni, paziente, ha ascoltato lo stesso identico di-scorso da Monti, Letta, Renzi. L’inglese migliore? Letta.Tre percento

    - La politica non la capisco. “Il defi cit può salire, ma sotto il 3%” è un successo. “Il defi cit non deve andare oltre il 3%” è baciare la pantofolaCottarelli

    - Venda pure tutto, ma non l’Amerigo Vespucci: è così bellaCrimea

    - Solo il Luogotenente generale Alessandro La Marmora ha riconosciuto la Crimea di PutinD’Alema

    - Nel ciclo di rottamazione delle auto l’ultima fase è la “compattazione”. Renzi non l’ha ancora “compattato”Terrore al TG 7

    - Mentana, con cravatta nera, scatenato per la morte di un (1) soldato ucraino. A fatica si è calmato. La 3° Guerra Mondiale non ci sarà

    BRIOCHE E CAPPUCCINO

    Pier Luigi Bersani

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  • 7Giovedì 20 Marzo 2014Giovedì 20 MarzP R I M O P I A N OLa magistratura vuol sapere come sono stati spesi i soldi per inseguire gli emiliani nel mondo

    Il ministro degli esteri ErraniChiudono i consolati ma le Regioni impazzano nel mondo

    DI GIORGIO PONZIANO

    «Nell’indagine, la Regione è configu-rabile come even-tuale parte lesa.

    Se così fosse ci muoveremo per tutelarci»: lo dice Alfredo Bertelli, sottosegretario alla presidenza, cioè il il vice di Va-sco Errani che guida la giunta della Regione Emilia-Romagna. Si cerca di correre ai ripari quando i buoi sono già scappa-ti. Infatti l’indagine della magi-stratura bolognese riguarda le spese pazze della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo,

    i cui programmi venivano ap-provati dal consiglio regionale e i bilanci (e perciò le spese) ottenevano il placet della giun-ta. Quindi: dov’erano i partiti, il presidente della giunta, gli assessori quando tutto questo accadeva e passava sotto il loro naso? Adesso si sentono parte lesa? Mistero, ma non tanto, della politica. E a proposito di spending review e di conti pubblici che non tornano: è ac-cettabile che ogni regione abbia una propria «politica estera», rincorrendo i suoi cittadini in giro per il mondo? Non c’è già un ministero che dovrebbe fare questo per tutti gli italiani?

    Ma c’è chi, come la consi-gliera regionale del Pd, Ro-berta Mori, non vuole sentire parlare di chiusura dell’orga-nismo dispendioso, meglio ri-formarlo e riportarlo a nuova, allegra vita: «La riforma della Consulta», sostiene la consi-gliera, «costituisce un punto qualificante di rilancio delle relazioni della Regione col mon-do mediante il contributo degli emiliano-romagnoli all’este-ro…. Per quanto mi riguarda escludo l’abolizione di uno stru-mento importante della strate-gia di sviluppo dell’idea di co-munità globale che ha sempre contraddistinto il protagonismo regionale nel mondo». Caspita. Carlo Cottarelli, se ci sei batti un colpo. Ovvero conta quante sono queste Consulte e quanto ci costano. E forse anche il neo-ministro degli Esteri, Federi-ca Mogherini, potrebbe dire la sua. Si chiudono le sedi delle ambasciate per risparmiare e poi ogni Regione va a zonzo per il mondo?

    Vasco Errani decise di internazionalizzare la poli-tica della sua Regione nel 2006, creò la Consulta, le diede una dote milionaria (di euro), vi mise a capo Silvia Bartolini, la pidiessina radical che era stata clamorosamente battuta

    dal civico-casiniano Giorgio Guazzaloca nella corsa a sin-daco di Bologna. Dopo avere fatto perdere alla sinistra la

    città-simbolo del potere ros-so, lei si ritrovò ambasciatrice dell’Emilia-Romagna nel mon-do. Adesso sul tavolo del sostitu-to procuratore Morena Piazzi c’è un fascicolo con l’ipotesi di accusa di truffa aggravata per come sono stati impiegati una fetta dei fondi pubblici da parte della Consulta.

    Non si tratta di spese di poco conto. In tre anni, dal 2007 al 2009, la politica estera della Regione è costata (a chi paga le tasse) oltre tre milioni, e c’è chi non ha battuto ciglio a liquidare fatture per pranzi e cene, a rimborsare biglietti ae-rei, a erogare i gettoni di pre-senza. Una specie di buco nero, senza che nessuno, dai banchi della maggioranza e dell’opposi-zione, fi atasse. Poi è arrivata la crisi e i bilanci pubblici sono an-dati in sofferenza, così, di fronte ai tagli ai servizi essenziali, c’è chi ha incominciato a interro-garsi: meglio dare soldi alle Asl o alla Consulta? L’Idv dei tempi moraleggianti ha incominciato a cavalcare la questione, segui-

    ta dall’Udc, dalla Lga e, in tem-pi recenti, dai 5stelle. Col Pd a fare muro per difendere la sua creatura. Unica concessione pi-diessina: il taglio dei contribu-ti poiché non era più possibile quel foraggiamento in tempi di crisi acuta.

    Meno soldi ma la struttu-ra è rimasta in piedi, viva e vegeta. A guidarla, oltre al pre-sidente, vi è un comitato di 51 (!) membri, composto da consiglieri regionali, provinciali, comunali, sindacalisti, docenti universi-tari, rappresentanti dei gruppi emiliano-romagnoli all’estero. Questi gruppi, per altro, conti-nuano a ricevere contributi in denaro per la loro attività: l’ul-timo bando è stato pubblicato il 12 marzo e prevede fi no a 5.600 euro di contributo per ciascun progetto. Tra le altre, ultime iniziative della Consulta: un volume (In cerca dell’altrove: storie di emiliano-romagnoli nel mondo), un corso per imparare

    l’italiano on line, un sito in cui cercare i propri antenati.

    Dice Liana Barbati, con-sigliere regionale Idv: «La giunta ha appena autorizzato una prima tranche di fondi, pari a 57 mila euro, destinati al fun-

    zionamento della Consulta nel 2014. Nel 2013 furono 113.500 stanziati con due differenti deli-bere. Quindi tutto continua».

    I magistrati stanno vaglian-do un mucchio di carte. Tra le spese: 8mila euro per un gemel-laggio Bologna-Portland, al-trettanti per un corso di italiano in Romania con «serata fi nale di degustazione di prodotti tipici presso una loca-tion prestigiosa», altri 8 mila per un corso di lin-gue italiano «incentrato sulle fi gure dei Papi emiliano roma-gnoli, che toccherà anche la fi -gura del nuovo Papa, argentino di origine italiana», 40 mila euro sono costati quattro progetti tra cui l’incontro intitolato «Saperi e sapori della pianura emilia-na: tradizione e arte in cucina», e un interscambio in Argen-tina con «visita e gemellaggi tra i territori», 10 mila per un incontro con le associazioni di emiliano romagnoli del Cile dal titolo «Dal Frignano alle Ande», 9 mila per non meglio defi nite «Iniziative culturali nella città di New York», 30 mila spesi per il soggiorno a Riccione di un gruppo di discendenti da emigrati in Europa, 29 mila per un viaggio della Consulta in Argentina, qualche migliaio di euro in meno per una mis-sione in Canada e un’altra in Svizzera. Ancora: 1.049 euro

    lasciati al ristorante dell’Hotel Giovanni di Londra, 900 al De Luigi di Roma, altri 602 all’Hil-ton Perth Globe Restaurant, negli Stati Uniti.

    Tutte spese passate al vaglio, senza obiezioni, della giunta re-

    gionale.«Conti -

    nuiamo a mantene-re vivo un ente che butta soldi pubblici in progetti di discutibile valore», af-ferma Liana

    Barbati. «Una macchina da voti mascherata da ente per la pro-mozione culturale», aggiunge Giovanni Favia, consigliere regionale ex-5 stelle (è stato espulso da Grillo). «Dopo che ne avevamo chiesto l’abrogazio-ne la giunta aveva promesso di presentare un progetto di rifor-ma entro la fine della scorsa estate. Oggi lo stiamo ancora aspettando».

    Tra l’altro vi sono tre strutture che la fanno da pa-droni nel ricevere i contributi e si tratta di una sorta di lar-ghe intese: l’Istituto Fernando Santi, con sede legale a Roma e uffi cio a Reggio Emilia, presi-dente del comitato scientifi co è

    l’ex-ministro Cècile Kyenge, il Comitato tricolore per gli italia-ni nel mondo, costituito da Mir-ko Tremaglia, sede a Roma, il Movimento cristiano lavora-tori dell’Emilia Romagna. In sei anni, dal 2008 al 2013, essi hanno incassato 303 mila euro, per 27 progetti.

    Afferma Andrea De Fran-ceschi, consigliere regionale 5stelle: «La Regione parte lesa? Adesso basta con questa storia: La Regione è parte primaria e fondante di questo processo, è quella che, attraverso una com-missione specifi ca, il cosiddetto nucleo di valutazione tecnica, ha approvato lo stanziamento dei fondi a ciascun progetto del-la Consulta. Devo dedurne che la Giunta ha leso la Regione»?

    Il presidente Errani, per ora, non parla. La difesa è affi data a Silvia Bartolini, che guida da sempre la Consulta: «Continua-re a polemizzare non serve: la Consulta mantiene contatti con le 107 associazioni di emiliano-romagnoli nel mondo, la pole-mica è offensiva nei confronti delle nostre comunità all’estero e delle attività che svolgono su base volontaria».

    Twitter: @gponziano© Riproduzione riservata

    DI ISHMAEL

    Anche alla Procura di Milano, che ha lanciato e guidato tutte le campagne contro la corruzione politica degli ul-timi vent’anni, da Tangentopoli all’Af-

    faire Ruby, volano i piatti, come nelle assemblee di partito e nelle riunioni di condominio. Un magistrato, l’aggiunto Alfredo Robledo, nei giorni scorsi si è rivolto al Csm, il Consiglio su-periore della magistratura, per denunciare una serie di «non più episodici comportamenti» di Edmondo Bruti Liberati, il procuratore capo successore di Francesco Saverio Borrelli e di Gerardo D’Ambrosio, che affiderebbe le inchieste e «i fascicoli più delicati a Ilda Boc-cassini e Francesco Greco», due aggiunti evidentemente più vicini al suo cuore.

    Fossi un magistrato, probabilmente anch’io invidierei ai colleghi privilegiati le inchieste più divertenti, se così si possono de-fi nire: la sfi lata delle Olgettine, il fallimento dell’Istituto San Raffaele, le vacanze miliar-darie a scrocco e il malumore dei potenti, da Silvio Berlusconi a Roberto Formigoni. Ma da cittadino che non ha mai indossato una toga, neanche alle feste in maschera, troverei faticoso avere a che fare con Olgetti-ne, amministratori d’ospedale, bancarottieri, yachtmen in disarmo e politici bolliti. Si può capire, tuttavia, che ai magistrati i processi

    piacciano. Ma litigarsi le aule di tribunale mi pare esagerato. Ci sono processi, è vero, che danno molta visibilità all’accusa: più l’impu-tato è da prima pagina, più lo diventa anche chi lo accusa in aula.

    Tuonare contro l’avidità di Tizio, con-tro la corruzione morale e materiale di Caio, contro l’iniquità di Sempronio è un bel modo, oltretutto, di guadagnarsi il pane. Ma ci sono iniquità, corruzione morale e avidità per tutti. Magari ha ragione Robledo quando dice che esistono dei protocolli, delle procedure, e che sono stati violati «i criteri di organizzazione vigenti nell’uffi cio sulla competenza interna» (in parole semplici: certi processi che toccava-no a lui sono invece toccati ad altri). Ma che cosa dovrebbe fare adesso il Csm? Accusare il procuratore capo di favoritismo e i suoi cocchi d’aver spazzolato tutta la torta senza lasciarne neppure una fettina piccola al collega?

    Posso capire il disappunto dell’aggiun-to Robledo, anche i magistrati, come i politici e le formiche, nel loro piccolo eccetera. Ma la nostra Casta è quella che è. Perciò le toghe non disperino. Volete che il Caimano, Formigoni o qualcun altro non faccia, più prima che poi, qualche nuovo passo falso? In questo caso, sia chiaro, il divertimento non tocca più ai benia-mini del procuratore, Boccassini e Greco. Tocca ad Alfredo Robledo.

    © Riproduzione riservata

    SOTTO A CHI TOCCA

    Fossi un magistrato, anche io invidierei ai colleghi privilegiati le inchieste divertenti

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    Una macchina da voti mascherata da ente per la promozione cultura-le. Il Pd ora ne propone la riforma mentre an-

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  • 8 Giovedì 20 Marzo 2014 P R I M O P I A N OPeppino Caldarola: sono uniti solo dal fatto di essere due egomostri, cioè egocentrici

    Renzi e D’Alema, molto diversiIl premier è più determinato: va diritto come un Tir

    DI FABRIZIA ARGANO

    Si tende a immaginarli contrapposti, Matteo Renzi e Massimo D’Alema. Eppure sono

    stati fianco a fianco, per la presentazione del nuovo libro dell’ex presidente del Consi-glio, «Non solo euro», al Tem-pio di Adriano a Roma, avve-nuta martedì scorso. Sorrisi e strette di mano c o m p o r r a n -no la foto mai scattata pri-ma del disgelo tra i due. Ma quanto quella foto corrispon-de alla realtà? Ecco l’opinione di Peppino Caldarola , s a g g i s t a e giornalista di lungo corso, già direttore de l’Unità, amico di D’Alema ed estimatore di Renzi.

    Domanda. Caldarola, c’è qualcosa in comune tra Renzi e D’Alema?

    Risposta.Sono tecnicamen-te due egomostri. Hanno in co-mune l’ambizione e l’egocen-trismo. Ma, per il resto, credo non si somiglino per nulla. La capacità di comunicare di Ren-zi è moderna, antica quella di D’Alema. Quest’ultimo ha una cultura politica più struttura-ta, più trasversale ed eclettica quella dell’attuale presidente del Consiglio.

    D. Non seguono entrambi la strada del riformismo?

    R. Su questo versante, le differenze vanno tutte a svan-taggio di D’Alema. Non ha mai avuto la forza di portare avan-ti alcune sue idee audaci, si sente parte di un mondo a cui crede di dover rispondere. Ciò

    non gli ha permesso un vero braccio di ferro con il sindacato o di essere più coraggioso con la Bicamerale. L’ex sindaco è un riformista più pragmatico, quando decide una cosa, va dritto come un tir e non si cura di quanti amici o nemici abbia. Per Renzi il mondo coincide con sé medesimo. Basti pen-sare ai suoi atti di governo, un mix tra idee di sinistra e di destra, tra misure alla Ichino e alla Camusso.

    D. Il Pse è un orizzonte che li avvicina?

    R. Il segretario del Pd è sta-to più concreto di Fassino e

    dello stesso D’Alema. Renzi ha tolto l’elemento ideologico di contrasto e ha dimostrato come le polemiche su di lui “intruso” nel Pd fossero infon-date.

    D. È stata siglata un’al-leanza tra i due in chiave europea?

    R. Dopo aver praticato la li-nea del rinnovamento genera-zionale alla guida del partito, nel governo e nelle future liste, Renzi capirà che di fronte a problemi veri di rappresentan-za all’estero non potrà esclude-re le generazioni più esperte.

    Magari non per le europee ma per un posto da commissario, i legami, la cultura, la storia di D’Alema potranno essere utili al suo progetto.

    D. E D’Alema lo aiuterà al governo?

    R. Conosco D’Alema e sono certo che non gli metterà i ba-stoni fra le ruote.

    D. Che ne pensa delle ul-time polemiche sugli F35?

    R. Penso che in questo Paese ci sia una lettura del proble-ma troppo debitrice alla cul-tura pacifi sta. Non dobbiamo pensare come il Venezuela di

    Chavez, si può ragionare sul-la diminuzione del numero de-gli F35 ma il tema della difesa è importante, non stiamo an-dando incontro a un mondo di pace, come si vede in Crimea, e disarmarsi non mi sembra un’idea geniale.

    D. Renzi sta sbagliando dunque su questo fronte?

    R. Ha capito che deve dire cose di sinistra, ha bisogno di avere l’opinione pubblica che non lo giudichi negativamente. È comprensibile, ma non per troppo tempo.

    www.formiche.net

    DI MARIO UNNIA

    L’ospite clou della serata in ter-razza è proprio lui, il ministro neo ma già super, braccato ogni giorno da giornalisti e tv.

    Eppure, con grande disappunto di Don-na Lavinia, oppone alla curiosità degli ospiti una riservatezza che sconfi na nel mutismo. «Signor Ministro» insiste Donna, «non ci lasci con il desiderio in-soddisfatto, ci parli del governo, siamo tra amici, garantisco…» All’ennesima rassicurazione il ministro si rasserena, con gli occhi chiede comprensione… e dopo una breve esitazione esordisce.

    «Credetemi, non lo faccio per posa, ma mi capirete. Cosa volete che vi dica… mi aveva messo in guardia Tremonti ai tempi di Berlusconi, poi la Fornero che stava con Monti, e Saccomanni compagno di Letta: i pa-lazzi del governo, tutti, senza eccezione, brulicano di sistemi di spionaggio ultra moderni, qualsiasi cosa tu dica o scriva viene inviato a centrali occulte, e quan-

    do il nuovo governo arriva monta il suo sistema senza smontare il precedente, sicchè oggi ce ne sono in funzione al-meno una decina».

    «Oh dio» esclamano in coro si-

    gnore e signori, e per tutti un tra-passato presidente del Cnel domanda «come fate a lavorare in quel conte-sto?» «Non è facile, ci difendiamo dalle trappole tecnologiche con trappole più avanzate, vede» e mostra una valigia, di grande dimensione, che era sfuggita ai nostri sguardi «qui dentro c’è una memoria gigantesca, electronic mail, telefoni, registratori, tutto a prova di cybercrime, dicono, posso lavorare a palazzo, a casa, in campagna, in taxi e in aereo. Me lo porto sempre dietro, e pesa… anche il premier ne ha uno, e uguale i quattro colleghi di primo li-vello come me. Lo chiamano ministero virtuale»

    «Beh, un bel sistema davvero…»

    conviene l’ex presidente della Camera «e funziona?»

    «Teoricamente sì, eppure ci sono de-gli inconvenienti… vede, i messaggi che invio e ricevo con la valigia bypassano tutte le vie di comunicazione terrestri e arrivano a un centro impalpabile e invisibile che ruota attorno alla terra, lo chiamano Cloud, Nuvola… ma, pri-ma di arrivare là, fanno un’infi nità di giri attorno all’equatore, roba di decine e decine di minuti, anche di ore per ragioni di sicurezza dicono, e poi la ri-sposta fa lo stesso percorso, lo stesso tempo. Altro che velocità di decisione, solo per decidere quando riunire il go-verno tra domande e risposte va via mezza giornata…»

    «Terribile!» dichiara il consulen-

    te del ministero dell’innovazione, «e questo annulla il ritmo impresso dal giovane premier all’apparato go-vernativo». «Lo so, e lo sa anche lui, il premier, sere fa mi ha confi dato ‘‘sono al centro di cerchi cosmopoliti collegati alla Nuvola, eppure al mattino chiamo mezzo mondo, quelli mi ricevono al po-meriggio, provano a richiamarmi, ma

    quando suona io non ci sono più, sono andato a cena e ho dimenticato la vali-gia… se ho bisogno di un temperamati-te non telefono al Padoan, tre ore per sentirlo, faccio un fi schio a un colorato che sta sulla piazza e mi serve a colpi di mance’’. Capito?...»

    Un suono acuto fa sobbalzare lui e la valigia, l’apre e si mette la cuffi a, passano dodici minuti in un silenzio sepolcrale, rotto da disperati «pronto… pronto…», ma non c’è risposta, e poi implacabile compare la scritta out. «La voce s’è incastrata sulla Nuvola, capita spesso…» mormora il ministro, e visibilmente depresso commenta «for-se è il premier, inutile chiamarlo, mi sentirebbe domani», saluta e se ne va trascinando la valigia.

    Sconcerto diffuso in terrazza. L’amico di Donna, l’intellettuale Phi-lippe, richiesto di un commento sen-tenzia «neanche Machiavelli avrebbe immaginato un governo con le mani nelle trappole e con le teste nella Nu-vola. Che genio quel Toscano!».

    DALLA TERRAZZA ROMANA DI DONNA LAVINIA

    Si può comunicare senza intercettazioni, dice il ministro circospetto Ha un solo difetto: per riuscire ad ottenere la risposta passano ore

    Matteo Renzi e Massimo D’Alema

    DI CORRADO MIRASOLE

    Retromarcia di Renzi sulle pensioni? E lo credo bene...i suoi più grandi afictionados, tra sostenitori e potenziali elettori sono proprio gli anziani (esattamente come accadeva con Berlusconi; un qualsiasi sondaggista ve lo potrà dimostrare). Ma chi glielo fa fare, dun-que, a toccare proprio quelli (e vedrete che farà lo stesso anche con le altre proposte di Cot-tarelli)? Caro Renzi, accetta un consiglio: se vuoi essere portato in trionfo dal popolo italico devi tagliare le pensioni da trentamila euro al mese, non da tremila. A tagliare quelle da tremila siamo buoni tutti. Ma prova con quelle da trentamila

    . . .Berlusconi alle europee si candida ovunque? Ma quando mai....è solo tattica per preparar-si a fare la solita, ennesima, ventennale cam-pagna elettorale da vittima (che come tutti i politologi sanno è quella che gli riesce meglio). E questo è solo l’antipasto

    . . .Il Pd de noantri non ne vuole proprio sapere di andare d’accordo con i fedelissimi del pre-

    mier Renzi. Non potete immaginare che kaos è scoppiato all’ultima direzione regionale Pd del Lazio. Urla, malori e spintoni pur di non eleg-gere la renziana (e per giunta della primissi-ma ora) Lorenza Bonaccorsi alla presiden-za dell’Assemblea. E chi ha scelto il Pd laziale al suo posto? La candidata del lettiano (nel senso di Enrico Letta, l’ex premier) Marco di Stefano. «E se sul sindaco Marino tiene (chissà per quanto ancora) l’alibi del marziano della politica, in molti iniziano a guardare con stupore Zingaretti» scrive il Tempo, sempre attentissimo alle cose romane. E potete stare certi che i vertici nazionali del PD non sono rimasti contenti dello spettacolino offerto

    . . .A proposito: perché a Palazzo Chigi e dintorni si sta studiando con attenzione l’insieme delle partecipazioni azionarie della regione Lazio, della provincia di Roma, e di Roma Capitale? Ah saperlo

    . . .Ormai è chiaro: Renzi sforerà il 3% col tacito consenso della Merkel. Niente male per un ragazzino...vero Bersani? Ma al colle più alto chi glielo dice...?

    VOCI DI CORRIDOIO

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  • 9Giovedì 20 Marzo 2014Giovedì 20 MarzP R I M O P I A N OEsce un i lm di Veltroni a trent’anni dalla morte. Dallo stalinismo al compromesso storico

    Berlinguer: ladri solo gli altriMontanelli disse: fece errori, mai disonestà o bassezze

    DI GIANFRANCO MORRA

    Il più grande partito comuni-sta dell’Occidente ha avuto due personaggi mitici, che corrispondono a due precisi

    periodi della sua storia, il leni-nismo e la destalinizzazione. Il primo fu Gramsci, che non solo lo fondò, ma gli suggerì una strategia per conquistare la società civile. Oggi quasi del tutto dimenticato. Il secondo fu Enrico Berlinguer, che precorse la trasformazione del Pci in partito democratico della sinistra. Di lui ricorrono i trent’anni dalla morte (11 giu-gno 1984).

    Gli eventi traumatici ac-caduti nella nostra storia re-cente (caduta del comunismo, fine dei partiti della prima repubblica, trionfo dei media, leaderizzazione della politica, depoliticizzazione dei cittadini) consentono oggi un bilancio disinteressato e spassionato. Forse non ci aiuterà molto il documentario di Walter Vel-troni, che sarà nelle sale a fi ne mese: «Quando c’era Ber-linguer». Una successione di luoghi, testimonianze e intervi-ste, che pongono al centro, non il Personaggio, ma il «quando», cioè il suo tempo. Allora, infatti, «c’era», mentre ora quasi tutti

    i giovani, interpellati nel fi lm, hanno mostrato di ignorarlo. Dunque non un giudizio criti-co, ma un ricordo sentimentale: «Portatevi dietro il fazzoletto», ci suggerisce Veltroni.

    Di Berlinguer non è diffi -cile mettere in luce (lo han-no fatto storici attenti come Giorgio Galli e Massimo Salvadori, Giuseppe Fiori e Francesco Barbagallo) sia i meriti che i limiti. Poli-tico per convinzione, anzi per vocazione, si votò alla causa comunista con un impegno e un lavoro senza sosta, che certo

    fu tra le cause della prematu-ra scomparsa. La sua sincera e altruista vocazione politica dovette adattarsi aun Pci an-cora staliniano. Fu (o mostrò di essere) togliattiano e, nel 1949, divenne segretario del Giovani comunisti. Poi la continua sali-ta del «delfi no di Togliatti», sino a divenire segretario del Pci e portarlo al suo massimo storico (34,4 % nel 1976) con il proget-to di un socialismo italiano da realizzare democraticamente, anche con un «compromesso» con i movimenti cattolici.

    Tutta la sua attività fu pa-radossalmente ambivalente: da un lato gesti di fedeltà al comunismo, dall’altro prese di distanza dall’Urss, anche se certo è una esagerazione parla-re di «strappo»: il Pci lo fece solo dopo la caduta del comunismo, quando cioè non c’era più nien-te da strappare. È vero, tutta-via, che Berlinguer non era ben visto: nel 1973, in Bulgaria, un camion militare investì la sua macchina e si salvò per miraco-lo (incidente o Kgb?). Giustifi cò l’invasione della Ungheria, ma condannò quella della Cecoslo-vacchia; operò per un incontro tra operai e produttori, ma si schierò contro la marcia dei 40 mila a Torino; esaltò l’ombrel-lo della Nato come difesa della

    libertà, ma santifi cò i Vietcong nonostante conoscesse i loro genocidi; nascose il terrorismo rosso degli anni Settanta, poi lo chiamò «fascista»; prese a lungo l’oro di Mosca, che rifi utò solo negli ultimi anni; parlava del «valore assoluto» della libertà di stampa, ma denunciò Forat-tini per una vignetta satirica. Fu opportunismo? prudenza politica? predicava bene e raz-zolava male?

    Di certo Berlinguer ebbe la piena consapevolezza del diffi cile momento in cui l’Italia stava entrando e anche l’intui-zione che da questa crisi non si poteva uscire con delle riforme politiche, ma era necessario un capovolgimento antropologico: «La questione morale (scrive-va) è la prima ed essenziale, perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità e la tenuta del regime democratico. Essa è il centro del problema italiano». E la collegava al recupero di una «austerità». In tal senso l’intervista a Repubblica del 28 luglio 1981 è il suo testamen-to politico, apprezzabile anche per chi non guarda a sinistra: «I partiti sono diventati macchi-ne di potere e clientela, hanno occupato lo Stato e tutte le isti-

    tuzioni, a partire dall’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato». E a que-ste spoliazioni e ruberie vedeva collegati metodi volgari e offen-sivi di lotta. Non così all’inizio della Repubblica: «Tra avver-sari ci si stimava. De Gasperi stimava Togliatti e Nenni, e, al di là delle asprezze polemiche, n’era ricambiato».

    Tutti i partiti corrotti, meno uno, il Pci: «Le occa-sioni le abbiamo avute anche noi, ma ladri non siamo di-ventati». Impudenza o inge-nuità? Trent’anni dopo non solo le speranze di Berlinguer sono cadute e la situazione è ancora peggiorata, ma anche il suo partito e quelli da esso derivati sono stati coinvolti in quelle grosse ruberie, che il moralismo di Enrico con-dannava aspramente. Troppe per essere elencate. Timido e cupo, impacciato e silente, per il popolo ancora rosso era una icona (un milione di persone al funerale): «Berlinguer non è una Madonna», ironizzava Scalfari. Tuttavia aveva ra-gione Montanelli: «può anche aver commesso degli errori: mai disonestà o bassezze».

    © Riproduzione riservata

    Enrico Berlinguer

    DI DIEGO GABUTTI

    Un gruppo di congiurati po-litici di medio rango forma una coalizione per abbat-tere il politico alfa e i suoi

    alleati. Pianificano a lungo una stra-tegia d’attacco cercando di non dare nell’occhio a eventuali spioni. Quin-di, per prima cosa e senza preavviso, partono all’assalto dell’avversario più debole. Questi, colto di sorpresa, non reagisce con la necessaria rapi-dità, si prende una scarica di botte e perde il consenso di cui godeva fino a un momento prima e precipita verso il basso nella gerarchia di comando o, come dicono gli etologi, dell’ordine di beccata. Un altro attacco, un altro avversario che cade, quindi un altro e un altro ancora, fino allo scontro finale col politico alfa, che viene ab-battuto in maniera particolarmente rovinosa e perde, dalla sera al mat-tino, tutti i privilegi, sparendo in un amen dalla memoria dei suoi compa-gni e clientes.

    Sembra la storia di Matteo Ren-zi, di Pierluigi Bersani, d’Enrico Letta e degli altri leader del partito democratico nell’ultimo anno e mez-zo. Invece è la storia della «coalizio-ne rivoluzionaria» che «un gruppo di macachi rhesus sull’isola di Cayo Santiago» organizza per prendere il

    potere nel gruppo. Potete leggerla in un libro appassionante e impassibi-le, A che gioco giochiamo noi primati. Evoluzione ed economia delle rela-zioni sociali umane di Dario Mae-stripieri (Raffaele Cortina Editore 2014, pp. 337, 26,00 euro). Potete leggere, nello stesso libro, anche molte altre storie e rifl essioni sulla natura dei primati, che continuano a essere molto simili tra loro, anche se le strade evolutive delle diverse specie si sono separate da milioni di anni. È il nostro software genetico, spiega Maestripieri, che insegna bio-logia evoluzionistica, neurobiologia, psichiatria e neuroscienze all’uni-versità di Chicago: siamo primati, e così siam fatti.

    Umani e macachi, condividia-mo una serie d’«algoritmi di com-portamento», come li chiamano gli psicologi evoluzionisti: «Gli algorit-mi rappresentano le soluzioni ai pro-blemi ricorrenti con cui i primi esseri umani e i loro antenati si sono do-vuti continuamente confrontare nel proprio ambiente. Problemi comuni erano: come spostarsi e orientarsi; come trovare il cibo e distinguere le sostanze commestibili da quelle tos-siche; come evitare aggressioni po-tenzialmente mortali da un membro di un altro gruppo; come comunicare con i membri della propria comunità; come distinguere i membri della pro-

    pria famiglia dagli individui che non sono nostri parenti; come instaurare una relazione cooperativa con altri basata sulla reciprocità; come ricono-scere e punire gli imbroglioni; come stringere alleanze politiche effi caci per superare i concorrenti e guada-gnare uno status più elevato; come trovare e scegliere partner adatti e disponibili per rapidi rapporti ses-suali; come instaurare una lunga relazione con un individuo del ses-so opposto fi nalizzata a riprodursi e ad allevare con successo i fi gli; come aiutare e indirizzare lo sviluppo dei fi gli in modo che diventino adulti di successo; come ottenere assistenza e sostegno in periodi in cui non è pos-sibile cavarsela da soli, come in età precoce o nella vecchiaia».

    Un esempio d’algoritmo, o

    d’«istruzione» genetica: «Le au-tomobili uccido