rassegna settimanale 9-13 settembre 2013

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Contact Center 800.90.10.10 - www.unar.it Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO PER LE PARI OPPORTUNITÀ UFFICIO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONI RAZZIALI RASSEGNA STAMPA SETTIMANALE M ONITORAGGIO E APPROFONDIMENTO DEI FENOMENI DISCRIMINATORI NEI MEDIA E SUL WEB Anno IV - Roma, 9-13 Settembre 2013 A cura di Fernando FRACASSI Resp. Comunicazione Contact Center Collaborazione Monica D’Arcangelis, Alessandro Tudino

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Contact Center 800.90.10.10 - www.unar.it

Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO PER LE PARI OPPORTUNITÀ

UFFICIO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONI RAZZIALI

RASSEGNA STAMPA

SETTIMANALE MONITORAGGIO E APPROFONDIMENTO

DEI FENOMENI DISCRIMINATORI NEI MEDIA E SUL WEB

Anno IV - Roma, 9-13 Settembre 2013

A cura di

Fernando FRACASSI Resp. Comunicazione

Contact Center

Collaborazione

Monica D’Arcangelis,

Alessandro Tudino

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Tribunale Ue, annullati bandi europei senza la traduzione in italiano La corte ha riconosciuto una "diversità di trattamento" nei concorsi del biennio 2008-

2009 per trovare posti di lavoro nelle istituzioni europee. I documenti erano stati

pubblicati solo in inglese, francese e tedesco. Il ministro Moavero: "Riconosciuta la parità

della nostra lingua"

(13 settembre 2013)

BRUXELLES - Il Tribunale della Corte di giustizia europea dà ragione all'Italia: no ai

bandi europei pubblicati solo in inglese, francese e tedesco. La corte del Lussemburgo ha

deciso di annullare alcuni concorsi del 2008 e 2009 per l'assegnazione di 50 posti di lavoro

nelle istituzioni europee perché pubblicati integralmente soltanto in tre lingue.

"Questa sentenza costituisce una significativa conferma dell'eguaglianza fra le lingue dei

paesi membri - dichiara il ministro per gli Affari europei Enzo Moavero Milanesi -. Gli

italiani che desiderano lavorare nelle istituzioni Ue, per contribuire alla costruzione di

un'Europa più unita e per arricchire il proprio percorso professionale vedono così

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riconosciuta pienamente la parità della nostra lingua e non alterate le loro legittime

possibilità di successo nei concorsi pubblici banditi a tal fine".

Una "diversità di trattamento" - fanno notare i giudici - vietata dalla Carta dei diritti

fondamentali. La loro pubblicazione parziale - come avvenuto nei casi al centro del

ricorso presentato da Italia - non è sufficiente nè per avere una buona conoscenza

dell'oggetto del concorso nè per prepararlo adeguatamente. Quindi, precisa il Tribunale,

chi avesse voluto partecipare ai concorsi era "svantaggiato" rispetto a un candidato di

lingua madre inglese, francese o tedesca.

Nel 2010 il Tribunale aveva bocciato il ricorso italiano, ma dopo una sentenza della Corte

di giustizia europea del novembre 2012, i giudici sono tornati sui propri passi. La sentenza

riconosce la discriminazione denunciata dall'Italia e dà indicazioni molto chiare e concrete

alla Commissione europea sulla necessità di pubblicare i bandi integralmente in tutte le

lingue ufficiali dell'Ue. L'esito dei bandi, tuttavia, è stato confermato in applicazione del

principio del 'legittimo affidamento' dei candidati prescelti.

Nella stessa sentenza il Tribunale ha annullato anche un bando che stabiliva che le prove

e le comunicazioni con i candidati si dovessero svolgere unicamente in inglese, francese e

tedesco. Una scelta possibile, ma che nel caso specifico al centro del ricorso i giudici

europei hanno ritenuto "non giustificata".

(fonte http://www.repubblica.it)

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Parlamento Europeo: via libera al

meccanismo eccezionale di ripristino

visti (13 settembre 2013)

Il provvedimento era in discussione da anni, ma era stato sollecitato l'anno scorso da sei

Paesi dopo il boom di domande dai cittadini dei Balcani, dopo l'abolizione dei visti

temporanei concessa a Montenegro, Serbia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia nel

dicembre 2009 e a Bosnia-Erzegovina e Albania nel dicembre 2010

STRASBURGO, 13 settembre 2013 - Ok dall'Europarlamento ad un 'meccanismo di

salvaguardia' per gli Stati membri dell'Unione europea che consente in casi eccezionali il

ripristino dei visti per cittadini dei Paesi terzi per cui sono stati aboliti, nell'area di

Schengen.

Incaricata di valutare i requisiti e a decidere in merito sarà la Commissione europea, dopo

aver informato il Consiglio e il Parlamento Ue. Il regolamento, approvato con 328 voti a

favore, 257 contrati e 46 astenuti, consente la sospensione della liberalizzazione dei visti

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''come ultima risorsa'' in situazioni in cui si registri un ''sostanziale e improvviso aumento''

di immigrati irregolari e richieste di asilo infondate, in un periodo di sei mesi.

Il provvedimento era in discussione da anni, ma era stato sollecitato l'anno scorso da sei

Paesi (Belgio, Lussemburgo, Germania, Francia, Austria e Olanda) dopo il boom di

domande dai cittadini dei Balcani, dopo l'abolizione dei visti temporanei concessa a

Montenegro, Serbia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia nel dicembre 2009 e a

Bosnia-Erzegovina e Albania nel dicembre 2010.

''Spero tanto di non dover sperimentare situazioni che possano portare ad una

sospensione della facilitazione dei visti - ha commentato il commissario Ue agli affari

interni, Cecilia Malmstrom - ma sono anche convinta che avere la possibilità di innescare

questo 'freno di emergenza' aiuterà ad aumentare la fiducia degli Stati membri nella

governance e in future liberalizzazioni dei visti''. Il regolamento, frutto di un accordo con

gli Stati membri, per diventare operativo dovrà essere adottato dal Consiglio Ue e poi

essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione.

(fonte http://www.stranieriinitalia.it)

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Ragazzino di origini turche va in bici in

piazza e investe un bimbo: aggredito

I parenti attaccano il ciclista, botte e

frasi razziste: intervengono i vigili (13 settembre 2013)

Passare in bicicletta per piazza Ferretto può essere pericoloso. Lo sa bene il

quattordicenne di origine turca che ieri, verso mezzogiorno, dopo essersi scontrato in bici

con un bimbo di due anni, è stato bloccato e schiaffeggiato da tre signori, due donne e un

uomo, che erano con il piccolo. L’aggressione, accompagnata da consumati insulti razzisti

come “tornatene a casa tua”, è stata notata da più testimoni che sono intervenuti per

difendere il ragazzino straniero, anche se non sono mancate piccole scaramucce fra

diverse “fazioni”.

Neppure l’arrivo della Polizia municipale e dell’ambulanza sono riusciti a bloccare il

trambusto in piazza. È da poco passato mezzogiorno e due ragazzini turchi stanno

pedalando in piazza Ferretto, contravvenendo al divieto di transito. Poco più in là, un

bimbo di due anni sfugge al controllo di tre persone che lo accompagnano e si mette a

correre, andando a sbattere contro la ruota anteriore del quattordicenne straniero. Il

bimbo cade a terra, mentre il ragazzino turco si ferma di colpo: a questo punto

intervengono l’uomo e le due donne che mettono le mani sul manubrio della bicicletta.

Poi una delle due signore aggredisce il ragazzino.

Come? Le versioni divergono, anche se la sostanza non cambia. «Quella donna ha iniziato

a schiaffeggiarlo e tirargli pugni in testa», raccontano più testimoni. «In più ha cominciato

a inveire con insulti razzisti, come “tornatene a casa tua”. È intervenuto subito un signore

di colore, per difendere il ragazzino e anche lui s’è preso la sua bella dose di insulti

razzisti».

Lo stesso 14enne, una volta assorbito lo choc, racconta di aver ricevuto due manrovesci.

«Il bambino è venuto addosso alla mia bici», spiega. «Io mi sono fermato per vedere che

non si fosse fatto male. S’è rialzato subito e ha ripreso a correre. D’un tratto mi sono

ritrovato davanti una signora che mi ha tirato due schiaffi».

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La Polizia Municipale riduce a uno solo lo schiaffo, ma la sostanza non cambia. Dopo

l’aggressione si forma un capannello con decine di persone, allibite o infuriate. Arriva

anche l’ambulanza per portare via il bambino di due anni, al quale alla fine non verrà

diagnosticato nulla. E arrivano i vigili, che vengono presi d’assalto da cittadini pronti a

testimoniare. A un certo punto la tensione sale, quando qualcuno difende il gesto dei tre,

giustificandolo con il divieto di transito per le bici. La concitazione dura molto, anche se

alla fine non verrà sporta alcuna denuncia da parte dei genitori del 14enne turco. «Quella

donna è incredibile», racconta una delle testimoni, «ha detto che il ragazzo sarebbe in

galera se avesse fatto una cosa simile al suo Paese». Considerazioni a sfondo razzista,

certo. Che appaiono ancora più bizzarre se si pensa che il bimbo di due anni che s’è

scontrato con la bici è nato in Irlanda da genitori dell’Est Europa.

(fonte http://nuovavenezia.gelocal.it)

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“Nessuna fuga degli italiani dalle scuole multietniche”

(13 settembre 2013)

L'analisi di Vinicio Ongini (Miur): "Ogni volta che inizia l’anno si drammatizza la

presenza di bambini di origine straniera, comunicandola sempre e solo come un

problema”. La stima per il 2013-14 è di 830 mila alunni stranieri

Roma - Non c’è nessuna fuga degli italiani dalle scuole multietniche. A sostenerlo è

Vinicio Ongini, della direzione generale per lo studente del Miur e autore del libro “Noi

Domani. Un viaggio nella scuola multiculturale”. “Ogni volta che inizia l’anno scolastico

– spiega - , i media drammatizzano in modo eccessivo episodi che mettono l’accento sulla

presenza nelle classi di bambini di origine straniera, comunicandola sempre e solo come

un problema”. Il riferimento è al recente caso di Costa Volpino, in provincia di Bergamo,

dove una prima elementare è stata cancellata perché aveva solo iscritti di origine straniera.

“Non si può prendere un caso come quello di Costa Volpino e farlo passare per una fuga

dalle scuole multietniche che riguarda tutta Italia. Questo non sta in piedi”, spiega Ongini.

La questione è più complessa: “L’avvio dell’anno scolastico è un momento

importantissimo e sono tanti gli aspetti coinvolti, dall’edilizia agli insegnanti. E poi c’è il

lato multiculturale. Che puntualmente viene affrontato in questo modo: si prende un caso

di cronaca, che viene drammatizzato, usato come clava ed esteso a livello nazionale. Il

messaggio che passa è che si tratta di un problema. Io questo non lo condivido. Inoltre,

quasi nessun giornalista va a vedere cosa succede, gli articoli sono tutti uguali. Sullo

sfondo ci sono la velocità e la pigrizia dei media”.

Occorre allora cambiare il linguaggio e le chiavi di lettura. “La presenza a scuola degli

immigrati è una grande occasione di cambiamento, che può essere accolta o persa, ma che

in ogni caso può dare la spinta per parlare di questo tema in modo nuovo, aggiungendo

altri punti di vista. E non dimenticandosi mai di distinguere. Quando si parla di questo

tema il verbo fondamentale da usare come bussola è distinguere”. Un esempio? “La

cronaca parla sempre di casi che avvengono alle scuole elementari, mentre semmai i

problemi di integrazione si incontrano alle superiori, dove arrivano adolescenti che non

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parlano l’italiano. E poi non si dice mai che la metà degli studenti di origine straniera sono

nati in Italia”.

Secondo le stime del ministero, gli alunni di origine straniera in quest’anno scolastico

saranno circa 830 mila. Il dato conferma il trend degli ultimi 3/4 anni che sono stati

caratterizzati da una crescita rallentata degli alunni con cittadinanza non italiana, causata

con molta probablità dalla crisi.

Il Miur organizza domani e sabato a Piacenza il convegno nazionale "Prove di futuro"

presso l’Università Cattolica. Interverranno, oltre al ministro dell’Istruzione Maria Chiara

Carrozza, Rita Borsellino, in qualità di presidente del Centro studi Paolo Borsellino; Kossi

Komla-Ebri, medico e scrittore; Maria Cecilia Guerra, viceministro del Welfare.

(fonte www.redattoresociale.it)

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Sgombero rom a Roma. “Trattati peggio

degli animali. Dov’è il sindaco?”

(13 settembre 2013)

Le voci dei rom di via Salviati sgomberati all’alba di questa mattina raccolte

dall’associazione 21 luglio. Circa 60 i minori, di cui alcuni già iscritti nelle scuole del

quartiere. “I bambini non hanno potuto fare neanche colazione. Non hanno portato né

acqua né cibo”

ROMA – “Solo in Italia succedono queste cose. Se ne approfittano perché siamo rom e

non siamo istruiti. Siamo peggio degli animali. I topi hanno un buco dove stare, noi

neanche quello ci permettono di avere. Non abbiamo più diritti. Non c'è il minimo

rispetto per le persone malate. Dov'è il sindaco? Perchè non si presenta?” Sono alcune

delle voci raccolte all’alba di questa mattina, intorno alle 7, dall’associazione 21 luglio

durante lo sgombero dell’insediamento di via Salviati, dove stamattina una settantina di

rappresentanti delle forze dell'ordine con 3 camionette e 9 automobili hanno dato il via al

primo importante sgombero della giunta Marino nella capitale. Voci dei circa 120 i rom

presenti nell’insediamento distrutto, rilanciate sul canale Twitter dell’associazione, che

provenivano tutti dal campo attrezzato di Castel Romano, da cui si erano allontanati per

la difficile convivenza con gli altri residenti del campo sulla Pontina. Uno sgombero che

arriva in contemporanea con l’apertura delle scuole e portato a termine sotto gli occhi dei

minori. “I bambini non hanno potuto fare neanche colazione – dice qualcuno dei rom

sgomberati -. Non hanno portato né acqua né cibo per loro”. Una brusca sveglia per i

circa 60 minori del campo. “Per i bambini è stato un bel disturbo – raccontano i rom -,

perchè così si spaventano e diventano matti vedendo queste brutte immagini”. Tra i

bambini, anche chi oggi avrebbe dovuto festeggiare il quattordicesimo compleanno, e

invece si è ritrovata per strada. Tra le voci raccolte dall’associazione 21 luglio, infatti, non

sembra esserci nessuna intenzione di tornare nel campo attrezzato sulla Pontina. “Non

vogliamo tornare a Castel Romano – dice qualcuno -, non vogliamo litigare con quelli che

ci vivono. Vogliamo una vita in cui possiamo essere liberi. La baracca, il posto dove

dormi, è una casa per noi. Prima di tirarle giù non hanno pensato che saremmo rimasti

per strada?”. Mentre qualcuno, nello sconforto, rimpiange il voto dato al sindaco Marino.

“E io che l'ho pure votato Marino alle ultime elezioni!”(ga)

(fonte www.redattoresociale.it)

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I Rom discriminati a scuola "Hanno fatto di me un idiota"

Amnesty International porta alla ribalta una delle tante situazioni aberranti, nel cuore

del Vecchio Continente, grazie al rapporto "Promesse non mantenute: la

segregazione degli alunni rom continua". Hanno le stesse capacità di tutti gli altri

bambini, senza problemi di apprendimento. Ma dopo la "scuola speciale" per sei, sette

anni, le lacune possono apparire incolmabili

di LUCA ATTANASIO

(13 settembre 2013)

ROMA - Nel 1976 Claudio Lolli cantava di aver visto degli zingari felici. Se dovesse

ricomporre la canzone ai giorni nostri, con tutta probabilità, cambierebbe titolo. È sempre

più difficile, infatti, per Rom, Sinti e Camminanti avere accesso ad una vita dignitosa in

Europa, figuriamoci se appagata. Tra ghettizzazioni, discriminazioni, raid ed esclusioni

dalla vita pubblica di tutti i segmenti delle varie comunità, inclusi i bambini, il livello di

guardia è stato ampiamente superato. Amnesty International porta alla ribalta una delle

tante situazioni aberranti, nel cuore del Vecchio Continente, grazie al rapporto

"Promesse non mantenute: la segregazione degli alunni rom continua".

Apartheid in Europa. In Slovacchia vivono circa 500 mila Rom (9% della popolazione). I

minori sono vittima di una segregazione scolastica de facto degna del peggiore dei sistemi

di apartheid. Un terzo dei bambini, infatti, fin dalle classi di pre-scuola, viene inserito in

gruppi di alunni appartenenti alla stessa etnia o in programmi separati stabiliti

appositamente per piccoli con disabilità psichiche. Circa il 43 per cento dei minori iscritti

alle scuole ordinarie, siede su banchi di classi etnicamente segregate (solo rom), mentre il

12 per cento è assegnato a scuole speciali. "Hanno fatto di me un idiota - denuncia Jakub,

il ragazzino di Plavecký Štvrtok, un villaggio a 20 km a nord di Bratislava, la cui incredibile

storia è paradigmatica di migliaia di altri - ho fatto fino alla IV elementare in una scuola

normale e ottenuto una borsa di studio per gli ottimi risultati. Poi ho discusso con un

insegnante e hanno deciso di rivalutare i miei standard". Senza informare i genitori, i

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maestri hanno improvvisamente rilevato presunti deficit di apprendimento e trasferito il

bambino in una classe speciale.

Statistiche allarmanti. Stando alle ultime statistiche, in Slovacchia, l'85% degli alunni che

frequentano classi speciali, sono Rom: secondo la legislazione slovacca, quindi, la quasi

totalità della popolazione minore appartenente a questa comunità è affetta da deficit di

natura psicologica. Un dato assurdo, che riporta a teorie eugenetiche e scava un baratro

incolmabile tra Rom e Gagè: quando un bambino Rom è collocato in una classe o scuola

speciale, il reintegro in quella ordinaria è quasi impossibile perché la legge non prevede

riesami degli alunni. E nelle rare volte in cui avviene, si verificano problemi di percorso

estremamente gravi, come spiega un dirigente scolastico che persegue con coraggio la via

dell'integrazione: "Hanno tutte le capacità, e non presentano problemi di apprendimento.

Ma dopo essere stati alla scuola speciale per sei, sette anni, le lacune possono apparire

incolmabili". In alcune scuole slovacche, i Rom sono separati dagli altri bambini anche in

altri ambiti della vita scolastica. "I bambini bianchi - spiega Irena, una madre rom di

Krivany - hanno la loro mensa mentre i nostri mangiano in un corridoio".

Lo sterminio nazista. La popolazione Rom, tra i 10 e i 12 milioni di persone, è una delle

minoranze più grandi e discriminate d'Europa. Quasi l'80% vive nei paesi membri della UE

o in alcuni che attendono di entrarvi. Ma il rapporto con il Vecchio continente è davvero

difficile. Forse non molti ricordano che nei campi di sterminio nazisti sono morti almeno

500 mila zingari. Il Porrajmos, come viene definito in lingua romanesh, il Grande

Divoramento, ha cancellato dalla faccia dell'Europa un pezzo enorme di questo popolo.

Ancora oggi, i Rom sono tra i gruppi più sistematicamente discriminati d'Europa. Hanno

un'aspettativa di vita infinitamente più bassa della media (45 anni), redditi inferiori,

abitazioni più misere, un tasso di alfabetizzazione più basso ed enormi livelli di

disoccupazione. L'accesso all'alloggio, all'assistenza sanitaria, all'istruzione e al lavoro resta

per la stragrande maggioranza un miraggi.

(fonte http://www.repubblica.it)

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Milano, Ledha: "Gli alunni disabili delle

superiori rischiano di non andare a

scuola" (13 settembre 2013)

Mancano i fondi per il trasporto e l'assistenza scolastica, due servizi a carico della

Provincia. Le associazioni non possono sostituirsi agli enti locali. “Ci auguriamo al più

presto un accordo tra Provincia e Comune” spiega Marco Rasconi (presidente di Ledha

Milano)

MILANO – Le scuole hanno già riaperto i battenti ma per gli alunni disabili delle

superiori tutto tace. Alcuni di loro non potranno andare a scuola. Secondo la legge, la

Provincia dovrebbe farsi carico dell’intera fascia oraria scolastica degli studenti con

disabilità: comprensiva di trasporto e personale di sostegno, tra educatori e insegnanti.

Invece, ad oggi, nel bilancio della Provincia di Milano non sono ancora stati inseriti

finanziamenti in merito (1,5 milioni di euro), dunque i fondi per l’assistenza ad personam

restano fermi. Eppure diverse sentenze del Tar e del Consiglio di Stato (di gennaio e

febbraio 2013, ndr) hanno ribadito che spetta proprio alle Province farsi carico di questi

servizi. “È chiaro che, per quanto possibile, le associazioni stanno cercando di tappare i

buchi – spiega il presidente di Ledha Milano Marco Rasconi - ma sicuramente per alcune

famiglie la situazione è molto critica: c’è chi non ha la possibilità né i mezzi per

provvedere da solo al trasporto dei figli disabili a scuola”. Come uscirne? Solo gli enti

locali possono trovare una soluzione: “Ci auguriamo al più presto un accordo tra

Provincia e Comune”, sottolinea Rasconi. Ledha non può sostituirsi alle Province e

Marco Rasconi continua: “La preoccupazione di famiglie e associazioni è alta per l’inizio

del nuovo anno. Inoltre la situazione scolastica è la più facile da prevedere, vorremmo che

le informazioni sull’assistenza arrivassero più tempestivamente”. La mancanza di risposte

lascia perplessi anche perché, a giugno, alcune Province (come quelle di Monza, Brescia

ma anche Milano) avevano lasciato trapelare la loro volontà di occuparsi della questione,

facendosi carico dell’assistenza e del trasporto degli studenti disabili. Ad oggi tutto sembra

essersi fermato di nuovo. (Marcella Vezzoli)

(fonte www.redattoresociale.it)

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"Stanze separate per bianchi e neri".

Cancellata l'ultima norma che tollerava

la discriminazione razziale (13 settembre 2013)

È sopravvissuta a una dittatura, una guerra mondiale, cinquant'anni di prima Repubblica e

venti di seconda. Ora, a 74 anni di distanza dalla sua entrata in vigore, nel 1939, sparisce

dal nostro ordinamento l'ultima norma che tollerava, e disciplinava, il trattamento

differenziato tra bianchi e neri in determinate condizioni di lavoro. In questo caso, i

lavoratori a bordo delle navi cargo. Il via libera defintiivo è arrivato ieri 12 settembre alla

Camera, con l'abrogazione dell'articolo 36della legge n°1045 del 16 giugno 1939,

riguardante "Condizioni per l'igiene e l'abitabilità degli equipaggi a bordo delle navi

mercantili nazionali". "Qualora tra i componenti l'equipaggio vi siano persone di colore -

recitava il testo oggi cancellato - a queste dovranno essere riservate sistemazioni di alloggio,

di lavanda e igieniche, separate da quelle del restante personale e rispondenti ai loro usi e

costumi".

Una prescrizione senz'altro - si spera - inapplicata, ma rimasta comunque presente nel

nostro ordinamento nel corso degli anni, senza che nessuno si sia mai occupato di

rimuoverla. Solo un decreto legislativo del 1999, il 271 avrebbe dovuto non soltanto

superare la norma, ma sostituire l'intera legge, ma alcune difficoltà tecniche di applicazione

hanno di fatto mantenuto in vita ancora la legge precedente. Così, più o meno

consapevolmente, il nostro Paese per quasi 80 anni ha tollerato - almeno sulla carta - che

bianchi e neri per legge dovessero avere stanze e bagni separati nelle navi mercantili.

Scampando persino, in extremis, all'offensiva semplificatrice del ministro Calderoli, che tre

anni fa aveva dato platealmente fuoco a 375 mila "leggi inutili".

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Fino ad oggi, quando con la ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione

internazionale del lavoro sul lavoro marittimo, relatore il pidiellino Guglielmo Picchi,

l'articolo discriminatorio è stato finalmente eliminato.

(fonte http://www.huffingtonpost.it)

Arrivano cartelli stradali anti-razzismo Sindaco Montesilvano lancia comune 'derazzistizzato'

(13 settembre 2013)

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(ANSA) - MONTESILVANO (PESCARA), 12 SET - La scritta ''Comune

derazzistizzato'' con il simbolo del cerchio rosso del ''divieto di accesso'' che contiene la

sagoma nera stilizzata di un uomo che fa il saluto romano; il tutto all'entrata e all'uscita

della città. Sono in arrivo a Montesilvano cartelli stradali anti-razzismo grazie a una

delibera che il sindaco della città abruzzese, Attilio Di Mattia, presenterà al Consiglio

comunale. Logo e grafica di Pep Marchegiani, tra i maggiori rappresentanti della pop art.

A Montesilvano, ormai quarta città d'Abruzzo per numero di abitanti, gli stranieri sono

molto numerosi e rappresentano una componente strutturale dell'economia cittadina.

''L'obiettivo - spiega all'ANSA Di Mattia, lo stesso sindaco che ha proposto i sex-box e i

lovely park per regolamentare la prostituzione alzando un polverone di polemiche - è

chiarificare e porre preventivamente le basi culturali e comunicative affinché

Montesilvano non diventi mai una città razzista e intollerante. Bisogna specchiarsi nelle

dichiarazioni di Papa Francesco che addirittura propone di aprire i conventi ai profughi,

manifestando una chiara posizione anti-razzista.

L' ambito di riferimento, per il Papa sono i conventi, per il Consiglio comunale sono le

città''. ''Voglio che in entrata e in uscita dalla città si possa dire che Montesilvano è un

comune derazzistizzato. E' un'iniziativa simbolica - sottolinea il sindaco - che, però, getta

delle chiare basi per il futuro''.

(fonte ANSA)

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Miss Italia peggiora, seconde

generazioni escluse dalla gara (13 settembre 2013)

Nell'edizione 2013 non c'è nemmeno il concorso parallelo, il regolamento esige la

cittadinanza italiana. “Un’ esclusione illogica”, diceva la stessa Patrizia Mirigliani un anno

fa

Roma – Snobbata dalla Rai, a quanto pare Miss Italia avrà comunque una passerella

televisiva su la 7. Tra le bellezze in gara, però, non si potranno ammirare né immigrate,

né, ed è decisamente più grave, figlie dell’immigrazione che non sono riuscite ancora a

diventare italiane anche per legge.

Il regolamento è categorico: “Per essere ammesse al Concorso le aspiranti devono essere

di nazionalità o cittadinanza italiana…” Nessun passo avanti, quindi, rispetto agli scorsi

anni. Anzi, a ben guardare, il più famoso concorso di bellezza del Paese è riuscito a fare

un passo indietro.

Nell’ultima edizione, aveva fatto notizia la scelta di affiancare al concorso tradizionale un

concorso aperto alle ragazze prive di cittadinanza italiana ma residenti in Italia da almeno

un anno. "Care amiche straniere che risiedete in Italia, quest’anno ho pensato anche a

voi…” scrisse sul suo blog Patrizia Mirigliani, la patrona di Miss Italia.

A guardare il bicchiere mezzo pieno, era il modo per aprire il concorso alla nuova bellezza

italiana, che può avere gli occhi a mandorla o la pelle nera. Pensando, però, alle seconde

generazioni, ragazze cresciute e spesso anche nate in Italia, “straniere” solo per la legge,

quella gara a parte sembrava un’ennesima, ingiustificata, distinzione: perché non farle

gareggiare nella kermesse principale?

Rispondendo a una critica di Stranierinitalia.it, Mirigliani era stata possibilista: "La

decisione presa per l’edizione 2012 è un passo verso il cambiamento ed è già di per sé una

‘rivoluzione’. Certamente oggi , negli anni che stiamo vivendo, l’esclusione di ragazze

nate in Italia da genitori stranieri o qui cresciute, appare illogica. Penso che ci arriveremo".

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Monitoraggio, approfondimento fenomeni discriminatori sui media e web 9-13/09/2013

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Il concorso dello scorso anno era diventato comunque una cassa di risonanza importante,

con le finaliste che si erano trasformate in testimonial di un’auspicata riforma della legge

sulla cittadinanza.

Nayomi Andibuduge aveva scritto una lettera al presidente della Repubblica Giorgio

Napolitano, sottoscritta dalle colleghe: “Ho diciotto anni e sono nata a Roma. E non ho

la cittadinanza italiana, cittadinanza che vorrei invece avere 'di diritto' essendo nata in

Italia da genitori dello Sri Lanka che da decenni vivono nel Vostro (nostro) Paese”.

Ana Carolina Da Silva, al momento dell’incoronazione della più bella, aveva ribadito il

concetto in diretta tv: "Abito in Italia da dodici anni e non ho ancora la cittadinanza. Per

questo vorrei chiedere al governo di ridurre i tempi di attesa per coloro che la vogliono

sinceramente, per essere italiana a tutti gli effetti perchè di cuore lo sono già".

Quest’anno, invece, le seconde generazioni e le loro aspirazioni saranno tagliate del tutto

fuori da Miss Italia. “Non ci sarà un concorso a parte e non abbiamo modificato il

regolamento principale” confermano dall’ufficio stampa di Miss Italia. Perché? “Fino a

pochi giorni fa era in forse anche il passaggio in televisione, non c’erano certezze”. E le

aperture di Mirigliani? “Un progetto che non è stato possibile portare avanti”.

Eppure non era così difficile. Bisognava modificare poche righe del regolamento di un

concorso di bellezza, mica riformare la legge sulla cittadinanza. Sarebbe stato un bel

segnale, proprio ora che la riforma vera ricomincia il suo cammino in Parlamento, e un

modo concreto per svecchiare un concorso nato settant’anni fa, quando l’Italia e le

italiane non erano quelle di oggi.(Elvio Pasca)

(fonte http://www.stranieriinitalia.it)

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Monitoraggio, approfondimento fenomeni discriminatori sui media e web 9-13/09/2013

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DIRITTI UMANI E DIGNITÀ DELLA

PERSONA. COSTRUIRE UNA POLITICA

DELL’UMANITÀ” CONVEGNO

INTERNAZIONALE A RIPOSTO

Venerdì 13 settembre, Salone del Vascello a Riposto ore 17

Riposto (Ct) - E’ ricchissimo il parterre di ospiti che prenderanno parte domani

pomeriggio, venerdì 13 settembre, alle 17, nel Salone del Vascello del Palazzo di città di

Riposto, al Convegno internazionale “Diritti umani e dignità della persona. Costruire una

politica dell’umanità”. Ad annunciarli questa mattina in conferenza stampa sono stati il

sindaco di Riposto Enzo Caragliano, l’assessore

comunale alle Pari Opportunità, Gianfranco Pappalardo Fiumara e il moderatore del

dibattito Paolo Patanè, già presidente nazionale dell’Arcigay.

Tra i relatori del convegno ci saranno Ester Bonafede, assessore regionale alla Famiglia,

Marco De Giorgi, direttore generale dell’Unar (Ufficio Nazionale

Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio), Gaetano Pasqualino,

esperto di diritti umani e migrazioni, e Giovanni Malagutti, presidente della Fondazione

Malagutti Onlus per il Manifesto sui diritti dell’infanzia.

Ma ci saranno interventi di altre illustri personalità, come Giorgia Butera, sociologa ed

ideatrice di “postoccupato.org”, sito di denuncia del femminicidio che conta decine di

migliaia di aderenti tra cui personalità come Moni Ovadia e Gino Strada, e Tullio Prestileo,

presidente nazionale di Anlaids e componente della Commissione Ministeriale Aids.

Parteciperanno, inoltre, esponenti europei di Emergency, di Medici Senza Frontiere e dei

centri antiviolenza nazionali e regionali.

d introdurre i lavori del convegno saranno il sindaco di Riposto Enzo Caragliano e

l’assessore comunale alle Pari Opportunità Gianfranco Pappalardo Fiumara.

"Siamo lieti di ospitare questo importante convegno - ha detto il sindaco di Riposto Enzo

Caragliano - La nostra amministrazione vuole prestare grande attenzione a questi temi, che

riteniamo fondamentali. Sarà un incontro costruttivo dal quale potremo trarre importanti

spunti per la realizzazione di progetti concreti".

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Monitoraggio, approfondimento fenomeni discriminatori sui media e web 9-13/09/2013

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Nella mia introduzione punterò l’attenzione sui diritti umani nei Paesi del Mediterraneo –

ha spiegato l’assessore alle Pari Opportunità del comune di Riposto, Gianfranco

Pappalardo Fiumara - ma parleremo anche di diritto all’amore, alla famiglia, ad associarsi.

Lo scopo dell’amministrazione Caragliano è quello di costituire un ufficio di prossimità per

i diritti umani, per i diritti acquisiti della persona e del cittadino, per i diritti delle donne

contro tutte le violenze. Questo è il nostro obiettivo. Da questo convegno – ha concluso

l’assessore- partiremo per realizzare questo importante progetto”.

Altro obiettivo del convegno è quello di creare una rete solida tra chi opera in frontiera nel

sociale e per i diritti umani.

“Credo che il convegno di domani sia un momento a cui può guardare tutta la regione – ha

detto l’avvocato Paolo Patanè - Credo che una delle finalità di una pubblica

amministrazione sia quella di fare emergere la sofferenza della popolazione, non soltanto

quella legata ai fattori che conosciamo: il genere, l’orientamento, la disabilità, le

generazioni. Per esempio, un tema attuale sono le nuove povertà. Cioè delle situazioni che

fanno sentire le persone meno cittadine di quanto la Costituzione e la Repubblica gli

riconosca. E’ importante creare dei centri di ascolto – ha proseguito Patanè - coinvolgendo

il volontariato e le associazioni che operano sul territorio. E’ una cosa che si può fare con

tanti vantaggi. Lo fai a costo praticamente zero, coinvolgendo la società e promuovendo

attività che realizzano il bene comune. E poi c’è tutta quella attività di formazione, di

informazione, di sensibilizzazione che passa attraverso le scuole e che secondo me

contribuisce a creare i cittadini di domani, attraverso una cultura del rispetto. Che

un’amministrazione prenda una posizione su questi temi è quanto di più concreto ci possa

essere oggi”.

(fonte http://parcodeinebrodi.blogspot.it)

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Monitoraggio, approfondimento fenomeni discriminatori sui media e web 9-13/09/2013

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Onu/ Kyenge: Italia attiva nella lotta contro crimini umanità Il ministro dell'Integrazione su "responsabilità di proteggere"

(12 settembre 2013)

New York, 11 set. (TMNews) - "Ogni stato ha la responsabilità di proteggere i suoi stessi

cittadini da genocidi, crimini di guerra, pulizie etniche e crimini contro l'umanità". Lo ha

detto il ministro italiano dell'Integrazione Cécile Kyenge parlando dalle Nazioni Unite a

New York in occasione del dibattito informale dell'Assemblea Generale sulla

"responsabilità di proteggere". Facendo riferimento al rapporto presentato oggi dal

segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, che si basa su fattori di rischio propri delle

realtà sociali dei vari Paesi, Kyenge ha ricordato che quei rischi, "se ignorati, possono

portare ad atrocità enormi". Il rapporto citato, ricorda la ministra, contiene anche "misure

preventive che gli Stati possono adottare per prevenire [la formazione di] una spirale al

ribasso e di forme di discriminazione che possono portare alla perpetrazione di atrocità

contro l'umanità". "L'Italia crede fortemente che dobbiamo restare vigili nei confronti di

questi fattori di rischio", ha continuato Kyenge spiegando che Roma "sostiene

attivamente gli sforzi in corso all'Onu per sviluppare misure adeguate di monitoraggio a

questi fini". Rivolgendosi agli esperti riuniti nella Sala del Trusteeship Council del Palazzo

di Vetro, Kyenge ha suggerito "un cambio di mentalità che, credo, sia necessario tra i

nostri leader, le istituzioni governative così come la società civile per portare nuova vita,

nuova energia e una nuova e profonda motivazione in questa battaglia per difendere

l'umanità". A questo proposito Kyenge ha fatto riferimento alla sua esperienza personale:

"Prima di diventare ministro dell'Integrazione ho vissuto io stessa l'esperienza della

migrazione e di tutte le difficoltà che a ciò si accompagnano". Ricordando di avere in

prima persona promosso i diritti umani "guidando molte battaglie, specialmente [quelle] a

favore dei membri della società più vulnerabili" come donne, migranti e tutti coloro che

sono stati vittime di razzismo e discriminazioni, Kyenge ha suggerito il "modo più

autentico per amare e servire un Paese": "Essere consapevoli degli errori da correggere e

del lavoro da completare al fine di rendere quello stesso Paese più bello, prospero e

pacifico". E' questa, ha detto la ministra dell'Integrazione, "la definizione di

accountability", ossia quando uno Stato deve rendere conto del proprio operato e così

facendo "guadagnarsi la fiducia della popolazione". (fonte TMNews)

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Onu/ Ban Ki-moon: nomina Kyenge "messaggio positivo e importante"

Ieri incontro tra segretario generale e ministro Integrazione (12 settembre 2013)

Roma- La nomina a ministro dell'Integrazione di Cécile Kyenge rappresenta "un messaggio

positivo e importante". E' questa la posizione del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-

moon, che ieri ha incontrato Kyenge al Palazzo di Vetro.

Rispondendo alle domande di TMNews, un portavoce del numero uno delle Nazioni

Unite ha spiegato che Ban "condanna tutti gli atti motivati da razzismo, incluso

l'incitamento all'odio, la diffusione di idee sulla superiorità della razza o che incitano

all'odio razziale". Questo commento è stato chiesto alla luce degli insulti, delle aggressioni

verbali e delle ripetute manifestazioni di razzismo ricevute recentemente dal ministro

italiano dell'Integrazione.

Nel faccia a faccia di ieri a New York - avvenuto in seguito al dibattito informale

dell'Assemblea Generale sulla "responsabilità di proteggere", a cui Kyenge ha partecipato -

i due hanno parlato di "numerose questioni". Tra quelle citate dal portavoce di Ban

figurano "la promozione in Italia dell'integrazione sociale, inclusa quella dei migranti" e il

"contributo" italiano "all'inclusione per la gioventù".(TMNews) -

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"No a zingari ed extraue nelle case

popolari". Denunciato per razzismo (12 settembre 2013)

A Bolzano Donato Seppi, leader di Unitalia, fa campagna elettorale contro gli

stranieri. Un consigliere di Sel presenta un esposto in procura: “Ha passato il

limite”

Bolzano - A fine ottobre si vota per

rinnovare il consiglio della provincia

autonoma di Bolzano. C’è chi ha

pensato di fare campagna elettorale

soffiando sul “non passa lo straniero” e

chi ha chiesto l’intervento della

magistratura perché il razzismo, in Alto

Adige come nel resto d’Italia, è ancora

un reato.

Al centro della querelle c’è un

manifesto utilizzato da Donato Seppi,

segretario e consigliere provinciale e

regionale di Unitalia. L’imprenditore sessant’enne, con un passato nel Movimento sociale,

guida una formazione che si colloca a destra e che ha inserito nel suo statuto, tra i principi

ispiratori, l’”opposizione intransigente all’immigrazione clandestina” e un “rigido controllo

degli ingressi legittimi”.

Ora che si avvicinano le elezioni, Seppi si è fatto ritrarre con piglio deciso, davanti a una

finestra che espone il tricolore, con un messaggio che spiega quanto di buono (a sentire lui)

ha fatto in consiglio provinciale, dove, tra l’altro, è l’unico rappresentante di Unitalia. “Ho

lottato contro l’assegnazione di case popolari a zingari ed extracomunitari”.

Chissà se riuscirà ad allargare così la sua cerchia di elettori (alle ultime provinciali Unitalia

ha preso meno del 2% delle preferenze), ma intanto quel manifesto ha convinto Guido

Margheri, consigliere comunale di Sinistra, ecologia e libertà a Bolzano, a presentare un

esposto in Procura. L’ipotesi di reato è “violazione della legge Mancino sull’istigazione

all’odio razziale”.

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“C’è in atto un tentativo molto pesante di condizionare questa campagna elettorale

introducendo elementi di contrapposizione etnica” spiega Margheri, secondo il quale

“quando si passano certi limiti occorre rispondere e attivarsi, rivolgendosi alla magistratura

ma anche sul piano politico e morale”.

“Quando si cerca di condizionare il voto in maniera cinica mettendo in discussione i diritti

delle persone in base all’appartenenza a una determinata etnia, considerata una sorta di

stigma negativo, allora bisogna agire. Perchè quello che si mina – sottolinea il consigliere

di Sel- è qualcosa che riguarda tutti e cioè la convivenza civile”.

(fonte http://www.stranieriinitalia.it/)

Montesilvano, manifesto anti immigrati su palazzo Baldoni “Agli italiani nessun tetto. Agli africani un bel g hetto. Razzismo”. (12 settembre 2013)

.

E’ il testo del manifesto che Forza Nuova ha

affisso ieri a palazzo Baldoni, a Montesilvano, una

delle sedi municipali, per contestare l’assenza di

provvedimenti del Comune in merito a quello che

Fn definisce il “ghetto” di via Ariosto, una strada

dove si concentrano molti extracomunitari.

Il sindaco annuncia che il manifesto e’ stato

rimosso e, alla luce di quanto accaduto, non ha

concesso la sala consiliare a Forza nuova, che

venerdi’ avrebbe dovuto svolgere una conferenza in Comune.

“Un episodio vergognoso e inqualificabile di intolleranza e razzismo – dice il sindaco Attilio Di Mattia –

che rappresenta il pensiero, e solo il loro, di individui indegni. Questa non è una città razzista e lo grido a

gran voce: Montesilvano ha da sempre fatto del rispetto, del dialogo e dell’umanità le proprie virtù e

connotazioni”.

.

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Monitoraggio, approfondimento fenomeni discriminatori sui media e web 9-13/09/2013

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Forza Nuova si è gia’ contraddistinta in passato per iniziative simili contro gli immigrati,

specie a Montesilvano, arrivando a consegnare generi alimenti alle persone indigenti di

nazionalita’ italiana, escludendo da questo beneficio tutti gli stranieri irregolari.

Di recente, in occasione dell’arrivo a Pescara del ministro Cecile Kyenge, il movimento

neo fascista aveva appeso delle corde a mo’ di cappio nel perimetro esterno al palazzo della

Provincia, con manifestini contro l’immigrazione che rappresenterebbe “il cappio dei

popoli”. (http://www.pescaraoggi.it)

Rom, sgomberato il campo di via Salviati. La protesta delle associazioni Amnesty, 21 luglio e Errc: “E’ il primo sgombero fo rzato della nuova

amministrazione romana e, come in passato, assistia mo a violazioni

dei diritti umani”. "Non rispettati standard e gara nzie procedurali”.

Caduto nel vuoto l’appello dei rom

(12 settembre 2013)

ROMA - E durato un paio d'ore questa

mattina lo sgombero forzato di 35 famiglie rom

nell'insediamento informale di via Salviati, nella

periferia est della Capitale. PerAmnesty

International Italia,Associazione 21 luglio e

Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC), lo

sgombero “non ha rispettato standard e garanzie

procedurali ponendosi in continuità con le

ripetute violazioni dei diritti umani perpetrati già

dalla passata amministrazione capitolina”.

Le operazioni di sgombero sono iniziate alle 7.15

e terminate verso le 9.45, condotte da carabinieri, polizia di Stato e polizia municipale

(circa 70 uomini in tutto). I 120 rom presenti vivevano in via Salviati dallo scorso giugno,

dopo essere fuggiti dal “villaggio della solidarietà” di Castel Romano. “L'azione odierna –

affermano le associazioni - rappresenta l'attuazione dell'ordinanza del sindaco Marino n.

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184 del 5 agosto 2013 che aveva disposto ‘il trasferimento immediato di persone e cose

dall'insediamento abusivo di nomadi sito in via Salviati’ e il loro ricollocamento ‘presso il

villaggio della solidarietà di Castel Romano’”. Al termine, ha fatto sapere su Twitter

l'associazione 21 luglio, "i rom sono restati sul posto e hanno rifiutato l'offerta del

Comune".

L’appello dei rom. Come si ricorderà, in risposta all'ordinanza del sindaco la comunità

rom aveva affermato in una (http://www.21luglio.org/index.php/notizie/244-i-rom-

scrivono-a-marino-ci-aiuti-a-uscire-dai-ghetti) la volontà di non voler continuare a “vivere

in un ghetto”, quale si configura l'insediamento di Castel Romano, un mega-campo

monoetnico isolato dal contesto urbano, ad alta concentrazione, “luogo di degrado fisico e

relazionale” lo definiscono le associazioni. Nella stessa lettera i rom avevano formulato al

sindaco un appello al dialogo per dare vita a nuovi percorsi di inclusione ma, secondo le

informazioni raccolte dalle tre organizzazioni, tale richiesta non ha avuto alcun seguito. Gli

incontri avvenuti tra i rom e le autorità, per modalità, tempistica e partecipanti, non

possono essere infatti considerati in alcun modo “genuine consultazioni”.

L’accusa delle 3 associazioni. ”Per tale ragione - sostengono Amnesty International

Italia, Associazione 21 luglio e ERRC - lo sgombero forzato di oggi non rispetta gli

standard e le garanzie procedurali previste dalla normativa internazionale. Dai

riscontri effettuati emergono infatti la mancanza di una reale e genuina consultazione con i

rom interessati e l'assenza di alternative abitative adeguate. I ‘villaggi della solidarietà’ del

Comune di Roma - continuano le tre organizzazioni - non possono essere ritenuti

un'alternativa alloggiativa adeguata essendo stato comprovato come condurre la propria

vita all'interno di detti insediamenti compromette la fruizione di diritti imprescindibili

sociali ed economici e condiziona fortemente la vita dei suoi abitanti, spesso anche in

dispregio dei diritti umani”.

”Lo sgombero forzato al quale stiamo assistendo oggi - concludono le tre organizzazioni -

oltre a rappresentare una grave violazione dei diritti umani, costituisce un innegabile

passo indietro rispetto ai contenuti espressi all'interno della Strategia Nazionale di

Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti adottata dal governo italiano in attuazione della

Comunicazione della Commissione europea n.173/2011 che sottolinea la necessità di

superamento del modello ‘campo’ per combattere l'isolamento e favorire percorsi di

interrelazione sociale”.

(Fonte http://www.redattoresociale.it/)

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Mobilità per tutti, a Roma arriva il

contrassegno europeo (12 settembre 2013)

E' iniziata la sostituzione gratuita dei vecchi per messi, che lasceranno

il posto ai documenti con formato europeo. La norma tiva Ue impone

l'adozione del nuovo modello entro luglio 2015. Cir ca 58mila i

permessi da sostituire

ROMA – I vecchi permessi per i cittadini

disabili saranno sostituiti dai nuovi

contrassegni con formato europeo:

l'operazione, completamente gratuita, è

iniziata oggi, predisposta dall'Agenzia per la

mobilità, che così recepisce la normativa

comunitaria, che impone l'adozione del

nuovo modello entro luglio 2015. “Agli utenti

interessati – comunica l'Agenzia - sarà inviata una nota personalizzata con la richiesta di

trasmettere all’Agenzia una fototessera e una copia di un documento identificativo, oltre a

quella di compilare un modulo in cui segnalare un recapito telefonico al quale essere

contattati per fissare un appuntamento a domicilio per la consegna del nuovo permesso”.

I nuovi contrassegni, personalizzati con i dati anagrafici e la fotografia del titolare, saranno

consegnati al personale di Poste Italiane, che procederà a contattare telefonicamente

l'utente al numero segnalato in precedenza per consegnare il nuovo permesso e ritirare il

vecchio. Tale restituzione sarà vincolante. In alternativa, l'incaricato di Poste Italiane potrà

ritirare la denuncia di furto o smarrimento nella quale dovrà essere riportato il numero del

precedente contrassegno. Circa 58mila i vecchi permessi in circolazione, che saranno

sostituiti in più passaggi: in questi giorni l’Agenzia per la Mobilità sta procedendo alla

spedizione delle prime 12.500 lettere ad altrettanti titolari di permesso senza scadenza.

(fonte www.redattoresociale.it)

Page 28: Rassegna settimanale 9-13 settembre 2013

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Programma europeo di mobilità lavorativa promosso in Calabria per giovani laureati e diplomati

(12 settembre 2013)

A seguito dell’intervento di ASGI, rimosso il requisito della cittadinanza italiana.

Possibili le candidature anche di giovani stranieri regolarmente residenti in Italia.

Termine prorogato al 30 settembre.

L’ Associazione Eurokom Calabria&Europa sede Europe Direct, aveva indetto all’inizio di

agosto un bando per l'assegnazione di n.100 borse di mobilità nell’ambito del Progetto

"Go Tour" – Competenze per lo Sviluppo del lavoro nel settore turistico" Lifelong

Learning Programme - Leonardo Da Vinci Mobility – Azione PLM - Annualità

2012/2014, finanziato nell’ambito del Programma comunitario Lifelong Learning –

Leonardo da Vinci – Mobilità – PLM. (Info sul sito web di eurokomonline ).

Il progetto viene sviluppato in collaborazione con numerosi partner istituzionali e privati

italiani e di diversi Paesi europei e ha come scopo quello di sostenere l’occupazione dei

giovani partecipanti, persone disponibili sul mercato del lavoro, grazie ad azioni integrate

di orientamento e formazione (in contesti formali, non formali e informali) attraverso

tirocini formativi da effettuare all’estero nel settore professionale previsto dal progetto.

Il progetto prevede uno stage della durata di 20 settimane nei seguenti Paesi

Europei:"Austria, Cipro, Olanda, Repubblica Ceca, Spagna"; le spese di viaggio, vitto,

alloggio, assicurazione sono a carico del progetto come da previsto dai massimali del

programma Leonardo.

L'ambito di svolgimento dei tirocini è quello del Turismo giovanile e dalla ricettività

alberghiera. In particolare si prevedono stage nei settori dell'offerta turistica, della

ricettività e ristorazione e dei servizi ai turisti.

Inizialmente gli organizzatori avevano previsto la possibilità di partecipare al bando ai

giovani laureati e diplomati in uscita dagli Istituti Secondari di Secondo Grado e alle

persone inoccupate e disoccupate in possesso di diploma, di età inferiore a 35 anni, purchè

in possesso della cittadinanza italiana, con l’esclusione dunque dei cittadini stranieri, inclusi

quelli di Paesi dell’Unione europea, legalmente residenti in Italia.

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L’Antenna ASGI antidiscriminazione di Catanzaro ed il servizio ASGI antidiscriminazioni

avevano contestato l’inserimento della clausola di cittadinanza e la conseguente esclusione

dal progetto di tutti i cittadini stranieri, di Paesi dell’Unione europea come di Paesi terzi,

ritenendola una violazione delle norme di diritto internazionale, dell’Unione europea e

nazionali in materia di parità di trattamento nell’ambito dell’occupazione e delle

opportunità formative e rilevando come la discriminazione operata fosse tanto più

grave in quanto il progetto si avvale di fondi dell’Unione europea (in proposito si veda

al link: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=2872&l=it ).

A seguito dell’intervento dell’ASGI, la società Eurokom Calabria&Europa sede Europe

Direct ha modificato il bando, rimuovendo il requisito di cittadinanza italiana ed

estendendo dunque la possibilità di partecipazione a tutte le persone in possesso degli altri

requisiti soggettivi e di qualificazione richiesti, purchè legalmente residenti in Italia, inclusi

dunque i cittadini stranieri, comunitari e non, regolarmente soggiornanti.

Il termine per la presentazione delle candidature è stato prorogato al 30 settembre 2013,

per consentire un’adeguata informazione rivolta a coloro che venivano precedentemente

esclusi dalla partecipazione.

Il servizio Antidiscriminazioni dell’ASGI esprime apprezzamento per la pronta

soddisfazione data dall’organizzazione Eurokom Calabria & Europa alle richieste e ai rilievi

che erano stati mossi in merito alla versione iniziale del bando.

(fonte www.asgi.it)

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Volantini omofobi al Vomero "Attacchi

di stampo fascista" (12 settembre 2013)

“Sono stati distribuiti volantini omofobi al Vomero. Provo orrore per attacchi

di stampo fascista alla comunità gay e all'amministrazione. Passerò alle vie

legali".

La denuncia arriva dal consigliere alle Pari Opprtunità della Seconda municipalità Pino De

Stasio, citato con il sindaco Luigi de Magistris nel depliant incriminato. Il volantino

anonimo, distribuito a fine agosto nel quartiere collinare, si proponeva lo scopo di tentare

di boicottare un secret party organizzato il 31 agosto tra le mura di Castel Sant'Elmo dalla

Novilunio srl (gruppo Criminal Candy). Si tratta della stessa società alla quale il Comune ha

negato a luglio la possibilità di organizzare un dj set nel Real albergo dei poveri, in seguito

ad alcune polemiche sulla concessione dei monumenti a privati e a problemi di inagibilità

dell'edificio. Calunnie e parole infamanti si susseguono nel volantino mostrato da De

Stasio. "I cittadini devono sapere - si legge sul foglio formato A4 - Castel Sant'Elmo

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diventerà una discoteca per un'altra serata disco... Serate nelle quali come sempre uomini e

ragazzini si apparteranno in ogni dove per fare sesso e sesso di gruppo... Sarà utilizzato

così il castello più antico e importante che domina la città". Segue l'attacco agli

amministratori: "Tutto questo - continua l'anonimo - accadrà con il sostegno del sindaco

Luigi de Magistris e del consigliere Pino De Stasio, e con il patrocinio del Comune. Pur di

avere i soldi e i voti della comunità gay, è così che i luoghi dell'arte vengono affittati".

In fondo al depliant si ipotizza anche il ritorno economico che la Novilunio avrà dalla

serata, stimato dall'anonimo autore del volantino in circa 50 mila euro.

"Non mi interessa - si indigna De Stasio - entrare nelle polemiche sulla possibilità di

adibire i monumenti a spazio per teatro e musica, anche se sono favorevole. Ciò che mi fa

più orrore è un manifestino che rivela una omofobia imperante, in cui si parla di uomini e

ragazzini insinuando il tema della pedofilia. È la terza volta che in città si distribuiscono

locandine di questo tipo".

De Stasio sta valutando una denuncia contro ignoti con l'avvocato Alessandro Biamonte.

"Dobbiamo fermare queste persone - conclude il consigliere - alimentano omofobia e

intolleranza e sminuiscono il lavoro fatto da me e dall'amministrazione nel campo delle

pari opportunità. Tra l'altro durante la festa house organizzata a Castel Sant'Elmo ci sono

state performance per denunciare quanto è accaduto nell'ultimo mese in Russia con

l'approvazione di una legge di stampo omofobo".

(fonte http://napoli.repubblica.it/)

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SCUOLA: TROPPI BIMBI SINTI,

GENITORI RITIRANO FIGLI NEL

NOVARESE

(11 settembre 2013)

Landiona (Novara), Una quindicina di bambini di Landiona, piccolo centro del Novarese,

non frequentera' la scuola primaria del proprio paese ma quella, distante circa quattro

chilometri, di Vicolungo. Il motivo del trasferimento sarebbero i 28 nomadi di etnia Sinti,

alcuni dei quali residenti formalmente a Landiona e nei comuni limitrofi di Carpignano,

Ghislarengo e Arborio (Vc), iscritti, anche se spesso non frequentanti, nel plesso per l'anno

2013-2014. Il problema della ''convivenza'', a quanto apprende l'Agi, esiste da molto

tempo, ma quest'anno il trasferimento ''in massa'', ad eccezione di una sola bambina, dei

figli di genitori italiani a Vicolungo ha provocato l'indignazione dei consiglieri comunali di

minoranza. ''Non c'e' nessun problema di razzismo – spiega all'Agi il sindaco di Landiona,

Marisa Albertini, esponente di una lista civica di centrodestra - e la scelta di Vicolungo e'

stata motivata dal fatto che quella scuola offre piu' servizi e che, nonostante avessimo

l'intenzione di farlo, non siamo riusciti ad accorpare i due plessi''. (AGI)

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Novara, niente trasferimento per gli alunni sinti. La denuncia: “E’ discriminazione”

(11 settembre 2013)

I bambini italiani sono stati trasferiti dalla scuola del comune di Landiona

nell'elementare di un comune limitrofo. Mentre i minori sinti non potrebbero farlo

per un vincolo di residenza. L'ha denunciato al fattoquotidiano.it il consigliere

comunale per la Lista civica, Francesco Cavagnino. La deputata del Pd Franca

Biondelli prepara un'interrogazione parlamentare

Per una ventina di bambini sinti che frequentano le scuole primarie di Landiona, piccolo

comune nel Novarese, il nuovo anno scolastico è iniziato con una polemica. Una

quindicina dei loro compagni di classe, tutti bambini italiani, saranno trasferiti nella

scuola di Vicolungo, un altro comune in provincia di Novara. La decisione è stata presa

ancora nel maggio scorso, quando si è tenuto un incontro a cui hanno partecipato

i sindaci dei rispettivi comuni insieme ai genitori di tutti gli alunni e al direttore vicario

dell’Istituto comprensivo statale “Guido da Biandarate”, che raggruppa le scuole di 10

piccoli paesi situati alla periferia di Novara. Alla riunione era presente anche l’ex sindaco

leghista di Landiona, Francesco Cavagnino, che è uscito dal Carroccio ed ora è

consigliere comunale di minoranza per la Lista civica. Lui stesso parla di un suo

avvicinamento al Pd. E’ stato proprio Cavagnino a denunciare il caso.

Nel corso della riunione è stato specificato che non tutti i bambini potevano essere

trasferiti a causa del numero limitato dei posti nel plesso scolastico di Vicolungo, e che la

preferenza andava data a coloro che avevano la residenza a Landiona. Il requisito al quale

la maggior parte dei bambini sinti non corrispondeva. Così il tutto è finito in una specie

di segregazione degli alunni non italiani. Questi ultimi, tra l’altro, venivano accusati di

non pagare le rate per la mensa e il doposcuola. La cosa non corrisponde alla verità dei

fatti, come sostiene il consigliere Cavagnino, che aveva verificato tutto di persona. Secondo

lui, la gravità dell’accaduto sta nel fatto che nella Regione Piemonte non ci sia nessuna

norma che definisca la residenza come un fattore vincolante ai fini scolastici.

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Le radici della controversia sono lontane nel tempo. Una decina di anni fa, per tenere

aperta la scuola del paesino, le famiglie sinti erano state invitate a portare i loro figli a

scuola. L’elementare era stata così salvata dalla chiusura. La prima cittadina di

Landiona,Marisa Albertini, sostenuta alle elezioni del maggio 2012 dalla lista Landiona

nuova spiega così il caso: “I bimbi rom iscritti sono 25, ma quelli che frequentano le lezioni

sono molti di meno. Gli italiani, se vogliamo definirli così, sono una dozzina. Avevamo

tentato di accorpare le classi con quelle di Sillavengo, altro paese della zona, per favorire

una maggiore integrazione, ma non è stato possibile”. Non si esprime, invece, il direttore

dell’Istituto comprensivo statale “Guido da Biandarate”: “Ho ricevuto l’incarico da una

settimana, ho sentito qualcosa, ma non posso dire nulla”. Sulla vicenda Franca Biondelli,

deputata novarese del Pd, ha annunciato un’ interrogazione parlamentare. Mentre il

consigliere Cavagnino che nei prossimi giorni dovrà verificare l’evolversi della situazione

sul posto dichiara: “Questa storia getta discredito su tutto il paese, ma noi non

siamo razzisti“.

(fonte http://www.ilfattoquotidiano.it)

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fonte

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Questione “pulmini ucraini”: grazie all’intervento dell’Associazione Cristiana degli Ucraini in Italia, l’Unar apre un’istruttoria

(11 settembre 2013)

Su richiesta dell’Associazione Cristiana degli Ucraini in Italia, l’Ufficio nazionale

antidiscriminazioni razziali (Unar) ha aperto l’istruttoria N 7463 (questione “pulmini

ucraini”) riguardante il trattamento da parte della polizia dei pulmini ucraini sotto i 35

quintali che fanno la spola fra l’Ucraina e l’Italia. Lo ha comunicato l’avv. Simone Pacifici,

che ha preso in carico la pratica. Dall’inizio dell’anno la polizia italiana, soprattutto nella

provincia di Udine, ferma i furgoni con la targa ucraina e fa delle multe salatissime di euro

4.130 considerandoli “trasporti abusivi”, perché privi di licenze bilaterali o Cemt. Si tratta

di centinaia di furgoni finora sanzionati. Le licenze in questione in Ucraina non si rilasciano

a priori ad automezzi con la massa complessiva sotto le 10 tonnellate e quindi gli autisti

ucraini diventano bersagli facili per la polizia italiana. Questa interpretazione della

normativa è contraria alla definizione europea di tali trasporti, che li considera “particolari”

e svincolati da qualsiasi tipo di autorizzazione o licenza. La questione dei pulmini è di

importanza vitale per 250.000 ucraini che vivono in Italia in quanto quasi tutti i nostri

connazionali usano i furgoni come unico collegamento con le proprie famiglie. Abbiamo

sottoposto la questione al ministro Lupi, chiedendo di trovare insieme una soluzione.

Nonostante due incontri con i funzionari ministeriali al momento nulla è stato fatto.

Abbiamo chiesto l’aiuto alla ministra dell’Integrazione Kyenge, ma dalla sua segretaria

abbiamo ricevuto una risposta molto deludente: “Noi non abbiamo alcuna competenza in

merito”. La nostra comunità è rimasta ostaggio della discutibile interpretazione

ministeriale. Infatti, diversi giudici italiani emanano sentenze addirittura opposte. L’Unar è

stata la prima istituzione italiana che si è interessata seriamente della questione.

Speriamo, che finalmente, anche il Governo farà qualcosa per risolvere il problema che

riguarda centinaia di migliaia dei lavoratori ucraini, residenti in Italia.

Oleksandr Horodetskyy

Presidente Associazione Cristiana degli Ucraini in Italia

(Ass. Cristiana degli Ucraini in Italia)

(Fonte http://immigrazioneoggi.it)

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L'Università Ca' Foscari Venezia e l'Associazione Italiana Calciatori sono lieti di invitarla al

convegno "Calcio e Culture. Uniti contro il razzismo" che si svolgerà lunedì 23

settembre dalle ore 15.00 presso l'Auditorium Santa Margherita.

Programma

Presenta e modera

Gian Antonio Stella, giornalista e scrittore

Saluti Carlo Carraro, Rettore Università Ca' Foscari Venezia

Immigrazione, razzismo, interculturalità

Pietro Basso, Direttore del Master sull'immigrazione Università Ca' Foscari Venezia

Proiezione del video-documentario "Mohammed"

Associazione Italiana Calciatori

Il Calcio contro il razzismo

Damiano Tommasi, Presidente dell'Associazione Italiana Calciatori

Lilian Thuram, Campione del mondo 1998, autore di "Le mie stelle nere"

Letture da Édouard Glissant

Associazione Cafoscarininterculturale, Master sull'immigrazione

Calcio, razzismo e violenza: prevenire attraverso l'educazione e la formazione

Pierpaolo Romani, Coordinatore nazionale "Avviso Pubblico"

Presentazione dell'Osservatorio Calciatori sotto tiro

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Associazione Italiana Calciatori

I progetti della Lega Serie B contro il razzismo

Paolo Bedin, Direttore generale della Lega Serie B

Conclusioni Gian Antonio Stella

Per partecipare é necessario prenotarsi al link http://static.unive.it/prenotazioni/p/eventiateneo

Si prega di effettuare la prenotazione entro giovedì 19 settembre.

Al raggiungimento della capienza dell’Auditorium sarà possibile assistere in streaming all'evento dalla Sala Giovanni Morelli presso il complesso di Malcanton Marcorà, Dorsoduro 3484/D

Per accedere alla sala sarà necessario presentarsi almeno 20 minuti prima dell'inizio dell'evento.

Info: Servizi [email protected]

Tel. 0412348358

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PARI OPPORTUNITA': CARPINETA, NASCE CENTRO CONTRO RAZZISMO. PROGETTO FINANZIATO CON PROGRAMMA EUROPEO PER L'INTEGRAZIONE

L'Aquila - L'assessore alle Pari opportunità, Federica Carpineta, comunica che la Regione

Abruzzo è stata ammessa al finanziamento nell'ambito del Programma FEI ? Fondo

europeo per l'integrazione (Azione 7-2012) con la presentazione del progetto Centra

(Centro territoriale della Regione Abruzzo contro la discriminazione). "Con il Centra -

sostiene l'assessore Carpineta - l'Abruzzo aderisce alla rete nazionale

Antidiscriminazione dell'Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali)

attraverso la costituzione di un centro specializzato per il contrasto ai sempre più numerosi

casi di discriminazione e razzismo che si verificano anche in Abruzzo". La Regione, già

protagonista di azioni importanti contro la discriminazione razziale, con i progetti Simple e

Light On, è ora promotore, in collaborazione con le Province dell'Aquila e Teramo, il

Comune di Pescara e l'impresa Progetti Sociali, di una nuova iniziativa che vedrà la

formalizzazione del Centro regionale antidiscriminazione, basato su nodi di raccordo e

punti di informazione provinciali e comunali e sul consolidamento dei rapporti con enti,

gruppi e associazioni del settore. Anche l'Abruzzo, quindi, segue la strada già intrapresa

dalle altre dieci regioni italiane che hanno aderito alla Rete nazionale antidiscriminazione. I

partner di Centra lavoreranno, quindi, insieme all'Unar fino al giugno 2014, per dare il via

ad un sistema duraturo per la segnalazione e il trattamento dei casi di discriminazione,

basato anche sui risultati del primo Report regionale sulla discriminazione, che presenterà

un'analisi dei recenti fenomeni sociali, delle percezioni delle persone rispetto alla diversità

razziale e al disvalore sociale di ogni forma di discriminazione.

(fonte http://www.regione.abruzzo.it)

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Il MoVimento 5 Stelle contro Unomattina

per l’omofobia (10 settembre 2013)

Alcune associazioni lgbt hanno incontrato il Presidente della Commissione di Vigilanza

Rai, Roberto Fico per un’audizione ufficiale. L’incontro è il primo che la commissione di

vigilanza della Rai fa con le associazioni gay dalla sua istituzione, ed è stato promosso da

Gay Center e dal Gruppo lgbt del Movimento Cinque Stelle. Hanno partecipato oltre al

Gay Center, Arcigay, Arcilesbica, Agedo e Gay Net.

IL MOVIMENTO 5 STELLE ED UNOMATTINA – L’incontro è stato chiesto dopo

quanto è accaduto nel corso della trasmissione di Uno Mattina del 20 agosto. La puntata di

Uno Mattina aveva per argomento l’omofobia, la discussione sull’estensione della Legge

Mancino e il recente suicidio di un giovane gay romano. A partecipare in studio alcuni

ospiti: uno psicoterapeuta dell’età evolutiva, Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center e

Giancarlo Cerrelli, vicepresidente dell’Unione dei Giursiti Cattolici. Quest’ultimo ha

ripetutamente di chiarato che “l’omosessualità è un disagio”, “l’omosessualità è un

disordine”, “l’omosessualitàè un disagio esistenziale”, fino a voler introdurre l’argomenti

delle cosiddette teorie riparative.

L’OMOSESSUALITÀ DISAGIO ESISTENZIALE… – Affermazioni che non hanno

tenuto minimamente conto che l’Organizzazione Modiale della Sanità ha dichiarato che

l’omosessualità non è una malattia. Su tutto questo a Fabrizio Marrazzo non è stata data

piena possibilità di replica, mentre il giurista cattolico argomentava con le sue assurde tesi

contro un’eventuale legge antiomofobia. Durante l’audizione alla Commissione di

Vigilanza Rai, Fabrizio Marrazzo per Gay Center ha chiesto, tra i punti principali, che

venga definito un codice deontologiche per trattare le tematiche verso le persone lesbiche,

gay e trans, in Rai, al fine di evitare di fare un’informazione non coretta. Oggi, sarebbe

impensabile sentire in tv teorie che affermano ad esempio che le persone di razza

differente da quella bianca, sono meno intelligenti o altro, come poteva avvenire anni fa.

La stessa dignità di informazione corretta e scientificamente provata viene richiesta per le

persone lesbiche e gay, in quanto è stato dichiarato che l’omosessualità non è una malattia

dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1996.

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IL PRESIDENTE ROBERTO FICO – Il presidente Fico, ha dichiarato che farà un

interrogazione alla commissione di vigilanza per fare piena luce su quanto accaduto

durante la trasmissione di Una Mattina del 20 agosto, perché la televisione pubblica, e non

solo, deve garantire una corretta informazione, senza dare adito a teorie che non hanno

nulla di scientifico, ma che mirano a creare discriminazioni. Il presidente, valuterà azioni

che possano riequilibrare quanto accaduto.

IL GAY CENTER – Inoltre, Marrazzo ha richiesto che sia istituito anche un osservatorio

permanente sulle tematiche lesbiche, gay e trans, che possa monitorare che in Rai si faccia

corretta informazione a differenza di quanto in questi anni purtroppo è capitato in alcune

trasmissioni, precisando però, che ci sono comunque diverse trasmissioni dve il tema è

stato affrontato correttamente. Il presidente Fico, ha dichiarato, inoltre, che ritiene

importanti le istanze della comunità lesbica, gay e trans e che si adopererà al fine di cercate

di attuare quanto richiesto. Gli amici del M5S per i diritti lgbt, in persona di Massimiliano

Gualdi, si impegneranno al fine che questo sia solo l’inizio di un percorso per

concretizzare quanto richiesto dalle stesse associazioni. – E’ quanto si legge in una nota

diffusa dall’Ufficio Stampa del Gay Center.

(fonte AGENPARL)

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Superare la segregazione dei campi rom,

le associazioni 21 luglio e Arci Solidarietà

presentano le linee-guida. (10 settembre 2013)

Con un documento congiunto dal titolo Dall’ossessione securitaria alla solidarietà

responsabile. La città di Roma e i rom: linee guida per una nuova politica, l’Associazione

21 luglio e Arci Solidarietà onlus hanno presentato all’amministrazione di Roma Capitale

alcune proposte concrete sulle politiche di inclusione dei rom e sinti. Il documento è stato

illustrato in una conferenza stampa che si è svolta proprio in Campidoglio, sede

dell’amministrazione comunale.

A fronte di una popolazione rom di circa 7 mila persone, cioè lo 0,24% dei residenti nella

Capitale, le due associazioni lamentano che negli ultimi anni le strategie

dell’Amministrazione hanno prodotto la segregazione e l’esclusione sociale, alimentando

l’intolleranza dei cittadini romani.

Quella dei rom è stata vista come una presenza ingombrante e minacciosa, una “diversità”

da segregare in spazi lontani e separati dalla città, quei mega campi monoetnici per i quali il

Comune, negli ultimi anni, ha speso oltre 60 milioni di euro. Attraverso la politica dei

“campi” e i vari Piani Nomadi che si sono succeduti, gli amministratori locali hanno

definito le comunità rom e sinte a Roma come nomadi, non cittadini, individuando il

“campo nomadi” come lo spazio nel quale relegarli, benché essi non siano “nomadi” ormai

da diverse generazioni. Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà onlus credono quindi che

una politica di stampo nuovo sia necessaria e che debba partire dal superamento dei

“campi nomadi” come unica soluzione abitativa per i rom e sinti in città. Ribadendo la

«necessità di superamento del modello dei campi per combattere l’isolamento e favorire

percorsi di interrelazione sociale», così come sancito nella Strategia nazionale di inclusione

dei Rom, Sinti e Caminanti, adottata dal Governo italiano nel 2012, il documento

congiunto delle due associazioni individua nel passaggio dalla dimensione “campo” alla

dimensione “casa” il punto di partenza di nuove politiche per le comunità rom e sinte.

Il documento propone: l’abbandono dell’ottica emergenziale fin qui adottata; l’istituzione

di un’agenzia comunale con il compito di individuare progetti abitativi alternativi al

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“campo”; l’istituzione di un sistema di regolarizzazione degli “apolidi di fatto”; il

coinvolgimento attivo dei singoli nuclei familiari e l’azzeramento di quei canali preferenziali

che hanno fino ad oggi accreditato sedicenti rappresentanti rom nel dialogo con gli

amministratori locali. Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà onlus chiedono

all’Amministrazione comunale la chiusura progressiva, entro 18 mesi, di due “villaggi

attrezzati” della Capitale, Castel Romano e Cesarina, nei quali avviare la sperimentazione

del superamento dei “campi”. Il primo, il più grande a Roma, ospita 1.300 rom e presenta

un costo di gestione di oltre 300 mila euro mensili; il secondo è invece il più piccolo sul

territorio comunale (160 persone) e costa 49 mila euro al mese. Tale chiusura può

realizzarsi attraverso l’istituzione di un regolamento interno nei due insediamenti che

preveda, come criterio di permanenza per le famiglie rom, una soglia del reddito ISEE. In

questo modo, per i nuclei familiari in possesso di risorse economiche e immobiliari in

grado di garantire autonomia alloggiativa e il pagamento delle utenze, si potrà prevedere

l’allontanamento volontario o forzato dal “campo”. Per le altre famiglie, a seconda della

loro particolare condizione socioeconomica, saranno invece individuati percorsi

personalizzati che contemplino differenti soluzioni abitative alternative al “campo”,

percorsi di formazione, oppure interventi di presa in carico per le persone in condizione di

particolare fragilità.

(fonte (fonte http://immigrazioneoggi.it)

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Lega Nord: "Classi ponte per gli alunni stranieri"

(10 settembre 2013)

Dopo il caso di Costa Volpino, il Carroccio torna alla carica. Caparini: “I figli degli

immigrati imparino l’italiano prima di andare in classe con gli italiani”

Roma – La Lega Nord vuole classi separate per i bambini

stranieri che non sanno l’Italiano. Una vecchia idea tirata

ancora una volta fuori dal cilindro sulla scia del caso della

scuola elementare di Costa Volpino, in provincia di Bergamo,

da dove i genitori italiani hanno ritirato i figli perché c’erano

troppi figli di immigrati.

''Se la nostra proposta di legge sull'istituzione delle classi d'inserimento per gli studenti

stranieri alla scuola dell'obbligo fosse stata accolta oggi non faremmo i conti con situazioni

come quella avvenuta nella scuola elementare di Costa Volpino. Non e' concepibile una

classe in cui ci siano allievi che non parlano la nostra lingua” dice il deputato della Lega

Nord Davide Caparini, primo firmatario di una proposta di legge che va in questa

direzione.

“E' necessario istituire le classi d'inserimento alla scuola dell'obbligo – insiste Caparini -

che prevedano un percorso didattico per l'apprendimento della lingua italiana funzionale

all'ingresso nelle classi permanenti. Questo per garantire uno standard adeguato che

favorisca il processo di apprendimento degli studenti stranieri e non penalizzando gli

italiani anche per scongiurare l'esodo di quest'ultimi come spesso accade”.

“Già nel 2008 – ricorda Caparini - il Parlamento aveva impegnato il Governo

nell'istituzione di classi ponte, ora servono misure strutturali e l'approvazione della nostra

proposta di legge''.

In effetti cinque anni fa il governo Berlusconi accolse una mozione della Lega Nord sulle

classi ponte, ma non se ne fece niente. Anche perché poco dopo arivò al circolare dell’allor

aministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini che fissava un tetto del 30% (in realtà

piuttosto elastico) alla presenza di alunni stranieri in ogni classe.

(fonte http://www.stranieriinitalia.it)

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Il sindaco di Costa Volpino: «Evitabile la classe straniera» (10 settembre 2013)

Pressato dai giornalisti di stampa e di tv nazionali, Mauro Bonomelli, il sindaco di Costa

Volpino, ha finalmente accettato di parlare a proposito della prima elementare di Corti

formata da quattordici alunni stranieri.

Questa mattina alle 8, al suono della campanella, il primo cittadino si presenterà a scuola

per salutare tutti i bambini dell'istituto e rivolgere una parola particolare ai ragazzi e alle

famiglie della «classe-ghetto», una definizione che a Bonomelli non piace per niente ma

che è stata più volte utilizzata per riassumere la situazione.

«Qui di ghetti per stranieri non ce ne sono – esordisce il giovane sindaco –, perché non ci

sono mai stati episodi di razzismo o di discriminazione». Ma di fronte all'evidenza dei

numeri, che certificano l'assenza di qualsiasi bambino italiano, ammette: «Certo è che

quanto accaduto non doveva succedere».

Dal municipio, l'amministrazione comunale punta il dito contro la dirigenza dell'istituto

comprensivo, colpevole, a suo dire, quanto meno di non aver comunicato prima di

settimana scorsa l'esistenza di questo problema.

Il sindaco e la sua maggioranza non vogliono però condannare o censurare l'operato della

scuola, con la quale finora c'è sempre stata grande collaborazione.

«Se fossimo stati coinvolti avremmo potuto istituire un tavolo di confronto con la scuola per

cercare di convincere le famiglie dei bambini italiani e quelle degli stranieri a distribuire

meglio in tutti e quattro i plessi di Costa Volpino i loro figli». Per ora il dirigente scolastico

Umberto Volpi preferisce non replicare.

(fonte http://www.ecodibergamo.it)

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I bimbi cantano "Volare". Il razzista "Bruciamoli" (10 settembre 2013)

Coro gospel di figli di immigrati cinesi canta per evento di beneficienza a Prato.

Contro i commenti xenofobi su facebook, scatta la denuncia per istigazione all’odio

razziale di Sel

Roma – - La settimana scorsa a Prato si è svolta “Anima

gospel, un gospel per Prato”, evento di beneficienza il cui

ricavato è stato devoluto alla Caritas cittadina. Sul palco

sono saliti importanti musicisti e artisti italiani e con loro il

coro dell’Associazione d’amicizia dei cinesi a Prato. Circa 50

bambini nati e cresciuti in Italia da genitori cinesi si poi sono

esibiti cantando “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno e "Yinxing de Chibang"

(Ali invisibili) con il Gospel Fire Choir. I bambini sono stati i protagonisti della serata e

hanno accesso il sorriso del pubblico. Il giorno dopo l’evento, sulla pagina facebook del

giornale “Il Tirreno”, sono comparsi diversi commenti di natura xenofoba nei confronti

dei piccoli cantanti. Sinistra Ecologia e Libertà di Prato ha deciso di denunciare per

istigazione all'odio razziale uno degli autore dei commenti, tale Daniele, che aveva scritto:

“Provate a bruciarli, vedete come cantano”. Quando ha saputo della denuncia, l'autore del

commento ha mandato una mail di scuse al partito: ‘Salve sono Daniele quello dei

commenti un po' pesanti su i bambini cinesi....volevo fare le mie scuse a tutti per il

commento che ho fatto...non succederà più...grazie’. "Riteniamo importante - ha

coomentato la coordinatrice provinciale di Sel, Nicoletta De Angelis - chiarire due

questioni. La prima: le scuse dovrebbe porgerle ai bambini a cui si era rivolto

immaginandoli al rogo. La seconda: siamo certi che il signor Daniele non ripeterà l'errore

di pubblicare tante e tali aberrazioni su un social network, ma la denuncia che Sinistra

Ecologia Libertà muoverà non ha solo scopo educativo o preventivo ma intende

stigmatizzare e colpire atteggiamenti e comportamenti illegali e razzisti”. Insomma, chieda

scusa ai bambini. Davanti al giudice, però, non basterà un "mi dispiace".

(fonte http://www.stranieriinitalia.it)

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Raduno neonazi, Anpi: manifestazione a Como Manifestazione prevista dal 12 al 14 settembre

(10 settembre 2013)

L'appuntamento è per giovedì alle ore 21 al monumento dedicato alla Resistenza Europea

in viale Mafalda di Savoia. Gli organizzatori: sarà una "grande, unitaria e democratica

manifestazione antifascista"

Provinciale di Milano organizzano una manifestazione a Como. L'appuntamento è per

giovedì alle ore 21 al monumento dedicato alla Resistenza Europea in viale Mafalda di

Savoia. Gli organizzatori non hanno dubbi: sarà una "grande, unitaria e democratica

manifestazione antifascista"

L'Anpi intende manifestare "la propria profonda indignazione e la propria ferma

condanna per il raduno neonazista promosso da Forza Nuova nel comasco, per il quale

ribadiscono la richiesta di divieto”. "A tale raduno - prosegue Anpi - parteciperanno

formazioni che si caratterizzano per la loro carica antisemita, xenofoba e razzista,

provenienti dal tutta Europa.

Il raduno si pone in aperto contrasto con i principi e i valori sanciti dalla Costituzione

Repubblicana nata della Resistenza di cui quest’anno ricorre il settantesimo anniversario e

con le leggi Scelba e Mancino. Oggi più che mai la Memoria è necessaria ed è necessario

tenere presente che la minaccia costituita dalle formazioni neonaziste, dall’antisemitismo e

da ogni forma di razzismo e discriminazione è ancora viva. Va combattuta con il coraggio

civile, con l’impegno, con una controffensiva ideale, culturale e storica"

(fonte http://www.ilgiorno.it)

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Giostre e disabilità, la sfida di Reggio

La Provincia ha messo al lavoro produttori di impianti, medici e pedagogisti per creare divertimenti accessibili a tutti

(10 settembre 2013)

Dopo essersi assicurata dell’introduzione nelle scuole dei circa 2100 portatori di handicap e

averne disposto il seguente inserimento nel mondo del lavoro, la Provincia si concentra

sull’aspetto ludico. Si tratta della messa in sicurezza delle giostre nei parchi di divertimento

per far sì che tutti possano goderne.

«Il nostro progetto parte dal problema della discriminazione dei disabili nell’usufruire dei

divertimenti offerti - spiega Gianni Chiari, direttore tecnico del progetto “Una giostra per

tutti” - anche se mandare i disabili su tutte le giostre sarà impossibile, soprattutto per il

rischio di attacchi di panico. Il progetto si appoggia a un team di medici che si occupano di

studiare quali siano le problematiche di ogni disabilità e quali le modifiche da adottare nelle

strutture. Il progetto inoltre vede coinvolti i produttori di giostre italiani, per la maggior

parte emiliani, che faranno da esempio esportando attrezzature più sicure».

«Ci sono produttori da tutta Europa che ci contattano per lavorare insieme - racconta

Francesco Ferrari, presidente del Consorzio Fun Italian Export e amministratore delegato

della Preston&Barbieri srl - Le aziende tra cui M.P. Group srl, D.P.F. Automation srl e

ECO elettrocomponenti srl di Reggio, ci appoggiano in questo progetto per migliorare la

sicurezza e far divertire tutti. Io ho due figli e non vorrei mai trovarmi nella situazione di

dover dire a uno di loro, tu non puoi andare sulle giostre».

«Abbiamo sentito poco la crisi - continua Chiari - anzi ora siamo in ripresa. Anche per

questo è importante investire in un settore forte del nostro territorio. Stiamo installando

strutture in tutto il mondo, esportando il 90% della produzione». Tra i clienti anche

Disney.

«A Leolandia di Bergamo sono venuti ragazzi sia disabili sia normodotati da tutta Italia per

sottoporsi a test clinici e completare dei questionari per valutare quale sia la reazione di

ognuno alle giostre. L’anno prossimo, quando avremo a disposizione i risultati, potremo

informare i clienti sugli effetti di ogni giostra. A volte sono proprio i genitori che

preoccupati dalle conseguenze che possono avere i figli non li fanno salire sulle giostre che

sembrano più pericolose. Con lo studio dell’impatto emotivo possiamo illustrare i pericoli,

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ma anche dissuadere i genitori dal preoccuparsi». «Abbiamo instaurato un dialogo con i

produttori per avere una conoscenza più ampia e sfruttare le competenze di tutti - spiega

Elisa Oralndini membro del board di CoorDown Onlus - vogliamo che le strutture

rispondano alle esigenze di tutti per quanto riguarda la sicurezza. Solo cooperando si

costruisce il futuro». Il progetto si è concentrato sui bambini down, ma continua con il

dottor Francesco Manfredi che al Miragica di Bari porta sulle giostre bambini distrofici.

(fonte http://gazzettadireggio.gelocal.it/)

Italia, Kyenge incontra gli azzurri: "Sport

strumento contro il razzismo"

(9 settembre 2013)

Il Ministro dell'integrazione ha salutato a Torino la Nazionale di

Prandelli: "Ho spesso chiamato in causa lo sport per cambiare insieme

il nostro sistema culturale, è una grande responsabilità". Poi un

messaggio su twitter: "La maglia azzurra è un segno di appartenenza

per tutto il paese"

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TORINO - Visita speciale per la Nazionale italiana di Cesare Prandelli. A Torino gli

azzurri hanno incontrato il Ministro dell'integrazione, Cecile Kyenge, che ha sottolineato

come il calcio, e in generale lo sport, sia uno strumento importante per la lotta contro il

razzismo: "Dobbiamo lavorare e camminare insieme in questo cambiamento culturale

contro ogni razzismo e per ogni forma di aggregazione - le parole del Ministro -. Il calcio è

uno dei terreni più utili. La Nazionale è un modello di quella che dovrebbe essere l'Italia di

domani. Cosa c'è da fare? Tanto e lo dobbiamo fare tutti, ognuno con la sua parte di

responsabilità".

Kyenge ha poi aggiunto: "Credo che quando ci si trova nella stessa città con la nazionale

un saluto è d'obbligo. Ringrazio la federazione anche per l'impegno nel sanzionare

comportamenti razzisti, ringrazio la squadra che porta valori importanti. Per quel che

riguarda le scuole e le istituzioni dobbiamo rafforzare l'informazione e la formazione nel

paese".

Alla domanda se è giusto che un giocatore oggetto di insulti razzisti possa lasciare il campo

il Ministro ha risposto: "Non ne abbiamo parlato, ma bisogna non solo guardare il

comportamento del giocatore, ma il clima di stress in cui è sottoposto, considerando che

non tutti abbiamo lo stesso carattere. Non è facile per nessuno lavorare in condizioni di

difficoltà e attacchi".

Kyenge ha anche scritto un twitter dedicato agli azzurri: "Oggi con la nazionale di calcio: la

vostra maglia azzurra è segno di appartenenza per tutto il Paese. Una sola partita: l'Italia

migliore".

(fonte http://www.repubblica.it/)

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NUORO, INSULTI RAZZISTI NEL DERBY

DI CALCIO NEL MIRINO UN GIOCATORE

NIGERIANO

(9 settembre 2013)

Gli insulti risalgono a sabato, durante la partita Nuorese-Taloro Gavoi.

Un episodio di razzismo sarebbe accaduto sabato nello stadio di Nuoro, nei minuti finali

del derby tra Nuorese e Taloro Gavoi, match di ritorno del primo turno della coppa Italia

di Eccellenza. Sul risultato di uno a uno, che in quel momento premiava la squadra di casa,

il numero 5 degli ospiti Giuseppe Silvetti avrebbe apostrofato con un insulto a sfondo

razzista il giocatore nigeriano della Nuorese Peter Nnamani. "Negro di m...., mi ha detto -

racconta al telefono l’atleta africano -. Purtroppo non è la prima volta che mi succede sui

campi di calcio, quasi ci sono abituato", ha raccontato il giocatore a Fabio Ledda, autore

dell'articolo completo sull'Unione Sarda in edicola.

(fonte http://www.unionesarda.it/)

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Il Brescia ai suoi giocatori: "Multe per chi non parla italiano"

(9 settembre 2013)

Oltre un terzo degli atleti sono stranieri, la nuova regola per "fare squadra". E

intanto la società continua a corteggiare i tifosi immigrati

Roma – Si parla solo italiano. E chi sgarra paga.

È la linea scelta dal Brescia Calcio, serie B, per evitare “capannelli etnici” e far fare squadra

ai suoi giocatori indipendentemente dal loro Paese d’Origine. Un rischio concreto visto

che ben quattordici atleti dei trentasette che compongono la sua rosa sono stranieri.

La regola è stata inserita nel codice etico della società. Chi non parlerà italiano nei ritiri,

nello spogliatoio e in campo verrà prima richiamato, poi multato: 50 euro la prima volta,

100 se recidivo. Cifre che forse non riusciranno a spaventare uno strapagato giocatore, ma

l’importante, sembra di capire, è dare un segnale.

Italocentrismo? Non si direbbe, a giudicare dalla campagna abbonamenti del Brescia

Calcio, che quest’anno parla anche inglese, arabo e cinese e usa figli di immigrati come

testimonial Obiettivo della società è infatti portare allo stadio anche gli immigrati,.

Proprio a questa nuova fetta di pubblico (170mila persone in tutta la provincia) è dedicata

una promozione speciale. La società informa infatti che i cittadini stranieri che si

abboneranno in questi giorni riceveranno in omaggio sei biglietti per lo stesso settore “da

destinare a donne e/o bambini loro famigliari, amici o conoscenti con i quali vorranno

condividere l’esperienza dello stadio e del Brescia”.

(fonte http://www.stranieriinitalia.it/)

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Razzismo, insulti e botte

contro un gruppo di extracomunitari

(9 settembre 2013)

VERONA - Chiedono un passaggio su un autobus ma vengono prima insultati e poi una

volta scesi inseguiti e aggrediti. Vittime dell'episodio di violenza quattro amici di altrettante

nazionalità extracomunitarie: domenica sera al termine di una festa in battello sul lago di

Garda il gruppetto era salito su un autobus a Lazise ma era stato subito fatto oggetto,

come indica l'Arena, di insulti razzisti da parte di alcuni giovani italiani.

Nemmeno la decisione degli stranieri di lasciare il mezzo ha fatto desistere i violenti che

hanno seguito e picchiato due dei quattro ragazzi mentre gli altri due sono riusciti a

fuggire: la peggio è toccata ad un irakeno di 24 anni ora ricoverato con fratture alla

mandibola a una vertebra, alle costole e lesioni al fegato. Un suo amico marocchino ha

ricevuto qualche colpo al volto.

L'intervento di una guardia giurata avrebbe fatto fermare l'azione dei violenti ancora

sconosciuti. Per loro si prospettano le accuse di tentato omicidio, omissione di soccorso,

lesioni con l'aggravante di discriminazione razziale. Il legale dei due feriti ha

presentato denuncia.

(fonte http://www.ilmessaggero.it/)

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Razzismo. Troppi immigrati in classe, i genitori italiani ritirano i figli

(9 settembre 2013)

Ci sono “troppi bimbi stranieri” nella

prima elementare di Corti, frazione di Costa

Volpino (Bergamo) il più grosso centro

dell'Alto Sebino.

E così i genitori di alcuni allievi italiani

hanno deciso platealmente di ritirare i loro

figli e cambiarli d'istituto, iscrivendoli nelle altre scuole di Costa Volpino o delle altre sei

frazioni.

Nell'unica prima classe c'erano solo sette bimbi italiani, mentre gli altri 14 iscritti erano

soprattutto africani (in gran parte marocchini) con qualche albanese e rumeno.

I genitori degli scolari italiani avevano già dato l'ultimatum al preside, dicendo che se non

avesse trovato posto ai loro figli nelle primarie delle altre frazioni li avrebbero portati

direttamente in un altro Comune.

Ora la vicenda ha generato polemiche nel piccolo centro del Bergamasco.

(FONTE HTTP://WWW.ARTICOLOTRE.COM)

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«Io ho due mamme!», maestre a scuola anti-discriminazione

(9 settembre 2013)

A Mestre un corso per evitare conflitti con i bambi ni di genitori gay. Scontro

Agostini-Seibezzi sull’introduzione del termine “ge nitore” sui moduli scolastici

MESTRE. E se il bambino consegna il foglio da

appiccicare al muro della classe con due mamme,

o con due papà? Sì perché i primi attriti tra

educatori e bambini con genitori dello stesso

sesso nascono sempre alla richiesta di prendere le

matite colorate per disegnare la mamma e il papà.

Qualche cucciolo potrebbe alzare la mano:

«Maestra, ma io ho due mamme! E io due papà». È questo il titolo del corso di formazione

promosso dall’assessorato alle Politiche educative di Tiziana Agostini con il Centro donna

e l’associazione Alfabeti emotivi cui parteciperanno una sessantina di educatori dei nidi e

delle scuole dell’Infanzia del comune: appuntamenti settimanali da metà ottobre a metà

dicembre con medici, psicologi e avvocati dell’Università di Ferrara per capire come

rapportarsi con i bimbi delle coppie composte da due mamme o due papà. «È la prima

volta come Comune che proponiamo un corso del genere» spiega l’assessore Agostini «con

l’obiettivo di combattere l’omofobia, che è come l’acqua per i pesci: tutti ne siamo immersi

e non ce ne rendiamo conto». Ma quante sono in città le famiglie composte da genitori

dello stesso sesso? Un dato preciso non esiste, come spiegano dagli uffici comunali, ma è

possibile stimare che siano alcune decine. La notizia dell’avvio del corso arriva a distanza di

qualche giorno dal dibattito divampato dalla proposta di Camilla Seibezzi, delegata del

sindaco per i diritti gay, di sostituire nei moduli comunali per l’iscrizione scolastica i termini

“madre” e “padre” con il più inclusivo “genitore”, termine già usato da anni, ad esempio,

nei libretti scolastici. Un’iniziativa che ha sollevato un polverone di polemiche e che rischia

di minare la tenuta della maggioranza, soprattutto per la contrarietà dell’Udc: secondo il

partito di centro infatti si tratta di una «proposta inaccettabile». E però a Ca’ Farsetti,

sostiene l’assessore Agostini, «già si stava lavorando in questa direzione».

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Di più: «Era già tutto pronto per la modifica dei moduli d’iscrizione scolastica». E «se non

ci fosse stato il clamore sollevato dalla Seibezzi, che forse era poco informata su quel che

stavo facendo, a quest’ora sui moduli ci sarebbe già il termine “genitore” al posto di

“padre” e “madre”. Ci stavo senza fare troppo rumore, come mi era stato chiesto dalle

associazioni per i diritti dei gay». Una stoccata che non può lasciare in silenzio la Seibezzi,

ed è palese che se tra le due donne della maggioranza da tempo non scorre buon sangue,

ormai è guerra aperta. «L’Agostini sventola la bandiera dopo che la battaglia è stata vinta da

altri, e non a casa interviene dopo che la rete della città ha appoggiato la mia proposta,

mentre probabilmente non sapeva nulla della sua. Mi chedo dove sia stato l’assessore

Agostini in questi dieci giorni e cosa abbia fatto negli ultimi tre anni». Le città cui fa

riferimento sono quelle, più di 70, delle Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni

contro le discriminazioni, cui aderisce anche Venezia.

(fonte http://nuovavenezia.gelocal.it)

Cittadinanza. La Camera riapre, riparte il cammino della riforma

Definito il calendario dell'Aula per settembre e ot tobre, non ci sono le nuove regole

per diventare italiani. Bisogna ancora lavorare in Commissione per trovare un testo

condiviso

(9 settembre 2013)

Roma – Non si è mai smesso di parlarne, ma è solo nei

prossimi giorni che riprenderà il cammino della riforma

della legge sulla cittadinanza. Il traguardo,

comunque,non è vicino.

La Camera dei Deputati, dove a fine giugno è iniziato

l’esame delle proposte di legge in materia, ha riaperto ieri i battenti dopo la pausa estiva. I

presidenti di tutti i gruppi parlamentari si sono riuniti e hanno definito il calendario dei

lavori dell’Aula per settembre e ottobre.

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L’agenda è molto fitta, dall’istituzione del comitato per le riforme istituzionali all’abolizione

dei finanziamenti ai partiti, dal ddl contro l’omofobia alla conversione in legge dei decreti

contro la violenza di genere e per la stabilizzazione dei precari. Non c’è traccia, però, delle

nuove regole per diventare italiani.

Dove sono finite? Sono ancora in commissione Affari Costituzionali. L’ultima discussione

risale al 4 luglio scorso, e nelle prossime settimane i relatori Gianclaudio Bressa (Pd) e

Anna Grazia Calabria (Pdl) dovranno cercare un’indispensabile sintesi.

Sono già una ventina, infatti, i disegni di legge sulla cittadinanza presentati dalle varie forze

politiche, ma si punta a un testo base da portare in Aula. Uno sforzo sul quale aleggia lo

spettro di una crisi di governo e della fine di quelle “larghe intese” che si credeva potessero

fare da volano alla riforma.

(fonte http://www.stranieriinitalia.it/)

Le associazioni Rom: ancora poche e fondate su leader carismatici

IL CONGRESSO DELLE COMUNITÀ ROM FA IL PUNTO SULL'ASSOCIAZIONISMO.

DELLE 68 REALTÀ CENSITE, SOLO 16 SONO COMPOSTE ESCLUSIVAMENTE DA

ROMANÈS E NON HANNO MODALITÀ ORGANIZZATIVE DEMOCRATICHE. NELLE

ALTRE I ROM SONO SPESSO “COMPARSE”

(9 settembre 2013)

SILVI MARINA (Te) - Non esiste un registro ufficiale delle associazioni romanés, ma

sono le 68 realtà che hanno risposto alla chiamata dell'Unar per partecipare ai tavoli

tematici di discussione nell'ambito della strategia nazionale di inclusione d Rom, Sinti e

Caminanti, approvata dal governo nel 2012. Di queste, solo 16 sono composte

esclusivamente da romanès. 12 hanno respiro nazionale e 56 solo locale. Sono i dati forniti

da Giampietro Losapio, presidente del Consorzio Nova, nell'ambito del congresso delle

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comunità romanès che si è tenuto ieri e oggi a Silvi Marina in Provincia di Teramo.

Losapio ha però sottolineato "l'incoerenza tra quanto accade nei piani ufficiali e nella

realtà", affermando che "secondo l'Unar non esiste associazionismo Rom da Roma in giù",

dato smentito dalle diverse realtà attive sul tema nel meridione. v

"Secondo l'Istat c'è un'associazione ogni 185 italiani, mentre per i Rom il rapporto

è 1 a 2000", ha detto Losapio, ricordando che la strategia nazionale di inclusione d Rom,

Sinti e Caminanti prevede tra gli obiettivi la promozione dell'associazionismo Rom. Il

presidente di Nova ha poi citato il caso della Fondazione Romanì Italia, che da

associazione è diventata fondazione puntando su "un vincolo patrimoniale non più solo

sociale", sottolineando come "la causa Rom si può legare al fatto di poter drenare risorse".

La mancanza di un sistema decisionale democratico nell'ambito

dell'associazionismo Rom è stato poi evidenziato da Losapio che ha affermato come "il

mondo Rom ha una tendenza al leaderismo, in cui la guida è affidata soprattutto a uomini",

e "manca una modalità di organizzazione democratica comunitaria" costituita da un

consiglio e da soci. Il presidente del consorzio Nova ha poi sottolineato che

nell'associazionismo Rom in Italia vige, così come nell'associazionismo italiano in generale,

"il principio secondo cui poche grandi organizzazioni possono dire qualcosa", mentre

"tante piccole associazioni che lavorano sul territorio hanno scarsa rappresentanza".

"Spesso i Rom sono solo delle comparse all'interno di associazioni non Rom, che

in alcuni casi speculano sulla causa romanì", ha detto Baskim Berisa, giovane Rom di

origine kosovara, presidente dell'associazione "Rom stanziali del Kosovo in Trentino

Onlus". Berisa ha espresso critiche su progetti portati avanti da associazioni di promozione

sociale ("portare la cultura Rom in piazza organizzando eventi flocloristici e musicali non

serve per combattere la discriminazione") e sulle attività delle associazioni che si occupano

di campi nomadi: "Perchè non usare quei soldi non vengono usati per costruire edifici in

cui gli stessi rom potrebbero lavorare??. "Basta all'assistenzialismo e al folklorismo", ha

concluso Berisa. "E' necessario costruire con progetti seri un futuro soprattutto per noi

giovani". "Se in futuro noi Rom avremo le competenze giuste perchè non potremo

competere con i non Rom? Con l'istruzione si possono aprire delle prospettive molto

ampie". (lj)

(fonte http://www.redattoresociale.it/)

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L'omofobia colpisce nelle grandi città. A

ogni età. In ufficio e a scuola. E sono

oltre 20 mila le richieste di aiuto.

Rapporto sulle discriminazioni. Ormai

un'emergenza nazionale. di Tommaso Cerno, da L'Espresso, 6 settembre 2013

(9 settembre 2013)

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«Non siete uomini, siete froci». Così, come un colpo di pistola, l'insulto è risuonato in tutta

la banca. Siamo in Sicilia, a Palermo. Allo sportello, di fronte a una cassiera di mezza età, ci

sono Marco e Gianni, 44 e 49 anni, professionisti milanesi in vacanza. Avvocato il primo e

architetto il secondo, stavano in fila per versare un assegno. Lo stesso giorno in cui, a

Roma, un ragazzino di 14 anni si gettava dal balcone a San Basilio. E lo stesso giorno del

colloquio di Roberto, 22 anni, studente di ingegneria per un contratto co.co.co a Torino:

«Ti muovi sempre così?». Poi: «Tu sei gay?». Morale, il posto è svanito nel nulla. «Ci scusi»,

hanno replicato alla coop, «ma il suo profilo non corrisponde. Per cui arrivederci».

È l'Italia no gay. Con migliaia di colpevoli e migliaia di vittime. Secondo l'Istat, il 47,4 per

cento degli italiani ammette di avere sentito amici o parenti insultare un omosessuale.

Eppure la legge contro l'omofobia è stata svuotata di ogni effetto pratico. E, sia a destra sia

a sinistra, c'è chi la vuole boicottare. Perché è meglio che nessuno parli di loro.

Dell'incalcolabile esercito di gay, lesbiche e trans che vivono tutti i giorni l'omofobia della

porta accanto. Da Nord a Sud. A scuola. Al lavoro. In famiglia. Per strada. Come

un'epidemia venuta dal passato. Senza un antidoto. Basti pensare che in Italia non esiste

una statistica ufficiale dei casi di omofobia. Ognuno fa da sé. Da una parte l'Istat, dall'altra

l'Unar, l'ufficio contro le discriminazioni di palazzo Chigi. E ancora il dossier

dell'Arcigay e la Help line del Gaycenter di Roma. Morale: nessuno sa quanti siano i gay

colpiti dall'odio omofobo. Né quanti anni abbiano, o dove vivano. Di sicuro la parola

"omofobia", secondo quanto ha rilevato Cybion, è sempre più al centro dei cinguettii su

Twitter, con 196.950 conversazioni nel solo 2013, rispetto alle 345.978 della parola

"razzismo", uno dei topic più ricorrenti.

"L'Espresso" ha incrociato per la prima volta i dati, le denunce e le storie di tanti gay e

lesbiche italiani. Per tracciare una mappa dell'Italia antigay.

METROPOLI A RISCHIO

C'è un dato su cui tutti concordano. Sono Roma e Milano le città dove l'omofobia miete

più vittime. «Fra 2012 e 2013 abbiamo catalogato circa 20 mila richieste d'aiuto, di cui circa

la metà denunciavano discriminazioni, dalle più gravi alle più nascoste, dal mondo

scolastico a quello famigliare», spiega Fabrizio Marrazzo del Gaycenter. «Il dato che

emerge è che le tre regioni a più alto tasso di denunce e di episodi, sono il Lazio e la

Lombardia, cui segue l'Emilia Romagna. I casi di violenza fisica superano i dieci all'anno, e

parliamo solo di quelli certi». Per quanto riguarda la capitale, su cento richieste ben 68

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provengono dalla città di Roma, mentre il 14 per cento dalla provincia e un altro 18 per

cento da tutte le altre province del Lazio. Ed è così in tutta Italia: da Firenze a Bergamo, da

Napoli a Pesaro i casi sono quasi il triplo nel capoluogo rispetto alla provincia: «Il dato,

però, ha due diverse interpretazioni. Le zone rosse mostrano anche una maggiore

propensione alla denuncia, cosa che invece nelle realtà piccole non avviene. Spesso le

regioni che registrano meno casi, come la Sicilia o la Calabria, sono quelle dove è maggiore

l'omertà, non dove gli omofobi sono di meno», spiega Marrazzo.

IDENTIKIT DI UNA VITTIMA

Chi pensa che l'omofobia abbia un bersaglio fisso, si sbaglia. Colpisce tutti: giovani e

anziani. Il 56 per cento di chi chiede aiuto è maschio, il 40 per cento donna e, per un 4 per

cento, le chiamate arrivano da trans. L'età varia dagli 11 agli 80 anni. « Ci sono minorenni

che denunciano violenze, così come anziani. Si tratta, stime alla mano, di circa il 10 per

cento del fenomeno», spiegano alla Help line. Vale a dire che nell'Italia senza leggi anti-

omofobia, solo un caso su dieci viene segnalato e denunciato. La punta di un iceberg che,

comunque, mostra già numeri significativi. Delle chiamate giunte al Gaycenter, circa 120

casi sono stati trattati. A questi si aggiungono i 63 episodi violenti e discriminazioni

gravi (144 nel 2012), arrivate all'Unar, cui sono seguite indagini giudiziarie. Si va dalle

violenze fisiche alle minacce, dagli insulti al bullismo. Fino a omicidi e suicidi. Quattro solo

nei primi mesi dell'anno: «Per un totale di 150 vittime dell'omofobia accertate negli ultimi

40 anni», rivela il presidente dell'Arcigay, Flavio Romani. «Una strage drammatica e troppo

a lungo taciuta». Con un grido d'allarme rivolto al Parlamento: «La legge in discussione alla

Camera va modificata con l'introduzione dell'aggravante per il reato di omofobia,

altrimenti è inutile», dice Romani. «Già una legge, da sola, non basta, né riuscirà a produrre

questo cambiamento: colpirà i reati dopo che sono accaduti. Almeno deve essere efficace

nel fare questo. Poi serve avviare un lavoro culturale e sociale molto complesso, che

richiede tempi lunghi e lucida determinazione politica. Oltre che adeguati finanziamenti. A

partire da un covo silenzioso di omofobia: la scuola».

INCUBO FRA I BANCHI

Federico è un volontario di Roma. Passa una decina di ore a settimana a rispondere alle

telefonate d'aiuto. Il 42 per cento dei gay e delle lesbiche che si rivolgono a lui non ha

compiuto 30 anni. Di questi, il 3 per cento è minorenne e frequenta le superiori, mentre il

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22 per cento è iscritto all'università. «Quasi la metà di loro non ha nemmeno il coraggio di

dirci il nome, figuriamoci di denunciare alla polizia un episodio concreto», spiega Federico.

Sono il mondo sommerso dell'omofobia fra i banchi di scuola, un fenomeno molto più

diffuso di quanto si pensi. Le istituzioni se ne accorgono sempre in ritardo. Quando

qualcuno decide di farla finita perché non sopporta più il peso di quegli insulti. L'ultimo in

ordine di tempo risale all'11 agosto scorso. I telegiornali ne hanno parlato, i quotidiani

hanno riempito le pagine di cronaca. Poi, però, nulla è cambiato. E così ha chiamato

Marco, 16 anni, pochi giorni dopo quella tragedia. A scuola lo prendevano di mira e lui, a

settembre, non ci vuole tornare: «Da quando si è sparsa la voce che sono gay, sono stato

emarginato dai miei compagni di classe e da altri amici che avevo», racconta a "l'Espresso".

«Prima erano risolini e insulti, poi sono arrivati a mettermi le mani addosso e picchiarmi.

Io non l'ho detto a nessuno, però, perché mi vergogno. Non l'ho detto nemmeno ai miei

genitori e mi sento solo». Eppure, un pomeriggio, quando rientrava a casa, nella periferia

romana, mamma ha notato che qualcosa in Marco era diverso. Un paio di lividi sul braccio,

uno sul collo. «Ho raccontato di essere stato aggredito in metropolitana da gente che

voleva derubarmi e ora non so più dove sbattere la testa. A scuola non sono tutti uguali,

ma per me la vita è diventata impossibile».

Andrea ha 18 anni. È sieropositivo. Ha contratto il virus Hiv proprio da un compagno di

scuola di 17 anni. «Ho deciso di non curarmi e di non dire nulla a nessuno, perché non

voglio che nessuno scopra che sono gay», è il racconto choc che ha fatto al volontario della

Gay Help Line. A Napoli invece c'è Claudio, 15 anni: «L'anno scorso, un gruppo di bulli

mi aspettava tutti i giorni sul portone e, quando uscivo, mi gridava "frocio, frocio". Poi ho

trovato una scritta "frocio" fuori da casa mia e ho temuto che i miei genitori potessero

capire che si riferiva a me. Io non torno a scuola, andrò a rubare».

DOTTOR OMOFOBIA

Se la solitudine è uno degli sbocchi dell'omofobia, c'è chi rischia che l'aiuto fornito sia

peggiore della discriminazione. «È capitato addirittura che Province e Comuni, anziché

attivare piani anti-omofobia, abbiano finanziato nelle scuole progetti didattici sulla

diversità, affidati a stravaganti associazioni che si occupano di teorie riparative

dell'omosessualità», spiegano all'Unar. Già. Nonostante le dure prese di posizione

dell'Ordine dei medici e di quello degli psicologi, dalla Lombardia all'Emilia, dalla Toscana

al Lazio, le cliniche per curare i gay restano in funzione. Ad Angolo Terme, nel bresciano

c'è il centro Regina della Pace, ospitato dalla Casa di spiritualità Sant'Obizio dei padri

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piamartini. Sebbene le petizioni si siano moltiplicate, con oltre 2 mila firme di psicologi e

psicoterapeuti, la Curia ha sempre respinto le critiche spiegando che si tratterebbe di

«attività spiriturali». Federico, 20 anni, genovese, ha rischiato di finirci ricoverato dopo

avere raccontato alla madre di essersi innamorato di un ragazzo: «È rimasta sconvolta, ma

mai avrei potuto immaginare che ne avrebbe parlato con un prete. Le ha indicato un

centro per curarmi, figuriamoci. Ho minacciato di andare alla polizia», racconta. Ma dopo

qualche mese, Federico non reggeva più il clima a casa. Così ha deciso di andarsene, sotto

la minaccia di non poter più tornare, né di ottenere alcun aiuto dai genitori.

VITE SEGREGATE

Quello che non è riuscito a fare Enrico, che di anni ne ha appena compiuti 71.

Cinquant'anni fa, sua madre si accorse della sua omosessualità e lo costrinse a una vita

segregata in casa. «Io non ho avuto la forza di Federico, ho vissuto con mia madre per

mezzo secolo. Io e lei, lei ed io. Mio Dio, se ci penso! Mi sono privato della mia vita. Ora

lei è morta e io mi sento morto con lei. Non ho amici, non ho mai scoperto la mia

sessualità, se non in modo nascosto e anonimo. Non ho vissuto», racconta il pensionato. Il

coming out, però, l'ha fatto. Qualche mese fa. Quando non lo credeva più possibile: «Mi ha

dato un senso di liberazione parlare di me come di un omosessuale, respirare liberamente,

stare dove volevo. Ha acceso dentro di me una forza, qualcosa che mi farà vivere questi

pochi anni che mi restano, cercando di aiutare gli altri», racconta. In pochi mesi ha

incontrato altri gay anziani, come lui. E la sua vita è cambiata. Silvio, 79 anni, ha una storia

simile a quella di Enrico. Così come Giovanni, 70 anni, che ha cominciato a vivere la sua

omosessualità solo cinque anni fa. «Ho conosciuto una coppia del Lazio, che convive da

quasi 40 anni, e ho capito cosa ho perso per colpa dell'omofobia della mia famiglia e della

mancanza di coraggio», spiega. Storie che solo in apparenza non sarebbero cambiate, se

l'Italia avesse adeguato le norme a quelle dell'Unione europea, introducendo leggi contro le

discriminazioni e garantendo alle coppie omosessuali un riconoscimento: «Una legge serve

anche a questo, a mostrare alle famiglie più retrograde che tu esisti per lo Stato, che non sei

un paria della società. Oltre a colpire comportamenti criminosi, o garantire il godimento

dei diritti, serve a modificare la cultura della società», spiega Franco Grillini, psicologo e

leader storico del movimento gay italiano. Lo sanno bene gli omofobi che, spesso,

indirizzano la proprio violenza contro la politica, proprio per spaventare chi invoca i diritti

civili. L'ultimo caso risale a pochi giorni fa. Era il primo settembre, quando la consigliera

del Comune di Venezia, Camilla Seibezzi, è stata minacciata di morte. Colpevole di essere

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la delegata ai diritti civili e di avere adeguato i moduli di Ca' Farsetti, sostituendo i termini

"madre" e "padre" con la parola "genitore". Come in Europa avviene da anni.

TU GAY, IO MOBBING

Un clima simile a quello che, ogni giorno, soffrono molti gay sul posto di lavoro. Negli

uffici come nelle fabbriche, nelle cucine dei ristoranti, come nelle cooperative più

illuminate. Dopo che, nel 2009, il governo Berlusconi aveva recepito la direttiva

dell'Unione europea , adeguando la normativa sul mobbing, secondo la quale tocca al

datore di lavoro discolparsi dall'accusa di comportamento omofobico, nulla nei fatti è

davvero cambiato. Ancora oggi, infatti, vengono richiesti indizi «gravi, precisi e

concordanti», senza tenere conto che spesso la raccolta delle prove passa per la

testimonianza proprio di quei colleghi che, nella maggior parte dei casi, erano gli stessi che

discriminavano, spiegano alla rete Lenford, un gruppo di avvocati specializzati in

discriminazioni e diritti dei gay. In agguato c'è pure una seconda insidia, il precariato, che

pone l'omosessuale sotto un ricatto ancora più pesante. I casi sono centinaia. E riguardano

spesso i trans. Come Fabrizio, che mentre lavorava per una cooperativa ha cominciato il

percorso per cambiare sesso. Ha 31 anni e il suo nome ora è Loredana. Ma il suo lavoro

non c'è più. All'improvviso, mentre per mesi le cose erano andate per il meglio, sono

cominciati i problemi. «La mia responsabile, assieme a due colleghe, ha cominciato a

segnalare per iscritto ogni mia minima mancanza, ingigantendola. Eppure io lavoravo

come prima. Le note si sono moltiplicate e mi hanno cacciata», racconta Loredana. Non c'è

solo la sessualità a fare da detonatore, ma anche il pregiudizio: la maggioranza dei datori di

lavoro è convinto che un trans sia necessariamente una prostituta. E così Monica, 37 anni,

cacciata dal bar dove lavorava: «Mi hanno detto che i clienti erano cambiati, che per colpa

mia al bar girava gentaglia. E che, avanti di questo passo, avrebbero dovuto chiudere. Una

sciocchezza, i clienti erano sempre gli stessi», racconta.

Silvio, 30 anni, un giorno scopre di essere sieropositivo. Al lavoro nessuno lo sa, fino a

quando un collega, frugando nel suo pc, scopre una mail personale inviata all'infettivologo.

«A fine mese il mio contratto non è stato rinnovato», taglia corto. Lui si è rivolto al

sindacato, ma s'è potuto far poco. «Anche se mi hanno assicurato che, dalle verifiche fatte,

al 99 per cento sono stato licenziato per questa ragione».

Secondo l'Istat, in Italia gli omosessuali che dichiarano di aver subito discriminazioni sul

lavoro sono il 22,1 per cento, contro il 12,7 per cento degli eterosessuali, mentre un altro

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29,5 per cento ritiene di non avere ottenuto il posto di lavoro perché gay. Come Edoardo,

34 anni, ingegnere gestionale. Dopo un'esperienza all'estero, impiegato in un'azienda che

aveva adottato un codice etico contro l'omofobia, e abituato a godere - assieme al suo

compagno James, 28 anni - dello stesso trattamento dei colleghi etero (dalla licenza

matrimoniale, ai permessi famigliari), ha deciso di fare rientro in Italia per assistere la

madre anziana. «Sono tornato in Italia e ho cercato impiego nello stesso settore», racconta.

I colloqui sono presto arrivati, così come una proposta di assunzione. «Durante l'incontro

finale, che avrebbe dovuto finire con la firma del contratto, mi sono reso conto che

qualcosa non andava. Il titolare si è rivolto a me e mi ha detto: "Noi qui preferiamo avere

gente normale, lei capirà? Cosa potrebbero pensare gli altri, se assumessi un finocchio"».

Edoardo è rimasto immobile. «Ho pensato a uno scherzo. Mi sono detto: adesso tutti

ridono e io firmo il contratto. Ma non era così». Era la cruda realtà, visto che pochi giorni

dopo quel posto è stato occupato da un altro candidato, senza nemmeno la laurea.

(fonte http://temi.repubblica.it/)

Servizio civile e stranieri, ancora incognite sul bando (9 settembre 2013)

Si aspetta la pubblicazione a fine mese ma ancora n on si sa

se le iscrizione saranno aperte agli stranieri. In attesa

dell'approvazione, le ong promuovono i loro progett i

all'estero. Come fa Celim con Mozambico e Zambia

MILANO – Ormai è questione di un paio di settimane. Poi finalmente sarà pubblicato il

prossimo bando per il Servizio civile. Con la solita incognita: sarà aperto o no agli stranieri?

Per ora la legge formalmente limita la possibilità di fare domanda d'ammissione solo agli

italiani, ma Avvocati per niente aveva vinto il ricorso presentato da un ragazzo di origine

pakistana, escluso dal precedente concorso. E tra le decisioni del giudice c'era anche aprire

il bando del Servizio civile agli stranieri. Per ora tutto tace. "Noi come associazioni

accoglieremo tutte le richieste a prescindere dalla nazionalità", spiega Paolo Rovagnoli,

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referente risorse umane e Servizio Civile di Celim. Bisogna vedere se gli stranieri verranno

esclusi a prescindere.

L'attività delle ong. Nelle ong è già da un mese che sono pronti i programmi in attesa di

approvazione. Tra i più interessanti, per i giovani tra i 18 e i 28 anni e 364 giorni di età

(così ha stabilito una sentenza dopo il ricorso di un 28enne escluso dal Servizio civile) ci

sono quelli di Celim per l'Africa. in Zambia e in Mozambico. Otto volontari andranno a

Mongu, Lusaka, Saivonga e Livingstone, in Zambia, nel cuore dell’Africa meridionale. Altri

quattro andranno invece a Maxixe e a Maputo in Mozambico. In tutti i progetti, oltre a

Celim (che fa parte di Focsiv, la Federazione volontari nel mondo) ci sono l'associazione

Papa Giovanni XXIII, la Caritas italiana e il Gavci, Gruppo autonomo di volontariato

civile in Italia.

Caschi bianchi è il nome del progetto in Zambia. Dalla salvaguardia di 40mila ettari di

foresta nel distretto cittadino, fino alla promozione della coltura biologica con 30 famiglie:

questi i lavori da svolgere per i volontari di Celim a Mongu. A Lusaka, invece, c'è da

formare 30 insegnanti e ristrutturare un istituto. 1.300 bambini, invece, vivono da

emarginati nella loro scuola di Saivonga e altri 18 docenti aspettano di completare il loro

percorso formativo. L'ultimo progetto dello Zambia, a Livingstone, prevede invece il

sostegno didattico di 300 bambini e 60 studenti Youth community training center.

In Mozambico i volontari si troveranno di fronte due zone dove è a rischio la sicurezza

alimentare della cittadinanza. Colpa dei cambiamenti climatici e delle malattie endemiche

come malaria e Aids che infestano il territorio. A Maputo il progetto di Celim prevede di

garantire l'accesso al cibo a 250 bambini residenti nei distretti di Boane e Namaacha. A

Maxixe i volontari aiuteranno 30 famiglie a produrre prodotti agricoli e altri 15 allevatori

cominceranno a far pascolare animali di piccola taglia. (Marcella Vezzoli)

(fonte http://www.redattoresociale.it/)

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STAMPA ESTERA

Transgender man gives birth in Germany A transgender man has given birth to his first child in Germany and wants to be

registered as the baby's father.

(12 settembre 2013)

Although the birth took place on March 18 of this year the news has only just come to

light. The baby was born at home, in the Neukoellin district of Berlin, attended only by a

midwife.

The father had insisted on a home birth to avoid being listed as the mother on hospital

documents - a German legal requirement. Although the father has been taking hormone

replacement therapies for years he elected to retain the reproductive organs of a woman.

Because he physically gave birth to the child the unidentified man is seen as the mother,

however by law he is recognised as a man. In 2001 German law dropped the previous

requirement for gender reassignment surgery in order to be lawfully recognised in a

person’s perceived gender. It was only in August of this year that Germany decided to

include a ‘third gender’ option on birth certificates, where children born of indeterminate

gender no longer have to be listed as either ‘male’ or ‘female’. Germany has been the first

country in Europe to adopt this change. The man’s request to appear as the father on the

birth certificate has been granted, but his demand that the child’s gender not be released

has been denied, according to the Daily Mail.

Authorities have overruled this and announced that the child in question is a boy. At the

father's request however, details about the sperm donor or any possible relationship have

been withheld to protect the child from attention.

Although this is the first child born to a transgender parent in Europe it is not the first

world wide. The American case of Thomas Beatie, a transgender man, is well known.

Beatie is the father of three children and has sole custody of them after his estranged wife

Nancy was shown to be violent towards him.

(FONTE http://www.telegraph.co.uk)

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Rusia atrapa a 500 familias españolas al

tratar de frenar la adopción por gais

(12 settembre 2013)

La legislación homófoba de Vladimir Putin afecta también a las parejas españolas que

esperan para poder adoptar un niño en Rusia. Con el fin de evitar que estos críos puedan

acabar siendo educados por homosexuales, Moscú no solo ha prohibido este trámite a las

familias monoparentales. Desde el pasado 29 de agosto los juicios de adopción con los

Estados que permiten el matrimonio gay están, directamente, paralizados. Unas 500

familias españolas, según estimaciones del Ministerio de Sanidad y Servicios Sociales, están

afectadas por la medida, que solo se retirará cuando España y Rusia firmen un convenio

bilateral que se negocia desde 2009. Mientras, los futuros padres viven con angustia un

conflicto político que puede truncar sus ilusiones.

Solo ocurre en el 1% de los casos. Los niños llegan a España y la Administración retira la

tutela a los padres adoptivos, por lo que se debe buscar otro hogar a los chavales. A finales

de agosto el Tribunal Supremo ruso emitió una instrucción con la intención de evitar que,

en estas situaciones, los menores sean recolocados con familias homosexuales. “Esta es

una traba más a la adopción internacional. Rusia es un país emergente, por lo que restringir

esta práctica es una cuestión de imagen. Pero con esta decisión están matando las moscas a

cañonazos”, lamenta José Luis Vicente, director de AIST (Adopción Internacional

Solidaridad en la Tierra), una de las 45 entidades colaboradoras de adopción internacional

(ECAI) que hay acreditadas en España, asociaciones sin ánimo de lucro que ofrecen

asesoramiento durante este proceso.

José Ángel Carmona y María Mas tenían sus esperanzas puestas en el próximo 2 de

octubre, fecha prevista para el juicio en Rusia en el que se iba a ratificar la adopción del

que ya sienten como su hijo, Artiom, que tiene dos años y vive en un orfanato en

Vladivostok, una ciudad en el Mar de Japón, a unos 14.000 kilómetros de Madrid. Pero,

dadas las circunstancias, ya no están seguros de nada. “En mayo de 2012 decidimos

adoptar. Hace cuatro meses fuimos a conocer al crío. Fueron 14 horas de vuelo pero

estábamos tan ilusionados que ni nos enteramos”, cuenta el futuro padre, un ingeniero de

43 años. Hasta hace solo unos días él y su mujer, que es profesora, creían que en cuestión

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de días tendrían a Artiom en casa. Así que han pasado unas semanas “de locos”

preparando su habitación en el domicilio que comparten en Colmenar Viejo (Madrid). Este

lunes, mientras instalaban en la escalera una barrera para impedir que el niño pueda caerse,

recibieron una llamada del director de su ECAI. Fue entonces cuando se enteraron de que

todo quedaba en el aire. “No buscamos culpables. Solo queremos que nos den una

solución. Tenemos miedo de que pueda saturarse el sistema de justicia en Rusia y que

decidan retirar a las familias los niños que les han sido asignados. Ahora mismo no

sabemos si los trámites siguen adelante, o no”, cuenta angustiado. Fuentes del Ministerio

de Sanidad y Servicios Sociales garantizan que están trabajando “a contrarreloj” para

buscar una solución. “Hablamos de unas 500 familias que se encuentran en distintas fases

del proceso. La cifra exacta la conoceremos hoy”, asegura un portavoz. La intención del

Gobierno, asegura, es que el convenio bilateral esté listo antes del 3 de octubre, pues el día

4 llega a España una delegación del Parlamento ruso y es entonces cuando se pretende

rubricar este acuerdo que lleva años fraguándose. Por el momento, el Ejecutivo no

adelanta los puntos que se están negociando. José Luis Vicente, director de una ECAI,

afirma que entre los requisitos exigidos por Rusia desde final del verano se incluye un

seguimiento del niño, una vez este ha llegado a España, hasta que cumpla la mayoría de

edad.

Luis Miguel Manrique y Paula Arranz llevan año y medio esperando para ser padres. No

pudieron tener hijos biológicos, así que se decantaron por la adopción internacional. “Para

nosotros cada día de espera es un mundo. Si la situación es difícil normalmente, ahora es

tremenda. Cogemos fuerzas mirando la foto de nuestro niño. De otro modo, no

podríamos aguantar”, reconoce este madrileño de 39 años. El pasado lunes se reunieron

con otras cinco familias que se encuentran en la misma situación. Una de ellas está

recogiendo firmas para que, por fin, España y Rusia lleguen a un acuerdo. “Habrá unas

6.000. La mayoría, conseguidas en solo tres días. Lo único que pedimos es una solución”,

reclama.

Los datos

• El año pasado llegaron a España 479 niños procedentes de la Federación Rusa. Es el país

de origen, de los 34 con los que Madrid tiene acuerdo en la materia, en el que más menores

fueron adoptados.

• El coste medio de una adopción en Rusia es de 30.000 euros, según José Luis Vicente,

director de Aist, una de las 45 entidades colaboradoras para la adopción internacional que

actualmente operan en España.

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• Desde 2004, el número de adopciones internacionales —no solo de niños procedentes de

Rusia— ha caído en picado. La cifra ha pasado de 5.541 de hace ocho años a 1.669 en

2012.

(fonte http://elpais.com/)

La charte de la laïcité et ses limites

(9 settembre 2013)

La charte de la laïcité est bienvenue. Très. Depuis une dizaine d'années, la laïcité était

tombée en déshérence. Les insignes religieux se répandaient, plus ou moins discrets, chez

les élèves mais aussi chez les professeurs. Cela n'inquiétait plus grand monde, c'en était

étonnant. Les manquements à la laïcité avaient tendance à s'accumuler et j'ai cru remarquer

qu'on avait perdu en vigilance et gagné en tolérance molle. La laïcité, à force, était devenue

une notion floue pour les classes, abstraite, étrangère. S'indigner, c'était prendre le risque

de passer pour un petit père Combes d'opérette (j'ai eu l'occasion de passer pour une rigide

de la chose). La règle du jeu de l'école était quelque peu oubliée. Des élèves pouvaient

baffer d'autres à la cantine parce qu'ils mangeaient du porc sans que personne, dans un

établissement, ne s'en émeuve. Intolérable, insupportable.

Il faut louer Vincent Peillon qui remet sur le devant de la scène, de manière non agressive,

positive, tolérante, peu martiale, cette notion. C'est une très bonne nouvelle.

Mais le risque actuel c'est de donner à la laïcité plus de force qu'elle n'en a. C'est un cadre

fondamental, une règle absolument nécessaire avec laquelle il ne faut pas transiger. Pas

tellement plus. Il n'y a pas, que je sache, de littérature laïque, de peinture laïque, d'opéra

laïque. Il ne faut pas se perdre dans les distinctions, tout confondre (profane, athée,

indifférent). Il ne faut pas se mettre penser que la laïcité aura raison de l'intolérance de

certains, du communautarisme agressif, de la violence des uns envers les autres.

Si une charte est une excellente chose, tout n'est pas gagné, ce n'est pas la solution ultime.

Il ne faut pas qu'on s'arrête en si bon chemin et que l'on considère que l'on a réglé le

problème.

Prenons un exemple. Le cours d'Histoire sur la Shoah en 3ème, cours qui est si

problématique dans certains établissements (je l'ai vécu moi-même de manière très pénible,

il m'a fallu beaucoup d'énergie et de réflexion pour trouver comment faire). Quel rapport

avec la charte de la laïcité ? L'antisémitisme n'est pas, que je sache, une opinion religieuse,

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une croyance. Il ne s'agit pas de renvoyer l'antisémitisme dans la sphère privée, chez les

familles et de se débarrasser de la question en l'évacuant hors de la sphère scolaire (à moins

de prôner un antisémitisme domestique). La laïcité peut neutraliser les revendications, les

empiétements, elle aura du mal à venir à bout de l'intolérance, du racisme et de

l'antisémitisme. Le travail à accomplir est bien plus profond. Il nécessite une remise à plat

des notions de public et de privé, de tolérance et de croyance, d'identité et de

communauté.

C'est pourquoi, s'il y a lieu de se réjouir de cette charte, il faut absolument, à mes yeux, en

voir les limites. La règle du jeu, essentielle, est réaffirmée. Les problèmes les plus graves

restent. Bref, ne nous réjouissons pas trop vite et trouvons d'urgence des moyens pour les

surmonter efficacement et fermement.

(FONTE http://www.lemonde.fr)

Charte de la laïcité : 17 articles comme la Déclaration des droits de l'Homme

(9 settembre 2013)

En décembre 2012, Vincent Peillon avait annoncé

l'élaboration d'une "charte de la laïcité" destinée à être

diffusée en milieu scolaire. Soumise à l'avis du Conseil

supérieur de l'éducation, le 10 juillet, la première version

du texte, qui ne devrait être que peu remaniée avant sa

diffusion officielle, ce 9 septembre, comprend 17 articles. Autant que dans la Déclaration

des droits de l'Homme.

Certains articles viennent rappeler, dans une langue claire, le sens de la laïcité, souvent mal

comprise, parfois instrumentalisée. Article 4 : "La laïcité garantit la liberté de

conscience à tous. Chacun est libre de croire ou de ne pas croire"Article 7 : "La

laïcité de l'école offre aux élèves les conditions pour forger leur

personnalité, exercer leur libre arbitre et faire l'apprentissage de la citoyenneté.

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Elle les protège de tout prosélytisme et de toute pression qui les

empêcheraient de faire leurs propres choix."

Un article fait clairement référence aux difficultés que des enseignants

peuventrencontrer en cours. Article 15 : "Aucun élève ne peut invoquer une

conviction religieuse ou politique pour contester à un enseignant le droit

de traiter une partie du programme." L'article 16, lui, renvoie à l'application de la loi

de 2004, en rappelant que "dans les établissements scolaires publics, le port de

signes ou tenues par lesquels les élèves manifestent ostensiblement une

appartenance religieuse est interdit". Aucune référence au port du voile pour les

mères accompagnant les sorties scolaires. "Et pour cause, relève le doyen de

l'inspection générale, Dominique Borne, ce n'est pas l'objet de la charte que

deremplacer un texte de loi."

MILLE ET UN TEXTES

L'enjeu : un document facile à lire pour les élèves et leurs familles, facile àtransmettre et

à faire vivre par les personnels – qu'ils soient enseignants, conseillers principaux

d'éducation ou chefs d'établissements. Plus adapté, aussi, que la charte éponyme diffusée

dans les services publics depuis 2007, et dont tout porte à croire qu'elle n'a pas trouvé sa

place à l'école. "Sur ces thématiques, il y a eu mille et un textes et règlements,

aboutis ou non", rappelle l'ancien directeur d'IUFM Jean-Louis Auduc. Un "livret

républicain" sous Mitterrand, un "guide républicain" – 230 pages ! – une "charte de la

citoyenneté"...

Reste que la clarté d'un document n'est pas un argument en soi. "Il ne suffit pas

d'afficher les grandes principes de la laïcité au mur pour la faire vivre", observe

Sébastien Sihr, du SNUipp-FSU, syndicat d'enseignants majoritaire à l'école primaire. "Il

faut armer les acteurs pour arriver à les faire partager une laïcité qui rassemble et

non pas qui exclut." (Par Mattea Battaglia)

(fonte http://www.lemonde.fr/)

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Presidenza del Consiglio dei Ministri DIPARTIMENTO PER LE PARI OPPORTUNITÀ

UFFICIO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONI RAZZIALI

unar.it