relazionedelgruppodegliesperti sull ... · in preparazione del nuovo programma strategico per la...

107
1 Rapporto di sintesi Relazione del Gruppo degli esperti sull’evoluzione di alcune aree tecnologiche nelle regioni della Convergenza Lavoro svolto nell’ambito dell’attività di negoziazione tra MIUR e Regioni per il consolidamento e lo sviluppo di nuovi distretti ad alta tecnologia e laboratori pubblicoprivati A cura di Guido Pellegrini Università di Roma La Sapienza Roma, luglio 2013

Upload: hadien

Post on 15-Feb-2019

217 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

1    

Rapporto  di  sintesi  

 

Relazione  del  Gruppo  degli  esperti  sull’evoluzione  di  alcune  aree  tecnologiche  nelle  

regioni  della  Convergenza  

 

Lavoro  svolto  nell’ambito  dell’attività  di  negoziazione  tra  MIUR  e  Regioni  per  il  consolidamento  e  lo  sviluppo  di  nuovi  distretti  ad  alta  tecnologia  e  

laboratori  pubblico-­‐privati  

 

   

 

 

 

 

A  cura  di  Guido  Pellegrini  

Università  di  Roma  La  Sapienza  

 

Roma,  luglio  2013  

2    

Introduzione

L’Avviso pubblico n.713/Ric ha previsto agli articoli 11 comma 12 e 17 comma 2 la definizione da parte del MIUR di specifici Accordi di Programma con le Regioni per la realizzazione degli interventi ammessi a finanziamento (distretti ad alta tecnologia e laboratori pubblico privati). Questa fase ha richiesto al MIUR di dotarsi di competenze specialistiche necessarie per individuare traiettorie tecnologiche e valutare la qualità di proposte progettuali non sempre presenti nella PA. Inoltre tale lavoro di ricognizione e valutazione richiedeva uno stretto contatto tra tecnici e amministrazione: per reciproco scambio di informazioni in entrambe le direzioni, per tempestività d’azione, per la qualità delle scelte.

Su sollecitazione dell’allora Ministro Profumo e avvalendosi dell’assistenza tecnica di Invitalia si è scelto di costituire tramite bando pubblico un gruppo di esperti di chiara fama per il supporto alle fasi di negoziazione. Il mandato di questo gruppo era di analizzare per area tecnologica le prospettive di sviluppo in Italia e più specificatamente nelle Regioni Convergenza e di valutare le proposte di distretto e laboratori pubblico-privati presentati nell’Avviso in questa luce. Tutto questo doveva essere descritto in un Rapporto, da consegnare in 6 mesi.

In particolare, il Rapporto richiesto agli esperti per area tecnologica doveva comprendere descrizione delle tendenze evolutive del settore con l’individuazione degli traiettorie tecnologiche più promettenti. Veniva inoltre evidenziato, per le Regioni Convergenza:

•la presenza di possibili aggregazioni forti e di eccellenza di imprese, istituzioni, enti pubblici e privati di ricerca

•la presenza di possibili aggregazioni deboli con necessità di alleanze orizzontali e verticali

•gli indirizzi relativi alle attività dei futuri distretti rispetto alle capacità e alle tecnologie più promettenti

Questo lavoro è stato svolto dall’inizio del 2012 e completato per il mese di ottobre dello stesso anno. Sono stati completati 7 Rapporti specialistici che hanno riguardato le seguenti aree tecnologiche:

3    

•Energia e ambiente

•ICT e security

•Agro-alimentare

•Salute dell’Uomo e Biotecnologie

•Mobilità

•Aerospazio

•Nuovi Materiali e Nanotecnologie

A questi Rapporti si sono aggiunti dei contributi specialistici per l’integrazione dei progetti di Smart Communities e dei Beni Culturali.

Le conclusioni dei rapporti sono ampie e articolate. In sintesi, i rapporti rilevano una limitata presenza di istituzioni e capitale umano di eccellenza nelle Regioni Convergenza, con alcune lodevoli eccezioni. Evidenziano inoltre che in molti casi i gruppi di ricerca agiscono isolati dal contesto regionale, nazionale o internazionale. Infine sottolineano la presenza di sovrapposizioni tra progetti e sovraesposizioni di soggetti in vari ambiti. I suggerimenti generali (a cui sono seguite indicazioni specifiche rispetto alla valutazione delle proposte progettuali) invitano ad un’opera di coordinamento del Miur e delle regioni basata sui seguenti criteri: aggregazioni a livello regionale e interregionale allo scopo di raggiungere una massa critica in termini di fattori di innovazione, creando reti, sviluppando l’informazione tra soggetti, realizzando economie di scala per i servizi alla ricerca; coordinamento interregionale e con i cluster nazionali; integrazione e razionalizzazione dei progetti, evitando sovrapposizioni di proposte e sovraesposizioni di soggetti.

Dato l’interesse dello studio, il Miur ha ritenuto opportuno rendere pubblica l’analisi riguardante la descrizione delle tendenze evolutive per area tecnologica con l’individuazione degli traiettorie tecnologiche più promettenti. Nel seguito di questa sintesi si presenta un estratto da ogni rapporto riguardante questi temi. Si noti come l’ampiezza e l’approfondimento dell’analisi possono essere diverse tra settori, dipendendo dalle scelte fatte da ogni esperto nella compilazione delle diverse parti del rapporto.

4    

 

     

 

 

Analisi  settoriale:  Area  Agroalimentare    

 

 

 

 

Roberto  Fanfani  

Università  di  Bologna  

 

5    

 

6    

 

 

 

 

Analisi prospettica del settore agroalimentare  

1.1 Le tecnologie con le migliori prospettive nei prossimi 20 anni

L’importanza economica e sociale del sistema agroalimentare europeo è stato messo in evidenza con maggiore chiarezza nel corso dell’ultimo decennio. L’industria alimentare rappresenta la principale industria manifatturiera dell’Unione europea, con quasi 960 miliardi di euro di fatturato (13% dell’industria manifatturiera dell’UE), oltre 4,1 milioni di occupati (14,5%) e quasi 275.000 imprese, di cui in maggioranza Piccole e medie (63% degli occupati). L’industria alimentare contribuisce con oltre 65 miliardi di euro in modo sostanziale anche alle esportazioni dell’UE (che sono circa il 18% degli scambi mondiali). L’Unione europea con i suoi successivi allargamenti e quasi 500 milioni di abitanti è diventata la principale area commerciale di prodotti agroalimentari a livello mondiale, in termini sia di import che di export, mentre i consumi alimentari sono oltre il 13% di quelli complessivi delle famiglie (FoodDrink Europe, 2011). Nell’individuazione le strategie di Ricerca nel settore agroalimentare un contributo importante si è avuto nella formulazione del 7° Programma Quadro 2007-2013, (sezione KBBE, Food, Agriculture, Fisheries and Biotechnology), ma anche dal contributo di esperti e stakeholders organizzati da FoodDrink Europe (già CIAA, Confederazione delle industrie agroalimentari europee) per la definizione di Piattaforme Tecnologiche europee. Le strategie di ricerca del settore agroalimentare hanno preso in considerazione le priorità di ricerca degli attori (industrie, ricercatori e policy makers); cercato di favorire il coordinamento tra le ricerche in ambito europeo onde evitare sovrapposizioni fra i paesi; stimolare la partecipazione delle PMI e delle reti di impresa ai processi di ricerca; migliorare la multidisciplinarità e la ricerca intersettoriale; agevolare il trasferimento della conoscenza tra gli stati membri, coinvolgendo le PMI. Un passo importante nel definire le strategie di ricerca si è avuto nell’ottobre 2004 con la definizione della “Piattaforma tecnologica europea Food for life” da parte della CIAA, con il patrocinio dell’Unione Europea. A questa è seguita nel settembre 2007 la Strategic Research Agenda (SRA) e l’Implementation Action Plan che si è integrato per molti aspetti nelle call per progetti di ricerca del 7° Programma Quadro sulle tematiche relative al comparto KBBE. In preparazione del nuovo Programma strategico per la ricerca e l’innovazione dell’UE ( 2014-2020), è emersa la necessità di rivedere la precedente Strategic Research Agenda (SRA), individuando tre grandi obiettivi di ricerca (Key trust) rivolti a: i) migliorare salute, benessere e longevità della popolazione (KT1), ii) rafforzare la fiducia del consumatore verso la filiera agroalimentare (KT2), iii) favorire le produzioni alimentari sostenibili ed etiche. Una nuova versione della SRA è stata elaborata da FoodForce Europe (Febbraio 2012), introducendo una maggiore attenzione ai problemi del management e internazionalizzazione della catena alimentare e al trasferimento dei risultati. La definizione da parte della Commissione dell’8° Programma Quadro per la Ricerca e l’Innovazione (Horizon 2020), introduce nelle strategie della ricerca importanti novità che vengono formalizzate con l’approvazione del Programma nel novembre 2011. La Commissione Europea individua una strategia europea che si articola su tre pilastri fondamentali: la ricerca dell’eccellenza in ambito scientifico, la promozione della leadership delle industrie e le sfide poste dai cambiamenti della società. Gli strumenti fondamentali a sostegno della leadership industriale si dovranno concentrare sulle tecnologie della informazione e comunicazione, formazione e trasferimento tecnologico, scarsamente considerati e finanziati nei progetti precedenti. Inoltre, questa strategia cerca di stimolare le innovazioni specifiche per le Piccole e Medie Imprese, particolarmente rilevanti in Europa e soprattutto in Italia.

7    

Figura 1.1.1: Struttura di Horizon 2020, 2011

Fonte: Commissione Europea, Europa 2020 In Horizon 2020 una delle sfide per il futuro riguarda la sicurezza alimentare, l’agricoltura sostenibile e la bioeconomia (Food security, sustainable agriculture and bioeconomy). In particolare il settore della Bioeconomia viene specificato come un aspetto importante della nuova strategia europea per la ricerca e l’innovazione. Il valore complessivo di questo settore viene stimato dalla Commissione europea in circa 2.000 miliardi di euro e oltre 20 milioni di occupati (all’incirca il 9% dell’intera forza lavoro europea), in quanto comprende, oltre all’industria alimentare, di cui abbiamo parlato in precedenza, anche l’agricolourat, le foreste e industria del legno, l’industria della carta e altre industrie basate sul biologico. Al fine di raggiungere questi traguardi la Commissione Europea ha elaborato il documento Innovating for sustainable growth: a bioeconomy for Europe1. In questo documento la Commissione presenta una strategia e un piano d’azione per la bioeconomia, i cui scopi principali sono: incrementare la leadership europea nel settore della bioeconomia, contribuire alla creazione di lavoro qualificato stimolando l’imprenditorialità, affrontare le sfide sociali ed economiche dei prossimi anni e creare un ambiente più favorevole allo sviluppo del settore. Pertanto le principali azioni promosse dalla Commissione sia a livello europeo che nazionale sono:

• La creazione di un quadro coerente di interazione e coordinamento delle politiche, da perseguire attraverso il rafforzamento dei collegamenti tra gli strumenti di finanziamento del settore e l’elaborazione di un meccanismo di coordinamento tra le politiche più rilevanti relative alla bieoconomia;

• L’implementazione di azioni di ricerca che favoriscano lo sviluppo della bioeconomia, attraverso il trasferimento dei risultati della ricerca al settore industriale e parallelamente attraverso un maggior coinvolgimento di questo settore nelle attività di ricerca;

                                                                                                                         1  COM  (2012)  60  final  e  SWD  (2012)  60  final  

8    

• Supporto ai bio-based markets, alla crescita economica e all’occupazione sostenibile, mediante il miglioramento dell’accesso ai finanziamenti alla ricerca e incentivi per le industrie che investono in bio-based products;

• Promuovere l’impegno della società e rafforzare l’innovazione sociale nel contesto della bioeconomia, attraverso azioni di comunicazione e disseminazione dei vantaggi legati alla bioeconomia e una maggiore informazione sui bio-based products.

Naturalmente è richiesta un’integrazione anche con le attività di ricerca che affrontano le altre grandi sfide contemporanee, a cominciare da quella relativa ai cambiamenti climatici e ai problemi di salute e benessere della popolazione. Le strategie europee per la ricerca si avvalgono anche di altri importanti e nuovi strumenti di intervento come i JPI (Joint Progamming Initiative), per coordinare le iniziative e i programmi di ricerca fra Stati Membri, al fine di migliorare l’utilizzazione degli scarsi fondi pubblici in attività di R&D, evitando inutili duplicazioni e favorendo la rilevanza e l’eccellenza scientifica, anche attraverso la mobilità e la formazione dei ricercatori. Le prime tre JPI adottate dalla Commissione nel 2010 hanno riguardato tre Programmi: “Agriculture, Food Security and Climate Change”, “A Healty Diet for Healthy Life” e “Cultural Heritage and Global Change”. I programmi approvati riguardano quindi in particolare il sistema agroalimentare con riferimento all’agricoltura e alla sicurezza alimentare, ma anche all’alimentazione e alla dieta come determinanti di una migliore qualità di vita. Le iniziative JPI potrebbero essere utilizzate in particolare per affrontare problemi specifici della ricerca e dell’innovazione che riguardano le regioni della convergenza, con programmi congiunti fra gli Stati Membri interessati. Una delle ultime iniziative nelle strategie di ricerca dell’UE è quella della creazione di un European Institute of Innovation & Technology (EIT) costituito da una rete virtuale di 4-6 grandi Centri e Istituzioni di ricerca (collegati a hub o federati in Consorzio) i cui strumenti operativi sono i KIC (Knowledge and Innovation Community). Attualmente i KIC approvati riguardano Climate change, ICT e Sustainable energy, ma è in corso di approvazione il KIC Food4Future (primavera del 2013). Nei KIC ad ogni “nodo” di riferimento nazionale si collegano specifici cluster nazionali di ricerca e innovazione, con la forte partecipazione delle imprese. Si tratta quindi di una struttura organizzativa che potrebbe essere utilizzata per collegare direttamente al livello europeo i cluster nazionali nel settore Agrifood (finanziati con il recente Avviso pubblicato per il Centro Nord) ma anche i Cluster e laboratori già esistenti nelle regioni della Convergenza. Una iniziativa volta alla formazione di un KIC Food è già in fase avanzata presso l’Università di Bologna. Ulteriori stimoli alla ricerca e all’innovazione nel lungo periodo provengono dalla strategia “Europa 2020”, promossa dalla Commissione Europea per indirizzare le politiche dopo il 2020, che si fonda su tre grandi aree tematiche per la crescita dell’Unione: intelligente (per un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione), sostenibile (per un più efficiente uso delle risorse) e inclusiva (per promuovere un’economia con un alto tasso di occupazione, che favorisca la coesione sociale e territoriale). Per raggiungere questi traguardi, la Commissione propone una serie di obiettivi specifici, di cui il più significativo nell’ambito della ricerca e dell’innovazione è il raggiungimento del livello del 3% del Prodotto Interno Lordo dell’UE investito in Ricerca e Sviluppo. La Commissione ha individuato sette iniziative faro (Flagships) per catalizzare i progressi relativi a ciascun tema prioritario. Tra questi Flagship quelli più strettamente connessi al tema della ricerca sono: “l’Unione dell’innovazione”, incentrata sul miglioramento delle condizioni di accesso ai finanziamenti alla ricerca e all’innovazione, e “una politica industriale per l’era della globalizzazione”, relativa al miglioramento del clima imprenditoriale, con particolare attenzione alle PMI, e volta al consolidamento e alla sostenibilità della base industriale e produttiva Europea. Attenzione particolare viende data anche alla creazione di nuovi posti di lavoro. Non vanno comunque trascurate le relazioni con i problemi dell’inclusione e in particolare con le “Smart Cities”, che riguardano le relazioni fra aree urbane e periurbane, in termini di uso alternativo delle risorse suolo e acqua. Un importante strumento per monitorare l’implementazione delle iniziative faro è costituito dall’Innovation Europe Scoreboard (IUS), un indice basato sul precedente European Innovation Scoreboard. Questo strumento fornisce una valutazione comparativa delle performance dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea ed i relativi punti di forza e debolezza dei loro rispettivi sistemi di ricerca e innovazione. Lo IUS distingue tra tre principali categorie di indicatori e otto dimensioni dell’innovazione, arrivando a definire un totale di 25 differenti indicatori.

9    

La prima delle tre categorie di indicatori riguarda gli elementi esterni alle imprese e descrive tre dimensioni dell’innovazione: risorse umane; apertura, eccellenza e attrattività del sistema di ricerca; finanziamento e supporto all’innovazione. La seconda categoria riguarda gli sforzi in termini di innovazione interni alle imprese raggruppandoli in tre dimensioni: investimenti delle imprese; collegamenti e imprenditorialità; capitale intellettuale (intellectual assets). Infine la terza categoria riguarda gli effetti dell’innovazione nel contesto economico generale, strutturandoli in due dimensioni: innovatori ed effetti economici. Una volta elaborato l’indice per ogni singolo Paese dell’Unione, i paesi vengono suddivisi in quattro gruppi, in funzione delle loro performance:

• Innovation Leaders (es. Danimarca, Finlandia, Germania e Svezia), Paesi in cui lo IUS è ampiamente superiore alla media dei 27 membri;

• Innovation Followers (es. Austria, Franzia, Irlanda, Olanda, UK, Estonia), dove l’indice di performance si attesta intorno alla media dei 27 Paesi dell’UE;

• Moderate Innovators (e. Italia, Grecia, Polonia, Spagna, Portogallo), i cui indice di innovazione si attestano al di sotto della media dei 27 membri dell’UE;

• Modest Innovators (Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania), per i quali lo IUS si attesta su valori molto inferiori alla media.

Un contributo importante alla definizione delle strategie e dei programmi di ricerca è venuto anche dalla Piattaforma italiana “Food for life” promossa nel 2006 da Federalimentare, ENEA, ex-INRAN (oggi C.R.A.), Università di Bologna e altri attori rappresentativi del settore agroalimentare. Piattaforma che è stata rivista e aggiornata nel 2011 e che vede la partecipazione di oltre 300 stakeholders tra grandi, medie e piccole imprese, Università, centri di ricerca pubblici e privati, associazioni di consumatori e rappresentanze del mondo agricolo e della distribuzione. La Piattaforma Tecnologica Italiana ha individuato specifiche aree di intervento, simili a quelle della piattaforma europea : a) Migliorare la salute, il benessere e la longevità; b) Rafforzare la fiducia del consumatore verso la filiera alimentare (produzioni di qualità; sicurezza e

tracciabilità; gestione dell’intera filiera); c) Favorire una produzione alimentare sostenibile e competitiva (sistemi per valutare la sostenibilità del

settore agroindustriale; agricoltura sostenibile, valorizzazione rifiuti e residui, Best practices per la sostenibilità e la competitività delle PMI).

In questi anni, in seguito alla maggiore rilevanza riservata al tema, programmi di ricerca alimentare sono stati inseriti in progetti come “Industria 2015”, mentre un ulteriore contributo allo sviluppo della ricerca e dell’innovazione è dato dal Programma Operativo Nazionale per la ricerca e la competitività, elaborato di concerto fra Ministero dell’Economia e Ministero per lo Sviluppo. Questo tema verrà approfondito successivamente nel paragrafo 1.3.3. Il PON prevede di concentrare gli interventi in tre assi principali: Asse I, sostegno ai mutamenti strutturali; Asse II, sostegno all’innovazione; Asse III, assistenza tecnica e attività di accompagnamento. Va evidenziata la multisettorialità dell’approccio del PON, per cui a settori quali materiali avanzati, trasporti e logistica, aerospazio, sistemi avanzati di manifattura e ITC, viene affiancato anche il settore agroalimentare, con obiettivi specifici rivolti alla “ricerca sulle componenti biologiche alla base della qualità, tipicità e salubrità dei prodotti e sulla tracciabilità e caratterizzazione, anche di mercato, del valore e della novità del prodotto”. 1.2 I paesi e le industrie leader nel settore agroalimentare in Europa

1.2.1: La principale industria manifatturiera europea

L’industria alimentare, come abbiamo già accennato, rappresenta il principale settore dell’industria manifatturiera dell’UE in termini di fatturato e assume una rilevanza notevole in termini occupazionali e numero di imprese. La sua presenza, come vedremo, è diffusa nei principali Paesi membri dell’Unione e assume un rilievo importante anche a livello regionale (Nuts 3). L’industria alimentare contribuisce in modo rilevante ai commerci internazionali dell’UE (circa il 5% delle esportazioni, dati Eurostat Comext), in uno

10    

scenario di profondo cambiamento della stessa geografia economica internazionale. Sui mercati mondiali i prodotti alimentari trasformati aumentano continuamente le loro quote di mercato ed hanno superato per importanza il valore degli scambi delle commodities agricole. In questo contesto, l’industria alimentare europea si trova soggetta a numerose pressioni competitive, che derivano sia dai processi di internazionalizzazione, ma anche dalla forte concentrazione e sviluppo della Grande Distribuzione Organizzata nei paesi europei. Occorre anche ricordare che il sistema agroalimentare europeo è stato influenzato in modo rilevante dalla Politica Agricola Comunitaria (PAC) che nel corso dei suoi 50 anni ha creato un Mercato comune agricolo, basato sul sostegno dei prezzi dei prodotti agricoli e sul protezionismo rispetto al resto del Mondo. Le riforme della PAC a partire dal 1992 hanno progressivamente smantellato il sostegno dei prezzi e trasferito il finanziamento direttamente ai redditi degli agricoltori. Dal 2008 il finanziamento della PAC agli agricoltori (Premio unico) è stato completamente disgiunto (disaccoppiato) dalla produzione agricola (singoli prodotti). Le scelte degli imprenditori agricoli sono quindi sempre più determinate dagli andamenti dei prezzi mondiali delle commodities e dei mercati, proprio in una situazione di forte instabilità che ha visto due forti impennate dei prezzi nel 2007/8 e nel 2010, che hanno interrotto la fase di tendenziale riduzione dei decenni precedenti. In questo contesto anche l’industria alimentare europea vede quindi cambiare i suoi termini di riferimento, sia dal lato delle materie prime che da quello dei mercati internazionali. All’interno della PAC il cambiamento degli strumenti di intervento ha riguardato anche uno spostamento a favore delle Politiche di sviluppo rurale, con la costruzione di un apposito fondo di finanziamento (FESR) a cui va oltre il 20% dei finanziamenti complessivi della PAC, che ancora nel 2010, con oltre 50 miliardi di euro, rappresenta circa il 40% dell’intero bilancio dell’UE2.

1.2.2: La struttura produttiva dell’industria agroalimentare in Europa Il tessuto dell’industria alimentare dell’Unione Europea è molto articolato grazie alla presenza di grandi gruppi multinazionali e allo stesso tempo di numerosissime Piccole e Medie Imprese (PMI). Le numerose filiere e clusters presenti sono molto diversi fra loro, non solo per localizzazione territoriale e regionale, ma anche per la struttura delle imprese e per i collegamenti con i mercati regionali, europei e internazionali. Il rapporto della FoodDrink Europe “Data and trends of the European food and drink industry 2011” evidenzia chiaramente la frammentazione dell’industria alimentare (maggiore dell’industria manifatturiera), in quanto oltre il 99% delle imprese del settore sono di piccole e medie dimensioni (271mila su 274mila nel 2009). Queste imprese impiegano il 63% degli addetti dell’intero settore (2,7 milioni di occupati), producono un valore aggiunto complessivo di 93 miliardi di euro e generano un fatturato di 452 miliardi di euro. Si evidenzia pertanto l’importanza delle PMI in termini di occupazione e diffusione sul territorio, mentre il loro contributo all’economia del settore in termini di fatturato e valore aggiunto è di poco inferiore al 50%. Al contrario, le grandi imprese, che sono meno dell’1% del totale, impiegano oltre il 37% degli addetti e generano il 52% del valore aggiunto dell’intera industria alimentare. Tra queste le maggiori sono Nestlè (CH), seconda azienda alimentare multi-prodotto mondiale in termini di fatturato (circa 25 miliardi di euro) e la Unilever Plc, metà olandese e metà britannica, con un fatturato di 12 miliardi di euro. Gli altri importanti gruppi hanno un indirizzo prevalente, come la Heineken (birra) e il gruppo Danone (lattiero-caseario). Anche nei gruppi minori si afferma una specializzazione produttiva prevalente, come nel caso della Ferrero (8° posto con oltre 6 miliardi di fatturato, specializzata nel settore dolciario), e della Barilla (15° posto, con oltre 4 miliardi di fatturato nei settori della pasta e prodotti da forno). Tabella1.2.1: Principali imprese alimentari presenti in Europa, 2010

Fatturato

(miliardi di €) Occupati (migliaia)

Sede centrale Attività prevalente

1 Nestlé 25,1 91 CH multi-prodotto 2 Unilever Plc / Unilever NV 12,0 29 NL/UK multi-prodotto 3 Heineken N.V. 11,0 38 NL birra

                                                                                                                         2  All’interno dei Piani di Sviluppo Rurale, presentati a livello regionale, per rafforzare la competitività del sistema agroalimentare sono previsti finanziamenti sia per le imprese agricole che per quelle della trasformazione alimentare, privilegiando un’ottica di filiera. La PAC, nonostante le novità degli ultimi anni, rimane una politica settoriale, a cui manca una visone più generale di politica economica e in particolare di politica alimentare, a cui invece sono più interessate le strategia della ricerca europea, descritte in precedenza.  

11    

4 Groupe Danone 9,4 46 FR lattiero-caseario 5 Vion1 8,2 22 NL multi-prodotto, 6 Associated British Food 7,9 73 UK zucchero,amido, 7 Carlsberg 7,3 41 DK birra 8 Ferrero1 6,3 16 IT dolciario 9 Danish Crown 6,1 23 DK carni 10 Südzucker 5,7 17 D zucchero,multi-prodotto 11 Friesland Campina1 5,7 14 NL lattiero-caseario 12 Oetker-Group1 5,1 24 D multi-prodotto 13 Anheuser-Busch InBev1 4,6 - B birra 14 Tate&Lyle 4,0 2 UK ingredienti alimentari 15 Barilla1 4,1 15 IT pasta, dolciario 16 Nutreco 3,6 6 NL alim. animale 17 Diageo Plc 3,2 3 UK bevande alcoliche 18 Kerry Group 3,0 23 IR multi-prodotto 19 Pernod Ricard1 2,9 3 FR bevande alcoliche 20 HJ Heinz Company 2,5 8 USA preparati 1 Questo dato è riferito all'anno 2009. Fonte: FoodDrinkEurope, 2011

1.2.3: I principali paesi, regioni e settori dell’industria agroalimentare europea I principali paesi in termini di importanza dell’industria alimentare sono la Germania (circa 150 miliardi di euro di fatturato e 542 mila occupati ), la Francia (circa 143 miliardi di euro di fatturato e 470 mila occupati), l’Italia (circa 124 miliardi di euro di fatturato e 406 mila occupati), il Regno Unito (circa 89 miliardi di euro di fatturato e 38 mila occupati) e la Spagna (circa 81 miliardi di euro di fatturato e 445 mila occupati). Questi paesi hanno un livello di occupazione di 4,1 milioni di addetti (14,6 % dell’intera industria manifatturiera), impiegati in oltre 274.000 imprese. Questi paesi hanno registrato un aumento delle vendite di prodotti alimentari in seguito alla lieve ripresa del 2010, mentre i livelli di occupazione continuano a seguire un trend negativo in tutti i paesi dell’Unione Europea; il settore alimentare registra tuttavia un livello abbastanza stabile di occupazione, che decresce più lentamente rispetto agli altri settori manifatturieri. La presenza delle imprese alimentari nei diversi paesi e nelle regioni europee è molto diffusa. Una rappresentazione interessante a livello regionale dell’industria alimentare europea è fornita dall’European Cluster Observatory. L’analisi della struttura regionale del settore alimentare evidenzia una netta preponderanza delle regioni tedesche e francesi, seguite da quelle italiane (in particolare quelle del Nord) e britanniche, con una densità influenzata dalla distribuzione della popolazione e dei mercati di maggior consumo (Fonte: European Cluster Observatory). La distribuzione regionale dell’industria alimentare europea vede in posizione rilevante le regioni italiane, con ben tre regioni (Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) fra le prime dieci (che includono anche la Danimarca, come singola unità). La Lombardia e l’Emilia-Romagna occupano il secondo e terzo posto, e seguono la tedesca Niedersachsen. Il panorama si completa con la presenza dell’industria alimentare del Piemonte e della Campania, che rientrano fra le prime venti. Tra le regioni del Mezzogiorno, oltre alla Campania (36.500 addetti e quasi 7.500 imprese), sono rilevanti nel contesto europeo la Sicilia (23.564 addetti per 7.347 imprese) e la Puglia (22.580 addetti impiegati in 5.270 imprese), ciò testimonia il forte ruolo dell’industria alimentare nelle regioni italiane della convergenza. Figura 1.2.1. La distribuzione regionale delle imprese agroalimentari in Europa, 2010

12    

Fonte: European Cluster Observatory Tabella 1.2.2: L’importanza dell’industria alimentare nelle regioni europee: addetti e imprese, 2010

Codice Regione Addetti Imprese DE90 Niedersachsen 91212 3336 ITC4 Lombardia 79020 10475 ITD5 Emilia-Romagna 75212 8615 ES51 Cataluña 73358 FR52 Bretagne 64183 3863 DK00 Danmark 60563 2364 FR51 Pays de la Loire 57929 3691 ITD3 Veneto 55902 7414 PL12 Mazowieckie 54165 5089 PL41 Wielkopolskie 51655 4615 LT00 Lietuva 46817 1143 FR71 Rhône-Alpes 44323 5771 IE00 Ireland 42713 1185 FR10 Île de France 42357 5670 ES61 Andalucía 40869 FR30 Nord - Pas-de-Calais 40012 2961 ITC1 Piemonte 39954 6273 ITF3 Campania 36476 7447 RO31 Sud - Muntenia 34918 1522 HU33 Del-Alfold 34756

ITG1 Sicilia (44^) 23564 7347 ITF4

Calabria Puglia (53^) 22580 5270

ITF6 Calabria (171^) 8454 2789 Fonte: European Cluster Observatory L’industria alimentare europea si caratterizza anche per la presenza di numerosi comparti molto diversi fra loro per dimensioni, struttura industriale e relazioni con i mercati. Secondo i dati Eurostat, i principali settori dell’industria alimentare sono quelli più specifici dei paesi del Nord Europa, come carne (20% del fatturato complessivo e 21% degli occupati), bevande (15% del fatturato complessivo e 10% degli occupati) e lattiero-caseario (13% del fatturato e 8% degli occupati). Il settore dei prodotti da forno è il primo in termini di valore aggiunto, numero di occupati (32% del totale) e numero di aziende presenti (53% del totale). I cinque principali settori (carne, lattiero-caseario, prodotti da forno, bevande e prodotti vari) rappresentano il 76% del fatturato totale e oltre l’80% del numero di addetti. Nel 2010 l’industria alimentare europea ha esportato verso paesi extra-UE prodotti per circa 65 miliardi di euro, mentre ha importato prodotti alimentari per 55,4 miliardi di euro, con con un saldo commerciale positivo di quasi 10 miliardi. I valori delle esportazioni, dopo aver registrato una flessione di circa il 12% nel 2009, hanno prontamente recuperato nel 2010 con + 15,6%.

13    

Questa ripresa ha riportato i valori dell’export a livelli maggiori di quelli registrati nel 2008. I dati sul commercio extra-europeo riflettono la crescente importanza delle economie emergenti, che costituiscono otto delle prime quindici destinazioni commerciali dei prodotti dei paesi dell’Unione e undici dei primi quindici paesi esportatori verso l’Unione Europea, come descritto nella tabella seguente (dati Eurostat, Comext).

Tabella 1.2.3: Export e Import dell’industria alimentare UE “da” e “verso” resto del mondo (milioni euro)

Partner Valore esportazioni Partner Valore importazioni USA 10.916 Brasile 5.992 Russia 6.604 Argentina 5.229 Svizzera 4.339 USA 3.663 Giappone 3.377 Cina 3.602 Cina 2.393 Svizzera 3.187 Norvegia 2.276 Indonesia 2.572 Canada 2.128 Tailandia 2.394 Hong Kong 1.920 Turchia 1.893 Australia 1.499 Norvegia 1.779 Arabia Saudita 1.354 Nuova Zelanda 1.536 Singapore 1.313 Malesia 1.373 Turchia 1.140 India 1.295 Emirati Arabi Uniti 1.106 Cile 1.276 Ucraina 1.071 Marocco 993 Sud Korea 1.067 Vietnam 964

Fonte: Eurostat Comext, 2010 Per quanto riguarda le esportazioni, i settori maggiormente interessati dal commercio con i paesi extra UE sono bevande, carni e lattiero-caseario (insieme compongono il 53% delle esportazioni totali). Tuttavia, il commercio di prodotti alimentari tra paesi dell’Unione Europea, stando ai dati Eurostat più recenti (2008), risulta essere di gran lunga più importante rispetto a quello con i paesi esterni all’Unione: su un totale complessivo di più di 300 miliardi di euro di esportazioni nel settore agroalimentare, circa 240 sono relativi ai commerci tra i paesi dell’Europa a 27. Il mercato europeo si conferma quindi di gran lunga come il mercato di riferimento per i prodotti alimentari, con quasi i tre quarti delle esportazioni. Per ciò che riguarda il commercio intra UE, i settori maggiormente interessati sono rispettivamente quello ortofrutticolo (44,9 miliardi di euro), quello della carne e dei suoi derivati (circa 34,3 miliardi di euro), quello lattiero-caseario (circa 27 miliardi di euro), seguito da quello dei cereali e dei prodotti derivati (circa 26,1 miliardi di euro).  1.3: Il ruolo dell’Italia: tecnologie, capitale umano, centri di ricerca

1.3.1: l’Italia e l’industria alimentare tra grandi gruppi e distretti (cluster, filiere e reti di imprese)  

Il settore agroalimentare in Italia occupa un ruolo preponderante all’interno del sistema manifatturiero, sia per quanto riguarda il suo andamento anti-ciclico, sia come potenziale motore dello sviluppo nazionale e del Mezzogiorno. Il fatturato dell’industria alimentare si attesta sui 124 miliardi di euro nel 2010, dei quali 21 relativi all’export, con un saldo attivo della bilancia commerciale di 4 miliardi di euro. L’industria alimentare italiana è il secondo settore dell’industria manifatturiera, dopo quello meccanico, ed è candidato al terzo posto in Europa dopo l’industria alimentare tedesca e francese. Le imprese italiane attive nel settore alimentare sono circa 58.000 e l’occupazione supera le 440 mila unità, sempre nel 2010, con un’incidenza di circa il 10% sul totale dell’industria manifatturiera. I comparti e le filiere di maggior rilievo sono il lattiero-caseario, con circa il 12% del fatturato dell’intero comparto agroalimentare, il dolciario, con una quota del fatturato complessivo pari a quasi il 10% ed il comparto del vino (9%). Importanti sono anche i settori delle carni bovine, mangimistico, avicolo, pasta, conserve vegetali e oli. Tabella 1.3.1 Fatturato dell’industria alimentare italiana per settori nel 2010 (milioni di euro),

14    

Comparti Fatturato (%) Lattiero-caseario 14.800 11,9 Dolciario 12.051 9,7 Salumi 7.928 6,4 Vino 10.700 8,6 Carni bovine 5.900 4,8 Mangimistico 6.650 5,4 Avicolo 5.300 4,3 Pasta 4.303 3,5 Pane industriale e sostituti del pane 1.035 0,8 Conserve vegetali 3.700 3,0 Preparati gamma freschi e liofilizzati

1.000 0,8

Olio di oliva e di semi 4.200 3,4 Molitorio 2.590 2,1 Surgelati 4.126 3,3 Birra 2.550 2,1 Zucchero 630 0,5 Succhi di frutta 1.053 0,8 Riso 1.030 0,8 Ittici 1.420 1,1 Dietetici, Infanzia e Integratori 3.050 2,5 Acque minerali e bevande gassate 3.900 3,1 Altri comparti1 26.084 21,1 Totale (Milioni di euro) 110.000 100,0 1Di cui, caffè 2.440, alcol 1.000.

Fonte: stime Federalimentare e ISTAT, 2011 La struttura dell’industria alimentare in Italia presenta una grande diffusione sul territorio e una forte frammentazione delle imprese, molto superiore a quella già descritta dell’Unione europea. La presenza di numerosissime PMI caratterizza spesso i diversi distretti industriali e le filiere, elementi peculiari dell’industria alimentare italiana. Su 6.500 imprese, circa 30 sono di grandi dimensioni, 250 medie e le restanti 6.220 sono PMI (dati: Piattaforma tecnologica italiana). L’industria alimentare si caratterizza per la forte relazione a monte col comparto dell’agricoltura (il 72% delle materie prime agricole nazionali viene trasformato dalle imprese alimentari italiane) e a valle con la distribuzione. Pertanto, si può dire che si trovi al centro dell’intera catena alimentare. L’INEA stima che il sistema agroalimentare italiano, dalla produzione agricola fino alla distribuzione e consumi alimentari, abbia un valore aggiunto complessivo di oltre 246 miliardi di euro nel 2010, pari a quasi il 16 % del PIL (Fonte: INEA, L’agricoltura italiana Conta, 2011). I processi di acquisizione e integrazione verticale che si sono verificati a partire dagli anni ’80 hanno portato, da un lato, alla nascita di veri e propri gruppi multinazionali, come Barilla e Ferrero, e dall’altro all’arrivo di importanti gruppi multinazionali stranieri (LactalisNestlè, Kraft, Danone, ecc.). Questi grandi gruppi stranieri hanno spesso acquisito marchi noti dell’industria alimentare italiana e ciò ha permesso loro di sfruttare da un lato la notorietà dei marchi acquisiti e dall’altro di inserirsi in una rete di distribuzione già consolidata. La presenza di imprese di grandi dimensioni, con un fatturato superiore ai 350 milioni di euro, è limitata, tanto che si contano solo 30 imprese di questo tipo, tutte caratterizzate da una specializzazione settoriale molto evidente. Delle trenta grandi imprese alimentari del paese, con oltre 340 milioni di fatturato, nessuna è localizzata nelle regioni della convergenza, anche se importanti impianti di queste aziende sono situati nel Mezzogiorno. Tabella 1.3.2: Principali imprese alimentari presenti in Italia, 2010

Fatturato (Mio €) Occupati Prov. Attività prevalente

1 Ferrero Spa (gruppo Ferrero) 2.338 5.931 TO-CN dolciario 2 Veronesi Finanziaria Spa 2.320 7.043 VR mangimi e carni 3 Barilla G. e R. Fratelli Spa 2.247 4.243 PR pasta 4 Nestlè Italiana Spa (gruppo Nestlè Italiana) 1.455 3.449 MI dolciario

15    

5 Coca Cola Hbc Italia Srl 1.146 3.226 MI bevande analcoliche 6 Gesco Consorzio Cooperativo Scarl 1.128 544 FC carni 7 BIG Srl (Gruppo Lactalis Italia) 1.043 1.143 MI lattiero-caseario 8 Luigi Lavazza Spa (gruppo Luigi Lavazza) 984 1.570 TO caffè 9 Granarolo Spa 3 (gruppo Granarolo) 854 1.254 BO lattiero-caseario 10 Egidio Galbani Spa (gruppo Lactalis Italia) 835 1.834 MI lattiero-caseario 11 Parmalat Spa (gruppo Lactalis dal 2011) 821 1.670 PR lattiero-caseario 12 Kraft Foods Italia Spa 797 363 MI lattiero-caseario 13 SanPellegrino Spa (gruppo SanPellegrino) 788 1.559 MI-BG bevande analcoliche 14 Bunge Italia Spa 677 274 RM-RA oli e grassi 15 Massimo Zanetti Beverage Group Spa 674 2.375 TV caffè 16 Conserve Italia Scrl (gruppo ) 658 1.963 BO conserve vegetali 17 Heineken Italia Spa 619 909 MI birra 18 Carapelli Firenze Spa 607 334 FI oli e grassi 19 Acqua Minerale San Benedetto Spa 567 1.099 VE acque minerali 20 Bolton Alimentari Spa 530 612 MI-CO conserve ittiche 21 Davide Campari Milano Spa 493 658 MI bevande alcoliche 22 Birra Peroni Spa 489 738 RM birra 23 Danone Spa 479 340 MI-CR lattiero-caseario 24 Plada Industriale Srl 434 734 MI omogen. e dietetici 25 Consorzio Latterie Virgilio Scrl 411 223 MN lattiero-caseario 26 Unipeg Scrl (gruppo Unipeg) 410 287 RE carni 27 Unigrà Spa (gruppo Unigrà) 393 344 RA oli e grassi 28 Eurovo Srl 359 206 RA uova 29 Roquette Italia Spa 348 461 AL amidi e amidacei 30 Fratelli De Cecco Spa 341 741 CH pasta

Fonte: INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria), L’agricoltura italiana Conta, 2011 La distribuzione delle imprese alimentari e degli addetti su base regionale, già messa in evidenza in precedenza a livello europeo, vede un’importante presenza soprattutto nel Nord, ma non trascurabile anche nel Mezzogiorno. La regione con il maggior numero di occupati e imprese è la Campania (circa 36.500 impiegati in 7.447 imprese), seguita dalla Sicilia (circa 23.000 impiegati in 7.347 imprese), e dalla Puglia (22.580 occupati e 5.270 imprese) sempre secondo i dati European Cluster Observatory (2009). Il rilievo del settore alimentare nel Mezzogiorno emerge anche in riferimento all’importanza relativa delle sue esportazioni: rispetto al totale nazionale quelle agricole sono quasi il 29% del totale e quelle alimentari superano il 16%, contro una media che, per tutti i settori del Mezzogiorno, non supera il 12% del totale nazionale.

Tabella 1.3.3 - Esportazioni per ripartizione geografica e settori di attività economica (Italia =100) SETTORI DI ATTIVITA’ ECONOMICA RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE

nord-

occidentale nord-

orientale centrale meridionale e insulare ITALIA

A-B Agricoltura, silvicoltura e pesca 17,9 42,0 10,8 29,2 100,0 B Estrazione di minerali da cave e miniere 24,7 10,2 25,9 34,3 100,0 C Prodotti delle attività manifatturiere 40,5 31,7 16,4 11,3 100,0 CA Prodotti alimentari, bevande e tabacco 35,0 38,5 10,7 15,7 100,0 D Energia elettrica, gas, … 0,1 0,0 0,0 0,0 100,0 Altri prodotti n.c.a. 28,8 9,6 7,9 1,4 100,0 TOTALE 39,9 31,3 16,1 11,4 100,0

Fonte: ISTAT, Le esportazioni delle regioni italiane nel 2011, Gennaio-Dicembre 2011, Comunicato stampa, 14 marzo 2012    

1.3.2: l’Italia del made in Italy e dell’export Il commercio estero del settore agroalimentare è caratterizzato da una grande importanza delle esportazioni, che nel 2010 hanno raggiunto circa 28 miliardi di euro, recuperando il calo del 2009 (25 miliardi di euro).

16    

Nel 2011 le esportazioni agroalimentari, nonostante la crisi, hanno superato i 30 miliardi, con una quota dell’8,3% delle esportazioni italiane totali. Le importazioni agroalimentari nel 2011 hanno superato i 40 miliardi di euro e si caratterizzano per la rilevanza degli scambi intra-branca e importazioni di materie prime che poi vengono trasformate, sia per il mercato interno che per i mercati internazionali. I comparti di maggior rilievo delle importazioni riguardano le carni fresche e congelate e i prodotti lattiero caseari, ma anche quello del pesce fresco e congelato, che con quasi 3 miliardi contribuisce in modo consistente al deficit della intera bilancia agroalimentare italiana. La tenuta occupazionale del settore è emersa nella fase acuta della recessione, ma era già considerata uno dei tratti rilevanti delle imprese dell’industria alimentare. Un’analisi su un panel di 30mila imprese dell’industria alimentare con almeno 2 addetti (Istat, 2011) ha fatto emergere un +3,8% di addetti nel periodo 2004-2007 e una sostanziale stabilità delle imprese alimentari nel periodo 2007-2009, rapportato al -5% degli altri settori manifatturieri. Tabella 1.3.4: Importazioni ed Esportazioni agroalimentari in Italia 2000-2011 (milioni di euro).

Importazioni Esportazioni Saldo commerciale Totale Anni

Agricoltura Alimentari Totale Agricoltura Alimentari Totale Agricoltura Alimentari

2000 8.567 17.135 25.702 3.678 13.066 16.744 -4.889 -4.069 -8.958

2005 8.507 20.569 29.076 3.935 16.497 20.432 -4.572 -4.072 -8.644

2010 11.123 25.319 36.442 5.613 22.168 27.781 -5.510 -3.151 -8.661

2011 12.980 27.483 40.463 5.770 24.390 30.160 -7.210 -3.093 -10.303 Fonte: Istat (Coeweb), 2012    Per comprendere meglio la struttura dell’industria alimentare occorre considerare la presenza dei “distretti agroalimentari”, che si presenta tuttavia molto diversificata e in via di rapida trasformazione verso forme organizzative nuove, che vedono sempre più l’emergere di alcune imprese che assumono la leadership a livello locale. Il successo e la resistenza di questo sistema è dovuto al legame stretto con importanti produzioni di alta qualità, riconosciute a livello europeo e internazionale, che gli permette di valorizzare il grande patrimonio enogastronomico, culturale e tradizionale del nostro paese. La presenza maggiore dei distretti si trova nel comparto vitivinicolo seguito da quello ortofrutticolo, da quello della pasta e del dolciario e delle produzioni a base di carne e latte. “L’analisi dell’orientamento geografico dei flussi commerciali dei distretti agroalimentari evidenzia il cambiamento in atto nella geografia delle esportazioni delle imprese distrettuali: sebbene per il settore i principali mercati di riferimento rimangano quelli tradizionali (in particolari quelli europei), il profilo di crescita dell’export verso i mercati emergenti appare più dinamico” (Intesa-Sanpaolo, 2011). Un’altra tendenza che si è via via consolidata negli ultimi anni riguarda la crescita dei prodotti made in Italy con certificazione di qualità DOP-IGP, arrivati a 235 prodotti riconosciuti a livello europeo, di cui oltre il 30% (72) nelle regioni della convergenza. La maggior parte dei prodotti DOP-IGP si concentra nei prodotti dell’ortofrutta e dei cereali (quasi il 40%), nei formaggi (18%), negli oli extra-vergine di oliva (17.5%) e nei salumi (circa il 15%). I principali settori coinvolti nel commercio con l’estero sono il comparto vitivinicolo (14,4% delle esportazioni del settore), i derivati dei cereali (13,4%) ed i prodotti lattiero-caseari (7,7%). Tabella 1.3.5: Il commercio agro-alimentare dell'Italia per comparti (Milioni di euro), 2010

importazioni % esportazioni % saldo Derivati dei cereali 1.098,8 3,1 3.765,5 13,4 2.666,7

- pasta alimentare 61,2 0,2 1.793,3 6,4 1.732,1

17    

Zucchero e prodotti dolciari 1.429,4 4,0 1.229,8 4,4 -199,6 Carni fresche e congelate 4.349,0 12,3 1.016,6 3,6 -3.332,4 Carni preparate 330,2 0,9 1.072,9 3,8 742,7 Pesce lavorato e conservato 3.022,4 8,5 320,5 1,1 -2.701,9 Ortaggi trasformati 890,4 2,5 1.902,4 6,8 1.012,0 Frutta trasformata 483,5 1,4 890,6 3,2 407,1 Prodotti lattiero-caseari 3.587,5 10,1 2.151,1 7,7 -1.436,4

- latte 842,0 2,4 11,2 0,0 -830,8 - formaggio 1.498,6 4,2 1.660,1 5,9 161,5

Oli e grassi 2.837,0 8,0 1.591,2 5,7 -1.245,8 Panelli e mangimi 1.597,5 4,5 436,7 1,6 -1.160,8 Bevande 1.369,5 3,9 5.249,1 18,7 3.879,6 - vino 256,3 0,7 4.036,7 14,4 3.780,4 - altri alcolici 901,4 2,5 712,0 2,5 -189,4 - bevande non alcoliche 206,8 0,6 459,8 1,6 253,0 Altri prodotti dell'industria alimentare 1.500,1 4,2 2.174,8 7,8 674,7 Altri prodotti alimentari 1.089,5 3,1 347,5 1,2 -742,0 Industria alimentare e bevande 23.584,8 66,6 22.139,8 78,9 -1.445,0 TOTALE AGRO-ALIMENTARE 35.408,1 100,0 28.053,0 100,0 -7.355,1 Fonte: INEA, Il commercio estero dei prodotti agro-alimentari. Rapporto 2010 L’agricoltura e l’industria alimentare nelle regioni della convergenza hanno, come già sottolineato in precedenza, una grande rilevanza assoluta e relativa per l’economia regionale, anche se sono caratterizzati da una minore produttività e consistenza rispetto alle regioni del Nord. Il totale del valore aggiunto dell’agricoltura e dell’industria alimentare nel 2011 ha superato i 12 miliardi di euro, con un’occupazione di quasi 490 mila unità di lavoro. In particolare il valore aggiunto dell’agricoltura nelle regioni della convergenza supera 8,6 miliardi nel 2011, pari a oltre il 30% di quello nazionale, con un’occupazione di oltre 440 mila unità (35% del totale). L’industria alimentare raggiunge quasi i 3,5 miliardi di euro di valore aggiunto, sempre nel 2011, che rappresenta appena il 15% del valore nazionale, mentre l’occupazione, con quasi 90mila occupati, è il 20% del totale. Fra le regioni della convergenza i maggiori livelli di valore aggiunto e di occupazione in agricoltura si hanno in Sicilia, con una rilevanza leggermente inferiore in Puglia e Campania, mentre la Calabria ha valori molto più bassi. Per quanto riguarda l’industria alimentare prevale leggermente la Campania, su Puglia e Sicilia, sia in termini di valore aggiunto che di unità di lavoro. Tabella 1.3.6 Valore aggiunto e Unità di lavoro in agricoltura nelle regioni convergenza (2000-2011)

Agricoltura- Valore aggiunto e unità di lavoro nelle regioni della Convergenza (2000-2011) Valore aggiunto ai prezzi base (milioni di euro) Regioni 2000 2002 2004 2006 2008 2009 2010 2011 Campania 2.133,4 2.354,4 2.416,6 2.207,4 2.199,5 2.225,9 2.248,6 2.260,2 Puglia 2.810,3 2.545,6 2.752,7 2.442,4 2.431,6 2.120,3 2.199,5 2.286,5 Calabria 1.236,4 1.477,7 1.764,8 1.471,8 1.211,4 1.183,0 1.131,2 1.225,9 Sicilia

2.890,4 2.535,1 3.149,8 2.945,1 2.927,5 2.794,4 2.814,5 2.836,4 Regioni Convergenza 9.070,4 8.912,8 10.083,9 9.066,7 8.770,0 8.323,6 8.393,8 8.609,0 Mezzogiorno 11.506,4 11.454,1 12.681,4 11.495,8 11.220,0 10.553,5 10.593,4 10.903,1 Centro-nord 18.250,5 18.437,8 18.894,3 16.585,5 17.297,1 15.760,2 15.778,6 16.733,7 Italia 29.756,9 29.891,9 31.575,7 28.081,3 28.517,1 26.313,7 26.372,0 27.636,9 Unità di lavoro totali (migliaia di unità) Regioni 2000 2002 2004 2006 2008 2009 2010 2011 Campania 129,5 127,3 113,4 110,8 102,4 95,9 97,1 91,9 Puglia 164,7 146,6 138,3 137,1 127,6 125,8 128,1 126,8 Calabria 94,1 99,6 103,8 102,8 90,3 88,4 89,6 92,0 Sicilia 144,4 139,8 136,2 148,2 131,8 128,0 127,2 129,9

Regioni Convergenza 532,7 513,3 491,7 498,9 452,1 438,1 441,9 440,7 Mezzogiorno 682,4 666,0 631,7 631,5 585,6 562,2 565,8 563,6

18    

Centro-nord 809,1 791,0 756,3 729,6 708,6 700,3 706,3 672,5 Italia 1.491,5 1.457,0 1.388,0 1.361,1 1.294,2 1.262,5 1.272,1 1.236,1

Fonte: Rapporto SVIMEZ, 2011  Tabella 1.3.7 Valore aggiunto e Unità di lavoro nell’industria alimentare nelle regioni convergenza (2000-2011)  

Industria alimentare- Valore aggiunto e unità di lavoro nelle regioni della Convergenza (2000-2011) Valore aggiunto prezzi base (milioni di euro correnti) Regioni 2000 2002 2004 2006 2008 2009 2010 2011 Campania 1.399,1 1.565,4 1.499,6 1.472,0 1.499,5 1.312,7 1.135,8 1.116,2 Puglia 944,7 1.104,6 993,4 1.120,0 1.110,8 1.020,4 1.010,2 1.044,9 Calabria 342,6 372,0 353,9 362,4 371,5 357,6 325,5 333,9 Sicilia 1.036,6 1.119,4 1.090,9 1.012,8 1.179,0 1.081,1 1.004,3 997,1 Regioni Convergenza 3.723,1 4.161,3 3.937,9 3.967,1 4.160,9 3.771,8 3.475,8 3.492,1 Mezzogiorno 5.026,6 5.665,6 5.343,5 5.313,2 5.579,5 5.128,1 4.785,9 4.818,5 Centro-nord 17.221,3 18.268,9 19.152,7 18.345,3 19.213,7 19.555,1 19.503,6 19.856,3 Italia 22.247,9 23.934,5 24.496,2 23.658,5 24.793,2 24.683,2 24.289,5 24.674,7

Unità di lavoro totali (migliaia di unità) Regioni 2000 2002 2004 2006 2008 2009 2010 2011 Campania 37,5 37,9 37,6 37,8 38,7 33,4 29,6 30,2 Puglia 26,6 26,1 26,5 27,3 26,1 22,5 22,3 23,6 Calabria 10,4 11,1 11,6 11,9 11,4 10,6 9,6 10,1 Sicilia 30,2 29,9 31,5 30,3 30,8 27,1 25,4 25,8

Regioni Convergenza 104,7 105,0 107,2 107,3 107,0 93,6 86,9 89,7 Mezzogiorno 135,7 137,1 140,2 138,9 140,5 124,3 117,1 120,3 Centro-nord 328,4 316,5 333,3 330,2 337,3 333,1 330,7 338,1 Italia 464,1 453,6 473,5 469,1 477,8 457,4 447,8 458,4

Fonte: Rapporto SVIMEZ, 2011 L’importanza relativa dell’agricoltura e dell’industria alimentare nelle regioni della convergenza, nonostante le differenze presenti tra loro, è molto superiore rispetto a quella nazionale. Nello specifico, si nota come in Campania l’agricoltura abbia un’incidenza sul valore aggiunto regionale del 2,6% e l’industra alimentare dell’1,8%; rispetto all’intera industria manifatturiera campana, il valore aggiunto realizzato da quella alimentare rappresenta quasi il 20% del totale. Tabella 1.3.8 Valore aggiunto ai prezzi base per alcuni settori, Campania (milioni di euro)

Valore aggiunto ai prezzi base - Campania 2007 2008 2009

% su PIL

(2009)

% Valore Aggiunto

totale (2009) Agricoltura, silvicoltura e pesca 2267,5 2252,5 2223,7 2,3% 2,6% Industria 16209,5 15942,5 14974,9 15,4% 17,4% Industria in senso stretto 11044,0 10925,7 10055,8 10,4% 11,7% Industria manifatturiera 9186,3 9077,4 7970,6 8,2% 9,3% - Industrie alimentari, bevande e tabacco 1573,0 1490,8 1517,7 1,6% 1,8% Valore aggiunto ai prezzi base 86589,7 87197,3 85947,9 88,5% Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato 98538,7 99666,8 97093,7

Fonte: Istat, 2010 Per ciò che riguarda la Puglia, l’agricoltura ha una maggiore incidenza rispetto alla Campania sul valore aggiunto regionale (3,4%), così come l’industra alimentare (2,1%). Ciò nonostante, in termini di valori assoluti, la Campania registra livelli più alti della Puglia (tabella 1.3.7). Rispetto all’intera industria manifatturiera pugliese, il valore aggiunto realizzato da quella alimentare rappresenta, anche in questa regione, circa il 20% del totale.

19    

Tabella 1.3.9 Valore aggiunto ai prezzi base per alcuni settori, Puglia

Valore aggiunto ai prezzi base - Puglia 2007 2008 2009 % su PIL (2009)

% su Valore aggiunto totale

(2009) Agricoltura, silvicoltura e pesca 2363,6 2463,0 2110,9 3,0% 3,4% Industria 15348,6 15412,6 14262,7 20,4% 23,1% Industria in senso stretto 9929,8 9799,3 8927,7 12,8% 14,4% Industria manifatturiera 8043,7 7665,0 6680,3 9,5% 10,8% - Industrie alimentari, bevande e tabacco 1182,0 1143,9 1275,8 1,8% 2,1% Valore aggiunto ai prezzi base 62765,6 62741,5 61875,3 88,4% Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato 71193,4 71631,7 69958,6

Fonte: Istat, 2010 In Calabria, l’agricoltura realizza circa il 4% del valore aggiunto complessivo della Regione. Questo è il valore relativo più alto delle Regioni della Convergenza, ma in termini di valore assoluto la Calabria si colloca all’ultimo posto tra queste regioni. L’industria alimentare invece si colloca all’ultimo posto anche in termini di valori relativi, con appena l’1,2% di contributo alla composizione del valore aggiunto prodotto dall’economia calabrese. Rispetto all’intera industria manifatturiera della Calabria, il valore aggiunto realizzato da quella alimentare rappresenta circa il 23% del totale. Tabella 1.3.10 Valore aggiunto ai prezzi base per alcuni settori, Calabria

Valore aggiunto ai prezzi base - Calabria 2007 2008 2009

% su PIL

(2009)

% su Valore aggiunto totale

(2009)

Agricoltura, silvicoltura e pesca 1506,0 1248,0 1185,1 3,6% 4,0% Industria 4813,0 4862,6 4695,2 14,1% 15,7% Industria in senso stretto 2619,2 2646,4 2471,7 7,4% 8,3% Industria manifatturiera 1782,0 1741,6 1550,8 4,7% 5,2% - Industrie alimentari, bevande e tabacco 313,7 330,9 366,8 1,1% 1,2% Valore aggiunto ai prezzi base 29811,6 30480,2 29934,1 90,1% Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato 33433,9 33980,1 33216,1

Fonte: Istat, 2010 Infine, l’agricoltura siciliana produce il 3,7% del valore aggiunto complessivo della Regione. L’industria alimentare rappresenta circa il 21% del valore aggiunto dell’intera industria manifatturiera regionale e produce appena l’1,3% del valore aggiunto complessivo della Sicilia. Tabella 1.3.11 Valore aggiunto ai prezzi base per alcuni settori, Sicilia

Valore aggiunto ai prezzi base - Sicilia 2007 2008 2009 % su PIL (2009)

% su Valore aggiunto totale

(2009) Agricoltura, silvicoltura e pesca 2910,3 2955,7 2786,5 3,3% 3,7% Industria 13095,6 13271,2 11504,1 13,6% 15,2% Industria in senso stretto 8313,8 8295,3 6746,2 8,0% 8,9% Industria manifatturiera 6332,1 6154,7 4642,8 5,5% 6,1% - Industrie alimentari, bevande e tabacco 913,8 959,1 992,5 1,2% 1,3% Valore aggiunto ai prezzi base 76572,9 77841,0 75804,2 89,3% Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato 86483,1 87408,8 84852,6

Fonte: Istat, 2010 1.3.3: tecnologie, capitale umano e centri di ricerca La politica per la ricerca e le politiche industriali rivestono un’importanza fondamentale per i cambiamenti strutturali e per lo sviluppo futuro delle industrie manifatturiere e in particolare di quella alimentare. L’importanza della ricerca nel settore agroalimentare è testimoniata dal fatto che, nonostante il periodo di

20    

crisi, il made in Italy ha dimostrato una notevole resistenza alla congiuntura negativa, grazie all’aumento delle esportazioni nel 2010 e nel 2011 (circa +10% rispetto al 2009). Questi risultati non sarebbero stati possibili senza l’elevato contenuto di qualità e innovazione delle produzioni italiane. Circa un quarto del fatturato dell’agroalimentare è infatti derivato proprio da prodotti per i quali l’innovazione costituisce un fattore essenziale: si tratta infatti della gamma del cosiddetto “tradizionale evoluto” (sughi pronti, surgelati, condimenti freschi, ecc.), che è destinata ad aumentare la propria importanza relativa, insieme ai prodotti a Denominazione di Origine (DOP-IGP-STG), rispetto al settore dell’alimentare “classico”3. Nella situazione italiana appaiono quindi fondamentali i processi di maggiore integrazione del triangolo della Conoscenza, Innovazione e Imprese e una più stretta collaborazione tra ricercatori in campo accademico, Enti pubblici e privati. Di conseguenza, il ruolo delle Università, e più in generale degli Istituti pubblici di ricerca, diviene cruciale per l’industria alimentare italiana in cui la polverizzazione delle imprese caratterizza tutto il settore e le principali filiere, con particolare rilevanza nel Mezzogiorno, creando maggiori difficoltà all’accesso all’informazione, all’innovazione e alle conoscenze. La recente indagine dell’ISTAT (2011) evidenzia che la Spesa per R&S intra-muros per settore istituzionale nel 2010 ha superato i 19,5 miliardi di euro, di cui la maggior parte (54%) è stata spesa dalle imprese, quasi il 30% dalle Università e il 15% dalle Istituzioni pubbliche. La Spesa delle imprese per R&S intra-muros per classe di addetti si concentra per oltre il 70% nelle imprese con più di 500 addetti e meno dell’8% in quelle fra 250-500 addetti. Le PMI (sotto i 250 addetti) concorrono a meno del 22% della spesa totale, di cui quelle fino a 50 addetti meno del 10%. Il ruolo della frammentazione della struttura industriale si ripercuote quindi pesantemente sulle spese per R&S che nel complesso non superano l’1,9% del PIL nazionale, ben lontano dagli obiettivi di Europa 2020. La Spesa delle imprese per R&S intra-muros per attività economica nelle attività manifatturiere ha superato nel 2010 i 7,6 miliardi di euro, con il coinvolgimento di circa il 73% del totale delle imprese (confermato anche per il 2011). Considerando l’intera filiera agroalimentare la spesa per R&S delle imprese supera i 310 milioni pari ad oltre il 3% del totale delle imprese. L’industria alimentare, bevande e tabacco riveste quindi un ruolo, in termini di spesa in R&S, non molto rilevante e nettamente al di sotto della propria importanza produttiva, dovuta sostanzialmente alla maggiore frammentazione delle imprese del settore rispetto a quello manifatturiero, evidenziata in precedenza. Gli addetti alla R&S delle imprese, per qualifica professionale e attività economica (ATECO 2007), nell’industria manifatturiera hanno superato le 75mila unità (equivalenti a tempo pieno), di cui 2.044 nell’industria alimentare, bevande e tabacco, circa il 2,7% dell’intera industria manifatturiera, confermando i problemi della scarsità degli investimenti del settore evidenziati in precedenza. Emergono però anche alcuni aspetti positivi per il settore agroalimentare. Infatti, secondo un’indagine Istat sull’innovazione all’interno delle imprese, per il triennio 2006-2008, il 51,2% delle imprese con almeno dieci addetti del settore alimentare ha effettuato investimenti in innovazione tecnologica, per oltre 7 mila euro per addetto (2008). Sempre da questa indagine emerge però che in queste imprese l’innovazione avviene in gran parte all’interno dell’azienda stessa, attraverso intense attività di formazione del personale finalizzate all’impiego delle nuove tecnologie acquistate, delle attività di marketing connesse al lancio dei nuovi prodotti e alla valorizzazione dell’immagine e del marchio dell’azienda. Questo si ricollega al ruolo rilevante che hanno le imprese o i grandi gruppi nelle spese di R&S, come abbiamo sottolineato in precedenza. Per quanto riguarda le Regioni obiettivo convergenza (Puglia, Calabria, Campania e Sicilia), nell’ambito dell’offerta di ricerca, va posto l'accento sulla presenza dei distretti di alta tecnologia, come illustrato nel documento di Invitalia (2012), che ha permesso un’analisi approfondita del panorama distrettuale italiano, e di quello agroalimentare in particolare. L’esperienza italiana dei Distretti Tecnologici risale al 2002 con le Linee Guida per la politica scientifica e tecnologica del Governo e con il Programma Nazionale per la Ricerca (PNR) 2005-2007. La più recente

                                                                                                                         3  Rimangono tuttavia alcune criticità come l’eccessiva frammentazione della struttura produttiva, sommata alle carenze infrastrutturali, logistiche e distributive; eccessivi costi di produzione, a partire dall’energia; scarsa qualità dell’offerta di servizi per le imprese, anche finanziari e creditizi e una sempre importante quota di contraffazioni alimentari e agro-pirateria diffusa in molte parti del mondo.  

21    

formulazione dei DT si trova nel PNR 2011-2013, come “aggregazioni sistemiche a livello territoriale tra istituzioni della ricerca, Università e sistema delle imprese, guidate da uno specifico organo di governo, per sollecitare la cooperazione e le sinergie nello sviluppo di uno specifico ambito di specializzazione che deve rientrare nelle tecnologie chiave abilitanti”. I DT si rifanno al modello di innovazione proposto e sviluppato a livello europeo che prevede l’integrazione e l’interazione continua tra imprese, università/centri di ricerca ed amministrazioni (centrali e territoriali), con una struttura di governance composta da componenti di questa “tripla elix” che faciliti l’incontro fra domanda e offerta di ricerca attorno a progetti con ricadute sulla competitività delle imprese sui mercati a livello nazionale e internazionale. I Distretti Tecnologici riconosciuti dal MIUR nelle regioni italiane sono a tutt’oggi 28, di cui 6 in corso di approvazione (3 con il Protocollo di intesa, ma senza la firma del APQ, mentre 3 sono in corso di programmazione). Nel computo di questi DT non sono inclusi i nuovi DT previsti nell’ Avviso PON R&C - TITOLO III, in corso di definizione per le Regioni della Convergenza). I DT ad alta tecnologia riguardano diversi settori di attività che, oltre al settore Agroalimentare, interessano l’Aerospazio, la Salute dell’uomo, Energia e Ambiente, ICT, Mobilità e Trasporti, Nuovi Materiali e Nanotecnologie, Beni Culturali. La localizzazione nelle diverse regioni italiane dei DT è riportata nella mappa elaborata da Invitalia (2012)4.

Figura 1.3.1 - La mappa dei Distretti Tecnologici italiani: distribuzione settoriale (Fonte: Invitalia 2012)

Fonte: Invitalia 2012 Nel settore Agrolimentare si possono prendere in considerazione quattro Distretti tecnologici, localizzati nelle Regioni del Mezzogiorno, mentre altre attività di tipo distrettuale (Poli tecnologici o Aggregazioni di Alta tecnologia) si trovano nelle altre realtà del Centro-Nord. I quattro Distretti Tecnologici riconosciuti dal MIUR sono:

- Distretto Tecnologico innovazione, sicurezza e qualità degli alimenti (Regione Abruzzo) - Distretto Tecnologico per l’innovazione agroindustriale (Regione Molise) - Distretto Biotecnologico agoalimentare pugliese (Regione Puglia) - Distretto Tecnologico AgroBio e Pesca eco-compatibile (Regione Siciliana).

Il Distretto tecnologico agroalimentare della Regione Lombardia, è in via di costituzione, ma non è ancora riconosciuto dal MIUR, in quanto è stato stipulato il Protocollo d’Intesa, ma non è stato sottoscritto l’APQ. Figura 1.3.2 – I Distretti Tecnologici italiani nel settore “Agroalimentare”

                                                                                                                         4  Si ringrazia la Dott.ssa Barbaro Pozzo per la stesura del lavoro di Invitalia (2012) da cui è stato ripreso gran parte di questo paragrafo. Le valutazioni dei principali programmi e bandi contenuti nel PON R&C 2007-2013, con riferimento al settore agroalimentare, sono riportati in appendice.  

22    

Fonte: Invitalia 2012

Distretto Tecnologico innovazione, sicurezza e qualità degli alimenti (Regione Abruzzo)

Denominazione: Consorzio di Ricerca per l'innovazione tecnologica, la qualità e la sicurezza degli alimenti S.c.a.r.l. Stato di attuazione: Accordo di Programma Quadro stipulato. Data di stipula: 22 Dicembre 2005 Risorse stanziate da MIUR: ML€ 6,033 (fondi Delibera CIPE 17/2003) Forma giuridica del Distretto: Consorzio di Ricerca per l'innovazione tecnologica, la qualità e la sicurezza degli alimenti S.c.a.r.l. Mission: Il Distretto Tecnologico abruzzese opera per: avviare un primo gruppo di progetti che porranno le basi sulle quali il Distretto potrà operare organizzare un sistema dell’offerta regionale di fattori di innovazione per la costruzione di un “sistema regionale dell’innovazione” che contribuisca allo sviluppo e al trasferimento alle imprese di metodi di produzione innovativi necessari a sostenerne un adeguato livello di competitività. Nella regione sono presenti centri di eccellenza nella ricerca, attivi nel sistema universitario (comprendente facoltà tecniche, scientifiche ed economiche), grandi imprese ad alta tecnologia ed in numerosi laboratori e centri di ricerca pubblici e privati. L’azione del distretto è rivolta al perseguimento dei seguenti obiettivi: Ambito 1 – Tecnologie di gestione e di materie prime Ambito 2 – Tecnologie di conservazione, trasformazione, distribuzione e controllo dei prodotti Ambito 3 – Tecnologie di monitoraggio e controllo ambientale La partecipazione pubblica e privata riguarda: Soggetti pubblici: ARSSA – Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo della Regione Abruzzo, Università degli Studi dell’Aquila, Università degli Studi di Teramo, Università degli Studi di Chieti, Istituto Mario Negri Sud, CRAB – Consorzio di Ricerche Applicate alla Biotecnologia, COTIR – Consorzio per la sperimentazione e la Divulgazione delle Tecniche Irrigue. Soggetti privati: SELEX Communications S.p.A. (Gruppo Finmeccanica) Altri attori coinvolti sono: Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise "G. Caporale" , PST Abruzzo. Regione Abruzzo

Distretto Tecnologico per l’innovazione agroindustriale (Regione Molise)

Denominazione: Molise Innovazione Agroindustriale Scarl (MinA Scarl). Stato di attuazione: Accordo di Programma Quadro Stipulato. Data di stipula: 22 Dicembre 2006. Risorse stanziate da MIUR: ML€ 3,36

23    

Forma giuridica del Distretto: E' stata costituita MinA scarl, per la gestione del Distretto, ma di fatto esso è gestito dal Parco scientifico e tecnologico del Molise “Molise Innovazione SCpA” che per motivi di natura giuridica (ha una maggioranza di soci privati) non poteva assumere la titolarità di Ente di gestione del DT. Mission: Obiettivo del DT è promuovere l’introduzione di innovazioni di prodotto e di processo nel settore agroindustriale in Molise attraverso l’attuazione di progetti di ricerca applicata e trasferimento tecnologico alle aziende di produzione, in particolare nelle filiere dei cereali e lattierocasearia, ma anche nella filiera vitivinicola. L’attività di ricerca del Parco Scientifico e Tecnologico del Molise è orientata allo sviluppo di alimenti nutraceutici e funzionali. Le attività sono fondate sull’utilizzo del grande laboratorio ampiamente attrezzato (uno dei pochi a livello nazionale) specializzato nel trattamento e selezione di componenti che aggiunti agli alimenti in quantità adeguata (farine, paste) li rendono funzionali, oltre che nella ricerca di nuovi metodi di produzione e conservazione dei prodotti caseari. L’Università e il Parco Scientifico e Tecnologico del Molise hanno sviluppato un vasto know-how relativamente alla produzione di alimenti nutraceutici e funzionali innovativi nelle filiere dei cereali (frumento duro, orzo, farro), lattiero-casearia, ortofrutticola, nonché per il recupero di prodotti tradizionali ad alto valore aggiunto derivanti dalla trasformazione di carni avicole e suine. I soggetti pubblici e privati coinvolti sono: Soggetti pubblici: Molise innovazione S.c.p.A. (Parco Scientifico e tecnologico del Molise), Università degli studi del Molise, Unioncamere Molise, Istituto zoo profilattico, Regione Molise. Soggetti privati: Caseificio Molisano L. Barone s.n.c., Molise conserve s.r.l., Pastificio Indalco S.p.A (pastificio), Leoni S.r.l. (carni), Cantina Di Giulio (si tratta di realtà imprenditoriali locali)

Distretto Biotecnologico agroalimentare pugliese (Regione Puglia)

Denominazione: Distretto Agroalimentare Regionale, DARE Scarl Stato di attuazione: Accordo di programma quadro stipulato Data di stipula: 28 Aprile 2005 Risorse stanziate da MIUR: ML€ 7,96

Forma giuridica del Distretto: Società consortile a responsabilità limitata (DARE Scarl). Il Consiglio di Amministrazione è composto da rappresentanti delle categorie dei soci del Distretto. Mission: Il DARE si propone come un catalizzatore dell’innovazione nel sistema agroalimentare regionale Pugliese con particolare riferimento al comparto alimentare. Per il raggiungimento di tale obiettivo, il DARE, coerentemente con la propria missione, mette a valore le competenze dei soci "università e centri di ricerca pubblici e privati", dotati delle expertise e strutture adeguate per realizzare direttamente attività di ricerca e sviluppo, per il soddisfacimento del bisogno di innovazione delle imprese, su cui il DARE è direttamente coinvolto. Tale attività di "catalizzatore" si traduce nella presentazione di progettualità in cui il DARE realizza attività di audit presso le imprese agroalimentari pugliesi al fine di realizzare azioni e progetti innovativi e di miglioramento tecnologico, fornisce consulenza tecnologica alle imprese e favorisce la costruzione di partenariati e accordi necessari per l'accompagnamento dei soggetti coinvolti (ricerca e impresa) e la realizzazione dei progetti fino al loro compimento. In quanto distretto tecnologico, il DARE contribuisce alla diffusione spontanea e/o formalizzata di conoscenze scientifiche e tecnologiche, (spill over) da cui originano nuove iniziative imprenditoriali “science-based” e sostiene processi di “cross-fertilization”, sostenendo reti tra attori pubblici e le filiere agroalimentari operanti nei settori ad alta intensità tecnologica. Il Distretto si propone il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

- miglioramento delle capacità di innovazione e di adattamento dinamico ai mutamenti tecnologici ed economici dei settori dell’ambiente, della sanità e dell’agro-alimentare, tutti connessi ai temi della “qualità della vita”;

- promozione della competitività del sistema sociale e produttivo regionale, riducendo conseguentemente le differenze economico-imprenditoriali con il resto della nazione;

- creazione di nuovi posti di lavoro. I soggetti pubblici e privati coinvolti sono numerosi: Soggetti pubblici: Regione Puglia, Provincia di Foggia, Comune di Cerignola, Comune di Foggia, Comune di San Severo, Camera di Commercio di Foggia, Politecnico di Bari, Università degli Studi di Bari, Università degli Studi di Foggia, Università degli Studi di Lecce, Libera Università Mediterranea di Casa Massima di Bari, CNR, Scuola di E-business and Management di ISUFI, CRA - Istituto Sperimentale per la

24    

Cerealicoltura, Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Puglia e Basilicata, Confindustria Puglia, Coldiretti Puglia, Confindustria di Foggia, CIA Puglia. Soggetti privati: Apuliabiotech S.r.l., Aprol Foggia, Biotecgen S.r.l., Fondazione Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, Consorzio Puglia Natura, Coop. La Quercia Caione, Coseme S.r.l., Farmalabor S.r.l., Farris S.r.l.,, Guazzetti Gianpaolo e Stefano s.s., ICEA, Ista S.p.A., La Chiavicella S.p.A., Laboratori Bonassina S.a.s., MCM Technoconsulting S.r.l., Maribrin S.r.l., Bancapulia. Distretto Tecnologico AgroBio e Pesca eco-compatibile (Regione Sicilia) Denominazione: Distretto Tecnologico AgroBio e Pesca Ecocompatibile Stato di attuazione: Accordo di Programma Quadro stipulato. Data di stipula: 14 Giugno 2005 Risorse stanziate da MIUR: ML€ 33,60 (relative anche ai distretti trasporti navali, microe nano sistemi). Forma giuridica del Distretto: ente gestore del Distretto è il Consorzio di ricerca per l’innovazione tecnologica, Sicilia AgroBio e Pesca ecocompatibile Scarl La Società è stata costituita in data 09.01.2009 Mission:

- promuovere, presentare e gestire progetti di ricerca volti alla crescita della competitività dell’economia siciliana, promuovendo al contempo lo sviluppo dei soci consorziati nonché la nascita e il consolidamento, sul territorio della regione Sicilia, di imprese innovative, anche attraverso il trasferimento di conoscenze tecnologiche;

- realizzare interazioni e sinergie tra soggetti che svolgono attività di ricerca e le loro possibili applicazioni, rafforzando, in particolare, il collegamento tra le Università e i Centri di ricerca operanti in Sicilia, da un lato, e il sistema imprenditoriale regionale, dall’altro;

- formare personale di ricerca altamente qualificato, anche attraverso la progettazione o realizzazione di prodotti, servizi e programmi di alta formazione, organizzare seminari, convegni ed altri eventi di creazione e divulgazione delle conoscenze, favorire il rientro di ricercatori oggi all’estero nonché valorizzare e mettere in rete il patrimonio di competenze, professionalità ed esperienze sviluppato dai soci, fornendo ai ricercatori un efficace contesto operativo;

- Coordinare iniziative e attività di ricerca e sviluppo industriale e di promozione della cultura tecnologica;

- Sviluppare e mantenere i contatti con altri consorzi, associazioni ed Enti nazionali ed internazionali per la creazione di partenariati di tipo scientifico, tecnico e commerciale e per la promozione e la realizzazione di programmi e progetti comuni;

- Fungere da centro di raccolta e diffusione di informazioni e proposte tecniche, nell’interesse dei soci e dei potenziali utilizzatori, di prodotti e servizi;

- Promuovere l’immagine dei soci in ambito nazionale ed internazionale.

I soci sono suddivisi in Enti pubblici di ricerca, Imprese, Regione Siciliana, Consorzi regionali di ricerca, ed altri. Per effetto dei patti parasociali la partecipazione degli Enti pubblici di ricerca va mantenuta pari al 50%; per le Imprese deve essere superiore al 30%; per gli altri non sono previsti limiti di partecipazione. I soggetti pubblici e privati del distretto sono: Soggetti pubblici: Regione Sicilia, Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia, Università di Messina, Università di Catania, Università di Palermo, Co. Ri. Bi. A. – Consorzio di Ricerca sul Rischio Biologico in Agricoltura, CO.R.FI.LA.C. - Consorzio Ricerca Filiera Lattiero Casearia, Co.Re.R.A.S. - Consorzio Regionale per la Ricerca Applicata e la Sperimentazione, Consorzio "Gian Pietro Ballatore" per la Ricerca su Specifici Settori della Filiera Ceralicola, Consorzio di Ricerca Filiera Carni, Consorzio di Ricerca per lo Sviluppo di Co.Ri.S.S.I.A. - Sistemi innovativi Agroambientali, Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia, Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, CNR-IAMC (Istituto per l'ambiente marino Costiero); Soggetti privati: Agroindustry Advanced Technologies SpA – AAT, Cantine Foraci Srl, CE.FI.T Srl, CRES, Pectine Industria SpA, Proteogen Srl, Consorzio Multiservizi Siracusa Soc. Coop. arl, COSIPE - Consorzio Siciliano Pesca Soc. Coop, Consorzio Innova Agro Sicilia, Consorzio Security and Promotion Food Innovazione, INBB - Istituto Nazionale Biostrutture e Biosistemi - Consorzio Interuniversitario, Co.S.Va.P. - Distretto produttivo della Pesca, Apindustrie Catania, F.A.P.I., Centro per la Ricerca Elettronica in Sicilia, Confindustria Catania.

25    

I laboratori Pubblico/privati nelle regioni della convergenza Un ulteriore contributo alla ricerca è dato dai Laboratori Pubblico-Privati che costituiscono un “insieme integrato e organico di attività di ricerca fondamentale, industriale e sviluppo sperimentale, che contempla la partecipazione congiunta di atenei, imprese ed enti pubblici di ricerca per il perseguimento di obiettivi scientifico-tecnologici sia di breve-medio periodo che di medio-lungo periodo”. A seguito del Decreto Direttoriale n.602 del 14 marzo 2005 “Invito alla presentazione di progetti di ricerca industriale, sviluppo precompetitivo, formazione per la realizzazione e/o potenziamento di laboratori pubblico-privati nelle Regioni del Mezzogiorno d’Italia” pubblicato nella G.U. del 23 marzo 2005, sono stati creati e finanziati numerosi laboratori Pubblico-Privati nelle Regioni della Convergenza. Figura 1.3.3 La mappa dei Laboratori Pubblico-Privati nelle Regioni della Convergenza: distribuzione settoriale

Fonte: Invitalia (2012) Con particolare riferimento al settore “Agroalimentare” si rilevano due Laboratori di ricerca Pubblico-Privati (LPP) per la genomica vegetale applicata al miglioramento e alla certificazione di specie vegetali di rilevante interesse economico (pomodoro e frumento duro):

GenoPOM - Laboratorio Pubblico-Privato di Genomica per l'innovazione e la valorizzazione della filiera del pomodoro - (Regione Campania): il laboratorio di Portici (NA) opera nel campo della ricerca e delle applicazioni genomiche e postgenomiche innovative nelle produzioni orticole per fornire stimoli all’innovazione e supporto allo sviluppo delle imprese della filiera operanti in Campania e, più in generale, nelle regioni Convergenza. Il GenoPOM rappresenta un polo di competenze specializzate nella ricerca scientifica ed industriale per l'identificazione di geni e proteine coinvolti in importanti processi produttivi e nello sviluppo di strumenti avanzati per il "breeding" molecolare, la tracciabilità e la certificazione dei prodotti. I principali obiettivi del Laboratorio sono:

- l'ottenimento di alimenti migliorati per caratteristiche organolettiche e valore salutistico e nutritivo; - lo sviluppo di varietà di alta qualità e produttività anche in condizioni ambientali sfavorevoli; - lo sviluppo di nuove tecnologie per certificazione e tracciabilità dell'intera filiera;

26    

- lo sviluppo di nuovi agrofarmaci e biostimolatori vegetali; - la formazione di personale altamente qualificato nel settore.

AGROGEN (Regione Puglia): il Laboratorio intende rafforzare il settore legato alla produzione delle sementi di alta qualità delle Regioni della Convergenza attraverso azioni finalizzate a promuovere lo sviluppo e l’integrazione della filiera sementiera sia a livello nazionale che internazionale. Esso è attivo nella ricerca delle basi genetiche e molecolari dei principali caratteri di rilevanza agronomica del frumento duro e persegue le seguenti linee di ricerca: sviluppo di mappe di linkage per caratteri agronomici quali la tolleranza a stress biotici e abiotici, la capacità produttiva e alcune componenti della qualità del frumento duro;

- identificazione e localizzazione di geni per resistenza a malattie e siccità e di geni per la qualità in frumento duro;

- analisi trascrizionale della risposta a stress idrico; - studio funzionale dei geni e l’analisi delle corrispondenti proteine; - messa a punto di metodi di selezione assistita associando marcatori molecolari a specifici caratteri; - caratterizzazione della variabilità genetica per detti caratteri in collezioni di germoplasma.

1.4 Le regioni della coesione: lo stato dell’offerta

Lo stato dell’offerta di ricerca nelle regioni della convergenza e nel Mezzogiorno in generale è fortemente condizionato non solo dai livelli di spesa per R&S delle singole regioni, ma anche e in particolare dal cambiamento strutturale dei principali attori, che vede la riduzione sostanziale del contributo delle imprese e il forte aumento delle Università, come messo in evidenza dalla recente indagine dell’ISTAT (2011). Figura 1.4.1: Spesa per R&S intra-muros per regione e provincia autonoma in Italia

Fonte: La ricerca e sviluppo in Italia, ISTAT, 2011

27    

Nelle regioni della convergenza diminuisce sostanzialmente l’importanza % della spesa delle imprese e aumenta notevolmente quella delle Università e Istituzioni pubbliche. Infatti, rispetto a una media nazionale del 53% delle spese per R&S delle imprese essa scende a sotto il 40% in Campania, al 26-27% in Puglia e Sicilia, e addirittura sotto il 10% in Calabria. Allo stesso tempo nelle regioni della convergenza aumenta considerevolmente il ruolo delle spese in R&S delle Università, che diventano quelle largamente prevalenti. Infatti, contro una media nazionale del 30%, le spese delle Università superano il 45% in Campania, il 57% in Puglia e il 61% in Sicilia, fino a rappresentare quasi l’80% in Calabria. L’occupazione nel settore R&S riveste un’importanza particolare nelle regioni della convergenza, con quasi 39 mila addetti, pari al 17% del totale nazionale (contro il 14% della spesa). Alla grande importanza degli addetti nelle Università si aggiunge, nelle regioni della convergenza, un’incidenza maggiore della media nazionale degli addetti alla ricerca operanti nelle Istituzioni pubbliche che fanno capo ai numerosi Istituti di ricerca facenti parte di organismi internazionali (CNR, CRA, INRAN…) Tabella 1.4.1: Spesa per R&S intra-muros per settore istituzionale e regione (migliaia di euro), Anno 2009

Valori assoluti Composizione %.

REGIONI Istituzioni pubbliche

Istituzioni private non

profit Imprese Università Totale Istituzioni

pubbliche

Istituzioni private non

profit Imprese Università Totale

Campania 146.593 38.853 480.499 557.403 1.223.348 5,8 6,1 4,7 9,6 6,4

Puglia 55.343 33.605 139.465 308.812 537.225 2,2 5,3 1,4 5,3 2,8

Calabria 15.862 92 15.051 121.619 152.624 0,6 0,0 0,1 2,1 0,8

Sicilia 72.432 6.052 201.462 446.248 726.194 2,9 1,0 2,0 7,7 3,8

Regioni Converg.za 290.230 78.602 836.477 1.434.082 2.639.391 11,5 12,4 8,2 24,7 13,8

ITALIA 2.524.587 634.262 10.238.132 5.811.971 19.208.952 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: ISTAT, La ricerca e sviluppo in Italia, 2011 Tabella 1.4.2: Addetti alla R&S per settore istituzionale e regione (unità espresse in equivalenti tempo pieno), Anno 2009.

Valori assoluti Composizione %.

REGIONI Istituzioni pubbliche

Istituzioni private non profit

Imprese Università Totale Istituzioni pubbliche

Istituzioni private non profit

Imprese Università Totale

Campania 2.424 425 4.411 7.037 14.297 7,2 5,3 4,0 9,4 6,3

Puglia 1.073 393 1.602 3.979 7.047 3,2 4,9 1,5 5,3 3,1

Calabria 280 3 237 1.338 1.857 0,8 0,0 0,2 1,8 0,8

Sicilia 1.219 99 1.940 5.392 8.650 3,6 1,2 1,8 7,2 3,8

Reg convergenza 4.996 920 8.189 17.747 31.852 14,8 11,4 7,5 23,7 14,0

ITALIA 33.540 8.027 109.768 74.949 226.285 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Fonte: ISTAT, La ricerca e sviluppo in Italia, 2011

28    

L’indagine dell’Istituto Tagliacarne evidenzia però un aumento delle imprese che fanno innovazione nel Mezzogiorno, con valori elevati per le imprese sopra i 50 addetti. Anche le spese per R&S delle imprese aumentano significativamente, anche se è l’acquisto di macchinari e attrezzature che rappresenta la voce principale (nel 65% dei casi) delle innovazioni. Il settore agroalimentare si distingue per un maggiore contributo all’introduzione delle innovazioni fra le imprese del Mezzogiorno. In particolare fra le imprese innovatrici oltre un terzo sono del settore agroalimentare, ben oltre l’importanza economica e occupazionale del settore nel Mezzogiorno. La scarsa innovazione dipende spesso dalla scarsa conoscenza delle leggi regionali e nazionali e in particolare di quelle dell’Unione Europea: sono più conosciute le leggi per la formazione che quelle per le agevolazioni delle innovazioni. Nel valutare le capacità dell’offerta di ricerca nelle regioni della convergenza occorre quindi prendere in attenta considerazione il ruolo delle Università e dei Centri e Distretti tecnologici. Le strategie future della ricerca dipenderanno quindi in gran parte dalla ricerca pubblica e in particolare dalle possibilità di trasformane queste ricerche in innovazione da trasferire al sistema produttivo e in particolare alle imprese. Le relazioni di rete sia fra le Università e Istituzioni pubbliche, che con il sistema delle imprese rappresentano un elemento cruciale per raggiungere obiettivi di eccellenza, ma ancora più rilevanti risultano le capacità di interfacciarsi con il sistema produttivo. Questo è particolarmente vero per il sistema agroalimentare, che rappresenta un importante settore per lo sviluppo delle regioni della convergenza ma che è caratterizzato da una debole struttura produttiva.

Riferimenti

- INEA (Istituto Nazionale di Economia Agraria) , L’agricoltura italiana Conta 2011, per la collana “pubblicazioni congiunturali e ricerche macro economiche”, Roma, 2011

- INEA, Il commercio estero dei prodotti agro-alimentari. Rapporto 2010 - Federalimentare, Piattaforma tecnologica Nazionale Italian food for life – agenda strategica per la

ricerca e l’innovazione al 2030, Roma, 2011 - European Commission, European technology platform food for life – strategic research and

innovation agenda, Bruxelles, 2012 - European Commission, EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e

inclusiva, comunicazione del 3 marzo 2010, Bruxelles - European Commission, 8th Framework Programme Horizon 2020, Bruxelles - European Clusters Observatory - ERVET, La filiera dell’agroalimentare dell’Emilia Romagna, Bologna,2011 - R. Fanfani, Qualità e competitività: le sfide del settore agroalimentare dal mezzogiorno al mercato

globale, Banco di Napoli, 2000 - Joint programming initiative “a healthy diet for a healthy life, the vision for 2030”, 2010 - SVIMEZ, Rapporto SVIMEZ 2011 sull’economia del Mezzogiorno, Il Mulino, 2011 - Eurostat, External and intra-EU trade - a statistical yearbook - Eurostat Comext - Istat - Istat Coeweb - InfoCamere Nuove Imprese - Istat, Le esportazioni delle regioni italiane nel 2011, Gennaio-Dicembre 2011, Comunicato stampa,

14 marzo 2012 - Istat, La ricerca e sviluppo in Italia, Roma 2011 - Brasili Cristina, Fanfani Roberto (2008), “The Globalisation of Italian Agri-food Industry

International Trade, Delocalisation and the Emergence of Mini-Multinational" in “Knowledge, Sustainability and Bio-Resources in the further Development of Agri-food Systems”. AIEA2 International Conference, Bologna, Bononia University press

- Guelpa Fabrizio e Micelli Stefano (2007), I distretti industriali del terzo millennio – Dalle economie di agglomerazione alle strategie d’impresa. Bologna, Il Mulino.

- Osservatorio nazionale dei distretti italiani, II° Rapporto. Roma 2010.

29    

- Brasili C., Fanfani R. (2010), “The Agrifood districts in the new millennium”, 4th International European forum on system dynamics and innovation in food networks. Igls/Innsbruck February 8-12

- Intesa-Sanpaolo – Servizio studi e ricerche, Monitor dei distretti. Milano, 2011. - Ricciardi A. (2010), Le Pmi localizzate nei distretti industriali: vantaggi competitivi, evoluzione

organizzativa, prospettive future, in “Quaderni di ricerca sull’artigianato”, Cosenza maggio 2010. - FOODDRINK Europe, Data & Trends of the European Food and Drink Industry, Bruxelles, 2011 - Unioncamere, Atlante della competitività delle province e delle regioni, Roma 2011 - Regione Calabria, Strategia regionale per lo sviluppo dell’innovazione 2007-2013 - Regione Campania, Strategia regionale per lo sviluppo dell’innovazione 2007-2013 - Commissione Europea-Agricoltura e Sviluppo Rurale, 2011 - Commissione Europea, Innovation Union Scoreboard, 2011 - Invitalia, Analisi degli strumenti finalizzati allo sviluppo di interventi di Ricerca e Sviluppo

Sperimentale, con particolare riferimento alle Regioni della Convergenza - Focus sull’ambito settoriale “Agroalimentare”, Roma 2012

Appendice: Principali bandi e risultati di ricerca e sviluppo nel settore agroalimentare nelle regioni della convergenza 5 Il Programma Operativo Nazionale (PON) “Ricerca e competitività 2007-2013”. La nascita e lo sviluppo di Distretti e Laboratori pubblico/privati è dovuta agli sforzi messi in campo da MIUR (in qualità di autorità di gestione) e MISE (che ne presiede il comitato di indirizzo ed attuazione) del PON. Il Programma - cofinanziato da risorse comunitarie FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e da risorse nazionali - promuove iniziative e progetti nei campi della ricerca scientifica, della competitività e dell'innovazione industriale nelle Regioni della Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia). L’ammontare complessivo delle risorse finanziarie del PON è di 6.205 Milioni di Euro, di cui 3.102 assicurati dal cofinanziamento comunitario (FESR). Il 48% delle risorse è in capo al MISE; il restante 52% al MIUR. Figura A.1: suddivisione delle risorse finanziarie del PON 2007-2013

Fonte: Invitalia 2012 Il Programma si articola in assi prioritari d’intervento e obiettivi operativi:

- Asse I “Sostegno ai mutamenti strutturali” si colloca l’obiettivo operativo “Reti per il rafforzamento del potenziale scientifico-tecnologico delle Regioni della Convergenza”,

- Asse II “Sostegno all’innovazione” si inserisce l’obiettivo operativo “Azioni integrate per lo sviluppo sostenibile e la diffusione della Società dell’Informazione”,

- Asse III “Assistenza Tecnica e Attività di accompagnamento” include l’Obiettivo Operativo “Integrazioni programmatiche per il perseguimento di effetti di sistema” da perseguire anche con specifiche iniziative di osmosi Nord/Sud.

                                                                                                                         5  L’analisi dei principali bandi e risultati delle valutazioni della ricerca è stata effettuata da Invitalia (dott.ssa Barbara Pozzo) con alcune integrazioni sui bandi più recenti (Smart cities e clusters)

30    

Tabella A.1 – MIUR – Risorse programmate per intervento

 Fonte: Invitalia 2012 Figura A.2: suddivisione delle risorse finanziarie in base agli assi del PON

Fonte: Invitalia 2012 Il documento esplicativo del programma individua alcune aree tecnologiche prioritarie. Tra queste, l’area settoriale relativa al sistema agroalimentare viene riconosciuta come uno dei cardini del sistema economico-sociale europeo, coerentemente con le politiche comunitaria e nazionale6. PON R&C – Bando Ricerca Industriale Nell’ambito del programma PON R&C è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.16 del 21 gennaio 2010 il decreto del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca che promuoveva un “invito per la presentazione di progetti di ricerca industriale e attività non preponderanti di sviluppo sperimentale, nonché correlati progetti di formazione di ricercatori e/o tecnici di ricerca nell’ambito del Programma Operativo Nazionale PON Ricerca e Competitività 2007-2013”. Il Bando consentiva la presentazione di una proposta progettuale alle piccole e medie imprese, alle imprese artigiane, alle grandi imprese, ai consorzi e società consortili, a centri di ricerca con personalità giuridica autonoma e ai parchi scientifici e tecnologici. Inoltre, tutti i soggetti ammissibili (esclusi i Parchi Scientifici e Tecnologici) potevano presentare progetti congiunti con le Università, l'ENEA, l'ASI ed altri organismi di ricerca. Il Bando prevedeva altresì la possibilità di presentare più progetti corredati da un programma strategico, la cosiddetta "Costellazione di progetti", per lo sviluppo di settori/filiere. Le risorse finanziarie a carico del PON Ricerca e Competitività 2007-2013 (con copertura valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale e sul Fondo di Rotazione) erano inizialmente programmate in complessivi 465 Milioni di Euro.                                                                                                                          6 Il dettaglio sull’agroalimentare è riportato nel documento programmatico del PON R&C alle pagg. 239-241.

31    

A queste si aggiungevano risorse a carico del MIUR a valere sul Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR) per complessivi 100 Milioni di Euro; tali risorse erano destinate a cofinanziare interventi che prevedessero la realizzazione di una quota di attività al di fuori delle Regioni della Convergenza per un importo non superiore al 25% del costo complessivo del progetto di ricerca. Le idee progettuali dovevano essere afferenti a 9 settori prioritari e strategici delle Regioni della Convergenza:

- ICT - Tecnologie ICT e applicazioni avanzate per il controllo, il monitoraggio e la gestione dei processi di produzione industriale e/o per lo sviluppo di servizi erogati al cittadino e alle imprese dalla Pubblica Amministrazione e/o per lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni e/o piattaforme di calcolo ad alte prestazioni.

- MATERIALI AVANZATI - Metodologie e Tecnologie per la progettazione, la realizzazione e il controllo di materiali ad alto contenuto tecnologico, della funzionalizzazione superficiale dei materiali, nonché della funzionalizzazione di materiali massivi per applicazioni di impatto rilevante in differenti settori.

- ENERGIA E RISPARMIO ENERGETICO - Sviluppo di tecnologie, prodotti e processi per le energie rinnovabili e/o per l'utilizzo razionale dell'energia e/o per l'efficienza energetica.

- SALUTE DELL'UOMO E BIOTECNOLOGIE - Sviluppo di nuove tecnologie e prodotti in campo farmaceutico e/o biomedicale e/o di tecniche avanzate nella diagnosi e prognosi.

- SISTEMA AGRO ALIMENTARE - Tecnologie e processi per la produzione, trasformazione, conservazione e commercializzazione dei prodotti del comparto agroalimentare, zootecnico e ittico, finalizzati anche al miglioramento della eco compatibilità e/o della sicurezza delle produzioni alimentari.

- AEROSPAZIO/AERONAUTICA - Sviluppo di Tecnologie innovative per componenti, strutture e sistemi nel settore aerospaziale e/o per la realizzazione di sistemi complessi di monitoraggio, sorveglianza, assistenza e riparazione.

- BENI CULTURALI - Tecniche e tecnologie per la tutela, valorizzazione e fruizione dei beni culturali.

- TRASPORTI E LOGISTICA AVANZATA - Sviluppo e messa a punto di sistemi e tecnologie per la realizzazione di vettori di trasporto e il miglioramento della logistica dei trasporti terrestri e navali e della mobilità delle persone e delle merci.

- AMBIENTE E SICUREZZA - Tecnologie di analisi, monitoraggio e controllo per la tutela dell'ambiente e/o il miglioramento della conservazione e utilizzazione dell'ambiente marino; sistemi integrati per la sicurezza, per il controllo, il monitoraggio e la gestione delle risorse ambientali, delle infrastrutture e per la gestione di emergenze e la sicurezza.

Proposte ricevute Alla scadenza dei termini per la presentazione dei progetti di Ricerca Industriale si sono registrati i seguenti risultati (Fonte MIUR “Bando di Ricerca Industriale – Risultati della presentazione dei progetti”, 9 aprile 2010.):

- 533 progetti presentati, 79 dei quali (pari al 14,8% del totale) afferenti al settore Agroalimentare; - coinvolgimento di 258 Grandi Imprese, 319 Medie Imprese e 1169 tra Piccole e Micro-imprese, in

collaborazione con più di 200 fra Università, Enti e altri Organismi di Ricerca. Di tali soggetti, ben 459 operano nel settore Agroalimentare, che fa registrare la maggiore concentrazione di soggetti proponenti;

- domanda di investimento complessivo di circa 6 miliardi di Euro. Di tale somma, 759 Milioni di Euro (pari a circa l’12,7% del totale) è la quota relativa al settore Agroalimentare.

Gli esiti della procedura di valutazione hanno portato alle selezione per il finanziamento di 153 progetti; a essi è stato destinato, secondo quanto previsto del Decreto Direttoriale n. 231/Ric del 22 maggio 2012, un finanziamento complessivo di Euro 1,087.510.101 nella forma di contributo alla spesa (952.062.895,05 a valere sui fondi FESR e FDR del PON R&C e i restanti 135.447.206,78 Milioni a valere sul FAR). Sui 153 progetti ammessi al finanziamento, 18 (pari a circa il 11,8% del totale) sono afferenti al settore Agroalimentare, per un costo complessivo pari ad Euro 136.964.272 ed un contributo complessivo ammesso pari a Euro 104.409.159, di cui Euro 98.310.005 su fondi PON.

32    

La tabella successiva riporta i titoli dei progetti con i rispettivi costi e contributi ammessi al finanziamento. Tabella A.2: Bando “Ricerca Industriale”: progetti ammessi al finanziamento nel settore Agroalimentare.

TITOLO DEL PROGETTO Totale Costo Ammesso PON

Totale Contributo

Ammesso (€)

di cui Contributo

Ammesso (€) EpiSud - Programma per sviluppare metodologie per l'identificazione ed il controllo di infezioni micobatteriche animali

€ 5.176.031,00 € 4.308.980,20 € 3.591.260,20

Sviluppo tecnologico e innovazione per la sostenibilità e competitività della cerealicoltura meridionale € 17.733.138,00 € 14.115.012,30 € 13.855.697,30

Genomica funzionale, miglioramento genetico ed innovazioni per la valorizzazione dei prodotti della filiera agrumicola € 5.900.220,00 € 4.012.031,00 € 3.320.431,00

Prodotti ortofrutticoli ad alto contenuto in servizio: tecnologie per la qualità e nuovi prodotti € 7.660.266,00 € 5.504.850,30 € 5.403.950,30

SIBAR -"Sistemi di Irrigazione Biodegradabili per l'impiego di Acque Reflue urbane per le produzioni agroalimentari € 5.749.680,00 € 4.153.798,00 € 4.112.198,00

Tecnologie e materiali anticontraffazione e applicazioni nanotecnologiche per l'autenticazione e la tutela delle produzioni agro-alimentari di eccellenza - fingerimball

€ 9.043.184,00 € 7.408.945,80 € 6.972.945,80

Sostenibilità della produzione di piante in vaso in ambiente mediterraneo € 6.306.884,00 € 4.908.196,40 € 4.862.877,80

Innovazioni di processo e di prodotto per incrementare i profili di sicurezza e per diversificare la gamma dei prodotti (freschi e stagionati) a base di carne suina (SAFEMEAT)

€ 10.727.206,00 € 8.895.744,80 € 8.281.844,80

Tecnologie e processi per il miglioramento della shelf-life dei prodotti del comparto agroalimentare attraverso l'uso di film edibili innovativi a base di pectine

€ 7.028.695,00 € 5.212.856,93 € 5.118.075,90

DIRECT FOOD - Valorizzazione delle Produzioni agroalimentari dei Sistemi Locali e di quelli tradizionali del Made in Italy attraverso la gestione integrata delle filiere e di canali innovativi produttore-consumatore.

€ 8.696.401,00 € 6.557.410,30 € 4.973.585,70

Trasferimento di conserve di pomodoro tradizionali in contenitori innovativi per un aggiornamento di mercato. Studio sull’utilizzo di cascami dell'industria del pomodoro per la produzione di olio a uso combustibile, cosmetico e di sostanze funzionali

€ 11.860.417,00 € 8.371.139,60 € 8.371.139,60

Innovazione di processo e di prodotto nella produzione di ingredienti e di paste alimentari di grano duro, di paste funzionali (nutraceutiche), di paste speciali e di prodotti secchi da forno funzionali

€ 5.492.529,00 € 3.622.984,35 € 3.107.858,60

Applicazione di biotecnologie molecolari e microrganismi protecnologici per la caratterizzazione e valorizzazione delle filiere lattiero-casearia e prodotti da forno di produzioni tipiche

€ 3.845.955,00 € 3.204.811,75 € 3.075.611,75

Bioinnovazioni per produzioni lattiero casearie ad elevato contenuto salutistico € 8.733.000,00 € 6.311.325,00 € 6.207.325,00

Sistemi tecnologici avanzati e processi integrati nella filiera olivicola per la valorizzazione dei prodotti e dei sottoprodotti, lo sviluppo di nuovi settori e la creazione di sistemi produttivi eco-compatibili (OLIO-PIU')

€ 5.601.440,00 € 4.562.321,95 € 4.180.453,10

Incapsulazione di principi attivi per il miglioramento di qualità e sicurezza degli alimenti € 6.221.801,00 € 4.153.739,20 € 3.769.739,25

Spread Bio-Oil - Sviluppo di nuovi processi tecnologici per la produzione di emulsioni innovative a base di olio di oliva biologico a consistenza controllata

€ 4.584.800,00 € 3.761.530,00 € 3.761.530,00

Tecnologie per la valorizzazione e l'estensione di Shelf Life di trasformati ittici ad elevata valenza salutistica € 6.602.625,00 € 5.343.481,25 € 5.343.481,25

TOTALE €136.964.272,00 € 104.409.159,13 € 98.310.005,35 Fonte: MIUR - Decreto Direttoriale 231/Ric del 22 maggio 2012

33    

PON R&C – Progetti Innovazione Industriale I Progetti di Innovazione Industriale (di seguito PII) rappresentano uno strumento di intervento per il rilancio della politica industriale secondo quanto definito dal documento programmatico “Industria 2015” del 22 settembre 2006. Sono stati oggetto di una collaborazione che si è concretizzata nel coordinamento tra i Fondi per la ricerca e i Fondi per lo sviluppo. Il Programma “Industria 2015” ha visto la collaborazione tra Ministero dello Sviluppo Economico e Ministero dell'Università e della Ricerca, che hanno condiviso alcune linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano. Tali assi strategici sono basati su:

- un concetto di industria esteso alle nuove filiere produttive che integrano manifattura, servizi avanzati e nuove tecnologie;

- un’analisi degli scenari economico-produttivi futuri che attendono il nostro Paese in una prospettiva di medio e lungo periodo (il 2015).

In questo prospettiva i PII sono interventi che, a partire dagli obiettivi tecnologico-produttivi (OTP) individuati dal Governo, sono stati pensati per favorire lo sviluppo di una specifica tipologia di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in aree e filiere ritenute strategiche per lo sviluppo del Paese. Le 5 aree tecnologiche strategiche individuate sono:

- Efficienza Energetica; - Mobilità Sostenibile; - Nuove tecnologie per il Made in Italy; - Nuove tecnologie della vita; - Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali.

I PII si articolano in due principali tipologie di azioni: le Azioni Strategiche di Innovazione Industriale (ASII) e le Azioni Connesse (AC). Le ASII sono finalizzate all’incentivazione di progetti di taglia medio grande per la realizzazione di progetti di innovazione industriale e/o servizi tecnologicamente avanzati a elevato impatto sul sistema produttivo nazionale. I beneficiari sono imprese e centri di ricerca attivi in tutto il territorio nazionale. Le ASII sono state attivate e finanziate con la pubblicazione nel 2008 di specifici bandi relativi a tre delle cinque aree strategiche “Efficienza Energetica” e “Mobilità Sostenibile” e “Made in Italy”. L’area strategica Made in Italy è articolata a livello dei seguenti sistemi di filiera:

- sistema moda, che identifica lo stile distintivo italiano per estetica, qualità sostanziale, cura della persona, in termini di abbigliamento, tessile, accessori;

- sistema casa, che si riferisce all’ “ambiente casa”, all’arredamento e alle nuove tecnologie che migliorano la qualità dell’abitare;

- sistema alimentare, che si riferisce alla trasformazione finale degli alimenti nelle modalità e con lo stile della qualità italiana, legata al benessere e/o alla salute della persona;

- sistema della meccanica, con riferimento a soluzioni meccaniche complesse ed integrate. Proposte ricevute: In risposta alla pubblicazione dei sopra citati bandi, tra settembre e dicembre 2008 sono stati presentati da raggruppamenti di imprese e organismi di ricerca i progetti sulle aree strategiche: “Efficienza Energetica”, “Mobilità Sostenibile” e “Made in Italy”. In particolare, relativamente ai suddetti bandi, si sono avuti i seguenti risultati:

- Bando “Efficienza Energetica”: sono stati presentati 86 Progetti che vedono coinvolte 472 imprese e 375 organismi di ricerca per un valore complessivo dei progetti presentati di 1.690 Milioni di Euro;

- Bando “Mobilità Sostenibile”: sono stati presentati 52 Progetti con il coinvolgimento di 420 imprese e 225 organismi di ricerca e un valore complessivo dei progetti pari a di 1.434 Milioni di Euro;

- Bando “Made in Italy”: sono stati presentati 429 Progetti con il coinvolgimento di 3.000 imprese e 1.000 organismi di ricerca. Il volume complessivo degli investimenti collegati ai progetti presentati è di 3.700 Milioni di Euro.

Esiti della valutazione:

34    

La valutazione ha attivato investimenti per complessivi 2.179.023.801 Euro con una agevolazione concedibile di 852.688.442 Euro, composta da 668.249.998 Euro da Fondi Nazionali e 184.438.443 Euro da Fondi PON. In particolare, sono stati ammessi a finanziamento:

- 37 progetti relativi al segmento “Efficienza Energetica”, che hanno visto un coinvolgimento di 241 imprese (di cui 146 PMI) e 89 organismi di ricerca;

- 29 progetti di Mobilità Sostenibile, con il coinvolgimento di 306 imprese (di cui 185 PMI) e 98 organismi di ricerca;

- 166 progetti riferiti al segmento “Made in Italy”, con un coinvolgimento di 1.207 imprese (di cui 941 PMI) e 307 organismi di ricerca.

PON R&C – Progetti per il Potenziamento Strutturale Con la firma del decreto direttoriale n. 254/Ric. del 18/05/2011, il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ha invitato alla presentazione di Progetti di Potenziamento Strutturale finanziati nell'ambito dell'Asse I "Sostegno ai mutamenti strutturali" del PON Ricerca e Competitività (Obiettivo operativo "Potenziamento delle strutture e delle dotazioni scientifiche e tecnologica" - sviluppo dell'Azione I "Rafforzamento strutturale"). L’Avviso nasce con l’obiettivo di definire e attivare interventi di adeguamento e rafforzamento strutturale, riferiti a centri di elevata qualificazione attivi in ambiti e discipline di particolare rilevanza strategica per lo sviluppo del sistema produttivo delle aree “Convergenza” e di comprovata eccellenza e capacità di proiezione nazionale ed internazionale. Nello specifico, l’Avviso è rivolto ai seguenti soggetti con sede operativa nelle Regioni della Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia):

- Università, Istituti Universitari statali; - Enti e Istituzioni Pubbliche Nazionali di Ricerca vigilati dall'Amministrazione Pubblica Centrale; - altri organismi di ricerca senza scopo di lucro che, indipendentemente dal proprio status giuridico o

fonte di finanziamento, soddisfino i requisiti di seguito elencati: o la principale finalità statutaria consiste nello svolgimento di attività di ricerca scientifica e/o

tecnologica e nel diffonderne i risultati, mediante l'insegnamento, la pubblicazione o il trasferimento di tecnologie,

o gli utili sono interamente reinvestiti nelle attività di ricerca, nella diffusione dei loro risultati o nell'insegnamento,

o non sono partecipati in alcun modo, né direttamente né indirettamente, da imprese.

Con l’Avviso il MIUR ha invitato i suddetti soggetti a presentare specifici Progetti di Potenziamento Strutturale con lo scopo di perseguire le seguenti finalità:

- innalzare gli standard operativi, la capacità competitiva e suscitare l'interesse del sistema imprenditoriale nazionale e multinazionale, dei ricercatori e dei giovani talenti;

- creare nodi infrastrutturali di livello europeo e/o internazionale che facilitino l'inserimento di siti e centri di eccellenza italiani all'interno di reti e infrastrutture distribuite nello Spazio Europeo della Ricerca;

- favorire rapporti di collegamento effettivo, stabile e strategico con il sistema produttivo nazionale per il mutamento e lo sviluppo delle condizioni socio-economiche dei territori delle aree "Convergenza".

Per la realizzazione degli interventi il MIUR ha messo a disposizione risorse per complessivi 400 Milioni di Euro a carico del PON Ricerca e Competitività; la copertura è a valere sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR 50%) e sul Fondo di Rotazione (FDR 50%). Con decreto direttoriale n. 957/ric. dell'11/11/2011 la dotazione finanziaria è stata incrementata di 250 Milioni di Euro. Esiti della valutazione A seguito della procedura di valutazione risultano ammessi al finanziamento 47 progetti; a essi viene destinato, secondo quanto previsto del decreto direttoriale n. 957/ric. del 11/11/2011, un finanziamento complessivo di 650 Milioni di Euro.

35    

Sui 47 progetti ammessi al finanziamento, 6 (12,8% del totale) sono relativi al settore Agroalimentare7, per un cofinanziamento complessivo pari a Euro 93.250.000. Tabella A.3 Bando “Potenziamento strutturale”: progetti ammessi al finanziamento nel settore Agroalimentare.

TITOLO Proponente Costo Ammesso PON (*)

PlASS -­‐ Platform for Agrofood Science and Safety

Università degli Studi di Foggia; CRA-­‐ Consiglio per la Ricerca e la

sperimentazione in Agricoltura; Università degli Studi di Palermo.

€ 16.700.000

Research infrastructure for sustainable agricolture and food in mediterranean area–safemed

Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria € 14.400.000

Centro di Ricerche Interregionale per la sicurezza alimentare e la salute Interregional Research Center for Food Safety&Health

-­‐IRC_FSH

Università degli Studi Magna Græcia di Catanzaro € 15.400.000

Research infrastructure for food life and safety(food@life) Fondazione Mediterranea Terina € 14.650.000 Infrastruttura per Tecnologie bio-­‐MEMS di Sensing Avanzato per

Monitoraggio e Diagnostica Ambientale e Alimentare Istituto Italiano di Tecnologia € 9.600.000

PAN Lab-­‐Progetto di potenziamento strutturale dei laboratori dell’Università di Messina per analisi degli alimenti, studio della

loro incidenza sulla salute umana e consulenza tecnologica, giuridica ed economica alle aziende agroalimentari

Università degli Studi di Messina € 22.500.000

TOTALE € 93.250.000 Fonte: MIUR - Decreto Direttoriale 254/Ric. del 18 maggio 2011 Bando Distretti Tecnologici e Laboratori Pubblico-Privati nelle Regioni della Convergenza Il 15 novembre 2010 il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ha pubblicato, nell'ambito del Programma Operativo Nazionale "Ricerca e Competitività" 2007-2013, per le quattro Regioni della Convergenza, un Avviso per l’attivazione di due Azioni (Titolo II e Titolo III del Bando):

- Titolo II - Azione destinata ad interventi finalizzati allo sviluppo/ potenziamento di Distretti ad Alta Tecnologia e di Laboratori Pubblico-Privati già esistenti;

- Titolo III - Azione destinata alla creazione di nuovi Distretti e/o Aggregazioni Pubblico-Private. L'impegno finanziario stanziato dal MIUR con l’Avviso è stato pari a 915 Milioni di Euro articolati tra le due Misure e tra le 4 Regioni (cfr. tabella). In particolare:

- 389 Milioni di Euro sono stati destinati allo sviluppo/potenziamento dei soggetti esistenti; - 526 Milioni di Euro sono stati destinati alla creazione di nuovi Distretti.

Tabella A.4– MIUR – Risorse Titolo II e Titolo III (mln €)

TITOLO II TITOLO

III REGIONI Potenziamento

DAT (esistenti)

Potenziamento LPP (esistenti) TOTALE

Creazione nuovi DAT

e LPP

TOTALE RISORSE

Calabria 12 12 24 136 160 Campania 25 45 70 220 290

Puglia 135 10 145 80 225 Sicilia 110 40 150 90 240

TOTALE 282 107 389 526 915 Fonte: Invitalia 2012 Nel Titolo II l’Avviso individuava i Distretti ad Alta Tecnologia (DAT) e/o i Laboratori Pubblico-Privato (LPP) esistenti e richiedeva la presentazione entro il 22 marzo 2011 di:

                                                                                                                         7 Uno dei progetti ammessi a finanziamento mostra una significativa trasversalità con il settore dell’Ambiente: “Infrastruttura per Tecnologie bio-­‐MEMS di Sensing Avanzato per Monitoraggio e Diagnostica Ambientale e Alimentare”.

36    

- un “Piano di Sviluppo Strategico” che consisteva in un documento programmatico, di durata almeno quinquennale, che riepilogasse i risultati perseguiti e conseguiti, gli aspetti istituzionali ed organizzativi, gli obiettivi del DAT/LPP, le linee di azione e del relativo impatto scientifico, industriale, sociale ed occupazionale;

- due o più progetti di ricerca industriale comprensivi di attività di sviluppo sperimentale e di formazione professionale di ricercatori e tecnici di ricerca.

Il Titolo III dell’Avviso era invece finalizzato alla creazione di nuovi Distretti ad Alta Tecnologia e/o nuove Aggregazioni Pubblico-Private. Per tali soggetti, l’Avviso prevedeva la presentazione di uno Studio di Fattibilità (SDF), finalizzato ad illustrare l’iniziativa progettuale proposta in termini di:

- condizioni e presupposti per la creazione del Distretto e/o dell’Aggregazione; - caratteristiche del sistema regionale della domanda e dell’offerta di ricerca e innovazione; - identificazione di settori/ambiti di intervento e di operatività del Distretto e/o dell’Aggregazione; - previsioni di impatto del Distretto e/o dell’Aggregazione sul sistema economico regionale di

riferimento, etc.).

Alla scadenza dei termini sono stati presentati complessivamente: TITOLO II: 26 Piani di Sviluppo Strategico e 75 Progetti di Ricerca, con la partecipazione di 37 Soggetti Attuatori e 372 Soggetti partner sia di attuatori che di aggregazioni. A fronte dei 389 Milioni di Euro disponibili per gli interventi relativi al TITOLO II, l’importo complessivo dei progetti presentati nelle domande ammontava a oltre 771 Milioni di Euro; TITOLO III: 195 domande di SDF, con la partecipazione di 1.964 Soggetti Proponenti; di queste domande, 193 sono state ammesse alla verifica di ammissibilità amministrativa. La valutazione delle proposte dei Piani Strategici e degli Studi di Fattibilità è stata affidata a una Commissione, nominata con decreto dal Ministro Istruzione Università Ricerca, che ai sensi art.11, comma 7, dell’Avviso, ha proceduto “… previo parere del Tavolo Tecnico di cui alle premesse, alla valutazione dei Piani, avvalendosi eventualmente degli esperti di cui al precedente comma 2 del presente articolo, e formulando, sui seguenti elementi, un giudizio espresso in forma numerica e esplicitato da una congrua, coerente ed articolata motivazione”. Nelle pagine che seguono vengono sviluppati: un approfondimento con le principali statistiche dedotte dall’analisi delle domande presentate; un focus sui risultati nelle Regioni interessate e sulle caratteristiche dei Distretti/Laboratori ammessi al finanziamento (Fonte: Invitalia 2012). Regione Calabria La tabella che segue offre un riepilogo dei risultati del Bando riferibili alla Regione Calabria. Tabella A.5: Regione Calabria – Risultati complessivi valutazione

Regione Calabria – Risultati complessivi valutazione

Titolo II Titolo III

Domande presentate Domande ammesse Domande presentate Domande ammesse Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP

3 2 1 1 0 1 49 17 32 13 6 7 Di seguito viene proposto un approfondimento sul settore “Agroalimentare”, evidenziando gli esiti della valutazione e le caratteristiche dei Distretti Tecnologici e dei Laboratori Pubblico-Privati ammessi alla fase di valutazione.

37    

Tabella A.6: Regione Calabria – Risultati complessivi valutazione Regione Calabria – Risultati relativi al settore Agroalimentare

Titolo II Titolo III Domande presentate Domande ammesse Domande presentate Domande ammesse

Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP 0 0 0 0 0 0 11 3 8 3 1 2

 Titolo II: Nella Regione Calabria non è pervenuta alcuna candidatura relativa al settore agroalimentare. Titolo III: Sono stati presentati 11 Studi di Fattibilità relativi al segmento Agroalimentare (3 Distretti e 8 Laboratori). Gli studi di fattibilità presentati sono brevemente descritti di seguito: “AGRIFOODTECH”: lo Studio propone la costituzione di un Distretto Tecnologico agroalimentare finalizzato a promuovere tutte quelle iniziative che possano innalzare il livello tecnologico delle imprese del territorio, orientandole all’innovazione radicale, alla sperimentazione e ad un cambiamento tecnico ed organizzativo. Gli obiettivi principali del Distretto sono rappresentati da interventi di ricerca nell’ambito dei seguenti settori di intervento:

- Settore di intervento n. 1 - Filiera Olivicola; - Settore di intervento n. 2 - Filiera Agrumicola; - Settore di intervento n. 3 - Filiera Ortofrutticola; - Settore di intervento n. 4 - Filiera Zootecnica; - Settore di intervento n. 5 - Filiera Vitivinicola; - Settore di intervento n. 6 - Altre Filiere.

“BERGAMOTTO”: il progetto di Distretto si focalizza sulla filiera del bergamotto, promuovendo ricerche sulle applicazioni food e non-food dell’agrume e sviluppando la logistica e la promozione delle aziende, anche attraverso la partecipazione di un consorzio. Il programma prevede di innescare una evoluzione di sistema nella filiera del bergamotto:

- favorendo l’adozione di modelli innovativi di distribuzione e approvvigionamento a basso costo ed eco- sostenibili;

- promuovendo le aziende produttrici locali a livello nazionale ed internazionale; - stimolando la competitività delle aziende attraverso modelli cooperativi di progettazione, logistica e

commercializzazione.

Distretto della “SENSORIALITÀ AUMENTATA” e dei sistemi avanzati di diagnostica per applicazioni multisettoriali: la proposta, a forte carattere multisettoriale (Agroalimentare; Salute dell’uomo; Sicurezza; Ambiente, e Telecomunicazioni), è finalizzata alla costruzione, al mantenimento, alla gestione e allo sviluppo del know how nel campo dei sensori per grandezze di tipo chimico, fisico e biologico. In particolare, la proposta intende accorpare ed organizzare un insieme di competenze pluridisciplinari sulla sensoristica, allo scopo di affrontare e dare un positivo contributo alla risoluzione dei numerosi problemi ancora aperti legati alla sicurezza, alla salute e all’ambiente. Rispetto al settore agroalimentare l’obiettivo principale è l’accesso a prodotti alimentari più sicuri attraverso lo sviluppo di sensori in grado di controllare il prodotto in tutte le sue fasi dalla produzione, alla trasformazione e alla distribuzione. “SAPERE”: la proposta è finalizzata alla realizzazione di un Laboratorio pubblico/privato per l’avvio e lo sviluppo di una piattaforma tecnologica con funzioni di osservatorio per la sicurezza, la tracciabilità e la qualità alimentare, focalizzata in particolare nella valorizzazione di un paniere di prodotti tipici locali, aventi potenziali applicazioni nel campo della nutrizione e della salute. Nello specifico, la proposta concentra la ricerca soprattutto su sostanze naturali che sotto controllo medico possono costituire una nuova classe di prodotti terapeutici (ADDFMS - Alimento Dietetico Destinato a Fini Medici Speciali) che sono destinati a curare malattie e/o che possiedono i meccanismi biologici per attenuarne i sintomi. “LINFA”: lo Studio propone la creazione di un’Aggregazione pubblico privata finalizzata a sviluppare e promuovere attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale nel settore delle produzioni olivicole, da sempre caratterizzate da una forte frammentarietà delle aziende e da una scarsa propensione all’innovazione e allo sviluppo. In particolare il progetto LINFA è finalizzato a:

- rafforzare la competitività delle imprese del settore olivicolo sul mercato globale; - migliorare le performance aziendali e potenziare l’offerta di innovazione tecnologica;

38    

- accrescere il grado di innovazione del prodotto, del processo e dell’organizzazione dell’impresa; - promuovere una corretta gestione e la sostenibilità dello sfruttamento delle risorse.

“FOODCAL.PACK”: la proposta prevede la realizzazione di un’Aggregazione pubblico privata attiva in una prima fase nella ricerca, nello sviluppo e nel trasferimento tecnologico e successivamente nell’erogazione di servizi per l’innovazione, nel segmento del confezionamento (packaging) dei prodotti alimentari: filiera lattiero casearia, conserve vegetali e prodotti di V gamma, vegetali di IV gamma, bevande ed acque minerali, prodotti carnei, conserve ittiche, prodotti dolciari, prodotti da forno, filiera olearia e vitivinicola. Le attività di ricerca riguarderanno l’ottimizzazione del packaging sotto i diversi profili (ambientale, economico, tecnologico, rispondenza normativa, garanzia di shelf life) per specifici prodotti alimentari e prevedendo l’impiego di nuovi materiali con adeguate e migliori caratteristiche di idoneità ambientale. “CARMINE”: la proposta prevede la realizzazione di un’Aggregazione pubblico privata orientata a perseguire progetti di ricerca ed attività di formazione. In particolare, gli ambiti di ricerca descritti nello Studio riguardano: la gestione sostenibile delle risorse ambientali nelle coltivazioni attraverso lo sviluppo di tecniche diagnostiche innovative;

- la tracciabilità della filiera agricola in prodotti di coltivazione biologica e elevata qualità; - l’innovazione delle tecniche di monitoraggio ambientale nei parchi naturali.

“NANOFOOD”: la proposta, altamente multidisciplinare, prevede la realizzazione di un’Aggregazione pubblico privata finalizzata allo sviluppo e alla messa a punto di tecniche innovative, rapide e non distruttive (tra le altre il Naso elettronico) per la determinazione della qualità, sicurezza e autenticazione di produzioni alimentari tipiche delle filiere agroalimentari di eccellenza regionali, per la valorizzazione e la tutela dai fenomeni di agro-pirateria. (anticontraffazione, tracciabilità, rintracciabilità). Nello specifico lo Studio è finalizzato al perseguimento dei seguenti obiettivi strategici di ricerca e sviluppo sperimentale:

- creare una piattaforma dati mediante applicazione di tecniche della genomica, proteomica e metabolomica che implementeranno la piattaforma pilota bioTack&Trace dei prodotti di alta qualità del Made in Calabria espandibile al Made in Italy;

- sviluppare tecniche non distruttive per la determinazione delle caratteristiche di qualità e sicurezza basati su fingerprints di tipo olfattivo-sensoriale, ottico, analitico-compositivo e genomico.

- sviluppare un prototipo robotizzato di “electronic taster” dotato del set di sensori che consenta di dare una valutazione della qualità di prodotti alimentari in tempo reale.

“COOP-LOG”: Lo Studio propone la creazione di un’Aggregazione pubblico privata finalizzata ad attivare un soggetto in grado di coordinare le attività di ricerca e di sviluppo nel settore della logistica, con particolare riferimento ai prodotti del settore agroalimentare anche al fine di migliorare l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità del settore. Le iniziative di COOP-LOG mireranno a supportare:

- le aziende di trasporto e logistica nel miglioramento della propria offerta di servizi e nel rafforzamento dei processi di aggregazione con altre aziende produttive presenti sul territorio;

- gli Enti pubblici calabresi nella loro “domanda” di servizi e sistemi tecnologici innovativi e all’avanguardia per proporre un territorio capace di gestire e controllare nuovi e crescenti flussi di merci e di persone in transito;

- le aziende ITS (Intelligent Transportation System) nella loro ricerca di soluzioni nuove ed innovative per sistemi di gestione del processo logistico e per il monitoraggio e controllo della mobilità di merci e persone;

- i produttori e le imprese di trasformazione, garantendo loro servizi con livelli qualitativi maggiori e più sicuri, nonché informazioni puntuali e dettagliate.

“OLEA-TECH”: lo Studio è finalizzato a creare un’Aggregazione che instauri una rete di attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale di interesse per la filiera olivicolo-olearia, attraverso la partecipazione congiunta di enti pubblici di ricerca (CRA), Università localizzate sul territorio regionale (province di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria) e numerose imprese locali. Gli ambiti di intervento ritenuti prioritari per la risoluzione delle problematiche della filiera olivicola-olearia riguardano:

- certificazione e tracciabilità;

39    

- rinnovamento varietale e tecnica vivaistica; - agrotecnica e gestione dell’oliveto; - utilizzo alternativo dell’olio e valorizzazione dei sottoprodotti; - identificazione, estrazione e valutazione di molecole bioattive ad elevato impatto salutistico e ad uso

cosmetico.

“TRA.MED”: la proposta di realizzazione di una nuova Aggregazione pubblico privata per la valorizzazione delle produzioni territoriali della Tradizione Mediterranea è focalizzata sui seguenti obiettivi strategici:

- organizzazione delle attuali infrastrutture di ricerca scientifica e innovazione tecnologica presenti sul territorio regionale e messa in rete con centri di riferimento extraregionali con riferimento all’ambito applicativo di valorizzazione delle caratteristiche di qualità delle produzioni agroalimentari regionali;

- svolgimento di intermediazione specializzata della ricerca e dell’innovazione attraverso l’erogazione di servizi a contenuto scientifico-tecnologico;

- creazione di un riferimento di innovazione delle imprese delle PMI calabresi, per orientare e qualificare il sostegno regionale ai progetti di ricerca e innovazione;

- potenziamento e condivisione di attrezzature e laboratori di ricerca, sperimentazione, prova e certificazione;

- apertura verso le imprese alla conoscenza scientifica e tecnologica di interesse industriale e alle reti e alle risorse in ambito nazionale ed internazionali;

- formazione di risorse umane qualificate e inserimento nelle imprese creando un meccanismo di mobilità del capitale umano tra le imprese e il sistema della ricerca;

- sviluppo di nuova imprenditorialità, anche in collaborazione con le Università attraverso le attività di incubazione;

- attrazione di investimenti produttivi sul territorio regionale, in un contesto organizzato e strutturato attorno al sistema ricerca/impresa.

- Degli Studi di Fattibilità sopra descritti solo 3 hanno raggiunto in sede di valutazione la soglia necessaria per accedere al finanziamento: Distretto Tecnologico AGRIFOODTECH; Aggregazione pubblico privata LINFA; Aggregazione pubblico privata NANOFOOD. Regione Campania Il riepilogo dei risultati del Bando riferibili alla Regione Campania sono riportati di seguito. Le domande presentate per il Titolo III sono state in Campania ben 80 ma sono risultate ammessolo solo 19 di cui 6 DAT e 13 LPP. Tabella A.7: Regione Campania – Risultati complessivi valutazione

Regione Campania – Risultati complessivi valutazione Titolo II Titolo III

Domande presentate Domande ammesse Domande presentate Domande ammesse Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP

10 1 9 7 1 6 80 16 64 19 6 13 Fonte: Invitalia 2012 L’approfondimento sul settore “Agroalimentare”, evidenzia che gli esiti della valutazione e le caratteristiche dei Distretti Tecnologici e dei Laboratori Pubblico-Privati che sono risultati ammissibili al cofinanziamento.

40    

Tabella A.8: Regione Campania – Risultati relativi al settore Agroalimentare Regione Campania – Risultati relativi al settore Agroalimentare

Titolo II Titolo III Domande presentate Domande ammesse Domande presentate Domande ammesse

Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP 1 0 1 1 0 1 9 2 7 1 0 1

Fonte: Invitalia 2012 Titolo II Nella Regione Campania è localizzato il Laboratorio Pubblico Privato “GENOPOM” che ha presentato la propria candidatura. Il Piano Strategico ha superato la soglia minima richiesta per l’ammissione al finanziamento (53 punti). Titolo III Sono stati presentati 9 Studi di Fattibilità relativi al settore Agroalimentare. Di questi, solo 1 è stato ammesso al finanziamento con 63 punti: “M2Q”: la proposta riguarda, non solo la creazione dell’Aggregazione “M2Q” ma anche la realizzazione del Metadistretto MEDINAS, aperto a diverse iniziative, con lo scopo di proporre una collaborazione di secondo livello nelle aree della Nutrizione, dell’Ambiente e della Salute. Lo Studio sviluppa un’idea progettuale di natura interdisciplinare e interregionale, centrata sull’internazionalizzazione e valorizzazione del Modello Alimentare Italiano (MAI) nel mondo mediante la creazione di una “rete” di imprese, atenei ed enti pubblici di ricerca. L’Aggregazione nasce con lo scopo prioritario di dotare il comparto agroalimentare della Campania di una rete scientifica e tecnologica a supporto dell’internazionalizzazione del prodotto agroalimentare di eccellenza, che consenta alle aziende di sviluppare una politica di ricerca e innovazione di prodotto e di processo in grado di riconquistare, sui mercati nazionali ed internazionali, l’immagine di prodotto nutrizionale di alta qualità. Non sono stati invece ammessi al finanziamento 8 Studi di Fattibilità:

È inoltre stato ammesso al finanziamento un ulteriore SDF denominato “M.A.R.eA” incentrato su tematiche trasversali riguardanti sia il settore agroalimentare che quello dei materiali avanzati, infatti il progetto intende sviluppare nuove tecnologie nell’ambito dei materiali avanzati e di nuova generazione, destinandoli all’utilizzo prevalente nel settore agroalimentare. Altro scopo dell’aggregazione è quello di sviluppare processi di apprendimento e collaborazione interattivi tra gli attori, al fine di realizzare incrementi produttivi indotti dalla conoscenza. I principali ambiti di intervento di M.A.R.eA sono:

- Materiali biodegradabili per applicazioni agricole; - Creazione di una serra fotovoltaica trasparente con sistema integrato; - Sviluppo di polimeri nanoporosi e co-cristallini per l’applicazione nell’agroalimentare; - Sviluppo di materiali biodegradabili di nuova concezione per imballaggi alimentari.

Regione Puglia Un riepilogo dei risultati del Bando riferibili alla Regione Puglia sono riportati nella tabella seguente. In Puglia le domade presentate per il titolo II sono state 7 e di queste 6 sono state ammesse (4 DAT e 2 LPP). Per il Titolo III sono state presentate ben 22 domande ma quelle ammesse sono state solo 5 (2 DAT e 3 LPP) Tabella A.9: Regione Puglia – Risultati complessivi valutazione

Regione Puglia – Risultati complessivi valutazione Titolo II Titolo III

Domande presentate Domande ammesse Domande presentate Domande ammesse Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP

7 4 3 6 4 2 22 7 15 5 2 3 Fonte: Invitalia 2012

41    

L’approfondimento sul settore “Agroalimentare”, evidenzia, nella tabella seguente, gli esiti della valutazione e le caratteristiche dei Distretti Tecnologici e dei Laboratori Pubblico-Privati che sono risultati ammissibili al cofinanziamento. Tabella A.10: Regione Puglia – Risultati relativi al settore Agroalimentare

Regione Puglia – Risultati relativi al settore Agroalimentare Titolo II Titolo III

Domande presentate Domande ammesse Domande presentate Domande ammesse Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP

2 1 1 1 1 0 4 2 2 0 0 0 Fonte: Invitalia 2012   Titolo II Nella Regione Puglia è localizzato il Distretto Tecnologico “DARE” e il Laboratorio pubblico privato “AGROGEN” (cfr. Capitolo 2). Il Piano Strategico del DT presentato ha superato la soglia minima richiesta per poter essere ammissibile al finanziamento (72 punti); quello relativo al Laboratorio AGROGEN non è stato ritenuto ammissibile (38 punti). Titolo III Sono stati presentati 4 Studi di Fattibilità sul settore Agroalimentare (due proposte di Distretto e due di Laboratorio) che non hanno superato la fase di ammissibilità. Regione Sicilia Il riepilogo dei risultati del Bando riferibili alla Regione Sicilia sono riportati nella tabella seguente. Le domande presentate per il Titolo II sono state 6 e 5 sono state ammesse. Per il Ttolo III le domande sono state numerose (40) ma solo 5 sono state ammesse (4 DAT e 1 LPP). Tabella A.11: Regione Sicilia – Risultati complessivi valutazione

Regione Sicilia – Risultati complessivi valutazione Titolo II Titolo III

Domande presentate Domande ammesse Domande presentate Domande ammesse Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP

6 3 3 5 3 2 42 16 26 5 4 1

Fonte: Invitalia 2012 Di seguito viene proposto un approfondimento sul settore “Agroalimentare”, evidenziando gli esiti della valutazione e le caratteristiche dei Distretti Tecnologici e dei Laboratori Pubblico-Privati che sono risultati ammissibili al cofinanziamento. Tabella A.12: Regione Sicilia – Risultati relativi al settore Agroalimentare

Regione Sicilia – Risultati relativi al settore Agroalimentare Titolo II Titolo III

Domande presentate Domande ammesse Domande presentate Domande ammesse Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP Totale DAT LPP

1 1 0 1 1 0 3 1 2 0 0 0 Fonte: Invitalia 2012 Titolo II Nella Regione Sicilia è localizzato il Distretto Tecnologico “AGROBIOPESCA” (cfr. Capitolo 2). Il Piano Strategico presentato ha superato la soglia minima richiesta per poter essere ammesso al finanziamento (54 punti). Titolo III

42    

Ulteriori iniziative avviate dal MIUR ed in corso di attuazione: Bando Smart Cities Con la pubblicazione dell’Avviso prot. n. 84/Ric. del 2 marzo 2012 il MIUR ha attivato il bando “Smart Cities”, con un finanziamento complessivo di circa 240 Milioni di Euro. Le linee di intervento sono:

- Idee progettuali per “Smart Cities e Communities”, in attuazione delle Azioni integrate per lo sviluppo sostenibile e lo sviluppo della società dell’informazione previste nell’ambito dell’Asse II del Programma PON REC.

- “Progetti di innovazione sociale”, in attuazione delle Iniziative di osmosi Nord-Sud previste nell’ambito dell’Asse III del Programma PON REC.

In particolare, sono stati individuati i seguenti ambiti: - Smart mobility, - Smart health, - Smart education, - Cloud computing technologies per smart government, - Smart culture e Turismo, - Renewable energy e smart grid, - Energy Efficiency e low carbon technologies, - Smart mobility e last-mile logistic, - Sustainable natural resources (waste, water, urban biodiversity).

Nel caso della linea di intervento “Smart Cities”, veniva richiesta la presentazione di idee progettuali che promuovessero “interventi in grado di utilizzare le più avanzate soluzioni di diretto impatto sugli ambiti di interesse pubblico e sviluppare modelli di integrazione sociale per risolvere problemi di scala urbana e metropolitana”. L’ambito applicativo è quello delle Smart Cities e Communities ovvero dello “sviluppo di modelli innovativi finalizzati a dare soluzione a problemi di scala urbana e metropolitana tramite un insieme di tecnologie, applicazioni, modelli di integrazione e inclusione”. Il Bando era aperto a imprese, centri di ricerca, consorzi, società consortili, Parchi Scientifici e Tecnologici con sede operativa nelle Regioni della Convergenza. La scadenza per la presentazione delle idee progettuali era fissata al 30 aprile 2012. Nel Maggio 2012 sono state approvate le idee progettuali. Sono stati approvati 17 progetti nei seguenti ambiti: - Cloud computing (in particolare ICT al servizio della Pubblica Amministrazione) - un progetto - Education, un progetto – Salute, due progetti - Cultura e turismo, due progetti - Smart mobility, quattro progetti - Energie Rinnovabili, quattro progetti - Risorse naturali sostenibili, tre progetti. In particolare, un progetto sulla gestione integrata del ciclo delle acque, un progetto sulla localizzazione delle discariche e sul ciclo dei rifiuti ed un progetto sulla filiera alimentare. Il progetto sulla filiera alimentare “BE&SAVE propone “Tecnologie e modelli operativi per la gestione sostenibile della filiera alimentare attraverso la valorizzazione degli scari Biologici della produzione a scopi Energetici, la riduzione degli Sprechi Alimentari del sistema distributivo e dei consumatori e il trattamento e la Valorizzazione della frazione edibile del rifiuto solido urbano”. Il progetto vede costi ammessi per le regioni interessate di oltre 21,2 milioni di euro. La partecipazione pubblica e privata comprende: Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) Università degli Studi di Messina Università degli Studi "Magna Græcia" di Catanzaro ENEA Agenzia Nazionale per Nuove Tecnologie, Energia e Sviluppo Economico Future Space SPA, -TRA.C. S.r.l., Interporto Rivalta Scrivia, OMNIA Energia S.P.A., AL.GEL. SRL, TSEM Research SRL Il progetto si presenta molto ambizioso per la risoluzione di quasi tutti i problemi della riduzione degli scarti dell’intera filiera agroalimentare, dalla produzione fino al consumo delle famiglie. Le tecnologie proposte per la gestione delle scorte si rifanno all’utilizzazione di piattaforme ICT. Alcuni proponenti (Università di Messina e Magna Grecia di Catanzaro) hanno già ottenuto finanziamenti in consistenti nell’ambito del bando sul Potenziamento strutturale dei Distretti e Laboratori, mentre diversi progetti sulla valorizzazione dei prodotti oleari sono stati finanziati nel Bando Ricerca Industriale e ammessi al finanziamento per i Nuovi Distretti e Laboratori del TITOLO III del presente Bando.

43    

Il Bando mette a disposizione 408 Milioni di Euro, di cui 368 Milioni di Euro a valere sui fondi FAR e 40 Milioni di Euro a valere sul FESR e sul FDR. Il Cluster Nazionale Agrifood prevede la presentazione del Piano Strategico e 4 progetti di ricerca. Il progetto prevede un finanziamento specifico per la collaborazione dei Distretti e Laboratori delle Regioni della convergenza all’interno del Cluster nazionale. La scadenza indicata per la presentazione delle proposte è fissata al 28 settembre 2012. Il processo di selezioni dovrebbe concludersi entro Dicembre 2012.

44    

 

Analisi  settoriale:    

Area  Salute  dell’uomo  e  biotecnologie    

 

 

 

 

Luigi  Orsenigo  

IUSS  Pavia  

45    

La tecnologia: Salute dell’uomo e Biotecnologie

1. Analisi prospettica del settore

1.1 Le tecnologie con e migliori prospettive nei prossimi 20 anni

1.1.1 L’industria farmaceutica

Il settore della salute dell’uomo e delle biotecnologie è un insieme molto vasto, differenziato e complesso di tecnologie e mercati, a loro volta suddivisi in molteplici sotto-insiemi di tecniche e sottomercati.

Secondo le ultime informazioni disponibili (EFPIA, 2010) Il fatturato totale del settore farmaceutico raggiungeva oltre $ 800 miliardi nel mondo, concentrato nel Nordamerica (oltre il 45%) e in Europa (quasi il 25%). Il settore è stato ed è ancora in fortissima crescita, sia nei paesi industrializzati (USA, Europa e Giappone) che in paesi in via di industrializzazione (Brasile, Corea, Cina, ecc..) e in via di sviluppo, nonostante la crisi ed i tentativi di controllo della spesa sanitaria pubblica. Per il futuro, la farmaceutica e la salute dell’uomo sono unanimemente considerati come uno dei settori a maggior dinamismo a livello mondiale, per motivi che hanno a che fare con l’invecchiamento della popolazione, il maggior peso delle malattie croniche, la domanda di salute crescente sia nei paesi ricchi che in quelli in via di sviluppo. L’industria farmaceutica “tradizionale” è dominata da un gruppo relativamente ristretto di grandissime imprese multinazionali (americane, europee e svizzere), circondate da centinaia di aziende di medie dimensioni, specializzate in diverse aree di business (farmaci etici e da banco, categorie terapeutiche, cosmetici, diagnostici, ....), funzioni (ricerca e formulazione, sviluppo clinico, produzione, marketing, ecc.) e aree geografiche. Alcuni di questi ambiti sono difficilmente accessibili: le economie di scala nella ricerca, marketing e sviluppo clinico - e nella finanza - sono enormi. Il costo di sviluppo di un nuovo farmaco è oggi (molto imperfettamente) stimato nell’ordine di un miliardo di dollari e oltre. In effetti, non si registra una entrata significativa nel settore da oltre 50 anni, con pochissime eccezioni che riguardano due imprese biotecnologiche (Genentech - oggi controllata da Roche - e Amgen) e qualche produttore di farmaci generici (ad esempio, Teva). Altri segmenti invece, legati a specifici sottosettori di applicazione, mostrano un dinamismo più accentuato. Attualmente, l’industria farmaceutica e il modello di business ad essa collegato - cioè la grande impresa verticalmente, orizzontalmente e geograficamente integrata - attraversa una fase di profonda trasformazione ed incertezza. Il dato più evidente è il calo della produttività della ricerca: a fronte di un aumento esponenziale dei costi della R&S, il numero di nuove molecole che raggiungono il mercato - cioè approvate dalle autorità regolatorie - è rimasto con fortissime variazioni praticamente costante nel corso degli ultimi 15 anni. La distribuzione delle vendite e dei profitti derivanti dai nuovi farmaci introdotti è inoltre fortemente asimmetrica: solo pochi “blockbuster” sono effettivamente redditizi e devono compensare una profittabilità bassa e in molti casi negativa per gli altri prodotti. A tutto ciò va aggiunto che molti dei farmaci attualmente sul mercato sono prossimi alla scadenza brevettuale. Le imprese sono quindi alla disperata ricerca di nuove

46    

molecole, suscettibili di essere introdotte in tempi sufficientemente rapidi sui mercati (cioè, molecole in Fase III di sperimentazione). Le ragioni del calo della produttività non sono univoche, nè precisamente identificate. Esse includono procedure regolatorie più stringenti, in particolare per quando concerne trials clinici sempre più ampi e rigorosi (anche se negli anni più recenti sono state introdotte diverse facilitazioni e semplificazioni); e crescenti difficoltà a scoprire nuove molecole che superino le prime fasi di sperimentazione. Secondo alcuni, cioè sarebbe la naturale conseguenza di un processo di saturazione: i farmaci per trattare e a volte curare le patologie più “semplici” sono già stati scoperti, mentre la ricerca si indirizza inevitabilmente verso target sempre più complessi e scientificamente meno comprensibili (ad esempio, Alzheimer e altre malattie neurodegenerative). In ogni caso, le grandi imprese stanno reagendo a queste trasformazioni modificando la propria struttura organizzativa e strategica. In particolare, ciò si manifesta principalmente con processi di outsourcing della ricerca alle università, altre organizzazioni di ricerca e imprese biotecnologiche e riduzione della R&D condotta internamente, anche mediante la chiusura di importanti laboratori. Questo processi di disintegrazione verticale interessa anche la sperimentazione clinica e la produzione – che sempre più frequentemente vengono affidate ad imprese specializzate le cosiddette Contract Research Organizations (CRO) e Contract Manufacturing Organizations (CMO)

1.1.2 Le biotecnologie

Il declino della produttività della ricerca appare ancora più sorprendente se si considera l’enorme progresso nella ricerca scientifica di base ottenuto negli ultimi 50 anni circa e l’emergere delle cosiddette biotecnologie a partire dagli anni Settanta.

Il cosiddetto settore delle biotecnologie o più in generale delle scienze della vita (life sciences) comprende una grandissima varietà di tecnologie, attività ed applicazioni industriali, basate sull’utilizzo di tecniche biologiche. Normalmente, nell’accezione comune, per settore biotecnologico si intende l’insieme delle attività commerciali sviluppatosi a partire dalla seconda metà degli anni Settanta sulla base del progresso scientifico e tecnologico in diversi campi della biologia, in particolare biochimica, biologia molecolare, ingegneria genetica, genomica, proteomica, ecc.. Negli anni più recenti, si osserva anche una importante convergenza tra biotecnologie, informatica e nanotecnologie. Vi sono fondati motivi per ritenere che le biotecnologie costituiscano una rivoluzione tecnologica di primaria importanza, che avrà un impatto profondo e pervasivo in diversi settori dell’attività economica e sulla società nel suo complesso. Da questo punto di vista, le biotecnologie si configurano senz’altro come un nuovo grande paradigma tecnologico e come una tecnologia “General Purpose”, cioè trasversale e potenzialmente in grado di influenzare profondamente un amplissimo spettro di settori e attività economiche con lo sviluppo di nuovi prodotti e processi. Lo sviluppo di queste conoscenze ha già iniziato ad avere un notevole impatto sulla crescita scientifica e tecnologica di molti settori industriali: farmaceutica, agricoltura ed il settore alimentare. Inoltre, esse stanno fornendo importanti innovazioni nel campo delle tecnologie per il controllo dell’ambiente, nella chimica ed in moltissime altre attività industriali. Il settore biotecnologico – o meglio, la ricerca nell’ambito delle life sciences per la salute umana - procede a

47    

ritmi rapidissimi su uno spettro amplissimo di campi e potenziali applicazioni. Nuove tecniche, potenziali nuovi prodotti e soprattutto nuovi fondamentali scoperte scientifiche vengono prodotti quasi quotidianamente. Previsioni sulle direzioni future delle traiettorie di scoperta e innovazione sono probabilmente inutili e fuorvianti, data l’ampiezza, complessità e incertezza che caratterizzano lo spazio della ricerca. L'industria delle biotecnologie si è sviluppata inizialmente e principalmente negli Stati Uniti, soprattutto mediante la proliferazione di nuove imprese specializzate che nascono dalla collaborazione tra scienziati e manager professionisti sulla base di finanziamenti da parte del venture capital o di fondi di private equity. Nella maggior parte dei casi, queste nuove imprese entrano nel settore dei farmaci terapeutici e diagnostici e, in misura minore, nel settore agro-alimentare. Nel caso della farmaceutica, inizialmente le biotecnologie sulla base delle nuove scoperte del DNA ricombinante e degli anticorpi monoclonali, vennero percepite ed utilizzate come un metodo per produrre proteine ad alto peso molecolare - le cui qualità terapeutiche erano ben note ma che erano molto difficili e costose da produrre su larga scala con le tecnologie di processo tradizionali (fermentazioni) - in quantità sufficientemente grandi da permettere il loro sviluppo ed utilizzo come agenti terapeutici. E’ questo il caso, ad esempio dell’ormone della crescita e della insulina umana. Tuttavia, lo sviluppo delle biotecnologie seguì anche una seconda traiettoria. Questa utilizza gli avanzamenti scientifici in genetica e, più in generale, in biologia molecolare, come uno strumento per aumentare, attraverso una comprensione scientifica molto più approfondita dei meccanismi che a livello molecolare inducono o possono bloccare o invertire l’insorgere delle patologie, la produttività del processo di scoperta di farmaci “tradizionali” basati su piccole molecole. Ciò potrebbe consentire una ricerca più mirata ed il passaggio da procedure essenzialmente casuali (il cosiddetto random screening) a un processo razionale (rational drug design). Questa traiettoria ha avuto un ulteriore impulso dallo sviluppo negli anni Novanta delle cosiddette “platform technologies”, (cioè tecniche come Polymerase Chain Reaction (PCR), high throughput screening, chimica combinatoriale, altri strumenti di bioinformatica, ecc.), che consentono di effettuare lo screening di migliaia di potenziali target farmacologici contro altrettante entità chimiche). La cosiddetta “industrializzazione della R&D” ha dato luogo a strategia di ricerca basate sull’ipotesi che l’ormai enorme ammontare di dati biologici disponibili (o potenzialmente raggiungibili) potesse essere la base per identificare con precisione le cause delle malattie, la qualità e la quantità dei farmaci candidati. Negli ultimi anni, comunque, una nuova ondata di avanzamenti scientifici e tecnologici ha aperto ancora nuove traiettorie e opportunità. In primo luogo, i progressi nella capacità di isolare, manipolare, amplificare e caratterizzare le sequenze di geni hanno consentito di mappare i genomi di moltissime specie animali e di piante. La mappatura del genoma apre la possibilità in linea di principio di comprendere le funzioni di un gene – o più precisamente di gruppi di geni – cioè quali proteine vengono codificate, quali funzioni biologiche sono svolte dalla proteina, ecc. Si sono così sviluppate aree di ricerca e di potenziale applicazione industriale come:

- la genomica strutturale, cioè la comparazione della struttura delle sequenze di DNA di individui diversi e determinazione della struttura tridimensionale delle proteine di un dato organismo, tramite metodi sperimentali come la cristallografia a raggi X, la spettroscopia NMR o approcci computazionali;

- la genomica funzionale, diretta a scoprire le “funzioni” dei geni; - la proteomica, che si occupa dell'insieme di tutte le proteine di un organismo, con l'obbiettivo di

determinarne la sequenza, la funzione, la struttura tridimensionale e le interazioni. - La trascrittomica si occupa dell'espressione dei geni negli RNA messaggeri di un intero organismo o

di un particolare organo, tessuto o cellula in un particolare punto dello sviluppo dell'organismo o sotto particolari condizioni ambientali, facendo principalmente uso dei microarrays.

48    

- La metabolomica è una branca della biochimica che si occupa del metabolismo, individuando ad esempio la quantità di diversi metaboliti con raffinate tecniche biochimiche quali la gascromatografia, nonché l'attività degli enzimi.

Uno sviluppo ancora più recente riguarda la biologia sistemica, che studia le interazioni tra le molecole di un intero organismo, considerandolo nella sua totalità, a differenza della tradizionale biologia molecolare che parte dallo studio di singole interazioni. In questo senso, l’ipotesi iniziale sottostante la prima generazione di imprese “genomiche”, cioè che l’identificazione di un gene potesse portare direttamente allo sviluppo di nuovi farmaci a basso peso molecolare (il modello “dal gene al farmaco”) viene gradualmente contestata e parzialmente rimpiazzata (o complimentata) dalla consapevolezza che il successo scientifico, tecnologico e commerciale non sia basato solo sulla identificazione di target ma richieda una comprensione molto più approfondita delle complesse interazioni tra diversi componenti biologici (geni, proteine, cellule, interi organismi). Questa scienza utilizza i dati e unisce idealmente la genomica funzionale, la proteomica, la metabolomica e la trascrittomica., spostando l’attenzione dal livello del singolo gene o proteina a quello del sistema biologico nel suo complesso.  Le nano-biotecnologie rappresentano una ulteriore nuova frontiera. Esse hanno ricoperto, negli ultimi anni, un ruolo sempre più importante in campo medico e biologico, consentendo di realizzare la sintesi di nanoparticelle, di studiarne le proprietà chimico-fisiche e di coniugare tali particelle a molecole vettore farmacologicamente attive in modo da dirigerne l’azione verso organi target specifici. Esse trovano un vasto campo di applicazione nello studio dell’espressione genica (in particolare i microarray a DNA, noti anche come DNA chip o chip genici, che consentono di analizzare contemporaneamente l’attività di decine di migliaia di geni) e più in generale nella diagnosi e terapia di un gran numero di patologie, nella realizzazione di mezzi per il rilascio controllato di farmaci e nel campo dei biomateriali applicati alla medicina rigenerativa. In sintesi, le biotecnologie hanno permesso e promettono permettono innovazioni in almeno due direzioni principali:

a) nuovi metodi e strumenti di ricerca per identificare le basi molecolari delle malattie, meccanismi di azione, nuovi target e farmaci potenziali;

b) nuovi composti (rDNA, anticorpi monoclonali, cellule staminali) e modalità di trattamento (vaccini specifici al paziente, ingegneria dei tessuti, medicina personalizzata), ecc.

E’ importante considerare in ogni caso che, mentre ogni ondata di nuove tecnologie ha aperto nuove aree di esplorazione, opportunità di innovazione e modelli di business, i nuovi approcci non hanno reso obsoleti quelli precedenti. Oggi, la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti, in particolare farmaci e terapie – richiede l’integrazione di discipline e tecniche diverse come biologia molecolare, biologia cellulare, genetica, bioinformatica, chimica computazionale, chimica delle proteine, chimica combinatoriale, ingegneria genetica, high throughput screening, ecc. Occorre infine sottolineare che un ruolo crescente e fondamentale è svolto dalla bioinformatica per l'elaborazione e la visualizzazione di dati, nonché per la modellizzazione. In generale, è possibile prevedere sviluppi significativi nei seguenti campi: - utilizzo contemporaneo di diversi test biologici su un unico campione: ciò rende possibile una identificazione analitica rapida da quantità di materiale molto ridotta a scopi diagnostici; - Medicina personalizzata, basata su grandi database di informazioni sul paziente e sugli stati patologici insieme alla capacità di sequenziazione dei geni rapida e in parallelo - Capacità di progettare e testare nuovi farmaci in silico (tramite simulazioni al computer e nuove capacità di testare potenziali effetti collaterali su modelli di sistema assemblati su chips (lab-on-chips)

49    

- Somministrazione di farmaci finalizzata a organi o tumori utilizzando il riconoscimento molecolare. Infine, occorre ricordare il ruolo sempre più importante attribuito alla medicina traslazionale, cioè la capacità di trasferire in modo rapido nuove conoscenze dalla scienza di base a quella biomedica, in modo da generare applicazioni diagnostiche e terapeutiche avanzate, offrendo nel contempo nuovi strumenti d'indagine (from bench to bed and back). La medicina traslazionale non si limita a produrre i risultati della ricerca e dello studio di nuove molecole, nuovi sviluppi clinici e nuovi approcci terapeutici, ma si allarga allo studio delle metodologie e degli interventi che consentono di selezionare le nuove proposte e renderle utilizzabili non solo dal ricercatore clinico, ma da tutti i medici, sia in ospedale sia sul territorio. Da questo punto di vista la medicina traslazionale rappresenta uno sviluppo fondamentale per accorciare drasticamente i tempi dello sviluppo clinico di un farmaci e i tassi di attrito, che costituiscono attualmente una delle cause più importanti della esplosione dei costi e del calo della produttività della ricerca farmaceutica 1.1.3 Il modello di business L’industria biotecnologica è composta da imprese specializzate nella ricerca. Le competenze specifiche di queste imprese risiedono nella conoscenza delle nuove tecniche e nelle loro capacità di ricerca in queste aree. Il loro obiettivo consiste principalmente nell’applicazione commerciale delle scoperte scientifiche. La nascita e la successiva crescita di queste imprese dipende dall’accesso ai finanziamenti del venture capital, e successivamente dall’esistenza di un mercato dei capitali vasto, flessibile ed efficiente, pronto a valutare ed eventualmente sottoscrivere le offerte di acquisto di azioni. Inoltre, l’esistenza stessa delle DBF richiede un regime di proprietà intellettuale favorevole alla concessione di brevetti chiari ed ampi sulle proprie invenzioni, quasi sempre originate in laboratori accademici o comunque di istituzioni pubbliche e spesso difficilmente distinguibili da tecniche di ricerca di base. Pochissime di queste imprese sono riuscite ad affermarsi come grandi aziende farmaceutiche integrate. D’altra parte, questa strategia incontra forti ostacoli. Infatti, le imprese biotecnologiche fronteggiano barriere all'entrata insormontabili, in particolare per quanto riguarda i costi ed i tempi legati ai processi di approvazione dei nuovi prodotti da parte delle autorità sanitarie nazionali; la formazione di strutture di marketing adeguate; lo sviluppo di tecniche di produzione su larga scala. Viceversa, la strategia di queste imprese consiste essenzialmente nello specializzarsi in particolari segmenti tecnologici e di mercato. La maggior parte si concentra sulle prime fasi dello sviluppo di nuovi farmaci (per semplicità, fino alla Fase I e alla Fase II), stringendo accordi collaborazione o concedendo in licenza o vendendo i diritti dei propri prodotti alle imprese più grandi. Molte imprese biotecnologiche, inoltre, si sono focalizzate sul mercato delle orphan drugs, dove i tempi di sviluppo clinico e di approvazione sono molto rapidi. Altre sono attive nel settore diagnostico. Infine, soprattutto a partire dagli anni Novanta, le imprese si pongono come fornitori specializzati nello sviluppo e nella fornitura di servizi legati alle “platform technologies”, ovvero segmenti tecnologici e di mercato con profili di rischio molto minori e strutture organizzative meno complesse. Da questo punto di vista, il settore biotecnologico si struttura quindi come fornitore specializzato di tecniche, servizi e nuovi prodotti da sviluppare per le grandi imprese farmaceutiche. Queste ultime, come già menzionato, affidano infatti in misura crescente alle imprese biotecnologiche la scoperta e le prime fasi di sviluppo dei nuovi farmaci: si stima infatti che circa un terzo dei nuovi farmaci in via di sperimentazione abbia origine nel segmento biotech. E’ importante sottolineare anche che tipicamente l’industria biotecnologica si è sviluppata entro cluster

50    

geograficamente definiti: negli Usa, la Bay Area e San Diego in California; Cambridge nel Regno Unito; Heidelberg in Germania; l’area di Parigi in Francia, ecc. La concentrazione geografica deriva principalmente dal ruolo svolto da grandi istituzioni di ricerca, che successivamente hanno attratto capitali, nuove imprese, capitale umano, ecc. Sulla base dell’esempio americano, si è assistito in quasi tutto il mondo a innumerevoli tentativi a livello nazionale, regionale e locale di replicare i cluster statunitensi. Il risultato di queste iniziative è però molto diversificato , ma nel complesso non particolarmente convincente. Probabilmente solo il cluster britannico può vantare una esperienza significativa di successo paragonabile ai modelli americani, anche se in questo caso il ruolo assunto dalle grandissime imprese farmaceutiche è stato fondamentale. Nella maggioranza degli altri casi, si osservano diversi risultati interessanti e positivi, ma episodici e sempre su scala piuttosto ridotta. Nonostante lo straordinario ritmo del progresso scientifico ed il dinamismo del settore (soprattutto negli USA), l’impatto delle biotecnologie a livello industriale è ancora limitato, soprattutto in relazione alle aspettative suscitate. Come si è visto, la produttività della R&S farmaceutica è addirittura diminuita nel corso degli ultimi 20 anni. Anche nel segmento biotech, i tassi di attrito sono cresciuti, non diminuiti negli ultimi anni. In sostanza, le promesse delle biotecnologie non si sono ancora pienamente manifestate. Non solo i nuovi prodotti sono ancora relativamente pochi, ma anche le procedure della ricerca farmaceutica rimangono fortemente casuali ed incerte. Allo stesso modo, la performance economica e finanziaria delle imprese biotecnologiche non appare esaltante. Per molti anni sul piano commerciale il settore biotecnologico non ha realizzato profitti ma spesso ha subito perdite. Ancora oggi solo pochissime imprese hanno risultati economici positivi. Negli Stati Uniti, nel 2004, solo 15 imprese generavano più del 50% del flusso di cassa positivo del settore nel suo complesso, e due imprese – Amgen e Genentech – ne erano la fonte per oltre il 50%. Occorre considerare però che il fatturato non è necessariamente l’indicatore più appropriato per valutare la rilevanza economica del settore biotecnologico. Nella grandissima maggioranza dei casi, le imprese biotech hanno vendite nulle e sopravvivono e crescono grazie ad accordi con le grandi imprese, con l’eccezione delle aziende operanti nelle platform technologie, nella genomica e nella bioinformatica, dove i tempi e i costi della ricerca sono drasticamente inferiori e dove i risultati sono venduti sul mercato alle grandi imprese essenzialmente come servizi. Ne deriva anche che il modello di business di questa categoria di imprese è radicalmente diverso da quello delle aziende biotech operanti strettamente nel campo terapeutico, implicando dimensioni e profili di rischio molto inferiori. In generale, però, le imprese biotech estraggono valore piuttosto dalla loro valutazione sui mercati finanziari, attraverso IPO, vendita di quote azionarie o acquisizioni da parte di altre imprese. Anche in questo caso, tuttavia, la performance delle imprese biotecnologiche non appare essere particolarmente buona, considerando l’elevato profilo di rischio e la forte volatilità. In base a queste osservazioni, un numero crescente di analisti e studiosi del settore avanza dubbi che il modello di business cha tradizionalmente caratterizzato il settore costituisca una soluzione efficiente, sia dal punto di vista della capacità innovativa che dal punto di vista economico e finanziario. Secondo queste analisi, il modello tipico della impresa biotecnologica soffre di alcuni limiti fondamentali. In primo luogo, queste imprese sono impegnate fondamentalmente in ricerca scientifica, prima che di sviluppo tecnologico. A differenze delle start-up e degli spin-off nelle ICT, l’attività di ricerca implica risolvere problemi scientifici di base, piuttosto che sviluppare tecniche e prodotti lungo traiettorie complesse ma comunque basate su una solida comprensione scientifica dei problemi. Non solo, la crescita della conoscenza scientifica ha implicato una esplosione delle traiettorie potenzialmente perseguibili. Permangono quindi una grande distanza e numerosi colli di bottiglia tra l’enorme crescita della informazione sperimentale disponibile e la capacità di produrre effettivamente nuove farmaci.

51    

Ne consegue che, in primo luogo, necessariamente la ricerca biotecnologia è estremamente incerta ed implica orizzonti temporali di lungo periodo. Ciò implica, tra l’altro l’esigenza di strutture organizzative e finanziarie in grado di sostenere impegni di ricerca così lunghi e incerti. Il ricorso al venture capital e al mercato azionario risolve il problema solo in parte ed in modo molto imperfetto. I tempi e le strategie di investimento del venture capital e dei fondi di private equity raramente coincidono con le esigenze della ricerca. Inoltre, la valutazione dei progetti avviene su basi informative molto deboli e implica forti asimmetrie informative. Le imprese biotech non possono essere valutate sulla base dei ricavi e dei profitti, ma solo sulle aspettative inevitabilmente fragili e in larga misura arbitrarie sul successo dei progetti di ricerca. Studi recenti confermano che le imprese biotecnologiche che mostrano le migliori performance hanno avuto accesso a capitali pazienti con orizzonti temporali sufficientemente lunghi. Una seconda debolezza del modello di business biotecnologico è che le imprese sono molto spesso eccessivamente specializzate, sia per quanto riguarda l’ambito di applicazione e le tecniche controllate che per quanto concerne il grado di integrazione verticale. La complessità della base conoscitiva richiederebbe infatti l’integrazione di un amplissimo spettro di competenze e tecniche differenziate e specializzate. Le conoscenze e l’esperienza acquisibili mediante la sperimentazione e la produzione sono molto importanti per consentire processi di innovazione efficienti. Inoltre, la piccola dimensione delle imprese rende molto più difficile sfruttare le economie di scala e di scopo insite in questi processi di ricerca. In terzo luogo, questa struttura delle imprese biotecnologiche rende molto più difficile cumulare le conoscenze acquisite nel tempo ed estenderle a diversi ambiti di applicazione. Le imprese restano quindi troppo piccole ed i gruppi di ricerca si dissolvono e si riformano su nuovi progetti e in diverse organizzazioni. La comunicazione e l’accesso alle esperienze di altri gruppi resta limitata. In quarto luogo, infine, la struttura ed il modo di operare delle imprese biotecnologiche dipendono direttamente da un regime di proprietà intellettuale molto “duro”, teso a favorire la monetizzazione dei risultati della ricerca, anche e soprattutto quando brevetti vengono concessi su invenzioni e tecniche di base ed ancora embrionali. Critiche sempre più forti vengono avanzate contro questo sistema che rischia di ostacolare l’accesso alla conoscenza e di rallentare lo sviluppo scientifico e tecnologico futuro. Inoltre, si diffondono in modo preoccupante comportamenti strategici nell’uso dei brevetti (tesi cioè solo ad ostacolare l’attività innovativa dei potenziali concorrenti) ed i costi di litigation hanno raggiunto ormai livelli stratosferici. Lo sviluppo contraddittorio delle biotecnologie non dovrebbe essere del tutto sorprendente. In primo luogo, i tempi insiti nella ricerca farmaceutica sono molto lunghi. Soprattutto, e’ noto che i grandi paradigmi tecnologici si affermano in orizzonti temporali misurati in decenni e che la loro maturazione richiede la contestuale modificazione di modelli organizzativi, regolamentazione, infrastrutture, ecc. In questa prospettiva, l’industria biotecnologica si trova ancora in una fase costituente, alla ricerca di forme e strutture più efficienti. 1.2 I paesi e le industrie leader nel settore In assenza di definizioni precise e condivise del settore biotecnologico, i dati disponibili variano significativamente a secondo le fonti, sono difficilmente comparabili e non particolarmente affidabili. Il fatturato mondiale dei prodotti biofarmaceutici ammontava nel 2006 a oltre € 58.5 miliardi, dei quali 44.5 realizzati negli USA e 9.1 in Europa, con una occupazione di quasi 200.00 addetti ( 146.000 negli USA e circa 32.500 in Europa). Le spese di R&D raggiungevano oltre € 22 miliardi (18.2 negli USA e 2.9 in

52    

Europa). Nello stesso anno, si stimava che nel mondo operassero oltre 4000 imprese, di cui circa 700 public companies (imprese relativamente grandi, quotate in Borsa e a azionariato diffuso). Nel 2009, il fatturato delle sole public companies ammontava a circa $73 miliardi, con una crescita del 18% rispetto al 2004. Le spese di R&D delle public companies hanno raggiunto quasi $29 miliardi nel 2008, ma sono calate negli anni successive con la crisi finanziaria. Lo sviluppo del cosiddetto settore biotecnologico è avvenuto soprattutto negli Stati Uniti, che nel 2009 avevano circa 1700 imprese, 109.000 addetti, spese di R&D pari a circa $17 miliardi ed una capitalizzazione di mercato di $270 miliardi. La performance scientifica e tecnologica USA resta di gran lunga la migliore al mondo, con ad esempio circa il 50% delle domande di brevetto all’USPTO. Solo negli ultimi anni si osserva un interessante dinamismo nei paesi europei, che però non appare ancora essere paragonabile all’esperienza americana e non sufficiente a ridurre il gap tecnologico e imprenditoriale con gli Stati Uniti. In Europa, nel 2009 si stima operassero poco meno di 1800 imprese, prevalentemente nel Regno Unito, Germania e Francia con circa 49.000 addetti e spese di R&D pari poco più di €3 miliardi. Danimarca, Svizzera e Paesi Bassi emergono via via in maniera crescente come innovatori significativi e sedi di vivaci attività industriali, soprattutto tenendo conto della loro piccola dimensione assoluta. In ogni caso, con poche eccezioni le imprese europee sono numerose, ma molto più piccole (circa un quarto sia in termini addetti che di fatturato) e meno innovative (nel loro complesso di quelle americane. Anche il ricorso al venture capital ed in genere al capitale di rischio assume valori incomparabili rispetto al Nordamerica. La persistente leadership americana è risultato della storia e della struttura istituzionale degli USA, in particolare per quanto riguarda la struttura dei sistemi di ricerca, la struttura dei sistemi finanziari, e in parte i regimi di protezione dei diritti di proprietà intellettuale e di regolamentazione della ricerca. Queste caratteristiche però spiegano soprattutto la forma di organizzazione specifica assunta dall’industria, piuttosto che la performance assoluta. Come si è menzionato in precedenza, è discutibile che il modello americano sia in assoluto efficiente. In Europa, si è tentato, anche con molteplici interventi pubblici di sostegno, di replicare il modello USA con risultati non particolarmente soddisfacenti. E’ importante invece sottolineare che il vantaggio americano è in larga misura influenzato dall’enorme volume di finanziamenti pubblici alla ricerca biomedica, in particolare per quanto riguarda la ricerca di base, cumulato nel tempo. Ciò ha posto le premesse per sviluppare una ricerca di altissima qualità su vasta scala, cioè la condizione necessaria (anche se non sufficiente) per poter effettuare con successo esperimenti imprenditoriali incerti. E’ disponibile una solidissima evidenza empirica che mostra come la performance dell’industria biotecnologica sia legata in primo luogo alla qualità e alla quantità della ricerca (di base) da un lato ed alle capacità manageriali ed organizzative dall’altro. Le caratteristiche delle strutture e delle metodologie di trasferimento tecnologico, la disponibilità di venture capital e la propensione alla imprenditorialità dei ricercatori risultano essere meno importanti e comunque sono anch’esse endogenamente influenzate dalle variabili “strutturali”. 1.3 Il ruolo dell’Italia La situazione italiana appare contraddittoria. I dati disponibili indicano uno sviluppo molto limitato del settore delle biotecnologie, qualsiasi sia l’indicatore considerato. Tuttavia, emergono segnali positivi, soprattutto per quando riguarda i tassi di entrata di nuove imprese negli ultimi anni. In Italia l’industria biotecnologica è in crescita, ed a fine 2009 risultavano operare 319 imprese impegnate nella R&S, di cui 187 cosiddette “pure biotech”. Le imprese sono nate per lo più tra la

53    

fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, soprattutto come start-up e spin-off accademici. Le aziende biotech sono in effetti microimprese o di piccole dimensioni. Il fatturato dei prodotti biotecnologici nel 2008 è stato pari a 6,8 miliardi di euro, generato però per circa il 90% dalle imprese di maggiori dimensioni non specializzate nelle biotecnologie. L’occcupazione si aggira sulle 50.000 unità, di cui però solo il 9% nelle imprese specializzate. Le spese di R&S ammontavano a 348 mln, cioè largamente inferiori a UK (1397), Francia (551) ed anche Svezia (522). Nel 2010 il ‘Rapporto sulla Biotecnologie in Italia (Ernst & Young 2010, Assobiotec e Farmindustria) conta 233 prodotti in sviluppo, di cui 89 in fase preclinica e 144 in clinica. Considerando anche la presenza di ulteriori 69 progetti in fase early-stage (o“discovery”), il totale sale a 302 progetti e prodotti. L’industria biotecnologica italiana è fortemente concentrata sul piano geografico, in relazione alla presenza territoriale di una solida e ampia base di ricerca, di imprese farmaceutiche italiane e filiali di multinazionali straniere, partner scientifici (centri di ricerca e clinici), finanziari e professionali (studi legali, brevettuali, di trasferimento tecnologico e società di consulenza), oltre che parchi scientifici, dove sono localizzate il 24% delle imprese. Le imprese si concentrano in Lombardia (36%), Piemonte (12%), Toscana (9%), Veneto (8%), Sardegna (7%) e Lazio (6%). Il ritardo italiano è dovuto ad un insieme di fattori, in buona parte ben noti. In primo luogo, va sottolineato che il sistema della ricerca è piccolo e non particolarmente efficiente, nonostante l’esistenza di diverse realtà di rilievo a livello internazionale. Analisi sui dati bibliometrici ISI individuavano una preoccupante debolezza della ricerca italiana nelle aree più direttamente riconducibili alle biotecnologie negli anni Ottanta e Novanta, ma anche un notevole recupero nella seconda metà degli anni Novanta. Il rapporto del Milken Institute (DeVol and Bedroussian, 2006) individuava solo un’Università italiana (Roma) tra le prime 100 nel mondo nelle biotecnologie e solo 3 (Napoli Federico II e Milano) tra le prime 150, anche se alcune di queste mostrano una qualità di pubblicazioni (misurata in termini di impatto) di notevole livello (Pavia, Consorzio Mario Negri Sud, SISSA Trieste,..). Un’ulteriore caratteristica distintiva del caso italiano è il ruolo molto modesto svolto dal venture capital nel finanziare e sostenere le nuove imprese e l’assenza di mercato per le nuove imprese biotecnologiche. Se certamente esistono sostanziali problemi di natura finanziaria e fiscale allo sviluppo di questo mercato dal lato degli operatori finanziari, molto probabilmente questa situazione riflette anche sostanziali debolezze dal punto di vista dell’offerta di iniziative imprenditoriali valide e promettenti su una scala minima, al di là di episodiche occasioni. Il ruolo del venture capital come fonte di finanziamento per le nuove piccole imprese Ë stato parzialmente sostituito da altre fonti, principalmente le fondazioni bancarie e i programmi pubblici a livello comunitario, nazionale e regionale. Un calcolo del contributo della spesa pubblica alla ricerca scientifica ed industriale è molto difficile. La Fondazione COTEC stimava nell’anno 2004 la spesa pubblica - che include, secondo questo calcolo, le spese del CNR (31,2 milioni di euro), i finanziamenti MIUR (11,7 milioni di euro, considerando anche il co-finanziamento degli atenei), Ministero della Salute (4,1 milioni) e finanziamenti comunitari (circa 40 milioni di euro all’anno) - ammontasse a circa 370 milioni di euro, pari al 12,8% della spesa complessiva domestica e al 23,7%, considerando anche i finanziamenti europei. Il settore no-profit avrebbe stanziato finanziamenti (settore salute nel suo insieme) per circa 84 milioni di euro. A questi fondi possono essere poi aggiunti i contributi regionali e locali, per le quali era possibile identificare un contributo regionale specifico,

54    

approssimabili a circa 13 milioni di euro. In effetti, diverse regioni italiane hanno iniziato negli ultimi anni a sviluppare programmi ed iniziative di sostegno alla ricerca biotecnologica ed al suo sfruttamento industriale, in particolare Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Toscana, Basilicata, Puglia e Sardegna. Le iniziative si articolano secondo diverse direzioni: sostegno ai parchi scientifici e tecnologici, agli incubatori e alle agenzie regionali per lo sviluppo (che in alcuni casi svolgono anche attività di ricerca); supporto alla collaborazione tra Università, centri di ricerca ed imprese; formazione. In alcuni casi, gli interventi regionali prevedono il sostegno alle nuove imprese, anche con finanziamenti alle start-up e costituzione di fondi di venture capital (Piemonte e Lombardia). I programmi europei e le iniziative regionali e locali hanno sviluppato nel corso degli ultimi 10 anni diversi tentative di far emergere cluster biotecnologici. In Lombardia, sono localizzati a Milano il Biopolo e il Parco biomedico-scientifico San Raffaele. Dalla collaborazione tra il Biopolo e l’Università degli Studi Milano-Bicocca è nato un Centro di Eccellenza sulle biotecnologie industriali, che si impegna a fornire alle imprese innovative adeguati contributi in ricerca. La Regione Piemonte ha stanziato fondi per la realizzazione del Bioindustry Park Canavese. Il Cluster in Biomedicina (CBM) è una società mista pubblico-privata con sede a Trieste impegnato non solo nella ricerca precompetitiva ma anche nei processi di sviluppo preclinico e clinico. In Italia si sono formati anche 3 Distretti Tecnologici: Biotecnologie in Lombardia, Biomedicina Molecolare in Friuli-Venzia Giulia, Biomedicina e Teconologie per la Salute in Sardegna.

1.4 Il panorama nelle regioni Convergenza

La situazione nelle Regioni Convergenza appare a prima vista sconfortante. Solo 6 imprese biotech operano in Campania e in Puglia, 5 in Sicilia, nessuna in Calabria. Anche l’attività brevettuale è limitata. Nel periodo 1997-2205, risultavano 45 brevetti attribuiti a soggetti residenti in Campania, 26 in Sicilia, 24 in Puglia e 11 in Calabria. L’attività brevettuale è comunque molto dispersa: i principali innovatori risultano essere: Tecnogen (Campania, 5 brevetti), Fidia e Ligi (Puglia, 4 brevetti), SIFI (Sicilia, 3 brevetti) e le Università di Napoli Federico II, Bari e Ctania (3 brevetti). Oltre ai titolari dei brevetti, i dati sul numero di inventori forniscono informazioni utili. In particolare, risultano 195 inventori in Campania, 121 in Sicilia, 58 in Puglia e 20 in Calabria. In Campania, brevettano numerosi ricercatori afferenti al TIGEM (Telethon Institute for Genetics and Medicine), all’Università Federico II (Dipartimento di Chimica e Ceinge) e all’Università di Salerno (Facoltà di Farmacia); in Puglia, ricercatori di diversi dipartimenti delle Università di Bari e Lecce; in Sicilia, le Università di Palermo (Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Anatomiche), di Messina (Dipartimento Farmaco Biologico) e di Catania (Dipartimento di Farmacologia Sperimentale).

Tuttavia, esistono in alcune regioni potenzialità di ricerca ed esperienze di politica industriale regionale per lo sviluppo delle biotecnologie.

Una mappatura della presenza di potenzialità nel Mezzogiorno - sia in termini di capacità di ricerca che di realtà industriali effettuata nel 2008 – identificava scarse aggregazioni di competenze in Calabria, localizzate essenzialmente nella Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Magna Grecia nell’Università della Calabria.

55    

La Campania presenta invece diverse realtà e potenzialità di sviluppo, per quanto riguarda la ricerca e, in misura al momento attuale inferiore, le attività industriali. Questa Regione è in effetti una delle aree più avanzate in Italia nelle biotecnologie, per quanto riguarda la ricerca, con punte eccellenti a livello internazionale. Competenze significative si trovano nelle Università di Napoli (Federico II in particolare) e Salerno. Ricerca di elevato livello viene svolta anche negli Istituti del CNR di Biochimica delle proteine e di Genetica e Biofisica e all’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (TIGEM). Il Ceinge (società consortile emanata dalla Università di Napoli Federico II, con la partecipazione della Provincia di Napoli, la Camera di Commercio e la Regione Campania) svolge ricerca e prestazione di servizi. Sono presenti anche alcune imprese non irrilevanti come Tecnogen, Phisiopharma, Hardis e Xepatagen. Inoltre, in Campania operano diverse iniziative pubbliche e pubblico-private come i Centri di Competenze BioTekNet e in Diagnostica e Farmaceutica Molecolari (CRdC DFM).

Anche in Puglia, si trovano nuclei di competenze di ricerca non trascurabili nelle università, negli istituti del CNR e in alcuni IRRCS. Inoltre, in Puglia è localizzato il National Nanotechnology Laboratory (NNL) dell’Istituto Nazionale di Fisica della Materia, assolutamente all’avanguardia nelle nanotecnologie. La realtà industriale è molto più limitata. Si possono individuare circa una decina di aziende più direttamente impegnate nelle biotecnologie. Due di esse, Aventis Sanofi e Serono Italia, sono filiali e siti produttivi di grandi imprese multinazionali francesi e tedesche, anche se non svolgono attività di R&S. Altre, come Agritest, sono impegnate nel settore agro-alimentare, oppure non hanno competenze specifiche nelle sub-aree tecnologiche identificate (Lachifarma, Pierre Chimica, Polymekon). Sono operativi anche tre consorzi, CARSO, Apulia Biotech e ISBEM. La Regione Puglia ha predisposto inoltre una serie di iniziative nel settore delle biotecnologie fin dall’anno 2001, in particolare con la creazione di un network informatico regionale, definito come Osservatorio Regionale sulle Biotecnologie, l’elaborazione di un Piano Strategico Regionale per lo sviluppo e le applicazioni delle biotecnologie, la preparazione di studi di fattibilità per la realizzazione delle strutture nodali del network rappresentate dal Polo Biotecnologico Pugliese e da tre Biopoli periferici.

In Sicilia, dispongono di competenze avanzate alcuni dipartimenti universitari a Messina, Catania e Palermo e l’ ISMETT, Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione.

Operano nelle regione anche alcune imprese come Bionat srl (Palermo); Etna Biotec s.r.l. (Catania), una start up dell’Università di Catania; Etnavax, a sua volta uno spinoff di Etna Biotech; IOM Ricerca srl, uno spin-Off dell'Istituto Oncologico del Mediterraneo (IOM SpA). Sono presenti anche attività di produzione di grandi imprese come Wyeth Lederle. Inoltre, a Catania è localizzata ST Microlelectronics, attiva nella ricerca soprattutto per quanto riguarda le nanotecnologie per la diagnostica biomedicale, drug delivery e medicina molecolare e bioinformatica.

56    

 

Analisi  settoriale:    

Area  Mobilità  e  Logistica    

 

 

 

 

Alberto  De  Marco    

Politecnico  di  Torino  

57    

 

Analisi  prospettica  del  settore  Il   settore  dei   trasporti,   logistica  e  mobilità   sostenibile   è   caratterizzato  da  diversi   segmenti   produttivi   con  proprie   e   differenti   dinamiche   economiche   e   competitive.   La   classificazione   può   agevolmente   fare  

riferimento   alla   segmentazione   per   mercato   automotive,   ferroviario,   marittimo   e   aereo/aerospaziale  (oggetto  di  rapporto  specifico).  L’ambito  della  logistica  e  distribuzione  delle  merci  può  essere  considerato  in  maniera   separata   ponendosi   trasversalmente   ai   modi   di   trasporto   ed   essendo   connotato   da   differenti  

dinamiche  di  mercato  e  di  innovazione.  

A   sua   volta,   il   settore   automotive   può   essere   scomposto   in   due   aree   di   prodotto   e   relativo  mercato:   il  

sistema   powertrain   diretto   allo   sviluppo   e   produzione   di   sistemi   di   propulsione   e   il   sistema   veicolo  orientato   alla   progettazione   e   produzione   di   componentistica   e   sistemistica   per   i   vettori   di   trasporto  motociclistico  e  automobilistico.  

Stessa  classificazione  può  essere  applicata  al  settore  della  navigazione  marittima  aggiungendo   i  sistemi  di  controllo  e  sicurezza  della  navigazione.  

Analogamente  il  settore  ferroviario  si  scompone  negli  analoghi  sottosegmenti  produttivi  relativi  al  sistema  

powertrain   e   componentistica   del   vettore,   ma   occorre   in   questo   caso   considerare   anche   l’ambito   dei  sistemi  di  controllo  e  gestione  dell’infrastruttura  di  rete.  

In  generale  le  aree  di  innovazione  nei  settori  del  trasporto  coincidono  con  gli  obiettivi  di  sviluppare  sistemi  

di  trasporto  sostenibili,  affidabili,  sicuri  e  puliti  con  riferimento  al  powertrain,  componentistica  e  gestione  delle  reti  e  del  traffico.  

In   quest’ottica,   le   tecnologie   dell’informazione   e   delle   comunicazioni   (ICT)   costituiscono   l’elemento  

abilitante  degli  obiettivi  di  innovazione  con  lo  sviluppo  e  diffusione  degli  Intelligent  Transport  System  (ITS)  e  sistemi  di  infomobilità  per  la  gestione  delle  domanda  e  servizi  di  mobilità  di  persone  e  merci.  

Infine,   l’ambito  della   logistica  e  distribuzione  delle  merci  può  essere  considerato  come  segmento  a  parte,  

ponendosi  trasversalmente  ai  modi  di  trasporto  ed  essendo  connotato  da  differenti  dinamiche  di  filiera  e  di  relative   esigenze  di   innovazione  principalmente   associate   ai  modelli   di   business   e   agli   ITS   professionali   e  B2B.  

Le  tecnologie  con  le  migliori  prospettive  nei  prossimi  20  anni  In   sintesi,   le   tecnologie  emergenti   e   i   trend  di   innovazione   in   atto  posso  essere   classificati   nelle   tre   aree  tecnologiche  principali:   powertrain,   componentistica,   infrastruttura   con   ITS/ICT,   a   loro   volta   separando   il  dominio  di  applicazione  per  il  trasporto  ferroviario,  automotive,  marittimo  e  aereo/aerospaziale  (oggetto  di  

rapporto  specifico).  

Powertrain  

Per   le  tecnologie  powertrain  è  condivisa   la  visione  che   la  trazione   ibrida  abbia  promettenti  prospettive  di  ricerca   e   sviluppo.   In   particolare,   la   trazione   diesel-­‐elettrica   con   sistemi   di   commutazione   assistita   trova  direzioni  prospettiche  promettenti  nel  medio-­‐termine.  

Sul   fronte   dell’electromobility,   sebbene   in   quest’ultimo   ambito   gli   sforzi   di   innovazione   sui   sistemi   di  ricarica  veloce  e  a  basso  consumo  energetico  siano  più  avanzati  e   in  fase  di  consolidamento  di  tecnologia  

58    

per  il  mercato,  sono  da  segnalare  i  sistemi  di  ricarica  wireless  e  i  sistemi  di  controllo  infrastrutturale  della  

rete  di  distribuzione.  

Da   segnalare   le   tecnologie   powertrain   che   abilitino   le   fuel   cells   a   idrogeno   e   le   relative   ricerche   per   la  scalabilità  industriale  di  soluzioni  pioneristiche  o  prototipali.  

Componentistica  

Nel   settore   ferroviario   si   segnalano:   sistemi   avanzati   di   gestione   heating&cooling   a   basso   impatto  energetico   su   carrozze   ferroviarie;   sviluppo   di   tecnologie   e   processi   di   manutenzione   a   basso   impatto  

energetico   della   componentistica;   sviluppo   di   materiali   compositi   e   nano-­‐compositi   per   fabbricazione   di  componenti  dei  vettori.  

In  questo  ambito,  gli   sforzi  R&D  per   la  modellistica  simulativa  avanzata,   le   tecnologie  della  progettazione  

assistita  CAD/CAM  e  i  metodi  innovativi  di  produzione  trovano  ancora  margine  di  sviluppo  futuro,  sebbene  si  inquadrino  in  un  contesto  di  investimenti  industriali  di  grandi  multinazionali  presenti  su  questo  mercato  a  

livello  globale.  

Infrastruttura  e  ITS  

I  sistemi  IT  di  gestione,  monitoraggio  ambientale  integrato  e  controllo  dell’infrastruttura  insieme  all’ampia  

gamma  di  sistemi  e  applicazioni  per  ITS  costituiscono  l’area  con  le  migliori  prospettive  tecnologiche.  

Tra   i   sistemi   di   infrastruttura   ferroviaria   si   segnalano   i   sistemi   piattaforme   aperti   interoperabili   di  ottimizzazione  e  controllo  del  traffico,  segnalamento,  protezione  e  controllo  automatico  dei  treni,  capaci  di  

abilitare  molteplici  protocolli  e  standard  differenti.  Inoltre,  le  applicazioni  di  guida  assistita.  

Nell’ambito  degli  ITS,  con  applicazioni  principalmente  nel  settore  automotive,  ma  in  parte  anche  marittimo,  sembrano   emergere   tra   le   numerose   applicazioni   di   advanced   vehicle   control   i   sistemi   di   guida   assistita  

avanzata   che   utilizzano   le   comunicazioni   veicolo-­‐veicolo   con   floating   car   data   (dati   provenienti   dalla  tracciabilità   dei   veicoli   per   triangolazione),   i   sistemi   di   assistenza   al   guidatore   e   i   personal   intelligence  networks.  

Si   citano   inoltre   le   applicazioni   che  hanno   raggiunto  una  maturità   tecnologica  maggiore,  ma  necessitano  ancora   sforzi   incrementali   di   trasferimento   tecnologico   al   mercato   e   assistenza   al   deployment,   anche  sperimentale.  Tra  le  altre  si  segnalano:  Automotive  entertainment  technology,  Driver  assistance  systems  ,  

Electronic   toll/fare   collection,   Fleet   management   systems,   GPS&GIS   technology   applications,   Integrated  vehicle  control  and  management,   Intermodal  systems   integration,   In-­‐vehicle  navigation  systems,  Location  based  technology  and  services,  Mayday  support  systems,  Modeling  and  simulation  tools,  Obstacle  warning  

systems,  Parking  management  systems,  Personal  intelligence  networks,  Road  planning/marking,  Real-­‐time  information   technologies,   Signaling   and   control   devices,   Traffic   control   equipment,   Traveler   information  systems,  Tunnel  maintenance  and  management,  Variable  message  signs,  Vehicle  location  technologies.  

L’applicazione   industriale,  anche  B2B,  di  tali  sistemi  diventa  di  particolare   importanza  nel  sotto-­‐segmento  della  logistica  al  fine  di  garantire  lo  sviluppo  di  filiere  integrate  e  ridurre  le  distanze  informative  tra  gli  anelli  della   filiera  distributiva.   In  questo  ambito,   le  soluzioni  di  elettromobilità   integrata  con  sistemi  di  gestione  

intelligente  delle  flotte  trovano  futuri  spazi  di  ricerca  nel  contesto  della  distribuzione/mobilità  urbana  pulita  delle  merci  e  relativi  modelli  di  business.  

59    

I  paesi  e  le  industrie  leader  nel  settore  È  difficile   individuare  una   concentrazione  geografica  delle   eccellenze   tecnologiche  e  degli   investimenti   in  innovazione   nel   settore   della   mobilità   data   l’ampia   eterogeneità,   vastità   e   dimensione,   spesso   a   scala  

regionale,  dei  suoi  fattori  produttivi.    

Si  può  invece  pensare  di  indicare  nella  presenza  di  alcune  importanti  organizzazioni  multinazionali  operanti  nel   settore   l’aggregazione  delle   capacità  di   ricerca,   innovazione  e   trasferimento   tecnologico.   In   tal   senso  

operatori   come   Siemens   e   Alstom   con   il   loro   grande   partenariato   hanno   un   ruolo   centrale   nel   contesto  internazionale   del   settore   ferroviario,   così   come   i   grandi   colossi   di   origine   giapponese   (in   particolare  Mitsubishi   e   Hitachi).   Nell’automotive,   le   case   automobilistiche   aggregano   la   domanda   di   ricerca   e  

innovazione  nel  settore  powertrain  e  componentistica.  

Nell’ambito  dello  sviluppo  di  specifiche  competenze  di  ricerca  e  sviluppo  nei  trasporti   in  Europa  sono  nati  alcuni  consorzi,  centri  di  ricerca  e  reti  di  riferimento  (ad  esempio:  TNO).  

Negli   ITS,   in   generale,   gli   investimenti   di   innovazione   sono   indirizzati   allo   sviluppo   di   soluzioni   per   la  sostenibilità,  la  sicurezza  e  gestione  del  traffico.  In  quest’ultimo  ambito,  svolgono  il  ruolo  di  industrie  leader  le  grandi   imprese  di  telecomunicazione,  telematica  e   informatica.  Anche  i  consorzi  di  gestione  dei  sistemi  

GPS/Galileo/Egnos  hanno  un   ruolo   importante  nello   sviluppo  di   soluzioni   di   tracciamento  e   controllo  del  traffico.  

Per  quanto   riguarda   il   settore  della  nautica,   il  mercato  e   l’offerta  d’innovazione   sono  più   frammentate  e  

vedono  la  presenza  di  alcuni  operatori  medio-­‐grandi  con  numerose  PMI.  

Il  ruolo  dell’Italia:  tecnologie,  capitale  umano,  centri  di  ricerca  Attualmente   sono   stati   costituiti   in   Italia   4   distretti   tecnologici   nel   settore   dei   trasporti,   escludendo   il  

settore  aerospaziale.  

Tre  di  essi  sono  ricompresi  nel  settore  della  nautica,  in  particolare  il  Distretto  Tecnologico  Navale  e  Nautico  (DITENAVE)   del   Friuli,   il   Distretto   delle   Tecnologie   Navali   (NAVTEC)   della   Sicilia,   oggetto   di   richiesta   di  

potenziamento,   e   il   distretto   ligure   per   i   Sistemi   Intelligenti   integrati,   che   si   sovrappone   e   integra   altri  settori   insieme   all’ambito   degli   ITS.   A   questi   distretti   si   aggiunge   quello   calabrese   della   Logistica   e  Trasformazione  (R&DLOG)  e  che  non  è  stato  ammesso  al  finanziamento  per  potenziamento.  

Il  Distretto  Distectra  dei  trasporti  ferroviario  e  automotive  che  è  stato  presentato  si  aggiunge  ai  precedenti  per  rappresentare  le  esigenze  di  aggregazione  dell’offerta  R&D  nella  regione  Campania.  

Oltre   ai   distretti   esistono  numerosi   centri   di   ricerca,   anche   sotto   forma  di   aggregazioni   e   consorzi,   sia   di  

natura  pubblica  sia  privata.    

In   generale,   il   livello   di   competenza   del   capitale   umano   per   le   attività   ICT/ITS   è   elevato   e   presenta  caratteristiche  di  competitività  e  talvolta  di  eccellenza  sul  piano  internazionale.  

Le  regioni  della  coesione:  lo  stato  dell’offerta  L’offerta   di   ricerca,   innovazione   e   trasferimento   tecnologico   nelle   regioni   della   convergenza   è   varia   ed  eterogenea,   anche   in   ragione   dell’ampiezza   dell’industria   dei   trasporti   di   superficie   considerata   nel   suo  insieme.    

La  seguente  tabella  riporta  alcuni  macro  indicatori  

60    

  Italia   Puglia   Campania   Sicilia   Calabria  Spesa  totale  R&D  in  %  PIL   1.23   0.79   1.35   0.89   0.47  Addetti   R&D   ogni   1000  abitanti  

4.0   2.0   2.6   2.0   1.2  

Imprese  innovatrici   30.2   27.7   18.3   22.6   20.3  Dati  ISTAT,  Ricerca  e  Innovazione,  2008  

Per  ragioni  di  sintesi,  se  ne  presentano  i  principali  elementi  descrittivi  suddivisi  per  regione.  

Campania  Nella  regione  Campania  si  riscontra  una  buona  offerta  nei  settori  ferroviario  e  automotive,  sia  di  prodotti  e  servizi  consolidati,  sia  di  ricerca  e  innovazione.  

Il   macro-­‐settore   dei   trasporti,   mobilità   sostenibile   e   logistica   è   importante   per   l’economia   regionale  

campana:   occupa   circa   il   13%   della   forza   lavoro   totale   regionale   e   genera   un   valore   aggiunto   di   circa   9  miliardi   di   euro   incidendo   per   il   9%   sul   PIL   regionale   e   per   il   10,6%   sul   valore   aggiunto   complessivo  regionale.  Complessivamente  il  settore  allargato  in  Campania  raccoglie  circa  17.000  aziende.  

Il  settore  fornisce  all’interno  del  tessuto  economico  locale  una  vasta  gamma  di  servizi  diretti  e  indiretti  per  la  mobilità  delle  persone  e  delle  merci,  attraverso  imprese  private  e  organizzazioni  pubbliche,  enti  di  ricerca  e  università.  

Il  settore  della  logistica  e  della  distribuzione  delle  merci,  in  particolare,  costituisce  un  segmento  economico  particolarmente  strategico  in  Campania.  Per  quanto  riguarda  le  filiere  della  logistica  e  dei  gestori  di  sistemi  di  trasporto,  le  imprese  localizzate  in  Campania  generano  il  6%  del  valore  aggiunto  nazionale  del  comparto  

(Fonte  ISTAT  dati  2006).  

Se  si  considera  poi  l’impatto  che  tutte  le  filiere  dei  trasporti  e  della  logistica  esercitano  sul  valore  aggiunto  delle   singole   regioni   si   evidenzia   che   in   Campania   tale   valore   è   pari   al   7,2%,   dato   tra   i   più   alti   a   livello  

nazionale  e  superiore  alla  media  (6,73%).  

Le   proposte   di   laboratori   e   distretto   riguardano   principalmente   i   settori   del   trasporto   ferroviario   e  automotive.  

Settore  ferroviario  

Il   settore   ferroviario   in   Campania   rappresenta   un   elemento   regionale   di   produzione   e   competitività  importante.   Il   segmento  è  composto  da  numerose   imprese   impegnate  nella  costruzione,  manutenzione  e  

riparazione  di  materiale  rotabile  per  il  trasporto  ferroviario  (locomotive,  carrozze,  elettrotreni,  carri,  tram,  metropolitane   leggere   e   pesanti,   ecc.),   di   sistemi   di   trazione   (motori   elettrici   e   diesel),   sistemi   di  elettrificazione  delle   linee,  di  segnalamento,  comando  e  controllo  e  telecomunicazione,  e  dell’armamento  

ferroviario.   Si   riscontra   la   presenza   di   alcuni   innovativi   e   importanti   OEM   (Original   Equipment  Manufacturer)   impegnati   nella   costruzione   di   materiale   rotabile,   sistemi   di   segnalamento,   comando   e  controllo  ferroviario.  Una  gran  parte  del  settore  è  però  anche  caratterizzata  da  numerose  imprese  a  basso  

livello   di   innovazione   e   competitività   operanti   nella   manutenzione   del   materiale   rotabile   e   delle  infrastrutture.  

In  sintesi,  le  imprese  si  possono  articolare  in  tre  aree  principali  di  aggregazione:  

1. Power  train  e  componentistica  con  AnsaldoBreda  e  il  suo  indotto,  2. Infrastrutture,  rete  e  gestione  della  rete  con  RFI  e  i  suoi  collegamenti,  3. ICT/ITS  e  sistemi  di  controllo  intorno  alla  leadership  di  Ansaldo  STS.  

61    

Nel  settore  powertrain,  si  segnala  la  presenza  di  centri  di  ricerca  pubblici  di  eccellenza  tra  cui   i  Laboratori  

motori  CNR  di  Napoli  e  il  laboratorio  CNR-­‐ITAE.  

L’occupazione  nel  settore  ferroviario  campano  è  stata  sempre  in  crescita  fino  al  2008-­‐09  e  il  rallentamento  che  si  riscontra  dal  2010  sembra  più  legato  al  contesto  della  crisi  nazionale  e  globale  piuttosto  che  a  fattori  

di   perdita   di   valore   e   competitività   del   comparto   locale.   In   particolare   il   comparto   ICT/ITS   continua   a  crescere   e   consente   di   comprendere   come   le   prospettive   migliori   di   sviluppo   nascono   dall’integrazione  delle  competenze  ICT  applicate  al  settore.  

Gli   investimenti   regionali   pubblici   nel   settore   ferroviario   sono   stati   e   continuano   a   essere   consistenti,   in  particolare  per  quanto  riguarda   le   infrastrutture  di   rete  e   il  potenziamento  e  rinnovamento  del  materiale  rotabile   ferroviario   regionale  pubblico.   La  Regione  ha   individuato  nella   ferrovia   la   componente   strategica  

per  conseguire  uno  sviluppo  sostenibile  dei  trasporti  e  per   l’incremento  della  quota  modale  del  trasporto  pubblico.   Circa   il   60%  dei   30  miliardi   di   investimenti   in   Campania   per   la   realizzazione  di   infrastrutture  di  

trasporto  sono  infatti  di  tipo  ferroviario  (rete  AV/AC,  rete  metropolitana  regionale,  linea  a  monte  Vesuvio,  ecc.).  

Settore  automotive  

Il  settore  della  produzione  automotive,  centrato  in  gran  parte  intorno  al  sistema  Fiat  Group  Automobiles,  in  Campania   sta   vivendo   un   periodo   di   forte   ristrutturazione   e   ridimensionamento   complessivo   con   una  significativa   riduzione  delle   imprese  e  una  diminuzione  degli  addetti  anche  per  effetto  della  scelta  di  Fiat  

Auto   di   internalizzare   produzioni   precedentemente   in   outsourcing,   mentre   nella   catena   di   fornitura   si  osserva  un  ulteriore  processo  di  razionalizzazione  e  gerarchizzazione  dei  fornitori  con  lo  scopo  di  migliorare  l’efficienza  nella  gestione  dell’intera  supply  chain.  D’altra  parte,   la   tendenza  negativa,  è  anche   legata  alla  

delocalizzazione  di  alcune  filiere  produttive  ad  alta   intensità  di   lavoro,  come  nel  caso  dei  cablaggi,  verso   i  paesi   a   più   basso   costo   del   lavoro;   e   dall’altra,   alla   crisi   di   gruppi   industriali   locali   (come   nel   caso   della  Autostamp  o  della  Ergom)  con  conseguenze  negative  soprattutto  per  l’occupazione.  

Le   imprese   si   concentrano   territorialmente   nelle   aree   di   Napoli   e   Avellino   e   dipendono   fortemente   dal  gruppo  FIAT.  In  particolare,  i  principali  siti  produttivi  regionali  sono  quello  FIAT  di  Pomigliano  d’Arco  (NA)  e  quello  FIAT  Powertrain  Technologies  di  Pratola  Serra  (AV)  con  le  relative  imprese  che  compongono  il  primo  

livello  di  fornitura  dei  due  stabilimenti.  Solo  il  10%  delle  forniture  totali  di  questi  stabilimenti  provengono  da  produzioni  dell’indotto  locale  con  un  basso  impatto  di  sviluppo  di  competenze  e  innovazione  sulla  filiera  regionale.   Inoltre   la   struttura   produttiva   locale   a   basso   grado   di   tecnologia   innovativa   non   facilita   il  

processo  imprenditoriale  di  inserimento  nella  supply  delle  produzioni  FIAT.  

Emergono   quindi   necessità,   da   un   lato,   di   orientamento   versi   altri   settori   industriali   quali   ad   esempio  l’aeronautica,   il   trasporto   ferroviario   e   la   nautica   e,   dall’altro,   di   qualificazione   delle   competenze   e   di  

innovazione   tecnologica.   L’industria   fornitrice   locale  sembra   interessata  ad  avviare  un  percorso   in  questa  direzione  e  a  tal  fine  ha  creato  alcuni  consorzi  per  attività  di  ricerca  e  sviluppo  (R&D)  e  collaborazioni  tra  i  global  players  automobilistici  e  le  strutture  pubbliche  di  ricerca  locali  e  le  università.  

 

In   sintesi,   la   presenza   di   importanti   imprese   attive   nella   ricerca   industriale   nel   settore   ferroviario  (AnsaldoBreda   –   Ansaldo   STS   )   e   automotive   (Adler   –   Magneti   Marelli   -­‐   FIAT),   e   centri   di   ricerca,  

contribuisce  a  indicare  il  settore  della  mobilità  come  strategico.  

62    

Tuttavia,   e   soprattutto   con   riferimento   al   settore   della   logistica,   occorre   rimarcare   una   carenza   di  

competenze  trasferite  sul  territorio  nelle  aree  della  gestione   intelligente  dei  trasporti,   trasporto   integrato  sostenibile,   integrazione   intermodale   tra   le   diverse   compagnie   operanti   su   rotaia   ed   in   generale   alla  sicurezza  dei  mezzi.   Tali   carenze  potrebbero  essere  migliorate   sviluppando   le   competenze  ed   investendo  

nella  ricerca  rilevante  allo  sviluppo  delle  tecnologie  critiche.  

Aggregatori   ricerca:   Centro   Test   e   CNR   Istituto   motori   per   le   tecnologie   meccaniche,   powertrain   e  componentistica,  CERICT  per  ICT  con  tendenza  sviluppo  ITS.  

Aggregatori  industriali:  AnsaldoBreda  (Trasporti)  e  Ansaldo  STS.  

Puglia  Il   settore  dei   trasporti   e  della   logistica  è   abbastanza   importante  nel   quadro  dell’economia   regionale.  Nel  2006  il  valore  aggiunto  prodotto  a  livello  regionale  dalle  imprese  del  settore  è  stato  pari  a  3  miliardi  di  euro,  corrispondente  al  9%  del  valore  aggiunto  totale  regionale  (fonte:  Ministero  dello  Sviluppo  economico).  

Tuttavia,   la   Puglia   presenta   solamente   una   discreta   offerta   di   innovazione   principalmente   nei   settori   dei  materiali  avanzati,  anche  con  applicazioni  per  i  vettori  di  trasporto,  e  nell’ICT  che  trova  moderate  forme  di  trasferimento   tecnologico   nell’ambito   della   mobilità   sostenibile   e   logistica   (ITS),   mentre   il   quadro   di  

innovazione  nel  settore  logistica  e  trasporti  di  superficie  appare  inadeguata.  

La  filiera  ICT  per  applicazioni  nei  trasporti  e  mobilità  è  caratterizzata  dalla  presenza  di  un  raggruppamento  poco   omogeneo,   genericamente   definito   delle   Alte   Tecnologie   Innovative   che   raccoglie   competenze  

provenienti  dai  settori  dell’informatica.  Esistono  rilevanti  presenze  di  ricerca  nel  settore  ICT  sia  a  Bari  sia  a  Lecce.  Sono  quasi  totalmente  raggruppate  nell’Università  di  Bari,  nel  Politecnico  di  Bari  e  nell’Università  del  Salento.  Dal  punto  di  vista  quantitativo,  le  competenze  di  informatica  sono  di  gran  lunga  superiori  a  quelle  

delle  telecomunicazioni,  che  appaiono  nel  complesso  ancora  limitate  (Fonte  ARTI).  Esistono  inoltre  alcune  aziende   di   medie   dimensioni   in   ambito   di   system   integration   per   ITS   e   altri   ambiti   che   si   integrano   al  sistema  della  ricerca  (vedi  ad  esempio  Exprivia).  

La  capacità  e  le  competenze  nel  settore  dei  materiali  sono  un  elemento  di  spicco  nel  quadro  regionale.  In  questo  ambito  il  consorzio  CETMA  di  Brindisi  svolge  un  ruolo  aggregatore  di  alto  livello.  

Sicilia  Uno  degli  elementi  strategici  fondamentali  della  regione  Sicilia  è  quello  di  porre  il  settore  della  navigazione,  delle  imbarcazioni  con  il  relativo  sistema  di  propulsione  e  le  infrastrutture  portuali  sostenibili  al  centro  del  proprio  sviluppo  ambientale,  economico  e  socio-­‐politico.  

Il   sistema   siciliano   intende   inserirsi   nel   quadro   nazionale   dove   il   PIL   generato   dal   cluster   marittimo   e  portuale   è   stimato   pari   al   2,7%   del   PIL   nazionale   superando   quello   della   agricoltura   e   automobilistico;    l’occupazione     costituisce     l’1,6%   dell’occupazione   totale,   essendo   il   comparto   capital   intensive   e  

caratterizzato  da  elevata  produttività  (il  valore  aggiunto  per  addetto  è  secondo  solo  alle  telecomunicazioni).  Inoltre,   presenta     da     oltre     un     decennio     un     percorso     di     crescita,     anticiclico     rispetto     alle     fasi     di  stagnazione   che   hanno   invece   caratterizzato   quasi   tutte   le   altre   realtà   industriali.   Inoltre,   sul   fronte   del  

trasporto  merci,  il  63%  delle  quantità  di  merci  importate  e  il  46%  di  quelle  esportate  transitano  via  mare.  

Il  mercato  della  nautica  commerciale  e  da  diporto  (shipping)  non  è  più  cresciuto  dal  2007,  ma  conserva  un  fatturato  nazionale  annuo  di  circa  6  di  euro  e  un  contributo  al  prodotto  interno  lordo  stabile.  

In   Sicilia,   il   settore  della  nautica  è  eterogeneo  e   frammentato,   costituito  da  numerose  PMI.   Il   numero  di  imprese  attive  della  regione  è  di  circa  500.  Si  tratta  di   imprese  che  operano  nell’ambito  della  cantieristica  

63    

navale   di   tipo   mercantile,   militare,   da   trasporto   e   da   diporto,   svolgendo   nell’isola   le   diverse   fasi   della  

costruzione   e   della   riparazione   e  manutenzione   delle   imbarcazioni.   Il   valore   tecnologico   è   relativamente  basso,  tranne  alcune  eccezioni.  La  distribuzione  delle  imprese  nautiche  sul  territorio  regionale  si  concentra  in  prevalenza  lungo  la  fascia  costiera,  in  particolare  nelle  province  di  Messina,  Palermo,  Trapani  e  Siracusa.  

Il  principale  polo  produttivo  è  quello  messinese  che  impiega  circa  il  40%  degli  addetti  e  aggrega  le  imprese  più  grandi  (circa  il  20%  del  totale  delle  aziende  del  settore).  

Nella  regione  sono  distinguibili  tre  tipologie  di  imprese:  

- grandi   cantieri   navali,  concentrati  nell’area  del  porto  di  Messina  come  Fincantieri;  - cantieri   di  m e d i e   dimensioni,   ma   con  attività  di  nicchia  e  collocamento  internazionale;  - cantieri   tradizionali,   che   non   curano   la   fase   della   promozione   dei   prodotti   e   si   limitano  

essenzialmente  ad  attività  di  riparazioni  e  rimessaggio  collaterali.  È,   in  particolare,   il   segmento   legato  alla  produzione  di  unità  da  diporto   (barche  a  vela,  barche  a  motore,  canotti  pneumatici,  yacht  da  crociera  e  da  regata,  mega  e  super  yacht,  barche  da  pesca,  catamarani  e  moto  d’acqua)  a  trainare  il  comparto  produttivo.  

In  particolare,  il  settore  delle  imbarcazioni  di  lusso  richiede  competenze  di  design  e  di  implementazione  di  soluzioni   tecnologiche   innovative   e   integrate.   Ricomprende   anche   filiere   lunghe   di   forniture   di   arredo   e  componentistica  di  alta  gamma.    

Per   quanto   riguarda   i   centri   di   ricerca,   è   da   segnalare   la   presenza   a   Messina   dell’Istituto   di   Tecnologie  Avanzate  per  l’Energia  “Nicola  Giordano”  del  CNR  per  lo  sviluppo  e  industriali  di  tecnologie  energetiche  e  a  basso  impatto  ambientale.  

In   sintesi,   lo   stato  dell’offerta  di   ricerca  e   innovazione  della   nautica   siciliana   si   concentra  nell’ambito  dei  processi  di  progettazione  e  produzione  delle  imbarcazioni,  con  limitata  attenzione  ai  sistemi  di  propulsione  sostenibile  e  una  scarsa  tendenza  all’integrazione  con  le  tecnologie  delle  telecomunicazioni  e  ICT/ITS  per  il  

settore  navale.  

Calabria  La  Regione  Calabria,  pur  avendo  delineato   investimenti   strategici  nel   settore  della   logistica,  non   riesce   in  

questo   ambito   ad   esprimere   e   sviluppare   adeguate   competenze   e   servizi   di   R&D.   Viene   a   mancare   un  quadro  aggregativo  organico  tra  imprese  e  strutture  di  ricerca/innovazione  in  grado  di  fornire  soluzioni  di  filiera  integrate  tra  trasporti  e  ITS.  In  tale  ambito  sarebbe  auspicabile  un  futuro  sviluppo  delle  competenze  

regionali  in  modo  da  supportare  i  grandi  investimenti  infrastrutturali  soprattutto  nell’area  di  Gioia  Tauro  e  delle  relative  piattaforme  logistico-­‐distributive.  

Inoltre,   opportune   azioni   di   trasferimento   tecnologico   di   soluzioni   avanzate   presso   le   PMI   della   logistica  

potrebbero  dare  un  importante  contributo  allo  sviluppo  del  settore  nella  regione.  

64    

Analisi  settoriale:    

Area  Nuovi  materiali  e  nanotecnologie    

 

 

 

 

Alessandro  Tredicucci  

NEST,  Istituto  Nanoscienze  -­‐  Consiglio  Nazionale  delle  Ricerche,  Pisa  

65    

1. Analisi del settore

E' oggi universalmente condivisa l’aspettativa che le nanotecnologie saranno il motore dei più promettenti progressi tecnologici di questo secolo ed è altresì ritenuto che posseggano uno straordinario potenziale applicativo con ricadute economiche nei più diversi ambiti produttivi. Diversi studi hanno elaborato proiezioni sull’evoluzione della dimensione del mercato mondiale delle nanotecnologie: un esempio tratto dal market report 2012 della BCC Research è riportato in Fig. 1.

Figura 1. Evoluzione del mercato mondiale delle nanotecnogie in milioni di dollari, fonte BCC Research.

Sebbene i valori assoluti varino in parte tra le varie analisi, anche a seguito delle differenti concezioni e definizioni di nanotecnologie, tutte sono concordi nel prevedere nel prossimo quinquennio il proseguimento di una rapida crescita che già ora vede un volume annuo dell'ordine delle decine di miliardi di dollari con un impatto economico su produzioni dal valore totale di almeno due ordini di grandezza maggiore.

Il termine nanotecnologie ha tuttavia una valenza assai vasta che comprende concetti e sistemi molto differenti tra loro, andando dai materiali strutturati o ingegnerizzati su scala nanometrica, o comunque aventi al loro interno elementi di dimensioni nanometriche, alla strumentazione più avanzata che consenta il controllo, o l'analisi, o la manipolazione della materia con precisioni nanometriche, a dispositivi e sensori elettronici, o fotonici, o chimici di taglia nanometrica o realizzati a partire da strutture nanometriche. E' chiaro che a una così grande varietà di strumenti e tecnologie non può che corrispondere un altrettanto ampio ventaglio di aree di applicazione, che vanno ad esempio dagli impieghi in biomedicina, alla microelettronica, a nuovi sistemi di raccolta e immagazzinamento dell'energia, all'edilizia e all'industria meccanica e aerospaziale, alla cosmrtica, etc.

Allo stato attuale il mercato delle nanotecnologie è in buona parte dominato dalla componente "materiali" in cui nanoparticelle e nanostrutture trovano largo utilizzo sia per migliorare determinate caratteristiche per esempio di resistenza meccanica, elasticità, ridotto attrito, etc. sia per conferire nuove proprietà e funzionalità, per es. di impermeabilità, capacità di assorbire o dissociare molecole

66    

inquinanti, etc., sia per ottenere particolari effetti di valenza estetica (all'aspetto, tatto, etc.). Si tratta in larga parte di tecnologie che devono essere di basso costo e adatte a processi produttivi su larga scala e grandi quantità, che spesso sono basate su processi chimici piuttosto che su tecniche di nanofabbricazione top-down con metodi di stampo litografico.

Dall'altro lato i nanodispositivi stanno cominciando proprio in questi anni un significativo sviluppo in senso commerciale, dopo aver rappresentato per parecchio tempo la frontiera della ricerca, in particolare per quanto riguarda la fisica ed ingegneria dei semiconduttori e dei solidi più in generale. Sistemi nano-elettromeccanici, laser e amplificatori a quantum dot, sensori molecolari, nuove celle fotovoltaiche, etc. sono alcuni esempi delle classi di dispositivi innovativi che stanno rapidamente affermandosi.

All’interno di questo contesto globale, come è già avvenuto in altre fase cruciali dell’innovazione tecnologica, l’Italia mostra una buona presenza dal punto di vista scientifico, con un ruolo del tutto competitivo anche in alcune regioni del mezzogiorno, ma è già visibile il ritardo nel trasferimento di questa innovazione scientifica al mondo produttivo. Al riguardo sono significativi i dati che mostrano il numero delle entità di ricerca e industriali che si dichiarano attive nel settore. Anche prescindendo dai valori assoluti, il rapporto tra le entità attive nella ricerca e quelle produttive mostra un vistoso squilibrio con i paesi più avanzati che documenta la difficoltà a tradurre in impresa l’innovazione scientifica. Questo è un segnale di serio pericolo per il futuro sviluppo economico del Paese ed un attento intervento attraverso tutti gli strumenti a livello nazionale e regionale appare necessario e urgente.

In questo contesto, dovrebbe assumere una dichiarata enfasi la ricerca e l'innovazione sui sistemi completi comprendenti gli elementi nanostrutturati quali piattaforme abilitanti. Questa enfasi sui sistemi deriva da una valutazione di tipo strategico ovvero dalla necessità di puntare a prodotti ad alto valore aggiunto per i quali l’estrema specializzazione e l’alta tecnologia garantiscano una prospettiva di competitività a lungo termine. Le economie emergenti dell’oriente (Cina e India in primo luogo) rappresenteranno con ogni probabilità dei competitori formidabili nella produzione dei materiali nanostrutturati “grezzi”, di basso costo in grandi quantità, come naturale sviluppo evolutivo dall’industria chimica. Come già per la precedente fase della microtecnologia, il nucleo di mercato aggredibile dall’industria italiana sarà pertanto più facilmente individuabile nei sistemi completi, che richiedano magari l’integrazione di tecnologie e funzionalità diverse, piuttosto che nei singoli “componenti”.

2. Le politiche della ricerca

Il programma della comunità europea per la ricerca e l’innovazione (2014-2020) noto come Horizon 2020 parte come presupposti da un’analisi delle problematiche socio-economiche europee e delle sfide scientifico-tecnologiche che a queste problematiche possano dare risposta nell’arco temporale preso in considerazione. Le strategie individuate si basano naturalmente su una valutazione dell’impatto che le politiche di finanziamento alla ricerca hanno avuto sia a livello europeo che di singoli stati nel corso dei “framework” precedenti. In questa direzione, le nanotecnologie sono prese come “case study” per un confronto dell’efficacia degli interventi a paragone di quanto avvenuto negli altri principali paesi tecnologicamente avanzati (Stati Uniti, Giappone, Cina, etc.). Il panorama è ben rappresentato dalla tavola di Fig. 2.

67    

Figura 2. Efficacia e frammentazione del supporto pubblico alla ricerca nel settore nanotecnologie (sorgente “Impact Assessment Report” della Commissione Horizon 2020).

Come emerge chiaramente, l’Europa investe annualmente in questo settore chiave per la competitività futura di molti settori industriali cifre di denaro pubblico superiori a qualunque altro paese sviluppato od emergente (circa 1.5 miliardi di euro tra EC e singoli paesi, a fronte ad es. di circa 1 miliardo negli Stati Uniti e 0.47 in Giappone). Tuttavia il trasferimento tecnologico di questa intensa attività di R&D in innovazione industriale non è così efficace come ad es. negli Stati Uniti, sia in termini di generazione di proprietà intellettuale, sia di prodotti basati su nanotecnologie effettivamente introdotti sul mercato, per i quali un recente inventario compilato dal Woodrow Wilson International Centre ne identifica oltre il 50% di origine statunitense, 24% asiatica e solo un 15% europea. Le cause principali di queste difficoltà sono identificate nella frammentazione del finanziamento pubblico, nella scarsa percentuale di strumenti collaborativi, e nella mancanza di coordinazione tra azioni di supporto locali, nazionali, ed internazionali.

Il programma Horizon 2020 è articolato in tre priorità: eccellenza scientifica, leadership industriale e sfide sociali. Il ruolo delle nanotecnologie è chiaramente esplicitato quale cruciale tecnologia abilitante per l’industria e per una risposta diretta ad alcune delle sfide per lo sviluppo della società individuate nelle strategie di Europa 2020 e nelle iniziative bandiera.

La prima “European Strategy for Nanotechnology” è stata definita nel 2004, subito seguita nel 2005 dal Nano Action Plan che ha consolidato gli sforzi di ricerca in tre cluster tematici: nanomedicina, energia/ambiente e ICT. Altre aree stanno emergendo prepotentemente in particolare legate alle costruzioni (efficienza energetica degli edifici, metodi e materiali più affidabili, tecniche di customizzazione, etc.), al tessile, al cosmetico e alla sicurezza. I nanomateriali sono identificati come una caratteristica trasversale che interessa tutti i cluster e le nuove direzioni di sviluppo. Un’analisi della Commissione Europea del 2011 sui progetti europei di maggior successo in ambito nanotecnologico individua lo sviluppo di nanosensori come uno dei percorsi più promettenti, che spazia dal monitoraggio di eventi biologici a livello cellulare, al controllo dell’inquinamento dell’aria e delle acque, alla salute delle coltivazioni, ai controlli di sicurezza per la rivelazione di agenti patogeni e biochimici, all’integrazione dei sensori in abiti etc. per il monitoraggio costante di importanti parametri e funzioni vitali. In parallelo viene evidenziato lo sviluppo di nanomateriali

68    

con applicazioni che vanno dalla cattura delle emissioni di CO2, al filtraggio della acque, alla realizzazione di batterie ad alta densità energetica e super-condensatori. Viene sottolineata inoltre l’importanza dei programmi di ricerca sull’impatto ambientale e la sicurezza per la salute dell’utilizzo su larga scala dei nanomateriali, nonché della definizione di normative e standard per regolamentarne sia le procedure di produzione, che manutenzione e smaltimento.

Il Programma Nazionale della Ricerca (PNR 2011-2013) italiano riprende in buona parte le considerazioni e linee di intervento sviluppate a livello comunitario. Le nanoscienze sono infatti esplicitamente menzionate come una delle aree tematiche individuate come prioritarie per la competitività dell’industria italiana. Il settore è poi declinato in una lista molto esaustiva e definita delle direzioni in cui la ricerca italiana è maggiormente competitiva presentando al contempo la possibilità di interessanti ricadute applicative e commerciali:

1- Nanotecnologie per i sistemi produttivi: nanopolveri, compositi e filler, reliability a nanoscala, analisi in situ a nanoscala, tribo-active materials (self lubricant, self healing, ecc).

2- Nanotecnologie per l’ambiente: nanomembrane, nanocatalisi, sensoristica avanzata, tossicità e sicurezza dei sistemi nano, sistemi autopulenti.

3- Nanotecnologie per cibo/agricoltura: early detection di contaminanti, packaging con barriere permeabili, antibatteriche, coating commestibili, catalisi dell’acqua.

4- Nanotecnologie per l’energia: fotovoltaico plastico e di nuova generazione, fuel cells, batterie e supercapacitors, sistemi termoelettrici, sistemi nanostrutturati per produzione di idrogeno, energy harvesting;

5- Nanotecnologie per elettronica. Analisi e caratterizzazioni a nanoscala, manipolazione a nanoscala, new materials by design: dispositivi spintronici e plasmonici, quantum information e sistemi a pochi fotoni.

6- Nanomedicina. Diagnostica precoce e ad alta risoluzione, diagnostiche precoci genomiche e proteomiche, rilascio di medicinali controllato in situ, processi rigenerativi: cellule staminali, scaffold technologies.

7- Nanomateriali. Nanocompositi per applicazioni diverse, Smart materials: biodegradabili, biocompatibili, a bagnabilità controllata; filtri e membrane intelligenti,

Dal momento che tutte queste linee di ricerca sono fortemente interconnesse (con una suddivisione se vogliamo in parte arbitraria) è chiaramente evidenziata l’importanza di rafforzare i programmi interdisciplinari sviluppati in centri di grande massa critica e con forte interazione di scienziati e metodologie di diversa origine tecnico-scientifica.

Il PNR, pertanto, correttamente sottolinea la necessità di concentrare le risorse su pochi grandi interventi, dove soggetti pubblici e privati operano con obiettivi condivisi di sviluppo tecnologico, interventi caratterizzati da grande qualità scientifica di livello internazionale; medio e lungo orizzonte temporale; attendibile e verificabile capacità di generare valore industriale, favorendo la crescita e lo sviluppo di una industria innovativa e di una forte capacità competitiva; consistente capacità di impiegare il migliore capitale umano disponibile, puntando anche a generare occupazione di alto profilo professionale.

Tenuto conto di questi obiettivi, i Distretti ad Alta Tecnologia, esistenti e di nuova creazione, così come i Laboratori Pubblico-Privati, rivestono un ruolo strategico di fondamentale importanza e

69    

diventa cruciale operare delle scelte che massimizzino le sinergie con le eccellenze scientifiche e i punti di forza industriale non solo nel mezzogiorno ma a livello nazionale.

Una dettagliata analisi delle realtà presenti nel settore delle nanotecnologie nelle quattro regioni della convergenza mostra una situazione molto variegata con alcuni punti di assoluta competitività a livello internazionale. Deve anche essere riconosciuta la presenza del supporto statale, attraverso varie misure, nelle realtà più significative in questo settore. Le nanotecnologie sono state oggetto di specifiche iniziative ministeriali, regionali e europee che hanno reso infatti disponibili significative risorse. Per la Calabria emerge quale punto di riferimento più consolidato del panorama regionale l’Università della Calabria con i suoi centri e le sue iniziative imprenditoriali collegate. A questa realtà, in tempi più recenti, si è affiancata l’Università della Magna Grecia che ha avviato con determinazione attività in ambito nanobiotecnologico. Questi centri di ricerca mostrano una notevole dinamica e competitività e una particolare attenzione alle ricadute applicative e industriali. La regione Campania presenta numerose presenze di rilievo sia dal punto di vista delle strutture pubbliche che delle strutture private. Una leadership forte va chiaramente riconosciuta al settore dei materiali che si avvantaggia della presenza di un Distretto ad Alta Tecnologia (di cui sono attori importanti il CNR, le Università, e varie realtà industriali) focalizzato in particolare sui materiali polimerici per svariate applicazioni, tra cui quelle nel settore aerospaziale e dei trasporti sono di primario interesse visto il peso rilevante delle grandi industrie campane in questo settore. Inoltre è di particolare rilevanza la presenza in ambito biomedico con realtà molto innovative ben radicate sul territorio. Per quanto riguarda la Puglia, diverse realtà contribuiscono a rendere questa regione particolarmente attiva e in posizione di preminenza nell’area nanotecnologia. Il National Nanotechnology Lab (NNL) a Lecce è senza dubbio il punto di riferimento del know how nel panorama regionale. NNL risulta estremamente attivo in tutti i settori tecnologici identificati con una consolidata competitività a livello internazionale. Inoltre, NNL ha nel tempo generato interessanti iniziative imprenditoriali collegate ed opera in stretto contatto con realtà istituzionali (Università, Istituti di Ricerca) regionali (in particolare il Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento) e nazionali (CNR, Università). Accanto ad NNL, un’altra realtà di grande rilievo è costituita dall’Università di Bari, in particolare il Dipartimento di Chimica, dove numerosi gruppi di ricerca sono impegnati progetti di ambito nanotecnologico di scala nazionale ed europea. Tutti questi centri mostrano molta attenzione alle ricadute applicative ed industriali, testimoniate dalla intensa attività brevettuale e di creazione di realtà produttive, queste ultime concentrate massimamente sullo sviluppo dei risultati di ricerca. Inoltre, occorre notare che in Puglia rilevanti realtà nazionali hanno distaccamenti (in particolare nelle zona di Brindisi) che operano in stretto contatto con operatori istituzionali o industriali locali per la valorizzazione dei risultati della ricerca. L’attività in ambito nanotecnologico in Sicilia trova grande impulso dalla presenza a Catania di un importante centro produttivo e R&D di ST Microlectronics, azienda leader in Europa per quanto riguarda componenti elettronici e dispositivi/sistemi a semiconduttore correlati (sensori etc.). Insieme ai 3 atenei dell’isola (Catania, Messina, Palermo) in cui si concentra la parte dominante dell’attività di ricerca siciliana, ha dato vita nel 2005, col supporto di MIUR e Regione Sicilia, al Distretto Tecnologico Micro e Nanosistemi che si propone di incentivare formazione e ricerca, e promuovere lo sviluppo industriale in questo settore. In tutti e tre gli atenei sono inoltre attivi gruppi affiliati al Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali ed anche il CNR figura in posizione centrale nelle nanotecnologie siciliane

70    

con ben tre istituti impegnati attivamente. In generale gli ambiti principali di studio riguardano soprattutto nanostrutture per la fotonica e nanoelettronica basata sul silicio e per applicazioni di conversione energetica (celle fotovoltaiche, materiali fotocatalitici, ecc.).

71    

Analisi  settoriale:    

Area  Energia  e  ambiente    

 

 

 

 

Romano  Giglioli  

Università  di  Pisa-­‐DESTEC  

72    

 

 

   

1. Analisi prospettica del settore.

Il settore in analisi “Energia e Ambiente” è indubbiamente molto ampio, pertanto l’analisi prospettica sarà limitata ai processi Fonte-Utilizzazione dell’energia e all’interazione con il territorio per una corretta utilizzazione e valorizzazione delle risorse locali e per il mantenimento degli ambienti naturali.

Chiave dell’analisi è la sostenibilità energetico-ambientale delle tecnologie impiegate nei processi produttivi ed il mantenimento del territorio, avendo ben presente che l’acqua ed il legno sono risorse rinnovabili.

1.1 Le tecnologie con le migliori prospettive nei prossimi venti anni.

Le analisi prospettiche (o di “visione”) sviluppate dai vari organismi mondiali quali l’ONU, IEA, OCSE, UE, ecc. esprimono obbiettivi quali la sostenibilità, la riduzione dei cambiamenti climatici e, in molti casi, anche la sicurezza degli approvvigionamenti e la liberalizzazione dei mercati.

Parole chiave di questa visione sono: flessibilità, accessibilità, affidabilità ed efficienza. Esse sono state recepite con forza dall’Unione Europea che punta a realizzare una stretta sinergia tra le tre dimensioni: economica, sociale ed ambientale.

Negli ultimi venti anni diversi paradigmi nell’ambito energetico-ambientale sono cambiati.

C’è, in primis, un cambiamento di paradigma nella produzione dell’energia elettrica: da una produzione centralizzata con impianti di grandi dimensioni in grado di sfruttare l’economia di scala ed i miglioramenti nell’efficienza delle trasformazioni energetiche, verso una generazione di più piccola taglia e distribuita sul territorio in grado di accedere e sfruttare meglio le fonti rinnovabili, di utilizzare meglio la potenzialità energetica delle fonti fossili con le nuove tecnologie co-trigenerative e di essere meglio accettata dal contesto sociale.

73    

C’è in generale una maggiore penetrazione del vettore elettrico e uno spostamento da una produzione elettrica da petrolio, carbone e nucleare ad un utilizzo del gas naturale, conseguenza dell’abbondanza di quest’ultima fonte (vedasi anche la recente produzione di shale gas), del basso costo unitario degli impianti a ciclo combinato e della loro alta efficienza energetica e ridotta interferenza ambientale. Anche negli usi industriali termici c’è una progressiva sostituzione del petrolio e del carbone con il gas naturale e l’elettrico.

Si assiste, quindi, ad una specializzazione dell’uso del petrolio per la mobilità (attraverso i suoi derivati) e, contemporaneamente, allo svilupparsi di una competitività da parte del gas e dell’elettrico per lo stesso uso finale.

La generazione distribuita e l’uso più intensivo del gas naturale sono, quindi, il risultato dell’azione contemporanea dell’economia di mercato e degli accordi internazionali volti a ridurre l’emissione dei gas climalteranti (decarbonizzazione). In questo senso c’è un’azione importante nel miglioramento dell’efficienza energetica dei processi di trasformazione dell’energia e di quelli produttivi con uno sviluppo di tecnologie innovative sui singoli componenti e sui sistemi.

In ambito ambientale molta attenzione, otre che alle emissioni, è rivolta al ciclo dell’acqua nei suoi usi civili, industriali ed agricoli ed al mantenimento degli ambienti naturali (manutenzione e mantenimento delle aree boschive-forestali, mantenimento della biodiversità).

Parallelamente, in virtù del passaggio dalla tecnologia dell’analogico a quella del digitale, si sta assistendo ad uno sviluppo dei sistemi per l’informazione e della sensoristica, sempre più capillari e a basso costo, questo permette un’interazione produzione-ambiente-utilizzazione molto più immediata e “facile”, nonché un monitoraggio ed un controllo “in tempo reale” dei processi e dello stato dell’ambiente.

In questo scenario, sul piano economico-gestionale, si sta affermando il libero mercato dell’energia in cui le funzioni dei sistemi produzione, trasporto, distribuzione nonché la commercializzazione dei prodotti energia, sono gestite da soggetti diversi i quali si relazionano con l’utente finale in maniera molto più articolata della semplice “emissione e pagamento di fatture”, prassi storicamente consolidata.

74    

Tutto ciò ha portato ad una profonda ridefinizione del ruolo delle reti (sia quelle fisiche che quelle logistiche): da sistemi per il trasferimento del prodotto (energia, acqua, ecc.) ad infrastrutture autonome cui produttori e utilizzatori possono liberamente accedere per scambiarsi il prodotto nelle quantità e qualità convenute attraverso transazioni commerciali. Quest’ultime spesso non tengono nel dovuto conto gli aspetti fisici del funzionamento dell’intero sistema, tanto da poter individuare due flussi poco correlati: quello fisico dei prodotti e quello economico.

È in questo contesto che alle reti si sta chiedendo di essere anche “intelligenti”. La Comunità Europea e molte altre nazioni del Mondo, hanno fatto propria questa nuova visione del ruolo delle reti e stanno incentivando studi e reali trasformazioni dei sistemi fonte-utilizzazione. In questa fase emerge una centralità delle reti di distribuzione dovuta all’obbiettivo di finalizzare la gestione dei sistemi verso l’obiettivo più generale dello sviluppo sostenibile e verso l’espletamento di un servizio orientato al soddisfacimento dei bisogni dei “clienti-utenti” delle reti, siano essi produttori che utilizzatori. Ne è un significativo esempio quanto esprimeva la European Technology Platform (ETP) Smart Grids: “Smart Grids will use revolutionary new technologies, products and services to create strongly user-centric approach for all customers”.

È quindi in atto una trasformazione profonda delle infrastrutture, in particolare quelle di distribuzione dell’energia che, da semplici terminazioni passive adibite al trasferimento e alla parcellizzazione dell’energia all’utenza, dovranno assumere gli ulteriori ruoli di “collettori” dell’energia prodotta dai sistemi di produzione (elettrica, termica, gas metano, ecc.) distribuita e di strutture in grado di dialogare con i soggetti attivi e passivi connessi in modo da garantire una gestione “intelligente” dei flussi energetici.

Il XX secolo, demograficamente, si è caratterizzato per la migrazione dalla campagna verso la città: tendenza che si mantiene consistente anche nel XXI secolo. Il 2007 è l’anno in cui si stima che più del 50% della popolazione mondiale viva nelle città e nel 2050, anno in cui è previsto di raggiungere il picco della popolazione mondiale a circa 9 miliardi, i due terzi vivranno in città (6 miliardi). Le città sono state storicamente luoghi di scambio (di merci e di conoscenze), di innovazione, di cultura e sede di governance. Attualmente, con previsione di crescita, sono anche luoghi di grande consumo.

75    

A livello sociale negli ultimi decenni si è consolidato il paradigma della “centralità della città” espresso prima come “Smart Cities”, quindi come “Smart Communities”. Nell’incipit del rapporto WEC “Energy and Urban Innovation” è riportato: “People generally prefer to be in a city slum rather than in a remote rural area, as the city provides more economic opportunities and better health and education benefits”, ed evidenzia come la città sia luogo di maggiori opportunità.

Storicamente comunque la città ha sempre prodotto innovazione: le comunità “intelligenti”, è quanto oggi a livello mondiale ed europeo in particolare si incoraggia. Il Commissario per l’Energia Günther Oettinger le definisce “integrate e sostenibili in grado di offrire energia pulita e sicura a prezzi accessibili ai cittadini, ridurre i consumi e creare nuovi mercati in Europa e altrove”. La formula individuata associa l’utilizzo più razionale delle risorse all’integrazione delle tecnologie pulite e, nell’ambito europeo, l’interesse è focalizzato sulle città di medie dimensioni (con un numero di abitanti tra 100.000 e 500.000). “Smart Cities” che possono trovare il loro punto di forza proprio nelle ridotte dimensioni territoriali. Sono città in grado di incidere sulla qualità urbana in termini economici, sociali, gestionali, culturali, ambientali. Le città consumano il 70% dell’energia dell'UE. Su questo enorme quantità le istituzioni europee fanno leva per ridurre del 20% le emissioni entro il 2020 e al contempo sviluppare un'economia “low carbon” entro il 2050.

Le attuali reti (per l’energia, l’acqua, ecc.) nei paesi economicamente più avanzati sono il frutto della stratificazione storica dei successivi ampliamenti dei sistemi a seguito della domanda crescente. Pertanto sono, in buona misura, “vecchi” se paragonati a ciò che offrono oggi le più moderne tecnologie del settore. Rinnovarli comporta ingenti investimenti e, non sempre, il gestore è disposto ad affrontarli se non nella misura in cui ciò gli permetta di avere un beneficio economico-gestionale con un ritorno in tempi sufficientemente brevi. Questo sta avvenendo, ad esempio, con l’aumento dell’automazione nelle reti per ridurre i costi di conduzione ed i tempi di intervento sui guasti (migliorando anche la qualità di sistema in termini di riduzione di mancata fornitura), con l’introduzione di “contatori intelligenti”, ecc. Tutte azioni di sicuro ammodernamento delle reti ma ancora lontane dal renderle “intelligenti”.

Sviluppare “intelligenza” richiede l’inserimento di un capillare monitoraggio, potenti sistemi di comunicazione e di controllo, sistemi di compensazione dei flussi e della qualità di prodotto, in grado di permettere alla struttura, ad esempio, di gestirsi in isola, di riconfigurare la propria topologia ed il collegamento con le altre reti in

76    

relazione alla gestione ottimale dei flussi di prodotto, di saper dialogare con i soggetti connessi, gestire possibili mercati locali del prodotto, ecc.

È comunque questa una via che porta a mantenere la centralità del gestore della rete durante la trasformazione e a obiettivo raggiunto.

A livello internazionale si sta proponendo una seconda via: quella della costituzione di “smart microgrids”. Sono delle reti locali che si sviluppano attorno a piccole produzioni in grado di cooperare con utilizzatori “intelligenti”, di rendere autosufficiente l’area e di potersi interconnettere con altre reti analoghe o con reti di grandi dimensioni. Sono, in un certo senso, degli incubatori di smart grid. La formazione di molte di queste reti (peraltro attualmente non sempre possibili in relazione alle normative vigenti nei singoli paesi) e la loro interconnessione porterebbe poi a costituire una rete “intelligente” di grandi dimensioni. Quindi uno sviluppo “dal basso” che può entrare in competizione con la centralità degli attuali gestori delle reti.

A titolo di esempio, solo per le reti elettriche, l’applicazione di nuove tecnologie alle reti per farle diventare “intelligenti” si stima sia un mercato da circa 1500 miliardi di $ nei prossimi 20 anni. Per le altre reti, gas, termiche, acqua, ecc., pur non avendo stime attendibili, si può ritenere di mettere in gioco volumi di mercato molto più grandi di quelle elettriche.

In termini di tecnologie emergenti si può sintetizzare:

- le tecnologie per le conversioni energetiche da fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, termica e potenziale chimica (biocombustibili e biocarburanti), con particolare attenzione a quelle in grado di diventare nel breve termine competitive con le fossili (per esempio: eolico, solare fotovoltaico e termico, biocarburanti di seconda e terza generazione),

- le tecnologie per le conversioni da fonte fossile indirizzate ad ottenere sistemi più efficienti e a ridotta interferenza ambientale (carbone pulito e CCS) e più flessibili (per essere più adatti a compensare la variabilità e l’aleatorietà delle fonti rinnovabili),

- le tecnologie per le “reti intelligenti” declinabili in sensoristica innovativa, automazione, metering, sistemi di monitoraggio ed informatici dedicati,

- le tecnologie per l’accumulo gestionale dell’energia ed i sistemi di gestione, sia per i sistemi fissi che per quelli mobili,

- le tecnologie per il miglioramento dell’efficienza nelle conversioni finali dell’energia, per i recuperi e per la razionalizzazione dell’uso,

77    

- le tecnologie per upstream del gas e del petrolio con particolare attenzione all’off-share,

- le tecnologie per il midstream per la produzione di carburanti da petrolio o di sintesi di qualità elevata in grado di garantire una maggiore efficienza di conversione e un minore impatto ambientale,

- le tecnologie per il ciclo delle acque per la gestione dei profili della pressione, riduzione delle perdite (sia fisiche che amministrative), mantenimento della qualità del prodotto, depurazione e riutilizzo, recupero e riduzione dei consumi energetici,

- le tecnologie per il mantenimento del territorio in particolare la manutenzione delle aree boschivo-forestali (macchine per il taglio, per la produzione di legno da opera e di combustibili solidi come pellet, cippato).

1.2. I paesi e le industrie leader del settore.

La rilevanza mondiale del settore è scontata: l’energia è il prodotto più commercializzato nel mondo.

Accanto alle grandi compagnie dell’upstream, l’industria del settore (sistemi e dispositivi per i processi fonte-utilizzazione) è dominata da grandi aziende multinazionali (come General Electric, SIMENS, AREVA, MITSUBISHI, ecc.) rappresentative di tre aree geografiche America del Nord, Europa, Est Asia (Giappone, Corea del sud e una più recente Cina).

Un ruolo importante è svolto dai grandi gestori delle reti (elettriche, gas, logistica del petrolio e derivati) e degli impianti di trasformazione (centrali elettriche, raffinerie, ecc.) che condizionano (qualche volta stimolano) lo sviluppo tecnologico dei componenti e sistemi e indirizzano un indotto numerosissimo di medie piccole aziende.

Anche nell’ambito “consumer”, produzione dell’enorme quantitativo di dispositivi per l’uso finale dell’energia e dei sistemi di utenza, emerge la stessa “geografia industriale” indicata in precedenza con grandi gruppi multinazionali dominanti e una “infinità” di medie e piccole industrie e artigiani dediti all’impiantistica, alla manutenzione e alle produzioni di piccola serie.

Il settore ambientale, nello specifico quello trattato del ciclo delle acque e della manutenzione forestale, presenta, nella maggior parte dei casi, sistemi “piccoli”

78    

fortemente localizzati a servizio di territori limitati per quanto riguarda le aziende di gestione (anche se in numero ridotto nel settore del ciclo delle acque esistono alcune grandi multinazionali come Suex Lyonnaise des eaux, Veolia, ecc.).

La nazione leader per l’industria del ciclo dell’acqua è la Francia, per la manutenzione forestale sono la Germania ed il Canada.

A completamento di questa breve analisi nella figura seguente è riportata la tavola di confronto, estratta dal documento di Horizon 2020 della UE, della leadership sulle tecnologie emergenti nei vari settori tra le principali aree del mondo più attive nella ricerca e innovazione: Europa, Asia e Nord America.

79    

1.3 Il ruolo dell’Italia: tecnologie, capitale umano, centri di ricerca.

La politica energetica nazionale è, pur nella propria autonomia di stato, molto legata a quella Europea di cui ha recepito gli obiettivi a medio e lungo termine. Il mix energetico nazionale è molto sbilanciato sul gas naturale ed è completamente assente il nucleare. In questi ultimi anni vi è stato un notevole incremento di produzione da rinnovabile di energia elettrica e una buona azione sull’uso razionale dell’energia.

La presenza storica di due grandi società per l’energia elettrica e per “l’oil &gas” ha creato un forte indotto per la produzione di dispositivi e sistemi per l’energia che si è affiancato alle società manifatturiere del settore elettromeccanico, idraulico, termomeccanico sia nazionali che multinazionali, anch’esse storicamente presenti a livello nazionale.

L’Italia presenta una leadership in alcuni settori chiave quali la costruzione di grandi pipeline (in particolare gasdotti), elettrodotti e di tutta la componentistica associata, ha importanti primati anche nella costruzione di centrali termoelettriche e della relativa componentistica. Ha sviluppato, inoltre, una notevole capacità di gestione dei grandi sistemi per l’energia quali le reti di trasporto e di distribuzione, tanto da avere una leadership indiscussa a livello internazionale sulle “smart grid” (principalmente le reti elettriche, ma più di recente anche quelle del gas naturale), che a sua volta ha fatto sviluppare un indotto di componentistica e sistemi di controllo molto attivo e capace di innovazione, presupposto per avere un ruolo importante nel mercato internazionale del settore, molto ampio come detto in precedenza.

In ambito processi energetici da fonti rinnovabili si è assistito in questi ultimi anni ad una crescente attività con la nascita e la trasformazione di molte piccole e medie società dedite, fondamentalmente, alla preparazione di progetti e permitting, all’assemblaggio e costruzione di impianti: attività stimolate dagli ampi margini economici in relazione ai consistenti incentivi alla produzione da fonte rinnovabile. La riduzione degli incentivi alla produzione e la loro eliminazione a breve sta ridimensionando il settore con una forte riduzione delle aziende operanti. L’eredità di questa situazione è comunque positiva poiché alcune aziende, non dedite solo ad approfittare della contingenza favorevole, hanno investito gli alti margini di guadagno in innovazione e perfezionamento di prodotto riuscendo ad occupare spazi

80    

importanti sui mercati internazionali. E’ il caso dei costruttori di inverter, di sistemi di gestione, di solare termodinamico, di solare a film sottile semitrasparente, di eolico e, principalmente, minieolico, caldaie e piccoli impianti a biomassa, ORC. Recentemente si nota, anche, un interesse industriale, con investimenti in ricerca e sviluppo, ai sistemi di accumulo elettrochimico e termico, nonché alla produzione di sistemi per biocombustibili di seconda e terza generazione.

Nel settore dell’uso razionale e recupero dell’energia l’industria nazionale si è distinta per la produzione di innovativi sistemi ORC e cogenerativi, nei sistemi di recupero energetico dei fluidi in movimento (acquedotti, distribuzione del gas, ecc.), nei sistemi per la produzione di calore e freddo con pompa di calore con riferimento geologico e da fonti geotermiche a bassa o media temperatura. Si nota, inoltre, un interesse industriale nella produzione di sistemi per l’illuminazione e corpi illuminanti con LED, nelle strutture per l’integrazione architettonica di pannelli fotovoltaici o solari termici, di sistemi di gestione dell’utenze energetiche negli edifici.

Il sistema universitario e dell’alta formazione nazionale sta contribuendo ad una formazione specializzata nel settore con offerte di master di primo e secondo livello con contenuti tecnici settoriali e con contenuti economico-gestionali, mentre in ambito formativo più rivolto alla ricerca e sviluppo sta indirizzando parte degli allievi di corsi di dottorato a specializzarsi acquisendo competenze specifiche del settore. In ambito industriale c’è stato, e continua ad esserci, una riqualificazione del personale progettista e delle vendite, quest’ultimi anche in funzione di dover agire principalmente sui mercati internazionali, più scarsa è stata la riqualificazione della manodopera produttiva ad eccezione dei montatori e collaudatori.

Nelle Università le aree culturali delle scienze applicate, quali Ingegneria, Agraria, e delle scienze, quali Geologia, Chimica, Biologia, Fisica, stanno contribuendo alla ricerca del settore con attività teoriche e sperimentali anche attraverso la costituzione di spin-off specifici o alla creazione di centri specializzati (Environment Park, CRIBE, ecc.). Il CNR e l’ENEA hanno centri di eccellenza nel settore quali, a titolo di esempio, l’Istituto Motori, l’INVALSI (biomasse), il centro di Portici per il solare e quello della Trisaia per le biomasse e solare termico. Anche in ambito industriale sono presenti importanti centri di ricerca come quelli di ENEL, ENI, FIAT o di

81    

strutture partecipate come il CESI, con laboratori presenti su tutto il territorio nazionale e con forti legami internazionali.

In sintesi il sistema della ricerca nazionale, sia pubblico che privato, è notevole e presenta eccellenze riconosciute a livello internazionale. Occorre però notare che l’insieme è numericamente e strutturalmente consistente ma non coordinato, perdendo, quindi, la capacità di presentarsi con quella “massa critica” necessaria per candidarsi, sia a livello nazionale che internazionale, a sviluppare e gestire grandi progetti multidisciplinari.

1.4. Le regioni della coesione: lo stato dell’offerta.

In ambito energetico, l’area meridionale italiana, ha importanti infrastrutture in consistente espansione a seguito dell’ attuazione dei programmi nazionali, e anche di quelli europei, per incrementare la capacità di approvvigionamento (principalmente gas) e di interscambio dell’energia elettrica con le aree dell’est Europa e del nord Africa. L’obiettivo prospettico, presente anche nel documento di Strategia Energetica Nazionale (SEN), di candidare l’Italia ad essere un “hub energetico”, in particolare per il gas naturale, e un nodo importante per “l’anello elettrico del mediterraneo”, vede le regioni della convergenza in un ruolo di primo piano.

Nelle regioni in considerazione hanno sede importanti impianti nazionali di estrazione idrocarburi e grandi impianti di trasformazione quali raffinerie e centrali elettriche.

Ciò ha indotto, e continua a produrre, un apprezzabile sviluppo economico in attività di conduzione e di servizio di queste strutture la cui proprietà è, nella quasi totalità dei casi, di grandi aziende multinazionali. E’, peraltro, da notare che quest’ultime poco si avvalgono delle realtà locali presenti (o sviluppabili, se supportate da un’adeguata committenza), in merito alla utilizzazione delle capacità e delle competenze in ricerca, sviluppo, progettazione e realizzazione dei componenti e sottosistemi ad alto contenuto tecnologico.

Per la posizione geografica, la conformazione orografica e naturalistica, l’area delle regioni della convergenza è caratterizzata dalla presenza di fonti di energia rinnovabili con un rilevante potenziale energetico, che si estrinseca nell’eolico, nel

82    

solare, e, con minore capacità, anche nelle biomasse, nel geotermico e nell’idraulico. Lo sfruttamento di queste potenzialità sta facendo sviluppare, ed è in continua crescita, un’attività economica correlata alla realizzazione e alla gestione degli impianti necessari allo scopo.

L’area presenta anche importanti infrastrutture per la gestione del ciclo delle acque e contemporaneamente zone in cui è fondamentale, per la qualità della vita e l’economia, svilupparne o migliorare quelle esistenti. Presenta inoltre ampie superfici boschive ed un’importante attività agricola.

In relazione alla capacità di ricerca ed innovazione l’area delle regioni della convergenza presenta un buon tessuto di università e di centri di ricerca. Essi sono portatori di un’economia legata alla formazione ed alla ricerca e, in collaborazione con strutture pubbliche e private, stanno stimolando la costituzione di spin-off produttivi.

E’, però, da notare che, probabilmente per la mancanza di un forte ed attivo tessuto industriale, le attività di ricerca sono prevalentemente a carattere speculativo e, raramente, dimostrativo, scarsa è l’attività di trasferimento industriale (con qualche eccezione in Puglia e Campania) e di deposito di brevetti. Anche qui, come a livello nazionale, è scarsa la capacità di coordinamento tra strutture per costituire quella massa critica per sviluppare e gestire grandi progetti.

In questo contesto il settore industriale è caratterizzato da alcuni grandi stabilimenti manifatturieri, come premesso, e da un tessuto di medie e piccole imprese più “denso” nelle regioni Puglia e Campania e nella Sicilia (in particolare Catania e recentemente Agrigento). E’ da rimarcare che, con poche eccezioni in Puglia e Campania, è difficile individuare dei veri e propri distretti industriali caratterizzabili con attività prevalenti e servizi adeguati, né si riscontrano sul territorio delle reali organizzazioni a rete con la messa a sistema di competenze diverse e complementari rispetto ad un dato obiettivo.

Questa situazione generale fa emergere il dato di scarsa attrattività dell’area per gli investimenti in processi produttivi manifatturieri. Si possono però individuare medie imprese con cui aggregare strutture produttive specializzate: attività sviluppabile nei distretti con opportuna governance, ostacolo maggiore “la diffidenza” dei piccoli imprenditori.

83    

Esiste una discreta potenzialità per lo sviluppo di una parte della filiera del solare (non la produzione del silicio) e di macchine a fluido (sia gassoso che liquido). Esiste anche una discreta potenzialità per le macchine per la produzione del calore da biomassa e da solare e sistemi di accumulo del caldo e del freddo.

Nell’area si può osservare una buona potenzialità per sviluppare e produrre dispositivi di processo e di recupero e sistemi di monitoraggio per il ciclo delle acque. Analogamente vi è una discreta potenzialità per lo sviluppo di macchine e tecniche di manutenzione forestale in territori “difficili” come accesso oltre alla possibilità di sviluppare macchine e processi per la produzione dei pellet da scarti di legno ed agricoli.

Esiste anche una discreta potenzialità per lo sviluppo e la produzione di sistemi di previsione metereologiche da impiegare per la gestione delle FER e del territorio.

Lo sviluppo di nuovi materiali in relazione alle strutture esistenti in Campania e Puglia potrebbe portare ad un indotto industriale in ambito FER interessante.

84    

Analisi  settoriale:    

Area  ICT  e  Security    

 

 

 

 

Luca  Benini    

Università  di  Bologna  

85    

1. Analisi prospettica del settore

Il settore ICT rappresenta nel suo complesso il 4.8% dell’economia europea ed è caratterizzato da una alta propensione agli investimenti in ricerca e sviluppo. Infatti il 25% di total business expenditure in Research and Development (R&D) è nel settore ICT, Il valore strategico e abilitante delle tecnologie ICT è evidente: gli investimenti in ICT hanno sono alla base di ben il 50% della crescita di produttività europea [FACT SHEET2012]. La capacità dell’ICT di generare crescita in modo trasversale deve confrontarsi e adattarsi ai macro-trends globali che si sono evidenziati fortemente negli ultimi anni.

A livello macro-economico, gli ultimi anni sono caratterizzati da forti turbolenze finanziarie e dal fenomeno della polarizzazione tra economie emergenti e avanzate. Le prime sono dinamiche, con una popolazione consistente e giovane ed elevate opportunità da cogliere; le seconde, tra cui quelle europee ed italiana in particolare, in difficoltà, indebitate, con popolazione in progressivo invecchiamento e mercati interni a bassissimo tasso di crescita. Questo sbilanciamento emerge chiaramente nella distribuzione della ricchezza interna dei diversi paesi e nei trend relativi. Le proiezioni di Oxford Economics mostrano per il 2020 uno scenario relativo alla crescita della ricchezza interna costituito per il 57% dai paesi emergenti, grazie a un tasso di crescita medio annuo pari al 5,4% [ANCI2012]. E’ chiaro quindi che anche il settore ICT, tradizionalmente focalizzato sia a livello di players che a livello di customers sulle economie sviluppate, deve confrontarsi con uno sbilanciamento crescente della crescita verso economie emergenti.

Un secondo fenomeno globale, evidente e confermato della polarizzazione per aree geografiche, riguarda le città. Secondo lo studio The New Economics of Cities - condotto da The Climate Group, Arup, Accenture, Horizon University of Nottingham – ammonteranno a 5 miliardi le persone che nel 2020 abiteranno nelle città, con evidenti impatti in termini di qualità della vita, sostenibilità ambientale, mobilità, consumo energetico e idrico. Ciò sta determinando un crescente interesse verso la gestione complessiva delle città, con un forte utilizzo di ICT (smart city) e, soprattutto, con una visione olistica, in cui la governance strutturata diventa fattore abilitante. Infatti, le risposte che si stanno fornendo a soluzione di una così elevata complessità sono indirizzate a soddisfare almeno tre grandi obiettivi: sostenibilità e prosperità economica; vivibilità e sicurezza; salvaguardia dell’ambiente.

86    

1.1 Le tecnologie con le migliori prospettive

Possiamo identificare tre mega-trend emergenti negli ultimi anni, fortemente legati alle evoluzioni tecnologiche in ambito ICT in un circolo virtuoso. in cui le evoluzioni tecnologiche abilitano nuove applicazioni che a loro volta pongono nuovi requisiti e sfide che fungono da propellente per lo sviluppo delle tecnologie. In primo luogo, la mobilità esigente, o smart mobility. L’aumento esponenziale del numero di smartphone in tutto il mondo consentirà il sorpasso sui PC ma, soprattutto, genererà presso gli utilizzatori il bisogno di effettuare in mobilità tutte le attività cui sono abituati. La mobilità sarà ancor più accentuata oltre che dagli smartphone (anche low cost sotto i 100 dollari), dai tablet e dalla diffusione dell’Internet degli oggetti. Il machine-to-machine to people sarà un ulteriore elemento di sviluppo. Le comunicazioni M2M modificheranno il modo con cui le persone gestiranno il loro mondo, dalla mobility, agli aspetti sanitari, al consumo energetico o altro.

L’esigenza di mobilità comporterà la crescita e lo sviluppo del mercato delle applicazioni mobili. Esse tenderanno a specializzarsi per funzione e device, a essere proposte su “store” e su “marketplace”; saranno anche progressivamente soggette ad attacchi informatici più intensi rispetto all’attuale. Sempre più consentiranno l’estrazione di dati personali. In aggiunta, si avrà un crescente utilizzo del video come mezzo evoluto di comunicazione business-to-business e business-to to consumer, anche per far evolvere servizi tradizionali come i contact center. L’espansione dei device mobili consentirà lo sviluppo dei portafogli e pagamenti mobili, grazie a nuove normative, alla diffusione delle tecnologie NFC, ai “dongle” (device che si attaccano al PC e consentono l’accesso ad applicazioni protette o wireless) e a nuovi modi di fare acquisti in mobilità.

Il secondo mega-trend è lo sviluppo sempre più diffuso del social per il coinvolgimento sempre più marcato del cliente. L’ambito social sarà davvero molto esteso. Abbraccerà le aziende, il business, il modo di fare televisione, di concepire i giochi. Social sarà sinonimo di condivisione e di capacità di influenzare. L’ulteriore impatto del social è dato dalla centralità del cliente, intesa non solo come importanza, ma anche come suo coinvolgimento nell’ideazione dei prodotti e dei servizi.

Questi primi trend sono strettamente correlati a quello dei big data, che creano nuove esigenze di storage, di gestione e di sicurezza dei dati; e ancora, di avere la capacità

87    

di comprendere e analizzare moli di dati strutturati e non, provenienti in tempo reale o differito, quindi di disporre di una nuova generazione di “analytics”. Più che un trend è la conferma del consolidamento del cloud nelle sue diverse declinazioni e utilizzi: pubblici, privati e ibridi.

E' chiaro che i tre mega trends, smart mobility, social and big data, sono fortemente basati sulle tecnologie ICT, e da esse traggono impulso evolutivo. Questo fatto è ben chiaro a livello comunitario europea. Gli investimenti nel settore ICT sono una delle priorità del programma Horizon 2020: è previsto infatti un aumento del 46% rispetto al settimo programma quadro (FP7), in linea con il piano della Commissione di aumentare la disponibilità di fondi per la ricerca su tutti i temi. Questo investimento sarà focalizzato su attività di ricerca e innovazione ad altro rischio, con il potenziale di creare “business breakthroughs” nell'ambito dei tre mega-trends identificati sopra, facendo leva su tecnologie emergenti. In particolare, sono già state individuate le seguenti aree tecnologiche prioritarie:

1. Components and systems: Smart embedded components and systems, micro-nano- bio systems, organic electronics, large area integration, technologies for the internet of things (IoT), smart integrated systems, systems of systems and complex system engineering

2. Next generation computing: Processor and system architecture, interconnect and data localisation technologies, cloud computing, parallel computing and simulation software

3. Future Internet: Networks, software and services, cyber security, privacy and trust, wireless communication and all optical networks, immersive interactive multimedia and connected enterprise

4. Content technologies and information management: Technologies for language, learning, interaction, digital preservation, content access and analytics; advanced data mining, machine learning, statistical analysis and visual computing

5. Advanced interfaces and robots: Service robotics, cognitive systems, advanced interfaces, smart spaces and sentient machines

6. Key Enabling Technologies: Micro- nano-electronics and photonics: Design, advanced processes, pilot lines for fabrication, related production technologies and demonstration actions to validate technology developments and innovative business models

88    

E’ importante rimarcare che lo sviluppo di queste tecnologie e delle relative competenze e capacità è strategico per il mantenimento e rafforzamento della leadership industriale europea. In altre parole, i temi sopra elencati costituiscono aree di investimento prioritarie per lo sviluppo di tecnologie ICT abilitanti. L'orizzonte temporale per la maturazione di queste tecnologie, è di medio termine (4-6 anni), ma è possibile ipotizzare ricadute sul piano dell'innovazione e creazione di mercati anche su un orizzonte temporale più breve per alcuni sotto-settori. Gartner-Dataquest ha infatti identificato le seguenti top 10 priorità tecnologiche nel settore ICT per il 2012 (qui riportate con un link diretto alle aree tecnologiche elencate sopra):

1. Analytics e business intelligence ⟶ 3,4

2. Tecnologie mobile ⟶ 1, 2, 3, 4, 5, 6

3. Cloud computing (SaaS, IaaS, PaaS) ⟶ 2, 3

4. Tecnologie collaborative (workflow) ⟶3, 4

5. Modernizzazione del legacy ⟶ 3, 4, 5

6. IT management ⟶ 3, 4

7. CRM⟶3,4

8. ERP applications ⟶ 3, 4

9. Security ⟶ 1, 3

10. Virtualizzazione ⟶ 2, 3

La lista top-10 è stata ottenuta raccogliendo informazioni da un campione di CEO di grandi aziende ICT internazionali, ed è evidentemente focalizzata su priorità tecnologiche a breve termine (1-3 anni). Risulta evidente come le aree “future internet” e “content technologies and information management” includano tecnologie il cui impatto atteso sul mercato è a breve termine.

L'ICT ha un ruolo abilitante nelle principali trasformazioni della società globale. Una analisi delle più importanti tecnologie ICT non può quindi prescindere dall'evidenziare il loro impatto nell'affrontare le più importanti sfide per l'umanità sul piano sociale in generale, nell'ottica dei grandi trends macro-economici. La commissione europea, nel contesto della definizione delle priorità del programma Horizon 2020, ha identificato aree di impatto sociale prioritarie per l'area della ricerca europea, e ha fornito indicazioni sul ruolo delle tecnologie ICT nell'affrontare tali

89    

“societal challenges”. Un elenco sintetico delle societal challenges e dei principali obiettivi raggiungibili tramite lo sviluppo dell ICT è il seguente:

• Health, demographic change & wellbeing; e-health, self management of health, improved diagnostics, improved surveillance, health data collection, active ageing, assisted living;

• Secure, clean and efficient energy; Smart cities; Energy efficient buildings; smart electricity grids; smart metering;

• Smart, green and integrated transport; Smart transport equipment, infrastructures and services; innovative transport management systems; safety aspects

• Climate action, resource efficiency and raw materials: ICT for increased resource efficiency; earth observation and monitoring

• Inclusive, innovative and secure societies: Digital inclusion; social innovation platforms; e-government services; e-skills and e-learning; e-culture; cyber security; ensuring privacy and protection of human rights on-line

1.2 I paesi e le industrie leader nel settore

Il grafico 1 raffigura i grandi settori industriali con sfere il cui diametro rappresenta il volume complessivo del mercato e la cui posizione nei quattro quadranti dà una indicazione sul livello di leadership tecnologica delle aziende europee. Sfere nel primo quadrante (in altro a sinistra) rappresentano aree in cui l'Europa ha una chiara leadership tecnologica. E' chiaro da questo grafico che l'Europa è in una posizione di ritardo tecnologico rispetto agli stati uniti e non ha una chiara leadership rispetto alle grandi economie asiatiche.

E' chiaro peraltro che dato il valore del mercato delle tecnologie ICT (si noti il volume del mercato) a, ancora più importante, il loro valore come tecnologie abilitanti per le grandi trasfromazioni sociali, che l'ICT deve restare settore di investimento prioritario per l'area della ricerca EU. Questo non tanto o non solo per riconquistare quote del mercato ICT, ma per poter sviluppare il pieno potenziale di tali tecnologie nell'abilitare innovazioni vincenti in altri mercati. A titolo di esempio si noti che nel settore automobilistico la chiara leadership europea non sarebbe stata possibile senza un forte supporto delle tecnologie ICT (embedded systems), che hanno reso possibili le principali innovazioni nel settore (si pensi alla sicurezza, legata a dispositivi di controllo elettronico, alla navigazione e al car infotainment).

90    

Grafico 1

1.3 Il ruolo dell’Italia: tecnologie, capitale umano, centri di ricerca

Il Global Digital Market è stato definito per volontà di Assinform e di NetConsulting [Assinform 2012], al fine di dare evidenza a elementi oramai fondamentali nell'ambito del mercato ICT nazionale e internazionale:

• la crescente convergenza tra IT e TLC, settori sempre più intersecati nell’offerta diprodotti e nell’erogazione di servizi;

• la ricchezza di dispositivi e funzioni all’interno della vita privata e professionale. Una vita che nel tempo si è arricchita di componenti di telefonia, personal computing, televisione digitale, attività “social” e di gioco, individuali e condivisi sulla rete, e che vede il “privato” incrociarsi con il “professionale” nelle attitudini, nei modi di operare e negli strumenti utilizzati. A tal punto che i device personali divengono strumenti business

• la dimensione sociale nelle modalità di interazione e la pervasività di Internet nelle modalità di comunicazione e di acquisto, che coinvolge aziende, consumatori e Istituzioni;

• il crescente ruolo di Internet anche nella gestione delle informazioni, con l’affermazione crescente del cloud computing;

• la digitalizzazione inarrestabile dei contenuti fruiti da rete fissa e mobile, attraverso dispositivi ICT sempre più performanti, con la conseguente modifica delle

!

1.2 I paesi e le industrie leader nel settore !

!

!

"#!$%&'()*!+(! '($,%&! -./0/0+*)1! %&''($,%&! (! $%&2+(!3455*%(! (2+,35%(&#(! )*2!3'4%4! (#! ),(!+(&645%*!%&77%43425&! (#!8*#,64!)*67#433(8*!+4#!64%)&5*!4! ! #&!),(!7*3(9(*24!24(!:,&55%*!:,&+%&25(!+;!,2&! (2+()&9(*24!3,#! #(84##*!+(! #4&+4%3<(7! 54)2*#*$()&!+4##4!&9(42+4!4,%*744=! !>'4%4!24#!7%(6*!:,&+%&254! ?(2! &#5%*! &! 3(2(35%&@! %&77%43425&2*! &%44! (2! ),(! #AB,%*7&! <&! ,2&! )<(&%&! #4&+4%3<(7!54)2*#*$()&=!BA!)<(&%*!+&!:,435*!$%&'()*!!)<4!#AB,%*7&!C!(2!,2&!7*3(9(*24!+(!%(5&%+*!54)2*#*$()*!%(37455*!&$#(!35&5(!,2(5(!4!2*2!<&!,2&!)<(&%&!#4&+4%3<(7!%(37455*!&##4!$%&2+(!4)*2*6(4!&3(&5()<4=!!

!

BA! )<(&%*! 74%&#5%*! )<4! +&5*! (#! 8&#*%4! +4#!64%)&5*! +4##4! 54)2*#*$(4! "DE! ?3(! 2*5(! (#! 8*#,64! +4#!64%)&5*@! &F! &2)*%&! 7(G! (67*%5&254F! (#! #*%*! 8&#*%4! )*64! 54)2*#*$(4! &H(#(5&25(! 74%! #4! $%&2+(!5%&3'%*6&9(*2(! 3*)(&#(F! )<4! #A"DE! +484! %435&%4! 3455*%4! +(! (28435(6425*! 7%(*%(5&%(*! 74%! #A&%4&!+4##&! %()4%)&!BI=!J,435*!2*2! 5&25*!*! !2*2!3*#*!74%! %()*2:,(35&%4!:,*54!+4#!64%)&5*! "DEF!6&!!74%!!7*54%!38(#,77&%4!(#!7(42*!7*5429(&#4!+(!5&#(!54)2*#*$(4!24##A&H(#(5&%4!(22*8&9(*2(!8(2)425(!(2!&#5%(!64%)&5(=! !K!5(5*#*!+(!43467(*!3(!2*5(!)<4!24#!3455*%4!&,5*6*H(#(35()*!#&!)<(&%&!#4&+4%3<(7!4,%*74&!2*2!3&%4HH4!35&5&!7*33(H(#4!3429&!,2!'*%54!3,77*%5*!+4##4!54)2*#*$(4!"DE!?46H4++4+!3L35463@F!)<4!<&22*!%43*!7*33(H(#(!#4!7%(2)(7&#(!(22*8&9(*2(!24#!3455*%4!?3(!7423(!&##&!3(),%499&F!#4$&5&!&!+(37*3(5(8(!+(!)*25%*##*!4#455%*2()*F!&##&!2&8($&9(*24!4!&#!)&%!(2'*5&(26425@=!!

91    

modalità dicomunicazione, legate non più solo alla musica o alle news, ma anche alla pubblicità, all’editoria, all’istruzione.

Tutti questi fattori hanno indotto a superare lo schema tradizionale, che affiancava al mercato dell’Information Technology quello delle Telecomunicazioni, e a guardare al complesso del mondo digitale nelle sue declinazioni macro: dispositivi e sistemi, software, servizi, contenuti.

Il mercato, così interpretato, si trova a raccogliere ed evidenziare componenti prima mai considerate, perché emerse di recente o perché tradizionalmente considerate laterali al mercato ICT propriamente detto. I quattro nuovi segmenti che compongono il Global Digital Market sottostanno alle seguenti considerazioni:

• Dispositivi e Sistemi: tutti i prodotti utilizzati nelle imprese o nelle abitazioni, in modo stanziale o in mobilità, più o meno specializzati e dedicati a specifiche funzioni, e abilitati da infrastrutture di rete (mobili, fisse, satellitari, televisive) che consentono anche il dialogo tra sistemi (machine to machine);

• Software e Soluzioni: le soluzioni fruite e acquistate in modalità on premise;

• Servizi ICT: tutte le diverse tipologie di servizi erogati sui sistemi e le soluzioni;

• Contenuti Digitali e Pubblicità on-line: dizione autoesplicativa, ma che non comprendené le transazioni da commercio né contenuti fruibili da supporto fisico (es. CDRom, DVD, ecc).

Gli innesti prima non considerati, e ora valorizzati hanno generato un differenziale (rispetto al puro mercato ICT) di oltre 11 miliardi di euro, e sono nel loro insieme risultati in crescita di quasi il 6% nel 2011, in ulteriore accelerazione rispetto al circa 3% del 2010. Nel 2011 il valore del Global Digital Market in Italia è stato così pari a 69.312 milioni di euro, con una decrescita del 2,2% di poco superiore a quella del 2010 (-1,7%), ma con un certo dinamismo per gli elementi più innovativi. La

1.3 Il ruolo dell’Italia: tecnologie, capitale umano, centri di ricerca !"# $"%&'"# ()*)+'"# ,'-./+# 0# 1+'+%# 2/3)4)+%# 5/-# 6%"%4+7# 2)# 811)43%-9# /# 2)# :/+;%41<"+)4*#

=811)43%-9# >?@>AB# '"# 3)4/# 2)# 2'-/# /6)2/4C'# '# /"/9/4+)# %-'9')# 3%42'9/4+'")# 4/""D'9&)+%# 2/"#

9/-E'+%#!;F#4'C)%4'"/#/#)4+/-4'C)%4'"/G#

• "'# E-/1E/4+/# E%46/-*/4C'# +-'# !F# /# FH;B# 1/++%-)# 1/95-/# 5)I# )4+/-1/E'+)# 4/""J%33/-+'#

2)5-%2%++)#/#4/""J/-%*'C)%4/#2)#1/-6)C)K#

• "'#-)EEL/CC'#2)#2)15%1)+)6)#/# 3<4C)%4)#'""J)4+/-4%#2/""'#6)+'#5-)6'+'#/#5-%3/11)%4'"/M#N4'#

6)+'# EL/# 4/"# +/95%# 1)# 0# '--)EEL)+'# 2)# E%95%4/4+)# 2)# +/"/3%4)'B# 5/-1%4'"# E%95<+)4*B#

+/"/6)1)%4/#2)*)+'"/B#'++)6)+7#O1%E)'"P#/#2)#*)%E%B# )42)6)2<'")#/#E%42)6)1)# 1<""'#-/+/B#/#EL/#

6/2/#)"#O5-)6'+%P#)4E-%E)'-1)#E%4#)"#O5-%3/11)%4'"/P#4/""/#'++)+<2)4)B#4/)#9%2)#2)#%5/-'-/#/#

4/*")# 1+-<9/4+)# <+)")CC'+)M# 8# +'"# 5<4+%# EL/# )# 2/6)E/# 5/-1%4'")# 2)6/4*%4%# 1+-<9/4+)#

&<1)4/11##

• "'# 2)9/41)%4/# 1%E)'"/# 4/""/#9%2'")+7# 2)# )4+/-'C)%4/# /# "'# 5/-6'1)6)+7# 2)# !4+/-4/+# 4/""/#

9%2'")+7# 2)# E%9<4)E'C)%4/# /# 2)# 'EQ<)1+%B# EL/# E%)46%"*/# 'C)/42/B# E%41<9'+%-)# /#

!1+)+<C)%4)K#

• )"# E-/1E/4+/# -<%"%# 2)# !4+/-4/+# '4EL/# 4/""'# */1+)%4/# 2/""/# )43%-9'C)%4)B# E%4#

"J'33/-9'C)%4/#E-/1E/4+/#2/"#E"%<2#E%95<+)4*K#

• "'# 2)*)+'")CC'C)%4/# )4'--/1+'&)"/#2/)# E%4+/4<+)# 3-<)+)# 2'# -/+/# 3)11'# /#9%&)"/B# '++-'6/-1%#

2)15%1)+)6)# !;F# 1/95-/# 5)I# 5/-3%-9'4+)B# E%4# "'# E%41/*</4+/# 9%2)3)E'# 2/""/# 9%2'")+7#

2)E%9<4)E'C)%4/B#"/*'+/#4%4#5)I#1%"%#'""'#9<1)E'#%#'""/#4/R1B#9'#'4EL/#'""'#5<&&")E)+7B#

'""J/2)+%-)'B#'""J)1+-<C)%4/M#

F<++)#Q</1+)#3'++%-)#L'44%#)42%++%#'#1<5/-'-/#"%#1EL/9'#+-'2)C)%4'"/B#EL/#'33)'4E'6'#'"#9/-E'+%#

2/""J!43%-9'+)%4# F/EL4%"%*S# Q</""%# 2/""/# F/"/E%9<4)E'C)%4)B# /# '# *<'-2'-/# '"# E%95"/11%# 2/"#

9%42%#2)*)+'"/#4/""/#1</#2/E")4'C)%4)#9'E-%G#2)15%1)+)6)#/#1)1+/9)B#1%3+R'-/B#1/-6)C)B#E%4+/4<+)M#

#

#

!"#9/-E'+%B#E%1T#)4+/-5-/+'+%B#1)#+-%6'#'#-'EE%*")/-/#/2#/6)2/4C)'-/#E%95%4/4+)#5-)9'#9')#

E%41)2/-'+/B# 5/-ELU# /9/-1/# 2)# -/E/4+/# %# 5/-ELU# +-'2)C)%4'"9/4+/# E%41)2/-'+/# "'+/-'")# '"#

9/-E'+%#!;F#5-%5-)'9/4+/#2/++%M#

!#Q<'++-%#4<%6)#1/*9/4+)#EL/#E%95%4*%4%# )"#$"%&'"#()*)+'"#,'-./+#1%++%1+'44%#'""/#1/*</4+)#

E%41)2/-'C)%4)G#

• ()15%1)+)6)#/#V)1+/9)G#+<++)#)#5-%2%++)#<+)")CC'+)#4/""/#)95-/1/#%#4/""/#'&)+'C)%4)B#)4#9%2%#

1+'4C)'"/# %# )4# 9%&)")+7B# 5)I# %# 9/4%# 15/E)'")CC'+)# /# 2/2)E'+)# '# 15/E)3)EL/# 3<4C)%4)B# /#

'&)")+'+)# 2'# )43-'1+-<++<-/# 2)# -/+/# W9%&)")B# 3)11/B# 1'+/"")+'-)B# +/"/6)1)6/X# EL/# E%41/4+%4%#

'4EL/#)"#2)'"%*%#+-'#1)1+/9)#W9'EL)4/#+%#9'EL)4/XK#

92    

componente a maggiore dinamicità (+7,1%) è stata quella dei contenuti digitali e pubblicità on-line, mentre il segmento a maggiore rallentamento (e dimensione) è stato quello dei servizi ICT.

1.4 Le regioni della coesione: lo stato dell'offerta

Il grafico nella figura sottostante (rapporto RIID 2010) indica i gap delle regioni convergenza rispetto ai valori obiettivi dell’agenda digitale per alcuni indicatori chiave: ricorso all’egovernment, utilizzo di internet e dell’ecommerce da parte dei cittadini e delle famiglie, e penetrazione della connettività a banda larga (ADSL2 e a seguire, broadband internet).

Il grafico mostra che tutte le regioni obiettivo hanno significativi ritardi rispetto agli obiettivi dell’agenda digitale. D’altro canto, la situazione non è del tutto uniforme. In particolare la Campania risulta significativamente più avanzata delle restanti regioni obiettivo per quanto riguarda la penetrazione dell’infrastruttura di rete a banda larga (sia ADSL2 sia per le reti in fibra ottica. Inoltre, la Campania sopravanza le restanti regioni (se pure con un gap meno significativo), per quanto riguarda l’utilizzo di internet e i servizi di e-government. La situazione di maggior sofferenza è quella della Calabria, che soffre di un gap significativo nel gruppo delle regioni convergenza specialmente per quanto riguarda l’infrastruttura di rete (sia ADSL2 che in fibra ottica). In controtendenza invece la penetrazione dell’ecommerce tra le

• !"#$%&'()()!"*+,-".-/)*()0"*+,-".-)#'+-$()()&12+-0$&$()-.)3"4&*-$5)".)6'(3-0(7)• !('8-,-)9:;/)$+$$()*()4-8('0()$-6"*"<-()4-)0('8-,-)('"<&$-)0+-)0-0$(3-)()*()0"*+,-".-7)• :".$(.+$-)=-<-$&*-)()>+??*-1-$5)".@*-.(/)4-,-".()&+$"(06*-1&$-8&A)3&)1B().".)1"36'(.4()

.C) *() $'&.0&,-".-) 4&) 1"33('1-") .C) 1".$(.+$-) #'+-?-*-) 4&) 0+66"'$") #-0-1") D(0E) :=F"3A)=G=A)(11HE)

I*-)-..(0$-)6'-3&).".)1".0-4('&$-A)()"'&)8&*"'-,,&$-)B&..")<(.('&$")+.)4-##('(.,-&*()D'-06($$")&*)6+'")3('1&$")9:;H)4-)"*$'()JJ)3-*-&'4-)4-)(+'"A)()0".").(*)*"'")-.0-(3()'-0+*$&$-)-.)1'(01-$&)4-)2+&0-) -*) KL) .(*) MNJJA) -.) +*$('-"'() &11(*('&,-".() '-06($$") &*) 1-'1&) OL) 4(*) MNJNE) P(*) MNJJ) -*)8&*"'()4(*)I*"?&*)=-<-$&*)Q&'R($) -.) 9$&*-&) S) 0$&$") 1"0T)6&'-) &)KUEOJM)3-*-".-)4-) (+'"A) 1".)+.&)4(1'(01-$&)4(*)MAML)4-)6"1")0+6('-"'()&)2+(**&)4(*)MNJN)D@JAVLHA)3&)1".)+.)1('$")4-.&3-03")6(')<*-)(*(3(.$-)6-W)-.."8&$-8-E)X&)1"36".(.$()&)3&<<-"'()4-.&3-1-$5)DYVAJLH)S)0$&$&)2+(**&)4(-) 1".$(.+$-) 4-<-$&*-) () 6+??*-1-$5) ".@*-.(A)3(.$'() -*) 0(<3(.$") &)3&<<-"'() '&**(.$&3(.$") D()4-3(.0-".(H)S)0$&$")2+(**")4(-)0('8-,-)9:;E))

)

)

)

1.4 Le regioni della coesione: lo stato dell'offerta 9*)<'&#-1").(**&)#-<+'&)0"$$"0$&.$()D'&66"'$")F99=)MNJNH))-.4-1&)-)<&6)4(**()'(<-".-)1".8('<(.,&)'-06($$") &-) 8&*"'-) "?-($$-8-) 4(**Z&<(.4&) 4-<-$&*() 6(') &*1+.-) -.4-1&$"'-) 1B-&8(/) '-1"'0")&**Z(<"8('.3(.$A)+$-*-,,")4-)-.$('.($)()4(**Z(1"33('1()4&)6&'$()4(-)1-$$&4-.-)()4(**()#&3-<*-(A)()6(.($'&,-".()4(**&)1"..($$-8-$5)&)?&.4&)*&'<&)D[=!XM)()&)0(<+-'(A)?'"&4?&.4)-.$('.($HE))

93    

regioni convegenza. Per questo indicatore la Calabria risulta essere in prima posizione rispetto alle regioni obiettivo.

Per quanto riguarda lo sviluppo delle imprese ad alto contenuto tecnologico, la Campania e la Sicilia risultano essere avvantaggiate dalla presenza di distretti industriali di primaria importanza a livello nazionale, caratterizzati dalla presenza di grandi imprese con capacità di investimento significative nell’ambito della ricerca e sviluppo. In particolare, in Sicilia si evidenzia il distretto tecnologico Micro e Nanosistemi, legato all’area industriale Etna valley, mentre in Campania si evidenzia il Distretto tecnologico sull’ingegneria dei materiali compositi e polimerici, legato all’area industriale Aerospaziale e Aeronautica e a quella dei trasporti. La situazione della regione Puglia è leggermente diversa, in quanto si rileva una maggior frammentazione delle aziende a vocazione tecnologica, e una minor presenza di sedi con elevata massa critica dei grandi gruppi industriali. La situazione più arretrata dal punto di vista industriale è senza dubbio quella della Calabria, regione caratterizzata da una presenza industriale ridotta e fortemente frammentata, in gran parte legata a aree produttive tradizionali a basso contenuto tecnologico.

!"#!$%&'()*!+*,-%&!)./!-0--/!#/!%/$(*1(!*2(/--(3*!.&11*!,($1('()&-(3(!!%(-&%4(!%(,5/--*!&$#(!*2(/--(3(!4/##6&$/14&!4($(-&#/7! ! !86&#-%*! )&1-*9! #&! ,(-0&:(*1/!1*1!;!4/#! -0--*!01('*%+/7! "1!5&%-()*#&%/! #&!<&+5&1(&!%(,0#-&!,($1('()&-(3&+/1-/!5(=!&3&1:&-&!4/##/! %/,-&1-(! %/$(*1(!*2(/--(3*!5/%!>0&1-*!%($0&%4&!#&!5/1/-%&:(*1/!4/##6(1'%&,-%0--0%&!!4(!%/-/!&!2&14&!#&%$&!?,(&!@8ABC!,(&!5/%!#/!%/-(!(1!'(2%&! *--()&7! "1*#-%/9! #&! <&+5&1(&! ,*5%&3&1:&! #/! %/,-&1-(! %/$(*1(! ?,/! 50%/! )*1! 01! $&5!+/1*!,($1('()&-(3*D9! 5/%! >0&1-*! %($0&%4&! #60-(#(::*! 4(! (1-/%1/-! /! (! ,/%3(:(! 4(! /E$*3/%1+/1-7! B&!,(-0&:(*1/!4(!+&$$(*%!,*''/%/1:&!;!>0/##&!!4/##&!<&#&2%(&9!)./!,*''%/!4(!01!$&5!,($1('()&-(3*!1/#!$%055*! 4/##/! %/$(*1(! )*13/%$/1:&! ,5/)(&#+/1-/! 5/%! >0&1-*! %($0&%4&! #6(1'%&,-%0--0%&! 4(! %/-/!?,(&!@8ABC!)./!(1!'(2%&!*--()&D7!!"1!)*1-%*-/14/1:&!(13/)/!#&!5/1/-%&:(*1/!4/##6/)*++/%)/!-%&!#/! %/$(*1(! )*13/$/1:&7! F/%! >0/,-*! (14()&-*%/! #&! <&#&2%(&! %(,0#-&! /,,/%/! (1! 5%(+&! 5*,(:(*1/!%(,5/--*!&##/!%/$(*1(!*2(/--(3*7!

F/%!>0&1-*!%($0&%4&!!#*!,3(#055*!4/##/!(+5%/,/!&4!&#-*!)*1-/10-*!-/)1*#*$()*9!#&!<&+5&1(&!/!#&!A()(#(&! %(,0#-&1*! /,,/%/! &33&1-&$$(&-/! 4&##&! 5%/,/1:&! 4(! 4(,-%/--(! (140,-%(&#(! 4(! 5%(+&%(&!(+5*%-&1:&!&!#(3/##*!1&:(*1&#/9!)&%&--/%(::&-(!4&##&!5%/,/1:&!4(!$%&14(!(+5%/,/!)*1!)&5&)(-G!4(!(13/,-(+/1-*! ,($1('()&-(3/! 1/##6&+2(-*! 4/##&! %()/%)&! /! ,3(#055*7! "1! 5&%-()*#&%/9! (1! A()(#(&! ,(!/3(4/1:(&!(#!4(,-%/--*!-/)1*#*$()*!H()%*!/!I&1*,(,-/+(9!#/$&-*!&##6&%/&!(140,-%(&#/!J-1&!3&##/K9!+/1-%/! (1! <&+5&1(&! ,(! /3(4/1:(&! (#! 8(,-%/--*! -/)1*#*$()*! ,0##6(1$/$1/%(&! 4/(! +&-/%(&#(!)*+5*,(-(! /! 5*#(+/%()(9! #/$&-*! &##6&%/&! (140,-%(&#/! @/%*,5&:(&#/! /! @/%*1&0-()&! /! &! >0/##&! 4/(!-%&,5*%-(7! ! B&! ,(-0&:(*1/!4/##&! %/$(*1/!F0$#(&! ;! #/$$/%+/1-/! 4(3/%,&9! (1! >0&1-*! ,(! %(#/3&!01&!+&$$(*%!'%&++/1-&:(*1/!!4/##/!&:(/14/!&!3*)&:(*1/!-/)1*#*$()&9!!/!01&!+(1*%!5%/,/1:&!4(!,/4(!)*1!/#/3&-&!+&,,&!)%(-()&!4/(!$%&14(!$%055(!(140,-%(&#(7!B&!,(-0&:(*1/!5(=!&%%/-%&-&!4&#!501-*!4(!3(,-&!(140,-%(&#/!;!,/1:&!4022(*!>0/##&!4/##&!<&#&2%(&9!%/$(*1/!)&%&--/%(::&-&!4&!01&!5%/,/1:&!

94    

Fortunatamente, a fronte di una disparità in termini di sviluppo industriale, dal punto di vista degli investimenti pubblici nel settore ICT, e la risultante intensità di aiuti pubblici per attività di ricerca e sviluppo in ambito industriale, Calabria e Puglia presentano valori significativamente più elevati di Campania e Sicilia. La Calabria è caratterizzata dal secondo livello di intensità di aiuto pubblico sul territorio nazionale, la Puglia ha adottato una promettente politica di focalizzazione strategica degli interventi di finanziamento.

Per quanto riguarda la ricerca universitaria e gli enti di ricerca presenti sul territorio, la situazione presenta alcuni elementi di interesse che è opportuno sottolineare. Da un lato, i grandi atenei campani presentano numeri importanti di ricercatori e un sistema della ricerca ben strutturato con realtà non universitarie, quali il CNR e altri centri di ricerca pubblici. Una situazione simile, anche se in misura leggermente minore, si riscontra in Puglia e Sicilia. D’altro canto la situazione calabrese appare caratterizzata da alcune aree di eccellenza a livello nazionale (l’area di Cosenza e la sua università nell’ambito informatico) e di visibilità internazionale che meritano una particolare attenzione.

In conclusione, mentre Campania e Sicilia (in misura minore) risultano essere avvantaggiate per lo stato delle infrastrutture per l’economia digitale e la presenza di conglomerati industriali ad elevata massa critica in settori ICT-intensive, Puglia e Calabria presentano alcuni elementi positivi nell’ambito degli investimenti per la ricerca e l’eccellenza scientifica.

95    

Analisi  settoriale:    

Area  Aereospazio    

 

 

 

 

Dario  Boggiatto  

96    

1. Analisi prospettica del settore

1.1 Le tecnologie con le migliori prospettive nei prossimi 20 anni

1.1.1 Aeronautica

Per l’Aeronautica commerciale europea il riferimento è rappresentato dalla Strategic Research Agenda (SRA) di ACARE (Consiglio Consultivo per la Ricerca Aerospaziale Europea). La SRA si innesta nella policy europea per il futuro traffico aereo definita Vision 2020, ed è quindi saldamente mirata su obiettivi di qualità della vita dei cittadini europei, come “meeting society's needs” e “achieving global leadership for Europe”, declinati dalla SRA in cinque principali sfide: Quality & Affordability. Environment, Safety, Efficiency of the Air Transport System, Security.

Della SRA ACARE esiste poi una declinazione italiana del 2007: “SRA Italiana - Strategic Research Agenda italiana per il settore Aeronautico” opera di ACARE Italia. Di seguito lo scenario dei prodotti delle tecnologie prioritarie fino al 2020 viene presentato attraverso una sintesi dell’Annex alla SRA, versione 2 del 2004, in quanto sede dell’informazione puntuale sulle tecnologie sia del mezzo aereo che degli aeroporti e della gestione del traffico aereo secondo l’Europa, e una sintesi della (più qualitativa) SRA italiana. La graduazione delle priorità, nell’ambito del decennio 2010-2020 (ma si può assumere facilmente fino al 2025, data la deriva tipica di queste proiezioni) è definita da lettere:

• B: base, widely exploited by competitors, little competitive impact, essential to be in business

• K: key, well embodied in products and processes, high competitive impact

• P: pacing, under experimentation by some competitors, competitive impact likely to be high

• E: emerging, at early research stage or emerging, competitive impact unknown but promising

Nelle due tabelle sono state evidenziate in colore le tecnologie frequentate dalle proposte di distretto o aggregazione in esame.

97    

Aerospazio, bozza finale, 6-10-2012 5/70

Tecnologie aeronautiche prioritarie (fonti: “Strategic Research Agenda” ACARE, v. 2, 2004:

Taxonomy Area and Domain Technology Class Also

applies to AIRCRAFT

1. Flight physics Computational Fluid Dynamics Optimised airframe design for high L/D cruise and low thrust approach P Unsteady Aerodynamics Optimised airframe design for high L/D cruise and low thrust approach P

Electro-magnetic technologies for drag reduction in cruise E Flow control P Low noise drag generation for approach K

Aeronautical Propulsion Integration Integrated nacelle/wing design for UHBR engines K High-Lift engine airframe integration (e.g. blown flaps with propeller or UHBR-engine) P Electro-magnetic technologies for drag reduction in cruise E Flow control P

Airflow control Flow control P Electro-magnetic technologies for drag reduction in cruise E Hybrid laminar flow P Morphing airframes E Adaptive winglets K High-Lift engine airframe integration (e.g. blown flaps with propeller or UHBR-engine) P

High Lift Devices Specific low-noise aircraft configuration (high wing with high area, slatless high-lift system, etc.)

K

High lift system design for High climb number design for High-lift system for steep take-ofF

K

Wing Design Electro-magnetic technologies for drag reduction in cruise E Adaptive winglets K "Tool set/digital environment for simultaneous multidisciplinary optimisation" K Morphing airframes E

Computational Acoustics Active noise suppression in cabin K External Noise prediction Specific low noise rotorcraft P

Landing gear noise reduction technologies (fairings…) K 2. Aerostructures Metallic Materials & basic processes Use of lightweight materials and processes for airframe B

New materials for weight reduction/reduced fuel consumption K Friction-reducing surface coatings (nanotechnology) P Paintless a/c P

Non-Metallic Materials & basic processes New materials for weight reduction/reduced fuel consumption K Composite Materials & basic processes Use of lightweight materials and processes for airframe B

New materials for weight reduction/reduced fuel consumption K Manufacturing and Assembling Technologies

Low environmental impact materials and manufacturing (airframe, engine, equipment)

B

Use of non toxic materials (flammability, cabling) B Flexible machining equipment for multiple process integration at low production rates

K

Highly automated manufacturing, assembly and quality assurance B Green coolants for machining K

98    

Aerospazio, bozza finale, 6-10-2012 11/70

Obiettivi tecnologici prioritari secondo “SRA Italiana - Strategic Research Agenda italiana per il settore Aeronautico” ACARE Italia, 2007 (colorazione dei campi secondo il criterio già citato)

FIlone Obiettivi di comparto Comparto

Stato d. tecnologia

in Italia

!"#$"#%&'()%('

Nuovi materiali Nuovi materiali e processi produttivi e di manutenzione per le strutture aeronautiche

Ala fissa K

Impiego di nuovi materiali / tecnologie Sist. Bordo Com. e Difesa E Riduzione dell’impatto ambientale

Riduzione dell'impatto ambientale per velivoli regionali (eco-compatibilità)

Ala fissa K

Riduzione dell'impatto ambientale (eco-compatibilità) Ala rotante P Riduzione dell’impatto ambientale (Turbine/Rumore) Motoristica P Riduzione dell’impatto ambientale (Combustori/Emissioni) Motoristica K

Progettazione integrata e con MDO

Progettazione integrata dei rotori e delle trasmissioni Ala rotante K Miglioramento dell’affidabilità e della sicurezza Motoristica K Incremento delle prestazioni (spinta/potenza specifica) Motoristica P Sviluppo e integrazione di configurazioni innovative Ala rotante E

Autonomia operativa

Autonomia per il volo, la navigazione e la missione Sist. Bordo Com. e Difesa E Autonomia operativa intelligente del volo Ala fissa E

Sistema ATM avanzato

Integrazione degli aeromobili VTOL nel traffico aereo Ala rotante K Funzioni avanzate per il controllo del traffico aereo o Nuovi tool o Integraz. FMS/ground e 4D Mgt o Auto-controllo o Integraz Meteo

ATM

K

Interoperabilità dei Sistemi ATM ATM K Sistemi di sorveglianza dipendente ed indipendente ATM K Sistemi ATM per la Sorveglianza/Navigazione Aeroportuali ATM K

Sistemi di Bordo, Avionica Avanzata e Comunicazioni

Utilizzo delle tecnologie s/w Sist. Bordo Com. e Difesa P Avionica modulare Sist. Bordo Com. e Difesa E Reti sicure Sist. Bordo Com. e Difesa K Interoperabilita’ delle reti Sist. Bordo Com. e Difesa P NCC (Info dissemination, ad hoc network) Sist. Bordo Com. e Difesa E

Security Security in ATM ATM K Security in Aeroporto (Land Side) ATM K Security in Volo ATM K

!"#$"#%&'*+,#('

Nuovi materiali Incremento delle prestazioni (spinta/potenza specifica) Motoristica P Progettazione integrata e con MDO

Miglioramento del processo di progettazione del velivolo Ala Fissa K Nuovi criteri di progettazione e produzione integrata Motoristica P Nuovi criteri di progettazione e produzione integrata con utilizzo di materiali avanzati

Ala rotante P

Trasporto Regionale e Aviazione Generale

Sviluppo tecnologie specifiche per Trasporto Regionale e Aviazione Generale

Ala Fissa K

Sistemi di Bordo, Avionica Avanzata e Comunicazioni

Integrazione degli impianti di bordo ed avionica avanzata Ala rotante K Informazione sull’ambiente esterno Sist. Bordo Com. e Difesa P Human factors & sistemi cognitivi Sist. Bordo Com. e Difesa E Sistemi innovativi di monitoring del sistema volante Ala Fissa E

Sistema ATM avanzato

Safe and efficient airport ATM P Architetture del sistema ATM ATM K

!"#$"#%&'-(.(' Progettazione

integrata e con MDO

Progettazione di velivoli a configurazione fortemente ottimizzata

Ala fissa K

Sviluppo di configurazioni innovative Motoristica P Sist.i di Bordo, Avionica Av. e Comunicazioni

Qualità dell’ambiente e comfort in cabina Sist. Bordo Com. e Difesa B

Sistema ATM avanzato

Integrazione/Automazione del segmento di terra e Collaborative Decision Making

ATM K

Sistemi avanzati di Navigazione ATM P

99    

Per l’Aeronautica Militare il riferimento più aggiornato è il risultato del Gruppo di Lavoro FAS4 Europe “Meeting future European defence and security challenges requires a strategic approach to the Aeronautics EDTIB - European Defence Technological and Industrial Base”. Il documento è di carattere confidenziale, ma ciò non costituisce una limitazione in quanto la lista di tecnologie in esso riportata è tenuta in conto nell’ultimo, e più importante, riferimento con cui ci si vuole misurare. Infatti una sintesi, molto interessante ai nostri fini, che sposa con le priorità tecniche in Europa le priorità strategiche civili e militari del nostro Paese in particolare, è offerta da un documento creato congiuntamente da tutti i principali attori del settore aeronautico nazionale, la “Proposta di un programma di ricerca e sviluppo tecnologico nel settore aeronautico” (1/2010) di ACARE-Italia. Nella Proposta “i drivers e le aree tematiche sono definiti a partire dalla Vision e dalla SRA italiane, dalle esigenze emerse a livello nazionale e dalle linee guida dettate a livello internazionale con il 7° PQ e con i grandi programmi Clean Sky e SESAR”, e il programma “è condiviso da tutti gli stakeholders nazionali e risponde alle esigenze ed agli obiettivi del settore e dell’intero sistema Paese”.

Aerospazio, bozza finale, 6-10-2012 6/70

Enhanced (prediction) accuracy for extended modelling and simulation application/coverage

P

Structural Analysis and Design Tool set/digital environment for simultaneous multidisciplinary optimisation K Smart Materials and Structures Morphing airframes K

Flow control P Helicopter Aero-acoustics Specific low noise rotorcraft P Noise Reduction Innovative active control devices for noise with the possible use of MEMS P

Noise shielding through aircraft configuration K Acoustic panels B

Acoustic Measurements and Test Technology

Active noise suppression in cabin B

Aircraft Security Bomb proof cargo containers, Cargo screening and sensor system K 3. Propulsion Performance High temperature materials and coatings for compressors, combustors and turbine K

Increased turbomachinery efficiencies and stall margins K Variable pitch for fan blades to achieve high thrust at low speeds P High rpm/no-thrust conditions for approach P More efficient cooling technologies K Lightweight architecture and materials for engine rotors and structures B Nacelle/thrust reverser/nozzle design (scarfed inlets, liners, chevrons…) K Components with reduced thermomechanical distortions and more efficient sealing technology

K

Turbomachinery / Propulsion Aerodynamics Components with reduced thermo-mechanical distortions and more efficient sealing technology

K

Combustion Combustor operability K Combustion technologies for reducing emissions produced by conventional engine configurations

B

Enhanced mixing design/ technologies for lean combustion K Multi-point fuel injection K

Air-breathing propulsion Nacelles technologies for weight reduction K Geared fan engine P Ingegrated nacelle/wing design for UHBR engines K Ultra High By-Pass Ratio engine P Contra-rotating fan engine P Low powered de-icing devices K

Nozzles, Vectored Thrust, Reheat Thrust reverser, technologies for weight reduction K Provide Low noise thrust reversal capability P

Engine Controls Optimised engine controls for reducing fuel burn K Innovative active control devices with the possible use of MEMS P Optimised engine controls for reducing noise K

Computational methods Enhanced (prediction) accuracy for extended modelling and simulation application/coverage

P

4. Aircraft Avionics, Systems & Equipment

Cockpit Systems, Visualisation & Display Systems

Data fusion and signal processing for pattern recognition B Common core cockpit and flight control systems with programmable functionality for standardisation, flight deck/handling commonality

K

Airborne display of routing and traffic E Increased system operation automation and automated reconfiguration/ one man cockpit for passenger transport

E

100    

1.1.2 Spazio

Per lo Spazio i riferimenti possibili sono due: • L’ ”ESA Technology Strategy and Long Term Plan” dell’Agenzia Spaziale

Europea • Le “RT Priorities 2012” dalla Conferenza “Space R&D under Horizon 2020” di

ASD-Eurospace, Associazione delle industrie spaziali europee Dei due qui si preferisce il secondo, perché a) molto attuale (marzo 2012, mentre il Plan ESA risale al 2009, anche se una sua riedizione è imminente in vista della Conferenza ministeriale sulla policy spaziale europea del prossimo autunno); b) rispondente all’obiettivo di Horizon 2020 per lo Spazio (“Prepare for the increasing role of Space in the future and reap the benefits of space now”); c) in quanto visione industriale, al tempo stesso consapevole del “pull” dell’Agenzia e portatore del “push” lobbistico. La tabella seguente sintetizza i contenuti di tale riferimento. Anche in questa tabella sono state evidenziate in colore le tecnologie prioritarie per il mercato frequentate dalle proposte in esame.

Aerospazio, bozza finale, 6-10-2012 17/70

Matrice prodotti-tecnologie spaziali prioritarie (fonte: “Space R&D under Horizon 2020”, Belgirate, marzo 2012):

Telecommunications Earth observation Spacecraft bus Navigation

Sate

llit

e a

pp

licati

on

s

Sh

ort

Tra

ck

High temperature thermal control Optical systems Propulsion Mechanically and capillary biphasic

loops High stable, lightweight mirror structures

(Telescope, RC, etc.) Electric prop. pointing mechanisms (2

axis) Deployable radiators Large focal plane techniques Bipropellant system to replace MON/MMH

for transfer phase. P/l power; flexibility for broadcast / band (C-Ka band); data processing, performance & dep. reduction

Wave front error (WFE) control techniques

Monopropropellant systems to replace Hydrazine systems

Low cost deployment mechanisms Radar systems Modular low cost PPU (Power Processing Unit) for electric propulsion

High pfmc digital transparent processor Active Antenna Panel Low cost electric propulsion technologies Micro-nano technology (switch system) Detector technology Electronic press. regulator, feed systems

Input and Output Multiplexers CCD TDI detectors Passivation Valve Multibeam antenna/feeds CMOS TDI detectors Miniature Flow Control Units

New DC/DC products for payload IR detectors Large CMOS matrix detectors

Cool Gas Generators for pressurant supply

Power flexibility Active Front End High Power gridded ion thrusters Reconfigurable sub reflector Digital Beamforming Highly efficient multistage plasma (HEMP)

Transparent fully in flight reconfigurable OBP

X-band active phased array Multi-purpose, improved performance EP systems (TLC platforms)

Regenerative in flight reconfigurable On-Board Processor (OBP)

Advanced TRM based on GaAs replacement (GaN, RF CMOS/SiGe,…)

Electric propulsion systems for small satellites

Ku & Ka Band input assemblies Large, stable antenna interferometer structures (deployable mast)

Very low thrust electric propulsion systems

Ku & Ka Band output assemblies AOCS stability, pointing, accuracy Ku Band Next generation receivers FOG IMU including accelerometers

Ku Band Reflect Arrays Line of Sight (LOS) control techniques Ku Band SSPA Multi-frequency GNSS receivers

Ku Band Next gener. agile receivers Very High performance Fibre Optic Gyro Ka Band Reflect Arrays

Ka Band SSPA

Med

ium

Ran

ge Payload power/flexibility, dual use &

innovative missions (UHF/L/S & Q/V) Data processing & transmission, data links

AOCS miniaturised / integrated funct’s for low mass/power

Q/V band packaging techn. for LNA, Down Converter and Up Converter

Smart on-board data optimisation Fiber optical sensing (optical metrology)

SSPA (UHF/L/S band) Advanced video and image processing Miniaturisation of GNSS receivers Q/V bands antennas High Speed & Efficiency ACM Modem Miniaturisation of Gyroscopes

Q/V bands TWTs Very High Data Rate Payload Data Handling & Transmission (HW & SW)

Miniaturisation of satellite attitude actuators

UHF narrowband processors Very High Data Rate Payload Data Handling & Transmission antenna

Miniaturisation of Star Trackers

i c M e UHF antennas Very High Data Rate Payload Data Miniaturisation of Sun Sensors

101    

1.2 I paesi e le industrie leader nel settore L’aerospazio è una delle frontiere più avanzate della tecnologia e testimonia forse meglio di qualunque altro settore produttivo la capacità di un paese di gestire tecnicamente, finanziariamente e anche politicamente programmi industriali tra i più grandi e complessi. Inoltre è contiguo alla difesa e strategico Quindi i paesi che eccellono nell’aerospazio sono i leader di tutti i continenti: • Francia, Regno Unito, Germania, Italia • Russia, Israele • Stati Uniti, Canada • Brasile • Cina, Giappone, India mentre tra gli altri paesi significativi per impegno industriale e riflessi sull’Italia, che siano di collaborazione o competizione o “benchmarking”, si segnalano Svezia, Spagna, Polonia, Corea. USA, Russia, Cina, Israele, India hanno una forte motivazione militare in proprio che stimola sviluppo di tecnologie e programmi in autonomia, anche la Francia in una certa misura si muove su questa strada. Ma a causa del grado di complessità e degli investimenti richiesti è sempre più difficile anche per grandi paesi e grandi costruttori sviluppare e portare sul mercato autonomamente un nuovo velivolo o un nuovo sistema spaziale. Per condividere costi ed rischi di un nuovo programma civile, e spesso anche di uno militare, anche i Prime contractor dei paesi più potenti affidano responsabilità crescenti a fornitori di tutto il mondo, come partner di programma, mentre al Prime spetta il ruolo di regista della progettazione e di integratore finale di parti e sottoinsiemi. A fronte di diversi accordi industriali e politici su programmi diversi una stessa grande industria può poi situarsi a diversi livelli della filiera produttiva e di condivisione di ingegneria, management e rischio, da Prime a partner a fornitore di primo livello. Aziende di profilo non sistemistico ricoprono normalmente il ruolo di fornitore di secondo livello o di parti standard e semilavorati, e talvolta di fornitore di primo livello In un simile contesto, l’industria italiana è all’altezza di collaborazioni di alto livello con partner di tutto il mondo, e di fatto non cessa di perseguirle (vedansi 787 Dreamliner, motoristica, ISS, Superjet 100, i contatti di ASI con paesi emergenti etc.), pur avendo nella strategia europea un guscio di sperimentata robustezza e credibilità a lungo termine, nonostante tutto, e di fatto un riferimento essenziale non solo per ragioni di finanziamenti ma anche per orientamento tecnologico. Unione Europea Il fatturato Aerospaziale+Difesa europeo è circa un terzo del dato a livello mondiale, e il numero di impiegati nel settore, approssimativo perché molte aziende competono anche in altri campi e il loro contributo al computo andrebbe pesato, supera ragionevolmente i 300.000. In Francia soprattutto, Regno Unito, Germania e Italia si trovano le aziende leader dell’aerospazio, con Svezia e Spagna a ospitare altre importanti realtà a livello

102    

sistema: EADS, Safran, Thales, BAE Systems, Finmeccanica nelle loro varie declinazioni, Dassault, Rolls Royce, Avio, SAAB etc. Polonia, Belgio, Svizzera, Romania hanno fornitori significativi per tecnologia o volumi. Nella UE a 27 Francia, Regno Unito e Germania catturano quasi l’80% del totale della produzione e del valore aggiunto e circa il 70% dell'occupazione. In generale l’apporto di valore aggiunto alla produzione nazionale totale da parte dell’aerospazio è proporzionalmente superiore al suo apporto all’occupazione nazionale totale. I grandi aerei civili Airbus e gli aerei militari (Mirage, Rafale, Typhoon, Gripen, C27-J, A400-M etc.) sono vicini a rappresentare metà della produzione aeronautica, cui aerei regionali (ATR), business jets (Falcon) e elicotteri Agusta-Westland e Eurocopter aggiungono pochi punti percentuali; manutenzione e riparazione contribuiscono un 20%, lo spazio un 5%, l’aviazione generale e i sistemi di terra il resto. Peraltro sono gli elicotteri ad aver registrato in anni recenti una significativa rampa di crescita della quota di mercato di competenza, a fronte di quote più stabili negli altri settori aeronautici. Il mondo degli UAV è in fortissimo fermento e le leaderships non sono ancora stabilizzate, nemmeno presso delle industrie tradizionalmente più potenti. È plausibile che in campo militare queste ultime abbiano presto un colpo di reni e programmi come Neuron decollino con guida franco-tedesca e apporto maggiore da parte dell’Italia. Nel campo delle applicazioni civili le soluzioni di maggior successo possono scaturire da molte parti, anche non tradizionalmente leader, come testimonia p.es. un prodotto slovacco. In campo spaziale la quota più alta di investimenti pubblici va al settore lanciatori / trasporto spaziale (Ariane, VEGA). Seguono osservazione della terra (GMES, militare), scienza (BepiColombo, GAIA, LISA), esplorazione robotica e umana (ISS, Exomars), navigazione (Galileo), telecomunicazioni. L’investimento in queste ultime è uno dei più remunerativi grazie alla sfera commerciale in cui trovano applicazione. Le telecomunicazioni hanno in Europa attori ai vertici mondiali, soprattutto ThalesAlenia Space, che anche grazie al supporto dell’apparato statale francese si muove con efficacia sul mercato globale e veicola (finché la crisi non glieli farà riportare in casa ...) gli importanti contributi dell’industria italiana. La maggior parte dei principali programmi aerospaziali europei è un intreccio di collaborazioni e vede l’Italia in ruoli chiave, non di rado come leader. Tutti gli stati europei presenti nell’aerospazio considerano il settore cruciale per la competitività generale dell’economia, e al tempo stesso sono consapevoli di non poter svolgere da soli un ruolo importante nel mercato globale, inclusa la Francia, tradizionalmente incline a detenere tutti i controlli tecnologici possibili. Con la sua efficace amministrazione centralizzata la Francia non ha mai smesso di coordinare gli sforzi di industria e ricerca. Nel Regno Unito e anche in Germania (almeno per l’industria) il coordinamento nazionale è subentrato a strategie locali già avviate, con qualche inefficienza. Il coordinamento interno spagnolo, favorito dal

103    

potersi applicare su un terreno abbastanza vergine, ha tuttavia confermato l’attitudine del paese ad operare con determinazione ed efficacia. Quello interno all’Italia è stato in parte svolto da Finmeccanica e per lo spazio dall’Agenzia Spaziale Italiana. In effetti tutto lo spazio europeo si è giovato del coordinamento di un’’Agenzia, l’ESA, il cui bilancio politico è senz’altro positivo e superato soltanto dal suo bilancio di successi tecnici. ESA lavora poi a far ridurre le dipendenze dell’Europa spaziale dalle forniture USA, e ha contribuito enormemente a instaurare standard tecnici, di lavoro e gestionali comuni e allo stato dell’arte. Lo stesso obiettivo è stato perseguito dal settore aeronautico per lo più attraverso tavoli di lavoro “privati”, spesso a livello mondiale e trainati dagli attori industriali più potenti e più recentemente in chiave più europea e più “visionaria” all’interno di Horizon 2020 attraverso ACARE (Advisory Council for Aeronautic Research in Europe). Leader extraeuropei Russia La grande tradizione russa in materia di aerospazio non perde di valore storico ma perde nell’arena della globalizzazione a causa di standard di sviluppo, tracciabilità e commerciali non all’altezza. Dalla cannibalizzazione dell’apparato URSS sono uscite delle aziende con il potenziale per diventare fornitori competitivi e anche leader sul mercato, ma la strada è lunga. UAC è il prodotto principale di questo processo, riguarda l’aeronautica civile e porta assieme Sokhoi. Ilyushin, Sokol. Tchkalov, NPK Irkut, Tupolev, Yakovlev e a.. Ma anche l’elicotteristica è unificata sotto la sigla OPK Oboronprom’s MHelicopter Group dove è confluita tra gli altri Kamov, con Kazan, Ulan Ude, Mil Lo spazio resta forte nel settore importante e remunerativo dei lanciatori e nella ISS. I lanciatori “vendono bene” sia per la loro affidabilità che per lo iato nella disponibilità di alternative americane. Soyuz è anche ulteriormente valorizzato dalla versione europeizzata per lanci da Kourou. RKK Energia e Khrunicev beneficiano della loro leadership nella ISS e nei lanciatori. Lavochkin, Mashinostroyeniya, Molnyia, TsNIIMash sono altri nomi blasonati, ma di fatto la collaborazione con questi tipi di partner tenda a virare verso un “diteci che cosa volete, noi ve lo facciamo” con poca propensione alla condivisione dei requisiti, dei processi di trade-offs, della tecnologia. Riescono meglio a spremere collaborazione e know-how i paesi con molta forza economica e di management: Stati Uniti, Francia, Germania, Cina. Gli uni investono per formare a world class standard dei servizi di ingegneria non impoveriti della tradizionale ingegnosità, gli altri per acquisire il know-how ed emanciparsi. Israele Israel Aerospace Industries (IAI) opera in diversi settori tra i quali spicca evidentemente quello militare, e a cavallo tra questo e il civile spiccano gli UAV, su cui IAI è assolutamente all’avanguardia con una gamma ampia di prodotti. Collaborazioni con IAI possono essere praticabili.

104    

USA e Canada Superfluo ricapitolare la leadership degli Stati Uniti nell’aerospazio a tutti i livelli. Come noto si deve agli enormi stanziamenti per la difesa e alla ricerca in chiave duale. Questo regime di finanziamento e le concentrazioni di questi ultimi decenni hanno prodotto i colossi in grado di dettare gli standard nei rispettivi settori: Boeing, Lockheed-Martin, Honeywell, Raytheon e NASA stessa ad ampio spettro, Mc Donnell, Northrop-Grumman nell’aeronautica, Cessna, Gulfstream, Learjet nell’Aviazione Generale, Sykorsky, Bell nell’elicotteristica, Pratt & Whitney, General Electric nella motoristica, Hughes, ITT, Motorola, TRW nello spazio . Anche i livelli inferiori di collaborazione contigui ai grandi Primes sono popolati di aziende in grado di metter in campo risorse tecniche e finanziarie tali da supportarne le esigenze più innovative, assumere ruoli di partner e condividere i rischi dei programmi: Goodrich, United Technologies, Vought, Alliant, Booz Allen e l’elenco potrebbe continuare a lungo. E ai livelli di fornitura inferiori sono molte le aziende in possesso di tecnologie esclusive, cui p.es. l’Europa deve ancora fare ricorso tramite procurement nonostante le difficoltà e i costi delle procedure ITAR. Ma ancora prima dei riassestamenti dei rapporti di forza degli ultimi anni era stato dimostrato che la leadership degli Stati Uniti può essere messa i discussione, vedansi i successi di Airbus, Ariane, Agusta Westland; e i segnali provenienti dai budget del Congresso degli ultimi anni possono solo invogliare il resto del mondo a insistere con la sfida. In buona misura il Canada è un’appendice dell’aerospaziale USA verso cui esporta il 60% della produzione, tuttavia si è ricavato delle cospicue nicchie di indipendenza ed eccellenza negli aerei da trasporto regionale (Bombardier), nella motoristica (Pratt & Whitney Canada), nei carrelli di atterraggio (Goodrich), nei simulatori di volo (CAE), nei satelliti per telecomunicazioni e osservazione della terra (MacDonald Dettwiler). Ma l’intervento pubblico a sostegno del settore è limitato a discapito della ricerca e dell’impianto di collaborazioni internazionali, che per la finalizzazione restano affidate ad accordi molto privatamente industriali senza grande appoggio di mediazioni / garanzie / finanziamenti governativi. Brasile Embraer è portatore di un capacità tecnologica locale genuina e interessante, sviluppatasi a fronte di requisiti ambientali interni piuttosto rustici e costruendo su un tessuto di forniture interne tutt’altro che pronto a priori. Su questa base è diventato un competitore di livello mondiale nel settore dei velivoli regionali. Il pubblico ha aiutato costruttivamente il processo di crescita, mettendo a disposizione facilities importanti per Ricerca e Sviluppo. L’INPE ha anche incoraggiato molto le attività spaziali. La collaborazione con il Brasile per l’Italia è una strada percorribile sia nell’aeronautico che nello spaziale. Cina È poco importante conteggiare che cosa sa fare e non fare la Cina oggi

105    

nell’aerospazio, l’esperienza insegna che presto saprà andare per strade sue anche su ciò che adesso ancora sa di imitazione del prodotto americano o russo. Inoltre la Cina collabora finché può imparare e comandare. Nel rapporto bilaterale, di quale prodotto industriale o tecnologia l’Italia può ambire ad intrattenere la leadership, quali processi può realizzare più efficacemente e efficientemente? Non facile rispondere, meglio giocare puntigliosamente su tutte le palle e collocarsi saldamente in una strategia europea. Giappone Grazie all’Agenzia JAXA il Giappone collabora con il resto del mondo meglio nello spazio (ISS, missioni di esplorazione come Hayabusa agli asteroidi, Kaguya alla Luna) che nell’aeronautica, in cui si sente ancora l’onda lunga del rapporto post-bellico e strategico con gli USA. Infatti l’aeronautica giapponese si rivolge soprattutto al militare e ad aviazione regionale e generale, senza incoraggiamenti per il mercato internazionale p.es. sotto forma di un apparato di supporto commerciale e logistico. Nello spazio Mitsubishi ha sviluppato con IHI Ishikawajima-Harima il lanciatore HII e il veicolo di trasferimento a ISS HTV e ha avuto un ruolo di leader di sistema nell’ISS, in cui il Giappone si è speso molto costruttivamente. Toshiba ha poi fatto il braccio robotico e NEC il data management del modulo Kibo. Per l’Italia il partenariato aeronautico con il Giappone si presenta difficile per interessi e complementarità, quello spaziale è più percorribile ma economicamente poco interessante, e in tempi di crisi delicato, perché portatore di ritorni di tipo scientifico o con effetti a lungo termine. India In forte crescita mercato interno, investimenti interni in infrastrutture e poli di sviluppo, joint ventures. L’ISRO (Agenzia spaziale) è ben dotata di fondi e molto attiva. Può emergere come bacino di outsourcing non solo per il software, dove è già da tempo una realtà, ma per tutte le fasi dello sviluppo dall’ingegneria di sistema a impianti e componenti, dal testing alla produzione, con alta disponibilità all’adozione di standard moderni e all’informatizzazione dei processi. Punta molto su manutenzione e trasformazione di velivoli. Oltre ai nomi affermati nel settore (Hindustan Aeronautics Ltd, National Aerospace Laboratories, Mahindra Aerospace...), diverse altre grandi case indiane stanno entrando nell’aerospazio, per lo più in tandem con case occidentali: Tata (che possiede 1/3 di Piaggio AI), Mahindra & Mahindra con BAE Systems, Larsen & Toubro con EADS, Hero Motors con un partner non identificato 1.3 Il ruolo dell’Italia: tecnologie, capitale umano, centri di ricerca Sullaa scena mondiale l’Italia occupa una posizione di tutto rispetto, partecipando alla maggior parte dei più importanti programmi, anche con ruoli di Prime contractor, attraverso un tessuto industriale e di ricerca che impiega quasi 40.000 addetti, in gran parte costituito dalla grande industria, e in misura minoritaria dall’indotto,

106    

proporzionalmente meno importante che negli altri grandi paesi. L’Italia è la quarta nazione europea per addetti e volume. Sebbene la % del PIL rappresentata dal settore aerospaziale sia soltanto l’1%, mediamente esso contribuisce l’8-10% della bilancia commerciale e il 2% dell’export nazionali. Le aziende leader si chiamano Alenia Aermacchi, Avio, Agusta Westland, ThalesAlenia Space Italia, Selex Galileo, MBDA, Telespazio, in varia misura storicamente o tuttora parte della galassia Finmeccanica, che è uno dei primi gruppi al mondo nell’high-tech. Alenia Aermacchi ha sviluppato il trasporto C-27J e l’addestratore M-346, entrambe ai vertici mondiali nelle rispettive categorie, sviluppa e produce sezioni importanti de, e assembla i, Typhoon Eurofighter e F-35 “Joint Strike Fighter”, produce componenti strutturali maggiori per Boeing (787 Dreamliner), Airbus, ATR42/72 e SSJ100 in collaborazione con Sukhoi Agusta Westland è leader mondiale dell’industria elicotteristica civile e militare. Avio è presente nei più importanti programmi internazionali di sviluppo motori per l’ala fissa e l’ala rotante civili e nei programmi militari EJ 200 e TP400, nonché nel propulsore GTF (Geared Turbo Fan) per i nuovi programmi commerciali di Bombardier, Mitsubishi, Irkut/UAC e Airbus. Nel settore spaziale Thales Alenia Space Italia ha sviluppato e prodotto una gran parte degli elementi pressurizzati della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), nonché satelliti scientifici del calibro di Integral e GOCE e satelliti di osservazione della Terra o navigazione come SICRAL, COSMO- SKYMED, Galileo. Avio, attraverso ELV (European Launch Vehicle - 70% Avio e 30% ASI) ha sviluppato e realizzato il lanciatore leggero VEGA, inoltre fornisce ad ARIANE le sofisticatissime turbopompe LOx. L’elenco dei ruoli leader ricoperti potrebbe continuare a lungo con numerosi altri programmi cui hanno contribuito non solo le aziende suddette, ma anche Compagnia Generale per lo Spazio, Piaggio Aero Industries, CIRA (Centro Italiano Ricerche Aerospaziali), etc. CIRA gestisce il programma nazionale di Ricerche Aerospaziali PRORA, mentre il CNR implementa il Piano Nazionale della Ricerca (PNR) che include temi rilevanti per l’aeronautica e lo spazio. Sul territorio il comparto è rappresentato ampiamente in tutte le sue componenti soprattutto in Piemonte, Lombardia e Campania, inoltre per la componente aeronautica in Puglia e per quella spaziale nel Lazio. Altre realtà significative sono poi presenti in Liguria, Veneto e Toscana. Piemonte e Lombardia sono caratterizzati sia per l’aeronautica che per lo spazio da ingegneria di sistema, assemblaggio e integrazione finale, prove di volo, sviluppo equipaggiamenti ad alto valore aggiunto (es.: motori, sistemi di bordo, avionica, software), supporto logistico. Alle aziende sopracitate (Alenia Aermacchi, Avio, Agusta Westland, ThalesAlenia Space Italia, Selex Galileo) si aggiungano tra le altre Alenia SIA, Microtecnica, Mecaer, ALTEC, Aviospace, Selex Sistemi Integrati, Compagnia Generale per lo Spazio, Secondo Mona... Il Piemonte primeggia in velivoli militari, UAV, sistemi spaziali scientifici e abitati, la Lombardia in elicotteri, addestratori, sistemi avionici e payload scientifici La Campania costituisce un riferimento per la ricerca aerospaziale e per le più importanti

107    

attività di prova sulle aerostrutture; progetta e produce aerostrutture, realizza equipaggiamenti specifici per aeronautica e spazio, sistemi di Aviazione Generale e opera nell’allestimento e nella manutenzione dei velivoli. A Alenia Aermacchi, Avio, Telespazio, MBDA si aggiungano CIRA, Selex Sistemi Integrati, Piaggio Aero Industries, EMA, Tecnam, Vulcan Air, Oma Sud, GEVEN, ATITech, BOI, DEMA, Magnaghi, Piaggio AI, VITROCISET. La Puglia progetta, produce e assembla grandi aerostrutture in composito per ala fissa e ala rotante, assembla e prova motori e possiede un importante tessuto di laboratori e centri di ricerca applicata. Oltre a Alenia Aermacchi, Avio, Agusta Westland si pensi a DEMA, CMD, SALVER, IAS... Nel Lazio sono presenti aziende leader nello spazio e nella difesa (ThalesAlenia Space Italia, Telespazio, Space Engineering, ELV, Selex Sistemi Integrati, MBDA...) Nel Veneto opera il CISAS nel campo degli studi spaziali In Toscana spicca la componentistica, soprattutto sensori, cruscotto e micropropulsione (Selex Galileo, Sirio Panel, ALTA), in Liguria l’Aviazione Generale e la logistica (Piaggio AI, Bonetti Aircraft) Il Centro Sviluppo Materiali (CSM) è presente in varie regioni ma in Lazio e Campania sono le sue attività più attinenti all’aerospazio Il CNR e l’Accademia sono presenti con branche attive nell’aerospazio in tutte le regioni citate e in altre, e molti altri attori potrebbero essere citati per un elenco esauriente delle realtà significative tecnicamente se non per volumi di fatturato, il che esula dallo scopo di questa analisi. In tutte le regioni citate vi sono realtà importanti nel campo del software, in grado di supportare sviluppi sistemistici e avionici a qualsiasi livello Riprendendo un concetto già espresso più sopra, l’aerospazio è frontiera tecnologica e arena di programmi industriali tra i più grandi e complessi, gestibili ad alto livello solo grazie a capacità tecniche e organizzative di sistema. Come testimoniato da successi che si estendono su quasi un secolo di storia, l’Italia appartiene certamente all’élite dei paesi che di tale capacità sono stati finora dotati. Questa capacità va difesa e continuamente rafforzata per restare vera anche nel mercato globale, dove l’alibi che forza della nuova competizione stia nel basso costo del lavoro tende a nascondere che essa sta anche e forse soprattutto nella competenza tecnica, nella qualità, nella produttività, nella serietà organizzativa. Non si tratta di difendere ad ogni costo un primato storico e oneroso, ma una forza industriale motrice della performance nazionale attraverso il fatturato e dell’economia reale attraverso il risparmio che abilita.