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Woman fiction romance

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Sherryl Woods

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:

Welcome to Serenity Mira Books

© 2008 Sherryl Woods Traduzione: Alessandra De Angelis

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony Romance ottobre 2009

HARMONY ROMANCE

ISSN 1970 - 9943 Periodico quindicinale n. 62 del 23/10/2009 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 72 del 6/2/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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La fragranza rilassante di lavanda della crema per le mani che Jeanette Brioche si stava spalmando sulle dita indo-lenzite non aveva alcun effetto calmante sui suoi nervi tesi. Qualche ora prima Maddie Maddox, la direttrice di Oasi di relax, il centro benessere dove Jeanette lavorava, aveva fissato una riunione per le sei, appena Jeanette a-vesse finito il trattamento con l'ultima cliente della gior-nata. Maddie non le aveva detto il motivo della riunione, ma la sua espressione seria le aveva fatto capire che non voleva organizzare una festa, cosa che lei e le sue amiche Dana Sue ed Helen facevano spesso. Jeanette era pessimista di natura; perennemente ansio-sa, temeva sempre che dietro ogni angolo ci fosse un di-sastro ad attenderla. Perciò, anche se mancava ancora qualche minuto alle sei, decise di porre fine al patema d'animo che l'attanagliava e si diresse verso l'ufficio di Maddie in fondo al corridoio del centro benessere. La porta era socchiusa. Jeanette bussò per annunciare il suo arrivo ed entrò quando Maddie le rispose in tono concitato: «Avanti!». Nell'ufficio regnava il caos. Maddie, accaldata e spet-tinata, stava tentando di dare il biberon al piccolo Cole, di sei mesi, che sgambettava energicamente, mentre Jessica Lynn, di due anni, correva per la stanza buttando per terra tutto quello che incontrava sul suo cammino. Le cartelle di Maddie, di solito ordinate, erano sparse in un mucchio

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scomposto sulla scrivania e i campioni di creme e lozioni portati dai fornitori erano sparpagliati un po' dappertutto. «Serve aiuto?» chiese Jeanette a Maddie. «Fermala!» le intimò Maddie, indicando la figlia con un cenno del capo. Jeanette agguantò al volo Jessica Lynn, la sollevò e le fece il solletico finché la bimba non si abbandonò a una risatina gioiosa. Ogni volta che prendeva in braccio la piccola, Cole o la bimba di Helen, l'altra amica di Mad-die, Jeanette si sentiva sciogliere per la tenerezza e pen-sava che prima o poi le sarebbe piaciuto avere dei figli anche se per il momento non aveva neanche una vita sen-timentale stabile. Era ancora giovane e non avvertiva l'in-calzare degli anni, ma il ticchettio del suo orologio biolo-gico cominciava a essere sempre più forte ed era in una fase della vita in cui l'odore del talco per bambini le sem-brava più allettante di qualsiasi profumo francese. «Giornataccia?» «Non è solo una brutta giornata» brontolò Maddie. «È anche una brutta settimana, e probabilmente sarà brutto tutto il mese!» Maddie aveva l'aria stanca e ultimamente sorrideva sempre più di rado. Quando aveva sposato Cal Maddox aveva già tre figli dal primo matrimonio. Il maggiore, Tyler, era al secondo anno di università ed era un bravis-simo giocatore di baseball. Kyle era alle superiori e stava ritrovando un certo equilibrio psicologico dopo il divor-zio dei genitori, e Katie, di nove anni, faticava ad adattar-si alla presenza di due fratellini minori, essendo abituata a essere la piccola di casa. Con una simile situazione familiare, era indubbio che Maddie avesse parecchio da fare, considerato che dirige-va Oasi di relax, il centro benessere per sole donne che a-veva aperto a Serenity con le sue due amiche del cuore, e che era tanto rinomato da attirare clienti anche da altre città del South Carolina. Jeanette non riusciva a capire

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come facesse a gestire tutto. Di solito Maddie era perfet-tamente padrona della situazione ma quel giorno aveva l'aria distrutta. «Vuoi che tenga Jessica Lynn per un po', così tu puoi allattare Cole in pace?» si offrì. «Veramente dovrebbe passare Cal da un momento al-l'altro a prendere i bambini, così io e te possiamo parlare con calma.» Maddie non aveva finito di pronunciare la frase che Cal entrò, comprese al volo la situazione con una sola oc-chiata e prese in consegna Jessica Lynn dalle braccia di Jeanette. «Come sta la mia ragazza preferita?» esclamò bacian-do la bimba che rideva contenta, agitandosi tutta. «Credevo di essere io la tua ragazza preferita» borbottò Maddie, fingendosi offesa. Senza badare al fatto che sua moglie era scarmigliata, con la camicetta spiegazzata e senza trucco, Cal mise a terra la figlia e si avvicinò alla scrivania per dare un bacio tenero e appassionato a Maddie. «Tu sei la mia donna preferita, anzi, l'unica donna della mia vita» le sussurrò. Jeanette li guardò con un pizzico d'invidia mentre Maddie sorrideva compiaciuta e gli sfiorava una guancia con una carezza affettuosa. I due si guardarono negli oc-chi come se fossero soli nella stanza. Non erano gli unici coniugi a essere innamorati come il primo giorno; anche Dana Sue e Ronnie Sullivan, ed Helen Decatur e suo ma-rito Erik Whitney si amavano appassionatamente. Nei suoi trentadue anni di vita, Jeanette non aveva mai visto coppie tanto affiatate e innamorate come quelle. Non c'e-ra da stupirsi se le bastava guardarli per avvertire uno struggimento profondo e desiderare di poter provare un amore altrettanto intenso e solido. Erano così felici che Jeanette era quasi tentata di cre-dere all'amore e alla possibilità di avere un rapporto sod-disfacente e duraturo. Erano ormai tre anni che evitava

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qualsiasi relazione stabile, da quando aveva lasciato il suo fidanzato perché non approvava la sua dedizione al lavoro. Invece Cal, Ronnie ed Erik amavano le rispettive mogli e le stimavano per il loro successo nel lavoro, oltre a essere sempre disponibili a collaborare quando avevano bisogno d'aiuto per conciliare la famiglia con gli impegni professionali. Non erano tre mosche bianche, ma tre uo-mini normali, e grazie al loro esempio Jeanette aveva ca-pito che era possibile trovare un compagno di vita come loro. Purtroppo fino ad allora non era stata fortunata. Alla fine, più rossa in viso di prima, Maddie distolse lo sguardo dal viso del marito e si rivolse a Jeanette. «Che ne diresti di metterci a tavolino e parlare di lavoro, ora che è arrivato il mio salvatore a liberarmi da questi due marmocchi pestiferi?» esordì lanciando un'occhiata affet-tuosa ai figli. «Sono qui apposta» rispose Jeanette, cercando di na-scondere la propria agitazione. «Bene, allora vi lascio» disse Cal, mettendo Cole nella carrozzina prima di prendere in braccio Jessica Lynn. «Vuoi che passi Da Sullivan a prendere qualcosa per ce-na?» chiese alla moglie. «Sì, ma ho già ordinato per telefono, per cui devi solo ritirare. Se parcheggi sul retro e suoni il clacson, sapran-no che sei tu. Non devi neanche scendere dalla macchina. Dana Sue o Erik si affacceranno dall'ingresso posteriore e ti daranno i contenitori da asporto già pronti.» «Signorsì» rispose subito Cal portandosi la mano alla fronte in un ironico saluto militare. «Ci vediamo dopo. Ciao, Jeanette. E stai attenta, non ti far convincere» ag-giunse strizzando l'occhio all'estetista. «Stai zitto!» lo rimproverò Maddie aggrottando le so-pracciglia e scacciandolo con un gesto imperioso. Dopo che Cal ebbe chiuso la porta dietro di sé, Jeanet-te guardò Maddie sospettosa. «Cos'è che vorresti convin-cermi a fare?»

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«Non dare retta a Cal, non è niente di particolare» mi-nimizzò Maddie, ma con un'espressione colpevole che fece capire a Jeanette che invece era l'esatto contrario. Conosceva bene Maddie, con cui lavorava sin da quan-do Oasi di relax era ancora in fase progettuale. Il centro funzionava a meraviglia anche grazie all'abilità di Mad-die di sminuire la difficoltà degli incarichi che assegnava ai collaboratori e, contemporaneamente, enfatizzarne le doti e le capacità. Jeanette aveva imparato a diffidare del suo tono disinvolto, perché significava che stava per chie-derle qualcosa d'importante. «Dimmi tutto» la esortò. «È una giornata così bella» osservò Maddie. «Andia-mo a prendere una boccata d'aria in veranda.» Sempre più ansiosa, Jeanette la seguì verso il porticato sul retro dell'edificio. Maddie si fermò al bar a prendere due bicchieri di tè freddo e li portò fuori, poi si sedette a un tavolino con lei. «Come va l'attività del centro estetico?» esordì con un sorriso un po' forzato. Jeanette rise. «Dai, Maddie, lo sai meglio di me, visto che hai sempre sott'occhio il rendiconto finanziario. Per-ché non vai al sodo e mi dici subito quello che hai in mente?» «Sai che ultimamente sono sovraccarica di lavoro, e con due bambini piccoli le mie giornate sono a dir poco frenetiche» cominciò Maddie. Jeanette la fissò allarmata. «Non vorrai lasciare il lavo-ro?» esclamò. «Santo cielo, no! Non ho alcuna intenzione di abban-donare la nave. Oasi di relax è importante per me quanto lo è per Dana Sue ed Helen.» Jeanette fece un sospiro di sollievo. «Non sai quanto la cosa mi faccia piacere.» «Sono fiera dei nostri risultati e so che il merito del successo del centro estetico va tutto a te. Hai fatto un ot-

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timo lavoro, davvero, e so bene di poter contare su di te.» Jeanette si era occupata della gestione del centro en-trambe le volte in cui Maddie era stata in maternità. Sa-peva di essere in grado di organizzare le attività di Oasi di relax da sola, se necessario, ma non ambiva a essere una dirigente. Le bastava la responsabilità del centro este-tico. Occuparsi di massaggi, trattamenti al viso, manicure e pedicure rientrava nelle sue competenze. Era una pro-fessionista esperta e qualificata in campo estetico, mentre la palestra per lei era una specie di moderna sala delle torture che preferiva lasciare nelle abili mani degli eccel-lenti istruttori assunti da Maddie. La gestione commercia-le del centro, poi, con tutta la burocrazia legata a ordini e fornitori, clienti e abbonamenti, listini e offerte promo-zionali, era una dimensione che andava ben oltre le sue capacità professionali. Inoltre a Jeanette piaceva l'intera-zione quotidiana con le clienti mentre Maddie, come di-rettrice del centro, ben di rado riusciva a mettere il naso fuori dal suo ufficio. «Faccio del mio meglio» disse timidamente. «Però non riuscirei mai a sostituirti. Tu sei l'anima di questo posto!» «Non temere, non voglio chiederti di rimpiazzarmi» la rassicurò Maddie. «Sto solo cercando di dirti che Cole e Jessica Lynn sono ancora così piccoli da assorbire buona parte delle mie energie, per non parlare delle esigenze di Kyle e Katie. Inoltre non voglio certamente trascurare mio marito, che merita tutta la mia attenzione. In parole povere, non ho tempo né voglia di allargare le mie re-sponsabilità, perché riesco già a fatica a seguire quelle che ho attualmente.» «Ti capisco.» «Però Oasi di relax è un'impresa molto in vista in città, e questo comporta degli obblighi nei confronti della co-munità» continuò Maddie. Jeanette annuì. «Ciò significa che una di noi deve impegnarsi nelle

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manifestazioni cittadine e nelle attività che vengono or-ganizzate a Serenity in varie occasioni. Non possiamo cavarcela con un assegno per fare una donazione, né limi-tarci a partecipare agli eventi organizzati da altri. Dob-biamo essere coinvolte in prima persona, far parte dei comitati organizzatori, proporre delle idee.» Jeanette sbarrò gli occhi perché aveva finalmente capi-to dove Maddie volesse arrivare. «Oh no...» gemette, sen-tendo che il nodo d'ansia alla bocca dello stomaco si stringeva sempre più. «Non stai per parlare di quello che penso io, spero...» Maddie la guardò con un'espressione assolutamente innocente. «Non so, cos'è che pensi?» «Natale...» mormorò Jeanette con voce strozzata. Non riusciva neanche a pronunciare quella parola senza essere scossa da un brivido d'orrore. Come tutte le festività, a Serenity anche il Natale veni-va celebrato in grande stile, con addobbi fastosi, uomini vestiti da Babbo Natale che distribuivano caramelle ai bambini, canti natalizi organizzati dai cori in piazza, luci sfavillanti a tutti gli alberi e festoni da un lato all'altro delle strade del centro. Chi aveva un giardino faceva a gara per abbellirlo con alberi illuminati, lanterne, pupazzi di neve e decorazioni a tema. Gli abitanti di Serenity ado-ravano il Natale e lo festeggiavano con l'allegro entusia-smo di bambini di cinque anni. Jeanette invece no. Lei sopportava a stento il Natale e sperava che passasse in fretta; per lei non era un'occasio-ne per fare festa e divertirsi con amici e conoscenti. Da anni ormai trascorreva le vacanze natalizie tappata in ca-sa con una pila di DVD per vedere tutti i film che aveva perso durante l'anno. «Non se ne parla neanche!» protestò davanti al silenzio di Maddie, che le fece capire che aveva colto nel segno. «Non sperare che mi faccia coinvolgere nei preparativi per il Natale.»

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«Jeanette, ti prego!» la implorò Maddie. «Cosa ti costa prendere parte a qualche riunione? Si tratta solo di deci-dere dove mettere le luci e gli addobbi, convocare i cori, cose del genere. Ormai sono diversi anni che abiti a Sere-nity, sai come funziona. E poi sei una persona efficiente e organizzata, per te è una bazzecola.» «Però sono anche una delle poche persone al mondo a cui non importa un fico secco del Natale. Fosse per me, lo cancellerei dal calendario» borbottò Jeanette. Maddie la fissò sbalordita. «Perché? Come fai a non amare il Natale?» «Non mi piace, e basta» disse Jeanette seccamente. «Mi dispiace, Maddie, non posso farlo, neanche per farti un piacere. Chiedimi quello che vuoi, ma non questo. So-no disposta a sostituirti, a badare ai bambini, farò i doppi turni qui al centro benessere, ma non voglio avere niente a che fare con il Natale.» «Ma...» «Non voglio farlo, Maddie. Non parliamone più.» Nei tre anni in cui aveva lavorato a Oasi di relax, quel-la era la prima volta in cui si opponeva con un rifiuto de-ciso a una richiesta della sua datrice di lavoro. Senza ag-giungere altro, Jeanette si alzò e uscì dall'ufficio di Mad-die piantandola in asso e lasciandola a bocca aperta per lo stupore. Tom McDonald era l'amministratore municipale di Se-renity da un'ora e un quarto quando il sindaco Howard Lewis entrò nel suo ufficio, incastrò il suo fisico corpu-lento in una poltroncina con i braccioli di fronte alla sua scrivania e annunciò: «E ora parliamo del Natale». Tom lo fulminò con lo sguardo, come per troncare l'i-dea sul nascere. «Non credi che dovremmo concentrarci sul bilancio, Howard? Dovrà essere approvato in consiglio a breve e vorrei documentarmi. Ci sono diverse priorità e...»

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«Te lo dico io qual è la priorità a Serenity» lo interrup-pe il sindaco. «Il Natale. In questa città ci piace festeg-giarlo in grande, perciò convoca subito una riunione del consiglio comunale. Interpella qualcuno della Camera di Commercio e qualche imprenditore di spicco. Ti do una lista di nomi da contattare.» Mentre Tom cercava di capire quale fosse il modo più delicato per dire di no, Howard continuò imperterrito. «Innanzitutto ci servono dei nuovi addobbi per le festi-vità. Ora che hanno aperto dei negozi, direi di spostare le manifestazioni dal parco alla piazza. Dopotutto un Natale tradizionale si festeggia in centro, no?» Tom ignorò la domanda. «È prevista una voce di spesa per gli addobbi natalizi?» gli chiese di rimando, sforzan-dosi di adottare un approccio pratico per evitare di am-mettere quanto detestasse il Natale. «Ne dubito» replicò Howard scrollando le spalle con aria indifferente. «In compenso c'è un fondo cassa per le emergenze.» «Non mi sembra che le renne di Babbo Natale possano essere definite un'emergenza» osservò Tom, chiedendosi se il suo mandato come amministratore fosse destinato a essere un'esperienza sempre così frustrante. Howard agitò una mano come per minimizzare l'im-portanza della sua obiezione. «Sono sicuro che troverai un modo di usare gli accantonamenti. L'importante è co-minciare a pianificare subito.» «È settembre, Howard» gli fece notare Tom. «Esatto, è già tardi. Ci vuole tempo per organizzarsi, specialmente se ci si può affidare solo all'operato dei vo-lontari. Ma questo presumo che tu lo sappia, dato che sei esperto nell'organizzazione di eventi.» «Visto che hai tanto entusiasmo per il progetto, forse dovresti gestirlo personalmente» suggerì Tom, sperando di liberarsi di quella patata bollente. Era sicuro che, se avesse sentito ancora una volta la parola Natale, gli sa-

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rebbe venuto uno sfogo allergico e avrebbe cominciato a grattarsi freneticamente. Era cresciuto in una famiglia in cui, come a Serenity, i preparativi per il Natale cominciavano con l'arrivo del-l'autunno e raggiungevano l'apice con l'allestimento di addobbi per la casa che facevano impallidire d'invidia tut-te le altre famiglie di Charleston. Casa McDonald si tra-sformava in un emporio di decorazioni natalizie e gli in-viti a feste, cene e serate per celebrare il Natale comin-ciavano subito dopo la Festa del Ringraziamento. In mez-zo all'atrio troneggiava un enorme albero di Natale carico di palle colorate, decorazioni e luci, sotto cui si spandeva una profusione di pacchetti avvolti in carta colorata e or-nati da nastri e grossi fiocchi. Quando, da piccoli, lui o le sue sorelle cercavano di aprire i pacchetti, venivano rim-proverati severamente anche perché molti non erano altro che scatole vuote, messe per fare scena. Come per tante altre questioni nella famiglia McDonald, contava più la forma che la sostanza. Accigliato, Tom si rese conto che Howard lo fissava sconcertato, cercando di capire il motivo del suo rifiuto categorico. «Hai qualcosa contro il Natale?» gli chiese il sindaco. «Assolutamente niente dal punto di vista religioso» lo rassicurò Tom. «Vorrei solo farti capire che mi sembra di perdere tempo a occuparmi di addobbi e cori natalizi, quando ci sono cose più importanti con cui devo ancora familiarizzare riguardo all'amministrazione cittadina.» «Stupidaggini. Per gli abitanti di Serenity niente è più importante del Natale» sentenziò il sindaco. Si alzò con notevole sforzo e guardò Tom con aria severa. «Voglio avere un rapporto completo sui programmi per il Natale prima della riunione del consiglio comunale di giovedì. Intesi?» Tom chiuse gli occhi per un istante, chiamando a sé tutta la sua pazienza. «Intesi.»

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Incaricare lui di organizzare i festeggiamenti natalizi era un po' come mettere un orco alla direzione di un asilo d'infanzia... Qualcuno non sarebbe stato contento quel Natale a Serenity, Tom lo sapeva già. Se Jeanette fosse stata una forte bevitrice, dopo il col-loquio con Maddie sarebbe andata dritta in un bar a sco-larsi cinque whisky di fila. Invece, da brava golosa di dolci qual era, si precipitò nel ristorante di Dana Sue, Da Sullivan, e ordinò una porzione abbondante di torta di mele con gelato e panna. Quando la cameriera le ebbe ri-ferito l'ordinazione di Jeanette ed ebbe accennato al suo pessimo umore, Dana Sue uscì subito dalla cucina per andare a salutarla e a informarsi. «Ecco qua, una porzione abbondante di torta» disse la proprietaria del ristorante, piazzando il piatto davanti a Jeanette prima di sedersi di fronte a lei. «Cosa succede?» le chiese, preoccupata. Jeanette fece una smorfia. Avrebbe dovuto immaginare che rifugiarsi lì era un errore. Maddie, Dana Sue ed He-len, che si definivano le Tre Magnolie, erano molto per-spicaci e impiccione. Erano un gruppo compatto di ami-che e si davano man forte in ogni circostanza, ma esten-devano il loro interesse anche alle loro conoscenti. Certo era molto bello che al minimo sentore di problema si pre-cipitassero a dare una mano, ma Jeanette era un tipo ri-servato. «Cosa ti fa credere che ci sia qualcosa che non va?» replicò, affondando il cucchiaio nel dolce. «Tanto per cominciare, tu mangi molto raramente le torte, addirittura con panna e gelato. Poi Brenda mi ha detto che non eri del tuo solito umore, e comunque Mad-die mi aveva telefonato per informarmi che avete avuto un colloquio burrascoso.» «C'è forse una cosa, anche insignificante, che voi tre non vi raccontate un attimo dopo che è successa?» bor-

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bottò Jeanette, mentre mangiava di gusto il suo dolce. «Anche noi abbiamo i nostri segreti, non credere. Però siamo abituate ad aiutarci nel momento del bisogno e o-gnuna di noi sa di poter contare sulle altre due. Ora tu sei una di noi, perciò ti è riservato lo stesso trattamento» di-chiarò Dana Sue. Jeanette scosse la testa. «No, voi vi conoscete da tutta la vita, siete nate e cresciute qui e siete amiche sin da ra-gazzine. Io sono solo un'intrusa. Non posso essere consi-derata una Magnolia.» «Santo cielo, non c'è una legge o uno statuto al riguar-do!» rise Dana Sue, spazientita. «Sei nostra amica se lo decidiamo noi, punto e basta. Che importa da quanto tempo vivi a Serenity? Siamo tue amiche, per cui abbia-mo il dovere di aiutarti e il diritto di ficcare il naso nella tua vita privata» disse Dana Sue con un sorriso ironico. «Allora, spiegami un po' che cos'è successo con Maddie» insistette. «Non ti ha raccontato niente?» «Solo che avete avuto un diverbio riguardo al Natale. Mi è sembrato strano. Chi è che litiga per il Natale?» Jeanette sospirò e si rassegnò a raccontarle tutto, ben sapendo che se fosse stata reticente non avrebbe fatto al-tro che alimentare la sua curiosità. «Maddie vuole che faccia parte di qualche comitato organizzativo cittadino e io ho rifiutato» riassunse stancamente. «Non hai tempo?» «Potrei trovarlo se solo lo volessi, ma non voglio» re-plicò Jeanette categorica. «Perché?» «Perché no» borbottò, prima di mangiare un altro boc-cone in modo da avere una scusa per non parlare. «Se non vuoi, Maddie non ti costringerà, ma forse do-vresti spiegarle il motivo del tuo rifiuto.» Jeanette scosse la testa, continuando a masticare. Per dare una spiegazione avrebbe dovuto rivangare troppi ri-

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cordi dolorosi che preferiva lasciare in fondo alla memo-ria. «Non mi va di parlarne» disse infine, dopo aver in-goiato il boccone. «Non può bastare?» Dana Sue la fissò con aria indulgente e comprensiva. «Conosci Maddie, ha un istinto materno innato. Si preoc-cupa per tutto e tutti. Se non viene a conoscenza dei mo-tivi del tuo rifiuto ti tormenterà e sarà in pena per te. Il mio consiglio è di dirle tutto e farla finita subito.» «No» rifiutò Jeanette categorica. «Mi avete assunta per gestire il centro estetico di Oasi di relax. Nessuno ha messo in contratto un obbligo riguardante il Natale. Se per voi pensare agli addobbi natalizi è più importante del-le mie capacità professionali, forse Oasi di relax non è il posto giusto per me.» «Non dire sciocchezze! Oasi di relax non avrebbe lo stesso successo senza di te e noi ti vogliamo bene come a una sorella» protestò Dana Sue. «Non puoi andartene so-lo perché non vuoi partecipare a un comitato cittadino per le feste di Natale! Ci penserà Maddie, oppure potrebbe occuparsene Elliott.» Lo sguardo di Jeanette s'illuminò quando Dana Sue no-minò l'istruttore della palestra di Oasi di relax. «Elliott sarebbe perfetto!» approvò. «Ora che lui e Karen stanno insieme, è diventato tutto romantico e sdolcinato. Lui sì che saprebbe creare l'atmosfera giusta per il Natale. E poi la sua presenza in commissione spingerà tutte le donne di Serenity a offrirsi volontarie pur di avere modo di stare vicine a un bel fusto come Elliott.» «Giusto» sorrise Dana Sue. «Proponilo a Maddie. Vuoi un caffè?» «Grazie» annuì Jeanette. «La torta era buonissima, ma sono piena. Ho mangiato con troppa voracità» aggiunse scostando il piatto non del tutto vuoto. «Però ti senti meglio?» «Molto. Grazie, Dana Sue, e non solo per la torta.» «Sai che puoi contare su di me» dichiarò l'altra, alzan-

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dosi. «Ma prima di prendere una decisione definitiva ri-guardo al comitato, dovresti prendere in considerazione un'altra questione.» Jeanette la guardò diffidente. Aveva pensato che il pro-blema fosse risolto. «Cioè?» «A capo del comitato ci sarà il nuovo amministratore municipale.» «E allora?» «È venuto a cena da me con il sindaco ieri sera» disse Dana Sue. «È veramente affascinante... e ho sentito dire che è sentimentalmente libero.» «Sarebbe questo il vero motivo della richiesta di Mad-die?» chiese Jeanette, sospettosa. «Tu e lei state cercando di sistemarmi?» «Non me lo sognerei mai!» replicò Dana Sue con aria fintamente innocente. «Ti riferisco solo quel che so in modo che tu abbia tutti gli elementi per prendere una de-cisione consapevole.» «Ho già preso una decisione» rispose Jeanette con fer-mezza. «E non sono in cerca di un uomo. Anzi, mi hai dato un motivo in più per rifiutare l'incarico.» Dana Sue sorrise maliziosa. «Ricordo che Maddie era altrettanto categorica nei confronti di Cal, e ha finito per sposarlo e avere due bambini con lui. Helen era ancora più decisa a non volere avere niente a che fare con Erik, e adesso è felicissima con lui, per non parlare di me, che non avevo più alcun interesse nei confronti di Ronnie. In-vece guardaci ora.» Jeanette sbuffò. «Dico sul serio, non m'interessa un uomo» ribadì. «Anche noi dicevamo sul serio» ridacchiò Dana Sue. Jeanette scosse la testa. Dopo tutti gli errori fatti nello scegliere gli uomini, ultimamente la sua vita era tranquil-la e le andava bene così. Sì, magari invidiava la felicità e le relazioni stabili di Maddie, Helen e Dana Sue, ma uomini come i loro mariti

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erano rari da trovare, e lei sembrava attrarre solo i tipi sbagliati. Guardò severamente Dana Sue. «State fuori dalla mia vita sentimentale, voi tre» le intimò. «Non pensavo che avessi una vita sentimentale.» «Infatti non ce l'ho, e preferisco continuare a non aver-la...» borbottò lei. «Le ultime parole famose» mormorò Dana Sue prima di andarsene. Anche se Jeanette non poteva vederla in faccia, era si-cura che Dana Sue stesse sorridendo maliziosa. A quel punto Jeanette decise che si sarebbe data all'alcol. In que-sta maniera, la prossima volta che fosse stata turbata a-vrebbe potuto rifugiarsi in un bar invece che finire dritta dritta nel covo di una delle Tre Magnolie, dispensatrici di buoni consigli e inguaribili impiccione.

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La strada per Virgin Riverdi Robyn Carr

La vita a Virgin River scorre quasi in un’altra dimensione, avvol-ta nell’abbraccio protettivo dei boschi che la circondano. Il luogo ideale per trovare rifugio e rigenerarsi, come Melinda spera. Ma che non mancherà di riservarle emozionanti sorprese.Lei ha il cuore spezzato e vuole dimenticare. Quale modo mi-gliore che cambiar vita radicalmente? Basta con la città, il traf-fico, il caos. Un piccolo e tranquillo villaggio di montagna, tra torreggianti sequoie e corsi d’acqua cristallina, ecco ciò che ci vuole. Trovato un ambulatorio in cui esercitare la professione di ostetrica, Mel si gode la serena atmosfera di Virgin River. Ma all’orizzonte appare Jack, uomo forte e tenace, che non ha paura di nulla, neppure di innamorarsi perdutamente...

Amore, menta e cioccolatodi Susan Mallery

È possibile rimediare agli errori del passato? Dimostrare a tutti di essere diventata una persona matura e affidabile, una professio-nista competente, una buona madre? Per Jesse Keyes è arrivato il momento di tornare a Seattle con il figlio Gabe di quattro anni per fargli conoscere Matt, il padre che non l’ha riconosciuto. L’uomo accoglie entrambi senza troppo entusiasmo, pur restan-do impressionato nel constatare quanto il bimbo gli somigli. Non è molto, ma Jesse ha dimostrato di essere una donna dalle risorse sorprendenti. Ricomincia così a lavorare nella pasticceria di fa-miglia, dove inventa dei biscotti alla menta e cioccolato: frizzanti e afrodisiaci, riusciranno a rievocare sulle labbra di Matt il sapo-re delle loro notti insieme?

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