risultati delle analisi genetiche - relazione finale · 2003), assumendo l'esistenza di 3...

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LIFE10NAT/IT/265 IBRIWOLF Azione A3 – Caratterizzazione genetica e morfologica degli ibridi RISULTATI DELLE ANALISI GENETICHE - RELAZIONE FINALE Chiara Braschi, Luigi Boitani Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” Università di Roma “La Sapienza” 31 Ottobre 2013

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LIFE10NAT/IT/265 IBRIWOLF

Azione A3 – Caratterizzazione genetica e morfologica degli ibridi

RISULTATI DELLE ANALISI GENETICHE -

RELAZIONE FINALE

Chiara Braschi, Luigi Boitani

Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin”

Università di Roma “La Sapienza”

31 Ottobre 2013

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Risultati analisi genetiche

Indice

PREMESSA:......................................................................................................................2

1. RISSUNTO:....................................................................................................................3

2. MATERIALI E METODI..................................................................................................5

2.1 Analisi del DNA mitocondriale...........................................................................5

2.2 Analisi del DNA microsatellite............................................................................5

2.3 Analisi dei loci microsatellite sul cromosoma Y.................................................7

2.4 Analisi del locus-K...............................................................................................7

3. RISULTATI:....................................................................................................................8

3.1 Analisi del DNA mitocondriale...........................................................................8

3.2 Analisi del DNA microsatellite............................................................................9

3.3 Analisi dei loci microsatellite sul cromosoma Y...............................................12

3.4 Analisi del locus K.............................................................................................12

3.5 Integrazione dei risultati ottenuti con le varie metodologie di indagine........13

IMMAGINE 1..........................................................................................................17

IMMAGINE 2..........................................................................................................17

IMMAGINE 3..........................................................................................................18

IMMAGINE 4..........................................................................................................18

IMMAGINE 5..........................................................................................................19

IMMAGINE 6..........................................................................................................19

4. DISCUSSIONE:............................................................................................................20

5. BIBLIOGRAFIA.............................................................................................................24

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PREMESSA:

La presente relazione va intesa come parte integrante della “Relazione tecnica delle

azioni A3 e A4” ultimata a luglio 2012.

I risultati esposti costituiscono un riepilogo delle analisi genetiche effettuate da due

laboratori di analisi differenti (l' U.S Forest Service, Rocky Mountain Research Station,

Montana, Stati Uniti e il Centro de Investigação em Biodiversidade e Recursos

Genéticos, CIBIO, Università di Porto, Portogallo) su un campione di 110 escrementi e

25 resti biologici di esemplari di canidi (Allegato 1). Tutti gli escrementi sono stati

raccolti nel territorio della Provincia di Grosseto nel periodo compreso tra gennaio

2012 e aprile 2013. Il periodo di riferimento è più esteso rispetto a quanto riportato

nella relazione finale delle azioni A3 e A4 dato che si è tenuto conto anche delle analisi

genetiche effettuate su campioni raccolti successivamente al 30 giugno 2012, data di

termine delle azioni A3 e A4.

Per quanto riguarda i campioni biologici, la maggior parte di questi deriva da esemplari

rinvenuti morti nel corso della indagine conoscitiva effettuata nell'ambito delle azioni

A3 e A4 o rinvenuti nel recente passato (dal 2010 al 2013) da altri operatori nell'area

della Provincia di Grosseto e nelle aree a questa confinanti. Alcuni di questi individui

campionati presentavano caratteristiche fenotipiche attribuibili ad un possibile evento

di ibridazione, generalmente identificabili in una colorazione scura del mantello e

dall'assenza della mascherina facciale (ad esempio gli esemplari corrispondenti ai

campioni CAPI 5, CAPI 16, CAPI 164, CAPI 18, Immagini 1 - 4 ).

Il dettaglio delle analisi genetiche effettuate sui campioni invasivi (CI) ovvero resti

biologici, e non invasivi (NI), ovvero escrementi, sono riportate nel paragrafo

“Materiali e Metodi”.

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1. RISSUNTO:

Le analisi genetiche effettuate su un campione di 110 escrementi (CNI) e 25 resti

biologici (CI), corrispondenti a 135 campioni totali di esemplari di canidi rinvenuti dal

2010 al 2013 nella provincia di Grosseto e nelle aree a questa immediatamente

limitrofe (province di Siena e di Firenze, aree confinanti con il territorio della provincia

di Grosseto) hanno fornito i seguenti risultati:

1. Sono stati individuati complessivamente 57 genotipi che corrispondono ad un

numero compreso tra 17 e 20 esemplari introgressi e ad un numero compreso tra 29 e

32 lupi a seconda del valore soglia che viene utilizzato per definire la classe di

appartenenza nei test di assegnazione (rispettivamente qi≥0,95 e qi>0,975). I cani

individuati sono invece solamente 7 (12,3% del campione), mentre per un esemplare

non è stato possibile determinare la classe di appartenenza.

2. Il numero di esemplari introgressi aumenta (n = 18 e 21 a seconda del valore

soglia utilizzato) se si tiene conto anche delle analisi effettuate presso ISPRA che

includono l'esemplare CAPI 15 come individuo originato da un reincrocio di

generazione successiva alla seconda (Immagine 6).

3. Escludendo dal totale di esemplari introgressi gli animali morti o catturati (che

non fanno più parte delle popolazione attuale), e limitandosi ai campioni raccolti negli

anni 2012 e 2013 nella Provincia di Grosseto, dai risultati delle analisi genetiche

effettuate dai laboratori americano e portoghese e da ISPRA si evince che attualmente

sono presenti nell'area della Provincia di Grosseto almeno 11 esemplari ibridi.

4. Il sesso degli animali è stato determinato per 37 individui che corrispondono a

16 femmine e 21 maschi.

5. Dato che i campioni sono stati raccolti solamente nelle aree montane e

boschive, distanti dai centri abitati, il numero di cani campionati non è assolutamente

rappresentativo del numero effettivamente presente di cani vaganti nel territorio.

6. Per entrambi i valori soglia considerati (qi≥0.95 e qi>0.975) 8 esemplari

introgressi hanno mostrato evidenze genetiche di ibridazione contemporaneamente

rilevabili in più di un marcatore genetico.

7. Quattro dei cinque animali per i quali è noto l'aspetto morfologico e per i quali

sono state rilevate evidenze fenotipiche attribuibili ad un evento di ibridazione

presentano evidenze di ibridazione in almeno un marcatore genetico tra quelli

analizzati.

8. Per 2 campioni è stato possibile confrontare i risultati delle analisi genetiche

effettuate presso il CIBIO con quelle effettuate da ISPRA (CAPI 15 e CAPI 16), e in

entrambi i casi è stato riscontrato un diverso valore di attribuzione alla popolazione di

lupi (qi) degli esemplari campionati, sottolineando come le routine di laboratorio

abbiano un effetto significativo sulle probabilità di individuare di individui introgressi.

9. Nei casi in cui l'individuo introgresso derivi da un reincrocio di seconda o

successiva generazione la sua identificazione su base genetica diventa problematica e

le tecniche genetiche attualmente utilizzate sono piuttosto limitate nella possibilità di

risalire alla generazione di ibridazione originale. Dalle analisi effettuate risulta infatti

che solamente un campione (EPI 152; il 2,4% del campione analizzato) può essere

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assegnato con relativa certezza alla classe F2 (ibrido di seconda generazione); tutti gli

altri individui risultati geneticamente introgressi (il 95% del campione di introgressi)

sono quindi da ascrivere a successive generazioni di reincrocio.

Dai risultati delle analisi effettuate è possibile formulare alcune considerazioni di

carattere generale che costituiscono un utile riferimento ai fini della gestione della

problematica della ibridazione cane-lupo nella Provincia di Grosseto:

• Si è rilevata una elevata percentuale di individui, tra quelli campionati nella

Provincia di Grosseto, che presentano almeno una evidenza genetica di

introgressione. Sebbene questo non costituisca una evidenza inequivocabile di

ibridazione recente, conferma i dubbi iniziali che hanno portato alla

formulazione del presente progetto.

• In tale contesto va tenuto presente che il grado di introgressione rilevato nella

popolazione campionata costituisce una stima approssimativa del numero

effettivo di individui ibridi cane-lupo presenti nella popolazione, dato che le

analisi genetiche, per quanto accurate esse siano, non riescono spesso ad

individuare individui introgressi generati da generazioni successive alla

seconda.

• Inoltre i marcatori genetici attualmente utilizzati per determinare il grado di

introgressione del genoma di cane nella popolazione di lupo non consentono di

stabilire quando sia avvenuta questa introgressione, ovvero non sono in grado

di definire con certezza la classe di appartenenza dell'esemplare campionato,

qualora questo appartenga ad una generazione di reincrocio successiva alla

seconda (F2).

• Diventa pertanto prioritario per l'immediato futuro individuare un approccio di

diagnosi integrativo e complementare alle analisi genetiche che abbia risvolti

pratici maggiormente applicabili in un contesto gestionale, partendo dalla

premessa che la possibilità di identificare in maniera affidabile gli individui

ibridi e introgressi all’interno di una popolazione sia fondamentale per

impostare correttamente una strategia di gestione.

• Tale approccio deve prevedere, oltre alla utilizzazione di più marcatori genetici,

l'integrazione del dato genetico con l'aspetto fenotipico in modo da

incrementarne i rispettivi poteri diagnostici per l’individuazione di esemplari

ibridi.

• Dal punto di vista gestionale, e in considerazione della elevata proporzione di

ibridi/introgressi di generazione successiva alla seconda (F2) rilevati nel

territorio provinciale, deve essere contemplata la possibilità che esemplari

ibridi vengano considerati tali a prescindere dal tempo generazionale

determinabile su sola base genetica.

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2. MATERIALI E METODI

Il DNA è stato estratto dai CI mediante il kit “DNeasy Blood & Tissue Kit” (Qiagen)

eseguendo le istruzioni indicate dalla casa produttrice. Il DNA dei CNI è stato invece

estratto seguendo i protocolli descritti da Frantz et al. (2003) and Boom et al. (1990).

Al fine di prevenire eventuali casi di contaminazione, tutte le fasi precedenti alla

amplificazione con PCR sono state condotte in un laboratorio appositamente destinato

alla manipolazione di DNA di ridotta qualità, caratterizzato da ambiente sterile e da

una favorevole pressione dell'aria. Durante l'intero processo sono stati effettuati

controlli al fine di scongiurare la contaminazione di DNA appartenente ad individui

diversi. La qualità di DNA estratto dai campione fecali è stata determinata

dall'amplificazione di un frammento di una regione ipervariabile di DNA mitocondriale

di 420bp (HV1; Vilà et al. 1999) ed effettuando quattro repliche di tre microsatelliti.

Sono stati successivamente utilizzati per l'intero processo solamente quei CNI che

erano stati genotipizzati con successo per i tre marcatori descritti.

Una volta estratto il DNA, i 110 CNI ed i 25 CI sono stati analizzati applicando le

seguenti analisi genetiche:

2.1 Analisi del DNA mitocondriale

L'analisi del DNA mitocondriale consente di attribuire l'appartenenza del campione alla

popolazione di lupo o di cane domestico in base alla individuazione di un aplotipo

diagnostico. Più specificamente, se viene rilevato nel campione l'aplotipo W14 che

costituisce l'aplotipo unico per il lupo in Italia (Randi et al. 2000), viene confermata

l’appartenenza del campione alla specie lupo o cane, mentre se vengono rilevati

aplotipi esclusivi del cane, il campione viene attribuito unicamente alla popolazione di

cane domestico. Essendo il DNA mitocondriale ereditato per via materna consente, nel

caso di individui ibridi, di comprendere la direzionalità (via materna o paterna) della

ibridazione.

2.2 Analisi del DNA microsatellite

L'analisi del DNA microsatellite consente di identificare il genoma degli animali e

fornisce pertanto informazioni sul numero di individui campionati. Attraverso l'analisi

del DNA microsatellite è inoltre possibile ottenere informazioni relative alla potenziale

origine degli animali campionati, ovvero stabilire la probabilità di assegnazione di un

individuo ad una popolazione distinta (lupi, cani, ibridi).

Per quanto riguarda i CNI, i genotipi ripetuti sono stati identificati utilizzando GIMLET

(Valière 2002) e sono stati esclusi dall'analisi. E' stata inoltre stimata, sempre tramite

GIMLET, la probabilità di identità (PID) e la probabilità attesa tra fratelli full-sibling

(PIDsib). Nel caso di campioni con DNA non degenerato (CI), il genotipo degli individui è

stato determinato utilizzando un pannello di 53 loci microsatelliti. Per l'analisi di tutti

gli escrementi ed alcuni CI è stato invece utilizzato un pannello di soli 16 loci. I sedici

marcatori sono stati selezionati in base a: i) valore di F (Fst values) tra lupo e cane per

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14 marcatori e ii) probabilità di identità (PID) per due loci in modo tale da

incrementare il potere di identificazione del genotipo individuale. Infine, per i CNI, il

sesso degli individui è stato determinato utilizzando il test molecolare proposto da

Seddon (2005).

Per entrambi i pannelli di loci (53 e 16) i genotipi individuali sono stati analizzati

utilizzando la procedura Bayesiana cluster utilizzata in STRUCTURE 2.3.3 (Falush et al.

2003), assumendo l'esistenza di 3 popolazioni (K = 3), ovvero la popolazione italiana di

lupi, la popolazione europea di lupi e la popolazione di cani (Fig. 1). Una volta definiti i

cluster, il programma utilizzato (STRUCTURE) assegna le probabilità di appartenenza ai

cluster di genotipi individuali in base alla loro composizione. I genotipi le cui frequenze

alleliche hanno probabilità non trascurabili di appartenere a due o più cluster sono

identificati come potenziali ibridi. Questa analisi è stata realizzata per 20 repliche

indipendenti per 106 interazioni, dopo un periodo di “burn-in” pari a 105 interazioni,

utilizzando per la identificazione degli individui un modello misto che includeva sia

frequenze alleliche correlate all'interno della popolazione sia frequenze alleliche senza

precedenti. Il risultato di questo procedimento ha portato a definire, per ogni

individuo, la probabilità di assegnazione ad un determinato cluster (qi) ed il relativo

intervallo di confidenza al 90%. Oltre a STRUCTURE è stato utilizzato il programma

NEWHYBRIDS (Anderson e Thompson 2002) che, partendo da un pannello di 16 loci,

stima la probabilità di un genotipo individuale di appartenere ad una popolazione

parentale (cane o lupo) o ad un gruppo ibrido, distinguendo, nel secondo caso, 4

possibili classi d’appartenenza (F1 = ibrido di prima generazione; F2 = ibrido di seconda

generazione; Bx2W = reicnrocio con un lupo; Bx2D = reicnrocio con un cane; Godinho

et al. 2011)

Al fine di determinare la caratterizzazione genetica delle popolazioni parentali,

necessaria per definire il test di assegnazione e le probabilità di assegnazione ai

cluster, sono stati analizzati 40 campioni appartenenti alla popolazione di lupo italiana

(campionati in tutta Italia) e 17 campioni di cani italiani (popolazione di cani randagi e

cani da pastore campionati nella Provincia di Grosseto e nelle aree a questa limitrofe).

Sono stati inoltre analizzati 21 campioni di lupi europei (campioni provenienti da

Romania, Spagna, Portogallo, Slovenia e Russia) e 181 campioni di cani randagi e razze

da pastore appartenenti alla popolazione di cani iberici. I dati sono stati inoltre

analizzati con la PCA (Analisi delle Componenti Principali) per visualizzare il pattern di

differenziazione tra campioni di lupi iberici, campioni di lupi italiani, campioni di lupi

europei e cani utilizzando GenAlex 6.501 (Peakall &Smouse 2012).

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Figura 1. Probabilità di assegnazione (qi) ai cluster genetici utilizzando la procedura

Bayesiana con K=3 (popolazione di lupi italiani in rosso, popolazione di lupi europei in

verde, cani italiani ed europei in blu) utilizzando un pannello a 16 loci e a 53 loci. Ogni

individuo è rappresentato da una linea verticale frammentata in tre sezioni che

corrispondono alla proporzione relativa di appartenenza dell'individuo ad ogni cluster

genetico: lupi italiani in grigio, lupi europei in blu e cani in arancione.

2.3 Analisi dei loci microsatellite sul cromosoma Y

Per gli individui maschi campionati è stato possibile effettuare l'analisi di 6 loci

microsatellite associati tra loro e presenti sul cromosoma Y (Sundqvist et al. 2001;

Bannasch et al. 2005) che risultano spesso sufficientemente differenti tra la

popolazione locale di lupo ed i cani (Sundqvist et al. 2001). La presenza di aplotipi tipici

dei cani nel genoma di esemplari di lupi costituisce una evidenza di introgressione per

via paterna (Iacolina et al. 2010).

2.4 Analisi del locus-KL'analisi del locus K consiste nella identificazione di individui eterozigoti che

presentano la mutazione β-Defensin (mutazione KB del gene). Tale mutazione,

correlata alla colorazione nera del mantello, è assente nella popolazione selvatica di

lupo (Caniglia et al, 2013) e costituisce, in italia, una evidenza genetica di un evento

recente di introgressione con il genoma di cane domestico portatore di questa variante

genetica (Candille et al. 2007; Greco 2009). La mutazione KB del gene è stata ricercata

in tutti i campioni (sia CI che CNI) utilizzando i primers suggeriti da Caniglia et al.

(2013).

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3. RISULTATI:

La resa complessiva delle analisi effettuate sui CNI è risultata piuttosto elevata e dei

110 campioni fecali inviati, solamente 16 (14,5%) contenevano quantità di DNA troppo

ridotta per poter essere analizzata. Sui restanti 94 campioni (85,5%) è stata effettuata

l'analisi integrando, quando possibile, diversi marcatori genetici.

La resa complessiva delle analisi effettuate sui CI è risultata molto elevata e tutti i 25

campioni inviati sono stati analizzati utilizzando diversi marcatori genetici. La resa

relativa delle analisi effettuate sui CI è stata particolarmente elevata per l'analisi del

DNA mitocondriale (23 campioni analizzati, 92% del totale dei CI) e leggermente

inferiore per l'analisi del DNA microsatellite con un pannello di 16 loci (17 campioni

analizzati, 68 % del totale) e 53 loci (12 campioni analizzati, 48 % del totale) e del locus

K (19 campioni analizzati, 76% del totale).

3.1 Analisi del DNA mitocondrialeAttraverso l'analisi del DNA mitocondriale è stato sequenziato il DNA rinvenuto in 94

escrementi (85,4% del campione) e in 23 CI (92% del campione). La maggioranza dei

CNI (87 campioni) presentava l'aplotipo W14, 5 campioni presentavano un aplotipo di

origine canina, mentre per due campioni il DNA è risultato contaminato dal DNA

appartenente ad una specie predata (Capriolo; Capreolus capreolus) e non ha fornito

risultati. Per quanto riguarda i CI, 19 presentavano un aplotipo W14 e 2 campioni un

aplotipo di cane. Questi due campioni appartenevano rispettivamente ad un esemplare

rinvenuto morto in cattivo stato di conservazione ma con una dimensione cranica più

simile a quella del cane che del lupo (CAPI 01), mentre il secondo (SPI 04) apparteneva

ad un cane meticcio catturato presso una discarica nel comune di Manciano. Per il

campione di pelo CAPI 04 non è stato possibile individuare il DNA dell'individuo perchè

contaminato dal DNA di peli di lepre (Lepus sp.). Il campione di tessuto CAPI 08

presentava invece l'aplotipo di lupo W16 che è stato osservato nelle popolazioni di lupi

in Europa e mai nella popolazione di lupi in Italia (Randi et al. 2000) (Tab 1 ). La

presenza dell'aplotipo W14 nella maggior parte degli individui campionati è in accordo

con quanto osservato in Italia dove tutti gli ibridi fino ad oggi rilevati mostrano

l'aplotipo mitocondriale del lupo (Ciucci, 2012).

TIPOLOGIA DI

CAMPIONE N

Presenza

aplotipo W14

Presenza

aplotipo W16

Presenza

aplotipo di

cane

Poco

DNA Prede

CNI 110 87 5 16 2

CI 25 19 1 2 2 1

Totale 135 106 11 7 18 3

Tabella 1. Risultati delle analisi del DNA mitocondriale.

1Il campione che presentava l'aplotipo w16 (CAPI 008) possedeva anche alleli precedentemente mai

osservati nella popolazione di lupi italiana

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3.2 Analisi del DNA microsatellite12 CI sono stati analizzati utilizzando sia un pannello di 16 loci che uno di 53 loci

mentre per 5 CI e per tutti i CNI (24 campioni) corrispondenti ad un totale di 41

campioni complessivi è stato utilizzato un pannello di 16 loci a causa del DNA

altamente degradato di questi campioni (Allegato 2).

Utilizzando come soglia per l'attribuzione degli individui campionati alla popolazione di

lupi il valore generalmente usato in statistica qi≥0.95 (Tab. 2), solamente 2 CI, che

corrispondono al 16,7 % dei 12 CI analizzati con un pannello a 53 loci, non possono

essere attribuiti alla popolazione di lupi italiani. Per quanto riguarda invece il totale di

campioni (CI più CNI) analizzati utilizzando un pannello a 16 loci, 5 campioni (1 CI e 4

CNI; Tab 2) che corrispondono al 12,2% dei 41 campioni complessivi analizzati con un

pannello a 16 loci non possono essere attribuiti alla popolazione di lupi italiani.

CAMPIONE STRUCTURE

16 loci

STRUCTURE

53 loci

NEWHYBRID Note

Epi_152 0,293 W = 0,000

F2 = 0,888

Epi_153 0,948 W = 0,894

Bx2W = 0,103

Epi_119 0,94 W = 0,896

Bx2W = 0,100

Epi_014 0,040 W = 0,000

D = 0,984

Capi_165 0,909 W = 0,826

Bx2W = 0,166

Capi_06 0,996

%Missing -0,37

0,889

%Missing -0,47

W = 0,998 Elevata % di “missing data”

per entrambi i pannelli di loci.

Il risultato non è affidabile

Capi_10 0,980 0,926 W = 0,995

Tabella 2. Campioni con un valore q<0.95 rilevati tramite il programma STRUCTURE

utilizzando rispettivamente un pannello di 53 loci ed uno di 16 loci. Per questi campioni

è stato riportato anche il valore ottenuto con il programma NEWHYBRIDS (W =

probabilità di assegnazione alla popolazione di lupi, D = probabilità di assegnazione

alla popolazione di cani, F2 = probabilità di assegnazione alla popolazione di ibridi di

seconda generazione, Bx2W = probabilità di assegnazione alla popolazione di

reincrocio di seconda generazione).

Considerando invece come valore soglia qi>0.975, che costituisce un valore arbitrario al

pari di qi≥0.95 ma consente di includere nella categoria di possibili ibridi anche animali

con valore compreso tra 0.95≤qi <0.975, riducendo la probabilità di incorrere in errori

di tipo II (ovvero non riconoscere un ibrido come tale; Allendorf et al. 2001), il numero

di campioni che non possono essere attribuiti alla popolazione italiana di lupi aumenta

sensibilmente per entrambi i pannelli di loci utilizzati (Tab. 3).

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CAMPIONE STRUCTURE

16 loci

STRUCTURE

53 loci

NEWHYBRID NOTE

Epi_152 0,293 W = 0,000

F2 = 0,888

Epi_153 0,948 W = 0,894

Bx2W = 0,103

Epi_159 0,963 W = 0,895

Bx2W = 0,102

Non rilevato con qi<0.95

Epi_118 0,962 W = 0,975 Non rilevato con qi<0.95

Epi_119 0,944 W = 0,896

Bx2W = 0,100

Epi_014 0,040 W = 0,000

D = 0,984

qi di attribuzione alla

popolazione di cani = 0,900

Capi_164 0,952 W = 0,949

Bx2W = 0,048

Non rilevato con qi<0.95

Capi 165 0,909 W = 0,826

Bx2W = 0,166

Capi_09 0,974 0,994 W = 0,970 Non rilevato con qi<0.95

Capi_06 0,996

%Missing

-0,37

0,889

%Missing

-0,47

W = 0,998 Elevata % di “missing data”

per entrambi i pannelli di loci.

Il risultato non è affidabile

Capi_10 0,980 0,926 W = 0,995

Capi_11 0,994 0,967

%Missing

-0,39

W = 0,995 Non rilevato con qi<0.95, ma

l'elevata % di “missing data”

rende il risultato non

affidabile per un pannello di

53 loci.

Capi_12 0,994 W = 0,997 Non rilevato con qi<0.95

Capi_13 0,994 0,952 W = 0,998 Non rilevato con qi<0.95

Tabella 3. Campioni con un valore qi<0.975 rilevati tramite il programma STRUCTURE

utilizzando rispettivamente un pannello di 53 loci ed uno di 16 loci. Per questi campioni

è stato riportato anche il valore ottenuto con il programma NEWHYBRIDS (W =

probabilità di assegnazione alla popolazione di lupi, F2 = probabilità di assegnazione

alla popolazione di ibridi di seconda generazione, Bx2W = probabilità di assegnazione

alla popolazione di reincrocio di seconda generazione).

Nel caso di analisi effettuate con un pannello a 53 loci, 5 CI, che corrispondono al

41,6% dei 12 CI analizzati, non possono essere attribuiti alla popolazione italiana di

lupi. Utilizzando invece un pannello di 16 loci, 9 campioni complessivi (3 CI e 6 CNI) che

corrispondono al 21,9% dei 41 campioni complessivi analizzati non possono essere

attribuiti alla popolazione di lupi italiani.

Va fatto presente che i CI CAPI 10, CAPI 12 e CAPI 13, che da una preliminare analisi

con un pannello a 16 loci avevano evidenziato una elevata probabilità di assegnazione

alla popolazione di lupi italiana (qi compresa tra 0.980 e 0.996) hanno mostrato una

probabilità di assegnazione più ridotta con un'analisi a 53 loci (qi compresa tra 0.926 e

0.958), risultato che porta a considerare questi campioni come non assegnabili alla

popolazione di lupo italiano (Tab. 3). Anche per i CI CAPI 06 e CAPI 11 si osserva un

10

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Risultati analisi genetiche

risultato analogo (qi pari rispettivamente a 0.889 e 0.967) ma in entrambi questi casi la

percentuale di dati mancanti nella individuazione del genoma (%Missing) con un

pannello a 53 loci è piuttosto elevata (> del 25%) e questo potrebbe essere

interpretato come una sottostima della probabilità di attribuzione degli esemplari ad

un dato cluster. Pertanto l'esito delle analisi con un pannello a 53 loci per questi due

campioni non è affidabile e deve necessariamente essere escluso dal computo finale. Il

Nel caso di CAPI 06 neanche l'esito ottenuto con un pannello a 16 loci (%Missing = -37)

può essere ritenuto affidabile. Pertanto il campione non può essere attribuito con

certezza a nessuna classe per entrambi i set di loci utilizzati.

Analizzando con NEWHYBRIDS i campioni che, in base alle analisi effettuate con

STRUCTURE, sono risultati non assegnabili alla popolazione italiana di lupi utilizzando

un pannello di 16 loci e come valore soglia qi ≥0.95 (n = 5; Tab. 2), tutti e 5 i campioni

hanno rilevato una bassa probabilità di essere assegnati alla popolazione italiana di

lupi (W <0.95; valori compresi tra W = 0,000 e W = 0,896). Di questi campioni, uno (EPI

152) corrisponde probabilmente ad un individuo ibrido di seconda generazione (F2 =

0,88), 3 campioni (EPI 119, EPI 153 e CAPI 165) corrispondono ad esemplari originati da

reincroci di generazione successiva alla seconda (valore di Bx2W compreso tra 0,166 e

0,100), ed uno (EPI 14) corrisponde ad un esemplare di cane (D = 0,984).

Ripetendo lo stesso confronto utilizzando un pannello di 16 loci e come valore soglia qi

>0.975 (n = 9, W <0.975, valori compresi tra W = 0,000 e W = 0,949; Tab. 3), si osserva

che anche i campioni EPI 159 e CAPI 164 corrispondono probabilmente ad esemplari

originati da reincroci di generazione successiva alla seconda (valore di Bx2W

rispettivamente pari a 0,102 e 0,048), mentre per i campioni EPI 118 e CAPI 09 non è

possibile determinare, tramite NEWHYBRIDS, la generazione di appartenenza degli

individui.

Si fa infine presente che il campione EPI 55, attribuito alla popolazione italiana di lupi

in base all'analisi dei loci microsatellite (pannello a 16 loci, qi = 0,981) presenta una

probabilità non trascurabile di derivare da un reincrocio di generazione successiva alla

seconda in base all'analisi con NEWHYBRIDS (W = 0,944, Bx2W = 0,0539; Allegati 2 e 3).

Dalle analisi del DNA microsatellite è stato possibile complessivamente determinare il

genotipo di 73 campioni, che corrispondono a 57 individui distinti campionati nella

Provincia di Grosseto dal 2010 a fine aprile 2013.

Il sesso è stato identificato in 37 individui evidenziando un rapporto sessi pari a 16

femmine e 21 maschi. I singoli individui sono stati campionati da un minimo di una

volta (n = 45) ad un massimo di 4 volte (n = 1). Tre individui sono stati campionati 2

volte e 8 individui 3 volte.

Di tutti gli individui identificati, 13 corrispondono ad esemplari rinvenuti morti (n = 12)

o mantenuti in cattività (n = 1). Pertanto tali individui non fanno più parte della attuale

popolazione di canidi vaganti nella provincia di Grosseto.

11

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Risultati analisi genetiche

3.3 Analisi dei loci microsatellite sul cromosoma Y

Per 7 CI e 16 CNI è stato possibile analizzare 6 loci microsatellite associati presenti sul

cromosoma Y. I risultati relativi all'analisi dei CI hanno evidenziato la presenza di un

aplotipo Y chiaramente appartenente alla popolazione di lupi italiani (corrispondente

alle due linee paterne più frequentemente documentate da Iacolina et al. 2010, ovvero

WY1 e WY2) in 5 individui (71,4% del campione) mentre 2 CI (28,5% del campione), che

corrispondono entrambi al genotipo CAPI 05, presentavano l'aplotipo Y3 che

generalmente non viene riscontrato nella popolazione di lupi italiani ma costituisce

invece l'aplotipo più comune nella popolazione di cane domestico (Iacolina et al. 2010).

Tuttavia, l'analisi del DNA microsatellite di questo esemplare ha rilevato una elevata

probabilità di attribuzione alla popolazione di lupo per entrambi i valori soglia utilizzati

(qi = 0,977 con un pannello a 16 loci e qi = 0,995 con un pannello a 53 loci),

nonostante l'individuo presentasse inoltre la delezione del locus K e mostrasse una

colorazione anomala del mantello (cfr § 3.4; Tabelle 4 e 5; Immagine 1).

Per quanto riguarda i CNI, 7 campioni (43,7% del campione) hanno evidenziato un

aplotipo Y da lupo e 9 escrementi (56,2% del campione), appartenenti

complessivamente a 5 individui diversi (EPI 14, EPI 119, EPI 130, EPI 152, EPI 153;

Allegato 1), hanno rilevato invece un aplotipo caratteristico del cane, presente sia nella

popolazione di cani italiani che iberici (DY2 e DY5; Tabelle 4 e 5). In base alle analisi

effettuate con altri marcatori genetici, l'esemplare CAPI 14 è risultato essere un cane

(qi di attribuzione alla popolazione di cani = 0,900 ), l'esemplare corrispondente al

campione EPI 152 è probabilmente un ibrido di seconda generazione (F2 = 0,888)

mentre gli esemplari EPI 153 ed EPI 119 sono probabilmente originati da un reincrocio

di generazione successiva alla seconda (Bx2W rispettivamente pari a 0,103 e 0,100).

Per l'esemplare EPI 130, seppur rappresentato da 4 campioni non invasivi (EPI 130, EPI

135, EPI 139 ed EPI 141), non sono state rilevate ulteriori evidenze genetiche tali da

poter definire una specifica classe di ibridazione, anche a causa del DNA altamente

degradato che non ha consentito di effettuare l'analisi del DNA microsatellite di 4

campioni sui 5 disponibili (Allegati 2 e 3).

3.4 Analisi del locus K

L'analisi del locus K ha avuto una resa estremamente ridotta ed è stata effettuata

complessivamente su 54 campioni (19 CI e 35 CNI). L'allele mutato corrispondente alla

colorazione nera del pelo (KB) è stato trovato in 9 CI (47,4% del campione) e in 10 CNI

(28,6% del campione) sempre in eterozigosi. Solamente una volta (CAPI 017) è stata

individuata la forma omozigote del locus K (KB/K

B), anche se tale risultato potrebbe

essere derivato dalla presenza di pseudoalleli, considerando che i risultati ottenuti

dall'analisi dei campioni CAPI 16 e SPI 02, appartenenti allo stesso esemplare, hanno

invece mostrato l'eterozigosi del locus K. La delezione del locus K rappresenta

comunque l'unica evidenza genetica di introgerssione con il genoma di cane per

l'esemplare corrispondente ai campioni CAPI 16 e CAPI 17, per i quali l'analisi del DNA

microsatellite con un pannello a 16 loci ha fornito, in entrambi i casi, una probabilità di

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Risultati analisi genetiche

attribuzione alla popolazione di lupi elevata (qi = 0,997) per i due valori soglia

considerati (qi≥0.95 e qi>0.975), sebbene con limiti fiduciali relativamente ampi (min

0,981- max 1,000; Allegato 2).

Tutti i genotipi che presentavano un aplotipo Y caratteristico del cane presentavano

anche l'allele K mutato (Allegato 1). Solamente in un caso (EPI 14) l'aplotipo Y del cane

non era associato alla mutazione dell'allele K. Questo risultato non sorprende, dato che

non tutte le razze di cane domestico sono portatori di questa delezione.

Comparando l'analisi del locus K con le altre analisi effettuate (Tab. 3), si osserva che

quasi tutti i CI che presentano una ridotta probabilità di essere assegnati alla

popolazione di lupi e di cani domestici considerando il valore soglia qi>0.975 (n = 4;

Tab. 5) riportano anche la mutazione del locus K. Lo stesso risultato non si ottiene

invece considerando il valore soglia qi≥0.95,

Solo il CI CAPI 16 ha rilevato la mutazione del locus K non associata a nessun altra

evidenza genetica di introgressione con il genoma del cane domestico, nonostante

presentasse inoltre caratteri fenotipici anomali rispetto allo standard selvatico del lupo

(Immagine 2). Per quanto riguarda invece i CNI, solamente 2 (EPI 119 ed EPI 130) dei 5

campioni che hanno rilevato una mutazione del locus K, presentano anche altre

evidenze genetiche di introgressione con il genoma di cane.

3.5 Integrazione dei risultati ottenuti con le varie metodologie di indagi-

ne

Analizzando tutti gli individui per i quali è stato possibile caratterizzare il genotipo (n =

57) e considerando il valore soglia qi≥0.95, è risultato che 7 esemplari (12,3%) sono

cani (5 CNI e 2 CI), 32 (56,1%) sono stati assegnati alla popolazione italiana di lupi (27

CNI e 5 CI) e 17 (29,8%) presentano almeno una evidenza genetica di introgressione

con il genoma canino (9 CNI e 8 CI) (Tab 4). Di questi, 8 esemplari (47% del campione di

introgressi) mostravano evidenze genetiche di ibridazione contemporaneamente

rilevabili in più di un marcatore genetico.

L'individuo CAPI 06 (1,7% del campione), che non presentava nessuna ulteriore

evidenza genetica oltre al dato microsatellitare, non stato assegnato a nessuna classe

a causa dell'elevata percentuale di dati mancanti nella individuazione del genoma, che

rende inaffidabile il risultato ottenuto utilizzando sia un pannello a 16 loci che a 53 loci

(Tabelle 2 e 3; § 3.2).

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Risultati analisi genetiche

ID mtDNA STRUCTURE NEWHYBRIDS LOCUS K CROMOSOMA Y

Epi_55 Bx2W = 0,0539

Epi_56K

B

Epi_119 16 loci qi = 0,944 Bx2W = 0,100K

B DY2

Epi_128K

B

Epi_130K

B DY2

Epi_152 16 loci qi = 0,293 F2 = 0,888 DY2

Epi_153 16 loci qi = 0,948 Bx2W = 0,103 DY2

Epi_154K

B

Epi_159 Bx2W = 0,102

Capi_05*K

B Y3

Capi_08 w162

Capi_09 53 loci qi = 0,974K

B

Capi_10 53 loci qi = 0,926

Capi_11K

B

Capi_16*K

B

Capi_164* 16 loci qi = 0,952 Bx2W = 0,048K

B

Capi_165* 16 loci qi = 0,909 Bx2W = 0,166

Tabella 4. Elenco dei 18 individui assegnati alla classe di ibridi e dettaglio delle analisi

in base alle quali è stata determinata tale assegnazione (valore soglia nei test di

assegnazione per l'analisi del DNA microsatellite qi≥0.95). Gli esemplari indicati

contrassegnati con * presentavano inoltre una colorazione anomala del mantello o

altre evidenze fenotpiche di introgressione, come documentato nelle Immagini 1, 2, 3 e

4.

Considerando un valore soglia pari a qi>0.975, 29 animali (50,9%) sono stati assegnati

alla popolazione italiana di lupi (26 CNI e 3 CI) e 20 animali (35,1%) presentavano

almeno una evidenza genetica di introgressione con il genoma canino (10 CNI e 10 CI)

(Tab 5). Il 40 % di tutti i campioni introgressi rilevati (n = 8) mostrava evidenze

genetiche di ibridazione contemporaneamente rilevabili in più di un marcatore

genetico. La percentuale di cani è invece rimasta invariata.

2Il campione che presentava l'aplotipo w16 (CAPI 008) possedeva anche alleli precedentemente mai

osservati nella popolazione di lupi italiana

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Risultati analisi genetiche

ID mtDNA STRUCTURE NEWHYBRIDS LOCUS K CROMOSOMA Y

Epi_55 Bx2W = 0,0539

Epi_56K

B

Epi_118 16 loci qi = 0,962

Epi_119 16 loci qi = 0,944 Bx2W = 0,100K

B DY2

Epi_128K

B

Epi_130K

B DY2

Epi_152 16 loci qi = 0,293 F2 = 0,888 DY2

Epi_153 16 loci qi = 0,948 Bx2W = 0,103 DY2

Epi_154K

B

Epi_159 16 loci qi = 0,963

Capi_05*K

B Y3

Capi_083 w16

Capi_09 53 loci qi = 0,974K

B

Capi_10 53 loci qi = 0,926

Capi_11K

B

Capi_12 53 loci qi = 0,958

Capi_13 53 loci qi = 0,952

Capi_16*K

B

Capi_164* 16 loci qi = 0,952 Bx2W = 0,048K

B

Capi_165* 16 loci qi = 0,909 Bx2W = 0,166

Tabella 5. Elenco degli individui campionati assegnati alla classe di ibridi e dettaglio

delle analisi in base alle quali è stata determinata tale assegnazione (valore soglia per

l'analisi del DNA microsatellite qi>0.975). Gli esemplari indicati contrassegnati con *

presentavano inoltre una colorazione anomala del mantello o altre evidenze fenotpiche

di introgressione, come documentato nelle Immagini 1, 2, 3 e 4.

Come già accaduto per l'analisi precedente, l'individuo CAPI 06 non è stato assegnato a

nessuna classe, mentre per quanto riguarda l'individuo CAPI 11, sebbene dalle analisi

effettuate con STRUCTURE e NEWHYBRIDS l'introgressione con in genoma di cane non

viene rivelata (qi = 0,967 con un pannello a 53 loci, ma con una percentuale di dati

mancanti nella individuazione del genoma pari al 39% e limiti fiduciali compresi tra

0,889 e 1; Allegati 2 e 3), la presenza della delezione del locus K comporta che il

campione sia inserito nel computo dei possibili esemplari introgressi (Tab. 5). In ogni

caso, nelle tabelle di riepilogo (Tabelle 4 e 5) non è stato considerato il risultato della

analisi del DNA microsatellite per i campioni CAPI 06 (sia con un pannello a 16 loci che

a 53 loci) e CAPI 11 (pannello a 53 loci).

3Il campione che presentava l'aplotipo w16 (CAPI 008) possedeva anche alleli precedentemente mai

osservati nella popolazione di lupi italiana

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Risultati analisi genetiche

Tutti gli animali per i quali era noto l'aspetto morfologico e per i quali erano state

rilevate evidenze fenotipiche attribuibili ad un evento di ibridazione (n= 4 animali), con

la sola esclusione dell'individuo corrispondente al campione CAPI 18, presentavano

almeno una evidenza genetica di ibridazione (Tab 3 e Immagini 1 - 5).

Comparando i risultati ottenuti con l'analisi del DNA mitocondriale e satellitare

(Allegato 1) si osserva che tutti gli animali con aplotipo w14 presentavano alleli

appartenenti alla popolazione di lupi (106 campioni). Un campione che presentava

l'aplotipo W16 (CAPI 08) possedeva anche alleli precedentemente mai osservati nella

popolazione di lupi italiana.

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Risultati analisi genetiche

Immagine 1. Individuo CAPI 05. L'esemplare, mantenuto in cattività presso il centro di

recupero fauna selvatica di Semproniano (CRASM) e morto nel 2012, presentava un

aspetto fenotipico anomalo rispetto allo standard selvatico, come si rivela dalla

colorazione scura del mantello e dall'assenza della mascherina facciale e di bandeggi

neri sulle zampe anteriori. Nonostante queste evidenze fenotipiche, e nonostante la

presenza della delezione del locus K e dell'aplotipo Y3, l'animale ha rilevato una elevata

probabilità di essere attribuito alla popolazione di lupo per entrambi i valori soglia

(q≥0.95 e q>0,975) utilizzati (qi = 0,977 con un pannello a 16 loci e qi = 0,995 con un

pannello a 53 loci).

Immagine 2. Individuo CAPI 16. L'esemplare è stato catturato in località Abbandonato,

in provincia di Grosseto, il 22 marzo del 2013 nell'ambito del Progetto Ibriwolf ed è

attualmente mantenuto in cattività presso il centro di recupero fauna selvatica di

Semproniano (CRASM). Come l'esemplare CAPI 05, nonostante l'aspetto fenotipico

anomalo rispetto allo standard selvatico, come si rivela dalla colorazione scura del

mantello e dall'assenza della mascherina facciale e di bandeggi neri sulle zampe

anteriori, e nonostante la delezione del locus K, l'analisi del DNA microsatellite con un

pannello a 16 loci ha fornito una probabilità di attribuzione alla popolazione di lupi

elevata (qi = 0,997) per i due valori soglia considerati (q≥0.95 e q>0.975), sebbene con

limiti fiduciali relativamente ampi (0,981- 1,000).

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Risultati analisi genetiche

Immagine 3. Individuo CAPI 164. L'esemplare è stato rinvenuto morto il 27 dicembre

2012 in località Barbiella in provincia di Firenze. Come i precedenti esemplari

l'individuo CAPI 164 mostra un aspetto fenotipico anomalo rispetto allo standard

selvatico, come si rivela dalla colorazione scura del mantello, dall'assenza della

mascherina facciale e dalle unghie depigmentate. L'analisi del DNA microsatellite per

questo individuo con un pannello a 16 loci ha consentito di attribuire l'esemplare ad

una classe di reincrocio di generazione successiva alla seconda (qi = 0,952, Bx2W =

0,048) rilevante solamente per un valore soglia pari a q>0.975, sebbene con limiti

fiduciali relativamente ampi (0,806-1,000).

Immagine 4. Individuo CAPI 18. L'esemplare è stato rinvenuto morto il 25 marzo 2013

a Roccalbegna, in provincia di Grosseto. Anche l'individuo CAPI 18 presentava un

aspetto fenotipico anomalo rispetto allo standard selvatico, come si rivela dalla

colorazione scura del mantello, dall'assenza della mascherina facciale e dalle unghie

depigmentate. Nonostante l'evidenza fenotipica, nessuno dei marcatori utilizzato per le

analisi genetiche ha rivelato una evidenza di introgressione del genoma di cane

domestico per questo individuo (qi = 0,997 con un pannello a 53 loci, W = 0,998).

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Risultati analisi genetiche

Immagine 5. Individuo CAPI 165. L'esemplare è stato rinvenuto morto il 17 marzo 2012

in località Crocioni-Scarperia in provincia di Firenze. L'animale presentava

caratteristiche fenotipiche anomale rispetto allo standard selvatico del lupo

(dimensione e lunghezza anomale delle orecchie) ed è risultato essere un ibrido di

incrocio successivo alla seconda generazione sia in base alle analisi effettuate presso

ISPRA (responso in cui non viene specificata la q di assegnazione ed il numero di loci

satellitari), sia in base alle analisi effettuate presso il CIBIO (qi = 0,909 con un pannello

a 16 loci, Bx2W = 0,166).

Immagine 6. Individuo CAPI 15. L'esemplare è stato catturato in località Abbandonato,

in provincia di Grosseto, il 25 marzo del 2013 nell'ambito del Progetto Ibriwolf e non

presentando nessuna evidenza fenotipica di ibridazione è stato immediatamente

rilasciato. Le analisi effettuate presso il CIBIO hanno escluso l'introgressione del

genoma canino (qi = 989 con un pannello a 53 loci), mentre quelle effettuate da ISPRA,

rilevano una probabilità di attribuzione alla popolazione di lupi (qi = 94 con un pannello

a 24 loci) al di sotto del valore soglia considerato (q>0.95).

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Risultati analisi genetiche

4. DISCUSSIONE:

I risultati ottenuti dalla integrazione di tutte le analisi genetiche effettuate sembrano

confermare il dubbio che una percentuale relativamente elevata della popolazione

locale di lupi nella Provincia di Grosseto sia costituita da esemplari introgressi. Infatti,

su un totale di 57 individui, per i quali è stato possibile determinare con certezza il

genotipo, che sono stati campionati nell'area della Provincia di Grosseto e nelle aree a

questa limitrofe (provincia di Siena e di Firenze) negli anni compresi tra il 2010 ed il

2012, ed utilizzando un valore soglia qi ≥0.95, il 12% è risultato rappresentato da cani

(n = 7), il 56,1% da lupi (n = 32) mentre il 29,8% (n = 17) degli esemplari ha rilevato

almeno una evidenza genetica di introgressione con il genoma canino, mentre per un

esemplare (1,7% del campione) non è stato possibile stabilire la classe di attribuzione.

La percentuale di individui introgressi aumenta ulteriormente se viene considerato un

valore soglia nei test di assegnazione più elevato (qi > 0.975). Infatti, in base a questo

valore, il 35,1% degli individui campionati (n = 20) risulta costituito da individui

introgressi.

Ovviamente, il numero di cani rimane invariato a prescindere dal valore soglia dei test

di assegnazione che viene utilizzato. In ogni caso va tenuto presente che i campioni

sono stati raccolti solamente nelle aree montane e boschive, distanti dai centri abitati.

Pertanto il numero di cani campionati è da ritenere una severa sottostima del numero

di cani vaganti realmente presenti sul territorio.

Questo risultato deve essere letto tenendo conto del fatto che una quantificazione

esatta della percentuale di individui introgressi in una popolazione parentale non è né

facile, né solida. Pertanto, nonostante siano stati utilizzati diversi marcatori genetici al

fine di massimizzare il potere diagnostico per la individuazione di casi di ibridazione, e

tenuto conto della elevata percentuale di individui con almeno una evidenza di

introgressione con il genoma di cane domestico comunque riscontrata nel territorio,

tale valore va considerato solamente come una stima possibile del numero effettivo di

individui ibridi cane-lupo presenti nella popolazione campionata. Infatti le attuali

tecniche di analisi genetica utilizzate, ed in particolare l'analisi del locus K che, in

assenza di altre evidenze genetiche o fenotipiche non costituisce una evidenza

inequivocabile di ibridazione recente, non sono in grado di individuare con una certa

affidabilità esemplari introgressi derivati da generazioni successive alla seconda, in

quanto tali individui sono difficilmente rilevabili geneticamente (Ciucci 2012).

Pertanto, per una corretta lettura ed interpretazione dei risultati, non si può

prescindere da una serie di considerazioni fondamentali.

Innanzitutto, come già accennato, va tenuto presente che il risultato delle analisi

genetiche viene fortemente condizionato dalle tecniche utilizzate. Analizzando i

risultati ottenuti dal campionamento condotto nella Provincia di Grosseto, è

interessante notare che di tutti gli animali per i quali è stata riscontrata una evidenza di

introgressione con il genoma di cane (n = 17 per qi ≥0.95) solamente 8 individui

(corrispondenti al 47% del campione; Tab 4) presentavano contemporaneamente

evidenze di introgressione in più di un marcatore genetico. Questo valore percentuale

diminuisce leggermente se si utilizza come valore soglia qi >0.975; in questo caso infatti

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Risultati analisi genetiche

dei 20 esemplari campionati introgressi, nuovamente 8 campioni (40% del campione;

Tab 5) presentavano una evidenza genetica di introgressione in più di un marcatore.

E' quindi molto probabile che, soprattutto per quanto riguarda i campioni non invasivi,

per i quali non è stato possibile utilizzare tutti i marcatori o un pannello di 53 loci, la

mancata applicazione di tecniche genetiche di maggiore risoluzione non abbia

consentito di rilevare una percentuale di individui introgressi.

Anche il campione di riferimento ed il modo in cui vengono selezionati gli individui

all'interno di una popolazione condiziona non solo l'affidabilità delle analisi stesse ma

anche il potere diagnostico dei test di assegnazione, determinato quest'ultimo dai

campioni di riferimento (numero e tipologia) che sono stati utilizzati per caratterizzare

le distribuzioni alleliche delle popolazioni parentali. Per quanto riguarda ad esempio

l'individuo a cui corrisponde il campione CAPI 15 (Immagine 6), per il quale è stato

possibile confrontare i risultati ottenuti da due diversi laboratori genetici, CIBIO e

ISPRA (analisi con il programma STRUCTURE con un pannello rispettivamente di 53 e

24 loci) si sono ottenuti due valori diversi di probabilità di assegnazione alla

popolazione di lupo (rispettivamente qi = 0,98 e qi = 0,94).

Considerato il valore soglia qi≥0.95 per l'attribuzione degli individui campionati alla

popolazione di lupo, la piccola differenza riscontrata tra i due valori determina un

risultato completamente diverso, e in base alle analisi condotte presso il CIBIO

l'individuo viene assegnato alla popolazione di lupi italiani mentre dai risultati forniti

da ISPRA è emerso che l'animale in questione è stato originato da un episodio di

ibridazione.

Tenendo conto del fatto che un determinato individuo viene assegnato ad una

popolazione parentale se possiede una composizione allelica simile, in termini

probabilistici, a quella della popolazione parentale stessa, è possibile ipotizzare che la

differenza riscontrata nei referti dei due laboratori sia dovuta al campione di

riferimento di popolazione parentale utilizzato per i test di assegnazione. Infatti se le

popolazioni parentali di riferimento presentano bassi livelli di divergenza genetica

perchè non si conoscono nel dettaglio le frequenze alleliche che le caratterizzano, i due

programmi STRUCTURE e NEWHYBRIDS sono meno efficienti e possono raggiungere un

sufficiente livello di efficienza solamente se viene utilizzato un numero molto elevato

di loci (Vähä and Primmer 2006).

Un ulteriore aspetto da tenere presente è la tipologia di campione (invasivo/non

invasivo) che viene utilizzato per le analisi, dato che questa influisce fortemente sia

sulla resa che sul potere diagnostico delle analisi stesse. Mentre infatti è generalmente

possibile disporre di elevate quantità di DNA non degradato da un campione invasivo,

e di conseguenza poter utilizzare un numero consistente di loci diagnostici che

forniscono una probabilità elevata di rilevare l'introgressione del genoma di cane e

individuare ibridi reincrociati all’interno della popolazione, lo stesso discorso non è

applicabile ad un campione non invasivo che, sebbene sia di più facile reperibilità,

presenta generalmente DNA altamente degradato (qualità e quantità ridotte). Di

conseguenza dai campioni non invasivi è difficile analizzare un numero elevato di loci

microsatellite, e questo, come già accennato precedentemente, limita fortemente

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anche la risoluzione dei test di assegnazione.

Prendendo ad esempio il campione analizzato nell'ambito di questo studio, per nessun

escremento è stato possibile utilizzare un pannello di più di 16 loci, ed anche in questo

caso la resa è risultata decisamente bassa (21,8%, n = 24 campioni).

Viceversa è facilmente analizzabile nei campioni non invasivi il DNA mitocondriale (resa

pari all' 85,4%, n = 94 campioni) che tuttavia, pur fornendo dati importanti sulla

direzionalità della ibridazione, ha poco potere diagnostico per il rilevamento di eventi

di ibridazione. Inoltre un campione invasivo presenta generalmente la possibilità di

poter disporre di un riscontro fenotipico dell'animale campionato, e di conseguenza di

poter confrontare tra loro il dato genetico con quello morfologico.

Preso atto delle considerazioni sopra esposte e tenuto conto del fatto che in una

strategia di campionamento la reperibilità di campioni non invasivi è decisamente più

elevata rispetto ai campioni invasivi, una soluzione ideale potrebbe essere quella di

utilizzare marcatori più affidabili come gli SNP (Polimorfismi genici di Singoli

Nucleotidi) che consentono di identificare individui ibridi risultati criptici

dall'applicazione di analisi tradizionali. Tuttavia l'esperienza maturata nel corso del

progetto Ibriwolf ha reso evidente come questa tecnica, ancora poco sperimentata,

preveda costi estremamente elevati, fasi di analisi troppo elaborate ed una resa

complessiva su campioni non invasivi ancora troppo ridotta per poter costituire, al

momento, una valida alternativa alle tecniche di analisi attualmente utilizzate.

Diviene quindi necessario per l'immediato futuro individuare un approccio alternativo

che abbia risvolti pratici maggiormente applicabili in un contesto gestionale, dove tra

l'altro la necessità di intervenire rapidamente spesso collima con i tempi richiesti per lo

svolgimento delle analisi genetiche, partendo dalla premessa che la possibilità di

identificare in maniera affidabile gli individui ibridi e introgressi all’interno di una

popolazione sia fondamentale per impostare correttamente una strategia di gestione

ed eventualmente attuare programmi di rimozione o sterilizzazione (Ciucci, 2012).

Tale approccio alternativo, che deve essere finalizzato principalmente a massimizzare

la probabilità di individuazione di esemplari introgressi, deve prevedere, oltre

all'utilizzazione di più marcatori genetici, l'integrazione del dato genetico con l'aspetto

fenotipico, ovvero con le caratteristiche morfologiche di possibile derivazione canina

che vengono riscontrate in un esemplare di lupo. In questo modo si potrebbe creare

una corrispondenza tra i marcatori genetici ed i caratteri fenotipici ed utilizzare i due

parametri contemporaneamente in modo da incrementare il rispettivo potere

diagnostico per la individuazione di esemplari ibridi.

Un esempio eclatante riscontrato nella popolazione campionata potrebbe confermare

la necessità di un approccio di analisi integrato. Nessuno dei marcatori utilizzati per le

analisi genetiche del campione CAPI 18 ha infatti evidenziato una forma di ibridazione,

seppure l'animale a cui corrispondeva il campione presentava evidenti tratti fenotipici

di ibridazione (colorazione del mantello anomala rispetto al fenotipo selvatico, assenza

della mascherina facciale, unghie depigmentate; Immagine 4).

Questo risultato non è sicuramente sorprendente perchè alcuni tratti fenotipici che

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vengono controllati da un solo gene, come il colore del mantello, possono essere

tramandati di generazione in generazione senza subire alcuna ricombinazione. Quindi

è molto probabile che l'individuo CAPI 18 sia un ibrido generato da un reincrocio di

generazione successiva alla seconda la cui natura risulta tuttavia criptica alle analisi

genetiche effettuate. E' evidente che le informazioni ottenute dal riscontro fenotipico

dell'animale non possono essere trascurate solamente perchè il dato genetico non

riesce a rivelare un evento di ibridazione, soprattutto nel caso in cui le analisi

genetiche sono state effettuate utilizzando un numero limitato di loci.

A tale proposito è importante infine sottolineare che, se da una parte il riscontro di

caratteristiche morfologiche discordanti dallo standard selvatico può essere

interpretato come il risultato di un evento di ibridazione, viceversa non è possibile

escludere l'introgressione con il genoma di cane in un esemplare che non presenti

particolari anomalie fenotipiche, se non previa analisi genetica di conferma. Ad

esempio l'individuo corrispondente al campione CAPI 15, (Immagine 6) pur non

presentando caratteristiche fenotipiche anomale rispetto allo standard selvatico è

risultato essere originato da un evento di ibridazione in base alla analisi condotte da

ISPRA. Operando in questo modo, ovvero trascurando di integrare tra loro il dato

genetico con le evidenze fenotipiche, si corre il rischio di non quantificare

correttamente il grado di introgressione in un individuo e di commettere errori di Tipo

II che consistono nell'erronea assegnazione alla popolazione di lupo di esemplari ibridi

(Allendorf et al. 2001), con rilevanti conseguenze da un punto di vista gestionale.

Un altro aspetto interessante che emerge dalla analisi condotte nell'ambito di questo

studio è che gli errori di Tipo II (attribuzione di un esemplare irido alla popolazione

parentale di lupi e, di conseguenza, sottostima dell'entità del fenomeno di ibridazione)

possono essere causati anche nel caso in cui l'introgressione con il genoma di cane

domestico venga riconosciuta tale solamente se riconducibile ad un evento di

ibridazione molto recente nel tempo (ibridi di seconda generazione). I risultati delle

analisi genetiche rivelano infatti una capacità estremamente ridotta delle tecniche

attualmente utilizzate nel poter stabilire in quale momento, nel passato dell'esemplare

di lupo, si sia verificato l'evento di introgressione con il genoma di cane, ovvero se

l'individuo derivi da un reincrocio di seconda o successiva generazione. Dalle analisi

effettuate risulta infatti che solamente un esemplare (EPI 152), che corrisponde al

2,4% del campione analizzato, può essere assegnato alla classe F2 (ibrido di seconda

generazione). Tale aspetto deve essere necessariamente preso in considerazione nella

pianificazione di interventi gestionali che prevedano la rimozione e/o sterilizzazione di

ibridi e che non possono pertanto limitarsi al prelievo di individui appartenenti a classi

specifiche di ibridazione (Ciucci, 2012). E' quindi necessario, parallelamente alla

individuazione di tecniche genetiche più raffinate che consentano di stabilire con

maggior precisione in quale generazione passata si sia verificato l'evento di ibridazione

in un esemplare di lupo, pianificare interventi gestionali che possano contemplare una

più ampia sfera di intervento, in cui la presenza di una evidenza genetica di

introgressione con il genoma di cane domestico sia da sola sufficiente a riconoscere

come ibrido l'animale campionato a prescindere dalla classe di appartenenza.

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