rapporti di una vita
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[Rapporti di una Vita]
Una storia davvero immaginata o
fantasticamente reale?
Marian de Souza
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Capitolo I. Gli addii................................................................4
Capitolo II. Aspettative..........................................................8
Capitolo III. Contando (e scrivendo) storie...........................12
Capitolo IV: La sceneggiatura di teatro e la musica. (Sì, la musica!)..............................................................................15
Aurora.....................................................................................17
Cogumelo................................................................................17
Capitolo V. Circa l'arte e il piacere di viaggiare....................19
Capitolo VI: Circa l'arte di prendersi cura.............................21
Capitolo VII. L'affetto e il prendersi cura..............................28
Capitolo VIII. Quando ci piace, è ovvio che abbiamo cura....31
Capitolo IX. E la cura continua.............................................36
Capitolo X: imparare a prendersi cura, aver cura per imparare o: l'importanza del dolore dell'altro nella comprensione del nostro proprio dolore..............................38
Lavorando con i Pazienti laringectomizzati...............................41
Laringectomia e Spiritismo......................................................49
Capitolo XI: Ci sono persone che sembrano venire dal nulla, ma in realtà sono angeli mandati da Dio per aiutarci nella nostra missione!..................................................................53
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Capitolo XII: Perché ogni persona è la persona giusta!........57
Capitolo XIII. Perché per lei tutto è motivo di riflettere!.......60
Riflettendo su alcune cose che ci accadono nella Via della Vita 65
“Non può prendere peso”........................................................70
Camminare..............................................................................72
Ancora scoperte- l’ernia!.........................................................73
Capitolo XIV: Riguardo il tempo..........................................76
Il Tempo..................................................................................76
Capitolo XV: Saudade (Nostalgia)........................................80
Ringraziamenti....................................................................90
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Capitolo I. Gli addii.
Tutta la sua famiglia spirituale era già riunita. Spiriti affini
erano stati coinvolti nei preparativi finali per la festa d'addio. Tutti
sapevano che, dal punto di vista della spiritualità, dell'eternità, il
tempo che sarebbero rimasti "lontani" uno degli altri sarebbe molto
breve, per non parlare che avevano già concordato che gli incontri
durante il sonno e attraverso i sogni sarebbero continui. Tuttavia,
spiriti di anima allegra com'erano, non perdevano l'occasione di
celebrare, una festa che amplificava ulteriormente il grande raggio
di luce e di felicità che li circondava. Mi spiego: ciascuno di loro
aveva un alone di luce bianca e dorata che, a contatto con l'aura
dell'altro, si espandeva, formando come un immenso cerchio di
luce, della dimensione dell'infinito. È stato uno dei grandi maestri ad
averle chiesto:
_ Dunque, sei pronta per la missione che tu stessa hai
scelto?
_ Sì, penso di sì.
_ Sappi che in questa strada che hai scelto, a volte, se pensi
alla definizione dei ruoli, ti sentirai un po' confusa. Tu sarai
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una madre nel corpo di una figlia e ben presto svilupperai
un dono che diventerà una delle tue caratteristiche più
preziose: il dono di prendersi cura. Inoltre, facoltà come la
gentilezza, la pazienza, la persistenza e anche il coraggio di
cambiare, ti saranno di fondamentale importanza. Avrai
tante sfide da superare e a volte non sarà facile non sentirti
sopraffatta dalla ansia. In questi momenti, ricordati che non
sarai mai sola. Noi siamo con te, ovunque tu sia. Fai un
respiro profondo e fidati. Segue la tua intuizione, quella
"vocina" che ti dice la strada da percorrere, senza paura. Gli
ostacoli sono fatti per essere superati e i cambiamenti fanno
parte della tua traiettoria. Ogni passo compiuto, sarà
registrato nel tuo grande libro della vita. Al termine di
questa fase del tuo lavoro, tornerai qui fra noi e insieme
guarderemo nel tuo libro e se vuoi ti aiuterò a scegliere il
titolo.
Detto questo, lui e gli altri spiriti di immensa luce e bontà
che si trovavano riuniti hanno unito le mani, formando un grande
cerchio di luce. Hanno poi chiesto a quel giovane spirito, che si
preparava per reincarnare, di prendere il centro del cerchio. Poi, gli
hanno coinvolto con luci di tutti i colori dell'arcobaleno, mentre,
attraverso il pensiero, trasmettevano parole di tenerezza, quali:
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fede, gentilezza, amicizia, pazienza, felicità, tranquillità, pace,
amore, luce, salute, fraternità, sogni. L'obiettivo, oltre a quello di
trasmettere a quello spirito tutte queste facoltà, era di formare uno
scudo protettivo, in modo che, di fronte alle difficoltà e gli ostacoli
che certamente sarebbero sorte, egli potesse sentirsi in grado di
combattere, utilizzando, soprattutto, la sua arma migliore: il suo
sguardo veritiero e il suo sorriso sincero.
Si stava facendo ora . Il concepimento era accaduto e il suo
involucro di carne iniziava a crescere. Come sempre, le ultime
procedure erano state lasciate per l'ultima ora. Alcuni mesi erano
già passati da quando c'era stato il concepimento, ma le era stato
detto di aspettare ancora un po', perché le avevano riservato una
sorpresa.
Seduta nel treno spaziale che l'avrebbe portata alla terra (sì,
sarebbe stata una lei, una bambina), già con le caratteristiche che
sarebbero diventate tipiche della sua personalità, vale a dire, un po’
di ansia e molte, molte aspettative, gioia e felicità, lei, che non
vedeva l'ora di arrivare a destinazione, è rimasta sorpresa quando il
treno ha fatto una fermata intermedia.
_Boh. . . Che cosa è successo ? Perché ci siamo fermati?
In questo, il conducente del treno entra nella sua cabina e dice:
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- Qui c'é qualcuno che è venuto a dirti addio. Voleva vederti prima
della tua partenza. Le vostre vite si sono incrociate molte, molte
volte. Questa volta, però, avete scelto di incarnare in tempi diversi.
La sua missione si è conclusa con il tuo concepimento. Ora, sarai tu
che darai continuità a quei semi che sono stati piantati da lui. Ed stai
tranquilla, perché così come nella patria spirituale, anche lì sulla
terra sarai sempre circondata di spiriti che ti aiuteranno. Spiriti
amichevoli e affini, che ti daranno forza quando avrai bisogno, e
anche spiriti di livello inferiore rispetto al tuo, ma che ti aiuteranno
in modo singolare nel compimento del tuo compito.
Detto questo, lo sportello che separava un vagone dall’altro
si aprì e lui arrivò. Aveva ancora la "forma", l'immagine di come era
stato nella sua ultima incarnazione. I capelli castani e ricci, gli occhi
verdi piccoli, ma di sguardo profondo, ricoperti di lacrime di
emozione. Gli sguardi si incrociarono, lei già "plasmata" nell'aspetto
che avrebbe sulla Terra. Inizialmente, piccola, ancora un neonato
una bambina. Lui l'ha presa in braccio, con affetto e le baciò sulla
fronte. Poi si abbracciarono e seguirono ciascuno per la sua strada.
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Capitolo II. Aspettative
Sulla Terra, i preparativi per l'arrivo di questo spirito
causavano tanta agitazione . A causa dei recenti eventi, il "clima"
era confuso, un misto di gioia e di speranza, insieme a dolore e
disperazione. Quella che era stata scelta per fare il ruolo di madre,
attravversava un momento di molti interrogativi. Era difficile da
capire, da accettare, che una perdita poteva essere semplicemente
un desiderio di Dio. Dopo tutto, avevano sempre detto che Dio era
buono, era come un padre. Ma che Padre era questo, così
dispettoso e sarcastico?
Come prevedibile, in quel momento, esseri di infinito
amore e bontà le hanno fatto vedere la strada che l'avrebbe portata
alla verità. Insieme a sua sorella, ha iniziato il suo cammino alla
ricerca della spiritualità. (Non avrebbe mai potuto immaginare che,
dopo questo, lei sarebbe andata ad esplorare ancora tante altre
percorsi, ma tutti con un obiettivo comune : La ricerca della "sua"
propria spiritualità).
È giunto il momento! Sta per nascere! Giorno di San
Giovanni! Chissà se io "scuoto" un po’ si decide di uscire!
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All'interno del grembo materno, quel piccolo essere che già
si sentiva piuttosto stretto, ma in realtà stava godendo quel calore,
cercava di capire il motivo per cui saltava così tanto, non sapendo
che era colpa delle strade piene di buche. Per di più, un giorno, dal
nulla, ha preso un bello spavento che gli ha fatto “saltare”. Lo
scoppio di un razzo lanciato sul terreno della casa dov'erano gli ha
fatto coprire con le sue piccole mani le orecchie.
_ Sarà così rumoroso lì fuori? 'Oh, quindi rimango qui un po'
di più!
E così andò fino a quando, il 26, lei è nata. Sorpresa per
essere nata in una giornata calda in pieno inverno, dopo avrebbe
saputo che era stata una scelta di sua madre. Andare in Bahia, per
che quello dolce spirito potesse venire al mondo nella gioia, non
nella valle di lacrime che era diventata quella che in teoria sarebbe
stata la sua città di origine, a causa della "perdita", della "morte" di
colui che sarebbe stato suo padre.
Anche se può inizialmente sembrare una decisione presa in
fretta, era in realtà una delle opzioni descritte fin dall'inizio, quando
questo gruppo di spiriti, ancora nel mondo spirituale, creava il suo
"copione di vita". In esso, avevano disegnato un contorno, lasciando
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diverse strade, diverse alternative. La strada da seguire sarebbe
stata decisa dopo, attraverso il libero arbitrio.
Spesso, durante la sua vita incarnata, quella ragazza, quella
giovane, quella donna, si sarebbe domandata cosa, nella sua vita,
avrebbe potuto essere diverso se le cose fossero andate
diversamente. Se avesse avuto la presenza di suo padre incarnato1
al suo fianco, se fosse nata nel sud, ecc. Avrebbe studiato nelle
stesse scuole? Avrebbe incontrato le stesse persone? Avrebbe avuto
lo stesso gruppo di amici? Avrebbe fatto i viaggi che ha fatto?
Avrebbe, avrebbe, avrebbe...
Essere "figlia unica di una madre vedova" era un titolo del
quale lei avrebbe potuto "approfittarsene" quando volesse. Un
modo semplice di causare la compassione degli altri e anche di fare
svegliare in molti il senso di colpa. Ma questo non era il suo stile. La
gente veniva a conoscenza che lei era figlia unica solo se richiesto.
Dopo tutto, la madre è stata molto attenta nel modo in cui si
prendeva cura di essa, la creava e la educava,perché lei non venisse
a diventare una bambina noiosa e viziata. Questo per non parlare
1 . Incarnato: termine usato nella dottrina Spiritica seguita dal nostro personaggio per riferirsi ad una persona/spirito che si trova, in questo momento, nella Terra: “L’uomo è uno Spirito incarnato in un corpo materiale”
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del fato che sarebbe la "figlia unica" con più genitori che chiunque
potesse immaginare .
L' affetto con il quale si verrebbe a creare questo spirito di
luce, circondato da amore, si rispecchierebbe nelle proprie scelte.
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Capitolo III. Contando (e scrivendo)
storie
Fin da molto, molto presto, il suo gusto per la lettura si è
sviluppato. Raccontare storie al momento di coricarsi è stato un
modo che sua madre aveva trovato di esserle più vicina. Lavorando
fuori tutto il giorno, la sera era il momento che avevano da godersi
una con l'altra. In quei momenti, sua madre (che lei aveva imparato
a condividere con i suoi studenti, cugini, ecc), era tutta sua.
Parlando così, può sembrare egoista, ma in realtà questi due spiriti
avevano bisogno di quei momenti. Anche se in quei momenti non
erano del tutto consapevoli, in futuro, quel “momento delle storie "
si sarebbe riflettuto sul loro modo di relazionarsi, di vivere, di
"sognare".
Partendo con le fiabe, per poi passare alle storie create,
inventate, in coppia. Una iniziava, l'altra continuava e così via. Lei
non poteva immaginare che, di fatto, tutti quei luoghi magici,
incantati, dove si progettava, sia durante i racconti, sia durante il
sonno, non erano semplicemente il risultato della fantasia. Erano, sì,
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mondi più evoluti, in un piano superiore, dove la natura era così
reale da sembrare finta."
Di tanto ascoltare, “leggere” (guardare le figure) e
immaginare storie, ha cominciato a nascere in lei il desiderio di
scrivere. Un giorno, lei decide di scrivere una storia. Ma lei non era
ancora stata alfabetizzata!
_Mamma, scrivi la storia che io vado a dettarti?
In un blocco degli appunti, sua madre, allora, ha scritto il suo primo
racconto. Dopo, lei si fece carico del titolo e delle illustrazioni.
La storia veniva chiamata "La ragazza che ama questo
mondo." Nel corso del tempo, questo blocco sarebbe "scomparso"
per essere ritrovato anni più tardi, per poi scomparire di nuovo. Fino
al giorno in cui verrà conservato come un tesoro prezioso.
Nel periodo in cui questa storia è stata scritta, lei era ancora
molto in contatto con il mondo spirituale. "Questo mondo" è la
Terra, ma vista con uno sguardo meno materialista, uno sguardo
"con l'anima" .
Tra i molti libri che avrebbe letto durante la sua esistenza
terrena, il "Sítio do Pica-Pau Amarelo" sarebbe stato uno dei suoi
grandi compagni di lettura prima di coricarsi. Un giorno, in spiaggia,
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ispirata alle opere di Monteiro Lobato, prese un quaderno, una
matita e cominciò a sbbozzare una storia.
"Le avventure di una bambina", raccontava la storia di una
ragazza che, attraverso la "polvere di fata" se progetta nel magico
mondo delle fiabe, dove vive numerose avventure. In questo
mondo, Biancaneve, Cenerentola, la Bella Addormentata, tutti si
conoscono. Anche in questo caso, l'enfasi è sulla natura, belle
foreste, cascate, paesaggi mozzafiati. È interessante notare che,
nella sua storia, non ci sono streghe ne draghi. Il male non è parte di
ciò, ciò che appare è semplicemente il fascino della vita, della
felicità. La storia però è finita per restare di più in testa che su carta.
Scrive, scrive, scrive, finché ad un certo punto ci si stanca . E
il quaderno, che fine ha fatto? Nessuno lo sa. Dopo quella prima, o
meglio, seconda esperienza letteraria, lei ha continuato a scrivere.
Poesia, racconti, saggi, riflessioni. Non avrebbe mai smesso di
scrivere. La scrittura sarebbe diventata un hobby, un sogno, una
realtà, una terapia.
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Capitolo IV: La sceneggiatura di
teatro e la musica. (Sì, la musica!)
Timida, sensibile, fragile. "Un vaso di cristallo." Era così che
gli altri la definivano, senza sapere che in realtà la sua estrema
sensibilità era dovuta al suo dono di percepire oltre le apparenze. La
sensibilità avrebbe sempre fato parte di lei, del suo essere, ma non
avrebbe evitato che lei diventasse una donna piena di coraggio, in
grado di affrontare gli ostacoli e le sfide che le sarebbero stati
imposti.
Una caratteristica che è sempre stata parte della sua
personalità è stato il non credere nel caso. Così, ha cominciato a
ringraziare sempre, per le cose che andavano bene e anche per
quelle che non andavano bene. Dopo tutto, alla fine sempre finiva
per scoprire che tutto avveniva per il meglio.
Parliamo di teatro. Sua madre era una appassionata e come
è la tendenza naturale di tutte le madri, ha pensato che anche sua
figlia potesse innamorarsi di questa arte. E a lei è piaciuto. Sì, le è
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piaciuto, poi si è un po' stancata, per dopo, già adolescente, tornare
ad avere contatto con quest’arte, attraverso alcune lezioni di teatro.
Un giorno, ancora bambina, aveva scritto una commedia, un musical
I personaggi erano stati creati usando come "sfondo" dei costumi,
dei travestimenti che sua madre aveva in casa. Gli attori? Attrici. Le
sue compagne di classe, migliore amiche ai tempi. (Sognatrice come
era, aveva creato la storia, che era tutta cantata. Poi diede a
ciascuna di loro un personaggio, ma tutto è rimasto solo su dei pezzi
di carta, che poi sono scomparsi. Le sua amiche? Non sarebbero
mai venute a conoscenza di questo. I loro nomi? Liziane, Giovana,
Joice, Fabiana.
Tanto per cambiare, la storia era piena di fantasia. Anche in
questo caso, una bambina. Una ragazza che si addormentava per
dopo svegliarsi in un luogo incantato. Come in una danza, i
personaggi si presentavano, cantando, ballando . Che fine avranno
fatto quelli scritti ?
Sembra incredibile, ma dopo più di 20 anni, lei si ricorda
ancora questa storia. E la cosa più interessante, conosce ancora a
memoria alcune delle canzoni create, ritmo compreso. E lei canta:
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Aurora
“Eu sou a aurora, aurora, aurora, que veio cantar . .cantar . cantar . .
Eu sou a aurora, que veio dançar .
Nas noites felizes (felizes, felizes), eu hei de surgir . surgir . surgir .
E as noites infelizes,não vão existir!
Pois eu sou a aurora, aurora . aurora . .
Cogumelo
Meu nome é Cogumelo Sapeca
Porque eu canto,
Uma linda canção.
Preste atenção,
Você vai reconher
Pois esta música vem
Do fundo do seu coração!
Cante comigo agora,
Que a noite já vai embora
Vamos cantar e dançar
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Que o dia já vai raiar!
È stato lo zio che fina da piccola, l'ha abituata a sentire canzoni per
dormire. E tutti l'hanno sempre incoraggiata a cantare e lei, con il
dono di immaginare, di sognare, di creare, scriveva poesie,
filastrocche e canzoni. Intelligente e attenta, avrebbe spesso
esaurito il repertorio dello zio, che "si sarebbe salvato" con l'inno
nazionale. (Dicono che questo l'ha aiutata a diventare ancora più
patriottica. Chi lo sa?)
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Capitolo V. Circa l'arte e il piacere di viaggiare.
Viaggi. Tanti, innumerevoli, infinite. Luoghi diversi, vicino,
lontano. Viaggi uguali in luoghi diversi, viaggi diversi negli stessi
posti. Nuovi luoghi, luoghi visti e rivisti, ma ogni volta con un nuovo
sguardo. Il vecchio che sembra nuovo, il nuovo che sembra vecchio.
C'è qualcosa di meglio che viaggiare? Viaggi intere, complete, col
corpo, con l'anima, con lo spirito. Viaggi che sembrano sogni, sogni
che si avverano. Sogni che sembrano reali (e che in realtà lo sono,
ma in una dimensione diversa).
In macchina, in auto bus, in treno,in aereo. Solo con la
mente e il cuore. Viaggi durante il sonno, in luoghi la cui distanza è
impossibile da calcolare. Viaggi nel tempo (sì, è possibile) per
andare all' incontro di altri esseri e spiriti affini, per ottenere
qualcosa, forse chiedere un consiglio. Percorrere sentieri, alcuni
piuttosto tortuosi. Incrociare fiumi, impantanarsi nel fango, "cadere
col culo per terra" . Poi alzarsi e continuare. Fermarsi lungo la
strada, fare rifornimento e andare avanti. Cibo, bevande, sguardi.
Conoscere posti, città, paesi, spiagge, montagne, universi paralleli.
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Attraversare gli oceani, conquistare spazi, realizzare sogni.
Assumere rischi e mai, mai rinunciare al suo obiettivo principale: la
felicità. E così la vita andava vissuta: come un viaggio eterno, una
strada da essere seguita, nessun dramma, nessun dolore senza
alcuna spiegazione, nessun rimpianto. Alcuni tratti della strada,
meglio percorrere a piedi .
I posti migliori erano quelli percorsi in Spiritualità. E lei lo
sapeva, si rendeva conto, anche se al risveglio non aveva
praticamente nessun ricordo concreto. Permaneva tuttavia la
"sensazione".
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Capitolo VI: Circa l'arte di prendersi cura
Prendersi cura è un'arte, assistere è un dono, prendersi cura
è innato?
La premura, l'attenzione che aveva con il suo nonno, erano
innumerevoli. Una bambina che si prende cura di un adulto, un
adulto che, nel ciclo della vita, torna ad essere un bambino. Sì, lo
stesso adulto che le faceva paura quando andava a fargli visita in
ospedale. Quei capelli pettinati all'indietro, quelli occhiali pesanti,
infine.
Decisione presa in famiglia: "egli torna a casa!" E nel corso
degli anni, lui cambia acconciatura, diminuisce la quantità di
medicine prese, si toglie gli occhiali (che servono ora solo per
leggere). Egli diventa un amico, un padre, a volte quasi un
"giocattolo". Lei è una bambina, gioca con lui, fa finta di essere la
sua insegnante, gioca a teatro, con lui sempre presente. Lei li mette
dei travestimenti, gli insegna a giocare, crea un quaderno solo suo e
gli fa fare i compiti. Matematica, portoghese, storia . E lui le insegna
delle canzoni. Canzoni in dialetto veneto, l'inno nazionale, ecc.
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E lui racconta storie. Della sua vita, della famiglia, di come
suo dito è diventato storto per aver cercato di aprire una bottiglia
con un coltellino svizzero.
E con l’arrivo della notte, arrivano per lui anche i sogni, gli
incubi. E lui si aggira per la casa, pregando, in latino, il requiem per i
morti. E lei si spaventa in un primo momento, no capisce se lui è
sveglio oppure no, ma poi si abitua a ciò e in modo intuitivo, parla
con lui, dice una preghiera, come rendendosi conto che in quelli
momenti, egli in realtà si trovava in un varco sottile tra le due
dimensioni.
E lei impara. Impara a prendersi cura di questo nonno che la
rende ancora più felice. Gli aiuta a mangiare, vestirsi, camminare .
Impara soprattutto a gestire le sue peculiarità, i suoi manierismi e ad
interpretare le sue "sceneggiate", i suoi sbalzi d'umore. Era
divertente uscire di casa lasciandolo solo e al ritorno, prima di
suonare il campanello, sbirciare attraverso la porta di per vedere
cosa faceva. Eccolo là, in piedi, a leggere il giornale, a controllare i
documenti e cose del genere. Fino a quando suonava il campanello.
Alla velocità della luce, si toglieva gli occhiali, prendeva una coperta,
la rimetteva sulle ginocchia, sedeva nella sua poltrona, chiudeva gli
occhi e apriva la bocca un po’. Come se dormisse, ansi, addirittura
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russasse. Oppure andava ad aprire la porta, senza prima, tuttavia,
togliersi gli occhiali di dosso e fare una espressione di "dolore",
accompagnata da lamenti.
Ovviamente non sempre era così, ma questi episodi
aiutavano tutti in quella casa ad affrontare le cose in modo più
"leggero".
E quante volte lei (il nostro personaggio), rendendosi conto
dell'età che avanza e che un giorno lui sarebbe dovuto partire per il
mondo degli spiriti, si chiedeva come sarebbe stato, come avrebbe
vissuto questa perdita e il grado di sofferenza che questa le avrebbe
portato. Dopo tutto, non aveva mai perso nessuno. E il tempo
passava.
Un giorno, in una mattina di febbraio, succede qualcosa. La
colazione viene presa normalmente . Poi, nel momento di alzarsi per
andare a pranzo, eccolo là, sdraiato accanto al letto.
Lei non avrebbe mai dimenticato quella notte prima del
ictus . (Il caffè era stato dato dalla zia). Lui che diceva che stava
andando a dormire e le figlie che gli dicevano di aspettare un po' più
a lungo. Egli che utilizzava le sue strategie, piagnucolava, chiedeva
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ad una, poi all’ altra e poi, naturalmente, "implorava" alla nipote. Lei
quella sera lo guardò e disse:
_”Ma è ancora presto! Mangia una caramella!”
Chissà perché ha chiesto se lui non voleva una caramella! Il
fatto è che egli si rivolse a una delle sue figlie e chiese:
__ Posso mangiare una caramella?
E quelle sarebbero state le ultime parole che lei avrebbe
sentito il suo nonno pronunciare.
Ictus . Lato sinistro paralizzato. Perde i movimenti, la parola, tra le
altre cose. Ma il suo sguardo la dice lunga, dice tutto.
E così è stato per un paio di mesi, fino al momento in cui,
con grande tranquillità, lui lascia la prigione del corpo fisico e torna
al mondo spirituale.
Il viaggio è stato rapido e benedetto, angeli e vari esseri gli
hanno accompagnato. Se qualcuno avesse potuto osservare,
avrebbe avuto la certezza che tutte le credenze, senza eccezione,
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quando si rivolgono verso il bene, n si escludono mai. Al contrario,
esse si completano, o se sono già complete, seguono percorsi
paralleli, strade diverse, ma il punto finale, il punto di arrivo,
tuttavia, è lo stesso.
Gli esseri di luce che lo accompagnavano nel tragitto verso
casa (la vera casa) prendevano forme diverse, come fossero angeli,
santi, indù, maestri giapponesi e spiriti di luce. Tutto perché,
ciascuno con la loro fede, i suoi 6 figli erano presenti al momento
del "arrivederci".
Tornando, rapidamente assume la sua forma più giovane e
sorride di gioia quando vede chi è lì ad aspettarlo. Appena arrivato,
vide, con un sorriso sulle labbra e le braccia aperte, la sua cara
moglie. Sapendo che lui è un nuovo arrivato e che probabilmente
non abbia ancora smesso del tutto di sentire le esigenze delle
persone incarnate, come “regalo di benvenuto” plasma una
deliziosa prelibatezza!
Ben presto, altri spiriti si avvicinano a lui, che subito si
ritrova circondato (e abbracciato) di ciascuno dei suoi otto fratelli e
per finire l'incontro, è doppiamente abbracciato da suo padre e sua
madre.
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Nel frattempo, sulla Terra, le cose seguono. La domanda
sorge spontanea: e "Lei"?
La sua nipote non era fisicamente presente al momento
della disincarnazione, ma forse era lì in spirito. Perché lei, quella
notte, sognò. Ha sognato con la scuola e lei che dava la notizia che il
suo nonno era morto. E tutte le domande di come si sarebbe sentita
dopo la sua disincarzione subito scompaiono. E lei si rende conto di
come spesso si tende a immaginare le cose e soffrire in anticipo
senza alcuna ragione. Perché, in realtà, le cose non solo sono
successe in un modo super sereno e tranquillo, ma anche perché,
prima o poi, per un lungo periodo, loro due si sarebbero incontrati
durante il sonno. E nel svegliarsi, lei non solo si sarebbe svegliata
con un senso di serenità, ma, soprattutto, avrebbe avuto bisogno di
qualche minuto per ragionare e per rendersi conto che lui non era
più qui.
Gli incontri durante il sonno, recarsi in altri luoghi e
dimensioni, le hanno concesso di dare addio a coloro che ritornano
alla dimora del Padre Maggiore, anche se era fisicamente lontana di
migliaia di chilometri. Fu così che alcuni giorni prima che morissero,
ha parlato con i suoi zii, Chico e Waldyr. Fino ad oggi, qualche anno
dopo, lei sa descrivere con precisione la stanza d'ospedale in cui suo
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zio Waldyr era stato poco prima di morire, anche se fisicamente lì
non ci era mai stata.
E tutto ciò che ha a che fare con il prendersi cura? Non lo so.
Ma se queste linee comparvero esattamente in questo spazio,
sicuramente qualche relazione deve esserci.
E lei diventa scout e chissà perché le attività di aiuto agli altri
diventano le sue preferite. Risolve quindi essere psicologa.
Un giorno, alla cattedra di Psicologia della Comunità, viene
invitata da una collega a fare insieme un progetto, poiché vivono
nella stessa città. E quella esperienza le avrebbe segnata per tutta la
vita.
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Capitolo VII. L'affetto e il prendersi
cura.
Il progetto consisteva in, due giorni a settimana, attraverso
giochi, attività ludiche e didattiche, ecc, dedicare un po' di tempo ai
bambini e preadolescenti di una casa di passaggio in città. Ricovero,
"casa di accoglienza", chiamate come volete. Il fatto è che là si
trovavano dei bambini da abbandonati a coloro che sono stati
"portati via di casa" per aver subito violenza o negligenza. Per non
parlare, per esempio,di una coppia di fratelli che, dopo aver perso i
loro genitori, ha finito per vivere in questo rifugio. Avevano un
"nonno" che veniva a trovarli tutta la settimana. Un signore gentile,
premuroso e molto affettuoso, che però non aveva le condizioni
economiche per occuparsi da solo dei suoi nipotini. Si sentiva, si
percepiva che l'amore e l'affetto erano reciproci.
Venerdì. Giorno del asilo nido. Impossibile dimenticare quei
piccoli angioletti incarnati. Il più grandi ne aveva solo due anni. E i
gemelli? Tenerissimi, veniva male al cuore sapere che erano lì per
negligenza. E tra tanti momenti di tenerezza, affetto, scambi, un
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episodio divertente. (Naturalmente dipende dal vostro punto di
vista, ma poter ridere di fronte a situazioni disastrose è un dono)
In quel giorno, la merenda era molto speciale. Mousse al
cioccolato! E vedere quelli bambini felici, degustando quel dolce
delizioso, non aveva prezzo. Ma ecco che, improvvisamente, la
nostra "eroina" si rende conto che qualcosa non è ciò che sembra.
Seduto in un angolino, ridendo, con una espressione felice e la
bocca tutta sporca di marrone, c'era un bambino di 2 anni. Lei lo
guardò e attirò la sua attenzione il movimento delle sue manine. Si è
avvicinata, e... ops ! Quello non era il cioccolato! Tutto allegro, il
bambino mangiava la sua cacca come fosse quella deliziosa mousse
al cioccolato.
E i bambini più grandi? Con loro, gli incontri erano il sabato.
Giochi, divertimento, disegni, dipinti . Attraverso l'arte, quante
storie, quante cose furono in grado di esprimere! Come quei
momenti hanno fatto lei, il nostro personaggio, sentirsi ancora più
privilegiata e felice per la vita che conduceva, la famiglia che aveva,
le opportunità che la vita gli aveva offerto. E, fra tutti gli episodi,
qualcosa le ha segnato più di tutto il resto.
Un giorno lei si mise seduta su una panchina nel cortile e
subito si è avvicinato un bambino e si sedette in grembo.
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Improvvisamente, lei e la sua amica, quella che era la sua partner in
questo progetto, si sono rese conto che quei bambini e
preadolescenti non avevano avuto, nella loro vita, qualcosa di
fondamentale: l'affetto.
Certo che l'affetto può essere dimostrato in vari modi, e
quei bambini avevano vestiti, cibo caldo, letti, qualche giocattolo.
Ma raramente avevano qualcuno che li prendessi tra le braccia, o li
mettessi fra le ginocchia. Raramente avevano l'affetto, le carezze".
Essere accolta ogni sabato per dei bambini che arrivano di
corsa e ti abbracciano con gioia e affetto, non ha prezzo. E oggi,
molti anni dopo, lei si chiede ancora perché quel progetto ha dovuto
essere completato e come (e dove) saranno ora quei bambini (oggi
adulti ).
Torniamo alla questione di metterli sulle ginocchia. Un
minuto, a volte anche meno. E era sufficiente. Era abbastanza per
lasciare quei bambini più felici. E si percepiva che erano figli di una
istituzione, che avevano imparato a "condividere" e inconsciamente
combattevano per un po' di individualità. Un minuto. Perché, dietro
di lei, c'era una lunga fila di altri bambini, anche quelli in attesa del
loro momento di "stare sulle ginocchia di qualcuno". E poi, volevano
fare anche altre attività!
31
Capitolo VIII. Quando ci piace, è ovvio che abbiamo cura
Sembra proprio che uno dei compiti del nostro dolce spirito,
protagonista di questi scritti sia il "prendersi cura".
Bambini e adolescenti autistici e / o con problemi dello
sviluppo : fisico, mentale, intellettuale. E chi ha detto che gli autistici
non sanno come esprimere affetto? Va bene, può anche darsi che
loro semplicemente imitano le azioni degli altri, ma chi se ne
importa? Ogni forma di affetto è valido!
Spiriti di un'intelligenza unica, ma che, purtroppo, non sono
stati in grado di fare buon uso di essa. Spiriti che forse abbiano
usato la loro saggezza e intelligenza superiori in modo erroneo o
abusivo e ora cercano con umiltà un modo per riscattare i suoi
errori, per poter seguire il suo cammino evolutivo. Pertanto, essi
occupano corpi "difettosi" agli sguardi increduli, ma perfetti per
coloro che sanno che i valori più alti di umanità sono l'amore e la
carità.
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Sta per nascere essere più affettuoso dei bambini e
adolescenti con sindrome di Down. E quando un bambino autistico
ti guarda negli occhi e tu percepisci che lui sta guardando proprio te
(e non "attraverso te", non "dietro" di te), è impossibile non aprire
un largo sorriso, non sentirsi gratificati da quel momento! E quando
uno di questi bambini ha una “crisi”, urge non incolpare il bambino
per le sue azioni "imprudenti", ma piuttosto fare una preghiera per i
loro spiriti guardiani per che li orientino e li proteggano mentre,
attraverso un abbraccio e amichevoli parole, si cerca di confortarlo.
Quei ragazzi erano considerati "iperattivi". Mentre uno
andava avanti e indietro lungo il corridoio, aprendo e chiudendo le
porte, l'altro faceva i suoi "lavoretti" e, tutte le volte, poco prima di
concludere, buttava tutto a terra, distruggendo ciò che stava per
essere completato. Nessuno si ha mai domandato ciò che
"completare" potrebbe significare per quel ragazzo? Entrambi
avevano crisi di rabbia. Quante volte lei (la nostra protagonista) è
tornata a casa con segni di morsi sulle mani e sulle braccia!
Un giorno, appare un nuovo adolescente. Sembra un
animale. La mancanza di conoscenza dei suoi genitori aveva fatto
che loro, per paura delle sue reazioni, gli lasciassero "bloccato" in
una piccola stanza, senza niente (così che non potesse fare del male
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né a se stesso né agli altri), tranne dei pezzi di giornale. Risultato: il
ragazzo grugniva e mangiava dei pezzi di carta. Ma a poco a poco,
con l'attenzione rivolta su di lui e soprattutto con molto affetto,
stava divenendo "umano". Gli attacchi di rabbia si verificavano
ancora, ma erano molto meno frequenti. E lui era intelligente. E
quando ti guardava e sorrideva, beh, impossibile non fare venire
delle lacrime agli occhi! Un giorno, ha avuto una crisi, la quale
avrebbe segnato (letteralmente) quello spirito-moglie della nostra
storia .
Solo loro due in una stanza, lui facendo alcune attività. Dal
nulla, ha una crisi, una rottura psicotica e di un tratto, butta giù il
tavolo (un grande tavolo rotondo) e, allo stesso tempo, tira un
pugno, un pugno in faccia alla nostra amica ! Lei, con una mano
regge il piano del tavolo mentre con l'altra, tiene l'adolescente (che
a questo punto si era spaventato con se stesso e la fissava senza
comprendere), cercando di tenere la testa alta per alleviare il
sangue che le usciva dal naso. Poi è arrivata una sua collega, che lo
ha portato in cortile.
Quanto aveva ancora da imparare il nostro personaggio a
quei tempi! Benché non abbia avuto una reazione arrabbiata, lei per
un certo tempo, ebbe paura. E quello spirito, che forse cercava solo
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un modo di ricevere o esprimere affetto, ha finito per, ancora una
volta, allontanare qualcuno. Ma per fortuna, qualche ora dopo, lei
ha lasciato la paura da parte e si è riavvicinata.
Morsi, sputi, botti. Segni sul corpo, ma nessun segno
sull'anima. Perché l'anima sarebbe rimasta segnata se, davanti a tali
atteggiamenti, lei presentasse sintomi come la rabbia, la collera,
l'odio o la mancanza di amore. No, lei non accettava tali reazioni
negative come normali. Lei rispondeva, parlava duramente,
"conteneva", senza ferire. Mostrava che quello era sbagliato.
Quando un adolescente si avvicinava con aria di sfida e sputava, lei
non abbassava lo sguardo. E quante volte i due (lei e l’adolescente
in questione) finirono per iniziare a ridere!
Bambini piccoli. Di 2, 3 anni. Bambini che diventavano
disperati se qualcosa della loro routine cambiava. E quel pomeriggio
pioveva. Andare al parco? Niente da fare! E quel bambino diventa
inconsolabile.
Quella bambina (una ragazza, ma sembrava una bambina)
era stata diagnosticata con autismo, anche se aveva la Sindrome di
Down. Tuttavia, tranne alcuni movimenti (come ad esempio ruotare
su se stessa, agitare degli oggetti e a volte sembrare un po' assente),
era intelligente e affettuosa. Aveva la necessità di seguire una
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routine, ma imparava cose nuove con facilità. E il nostro
personaggio ha concluso il suo tirocinio con lei, ed ha continuato a
aiutare nella stanza dei bambini più piccoli. E, per diverse settimane,
quando quella ragazza arrivava, andava nella stanza dove il nostro
personaggio si trovava, la prendeva per mano e la portava nella sua
stanza. Dopo tutto, cosa ci faceva lì con i bambini? Il suo posto era
con lei!
C'è un libro intitolato ""O direito de existir" (Il diritto di
esistere)", che parla di sindrome di Down. Vi consiglio di leggere. E
tra l'altro, la nostra cara adolescente Down ha compiuto
rapidamente la sua missione. Avendo vissuto in una famiglia molto
amorevole (l'affetto della madre e dei fratelli per lei era bello da
vedere!), forse è stato meno difficile di quanto potrebbe sembrare
dover affrontare la vita in un corpo "down". E certamente quante
lezioni lasciate per ognuno che ha attraversato la sua vita!
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Capitolo IX. E la cura continua
"Bambini normali". Così la gente spesso si riferisce quando
un bambino “rientra” in tanti titoli e spiegazioni che spesso
sentiamo di qua e di là. Già i bambini che presentano caratteristiche
diverse, molte volte sono considerati, per usare un termine “di
moda”, “diversamente abili”. Dentro di sé, tuttavia, tutti i bambini
sono uguali, sono sempre spiriti in evoluzione.
Questa volta, la "sfida" che doveva essere affrontata era
particolarmente con 3 gruppi: il primo era l'asilo, con i suoi dolci (e
birichini) bambini. L'altro, i bimbi della materna (Di 2, 3 anni, più o
meno) e il gruppo dei "grandi" di 5, 6 anni, tra cui un bambino con
sindrome di Down)
Episodi eclatanti? Tanti! La festa di Natale, emozionante e
indimenticabile! I giochi in cortile! Quella volta all'asino nido
quando, dopo il bagnetto, uno dei bambini, che era "bello seduto"
sulla panca, approfittandosi di un momento di distrazione della
signora incaricata, è scivolato giù, buttandosi come fosse sul scivolo!
Lei (il nostro personaggio) lo prese letteralmente "in aria",
semplicemente alzando il braccio, in una miscela di intuizione,
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fortuna e chissà che altro. In un altro momento, guardare i "grandi"
che quando l'insegnante si assenta dalla classe per qualche minuto,
cominciano a discutere "questioni filosofiche" come: da dove
veniamo, come nascono i bambini, ecc. Quello è stato certamente
un apprendimento anche per quello spirito che, un giorno, avrebbe
dovuto rispondere a queste stesse domande a quello piccolo essere
che gli sarebbe stato inviato da Dio. Cos'altro attirò la sua
attenzione? Come ognuno difendeva con unghie e denti la sua idea!
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Capitolo X: imparare a prendersi cura, aver cura per imparare o: l'importanza
del dolore dell'altro nella comprensione del nostro proprio dolore
Da un punto di vista logico, lei non avrebbe mai trovato una
spiegazione per le proprie scelte, siano personali, siano
professionali.
L'esperienza in quello ospedale esclusivamente femminile
non solo sarebbe stata bella e indimenticabile, ma avrebbe suscitato
in lei ancora di più il suo dono di prendersi cura e la porterebbe a
percorrere delle strade che, sebbene già delineate nel mondo
spirituale, sul piano terreno, per molti, potrebbero sembrare senza
senso.
Interessante come le linee della vita vengono tracciate! Il
suo primo contatto da un punto di vista professionale con un
ospedale era più associato alla vita, alla gioia, che alla sofferenza e
alla morte. Sì, c'è stato dolore, ci sono stati delle difficoltà, ci sono
state delle lacrime. Nel complesso, tuttavia, quello era un luogo di
nascita, di affetto, di scambi. Gruppi di donne con la gravidanza a
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rischio, diabete, HIV. Uno spazio dove queste donne erano accolte,
ascoltate, curate. Un luogo in cui gli errori del passato erano
rielaborati e le future mamme potevano dare a loro stesse una
nuova possibilità, potevano permettersi di guardare avanti con un
nuovo sguardo. Lì, il nostro personaggio avrebbe imparato a non
giudicare, a mettersi nei panni degli altri e ad aiutare, riconoscendo i
propri limiti.
Consigli su l'allattamento al seno, conferenze sugli aspetti
emotivi della gravidanza, del parto e del dopo il parto. In tanti si
sarebbero domandati come mai una persona così giovane poteva
sapere tanto a riguardo di questo argomento ed era in grado di
parlare in un modo così coinvolgente, anche senza avere avuto figli!
Viene fuori che il nostro personaggio non solo era stato
preparato dal punto di vista della teoria, come portava in sé le
tracce di una vita precedente, esperienze di altre vite, conservati in
un angolino del suo essere. Inoltre, l'incontro con tanti piccoli
angioletti di luce, nati morti o morti dopo pochi giorni o poche ore di
vita, verrebbe ad aumentare ulteriormente la sua fede.
Chi avrebbe potuto immaginare che pochi anni dopo, lei si
sarebbe avvicinata ad "un altro mondo" del ospedale. Un mondo di
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sofferenza, di malattia, di morte. Ma più di questo, un mondo di
speranze, sogni, apprendimento, esperienze e grandi lezioni!
Prima la psico-oncologia, dopo la psicosomatica e
successivamente le cure palliative. Ecco il "mondo" laddove è
andato a finire il nostro personaggio. Lì, piuttosto che insegnare, ha
imparato. Ha cominciato a mettere in discussione i modi di
affrontare la vita, rivedere le priorità e si rese conto che mettersi in
primo posto, essere il personaggio più importante della propria
storia, imparare a riconoscere i limiti e a dire di no senza che questo
la faccia sentirsi in colpa non era una questione di egoismo, ma di
sopravvivenza.
Molte sfide, molte scoperte, molte riflessioni. Inizialmente,
pazienti laringectomizzati, in gruppo e individualmente. Una sfida
più grande di quanto si possa immaginare: come fare terapia, dove
strumento principale è il discorso del paziente, con chi ha "perso"
proprio le corde vocali? Poi altre sfide, pazienti con diversi tipi di
cancro, giovani, maturi, anziani. Nuove diagnosi, recidive, guarigioni,
cure palliative, morte, la famiglia. Famigliari sofferenti, fiduciosi,
arrabbiati, infine, un po’di tutto. E lei cresce con ognuno di loro,
riflette e scrive, soprattutto cose che riguardano questa malattia
che, guarda caso, porta il nome del suo segno: cancro. Scrive sulle
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questioni culturali, sugli aspetti emotivi, sulla famiglia, sulle perdite
in modo più generale, infine. Molti argomenti, ma tutti collegati tra
loro.
Parlando di scrittura, una cosa che la fece pensare molto fu
proprio come affrontare la sfida di essere una psicologa di qualcuno
che non è più in grado di parlare (almeno non nel modo in cui siamo
abituati). Così, ha scritto il seguente testo:
Lavorando con i Pazienti laringectomizzati
Lavorare con i pazienti laringectomizzati è una grande sfida.
La laringectomia, operazione fatta nei casi di cancro nelle corde vocali, provoca, fra altre conseguenze, la perdita della voce.
Noi, essere umani, siamo nati e creati per essere soggetti “parlanti”. A eccessione dei casi di sordità fin dalla nascita, noi impariamo a comprendere gli altri e a noi stessi specialmente attraverso il parlare. È attraverso il pianto che il bambino si comunica, fin dal primo istante della sua vita. Essi piange per annunciare il suo arrivo al mondo e, pian piano che il tempo passa, la madre, o la persona che si prende cura di lui, da “nome” al suo pianto, lo identifica e lo differenzia. Così, si sa se il pianto vuol dire colica, fame, sonno o se sono semplicemente “capricci”.
Il cancro alla laringe, nella maggior parte delle volte, colpisce le
persone adulte dovuto specialmente al fumo, aggravato dal consumo
eccessivo dell’alcol. È un tipo di cancro che si sviluppa lentamente e che,
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quando succede, molte volte si fa necessario che le corde vocali vengano
rimosse, totale o parzialmente.
Il paziente, quindi, passerà a respirare attraverso un foro nel collo
e dovrà imparare di nuovo certe attività, come quella di inghiottire gli
alimenti.
Questo tipo di procedura genera una grande influenza sull’auto-
stima dei pazienti. I tumori di testa e collo, in generale, causano un grande
impatto e sconvolgimento emotivo. La “testa” (il viso) è la nostra
immagine, è quello che mostriamo al mondo, è la parte più visibile del
nostro corpo, quella che non posiamo nascondere.
Difficilmente qualcuno che ha sofferto un intervento chirurgico in
questa regione riuscirà ad andare in giro senza essere oggetto di sguardi,
commenti a voce bassa o espressioni di pietà o compassione. In un primo
momento, non è possibile “nascondere” quel tubo fuori dal collo e, più
avanti, quel pezzo di tessuto che protegge il “buco” che adesso serve per
poter respirare, dall’entrata della polvere, oppure da qualche tipologia di
virus che possa trovarsi nell’aria. E questo finisce per risvegliare
l’attenzione. E che sensazioni ciò può causare? Com’è andare in giro
sentendosi, in un certo senso, osservato?
Per alcuni questo è veramente semplice; altri si sentono più a
disagio. Alcuni si rifiutano di utilizzare la protezione, forse per non
"apparire" tanto, forse come un modo di negare la malattia stessa, come se
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in questo modo, essa non esistesse più. Forze non utilizzarla sia una forma
di auto-punizione, al fine di affrontare il senso di colpa che hanno dentro di
sé, perché in passato si sono annullati a favore di tante altre cose, hanno
vissuto molto di più la vita degli altri invece della loro stessa, o perché
hanno negato a se stessi che sapevano (sì, sapevano) come quelle sigarette
li stavano danneggiando.
Oltre a questo, com’è stato detto prima, c’è la perdita della voce.
Anche se ci sono delle alternative e, attraverso alcuni esercizi di fono
audiologia molti tornano a parlare attraverso la chiamata “voce esofagea ”
oppure con l’ausilio della “laringe elettronica”, non è la stessa cosa.
In un mondo come il nostro, dove la comunicazione attraverso il
“parlare” è così valorizzata, perdere la facoltà di parlare con la propria voce
è come perdere la propria identità. Recuperala è possibile sì, ma essa verrà
diversa. Il suono sarà diverso, nello stesso modo che anche la persona non
sarà più la stessa.
Sia il cancro alla laringe siano i cancri in generale sembrano
“apparire” nella vita delle persone in momenti della vita considerati
cruciali. Momenti di forte stress, per esempio. Bisogna comunque ricordare
che non è stato lo stress a causare la malattia, ma che esse può aver
contribuito, in maniera indiretta, a rendere il corpo più fragile in quanto
agisce direttamente sul sistema immunitario, vale dire, sulle difese
dell’organismo. Il cancro, molte volte, appare in persone che, per anni, si
sono annullate a favore degli altri, o che hanno vissuto tutta la vita ad
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inghiottire rospi, odi, rancori. Nel caso del cancro alla laringe, si sa che le
principali cause sono il fumo e l’alcol, siccome l’ereditarietà, la
predisposizione genetica, gli abitudini di vita, ecc. Esistono, però, fattori di
ordine emotiva che sicuramente rinforzino i mali causati da essi, dal
contrario, tutti quelli che fumano o bevano troppo finirebbero per
sviluppare un cancro alla laringe. Credo sì che i fattori emozionali sono,
insieme alla predisposizione genetica, responsabili per l’avvento della
malattia.
Una delle cose che colpisce quando si pensa ai pazienti di “testa e
collo” è che la maggior parte di loro (ovviamente ci sono delle eccessioni),
sono persone che, prima, vivevano “accelerati”. Persone agitate, con una
difficoltà incredibile di fermarsi! Il tempo non correva, volava! E quante
cose inghiottite, quante cose bloccate!
E come si lavora con un paziente laringectomizzato?
Innanzitutto, bisogna stare attento perché il fatto che il paziente si
renda conto che la malattia, in un certo senso, è un “allarme”, una
“richiesta di aiuto” dell’organismo, non faccia con che lui si senta ancora
più in colpa. Questa volta, in colpa per aversi annullato, per essersi fatto
male. E dobbiamo anche stare attento per che il paziente, rendendosi
conto, analizzando la sua vita, delle cose che ha “lasciato stare”, non
cominci ad incolpare gli altri per oggi trovarsi in questa situazione di
perdite, sociali, emozionali e fisiche.
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Una delle cose più importanti è fare che il paziente si accorga del
perché della sua malattia in un senso più ampio, più profondo. Avendo
cura, comunque, di non entrare nella questione “colpa”. Perché la colpa è
una cosa che non aiuta, che ci fa veramente male! Dobbiamo, in questo
momento, vedere il “da oggi in poi”. Non ci si può tornare indietro nel
tempo e fare delle modifiche in tutto ciò che è già successo! Bisogna fare in
modo che il paziente riesca a comprendere che ora, più che mai, è il
momento di VIVERE. Che sicuramente ci saranno dei cambiamenti, ma
forse sia questo il momento per riflettere e pensare cosa vorrebbero per la
loro vita da oggi in poi. È ora di darli lo stimolo perché loro possono fare gli
esercizi di foniatria, fisioterapia, perché loro non lascino di partecipare alle
riunioni in famiglia. Infine, perché loro possono rendersi conto di essere
persone normali e che la voce, certo che li manca e li mancherà sempre, ma
può non essere una priorità per che si viva e, in particolare, può non essere
una priorità per che si possa essere felice.
È necessario, però, stare attento a non dare false speranze al
paziente. Alcuni, nell’urgenza di tornare a parlare, sia con la voce esofagea
sia usando la laringe elettronica, diventano “sordi” quando si tratta di
ascoltare ciò che non vogliono sentire. Ci sono poi casi in cui tornare a
parlare diventa una cosa molto difficile, a volte impossibile. E, anche se
sono allertati costantemente di queste condizioni, hanno la tendenza ad
aggrapparsi in quello piccolo filo di speranza che sembra li sia rimasto. In
questi casi, cosa fare?
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Ecco qui un'altra grande sfida. Dobbiamo lavorare con l'autostima
del paziente. Portarlo in qualche modo alla "realtà", senza, tuttavia,
toglierlo la speranza che lo incoraggia a continuare a lottare per ciò che
vuole. Forse un alternativa sia quella di andare gradualmente a
trasformare questo desiderio. In qualcosa di più semplice, più facile da
realizzare. E insistere. Perché di questo parleremo una, due, dieci volte. Se
egli non è ancora emotivamente in grado di ascoltare, niente di ciò che
abbiamo detto verrà registrato.
Beh, stavo quasi dimenticando la sfida più grande che, come
psicologa, ha dovuto affrontare quando ho iniziato il mio lavoro con i
laringectomizzati: come fare psicoterapia con le persone che hanno perso
quello che è più apprezzato da noi, vale a dire, la capacità di parlare?
Questo mi ha portato a migliaia di domande. Perché studiamo così
tanto per imparare ad avere un "ascolto clinico" per "ascoltare" tra le righe
dei dialoghi? Naturalmente abbiamo anche imparato a conoscere il
comportamento del corpo, le reazioni, ecc, ma nulla è così valutato in
nostra professione come il discorso .
La prima cosa che mi è venuta in mente è quanto questo non
finisce per generare un certo "pregiudizio" da parte di noi, psicologi nel
trattare pazienti di questo tipo. Tante volte, finiamo per riportarci molto di
più alla famiglia rispetto ai pazienti stessi. (Forse come una "fuga" per la
paura che noi stessi abbiamo di avere a che fare con questa "mancanza,"
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con questa voce che si ostina a non uscire). Ma ci sono migliaia di modi per
comunicare.
Il mio primo passo, quindi, è stato quello di cercare "percorsi
alternativi" di comunicazione.
L'uso della scrittura ha dimostrato di essere molto efficiente e so
per esperienza che ci sono persone (io sono una di queste) che si esprimono
molto meglio sulla carta che in parole. Conoscendo la necessità di esporre
ciò che si sente, di "fare uscire" l'angoscia, ho suggerito l'adozione di un
diario, in cui il paziente potesse registrare i suoi sentimenti, desideri,
conflitti. Come un "quaderno dello sfogo." Cosa avrebbe fatto con esso poi,
non aveva importanza. Poteva persino strapparlo, metterlo via. La cosa
importante non era il contenuto in sé, ma l'atto di essere in grado di
affrontare in qualche modo le sue angosce. Ma e gli analfabeti?
Credo che con nessun altro tipo di paziente noi psicologi abbiamo
bisogno più di parlare che di ascoltare. E osservare. Osservare ogni gesto,
ogni segno. Il modo di guardare, la reazione davanti ad ogni parola. Un
buon modo per lavorare con questi pazienti sarebbe, in un primo momento,
attraverso domande concreti, facili da rispondere con un semplice sì o no.
Poi puntare su tecniche come il rilassamento, la visualizzazione e
dimostrare, attraverso atteggiamenti, la comprensione. Questo,
indipendentemente dal fatto che siano alfabetizzati oppure no.
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Bene, ho appena cominciato e la mia esperienza con pazienti
laringectomizzati è molto recenti. Ogni giorno è una nuova sfida. Resto
sempre a chiedermi come agire, reagire, cosa dire. Io cerco di far sentire il
paziente a proprio agio, lasciarsi ridere, piangere, lamentarsi. Non sempre
so se ho fatto la cosa giusta. Ma è proprio qui che si trova la sfida. è
imparare di più ogni giorno, senza paura, e poter aiutare ogni essere
umano nel miglior modo possibile. Il mio più grande desiderio è quello di
trasmettere qualcosa di buono, fare del bene per ogni persona che da me si
avvicinerà. E che ogni paziente abbia, ogni giorno, la sensazione e la
certezza che la vita vale la pena e non è mai troppo tardi per ricominciare,
anche quando la morte è vicina. Che ogni minuto vissuto è il momento più
bello di tutti e che quando lasceranno questa vita, possano partire sereni e
in pace. Soprattutto in pace con se stessi, con i propri cuori.
Marian Festugato de Souza- 07 de junho de 2004
Gruppo di pazienti laringectomizzati, la chemioterapia, la
psicologia clinica e l'unione, in un lavoro scritto, di 3 argomenti con
un sacco di cose in comune: la Psico-Oncologia, la Psicosomatica e le
Cure Palliative, tutte con una visione dell'essere umano che è
sempre stata la sua, anche se forse inizialmente lei non l'avesse
chiara: l'uomo come un essere bio-psico-sociale-spirituale .
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Parlando di spirituale, il suo forte legame con il mondo degli
spiriti l'avrebbe portata a scrivere un altro testo che, anche se a un
primo sguardo potrebbe sembrare per alcuni addirittura
psicografico, era, sì, una sua creazione, anche se guidata da esseri di
luce che le accompagnavano sempre , questo senza alcun dubbio!
Laringectomia e Spiritismo
Da qualche tempo, ho cominciato ad interrogarmi sulla questione
della laringectomia totale sotto il punto di vista dello Spiritismo (Dottrina
Spiritica). Quali spiegazioni ci sarebbero, secondo questa dottrina, per la
perdita della voce?
Anche se sono nata e cresciuta nella dottrina spiritica , col tempo
ho finito per allontanarmi da essa, senza tuttavia lasciare di credere ad
essa e, anche se di modo indiretto, fare uso nel mio giorno per giorno, dei
suoi principali precetti (amare il prossimo e fare del bene, a prescindere da
chi). Da qualche tempo, però, ho ripreso le consultazioni , i passi magnetici
e soprattutto le letture. Ho cominciato quindi a desiderare di comprendere
meglio alcune cose con cui le quale sono più coinvolta ora. Tra queste, la
questione dei laringectomizzati, poiché, dall'inizio del 2004, faccio la
volontaria in un gruppo di pazienti sottoposti a chirurgia di laringectomia
totale. (Per chi non lo sapesse, laringectomia totale è la rimozione
chirurgica delle pieghe (corde) vocali a causa del cancro e porta con sé la
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perdita della voce). Quindi mi chiedo: "Dal punto di vista dello spirito, cosa
porta a questo?"
Ho cominciato, io stessa, a creare delle ipotesi, che segnalerò in
seguito. Faccio notare che tali "teorie" non sono state trovate nei libri per
me (almeno non direttamente), né mi sono stati riferiti da spiriti superiori,
sotto forma di sogni o . messaggi psicografiche. Anche se siamo tutti
"medium", non ho sviluppato tali qualità. Non posso, però, affermare con
assoluta certezza che le probabilità elaborate sono derivante
esclusivamente dalla mia immaginazione o deduzione. Le domande che
spesso mi vengono in mente sono le seguente:
1. Avrebbero queste persone in incarnazioni precedenti, fatto
uso improprio di un dono così ricco come voce? Avrebbero
usato la voce per parlare male degli altri, spettegolare,
danneggiare i loro vicini? Avrebbero usato la voce per
praticare discorsi che stimolavano la controversia, la
rabbia, la violenza? Avrebbero cominciato la guerra? Essi
avrebbero utilizzato la voce come strumento che colpisce,
come arma, spesso letale?
2. Sarebbero, in altre vite, state decapitate? E, a causa della
brutalità e della violenza della sua morte, sarebbero
tornate per completare una missione incompiuta, ma
portando con sé una sequela della vita precedente?
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3. Erano questi spiriti suicidi, che "hanno fatto fuori" se
stessi, attraverso l'impiccagione? Spiriti che ora sono
tornati con la finalità di "riscatto" di qualcosa, di
imparare, di redimersi dal più grande crimine di tutti, che
è quello di uccidere se stessi, atteggiamento che va contro
le leggi della vita e del Creatore?
Ho pensato molto a questo proposito, e confesso che a volte
finisco per angosciarmi. Dopo tutto, le persone che conosco che hanno
subito tale intervento chirurgico hanno sì commesso degli errori, ma,
soprattutto contro se stessi (bere troppi alcolici, fumare troppe sigarette,
sono suicidi mascherati). Tuttavia, essi sono persone di carattere, di un
cuore enorme, e mi insegnano, ogni giorno, nuove lezioni. A causa di
questo, preferisco pensare che in realtà sono degli spiriti che prima di
entrare in questa vita hanno fatto questa scelta per portare con sé delle
lezioni, l'apprendimento, a tutti noi. Perché attraverso le loro esperienze
finiamo per dare più valore alla vita, passiamo in rassegna i valori, ecc Ma
non si può fare a meno di pensare alle ipotesi precedenti. E, quindi, Dio ha
ancora una volta dimostrato la sua bontà e sapienza infinita, presentandoci
con "dono della dimenticanza." In caso contrario, come affrontare il dolore,
la rabbia, il senso di colpa?
Forse non troverò mai una risposta a questa domanda. Al meno
non in questa incarnazione. Una cosa, però, lo so. Le nostre strade si sono
52
incontrati per qualche motivo. Ed in questa convivialità imparo, ad ogni
giorno, una nuova grande lezione.
Marian Festugato de Souza, 29 settembre 2007
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Capitolo XI: Ci sono persone che sembrano venire dal nulla, ma in realtà sono angeli mandati da Dio per aiutarci
nella nostra missione!
Per alcune cose, non vi è alcuna spiegazione logica. Sono
cose che facciamo semplicemente seguendo l'istinto, l'intuizione,
oppure chiamate come volete. Uno di questi episodi riguarda una
ragazza. Una ragazza, le sue sorelle, la madre, il fratello, il padre.
Infine, riguarda un'intera famiglia. Una famiglia che sarebbe sorta
nel percorso di vita del personaggio di questa storia e sarebbe
diventata indimenticabile.
Era una mattina e, come tante altre, qualcuno ha suonato il
citofono per chiedere aiuto. Lei (il nostro personaggio) non aveva
l'abitudine di aiutare tutti coloro che suonavano il suo citofono,
anche perché sarebbe impossibile. Ma quel giorno, qualcosa le ha
spinta. Scese le scale, guardò quella ragazza (una adolescente) e
dice: "Non ho l'abitudine di aiutare tutti, ma tu, non so perché, ma
mi sei piaciuta. Ti aiuterò. "
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Certo non si poteva immaginare che da lì si sarebbe
instaurato qualcosa di molto speciale. Come se quella ragazza fosse
diventata una sua "protetta" lei per anni l'ha aiutata. Nel periodo di
Natale, le preparava un cesto speciale, garantendo il cenone per lei
e tutta la famiglia. Col passare del tempo, ha conosciuto le sorelle,
poi la madre che, curiosa e molto, molto emozionata, un giorno ha
fatto in modo di potere andare a ringraziare di persona per l'aiuto,
per l'attenzione, per tutto quello che lei, per un lungo periodo, ha
fatto per loro. Ha portato alcune frittelle fatte in casa come segno di
ringraziamento. Ha parlato del marito, che per aver avuto un
incidente aveva dovuto smettere di lavorare. Era triste, depresso.
Spontaneamente, lei, il nostro personaggio, lo spirito di cui si parla
in questa storia, si è offerto per aiutare. Dopo tutto, come psicologa,
forse avrebbe potuto fare qualcosa, o almeno provarci.
E così è stato. Alcune sessioni di psicoterapia nel consultorio
li hanno lasciati più tranquilli e, soprattutto, più fiduciosi. Erano
davvero una famiglia "per bene". E che piacere ricevere deliziosi
pasticcini caldi come pagamento!
Anche quel altro giorno è stato interessante. Il ragazzo, un
adolescente, era in un vicolo vicino alla sua casa, a vendere fragole.
Lei si avvicinò e disse: "Tu sei il figlio di Jurema, fratello di Ana Paula,
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vero?". Che colpo! Lui fece un "salto", sembrava un po' insospettito,
fino che lei si è presentata. Sì, era lui quello che, per aiutare la
famiglia, vendeva fragole per la strada. Con questo, ha permesso
alle sorelle di continuare i loro studi. E alla fine dell'anno, ecco che
le ragazze andavano lì a casa sua, non per chiedere delle donazioni,
ma semplicemente per raccontare della scuola.
Un'altra cosa che questa famiglia aveva di speciale? Tante. Il
fatto di non essere insistente, ma di capire quando lei diceva che, in
quel giorno, in quella settimana, in quel mese, non sarebbe stata in
grado di aiutare.
Il momento più memorabile? Tanti, ma soprattutto quel
giorno in cui lei e Ana Paula non sono riuscite ad incontrarsi e
questa le ha lasciato una lettera d'addio. Una lettera che lei ha
portato in Italia e che le fa emozionare sempre. Non c'é bisogno
nemmeno di rileggerla, basta ricordare che arrivano le lacrime. Lei
non nasconde un po' di tristezza per il fatto di non essere riuscita a
contattarli quando era stata in Brasile. (Quel numero di cellulare, il
quale chiamava per parlarli o dal quale le chiamavano loro , non
funzionava più.)
Se lei potesse esprimere un desiderio, sarebbe quello di
rivedere quella famiglia. Ricevere un abbraccio da quelle ragazze,
56
quel ragazzo, quella madre e quel padre sarebbe stato
semplicemente meraviglioso.
Lontano, molto lontano, dall'altra parte dell'oceano. E lei
segue a pensare, a ricordare, a pregare per quelle persone. Persone
che le sono "apparse" dal nulla e che hanno significato così tanto!
Emerse "dal nulla"? Beh, ci sono controversie. E un giorno, già nel
piano spirituale, lei finirà per scoprire che in effetti, quella famiglia
aveva avuto un ruolo , molto, molto importante nel progetto di vita
che lei stessa aveva fissato prima di incarnare.
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Capitolo XII: Perché ogni persona è la persona giusta!
Parlando di progetti, ella fin da molto presto si sarebbe
accorta che tutto accade per una ragione. Ma questa sua certezza si
sarebbe manifestata solo in alcuni momenti e non in altri. Un
giorno, già adulta, avrebbe cominciato a interrogarsi su alcuni
"luoghi comuni” utilizzati dalle persone in alcuni momenti specifici,
soprattutto come una forma di "comfort" o consolazione.
Fin da bambina lei parlava con gli spiriti. La differenza è che
quando piccola, lei lo sapeva. Oggi, in fondo, sa ancora, ma
contaminata dal mondo materiale che la circonda (il quale, almeno
per ora, si fa ancora necessario), preferisce dire che parla da sola ,
parla con lo specchio, che fa grandi dialoghi filosofici con la sua
mente, che è lei, è sempre lei, solo lei.
Ciò che le ha portato a pensare, discutere, riflettere e capire
certe cose in modo diverso fu il fatto che alcune cosiddette "frasi di
conforto" , frasi usate da chi ci vuole bene (o anche da noi stessi),
per esempio, quando un rapporto (sia di amore sia di amicizia)
giunge al termine. Quante volte lei ha sentito dire (detto a se stesso
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e anche agli altri): "Non era la persona giusta!" "Quello? Ma non
aveva niente a che fare con te! "
Ora, ma questo viene proprio contro tutta la filosofia nella
quale lei è vissuta, è cresciuta, è morta, è rinata, si è evoluta.
Perché, per quanto ci sia il libero arbitrio, non avrebbe senso vivere
tanti "momenti senza senso"!
Bene, forse la nostra amica stia lasciando i nostri lettori
confusi con queste idee che ogni tanto le vengono in mente! Qui in
seguito, quello che lei pensa riguardo a questo:
"Tutto ciò che accade nella nostra vita è per qualche motivo e ha a
che fare con le nostre scelte. Scelte e decisioni che sono state per lo più
realizzati in un altro momento della nostra esistenza. Così, TUTTE le
persone che si avvicinano a noi, TUTTO quello che viviamo in un dato
momento, sono cose importanti per la nostra stessa evoluzione. "
Lei preferisce credere, sia parlando di amicizie , sia parlando
di amori (o casi, o rapporti, oppure il nome che ognuno preferisce
chiamare), che quella era la persona giusta per quel momento. Lei
crede in compiti non finiti, in missioni interrotte e che la ricerca
della vera felicità e l'incontro con quella anima speciale, quella che è
"per davvero" la sua anima gemella, potrà aver luogo solo quando
uno si renderà conto (consciamente o inconsciamente) che prima ci
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sono dei compiti da finire. Prima di tutto, quindi, bisogna riuscire a
mettere un "punto finale" in tutto ciò che era rimasto abbandonato,
dimenticato, "non vissuto". E quelli lì, quegli esseri così diversi, così
strani, in realtà si sono avvicinati per una ragione ben precisa!
Essendo così, se uno ci pensa, quante cose che lei ha insegnato loro
e ciò che è forse ancora più importante, quanto con loro lei ha
imparato! Ed è cresciuta! E si è permessa! E ha vissuto!
Sì, proprio così. Sembra che lei abbia scoperto uno dei
grandi segreti: tutti quelli che si avvicinano o si allontanano, o
vanno, o rimangono per sempre, stanno, in un modo o nell'altro,
aiutandoci in questa bella e preziosa funzione di trasformare il
mondo (compreso quello interno ) in un posto ancora migliore.
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Capitolo XIII. Perché per lei tutto è motivo di riflettere!
Questo è uno dei doni del nostro personaggio. Come i poeti,
che davanti alla sofferenza scrivono i loro migliori titoli, o i pittori,
che con la loro follia, malattia depressione dipingono le immagini
più belle. Anche lei è un po' così. No, non è pazza, neanche
depressa, o malata. Quello che la avvicina ai "grandi artisti" è
semplicemente il dono, la facilità con cui rende ogni cosa che "vive",
che sente, che sogna, un motivo per riflettere, per scrivere, per
ripensare. E così è stato con tante cose!
Fin da molto piccola, di fronte a ogni ostacolo, ogni
delusione, ogni cosa che non funzionava, lei avrebbe sentito dire
dalla sua madre, spirito saggio a chi la Provvidenza divina le ha
affidata, sempre le stesse frasi: "Figlia, nulla è per caso, è per evitare
un male maggiore. "Figlia, calma, nulla è per caso" . Chi avrebbe
detto che anni più tardi, davanti ad alcune circostanze della vita,
sarebbe stata lei a ripetere, sia a sua madre sia a se stessa, questa
medesima frase!
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Quello spirito che incarnò come sua madre, senza
rendersene conto, avrebbe finito per "piantare" all'interno di quello
spirito il seme della pazienza, comprensione e, soprattutto,
dell'l'accettazione. Non che fosse sempre facile per lei accettare le
sconfitte, le delusioni, perché anche se era in processo di
evoluzione, il suo spirito aveva ancora molto da imparare in questa
vita terrena! Accettare un no, accettare l'assenza del suo nome nelle
liste degli approvati, ad esempio, faceva ancora male. Colpa di quel
suo lato mondano, ancora presente, pieno di orgoglio, che la faceva
credere di essere molto meglio di quanto la gente la giudicava. E, sì,
era meglio, molto meglio, ma non aveva capito che, in realtà, i suoi
valori erano diversi.
Come dicevo, quella frase di sua madre è stata sempre
presente e lei, in un modo o nell'altro, ha finito per crederci. Alcuni
episodi della sua vita terrena sembravano venire solo allo scopo di
dimostrare quella verità, detta così spesso e con tanto affetto.
Vestibolare. Cambiare città? Andare a vivere lontano da
casa? No, questa idea non le era mai venuta in mente, fin che,
sconfitta nel esame psicometrico dato all’Università della sua città,
ha dovuto “arrendersi”. Non avrebbe mai potuto immaginare che in
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realtà quello non era altro che un segno che, da quel momento in
poi, la sua vita avrebbe preso un nuovo (e bellissimo) corso.
Il destino ha voluto che lei finisse per conoscere la Unisinos
e restasse affascinata con quel luogo. Affascinata fino al punto di
avere voglia di gridare ai quattro venti: "Sì, qui è dove voglio
studiare, questo è il mio posto ." Amore a prima vista per quel posto
in mezzo al verde, circondato da un sacco di natura. Piante, fiori,
sentieri "segreti", lago . Lucertole, gufi, tartarughe, uccelli, anatre,
papere, oche che invadevano l'aula durante la lezione, combinando
un pasticcio. Chiacchierate, pic-nic, amici molto speciali. Gli
insegnanti che, anni dopo, avrebbe ritrovato, nella sua seconda
post- laurea. Non ci è voluto molto perche lei finisse per ringraziare
il fatto di non aver potuto studiare nella sua città di origine.
Cambiamenti, quanti cambiamenti! E il privilegio di avere
una famiglia così speciale! Lo zio e la zia che, per un lungo periodo,
si sono alternati in modo che non si sentisse mai sola.
E gli amici? Spirito veramente privilegiato questo della
nostra storia! E tutto ciò, in un modo o nell'altro, era già
programmato. Improvvisamente, la vita (e la sua migliore amica,
che era in realtà uno spirito molto simile, che lei aveva promesso di
aiutare nel suo processo evolutivo), le hanno avvicinata ad un
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gruppo di spiriti con il quale avrebbe avuto una missione molto
importante e i quali si sarebbero avvicinati in un modo molto
speciale. Era difficile, per chi veniva da lontano, o guardava da fuori,
capire il tipo di relazione che li univa, che li univa in un modo così
profondo. Erano amici. Amici nel senso più forte, più puro, più vero
del termine. Quello spirito, nel corpo di una donna, una
adolescente, una giovane, oggi adulta, avrebbe trovato, in quegli
spiriti incarnati in corpi di uomini, più che amici, esseri che si
sarebbero uniti a lei e si sarebbero presi cura de lei, le avrebbero
protetta, come veri fratelli.
Il nostro personaggio sapeva, prima ancora di incarnare, che
"in teoria" sarebbe stata figlia unica, ma che questo fatto non
significherebbe solitudine . Lei avrebbe avuto, sì, molti fratelli e
sorelle, molte anime affini che sarebbero apparse in vari momenti
della sua vita. Alcune, sarebbero "apparse" nella sua vita per essere
aiutate, soccorse, perché lei li aiutassi lungo il percorso. Altre
sarebbero apparse proprio per che lei fosse aiutata. Nel corso degli
anni, lei si renderebbe conto che, in realtà, i ruoli avrebbero potuto
essere l'inverso, perché quando aiutava gli altri, alla fine, il maggior
beneficio era suo.
Un’altra cosa che le ha fatto riflettere:
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Lei non ha superato l'esame a Roma per il riconoscimento
del proprio diploma. Ovviamente è rimasta sconvolta, ma sapeva
che niente era per caso. Senza lavorare, ha potuto aiutate,
accompagnare, essere vicino, essere accanto al suo amore in un
momento difficile, un momento in cui, a causa di stress, nervosismo,
preoccupazione, ecc, egli ha cominciato ad avere alcuni sintomi fisici
che lo hanno lasciato molto insicuro e gli impedivano di andare
avanti e indietro da solo. Per lei, il non avere un lavoro, in quel
momento, è stato provvidenziale.
Lei cerca di fare un lavoro di tata, ma il fatto di avere anche
bisogno di studiare fa sì che non sia lei la scelta. Più tardi, scopre di
aver sviluppato un ernia del disco e che, in quel momento, caricare
cose pesanti (come prendere un bambino in grembo) avrebbe
potuto essere molto, molto dannoso.
Frustrazioni, fallimenti, difficoltà, molte già superate, altre
ancora a venire. Ma ciò che caratterizzava quello spirito era, prima
di tutto, la fede, la fiducia e la certezza di 2 cose:
1. Che nulla, assolutamente nulla accade per caso
2. Che tutto viene al momento giusto.
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E così si portava avanti. Sempre ringraziando, si rassegnando.
Ovviamente, essendo uno spirito ancora in fase di sviluppo, ancora
in, per così dire, "fase di crescita", momenti di tristezza,
frustrazione, delusione erano presenti. Rabbia? No, questo no. Lei
non ha mai imparato cosa significasse provare rabbia. O, se lo aveva
fatto, da tempo aveva dimenticato. Ha sì dovuto fare un grande
lavoro con se stessa. Ha dovuto accettare i propri limiti, ha dovuto
ripetere più volte a se stessa che le cose non dipendevano solo da
lei. Tocca sì a lei fare la sua parte, ma spetta anche agli altri fare la
loro.
Con la "scoperta" dell'ernia, ad esempio, avrebbe trovato
valori simbolici, significati nascosti, metafore della vita. Su questo,
ha scritto testi come questi qui:
Riflettendo su alcune cose che ci accadono nella Via della Vita
Ho scoperto che ho un ernia del disco. Ho scoperto che il "disagio"
che sentivo non era un "tocco" del mio corpo chiedendomi qualcosa. O
meglio, potrebbe anche darsi che "lui" mi avesse "dato una gomitata" e ed
io non sia stata in grado di sentire. Allora egli gridò, e per alcuni istanti, mi
ha letteralmente "paralizzato". Impossibile non cominciare a pensare, a
riflettere su ciò che tutto questo può significare, andando oltre la materia
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fisica. Va bene, va bene, l'ernia è cresciuta,i è "migrata", sta premendo il
nervo, provocando intorpidimento, anestesia, dolore, ecc, ecc, ecc. Ma . e il
resto?
Oggi, mentre andavo al palazzo del mio medico generico per
cercare di scoprire l'orario di apertura dello studio, alcuni pensieri mi sono
venuti in mente. Ora, mentre scrivo, altre idee passano attraverso la mia
mente.
Innanzitutto, trovo importante evidenziare il LATO del mio corpo
dove è la lesione, il lato che, da un momento all'altro, “gridò". Considero
della massima importanza il fatto che quello che si è messo a “urlare” sia
stato il lato sinistro! Il lato sinistro si collega di più con le emozioni, con il
femminile, con la sensibilità e anche con il passato. Resta solo rendermene
conto se qualcosa del passato si è bloccata o se sono stato io ad avere
"bloccato" qualcosa nel (o del) passato.
Parlando di "blocco", credo che sia proprio questo quello che il mio
organismo stava cercando di parlarmi. Può darsi che restare "bloccata",
anche se per poco tempo, abbia a che fare con la mancanza di flessibilità.
Importante notare che il blocco non c’è più, ma segue il disagio, il che
significa, naturalmente, che quello è stato soltanto un segno perché facessi
più attenzione a qualcosa che forse devo ancora capire di cosa si tratta.
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Potrei addirittura domandarmi: "Mancanza di flessibilità, io?" Mi
sono sempre considerata, al contrario, una persona molto flessibile e in
grado di adattarsi facilmente alle novità e a situazioni diverse e avverse.
Tanto che, guarda dove sono andata a finire!
Ho cominciato quindi a pensare al "momento" in cui questo è
accaduto e com’è la mia vita ora. E mi è venuto in mente che, in un certo
senso, forse per certi aspetti, io non stia permettendo a me stessa di essere
flessibile, il che sta creando numerosi blocchi che mi causano angoscia,
sofferenza, paura, insicurezza. Sentimenti che finiscono per essere poco
espressi, causando così un "blocco" all'interno e ora anche "allo esterno".
Il fatto che io sono sempre stata considerata un ottimo
professionista e ho sempre amato molto la mia professione fin dall'inizio,
con i bambini autistici, per dopo andare a lavorare con le donne incinte, poi
gli adolescenti, pazienti affetti da tumori di testa e collo, passando all'area
della oncologia e arrivando alle cure palliative e, allo stesso tempo, essere
stata ""fermata" (o bloccata?) dalla burocrazia europea che ancora non mi
ha dato il permesso di tornare a lavorare nel settore, ha finito per causarmi
un "blocco" professionale che, mi rendo conto solo ora, ha riflettuto sulle
mie azioni nella vita.
Quante volte ho parlato e anche cercato qualcosa di diverso da
fare! Perché sono senza un lavoro per tutto questo tempo? Perché sono
"bloccata"! Ero così abituata a fare quello che stavo facendo (e che facevo
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veramente bene) che, guardando le offerte di lavoro che ci sono,
automaticamente mi sentivo insicura, paurosa e forse anche frustrata.
Babysitter, insegnante, traduttrice, interprete, tata, ecc. Ma devo anche
sostenere l'esame a Roma, allora deve essere qualcosa di part-time, perché
ho bisogno di avere del tempo libero per studiare. Non può essere contratto
lungo, perché poi quando potrò esercitare la professione di psicologo,
dovrò abbandonare questo lavoro (sono sicuro di esso?) Infine, quanti
impedimenti!
Davanti a tutto ciò, mi sono anche accorta del perché questo è
accaduto, poi, proprio in questo momento. Forse ho bisogno di imparare ad
essere più flessibile con me stessa. Devo imparare a esercitare l'auto-
accettazione. Voglio dire, accettare che posso andare al di là di quella
comodità che ormai mi ero "abituata", in particolare accettare le mie
paure, i miei errori e rendermene conto che in tutto questo devono esserci
anche molte accerti che sono rimasti "dimenticati" in mezzo alla strada.
"Uscire dalla zona di conforto" ogni tanto fa bene!
Un esempio di lato buono? Partiamo dal presupposto che queste
sono tutte cose che io avrei necessariamente dovuto affrontare in un modo
o nell'altro. (Dopo tutto, è stata anche una mia scelta, nel mio processo
evolutivo). Consapevole di questo aspetto, chiedo: A questo punto, non è
meglio che io sia "libera", senza lavoro, perché così posso dedicarmi
interamente alla mia cura e al trattamento? Questo per non parlare della
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questione che proprio ora lo Ste è in vacanze e quindi potrà venire con me
dal medico specialista!
Questa è una questione sulla quale farò più attenzione d’ora in poì.
La chiamerò: flessibilità emozionale/spirituale.
Per finire, un’ultima cosa: dicono che in tutto ci sia un lato buono e
un lato cattivo. Ed è vero. Ma ognuno di noi, volendo, può scegliere a quale
lato dare più attenzione. Io, ad esempio, riconosco entrambi, ma cerco di
enfatizzare sempre il lato buono. Così, quando algo “negativo” mi succede,
cerco di vedere cosa quello può trarre di positivo, che possono essere da
piccoli dettagli o accorgimenti a delle cose grandiose. (Ad esempio, se al
posto dello sciatico l’ernia si fosse spostata dall’altra parte, finendo per
fare pressione sul midolo? In questo caso, ora, al posto di sentire del
formicolio sulle dita dei piedi, avrei potuto essere diventata anche
“paralizata”!)
Quando qualcosa di buono succede, non sto lì as aspettare che
qualcosa di “cattivo” stia per avvenire! Perché? Perché, al contrario di
quello che molti dicono, io non credo che “pensare il peggio”, oppure
“ricordare il lato brutto” ci aiuti in qualche modo. Riconosco che può anche
darsi che le cose abbiano il suo lato brutto, cattivo, mas so che se una cosa
deve succedere, succederà. Pensare nello aspetto, nella parte brutta della
cosa, scusatemi quelli che pensano diversamente, ma per me in particolare,
non ammenizza la sofferenza. Al contrario, pensare in qualcosa di brutto o
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negativa prima che quella succeda, serve solo a creare angoscia e a farci
soffrire in anticipo. Diciamo quindi che io riconosco l’esistenza del lato
“cattivo” delle cose, ma non lo “stimolo”, non lo “alimento”. Dopotutto, se
deve "venire alla luce" , lo farà, a prescindere dalla mia azione. Quando così
sarà, io lo affronterò. Ma se si decide di non comparire beh . . lo lascio lì,
ma non lo ignoro. Semplicemente non faccio di lui, nella storia della mia
vita, il personaggio principale. Bene, che la vita possa insegnare a tutti noi
ad essere più flessibili, soprattutto con noi stessi!
Un’altro testo:
“Non può prendere peso”
Che carichi così pesanti sono questi che mi stavo portando? Che
cosa ha sopraffatto il mio spirito, fino al punto del fisico dover urlare a me
di smettere? Sarebbero "pesi" di questa e di quante altre vite?
Bene, forse in questo momento il più importante non sia vedere da
quando o di dove questi "cariche" provengono, ma di cercare un modo per
alleviarle.
Questo carico può essere costituito da tante cose! Forse anche da
alcuni spiriti ossessori, spiriti sofferenti in cerca di un sollievo per le loro
dolori. Spiriti che non sono stati orientati, o meglio, che, non essendo in
grado di comprendere o ascoltare le linee guida, se "appendono" sul retro
di uno spirito incarnato, arrivando da dietro con le mani sul collo e
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coinvolgendo la vita e parte bassa della schiena con i piedi. Conforme il
movimento che fa lo spirito incarnato, i piedi dello spirito disincarnato
bilanciano, dandogli dei "calci" dietro la gamba, provocando dolore e
formicolio.
Molti (forse quasi tutti) questi "carichi" sono miei, lo so. Anche e
soprattutto nel caso di carichi a livello spirituale. Perché il fatto che io mi
considero una persona con delle conoscenze abbastanza chiare riguardo
alle questione della spiritualità, non significa che lo sia davvero. E se alcuni
"fratelli" che sono in sofferenza hanno deciso, al loro modo, venire da me,
qualche ragione ci sarà.
Quindi penso che, più che mai, devo prima di tutto ringraziare ,
perché sicuramente questa è un’ occasione, un’opportunità che mi è stata
data per fare qualcosa che aiuterà nel mio processo evolutivo. Dopodiché,
potrò chiedere. Richiedere più pazienza, forza, serenità. E chiedere tanta
luce, in particolare per coloro che, incarnati e disincarnati, sentono ancora
paura, angoscia e insicurezza (come me!) di camminare con le proprie
gambe. E camminare senza i "pesi" di, chissà, delle prove precedenti.
Oh, solo per finire: chissà se tutti si rendono conto del quanto la vita è
metaforica!
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Camminare
Questa ernia mi obbliga a camminare in un altro modo. No, non
sto piegando la colonna vertebrale o chinando su me stessa, neanche
diventando storta. Niente affatto. Continuo a camminare "normalmente",
però, mi sono resa conto che mi sento meglio se cammino con più calma.
Con passi più lenti e più brevi. Per me, che ho sempre camminato con passi
lunghi e veloci, questa è un'esperienza unica e una grande opportrunità di
apprendimento. Sto imparando a esercitare la pazienza e la tranquillità
anche in questo senso. Camminando in questo modo, tranquilla e,
soprattutto, serena, chissà quanti dettagli del paesaggio me ne accorgerò.
Magari riuscirò a vedere cose che sempre mi sono passate inosservate!
E, davvanti ad un’immagine così:
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Lei ha scritto il testo che segue:
Ancora scoperte- l’ernia!
Fine dell’anno, di solito ci si ferma un po’ a riflettere, non è vero? E ora, oltretutto c’è tutta questa storia della fine del mondo. Però, in realtà, questo testo non ha assolutamente niente che vedere con tutto ciò. Si riferisce (ancora) con me stessa. Sono qui, un’altra volta, a riflettere su certe cose che mi sono successe quest’anno.
Siccome ho sempre creduto che niente è per caso e che per tutto esiste una ragione, qualsiasi cosa che possa aiutarmi a pensare meglio su quello che mi è capitato, è sempre benvenuto.
Oggi, sul Facebook, ho trovato questa immagine. L’ho trovata “divina”! E presto mi sono ricordata di quella “benedetta” ernia, che è stato il ”tema” di alcune delle mie riflessioni qui in questo blog. Ho riflettuto su cosa lei
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potrebbe significare, dal punto di vista fisico emozionale, spirituale, Ho parlato di equilibrio, di caricare (o no) peso, di pressioni spirituali. Ho parlato di quanto lei (l’ernia) mi ha insegnato a vedere (e vivere) tutto con più calma e tranquillità.
Qualche tempo dopo, ho imparato ad esercitare la calma, la tranquillità la pazienza e, in particolare, ho potuto dedicarmi si più non solo a me, ma al mio compagno di vita, di giornata, di missione spirituale. Ma questa è un’altra storia!
Tornando all’ernia. Ho visto questo disegno e sono subito andata a cercare il posto che corrispondeva alla mia lesione. Vertebre L5S1. La sensibilità e la semplicità.
Mi sono sempre considerata molto sensibile, una persona capace di “prendere le cose nell’aria”. E anche una persona semplice. Forse però io mi sia un po’ allontanata di tutto questo e era ora di riprendere! Oppure avevo esagerato nel dosaggio! (Chissà se non è stato per questo che l’ernia è scapata!? Sì, lei ha migrato della regione della sensibilità e della semplicità, è scivolata al fianco sinistro e io, quando avevo male (dolore), l’avevo proprio nella regione del “equilibrio”. Quindi… era ora di conciliare, di equilibrare. Di tornare a pensare nello spirituale, aiutare gli altri ma anche a me stessa, permettere che le cose tornassero a fluire e fare la mia parte.
Che 2013 sia un anno di realizzazioni spirituali, divine, speciali e anche materiali. Equilibrio di corpo, mente, anima e spirito. Ragione, emozione, pensamenti, cuore! Che ogni giorno cominci con un ringraziamento (in realtà già inizia sempre così), qualche bacio e un sorriso, continui con un buon lavoro e finisca con affetto, baci, sogni e preghiera!
(Perdonate i miei possibili errori! Questo post è stato originalmente scritto in portoghese!)
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Perché la scrittura è sempre stato il suo modo di esprimersi,
di raccontare, di sognare. Lì, sulla carta, era dove andrebbe a
esporre tutto ciò che aveva dentro di sé, dove avrebbe rivelato tutto
ciò di più importante: la sua intimità, i suoi sogni, la sua anima. La
scrittura come divertimento, la scrittura come terapia, la scrittura
come arte o semplicemente come un hobby. Le sue parole
inizialmente immessi sul foglio, poi digitati in file di computer, in un
modo o nell'altro, la farebbero diventare eterna. Ma l'eternità, per
lei, va ben oltre la semplice idea di lasciare tracce della sua attuale
esistenza su pezzi di carta. Sì, perché anche se si tratta di uno spirito
fase di evoluzione, molte cose lui / lei ha già capito. Tra queste, la
questione della inesistenza del tempo e della morte così come noi li
concepiamo.
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Capitolo XIV: Riguardo il tempo
Eh, già. Quando le idee vengono in su, non importa il luogo,
ovunque possibile,lei cerca di metterle su carta. Molte sono le cose,
gli eventi e le situazioni che le fanno riflettere. Uno dei testi scritti
riguardo "Il tempo" è stato sviluppato durante un viaggio con il
Trensurb (Linea Metropolitana di Superficie) mentre andava
all'università. A quel tempo, quello spirito non aveva idea che un
giorno avrebbe scoperto che, in un modo o nell'altro, le sue parole, i
suoi pensieri, finirebbero per far sì che altri esseri umani
cominciassero a pensare alla possibilità di un mondo migliore.
Il Tempo
Chi è questo essere così potente chiamato "tempo"? Perché noi,
nella società occidentale, siamo a lui sottomessi in tal modo, che spesso
sembra che siamo vivi solo per obbligo? Per realizzare un compito dove, in
vari momenti, ciò che conta meno è il "piacere"? Deve essere veramente
potente il "Signore Tempo ". E ogni volta la sua potenza aumenta di più.
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Il tempo sta accelerando, il mondo sembra girare più velocemente.
Oggi, tutto è diventato ieri. E il domani? Oddio, il domani non arriva mai! E
quando arriva, è già passato.
Ai giorni d'oggi, i cambiamenti avvengono in pochi millisecondi. E
in tutta questa fretta, anche noi sentiamo la necessità di essere "veloci".
Vivere tutti allo stesso tempo, con intensità, a mille chilometri all'ora.
Aspetta un attimo, ho già sentito questa storia prima.
Non era proprio la "velocità", il "vivere deci anni a mille all'ora
piuttosto che mille anni a dieci all'ora", quello che aveva "ispirato" la
giuventù ribelle degli anni 60? James Dean, sesso, droghe, rock and roll.
Vivere il mito. La morte? Che importava! Il tempo (sì, anche in questo caso)
andava veloce, bisonava goderselo. (Equanti giovani sono morti senza
nemmeno rendersi conto che la vita è molto più di un bicchiere di birra!).
Bene, torniamo al fatto.
Il tempo in costante accelerazione ci ha costretti ad essere più
"dinamici" per adattarsi alla realtà che c'è. Chi non è disposto ad
accompagnarlo, rischia di diventare specie in via di estinzione Milioni,
miliardi di cambiamenti si sono verificati, senza ch ci rendessimo conto
della "metà". Ma sono lì. Come diceva Janis Joplin, “If you got a today, you
don’t need a tomorrow. Tomorrow never happens”. Che cosa c'è, allora?
L'ora? No, ora non è più ora. è già è passato. Fa confondere, no?
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A volte mi metto a pensare a questo che ho chiamato "Signore del
Tempo". Wow, quel tizio ha proprio una voce di comando! Egli riesce a farci
venire l'ansia, sembra fermarci quando abbiamo qualcosa da realizzare. Se
aspettiamo per qualcuno, egli trasforma ogni secondo in gocce di eternità.
Nei momenti di piacere, accelera le sue lancette in un gioco perverso, un
ruolo tipico di spoiler. Ma è vero che ci aiuta anche. Perché anche quelle
cose che richiedono molto tempo,egli fa in modo che finiscono. E quello che
vogliamo che duri più a lungo, lascia una sfumatura di speranza che
potrebbe accadere di nuovo. Essere spiritoso, questo "Sig. Tempo! "
Controlla le nostre ansie, le aspettative, il nervosismo, la felicità, la
tristezza. Siamo più vulnerabili ad esso di quanto possiamo immaginare. A
volte sembra che "non ci sarà tempo." Altre, sembra che il tempo "si sia
semplicemente fermato."
Mai nel corso della tua vita, in una di quelle giornate tipiche di
frenesia, ti sei fermato un attimo a pensare? Riflettere sul perché di tanta
ansia, questo bisogno di "fare tutti allo stesso tempo ora," lasciando da
parte, spesso, la propria singolarità? Ti sei mai reso conto di quanto vieni
controllato da una "forza invisibile" chiamata tempo? Probabilmente sì. E ti
ricordi di avere mai delegato a "lui" (il tempo) tale potere? E se decidessi di
vivere ogni momento "bene" invece di "correre su tutto" . Che conseguenze
questo comporterebbe nella tua vita?
Come dico sempre: "No stress!" Noi siamo, sì, schiavi del tempo.
Ma possiamo provare a fare un accordo con il "furfante". Che egli ci dia
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una certa libertà per vivere le nostre vite, ogni momento. Perché il tempo,
oltre ad essere potente, è prezioso. Troppo prezioso per semplicemente
"lasciarlo andare".
Non si tratta di vivere dieci anni a mille, ma non è neanche "laissez
faire, laissez passer". Ne otto ne ottanta. Quello che non si può è restare
troppo passivo davanti a questo "dominio temporale".
Sai una cosa? Costruisce tu stesso il tuo proprio tempo. Ricordati di
ieri, pensa al domani, ma VIVA oggi. CARPE DIEM!
Testo scritto sul TRENSURB (la maggior parte), dopo aver letto il testo sul
"tempo", pubblicato nella Schedule Tribe / 98- Porto Alegre, 24 marzo
1999.
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Capitolo XV: Saudade (Nostalgia)
Pensando a riguardo di persone, fatti e storie, lei si
domandava: "Possiamo sentire "saudades" (nostalgia) di quello che
non abbiamo vissuto"? E dopo tutto, chi ci ha detto che il vero è
"veramente" vero? Chi garantisce che i sogni non sono realtà e la
realtà è solo un grande sogno? Tutto sembra reale, tutto è visto,
vissuto, percepito. Quando "siamo imbarcati" nel mondo dei sogni,
sia attraverso il sonno, sia attraverso il nostro pensiero, quello
diventa reale. E la sensazione che abbiamo quando ci svegliamo di
aver vissuto quei momenti?
Improvvisamente, dopo aver sentito tante storie, tante cose
interessanti, è come se "introiettassimo" tali informazioni e
passassimo a sentirci, comportarci di conseguenza. Quasi un
meccanismo di identificazione proiettiva! Ma non solo questo.
Anche se non si rendeva conto (almeno non
consapevolmente), lei continuava a cercare, specialmente durante i
momenti in cui il suo corpo carnale riposava, le linee guida
riguardanti alla vita, alla sua camminata, le cose del passato e le
cose a venire. E pian piano che cresceva, sentiva ancora più forte la
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presenza di spiriti affini che, nella incarnazione attuale, non aveva
nemmeno incontrato. Come può questo? Sarebbe il lavoro della sua
immaginazione? Può darsi. Ma anche questo c’è un perché.
Gli spiriti familiari o "spiriti affini" sono spiriti che si sono
uniti attraverso l'energia che emanano, le vibrazioni, le onde
elettromagnetiche dell'Universo. Vi siete mai fermati a riflettere sul
perché, in un vasto universo di milioni, miliardi, migliaia di miliardi
di persone, da noi ci avvicinano "esattamente" queste ? E le affinità
(e le somiglianze) con alcuni spiriti che sono già disincarnati, come si
spiega? Solo genetica? Non proprio.
Ora, succede che non è di questa vita che arrivano tali
affinità! Se in questa incarnazione abbiamo una vivida impressione
di aver "vissuto" qualcosa che non viviamo, è perché questo
incontro aveva già avuto luogo. In altri momenti, in un'altra
dimensione, ma, sì, era successo! E quando ci riferiamo alle amiche
come sorelle di anima non abbiamo idea del quanto sia vera questa
affermazione!
Ed ecco che, pensando a riguardo, lei fa la seguente
riflessione:
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Ci si rende conto della inesistenza del tempo quando si comincia a
sentire "saudade" (nostalgia) di momenti che, in teoria, non abbiamo "mai
vissuti" , quando sentiamo la mancanza di persone che "in questa vita" non
abbiamo mai conosciuto. Inizialmente può sembrare strano, ma dopo un
po' passiamo a capire che questo succede perché questa vita non è l'unica,
o meglio, unici siamo noi, ma le vite, queste sono molte e li incontri e
riscontri accadono per una ragione. Confuso? Cercherò di esprimermi
meglio: sentire "saudades" di qualcuno che "se ne è andato" prima che
nascessimo, non ha nulla di strano. Perché anche se non siamo pienamente
consapevoli, un giorno, questo incontro ha avuto luogo. Per questi e altri
motivi è che ricordo e penso sempre a voi, Renan de Souza e Italia Cassina
Festugato!
Gradualmente lei passa a rendersi conto che gli incontri nel
mondo spirituale, nella misura che il tempo passa, diventano
sempre più magici e gioiosi. A volte, partecipa anche lei, ovviamente
con il dovuto permesso.
In un giorno di ottobre, una celebrazione.
Oggi il cielo è in festa! Dicono che per i nostri genitori, non
smetteremo mai di essere bambini. Posso già immaginare la nonna
Eleonora preparando quelle belle e accurati dolcetti, pieni di dettagli:
gattini, cuccioli, bambinetto e bambinetta e così via. E i salatini? Ah, quelli
crocchette a forma di paline, con sotto un pezzo di cetriolo per guarnire, e i
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"pastéis2", buonissimi!. Per dividere un po' i compiti, la torta chi ha fatto è
stata la nonna Italia. Nel frattempo, in nonno Vercedino e il nonno Piereto
giocano una partita di scopa. E il festeggiato ? Beh, eccolo lì, in preghiera, a
ricevere tutti i buoni pensieri, la buona energia e le vibrazioni di tanti spiriti
che gli vogliono bene, incarnati e disincarnati. Ricordando, naturalmente,
che essendo nel mondo spirituale, dolcetti e salatini, come tutto il resto,
sono "plasmati" e gli ingredienti sono pura energia e amore. Quindi, buon
compleanno papà!
Ciò che il nostro personaggio non sapeva è che l' ora della
festa sarebbe anche un momento di chiacchierate e
ricongiungimenti.
A poco a poco gli ospiti cominciavano ad arrivare. La
maggior parte famigliari, o meglio, spiriti che, nell'ultima vita
terrena, avevano condiviso momenti e esperienze.
La data era stata programmata da tempo ed era aspettata
con ansia per molti. Non importava tanto chi era il festeggiato (in
questo caso, lo spirito che, incarnato, aveva interpretato il ruolo di
padre del nostro personaggio). Il più importante era l'opportunità
che stava per essere offerta a tutti.
2 I “pastéis” sono dei fagottini ripieni fritti
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Opportunità? Sì, opportunità, soprattutto, di riunificazioni!
Frequentemente, credendo nell'esistenza di un mondo
spirituale, si tende a credere che, necessariamente, subito dopo la
disincarnazione, lo spirito va subito a "vivere" insieme a coloro con
chi aveva vissuto durante il periodo in cui era incarnato. Così, i
genitori incontrerebbero di nuovo i bambini, le famiglie si sarebbero
subito riunite, senza nessun cambiamento. Ma in realtà non sempre
le cose stanno così.
Peculiarità, individualità, personalità, differenze, devono
essere considerate i e rispettate. Karma, scelte, missioni. Vite
diverse, ruoli diversi e anche disincarni che si sono verificati in modo
diverso.
La disincarnazione è un processo individuale e anche se
mette una "fine" a tutte le sofferenze carnali, inizialmente lo spirito,
attaccato alla cose terrene, sente ancora, soffre, pensa e si
comporta come uno spirito incarnato. Pertanto, ha bisogno di
essere curato, molte volte anche ricoverato in ospedale, o sia,
aiutato. E almeno che fosse un grande ospedale generale, sarebbe
un po' strano mettere nella stessa stanza, per esempio, uno che ha
avuto un infarto e un paziente di cancro, per esempio.
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A ciascuno la cura ideale, nel luogo ideale. Per questo, ci
sono le colonie-ospedali. Ovviamente, durante il periodo di
guarigione /cure, ricevono sì la visita degli spiriti che li sono cari, che
aiutano a guidarli e confortarli. Sì, erano lì al momento della
disincarnazione, per accoglierli, abbracciarli e seguire, poi, i loro
compiti.
Durante il periodo di trattamento, la cui durata è difficile da
stabilire, se non altro perché la percezione del tempo è abbastanza
differente nel mondo spirituale, ci sono momenti in cui lasciare il
luogo in cui si trovano e andare ad altre patrie spirituali, è giusto e
anche terapeutico.
Ci sono diverse occasioni in cui spiriti affini, anche quando
frequentando scuole, ospedali, colonie diverse, finiscono per
riunirsi. Ciò può avvenire in date particolari come il Natale, il giorno
dei defunti, Pasqua, ecc, ma anche in date non necessariamente
segnate da qualcosa in particolare. Ma torniamo alla nostra storia.
Come detto prima, quello sarebbe stato un momento di
incontri, riunioni, gioie e molta, molta emozione
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Il festeggiato del giorno, che sulla terra aveva ricevuto il
nome di Renan, aspettava gli invitati insieme ai suoi amati genitori e
suoceri, con accanto a lui un caro nipote che, per essere
estremamente sensibile e fragile, ha finito, nella sua ultima
esistenza terrena, circondato da spiriti meno evoluti, suicidandosi. Il
suo processo di recupero sarebbe ancora molto lungo, ma a causa
del suo sincero pentimento e il grande amore che la sua famiglia
nutria, ha potuto, in quel giorno, essere presente alla festa.
E così, a poco a poco, le persone, o meglio, gli altri spiriti
stavano arrivando, amici d'infanzia, di lunga data, parenti, persone a
cui ha aiutato, infine. I cognati Chico e Waldyr, con i quali avrebbe
lunghe conversazioni e la visita attesissima dell'amata cognata
Mary, della quale la sua amata figlia Marian avrebbe ereditato tante
cose. Come al solito, era apparsa estremamente elegante e
"proprietaria" di una semplicità e gentilezza che le sono peculiari. E
c'era anche un altro ospite molto speciale: quella che sulla Terra era
stata la madre di uno spirito di molta luce che avrebbe trovato, ad
un oceano di distanza, il suo spirito affine. Uno accanto all'altro, gli
spiriti Renan e Bice avrebbero osservato, lì dal mondo spirituale, la
bella riunione di quelle anime, così lontane eppure così vicine:
Marian e Stefano.
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Ecco che torniamo a parlare nel nostro personaggio
principale. Parlando di lei, non solo lei, ma molti altri spiriti
incarnati sono venuti alla festa. Ovviamente, hanno dovuto
cogliere il momento in cui i loro corpi fisici, nel piano terreno,
dormivano. E, quando sono tornati, in modo da poter seguire
nel compimento delle loro missioni, sono stati coperti dal
mantello della dimenticanza . (Anche se un vago ricordo e, più
di questo, un forte senso di conforto e pace sarebbe rimasto).
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Capitolo XVI: Considerazioni finali o, ma deve per
forza avere una fine?
Sono due le cose più diffìcili quandosi scrive una stori:
scegliete un titolo ed ellaborare una fine. Nel caso di un libro come
questo, in cui realtà e immaginazione si confondono, dove il
personaggio, parlando in terza persona, funge anche da narratore,
un lavoro in cui la vita e la morte, inizio e fine sono strettamente
collegati, tale missione è ancora più complicata.
Sì, la vita è eterna, ma è divisa in tappe, in esistenze, così
come un libro è diviso in capitoli. Perché lo facciamo? Soprattutto,
per capire meglio, per una migliore comprensione. Oops, ma questo
si riferisce alla vita o al libro?
Tutte e due! Da questo punto di vista, la differenza è che in
un libro arriva il momento in cui bisogna necessariamente porre
fine. Perché un libro può essere eterno nel senso che passa di mano
in mano, attraverso le generazioni, ma la storia che conta, come
ogni buona storia che si rispetti, ha bisogno di personaggi, una
buona trama e un inizio, uno svolgimento e una fine. E la vita?
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Come spiriti incarnati, soprattutto se crediamo nell'esistenza
di un "bene superiore", e nella continuità della vita, il fatto di non
avere ricordi di vite precedenti, può farci pensare in ogni esistenza
come un libro nuovo, dove i capitoli, secondo le nostre scelte,
possono essere suddivisi in anni, momenti, fasi. Tuttavia, quando
torniamo nel mondo spirituale, ci rendiamo conto che in realtà, il
libro non solo è unico , con ogni esistenza corrispondente ad un
capitolo, ma soprattutto, è solo un piccolo volume nella Grande
Collezione del Creatore
E la nostra storia, come andrà a finire? Nessuno conosce
esattamente la fine, ma tutti sanno che, dato che il "caso" non
esiste, , accadrà esattamente ciò che deve accadere e, davanti a
tutto questo, rimane la certezza che la felicità può essere costruita e
conquistata giorno dopo giorno e che la vita vale molto la pena di
vivere!
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Ringraziamenti
Scrivere, per me, è sempre stato come una terapia, anche prima che io mi rendesse conto, forse anche prima che avessi imparato a scrivere. Testi e bozze sparsi dapertutto, su vecchie agende, sui flipdiscs che non funzionano più, sui quaderni strappati persi da qualche parte, sui bigliettiche chissà dove sono finiti.
Trattandosi questo di un libro (o una sorta di libro), dovrei ringraziare in particolare quelli che mi hanno sempre incentivata, sempre incoraggiata in ogni modo, la mia famiglia, i miei maestri,le mie amiche, infine. E a tutti loro dico, sì, grazie tante e non cito i nomi, per non correre il rischio di lasciare qualcuno fuori.
Sono anche grata ai miei pazienti,di ieri, di oggi e di domani. Siccome sono una persona per la quale il tempo è algo estremamente relativo, mi sento "autorizzata" a ringraziare, anche, per le cose a venire.
Soprattutto, però, ringrazio Dio e tutti gli spiriti di luce che mi circondano, incarnati e disincarnati. Ringrazio ad ogni essere che ha attraversato la mia vita, tante volte inosservati, in un semplice scambio di sguardi, in una chiacchierata aparentemente senza senso alla fermata dell'autobus, infine. Perché, dopo tutto, tutto è interconnesso, il che vuol dire che anche quella conversazione che sembrava senza senso aveva il suo perché.
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Ringrazio soprattutto per i tanti privilegi che mi sono stati concessi.
Per in un'esistenza dove vedo tanti spiriti sofferenti, il mio dolore,
quando appare, essere sempre così piccolo e insignificante. Grazie
per questo mio modo ottimista di essere e per la vita avermi
insegnata a guardarla con leggerezza e felicità.
Ringrazio per i momenti di difficoltà e il modo in cui appaiono nella
mia vita, di solito accompagnati da cose positive. O forse sia
semplicemente il mio modo di vedere, ma non importa.
Beh, penso che sia questo. Spero vi sia piaciuto leggere questo, una
storia un po' autobiografica, un po' immaginaria, dove il confine tra
questi due mondi è così sottile che si confondono, si uniscono, si
mescolano.