ritiriamo dott.ssa il vostro oro usato in cambio … · notiziario della famija vinovÈisa anno xxv...

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Periodico trimestrale d’informazione e di cultura Copia gratuita Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 4463 del 1° Aprile 1992 NOTIZIARIO DELLA FAMIJA VINOVÈISA Anno XXV Numero 4 Dicembre 2016 L'EDITORIALE Il Vinovese allarga il proprio orizzonte Per soddisfare le molte richieste pervenute dai nostri Lettori, il giornale uscirà per la prima volta dall’ambito cittadino, dando spazio ad altre realtà locali. Cominceremo con Candiolo e la nostra corrispondente sarà la sig.ra Angela Lanzetti Faule, appassionata studiosa di storia piemontese, da tutti conosciuta come Angioletta, che entra a far parte della redazione. Auguro alla signora Lanzetti, anche a nome della Famija Vinovèisa, buon lavoro. Sono orgoglioso nell’annunciare che i nostri Lettori hanno voluto premiare ancora una volta la Famija Vinovèisa con il 5‰; la scelta da loro compiuta nella dichiarazione dei redditi ha fruttato alla nostra Associazione ben 1.700,00 euro, che serviranno per pagare i corsi biennali di aggiornamento sull’uso del defibrillatore da parte degli Operatori volontari. Amici Lettori continuate a sostenere la Famija Vinovèisa! In via del tutto eccezionale desidero esprimere tutta la mia gratitudine al prof. Lodovico Griffa, il redattore più anziano de “Il Vinovese”. I suoi scritti sono sempre originali, pieni di poesia, appaganti nella lettura e danno gran lustro al giornale. E’ consuetudine chiudere l’ultimo numero dell’anno con i tradizionali ringraziamenti ai Redattori del giornale, all’Editore, ai Soci sovventori, a tutti coloro che collaborano per la buona riuscita dell’impresa e infine agli amici Lettori e simpatizzanti: a tutti giungano i nostri migliori auguri di Buone Feste. Il Direttore RITIRIAMO IL VOSTRO ORO USATO IN CAMBIO MERCE Dott.ssa Vanessa Brunetto Biologa Nutrizionista Nella speranza che i nostri desideri si avverino nell’anno a venire AUGURI! coragi amor giustissia rispet pas generosità onestà Meno fàussità Meno paura Meno baldansa Meno silensi Meno miseria Meno busìe Meno guère Meno sagrin

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Periodico trimestrale d’informazione e di culturaCopia gratuita

Autorizzazione del Tribunale di Torino n. 4463 del 1° Aprile 1992

NOTIZIARIO DELLA FAMIJA VINOVÈISA

Anno XXVNumero 4

Dicembre 2016

L'EDITORIALE

Il Vinovese allarga il proprio orizzonte

Per soddisfare le molte richieste pervenute dai nostri Lettori, il giornale uscirà per la prima volta dall’ambito cittadino, dando spazio ad altre realtà locali. Cominceremo con Candiolo e la nostra corrispondente sarà la sig.ra Angela Lanzetti Faule, appassionata studiosa di storia piemontese, da tutti conosciuta come Angioletta, che entra a far parte della redazione. Auguro alla signora Lanzetti, anche a nome della Famija Vinovèisa, buon lavoro.Sono orgoglioso nell’annunciare che i nostri Lettori hanno voluto premiare ancora una volta la Famija Vinovèisa con il 5‰; la scelta da loro compiuta nella dichiarazione dei redditi ha fruttato alla nostra Associazione ben 1.700,00 euro, che serviranno per pagare i corsi biennali di aggiornamento sull’uso del defibrillatore da parte degli Operatori volontari.Amici Lettori continuate a sostenere la Famija Vinovèisa!In via del tutto eccezionale desidero esprimere tutta la mia gratitudine al prof. Lodovico Griffa, il redattore più anziano de “Il Vinovese”. I suoi scritti sono sempre originali, pieni di poesia, appaganti nella lettura e danno gran lustro al giornale.E’ consuetudine chiudere l’ultimo numero dell’anno con i tradizionali ringraziamenti ai Redattori del giornale, all’Editore, ai Soci sovventori, a tutti coloro che collaborano per la buona riuscita dell’impresa e infine agli amici Lettori e simpatizzanti: a tutti giungano i nostri migliori auguri di Buone Feste.Il Direttore

RITIRIAMO IL VOSTRO

ORO USATO IN CAMBIO MERCE

Dott.ssa Vanessa Brunetto

BiologaNutrizionista

Nella speranza chei nostri desideri si avverino

nell’anno a venire AUGURI!

Pìcoragi

Pìamor

Pìgiustissia

Pìrispet

Pìpas

Pìgenerosità

Pìonestà

Menofàussità

Menopaura

Menobaldansa

Menosilensi

Menomiseria

Menobusìe

Menoguère

Menosagrin

2 IL VINOVESE

Lo “zloty” bucato ritorna al “vecio” 4

L’addio a Gigi Benso 6

È tempo per iscriversi alle “Nozze d’oro” 7

Il ricordo di Renzo Viola 21

Spettacolo solidale 21

La lunga vita di Rosina Gonella 24

Il dinamico ottantenne Bruno Cavallaro 27

Le doti carismatiche di San Diego 29

I nostri morti 32

LE PREMIAZIONIDEL XXIX

PREMIO DI POESIAPag. 8

L’ALLUVIONEDEL 1951

NEL POLESINEPag. 22

LA TRAGEDIADEL 13 DICEMBRE 1916Pag. 7

IL PRESEPEIMMAGINARIODI GOZZANOPag. 25

I CANTI DELLANOVENA DI

NATALEPag. 5

concorsodi culturapiemontese

ventinovesimo

LA MISERICORDIANELL’ANNO GIUBILAREPag. 18

Gli artisti Vanja Contu all'arpa e Paolo Bianchi alla chitarra classica, con la Prof.ssa Marciana Petrila alla fine del concerto in San Bartolomeo.

Paolo Bianchi e Vanja Contu durante il concerto.

La nascita di una passione

Attraverso l'arpa bella musica classica

Vinovo, 29 ottobre 2016. La Prof.ssa Marciana Petrila presenta la manifestazione e la sua allieva Eleonora Savio.

Eleonora Savio nel concerto d'arpa presso la Confraternita di Santa Croce.

La Rassegna Concertistica “Glis-sando” è stata creata nel 2014 dall’arpista Marciana Petrila. Il progetto nasce dall’ idea di creare sul territorio una realtà musicale di grande impatto artistico e cultu-rale e per ampliare le possibilità di svago per gli amanti della musica

classica. La terza edizione del 2016 è de-dicata interamente all’arpa e ha come obiettivi:1. rendere omaggio all’arpa, far conoscere al pubblico la magia e la versatilità di questo bellissimo strumento e il suo sterminato uni-verso sonoro;2. promuovere i giovani talenti;3. valorizzare i punti storici e cul-turali della nostra città;4. educare i ragazzi dei corsi di musica, di strumento e di canto dall’Associazione Culturale Mu-sichiAMO e non, ad un percorso didattico attraverso l’ascolto della

musica classica dal vivo.La rassegna 2016 è stata orga-nizzata in collaborazione con la Famija Vinovéisa e con il Parroco di Vinovo don Enrico Perucca. I concerti hanno riscontrato un grandissimo successo di pubblico e hanno avuto come cornice la preziosa Chiesa dei Batù (Santa Croce) per il concerto del 29 otto-bre e la Chiesa Parrocchiale di San Bartolomeo per il concerto del 12 novembre, due gioielli simbolo di cultura e arte a Vinovo. Vi diamo appuntamento a settembre 2017 con la 4° rassegna concertistica “Glissando”.

3IL VINOVESE

UN BARON ËD CANTONËd vòte a l’é franch assè ciupì j’eujche ‘nt un moment a së spataro ij feujch’a l’han cujì minca pass ëd la vitalassand pianà marcà come na scrita.

Arcòrd mossant a torno dun-a an ment ch’a fan arvive ‘l cheur con fé content tant pì che boneur e maleur gropà a la bonora a peulo vnì arcordà.

Come ‘n seugn mascheugn mia gioventù,svicia, a torna a tambusseme ‘nt ël cheurpër viseme ‘d tut lòn ch’i l’hai godù.

Tèra Monfrin-a, cun-a ‘d mi masnà, ch’i l’hai lassate con ponta ‘d maleur... i stanto ij tò canton ch’i l’hai chità.

Carlin Pòrta Villar Perosa (TO)

Quella settimana trascorsa tra lezioni di vita e amore

per gli altri

Di ritorno da Katsika

Giulia Zerbin nel capannone deposito del campo di Katsika.

C'erano siriani scappati dalla guerra, vivevano con poco cibo, senza riscaldamento e con pochi vestiti.

Ormai è storia passata, nessuno ne ha un minimo ricordo, solo i non più giovani come il sotto-scritto, che ha fatto ancora in tempo ad ascoltare i racconti dei vecchi reduci della campagna di Grecia del 194O, ricordano i luo-ghi dai nomi pieni di reminescen-ze classiche come IGOUMENITZA, KATSIKA, IOANNINA ecc. Oggi questi nomi, dopo 76 anni (il trascorrere del tempo è terribile) ritornano puntuali alla mia men-te, non più come luoghi di quella sciagurata guerra dei nostri al-pini, fanti e bersaglieri, ma per fortuna attraverso gli occhi della cara e simpatica Giulia Zerbin.Questo è il diario scritto da Giulia, che un paio di mesi fa ha partecipato con i genitori, al-la missione di pace organizzata dalle suore Giuseppine di Vinovo ( le brave suore dell’ Asilo Rey) in aiuto ai rifugiati e profughi siriani in Grecia. Gervasio Cambiano

I l 27 ottobre 2016 io e la mia famiglia, le suore ed altre persone siamo partiti da Vinovo alle 4 del mattino a bordo di pulmini e fur-goncini con destinazione i campi profughi della Grecia.

Siamo arrivati ad Ancona verso le ore 12 e ci siamo imbarcati sul traghetto che ha impiegato 16 ore per arrivare ad IGOUMENITZA, un porto dell’EPIRO.

La prima destinazione è stata il magazzino vicino al campo pro-fughi di KATSIKA e qui abbiano scaricato gli scatoloni.

Abbiamo impiegato tutto il giorno ed alla fine siamo andati a visitare il campo li vicino.

All’ ingresso c’era l’Esercito greco che controllava la sicurezza del campo, in un altro angolo c’era un hangar utilizzato come ma-gazzino e dentro c’era il negozio di indumenti vari, la Biblioteca, l’area bambini e l’area breafing dove i volontari organizzavano le loro attività.

Il campo è un ex aeroporto mili-tare ed il terreno è ricoperto di pietre.

Era principalmente composto da tende dove le persone ci vivevano e quando pioveva si allagavano.

C’erano siriani scappati dalla guer-ra, alcuni anche a piedi, vivevano con poco cibo, senza riscaldamen-to e con pochi vestiti.

Nel campo c’erano diverse aree come ad esempio: la scuola, l’area bellezza per le donne, l’area dell’allattamento dei

neonati, l’area per pregare dove c’era una moschea fatta a tenda.

Il secondo giorno ci siamo divisi in 2 gruppi; uno era andato ad aiuta-re nel campo, l’altro a riordinare il magazzino.Il terzo giorno il gruppo di cui fa-cevo parte è andato a portare indu-menti in un campo distante molti kilometri, un hotel abbandonato occupato da persone che arrivava-no da PALMIRA e siamo andati in un altro campo a consegnare altri indumenti ed anche quello era in un hotel abbandonato e poi siamo ritornati a KATSIKA.Lunedì ultimo giorno, alcuni han-no finito di riordinare il magazzi-no, altri sono andati ad acquistare cibo. Nel pomeriggio siamo andati a visi-tare l’ultimo campo a IOANNINA. Ed anche questo era in una strut-

tura abbandonata occupata dalla minoranza etnica degli IATZITI per metà bambini.

La sera siamo ripartiti con desti-nazione porto di IGOUMENITZA e da qui con il traghetto marittimo siamo ritornati ad Ancona.

Siamo arrivati a VINOVO alle ore 1 del mattino dopo un lungo viag-gio in autostrada e tangenziale.

Mi ha colpito aver incontrato per-sone che erano come noi ed erano

ricchi come noi ma, a causa del-la terribile guerra nei loro paesi d’origine hanno perso tutto; ho visto persone bisognose di affetto ed erano contente di aver ricevuto vestiti per trovare la dignità.

Mi hanno molto colpito i bambini che mi hanno accolto e mi hanno fatto giocare con loro, mi hanno baciata ed abbracciata e mi hanno reso felice.

Giulia

4 IL VINOVESE

Candiolo, 25 settembre 2016. La sfilata dei Gruppi ANA per le vie del paese imbandierato a festa.

Per i loro ottant'anni di fondazione gli Alpini invadono Candiolo

Il portafortuna dello "zloty bucato" ritorna nella tasca del "vecio"

Il Gruppo Alpini ANA di Candiolo ritratti durante un momento di pausa dei festeggiamenti per l'80° di fondazione.

Il Consiglio Direttivo del Gruppo ha voluto festeggiare l’80° di fon-dazione con alcuni momenti si-gnificativi. Si è iniziato il venerdi con una rappresentazione teatrale comi-co-brillante della compagnia di Moncalieri “il Siparietto”, con la presenza del Consigliere sezionale Elio Bechis. Al sabato alle 16,30 al Cimitero è stata scoperta e benedetta una lapi-de a ricordo dei Soci “Andati avan-ti” con la presenza del Consigliere sezionale Ardemio Pavan e nume-rosi Soci del Gruppo. Sempre nella giornata di sabato, alla sera, la nostra Filarmonica A. Vivaldi ci ha voluto omaggiare con un concerto che si è concluso con alcuni brani alpini e l’Inno d’Italia. Alla domenica, con un inizio di giornata all’insegna del bel tempo, si è svolta la cerimonia ufficiale. Presenti il Vessillo Sez. di Torino, il Vessillo Sez. di Pinerolo e nume-rosi Gagliardetti in rappresentanza

delle due Sezioni. Numerose le Autorità: il nostro Presidente Sezionale G.F. Revello con alcuni Consiglieri, il Sindaco di Candiolo S. Boccardo, con altri Sindaci dei paesi vicini, il presidente del Consiglio Com. A. Spatrisano, il Consigliere naz. Mauro Buttigliero, il col. G. Pezzo Comandante la caserma M. Fiorito di Candiolo. Tutta la cerimonia si è svolta con l’impeccabile organizzazione dei cerimonieri sez. B. Marietta e L. Defendini, sostituiti all’ultimo mo-mento da R. Bratta e G. Balla. Alzabandiera, onori ai Caduti al Monumento, poi la sfilata con in testa l’impareggiabile Filarmonica A. Vivaldi, sosta al Nuovo Oratorio con lo scoprimento e benedizione di un gruppo statuario raffigurante San G. Bosco, San D. Savio e un bambino. L’opera è stata realizzata da uno scultore di Boves, Aldo Pellegrino. La statua è stata donata dal

Gruppo di Candiolo, al Nuovo Oratorio per l’occasione dell’ 80° di Costituzione. Un folto pubblico composto e partecipante, formato da civili e Alpini, ha assistito alla Santa Messa celebrata all’aperto dal no-stro Parroco Don Carlo.

Presenti sul palco le nostre due Madrine P. Bevione Meina e M. Mina Audero e il Reduce di Russia (cl. 1916) Giovanni Alutto che ha recitato la Preghiera dell’Alpino. Per finire due momenti significativi. La consegna di una moneta uno “zloty bucato” da parte del Col. G. Pezzo al suo legittimo proprietario, il vecchio Alpino G. Alutto. Moneta che era stata donata come portafortuna per una missione in Afghanistan. Il colonnello e il Reduce si sono di nuovo incontrati e lo “zloty bucato” è tornato nel vecchio por-tamonete. Il secondo momento riguarda la consegna, da parte del Pres. Sez. G.F. Revello, di una targa riguar-dante la nomina a Capogruppo Onorario dell’Alpino Tarcisio Bianchin, per il suo impegno, per l’ attaccamento al Gruppo e per il suo forte senso dell’Alpinità. La festa è terminata col pranzo al-pino dove nel corso del quale sono state consegnate 18 pergamene per omaggiare i Soci Alpini con più di 50 anni di iscrizione all’ANA.In conclusione, unitamente al C.D.

ringrazio tutti i Soci e in modo par-ticolare le Patronesse del Gruppo, che hanno collaborato per la buo-na riuscita della ricorrenza.W gli Alpini.

Il CapogruppoStefano Dalmasso

5IL VINOVESE

ËL SILENSI DËL NATALAnt un-a sèira d’un gris pì carià,i vëdoma aussesse maestos l’erboche a arsèiv sota ij càud brassla fé dj’òmini pien-a dë speransa.

Da l’àut ëd sò respir, na stèila, an guida sicura ant ël silensi përdù projetand na lus vers lë sconossù. Varda-là! La gròta dla cantà pì bela.

Cola imagin d’un etèrn messagi,dël fieul ëd Dé, n’òm ecessionalant la preghiera d’un neuv linguagi.

Ant ël silensi chet ëd na sèira special, noi is costudioma ant un përsonagi che ant la Santa Neuit, an don-a ‘l Natal.

Giovanni Teti Rivalta (TO)

I canti della novena di Natale

di una volta

Piccolo mondo antico

Il presepe dei Commercianti e Artigiani di Vinovo allestito da Chiara Vallero, Francessa ed Elisabetta Porporato.

I canti della novena di Natale, presentati in latino, erano per lo più incomprensibili, ma avevano un loro fascino sottile, impalpabi-le, perché la loro indeterminatez-za lasciava spazio, come voleva Leopardi, alle immaginazioni della fantasia, che è il pregio maggiore della poesia.

Le profezie che si cantavano non erano, contrariamente a quanto direbbe il nome, testi di profeti dell’Antico Testamento, ma frasi, talvolta anche un po’ arbitrarie e rozze, di scrittori dell’era cristiana avanzata, estratte da testi antichi e mal usate, le quali minacciavano sterminio a chi sa quali immagina-ri nemici del popolo di Israele e va-gheggiavano tutte una prospettiva di predominio politico e militare, e non la redenzione morale degli uomini di tutte le razze, o una aspettativa di vita eterna; quindi preannunziavano un Messia poli-tico e forse condottiero militare.

Prima della novena ci si scaldava un po' nelle stalle in un'atmosfera intiepidita dal fiato degli animali.

Noi le cantavamo senza compren-dere bene che cosa volessero dire, ma sentivamo una strana sugge-stione e con la fantasia vagheg-giavamo una realtà ben diversa da quella che esse prospettavano. Intanto nel clima di attesa di quei giorni pregustavamo la gioia della grande festa imminente, che pro-metteva non predominio politico e guerre, ma pace e serenità per tutti gli uomini. La gente del nostro villaggio con-tadino partecipava in massa alla novena, forse l’unica celebrazione che si tenesse a sera inoltrata. Siccome d’inverno si cenava molto presto, in attesa della funzione religiosa ci si scaldava per un paio d’ore nelle stalle, in cui l’atmosfera era intiepidita, non dalle irradia-zioni dei termosifoni, ma dal fiato degli animali, proprio come nel presepio. Poi, all’ora dovuta, le donne, che fino ad allora avevano sferruzzato in cerchio attorno ad un lume a petrolio o ad una lampadina di po-

chi watt, spesso spettegolando un po’ (peculiarità che distingue gli uomini dagli animali), si avvolge-vano negli scialli e gli uomini, che avevano sonnecchiato sdraiati sul pajon, si coprivano con i mantelli (le umili mantline!) e tutti ci reca-vamo in chiesa, portandovi insie-

me al sentimento religioso anche il lezzo delle stalle, di cui eravamo impregnati noi e i nostri abiti.

Il buon Giaculin Pipino dava il là con l’organo e la volenterosa, an-che se non sempre intonatissima, cantoria, dispiegata su quella spe-

cie di balconata, tuttora esisten-te, che chiamavano “orchestra” distorcendo il vero significato di questo termine, intonava il Regem venturum Dominum venite ado-remus, destinato a diventare il ritornello cantato dai fedeli per separare una profezia dall’altra.

Però molto spesso invece di regem venturum si sentiva regem vento-rum, variazione che involontaria-mente trasformava in re dei venti il Bambino che stava per venire.

Poteva sembrare una deformazio-ne un po’ blasfema agli occhi degli uomini, ma non all’infinita bontà del buon Dio, che vedeva quanto fosse genuina la nostra buona vo-lontà e quanto grande la nostra ignoranza della lingua, che pure cantavamo con religioso trasporto.

L’ultima profezia della serie, la più gravida di roboanti e minacciose promesse politiche, costituiva un assolo ed era riservata di volta in volta ad un singolo elemento della cantoria (con quanta tenerezza ricordo la bella voce baritonale di Talino Aliberti o quella di Giovanni Rena, alias Giuan dël Paté).

Era un pezzo di bravura esecuti-va, in cui risaltavano con grande evidenza i pregi del canto grego-riano, quel tesoro musicale che i maldestri soloni della riforma liturgica hanno sconsideratamente buttato via.

Veniva poi l’inno En clara vox, che chiaramente non ha grande valore letterario, ma che con quell’ag-gettivo clara e con il succesivo obscura quaeque personans, erro-neamente interpretati dalla nostra fantasia, ci suggeriva l’immagine della miracolosa notte illuminata da un chiarore soprannaturale.

Per finire ecco l’ultimo pezzo, l’uni-co tratto veramente dalle Sacre Scritture: il solenne Magnificat che possiamo leggere nel Vangelo di Luca.

Qui sembra che i pregi del testo e quelli delle musica gregoriana si alleino per conferire grandiosità e solennità all’inno, specie nell’into-nazione iniziale.

Con questo canto corale la parte veramente dedicata alla novena cedeva il posto alla Benedizione Eucaristica, durante la quale un’ ultima eco delle precedenti emo-zioni la sentivamo nella melodia, tutta natalizia, del Tantum ergo, intonato dalla voce, sempre un po’ incerta e tremolante, di don Aghemo, il tradizionale celebrante di turno di tutte le Benedizioni.

Lodovico Griffa

6 IL VINOVESE

La CARITAS venne fondata nel 1971 per volontà di quel gran-de Papa che fu Paolo VI. A Vinovo venne ufficialmente orga-nizzata alla metà degli anni '80 dello scorso secolo per iniziativa di don Gerardo Russo l’allora Parroco di San Bartolomeo. Un gruppo composto da una deci-na di donne e qualche uomo costituì il primo nucleo attivo.

Furono aiutate le prime famiglie con pacchi viveri, abiti usati, ecc. Poi la collaborazione con le Parrocchie di Candiolo e di Garino (fino al 1997 aveva don Rota come Parroco). Negli anni '90 avvenne il collegamento con l’iniziativa della Diocesi del Banco Alimentare che rese più razionale la distribuzione dei pacchi di ali-mentari.

La Caritas di Vinovo:beneficenza in vetrina

Con immenso piacere ho aderito alla festa organizzata domeni-ca 30 ottobre per festeggiare i nostri 60 anni. La festa è iniziata con la Santa Messa delle ore 11,15 celebrata da Don Enrico che ci ha fatto gli auguri. La gior-nata è proseguita al ristorante “SILVANA” a Piobesi dove abbia-mo gustato un ottimo pranzo accompagnato da una musica

che ha coinvolto tutti. A ricordo della festa abbiamo ricevuto una rosa e un calen-dario dei ricordi relativo all'anno della nostra nascita che abbiamo apprezzato con molta gioia.  Un ringraziamento doveroso e meri-tevole alle organizzatrici Lucia Ranieri e Anna Natascia Galli.   Arrivederci!Rosanna Bergamasco Usan

Un giorno insieme dopo sessant'anni di vita

'L CANTON DEL BARBOTON

‘L BARBOTONA BORBOTA PERCHÉ...'L barboton brontola perché nei riti sacri, invece delle dolci melodie e delle frasi rituali, magari misteriose ma cariche di fascino, sentiamo testi di una banalità deprimente e musiche rockeggianti, la cui sede naturale sarebbero le discoteche o le tumultuose adunate giovanili, destinate alle barbariche urla dei cantanti moderni e ai contorcimenti di chitarristi tarantolati, i quali, come suole dire sorridendo un mio vecchio conoscente, parruccone come me, suonano ( o, meglio, cre-dono di suonare) dimenando animalescamente il fondoschiena e le parti meno nobili del corpo. Lodovico Griffa

Luigi Benso in un momento felice della vita.

L'addio a Gigi Benso, un giovane amante della vita

Una pagina gloriosa il volontariato nella Croce VerdeLo scorso mese di ottobre è prema-turamente mancato presso l’Ospe-dale di Orbassano, Luigi Benso di soli 41 anni dopo ben 7 anni di malattia. I Benso sono una delle famiglie del ceppo più vecchio del paese, stimati costruttori edili ad iniziare dal nonno Mario. Nel passato la famiglia fu già molto colpita dalla sventura: prima la scomparsa del fratello Franco nel 1996 in un incidente stradale, poi il padre Beppe due anni fa. Gigi fu apprezzato milite della Croce Verde dal 1992 appena com-piuto la maggiore età. In questa Associazione spese mol-tissimo del proprio tempo. Qui conobbe la cara Giorgia che sposò poi nel 2013. Al funerale una Chiesa strapiena come è raro vederla. La Famija Vinovèisa sen-za parole si stringe alla mamma Gabri rimasta sola e porge sentite condoglianze.

Così lo ricorda la moglie GiorgiaMi avevano detto fin da piccola, che la vita sarebbe stata dura, ma non pensavo fino a questo punto.Insieme ne abbiamo passate tante belle e brutte, ma quelle indelebili sono quelle belle, perché tu mi hai insegnato così ... vivere ogni istante della vita, correre e sfrec-ciare ai cento all'ora, perché non si sa mai quanta benzina si ha fino all'ultimo. Hai vissuto così e questo ti fa onore, tu hai inse-gnato a noi cosa vuol dire non arrendersi mai.La forza per affrontare la vita sen-za di te la troverò seguendo i tuoi insegnamenti e so che tu sarai sempre al mio fianco. Grazie per tutto quello che ci hai insegnato, ora dobbiamo seguire i tuoi con-sigli ... quindi vivi la vita sempre ... perché è una sola, grazie per l'amore che mi hai dato. Ti amo. Giorgia

7IL VINOVESE

Le slavine si abbatterono su 10.000 soldati italiani

al fronte

Venerdì 13 dicembre 1916

Messa sulla Marmolada per gli austriaci. Sullo sfondo il Sassolungo e il passo Sella.

Le copiose nevicate con improvvisi sbalzi termici provocarono valanghe sulle trincee.

Esattamente 100 anni fa mezzo mondo ed in particolare la vecchia Europa era dilaniata da quell’atro-ce guerra da tutti conosciuta come Grande, ma che di grande aveva solo l’immenso numero di poveri uomini (ed anche donne) coin-volti.

Per l’Italia, paese unito in una sola Nazione da soli 55 anni, in pratica solo due generazioni, povero di risorse e ricco solo di una stentata agricoltura, il fronte passava dal Veneto, Trentino e Friuli.

Nel dicembre 1916 qualcosa come un milione di uomini, tra i venti anni (di leva) ed i trenta anni (gli ultimi richiamati) erano travolti dalle tre storiche maledizioni del soldato: la fame, il freddo e la pau-ra sopportate nella trincee piene di fango, topi e pidocchi.

Sul fronte alpino cioè in alta mon-tagna la natura che sempre fa il suo corso senza guardare gli uo-mini, in quel dicembre 1916 si fe-ce sentire con fortissime nevicate seguite da brevi micidiali momenti di improvvisi alzamenti della tem-peratura.

Questo provocò enormi valanghe e slavine che si abbatterono sulle trincee, baraccamenti, postazioni ecc. e sulla povera umanità che li presidiava.

Venerdì 13 dicembre il giorno di Santa Lucia, il giorno della luce, caro alla tradizione cristiana, fu il più terribile: le slavine si abbatte-rono su circa 10.000 soldati italia-ni (ma anche dall’altro lato della linea del fuoco sugli austriaci), quel giorno passò alla storia come il venerdì bianco.

I luoghi più colpiti in quel disgra-ziato 13 dicembre furono il Monte Castelletto nella zona delle Tofane, un po’ tutta la Val Travenanzes, la zona del Padeon-Valgrande e del Monte Forame, e poi la Valle Andraz, il Pian di Stanzon, la Malga Ces-Colbricon, e la Malga Lavedole.

Non fu risparmiato neanche il Monte Baldo, la località di alta quota detta Baita Forgnuncolo nel-la Va di Viso a quota 2100 sull’Ada-mello. In quest’ultimo luogo al Passo della Lobbia Alta sui 3000 metri c’era anche il ten Guglielmo Canavero di Vinovo al comando delle salmerie del Battaglione alpi-no Monte Mandrone trasportate su slitte trainate dai cani.

Nella zona del Pasubio le valan-ghe colpirono Cima Palon, il Coni

Zugna e Passo Buole nel Trentino meridionale diventati poi tri-stemente celebri per le migliaia di morti, il Monte Novegno e la Bocchetta di Campiglia. Sul famo-so monte Castelletto delle Tofane l’immane valanga provocò ben 95 morti in un colpo solo: tutti arti-glieri alpini della 3ª batteria del 1º reggimento Artiglieria Alpina. Le povere vittime furono recuperate solamente in primavera e sepolte in un cimitero appositamente cre-ato. Tra questi morti c’erano gio-vani alpini di Cantalupa, Bruino, Almese, Scalenghe, Pecetto e pa-recchi canavesani.

Sulla Marmolada una valanga tra-volse cinquecento uomini in un colpo solo e ben trecento moriro-no soffocati sotto la bianca coltre.

La strada delle Dolomiti interrot-ta da decine di metri di neve, fu faticosamente riaperta da immani fatiche di alpini che scavarono una trincea alta più di quindici metri.

Dall’altro lato di quel fronte an-che 300 poveracci soldati austriaci morirono asfissiati sotto la neve caduta in egual quantità.

Ma nonostante tutto questo la guerra continuò ancora per quasi due anni.

Gervasio Cambiano

Tornano le nozze d'oro: è tempo per iscriversi Anche nel 2017 la Famija Vino-vèisa intende festeggiare le coppie che si sono unite in ma-trimonio nel 1967 e anni prece-denti.Alcune di esse sono già state contattate, ma altre non riuscia-mo a rintracciarle.L'appuntamento è fissato per domenica 28 maggio p.v. nel-la Chiesa di S. Bartolomeo a Vinovo, dove alle ore 11,15 verrà celebrata una S. Messa a loro riservata.Invitiamo tutti coloro che rag-giungono il prestigioso traguar-do delle nozze d'oro o che han-no superato i 50 anni di matri-monio e che non siano state contattate a voler cortesemente

comunicare il loro nominativo, entro il 30 marzo 2017 a:Giardino Fiorito, via Marconi 35 o telefonando a Marco Magliano (tel. 011 9656335), o a Dino Sibo-na (tel. 339 7576096).

Le sottoscrizionisono ossigenoper la nostra associazioneIn questo periodo i nostri incari-cati sono impegnati nella cam-pagna di tesseramento 2017.Si tratta di un impegno molto importante, perché, oltre al rin-novamento tessere per i vecchi Soci, è di vitale importanza la ricerca di nuove adesioni.Oggi la nostra associazione so-pravvive grazie al finanziamento sostenuto dai Soci.L’obolo minimo richiesto ai Soci è di € 20 che detratte le spese per il giornale e il calendario (distribuiti gratuitamente a tutti i Soci) rimane poco per le attività dell’Associazione che sono tut-te orientate a scopo benefico.Ancora una volta dalle pagine del giornale, vogliamo porge-re un ringraziamento a tutti i contribuenti che con la scelta a favore della “Famija Vinovèisa”, ci hanno consentito di usufruire anche quest’anno del contribu-to erariale del “5 x Mille”.

concorsodi culturapiemontese

ventinovesimo

concorsodi culturapiemontese

ventinovesimo

8 IL VINOVESE

Le premiazioni delXXIX concorso di poesia e

cultura piemontese

Alla Biblioteca comunale una serata dedicata alla cultura

L'assessore alle Manifestazioni di Vinovo Maria Teresa Mairo, nel suo intervento di saluto durante la serata.

CREOLAUn viso dolceche unisce tratti somaticidell'Amazzoniae dell'Asiaincerta e mitica terra d'origine.

Ogni movimento ricorda i gesti sacerdotali degli antichi riti prima di quella che molti hanno denominato civilizzazione.

Gli occhi uniscono dolcezza e timidezzama lasciano trasparireuna fierezza indomitache ha i sapori della forestadopo una grande pioggia.

Riti magici pieni di spiritualità che invocano la cadenza del tempo i colori che ne coprono il corpo sono l'auspicio di pace e di amore verso l'universo. Attilio Fania Vinovo (TO)

SEZIONE: POESIA IN ITALIANO

Premio Vincitore/trice Opera vincente Località di residenza del vincitore

1° Premio Gabriella Savarino Piemontesi popolo di Val della Torre (TO) emigranti ora come allora 2° Premio Pina Meloni Di cielo e di mare Nichelino (TO) 3° Premio Maria Accorinti Antica filastrocca Nichelino (TO) 4° Premio Antonio Fania Creola Vinovo (TO) 4° Premio Walter Olivetti Sbuffi di fumo Vinovo (TO)

PARI MERITO Natalia Bertagna Virgilio e Teresita / Moncalieri (TO) Fili d'erba Luigi Umberto Casetta È la sera l'ora / Anima Villafranca Piemonte (TO) Pina Meloni Notte stellata Nichelino (TO) Gianalberto Miglio Panama Poirino (TO) Attilio Rossi Lo sguardo Carmagnola (TO) dell'emigrante / L'ultima speranza Marisa Sacco Uomini senza fede Moncalieri (TO) Giovanni Teti Natale / Nozze d'oro Rivalta (TO) È nata una pianta

PREMIO Elodie Maria Melano Migrare / Sentore di Castagnole Piemonte (TO) SPECIALE luna / Il giglio marino internazionale Motivazione Per l'impegno profuso e la felice combinazione tra arte e fantasia

La XXIX edizione del Concorso vinovese è stata caratterizzata dalla forte attualità dei temi trat-tati negli elaborati che sono per-venuti dall’Italia e dall’estero.

Già nel 2015 il concorso aveva “svoltato pagina” perché i te-mi proposti coglievano anche le problematiche della realtà che stiamo vivendo e quest’anno ha ancora allargato i propri orizzon-ti e, la risposta è stata la forte partecipazione di tanti autori di prose e di poesie, decisamente ancora incrementata rispetto agli scorsi anni.

Il tema delle migrazioni di ieri, raccontate sia in italiano che in piemontese, di cui sono stati pro-tagonisti molti nostri nonni, sin dalla metà del 1800, che hanno visto i piemontesi percorrere le strade del mondo per cercare la-voro, casa ed una vita migliore, si affianca alle migrazioni dei giova-ni di oggi così come descritte dal

Rapporto Migrantes 2016.

Questi flussi dall’Italia nel mon-do si intrecciano ai flussi, verso l’Italia, altrettanto intensi e con quasi le stesse motivazioni che

scatenarono quelli “di ieri”, e in parte, motivano quelli di oggi che portano “i Millennials” a cercare fortuna all’estero.

La Commissione valutatrice, composta anche quest’anno da Vera Miletto Scuero, Gervasio Cambiano, Censin Pich, Giuseppe Perrone e Graziella Pace, ha esa-minato gli elaborati in numerose riunioni ed ha colto quanto ri-corresse, frequentemente, il “fil rouge” delle migrazioni.

Quelle di oggi che vedono il no-stro Paese in primo piano, sono caratterizzate da dolore, soffe-renza ma anche da tanta speran-za e coraggio dato dalla forza di chi crede nel futuro e negli esseri umani.

Da Argentina e Francia sono giunti tre degli elaborati pre-miati: Geneviève Bardin, pari-gina e veterana del Concorso cui partecipa da moltissimi an-ni, è stata premiata per “Il caf-fè dell’integrazione”, Giordano Regina, anche lei residente in Francia, è stata premiata per “Arcòrd” e Silvana Neuman, ar-gentina, ha avuto il premio per “Generazioni”.

Una particolare menzione ha

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9IL VINOVESE

PIEMONTESI POPOLO DIEMIGRANTI ORA COME ALLORA

Nel lontano passato ancora bambiniil nonno materno più volte parlavatenendoci sulle ginocchia vicini vicinidi una famiglia parente che più non tornava.

Ci mettevano in silenzio in ascolto era un racconto lungo e toccante calde stille rigavano il suo volto si percepiva in lui un dolore straziante.

Indicava se non erro e ricordo ancorafine ottocento inizio novecento quando essa è partitain cerca di fortuna era in estrema povertà alloradesiderava migliorar soltanto la loro vita.

Le poche cose possedute raccolte in valigie di cartone non rammento dove il Piroscafo sia salpato il nonno lo descrive ricolmo di persone diretto in America dove in seguito è arrivato.

Negli anni successivi fitta corrispondenzanon era certamente come si era pensatoo si sognava di trovare prima della partenzaniente era facile neanche in quello Stato.

Gradatamente le lettere si fecero più rare fino a scomparire dopo qualche lustro il nonno pensò felice stanno per tornare hanno delle radici rimpianto e rinvenire è giusto.

Per questi suoi parenti provava immensa nostalgiama nel nostro bel paesino non sono più tornatiil ricordo si è fermato a quando andaron viaa quell'ultimo istante che li ha abbracciati.

Il nonno è mancato da molti ormai decenni di questi suoi parenti nulla si è più saputo ma i suoi racconti son tutt'ora indenni con la speranza che la fortuna essi abbiano avuto.

Ora ad emigrare sono i miei nipotiora come allora in cerca di lavoroi perché son tanti e tristemente notisi riprende quindi a soffrir per loro.

Piemonte da sempre Patria di emigranti ora tocca i tuoi giovani talenti a dover partire fa che a tornare alle tue radici siano poi in tanti e questa situazione di incertezza abbia a finire. Gabriella Savarino Val della Torre (TO)

La Sig.na Elodie Melano ritira il premio speciale della Giuria, assegnatole per l'impegno profuso e la felice combinazione tra arte e fantasia.

ANTICA FILASTROCCAChi sa, chi lo sa,chi sa, chi lo sa,ritorna alla mente questa antica filastrocca,il giorno era grigio,e il cielo oscurato dalle nuvole.Seduto sotto il pergolatomio nonno sonnecchiava,mi raccontava dei suoi giorni incertidella sua vita faticosae del tempo passato troppo in fretta,mi raccontava del suo sogno di partireper un viaggio lontano,sognava il cielo azzurro dell’Argentinama scoppiò la guerra e quel cielonon gli sembrò più tanto azzurrogli sembrò incerto e non partì,col pensiero intrecciavafiligrana di dubbie il suo sguardo accarezzavail mio stupore,la sera seduti attorno al bracierealla luce di un lumeguardavo le sue mani, segnate dalla faticamentre recitava piano le sue preghiere.Fuori il vento raspava sui vetrie il freddo aveva già spentoil rosso delle rose,stasera il tempo è vento,cigolano le porte rugginosee arginano il cuoreda quel giorno lontano,chi sa, chi lo sa, “ripeteva”non lo sapremo mai,chi sa, chi lo sa,mio nonno aveva ragionemeglio una delusioneche vivere tutta la vitacon un rimpianto nel cuore. Maria Accorinti Nichelino (TO)

2ª classificata per la poesia in italiano, la Sig.ra Pina Meloni.

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10 IL VINOVESE

Gervasio Cambiano premia il 4° classificato per la poesia in italiano il Sig. Attilio Fania di Vinovo.

Maria Accorinti 3ª classificata per la poesia italiana.

SBUFFI DI FUMOIl tempo scorreva in balìa degli eventinell’Italia avvilita dei primi anni venti,oziavo distesa sui gradini di casacon la mente confusa e dai pensieri pervasa,lo sguardo esitante si perdeva nel vuoto,il futuro era incerto il domani era ignoto.

Nutrire speranze era sempre più vano la vita era ardua e sfuggiva di mano, giunto ad un bivio cercavo il coraggio per sfuggire dall’ansia che mi teneva in ostaggio, lasciare gli affetti del mio antico passato, le radici profonde a cui ero legato.

Un sogno di carta, illusione o promessa,dove la vita è diversa a non è più la stessa,inseguivo distante, oltre già l’orizzonte,una meta lontana dal mio amato Piemonte,l’oceano era immenso, una grande piscina,attirato e sedotto da una terra latina.

Senza più indugi la valigia era pronta, qualche foto sbiadita che lasciava l’impronta, la nave salpava e si allontanava dal molo, la speranza cresceva, non mi sentivo più solo, non poteva svanire un domani migliore tra gli sbuffi di fumo d’un battello a vapore. Walter Olivetti Vinovo (TO)

MIGRAREBrilla e tintinna quest'ultimo giornoterso d'autunno pungente e doratodi sole e vento. Con l'occhio abbagliatoscruti la luce che pervade intorno:

alberi, campi e strade. Tutto è adorno di preziosi raggi l'abitato bianchi e sottili. L'addio accorato a chi par non farà mai più ritorno

non stringe tanto violento alla golacome l'incognito partir di stormida questa terra che l'umido adora

veli danzanti nel cielo enormi abbandonano il bosco che scolora. Sussurra Ottobre alla terra: "Ora dormi".

Elodie Maria Melano Castagnole Piemonte (TO)

DI CIELO E DI MARECalda, dorata..."Sembra il disco del solela pizza, appena sfornata".Pensa Yassir, e sorride: allagente che ordina e mangia.

Un'ombra di tristezza infinita è nei limpidi occhioni quando sente parlare dell'ennesima tragedia dei Barconi.

L'impasto di acqua e farina crescelievita, sale sale ... sorride Yassir,ma una sete impellente l'assalee rivive l'angoscia di quei giornidi cielo e di mare.

Pina Meloni Nichelino (TO)

Le "migrazioni" più che mai attuali sono il tema centrale del concorso.

Il vinovese Walter Olivetti mentre ritira il premio come 4° classificato per la poesia in italiano.

meritato la giovanissima vino-vese Erika Prencipe che ha me-ritato il Premio Speciale della sezione “Prosa in Italiano” per il suo elaborato “Il mio eroe preferito”; la giovane ha parteci-pato al Concorso anche con l’ela-borato “Un incontro da paura”. Erika rappresenta il futuro del

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11IL VINOVESE

SEZIONE: PROSA IN ITALIANO

Premio Vincitore/trice Opera vincente Località di residenza del vincitore

1° Premio Santi Maimone Il prodigio di Fatima Carmagnola (TO) 2° Premio Alessandra Forlani Barolo-Buenos Aires Bra (CN) andata e ritorno 3° Premio Enzo Aliberti Migrante per ventura Canelli (AT) 4° Premio Attilio Rossi Il dolce tempo delle Carmagnola (TO) mele

PARI MERITO Per uno o più elaborati inviati Agnese Casetta Un'avventura triste/ Borgaretto (TO) il mio amico Cro Cro Giuseppe Mario Cerra Storia d'emigrazione di Carmagnola (TO) una famiglia del Piemonte Giovanni Cianchetti Correvano gli anni... Grugliasco (TO) La storia si ripete Angioletta Faule Storie d'emigrazione Candiolo (TO) a Candiolo Mario Lovisolo Tunen e le crepe / Nizza Monferrato (AT) Séra a Pinot Giannalberto Miglio L'università della pizza/ Poirino (TO) Vuoti d'aria / Storie di casa mia / La passiensa a lè la virtù du fòrt... Luciana Rizzotti Esuli Bra (CN) Mariuccia Sandrone La mia vita Orbassano (TO) Valentina Scandalitta Storie d'emigrazione dei Nichelino (TO) piemontesi nel mondo Giovanni Teti La sentinella / Rivalta (TO) Nettare di vita V. Alfredo Zanellato Venezuela Pralormo (TO)

PREMIO Geneviève Bardin Il caffé dell'integrazione Parigi (Francia) SPECIALE Silvana Neuman Generazioni Argentina internazionale Motivazione Per la costante volontà di mantenere le tradizioni Piemontesi all'estero

PREMIO Erika Prencipe Il mio eroe preferito. Vinovo (TO) SPECIALE Un incontro da paura Motivazione Con l'augurio di proseguire sulla strada della prosa poetica

2° premio per la prosa in italiano alla Sig.ra Alessandra Forlani. 3° classificato per la prosa in italiano il Sig. Enzo Aliberti

La dott.ressa Graziella Pace ha brillantemente presentato la manifestazione.

Concorso e questo è stato sottoli-neato nella consegna del premio.

Le “voci” della premiazione so-no state Giuseppe Perrone e Gervasio Cambiano ma la vera interprete degli elaborati da cui sono stati estratti alcuni passi e sintesi per raccontare tracce di vita e testimonianze, è stata Graziella Pace che, con la sua sensibilità, ha dato vita ed anima ai personaggi descritti.

Le storie si sono così materializ-zate ed i personaggi sono diven-tati vere e proprie presenze.

Un grazie particolare va alla Responsabile della Biblioteca Comunale, che ha ospitato la premiazione, Eliana Littarru che

offre sempre la sua totale disponi-bilità per l’iniziativa.

Ovviamente l’organizzazione è stata, come sempre perfetta, co-me ha sottolineato l’Assessore alla Cultura Maria Teresa Mairo, già più volte Sindaco di Vinovo che sente profondamente “suo” il ter-ritorio vinovese.

La Famija Vinovéisa, presieduta da anni con grande oculatezza da Dino Sibona, è un esempio di si-

nergia e di collaborazione fattiva in cui tutti sono parte integrante di un perfetto ingranaggio.

Questi sono gli elementi che per-mettono alla Famija di essere una forza trainante, sotto il profilo culturale e non solo, del terri-torio vinovese, tant’è, che ogni mese dell’anno, viene realizzata una manifestazione che fa da calamita per Vinovo e dintorni.

Poi, come ogni anno, la Famija

Il mio eroe preferito: gli eroi veri sono quelli in carne ed ossa, quelli che con il loro esempio e i loro piccoli o grandi esempi ci suscitano ammirazione e gratitudineFin dai tempi più remoti l'uomo ha bisogno di modelli positivi cossiché, imitandoli, possa migliorare se stesso.Ulisse, Achille, Re Artù, Lancillotto, sono personaggi della letteratura creati così coraggiosi, altruisti, generosi, in gamba, forti, astuti, che gli uomini non potevano resistere al desiderio di imitarli.Ogni ragazzino al giorno d'oggi ha un super-eroe preferito, quello che stima di più, o che ha dei super-poteri; ogni ragazzi-no ha visto almeno una volta il film o il cartone animato di cui il super-eroe è il protagonista o, ha comprato un giocattolo che ne riproduce la fattezze.La maggior parte di questi eroi sono "super", cioè fuori dal nor-male, persone non reali, frutto di una fervida immaginazione.Ma se noi togliamo dalla parola super-eroe il prefisso "super", uscirà eroe, cioè una persona speciale sì, ma allo stesso tempo "normale", senza poteri soprannaturali.Per molte persone gli eroi sono coloro che compiono qualcosa di straordinario e che per questo finiscono sotto i riflettori, individui che non passano inosservati.Invece, secondo me, i veri eroi sono persone nascoste fra la gente, sono coloro che pensano che quello che fanno sia un dovere, che le loro azioni siano comuni.Io parlo delle mamme, donne forti, coraggiose, che non si aspettano ricompense, che non vengono pagate.Le mamnne hanno una festa dedicata a loro, ma secondo me dovrebbero essere festeggiate in altre due feste: quelle dei lavo-ratori e quella delle donne, anzi, dovrebbero essere festeggiate con riconoscenza ogni giorno!Le mamme fanno i lavori in casa, accudiscono i figli, e perfino lavorano fuori casa!Ovviamente il mio eroe preferito è la mia mamma: una persona magnifica che mi fa crescere e spera che diventi una splendida adulta, che mi aiuta a coltivare i miei sogni; la mamma è la mia valvola di sfogo, è l'unica persona che, se chiedi un consiglio, ti suggerirà la scelta più giusta, perché non ha secondi fini.Mia mamma mi ha regalato molte cose di lei e sono orgogliosa quando mi dicono che sono la sua fotocopia.Vorrei farle capire che io le voglio bene per davvero, anche quando sembro svogliata, poco partecipe, sopratttto a casa.Per me la mamma è come un grande architetto: costruisce i grandi monumenti, enormi, visti da tutti, ma nei libri di storia raramente appare. I grandi monumenti siamo io e mio fratello: lei realizza i progetti, materiale e voglia di fare, io e mio fratello siamo i muratori che (alla fine) portano a termine l'opera, guidati dall'architetto.Le grandi persone sono fra noi e lottano ogni giorno per rag-giungere degli ideali e non si fermano davanti ad alcun ostacolo.Queste persone meritano l'appellativo di "eroe", o anche un nome che non c'è nella lingua corrente.Per concludere desidero dedicare questo testo a mia mamma perché, dopo aver parlato così bene di lei, non potrei non farlo, sia perché questo è uno dei pochi modi per ringraziarla, sia per dirle un grande "ti voglio bene".

Erika Prencipe Vinovo (TO)

Premio speciale a Erika Prencipe qui con la mamma, con l'augurio di prose-guire sulla strada della prosa poetica.

1° premio per la prosa in italiano a Santi Maimone di Carmagnola.

Attilio Rossi 4° classificato per la poesia in italiano.

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12 IL VINOVESE

2° classificato per la prosa in piemontese il Sig. Luciano Milanese.Gianalberto Miglio di Poirino ritira il 1° premio per la prosa in lingua pie-montese dal Prof. Pino Perrone.

edita il ben noto Calendario, giunto alla XX Edizione e che quest’anno riporta i piloni votivi del vinovese cui è molto legata sia la tradizione popolare che la devozione dei fedeli. Il tutto è “condito” con massime e detti in italiano e piemontese.

Il prossimo evento di grande ri-

Claudio Balbi alla chitarra in accom-pagnamento di Claudio Caracciolo.

Il cantante folk piemontese Claudio Caracciolo nella performance duran-te la manifestazione.

lievo sarà la Mostra dei Presepi, che ha raggiunto una notorietà interregionale; dall’8 dicembre al’8 gennaio, presso la Chiesa dei Batù, o Chiesa di Santa Croce, verranno esposti presepi di tutti i tipi e di tutti i generi

che spaziano dal classico al più originale realizzati con materiali usuali e molto originali e so-prattutto da artisti, perché così devono essere chiamati gli autori di queste opere d’arte, di tutte le età e anche molto molto giovani.

Una Famija Vinovèisa sempre in movimento alla ricerca di nuove motivazioni per sviluppare inte-grazione sul territorio e spunti per diffonderne la bellezza e le peculiarità.

A conclusione, la funzionaria

della Regione Piemonte ha con-segnato alla giuria, al Presidente della Famija Vinovèisa Dino Sibona alcuni omaggi a testimo-nianza dell’apprezzamento dell’ Amministrazione per il lavoro svolto, da sempre, per diffondere

SEZIONE: PROSA EN PIEMONTEIS Premio Vincitore/trice Opera vincente Località di residenza del vincitore

1° Premio Giannalberto Miglio Leu dla memoria Poirino (TO) 2° Premio Luciano Milanese Ël miracòl ëd le nòsse Poirino (TO) 'd Cana a l'incontrari o o 'l vin anmascà 3° Premio Daniele Anna Bossone Valis ëd cartron, barcon Cuneo ëd tòla: le stra dla spernasa sun sempre le midesme 4° Premio Giuseppe Sanero La rasura du Brossaj Carmagnola (TO) 5° Premio Luciano Ravizza L'apcà Castell'Alfero (AT)

PARI MERITO Con uno o più elaborati Gian Antonio Bertalamia Flipòt, ël mèdic condòt Carmagnola (TO) Agostino Bruno Nòno matè e so nvdod Nichelino (TO) Carleto Maria Teresa Cantamessa Na scàtola 'd cartron Ivrea (TO) Andrina Italo Cavalli La ca da Steila Torino Adriano Cavallo Mia veja casòta... Cuneo Roberto Forcherio Che carli-a fieuj! Collegno (TO) Mary Novaria El viagi ëd Gian (ant Borgofranco d'Ivrea (TO) la parlada canavsan-a) Carlin Pòrta Cand as dev fè fagòt Villar Perosa (TO) Candida Rabia Un linseul dla regi-a Cuneo për fàrdel Attilio Rossi Le vigne ... dë dlà Carmagnola (TO) dël mar Giovanni Teti El castel Rivalta (TO) Luigi Vaira El barba dl'America / Sommariva del Bosco (CN) Mia ca / Mnestra ëd rave / La negossianta

PREMIO Riccardo Ortolano Me nvod Vinovo (TO) SPECIALE internazionale Motivazione Per l'impegno dimostrato nell'apprendimento e nella divulgazione della Lingua Piemontese

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14 IL VINOVESE

Riccardo Ortolano di Vinovo ritira il premio speciale della Giuria per la prosa in piemontese assegnatogli con la motivazione per l'impegno dimostra-to nell'apprendimento e nella divulgazione della lingua piemontese.

Giuseppe Sanero di Carmagnola ritira il premio per il 4° classificato per la prosa in lingua piemontese.

IJ TAJARIN ËD MARE GRANDAMare granda, quand a fasìa ij tajarin,prinsipiava a ‘mpasté euv e farin-a,ant l’èrca gròssa, già da ‘d bon matin,ël faudal bianch gropà daré dla schin-a;

noi cit, ambajà stasìo a vardela spetand ch’a tireissa ij feuj col lasagnor për peu tajeje a liste fin-e ‘ma ‘d filsela che a spantiava sël suvaman a fior.

Con na dëspovrà ‘d farin-a, spataràcome la fiòca sël presepi ‘l di ‘d Natal,mach për tenìe fresch e dëstacà,

a-j dasìa al travaj ‘l crep final: ma a tacava mach adess për noi masnà lë speté ‘d mangeje con argal!

LE TAGLIATELLE DELLA NONNANonna, quando faceva la tagliatelle,/ cominciava a impastare uova e farina,/ nella madia grande già di buon mattino,/ il grembiule bianco legato dietro la schie-na;/ noi bambini, a bocca aperta, stavamo a guardarla/ aspettando che facesse i fogli col mattarello/ per poi tagliarli a liste fini come una cordicella/ che spargeva su una tovaglia a fiori./ Con una spolverata di farina, sparsa/ come la neve sul presepio il giorno di Natale,/ solo per tenerli freschi e ben divisi/ dava al lavoro il colpo finale:/ ma cominciava solo ora, per noi bambini,/ l’attesa di mangiarle con piacere! Vittorio Gullino Racconigi (CN)

ANT LA CORT ËD LA CA DIJ MÉCon ël biròcc da ‘n bianch tendon quatàal tir d’un caval ësbors e dësfiancà,nunsià dal breugg përfond d’un còrn da cassa,d’un bòt ël mërcandin la stra a lassa,intra ‘nt la cort ëd la borgià “Brisà”deurb ël tendon, ancamin-a ‘l mërcà.

“Lingerìe, liasse, boton da camise, spose, madame i l’heu ‘dcò le frìse!” Sò arciam l’é ‘nciarmant, seurt feura la gent a s’ampiniss la cort an pòchi moment; dle fomne marcandiso, son decise, nen tròp veulo spende për pòche frise.

Le pì giovo a sërco ‘d lingerìea la mòda, nompà ‘d folatarìe,a fogno ‘ntrames brajëtte e pissètprové veuolo ‘dcò ‘d vaporos corslèt;slanso d’ociade fin tròp birichin-edontrè masnà motobin birbantin-e.

Për la dòta ste mariòire ‘nmatisso com parpajole danton a svolasso serno ij linseuj, mantij e fodrëtte da buté ‘nt ël còfo con le sërviëtte.Manca nen chi a cus opur ricama,diaj, gucie, tut ël mërcandin declama:“a-i son ëscàmpoj tisòire e gormisejas peul fé dij faudaj, cotin e mantej!”.

Tòst sò mërcà l’ha finì ‘l mërcandin, ancros ëd salut, svolassé ‘d cotin jë strop as dësparpajo dle madamin; come d’oslòt artorno a sò camin. Luciano Milanese Poirino (TO)

LA BARACA ANT L'AUTINA-i era na baraca ant la campagna,vardava ‘l sol da ‘n mes a na taragna,quat muraje quatà ‘d cop a na cioenda,na taula ‘d bosch për disnè e marenda.

Na part sarà për ardrissè la sapa, ën let d’ass con ansima na pajassa; pontajà a la muraja na grupia ‘d bosch, na brassà ‘d fen për al caval deje ristòr.

L’avia fala mè nòno con soe mansansa esse murador, ma mach paisane mi da giovo ansema a mè parinsapava l’èrba ant la tòpia ‘d col autin.

Quand la fam as fasìa sente bruta a mancavo nen ëd piante da fruta: pèsse d’autin, pruss, cerese e quei pomèt e për gavé la sèi, eva ant ël barlèt.

Bej moment quand as vëndëmmiava,vësin, amis, na combricola as giontava;finì ‘l travaj tuti ansema na marendasla taula ‘d bosch da para a la cioenda.

Peui torné a ca sul chèr con l’erbi pien, strach mòrt, ma content con ël cheur seren, vej e masnà con la facia ‘n po’ andurmìa mentre ‘l ciòché batìa l’Ave Maria.

Ma ven ël temp che l’autin a serv papì,ansema la baraca tut ven demolì,via cioenda, taula, let e murajee i cavaj ant ij trator a l’han saraje.

Costa a l’é na part ëd la mia stòria, na foto fërma ant la memòria, im vèjo ancor con la sapa là ant l’autin sansa pressa, seren-a gnun sagrin.

A-i era na baraca ant la campagna,vardava ‘l sol da ‘n mes a na taragna,ades a-i é pì nen, ma për boneurmi l’hai tenula sarà ‘ndrint a mè cheur.

Anna Maria Giustetto Castagnole Piemonte (TO)

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15IL VINOVESE

la cultura del Piemonte sia sul territorio che nel mondo.

La cultura si diffonde anche at-traverso il restauro di antiche chiese andate in rovina per in-curia, come quella dei Batù, che è risorta a nuova vita grazie al restauro, davvero splendido, reso possibile grazie a tutti i componenti l’associazione che ha voluto riportare alla luce un prezioso monumento Sacro di strordinaria bellezza; un vero tesoro dell’architettura piemon-tese del 1600.

La Giuria e l’Associazione Famija Vinovèisa si sono congedate dan-do appuntamento per il prossimo anno ringraziando tutti i par-tecipanti, premiati e non, che hanno permesso il successo di tutte le edizioni e di questa XXIX ribadendo che la cultura è il ve-ro “mezzo d’integrazione” tra i popoli e che è uno strumento da usare per capire che si possono creare sinergie utili per unire le popolazioni del mondo al di là di preconcetti e pregiudizi.

SEZIONE: POESIE EN PIEMONTEIS Premio Vincitore/trice Opera vincente Località di residenza del vincitore

1° Premio Pierangela Tapparo La viëtta Borgaro Torinese (TO)

2° Premio pari merito Vittorio Gullino U tajarin ëd mare Racconigi (CN) granda 3° Premio pari merito Rino Serra Barcon ëd tòla Poirino (TO) 4° Premio Candida Rabia Staca Dòr Cuneo 5° Premio Anna Maria Giustetto La baraca ant l'autin Cuneo 6° Premio Luigi Vaira Emigrant Sommariva del Bosco (CN) PARI MERITO Laura Bertone L'alba dësmetià / Cuneo Ant ël silensi nësuard Maria T. Cantamessa Brich doleuri Ivrea (TO) Andrina Italo Cavalli El Berlandin taxista Torino ëd Turin Angioletta Faule A Candiòl Candiolo (TO) Antonina Galvagno J'emigrant Monteu Roero (CN) Sergio Gondolo Scapà da ca! Cuneo Vittorio Gullino Arcòrd / Sèira a la Racconigi (CN) vigna

Gianalberto Miglio Dëspers / An balua du Poirino (TO) vent / Le doe miserie Luciano Milanese Ant la cort ëd la ca Poirino (TO) du mè/ Abandon / Cesa ampërsonà Giuseppe Mina El giardin dël prim Ancona basin Fabrizio Livio Pignatelli La fontan-a dë stich- Torino berich / Odor ëd naftalin-a Daniele Ponsero Për nen dësmenté / Torino Feuje sècche / Làver dle fio Carlin Pòrta Ciambra anciarmanta Villar Perosa (TO) / Un baron ëd canton Attilio Rossi Cost a lìè 'l mè pais! Carmagnola (TO) / Dëdla dël mar Marisa Sacco Un Papa Piemontèis Moncalieri (TO) Rino Serra Sentè / Valis 'd carton Poirino (TO) Franco Tachis An sël sentè di Poirino (TO) arcòrd/ d'autri temp / da le nòstre part Giovanni Teti El silensi dël Natal / Rivalta (TO) Vin bianch e Tajarin Paolo Tomei "Sël leturil" Pinerolo (TO) Luigi Vaira La salita dla paròchia Sommariva del Bosco (CN) / Mè pais V. Alfredo Zanellato Lontan a travajè Pralormo (TO) PREMIO SPECIALE Regina Giordano Arcòrd Escatalens (Francia) Motivazione Che a cudissa sempre la gòi d'ësprimse ën nostra lenga

LÀVER DLE FIORSon lì a tèraij làver dle fior ëd reusa anfiapì che ‘l vent dëstribuis daspërtut...Per coloré d’amorl’àtim pen-a scapà...Andova ‘l profumResta për noiancora n’istant. Daniele Ponsero Torino

CIABRA ANCIARMANTA

Ant ël silensi tranquilëd la prima matinà,ant un bris moment d’arlasssël plian con i’euj ciupì,i l’hai sentù ‘d bòt an blanun consert, squasi na ciabra,ëd ciusionada ‘nciarmantad’osej a fé soa obadacome s’a fèisso ciambreavajanta, tuta për mi.

- Sent che argal, sent che gòj - dun-a i son dime tra ‘d mi, - Lor a ciusion-o a la prima con le noanse fiorìe ch’a blago la matinà tant ‘me s’a vorèisso di: duverta le fnestre al mond che noi soma si për ti -

Nen passà ‘l temp d’un penséch’a son andasne për sò destin.

Dëlcò mi i son surtì për gòde tuta natura e vempime j’euj ëd bej color. Carlin Pòrta Villar Perosa (TO)

SENTÉCol bel senté lagiùVers la campagnaS’andrinta an mes ai campËd gran madur.Quand che a la matinRosà a soagnaIj bej verd pra dantornAi ragg dël sol,Gnente a-i é ‘d pì belChe sta campagnaPronta a donete tutSò grand amor.Ël vej senté che citMi përcorìoStrenzend an man un tòchËd pan e bur,Anvers ël camp ëd granAndova as cujìoJ’ultimi spì lassàAl ragg dël sol;A son passaineD’ani da col diMa ìl mè vej sentéL’é sempe lì.Ancor j’é ‘n tòch ëd laVeja bussonàCh’a l’era divisorFra camp e stra,Quand ën vers sèira alRagg dël sol si fòrtMi am portava randaËd coj busson,Savend che dòp un pòchLì pian pianòtSarìo portassie tuiCoj dël mësson;L’avrìo slargà arlonghA la bissonàNa quàich tovaja e peui...Che bon mangéLì a l’ombra dij bussonFianch al senté.A son passàine d’agnDa col bel dì,Ma ògni vòlta cheVard la campagnaLest ël mè euj scapaE sempe lì,Vers col senté ch’as perdLà a l’ambrunì! Rino Serra Poirino (TO)

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16 IL VINOVESE

Pierangela Tapparo 1° classificata per la poesia in lingua piemontese riceve il premio ed i complimenti dalla dott.ssa Paola Taraglio.

Vittorio Gullino di Racconigi ritira il premio per il 2°classificato per la poesia in piemontese dalla dott.ssa Paola Taraglio segretario della Regione Piemonte.

ARCÒRDAl prim ciairor,Ël canton del Gieugh dla balaA deurm ancor.Na matin d’invern, grisa e frèida,L’aria del Sangon am sgiafela.La montagne pòch a pòch as descheurvo.A l’orizont, la punta bianca dij TredentA bërlusa aj prim ragg del sol.La tor del vej castel,A surveja ël pais con orgheujE ël cioché rùstichA domina ij cop dla borgà.La cassin-a ‘g GioanninA l’é ancor tuta andurmìaA l’é pa pì na cassin-a,A l’é na ca con doi alogg a pogieuj.Ant la cort, pì niente a rabel.Machinon e automobilAl pòst dij animaj.Gnun cunij an libertà né pito ch’a fa la roa,As sent pì nen ël chirichichi dij gajNé ël cocodé dle galine american-e.Ant lë stabi, pì gnune vache né caval gris,ch’a speto ‘l fen profuma e gustos.Davzin al cancel, al pòst dla pantalera giàuna,Na cormà për j’ardriss.La cassin-a sensa vita, a l’ha cambià color,Pòch a pòch a duverta ij so finestròt,sensa fé scapé l’odor del cafè lait matutin.Ël temp a l’é passà,Am resta mach la nostalgìa del mé paisE l’arcòrd dla mia brava gent. Regina Giordano Escatalens (Francia)

MEMÈ JETA E GHITINA j’ero quasi ‘n simbul, per nuj d’la Cunfignà:sempre ‘nsema, as truvavo tuti i dìper i soliti duj pas, en cumpagnia di’ eterni discursch’a parlavo d’n temp ormai luntan:tre vejote, en cit e en can...

El so mund, ormai, ormai finija lì, ai rastej d’la ferrovia. Ma a j’era nà cosa, ‘n mes ‘a tanti bei ricord Che aj fasija prope rije, na cosa da gnente, ma ‘npurtanta per lur: a l’avijo l’età d’n papa, en president e en ditatur.

Poi, en silensio, cum’a l’an vivù,sensa deje disturbe a gnun, a sun andasne tute tre:a l’è mac pì staje el cit...

E anche adess che a l’è venù grand As ricorda ancura quande, cun trepidasiun, aj ciamava a una ‘d lur:

“Memè, e se ‘n dì an ciamo a fè ‘l suldà,cume et-fas poi sensa mi?.

“Pensie-nen mè picinin, mi t’stermo en tel taulin!”. Angioletta Faule Candiolo (TO)

ABANDON Vardand da la ponta dël brich, nen lontan,lagiù a l’abandon as vëddo ij varèj,sbilaucio sota ‘l sol ch’a sponta pian pianmach pì d’erbass, ëd bosson e ‘d rovèj.

Ël ciabòt ëd Vigin un temp bin goernà, sosta e arpar ëd l’operos campagnin, l’é mach pì ‘n drocheri ‘d mon dëscrostà l’arfugi ‘d bisse, ratass e moschin.

Ghërgojand a scorìa ‘n fond a la valàsèmper frësca e sclinta n’eva ‘d sorgissche la sèj at pasiava con dontrè golà;a-i son ancheuj mach pì ‘d nita e mnis.

Brombo e taragne un temp bin fornìe ëd rape madure ‘d giuss bin pien-e da sti varèj dan ‘n pess a son sparìe; mach pì ‘d ninsolé a quato ste colin-e.

As sent pa pì ciaciaré ‘d vëndumiòirech’a ciaramlo tra ‘d lor sensa gnun sust,a taso dij brindor le conte grignòireche ‘d sèira la vijà arlegravo con gust.

A l’é dcò dësparì col boschèt ombros arpar da la caudura dj’istà pì afoà, arfugi stërmà për sfojòire e moros susta ‘d carësse e basin arcambià.

Mi sto leu i l’hai sot j’euj con sagrincon ant ël cheur lë splin dij temp passàcand ij coltiv a smijavo ‘d giardin.coma ‘d tesòr tnì da cont e soagnà

malgré sacrifissi, fatiga e sudor përchè dle famije sostegn e valor. Luciano Milanese Poirino (TO)

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17IL VINOVESE

Un messaggio importante che, proprio in questo periodo, deve essere inteso come un atteggia-mento di vitale importanza per creare quella Pace di cui tutti sentiamo il bisogno.

apt/gf

Anna Maria Giustetto di Castagnole Piemonte ritira il premio per il 5° classificato in poesia piemontese dai giudici Gervasio Cambiano e Giuseppe Perrone.

LA VIËTTAA-i é ‘n mond fòra dël mond, un pòst dla memòria,ch’a aparten a l’età dl’òr, un temp d’àutri temp,quand a la fin dl’invern,al pé dij murèt ëd pera, le violëtte a fiorìoe nojàutre cite a gara ‘ndasìoa chi a-j cheujìa prima sij bòrd d’erbëtta neuva.

An mes a j’òrt e ai giardin co ‘ij sò tesòr ëd fior e fruta tant bondosa a corìa na viëtta ‘d tèra batùa visin a na bialera pen-a seurtùa da sota ‘n pont a con na larga sponda erbosa.

A l’era - bin ëstërmà a j’euj dij grand -un mond ancantà për noi masnà,che anmaginand d’esse chissà ‘ndovai-i passavo ij dì dla stagion belaa core ‘n boco, a nascondse, a fé comunela,fin che, përfumà, a calava nen la sèiracon j’avàit, ij crij, le ijadee ‘l cel tut na stèila.

Un temp col-lì finì prima dël temp, quand për un-a ‘d noi e për soa sorela a l’é rivà improvisa l’ùltima primavera e - dòpo - la viëtta a l’era pì nen cola.

A-i é ‘n mond fòra dël mond, un pòst dla memòria,ch’a aparten a l’età dl’òr, un temp d’àutri temp,na stgion përdùa ...Për ognun un moment important ëd soa stòria.

Pierangela Tapparo Borgaro (TO)

EMIGRANTPior e sospir as mës-ciocon ël romor ëd le onde,le lus d’un paisòt lontana marco la stra dla speransa.

Fieuj d’un Dè divers a porto l’istessa cros dël nòstr, ma gnun o l’ha deurbije col’eva ch’a l’ha travonduij-ne i seugn.

Le lerme dij pì cit as perdoant l’immensità dël mar giassà,përduve, coma che përdu a son ij còrpëd coj ch’a l’han nen fàila.

Còs’a sperav-ne ‘d trové a la fin dël viagi? Fòrsi gnente dë special solament cola strasordinaria pas che nojàutri is n’arcorzima manch d’avèj.

Luigi Vaira Sommariva del Bosco (CN)

Luigi Vaira 6° classificato per la poesia in piemontese.

BARCON ËD TÒLA L’é bel mè vej barconL’é fàit ëd tòlaNaviga e viagia fòrtAnt ij mè pensé,M’arcòrda ìl di lontanCand magna suòraLe vnùita neuit ëd NatalVnulo a porté;Mi j’ero gagno antlorE ‘l bon BambinL’era l’aspetativa ‘d mi...Dël regalin,A j’ero pòchi ij sòldMa ‘l bon GesùCol ani ‘l bel barcon...Portam-lo giù.Oh quante vireCariand la mòlaAnt un sëbròt pien d’evaViagiava mè barcon ëd tòlaSon costi ij bej arcòrdDij temp andàVeje dësmore ‘d tolaMai dësmentià!

Rino Serra Poirino (TO)

FEUJE SÈCCHEAncheuj ël viall’é un tapisëd feujeche ‘s parlo tra ‘d lor...

Ier, l’han nen podù, ël vent je mugiava dë dsà e dë dlà sensa deje da ment! Adess, sota ij mè pé quaicòsa a scherzina sensa che, comprenda le parole.

Darmagi!

Le feuje son sècche!

Daniele Ponsero Torino

VIN BIANCH E PAJARINA s’avsin-a ‘n doss gavanate,butà andrinta a gir ant la botelia,as leva l’essensa ch’a bësbija,a gatija e a monta sparand le nate.

Fòrt sò përfum ëd color pajarin, a l’é emanà da ‘n càles lì davzin, ël savor miminèt ëd l’odor nasal a s’avsin-a a na beivuà ch’a val.

A scor d’incant a fium ël vine la beivuà a rinfrësca l’idealëd na sensassion assè mental,d’una bevanda da palà soprafin.

Oh! Doss fërvor ëd fragransa vèra, at farà tramblé për n’ora antera. Sarà, ant una bota, a sapia artrové la Bin për ën gust da solecité. Giovanni Teti Rivalta (TO)

18 IL VINOVESE

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Sulle tracce della misericordia di Dio

Un viaggio a Roma vissuto intensamente tra fede e storia

Roma, 18 ottobre 2016. Papa Francesco saluta la folla di pellegrini in piazza San Pietro.

Il clero vinovese nella Città Eterna: don Enrico (al centro) con don Marco (a sinistra) e padre Ramello.

Un folto gruppo di Vinovesi ha partecipato al pellegrinaggio orga-nizzato dalla Famija Vinovèisa e dalla Parrocchia di San Bartolo-meo, guidati dal nostro parroco Don Enrico e dal Presidente Dino Sibona.

Raggiunta Roma con un comodo viaggio in treno “freccia rossa” ab-biamo iniziato il pellegrinaggio con una visita della Roma imperiale, la Roma dei Cesari, efficacemente descritta dalla guida ammirando le rovine dei Fori imperiali, immagi-nando così la vita, la cultura dei romani prima del diffondersi del cristianesimo.

La visita è proseguita sulla magni-fica piazza del Campidoglio am-mirandone i palazzi, la statua di Marco Aurelio e tutto il complesso dell’insieme così ben progettata

dal grande Michelangelo.

Dopo una sosta per ammirare l’Al-tare della Patria, il monumenta-le omaggio al primo re d’Italia e luogo della tomba del Milite Ignoto, con una passeggiata lungo i Fori imperiali abbiamo raggiunto il Colosseo, simbolo, oltre che del-la grandezza dell’Impero Romano, del martirio di molti cristiani, che qui hanno versato il loro sangue per la loro fede.

Nella serata abbiamo avuto la gra-dita visita di don Marco Ghiazza il nostro Parroco precedente che ora ricopre un importante incari-co alla sede Nazionale dell’Azione Cattolica, e del nostro concittadi-no Padre Mario Ramello dell’ordi-ne dei Camilliani che qui svolge la sua missione pastorale, l’unico ad aver ricevuto l’ordinazione sa-cerdotale a Vinovo nella chiesa di

S.Bartolomeo.

La seconda giornata è stata dedica-ta interamente allo scopo del viag-gio: l’udienza con Papa Francesco.

E’ stato veramente emozionante vedere questa enorme massa di persone proveniente da ogni parte del mondo, come abbracciati dallo splendido colonnato di piazza San Pietro, attendere per oltre due ore, e sentire l’esplosione di gioia quando il Santo Padre ha iniziato ad attraversare i vari settori della piazza.

Il discorso del Papa, come sua consuetudine è stato chiarissimo e comprensibile per tutti, incen-trato su un passo di una lettera di

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La comitiva dei vinovesi in piazza del Campidoglio.

Visita ai Fori imperiali, don Enrico in primo piano.

San Giacomo apostolo: non ser-ve la fede se non accompagna-ta dalle opere, e nell’anno della Misericordia ecco l’invito a soccor-rere chi ha bisogno ed è in difficol-tà, rispondendo così a due opere di Misericordia, dar da mangiare agli affamati e dar da bere agli assetati.

Riflettendo sulle parole del Santo Padre, nel pomeriggio si è iniziato il percorso del giubileo, che par-tendo da Castel Sant’Angelo, per-correndo via della Conciliazione guidati nelle riflessioni e nella preghiera dal nostro Don Enrico siamo giunti sino alla Basilica, per attraversare la Porta Santa del Giubileo, e concludere la preghie-ra sulla tomba di San Pietro.

L’ultimo giorno è iniziato con la passeggiata negli splendidi Giardini Vaticani.

Viali alberati, prati verdi aiuole fiorite, si alternano tra fontane, reperti e statue dell’antica Roma,

un percorso particolare ricorda, con statue e piloni, le varie appa-rizioni della Madonna terminando con una ricostruzione della grotta di Lourdes.

Papa Francesco:non serve la fede se non accompagnata dalle opere.

Tra le diverse costruzioni che si incontrano nella passeggiata spic-ca per la sua ricchezza artistica la casina di Pio IV struttura rinasci-mentale di Pirro Logorio del 1558 con una facciata ricca di decora-zioni, statue e mosaici.

In un angolo discreto e tranquillo

di questi splendidi giardini sorge un monastero di suore; qui ospita-no il Papa emerito Benedetto XVI.

Dai giardini la visita è passata attraverso alcune sale dei Musei Vaticani, tra cui la più ammi-rata è stata la Sala delle Carte Geografiche con affreschi che ri-salgono al 1580 e sono un vero saggio di geografia con ben 40 affreschi murali che rappresen-tano tutta l’Italia, alla visita della Cappella Sistina, dal nome del Papa Sisto IV Della Rovere che la fece costruire tra il 1477 e il 1480 su una cappella preesistente.

Ma fu Papa Giulio II Della Rovere che commissionò, tra il 1508 e il 1512, a Michelangelo l’affresco del soffitto che illustra tutta la storia della Genesi, tra cui spicca sicura-mente la creazione di Adamo.

Fu ancora lo stesso Michelangelo che tra il 1536 e il 1541 realizzò quello che è considerato il capola-voro dell’arte pittorica il Giudizio

20 IL VINOVESE

Foto di gruppo in Piazza San Pietro al termine del percorso giubilare.

Universale.

La conclusione del nostro pellegri-naggio è stata la visita della chiesa di Santa Maria del Popolo, scelta non casuale, infatti oltre che per il valore artistico, qui sono visibili due tele capolavori del Caravaggio la crocifissione di San Pietro e la conversione di San Paolo, per i legami con la storia di Vinovo, la chiesa fu commissionata dalla fa-miglia Della Rovere e nella cappel-la omonima si trova la tomba del cardinale Domenico Della Rovere,

nato a Vinovo fratello di Martino signore e committente del castello di Vinovo.

Sull’altare maggiore della chie-sa si può ammirare l’icona della Madonna Consolata; il cardinale Domenico ne fece commissionare una copia uguale che poi donò a Torino e oggi la veneriamo nel santuario della Consolata.

A conclusione del viaggio, come ha detto don Enrico l’augurio che pos-siamo farci è questo: come ideal-mente il raggio di luce così ben raf-

figurato sulla tela del Caravaggio colpisce e converte Paolo, le parole e le esortazioni di papa Francesco convertano tutti noi per costruire una società più fraterna e più soli-dale con chi è in difficoltà.

Tutti i partecipanti hanno ringra-ziato Don Enrico, Don Marco, pa-dre Ramello per la loro presenza e l’assistenza spirituale, e il presi-dente Sibona per l’ottima organiz-zazione del viaggio.

Franco Brunetto

L'Armanach2017 ha scelto i nostri piloni votiviLa Famija Vinovéisa ha pubblicato e messo in vendita il suo tradizionale Armanach dedicato alla cultura e lingua piemontese. Questa edizione 2017 oltre ai pro-verbi bilingui cioè in piemontese con la traduzione in italiano, ha dedicato l’anno (che speriamo felice e sereno per tutti) ai principali piloni votivi vinovesi. Cioè a quelle caratteristiche co-struzioni che punteggiano le nostre campagne e paesi e sono l’espres-sione più genuina e popolare della religiosità dei nostri padri. Questa bella tradizione è però anda-ta progressivamente scomparendo tanto che negli ultimi decenni, ahi-mè, più nessuno ha pensato ad edi-ficare un Pilone votivo. Sul territorio vinovese di queste costruzioni dette anche edicole votive ne esistono oltre una decina. Dalla apposita Commissione del-la Famija Vinovèsia composta da

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Gervasio Cambiano ricercatore di storia, Rino Visconti fotografo e Giovanni Alessiato grafico ne sono stati scelti sei ritenuti meglio con-servati e più significativi e quindi più adatti alla pubblicazione.Il Pilone dedicato a don Bosco in via Padre Aliberti ovvero zona Brayda, quello detto di Martinengo in via La Loggia, quello dedicato a San Giuseppe in via Piobesi, e quello del-la Madonna Addolorata nei campi della regione Ongarea, quello molto significativo della Madonna Regina della Pace in frazione Tetti Grella ed infine il Pilone della Madonna della Consolata detto anche di Sandrone in via Sestriere.

Spettacolo teatrale e musicale a favore del "Giglio Onlus"

Una sera sotto il segno della solidarietà

Gli artisti sul palco al termine dello spettacolo ricevono gli applausi del pubblico in sala.

La serata di venerdì 11 novembre è stata organizzata grazie al con-tributo degli artisti vinovesi che si sono prestati, con la loro arte, alla realizzazione di uno spettaco-lo variegato e gradevole, di teatro,

musica e canzoni.Hanno voluto così dimostrare il lo-ro sostegno al nuovo progetto della Giglio Onlus che è rivolto alla cre-azione della Casa Solidale Giglio presso il Polo Teologico di via XX

Settembre a Torino: verrà ristrut-turato l'ultimo piano dell'edificio dato in comodato d'uso alla Giglio e saranno create 11 unità abita-tive per ospitare altrettante fami-glie che abbiano i bimbi ricoverati

all'ospedale Regina Margherita di Torino.In questo modo, l'ospitalità che il Giglio ha sempre offerto nei 12 anni di attività sul territorio diverrà inclusione in un contesto comunitario e famigliare poiché si condivideranno spazi comuni come la cucina, la lavanderia e la sala soggiorno/gioco per i bambini e le loro famiglie.La ristrutturazione richiederà un ingente dispiego di energie e di contributi economici: chiunque voglia collaborare sarà il benve-nuto!Ringraziamo tutti gli attori: il duo musicale composto da Lilli Franzolin e Marlon Crispatzzu, i Tribula, Andrea Germano, Ales-sandro Cora, Arcoscenico, Claudio Balbi e Claudio Caracciolo, la compagnia della Croce Verde di Vinovo, Giampiera Manzo, Fran-cesco Pieretto, Marta Pieretto e Andrea Rossi.A nome della Giglio Onlus ringra-ziamo inoltre la Famija Vinovèisa e L’Amministrazione Comunale per l’accoglienza del nostro spet-tacolo: “La solidarietà è di sce-na”. Lorella Garbossa

Il ricordo di Renzo Viola vive nel cuoredel suoi cariL’8 gennaio ricorre il secondo anni-versario della scomparsa del caro Renzo Viola. I familiari lo ricordano con immutato affetto. La redazione de “Il Vinovese”, certa di interpreta-re il pensiero dell’intera comunità, si unisce al ricordo dei suoi cari rivolgendo a Renzo un sorriso di sincera e continua gratitudine, per i servizi ai quali si è dedicato per lunghi anni con umiltà e dedizione.

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ricordare l'alluvione del Polesine

Avvenne il 14 novembre del 1951

Così titolava la Gazzetta-sera del 20 novembre 1951. Mostra fotografica sull'alluvione del Polesine del 1951. Il taglio del nastro.

La Sig. Cecilia mentre illustra la Mostra alle autorità civili.

In questo momento in cui il nostro Paese vive le tragedie che i ripetuti sismi hanno cau-sato alle popolazioni dell’Italia Centrale, l’Associazione “Polesani Piemontesi” e la Famija Vinovèisa, con il Patrocinio del Comune di Vinovo, hanno unito le loro forze per ricordare al meglio una delle più grandi alluvioni che ha deva-stato la Terra veneta e che accadde in Polesine il 14 novembre 1951, esattamente 65 anni fa.

A seguito della devastazione molti polesani scelsero di emigrare in altre regioni del Nord Italia dan-

do vita al primo flusso migratorio interno che ha caratterizzato lo scorso secolo.La Mostra è stata inaugurata sa-bato 12 novembre 2016, nell’ Ala Comunale Don Donadio e, il ta-glio del nastro, è avvenuto alla presenza del Sindaco di Vinovo Gianfranco Guerrini e degli asses-sori Giuseppe Alessiato e Nerio Usai; molti i presenti appartenenti ad associazioni vicine agli organiz-zatori.La Mostra, che è stata già un grande successo in altre località del Piemonte dove è stata espo-sta, nel corso degli ultimi anni,

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Il dott. Gervasio Cambiano illustra i pannelli della Mostra ad una classe delle Scuole Medie di Vinovo.

Una mostra itinerante che sottolinea lo strazio di un popolo ieri come oggi.

perché ha rappresentato il tema della diaspora dalle Terre d’origine per molti componenti la Comunità piemontese, consta di oltre 350 gigantografie originali dell’epoca, di una ricchissima rassegna stam-pa ed è completata da un filmato realizzato proprio nel 1951 che sempre emoziona ed entusiasma i visitatori.

Lo stesso entusiasmo emotivo ha colpito i moltissimi visitatori vinovesi che hanno espresso il loro sentito apprezzamento con

dediche molto struggenti sul vo-lume che raccoglie le firme ed i commenti dei visitatori e ciò ha riempito d’orgoglio gli organizza-tori che hanno “colpito nel segno” anche questa volta facendo capire come la Natura può essere matri-gna quando l’uomo non considera la sua straordinaria potenza.

Ciò è accaduto ieri ed accade, pur-troppo, ancora oggi.

Nel corso della settimana d’apertu-ra la mostra è stata visitata, oltre-chè da visitatori dell’area vinovese anche da quattordici classi delle scuole Medie inferiori.

I ragazzi, unitamente ai loro do-centi, sono stati accompagnati nel-la visita dalla Segretaria dell’As-sociazione Polesani Piemontesi Cecilia Binello, che non solo ha curato la mostra insieme al ma-rito il Presidente dell’Associazio-ne Benito Cassetta, Polesano in Piemonte, ma ne è l’illustratrice piacevole e dotta anche perché si

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deve a lei la realizzazione del vo-lume “Polesani e Piemontesi: dal 1951…….. ne è passata di acqua sotto i ponti del Po” che racconta tutta l’alluvione con testimonianze commoventi e toccanti.

Gervasio Cambiano ha accompa-

gnato alcune classi durante la vi-sita.

Una mostra di grande attualità perché sottolinea lo strazio di un popolo colpito da una grande tra-gedia, ieri come oggi, purtroppo.

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Dopo il gioioso maggio del 1946

Una lunga vita dedicata ai figli e alla solidarietà

I coniugi Bertero mentre festeggiano il 50° di matrimonio. Al centro della cornice la fotografia del loro matrimonio.

Lo scorso mese di ottobre è man-cata all’affetto dei propri cari Gonella Rosina vedova Bertero alla bella età di 93 anni. La sua fa-miglia era originaria di Savigliano dove era nata. Poi diventando il padre Ufficiale Postale di Piobesi, la famiglia si trasferì in questo paese. Nel 1940 venne assunta come impiegata presso la tessi-tura dei fratelli Bertero ancora in via Roma. Da Piobesi tutto il periodo della guerra raggiun-geva il posto di lavoro a Vinovo

in bicicletta Poi il 1° maggio del 1946 il matrimonio con uno dei titolari della ditta Michele Bertero e quindi l’abitazione nella casa di piazza del Municipio dove la fami-glia fu allietata dalla nascita della figlia Ornella e dei due figli Dario e Filiberto. La signora Bertero era molto conosciuta nel paese e quando c’era ancora il marito non mancava mai alle manifestazio-ni delle Associazioni locali come la Famija Vinovéisa, l’Avis, l’ANA ecc. Ai figli, le condoglianze della Famija Vinovèisa.

Venerdì 25 novembre, presso l’Auditorium di Vinovo, è andato in scena un nuovo ed esilarante spettacolo della “Compagnia del Ciglio”. Come per le occasio-ni passate, non possiamo che complimentarci con il bravissi-mo Alessandro Cora. La capa-cità nel selezionare e rielabora-

re con cura e singolarità celebri brani d’autore, rivela la passione con la quale l’artista interpreta e si interpreta. Elena Poncina, al pianoforte e Tiziana Venuti, alle percussioni, con altrettanta bravura, hanno accompagnato il bravo Alessandro durante la performance canora e teatrale.

E la vita, la vita...Spettacolo della Compagnia del Ciglio

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Guido Gozzano e il suo presepio immaginario

che si apre ai nostri occhi

Un presepio in poesia

Il poeta di origini torinesi Guido Gozzano.

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Parliamo di un presepio, degno di comparire nella mostra, che ogni anno si allestisce con tanta passione nella venerata chiesa dei Batù, se fra quei materiali fosse possibile collocare un presepio im-maginario, non composto di sta-tuette, ma descritto con parole, e non per questo meno poetico ed evocatore di dolci emozioni rispet-to a quelli reali. Si tratta di un pezzo di bravura, in stile apparentemente dimesso, ma scritto, invece, con finissimo gu-sto e consumata arte di letterato, dal poeta torinese Guido Gozzano, morto giovane cento anni fa, nell’agosto 1916 (ma la Rai, dove l’Italia a nord di Roma, esclusa Milano, non conta assolutamente nulla, non l’ha neppure ricordato nella rubrica I giorni e la storia, in cui ogni sera si rievocano anniver-sari di personaggi che dovrebbero essere illustri, e che, invece, spes-so sono semplici cantanti sguaiati e chitarristi da strapazzo). Il poeta parte dal racconto, ab-bastanza scarno, dell’evangelista Luca e lo arricchisce di particola-ri fantasiosi, tutti anacronistici e volutamente ingenui, tratti dalla vita a noi familiare, che entrano qui come nei tradizionali presepi materiali. Chi agisce e dialoga con i vari per-sonaggi del racconto è Giuseppe al suo arrivo a Betlemme insieme con Maria prossima al parto.

A prima vista appare Betlemme,

ornata di trofei, cioè piena di luci e di festeggiamenti, dei quali il poeta, con sottile accorgimento, non dice qui il perché né a noi né ai due pellegrini, ma ce lo farà capire più tardi nell’elenco dei vari alberghi ed osterie a cui essi

si rivolgono in cerca di ospitalità per la notte.

E’ la presentazione panoramica della città, quale la vediamo nei presepi meccanici nella fase di completa illuminazione, prima dell’oscuramento parziale.

Ed ecco il primo poetico anacroni-smo: Il campanile scocca – lenta-mente le sei.

Ai tempi di Gesù in Palestina non c’erano né campane né campanili, e neppure chiese, perché l’unico tempio era quello di Salomone a Gerusalemme, mentre nelle città e nei villaggi del contado, esistevano solo le sinagoghe, in cui maestri (rabbi, che i latini tradussero con doctores) leggevano e spiegavano i testi sacri.

Qui però la sinagoga diventa la chiesa, centro spirituale e mate-riale del villaggio, affiancata dal suo campanile, come nelle nostre campagne.

Segue l’elenco degli alberghi, a cui bussano Giuseppe e Maria: Oste del Caval Grigio – Oste del Moro – Oste del Cervo Bianco – Oste di Cesarea, nomi che ci richiamano alla memoria le osterie di campa-gna del secolo scorso (e in qualche paese si legge ancora “Osteria del-la posta vecchia” oppure “Osteria dei tre Mori” mentre a Vinovo ri-cordiamo la vecchia “Osteria della Rocca di Cavour”).

Questa è una attualizzazione poe-tica, anacronistica e inverosimile, perché Giuseppe e Maria hanno cercato alloggio non negli alberghi che allora non c’erano, ma nel caravanserraglio, il diversorium, (una specie di capannone desti-nato ad alloggiare in grande pro-miscuità i viaggiatori e gli animali da soma di cui si servivano come

26 IL VINOVESE

LA NOTTE SANTA- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.Presso quell’osteria potremo riposare,ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.

- ll campanile scocca lentamente le sei.

- Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio?Un po’ di posto per me e per Giuseppe?- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe

- Il campanile scocca lentamente le sette.

- Oste del Moro, avete un rifugio per noi?Mia moglie più non regge ed io son così rotto!- Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:Tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.

- Il campanile scocca lentamente le otto.

- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almenoavete per dormire? Non ci mandate altrove!- S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pienod’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.

- Il campanile scocca lentamente le nove.

- Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella!Pensate in quale stato e quanta strada feci!- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…

- Il campanile scocca lentamente le dieci.

- Oste di Cesarea… – Un vecchio falegname?Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?L’albergo è tutto pieno di cavalieri e damenon amo la miscela dell’alta e bassa gente.

- Il campanile scocca le undici lentamente.

La neve! – ecco una stalla! – Avrà posto per due?– Che freddo! – Siamo a sosta – Ma quanta neve, quanta!Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…Maria già trascolora, divinamente affranta…

- Il campanile scocca la Mezzanotte Santa.

Alleluia, alleluia,è nato il sovrano Bambino!La notte che già fu sì buiarisplende di un astro divino!

Magìa del presepe Mentre state sfogliando questo nu-mero de “Il Vinovese”, nella Chiesa dei “Batù”, prosegue l’esposizione dei presepi.Quest’anno vogliamo chiedervi, se possibile, di rivolgere ai presepi un’attenzione in più: osservateli con riguardo e, se ne avrete il tempo, tornate una seconda volta, magari nei giorni meno affollati e sofferma-tevi sui particolari.

mezzi di trasporto). Lo dice chia-ramente Luca: non erat eis locus in diversorio: per loro non c’era posto nel diversorio.

L’elenco dei vari alberghi, locande ed osterie, è ripetitivo: ma che cosa non è ripetitivo nei presepi, in cui si vede un fabbro che nel cuore della notte picchia infaticabilmente sen-za sosta sull’incudine, oppure un fornaio che sforna pani in continua-zione in mezzo ad un prato, o una massaia che, noncurante dell’ora, lava, a non finire, i suoi panni al buio, e via di questo passo?

Si tratta di un presepio immaginario senza statuette ma descritto con parole poetiche.

Però questa non è monotonia, ma semplice fantasia, falsamente in-genua, proprio di questa e di altre poesie gozzaniane, che sono inve-ce arte finissima e consumata di un letterato formatosi sui testi di Carducci e di D’Annunzio. Nel bel mezzo di questo racconto di peregrinazioni tra un albergo e l’altro (ma Gozzano che abitual-mente abitava a Torino, ma che ben conosceva la vita dei villaggi, perché passava le estati in campa-gna ad Agliè, continua a chiamarli osterie), tra lo scandire puntuale delle ore proveniente dal campani-le, la scena muta improvvisamente e il villaggio rustico di Betlemme diventa una cittadina ridente, con un lussuoso albergo, (quello che nei presepi reali è un grande palazzo tutto illuminato, sempre collocato su un’altura dominante il resto del panorama), dotato di elegante ballatoio, su cui si affol-lano, tra grandi luci, ricchi turisti

curiosi e uomini di scienza di ogni nazionalità, con gli occhi puntati verso il cielo per vedere o studiare il fenomeno della cometa. In questo scenario di mondanità stile liberty il poeta insinua molto accortamente, la spiegazione dei trofei, di cui ha parlato nell’aper-tura della poesia: Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella - Son negromanti, magi, persiani, egizi, greci - L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame (dame che na-turalmente dobbiamo immaginare con i vestiti sgargianti e gli orribili cappelli della bella epoque, l’epoca in cui il poeta scrive). Finalmente, come nei presepi re-ali, arrivano la neve, l’asino, ed il bue, particolari che nel racconto di Luca mancano del tutto. Poi la conclusione con una frase raffinatamente letteraria: Maria già trascolora divinamente af-franta, e subito dopo il ritorno al tono dimesso del campanile che scocca la Mezzanotte Santa e lo squillo di gioia finale: Alleluia, alleluia, – è nato il sovrano Bambino!. – La notte che già fu si buia – risplende di un astro divino. Il tutto come nei presepi reali, quando lo scenario si apre e si presenta ai nostri occhi nella fase di piena illuminazione.

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Bruno Cavallaro si racconta ... e ci racconta...

La grinta e lo spirito sportivo di un dinamico ottantenne

Bruno Cavallaro in sella alla sua bicicletta in partenza per i viaggi in giro per l'Italia.

Nato a Bosaro (Rovigo) il 6 otto-bre 1936, Bruno ha raggiunto il Piemonte per la prima volta du-rante l’alluvione che ha colpito il Polesine nel 1951. Dopo una permanenza di circa cinque mesi nella nostra regione è tornato al paese natio per termina-re gli studi di avviamento al lavoro. Nell’autunno del 1956 è tornato per la seconda volta in Piemonte, in questo caso per una gita di pia-cere e per far visita a parenti. All’epoca Bruno era in attesa di essere assunto nella campagna saccarifera, ma grazie a un caro cugino, che si è attivato per dargli una mano, in pochi giorni ha tro-vato occupazione in una fabbrica torinese. Così, nel giro di qualche settimana, si è trasferito con tutti i suoi bagagli, in Piemonte. Grande appassionato di sport, fin da ragazzino si è dedicato al gioco del calcio. A 14 anni partecipava ai tornei con la squadra dello “Schiesano” , mentre una volta presa residenza a Torino è entrato a far parte del “Vanchiglia” con il quale, tra un palleggio e l’altro, è rimasto fino all’età di 32 anni. Smessa l’attività sportiva e messi su un paio di chili, ha sentito il bisogno di rimettersi in forma, lasciandosi alle spalle la vita se-dentaria, che proprio non gli si addiceva. Consigliato dall’amico “Leno” (Professore ISEF), si è avvicina-to al nuoto; trascorsi 5-6 mesi e apprese le tecniche fondamen-tali, ancora una volta spronato dall’amico, è stato invogliato a prendere il brevetto di insegnante. Una volta ottenuta l’abilitazione, pur continuando a lavorare in fab-

brica, si è lanciato in questa nuova esperienza, dando lezioni serali. Dopo un periodo di rodaggio in alcune piscine del circondario, si è stabilito alle Pleiadi di Moncalieri. Andato in pensione a 51 anni, avendo più tempo a disposizione, oltre all’insegnamento ha accetta-to l’incarico di capo vasca. Questo impegno, che lo vedeva all’opera già di prima mattina, comprende tutt’oggi il controllo delle acque e richiede una speci-fica conoscenza sia dal punto di vista degli impianti sia da quello igienico-sanitario. Nell’ultimo periodo di permanen-za alle Pleiadi, in seguito ad un cambio ai vertici della proprietà, l’impianto sportivo subì migliorie e ampliamenti per quanto riguarda i campi da tennis a scapito della piscina, che sembrava passare in secondo piano. Rilevando delle anomalie durante il controllo dell’acqua e vedendo che non venivano presi provvedi-menti, Bruno, essendo comunque responsabile della firma degli ap-positi registri, decise di gettare la spugna e si licenziò, mettendo la parola fine ad un impegno durato oltre un ventennio. Dopo questa lunga esperienza si è concesso tre anni di completo riposo. Fino a che un bel giorno il figlio Valter, anche lui allenatore di nuo-to, lo ha convinto a dare una ma-no, almeno qualche ora al mattino, per seguire i bambini al Centro Nuoto Torino. Di lì a poco, il part-time è diven-tato tempo pieno, infatti anche nel pomeriggio Bruno si fermava in piscina per seguire i corsi per anziani…e giorno dopo giorno, so-

no trascorsi altri dieci anni. Ammalatosi di tumore al fegato nel 2009, ha trascorso un anno di convalescenza al termine del quale ha ripreso servizio presso il Centro Nuoto nelle ore serali, per un altro biennio. Purtroppo nel 2011 il ma-le è tornato a farsi sentire, tanto che è stato necessario sottoporsi a un nuovo intervento. Bruno ha affrontato la malattia prendendola di petto; fin da subito ha esternato a tutti, parenti e ami-ci, il suo problema, convinto che parlandone, avrebbe letteralmente “sbattuto fuori il brutto male”, come egli stesso ama sottolineare, pur essendo consapevole che il tu-more al fegato è meno invasivo di altri. Riprese le forze e sentendosi bene fisicamente, con l’approva-zione del suo medico curante, ha ripreso ad andare in bicicletta, sua altra grande passione. Già nel 1983 aveva percorso, con il figlio secondogenito Diego, un tra-gitto di tre giorni da Diano Marina a Padova, passando per il passo delle Cento Croci, in Liguria. Dopo la malattia ha ripreso ad al-lenarsi, fino a percorrere 3-4 mila chilometri ogni anno. Da allora, ogni estate, messa a punto la bicicletta, firmata “Ca-stagnone” e indossati i panni del ciclista, raggiunge da solo il suo paese natale. Durante questi trasferimenti, ar-ticolati in tre tappe, non ha mai dovuto affrontare nessun genere di difficoltà, salvo il dover prestare particolare attenzione sulla statale Cremona-Mantova, molto traffica-ta da autovetture e mezzi pesanti. Giunto a destinazione trova ad attenderlo l’amico d’infanzia “Cre-scentino” con il quale condivide la grande passione per lo sport. Trascorsi presso di lui alcuni gior-ni e scambiate due “ciacole”, ri-posato nel fisico e rigenerato nel-lo spirito, Bruno si appresta ad affrontare il viaggio di ritorno, in attesa della prossima volta.mgb

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NATALESi vedono le prime luci per strada.La gente nel giorno dell’Immacolataaddobba alberi, presepi e la loro casa.Restando insieme attorno al focolare,

si sentiranno di volere bene e amare. Ci sembrarà un presupposto normale, adorare con gioia il giorno del Natale. Coccolando la famiglia e immaginare...

Un mondo traboccante di serenità,senza lotte di guerra, odio e rancore,escludendo la fame, morte e dolore.

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Il Gruppo Alpini di Candiolo, con i famigliari, amici e parenti, ritratti

davanti alla Basilica Superiore di Assisi il 4 ottobre, in ricorren-

za della festa di S. Francesco, Patrono d'Italia.

Hanno festeggiato il Santo di Assisi

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Un povero frate la cui carità ebbe modo di risplendere agli occhi di tutti

Umiltà, carità, altruismo sono le doti di San DiegoSan Diego rappresentò la speranza anche per chi non aveva nulla, né beni materiali né doti intellettuali, in compenso possedeva una gran-de umiltà. Pronto a rendere qualunque servi-zio al prossimo è ricordato per la sua infinita bontà. Nacque in Andalusia intorno al 1400; da giovane condusse una vita solitaria nei pressi del paese nativo, forgiando con le proprie mani piccoli oggetti di uso dome-stico che scambiava con pezze da rattoppare e trasformare in capi di vestiario. Per nutrirsi gli bastavano i prodotti del suo piccolo orto. Raccoltosi in meditazione e pre-ghiera finì per attirare intorno a sé molti donatori per sottrarsi ai quali si rifugiò presso Cordoba, sotto la regola dei francescani di Arizafe, dove compì il noviziato come fratello laico. Nel 1441 venne inviato come mis-sionario nelle isole Canarie. Diego lavorò con zelo e obbe-dienza tanto che solo dopo pochi anni gli fu affidata la carica di “Guardiano”, ossia di superiore, nonostante la sua figura di laico. La sua predicazione parve dare molto fastidio ai colonizzatori, che tenevano gli indigeni nella condi-zione di schiavi. Nel 1449 tornò in Spagna e nel me-se di maggio dell’anno successivo giunse a Roma per il Giubileo e per la canonizzazione di Bernardino da Siena. A causa di una grave epidemia di peste, Diego posticipò la data del ritorno per assistere gli ammalati, unendo la carità ai doni carismati-ci di cui era dotato. La peste, oltre a bloccare l’afflusso

di pellegrini, provocò un fuggi-fuggi tra i vertici ecclesiastici. Diego però non fuggì, al contrario si prodigò per alleviare le pene dei confratelli appestati e si adoperò con tanta dedizione per organizza-re la distribuzione di viveri tra gli

ammalati e i poveri della città. Tornato poi in Spagna, continuò a svolgere il suo servizio in varie comunità, l’ultima delle quali nel convento di Alcalà de Henares, presso Madrid ove si spense il 12 novembre 1463.

Fu canonizzato da papa Sisto V nel 1588, per intercessione di Filippo II di Spagna. San Diego d’Alcalà è uno dei Santi più popolari della Spagna e delle Americhe, dove portano il suo no-me fiumi, baie, canali e varie città. Viene rappresentato nelle vesti di un umile converso francescano, con saio di panno tessuto in modo grossolano (tipico di alcuni ordini religiosi), cordone e chiavi, per indicare le sue mansioni nel con-vento. L'umile e obbediente Diego, trat-tandosi di far del bene alla povera gente, non esitava a privarsi del suo stesso pane per portarlo di na-scosto a qualche mendicante. Nelle immagini popolari, frequenti nelle chiese francescane spagnole, viene spesso ricordato il prodigio secondo il quale Dio, gradendo la sua benevolenza nei confronti dei più bisognosi, lo ricambiò facen-dogli trovare un panierino colmo di rose. In Italia è protettore di Canicattì. Secondo una leggenda popola-re, si narra di una statua di San Diego portata in viaggio verso Caltanissetta, su un carro traina-to da buoi. Gli uomini alla guida del carro, sopraffatti dalla sete, si fermarono per dissetarsi ad una sorgente, apparsa miracolosamen-te ai loro occhi (quella che ora si chiama “Fontana dello stretto o Fontana di San Diego, all’altezza dello stretto di Naro). Giunti nei pressi di Canicattì, i buoi sarebbero caduti in ginoc-chio dinanzi alla chiesa di San Sebastiano, senza volersi più ri-alzare; questo fatto venne inter-pretato come fosse volontà di San Diego restare in quella chiesa, di cui ora è il titolare, e in quella cit-tà, di cui è diventato il protettore. In realtà il culto del Santo fu principalmente diffuso grazie al fervore e alla devozione dei frati minori osservanti, suoi confratelli; l’entusiasmo del popolo fu tale da accendere la fantasia e far nascere San Diego in un dipinto di Francisco de Zurbaràn

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leggende e detti sulla sua figura. A lui si rivolsero i canicattinesi nel terremoto del 1693. In tale calami-tà Catania fu distrutta e una larga parte della Sicilia gravemente dan-neggiata ma Canicattì rimase illesa e gridò al miracolo. Il suo nome si era diffuso tra la gente e a tanti bambini veniva im-posto al battesimo. Lo aveva assunto anche la confra-ternita di San Sebastiano, deno-minandosi Confraternita dei Santi Sebastiano e Diego. Nella metà del Seicento si celebra-va una festa solenne e venne isti-tuita la “fiera franca di San Diego glorioso”, una fiera di nove giorni durante la quale nessun mercante doveva pagare gabelle a parte la tassa di posteggio, da versare al-la Confraternita a beneficio della chiesa. Nel 1825 il Comune si accaparrò questa tassa e la fiera fu ridotta a cinque giorni, finché nel 1860 non scese a tre. Vi si praticava il commercio di tanti prodotti tipici dell’artigianato siciliano. Poco distante si teneva invece l’animata fiera del bestiame. Anticamente gli organizzatori della

festa erano i mugnai, con il con-corso del popolo, perché tutti era-no devoti al Santo e fiduciosi nella sua protezione contro ogni flagello. Un tempo, la sera della vigilia della festa, durante i Vespri, si pone-va su un tavolo, all’ingresso della chiesa, una statuetta di San Diego, davanti alla quale venivano accesi piccoli falò, mentre lanterne di carta colorata venivano appesi al campanile, alla facciata della chie-sa, ai rami degli alberi, alle finestre e alle porte delle case circostanti. Il giorno della festa poi, tra tanta folla, si svolgevano spettacoli, gio-chi vari, tornei, giostre e corse di cavalli. La fiera di San Diego divenne una delle più attese e più grandi della Sicilia e fu fissata nell’ultima domenica di agosto, al fine di favo-rire le attività socio-economiche, invece che a novembre, mese in cui cade la ricorrenza onomastica. L’evento, un tempo tanto ricco di folklore, oggi è notevolmente ridotto anche se un comitato or-ganizzativo si sta adoperando per ripristinare, almeno in parte, l’an-tico splendore.Maria Grazia Brusco

LA FONTAN-A DË STICH-BËRLICHPen-a fòra dle meison ëd Val Noslongh la carzà ch’a pòrta a la riverait treuve un pòst dròlo, motobin frosun gërpass, butà sna nèira rochera.

E pròpe belelì stermà ‘nt le frasche a cantërla na fontan-a raminga che la stòria a gropa s-ciass a le masche a cola ombra, seiran-a e guardinga

Cola ombra che da sempe a virojaquand la lun-a a lus al cel ëd campagnae j’arson dantorn a smijo na lagna...

Gnun sa deje stòria a col son ëd froja ch’a miton-a pian, longh dë sta baragna. Peui sta masca as na va, con soa cavagna... Fabrizio Livio Pignatelli Torino

Gila Stefano: il ricordo di un grande nonnoIl 7 ottobre 2016 il nostro caro non-no Stefano ci ha lasciati portandosi dietro un grosso pezzo del nostro cuore… Nonno fin da piccole ci ha sem-pre raccontato tutte le tradizioni di Vinovo, suo paese di nascita. In particolare teneva molto alla storia del Santuario di San Desiderio, in quanto in periodo di guerra, rifu-giandosi all’interno della Chiesa, rimase illeso dai ripetuti bombar-damenti. Infatti, in memoria di quel episodio, nonno ha sempre detto che gli avrebbe fatto piacere rice-vere la sua ultima funzione religio-sa proprio al Santuario…e così è stato.Nonno era anche un cantante “Doc”, le sue corde vocali hanno risuonato per parecchi anni dalla Parrocchia di San Bartolomeo alla Cappella di San Rocco, situata nel suo borgo d’appartenenza. “Steü”, così veniva chiamato dai suoi co-noscenti, era un grande lavoratore,

portato per il giardinaggio, per l’or-ticoltura, per la produzione del vino e per i lavori edili; a dimostrazione di questo fu uno dei tanti che andò ad aiutare i muratori nella manuten-zione dell’Asilo di Vinovo. Era un nonno che dava tutto se stesso per le proprie nipoti…cercava sempre di essere presente nelle nostre vite, nelle nostre attività scolastiche e lavorative. Con questo ricordo ci auguriamo che da lassù, insieme alla cara nonna Lena, vegli sempre su di noi e su tutta la nostra famiglia.Grazie di tutto Nonno… un ab-braccio dalle tue nipoti Michela e Stefania

Il valore del fagiolo nellacucina poveraOriginario dell’America centrale, in Italia non esiste allo stato spon-taneo. Si semina in primavera, si usano i baccelli e i semi. Si raccon-ta che quando nel 1533 Caterina de’ Medici si sposò con Enrico II di Francia, il fratello di lei regalò alla coppia reale dei fagioli. Può sembrare una cosa bizzarra, ma all’epoca il fagiolo era realmente una rarità.Quando iniziarono a studiare il legu-me, scoprirono le proprietà diureti-che del baccello. I fagioli legarono il loro nome alla cucina povera e contadina, questo in virtù del loro valore energetico; infatti pos-sono sostituire carne e pane e per questo sono chiamati “carne dei poverelli”. Conviene mangiarli ancora freschi o al massimo dopo un anno dal raccolto. E’ bene cuocerli a lungo, magari con bicarbonato di sodio nell’acqua di cottura oppure con salvia, rosmarino, finocchio, prez-zemolo che agiscono contro la fer-mentazione.

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31IL VINOVESE

Crema di fagioli300 g di fagioli (se secchi metterli a bagno), 4 fette di pancarrè, 3 tazze di brodo, 1 bicchiere di latte, 1 ciuffo di prezzemolo, 2 filetti di acciuga, 4 cucchiai di olio, sale, pepe.Cuocere i fagioli per 40 min. circa, tagliare il pancarrè e farlo rosolare nell’olio dove si sono fatte sciogliere i filetti di acciuga. Passare al passa-verdure i fagioli, regolare di sale e pepe. Quindi diluire il purè ottenuto con il latte, aggiungere il brodo, cospargere di prezzemolo tritato e far bollire per 5 minuti. Servire con i crostini.Lidia Magliano Bosco

Il 19 novembre la sig.ra Maria Burzio Navone ha raggiunto la bella età di 105 anni. Per festeggiare solennemente que-sto importante traguardo, è stata celebrata, presso la sua abitazione, una S. Messa di rin-graziamento, officiata dal nostro Prevosto Don Enrico. Al termine della funzione una

bella e golosa torta ha deliziato il palato di amici e parenti presenti al compleanno.La cara Maria, che ha conservato una buona lucidità, negli ultimi tempi, ha recuperato in parte l’uso della parola; questo piccolo miglioramento riempie di gioia la figlia Maria Rita, che da sempre l’assiste con amore e dedizione.

La donna più longeva di Vinovo e dintorni

È NATA UNA PIANTAÈ nata una semplice pianta,spunta al di sopra del cemento.

È stato sufficiente un sussulto, un tiepido e consistente lamento un artefatto avvolto sentimento si è aperto vicino al suo virgulto.

Sono state due gocce di rugiada,lacrime scaldate dai raggi di sole,con un sorpreso, bianco stupore,è nato un sensibile amore. Giovanni Teti Rivalta (TO)

Due belle fotografie della leva del 1936. La prima nei giorni della visita medica, avvenuta nel lonta-no febbraio del 1956 del secolo scorso; la seconda è stata invece

scattata il 23 ottobre del 2016 durante i festeggiamenti per gli 80 anni dopo la S. Messa per vivi e i defunti della leva e il rituale pranzo a Piobesi Torinese.

Leva del 1936, il ricordo

GliAlpini Vinovesi

auguranoai loro concittadini

Buon Natalee un festoso

e appagante 2017

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Editore: Famija Vinovèisa Onlus

Presidente: Dino Sibona

Direttore responsabile: Giovanni Ameglio

Redazione: Gervasio Cambiano, Vera Miletto Scuero, Mario Bernardi, Maria Grazia Brusco, Giovanna Franchino, Angela Lanzetti Faule, Michelina Alessiato, Tersilla Sola, Rino Visconti, Marilena Benso.

Progetto grafico: Giovanni Alessiato

Fotocomposizione: Foehn s.n.c.- Torino

Stampa: Tipografia Artigiana Vinovese

www.famijavinoveisa.ite-mail: [email protected] fiscale: 84517720011

CI HANNO LAsCIATI...

Il 27 ottobre è mancato all’età di 100 an-ni Giacomo Colletti. Era nato a Burgio, in provincia di Agrigento, il 26 febbraio 1916. Aveva festeggiato con gioia il raggiungimento di questo importante traguardo, circondato dall’affetto dei suoi famigliari, con la parte-cipazione dell’Amministrazione Comunale. Anche la Famija Vinovéisa aveva voluto esprimergli gli auguri più sinceri, raccon-tando i trascorsi della sua lunga vita in un articolo a lui dedicato e pubblicato nel mese di giugno. Giacomo, indebolito nel fisico, pur non avendo patologie particolari, in questi ultimi mesi si è spento pian piano. La

sua scomparsa ha lasciato un grande vuoto ai suoi figli, che lo hanno sempre accudito con amore. Tutti i suoi famigliari ringraziano di cuore quanti hanno reso onore alla memoria del loro caro papà.

Il 31 ottobre è mancata Molinario Primina, di anni 94, nata a Vidracco, nel Canavese, il 19 luglio 1922. A 14 anni si era trasferita a Vinovo perchè la mamma, aveva trova-to occupazione come portinaia al Molino locale. Fin da subito ha stretto numerose amicizie ed è stata entusiasta del nostro pa-ese, perché a confronto con il suo paesello natale, nonostante amasse definirlo il “Bel Canavese”, era già a quei tempi più allegro e vitale, con il mercato settimanale, la festa Patronale e il ballo in piazza. Appena arri-vata, ha iniziato a lavorare presso lo jutificio sito nel Castello comunale. A Vinovo ha

conosciuto Chiaffredo Peretti e dopo il fidanzamento ha coronato il suo sogno d’amore convolando a giuste nozze. Insieme hanno condiviso una lunga vita, rallegrandosi delle gioie semplici e genuine nell’amore della propria famiglia. Dopo la nascita della figlia Anna ha smesso di lavorare per dedicare tutta se stessa ai suoi cari. Ha cresciuto i nipoti, Simone e Claudia, con impegno e dedizione ed ha accolto con immensa gioia la nascita dei bisnipoti Camilla e Lorenzo. Era legata alla sorella Fosca, tanto da poterle definire “inseparabili”; con lei, per molti anni, ha trascorso molte ore della giornata, chiacchierando, sostenendosi re-ciprocamente e dedicandosi al cucito la grande passione, che ha saputo destarle interesse fino alla fine dei suoi giorni. Si è spenta così come è vissuta: serenamente nella sua casa.

Giacomo Colletti

Primina Molinario

Claudio Ponte

Alla fine del mese di ottobre è mancata Antonietta Ruffino di anni 92. Nata in una vecchia famiglia di Piobesi Torinese, era la prima di 5 figli. A 10 anni restò orfana di padre e quindi con la cara mamma dovette provvedere alla cura ed alla crescita degli altri fratelli. Nel 1947 venne il matrimonio con Giovanni Griffa di Vinovo dal quale ebbe poi due figli. Per parecchi anni fu impiegata alla FIAT di Torino. Lavoro che mantenne fino agli inizi degli anni 60 dopo di ché si dedicò ad aiutare il marito nell’attività di commercio di carni a Torino. Antonietta era molto conosciuta e benvoluta

nella Comunità vinovese specialmente dal momento della pensione Negli ultimi anni era facile vederla con il gruppo delle sue care amiche. La Famija Vinovèisa porge sentite condoglianze ai figli, nuora e genero.

Il 10 novembre è mancato presso l’ospeda-le di Moncalieri Claudio Ponte. Era nato a Palmanova, in provincia di Udine, da una Famiglia di piastrellisti, il 5 agosto 1939. All’età di 18 anni è venuto a Vinovo per lavo-ro. Nei momenti di pausa dal lavoro, quando andava a spasso con amici e colleghi, ha co-nosciuto Maria Peretti (nativa di Vinovo) che presto è diventata sua moglie. Si è sposato il 6 agosto del 1961; dal matrimonio sono nati quattro figli maschi. Appena sposato, Claudio, manteneva la famiglia lavorando alla FIAT: ferriere alti forni, per ben dieci anni. Successivamente, ha fondato la ditta Fratelli

Ponte (ditta edile), per garantire lavoro e futuro ai suoi figli. È sempre stato un gran lavoratore, ha vissuto per il lavoro e la famiglia. Alla mo-glie, ai figli e a tutti i suoi cari le più sincere e sentite condoglianze.

Lo scorso 8 novembre all’età di 84 anni è mancato presso la propria casa Maurizio Ferrero dal vecchio ceppo vinovese conosciu-to come “Re cit” come peraltro era già cono-sciuto suo padre Giuseppe. Da giovane aveva fatto diversi lavori: contadino come tanti altri, muratore e poi nell’industria legname di Garis ed infine alla FIAT. Nel 1962 si era sposato con la cara Francesca originaria di Cuneo andando ad abitare prima alla Rocca e ultimamente in via Cottolengo. Mauro era persona buona, socievole e simpatica, molto conosciuta da tutto il vecchio ceppo vinove-se anche se da alcuni anni aveva limitato le

uscite per il paese. La Famija Vinovéisa porge sincere condoglianze.

Antonietta Ruffino

Maurizio Ferrero

La Famija Vinovèisa unitamente alla redazione de “Il Vi no vese” porge le più sentite con doglianze alle famiglie dei defunti.