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Page 1: Reportage il Centro addestramento Paracadutismo · si riunirono a Roma dove diedero vita nel 1947 al Centro Militare di Paracadutismo che, nel 1950 fu ... ta in ambienti che raccontano

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UUnn VViiaaggggiioo nneell ““TTeemmppiioo””

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Scrivi basco amaranto leggi esemplarità e coraggio, determinazione e ca-rattere, lealtà, capacità di iniziativa e disciplina. Il paracadutista deve di-mostrare sempre un elevato spirito di adattamento e di dominio su tutti

gli istinti: lo stesso che dimostra in occasione di ogni lancio. Pisa. È lì il “tem-pio” dove si forgiano i paracadutisti d’Italia. Il Centro Addestramento Paraca-dutismo (CAPAR), inquadrato nella Brigata Paracadutisti “Folgore”, è l'unitàpresso la quale vengono, infatti, rilasciate le qualifiche di paracadutista militarea tutto il personale che presta servizio presso le aviotruppe dell’Esercito o dialtre Forze Armate. È anche sede del Centro Sanitario Aviotruppe e inquadrala Sezione paracadutismo del Centro Sportivo dell'Esercito che partecipa congrande successo alle principali competizioni nazionali e internazionali. Il CA-PAR è una realtà dalle mille sfaccettature. Ha due battaglioni, uno addestrati-vo deputato alla parte didattica e l’altro, operativo, comprendente due compa-gnie: aviolanci e manutenzione, aviorifornimenti. La compagnia aviolanci emanutenzione è inquadrata nell’ambito del battaglione Avio. Un reparto singo-lare ed eccellente. La compagnia ha, infatti, in carico tutti i paracadute adapertura automatica (lanci vincolati) e comandata (lanci in caduta libera) utiliz-zati per l’aviolancio di personale della Brigata Paracadutisti “Folgore” e dei re-parti paracadutisti di tutte le Forze Armate, con alcune eccezioni per i repartidelle Forze Speciali. Suo il compito di gestire, verificare, manutenzionare e ri-piegare il materiale aviolancistico in uso. Sul tavolo di ispezione a retroillumi-nazione le mani si intrecciano e gli occhi esaminano attentamente. Un lavorometicoloso e scrupoloso. Poi il riepigamento, la procedura che si susseguesecondo step ben definiti, per garantire la totale sicurezza del personale avio-lanciato. Automaticamente e con grande attenzione, gli operatori, con diversigradi di responsabilità, “richiudono” i paracadute. Passaggio dopo passaggiofino alla sua sistemazione. In sintesi la compagnia segue il paracadute nellasua vita e lungo tutti i suoi movimenti e impieghi ogni volta che esce dal ma-gazzino per farvi rientro ripiegato. Un libretto, sul quale viene annotato tutto,accompagna la vita dei singoli paracadute. Un’altra unicità del CAPAR è rap-presentata anche dalla compagnia aviorifornimenti, assetto strategico di ForzaArmata che ha come compito istituzionale il rifornimento aereo di materiali conlo scopo di mettere a disposizione delle unità di manovra le risorse necessarieper l’assolvimento del compito assegnato, assicurando le capacità operativenecessarie per la condotta delle missioni. Esegue operazioni di avioriforni-mento a favore di qualsiasi unità delle Forze Armate aviolanciando tre tipi dicarichi: leggeri, medi e pesanti. La compagnia organizza le aree di condiziona-mento carichi, ripiega e gestisce i paracadute da carico, condiziona mezzi emateriali per l’aviolancio e ne cura il trasporto al reparto di volo aeronautico in-teressato all’attività. La compagnia interviene in caso di calamità naturali con ilproprio assetto collaborando con la Protezione Civile ed Enti civili per la distri-buzione di aiuti umanitari e di primo soccorso. La vita e il lavoro dei parà sonosempre stati avvolti, nell’immaginario collettivo, da un fascino misterioso. Silanciano dagli aerei, sono impegnati nelle situazioni spesso tra le più difficili ecomplicate. Li senti gridare “Folgore” all’unisono facendo risuonare forte nel-l’aria il nome di una specialità che porti nel sangue. Sudore e fatica, per entra-re nei parà li devi mettere in conto. I diversi moduli addestrativi che portanoall’ottenimento del brevetto sono impegnativi sia a livello fisico sia psicologico.Intense le settimane di corso. Grinta e determinazione, qualità indispensabili.Negli occhi, nei cuori e nelle menti di chi decide di intraprendere questo per-corso addestrativo. Nella grande palestra intitolata al Colonnello paracadutistaLeonida Turrini, denominata il “tempio”, vigono calma, serenità e tranquillità. Icorsisti divisi in sezioni seguono attentamente gli insegnamenti dei loro istrut-tori. Dalla teoria poi si passa alla pratica. Noi di “Rivista Militare” siamo al CA-PAR nel giorno di una delle “prove decisionali”. Nome, sguardo all’orizzonte,gambe semiflesse, pacca sulla spalla, via. Alla porta! Ci sono cose difficili daraccontare e una di queste è l’emozione del primo salto nel vuoto. I nomi, urla-ti, echeggiano nell’azzurro del cielo. Gli istruttori scrutano gli sguardi fieri degli

di Francesca Cannataro*e Valentina Cosco**

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allievi. E poi il lancio. Scorre il rumorefrusciante della carrucola che accom-pagna il collega che si è appena lan-ciato. E le emozioni investono anchenoi spettatori d’eccezione. Geni ama-ranto, impeto e ardire. I piedi ancoratia terra, la testa pronta al prossimolancio e gli occhi rivolti al futuro.

Pillole di storia: da Castel Benito aPisa (1938 - 2015)

La prima scuola di paracadutismo fucostituita nel 1938 in Libia nell’aero-porto di Castel Benito presso Tripoli,per volere di Italo Balbo. In essa fu-rono addestrati, grazie a istruttorinazionali, i primi reparti di paraca-dutisti composti da personale libicoe nazionale. Tali reparti, denominatibattaglioni “Fanti dell’aria”, diederoeccellenti prove di capacità combat-tiva quando furono impegnati neiprimi scontri della campagna d’Afri-ca Settentrionale. La Scuola di Libiaeffettuò 12.300 lanci brevettando3.300 paracadutisti. Nel 1939 sorsenel Lazio, precisamente a Tarquinia,la prima Scuola di Paracadutismosu territorio nazionale. In essa,istruttori di grande valore forgiaronomigliaia di paracadutisti che forma-rono successivamente la Divisione“Folgore”, che si coprirà di glorianella battaglia di El Alamein. A Tar-quinia furono eseguiti complessiva-mente oltre 56.000 lanci umani e5.134 lanci di materiali.Per le accresciute esigenze belli-che nel 1942 fu costituita a Viterbouna Seconda Scuola di paracaduti-smo dove furono addestrati i reggi-menti “Nembo” e altri reparti. Ledue Scuole di Tarquina e Viterbooperarono fino al 1943. Dopo laSeconda Guerra Mondiale, i reducidelle Divisioni “Folgore” e “Nembo”si riunirono a Roma dove diederovita nel 1947 al Centro Militare diParacadutismo che, nel 1950 futrasferito prima a Viterbo e nel1957 a Pisa. Nella caserma “Ga-merra” l’attività addestrativa delCentro riprese a pieno ritmo. Nel1962 prende la denominazione diCentro Addestramento Paracaduti-sti e nel 1964 passa alle dipenden-ze dell’Ispettorato di Fanteria di-ventando Scuola Militare di Para-cadutismo (SMIPAR). Nel 1983rientra in Brigata assumendo l’at-tuale denominazione nel 1999.

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Rivista Militare

Un tuffo nel passato

Quindici sale espositive, dislocate su ol-tre settecento metri quadrati, con oltretremila cimeli delle più svariate tipologie.Tutto questo è il Museo Nazionale Avio-

truppe del CAPAR. Un tuffo nel passatoattraverso un’immersione emozionale diret-

ta in ambienti che raccontano la storia dellaBrigata. Uniformi, armamenti, stemmi, distinti-

vi, oggetti comuni del soldato e documenti au-tentici riportano la storia dei paracadutisti. Il Mu-seo nasce come “Sala Ricordi” il 24 ottobre del

1971, inizialmente dislocato all’interno dellaCaserma “Vannucci” a Livorno. Nel 1992

venne trasferito, sempre in Livorno, in al-cuni locali appositamente allestiti all’in-

terno del “Palazzo del Picchetto” se-de della Caserma “Bagna”, dove eb-

bero sede prima il Comando Presi-dio e successivamente alcuni uffi-ci del Comando Brigata Paraca-

dutisti “Folgore”. Solo più tardi as-sunse la denominazione di “Museo

Nazionale Aviotruppe”. All’inizio la rac-colta e la catalogazione dei materialiavvenne grazie alla viva passione del

Mar. Magg. “A” par. Carmelo Napolita-no, effettivo al 185° Gruppo Art. Par. “Vi-

terbo”. Impegno che seguì non solo fino almomento di andare in pensione ma anche

oltre. Dopo varie vicissitudini, grazie all’inte-ressamento dei vari Comandanti della Brigata che

si sono succeduti, si arriva ad un importante tra-sferimento del Museo presso la casa madre

del paracadutismo militare italiano, cioèpresso il Centro Addestramento Para-

cadutismo in Pisa. Nel 2002 suben-tra, come responsabile, il 1° Ma-

resciallo Luogotenente Giu-seppe Gado, al quale si de-

ve il merito di aver prose-guito con costanza laraccolta di materiali.Con lui inizia un note-volissimo incrementodel materiale, merito diuna continua raccolta edun sensibile ampliamen-to di tutta la parte docu-mentale e storiografica.

Molti dei pezzi custoditiall’interno del Museo sono

anche frutto di donazioni direduci, paracadutisti di ogni

epoca e dei loro familiari chehanno così voluto lasciare ai po-

steri un ricordo loro o dei loro ca-ri. Un fattivo apporto negli anni è

stato dato anche dall’Associazione Na-zionale Paracadutisti d’Italia, concretizza-

tosi nella promozione di sottoscrizioni a fa-vore del Museo e nella ricerca tra i suoi soci

di materiali e cimeli d’epoca.

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Basco amaranto in testa. Un coloreche diventa uno status di vita. L’orgo-glio di essere paracadutista glielo legginegli occhi. Nei modi, nelle parole e fi-nanche nei tratti caratteriali. Sicura-mente nella fierezza di appartenere auna specialità che è anzitutto un mo-dus vivendi, una vera e propria sceltadi vita. Lui è il Colonnello Franco Merli-no. Lo intervistiamo per farci racconta-re le peculiarità e le caratteristiche della“culla” dove si forgiano i parà.

Il Centro Addestramento Paracadu-tismo (CAPAR) è la “casa madre,dei paracadutisti d’Italia, cuore dellaformazione dei baschi amaranto.Colonnello, ci parli dei compiti, dellastruttura e dell’organizzazione del-l’Istituto posto al suo comando?

Diverse sono le realtà che caratterizza-no la struttura oggi pienamente integra-ta nella città di Pisa. Il CAPAR racco-glie tutte le peculiarità del paracaduti-smo ed è la prosecuzione storica delleprime Scuole paracadutisti. Un’entitàattualmente a livello ordinativo reggi-mentale, dal punto di vista organizzati-vo e lavorativo, però, una componentemolto più articolata. L’organizzazioneè, infatti, abbastanza complessa, per-ché vari sono i compiti del CAPAR, ol-tre all’addestramento di base dei para-cadutisti, diversi sono i corsi rivolti a tut-te le Forze Armate e dell’Ordine. Il CA-PAR è un centro d’eccellenza “impie-gato” anche in ambito internazionaleper le sue capacità e peculiarità didatti-che. Diversi sono stati, infatti, negli an-ni, i corsi effettuati per personale stra-niero: afghani, danesi, olandesi e, per il2016, anche sloveni. Due sono i batta-glioni del Centro: addestrativo deputatoalla parte didattica con i corsi di para-cadutismo e quelli riservati alla forma-zione delle diverse figure professionalipresenti nell’ambito del paracadutismo;operativo con al suo interno una com-pagnia manutenzione e una avio rifor-nimenti. La compagnia avio rifornimentirappresenta una specificità unica inambito internazionale, permette l’effet-tuazione di avio rifornimenti di vario ca-rico a seguito di aviolanci a favore delletruppe a terra, sempre impiegata neiTeatri operativi; la compagnia manu-

LA PAROLA AL COMANDANTELA PAROLA AL COMANDANTEIntervista al Colonnello Franco Merlino

Comandante del Centro Addestramento Paracadutismo

tenzione ha, invece, la responsabilitàdella gestione di tutto il parco para-cadute nazionale. Della struttura delCAPAR fa poi parte la componentesportiva con il Centro Sportivo Eser-cito (CSE) dove giungono gli atletimilitari del paracadutismo e il Centrosanitario delle aviotruppe che ha ilcompito di svolgere tutta l’attività dicontrollo sanitario per quanto riguar-da il personale di Forza armata, conl’idoneità all’aviolancio. Inoltre ulte-riore rilevanza è la funzione di Entematricolare per tutti i paracadutistid’Italia rivestita dal CAPAR.

Da SMIPAR (Scuola Militare di Para-cadutismo) in CAPAR. Quando èavvenuta questa trasformazione ecosa, di fatto, ha comportato oltreal cambio di denominazione?

Il CAPAR ha assunto questa denomi-nazione nel 1999, la sua organizzazio-ne strutturale e ordinativa, invece, risa-le già al 1983. Dal 1964 fino al 1983, ilCentro, che si chiamava Scuola Milita-re di Paracadutismo, apparteneva al-l’Ispettorato di Fanteria e Cavalleria edera al di fuori della Brigata paracaduti-sti. Esso non aveva dipendenza ordi-nativa dal comandante della Brigata,ma era Ente scolastico affiancato allastessa. Nel 1983 il Centro perde di-pendenza dall’Ispettorato e rientranell’organico della Brigata paracaduti-sti, dopo diversi anni il cambio delladenominazione: nel 1999 quando di-venta Centro Addestramento Paraca-dutismo.

In questo Istituto sono passati ge-nerazioni e generazioni di paraca-dutisti. Qual è l’iter formativo e ad-destrativo che essi devono seguiree qual è il ruolo che il CAPAR assu-me nel processo di formazione diuomini che da sempre hanno datoe danno prova di ardimento, corag-gio e carattere nelle diverse partidel mondo?

Al CAPAR addestriamo tutti i paraca-dutisti d’Italia. La parte addestrativaè finalizzata anzitutto a far capireche il lavoro singolo non porta a nul-

la. Si parte dalle capacità individualidi ciascun soldato, ma tutto l’iterformativo è impostato sull’idea dicollaborazione del team e dellacoppia. L’addestramento è fondato,anzitutto, sul superamento psicolo-gico del lancio dall’aereo. Il “limite”del salto nel vuoto può essere vintoavendo nozione delle tecniche, co-noscendo sé stessi e prendendocoscienza del fatto che è una cosache si può fare in tutta sicurezza. Ilparacadute non distingue ordine egrado e questo è un aspetto moltoimportante. Quando si va “alla por-ta” in un aereo si esce in ordine dianzianità perché l’esempio è l’ele-mento base. Gli anziani avanti aigiovani. Nel Centro si instilla anchel’aspetto tradizionale legato alla Bri-gata paracadutisti. Partendo dallaconoscenza, si fa prendere la co-scienza dei fatti d’arme di El Ala-mein piuttosto che della Divisione“Nembo”. Fatti che spesso riportia-mo ai ragazzi per dargli quei riferi-menti storici e quei valori in essi in-siti, che sono alla base di chi vuolecostruire su una persona la compo-nente morale legata a questi fattori.Il Centro ospita anche la sala ricordidella Brigata paracadutisti. Proprioin quest’ottica, tutti i ragazzi che af-frontano il corso, nella fase di am-bientamento iniziale passano perquella sala.

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Qual è il lavoro dei baschi ama-ranto e come vengono impiegatisul terreno?

È connaturato al colore stesso delbasco. Un riconoscimento che il para-cadutista si deve guadagnare. Vi èuna cerimonia di consegna del bascoamaranto. Esso va ottenuto sudando,mettendo a prova le capacità di carat-tere, determinazione e coraggio. Solocosì ci si sente parte di questa unità.Quando consegno il basco, la primacosa che dico ai ragazzi è che esisteuna canzone che afferma che “ba-gnando il basco in una pozza di san-gue si fece il simbolo di tutti noi parà,il sacrificio dei nostri caduti fu semprelotta a viltà e disonor”. Il basco unavolta conquistato è un qualche cosache va onorato, portato avanti e ri-spettato. I paracadutisti morti con ilbasco amaranto in testa sono siaquelli caduti a El Alamein o in Italiacon la “Nembo” sia quelli che hannodato vita e coraggio anche nelle ulti-me operazioni militari. Nel basco èracchiuso il senso di appartenenza auna specialità. Non è il basco che fauna persona paracadutista ma è ilparacadutista che si merita il bascoamaranto. Il parà lo riconosci sempresul terreno, ha una modalità di com-portamento e di atteggiamento nelleattività operative e addestrative che ècomune a tutti, proprio perché tuttivengono addestrati qui al CAPAR.Qualunque cosa fanno nei vari reggi-menti di assegnazione la fanno comegli è stato insegnato qui. Gli istruttorivengono dai reparti operativi proprioper trasmettere una parte di insegna-mento da chi vive la realtà operativae per permettere agli istruttori stessi

un momento diamalgama. Questoè il paracadutistadal punto di vistaeducativo e caratte-riale.

Parliamo delle donneche, al pari dei colleghiuomini, decidono di farparte di questa specialità?

Alle donne è chiesto uno sforzoancora più grande, basti già so-lo pensare al peso stesso del pa-racadute aggiunto a quello dellozaino. L’addestramento è duro, nonci sono sconti per nessuno. La de-terminazione delle donne che decido-no di entrare nella “famiglia amaran-to” è però molto forte e quelle che su-perano la prima fase addestrativa so-litamente arrivano alla fine.

Signor Colonnello, per concludere,un consiglio che si sente di dare aun giovane soldato che decide divestire con orgoglio e convinzione ilbasco amaranto.

È quello che dico sempre ai ragaz-zi. Siate convinti di ciò che fate, ri-spettate quello che volete essere ecercate di esserlo fino in fondo. Nonvi vergognate di imparare da chi èpiù anziano di voi e, soprattutto, ab-biate sempre come riferimento lavostra Bandiera e il vostro Tricoloree l’onore di appartenere alla “FOL-GORE” ed ai reparti paracadutisti.Se non ti senti di sopportare il pesodell’onore alza il braccio e rinuncia.

*Giornalista, Tenentedella Riserva Selezionata

**Fotoreporter, Tenentedella Riserva Selezionata