recensioni in litterae caelestes

58
eScholarship provides open access, scholarly publishing services to the University of California and delivers a dynamic research platform to scholars worldwide. Peer Reviewed Title: Indice delle recensioni Journal Issue: Litterae Caelestes, 2(1) Author: N/A Publication Date: 2007 Publication Info: Litterae Caelestes, Center for Medieval and Renaissance Studies, UC Los Angeles Permalink: http://escholarship.org/uc/item/4xn4j9wn

Upload: ludovica-berardozzo

Post on 10-Aug-2015

61 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

Recensioni in Litterae Caelestes

TRANSCRIPT

Page 1: recensioni in Litterae Caelestes

eScholarship provides open access, scholarly publishingservices to the University of California and delivers a dynamicresearch platform to scholars worldwide.

Peer Reviewed

Title:Indice delle recensioni

Journal Issue:Litterae Caelestes, 2(1)

Author:N/A

Publication Date:2007

Publication Info:Litterae Caelestes, Center for Medieval and Renaissance Studies, UC Los Angeles

Permalink:http://escholarship.org/uc/item/4xn4j9wn

Page 2: recensioni in Litterae Caelestes

Litterae Caelestes231

Recensioni

Aa.Vv.Nuove ricerche sui manoscritti greci dell’AmbrosianaATTI del Convegno (Milano, 5-6 giugno 2003) a cura di Carlo Maria MAZZUCCHI, Cesare PASINI

V&P [Studi e documenti di Storia e Filologia 24] Milano 2004, pp. XI+450, 50 tavv. b/n, 1 colore (M. Damiani) 233

Maria Luisa AGATI

Il libro manoscritto. Introduzione alla codicologiaL’«Erma» di Bretschneider [Studia archeologica 124] Roma 2003, pp. 464, 16 tavv. col., numerose ill. b/n n.t. (M. Stocchi) 238

Aa.Vv.Euripide e i PapiriATTI del Convegno internazionale di studi (Firenze, 10-11 giugno 2004)a cura di G. BASTIANINI e A. CASANOVA

Istituto Papirologico “G.Vitelli” [Studi e testi di Papirologia 7]Firenze 2005, pp. 243, 4 tavole b/n (A. Magnani) 243

GUGLIELMO IX. Vers a cura di Mario EUSEBI

Carocci [Biblioteca medievale 53] Roma 20032, pp. 104 (S.Vigna Surìa) 247

Richard SHARPE

Titulus. I manoscritti come fonte per l’identificazione dei testi mediolatinitrad. di Marco Palma(t.o.) Titulus. Identifying Medieval Latin Texts.An Evidence-Based ApproachViella [Scritture e libri del Medioevo 3]Roma 2005, pp. 252 (L. Di Egidio) 249

Giovanni ROMEO (a cura di)Il fondo Sant’Ufficio dell’Archivio Storico Diocesanodi Napoli Inventario (1549-1647)vol. monografico di «Campania Sacra», XXXIV (2003) 1-2, pp. 443 (F-L. Schiavetto) 252

«Comunicazioni» VI (2005)Istituto Papirologico “G.Vitelli” pp. 164, XIX tavole (A. Magnani) 254

Indice delle recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 231

Page 3: recensioni in Litterae Caelestes

Maria Teresa RODRIQUEZ

Bibliografia dei manoscritti greci del fondo del SS. salvatore di MessinaDipartimento di Filologia Greca e latina della Sapienza[Testi e Studi Bizantino-Neoellenici 12] Roma 2002, pp. 438 (A. Magnani) 256

Salvatore LILLA

I manoscritti vaticani greci. Lineamenti di una storia del fondoBiblioteca Apostolica Vaticana [Studi e Testi 415] Città del Vaticano 2004, pp. XI + 249, 32 tavv. b/n (C. Spuntarelli) 258

Censimento dei codici dell’epistolario di Leonardo Bruni, II,Manoscritti delle biblioteche italiane e della Biblioteca Apostolica Vaticanaa cura di Lucia GUALDO ROSA

con una Appendice di lettere inedite o poco note a Leonardo Bruni a cura di J. HANKINS

Istituto Storico Italiano per il Medio Evo [Nuovi studi storici 65]Roma 2004, pp. 494 + XCVII tavole col. e b/n (M. Buonocore) 260

Ugo PAOLI

Fonti per la storia della Congregazione Celestinanell’Archivio Segreto VaticanoBadia di Santa Maria del Monte [Italia Benedettina 25]Cesena 2004, pp. XLV + 684 (E. Susi) 271

Patrizia DANELLA

I codici greci conservati nell’archivio di MontecassinoPubblicazioni Cassinesi [Biblioteca Cassinese 1]Montecassino 1999, pp. 131 (C. Spuntarelli) 273

Aa.Vv.Collana “Archivio Capitolare di Modena”Mucchi, Modena alla data, pp. varie, numerose illustrazioni (F-L. Schiavetto) 274

Aa.Vv.Origini della scrittura. Genealogie di un’invenzionea cura di Gianluca BOCCHI e Mauro CERUTI

Bruno MondadoriMilano 2003, pp. XII+292 (P. Moretto) 280

Recensioni

Litterae Caelestes232

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 232

Page 4: recensioni in Litterae Caelestes

Nuove ricerchesui manoscritti greci dell’Ambrosiana

ATTI del Convegno (Milano, 5-6 giugno 2003) a cura di Carlo Maria MAZZUCCHI, Cesare PASINI

V&P [Studi e documenti di Storia e Filologia 24] Milano 2004, pp. XI+450, 50 tavv. b/n, 1 colore

Il volume comprende gli interventi al Convegno, organizzato dalla Biblioteca Am-brosiana e dal Dipartimento di Studi Medievali, Umanistici e Rinascimentali del-l’Università Cattolica di Milano, tenutosi nell’ambito delle celebrazioni per il IVcentenario dell’Ambrosiana. Le relazioni pubblicate si occupano sia della tradizionedei classici, dei Padri e dell’agiografia bizantina, sia della cultura greca e della produ-zione libraria dell’Italia meridionale, come anche della storia del fondo greco dellaprestigiosa biblioteca milanese.

A quel Convegno ne ha fatto seguito un altro, tenutosi il 6-7 ottobre del 2005,dedicato alle “Nuove ricerche sui codici in scrittura latina dell’Ambrosiana”; ci augu-riamo che il volume degli atti relativi, sicuramente pregevole per i suoi contributi alpari di questo già edito, esca con pari celerità.

Monsignor Cesare PASINI, Vice-Prefetto della Biblioteca Ambrosiana e organiz-zatore del Convegno insieme a Carlo Maria MAZZUCCHI, nella sua brevissima intro-duzione (pp. IX-XI), ricorda la nascita della Biblioteca e della sua raccolta di mano-scritti; nel rammentare il Catalogus codicum Graecorum Bibliothecae Ambrosianae, pubbli-cato nel 1906 da E. Martini e D. Bassi, si ripromette, e ci promette, «in un futuro nonlontano, di pubblicare una bibliografia sui manoscritti greci ambrosiani».

Stefano SERVENTI nel suo intervento (Il copista Giovanni, Lapo da Castiglionchio ilGiovane e Francesco Filelfo nel codice Ambr.E 8 sup., pp.3-35,3 tavv.b/n) descrive in modoaccurato il codice Ambr. E sup. nelle sue caratteristiche fondamentali, stato di conser-vazione, presenza o meno di macchie, decorazioni, rilegatura, tecniche di impressionee di rigatura, rispetto o meno della legge di Gregory e fascicolazione in quinioni e qua-ternioni, nonché l’uso o meno di soluzioni che possono aver alterato o conservato lecaratteristiche della pergamena. Dalla descrizione del codice emerge in modo chiaroanche la sua specificità, dato che in esso si trovano contenuti due manoscritti diversi,uno relativo a un manuale di grammatica attribuito a Erodiano e l’altro relativo, inve-ce, alla trascrizione degli epinici di Pindaro. Il manoscritto non doveva avere inizial-mente le caratteristiche di un codice unico, è stato perciò unificato in via successiva.Nell’intervento vengono evidenziati i problemi posti dalla lettura e dallo studio delcodice stesso e riguardanti in modo particolare il fatto che il codice è stato scritto dadue copisti diversi e il confronto effettuato con altri copisti del tempo, lo stile dei quali

Litterae Caelestes233

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 233

Page 5: recensioni in Litterae Caelestes

risulta essere simile a quello rilevato nel codice suddetto. Segue una descrizione piut-tosto chiara della struttura di questa sezione del manoscritto, dei suoi fascicoli, dell’im-pressione e della rigatura. Resta comunque irrisolto il problema di fondo sollevato, sela sezione del manoscritto contenete gli epinici di Pindaro debba essere attribuita allamano di Castiglionchio o al suo maestro Francesco Filelfo. La disamina del problemae degli altri a esso collegati è condotta in modo chiaro e aiuta a far luce su molti aspet-ti delle vicende relative al manoscritto.

Annaclara CATALDI PALAU con il suo saggio (Manoscritti greco-latini dell’Italia meridio-nale. Un nuovo Salterio vergato da Romano di Ullano, pp. 37-68, 10 tavv. b/n) fornisce im-portanti informazioni riguardo agli studi condotti su due gruppi di manoscritti. Il pri-mo gruppo oggetto di esame e di studio da parte di studiosi quali W. Berschin, G. DeGregorio, M. Lullodes, P. Hoffmann comprende un insieme di manoscritti dell’Italiameridionale contenenti per lo più testi liturgici e un vangelo. Il secondo gruppo di ma-noscritti di cui si fa menzione comprende i codd.Ambr. C 13, il Lond.Addit. 11752,l’Oxon.Canon.gr.63, il Marc.gr. I 26.Nella sua relazione la studiosa dà rilievo in modoparticolare al confronto fra questi due gruppi di manoscritti. Il confronto è condottoattraverso un esame delle caratteristiche di tre manoscritti (Ambr. C 13, Oxon. Canon.gr 63, Marc. gr. I 26) da cui si evince la generale difformità di caratteristiche fra i duegruppi. Segue poi una descrizione delle caratteristiche fondamentali dei codici, (qualitàdella pergamena, rigature, contenuto, ornamentazione, grafia), effettuata mediante pro-spetti e chiare spiegazioni. Risulta particolarmente interessante a questo proposito l’esa-me delle incolonnature delle sezioni greche e latine e della grafia dei manoscritti in que-stione, provenienti dall’Italia meridionale, che viene presa in considerazione per even-tuali confronti tra il manoscritto Ambr. C 13 e altri manoscritti copiati da Romano diUllano e quelli non riconducibili all’Italia meridionale come il codice Lond. Addit.47674 e l’Oxon. Canon. gr. 63. L’esame di questi ultimi due codici mette in evidenzale particolarità ortografiche e la collocazione dei contenuti da cui si potrebbe dedurreche non si tratta di codici di area greca anche per la presenza di un significativo elemen-to di difformità fra i manoscritti di area occidentale da un lato e greca dall’altro, dal mo-mento che questi ultimi mancano di decorazioni vistose delle lettere iniziali dei salmi.Annaclara Cataldi Palau ritiene che allo studio di questi elementi non sia stata data lagiusta importanza da parte di chi si è occupato dell’esame di manoscritti di tal genere.

Gianluca TURCO (Un antico elenco di manoscritti greci ambrosiani. L’Ambr. X 289 inf.,ff. 110-141, pp. 79-141, 2 tavv. b/n) descrive le vicende relative a un elenco di mano-scritti greci inserito in una raccolta miscellanea contrassegnata Ambr. X 289 inf., for-nendo un significativo resoconto sulle modalità seguite dai curatori della bibliotecaambrosiana per il reperimento dei manoscritti e la loro catalogazione. Del suddettoelenco vengono descritti lo stato di conservazione e le caratteristiche delle schedecontenenti tutte le informazioni relative ai codici elencati (origine, datazione, valoredel manoscritto).Attraverso il suo esame è stato possibile conoscere i metodi seguiti

Recensioni

Litterae Caelestes234

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 234

Page 6: recensioni in Litterae Caelestes

per la catalogazione e lo studio dei manoscritti acquistati dalla biblioteca all’epoca delcardinale Borromeo, e nelle epoche successive, e la disposizione dei manoscritti primadell’apertura dell’ambrosiana, con i criteri adottati per la loro inventariazione e col-locazione. L’articolo è corredato dall’edizione completa dell’Index Librorum Graecorummanuscriptorum (pp. 95-138), cui fa seguito l’elenco degli stessi secondo l’attuale col-locazione e con relativo rimando all’Index (pp. 139-141).

Francesco D’AIUTO nel suo saggio (Un ramo italogreco nella tradizione manoscritta del«Menologio Imperiale»? Riflessioni in margine a testimoni ambrosiani,pp.145-174,4 tavv.b/n)si propone di spiegare quali fossero i centri di diffusione di libri e di codici, provenien-ti da Costantinopoli, nell’area della Calabria meridionale nel dodicesimo secolo. Lo stu-dioso si sofferma in modo particolare sulla tradizione manoscritta del Menologio Imperia-le e su altri menologi a questo ricollegabili. Dopo aver spiegato in modo esaustivo lecaratteristiche dei menologi e aver illustrato alcuni aspetti e problemi posti dall’esamedei codici Ambr. C 92 sup., B 1 inf., B 12 inf., giunge alla conclusione che i menologiimperiali in Calabria dovevano essere letti e conosciuti, seppure parzialmente, comeconfermato dai rapporti culturali esistenti fra la Calabria e Costantinopoli.

Xavier LEQUEUX nel suo intervento (L’apport des manuscripts grecs de L’Ambrosiennedans les «Acta Sanctorum», pp. 179-189) illustra, seppur sinteticamente, le ricerchecompiute dai due bollandisti Godefroid Henschen (Henskenius) e Daniel Papebroch(Papebrochius) durante il loro soggiorno a Milano nella biblioteca ambrosiana, in cuiebbero modo di visionare e consultare alcuni manoscritti greci di carattere agiogra-fico per la compilazione degli Acta Sanctorum. Dalla ricostruzione del lavoro e dellericerche compiute dai due bollandisti fiamminghi risulterebbe in modo abbastanzachiaro, secondo il Lequeux, che l’utilizzazione dei manoscritti greci fu parziale, dalmomento che la compilazione degli Acta Sanctorum fu effettuata essenzialmente tra-mite la consultazione dei menaea.

Santo LUCÀ nel suo lavoro (L’apporto dell’Italia meridionale alla costituzione del fondogreco dell’Ambrosiana, pp. 191-227, 15 tavv. b/n) spiega in modo chiaro le diverse carat-teristiche culturali dell’area del Salento, più aperta all’influsso greco anche nella fasefinale del Medioevo, e dell’area calabrese, ove tale influenza si affievolì molto prima, ele vicende relative ai circa tremila manoscritti di testi dal contenuto prevalentementeliturgico e religioso (soprattutto quelli di area calabro-messinese) acquistati nel corso deltempo da nobili, sovrani e uomini di chiesa fra i quali il cardinale Federico Borromeo,che si dimostrò sempre molto interessato all’acquisto di manoscritti greci. Di molti diquesti codici, attraverso lunghe ricerche, è stato possibile individuare il luogo di produ-zione e di conservazione. L’articolo è completato da un’Appendice (pp. 215-227) conl’elenco dei manoscritti, con la relativa singola descrizione (grafia, dimensioni, materia-le, centro di trascrizione, breve storia, etc.), suddivisi in tre elenchi: I. manoscritti acqui-stati in Calabria; II. manoscritti calabri o calabro-siculi privi di nota emptionis (elencoprovisorio); III. manoscritti acquistati nel Salento ma di origine calabra.

Litterae Caelestes235

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 235

Page 7: recensioni in Litterae Caelestes

Véronique SOMERS con il suo lavoro (Les Grégoires de Nazianze de l’Ambrosienne,pp. 243-264) si propone di illustrare in via sintetica le caratteristiche dei diversi tipidi manoscritti (raccolte agiografiche e omiletiche, collezioni di discorsi letti e nonletti, collezioni di discorsi del XVI secolo ampliate, collezioni complete e commen-tari). Nel corso della relazione vengono presentati diversi ordini di problemi (anco-ra non risolti per il fatto che molti manoscritti non sono stati analizzati e studiati) eipotesi relative alla formazione di gruppi distinti di manoscritti, cosa che risponde-rebbe a finalità di uso assai differenti fra loro (alcuni manoscritti erano destinati a unuso liturgico, altri dovevano servire per studi e ricerche erudite).Vengono poi illu-strati i problemi relativi all’ordine sequenziale con cui i discorsi sono stati trascrittinelle diverse categorie di manoscritti. Conclude il saggio un’Appendice che elencai cinquantuno codici dell’Ambrosiana referenti Gregorio, divisi in sei sezioni: I. leraccolte agiografiche-omiletiche; II. le raccolte dei XVI; III. i “non letti”; IV. i XVIcompleti o accresciuti;V. le raccolte complete;VI. i commentari.

Paul GÉHIN nella sua relazione (Èvagre le Pontique dans un recueil de mélanges gram-maticaux du fonds Pinelli, l’Ambr. C 69 sup., pp. 265-302, 11 tavv. b/n) si propone dispiegare l’inserimento nell’Ambr. C 69 sup., un codice miscellaneo contenente perlo più trattati di carattere grammaticale e sintattico, di un commento ai Proverbicurato da Evagro Pontico, testo questo poco tramandato in greco e ricomparso inmodo non molto chiaro in età umanistica. Attraverso l’esame del manoscritto (delquale nell’Appendice vengono riportate la descrizione analitica delle caratteristichedi ogni sezione, con la relativa attribuzione di ogni parte ai diversi copisti coinvoltinel lavoro di copiatura e le illustrazioni di alcune sezioni del manoscritto differentiper il tipo di scrittura usato) si è tentato di ricostruire le relazioni culturali e d’ami-cizia esistenti tra copisti ed eruditi del tempo, fra i quali M. Moros,T. Rhentios, B.Feliciano, L. Bonamico, N. van Ellebode e G.V. Pinelli, di fissare anche la datazionedel loro lavoro (risalente probabilmente al XVI secolo) e di dare inizio agli studi perl’aggiornamento del Fondo Martini-Bassi. Concludono il lavoro un’Appendice (pp.290-301), con l’accurata descrizione del manoscritto e di tutto il suo contenuto, eun’esauriente Bibliografia (pp. 301-302) disposta cronologicamente.

Luisa PALLA nella sua relazione («Folia antiquissima, quibus Ilias obtegebatur». Ma-teriali per una storia dell’«Ilias picta» ambrosiana, pp. 315-349, 3 tavv. b/n, 1 tav. col.) sipropone di ricostruire, per quanto possibile, la storia del manoscritto Ambr. F 205inf., risalente al V o VI secolo e proveniente da Alessandria (secondo le ricerche diR. Bianchi Bandinelli e G. Cavallo). Dagli studi effettuati in epoche diverse, e in par-ticolare da A. Mai a partire dal 1819, risulta che il manoscritto, composto da perga-mena e carta bombicina e contenente anche miniature illustrative oltre a scoli dicommento al testo, costituisce per la compresenza di tanti elementi diversi fra loroun unicum nel suo genere. Sul codice sono stati effettuati nel corso del tempo inter-venti di aggiunte, correzione e commento in particolare nel XII secolo nell’area della

Recensioni

Litterae Caelestes236

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 236

Page 8: recensioni in Litterae Caelestes

Calabria meridionale, come risulta dalle grafie adottate, epoca in cui venne ritaglia-to per poterne ricavare un testo destinato a uso divulgativo e didattico.

Matteo MONACO nella sua comunicazione (Il codice Ambr. M 82 sup. di Plutarco, pp.353-373) illustra le caratteristiche del codice Ambr. M 82 sup. contenente opere trat-te da i Moralia di Plutarco, l’epistola di Abgar e un componimento in dodecasillabidi non eccelsa fattura, ma significativo in ogni caso per comprendere la fortuna diPlutarco nel Medioevo. Nel codice si rilevano almeno tre grafie; per questo motivosi deve pensare che fu realizzato grazie all’opera di copisti diversi.Vi furono inoltreulteriori interventi di spiegazione, correzione e chiosatura effettuate da almeno settemani diverse, con prevalenza greca, cosa che conferma la diffusione delle opere plu-tarchee nel Medioevo non solo nella redazione greca ma anche in traduzione latina.Gli interventi susseguitisi nel tempo per la loro specificità lasciano intravedere unambiente colto in cui le due lingue classiche erano ben conosciute anche dai copi-sti che, sicuramente, anche quando copiavano testi in greco, potevano disporre dellacorrispondente traduzione latina.Alle pp. 369-371 è riportato un epigramma inedi-to di 40 vv. dedicato a Plutarco, seguito dalla sua traduzione in italiano.

E. CAIRE e S. PITTIA nel loro intervento spazioso e ben articolato (La deuxièmedécade des «Antiquités romaines» de Denys d’Halicarnasse dans les Ambr. Q 13 sup. et A 80sup., pp. 375-419, 2 tavv. b/n), dopo aver esposto le caratteristiche dei due manoscrit-ti Ambr. Q 13 sup. e A 80 sup. (origine, composizione, datazione e contenuti) e dopoaverli confrontati fra loro, si propongono di spiegare perché in essi siano state copia-te delle porzioni di testo estratte dalle “Antichità romane” di Dionisio di Alicarnassoe quali criteri siano stati seguiti nella selezione dei brani, tutti relativi a libri XI-XX.Secondo i due studiosi non si tratterebbe di una selezione operata secondo criteri emetodologie storiche, dal momento che i brani in questione mostrano un interesseprevalentemente etnografico, antiquario, religioso e stilistico e hanno finalità proba-bilmente pedagogiche. La relazione si conclude con un descrittivo dei due codici econ la citazione di passaggi del testo storico oggetto di riscrittura.

Concludono e completano il volume tre indici:“indice dei manoscritti” (pp. 425-433), ordinati per città secundum alphabetum;“indice dei nomi e delle cose notevoli”(pp. 435-437), riguardo a questo deve purtroppo essere fatto qualche appunto inquanto l’unificazione in unico elenco dei nomi di autori antichi e moderni, dei luo-ghi e delle cose notevoli, delle opere e di quanto altro sia, ingenera già di per sé stes-so una non piccola confusione, ma l’aver lasciato «la scelta delle voci agli autori deisingoli contributi» ha prodotto una incompletezza dovuta alla disparità di giudiziosul concetto di “notevole”; in ultimo l’“indice delle tavole” (pp. 449-450).

Marco DAMIANI

(Roma)

Litterae Caelestes237

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 237

Page 9: recensioni in Litterae Caelestes

Maria Luisa AGATI

Il libro manoscritto. Introduzione alla codicologiaL’«Erma» di Bretschneider [Studia archeologica 124]

Roma 2003, pp. 464, 16 tavv. col., numerose ill. b/n n.t.

Nel 1990 J. Peter Gumbert, nell’ambito di una attenta recensione ai manuali di codi-cologia apparsi in rapida successione nel precedente lustro, concludeva amaramentela sua analisi con una affermazione recisa e alquanto eloquente: «The ideal Lehrbuch,Manual or Introduction is not among them» («Quaerendo», XX (1990), pp. 233-239). Nel suo rapido excursus Gumbert aveva, in effetti, evidenziato i limiti delle treopere da lui prese in esame con l’acribia critica di chi, muovendosi da decenni nelsettore degli studi codicologici, avvertiva in modo particolare l’esigenza di un libroche colmasse realmente la lacuna venutasi a creare negli ultimi anni tra la letteratu-ra specialistica, composta di numerose pubblicazioni e contributi di contenuto inno-vativo e di alto profilo scientifico, e la scarsa mole della letteratura divulgativa, cherimaneva per di più ancorata in massima parte a una concezione ancillare della disci-plina codicologica.

Questo, nella sostanza, l’appunto mosso in quella sede al lavoro di Otto Mazal,definito senza mezzi termini “old-fashioned”, poiché prevalentemente caratterizza-to da un interesse di tipo paleografico e storico-artistico, piuttosto che codicologi-co; sicché, la codicologia «in the ‘narrow’ sense» risultava in esso quasi del tutto assen-te (O. Mazal, Lehrbuch der Handschriftenkunde,Wiesbaden 1986). Il limite dell’opera diElisa Ruiz García era identificato nella scarsa dimestichezza che l’autrice avrebbedimostrato di possedere nei confronti dei manoscritti latini, in particolare di quelliprodotti in gran numero nei dieci secoli del medioevo occidentale; il Manual finivadunque per essere definito un «fresh and modest little manual» (E. Ruiz García,Manual de codicología, Salamanca-Madrid 1988). Più positivo, per certi aspetti, il giu-dizio espresso nei confronti dell’ultimo lavoro preso in esame in quell’occasione:Introduction à la Codicologie, di Jacques Lemaire; a questo Gumbert riconosceva ilmerito di aver riassunto in un volume di comodo formato e ben illustrato gli inse-gnamenti del suo grande maestro, il belga Léon Gilissen, ma, oltre alla carenza diapporti veramente originali, notava come, contrariamente a quanto si proponeva neltitolo, l’Introduction fosse in realtà un libro «for advanced students, but not for begin-ners» (J. Lemaire, Introduction à la Codicologie, Louvain 1989).

Ora, con la comparsa de Il libro manoscritto: Introduzione alla codicologia — che fa se-guito a un altro interessante contributo di una studiosa italiana, Marilena Maniaci, Ar-cheologia del manoscritto. Metodi, problemi, bibliografia recente, Roma 2002 — si compie unulteriore passo avanti nell’intento di dotare la codicologia di quegli strumenti prope-deutici di cui altre discipline, prima fra tutte la paleografia, possono oggi avvalersi.

Recensioni

Litterae Caelestes238

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 238

Page 10: recensioni in Litterae Caelestes

Come rileva lo stesso Gumbert nella sua prefazione all’opera di M. Luisa Agati: «nowwe finally have a ‘detailed treatment of all parts of Handschriftenkunde’» (p. 10).

Il libro manoscritto rappresenta senza dubbio una vera e propria pietra miliare nellaristretta produzione manualistica dedicata agli studi codicologici negli ultimi decen-ni. Senza possibilità di confronto l’enorme e aggiornatissima bibliografia (pp. 415-464), che supporta il dettato delle oltre 400 pagine di testo; numerosi, fra i temiaffrontati, quelli che ancora attendevano di essere fatti oggetto di una trattazionerivolta a un pubblico di non specialisti, un esempio fra tutti le pagine dedicate allacosiddetta codicologia quantitativa (pp. 30-35); il ricco apparato illustrativo, presentequasi a ogni pagina, accompagna il lettore per agevolarlo nel difficile compito diseguire descrizioni dettagliate di oggetti e procedimenti manifatturieri, la cui pienacomprensione sarebbe estremamente ostica, se non impossibile, qualora non fossesuffragata da un adeguato sostegno visivo. Riteniamo, dunque, che le parole con cuiP. Gumbert ha accolto questo lavoro siano più che legittime, malgrado alcune inevi-tabili sviste e la possibilità sempre aperta di lievi miglioramenti e piccole correzioni.

Le poche pagine dell’introduzione (pp. 11-17) sono sfruttate dall’A. per ripercor-rere in modo succinto la storia dell’insegnamento della codicologia in Italia dal1967, anno in cui presso l’Università degli Studi di Firenze spettò a EmanueleCasamassima l’arduo compito di tenere per primo una cattedra espressamente dedi-cata allo studio di questa ancor giovane disciplina. Da allora, come l’A. giustamenteosserva e come un qualsiasi allievo poté facilmente costatare in quegli anni, si vennea creare uno squilibrio crescente tra l’offerta didattica sempre più ricca e il limitatis-simo materiale a disposizione di docenti e studenti per assolvere nel migliore deimodi ai loro rispettivi compiti. L’opera qui presa in esame sarebbe stata, dunque, unlibro «concepito — almeno al suo nascere — per un pubblico ben definito, e cioèper chi si accosti la prima volta a una disciplina della quale i più ignorano i conte-nuti» (p. 12), finendo col divenire «una trattazione a tutti gli effetti sul libro antico emedievale, nella sua lunga storia e nella sua odierna fruizione, rivolta a tutti coloroche, per i più svariati motivi e in misura diversa, si interessino o operino in questosettore librario» (p. 13).

Nel primo capitolo La codicologia (pp. 21-44) si assolve al compito, ineludibile inogni introduzione alla codicologia, di rivendicare la piena autonomia della disciplinatrattata. Rivendicazione questa che, nel suo ripetersi, sembrerebbe denotare il perdu-rare di una sorta di complesso d’inferiorità della codicologia nei confronti delle altre“scienze del libro” che mal si concilia con gli innegabili progressi che negli ultimidecenni hanno contribuito a definirne sempre più lo specifico campo d’indagine e lepeculiari metodologie di ricerca. Malgrado ciò, una chiarificazione in proposito sirende ancora oggi necessaria — anche, e soprattutto per gli stessi studiosi che la ela-borano — giacché, a partire dalla tripartizione della codicologia operata da AlbertGruys (1974), le distinzioni in questo campo si sono succedute a ritmo incalzante

Litterae Caelestes239

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 239

Page 11: recensioni in Litterae Caelestes

(codicologia lato sensu, codicologia stricto sensu,“archeologia del manoscritto”,“archi-vistica del manoscritto”, e via dicendo), fino a dare oggi l’impressione che dietroun’eccessiva frammentazione della disciplina possa nascondersi una ancora incertadefinizione dell’oggetto della ricerca. Dopo le pagine dedicate a illustrare gli scopi ei metodi della codicologia quantitativa, cui si è già fatto cenno, il tentativo di redige-re una Breve storia del libro manoscritto (pp. 35-44) da un punto di vista codicologicoresta inficiato dalla sproporzione ingiustificata tra la preponderante attenzione rivoltaal periodo classico e i pochi, rapidi cenni dedicati al manoscritto medievale; in modoparticolare non possono non sorprendere le quattro righe con cui in questa “brevestoria” si liquida il ruolo della “rinascita carolina”, ben altrimenti importante nelladefinizione della struttura e dell’organizzazione del libro manoscritto occidentale.

Con il secondo capitolo I supporti della scrittura prima della carta (pp. 45-75) si entranel vivo della trattazione. Le testimonianze, le forme, gli usi dei supporti più antichi(foglie, cuoio, legno, etc.), come pure quelli del papiro e della pergamena, sono pas-sati in rassegna con dovizia di particolari e facendo spesso ricorso alle più recenticonquiste dovute alle analisi di laboratorio e all’utilizzo delle tecniche digitali, qualiad es. le interessanti osservazioni sulla lettura digitale dei palinsesti e sulle tecniche di“restauro virtuale” (pp. 71-73).

Come già nel Manual di E. Ruiz (E. Ruiz García, Manual... cit., p. 41), anche quialcune delle informazioni riguardanti la tipologia e le dimensioni dei fogli di papirodisponibili sul mercato romano (p. 51) sembrano stranamente non del tutto corri-spondenti con la fonte indicata, vale a dire Plinio, Nat. hist., XIII, 24, 78-80. Pliniodistingue, infatti, una charta optima (Augusta?), la cui latitudo raggiungerebbe a suo direle 13 dita, da una di qualità inferiore, definita ieratica, di 11 dita («duo [sc. digiti] detra-huntur hieraticae»); a questa farebbero seguito, in ordine di qualità decrescente, lacosiddetta Fanniana (10 dita), l’amphitheatritica (9 dita), la Saitica — di cui Plinio inrealtà non fornisce una misurazione precisa limitandosi a un laconico «pauciores [sc.digitos habet] Saitica» — e, infine, l’emporitica (non oltre le 6 dita). La qualitàClaudiana, d’altra parte, presenterebbe secondo Plinio una amplitudo ben maggioredella Augusta raggiungendo la misura di un piede («Auxit [sc. Claudius Caesar] etamplitudinem, pedali mensura»), vale a dire 16 dita.

Il terzo capitolo interamente dedicato allo studio della carta come supporto scrit-torio (pp. 77-120) si presenta, per usare le parole di Albert Derolez, come un auten-tico «nec plus ultra» in questo campo («Scriptorium», XLIX (2005), pp. 109-112). Conle oltre tredici pagine che le vengono dedicate, e facendo ampio ricorso agli studifinora insuperati di Jean Irigoin, vasto risalto è dato ai vari aspetti della filigranolo-gia, della quale si analizzano con acume e lucidità problematiche e prospettive diricerca.

Il quarto capitolo La morfologia del libro (pp. 121-147) prende in esame le varieforme assunte dalla tradizione manoscritta a partire dall’origine della scrittura fino

Recensioni

Litterae Caelestes240

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 240

Page 12: recensioni in Litterae Caelestes

alla definitiva affermazione del codice membranaceo. Lodevole, e perciò degno di es-sere menzionato, il fatto che l’A. si curi di presentare al lettore le varie tesi concer-nenti il «passaggio dal rotolo al codice» (pp. 134-141), esposizione più che giustifi-cata dall’incertezza ancor oggi dominante in proposito tra gli studiosi. Maggiore spa-zio sarebbe stato auspicabile destinare alla trattazione dei rotoli liturgici e dei rotoliobituari (pp. 131-134), testimonianze interessantissime e pressoché uniche della per-sistenza della forma rotolo — se si esclude naturalmente l’ambito diplomatistico —durante il periodo medievale.

Con il capitolo quinto Il codice. Organizzazione materiale (pp. 149-219) e sesto Lamise en page (pp. 221-244) si entra nella parte prettamente tecnica del libro, che dasola costituisce circa un quarto della trattazione complessiva. L’ampio spazio riserva-to all’esame degli aspetti più propriamente “archeologici” e manifatturieri della pro-duzione libraria, insieme alle numerose pagine dedicate alle metodologie descrittive— opportunamente distinte tra un uso in ambito greco e un uso in ambito latino— costituisce l’autentica originalità di questo “manuale” che, emancipandosi defini-tivamente da un approccio di tipo filologico al codice manoscritto, fornisce al futu-ro codicologo gli strumenti indispensabili per assolvere nel migliore dei modi al pro-prio compito.

Nel capitolo settimo La trascrizione dei testi (pp. 245-299), si nota una certa incon-gruenza tra gli interrogativi “programmatici” posti in apertura dall’A. — «Chi è ilcopista attraverso i secoli di vita del manoscritto? Qual è il suo status sociale, e in chemodo organizza il suo faticoso lavoro?» (p. 245) e i vari argomenti in seguito affron-tati. Non risulta facile a prima vista trovare una motivazione plausibile che possa giu-stificare una trattazione unitaria di temi quali il formato e l’organizzazione per la tra-scrizione, l’importanza e il significato dei segni di rimando, le brevi nozioni di cro-nologia fornite alle pp. 277-278, la composizione degli inchiostri e delle tinte. Piùpertinente e minuzioso il paragrafo dedicato allo studio del sistema di produzionedel manoscritto mediante la pecia (pp. 257-263), quest’ultimo effettivamente appor-tatore di innovazioni significative nella vita dei copisti medievali e nell’organizzazio-ne del loro lavoro. L’utilizzo della bibliografia più recente sull’argomento — fruttodelle accurate ricerche d’impostazione quantitativa, quali quelle di Ezio Ornato —contribuisce e, come auspichiamo, contribuirà sempre più nel futuro al rinnovamen-to di un campo d’indagine nel quale, fino a pochi decenni or sono, non era datoancora riscontrare conquiste significative dopo gli emeriti lavori a esso dedicati daJean Destrez e da Giulio Battelli.

Il capitolo ottavo dedicato a La decorazione (pp. 301-344) paga in certa misural’approccio eminentemente storico-artistico della maggior parte dei contributi fino-ra apparsi sulla illuminazione dei manoscritti medievali. Date queste premesse, restain ogni modo degno di lode il tentativo di dar luogo a una trattazione sistematicadella materia che, tralasciate le tradizionali attenzioni rivolte in prevalenza alle scuo-

Litterae Caelestes241

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 241

Page 13: recensioni in Litterae Caelestes

le e ai maestri, dia conto invece delle principali tappe nella evoluzione delle tecni-che e delle forme via via adottate nella decorazione e ornamentazione del libromanoscritto.

Un’attenzione pari, se non maggiore, è rivolta dall’A. allo studio de La legatura(pp. 345-385). In questo capitolo si ripercorre la storia di questo antichissimo e trop-po spesso trascurato elemento codicologico, dalle prime testimonianze superstiti,risalenti all’arte manifatturiera copta e greca di epoca imperiale, fino alle legature“artistiche” prodotte in gran numero durante il Rinascimento. La trattazione separa-ta della legatura “alla greca” e della legatura occidentale dà conto adeguatamentedelle peculiarità che, in questo forse più che in altri ambiti, distinsero tanto il pro-dotto quanto la prassi manifatturiera seguita sulle opposte sponde del Mediterraneo.

Un ultimo capitolo, Per una storia del manoscritto: circolazione, fruizione, conservazio-ne, catalogazione (pp. 387-414), fornisce al lettore alcuni cenni circa la storia dellebiblioteche, dall’Antichità al Rinascimento, e utili nozioni generali riguardanti leproblematiche e i modelli di descrizione del libro manoscritto, nonché le principaliiniziative di catalogazione attuate o ancora in via di realizzazione.

Concludono l’opera la vasta bibliografia, cui si è già accennato in precedenza, unindice delle testimonianze manoscritte e un indice dei nomi e dei luoghi.

Un’ultima osservazione ci sia consentita circa la scelta editoriale di utilizzare nellapresente pubblicazione il sistema di citazione autore-data. Fermi restando i ben notivantaggi e le altrettanto note controindicazioni, l’uso di tale sistema è a nostro avvi-so sconsigliabile quando sia presente una bibliografia di vaste proporzioni e soprat-tutto ogniqualvolta s’intenda rivolgersi a un pubblico di non specialisti, costretti ilpiù delle volte dalla scarsa familiarità con autori e titoli a un dispendioso andirivie-ni tra testo e bibliografia.

Da quanto siamo venuti fin qui dicendo crediamo si possa evincere facilmentel’importanza che questo libro riveste attualmente nel panorama degli studi codico-logici. Esso rappresenta una vera e propria miniera di informazioni per chiunques’interessi oggi ai più vari aspetti della storia, della produzione e della fruizione dellibro manoscritto grecolatino. Se un appunto può essere mosso alla straordinariaaccuratezza e perizia di queste pagine esso consiste propriamente nella difficoltà,spesso riscontrata altrove, di conciliare le ambizioni alla completezza con le esigenzedi sintesi imprescindibili in una pubblicazione che voglia proporsi anche, se noninnanzitutto, come strumento didattico.Auspichiamo, infine, che nelle prossime edi-zioni si possa porre rimedio alle poche inesattezze segnalate, che d’altra parte nonintaccano in alcun modo l’indiscutibile valore scientifico della pubblicazione presain esame.

Mirko STOCCHI

(Roma)

Recensioni

Litterae Caelestes242

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 242

Page 14: recensioni in Litterae Caelestes

Euripide e i PapiriATTI del Convegno internazionale di studi

(Firenze, 10-11 giugno 2004) a cura di G. BASTIANINI e A. CASANOVA

Istituto Papirologico “G.Vitelli” [Studi e testi di Papirologia 7]Firenze 2005, pp. 243, 4 tavole b/n

Con il settimo volume della collana “Studi e Testi di Papirologia” l’Istituto G.Vitellipubblica gli Atti del congresso internazionale dedicato, nel 2004, a Euripide e i papi-ri, consolidando così, secondo le parole introduttive di G. Bastianini, «una bella abi-tudine, se non un impegno tradizionale» di riunire annualmente a Firenze studiosi dilivello internazionale attorno a un autore della letteratura greca particolarmentebeneficiato dalle scoperte papiracee (dopo Posidippo, Euripide e Menandro si èinfatti svolto a giugno di quest’anno l’incontro dedicato a Callimaco e i papiri). Questanota vuole fornire una informazione, anche se necessariamente superficiale, sui con-tributi che, a vario titolo, gettano nuova luce sulla presenza di Euripide nei papiri, eche formano la ragion d’essere e l’interesse specifico di questo convegno.

Il volume si apre con le parole di saluto dei curatori del volume (G. Bastianini e A.Casanova) e con una interessante panoramica di A. CASANOVA (Quarant’anni di papirieuripidei, pp.1-9) dedicata ai progressi compiuti nella conoscenza delle opere di Euripide(giunteci o meno tramite le due recensioni medievali) dal secondo dopoguerra ai nostrigiorni. Infatti Euripide risulta essere tra gli autori più letti nelle scuole dell’intera anti-chità (di qui la ricca produzione scoliastica) e del periodo bizantino, il che gli ha assicu-rato una trascrizione continua, una sopravvivenza parziale sino ai giorni nostri e unapresenza costante nel panorama culturale, testimoniata dalla messe di papiri che è secon-da solo a quella di Omero.Queste pagine sono interessanti anche perché, tracciando unabreve storia degli studi sulla tradizione manoscritta di Euripide, si può notare, per l’en-nesima volta, con quale difficoltà i testi di origine papiracea siano entrati nel circuitodegli studiosi della materia nonostante la cospicua, seppur problematica, messe di datinuovi. Il punto di rottura tra la situazione precedente e il riconoscimento del valore filo-logico dell’apporto papiraceo può collocarsi con la celebre edizione del commentoall’Ippolito del Barrett (1964) che fa uso abbondante e metodico di dati papirologici. Daquell’anno gli studi dei papiri euripidei hanno conosciuto uno stimolo e un approfon-dimento costante, grazie alla massa dei nuovi ritrovamenti che hanno consentito la rico-struzione, a volte dettagliata, di tragedie altrimenti perdute come Cresfonte, Alcmeone,Cretesi,Telefo,Archelao, Eretteo, Edipo, Ipsipile,Alcmena, Frisso secondo e Fetonte. Una quan-tità considerevole di testi nuovi provenienti da un ventaglio storico assai ampio che spes-so ci permette di ricostruire, anche se a grandi linee, le vicissitudini progressive del testoattraverso i fondamentali passaggi della scuola alessandrina e delle modificazioni paleo-

Litterae Caelestes243

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 243

Page 15: recensioni in Litterae Caelestes

grafico-bibliologiche tardo-antiche.A questa interessante panoramica si aggiungono glistudi che si compiono sulla letteratura di secondo grado gravitante attorno al testo euri-pideo quali scolii e ipotesi. Infine il contributo si chiude con una breve panoramica sullescoperte più recenti e sulle iniziative editoriali tese a metterle a frutto.

M. MANFREDI (Qualche considerazione sulla tradizione euripidea, pp. 11-17) vuole sti-molare l’attenzione degli studiosi su alcuni problemi metodologici della tradizionetestuale di Euripide, richiamando la necessità, per una corretta interpretazione deitesti, di aver presente il valore scenico dell’opera euripidea e il suo stretto rapportocon la rappresentazione, rappresentazione che deve essere considerata nelle sue evo-luzioni diacroniche e nelle sue realizzazioni e valenze sociali presso le minoranzegreche in terra straniera (Egitto in particolare). Lo studio delle testimonianze papi-racee deve ora essere coniugato a una lettura bibliologica e sociologica del manufat-to, inteso sia come espressione di differenti esigenze culturali da inquadrare fruttuo-samente nel contesto politico, laddove ricostruibile, sia come testimonianza dell’ete-rogeneo mondo della produzione libraria nel mondo antico.

D. DEL CORNO (La “tragedia nuova” di Euripide nei frammenti papiracei, pp. 19-25) conil suo contributo vuole soffermarsi su alcuni aspetti dell’evoluzione della tarda trage-dia euripidea, certamente uno degli argomenti più interessanti e dibattuti fra gli stu-diosi. Alla base delle scelte di continuità e rottura con il canone tragico tradizionale,con le cause e conseguenze ideologiche che ne conseguono, sta la forte personalità delpoeta tragico, il quale cercò sempre di trasporre negli intrecci della scena il drammadell’interferenza dell’imprevisto e dell’imponderabile nelle vicende umane. L’azionemitica viene perciò reinterpretata non come «sentenza del destino» ma oramai comesegno «dell’arbitrio della casualità» (p. 20). E questa irruzione del casuale e dell’inatte-so nell’intreccio tragico è certamente meglio apprezzabile nel tardo Euripide ma èanche riconoscibile molto addietro nella sua produzione. Questo lavorio costante direinterpretazione e modifica progressiva dei canoni tragici è rintracciabile ugualmen-te nelle tragedie frammentarie di origine papiracea? Nel contributo si cerca di impo-stare una risposta attraverso un saggio di ristretta campionatura (si considerano fram-menti e testimonianze dall’Alessandro, Issipile, Ione, Andromaca, Fetonte, Antiope e Mela-nippe incatenata) per giungere all’ipotesi conclusiva che, con una più approfondita emetodica ricerca sui frammenti papiracei euripidei, sia possibile rintracciare anche inquei casi un uso esteso e progressivo di precise scelte drammaturgiche.

J.DIGGLE (Rhythmical prose in the Euripidean Hypotheses, pp. 27-67) presenta un ampiocontributo dedicato al riconoscimento e alla analisi di clausole metriche nelle hypothe-seis papiracee di tragedie euripidee (giacchè quelle medievali presentano sintomatichenormalizzazioni testuali) al fine, laddove possibile,di congetturare integrazioni con mag-giore plausibilità. Le clausole accertate nei frammenti papiracei vengono giustapposte aquelle presenti delle ipotesi tramandate dai manoscritti medievali, e infine si discute bre-vemente l’ipotesi dell’attribuzione di questi testi al peripatetico Dicearco di Messina.

Recensioni

Litterae Caelestes244

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 244

Page 16: recensioni in Litterae Caelestes

G. BASTA DONZELLI (Interpretazione del teatro euripideo: qualche pregiudizio, pp. 69-85)richiama la necessità, nello studio di Euripide e degli autori antichi in generale, di unalettura “storicistica” che ci consenta, per quanto possibile, l’intellezione dell’opera intutte le sue componenti quasi attraverso gli occhi stessi dello spettatore. Di qui la diffi-coltà di ricostruire in modo organico, in tutte le sue sfumature, la delicata realtà in cuioperò Euripide e la delicatezza dell’equilibrio che deve stabilirsi tra l’immedesimazionenello spettatore antico e la percezione del messaggio che l’autore porta a noi che vivia-mo l’oggi.L’autrice passa in rassegna alcuni episodi di tragedie euripidee particolarmen-te significativi nell’ottica esemplificata: il delicato tema dei sacrifici umani, volontari omeno, con considerazioni a partire da scene dell’Ecuba (al personaggio e alla vicenda diPolissena viene dedicata un’attenzione ripetuta e specifica, con considerazioni interes-santi sul ruolo “politico” della figura di Odisseo), degli Eraclidi, dell’Agamennone, del-l’Ifigenia in Aulide, delle Fenicie e dell’Eretteo. Le scene vengono analizzate singolarmen-te e riprese, se necessario, al fine di illustrare in tutti i suoi aspetti la tecnica drammatur-gica e la posizione intellettuale e anche politica di Euripide e l’economia di questimomenti nella struttura dei testi stessi.

W. LUPPE (Die Hypothesis zum Ersten Hippolytos. Ein Versuch der Zusammenführung desP.Mich. inv. 6222a und des P. Oxy. LVIII 4640, pp. 87-96) presenta una comunicazione dicarattere più tecnicamente papirologico, dedicata a due papiri provenienti da collezionidiverse che riportano probabilmente sezioni distaccate della medesima hypothesis all’Ip-polito. Dei due papiri si fornisce la trascrizione e si propongono integrazioni dopo brevecommento, infine vengono ambedue integrati e commentati in un testo unico.

V. DI BENEDETTO (Osservazioni su alcuni frammenti dell’Antiope di Euripide, pp. 97-122) indaga, nel suo lungo intervento, i rapporti concettuali e filosofici tra alcuni fram-menti della tragedia euripidea Antiope e i dialoghi platonici Protagora e Gorgia. Partendoda una congettura al frammento 8 (secondo l’edizione di Juan Van Looy, Paris 1998-2003) il discorso si allarga, attraverso paralleli con altre tragedie euripidee e non, allasfera religiosa e ai rapporti tra Euripide, il culto dionisiaco e la figura di Orfeo. L’autorepassa poi a illustrare i rapporti “sotterranei” tra questa tragedia e il pensiero platonicoespresso nel Gorgia e nel Protagora circa l’agire morale dell’uomo e il suo atteggiamen-to verso l’hJdonhv». Nelle pagine successive del contributo vengono studiati numerosialtri frammenti da differenti punti di vista con taglio ora filologico, ora metrico, orafilosofico e religioso, avanzando anche (al paragrafo 10) un’interessante ipotesi critica(in senso negativo) circa i versi pseudoeuripidei ricostruiti dal Dodds a Gorgia 486a.

O. MUSSO (La scenografia dell’Auge euripidea: un papiro di Colonia e il tondo di Eua, pp.123-126) produce una breve nota ove si avanza una congettura nuova al papiro diColonia (P.Köln I 1) in base alla scoperta relativamente recente di un tondo,provenien-te dalla villa di Erode Attico in Arcadia, con una scena ispirata appunto al mito di Auge.

G. PADUANO (L’apologia di Pasifae nei Cretesi, pp. 127-144) analizza la prima parte (vv.4-20) del celebre papiro che ci ha restituita la rhesis dei Cretesi con l’autodifesa di Pasifae.

Litterae Caelestes245

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 245

Page 17: recensioni in Litterae Caelestes

L’argomento è quello “scottante”, ripreso in tutto il saggio con richiami ad altre trage-die, dell’atteggiamento della donna davanti alla pulsione amorosa e delle responsabilitàa essa correlate: viene compiuta una panoramica di atteggiamenti simili rintracciabilinelle tragedie euripidee per valutare la peculiarità del discorso di Pasifae. Il topos fem-minile dell’autogiustificazione amorosa viene analizzato nel suo evolversi sino a una sin-tomatica testimonianza ottocentesca mentre l’autore fornisce una interpretazione per-sonale dello scontro dialettico tra Pasifae e Minosse. Infine si compie un’analisi attentadel passo e del personaggio per evidenziarne legami e originalità nel panorama dellaproduzione euripidea.

P. CARRARA (I papiri dell’Ecuba, pp. 145-155) passa in rassegna nel suo contributo leproblematiche filologico-testuali suscitate dal ritrovamento di papiri di tragedie già noteattraverso la tradizione medievale, con una particolare attenzione ai papiri dell’Ecuba,distribuiti nell’arco cronologico che va dall’epoca ellenistica a quella tardo-antica, conuna tipologia che varia dalla testimonianza indiretta (epoca ellenistica) a quella delmanufatto librario di alto livello.Attraverso una serie di considerazioni su fattori di sva-riata origine, assistiamo al progressivo formarsi, già in epoca imperiale, di quella selezio-ne delle tragedie che influenzerà la sopravvivenza dei testi in epoca bizantina.

C.AUSTIN (Les papyrus des Bacchantes et le PSI 1192 de Sophocle, pp. 157-168) allar-ga il suo discorso da un papiro delle Baccanti a un testimone papiraceo dell’Edipo Re diSofocle. Anche in questo caso vengono passati in rassegna i testimoni papiracei dellatragedia euripidea (una dozzina in tutto, più uno recentissimo) distribuiti in ordinecronologico. Si riproduce anastaticamente, con nuova fotografia nelle tavole (II), ilpapiro fiorentino, che probabilmente appartiene allo stesso rotolo di P. Oxy XVIII2180, per il quale si propongono nuove congetture e negli scolii del quale si identifi-ca un probabile nuovo frammento di un’altra tragedia perduta di Euripide (Stenebeo).

Il lungo contributo di L. BATTEZZATO (La parodo dell’Ipsipile, pp. 169-203) è dedi-cato a tre differenti aspetti del papiro ossirinchita (P. Oxy.VI 852) che ci ha restituitola parodo dell’Ipsipile: «una discussione testuale concernente lo strumento di Ipsipile,un esame delle possibili ricostruzioni metriche della parodo, e un’analisi del conflittodi temi mitologici e tradizioni letterarie a cui Ipsipile e il coro alludono» (p. 169).

A.G. KATSOURIS (Euripide’s Archelaos: a Reconsideration, pp. 205-226) tenta, in basea testimonianze letterarie tanto interne (altre tragedie dedicate allo stesso mito o miticomplementari, testimonianza di papiri con hypotheseis) quanto esterne (Stobeo masoprattutto la testimonianza del favolista Igino), una ricostruzione a grandi linee del-l’andamento della tragedia perduta Archelao, proponendo anche una nuova succes-sione dei frammenti conosciuti.

Chiude il volume la relazione di G. BASTIANINI (Euripide e Orfeo in un papiro fio-rentino (PSI XV 1476), pp. 227-242) che discute di una sezione inedita di un papirofiorentino con delle sentenze provenienti dalle Fenicie contestualizzate in una raccol-ta gnomica di chiara impronta orfica. Si avanza un tentativo di ricostruzione mate-

Recensioni

Litterae Caelestes246

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 246

Page 18: recensioni in Litterae Caelestes

riale del rotolo a partire dai frammenti, se ne analizza il contenuto, si fornisce la tra-scrizione diplomatica della sezione inedita indagando le possibili ragioni della dispo-sizione testuale dei frammenti euripidei e di quelli orfici.

Come si può facilmente intuire dal rapido riassunto degli interventi di questo con-vegno e dalla varietà dei temi affrontati (con metodologie spesso differenti ma sempreesemplari per chiarezza) il volume in questione rappresenta una messa a punto impor-tante sui progressi registrati nella conoscenza dell’opera di Euripide grazie alle scopertepapiracee e fornisce allo stesso tempo un consolidamento di dati acquisiti e uno stimo-lo alla continuazione della ricerca lungo le direttive tracciate dai vari relatori.

Adriano MAGNANI

(Napoli)

GUGLIELMO IX. Vers a cura di Mario EUSEBI

Carocci [Biblioteca medievale 53] Roma 20032, pp. 104

Nel vasto panorama di studi su Guglielmo IX (1071-1126) l’edizione critica curata daMario Eusebi vanta certamente il pregio di essere realizzata con metodi ecdotici scru-polosi e chiaramente esposti, in modo tale da permettere a un lettore, più o menospecialista, di seguire e ripercorrere il ragionamento che il filologo ha compiuto perarrivare a delineare il testo critico ora proposto per ciascun componimento.

Quella del 2003 è una ristampa della prima edizione (1995), di cui è sostanzial-mente una riproposizione: non presenta novità sul piano del contenuto, mentre sonostati opportunamente corretti alcuni errori tipografici. Già il fatto che sia stata rea-lizzata una ristampa dopo così poco tempo dalla prima edizione, dimostra la vitalitàdel libro e questa è una ragione in più per tenere maggiormente in considerazioneil lavoro di Mario Eusebi.

Il “volumetto”, così come lo definisce lo stesso curatore nelle primissime pagine (p.7), si apre con un’introduzione in cui, con uno stile conciso e chiaro al contempo, ven-gono affrontate alcune tematiche fondamentali per chi voglia accostarsi alla figura,ancora per molti lati enigmatica, di Guglielmo IX e alla produzione poetica di coluiche, proprio per le sue molte contraddizioni, Pio Rajna definì «trovatore bifronte». Lapresentazione del trovatore è affidata alla “biografia” conservata in due testimoni, I K,i cosiddetti “gemelli” veneti. Si tratta di due canzonieri molto importanti all’internodella complessa tradizione manoscritta trobadorica: oltre a numerosi componimenti

Litterae Caelestes247

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 247

Page 19: recensioni in Litterae Caelestes

poetici, contengono anche molte biografie trobadoriche, ben 85 vidas e 19 razos, undato che appare tanto più rilevante se rapportato a una tradizione manoscritta che,escludendo i frammenti, complessivamente ammonta a poco più di un centinaio ditesti. Si parla di “gemelli” veneti, dal momento che i due canzonieri sono stati prodot-ti tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo (K è più vecchio di una dozzina di anni)con ogni probabilità in uno stesso scriptorium in quell’area veneta che tanto importan-te fu per la ricezione e la diffusione della lirica trobadorica in Italia. La gemellarità deidue codici venne riconosciuta a partire dai pionieristici studi di Gustav Gröber (G.Gröber, Die Liedersammlungen der Troubadours, in «Romanische Studien», II (1875-1877), pp. 337-670) negli anni ’70 dell’Ottocento, prevalentemente sulla base di ele-menti di critica esterna — la struttura dei canzonieri, l’ordinamento dei testi lirici enon all’interno delle raccolte… — e confermata da Avalle (d’Arco Silvio Avalle, Imanoscritti della letteratura in lingua d’oc, a cura di Lino Leonardi,Torino 1993 ed. aggior-nata di La letteratura medievale in lingua d’oc nella sua tradizione manoscritta, Torino 1961),affiancando ai dati di critica esterna quelli di critica interna (errori congiuntivi); il piùrecente e dettagliato studio su I K è stato condotto da Walter Meliga («INTAVULARE»,Tavole di canzonieri romanzi, I. Canzonieri provenzali, 2. Bibliothèque nationale de France, I(fr. 854), K (fr. 12473) a cura di Walter Meliga, Modena 2001), che ha aggiunto ulte-riori elementi e considerazioni a favore della tesi della gemellarità dei due codici.

Nel proporre al lettore la vida di Guglielmo IX,Eusebi segue il testo critico dell’edi-zione di Boutière e Schutz (Jean Boutière et A.-H. Schutz, Biographies des Troubadours,Textes provençaux des XIIIe et XIVe siècles. Éd. refondue […], avec la collaboration d’I.-M. Cluzel, Paris 1964); per chi si interessi di “biografie” trobadoriche questa rimane almomento la sola edizione critica disponibile, malgrado tutte le carenze e debolezze piùvolte evidenziate dagli esperti del settore fin dalla prima edizione, quella del 1950 e dicui la seconda e definitiva (1964) è sostanzialmente una riproposizione.

Nell’introduzione di Eusebi, alla vida segue un rapido excursus sull’“uomo stori-co”, che fu IX duca d’Aquitania e VII conte di Poitiers, nonché nonno di Eleonorad’Aquitania, prima ancora che trovatore, anzi meglio, il “primo” trovatore a noi noto.Sono dieci i componimenti che gli vengono attribuiti in modo sicuro grazie, comespiega Eusebi, alla «marca d’attribuzione» di Conte di Poitiers — in molteplicivarianti grafiche e fonetiche — che compare nei manoscritti; a questi dieci vers vaaggiunto il componimento di attribuzione incerta: Farai una chansoneta nueva è infat-ti dal filologo posta in appendice (p. 87), dal momento che «con il suo scialbo manie-rismo rinvia a epoca più recente di quasi un secolo di quella di Guglielmo» (p. 14),e secondo le più recenti considerazioni avanzate in merito alla questione già moltodiscussa, non può dunque dirsi guglielmina.

Altri interessanti temi affrontati riguardano la possibile collocazione cronologica (seb-bene sempre cautamente approssimativa) di taluni componimenti, tra cui Pos de chantarm’es pres talenz che, se fino a non poco tempo fa era collocato in prossimità della morte

Recensioni

Litterae Caelestes248

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 248

Page 20: recensioni in Litterae Caelestes

reale del trovatore (1126) data la presenza di temi tipici del compianto funebre, sarebbeinvece da anticipare agli anni della maturità del poeta, e quindi il tema della morte trat-to in tale componimento — che è riconducibile al genere letterario del planh — «po-trebbe essere stata anticipato dalla fantasia poetica senza un’occasione accertabile» (p. 10).

Una questione non meno problematica riguarda la lingua, la cui pittanività «nonè sostenibile che per alcuni tratti, nel suo insieme non differenziandosi […] da quel-la degli altri trovatori, che si servirono di una lingua comune atta a imporsi sopra levarietà regionali nell’area dei dialetti occitanici» (p. 12).

Per ciascun componimento ci viene proposto il testo critico con la traduzione in ita-liano, affiancato — come è necessario per ogni edizione critica che possa davvero dirsitale — da un apparato critico organizzato in più fasce secondo dei criteri che il filolo-go ha l’accortezza di spiegare alla fine dell’introduzione (p.16; ibidem vi è anche un elen-co dei manoscritti che conservano i componimenti: accanto a componimenti unitesti-moniali, ne troviamo altri a tradizione plurima). Nella terza fascia, tra le “annotazionid’ordine paleografico e codicologico” (p. 16), non mancano interessanti spiegazioni diparole o espressioni ricche di significati simbolici e metaforici, un aiuto prezioso per chivoglia meglio cogliere il senso di questa che è sicuramente una poesia di alto valore arti-stico. Le citazioni bibliografiche disseminate abbondantemente un po’ in tutte le pagi-ne sono raccolte e illustrate nella bibliografia con cui si chiude il volumetto (p. 93): uti-lissima, per quanto esigua, e sicuramente uno strumento di fondamentale importanzache permette allo studioso esperto così come al lettore curioso, di approfondire ulte-riormente le molte tematiche legate a Guglielmo IX, per assecondare le curiosità e gliinteressi che il lavoro di Eusebi è certamente in grado di stimolare.

Silvia VIGNA SURÌA

(Torino)

Richard SHARPE

Titulus. I manoscritti come fonte per l’identificazione dei testi mediolatinitrad. di Marco PALMA

(t.o.) Titulus. Identifying Medieval Latin Texts.An Evidence-Based Approach, Brepols,Turnhout 2003.

Viella [Scritture e libri del medioevo 3] Roma 2005, pp. 252

L’autore pone l’accento sulle evidenti difficoltà riscontrate e sulle carenze degli attualicriteri di catalogazione e attribuzione delle opere, offrendo una valida alternativa checonsenta di districarsi negli impervi labirinti delle biblioteche medievali, dei codici e dei

Litterae Caelestes249

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 249

Page 21: recensioni in Litterae Caelestes

cataloghi, che troppo spesso invitano all’errore grossolano, alla scelta inesatta, alla super-ficialità.L’attenzione viene focalizzata sul primo grande scoglio che si presenta agli acca-demici — e che poi rappresenta il motivo determinante della richiesta di una cataloga-zione unica e il più possibile sicura delle opere medio latine — vale a dire la necessitàdi individuare con assoluta certezza di quale opera si stia parlando, nell’ambito di arti-coli, saggi, seminari, lezioni e in generale all’atto della divulgazione degli esiti dei pro-pri studi.L’importanza,dunque,di un riconoscimento univoco e universale, che non diaadito a fraintendimenti. Il problema si pone, naturalmente, a causa del marasma di attri-buzioni di paternità e titoli di opere avvenuto in tempi antecedenti la diffusione dellastampa, ma non necessariamente corretto e curato dall’avvento di quest’ultima. Se lastampa ha indubbiamente il merito di aver garantito la sopravvivenza di moltissimeopere, portando fino a noi letture altrimenti sicuramente destinate all’oblio, è pur veroche la sensibilità dei contemporanei nella ricerca della giusta attribuzione era pressochésconosciuta, o coltivata da pochi e impegnati curatori, dediti in ogni caso più alla reda-zione di lunghe e corpose premesse alle opere, che non alla ricerca della giusta versio-ne del codice o della corretta attribuzione di un titulus. Con ciò, l’autore invita tuttaviaa non incorrere nell’errore di pensare gli autori medievali come indifferenti all’attribu-zione di un titolo corretto alla propria opera o della paternità della medesima e, sebbe-ne indubbiamente ci si trovi a esaminare una grande quantità di testi anonimi e privi dititolo, abbiamo altrettante testimonianze di autori che posero i titoli dei loro libri neiprologhi, per evitare che fossero omessi o cambiati all’atto della copiatura. La sensibilitàverso questo problema era dunque presente già nel Medioevo.

Quello con cui gli intellettuali dell’epoca, e i contemporanei, devono fare i conti, èl’organizzazione delle biblioteche, dei luoghi in cui le opere venivano custodite per esse-re destinate a sopravvivere al tempo. Studiare la sensibilità di quanti furono preposti allaconservazione dei manoscritti è, nell’opinione dell’autore, il modo più efficace per com-prendere determinate scelte o eventuali errori, e avvicinarci il più possibile alla vera iden-tificazione di un’opera e alla corretta attribuzione di un titulus.Ai responsabili delle bi-blioteche era affidato il compito di inserire nei loro cataloghi l’elenco della totalità deicodici posti sotto la loro custodia, elenco che, nella maggior parte dei casi, era accompa-gnato da brevi cenni di descrizione del contenuto dell’opera stessa, nonché dall’attribu-zione, comprensiva di autore e titolo. Non di rado qualche catalogatore si è preoccupa-to, nei limiti delle sue capacità e del tempo a disposizione, di indagare sotto quali nomie attribuzioni quella stessa opera circolasse, e si hanno così elenchi di titoli e nomi di altricodici o manoscritti considerati identici a quello custodito in quella determinata biblio-teca, senza però essere associati ad altrettanti nomi e attribuzioni. Questo tipo di lavororisulta di difficile consultazione mancando di dati fondamentali, quali, ad esempio, se ititoli riportati siano presenti all’interno delle opere o siano stati attribuiti in fase di copia-tura o di edizione a stampa, o ancora in fase di catalogazione. Non è dunque che unpunto di partenza, che pone lo studioso di fronte alla portata della difficoltà di attribu-

Recensioni

Litterae Caelestes250

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 250

Page 22: recensioni in Litterae Caelestes

zione di quella determinata opera, senza offrire però, alcuna soluzione. Un aiuto in que-sto senso è dato dalla presenza dell’incipit dell’opera, la cui trasmissione associata al titolofu decisa da Agostino — che già era solito attribuire ai propri scritti un titolo — per aiu-tare l’identificazione delle sue molteplici opere a quanti avessero voluto accostarvisi, pras-si poi continuata dai catalogatori che spesso l’applicarono anche ad altri testi.

Alle oggettive difficoltà fin qui esposte a grandi linee, si aggiunge un problema abba-stanza diffuso nel panorama degli studi sul Medioevo (e non solo): la tendenza a proce-dere per “compartimenti stagni”, scindendo i diversi campi di specializzazione degli stu-di, che portano all’isolamento delle informazioni, e al conseguente arresto dei progressinello studio dell’antichità. Se è giusto che il paleografo s’interessi della scrittura e lasci lostudio del contenuto al filologo, se è corretto che colui che si occupa di interpretare ilsignificato del brano non si occupi del codice che lo presenta, è pur vero che, per otte-nere il massimo delle informazioni da una fonte storica complessa come può essere unmanoscritto, è necessario riunire i diversi studi, al fine di ottenere dalla collaborazione ilmaggior numero di informazioni complessive e poter reinserire l’opera, nel suo insieme,nel contesto storico dal quale proviene. Estrapolare il manoscritto dal suo contesto stori-co vuol dire in massima parte perdere tutto il bagaglio di conoscenza che esso può of-frirci su quanti l’hanno copiato, letto, trasmesso, commentato, studiato, o magari abban-donato o trascurato per opere di maggior calibro. I processi che hanno portato alla tra-smissione di un’opera offrono uno spaccato di storia politica e sociale di un’epoca i cuicontorni sono visibili soltanto cumulando le conoscenze di quanti hanno analizzatoquella fonte in tutti i suoi aspetti. Se chi è in grado di analizzare la struttura fisica del libropuò parlarci dell’ambiente di provenienza, del valore economico, della diffusione e delladatazione dell’oggetto fisico, colui che studia la struttura del testo può darci notizie sul-l’ambiente di diffusione, sulla tipologia di persone alle quali la lettura era destinata e, infi-ne, colui che ne studia il contenuto ci dà nozione del tipo di letture, e dunque di cono-scenze, diffuse in quella determinata epoca e in quel determinato ambiente culturale.

Passando all’analisi di questo volume, al di là dell’importante messaggio che l’au-tore ha voluto rivolgere al mondo accademico e ai lettori in genere, appare giustovalorizzarne il carattere didattico e manualistico, che lo rende uno strumento di stu-dio incredibilmente agevole e completo, sia per un principiante che si misuri per laprima volta con le problematiche paleografiche, sia per uno studioso esperto che sene avvalga come un “compendio” di strumenti, costruiti con estrema precisione perfacilitare in parte l’arduo compito di analisi dei testi antichi.

Dopo una prima parte, per così dire, esplicativa delle dinamiche dello studio delleopere e contenente informazioni di tipo storico (come l’interessante capitolo sulla “sto-ria più antica della bibliografia medievale”) e metodologico (contenente esempi di stu-dio e attribuzione di paternità di opere, come nel capitolo “repertori e testimonianza dipaternità delle opere”), il libro ci offre una sezione ricca di strumenti bibliografici divi-sa per sezioni: autori, testi, tradizioni bibliografiche, grandi collane di testi.All’interno di

Litterae Caelestes251

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 251

Page 23: recensioni in Litterae Caelestes

questa parte, l’autore ha raccolto insieme le informazioni del suo percorso di studio,offrendo al lettore una serie di importanti indicazioni bibliografiche che vanno dai ma-nuali tedeschi, inglesi e italiani, comprensivi di commento aggiornati al 2002, ai reper-tori di autori latini e greci compilati al fine di favorire il reperimento delle edizioni astampa dei testi, ai dizionari di latino medievale contenenti a loro volta liste di fontiedite, alle opere enciclopediche aggiornate al 2001 e tuttora in corso di pubblicazione,alle bibliografie annuali (una su tutte l’Année Philologique) contenenti le pubblicazio-ni di studi uscite nel corso dell’anno, ai repertori di testi, anche su formato cd-rom o suserver (in Internet), ai cataloghi speciali di manoscritti, agli incipitari, alle tradizionibibliografiche continentali, inglesi, suddivise per ordini religiosi (Agostiniani, Benedet-tini, Certosini, Carmelitani, Cistercensi, Domenicani, Francescani, Premostratensi, Ser-viti), alle grandi collane di testi (Biblia latina cum glossa ordinaria, Patrologia Latina incd-rom su database), tutti commentati e indicati con la massima chiarezza. Oltre a elen-care una quantità di strumenti preziosa per la sua ampiezza e completezza, l’autore offrein tutta la prima parte del testo una spiegazione circa le metodologie di utilizzo di que-sti strumenti che vanno dai cataloghi di manoscritti più antichi ai modernissimi databa-se su supporto informatico,offrendoci un modello di studio che possa ricondurre lo stu-dioso a quella rigorosità che rende sicura la validità di un lavoro di tipo paleografico.Nel far questo, Richard Sharpe aggiunge a questo manuale alcune esperienze persona-li che rappresentano un pratico esempio di “lavoro sul campo”, seppur semplificato esicuramente minimizzato rispetto alla reale difficoltà occorsa all’autore.

Concludendo, torniamo alle prime righe di questa breve presentazione, sperandodi aver chiarito e reso giustizia alla volontà dell’autore di creare un vademecum voltoa fornire le principali competenze atte allo studio e all’identificazione di un testo, ainteressare quanti usufruiscono delle notizie circa le attribuzioni dei manoscritti sulledinamiche e tecniche delle stesse e indispensabile a ricostruire, con attenzione, la sto-ria dei manoscritti.

Laura DI EGIDIO

(Roma)

Giovanni ROMEO (a cura di)Il fondo Sant’Ufficio dell’Archivio Storico Diocesano di Napoli

Inventario (1549-1647)vol. monografico di «Campania Sacra», XXXIV (2003) 1-2, pp. 443

L’A.nella sua introduzione al volume (pp.9-36), dopo aver rimarcato (pp.9-10) l’impor-tanza dell’apertura, agli inizi del 1998, del tabularium della Congregazione per la Dottri-

Recensioni

Litterae Caelestes252

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 252

Page 24: recensioni in Litterae Caelestes

na della Fede — ex Sant’Ufficio — che ha messo a disposizione degli studiosi, pure selogicamente a un numero ristretto e altamente selezionato, una considerevole quantitàdi documenti riguardanti l’attività dell’Inquisizione romana, ricorda che oltre le carte deltribunale di Roma, sono giunti a noi anche i documenti processuali, e quanto altro a essicollegato, di Aquileia, Imola, Modena, Napoli, Pisa e Venezia. Particolare importanza hatra questi il fondo conservato nell’Archivio Storico Diocesano di Napoli di cui il volu-me in questione presenta il catalogo definitivo della parte cronologicamente più im-portante.A seguito di questa premessa passa a definire la Consistenza del fondo (pp. 10-12)che raccoglie «parecchie decine di migliaia di fascicoli», considerando l’ampio raggiodelle competenze del tribunale che riguardavano tutti gli ecclesiastici secolari e le reli-giose e un’ampia gamma di “delitti” attribuibili ai laici, dalle liti matrimoniali o fra fi-danzati fino alle coppie di fatto, dalla non osservanza del precetto pasquale alla condan-na di coloro che non rivelavano i nomi dei trasgressori. L’A. lamenta però la perdita e ildeterioramento di una parte della documentazione, che quantifica in un approssimativo30%, dovuti sia ai frequenti traslochi subiti dagli archivi sia dalla loro conservazione inluoghi inadatti; questa situazione ha condizionato la divisione dei manoscritti in tre cate-gorie: quelli leggibili in originale, quelli visionabili su microfilm, quelli esclusi dalla con-sultazione, si spera solo provvisoriamente, in attesa di un restauro.Vengono poi affronta-ti i Criteri d’inventariazione (pp.12-15), resi difficoltosi dalla mancanza di un criterio logi-co e uniforme nella conservazione dei documenti, spesso reperiti in fondi non specifica-tamente relativi al Sant’Ufficio.Altro problema di un certo rilievo sono stati i rapportispesso intricati fra I tribunali (pp. 15-18) che interagendo tra di loro hanno provocatospesso conflitti e complicazioni che hanno rallentato o del tutto ostacolato il regolare e-spletamento di alcuni procedimenti giudiziari; i documenti sono stati quindi catalogaticon l’indicazione del tribunale che ha istruito il procedimento distinguendo per Napolitra il foro vescovile e il ministro dell’Inquisizione e per quelli esterni tra Inquisizione ro-mana e Inquisizioni straniere; ampia delucidazione viene fornita sui rapporti di dipen-denza o di collaborazione fra i singoli tribunali e viene indicato anche il materiale di cuil’A. non ha potuto tenere conto con il rimando ad altri lavori di utile complemento alsuo.Ampio spazio è dedicato alla tipologia de I procedimenti (pp. 18-26) ripartiti secondol’uso giuridico in denunce, inchieste e processi: distinzione questa che ha creato notevo-li problemi in quanto vi sono denunce alle quali non ha fatto seguito un’inchiesta oinchieste non finite poi con un processo, almeno sulla base dei documenti reperiti; l’A.dà un’esauriente spiegazione dei criteri da lui seguiti nella suddivisione degli atti a dispo-sizione secondo le categorie indicate e dell’introduzione di altre classificazioni resosinecessarie per una maggiore chiarezza. Importante è anche la catalogazione de I delitti(pp.26-30) per i quali si è data la specificazione più fedele, sempre nell’ambito della sche-matizzazione richiesta dall’enorme quantità del materiale schedato; la varietà presente èvastissima si va dall’accusa di “riforma generica” alle “proposizioni ereticali” e al-l’“apostasia all’Islam”, dai “cibi proibiti” alla “mancata pratica dei sacramenti”, dai “libri

Litterae Caelestes253

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 253

Page 25: recensioni in Litterae Caelestes

proibiti” e dai “quadri proibiti” alla “magia varia”, dalle “usurpazioni di funzioni sacer-dotali” all’“adescamento in confessione”, dalla “bigamia” all’“evasione”, e così via dicen-do; interessanti fra i processi quelli per “Greco-ortodossia”. Importante è anche la iden-tificazione de I nomi e i titoli (pp. 31-33) soprattutto in un ambito sociale e cronologicoin cui l’analfabetismo aveva un tasso di incidenza altissimo; l’A. ha cercato in ogni casodi reperire e riportare il nome dell’interessato ricercandolo nel corpo degli atti riportan-done anche le varianti presenti e riferendo anche l’eventuale soprannome spesso citatoper una migliore identificazione; nel caso di alfabetizzati viene confrontato il nome cita-to con la firma;qualora l’indagato sia noto con il solo nome di battesimo,caso non infre-quente fra il basso popolo dell’epoca, questo viene accompagnato da tutti gli elementiatti a identificarlo quale il paese di provenienza o, nel caso di napoletani, il quartiere o lastrada; le religiose e gli ecclesiastici sono tutti accompagnati dal titolo.L’A.conclude spie-gando i criteri adottati per La datazione (pp.33-35) indispensabili per l’ordinamento cro-nologico dei documenti. La tabella della Concordanza (pp. 37-56) tra la vecchia classifica-zione e quella attribuita dall’A., secondo un criterio rigorosamente cronologico, è indi-spensabile per ritrovare documenti citati in opere precedenti a questa. L’Inventario (pp.57-374) raccoglie ben 3.013 schede ciascuna ripartita in tre sezioni: la prima riporta inumeri della scatola e del fascicolo, gli anni di inizio e fine del procedimento, la consul-tabilità del medesimo; la seconda il tribunale interessato, il tipo di procedimento, i nomidegli interessati, i delitti commessi; la terza, non sempre presente, eventuali annotazionidi chiarimento. Conclude il volume un Indice dei nomi (pp. 375-432) che riporta tutti ipersonaggi citati, con i criteri precedentemente indicati, omettendo solo quelle «deno-minazioni tanto generiche, da non offrire alcuna indicazione utile al lettore» quali adesempio:“uno sconosciuto”. Non è superfluo, alla chiusura di questa recensione, rileva-re come un’opera del genere supera di gran lunga il già importante contributo che for-nisce alla conoscenza della giustizia ecclesiastica del periodo a cavallo tra XVI e XVIIsecolo, la quantità di dati che mette a disposizione del lettore infatti, non ultimo il vastis-simo repertorio onomastico, è fruibile e utilizzabile per un vasto raggio di ricerche ulte-riori.

Franco-Lucio SCHIAVETTO

(Roma)

«Comunicazioni» VI (2005)Istituto Papirologico “G.Vitelli”

pp. 164, XIX tavole

Il sesto volume delle Comunicazioni dell’Istituto “G.Vitelli”, è dedicato a un nuovo e-pisodio della recente e rinnovata collaborazione papirologica tra l’istituto fiorentino e

Recensioni

Litterae Caelestes254

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 254

Page 26: recensioni in Litterae Caelestes

la Scuola Normale Superiore di Pisa: la pubblicazione dei risultati di un seminariotenuto a Pisa durante l’anno accademico 2003-2004 e dedicato a papiri inediti dellacollezione fiorentina. Il volume (164 pagine più diciannove tavole in bianco e nero)raccoglie venti edizioni di papiri suddivisi in due sezioni equivalenti: testi letterari epara-letterari (ni 1-10), testi documentari (ni 11-20), più due appendici; chiude un epi-logo dedicato alla memoria della d.ssa Metella Taddeini, recentemente scomparsa. Deiventi contributi e delle due appendici si fornisce qui l’elenco con il nome dell’autoredel contributo, il titolo, il numero d’inventario del papiro, provenienza (qualora nota),data, numero di pagine e di tavola/e, e qualche breve informazione paleografica e papi-rologica sul testo discusso (spesso citazioni dirette dell’autore).TESTI LETTERARI: 1. L. OZBEK, Callimachus,Victoria Berenices (?), PSI inv. 1923, ?, II-IIIp, (pp. 3-9, tav. I-II): su recto, informale di stile severo leggermente inclinata assaisimile e quella di P. Oxy. XVIII 2173 (Callimaco). Appendice I: G.B. D’ALESSIO,Osservazioni su PSI inv. 1923 [1], (pp. 10-12): conferma il richiamo a P. Oxy. XVIII2173; G. MASSIMILLA, Considerazioni su PSI inv. 1923 [1], (pp. 13-18): tentativi di col-locazione del testo nella callimachea Victoria Berenices; G. BASTIANINI, Postilla a PSIinv. 1923 [1], (pp. 19-20): considerazioni paleografiche su PSI inv. 1923 e P. Oxy.2173 in base a riproduzioni fotografiche: conferma l’identità delle mani. 2. F.PONTANI, Frammento di lirica corale (?), PSI inv. 1907, ?, IIp in., (pp. 21-27, tav. III): surecto, bella libraria bilineare, simile a quella di PSI IX 1091 e P. Oxy. XV 1810. 3.M. TELÒ, Frammento drammatico, PSI inv. 3854, Ossirinco, IIp, (pp. 28-43, tav. III): surecto, supporto danneggiato, nitida maiuscola ad asse verticale e forme arrotondate.4. M.C. MARTINELLI, Poesia o prosa, PSI inv. 1875, ?, IIp, (pp. 44-46, tav. IV): su recto,scrittura ad alternanza di modulo, affine a P. Oxy. LXVII 4573, P. Oxy. LXIV 4405(+XXXIV 2683) con segni di lettura della stessa mano di chi ha vergato il testo. 5.EADEM, Prosa, PSI inv. 1814, ?, IIp, (pp. 47-49, tav. IV): su recto, scrittura affine allo“stile intermedio” (rimando bibliografico: G. MENCI, in Atti del XVII Congr. Int. diPapirologia, Napoli 1984, I, pp. 51-6). 6. EADEM, Prosa, PSI inv. 2146, ?, IIp, (p. 50,tav. IV): su recto, scrittura in stile severo, ad asse inclinato, rimando a P. Oxy. XXVII2452, P. Gen. Inv. 264bis-267, P. Oxy. XV 1808. 7. L. PRAUSCELLO, Note di commentoa testi poetici, PSI inv. 1357 verso, ?, II-IIIp, (pp. 51-67, tav.V): su recto contro le fibre,sul verso conti, scrittura bilineare e corsiveggiante, con legature: P. Oxy. LXVII 4589.8. A. CANNAVÒ, Tavola di divisioni, PSI inv. 2016 verso, ?, IIIp, (pp. 68-71, tav.VI): opi-stografo, kollesis sul recto, scrittura sul recto corsiva. 9. S. AZZARÀ, Testo cristiano, PSIinv. 1411, ?, IV-Vp, (pp. 72-80, tavv.VII-VIII): opistografo, maiuscola non accurata dimano inesperta, stesso scriba per recto e verso, affine paleograficamente a P. BodmerXXIV e P. Köln 169. 10. G. LEMBI, Formulario magico cristiano (?), PSI inv. 1396, ?,IVp, (pp. 81-85, tavv. VII-VIII): opistografo, scrittura disomogenea di difficile da-tazione, ora stilizzata ora corsiveggiante: PSI II 117, P.Amh. 2, P. Chester Beatty IX,P. Herm. Rees 6.

Litterae Caelestes255

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 255

Page 27: recensioni in Litterae Caelestes

Recensioni

Litterae Caelestes256

TESTI DOCUMENTARI: 11. G. CASA, Exomosia, PSI inv. 289, ?, 185-80a, (pp. 89-94,tav. IX): recto, scrittura di mano esperta, calamo a punta spessa. 12. A. MAGNATTO,Rapporto di un komogrammateus allo stratego, PSI inv. 1314, ?, 129-30p, (pp. 95-98,tav. X): su recto, bella corsiva poco inclinata con subscriptio vergata da un’altramano. 13. G. VANNINI, Denuncia di morte, PSI inv. 2157, Ossirinco (?),27.12.146/25.1.147p, (pp. 99-101, tav. X). 14. C. PERNIGOTTI, Antirrhesis, PSI inv.1665, Arsinoite, 185/186p, (pp. 102-109, tav. XI): due frammenti, su recto. 15. D.ERDAS, Ordine di pagamento, PSI inv. 1113, ?, IIIp med., (pp. 110-116, tav. XII): suverso di un papiro già scritto sul recto, corsiva usuale dal tratto spesso e dal duc-tus veloce: vedi PSI XII 1249 e P. Coll.Youtie II 67. 16. C. CARUSI, Petizione peresonero da liturgie, PSI inv. 1611, ?, 2.3.-28.8.239p, (pp. 117-123, tav. XIII): su recto,da tomos synkollesimos, bella corsiva d’ufficio ad asse diritto, calamo a punta spes-sa. 17. F. BATTISTONI, Corrispondenza ufficiale, PSI inv. 1737, Ossirinco (?), primametà IIIp, (pp. 124-128, tav. XIV): scrittura corsiva: vedi P. Oxy. LXIV 4437 e P.Oxy. LVIII 3926. 18. F. MALTOMINI, Lettera privata, PSI inv. 1770, ?, III-IVp, (pp.129-135, tavv. XV-XVI): su recto, scrittura sciolta ma di modulo irregolare, erro-ri di ortografia. 19. I. SALVO, Ordine di fornitura di vino, PSI inv. 1133, Ossirinchite,IVp, (pp. 136-137, tav. XVII): recto contro le fibre, scrittura semicorsiva veloce eirregolare, vedi PSI X 1161. 20. G. BASTIANINI, M.S. FUNGHI, G. MESSERI, Letteraufficiale, PSI inv. 1597, Ossirinco,V-VIp, (pp. 138-144, tavv. XVIII-XIX): transver-sa charta, scrittura d’epoca bizantina. Appendice II: G. MESSERI, R. PINTAUDI:Ancora a proposito di p(arakeitai)?, (pp. 145-151).Il volume rappresenta senz’altro un buon repertorio sia di problematiche papirolo-giche sia di competenze e metodologie storico-filologiche all’opera e si raccoman-da per il notevole interesse rivestito da molti dei testi editi: Callimaco, il frammentodrammatico, il commento a testi poetici fra i papiri letterari, l’exomosia, il rapportodi un komogrammateus, l’antirrhesis fra quelli documentari.

Adriano MAGNANI

(Napoli)

Maria Teresa RODRIQUEZ

Bibliografia dei manoscritti greci del fondo del SS. salvatore di MessinaDipartimento di Filologia Greca e latina della Sapienza

[Testi e Studi Bizantino-Neoellenici 12] Roma 2002, pp. 438

Il recupero delle memorie storiche e culturali bizantine in terra di Sicilia, e in par-ticolare delle attività intellettuali e scrittorie sorte attorno all’Archimandritato del SS.

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 256

Page 28: recensioni in Litterae Caelestes

Salvatore de lingua Phari, trova, nel volume della Rodriquez, un momento di siste-mazione importante. La bibliografia che è stata prodotta attorno all’importantefondo manoscritto di questo monastero messinese era oramai divenuta importante,sia per la quantità degli studiosi che vi si sono dedicati in modo accidentale o speci-fico, sia per la qualità dei contributi di numerosi studiosi, spesso raccolti attorno allafigura e al magistero romano di E. Follieri.Tutto ciò ha quasi reso spontaneamente l’ateneo della “Sapienza”, con il suo dipar-timento e con la collana di “Testi e Studi Bizantino-Neoellenici” il luogo, per cosìdire, naturaliter deputato alla pubblicazione di questo volume.

Le raccolte bibliografiche sono una fatica non trascurabile ma più che necessariaper chi voglia orientarsi in modo non dispersivo in una branca della paleografia edella bizantinistica che, come questa, ne ha prodotta numerosa e nelle sedi più dispa-rate; la fatica necessaria diviene poi meritoria se, come nel caso del presente volume,oltre alla quasi completezza dell’informazione, dovuta alla dimestichezza maturatadall’autrice con il fondo messinese dopo lunghi anni di studio (sfociati nella pubbli-cazione del catalogo), si offre allo studioso uno strumento di consultazione e lavoroagile e moderno. Lo spoglio è stato sistematico e ha interessato ogni forma di mate-riale bibliografico: riviste, atti di convegni, miscellanee, monografie, edizioni critichee finanche recensioni.

Dopo le parole introduttive di L. Perria (pp. 5-6) viene fornita al lettore una breveNota metodologica (pp. 6-7) che illustra i criteri seguiti nella predisposizione del mate-riale. La Bibliografia alfabetica (pp. 9-143) presenta, per ognuno dei 177 manoscritti e61 frammenti separatamente, la bibliografia in ordine alfabetico secondo il nome del-l’autore, accenni al titolo del contributo, rinvio alle pagine e alle note ove si fa men-zione del singolo manoscritto.

La Bibliografia cronologica (pp. 145-280) organizza le voci bibliografiche relative aogni manoscritto per anno di pubblicazione: seguono nome dell’autore, titolo abbre-viato e numero di pagina o nota.

La Bibliografia alfabetica generale (pp. 281-355) offre la lista degli studiosi e degli arti-coli citati in ordine alfabetico con i consueti riferimenti puntuali, mentre la Biblio-grafia cronologica generale (pp. 357-423) li cita in progressione temporale.

Come si vede, anche grazie alle molteplici chiavi di ricerca offerte dal volume,che da sole offrono lo spunto a interessanti considerazioni sul progresso degli studi esul costante interesse dimostrato da alcuni studiosi per il fondo messinese, l’opera inquestione è senz’altro da salutare come un contributo molto prezioso per l’ulterio-re progresso della conoscenza di questa biblioteca manoscritta.

Adriano MAGNANI

(Napoli)

Litterae Caelestes257

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 257

Page 29: recensioni in Litterae Caelestes

Salvatore LILLA

I manoscritti vaticani greci. Lineamenti di una storia del fondoBiblioteca Apostolica Vaticana [Studi e Testi 415]

Città del Vaticano 2004, pp. XI + 249, 32 tavv. b/n

Come racconta lo stesso Lilla nella prefazione al volume, il contributo era stato ini-zialmente pensato ed elaborato come una voce della Guida ai fondi manoscritti, numi-smatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, curata da Paolo Vian e Francesco D’Aiuto. Ilmateriale raccolto in un anno e mezzo di ricerche ha indotto i curatori della Guidaa sintetizzare i risultati raggiunti da Lilla adattandoli ai limiti consueti di una voce.Su iniziativa del Rev.do prefetto della Biblioteca Vaticana, don Raffaele Farina, delvice-prefetto dott.Ambrogio M. Piazzoni, di Paolo Vian e Francesco D’Aiuto, il testooriginario è stato invece pubblicato nella collana “Studi e testi”.

La genesi della ricerca ha orientato l’autore a elaborare il proprio lavoro come unprofilo generale della storia del fondo Vaticano greco.

Affrontando la storia dell’intero fondo nel suo svolgimento storico, il volume sisitua in un ambito di ricerca fino a oggi non coperto.A fronte infatti di preziosi con-tributi riguardanti solo specifiche parti del fondo greco, le brevi notizie sull’interofondo pubblicate nella Guide au département des manuscrits de la Bibliothèque du Vaticanda Bignami Odier, e, più recentemente, l’articolo di Devresse del 1962, Pour l’histoi-re des manuscrits du fonds Vatican grec, che affronta pressoché interamente il “fondo anti-co”, trattando solo nelle ultime tre pagine e in modo sommario le sezioni successi-ve, fino al Vat.gr. 2624, risultano inadeguate a dare una visione d’insieme della storiadel fondo Vaticano greco; Lilla, invece, esamina tutte le sezioni del fondo seguendo-ne le fasi della costituzione dal XV al XX secolo.

Dal punto di vista metodologico, l’autore ritiene impossibile seguire le indicazionitracciate da Devresse alla fine del suo articolo, che dichiarava l’impossibilità di ricostrui-re la storia del fondo senza l’acquisizione dei cataloghi e la pubblicazione dei vecchiinventari. Lilla rileva infatti che «solo per certe parti del fondo esistono cataloghi a stam-pa, e i diversi inventari manoscritti sono stati solo in parte pubblicati»” (p.VII).

A questa dichiarazione di principio, l’autore fa seguire un’importante precisazio-ne illuminante sulle finalità del contributo in esame: «Sento il dovere di precisare chela mia ricerca non si è basata né sullo spoglio sistematico dei tomi dell’Archivio dellaBiblioteca, né sullo studio analitico degli inventari manoscritti più antichi (dei qualituttavia viene fornito un elenco che comprende anche quelli più recenti), né sul-l’esame continuo dei cataloghi scientifici a stampa e dei codici non ancora cataloga-ti — tutte queste ricerche avrebbero reso possibile, in certi casi, l’identificazione delperiodo d’ingresso dei codici nella Vaticana, delle fasi della loro sistemazione nelfondo greco, dello scriba o degli scribi, del luogo e della data in cui i codici stessi

Recensioni

Litterae Caelestes258

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 258

Page 30: recensioni in Litterae Caelestes

vennero scritti, dei loro possessori remoti o recenti. Un’indagine così vasta e com-plessa, condotta in modo esemplare da Canart per i Vaticani greci 1487-1962, se este-sa a tutti i codici del fondo greco, richiederebbe diversi anni, o più probabilmentedecenni, di vita quasi monacale» (p.VIII).

Al fine di disegnare un profilo quanto più dettagliato della storia del fondo, Lilla siserve dei contributi di Müntz e Müntz - Fabre per i secoli XV e XVI; Nolhac per imanoscritti di Fulvio Orsini, Batiffol per il periodo compreso tra Paolo III e Paolo V, peri manoscritti di Lollino e per quelli basiliani,Devresse per il “fondo antico”,Petitmenginper l’epoca dei Ranaldi, Canart per le sezioni comprendenti i Vatt. gr. 1487-1962.

Oltre al già citato libro di Bignami Odier, preziose notizie sono fornite dai reso-conti di Tisserant sulle sue missioni in Oriente, dalle note di Mercati contenute neltomo 115 dell’Archivio della Biblioteca relative ai Vaticani greci 2403-2501 e ad alcu-ni dei codici compresi tra il Vat. gr. 2502 e il Vat. gr. 2643, e, infine, da una comunica-zione di Nicolopoulos tenuta a Oxford nel 1966 e da un articolo di Kominis riguar-dante le sezioni costituite dai Vaticani greci 2403-2501, 2502-2632, 2633-2643.

Ai contributi suddetti, Lilla affianca altri contributi, riportati nell’ampia sezionebibliografica, relativi o a singoli codici, o a determinati gruppi di codici o a singolequestioni. L’autore stesso afferma di aver “proceduto al controllo diretto di alcuniinventari manoscritti, dei cataloghi a stampa, dei codici stessi e dei tomi dell’Archiviodella Biblioteca solo quando ritenuto strettamente necessario”.

Il fondo Vaticano greco, costituito attualmente da 2664 unità, risulta composto dadiverse stratificazioni dovute alle acquisizioni che si sono succedute dal XV secolofino a oggi. Considerando le varie fasi di costituzione del fondo, è possibile ricono-scere diciotto sezioni, delle quali Lilla segue in modo sintetico, ma al contempo pre-ciso, la storia, come ben dimostra il modo in cui viene affrontata la storia dei codicibasiliani (Vatt. gr. 1963-2123) al cap. IX.

Là dove manca un catalogo dettagliato, come nel caso dei Vatt. gr. 2255-2402, Lillastesso si dice fiducioso di poterlo preparare personalmente «nel corso del prossimodecennio» (p. 100), fornendo per il momento solo alcune sommarie notizie su alcunicodici desunte dall’inventario manoscritto di Cozza - Luzi e di Mercati, da studi speci-fici o dall’ispezione diretta dei manoscritti. Per quanto riguarda la sezione XIV (Vatt. gr.2502-2632), Lilla si avvale dei risultati raggiunti da Sever Voicu nelle sue ricerche.

Il volume è arricchito da un prezioso elenco degli inventari, degli elenchi e deiregistri manoscritti e dattiloscritti relativi ai Vaticani greci e da una lista dei cataloghistampati. Chiudono il contributo, che si segnala per fluidità nella forma e sinteticaprecisione nella divulgazione, una raccolta di tavole, un accurato indice dei nomi edelle cose notevoli e un elenco dei manoscritti citati.

Chiara SPUNTARELLI

(Roma)

Litterae Caelestes259

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 259

Page 31: recensioni in Litterae Caelestes

Censimento dei codici dell’epistolario di Leonardo Bruni, II,Manoscritti delle biblioteche italiane e della Biblioteca Apostolica Vaticana

a cura di Lucia GUALDO ROSA

con una Appendice di lettere inedite o poco notea Leonardo Bruni a cura di James HANKINS

Istituto Storico Italiano per il Medio Evo [Nuovi studi storici 65]Roma 2004, pp. 494 + XCVII tavole col. e b/n

Nel licenziare il primo volume del Censimento dei codici dell’epistolario di LeonardoBruni (Istituto Storico Italiano per il Medio Evo. Nuovi studi storici, 22), Roma1993, riservato ai ms. delle biblioteche non italiane Lucia Gualdo Rosa, che allo stu-dio degli epistolari degli umanisti e ai complessi problemi della loro edizione hadedicato pagine di fondamentale spessore, illustrava le finalità del lavoro (p. VI): «Loscopo di questo censimento non è… solo quello di fornire un quadro convincentedella tradizione manoscritta delle lettere bruniane, al fine di giungere alla tanto sospi-rata edizione critica. Il nostro censimento — come i molti lavori che, sulla spintapropulsiva del Kristeller, si stanno moltiplicando negli ultimi vent’anni — aspiraanzitutto a essere un’opera autonoma, e non semplicemente una ricerca preparato-ria per un lavoro filologico più importante. Esso si propone essenzialmente di illustra-re — nei tempi, nei modi e nelle persone — e di quantificare con un’analisi com-parativa la penetrazione nelle roccaforti della cultura e del potere dell’intera Europa(università, cancellerie, monasteri e capitoli episcopali) dell’epistolario nel suo insie-me, di alcune particolari collezioni di lettere, e di alcune lettere singole».

Grazie all’epistolario è possibile, infatti, ricucire tra loro una serie di «percorsibruniani», per riprendere una iunctura tanto cara all’A., di cui la stessa studiosa nellepagine di quell’introduzione forniva copiose esemplificazioni illustrando per areegeografiche la diffusione delle lettere. La stessa Gualdo a ouverture del secondo vo-lume poteva dichiararsi soddisfatta (p. IX): «Con questo censimento, credo di avermesso a disposizione degli studiosi tutti gli strumenti per quell’edizione critica del-l’Epistolario che è un sogno inseguito e mai realizzato dai cultori dell’umanesimo,fin dagli anni immediatamente successivi alla morte del Bruni. Non è assolutamen-te certo che sia io a realizzare quel sogno, ma sono lieta di aver compiuto finalmen-te un passo decisivo in quella direzione».

Tutte quelle biblioteche italiane in cui si potessero recuperare i documenti (perun totale di 340 unità codicologiche) sono state capillarmente scrutinate (i ms. nonvisti direttamente sono indicati da un asterisco), anche con la mobilitazione del fiorfiore della filologia umanistica internazionale che rende (come per il precedentevolume) ancora piú prezioso il carattere collettivo dell’impresa. Giova ricordare,come la stessa A. non manca di sottolineare alla p. VII dell’Introduzione, che nel 1985

Recensioni

Litterae Caelestes260

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 260

Page 32: recensioni in Litterae Caelestes

si era raccolto un gruppo di studiosi italiani e stranieri finalizzato al progetto del cen-simento dei codici dell’epistolario, da cui emersero pubblicazioni fondamentali comequella di Paolo VITI, Opere letterarie e politiche (Torino 1996) o quelle di JamesHANKINS, Repertorium Brunianum.A Critical Guide to the Writings of Leonardo Bruni, I:Handlist of Manuscripts (Istituto Storico Italiano per il Medio Evo. Fonti per la storiadell’Italia medievale, Subsidia, 5, Roma 1997) e l’edizione con traduzione delleHistoriae Florentinae (The «I Tatti» Renaissancy Library, London 2001).

Le biblioteche vengono presentate per luogo di conservazione in ordine alfabetico(utilissimo è l’indice — alle pp. 435-448 — dei documenti collazionati curatodall’Hankins): la Biblioteca di Arezzo (pp. 5-8 nn. 1-3); la Biblioteca vescovile Lollianadi Belluno (p. 9 n. 4; la descrizione del ms. viene ricavata da quella effettuata da ClaudioGriggio e integrata con alcuni elementi tratti da Riccardo Fubini); la BibliotecaCapitolare e quella Civica di Bergamo (pp. 10-12 nn. 5-7); la Biblioteca Comunale«Francesco Torti» di Bevagna (p. 13 n. 8; anche in questo caso ci si è avvalsi della descri-zione fornita da Vincenzo Placella); a Bologna la Biblioteca Comunaledell’Archiginnasio (p. 14 n. 9), quella del Collegio di Spagna (pp. 14-15 n. 10) e quellaUniversitaria (pp. 15-21 nn. 11-18); la Biblioteca Queriniana di Brescia (pp. 22-23 nn.19-20); la Biblioteca del Seminario Vescovile di Casale Monferrato (pp. 24-25 n. 21; perla descrizione del ms. ci si affida a quanto pubblicato da G. Manacorda); la BibliotecaComunale di Castiglion Fiorentino (pp. 26-27 n. 22); la Biblioteca Malatestiana diCesena (p. 28 n. 23; la descrizione del ms. è a firma di Concetta Bianca); l’Archivio pri-vato «Bufalini-Graziani» già a Città di Castello (p. 29 s. n.; purtroppo i due ms., noti sol-tanto da un’esile notazione del Mazzatinti, sono stati cercati invano da Ursula Jaitner-Hahner, a cui si deve la paternità delle schede, in quanto tale archivio risulta completa-mente disperso); la Biblioteca Comunale di Como (pp.30-31 n.24;estensore della sche-da è Luciano Gargan); la Biblioteca Comunale e quella dell’Accademia Etrusca diCortona (p. 32 n. 25; la firma è della Jaitner-Hahner); la Biblioteca Comunale Ariosteadi Ferrara (pp. 33-37 nn. 26-30); per Firenze (alla p. 38 viene offerto un conspectus deiprincipali repertori bibliografici) l’Archivio di Stato (pp. 39-41 nn. 31-34; in appendiceviene segnalato — pp. 41-42 n. 1 — il testimone delle Carte Strozziane I. 136), laBiblioteca Marucelliana (p. 42 n. 35; anche in questo caso si aggiunge — p. 43 — il ms.B. III. 65), la Biblioteca Medicea Laurenziana (pp. 43-65 nn. 36-61), la BibliotecaMoreniana (p. 66 n. 62), la Biblioteca Nazionale Centrale (pp. 66-91 nn. 63-88; per ilMagl. VIII. 1440 l’A. si è avvalsa delle segnalazioni di Arthur Field), la BibliotecaRiccardiana (pp. 91-107 nn. 89-109; le descrizioni si sono potute giovare della disponi-bilità della Jaitner-Hahner); a Foligno la Biblioteca Iacobilli (pp.108-109 n.110; la sche-da del manoscritto, quantunque visionato personalmente dall’A., si avvale degli «appun-ti» e delle «riproduzioni» di Martin Davies); la Biblioteca dell’Istituto «Barbara Melzi» aLegnano (p.110 n.111; la scheda si basa sulla descrizione fornita dall’edizione di OttavioBesomi e Mariangela Regoliosi dell’epistolario del Valla); la Biblioteca Capitolare

Litterae Caelestes261

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 261

Page 33: recensioni in Litterae Caelestes

Feliniana (pp.111-113 nn.112-114) e quella Statale (pp.113-115 nn.115-117) di Lucca(nell’appendice di p. 116 viene segnalato il testimone Racc. G. B. Orsucci 8 dell’Archiviodi Stato); a Mantova la Biblioteca Comunale (p. 116 n. 118; anche in questo caso nonsi dimentica di ricordare il documento Serie D XIII, busta 146 dell’Archivio di Stato); laBiblioteca Regionale Universitaria di Messina (p. 118 n. 119); a Milano (alla p. 120, sul-l’esempio di quanto fatto per Firenze, viene offerto un conspectus dei principali reperto-ri bibliografici; si specificano, inoltre, la dipendenza da quanto redatto da LucianoGargan e la preziosa collaborazione di Giliola Barbero) l’Archivio di Stato (p. 121 n.120), la Biblioteca Ambrosiana (pp. 121-131 nn. 121-135), la Biblioteca NazionaleBraidense (pp. 132-133 nn. 136-137), la Biblioteca Trivulziana (pp. 133-134 n. 138); laBiblioteca Estense di Modena (pp. 135-137 nn. 139-141); la Biblioteca Nazionale«Vittorio Emanuele III» (pp. 138-146 nn. 142-150) e quella della Società Napoletana diStoria Patria (pp. 146-148 nn. 151-152) di Napoli; la Biblioteca Comunale di Nicosia(p. 149 n. 153; scheda desunta dall’accurata descrizione offerta da Gianvito Resta); aPadova la Biblioteca Capitolare (pp.150-151 n.154), quella del Seminario Vescovile (pp.151-154 nn. 155-157) e quella Universitaria (pp. 155-156 nn. 158-159); la BibliotecaComunale di Palermo (pp. 157-160 nn. 160-161; Paola Guerrini ha integrato e corret-to quanto dall’A. in precedenza raccolto) e la Biblioteca Centrale della RegioneSiciliana (pp. 160-161 n. 162); a Parma la Biblioteca Palatina (pp. 162-165 nn. 163-166);la Biblioteca Civica Augusta di Perugia (pp. 166-168 nn. 167-169) e quella Oliverianadi Pesaro (pp. 169-171 nn. 170-172; le descrizioni si basano anche sulle precedenti veri-fiche effettuate da Concetta Bianca); la Biblioteca Comunale Passerini Landi di Piacenza(p. 172 s. n.); la Biblioteca del Seminario Arcivescovile di S.Caterina a Pisa (pp. 173-174n. 173); la Biblioteca Comunale Classense a Ravenna (pp. 175-183 nn. 174-182; anchein questo caso, come per altre biblioteche, scil. Cesena, Pesaro, Rimini e Savignano sulRubicone, l’A. ringrazia Concetta Bianca per averle messo a disposizione una serie diappunti da lei raccolti in precedenti esplorazioni; nell’appendice alla p. 184 si dà contodel documento 383); a Ravenna la Biblioteca Civica Gambalunga (pp. 185-184 n. 183);quindi Roma con la Biblioteca Angelica (pp. 187-188 n. 184), la Biblioteca Casanatense(pp. 188-191 nn. 185-186), la Biblioteca Corsiniana (pp. 191-194 nn. 187-190), laBiblioteca Nazionale Centrale «Vittorio Emanuele II» (pp. 194-195 n. 191; in appendi-ce — p.195 — si descrive il ms.Gesuitici 973) e la Biblioteca Vallicelliana (p.196 n.192);la Biblioteca Civica Guarneriana di San Daniele del Friuli (pp. 197-200 nn. 193-196;per i primi tre di questi quattro ms. l’A. ha utilizzato le descrizioni di Laura Casarsa; lascheda del quarto è integralmente firmata da Claudio Griggio); la Biblioteca Comunaledi San Gimignano (pp. 201-202 n. 197); la Biblioteca dell’Accademia Rubiconia deiFilopatridi a Savignano sul Rubicone (pp. 203-205 nn. 198-199) e quella Comunaledegli Intronati a Siena (pp. 206-217 nn. 200-209); a Taggia (Imperia) la Biblioteca delConvento dei Padri Domenicani (p. 218 n. 210; per la descrizione dell’importante ms.l’A. si è basata su quanto trasmessole da Romualdo Gagliano Candela); a Torino la

Recensioni

Litterae Caelestes262

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 262

Page 34: recensioni in Litterae Caelestes

Biblioteca Nazionale Universitaria (pp. 219-221 nn. 211-213; l’A. avverte di aver elimi-nato il codice K.IV.1, perché irrimediabilmente danneggiato a sèguito dell’incendio del1904, e di essersi servita delle integrazioni descrittive di Agostino Sottili); la BibliotecaComunale di Trento (pp. 222-223 nn. 214-215; si ricordano gli aiuti trasmessi da SergioIngegno); la Biblioteca Capitolare (p. 224 n. 216) e quella Comunale (pp. 225-226 n.217; entrambe le schede sono firmate da Luciano Gargan) di Treviso; a Trieste laBiblioteca Civica (pp. 227-229 nn. 218-219; la prima scheda si avvale della descrizioneofferta da Stefano Zamponi, la seconda è a firma di Claudio Griggio); a Udine laBiblioteca del Seminario Arcivescovile (pp. 230-231 n. 220; per la descrizione del ms. sirecupera quanto trasmesso dal catalogo di Cesare Scalon); a Venezia (alle pp. 232-233viene offerto un conspectus dei principali repertori bibliografici) la Biblioteca del MuseoCivico Correr (pp. 234-235 nn. 221-222) e la Biblioteca Nazionale Marciana (pp. 236-260 nn. 223-245 [il n. 243 è stato ripetuto due volte]; la descrizione dei codici venezia-ni è stata curata «con grandissima pazienza e acribia» [p. VIII] da Roberto Norbedo, a cuisi deve anche, in Appendice [pp.260-261], la presentazione di un codice della BibliotecaGiustiniani Recanati attualmente nella Biblioteca della Fondazione Falk di Milano); aVerona la Biblioteca Capitolare (pp. 262-265 nn. 246-249) e quella del SeminarioVescovile (p. 265 n. 250); a Vicenza la Biblioteca Comunale Bertoliana (pp. 266-267 nn.251-252); a Viterbo la Biblioteca Capitolare (p. 268 n. 253); a Volterra la BibliotecaComunale Guarnacciana (pp.269-270 nn.254-255).Capitolo a sé è il ricchissimo scru-tinio operato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (anche in questo caso, le pagineintroduttive 273-275 consentono al lettore di potersi muovere tra i principali repertoricatalografici), che ha permesso all’A. di presentare la descrizione di 78 ms. (pp. 276-345)recuperati dai fondi della venerata istituzione:Archivio del Capitolo di S. Pietro (p. 276n. 1), Barberiniani latini (pp. 276-278 nn. 2-4), Chigi (pp. 279-286 nn. 5-13),Ottoboniani (pp.286-291 nn.14-19),Palatini latini (pp.292-294 nn.20-22),Patetta (pp.294-295 n. 23),Reginensi latini (pp. 295-302 nn. 24-30),Rossiani (pp. 302-304 nn. 31-32), Urbinati latini (pp. 304-306 nn. 33-34),Vaticani latini (pp. 306-345 nn. 35-78).

L’Appendice al volume ci consegna la descrizione di tre ms. conservati in biblio-teche non italiane assenti nel I volume del Censimento (pp. 349-351): oltre al ms. diAmsterdam descritto da Davies, sono segnalati il Par. lat. 8148, in cui figura una let-tera di Bruni al Marrasio, e il Par. gr. 425 con un manipolo di lettere bruniane e il Destudiis. Lavori di questo genere — è bene sempre ricordare — non potranno mai esse-re definitivi, anche perché sappiamo bene che melius opus utile condere quam perfectumsomniare. Ben vengano, pertanto, nel prosieguo delle ricerche ulteriori segnalazioni eaggiornamenti [su Lucio da Visso, ad esempio, è tornata di recente proprio P.PIACENTINI, Ancora su un fantasma … anzi due: Lucio da Visso e Melchiorre, in «Roma nelRinascimento», 2004, pp. 247-254, la quale descrive il Vat. lat. 2066, contente, tra l’al-tro, del Bruni la Laudatio Florentinae urbis, l’Oratio in funere Othonis adulescentis e l’epi-stola a Ognibene Scola (Panagathus), un testimone che sembra essere sfuggito all’A.].

Litterae Caelestes263

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 263

Page 35: recensioni in Litterae Caelestes

Segue la trascrizione di 19 lettere al Bruni — a opera di James Hankins — inediteo disperse in pubblicazioni poco accessibili (pp. 353-424, con deperdita e spuria e unatavola dei loro incipit), da considerarsi quasi un «doveroso omaggio al padre fondatoredegli studi bruniani e cioè a quel Francesco Paolo Luiso che, nel preparare i suoi Studinei primissimi anni del ’900, li aveva accompagnati con un prezioso X libro, che com-prende — in testo integrale o in regesto — 44 lettere di corrispondenti: strumentoindispensabile per contestualizzare e storicizzare le lettere di un epistolario» (p. VIII).Ricordo che l’Hankins, già collaboratore del I volume, con il suo RepertoriumBrunianum «e con le ricerche su testi dispersi del Bruni e sulla tradizione manoscrittadelle lettere bruniane» (p. VIII) ha sempre fornito all’A. un preziosissimo aiuto.

La descrizione è sommaria ma non omette i dati essenziali. Per ogni ms. è fornita lafoliazione (o, eventualmente, la paginazione), le dimensioni, il supporto scrittorio, lalegatura, la tipologia della scrittura (su cui torneremo) e la datazione, per la cui defini-zione, oltre al recupero delle sottoscrizioni, talvolta non si rinuncia a identificare la fili-grana, come per due ms. della Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Padova (sche-de nn. 155-156 alle pp. 151-154) o per un ms. della Biblioteca Corsiniana di Roma(scheda n. 189 alle pp. 192-193. Si tratta di un codice importante, sfuggito al Luiso e alBertalot, relatore di testi rari e in redazione molto antica). La descrizione del contenu-to è suddivisa in tre sezioni. La prima (indicata con la lettera a) è ovviamente quelladedicata all’epistolario del Bruni, del quale viene fornito per ogni lettera il destinatario,la numerazione secondo l’edizione di Mehus e l’incipit. Una seconda sezione (indicatacon la lettera b) riguarda le altre opere bruniane presenti nel ms. e una terza (indicatacon la lettera c) le opere di altri autori anch’esse nel ms.Trattandosi spesso di codicimiscellanei, per quel concerne il contenuto, in quasi ogni descrizione sono compresetutte e tre le sezioni ovvero la seconda o la terza affiancano la prima. In questo volumel’A.ha escluso i numerosissimi codici che trasmettono solamente lettere al Bruni e quel-li, anch’essi copiosi, in cui compare la lettera di Bruni a Gianfrancesco Gonzaga (X 25Mehus = IV 13 Luiso), datata Firenze 26 aprile 1418, considerata dall’A. un trattatelloa sé (De origine urbis Mantuae). Degna di nota è la precisa identificazione delle operepseudoepigrafe di Bruni, con conseguente rettifica delle false attribuzioni. Si tratta diun’operazione non semplice, tanto piú perché fatta prima della pubblicazione del secon-do volume del Repertorium Brunianum di Hankins, in cui la trattazione degli pseudoepi-grafi bruniani riceverà adeguata trattazione. Altro dato importante da sottolineare è,rispetto all’epistolario, la duplice edizione d’autore dei primi tre libri: infatti la raccoltache il Bertalot attribuiva al Pizolpasso è stata sicuramente preparata dal Bruni insieme alNiccoli, prima del 1415 [su cui vd. anche J. HANKINS, Notes on the textual tradition ofLeonardo Bruni’s Epistulae Familiares, in V. FERA – G. FERRÙ (cur.), Filologia umanistica perGianvito Resta (Medioevo e Umanesimo, 95), II, Padova 1997, pp. 1063-1122 =Humanism and Platonism in the Italian Renaissance. I:Humanism (Storia e Letteratura.Rac-colta di Studi e Testi, 215), Roma 2003, pp. 63-98].

Recensioni

Litterae Caelestes264

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 264

Page 36: recensioni in Litterae Caelestes

Già in precedenti recensioni [fino a ora mi risultano uscite quelle a firma diElisabetta Guerrieri, in «Medioevo Latino», 26 (2005), p. 404, e di Luigi Ferreri, in«Schede umanistiche», 18 (2004), pp. 159-167] è stata messa in rilievo l’importanza diquesto censimento dell’epistolario, da considerarsi non come un momento preparato-rio ma, per cosí dire, interno all’edizione critica, in quanto la conoscenza quanto piùcapillare di tutti i testimoni è un momento essenziale della recensio. In altre occasionil’A. [La pubblicazione degli epistolari umanistici, in «Bullettino dell’Istituto Storico Italianoper il Medio Evo e Archivio Muratoriano», 89 (1980-1981), pp. 369-392] ebbe mododi sottolineare che, mentre per le raccolte era auspicabile l’ordinamento cronologico,per gli epistolari occorreva mirare alla volontà ultima dell’autore o, quando questa nonera stata conservata, alla redazione recenziore. In realtà, per le lettere degli umanisti,ogni caso è un caso a sé. L’epistolario di Bruni è, da questo punto di vista, paradigma-tico. Dopo che il Luiso ebbe accertato che a ogni libro corrispondeva un momentodella vita professionale del Bruni, prima come curiale poi come cancelliere dellarepubblica fiorentina, la scelta dell’ordinamento cronologico,pur in presenza di un epi-stolario ben concepito, s’imponeva. Per Bruni l’edizione in otto libri, che era stata tal-volta considerata l’unica espressione autentica della volontà dell’autore, si è rivelata insèguito a diagnosi posate «un vero e proprio ibrido, ricco di interpolazioni e di esclu-sioni» (p. XIV). L’edizione critica delle lettere familiari di Bruni è non solo l’auspicio,ma in un certo senso un dovere della filologia bruniana, anche perché a monte di que-sti lavori ci sono tentativi di edizione critica poi falliti. Infatti l’A. ha iniziato il suo iterbruniano sulle orme dei due grandi studiosi già richiamati che avrebbero dovutoapprontare l’edizione dell’epistolario del Bruni: Francesco Paolo Luiso e LudwigBertalot (di cui proprio di recente Hermann Goldbrunner ha curato l’edizione delterzo volume degli Initia humanistica Latina. Initienverzeichnis lateinischer Prosa und Poesieaus der Zeit des 14. bis 16. Jahrhunderts). Nel 1980 l’A. aveva approntato gli Studi su l’epi-stolario di Leonardo Bruni di Luiso, e l’incipitario pubblicato (alle pp. 213-218), nel qualeerano comprese le 44 lettere del X libro, ossia tutte le lettere di corrispondenti identi-ficate da Luiso, è stato, come la stessa dichiarava nell’introduzione al I volume delCensimento (p. V nota 1), il «punto di partenza» della sua impresa [a questo propositovd. la recensione di H.BARON,Progress in Bruni Scholarship.A propos of F.P.Luiso’s «Studisu l’epistolario di Leonardo Bruni», in «Speculum», 56 (1981), pp. 831-839]. Il riordina-mento cronologico delle lettere di Bruni, che il Luiso aveva compiuto negli Studi,sarebbe dovuto servire, come informava Raffaello Morghen nella prefazione agli stes-si Studi, come base per un’edizione definitiva delle lettere di Bruni da essere pubblica-ta nelle «Fonti per la storia d’Italia». Di questa edizione Luiso avrebbe curato il com-mento e Bertalot la parte più propriamente filologica. Sempre Morghen, nella mede-sima prefazione, relazionava sulle sorti del materiale Bertalot, che, com’è noto, scom-parso in larga parte quando Morghen stesso scriveva, venne poi fortuitamente ritrova-to nel 1993, in concomitanza con l’uscita del I volume del Censimento [L. GUALDO

Litterae Caelestes265

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 265

Page 37: recensioni in Litterae Caelestes

ROSA, Due nuove lettere del Bruni e il ritrovamento del «Materiale Bertalot», in «Rina-scimento», s. 2°, 34 (1994), pp. 115-141]: mi rimane ancora nella mente la gioia quasicommossa dell’A. quando ufficializzò tale agognata scoperta (che avrebbe — come èstato — ampliato gli orizzonti bruniani) nel Seminario tenuto a Roma nel giugno del1994 presso l’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo in occasione della presentazio-ne del primo volume del censimento. Il lettore, comunque, confrontandosi con la Bi-bliografia Generale indicata alle pp. XIII-XV (da integrarsi con quella presentata nel Ivolume del Censimento alle pp. XXXVII-XLII), potrà comodamente confrontarsi con laprincipale letteratura sull’argomento, soprattutto con gli studi in cui è stato pubblica-to nel corso del secolo appena passato numeroso materiale dell’epistolario.

Come anticipato di ogni ms. viene offerta una descrizione essenziale, riconoscen-done la storia (utilissime sono le segnalazioni delle note di possesso, recuperabili anchesotto la voce possessori alle pp. 479-480 dell’imponente indice Nomi di persona e di luogocurato da Patrick Baker, a cui sono state riservate, alla fine del volume, le pp. 457-487)e gli spostamenti subìti prima della definitiva collocazione (genera sempre sconcertoil fatto che numerosi di questi testimoni fossero stati acquisiti dalla selvaggia razzianapoleonica per la Bibliothèque Nationale di Parigi: vd., ad esempio, quelli di Bolo-gna nn. 12, 13, 15, 16): a tale proposito vengono ricordati come primari enti di appar-tenenza il monastero del Salvatore di Bologna (schede nn. 12-16 pp. 16-21, ora allaBiblioteca Universitaria di Bologna), la biblioteca dei Padri Oratoriani di S. Filippo diBrescia (scheda n. 19 pp. 22-23, ora alla Biblioteca Queriniana di Brescia), la biblio-teca del Collegio vescovile di Castiglion Fiorentino (scheda n. 22 pp. 26-27, ora allaBiblioteca Comunale della stessa città), la biblioteca del Sacro Eremo di Camaldoli edella Congregazione di S. Giustina (rispettivamente schede n. 64 pp. 67-68 e n. 66 pp.69-70 ora alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze), la biblioteca di S. Giovanniin Verdara (scheda n. 225 pp. 237-238 ora alla Biblioteca Nazionale Marciana diVenezia). Sarebbe opportuno in futuro scandagliare con pazienza tra gli inventari (oracodici Vaticani Latini 11266-11326, su cui vd. M.M. LEBRETON - L. FIORANI, CodicesVaticani Latini 11266–11326. Inventari di biblioteche religiose italiane alla fine del Cin-quecento, Città del Vaticano 1985) redatti a cavallo dei secoli XVI e XVII su iniziativadella Congregazione dell’Indice tesa a verificare lo stato e la consistenza delle biblio-teche conventuali e monastiche allora esistenti in Italia, oggetto poi di soppressioneda Innocenzo X nel 1640, proseguita con quella della Repubblica Veneta nel 1770,1784-1785, della Rivoluzione Francese e di Napoleone. Senza dubbio saremmo ingrado di recuperare i titoli di molti di questi ms. pervenuti nelle attuali biblioteche dipertinenza e riscrivere con ulteriori dettagli la loro triste vicenda.

Il Catalogo si segnala, soprattutto per i lettori di questa Rivista, perché essopotrebbe costituire un vero e proprio manuale di paleografia umanistica; di ognitestimone presentato, infatti, vengono messe in evidenza le caratteristiche paleogra-fiche a supporto delle quali le ben CXVII tavole — di cui 6 a colori — offrono utili

Recensioni

Litterae Caelestes266

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 266

Page 38: recensioni in Litterae Caelestes

raffronti (l’A., in calce all’indice delle Tavole compreso fra le pp. 427-434, ringraziaesplicitamente i direttori delle biblioteche nazionali e comunali italiane per averneconcesso gratuitamente la riproduzione nonché il Prefetto della BibliotecaApostolica Vaticana per aver acconsentito alla pubblicazione delle undici tavole deims. vaticani «dietro pagamento di un canone inferiore dell’85% rispetto a quello pre-visto»): i documenti sono in gotica cancelleresca, semigotica, semigotica corsiva esemigotica libraria, mercantesca, preumanistica, umanistica corsiva, semilibraria erotunda, semiumanistica semilibraria, corsiva, libraria e calligrafica, fino ad arrivare aquel tipo di scrittura umanistica corsiva di primo Quattrocento caratterizzata damanierismo di tipo cancelleresco identificata nel codice Campori App. 172 dellaBiblioteca Estense di Modena (scheda n. 141 alle pp. 136-137; tav. XLVI). Un indi-spensabile strumento di ricerca è l’elenco dei copisti presentato alla p. 465 dell’indicedi cui si è già fatta menzione.

L’accurata descrizione del contenuto trasmesso dai ms., il più delle volte compo-siti e latori di miscellanee, stimola la curiosità per ulteriori approfondimenti [segna-lo il codice J. III. 13 della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (scheda n. 213pp. 220-221), un testimone d’inizio sec. XVI, che, per la presenza di numerosi testistorici medievali, bizantini, tardo-antichi, risulta quanto mai importante ai fini del-l’interesse per il mondo orientale e giudaico (abbiamo, infatti, anche un alfabetoebraico seguito da quello greco e il De bello Iudaico di Flavio Giuseppe)]. Per quan-to riguarda, ad esempio, la tradizione manoscritta di documenti epigrafici, numero-se sono le occorrenze che l’A. mette a nostra disposizione meritevoli in altra sede diapprofonditi scrutini. Sarebbe veramente interessante identificare quelle «epigrafifunerarie in versi» trasmesse dal codice 941 della Biblioteca Capitolare di Bergamo(p. 10 n. 5), non sappiamo se coeve alla prima sezione (sec. XV) o aggiunte da altromano in epoca posteriore: si tratta di documenti bergamaschi oppure di carminadesunti da tradizioni sillogigrafiche che in quel periodo cominciavano con massic-cia frequenza a fare il loro ingresso in simili miscellanea ? Allo stesso modo, per quan-to seicentesca, è da segnalare la raccolta Marmora Ticinensia et alia trasmessa dal codi-ce A. CXXXV della Biblioteca Marucelliana di Firenze (p. 42 n. 35). Quanto maiinteressante è, ancòra, il testimone Laurenziano 90 sup. 65 (pp. 52-53 n. 49) per latradizione manoscritta del noto elogium di Gaio Mario, su cui, dopo le magistralipagine di Attilio Degrassi [Elogia. Inscriptiones Italiae, XIII, 3, Roma 1937, pp. 57-67nn. 78-84 (= CIL, XI, 1826-1831)], proprio di recente è stato riservato attento scan-daglio [L. CHIOFFI, L’elogium di C. Marius: testi epigrafici e tradizione manoscritta, in«Epigraphica», 63 (2001), pp. 95-104]: infatti, spigolando tra i codici compositi tardoumanistici, non è raro far riemergere nuove occorrenze, sempre utili tasselli ai finidella definizione del mosaico della sua complessa tradizione [ne avevo recuperatouna testimonianza del tutto inedita nel codice Pal. lat. 890 della seconda metà delsec. XV in chiara umanistica rotonda latore dell’opera di Sallustio: Tra i codici epigra-

Litterae Caelestes267

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 267

Page 39: recensioni in Litterae Caelestes

fici della Biblioteca Apostolica Vaticana (Epigrafia e Antichità, 22),Bologna 2004, pp. 244-248 n. 61]. Saranno, poi, da studiare i «numerosi epitafi in versi, antichi e recenti»dello Strozzi 105 (pp. 64-65 n. 60) e le «epigrafi ed eleganti disegni di gusto anti-quario» del Marc. lat. XIV 264 (pp. 259-260 n. 245).Tra gli «epitafi» dell’Ott. lat. 1123(pp. 288-289 n. 16) ho potuto identificare al f. 193v tre iscrizioni di Ateste (CIL,V,2428, 2541, 2669). Non poteva, infine, nel segnalare il Vat. lat. 6875 (pp. 334-335 n.68), essere taciuta l’esistenza della ben nota «raccolta di epigrafi greco-latine prove-nienti da Ciriaco».

Lo stesso dicasi per la trasmissione dei classici latini. Leggendo, infatti, la terza sezio-ne delle singole schede, è facile imbattersi in segnalazioni di opere su cui la filologiaha sempre riservato quella necessaria attenzione, ma di cui, nel particolare, non sem-pre ha tenuto conto, anche in recenti specifici censimenti. Faccio solo alcuni esempi.Il codice M 40 sup. dell’Ambrosiana contiene la «corrispondenza apocrifa di Seneca es. Paolo»:ma questa occorrenza sembra essere sfuggita anche a Marco Navoni che pro-prio pochi anni fa ci ha consegnato la sua fatica di ricognizione delle testimonianzesenecane conservate in quella istituzione [M. NAVONI, Seneca all’Ambrosiana, in«Aevum antiquum»,13 (2000) [= A.P. MARTINA (cur.),Atti del Convegno Internazionale«Seneca e i Cristiani». Università Cattolica del S. Cuore - Biblioteca Ambrosiana,Milano, 12-14 ottobre 1999], pp. 159-237]. Il codice AB 463 della Biblioteca Civicadi Bergamo (scheda n. 6 pp. 11-12), che trasmette il Geta di Vitale di Blois, non è regi-strato nel censimento di R. AVESANI, Quattro miscellanee medioevali e umanistiche.Contributo alla tradizione del Geta, degli Auctores octo, dei Libri minores e di altra letteraturascolastica medioevale (Note e discussioni erudite, 11), Roma 1967. I codici 3 (già R V18) della Biblioteca dell’Istituto «Barbara Melzi» di Legnano (scheda n. 11 p. 110) eXIII G 33 (scheda n. 150 pp. 145-146) della Biblioteca Nazionale «Vittorio EmanueleIII» di Napoli, con le Satire di Persio, sono assenti nell’ampio scrutinio di P.PIACENTINI

SCARCIA, Saggio di un censimento dei manoscritti contenenti il testo di Persio e gli scoli e i com-menti al testo (Studi su Persio e la Scoliastica Persiana, 3, 1),Roma 1973-1975.Dei Para-doxa Ciceronis ho recuperato ben cinque occorrenze, della classe dei deteriores [a Firenzeil Panc. 163 (scheda n. 88 pp. 90-91) della Biblioteca Nazionale Centrale e il Ricc. 779(scheda n. 96 pp. 98-99) della Biblioteca Riccardiana, a Milano il codice R 21 sup.(scheda n. 132 pp. 129-130) dell’Ambrosiana, a Udine il codice 49 (già Lat. qu. 36)(scheda n. 220 pp. 230-231) della Biblioteca del Seminario Arcivescovile, a Venezia ilMarc. lat. XIV 31 (scheda n. 240 pp. 251-252) della Biblioteca Nazionale Marciana, aVerona il codice CLIV (scheda n. 246 p. 262) della Biblioteca Capitolare], tutte daaggiungere al provvisorio censimento operato da R. BADALÌ, Sui codici dei Paradoxa diCicerone, in «Rivista di cultura classica e medioevale», 10 (1968), pp. 27-58.

Analogamente il lettore del Catalogo potrà confermare la grande fortuna avuta inquesti codici umanistici, dell’opera di alcuni autori classici e medioevali, ad esempioOvidio e Petrarca. È risaputo che l’epist. XV di Saffo a Faone venne quasi sempre

Recensioni

Litterae Caelestes268

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 268

Page 40: recensioni in Litterae Caelestes

tramandata scorporata dal corpus delle Heroides le quali, nella maggior parte dei casi,erano trasmesse nella sequenza I-XIV, XVI-XXI vv. 1-12 (anche in quei testimonirelativi a versioni o parafrasi in cui sono inoltre soppressi i vv. 39-142 dell’epist. XVI).Fu merito di Heinrich Dörrie aver recuperato 151 codici che ci consegnano la sin-gola epist. XV, di cui il testimone piú antico si data al 24 settembre 1421, tutti rela-tivi al gruppo della «Vulgata», cioè a quei ms. che riflettono la rapida diffusione peril tutto il ‘400 (il Panormita già la citava nel 1426), non esenti da errori spesso inge-nerati da copie inesatte o corredate da testimonianze estranee al probabile testo ori-ginale [H. DÖRRIE, P. Ovidius Naso. Der Brief der Sappho an Phaon mit literarischem undkritischem Kommentar im Rahmen einer motivgeschichtlichen Studie (Zetemata, 58),München 1975]. Naturalmente ulteriori sondaggi su codici umanistici non potran-no che aggiornare il cospicuo raccolto del Dörrie [anche chi scrive, per i fondimanoscritti vaticani, ha potuto ampliare il suo conspectus con altre otto nuove occor-renze: Nuove acquisizioni di manoscritti ovidiani: l’Epistula XV delle Heroides, in«Giornale Italiano di Filologia», 46 (1994), pp. 237-253]. Il Catalogo correttamenterecupera le due testimonianze fiorentine registrate dallo studioso tedesco alle pp. 63-64 [Laur. 90 sup. 60, scheda n. 48 p. 52; Magl.VIII. 1445, scheda n. 73 p. 76, quest’ul-timo latore anche di Am. II, 6, non poche volte presente singolarmente in altri ms.sempre umanistici, e del fortunato trattato in forma epistolare di Niccolò Perotti Degeneribus metrorum quibus Horatius nec non Severinus Boethius usi sunt, un evidente recu-pero del De metris attribuito a Servio; a questo proposito vd. il mio Orazio in greco,in «Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata ( JOpwvra. Studi in onore di mgr PAUL

CANART per il LXX compleanno)», 52 (1998), pp. 31-48]. Dell’Ibis viene segnalato ilcodice 37 (scheda n. 173 pp. 173-174) della Biblioteca del Seminario arcivescoviledi S. Caterina, testimone di quei codices potiores annotati dell’opera ovidiana e ampia-mente descritto più volte da Antonio La Penna [Publi Ovidi Nasonis Ibis (Bibliotecadi Studi superiori, XXXIV), Firenze 1957, pp. CXLV, CLIII; Scholia in Publi OvidiNasonis Ibin (Biblioteca di Studi superiori, XXXV), Firenze 1959, pp. XIV-XV, LXI],che forse sarebbe stato opportuno citare in bibliografia. L’A. registra l’opera delPetrarca presente sui seguenti ms.: Brescia, A VII 3 della Biblioteca Queriniana (sche-da n. 19 pp. 22-23); Firenze, Acq. e doni 358 (scheda n. 53 p. 57) e Strozzi 105 (sche-da n. 60 pp. 64-65) della Laurenziana, Magl. VIII 1445 della BNC (scheda n. 72 p.76), i Ricc. 676 (scheda n. 95 pp. 96-98) e 2322 (scheda n. 108 p. 106); Milano, R. 21sup. dell’Ambrosiana (scheda n. 132 pp. 129-130); Modena, Est. Lat. 2 dell’Estense(scheda n. 139 p. 135); Palermo, 2 Qq D. 71 della Biblioteca Comunale (scheda n.160 pp. 157-158); Pesaro, 53 dell’Oliveriana (scheda n. 172 p. 171); Ravenna, 117della Biblioteca Comunale Classense (scheda n. 174 pp. 175-176); Siena, H VI. 30della Biblioteca Comunale degli Intronati (scheda n. 205 pp. 212-214);Trieste, I. 33della Biblioteca Civica (scheda n. 218 p. 227);Venezia, Marc. lat. XIV 12 (scheda n.239 pp. 252-253) e Marc. lat. XI 101 (scheda n. 231 p. 244); Città del Vaticano, Ott.

Litterae Caelestes269

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 269

Page 41: recensioni in Litterae Caelestes

lat. 1220 (scheda n. 15 p. 288), Chigi I.VI. 215 (scheda n. 10 pp. 283-284) e Vat. lat.6875 (scheda n. 68 pp. 334-335).

Ricordo, inoltre, perché non recuperati nell’indice, quei «centoni virgiliani attri-buiti a Proba» presenti nel codice della Biblioteca Palatina di Parma Parm. 283 dipieno sec. XV (scheda n. 165 pp. 163-164), a dimostrazione di come l’opera poeticadella colta patrizia romana continuasse a essere favorevolmente accolta nel pienoUmanesimo (d’altronde a tutti sono note la ricchezza, la continuità e l’estensionedella tradizione manoscritta che perdura fino al Rinascimento).

Il volume, in cui ho registrato pochissimi refusi [«raccolta» (p. 169), «ornamanta»(p. 206), «ff. 95-99» pro «ff. 96-99» (p. 212), «parzialmenta» (p. 255), «Auratiani» pro«Amatiani» e «Biblioeca» (p. 273), «iscritiones» (p. 341)], è dedicato «con infinita rico-noscenza» a Germano Gualdo che, purtroppo ci ha lasciati il 2 ottobre 2005, esatta-mente 25 anni dopo la prima e fondamentale tappa editoriale di questo complessoiter bruniano intrapreso con giovanile ardore dall’A. che la vide curatrice degli Studisu l’epistolario di Leonardo Bruni del Luiso. Immagino quante discussioni, quante rifles-sioni, quante acute intuizioni siano intercorse nel calore familiare tra Lucia e Ger-mano, che, ut mos eius fuit, avrà messo a disposizione tutta la sua smisurata dottrinaarchivistica.Tra le pieghe del volume è facile, per chi ha conosciuto Germano e sapu-to apprezzare tra le mura vaticane — come chi scrive — la sua cortese e sapientedisponibilità, ravvisarne l’eredità di metodo e di lavoro, fatta di dettagli, di precisa-zioni, di sottigliezze, fondamento imprescindibile per traguardi di piú ampio respiroche la ricerca avrebbe indubbiamente conseguito. Quando il giorno 16 giugno 2005venne presentato a Roma in una sala affollata della Biblioteca Vallicelliana, in queglistessi luoghi che furono di Filippo Neri e Cesare Baronio, il volume di scritti diGermano Gualdo curato da Rita Cosma, Diplomatica Pontificia e Umanesimo Curiale.Con altri saggi sull’Archivio Vaticano, tra medioevo ed età moderna (Italia Sacra. Studi eDocumenti di storia ecclesiastica, 79), Roma 2005, la presenza di Germano e Luciami portò a riflettere di come un connubio culturale avesse potuto nel tempo conse-gnare a tutti, soprattutto a quei giovani impegnati in tali ricerche di archivio e dibiblioteca, lavori di alto spessore scientifico.

Il volume, di cui in questa sede ho cercato di evidenziare la preziosità culturalee gli stimoli per ulteriori approfondimenti che la sua posata lettura ci invita a con-siderare, rappresenta un ulteriore tassello di questo mutuo metodo di studio e diricerca, a cui, mi auguro, le future generazioni dovranno sempre mirare, soprattuttoquando, con pazienza e con passione, saranno impegnate nello scandaglio su codicie documenti d’archivio al fine di recuperare qualcosa di nuovo per gli studi uma-nistici.

Marco BUONOCORE

(Città del Vaticano)

Recensioni

Litterae Caelestes270

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 270

Page 42: recensioni in Litterae Caelestes

Ugo PAOLI

Fonti per la storia della Congregazione Celestinanell’Archivio Segreto Vaticano

Badia di Santa Maria del Monte [Italia Benedettina 25]Cesena 2004, pp. XLV + 684

Dichiaratamente concepito dal proprio autore come un contributo “alla ricostruzio-ne delle vicende della famiglia religiosa di Pietro Celestino” (p. XIII), questo ampioe articolato lavoro di Ugo Paoli può essere sin d’ora configurato non solo come unutile strumento di ricerca, da affiancare ai Regesti dell’Archivio di Santo Spirito delMorrone, pubblicati a suo tempo da Tommaso Leccisotti, o alle ben più recenti ri-produzioni anastatiche delle opere manoscritte di Ludovico Zanotti, ma anche esoprattutto come un imprescindibile punto di riferimento per quanti, nel prossimofuturo, intenderanno addentrarsi nelle complesse, ma ancora in gran parte inesplora-te vicende della Congregazione Celestina. Infatti, a fronte di una produzione storio-grafica senz’altro vasta, ma purtroppo ancora quasi esclusivamente incentrata sullafigura di Pietro del Morrone e sulle problematiche inerenti le origini e il primo svi-luppo della Congregazione, questo studio non si assume soltanto il meritorio oneredi descrivere dei fondi archivistici sinora poco noti o non sufficientemente utilizza-ti dagli studiosi, quali i fondi Celestini I e Celestini II dell’Archivio Segreto Vaticano·offrendo peraltro un adeguato strumento per la loro consultazione — ma fornisceanche, nella prima parte dell’ampia Introduzione, delle documentate Note storiche (pp.1-84), che, ricostruendo le complesse vicende storiche della Congregazione dalleorigini sino alla soppressione, permettono, fra l’altro, di ripercorrere la progressivaformazione della rete dei monasteri celestini, le sue suddivisioni territoriali, e le par-ticolari dinamiche inerenti al ramo francese di questa famiglia monastica.

A esse fa seguito un altrettanto utile capitolo dedicato all’organizzazione internadella Congregazione (pp. 85-118), nel quale l’A., prefiggendosi di illustrare “il fun-zionamento e l’evoluzione dei principali organismi della famiglia religiosa morrone-se” (p. 85), affronta le questioni inerenti le funzioni del capitolo generale e di quel-lo annuale, il ruolo e le competenze dell’abate generale e di altri rilevanti uffici (vica-rio generale, procuratore generale, seniori, visitatori, definitori), dando ampio contodei mutamenti e delle innovazioni che li caratterizzarono nel corso dei secoli. Sullabase di queste premesse, propedeutiche a un’adeguata fruizione del materiale de-scritto, l’A. dà inizio alla prima parte del volume, incentrata su due fondi dell’Ar-chivio Segreto Vaticano. La sezione iniziale è dedicata al Fondo Celestini I, costituitodalla documentazione un tempo conservata presso due monasteri celestini di Roma(Sant’Eusebio e Santa Maria in Posterula), e acquisita dall’Archivio Segreto Vaticanonel 1817, dopo il temporaneo trasferimento a Parigi (1813), determinato dalla sop-

Litterae Caelestes271

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 271

Page 43: recensioni in Litterae Caelestes

pressione delle corporazioni religiose degli Stati romani decretata alcuni anni primada Napoleone. Il fondo, attualmente costituito da 345 documenti (336 pergamena-cei e 9 cartacei) stilati tra il 1268 e il 1762, è composto da materiale relativo ai ceno-bio di Sant’Antonio di Ferentino (a. 1267-1483), di Sant’Eusebio in Roma (a. 1285-1389), di San Benedetto di Norcia (a. 1341-1485), cui si aggiunge un ulteriore grup-po di 71 atti inerenti ad altri insediamenti celestini. I documenti (presentati median-te degli esaustivi regesti, preceduti dalla datazione cronica e topica) sono ordinati inbase al numero di segnatura archivistica, tuttavia non sempre coincidente con l’ordi-ne cronologico, corredato dal relativo quanto utile riferimento numerico ai più ampiregesti rintracciabili (ma solo per 191 documenti) nell’Indice 1174, stilato nella primametà del secolo scorso da Joseph Marx, e ora consultabile nella Sala Indicidell’Archivio Segreto Vaticano. Particolarmente accurate le schede poste a corredodei singoli regesti, le quali, oltre a riportare le consuete indicazioni inerenti alledimensioni, allo stato di conservazione, alle eventuali edizioni (totali o parziali) deldocumento, e, ove presenti, i relativi riferimenti bibliografici, risultano sovente cor-redate da indicazioni circa l’identità dei rogatari e dei testimoni, l’ubicazione deitoponimi, o altri elementi utili a un’adeguata contestualizzazione della fonte.

Criteri sostanzialmente analoghi caratterizzano anche l’ampia sezione dedicata alFondo Celestini II (pp. 243-376) costituito, per la maggior parte, dalla sedimentazio-ne documentaria, relativa ai secoli XVII-XVIII, dell’Ufficio della Procura Generaledi Roma della Congregazione celestina, la quale, acquisita dal Demanio in età napo-leonica, e quindi passata, dopo la Restaurazione, alla Camera apostolica, venne suc-cessivamente trasferita all’Archivio Segreto Vaticano. Questo ingente materiale, sud-diviso in 33 volumi, cui vanno aggiunti una scatola contente i numerosi fogli sciol-ti rinvenuti nei suddetti tomi e altri tre volumi costituenti un BullariumCoelestinorum, è descritto rispettando l’ordine dell’attuale collocazione delle singoleunità archiviste, offrendo comunque un dettagliato quadro del loro variegato conte-nuto, comprendente, fra l’altro, la registrazione delle suppliche e dei memoriali invia-ti ai pontefici per tramite del procuratore generale, documentazione inerente a sin-goli monasteri celestini, e materiale riferibile al pressoché autonomo ramo francesedella Congregazione.

Nella seconda parte del volume figura invece l’elenco di altri fondi archivisticivaticani contraddistinti dalla presenza di materiale inerente alla Congregazione Ce-lestina (pp. 379-402), corredato dalla puntuale descrizione degli strumenti di ricercasinora disponibili e dalla descrizione dei più significativi documenti individuati dal-l’autore nel corso dei propri sondaggi.

A esso fanno seguito ben cinque appendici: nella prima (pp. 405-474) si offrel’edizione di 34 documenti di particolare interessa per la storia dei Celestini, i quali,emanati fra il 1275 e il 1762, non figurano nel Bullarium Romanum; nella seconda (pp.475-538) l’A., dopo aver dato conto delle varie serie abbaziali sinora note, procede

Recensioni

Litterae Caelestes272

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 272

Page 44: recensioni in Litterae Caelestes

a un’accurata ricostruzione dell’intera cronotassi dei superiori generali della Con-gregazione Celestina, fornendo per ogni abate una succinta ma dettagliata scheda,contenente riferimenti documentari, biografici e bibliografici utili a un’adeguatacontestualizzazione dei singoli personaggi. La terza appendice (pp. 539-545) è inve-ce dedicata a un’analoga ricostruzione della serie dei procuratori generali dellaCongregazione stanziati in Roma (1527-1795), prima presso il monastero diSant’Eusebio e poi, a partire dal 1627, in quello di Santa Maria in Posterula, mentrenella quarta (pp. 547-550) e nella quinta (pp. 551-553), si elencano rispettivamente,in ordine cronologico, i cardinali protettori della Congregazione e i monaci celesti-ni elevati alla dignità episcopale individuati dall’A. nel corso della propria ricerca.

Conclude il volume l’ampia sezione degli indici (pp. 555-689), comprendenteanche quello dei manoscritti e dei documenti d’archivio citati, e l’elenco cronologi-co degli atti figuranti nel Fondo Celestino I.

Eugenio SUSI

(Roma)

Patrizia DANELLA

I codici greci conservati nell’archivio di MontecassinoPubblicazioni Cassinesi [Biblioteca Cassinese 1]

Montecassino 1999, pp. 131

Il lavoro della dott.ssa Danella amplia e arricchisce con grande attenzione paleogra-fica, filologica, codicologica le descrizioni del fondo greco di Montecassino di JanSajdak e di Elpidio Mioni. Il presente catalogo, che, oltre a una minuziosa descrizio-ne dei manoscritti, è corredato da un’attenta osservazione dell’ornamentazione e daun prezioso inquadramento degli stessi manoscritti nell’ambiente culturale e nellevicende storiche dell’abbazia, è diviso in due parti e un’appendice. La prima partecontiene le schede dei codici conservati nell’archivio; la seconda, la scheda del codi-ce greco della collezione privata del monastero; l’appendice, la scheda del codice ver-gato in “carolina” in cui sono trascritti in caratteri latini alcuni passi della Scritturanella versione della LXX e la scheda di una grammatica greca del XVI secolo, che èsembrata all’a. arbitrario inserire nella parte riservata ai codici greci.

Al catalogo sono premesse opportune norme di catalogazione; delle opere si for-niscono le inscriptiones, gli incipit e gli explicit; per poi analizzare le caratteristiche codi-cologiche e paleografiche del manoscritto, a tali sezioni segue quella bibliografica.

Il catalogo, presentato da Paul Canart, è preceduto da un’introduzione in cui l’a.si profonde sul ruolo della cultura greca nel monastero cassinese e, quindi, sulla for-

Litterae Caelestes273

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 273

Page 45: recensioni in Litterae Caelestes

mazione culturale dei monaci, sulla loro conoscenza della lingua greca, e sui testi dilingua greca circolanti nell’abbazia. Il volume, corredato da un’ampia bibliografiagenerale, da accuratissimi indici (indice degli autori e delle opere; indice degli inci-pit; indice delle filigrane; indice dei nomi propri; indice dei luoghi; indice dei mano-scritti; indice delle tavole; indice generale) e da tavole a colori, è uno strumento dilavoro utile e aggiornato.

Chiara SPUNTARELLI

(Roma)

Autori variCollana “Archivio Capitolare di Modena”

Mucchi, Modena alla data, pp. varie, numerose illustrazioni

Le cattedrali, centro della vita religiosa, culturale, politica e sovente anche giudizia-ria delle città medievali, hanno raccolto nel trascorrere del tempo tesori librari spes-so d’inestimabile valore, e non solo venale, e sebbene vicende più o meno dramma-tiche, quali guerre e saccheggi ma anche furti o incorporamenti in altre biblioteche,le abbiano private di una parte dei loro patrimoni, quanto ancora rimasto nei loroscaffali è pur sempre di notevolissimo interesse anche se talvolta mal conservato perl’incuria e il disinteresse culturale dei conservatori affidatari. Il problema reale è che,purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi non esistono cataloghi organici diquanto custodito in tali biblioteche e quando vengono realizzati, grazie alla sensibi-lità anche culturale di finanziatori più o meno occasionali, rimangono, il più dellevolte, nel limitato circuito dei fruitori di questi preziosi cadeaux che i committenti,spesso banche e grandi aziende, destinano ai loro clienti più prestigiosi, e facoltosi,escludendo quindi automaticamente gli studiosi veramente interessati che ben dirado appartengono a questa privilegiata categoria. Il destino di questi volumi è quin-di spesso non di arricchire gli scaffali di chi li utilizzerebbe per lavoro ma di fareun’inutile bella mostra di sé «sulla consolle dell’ingresso» dove «fanno tanto intellet-tuale», come argutamente osserva Paolo Golinelli.

Non sarà questo sicuramente il destino della prestigiosa collana dedicata all’Ar-chivio Capitolare e alla Biblioteca della Cattedrale di Modena. Nata dalla collabora-zione tra l’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, la Soprintendenza Archivistica perl’Emilia Romagna e l’Archivio Storico del Comune di Modena e stampata con i tipidella casa editrice Mucchi, un’azienda editoriale che opera ininterrottamente a Mo-dena dal 1646, la collana conta già sette volumi pubblicati nel breve arco di due solianni. Si colma con questa serie di pubblicazioni un altro grande vuoto, consideran-do che fino a oggi per l’Archivio Capitolare si poteva usufruire solo di indicazioni

Recensioni

Litterae Caelestes274

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 274

Page 46: recensioni in Litterae Caelestes

parziali quali quelle di Kristeller (P.O. Kristeller, Iter Italicum, II pp. 538-539;VI p. 84)e di Dondi (A. Dondi, Notizie storiche e artistiche del Duomo di Modena, Modena 1896;alle pp. 269-283: “Catalogo dei codici antichi e moderni dell’Archivio Capitolare di Mo-dena”, ma solo 71 mss. e privo di ogni tipo di indice).A queste due opere ‘maggio-ri’ si possono aggiungere solo le citazioni che ne fanno i tanti studiosi che li hannovisti, sfogliati e studiati e tra questi ci sembra giusto ricordare i due grandi filologimodenesi G. Bertoni (Modena 1878-Roma 1942) e il suo ‘allievo’ A. Roncaglia(Modena 1917-Roma 2001).

Matteo AL KALAK, Guida all’Archivio e Biblioteca Capitolare della Cattedrale di Modena,2004, pp. 50, 13 tavv. col. Pur non essendo il primo volume in ordine cronologico aessere stato pubblicato, ci sembra ugualmente opportuno cominciare da questo perchéci offre un quadro completo ed esauriente, pur se sintetico, dell’importanza e dellavarietà del materiale documentario custodito nell’Archivio e nella BibliotecaCapitolare. Nella breve introduzione (pp. 7-12) vengono esposti a grandi linee imomenti salienti della storia di Modena e del Capitolo, atti a far comprendere i moti-vi di quanto in esso conservato partendo dal documento più antico, una carta privatadel fondo pergamenaceo risalente all’811. Segue l’elenco dei fondi (pp. 9-11) che spa-ziano dal “Fondo diplomatico” alla “Cappella musicale”, dalla “Biblioteca capitolare” al“Medagliere e Monetiere”, dalla “Mensa comune” ai vari “Fondi aggregati” e coì via.Tutti i fondi posseduti sono stati inventariati da mons.Guido Vigarani,dal 1960 respon-sabile dell’Archivio e della Biblioteca, di tutti questi inventari, indispensabili strumen-ti di ricerca e di studio, viene fornito l’elenco (pp. 11-12). Segue poi la “Guida” vera epropria (pp. 15-50), con la descrizione sintetica, ma dettagliata, di tutti i singoli fondi,ciascuno corredato dalla relativa bibliografia. Concludono il volume 13 tavv. a coloricon riprodotti esemplari appartenenti ai singoli settori.

Guido VIGARANI, Inventario dei Manoscritti dell’Archivio Capitolare di Modena, a cura diF. BALDELLI, introduzione di P. GOLINELLI, 2003, pp. 180, numerose illustrazioni b/n. Ilvolume, dopo alcune inevitabili, ma fortunatamente sintetiche, premesse dei rappresen-tanti degli enti, religiosi e laici, che hanno promosso e appoggiato, e soprattutto finan-ziato, la pubblicazione, si apre con una interessantissima introduzione di Paolo Golinelli(pp. 17-26) che ripercorre la storia del Capitolo della cattedrale nelle sue funzioni e neisuoi rapporti con la storia di Modena. L’emanazione di un privilegio, il 22 novembredell’891, da parte di Guido da Spoleto, re d’Italia, in favore della Chiesa modenese, conil quale al vescovo Leodoino venivano concessi poteri comitali sulla città stessa, in virtùdei quali gli veniva permesso di fortificare la città, riscuotere le tasse, amministrare la giu-stizia e così via, fanno di Modena uno dei centri di difesa contro le invasioni delle popo-lazioni barbariche che dilagavano lungo la pianura padana, e tra queste in particolare gliUngari, e proprio «dalle sentinelle che sorvegliavano le mura, onde vegliare alla difesadella città» sarebbero nati i famosi Canti delle scolte modenesi. Non è quindi un caso chesiano ancora custoditi nell’Archivio Capitolare il suddetto privilegio imperiale e i docu-

Litterae Caelestes275

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 275

Page 47: recensioni in Litterae Caelestes

menti relativi ai più antichi lavori di fortificazione e i canti delle scolte, questi ultimi allecc. 154v-155r del ms.O.I.4, un miscellaneo dei secc. IX-XI. È naturale però che la fun-zione principale della cattedrale sia la liturgica e che pertanto questa sia rappresentatadal nucleo più cospicuo e più antico dei codici, a partire da una Bibbia ‘atlantica’ dellametà del sec XII divisa in due volumi (O.III.1 e O.III.2), fino ai libri profetici con icommenti dei padri della Chiesa (O.I.6) del sec. XIV. Tra i ‘pezzi’ più preziosi unEvangeliario del sec. XI (O.IV.I), uno dei Sacramentari più antichi di cui si abbia notizia:il Gregoriano del IX sec. (O.II.7), un Missale vetus ad usum Templariorum del sec. XIII(O.II.13), un Homiliarium del sec. IX-X.La funzione giudiziaria esercitata dal vescovo diModena è documentata dai numerosi testi giuridici cha vanno dalla Collectio canonumveterum alle Leges Salicae, Ripuariae, Longobardorum, Baioariorum, Caroli Magni, raccolte inun codice del sec. X (O.I.2). La presenza di una scuola della cattedrale, dove si insegna-vano le arti del trivio — grammatica, retorica, dialettica — è documentata dai nume-rosi codici con opere didattiche ed enciclopediche, tra queste ultime le Etymologiae diIsidoro, con un codice referente tra i più antichi, risalente al sec IX (O.I.17), ma nonutilizzato dal Lindsay nella sua edizione del 1911; presenti logicamente anche numero-si autori classici — Cicerone, Sallustio,Virgilio,Valerio Massimo — ma anche umanisti-ci — Petrarca, Boccaccio e altri minori. Cospicuo è anche il numero dei manoscritti dicarattere amministrativo, relativi alla gestione sia della camera apostolica sia della fabbri-ceria, e dei codici riguardanti la vita del Comune di Modena, sia memorie sia atti giu-diziari. Numerosi anche quelli eruditi contenenti copie di documenti e di bolle, ricer-che sulla storia di Modena e sulla storia della Chiesa. Segue l’inventario dei codici (pp.41-148), preceduto dalla suddivisione per tipologia (pp. 27-28) e da una bibliografiagenerale sul fondo (pp. 29-30). Le singole schede dei codici sono disposte secondo l’or-dine di catalogazione, ognuna corredata da un’immagine in b/n. Ciascuna scheda ècomposta da un’accuratissima descrizione paleografica, seguita dall’elenco delle operecon l’incipit di ognuna e la carta di inizio e fine della medesima, per i codici illustrati èriportato l’elenco delle carte contenenti miniature o immagini; segue poi la bibliogra-fia specifica e l’indicazione se del codice esiste anche la riproduzione su microfilm. Nellosfogliare questo prezioso inventario è possibile sia rilevare quante siano le schede privedi bibliografia, non certo per una carenza dell’accuratissimo lavoro compiuto ma per-ché relative a codici mai ancora studiati, sia imbattersi in piccole curiosità quale, adesempio, un codice del sec XVII in scrittura tamil su fogli di corteccia conservato inuna scatola istoriata e contenente Testi sacri dai Veda (O.IV.47). Concludono il volumetre utili indici: cronologico dei manoscritti (pp. 149-159); degli autori e delle opere (pp.161-167);dei nomi di persona e di luogo (pp.169-180).Sedici tavole a colori fuori testo(tra le pp. 96-97) completano l’opera.

Matteo AL KALAK, Inventario dei Manoscritti dell’Archivio Capitolare di Modena, vol.II, Codici confraternali e Manoscritti depositati, 2005, pp. 131, 16 tavv. col. All’ArchivioCapitolare sono pervenuti in deposito attraverso il trascorrere degli anni numerosi

Recensioni

Litterae Caelestes276

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 276

Page 48: recensioni in Litterae Caelestes

fondi costituiti da codici e documenti, in questo volume vengono schedati e descrit-ti i manoscritti appartenenti ad alcuni di questi fondi. L’introduzione (pp. 9-14) trac-cia a grandi linee, ma in modo chiaro, quali eventi abbiano fatto confluire questomateriale e i criteri adottati nella catalogazione; segue poi (pp. 15-105) l’inventario,preceduto da una bibliografia di riferimento (p. 19). Il primo nucleo preso in esame(pp. 21-53) è quello relativo alle Confraternite — Santissima Annunziata (SA), SanPietro Martire (SPM), San Sebastiano (SS), Sant’Erasmo (SE) e San Giovanni Battistao della Buona Morte (SGM), di quest’ultima sono conservati anche i documenti d’ar-chivio (AR-SGB) —, di ogni codice è redatta una puntualissima scheda corredatadalla relativa bibliografia specifica; anche tra questi alcuni pregevoli, un membranaceodel secolo XV ineunte (SA 1) riccamente decorato con le Lettere di santa Caterina daSiena, due Orazionali con capita ornata del XVI secolo ineunte (SGM 1, SGM 2). Ilsecondo nucleo, Antichi strumenti di corredo (pp. 55-63), comprende i manoscritti rela-tivi ai numerosi inventari e indici compilati dai diversi archivisti che si sono succedu-ti nel tempo, particolarmente importante quello redatto da Ferdinando Bassoli nel1818 (O.V.6), che ha catalogato i codici sia in ordine alfabetico sia «secondo l’ordinein cui sono posti ne’ scaffali dell’armario», utilizzando per quest’ultima quella segna-tura per ordines utilizzata ancora oggi. Il terzo nucleo, I manoscritti Gigli (pp. 65-73),raccoglie dodici manoscritti del secolo XVIII con scritti di alcuni esponenti di que-sta famiglia che fu al centro della vita culturale modenese tra il Seicento e ilSettecento, si tratta di opere di erudizione a carattere storico, retorico, filosofico e bio-grafico. Il quarto, e ultimo nucleo, Manoscritti vari (pp. 75-105), raggruppa un consi-derevole numero di manoscritti di vario argomento e di varie epoche afferitiall’Archivio e non classificabili in modo specifico. Accanto a codici antichi come il“Silingardi” del secolo XIV (O.V.32), che riporta le Constitutiones synodales et provincia-les di Gaspare Silingardi, vi sono manoscritti moderni o addirittura contemporaneicome i registri che raccolgono le firme dei visitatori del Duomo di Modena dal 1971al 1984 (O.V.63, 64, 65, 66); è in ogni caso un settore importantissimo per approfon-dire la storia della Chiesa modenese. Concludono anche questo volume degli indici(pp. 109-131) concepiti per una totale fruibilità dell’opera: tipologia dei manoscritti(pp. 109-110); cronologico (pp. 111-119); dei nomi, luoghi e cose notevoli (pp. 121-131). Sedici tavole a colori fuori testo, a fondo volume, completano l’opera.

Guido VIGARANI, Matteo AL KALAK, Marta LUCCHI, Horatio Vecchi Maestro diCappella. La Cappella musicale del Duomo di Modena dalle origini ad Orazio Vecchi, 2004,pp. 70, 23 tavv. col. Il volume, uscito in occasione delle celebrazioni per i quattrocen-to anni della morte del “Maestro di Cappella della Cattedrale” Orazio Vecchi (Modena1550-1605), si apre con tre brevi saggi di notevole interesse. Il primo, a firma di M.AlKalak, I codici musicali della Biblioteca Capitolare: rinascita di una cattedrale (pp. 9-15), riper-corre dapprima a grandi linee la storia delle accessioni dei manoscritti all’Archivio, sof-fermandosi sulle varie tipologie — codici liturgici, giuridici, di erudizione, etc.; il più

Litterae Caelestes277

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 277

Page 49: recensioni in Litterae Caelestes

antico codice musicale posseduto, un Antiphonarium ad usum chori (O.IV.9), risale alsecolo XI, sempre del sec. XI exeunte sono due Libri cantus ad usum chori (O.I.7, 13),tutti e tre «di estrema rilevanza per lo studio delle origini della tradizione musicalelocale, di cui emergono contorni e tratti del tutto peculiari». Numerosi gli esemplaripiù moderni tra i quali ricordiamo un Antiphonarium Romanum del sec. XV (O.III.18)e un altro Liber cantus ad usum chori del 1552, quest’ultimo riccamente miniato; o ilcodice redatto nel 1775 da Don Davide Muratori (O.IV.36) che contiene i Cantus eccle-siastici pro processionibus infra annum occurrentibus in ecclesia cattedrali Mutinae. Segue poi unsaggio di M. Lucchi, La cappella musicale della cattedrale: Orazio Vecchi e il suo tempo (pp.17-26), dedicato prevalentemente alla biografia di Orazio Vecchi. Questi, nato aModena nel 1550, fu maestro di cappella dapprima nel duomo di Salò da dove fu chia-mato, col medesimo incarico, a Modena nel 1583, e ricoprì questo incarico fino al1586; nominato poi canonico della collegiata di Correggio, si trasferì in questa città evi rimase fino al 1593, anno in cui rientrò nella sua città natale e vi rimase, semprericoprendo l’incarico di maestro di cappella, fino al 1605, anno della sua morte. In real-tà venne sospeso dal suo incarico nel 1604, per aver insegnato musica alle monache,nonostante un esplicito divieto.L’opera di Vecchi va divisa in due settori, la musica sacrae quella profana, e fu proprio questa produzione quella di maggior rilievo e che glidiede una fama a livello europeo.Tra le prime va ricordato l’incarico, avuto nel 1591,di rivedere e correggere il Graduale Romano ristampato a Venezia da Angelo Gardano,incarico che assolse insieme a Ludovico Balbi e Giovanni Gabrieli — nipote diAndrea, morto nel 1586 - sempre insieme a loro due, che erano rispettivamente mae-stro di cappella di Sant’Antonio in Padova e primo organista di S. Marco in Venezia,curò negli stessi anni anche un’edizione dell’Antifonario; sempre tra le musiche sacre varicordata l’unica composizione di un certo rilievo, la messa a otto parti In resurrectioneDomini. Importante è però il lavoro da lui compiuto come riordinatore delle compo-sizioni musicali che si trovavano nell’archivio capitolare, come testimonia il codiceJacobi et Ludovici Foliani olim cathedralis Mutinae magistri opera ab iniuria temporum a Vecchiovindicata (ms. mus. IV), ove raccolse, oltre alle opere dei Fogliani, composizioni delCampentras — soprannome di Elzéar Genet — maestro della cappella papale conGiulio II e Leone X, di Josquin Desprez, o Desprès, anche lui della cappella papale conInnocenzo VIII e Alessandro VI, dell’allievo di questi Jean Mouton e di molti altri, inprevalenza francesi e fiamminghi. Quando nel 1598 Cesare d’Este trasferì la corte aModena da Ferrara, passata sotto il dominio diretto del papa Clemente VIII con la“convenzione di Faenza”, lo volle come maestro di musica dei figli. Considerevole fula sua produzione di carattere profano tra cui ricordiamo la Selva di varie ricreazioni, ilConvito musicale e soprattutto il suo capolavoro l’Amfiparnaso, una ‘comedia harmonica’ acinque voci nella quale, con grande maestria utilizza i vari stili in cui eccelleva, dalmadrigale alla canzonetta al dialogo, e per la quale scrisse pressoché certamente ancheil testo, dimostrazione ulteriore anche della sua frequente attività letteraria. Segue un

Recensioni

Litterae Caelestes278

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 278

Page 50: recensioni in Litterae Caelestes

brevissimo saggio a cura di Lorenzo Pongiluppi, La Cappella Musicale del Duomo di Mo-dena (pp. 29-31), che compie un rapido excursus sui musicisti che precedettero il Vecchinella direzione della cappella e sulle figure dei principali che si sono succeduti dopo dilui fino al giorno d’oggi. Concludono il volume (pp. 51-70) le schede — come sem-pre complete di ogni dato — relative a una parte del patrimonio musicale conservatodivise in quattro sezioni; la prima, Dalle origini alla Capella Musicale (pp. 51-58), com-prende i già citati referenti più antichi; la seconda,Autografi e notizie di Orazio Vecchi (pp.59-60), accoglie alcuni documenti a lui relativi; la terza, Le Confraternite (pp. 61-67),presenta quattro codici appartenenti ai fondi delle Confraternite tra i quali l’Officiumbeate Marie Virginis del sec.XV (SA 3), il Libro corale di Bartolomeo Cella del 1437 (SPM3/71); l’ultima sezione,Musica a stampa (pp. 68-70), riporta fra gli altri due volumi stam-pati a Venezia da Angelo Gardano: i Motecta Horatii Vecchii Mutinensis […] del 1590 e ilSacrarum cantionum Horatii Vecchii […] liber secundus del 1597. Completano il volumeventitré tavole a colori.

Matteo AL KALAK, Relatio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani. Storia di una cat-tedrale, 2004, pp. 61, 17 tavv. col. Prezioso e ben curato volumetto dedicato alla Relatio— titolo abbreviato per indicare la Relatio sive descriptio de innovatione ecclesie SanctiGeminiani Mutinensis presulis ac de translatione vel revelatione seu etiam consecratione eiusbeatissimi corporis a domno Paschali sancte Romanae sedis summo pontifice diligenter celebra-ta — contenuta nelle cc. 1r-7r del manoscritto O.II.11, conservato nell’Archiviocapitolare e che racchiude altre opere di grande importanza per la storia della catte-drale dalle Rubrice instrumentorum et iurium spectantium ad fabricam Sancti Geminiani aiPrivilegia concessa domui Sancti Geminiani, domino episcopo et canonicis. Nell’introduzioneal volume (pp. 3-18) l’A. affronta dapprima La ‘Relatio’: tra storia e narrazione (pp. 3-9), riuscendo a dare in modo sintetico, ma estremamente chiaro, un inquadramentostorico e letterario di quest’opera — attribuita al magiscola Aimone — nella quale sinarra la decisione di costruire una nuova chiesa intitolata a san Geminiano e doveaccogliere le spoglie mortali del vescovo modenese, incarico affidato all’architettoLanfranco e da lui assolto nel periodo compreso tra il 23 maggio 1099, inizio delloscavo delle fondamenta, e l’aprile del 1106 data presunta dal fatto che il 1° maggiodi quell’anno avviene la translatio del corpo. Passa poi a trattare il problema de La‘Revelatio’: Geminiano e il suo popolo (pp. 9-13), cioè dell’apertura del sacello e del-l’ispezione dei resti del santo avvenuta, dopo lunghi contrasti, alla presenza del papaPasquale II di passaggio per Modena. L’ultimo argomento trattato, Le miniature: dallanarrazione alla rappresentazione (pp. 13-18), riguarda lo studio delle quattro miniatureche costituiscono un vero e proprio complemento del testo scritto; le prime due, allac. Iv, ritraggono rispettivamente lo scavo delle fondamenta e la cementazione dellestesse sotto il controllo di Lanfranco, le altre due, alla c. 9r raffigurano, la prima,Matilde di Canossa accompagnata dal suo seguito e dalla rappresentanza dei cives cheesorta il vescovo, e i clerici che lo accompagnano, ad attendere l’arrivo del papa per

Litterae Caelestes279

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 279

Page 51: recensioni in Litterae Caelestes

effettuare l’ispezione del corpo e, la seconda, l’apertura del sacello alla presenza diMatilde, di Dodone e di Lanfranco. Dopo questa interessante introduzione, conclu-sa da una scheda cronologica degli eventi (p. 19), segue (pp. 20-45) la riproduzionecompleta del manoscritto affiancata dalla trascrizione lineare del testo e corredataanche di un apparato critico essenziale.Al testo segue una ben curata Traduzione (pp.46-50). Ultimo argomento trattato è L’apertura del 1184 (pp. 51-54), relativa alla con-sacrazione ufficiale e solenne della chiesa cattedrale effettuata dal papa Lucio III ericordata da una lapide coeva apposta sul lato meridionale della fabbrica. Una Notabibliografica (p. 61) conclude il volume, completato da quattro tavole a colori.

Ci auguriamo che la collaborazione tra le istituzioni religiose e civili preposte aquesto patrimonio culturale e la casa editrice Mucchi prosegua nel suo progetto dimettere a disposizione degli studiosi ulteriori cataloghi di pari valore scientifico eartistico e di poterli presentare quanto prima su queste pagine.

Franco-Lucio SCHIAVETTO

(Roma)

Origini della scrittura. Genealogie di un’invenzionea cura di Gianluca BOCCHI e Mauro CERUTI

Bruno MondadoriMilano 2003, pp. XII+292

Il testo è composto da quattordici contributi che riguardano vari aspetti della scrit-tura e dell’alfabetismo distribuiti in tre sezioni: La preistoria della scrittura, La costruzio-ne dell’alfabeto e la nascita della moneta, Dinamica dei Sistemi Convenzionali.

I contributi al volume coprono tutte le fasi di evoluzione della scrittura dai cosid-detti fenomeni di pre-scrittura e sistemi di contabilità fino all’alfabeto; cosicché i varicontributi si coprono l’un l’altro e, talvolta, affrontano i problemi da punti di vistadifferenti.

I lavori che ho scelto di considerare sono quelli che risultano interessanti pernuovi concetti dal punto di vista paleografico ed epigrafico. I contributi analizzatinon sono nell’ordine in cui appaiono nel testo, ma ordinati per similitudine di argo-menti per porre in evidenza i diversi punti di vista su di un medesimo problema. Ilnumero all’inizio di ciascuna sezione è lo stesso numero del contributo del volume:in tal modo il lettore può ricostruire la sequenza originale.

Il volume risulta molto stimolante per la qualità e la varietà degli argomenti trat-tati, purtroppo la maggior parte dei contributi manca di bibliografia.

2. Harald HAARMANN, Modelli di civiltà a confronto nel mondo antico: la diversità funzio-

Recensioni

Litterae Caelestes280

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 280

Page 52: recensioni in Litterae Caelestes

nale degli antichi sistemi di scrittura (pp.28-57), è uno sforzo di descrivere le varie intera-zioni e motivazioni che portarono alla scrittura nelle società antiche. Il contributo diHaarmann riguarda il sorgere della scrittura in quattro aree distinte: Egitto,Mesopotamia, India, Balcani. Si tratta di un tentativo di riordinare i nuovi dati, acqui-siti in anni recenti, per le scritture antiche e la loro origine. L’autore considera le tra-dizionali ipotesi sull’origine della scrittura (cioè l’origine mesopotamica) e tenta didefinire le aree dove essa sorse. La funzione della scrittura viene definita dalla posizio-ne che essa occupa nelle diverse società. Oltre a ciò l’autore assume, come certo, ilmodello non-diffusionista. Con ciò accetta le ricerche di C. Renfrew (Before Ci-vilization.The Radiocarbon Revolution and Prehistoric Europe, London-New York,1973),sulla preistoria dell’antica Europa, in base ai dati provenienti dalle datazioni al radiocar-bonio. Inoltre, ammettendo un tale ordine di idee, egli accoglie un determinato model-lo teorico di organizzazione delle società preistoriche.Con queste premesse Haarmannosserva che le tecnologie, che tradizionalmente si ritenevano nate e diffuse dallaMesopotamia, come la città e la scrittura, si non si originarono in maniera esclusiva inquest’area, ma furono conseguenze di una indipendente poligenesi in aree differenti.L’invenzione della scrittura non ebbe (nell’opinione di Haarmann) finalità pratiche edeconomiche, bensì solo funzioni rituali. Uno dei casi analizzati, con l’intento di dimo-strare le tesi della poligenesi e dell’impiego rituale, è la posizione a scrittura nell’anti-co Egitto. Essa può essere datata al periodo di Naqada III (3200-3050 a.C.), in base atestimonianze provenienti dalle tombe presso Abydos e dalle tombe reali di Umm el-Qaab I, e presenta le stesse classi di segni attestate in età dinastica; quali fonogrammi,logogrammi e forse determinativi (su ciò si veda: G. Dreyer, Umm el-Qaab I. Das prä-dynastische Königsgrab U-j und seine frühen Schriftzeugnisse, Mainz,1998). Le evidenze perla scrittura egizia potrebbero essere, secondo l’autore, prove contro la nascita inMesopotamia della scrittura. Una situazione simile si potrebbe verificare per la scrittu-ra cinese, che fu introdotta attorno al 1200 a.C. e che fu utilizzata come mezzo perdivinazione.Essa fu usata per scopi pratici solo a partire dall’VIII secolo a.C. Altre simi-li considerazioni sono sviluppate riguardo alla scrittura dell’Indo (convenzionalmentedatata al 2600 a.C.), ritenuta espressione di una società egualitaria, caratterizzata da unuso rituale della scrittura. L’autore, in questo caso, non considera i possibili contatti conla Mesopotamia attestati da una serie di sigilli.Essi, pur datati posteriormente alla nasci-ta di entrambe le scritture, possono costituire una evidenza di rapporti intrattenuti inetà precedenti (si veda: Parpola A., Deciphering the Indus Script, London, 1994). I feno-meni di prescrittura nei Balcani (pertinenti, principalmente, alle facies culturali di Vinãae Körös) sono problematici nella definizione stessa del concetto di scrittura. PerHaarmann, i fenomeni di prescrittura dei Balcani possono essere le più antiche attesta-zioni della scrittura. Questa posizione è giustificata in base alle ricerche di C. Renfrewsull’Europa preistorica già citate. L’evoluzione della scrittura nell’Europa antica potreb-be aver avuto inizio tra il 5500 e il 4000 a.C. Questo processo sarebbe stato interrotto

Litterae Caelestes281

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 281

Page 53: recensioni in Litterae Caelestes

dalle invasioni indoeuropee (cultura Kurgan), distribuita in tre ondate distinte: KurganI (4400-4000 a.C.),Kurgan II (3700-3500 a.C.),Kurgan III (3200-2800 a.C.).Durantequeste fasi culturali l’inventario dei segni dell’antica Europa sarebbe continuato a livel-lo di memoria culturale (pp. 40-44). Sulla base di queste inferenze Haarman espone lasua teoria sulle fonti della cultura Sumerica e della scrittura da essa espressa. Le fontisarebbero: 1) fonti autoctone; 2) connessioni con l’Egitto predinastico; 3) diffusione disegni e simboli dall’antica Europa. In questa ipotesi il punto debole è costituito dallostudio della scrittura dell’antica Europa, che costituisce il nucleo del problema, in quan-to i cosiddetti fenomeni di prescrittura nei Balcani non sono certi. Il problema princi-pale, presente in queste enunciazioni, è dato dalle condizioni delle fonti e dall’edizio-ne dei dati epigrafici: la maggior parte dei segni attestati nei Balcani sono dati tramitevecchi disegni non ben eseguiti. L’editio princeps dei segni attestati in questo campo èun testo di S.M.M.Winn (Pre-Writing in Southeastern Europe: the Sign System of the VinãaCulture ca. 4000 BC., Calgary, 1981), in cui le tavole di illustrazione sono desunte daaltre edizioni, spesso non molto accurate e provenienti da vecchie relazioni di scavo.Oltre a questo problema ne sussiste un altro:Winn (come molti altri studiosi in que-sto campo) non fornisce fotografie dei manufatti iscritti. Del tipo di scrittura in que-stione esistono solo poche fotografie riportate in un lavoro di Emilia Masson (L’‘ecri-ture’ dans les civilisations danubiennes néolithiques, Kadmos XXIII,1984, pp. 89-123, tav. I-IV). Riguardo alle foto riportate dalla Masson, si può affermare che solo in minimaparte raffigurino un qualcosa che può essere scrittura nei numeri 1, 2 e 3 della primatavola; gli altri manufatti sembrano raffigurare numeri , segni simbolici o motivi deco-rativi.A questo stadio della ricerca, visti i problemi di edizione, si può affermare che gliunici esempi di scrittura preistorica nei Balcani sono le tavolette di Tartari? trovate inTransilvania, manufatti di difficile datazione (su ciò si veda: N.Vlassa, Chronology of theNeolithic in Transilvania, in the Light of the Tartaria Settlement’s Stratigraphy, Dacia VII 1963,pp. 485-494). Date queste premesse, le ipotesi di Haarmann potranno essere provatesolo tramite migliori edizioni dei manufatti che portano i probabili esempi di iscrizio-ni. Oggi il fenomeno di prescrittura negli antichi Balcani è solo una possibilità teori-ca che potrà essere provata con un accurato studio dei materiali.

3. Denise SCHMANDT-BESSERAT Dalla contabilità alla letteratura . Il contributo (pp. 58-68) è una relazione che mostra i risultati delle ricerche sull’uso di “tokens” semplici ecomplessi nel Medio Oriente antico. Per Denise Schmandt-Besserat l’evoluzione pro-gressiva dall’uso di “tokens” alla scrittura completa può essere descritto in sei passaggi: 1)la costruzione di un codice visuale; 2) la registrazione di segni; 3) la registrazione di nu-meri astratti; 4) il livello dei suoni linguistici; 5) la separazione della scrittura dal sistemadi contabilità; 6) il livello di registrazione della sintassi. Il primo stadio (pp. 58-60), la co-struzione di un codice visuale, fu concepito attorno all’8000 a.C. nel vicino oriente, alfine di risolvere problemi di registrazione di beni. Il principio era molto semplice, trami-

Recensioni

Litterae Caelestes282

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 282

Page 54: recensioni in Litterae Caelestes

te la produzione di “tokens” fatti con argilla, si aveva una corrispondenza uno a uno;cioèsei giare di olio erano rappresentate da sei “tokens” di forma ovoide. Il secondo stadio, laregistrazione di segni, fu concepito dopo 4000 anni attorno al 3500 a.C. a Uruk.Questosistema presenta l’innovazione di mettere i “tokens” in contenitori cavi in argilla di formasferica chiamate bullae, che offrivano una superficie in argilla, dove prestatori e debitoriimprimevano il loro sigillo. Ciò fu un importante progresso, in quanto vi fu la riduzio-ne di “tokens” tridimensionali a segni bidimensionali. La seconda fase di questo stadio furaggiunta attorno al 3300 a.C, quando i segni divennero entità indipendenti impresse inuna tavoletta d’argilla. Il terzo stadio, la registrazione dei numeri astratti, fu determinatodalla natura non propriamente precisa dei segni impressi.Attorno al 3100 a.C. qualcunousò uno stilo appuntito per eseguire segni incisi sulle tavolette d’argilla. In questo siste-ma di contabilità non vi era più l’identità del concetto di ‘uno’ con la singola quantità diprodotto, come nel periodo più antico. Fu così scoperto il sistema di notazione per inumeri in se stessi. Il quarto stadio, il livello dei suoni linguistici, fu raggiunto attorno al3000 a.C. In questo periodo apparve una nuova categoria di segni, i fonogrammi. Essi sibasavano sul principio della registrazione della pronuncia della parola simbolizzata dalsegno. Nello stesso periodo o più tardi, il sistema ebbe uno sviluppo, per cui si poteronoregistrare parole e verbi tramite il principio del rebus. Il quinto stadio fu la separazionedella scrittura dalla contabilità. Ciò avvenne attorno al 2800 a.C.; prima i testi registra-vano soltanto beni e merci. La separazione tra scrittura e contabilità è attestata nel cimi-tero reale di Ur attorno al 2700-2600 a.C.,per il nome Meskalamdug inciso su una coppad’oro. Il sesto stadio fu la sintassi, ovvero la registrazione di un testo. In questo caso chiscriveva doveva registrare la maggioranza o tutte le articolazioni di una lingua. Nel 2400a.C.un sovrano sumerico descriveva le sue vittorie in un testo abbastanza lungo.Attornoal 2000 a.C. la scrittura fu usata per la poesia, per testi storici e religiosi.

4. Jerrold S. COOPER, Scrivere in cuneiforme: l’origine burocratica della scrittura in Babilo-nia. Il contributo (pp. 69-88) è strettamente legato al precedente di Denise Schmandt-Besserat. Cooper discute, in parte, i problemi del contributo precedente e, opera criti-che ai punti di vista di Denise Schmandt-Besserat. La tesi principale del contributo èche in Mesopotamia la scrittura fu determinata dall’amministrazione politica ed eco-nomica, in quanto l’insegnamento della scrittura, data la complessità del sistema dellascrittura cuneiforme, era un investimento sociale dispendioso. Entro questo contesto, sigiustifica il sorgere della scrittura in Mesopotamia; parallelamente avveniva la rivolu-zione urbana, caratterizzata dalla nascita della città, nel secondo quarto del IV millen-nio a.C. Dopo aver delineato un contesto, simile a quello fornito da Schmandt-Besserat, Cooper descrive un ulteriore stadio di evoluzione verso un sistema di scrit-tura completa. Il passaggio si inserisce tra il terzo e il quarto stadio ricostruiti daSchmandt-Besserat, ed è identificato nelle tavolette numerico-ideografiche ritrovate aUruk III e nella Susiana (concetto preso a prestito da Englund Texts from the late Uruk

Litterae Caelestes283

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 283

Page 55: recensioni in Litterae Caelestes

Period, in Bauer J. (ed.) 1998 Mesopotamien: Späturuk-Zeit und Frühdinastisches Zeit,Freiburg-Göttingen, 1998, pp. 15-233). Questo sistema di proto cuneiforme presentacirca novecento grafemi, con segni per numeri e misure. Per esso Cooper, a differenzadi Schmandt-Besserat, esclude che i segni cuneiformi arcaici siano sorti da un sistemadi “tokens” complessi. Un altro punto discusso nel contributo è il modo di funziona-re del cuneiforme in relazione alla sua evoluzione dal livello di Uruk IV. I problemicoinvolti sono: la manifestazione dei suoni linguistici; la registrazione dei concettiastratti come i verbi; il principio del rebus utilizzato per registrare parole lunghe; laregistrazione dei nomi non-Sumerici (cioè i nomi personali Semitici) nel periodo diFara. Successivamente l’autore descrive l’espansione del cuneiforme Accadico comemezzo di corrispondenza diplomatica fino al XIII secolo a.C. e il loro utilizzo per altrelingue quali l’Urarteo e l’Elamitico nel II millennio a.C.

9. Emanuele BANFI, Ideogrammi cinesi e dintorni: sistemi di scrittura nell’estremo oriente e nelsud-est asiatico. Il contributo di Banfi (pp. 175-227) ha lo scopo di focalizzare il sistemagrafico della tradizione culturale cinese. Infatti, la scrittura cinese fu usata anche per fis-sare lingue molto differenti dal cinese stesso, come il vietnamita o il coreano. Ciò dimo-stra l’importanza della cultura cinese in quell’area. Dal punto di vista paleografico, risul-ta interessante la discussione riguardo alle origini della scrittura cinese (pp. 191-194); delproblema non viene prospettata soluzione,ma vengono riportate le teorie più importan-ti riguardo a questo argomento. Esse sono: a) La teoria Sumerica concepita da I. J. Gelb(A Study of Writing, Chicago-London,1963), che riteneva che la scrittura cinese avesseorigine nell’espansione della cultura Mesopotamica e, in particolare, dalla pittografiaSumerica. b) L’ipotesi formulata da D. Diringer (The Alphabeth. A Key to the History ofMankind, New York,1968), che riteneva che in Cina si fossero diffuse le idee generalidella scrittura sumerica e mesopotamica. c) La teoria della poligenesi enunciata daDeFrancis (The Chinese Language: Facts and Fantasy, Honolulu, 1984): la scrittura cinese esumerica non avrebbero legami; esse sarebbero risposte simili a due problemi simili sortiin due distinte società umane, cioè la necessità di registrare dati per gestire una società.Tra le due scritture non sussisterebbe alcuna relazione genetica. Riguardo a queste ipo-tesi faccio notare che esistono studi, datati e recenti, che hanno evidenziato prestiti lessi-cali dall’indoeuropeo al cinese, al coreano e all’ainu (su cui si veda: H. Günthert, DerUrsprung der Germanen, Heidelberg, 1934). Ciò può dimostrare frequenti relazioni daOvest a Est; dall’altro lato vi sono evidenze di prestiti indoeuropei in sumerico e vice-versa (si confronti G.Whittaker, The Dawn of Writing and Phoneticism, Lingua Aegyptia 3,11-50).A questa serie di rapporti è da aggiungere una serie di prestiti specifici dall’indo-europeo al cinese (su questo problema si veda Chang Tsung-tung, Indo-european Voca-bulary in Old Chinese,Sino-Platonic Papers 7, January 1988;anche se almeno la metà delleetimologie proposte risulta dubbia, il numero rimane cospicuo). In un contesto di ampierelazioni culturali, ciò significa che le ipotesi 1) e 2) sembrano più convincenti dell’ipo-

Recensioni

Litterae Caelestes284

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 284

Page 56: recensioni in Litterae Caelestes

tesi 3).Successivamente,Banfi discute la tipologia dei segni della scrittura cinese (pp.202-207); egli riporta la classificazione operata dal lessicografo cinese Xu Shen (30-124 a.C.):i caratteri cinesi vengono classificati entro le sei classi tradizionali, ossia: Caratteri pitto-grafici (che in antico furono immagini di oggetti). Caratteri ideografici semplici (chedenotano idee astratte come i numeri).Caratteri ideografici composti (che hanno la pro-prietà di essere una funzione del carattere di cui sono un componente). Prestiti foneticio caratteri rebus (che sono il risultato di un prestito al fine di scrivere un omofono o unaparola foneticamente simile.Così il segno per ‘gamba’è impiegato per ‘andare’,una paro-la difficile da esprimere con un pittogramma). Caratteri composti semantico-fonetici.(composti di un classificatore e un carattere fonetico: uno che indica il significa-to, l’altro il suono). Caratteri mutuamente interpretativi (che Banfi e altri autori (LiXiuqin, Evolution de l’écriture chinoise, Paris, 1991. pp. 7-13) considerano una categoriaconcettualmente poco chiara. Essi comprendono caratteri che, per estensione semantica,furono impiegati per scrivere parole di significato simile ma di differente pronuncia). Lasesta definizione, riguardante i caratteri mutuamente interpretativi, è il solo punto pro-blematico per la serie di definizioni relative alla scrittura cinese.Ritengo che questa defi-nizione non sia problematica,ma sia problematica l’attitudine con cui guardiamo la scrit-tura. Normalmente, non definiamo la scrittura in sé stessa, ma solo come portatrice diuna lingua. Questo punto di vista non è completamente errato, ma non è in grado didefinire tutte le dimensioni della scrittura. La scrittura può essere considerata in se stessada un’altro punto di vista, cioè come una meta-semiotica (prendo a prestito questo con-cetto da A. Perri, Le medium et le message. Une approche sémiotique et anthropologique à l’ètu-de des systèmes d’écriture,Versus Quaderni di Studi Semiotici 72, pp. 107-128). In questaottica, la scrittura può essere considerata una meta-semiotica che riorganizza il linguag-gio con lo scopo di esprimerlo e registrarlo. In questo modo è possibile definire i carat-teri mutuamente interpretativi come la somma di due componenti semantiche, con loscopo di esprimere categorie semantiche linguistiche al livello della scrittura.

6. Glenn MARKOE (pp.130-139), Il commercio marittimo fenicio come veicolo di mutamen-ti culturali. Il commercio fenicio ebbe un ruolo importante nella trasformazione cultu-rale del Mediterraneo antico e nella diffusione dell’alfabeto. L’autore delinea un quadroper le dinamiche della diffusione dell’alfabeto fenicio come si configurava attorno al1000 a.C. Successivamente l’alfabeto si diffuse nel Levante e nelle aree vicine, quando,tramite il commercio, si diffuse nel Mediterraneo. Il solo punto critico del contributo ècostituito dalla mancata menzione della presenza di un’iscrizione aramaica ritrovata aPithecussa (si veda G. Garbini, Un’iscrizione aramaica a Ischia, Parola del Passato XXXIII,1978,pp.143-150). Il contributo è una utile introduzione generale ai problemi della dif-fusione dell’alfabeto in relazione agli scambi commerciali; sfortunatamente non vieneriportata bibliografia dei problemi e delle scritture trattati.

7. Louis GODART, La nascita della burocrazia egea. Il lavoro (pp. 140-159) è molto

Litterae Caelestes285

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 285

Page 57: recensioni in Litterae Caelestes

interessante per i nuovi dati che riporta; sfortunatamente è senza bibliografia. L’autorecapovolge l’ordine cronologico generalmente accettato per le scritture egee. Nuovidati permettono di fornire nuove datazioni e sequenze per il geroglifico cretese, lalineare A, la lineare B. La lineare A può essere datata al 2100 a.C.: essa è attestata intre sigilli da Archanes, recanti alcuni segni con la stessa formula della lineare A A-SA-SA-RA-ME. Una tavoletta scritta in lineare A fu trovata a Cnosso in un muro delMedio Minoico I A; ciò significa che la tavoletta è più antica (per ragioni stratigrafi-che) di quelle trovate nel deposito dei geroglifici, rinvenute nel medesimo luogo. Lascrittura geroglifica apparve nel Minoico Medio II B (1700 a.C.), e secondo Godart,la scrittura geroglifica e la lineare A convissero fino alla fine del Minoico Medio III(1600 B.C.). La lineare B sembra essere meno recente di quanto si sia pensato nel pas-sato; Godart ritiene che i segni della lineare B, in comune con la lineare A, siano dadatare a un periodo precedente all’epoca della lineare A. Un’evidenza di ciò sarebbeuna pietra con iscrizione in lineare B ritrovata a Khafkhania, presso Olimpia. Essacontiene il nome ka-ro-ko, una sequenza che Godart interpreta come Xçrog o Xçropos,un nome che sarebbe attestato in Omero, ma nel contributo non viene data la formain greco omerico, e la trascrizione sembra essere un errore di stampa. L’iscrizione daKhafkhania viene datata all’Elladico Medio III (XVI secolo a.C.),ma Godart non for-nisce né una fotografia né una trascrizione completa di essa. L’autore delinea, conquesto contributo, un suggestivo affresco delle civiltà Minoica e Micenea attraverso leloro scritture. Il lavoro è, sfortunatamente, senza fotografie o disegni dei più impor-tanti esempi delle scritture trattate e delle nuove iscrizioni scoperte.

8. John F. HEALEY (pp. 160-171), Le origini dell’alfabeto, la diffusione in Occidente e lanascita della scrittura araba; riguarda il problema della nascita di vari tipi di alfabeto.L’autore descrive i processi di evoluzione da scritture non alfabetiche ad alfabetiche. Inquesto contributo si fa solo menzione del problema della nascita del principio alfabe-tico che si può trovare nella scrittura proto-sinaitica. Oltre a questa mancanza, nonsono discussi i problemi riguardanti il passaggio dal proto-sinaitico al proto-cananaicoe all’alfabeto fenicio. Difatti la storia dell’alfabeto cominciò con le iscrizioni proto-sinaitiche, che furono scoperte nella penisola del Sinai e in Palestina (sic!), datate alsecondo millennio a.C. Nel contributo questo problema è trattato in breve spazio,senza riferimento ai luoghi ove le iscrizioni furono trovate e quindi senza indicazionedella diffusione di questo tipo di scrittura. I problemi posti dalla scrittura in questionefurono analizzati da A. Gardiner (The Egyptian Origin of the Semitic Alphabet, 1916,Journal of Egyptian Archaeology 3,pp.1-16) che la interpretò come la più antica formadi alfabeto. Successivamente, Gardiner avanzò l’ipotesi che la scrittura del Sinai fosseuno stadio intermedio di evoluzione tra il geroglifico egiziano e l’alfabeto semitico.PerGardiner, i caratteri della scrittura proto-sinaitica derivarono dal geroglifico sulla basedel principio acrofonico. L’autore, inoltre, non tocca il problema del proto-cananaico

Recensioni

Litterae Caelestes286

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 286

Page 58: recensioni in Litterae Caelestes

in relazione all’origine dell’alfabeto; in aggiunta a ciò, non fornisce indicazioni suilavori di F. Moore Cross in questo campo ( si veda The Invention and Development of theAlphabet, in Senn Wayne M. (ed.), The Origins of Writing, Lincoln and London, 1990,pp. 77-90). L’alfabeto fenicio fu il risultato di un’evoluzione della scrittura proto-cana-naica, che avvenne tra il XVIII e il XVI secolo a.C. L’alfabeto che ne risultò sembraaver adottato il principio di rappresentare le sole consonanti, ciò avvenne per il prin-cipio acrofonico, cioè furono mantenuti i suoni iniziali degli antichi segni tralascian-done il restante corpo fonico.Un altro problema,non affrontato nel contributo, è l’ori-gine dell’alfabeto greco dalle scritture cananee. L’autore si limita a dire che l’alfabetogreco fu il primo sistema di scrittura a rappresentare, per mezzo di lettere indipenden-ti, vocali e consonanti. In questa ottica non si fa riferimento alle evidenze che fareb-bero datare la nascita degli alfabeti greci alla fine del II millennio a.C. Nel contributomanca anche una descrizione dell’evoluzione della scrittura nella penisola Araba prei-slamica (su ciò si consulti: E. Attardo, Dall’egizio al greco: mille anni di scrittura lineare,Padova, 2002, pp. 188-200).

Pietro MORETTO

(PADOVA)

Litterae Caelestes287

Recensioni

12 (229) Notiziario 31-03-2008 14:48 Pagina 287