rivista letteraria nugae n.12

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  • 8/12/2019 rivista letteraria NUGAE n.12

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    Nugae - scritti autografiANNO IV - N.12 - Gennaio/Marzo 2007

    Rivista letteraria trimestrale indipendente ed autogestita.

    Direttore e Redattore editoriale:Michele Nigro

    Direttore responsabile: Alfonso Amato

    Direzione, Redazione, Amministrazione:

    via G. Guinizelli, 14 Sc. A-22 84091 - Battipaglia (Sa)

    e-mail:

    blog:

    Hanno collaborato: Giuseppe Bianco, Piero Borgo,Giuseppe Costantino Budetta, Teresa Castellani,Vito Cerullo, Erika Dagnino, Giorgio Galli,Mariano Lizzadro, Elisabetta Marino, Stefania Pagano,

    Antonio Piccolomini, Francesco Scapin, Antonio Scarpone,Lorenzo Traversi, Francesco Troccoli.

    Responsabile Redazione Napoli:

    Stefania Pagano cell. 340-9280709

    [email protected]

    Responsabile Redazione Battipaglia:

    Michele Nigro cell. 333-5297260

    [email protected]

    Stampa: Centro copie Duc@s

    via E. De Nicola, 24 - Battipaglia

    Pubblicit su Nugae: Michele Nigro

    cell. 333-5297260

    Registrazione del Tribunale di Salerno:

    N 20 del 28/Giugno/2004

    Editore: Edizioni Nugae

    Spedizione in Abbonamento Postale. TABELLA DAutorizzazione DCB/ SA/088/2005Valida dal 16/05/2005

    Chiuso in Redazione: 16 gennaio 2007

    Prossima scadenza per linvio dei lavori scritti:

    31 marzo 2007

    Norme per la collaborazione: la collaborazione gratuitaed aperta a tutti, esordienti e scrittori editi.Gli ela-borati possono essere inviati, al fine di essere valutatied eventualmente pubblicati, secondo le modalit di se-guito riportate:

    1)come allegati, in formato word, tramite e-mail allin-dirizzo di posta elettronica:

    [email protected]

    2)utilizzando la posta ordinaria (si consiglia Raccoman-data con ricevuta) inviando i plichi allindirizzo:

    Redazione Nugae

    c/o Michele Nigro

    via G. Guinizelli n.14 Sc.A-22

    84091 Battipaglia (Sa)

    3)consegnando i lavori direttamente ai Responsabili dizona (vedi recapiti).

    I lavori devono essere nitidamente dattiloscritti e fir-mati, ove non fosse possibile linvio (decisamente prefe-ribile) di floppy disk o cd-r contenenti i testi in for-mato word (.doc). Non saranno prese in alcuna considera-zione per la pubblicazione, per ovvi motivi pratici e perpreservarle da possibili errate interpretazioni, le operecalligrafiche, indipendentemente dal loro indubbio valoreumano e letterario. I testi (escluso in casi particolariindividuati dalla Redazione) non dovranno superare lalunghezza di 8 cartelle. Le sillogi corpose (previo con-

    senso dellAutore) saranno suddivise in sottosillogie queste ultime pubblicate su numeri consecutivi dellarivista. La stessa regola verr applicata ai raccontilunghi, ai romanzi brevi, ai saggi, alle tesi di laurea eagli atti, utilizzando una suddivisione in puntate de-gli stessi, concordata con gli Autori e che ne rispetti(nei limiti del possibile) leventuale capitolato origi-nario. La Redazione non restituir il materiale pervenutopresso la sede del periodico. Si avvale, inoltre, dellaprerogativa di non pubblicare gli elaborati ritenuti ini-donei. Condividere con gli Autori le motivazioni dellanon pubblicazione dei testi non fa parte degli obblighiredazionali. Tuttavia ogni richiesta di chiarimenti sarda noi gradita in quanto costituisce reciproca occasionedi crescita umana e letteraria. La riproduzione, ancheparziale, della presente rivista, consentita solo edesclusivamente dietro autorizzazione scritta della Dire-zione e con la citazione della fonte (ci vale anche perla pubblicazione su supporti tele-informatici quali sitiweb ecc.) Gli organizzatori di premi letterari, rassegneo eventi culturali letterari che vorranno pubblicizzare ibandi/programmi, tenendo conto che i mesi di pubblicazio-ne del presente periodico sono Gennaio, Aprile, Luglio,Ottobre, dovranno far pervenire i testi dei ban-di/programmi entro e non oltre lultimo giorno del meseprecedente al mese duscita. La stessa regola vige(lalternativa rappresentata dalla posticipazione del-leventuale pubblicazione) per quanto riguarda linvio discritti in qualit di libero collaboratore (saltuario ocontinuo). La Redazione si avvale comunque, a prescinderedal rispetto delle suddette scadenze, della prerogativadi rimandare la pubblicazione per motivi differenti:sopraggiunta saturazione del numero; incoerenza dei con-tenuti per i numeri cosiddetti a tema; precedenza dipubblicazione per i lavori a puntate ecc. La Redazione,dopo attenta e scrupolosa analisi dei testi ricevuti,avvertir gli Autori prescelti per la pubblicazione tra-mite i canali comunicativi attivati dagli Autori stessi.Gli articoli, i racconti e le liriche riflettono le opi-nioni dei loro Autori, che di essi risponderanno diretta-mente di fronte alla Legge. Gli scritti inviati dovrannoessere inediti e accompagnati dalla seguente dichiarazio-ne: LO SCRITTO INVIATO E UN MIO PERSONALE LAVORO E NONE MAI STATO PUBBLICATO. Gli scritti pubblicati e inedi-ti sono di esclusiva propriet degli Autori e fa fede ladata di pubblicazione sul presente periodico. I lavoridegli Autori editi, invece, dovranno essere accompagnatida apposita autorizzazione rilasciata dallEditore diorigine. Sono gradite le note bio-bibliografiche (con osenza foto) di chiunque collabori per la prima volta conil periodico. Il Foro di Salerno competente per even-tuali controversie.

    In copertina: illustrazione realizzata per il numero 12 di Nugae da

    Sergio Ceccotti

    (copyright2006 Sergio Ceccotti - all rights reserved)

    Sergio Ceccotti, nato a Roma nel 1935, svolge la sua attivit tra Roma e Parigi. Allievo di Oskar Kokoschka alla Interna-tionale Sommerakademie fur Bildende Kunst di Salisburgo nel 1956 e 1957. Allievo dei corsi di disegno dell'Accademia diFrancia a Roma dal 1956 al 1961, la sua attivit espositiva data a partire dal 1960. Numerose sono state le mostre persona-

    li, in Italia e allestero, e le mostre collettive che hanno visto la partecipazione del maestro Ceccotti. Negli ultimi anni hapreso parte a varie mostre itineranti all'estero. Prestigiose raccolte pubbliche conservano le sue opere pittoriche.

    (Fonti: http://www.etciu.com/ARTISTS/SERGIO_CECCOTTI/sergioceccotti_f1.html)

    [email protected]

    http://rivistanugae.blogspot.com

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    Spesso, nelle letterine natalizie dei bambini, leggiamofrasi del tipo: voglio essere pi buono!Anchio, cari Lettori di Nugae, vorrei farvi una pro-messa del genere (ci riuscir? Mah!). Basta con glieditoriali acidi pieni di invettive e di puntualizzazioni;basta con il pessimismo scaramantico dei commiatiletterari; basta con il fatalismo e la falsa indignazione.

    Vorrei cominciare, invece, il nuovo, quarto anno divita di Nugae parlando di cose reali e visibili, di ciche offriamo su questo 12 numero, delle riflessioniche Voi collaboratori offrite, tramite i vostri scritti, aitanti Lettori lontani e, a volte, sconosciuti.

    Partiamo dalla copertina, che ospita una tipica e inquie-tante visione metropolitana dellartista romano SergioCeccotti: in questo disegno realizzato per Nugae il

    dramma irrompe nella quieta collocazione degli oggettiquotidiani. Nessuno sa veramente se la donna attuer ilfolle progetto di morte e se la causa di quel gesto lindifferenza dellartista che guarda il mondo attraver-so la finestra chiusa del suo laboratorio mentre dipingee sorseggia del buon vino o se lartista solo il casualetestimone di una tragedia cittadina

    Continua laffascinante viaggio nel mondo delle Fiabeche, come giustamente sottolinea Teresa Castellani,non sono semplici racconti per fare addormentare ibambini e chiedo pubblicamente perdono allAutricese nella prima puntata ho ingenuamente inserito pro-prio limmagine di una bambina addormentata su unlibro di fiabe. Credo, e non potrebbe essere altrimenti,visto lo spazio che dedichiamo allargomento nellarubrica IL LABORATORIO, nella forza pedagogicadel racconto fantastico e in modo particolare nella

    complessit filosofica e psicologica della fiaba.

    Non mancano, ovviamente, i racconti: fantastici, fanta-scientifici, storici, esistenzialisti con qualche venaturagotica; racconti brevi o lunghi; prolissi o talmente sobrie scarni da rasentare una sorta di prosa poetica; cheparlano di vita e di morte; racconti impegnati o sempli-cemente nostalgici.

    E poi tantapoesia: sparpagliata qua e l come una sba-data semenza per lanima; o sillogi schierate come letruppe metriche di un esercito inoffensivo.

    Diciamo tutti insieme un grosso arrivederci e grazieallamico Mariano Lizzadro di Baragiano (PZ), poeta epsicologo, che con linteressante tesi di laurea dedicataal grande poeta Dino Campana, e da noi pubblicata apezzettini, ha viaggiato in nostra compagnia per unanno intero. Attualmente Mariano, al di l della poesiache rimarr, ce lo auguriamo, una costante della suavita, impegnato anche in interessanti progetti discrit-tura teatrale. Chiunque fosse interessato a conoscere ead accogliere nel proprio contesto socio-culturalele pices di questo autore poliedrico e pieno dienergia, pu farlo contattandolo via e-mail:[email protected]. Termina qui anche il sag-gio di Antonio Scarpone (corredato di un bagaglio ico-nografico invidiabile che per motivi di spazio, ahim,non abbiamo potuto pubblicare interamente) riguardan-te i rapporti esistenti tra classicismo e cinema.

    E stato un grande onore per me, infine, pubblicare lerecensioni alle opere di due Autori importanti: ilsempreverde Insero Cremaschi, uno dei padri dellafantascienza italiana che, tuttavia, compare per la pri-ma volta sul nostro periodico con unopera poetica, e ilProfessore Luciano Nanni dellUniversit di Bologna,poeta, saggista e pittore, che ha voluto gentilmente

    condividere con noi la sua narrativa.Buon Anno e buona lettura a tutti!

    LeditorialediMichele Nigro

    Futuro Europa

    Rassegna europea

    di Science Fiction (Perseo Libri)

    diretta da Lino Aldani

    e Ugo Malaguti

    Dir. Resp. Antonio Bellomi

    La clessidra

    Semestrale di cultura letteraria

    (Edizioni Joker)

    diretto da Mauro FerrariDir. Resp. Gino Fortunato

    La colpa di scrivere

    Supplemento alla rivista

    La mongolfiera

    diretto da Bonifacio Vincenzi

    (La Mongolfiera editrice)

    Bollettario

    Storico quadrimestrale modenese

    di scrittura e critica

    diretto da Edoardo Sanguineti

    (organo dellassociazioneLE AVANGUARDIE)

    Dir. Resp. Nadia Cavalera

    riVISTEa cura della Redazione

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    Cera una volta, or non c pi O forse s.

    (seconda parte)

    LE FIABE.

    Pretesti per analisi e interpretazioni.

    Se qualcuno crede ancora che le Fiabe siano sempliciracconti per fare addormentare i bambini, si sbaglia digrosso. A volte, visti certi contenuti fiabeschi addirittu-ra truculenti, i bambini possono anche perderlo il son-no, ma se ladulto-narratore riesce a mediare scoprirche la Fiaba risulter avvincente e soddisfacente perentrambi.

    Oggi siamo in grado di esaminare il contenuto fiabescoda ogni angolazione, per essere stato sezionato, catalo-gato, analizzato da tutti i punti di vista: antropologico,etnologico, psicologico, psicoanalitico, formalistico,strutturalistico e altroancora. Cosa che gliAutori classici nonconoscevano: essihanno per avuto ilgrande merito di avereliberato la letteraturainfantile dai compiti

    edificanti delle origini.Per analizzare le fiabeda un punto di vistache non sia quelloprettamente ludico-narrativo, non si puprescindere dallo stu-dio meticoloso che nefa letnologo VladimirPropp in: Morfologiadella Fiaba eLe radi-ci storiche dei racconti di magia.

    Lo studio usc in Russia nel 1928 e, come dice il sotto-titolo delledizione italiana, sono due opere fonda-mentali sul meraviglioso mondo della fiaba per cono-scerne le regole di composizione e la genesi storica esociale.

    Nei confronti delle fiabe popolari, egli comp unope-razione simile a quella che Leonardo fece con la scom-posizione di una macchina, non considerandola comeun pezzo unico e irripetibile ma come un insieme dimacchine pi semplici.

    Nelle sue opere Propp espone la teoria secondo cui ilnucleo pi antico delle Fiabe di magia deriva dai rituali

    di iniziazione in uso nelle societ primitive, asserendoche ci che le fiabe narrano, una volta accadeva.

    I ragazzi, per entrare nel mondo degli adulti, dovevanosuperare certe prove fra cui la separazione dalla fami-

    glia per essere portati nel bosco a celebrare i riti dini-ziazione. Qui gli stregoni della trib, celati da orribilimaschere, li sottoponevano a prove difficili, davanoloro armi e li facevano tornare poi a casa ormai maturiper sposarsi. La fiaba, secondo le osservazioni diPropp, ripete in modo inalterato la struttura del rito,anche se poi, nel corso dei millenni, il racconto del ritoha subito modifiche e rifacimenti, divenendo sempre

    pi fiaba con varianti dovute ai mutamenti storici esociali. Ma pur nellintricata matassa dei racconti dice Propp il filo principale quello descritto.

    Cos lo studioso, analizzando fiabe russe, vi scopreelementi costanti che chiamafunzionie che si ripetonoinvariabilmente in tutte le narrazioni fiabesche. Neindividua trentuno, che per non sempre sono tuttepresenti in una stessa fiaba. Non stiamo qui a farne unnoioso elenco, diciamo che le pi importanti sono lal-lontanamento, il divieto, il mezzo magico, lantagoni-sta, le nozze.

    A guardar bene, le funzioni compaiono anche nella

    struttura di certi film davventura o in certe fiabe mo-derne in cui la magia si mescola alla realt di tutti igiorni.

    La loro conoscenza si rivelata utile anche in campoeducativo-didattico,per stimolare la creati-vit del bambino alquale basta rifarsi allapropria esperienza(ordini, divieti, duelli,prove difficili) perrendersi conto che an-che nella sua vita siannidano funzioni e lascoperta pu aiutarlo afare luce in se stesso.

    E non solo.

    Ma a proposito di luceinteriore fornita dallefiabe, ricordiamo chefecero il loro ingressoperfino nel campo psi-coanalitico e furono

    utilizzate da Freud, Jung, Bettelheim, Von Franz, Pin-kola Ests

    Infatti, secondo questi Autori, la fiaba espressione diuna precisa struttura psichica profonda che ha valoreuniversale.

    La fiaba, i lapsus, i sogni sono valvole attraverso cuilinconscio comunica e mette in luce i problemi rimos-si. Nella prima e seconda infanzia, il lieto fine dellefiabe consente di affrontare problemi esistenziali e diidentificazione sessuale offrendo lopportunit di uscir-ne indenni.

    Fondamentale, di S. Freud:Linterpretazione dei sognipubblicato nel 1900, in cui spiega che quando si repri-

    mono desideri della vita istintuale, questi ricompaionosotto forma di sogno e di sintomo durante la veglia,collegando in tal modo i sogni alle fiabe. Cos la teoriapsicoanalitica ha indotto molti studiosi a vedere nella

    Il laboratorio

    diTeresa Castellani

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    fiaba la risoluzione catartica dei problemi del bambinoin crescita.

    Carl Gustav Jung sostiene che ogni essere umano desi-dera sviluppare le sue innate potenzialit e che a questoscopo linconscio e la coscienza devono cooperare. Sequesto processo non si sviluppa in modo armonico, haluogo una reazione dellinconscio che si esprime nei

    sogni, nelle fantasie e nelle fiabe che mostrano perquesto profonde affinit presso tutti i popoli del mon-do. Jung chiama archetipiqueste modalit di relazione.Tutto quello che appartiene al mondo della fiaba in-terpretato come un archetipo: il bosco dove leroe oleroina si perdono, il mare che essi devono attraversa-re e gli stessi personaggi, visti come modelli di com-portamento, sono archetipi.

    E tuttavia questi archetipi sono spesso gravemente mi-nacciati dalla vita moderna, come afferma la psicologaClarissa Pinkola Ests che li esamina da un punto divista esclusivamente al femminile, poich la civilt harintuzzato gli slanci pi pericolosi delle donne e ne ha

    soffocato la forza istintuale incanalandola verso unostereotipo rigido di sottomissione.

    Interessante anche laspetto formale e ambientaledelle fiabe, che rivela culture differenti pur nella somi-glianza dei contenuti.

    Infatti ogni popolo ha ambientato le sue fiabe nel pae-saggio in cui viveva e, narrandole, ha fatto continuiriferimenti non solo allaspetto naturalistico ma anchealle proprie abitudini, alle proprie credenze, alle regoledella propria societ. Ed cos che i personaggi dellefiabe vivono ora nelle steppe con zar e zarine, ora tra ighiacci o nelle praterie dello sconfinato nord dellAme-

    rica.In Europa i personaggi sono a volte principi a volteciabattini, mentre in Arabia sono sceicchi o beduini, inCina filatori di seta o mandarini. Stessa sorte, con ca-ratterizzazioni ambientali diverse a seconda del Paeseche lha prodotti, toccata agli esseri magici: fate, stre-ghe, maghi, ma anche troll, elfi, orchi.

    Anche in molte opere di scrittori moderni possibilericonoscere leredit della fiaba: nei racconti fantasy,di fantascienza oppure horror e in altri generi dove siincontrano esseri fantastici e accadono fatti inverosimi-li.

    Bibliografia:

    Vladimir Ja. Propp:Morfologia della fiaba e Le radicistoriche dei racconti di magia.G.T.E. Newton Roma1992.

    Gianni Rodari: Grammatica della fantasia. Introduzio-ne allarte di inventare storie. Piccola BibliotecaEinaudi. Torino 1973.

    Wikipedia lenciclopedia libera: La Fiaba.

    PREMIO FRANZ ANTON MESMER

    Il Centro Studi Agor di Acerra (Na) indice la quintaedizione del premio Franz Anton Me-smer (1734/1815) sui fenomeni paranormali. Sonopreviste tre sezioni. Nella prima si pu raccontare unapropria o altrui esperienza relativa a un evento paranor-male (uno strano sogno che s avverato, la visione diun ufo, un incontro con un presunto extraterrestre, una

    casa con inquietanti presenze, la visione di un animalemai visto, unesperienza di pre-morte, il distacco delcorpo astrale da quello fisico, e, comunque, tutto quelloche vi hanno raccontato - o che vi capitato - su unevento insolito). Si pu partecipare con un massimo didieci cartelle, scritte a macchina o a computer. Nellaseconda sezione si pu partecipare con un libro edito,anche se gi premiato. La terza sezione riguarda unsaggio - ricerca, anche se gi premiato, senza problemidi cartelle. Per la prima sezione occorre inviare unacopia firmata e una no (faremo noi le altre copie per lagiuria). Per la seconda un solo libro mentre per la terzauna copia (per le fotocopie vedi seconda sezione). In-viare, poi, un foglio con dati anagrafici, indirizzo, tele-fono, eventuale e-mail e una lettera, affrancata, con ilproprio indirizzo sul davanti, per conoscere lesito delconcorso. La scadenza il 31 Marzo 2007 (data timbropostale), la quota di 15,00 euro (solo in contanti nelplico) e si pu partecipare a tutte le sezioni. E previstoun Premio Giovani, dedicato a Peter Kolosimo, conquota di 10,00 euro, se non si sono superati i 30 annialla data di scadenza. Saranno premiati i primi tre diogni sezione pi il primo del premio giovani. Opere equote a Piero Borgo, via Zara, 45 - 80011 Acerra (Na),telefax 081- 8850793. Tutti saranno avvisati entro il 1Maggio 2007. I premi, che consistono in artistiche tar-ghe e attestati, saranno spediti ai vincitori a spese del

    Centro Studi Agora. Tutti possono chiedere lattestatodi partecipazione, che gratis. Il bando pu essere ri-chiesto anche via sms al numero 3470178427, segna-lando tutti i dati anagrafici e postali. Le opere non sa-ranno restituite.

    PREMIO DI GIORNALISMO

    Il Centro Studi Agor di Acerra (Na), con il patrociniomorale dellAmministrazione Comunale di Acerra,indice il terzo concorso nazionale di giornalismo Cittdi Acerra, riservato ai professionisti e ai pubblicistiitaliani e stranieri, purch residenti in Italia. Si parteci-pa inviando entro il 28 Febbraio 2007 (data timbro po-stale) la fotocopia di un articolo, non superiore a cin-

    que cartelle, a tema libero. Detto articolo, pubblicato suqualsiasi testata, purch autorizzata, deve essere statopubblicato nel periodo 1 Gennaio - 31 Dicembre2006. Si prega indicare su foglio a parte i propri datianagrafici, residenza, telefono, e-mail. Inviare la foto-copia, i dati anagrafici, una banconota da 10,00 euro aparziale copertura delle spese di segreteria, una bustaaffiancata con il proprio recapito (per conoscere lesitodel concorso) al C. S. Agora c/o Pietro Borgo, ViaZara 45 - 80011 Acerra (Na), telefax 081- 8850793,cellulare 3470178427 o 3402649249, cui inviare smscon dati anagrafici e postali per ricevere il bando. Sa-ranno premiati con targhe e attestati i primi cinque pro-fessionisti e i primi cinque pubblicisti in un luogo che

    sar comunicato a tutti i partecipanti entro il 31 Marzo2007. La premiazione si terr a fine Aprile. I premi nonritirati saranno inviati a domicilio a spese del C. S.Agor.

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    Elia usc dalla porta e raggiunse la strada. Un cane glisi avvicin scodinzolando. Lui si chin e gli fece unacarezza.

    Tutto questo inconcepibile. Non posso credere stiasuccedendo proprio a me.

    Impaurito ma calmo, Elia si apprest ad eseguire leistruzioni appena ricevute nella casa-cubo. Estrassedalla tasca uno strano oggetto, una sorta di clessidrainteramente realizzata in metallo, grande una ventinadi centimetri. Svit con estrema cautela i due coni cheformavano loggetto e li appoggi a terra. Il cane siavvicin e annus, nella vana speranza che il ragazzogli avesse offerto qualcosa di commestibile; con un

    guaito espresse la sua disapprovazione.Elia chiuse gli occhi, inspir profondamente e pronun-ci a bassa voce una semplice vocale: o.

    Il cane fu lunico spettatore di quel prodigio: appenapronunciata la vocale, una o si materializz davantialla bocca del ragazzo, rimanendo sospesa a mezzaria.Pi piccola di un anello, di colore bronzeo, dapprimaassunse una consistenza fumosa, per poi lentamentesolidificarsi e acquistare peso cadendo tintinnando aterra.

    Elia sorrise soddisfatto e la raccolse; annuendo mor-mor tra s: E ora vediamo che succede.

    Si sedette sullacciottolato e infil la vocale sulla puntadi un cono. Prese il secondo cono metallico e lo riunal primo, formando nuovamente una clessidra conlaggiunta dellanellino brunito nella strozzatura.

    Guard ancora una volta attorno a s: le case-cubo gliparvero perfette nella loro austera regolarit; in fondoalla via intravide lenorme agglomerato di ascensoriche portavano ai parcheggi sotterranei; il cane nel frat-tempo si era appisolato e russava sommessamente. Lasera era fresca nonostante fosse maggio inoltrato, etutto sembrava trattenere il fiato nel tramonto, in attesadi un grande evento.

    Elia avvit.

    2

    Dopo lesplosione simultanea di quattromila kamikazefrancesi sparsi nei 5 continenti.

    Dopo la controffensiva cino-americana durata cinquan-tanni.

    Dopo i dodici uragani che rasero al suolo citt interenegli Stati Uniti dAmerica.

    Ma soprattutto dopo il misterioso inabissamentodellAfrica, la comunit mondiale per semplificare le

    cose decise di negare lesistenza di alcun Dio o divini-t, e lo fece con il referendum mondiale per lAbroga-zione delle Religioni che, sempre per comodit, annul-lava anche tutte le datazioni a carattere religioso. Il

    2188 dopo Cristo divenne lo 1 A.R., ossia lanno pri-mo dallAbrogazione delle Religioni.

    Tutto prosegu come prima, con la differenza che oranon ci si chiedeva pi perch Dio fosse cos ingiusto, esi poteva tranquillamente dare la colpa a ci che pi sipreferiva: alla natura, al destino, allatmosfera rarefat-ta, al Disordine, e via cos. Nel personale tentativo di

    creare una valida alternativa a questi miseri palliativi,il linguista e fisico Raul P., padre di Elia, aveva teoriz-zato la tecnica della Materializzazione Vocalica: se-condo i suoi astrusi calcoli le cinque vocali pronuncia-te dalluomo erano la chiave per gestire e sconfiggereil Disordine. Inoltre era convinto che esistesse un luo-go ben preciso da cui esso si dipanava.

    Esaltato dalle sue stesse congetture, aveva incoraggiatoElia ad esercitarsi per anni nella difficile pratica dellaMaterializzazione Vocalica, unica via per una miste-riosa salvezza.

    Elia, appena ventenne, vantava un curriculum di studidi tutto rispetto: quattordici lauree bisettimanali e seitrimestrali, un master in lettura veloce (riusciva ora aleggere un e-book di trecento pagine in due ore nette) euno in sdoppiamento dellattenzione. Oltre a ci, dopoanni di interminabili esercizi e con orgoglio inconfes-sato, era riuscito a materializzare una vocale, la o. Suconsiglio del padre aveva dedicato lultima parte delsuo decennio sabbatico alla ricerca del famigerato luo-go da cui si propagava tutto il Disordine.

    Dopo lunghe sessioni di sdoppiamento di concentra-zione e con laiuto della psicogeografia satellitare, Eliaera giunto alla strabiliante conclusione che il Disordineproveniva da una normale casa, situata nella Citt

    Bianca in via Katrina 310. Smanioso di porre fine aquella che per il padre era diventata unautentica os-sessione, era partito senza indugio, sperando di risolve-re finalmente quellenigma.

    3

    Una sobria scritta luminosa campeggia allincrociodelle innumerevoli vie alberate disposte a raggiera in-torno allagglomerato degli ascensori: Benvenutonella Citt Bianca.

    Emergendo dalla substrada E18 Elia imbocca con sicu-rezza via Katrina e, dopo una piacevole camminata nelviale costeggiato dalle case-cubo in pietra bianca, si

    ferma allingresso del numero 310: una casa-cubouguale a tutte le altre. Bussa tre volte.

    Dopo pochi istanti la porta di alluminio si spalanca:

    Finalmente, Elia! Ti stavo aspettando.

    Pap?

    Quasi, Elia, quasi! Entra, ti spiegher tutto.

    Elia, sbalordito, entra nel semplice soggiorno e si ac-comoda a gambe incrociate sul tappeto rosso. Sopra unpiccolo tavolino davanti a lui sono appoggiati alcunioggetti che attirano la sua attenzione: una sfera di le-gno, grande come una mela, con un foro sulla sommi-t; una clessidra di acciaio; unasticella di plastica lun-ga trenta centimetri; un pezzo di pane.

    Elia rivolge lattenzione sul quasi-Raoul che si sta in-

    Il FilantropodiFrancesco Scapin

    NARRATIVA

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    terribili sulla faccia della terra, e si rivelata una sor-presa anche per me troppo forte! Geniale!

    Elia ha la salivazione azzerata. Per la prima volta pro-va paura di suo padre. Deglutisce, incerto se scappareo stare al gioco.

    Pap, in sostanza mi vuoi far credere che sei Dio, mache hai deciso di abrogare le religioni che senso

    ha?Raoul sogghigna, lo sguardo fisso a terra.

    Abolendo le religioni ho potuto finalmente agire ditesta mia. Non ne potevo pi di tutti quei fanatici chepretendevano da me del bene. Il bene noioso, Elia.

    Ma i quattromila kamikaze francesi?

    Opera mia.

    Lo sprofondamento dellAfrica?

    Opera mia.

    E

    E stato tutto opera mia, Elia. Ti chiedi il perch? Io tirispondo: puro piacere personale. Guarda esclamaafferrando il pezzo di pane con questo ed una sempli-ce uposso affamare un intero popolo senza problemi.E con questa dice afferrando lasticella di plasticaposso scatenare i pi terribili elementi naturali, a pat-to per che io riesca a materializzare contemporanea-mente una eed una a. Molto complesso. Molto diver-tente.

    Mio padre. Dio. Unautentico sadico.

    Che vuoi da me? chiede il ragazzo, secco.

    Raoul esita un istante e accarezza pensoso il tappeto.Sospira e infine parla: Elia, in questi anni ti ho inse-gnato come materializzare le vocali, ed stato un mo-do come un altro per verificare se alla fine eri tu il Fi-lantropo. Il tuo primo successo stato proprio la o, lavocale che dovrebbe annullare il Disordine; a me non mai riuscita. Questo era ci che aspettavo e temevo da lungo tempo. Tu sei il Filantropo, figlio mio, e seidestinato a fare una sola cosa: porre fine al Disordine.Prendi quella clessidra di acciaio, esci da questa casa einfila la vocale dove i coni si uniscono basta svitarli.E tutto ci che il mondo intero chiede da millenni.

    Il tono della sua voce ora malinconico, ed Elia com-

    prende che suo padre non sta mentendo. Esita un istan-te, stordito da quel che ha appreso. Ok pap, diciamoche in linea di massima credo a tutto questo. Ma sefaccio come dici, che succeder? chiede.

    Raoul sorride malizioso, ora. Raccoglie la clessidra ela porge al figlio. Prendila, Elia. E la sola cosa che tiresta ancora da fare, tutto il resto non ha importanza.Su, ora esci. Luomo accompagna il figlio alla porta egli carezza una guancia.

    Ti fidi di me, Elia?

    No, pap. Hai continuato a distruggere e sterminareper millenni, come posso fidarmi di te?

    Hai ragione, dopotutto. Ma per stavolta, fidati e mettiin pratica quello che ti ho insegnato. Devi esserne or-goglioso.

    ginocchiando a terra.

    Vuoi chiedermi qualcosa, caro?

    Pap, sei tu?

    Sono un Doppio. Sono qui e sono a casa che aiutomamma in cucina. Riesci a capire?

    Elia socchiude gli occhi e corruga la fronte. Ti sei

    sdoppiato?.Raoul emette una breve risatina e si liscia le sopracci-glia con un gesto veloce. Gi. Anzi, diciamo che misonomoltiplicato. Ma da molto, molto tempo, ormai.

    Una pausa di silenzio, mentre luomo sorride divertito.

    Dove sei ora? chiede Elia con cautela.

    Beh, non voglio annoiarti con un interminabile elen-co, Elia. Ti basti pensare che sono praticamente in ogniluogo.

    Elia osserva attentamente luomo che ha davanti: intutto e per tutto suo padre, compreso il doppio mento e

    la barba di tre giorni.Ok, pap. Che ne dici di spiegarmi tutto dallinizio?

    Non c un vero inizio, Elia, ma in breve il fatto questo: io sono Dio e tutto il Disordine del mondo pro-viene da questo luogo perch io abito ed esercito il mioruolo da qui.

    Nel dire questo Raoul si gira di scatto come spaventatoda un rumore alle sue spalle.

    Che c? chiede Elia.

    Oh, nulla, sono morto in Irlanda vittima di un inci-dente dauto. Niente di grave. Raoul sospira e afferra

    dal tavolino la sfera di legno. Ah, i miei giocattoli. Dil ne ho tanti altri. Sono meravigliosi, non trovi?

    Il ragazzo decide di non rispondere. Suo padre sembraestasiato e si rigira loggetto tra le mani, rimirandolocon occhi lucidi.

    Ora ti faccio vedere. Mettiamo, come appena suc-cesso, che io muoia da qualche parte nel mondo. Iogiustamente mi incazzo. Allora prendo questa sfera,produco una Ie provoco la morte di una persona, perbilanciare. Stai a vedere.

    Luomo chiude gli occhi, incrocia le gambe ed emetteuna I breve e secca. La vocale si materializza amezzaria e subito cade sul tappeto. Raoul la raccogliee la infila rapidamente nel foro della sfera. Ecco fat-to dice raggiante.

    Pap, mostruoso. Chi hai ucciso?

    E che mi importa, caro? Uno vale laltro per me, lim-portante ristabilire lordine, no?

    Elia esterrefatto. Suo padre Dio.

    O mi sta tirando un brutto scherzo.

    Ma e la teoria della Materializzazione Vocalica?Mi spieghi cosa diavolo ?

    E una mia trovata, un gioco che mi sono inventatosubito dopo aver abrogato le religioni. E nata comestrumento di appoggio - assieme a questi giocattoli -per manipolare con efficacia diversi eventi pi o meno

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    Va bene, pap.

    Raoul chiude la porta ed Elia esce nella luce rossa deltramonto.

    4

    Quando Elia avvit la clessidra completa di vocale, lasua limitata condizione di individuo termin. Per unistante sent un urlo atroce provenire dallinterno dellacasa-cubo da dove era appena uscito, poi la sua co-scienza e il suo misero corpo si frammentarono in in-numerevoli pezzetti che, soffici, ricaddero a terra. Sve-gliato dal grido di Raoul, il cane si rizz sulle zampe eannus speranzoso il mucchietto di briciole lasciato dalragazzo. Il profumo era invitante, cos mangi con vo-racit quel prelibato quanto inaspettato spuntino.

    L'ASSOCIAZIONE CULTURALE"TERMOPILI D'ITALIA"

    Registrata al n 6451Agenzia delle Entrate Caserta 3\10\2005

    Via Nicchio snc - 81020 Castel Morrone (Caserta)tel. 0823-390999

    L'Istituto Comprensivo "Giovanni XXIII"di Castel Morrone

    Via Taverna, 81020 Castel Morrone (Ce)organizzano

    la V edizione del Premio Nazionale di Poesia"TERMOPILI D'ITALIA"

    con il patrocinio di:Amministrazione Provinciale di Caserta;

    Comune di Caiazzo;Comune di San Martino Valle Caudina;

    Istituto Italiano di Cultura di Napolivia Bernardo Cavallino, 89 - 80131 Napoli;

    Ente Parco Nazionale del VesuvioPiazza Municipio, 8 - San Sebastiano al Vesuvio;

    Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini

    Roma, Porta San Pancrazio - 9;Fondazione "Giovanni Pascoli"

    Localit Caprona, 6CASTELVECCHIO PASCOLI (Lucca);

    Casa Museo Laboratorio della Civilt RuraleVia A. Altieri - Castel Morrone;

    Poetilandia - Sito d'arte e di cultura on line(www.poetilandia.it);

    Ordine di San Fortunato - Sub-Priorato del PiemonteVia Monte Novegno, 20 - 10137 Torino;

    ENRICO FOLCI EDITOREe la collaborazione di:

    A.I.D.O. REGIONALE CAMPANIA

    Via Turati, 46 Caserta;Biblioteca Parrocchiale "Giustino De Jacobis" c\o

    Parrocchia S. MARIA DELLA VALLEVia De Jacobis - Castel Morrone;

    Associazione Culturale "Nuovo Mondo" Roma;Associazione "Leparoleperte" - Caivano;

    Rivista letteraria trimestrale"Nugae - scritti autografi"

    Redazione: via Guinizelli n.14 - 84091 Battipaglia (Sa)Associazione Culturale "Ma Va" di Roma;

    Associazione Culturale "Logos".

    Il Presidente Onorario del premio

    l'on. Alessandro De FranciscisScadenza: 21 marzo 2007

    Il Premio vuole ricordare l'appellativo cheGiuseppe Garibaldi diede dello scontro di Morrone del1\10\1860, allorquando Pilade Bronzetti, "novello Leo-nida" difese la posizione assegnata "fino agli estremi"consentendo la vittoria dei garibaldini nella battaglia

    del Volturno. La quinta edizione 2007 cade nelBICENTENARIO della nascita dell'Eroe

    dei Due Mondi (4\7\1807 - 4\7\2007)

    Per ricevere il Bando completo del Premio:

    SEGRETERIA PREMIO "TERMOPILI D'ITALIA"FRANCESCA PRATA - VIA NICCHIO SNC

    81020 CASTEL MORRONE (CE)

    e-mail: [email protected]

    Francesco Scapin nato a Cittadella (PD) nel 1979.Dopo il diploma al Liceo Artistico A. Modigliani di Pado-va nel 1997, lavora come graphic designer e pubblicitario.Dal 1998 suona chitarra e computer nella band Vestfalia

    (www.vestfalia.com).Riconoscimenti. 2006: - III classificato con il raccontoPatrizia, Carlo, Giorgio e Chiara al concorso Il profu-mo dellestate, indetto da Scuola Holden in collaborazio-ne con la rivista Allure;- Finalista con il racconto Otto al concorso Citt diViareggio indetto da edizioni Il Molo;- Finalista con il racconto Senza filtro al concorsoLermellino indetto da Nicola Pesce Editore e Under-ground Press (www.underground-press.net);- Finalista con il racconto BSA n. 6 al concorsoUtopia, Distopia, Ucronia indetto dal sitowww.nuoviautori.org;- I classificato con una raccolta di racconti al concorso

    Spaziogiovani indetto dallagenzia letteraria Il Segna-Libro(www.ilsegnalibro.it);- I classificato con il racconto Senza filtro al concorsoIl Capolavoro di Bassano del Grappa (VI);- Finalista con il racconto Rinascita al concorsoInterrete shorts indetto dallagenzia letterariaInterrete(www.interrete.it);- IV classificato con il racconto Rinascita al concorsoDonne in pagina di Leno (BS);- Finalista con il racconto Scarto di produzione al con-corso Citt di Sortino (SR);- Piccolo festival della letteratura (Bassano del Grappa -VI), in esposizione con il racconto Senza filtro.

    2002: - II classificato con il racconto Rinascita al con-

    corso A. Baratella di Loreggia (PD).Pubblicazioni

    -Rivista Allure (Agosto 2006) con il racconto Patrizia,Carlo, Giorgio e Chiara;

    -Rivista letteraria Prospektiva n. 36 con il raccontoRinascita;

    -Rivista letteraria Il Mulo n.19 (settembre 2006) con ilracconto Otto;

    -Volume antologico (ed. Nicola Pesce) con il raccontoSenza filtro;

    -Volume antologico Pentelite (ed. Morrone) con il rac-conto Scarto di produzione;

    -Volume antologico (ed. Il Molo) con il racconto Otto;

    -Volume antologico NASF 2 (Nuovi Autori ScienceFiction) con il racconto BSA n. 6

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    Nel 1846 il Giornale del Regno delle due Siciliepub-blic la notizia della scomparsa del marchese LeopoldoSantacroce, morto allet di trentanni. Larticoletto

    descrisse i solenni funerali in Santa Chiara. Il rapportodel commissariato specific che il Santacroce era pre-cipitato in mare inciampando sul teschio di un cadave-re ivi portato dalle acque torrenziali insieme ad altroossame proveniente dalla prospiciente grotta del Chia-vicone. Il rapporto della polizia ammise un particolareimportante: il teschio apparteneva a persona giovaneperch aveva tutti i denti intatti tranne un incisivo tron-cato a met. Dalla circonferenza della scatola cranicapoteva dedursi essere didonna. Un commissariopi acuto avrebbe facil-mente rapportato il te-

    schio con dente spezzatoalla scomparsa di una l-anno prima. Allepoca deifatti testimonianze accura-te e dicerie non mancaro-no. Pu essere che la poli-zia non indag oltre perevitare di compromettereil ricordo del marchesemorto in modo tragico. Nla polizia tenne conto ditestimoni che videro il marchese buttarsi in mare urlan-do stralunato come un pazzo. Adesso facile ricucire ifili di quella vicenda oscura.

    Nel 1845 il marchese sinvagh di una giovane venten-ne sfortunata e povera di nome Giulia. Era figlia di uncerto Rocco Damiano finito in carcere perch in unmomento dira aveva ammazzato la moglie con un col-po dascia. Tocc a Giulia mantenere le due sorellineed il fratellino rimasti soli. Fu operaia in uno dei ca-pannoni del marchese in Via Medina. La ragazza eracucitrice insieme con una ventina di coetanee. Come lealtre operaie era diretta da una sarta di professione,madama Durso. Giulia ricuciva i pezzi di stoffa rita-gliati da madama. La ragazza era alta e ben fatta. Ave-

    va solo un dente rotto in bocca. Anni prima dei monellile avevano lanciato pietre e reciso a met uno degliincisivi. Il marchese Leopoldo la not lavorare e sin-fiamm per lei. Giulia per necessit o perch non sipot sottrarre, fu amante del marchese. Dopo alcunimesi era incinta. La poveretta non poteva nascondere ilfatto ai parenti e non sapeva come fare. Il marchesestrasvolto la uccise e di notte butt il cadavere nel Per-tugioparte iniziale del Chiavicone, un ampio condottosotterraneo. Questo canalone passava sotto Via Toledoe finiva a poca distanza dal mare in Via Chiaia convo-gliando le acque dagli avvallamenti di Monte San Mar-tino.

    Lo storico Carlo Celano riferisce che durante la pestedel 1656 a Napoli ci furono oltre duecentomila mortisu una popolazione di poco pi di 400.000. Non si sa-peva dove seppellire i cadaveri. I becchini prometteva-

    no di dare sepoltura ai morti in un luogo sacro e inveceli buttavano nel Chiavicone. Nei secoli successivi ilcanale fu usato come immondezzaio. Destate in parti-colare, miasmi melensi di morte emanava la forra pienadi sorci.

    Il 14 agosto 1846 ci fu a Napoli un terribile temporale.Piovve e grandin con tuoni e fulmini dal primo matti-

    no. Si form un devastante torrente che sincanal nelChiaviconedove trov ostruito il percorso al mare. Lamassa dacqua fracass le pareti del condotto e penetrnelle fondamenta delle case prospicienti facendolecrollare. Croll anche il collegio di S. Tommaso e lan-tica costruzione del Monte dei Poveri Vergognosi. Lagran parte degli scheletri che il Chiaviconecustodiva,si rivers in strada e Via Toledo ne fu piena. Dopo iltemporale che cess verso il pomeriggio, alcune car-rozze transitanti per quella via non poterono evitare di

    passare su carcasse e sche-letri umani. Il marcheseLorenzo Santacroce anda-

    va dalle parti di Via Chiaiaa vedere come stava suamadre. Il cocchiere fermla carrozza perch dovevarimuovere uno di quei ca-daveri espulsi dal Chiavi-cone. Scese chiss perchanche il marchese che sitrov davanti ai piedi unteschio con resti di capellie pelle. Il teschio sembrava

    sorridergli con quei denti incisivi in bella mostra. Eglivide subito lincisivo tronco e fu stravolto. Urlando si

    gett in mare.Nel 1890 un prete discendente del marchese fece pub-blicare a proprie spese il diario dellavo in cui era de-scritto linfame delitto di Giulia Damiani. Il marcheseLeonardo Santacroce scrisse il diario forse per metterea tacere la coscienza ed il prete volle far luce su tantainfamia.

    Il teschiodiGiuseppe Costantino

    BudettaNARRATIVA

    Giuseppe CostantinoBudetta nato in Bellosguardo(SA) il 16/4/1950, diplomato presso il liceo classicoA. Genovesi di Napoli e laureato con lode in Veterina-ria. Ha due specializzazioni in immunoistochimica e in

    alimentazione degli animali domestici. Ha pubblicatooltre sessanta lavori scientifici alcuni dei quali su im-portanti riviste inglesi, francesi ed americane. E pro-fessore associato presso la Facolt di Agraria di Paler-mo. Firenze University Press sta per stampare un suolibro di anatomia comparata e di fisiologia sulla circo-lazione sanguigna encefalica.

    Ha scritto 9 romanzi, un centinaio di racconti ed unmigliaio di poesie. Ha stampato presso leditore AR(Salerno) collegato ad una casa editrice di Udine diret-ta dalla signora Anna K Valerio, il romanzo Vento diterra presentato al salone del Libro di Torino (4-8)

    maggio 2006. Ha pubblicato presso Leditore Andri-ghetti di Cento Ferrara una raccolta di venti racconti.

    E in stampa un romanzo giallo Giallo Fiordalisopresso la casa editrice La Carmelina di Ferrara.

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    la sera di un 30 novembre. Sono impegnato nellatraduzione del poema di Edmund Spenser, Faerie

    Queene. VI libro. Al secondo verso del terzo cantosono inspiegabilmente attraversato dallincontrollabilesensazione di dover cercare quel verso altrove. Scrittoaltrove: sullacqua, sulla pietra, sullaria, sulla terraIn pochi attimi sono schiacciato da questo tormento,che senza preavviso si imposto con forza alla miamente. Non riesco a restare in casa per leccessiva irre-quietezza. Non posso recarmi in biblioteca poich sonole dieci di sera. Inoltre, cambiare luogo di studio nonrisolverebbe la mia insensata, inspiegabile, indefinitainquietudine.

    Indosso il cappotto e la sciarpa. Esco. Vago tra i vicolidel centro storico della citt, incurvato dal peso dellesillabe che gravano nella mia testa e dal vento freddoche fa rotolare e svolazzare alcune cartacce sulle pietredelle strette vie, illuminate da freddi lampioni.

    Attanagliato dalla certezza di doverle cercare altroveprima di tradurle, mi ripeto innumerevoli volte le paro-le del poeta ingleseThe gentle minde by gentle deedsis knowne.

    I fili dellostinazione nevrotica dei miei pensieri si im-pigliano nei lineamenti del volto di J., che incontro inVia XX.

    -Che cosa stai bevendo?

    -Una birra. Eku 28.- A questora?

    -Metti il naso qui dentro! Senti. Salamoia, salmastro,mimosa. Devo suonare in un locale, il CXI. Amo suo-nare l. un locale putrido. Ci sei mai stato?

    -No. Non metto volentieri piede nei locali. Nessun pre-giudizio. Sono semplicemente inadeguato.

    -Ah, fai male, ti perdi il piacere di gustarti fumo, alcoole la sensualit che si agita nei corpi della gente. Maforse tu non mi stai capendo. Non fumi, non bevi, nonscopi. Che diavolo fai? Bevi! Ti far bene.

    Bevo dalla bottiglia che J. mi passa, non sento n mi-mosa n salmastro n altro, semplicemente mi piace eprobabilmente, se ne berr troppa, sconter lalcolicopiacere con bruciori di stomaco e una sbornia terribil-mente triste.

    -Hai meditato anche questa notte su Dio, sulluomo,sullinfinito? affascinante, ma io sono uno strumenti-sta: non posso concedermi meditazioni su problemiesistenziali e cose simili, devo assolutamente concen-trarmi sul suono emesso, sulla singola nota, sulla suaintensit. Voglio far passare quello che sento.

    Decido di accompagnarlo; mentre camminiamo J. mi

    parla dei maestri del jazz, da Charlie Parker a JohnColtrane. Purtroppo posso seguire a fatica il suo discor-so, a causa di ci che sta stremando la mia mente etutto il mio essere. Giunti davanti al locale mi lascio

    convincere ad entrare.

    Molte persone fumano e bevono, sedute o vagandonella confusione delle sale; i tavoli e le sedie in legnotrattengono ed emanano un odore stagnante, pungente,penetrante, che potrebbe definirsi odore di marcio. Cre-do che un discreto numero di persone sia gi ubriaco.

    Nonostante il chiasso e il baccano, gli strumentisti ini-

    ziano a suonare e a rendere partecipi, a modo loro, ipresenti. Tra gli scambi di soli qualche mano tenta unapplauso.

    La barista, dietro un orribile banco in acciaio, muove ilcorpo al ritmo moderno di un calypso, nellattillatastoffa del suo abito rosa, mentre prepara cocktail e ver-sa birre.

    Il brano musicale successivo mi desta uno strano sensodi malinconia. un blues. Penso alla locuzione ingleseda cui deriva la parola: to have the blues: essere malin-conico, triste, depresso. lunico pensiero che per unattimo mi distoglie da quella che in breve tempo sta

    diventando una vera e propria fissazione.Segue una serie di brani molto convincenti: un anatho-le, un afrocubano, che travolge i presenti nel suo tempolatino piuttosto selvaggio, un fast blues, una sensualehabanera, una ballad profonda e misteriosa, un mambo.

    Dopo alcune ore esco spossato dal locale facendo uncenno di saluto a J.. Forse ho bevuto troppo. Mi sentoirrimediabilmente malinconico, ma nonostante lo statodi malinconica ebbrezza, continuo ad essere assillatodal pensiero di dover camminare, di dover cercare, didover trovare il verso di Spenser che non ha pi abban-donato i miei istanti mortali; non ho ancora compreso

    per quale ignoto motivo (forse non sar mai capace dicomprenderlo, forse non esiste). Mi domando inoltreperch sono finito in questo posto.

    Laria notturna e fredda d un po di respiro ai mieiocchi intrisi di fumo.

    mattino. Percorro la via che porta lungo il fiume: iflutti sono simili a braccia che si agitano e si straccianoprima di affondare nel buio e nel silenzio. Sono simili acorpi che si accartocciano e si sparpagliano nelle fibredel tempo, sfiorandosi in innumerevoli danze, o inununica danza, prima di abbracciare lUltimo Nemico.Provo ad abbandonarmi al suono incessante dellacqua.

    Non ho pace. Il verso del poema soffoca il mio essere.Continuo la mia insensata ricerca. Assillato, tormenta-to, ottenebrato mi incammino lungo una strada che nonricordo aver percorso prima di questo estenuante gior-no: una salita, una lunga discesa, un sentiero silenziosocome lattesa, il suo snodarsi tra alberi e steli; un murodi cinta, pozzanghere, un cancelletto aperto, rami attor-cigliati, petali sottili, croci, catene, lapidi. Il vento faondeggiare le vecchie catene, il loro tetro tintinnaresfiora la solitudine delle tombe.

    Non so in quale luogo sono giunto, in quale tempo ostagione.

    Un rumore, simile a quello di una pietra che raschiauna dura superficie, mi costringe verso la direzione dacui lostinato suono proviene.

    Il traduttorediErika Dagnino

    NARRATIVA

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    Dorothy Kate Pairros

    December 1947

    January 1986

    Linclemente iscrizione incide, graffia, scalfisce lom-bra di un uomo piegato sulloscurit della pietra tom-bale, soffocata quasi interamente dalle piccole radiciavventizie di unedera polverosa. Luomo tenta di can-cellare, raschiandola con la durezza di una pietra affila-ta, la data di morte della donna. La cancella, cospargela pietra sepolcrale di fiori di croco e piange; ma le suestesse lacrime, scivolando sulla muta pietra riscrivonoil giorno, il mese e lanno. Non so per quanto temporesto schiavo di questa scena (un giorno, incalcolabiligiorni, un infinito giorno, uninfinita notte). Non soquale terra stia calpestando il corpo triste e disperatodelluomo. Egli ripete gli stessi gesti sotto la pioggia,nel vento, al chiarore lunare, sotto il cielo azzurro.Cancella, piange. La data ricompare dalle sue lacrime.Nellorribile ora di infinita disperazione grida. Forsecontro la morte (la morte insonne, la morte insonne trai dormienti, la morte calpestatrice di ghiaie e di ossaquasi inghiottite). Inghiottite dalla terra, inghiottitedalla pioggia, inghiottite dal tempo. Grida le paroledelliscrizione incisa sulla pietra definitiva:The gentleminde by gentle deeds is knowne.

    Il verso tocca le labbra delluomo, esce dalle sue labbrae si aggrappa al vento, alla pioggia, alla terra, alla vita;il verso si stringe contro il mio corpo, contro il corpodella mia mente.

    Resto immobile. Una lacerante commozione mi pene-tra con forza. Un giorno, incalcolabili giorni, un infini-to giorno, forse uninfinita notte.

    I miei occhi ora sono fissi sulla pagina. La lampadasulla scrivania ancora accesa. Provo a tradurre, adallontanarmi dalla mia lingua per avvicinarmi a quelladel poeta, ad avvicinare quella del poeta alla mia. Mifermo paralizzato dallimmagine delluomo. Il ricordovivo dei suoi gesti disperati mi impedisce quasi di re-spirare. Mi impossibile riprendere a leggere, a tradur-re, a scriverelopera. Comprendo che devo fermarmi,che della disperazione e delle parole delluomo trasu-deranno i miei giorni terreni.

    Chartres

    a P.P. Trompeo,

    per un non ben

    compreso azzurro

    Stavolta il bianco

    del cielo e le cattedralitra verdi acquari di pioggia.

    Per i primi, giunti sulla sera,

    quelle macchie sui pendii

    non faranno il sereno

    che gi valse in un titolo.

    Riscuoter fortuna laltro

    bianco di una giovane maglia,

    per destare rumore stasera

    in Francia, ripartendo domania ridosso di un giallo.

    Vito Cerullo

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    Poesia

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    Non avrei mai creduto che un retino tra le mani miavrebbe reso cos audace da dichiarare a mia moglie:

    Maria, questanno vado a Ischia.Maria sollev lo sguardo dalla valigia aperta che stavariempendo e mi guard. I suoi grandi occhi sembraronoinchiodati sulle parole rimaste sospese tra me e lei ariempire lo spazio che ci divideva.

    Per un solo istante stavo per ritrattarle quando volsi losguardo sul retino che avevo tra le mani: vidi il piccologorgo che provoca quando lo getti e poi lo rialzidallacqua. Ingoiai le parole espirando laria.

    Senza aspettare la sua reazione, tornai verso lo sgabuz-zino pensando che se non mi avesse costretto a ripulir-

    lo, adesso starei insieme a lei a preparare le valigie. Ilritrovamento di quel cuoppo aveva liberato dei ricor-di avvolti nella nebbia del tempo e aveva scatenato ildesiderio del ritorno.

    Con frenesia iniziai a cercare, tra le cianfrusaglie accu-mulate in tanti anni, larpione le pinne la maschera.

    Sapevo che erano seppellite l, tra borsoni pieni diniente, ma che nessuno avrebbe buttato mai.

    Avevo trovato il manico di un martello, un borsonesenza cerniera, una scatola vuota e ingombrante chestavo per schiacciare sotto i piedi, quando Maria migrid Ma cosa fai? butti via una scatola foderata in

    raso?Perch, che ne devi fare?

    Mentre me la toglieva dalle mani notai che la reazioneera prossima a venire.

    Aspettai che si manifestasse, ma non appena mise sulloscaffale la scatola che avevo deciso di buttare, mi voltle spalle e se ne and dicendo: Bada che devi soltantoripulire e risistemare. Se c qualcosa che ritieni sia daeliminare mettila qui nellangolo che poi me la vedoio.

    Mentre indicava langolo aggiunse: Ecco, quellaffare

    da buttare, puoi gi metterlo nei rifiuti.Ges, avrebbe buttato levocatore della mia giovinez-za?!

    Maria non ti azzardare a toccare il mio retino!

    Lei si allontan con unalzata di spalle e spar nellaltrastanza.

    Guardai il retino e dentro rividi Mario 'o latticinodal-lincarnato chiaro, tenebroso e nostalgico che amavasuonare alla chitarra Battisti; Vito 'o rillo che saltavada uno scoglio allaltro come se possedesse ali al postodei piedi; Davide 'o purpo, il pescatore, tanto agile edelegante nei movimenti sottacqua, quanto goffo e tra-sandato una volta emerso dai flutti.

    Io, o prufessore, perch iscritto alluniversit.

    Guardai il retino nelle mie mani, abbassai gli occhi per

    prendere atto che la pancia non mi consentiva pi divedermi i piedi, quando sentii il fiato di Maria alle miespalle.

    Feci finta di non essermi accorto della sua presenzamentre preparavo il borsone, ma con la coda delloc-chio spiavo la sua espressione.

    Mi aspettavo un raffica di parole rabbiose e alla fine

    avrei desistito e aderito alla sua volont, ma Marta ave-va notato qualcosa di cui ero ancora inconsapevole ecos mi disse con dolcezza: Lo sai. Ho paura delleisole... Se dovesse succederti qualcosa. E poi tu... soloqualche mese fa...."

    Era vero. Soltanto due mesi prima il cuore aveva fattole bizze. Avevo avuta salva la vita per la velocit concui erano arrivati i soccorsi. E la cartella clinica parla-va di un paziente infartuato aggettivo che da subitomi era apparso antipatico!

    Nonostante ci, la visione del retino, quel cuoppo cheera posato accanto al mio borsone, era qualcosa che

    aveva trattenuto il me ragazzo e tale mi sentivo in quelmomento. Il tempo? E soltanto una categoria mentale.Dal suo ritrovamento, dal momento che avevo avutotra le mani quel retino, io ero tornato diciottenne. Ecome tale ero andato al computer e mi ero collegatocon la radio: avevo dato le mie preferenze musicali e...cantavo.

    Maria entr e ruppe lincantesimo.

    La parole mi uscirono da sole, cos come il tono: sem-brava che fosse avvenuto in me uno sdoppiamento. Iosempre gentile, accondiscendente, ero diventato il gio-vane con il retino, arrogante come possono esserlo i

    giovani, arrogante e incosciente."Perch dovrebbe venirmi un infarto proprio quandosono a Ischia. Potrebbe venirmi anche adesso, o aVienna o in un qualsiasi altro posto. Perch devi sem-pre pensare al peggio."

    Adesso ero quasi certo che la reazione sarebbe stataviolenta, ma Maria si mantenne calma e persever sullavia della persuasione facendo leva sulla mia indiscussamaturit (indiscussa almeno fino a quel momento).

    "Ma abbiamo prenotato. Tra tre giorni dobbiamo pren-dere l'aereo."

    Non era mai stata cos paziente con me, mai cos pru-dente ed io mai cos smanioso.

    "Vorr dire che andrai da sola."

    E lessi negli occhi di Maria qualcosa che non sapreidescrivere. Lei sempre risoluta ed io sempre esitante,adesso, cos determinato da non riconoscermi: mi op-ponevo alla sua volont, la contrariavo. Come un figlioche vuole liberarsi dal cordone ombelicale.

    Sostenni il suo sguardo che aveva perso durezza e de-terminazione. Mi fece tenerezza.

    Come lo sguardo della madre che sa che il figlio appar-tiene al mondo.

    Mi accostai a lei e accarezzandole i capelli le sussurrai:Andiamoci insieme. Vedrai, unisola bellissima.Fui sollevato dalla sua risposta che mi rivel la donna

    IschiadiStefania Pagano

    NARRATIVA

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    che conoscevo (forse sapeva guardarmi dentro moltomeglio di me). Si stacc da me con astio e mi grid infaccia IO vado a Vienna. Cos ho deciso e cos far.Tu fai quello che ti pare.

    A pronunciare queste parole non era pi la madre, mala donna.

    Continuai a mettere senza ordine le cose nel borsone e

    infilai anche il retino. Ancora una volta il solo contattomi trasferiva in unaltra dimensione.

    Stavo lasciando Maria. Nessun rimpianto.

    Lei era davanti allo specchio spalmandosi una cremasul corpo. Convinta che il mio fosse soltanto un bluff,si aspettava la mia solita reazione. Sapeva leffetto chemi faceva.

    Rimasi a guardarla. Bella lo era, lo era sempre stata,ma questa volta unaltra forza mi attraeva pi di lei.

    Uscii lasciando che lo scatto della porta chiudesse die-tro di me la vita sicura e mi aprisse quella verso lin-

    certo. Niente pi pericoloso di un sessantenne che sisente diciottenne.

    Una forza incontrollata mi spingeva verso colori e pro-fumi mai dimenticati, mai pi incontrati nonostante imille viaggi, scenari e paesaggi visitati.

    Sul vaporetto l'aria calda mi investe. Piccole gocceappiccicano sul viso la salsedine. Nella scia del tra-ghetto i gabbiani fanno da damigelle d'onore alla miapartenza; si tuffano nella spuma e risalgono con il bec-co pieno del bottino pescato.

    Amo i gabbiani, questi uccelli dal corpo grosso soste-nuto da esili zampe.

    Quando ero ragazzo restavo ammirato dall'audacia chemostravano nello spingersi fino a riva per raccogliere,scendendo in picchiata, i rimasugli di cibo.

    Io lasciavo un boccone sullo scoglio pi vicino allaspiaggia e aspettavo paziente l'arrivo dell'uccello. Nonsi faceva attendere e giungeva in planata sfruttando ilvento con le ampie ali. Si posava sullo scoglio, si guar-dava intorno voltando il capo a scatti e, con atteggia-mento di sfida, raccoglieva il boccone e lo mangiavasul posto manifestando la propria audacia con falsadisinvoltura.

    Davanti a me un uomo con un bambino molto loquace.

    Forse luomo vorrebbe godersi il panorama e riposarsiun po, invece il piccolo non gli d tregua. Ascolta po-co e chiede tanto, girando di qua e di l i suoi occhisvegli e vivaci, sommergendolo di domande senza dar-gli il tempo di rispondere alla prima che gi prontocon una seconda.

    Luomo si volta verso di me e ho limpressione che ilsuo sia uno sguardo di invidia verso la mia solitudine,la mia indipendenza. Ed io gli rivolgo lo stesso sguardodi invidia per la compagnia di quel bambino chiacchie-rone.

    Avrei voluto un figlio, ma Marta non ne voleva e pernon correre rischi si fece chiudere le tube. Mi disse checos avremmo potuto godere la nostra sessualit con lamassima libert, senza preoccupazioni, senza luso di

    rimedi fastidiosi.

    Mi aveva messo al corrente dellintervento la sera cherientrai da una lunga assenza e il mio desiderio era in-contenibile.

    Mi apparve con una camicia da notte si seta, trasparen-te. Si indovinavano i suoi fianchi formosi, le gambelunghe e tornite, i seni sporgenti. Ero stregato dalla sua

    bellezza. Quella sera avrei accettato qualunque cosapur di tuffarmi tra le sue gambe e baciarle tutto il cor-po. Quanto ero stupido. La stupidit un attributo dellagiovinezza.

    Allorizzonte si profila lisola che, ai riflessi caldi deltramonto si presta a un gioco di ombre suggestivo.

    Sono le diciotto, un pomeriggio di fine estate e primache il sole declini verso laltra parte del mondo, potrancora godere di tutti i cambiamenti di luce che si al-terneranno prima delloscurit.

    Il vaporetto in fase di attracco. Sul molo tanti ad at-tendere lo sbarco di amici e parenti. Sento il bambinourlare mammae insieme al padre andare verso la donnache li attende.

    Farebbe piacere anche a me trovare qualcuno ad aspet-tarmi, qualcuno che abbia atteso il mio ritorno, ma deimiei amici ho perso ogni traccia: il corpo di Maria mifece perdere la ragione.

    Ho rinunciato a tanto per possedere quel corpo. Soltan-to adesso me ne rendo conto. Pu darsi che i segni del-let abbiano intaccato quel corpo che tanto mi feceperdere la testa? Accetto questa mia meschinit. Lavilt appartiene a questa et.

    Molte cose sono cambiate ma l'essenza di quest'isola rimasta inalterata: gli eucalipti crescono rigogliosi, glioleandri, gli ibiscus, i pini, i glicini... Sono tutti qui conle loro tinte e le loro fragranze.

    La mano dell'uomo intervenuta, ma non ha potutosradicare un albero che ha scelto di restare a vivere inquel luogo. E stato luomo, allora, a piegarsi alla suavolont e cos tra i tavolini si erge maestoso, imponen-do la sua presenza.

    Mi incammino lasciandomi alle spalle il vociare e leauto che sbarcano e mi faccio guidare dagli odori.I ricordi riaffiorano prepotentemente non appena im-

    bocco la stradina. Adesso asfaltata e sento lo scalpic-cio dei miei passi sul selciato. Allora era un viottolosterrato che, ragazzo, percorrevo a piedi scalzi corren-do aspettando che come un fiume mi trascinasse versoil panorama che si sarebbe aperto come un estuariodavanti ai miei occhi assetati.

    Non c'erano nemmeno tutti questi cancelli che nascon-dono alla vista le ville immerse nel verde. Ma gli aromisono quelli ed io mi ci immergo. Mi fermo ad annusaree quasi mi sembra di ascoltare la voce di mio padre chemi chiama per rientrare.

    Pernotto nella stessa casa di quando ero ragazzo. In-contro la moglie del proprietario detto o surdo (il so-prannome indispensabile per distinguersi: sono tanti iDi Meglio Giuseppe)che mi dice che il marito mortoda poche settimane (in realt scopro che si tratta diquattro mesi prima, imbattendomi nellannuncio fune-

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    bre affisso ad un muro). So anche che era riuscito asparare allacerrimo nemico per lannosa questionedella costruzione dellalbergo nellarea confinante conla sua propriet.

    Percorro la strada che mi porter al mare. Non c' pila vecchia spiaggetta, e lalbergo stato costruito. Alposto del terrapieno da cui si scendeva alla spiaggetta,

    c una rotonda per il parcheggio. E' ancora piena diauto a quest'ora del giorno. Il sole caldo e l'aria afosa.

    La spiaggia una lingua di sabbia su cui si ammassaunumanit varia e vociante. Di fronte a me lo scogliodal quale ci tuffavamo. Agli scogli non si pu cambiarposto n modificarne la forma. Ai ricordi s. Adessoritorna alla memoria anche Giovanni, lungo lungo chesi arrampica sullo scoglio, vi sale e getta con uno spin-tone Mario 'o latticino, che odia questo gioco. Allorainizia la baruffa. Gino si tuffa a cofanetto spruzzandoacqua e cerca di mettersi fra Giovanni e Mario chestanno scalciandosi e Gino ('o paciere) si becca unabella ginocchiata, ma non perde la pazienza: molla un

    cazzotto al primo dei due che si trova davanti e si al-lontana nuotando a delfino verso riva seguito dal Lun-go che con poche bracciate lo raggiunge.

    Mario resta incazzato per il resto della giornata e soloverso sera si riprende quando Antonio (o' musichiere)intona sulla chitarra I Giardini di Marzo. Mario e la suapassione per Battisti. Chiss se riuscito a fargli legge-re le sue composizioni. Era dolce Mario cos delicatonella sua carnagione chiara.

    Mi tuffo e raggiungo lo scoglio. Sento di avere la stes-sa agilit di un tempo. Salgo riconoscendo il lato picomodo per arrampicarmi. Mi tuffo di testa, risalgo, mi

    rituffo. L'acqua mi avvolge, mi protegge ed io ritornoragazzo, tutti gli acciacchi sono spariti. La schiena e legambe riprendono tutta la loro funzionalit. Non ho pile articolazioni indurite come i cardini di una porta maipi aperta. Mi apro, e lascio entrare le emozioni.Mi rotolo nell'acqua ritrovandomi avvolto nel liquidoarcaico. Non so quanto tempo resto a mollo. Deve es-sere stato parecchio perch la spiaggetta si sfollata e iraggi del sole formano ombre lunghe. Alcuni ragazziimprovvisano una partita a pallone. Un calcio e la pallaarriva a me che mi butto nella mischia e riesco anche afare gol tra le magliette arrotolate messe ai lati per deli-mitare la porta.

    Si alzata una fresca brezza. La giornata sul finire.Sulla via del ritorno profumi e colori attraverso i ramicarichi mi sussurrano che c' stata una deviazione nelladirezione presa dalla mia vita.

    Mi torna il corpo di Maria, desiderio costante della miaesistenza. Adoravo stare ore ad osservare le curve deisuoi fianchi e i seni torniti e sodi, le gambe lunghe. Maadesso? Non pi lo stesso. Forse ho sbagliato tutto.Guardo le giovani passarmi accanto e mi piacciono,vorrei averle tutte. Una ossessione.

    Ripenso allo scoglio immobile, statico. Anche questomostra piccoli segni del cambiamento, come il corpo diMaria. Ed anche il mio. Lo scoglio scomparir sfor-mandosi in briciole di sabbia, ma rester vivo il ricordodi giovent fino a quando sar vivo per ricordarlo.Cos come la mia ossessione per Maria.

    Chagall

    Come avviene, Chagall, che i tuoi dipintici parlino di cose cos semplici(matrimoni, funerali, fidanzati, il circo, e la tua Vitebsk,la tua religione che tanto vi cost)ed in questepoca di pazzi ci ricordinocom grata la vita aglinnocenti.Tu non eri un ingenuo: laggi a Vitebskvivevate, ebrei dOriente, rifugiati,scampati ai pogrom dello zar di Russia,arroccati ai sacri libri della Legge,allinverno della grande madre Russia,al focolare della lingua yiddisch,

    fra le feste, le musiche, e baracche,tradizioni conservate, custodite,cullate fin dentro i sogni remoti.Poveri esposti al freddo e alla rovinama con lobbligo dessere felici.Tu lhai visto che hanno fatto i nazistie lo sai tu cos il rimpianto della patria;tua moglie poi morta molto presto.Quando cerchi di somigliare ad altri artistidiventi allora proprio come una farfallacui hanno tolto la polvere dallali:ma quando guardi indietro, ai tuoi ricordi,alla tua gloria misera dOriente

    o alla Parigi in cui hai respiratolaria del mondo per la seconda volta,la tua felicit viene fra noi dolcissima, profondae ci ricorda che siamo disperatisenza aver visto i villaggi bruciare,gli angeli cadere, o i recinti dei lager.

    Giorgio Galli

    Poesia

    Marc Chagall (1887 - 1985)

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    Voi non mi amate e io non vi amo

    Nellincipiente primavera di un marzo quasi dimenti-cato, scendesti piano dai versi di una poesia.

    Apparisti allimprovviso, come i fiori di pesco sui ramidopo un consueto inverno. Con il tuo caldo e rassicu-rante sorriso riuscisti a spazzare via il freddo e la neveed illuminasti il tuo animo col palpitare dei miei pen-sieri.

    Eri stata parole, sensazioni, ed in quella prima strettadi mano diventasti persona, mentre dai tuoi occhi flui-vano le emozioni che conoscevo, i sogni che mi aveva-no gi parlato di te.

    Mi affascinava la percezione diversa delle cose cheavevamo attorno, e il chiedermi se davvero le personepotessero essere unite da sentimenti cos astratti e ap-pena appena percepibili. Cosa che dicesti, meraviglia-va anche te e che speranza sarebbe stata per il mon-do.

    Ci fermammo un attimo a respirare il mare, per poiriprendere a camminare per le vie di un sogno fatto sumisura, per la grandezza di chi non si conosce e sulmorbido ed invitante tappeto delle tue parole.

    Avrei voluto dirti tante cose anchio, ma poi restavo lad ascoltare, ad ascoltare te.

    A respirare i tuoi respiri.Ad adattare il cuore ai battiti tuoi che non lo sapevi, oforse si, avevi bisogno di me.

    E ascoltavo, ascoltavo parole troppo grandi, immenseper una persona facile.

    E tu parlavi. Parlavi e parlavi, forse per nasconderti,forse per lo sapevi soltanto tu.

    Mi conducesti a te naturalmente: come il fiume al ma-re, come la notte alla fine di un giorno, come lincede-re della primavera dopo linverno.

    Sembrava una storia infinita, ma percorresti soltantoun tratto della mia strada, ed io, se pur per un attimo,attraversai la tua, ridipingendo il cielo ed ascoltando,in modo diverso, il rumore del cuore.

    Sei stata tutto e sei stata niente, tu che apparisti come ifiori di pesco in un marzo qualunque.

    A volte, inevitabile quanto triste assistere impotentialla dissolvenza di storie che nascono e muoiono natu-ralmente, avvertire lesistenza di sentimenti che nonavranno mai voce e a perdersi in versi che non sarannomai poesia.

    o voi dal dolce nome che io non chiamo!

    Perch voi non mi amate ed io non vi amo.*

    *La Passeggiata G. DAnnunzio

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    Con le suole sporche di luna

    Un punto luminoso

    lontano

    savvicina pian piano

    poi velocemente

    sembra una stella cadente.

    Ma le rocce non pensano

    osservano immobili

    senza emozioni

    da secoli aspettano

    quel punto nel cielo.

    Si alza la polvere

    ricade pigra

    ozio di millenni

    dei passi silenziosi

    come di pantera

    delle orme, le prime

    dopo quelle di Dio.

    Piero Borgo

    (scritta pochi giorni dopo lo sbarco sulla Lunadel Luglio 1969)

    La passeggiata

    NARRATIVA

    diGiuseppe Bianco

    Poesia

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    Quando ero ancora ci che si dice un essere umano, misvegliai presto al mattino di un giorno dinverno, rag-

    gomitolato nel mio letto nella stanza al cinquantesimolivello sotterraneo dellalbergo Horizon di NuovaShangai.

    Non riuscivo pi a dormire.

    Avevo troppo freddo, e avvertii subito lo stimolo dellafame.

    Digitai i codici delle mie richieste per la colazione sul-la tastiera alla mia sinistra e dopo pochi secondi avevodavanti a me il caff tiepido e le fette di pane di sintesicoperte di crema di bacche dolci. Tentai inutilmente discaldarmi le mani stringendo la tazza; la mia boccafaceva pi vapore del caff.

    Vivere su Nettuno richiede unestrema attenzione alconsumo di energia: la massima temperatura che ilclimatizzatore poteva concedere alla mia stanza corri-spondeva a 16 gradi nella scala Celsius.

    Cera proprio bisogno di un buon motivo per accettarecondizioni cos ostili.

    Il mio, a quel tempo in cui vivevo ancora le fallacipassioni di coloro che si sentono umani, era fare car-riera, e rendere felice la mia giovane e innamoratadonna.

    Ero un brillante ingegnere, specializzato in impianti

    geotermici, e avrei dovuto guidare il gruppo di ricercaincaricato di ottimizzare lo sfruttamento dellenergianella fascia tropicale del pianeta, lunica abitabile.

    Quella stessa mattina uscii dalla mia stanza e mi recaial colloquio con il Governatore Planetario. Dopo unbreve briefingmi ritrovai a sorvolare la fascia tropicaleper il sopralluogo di rito.

    Guardando verso il basso mi resi conto di quanta en-tropia venisse bruciata stupidamente su quel pianeta einiziai a fantasticare decine di idee per ridurre lo spre-co, che si sarebbero presto potute trasformare in avan-zati progetti di conversione e sfruttamento dellener-

    gia.E invece, allimprovviso fu il buio.

    Seppi solo in seguito che la navicella su cui volavoinsieme al pilota era stata colpita dal getto anomalo diungeyserdi dieci chilometri di altezza ed era precipi-tata su di un insediamento coloniale. Gli sfortunatiabitanti furono sterminati, ma quando venni a saperlonon provai alcun senso di colpa.

    Quando mi svegliai nel centro di riabilitazione di SunCity il mio primo movimento spontaneo fu tentare digonfiare i polmoni per respirare a fondo. Mi accorsiche non ci riuscivo e fui preso dal panico; mi calmaiquando mi resi conto che non era necessario riempirecompletamente i polmoni per essere in grado di farentrare in me tutta laria di cui avevo bisogno.

    Mi portai istintivamente la mano sul petto e le puntedelle mie dita sfiorarono appena, per ritrarsene subitocon paura, il gelido titanio che a larghi tratti si sostitui-va alla mia pelle. Mi dissero che anche una parte deimiei organi interni erano stati sostituiti con prodotti diuna nuova tecnologia; mi guardai allo specchio e allaforte luce del bagno della clinica i miei fragili occhiumani furono quasi accecati dai riflessi delle lastre di

    metallo che si mescolavano al mio martoriato ma fun-zionante corpo.

    I medici e gli ingegneri biomeccanici mi dissero cheero stato molto, molto fortunato, e io credetti alla loroprofessionale, impeccabile e retorica loquela.

    Mi accorsi che da allora la mia visione della vita eracambiata; o per meglio dire, fu la mia donna a farmeloosservare, il giorno in cui mi lasci solo.

    Ero diventato un freddo cinico, e mi scoprii semprealla ricerca del colpo di fortuna che mi riempisse dicrediti. Il giusto, per farsi una bella casa sulloceanodella tranquillit di Fobos e starsene tutto il giorno inpanciolle, sotto il cielo verde scuro e alla caldissimaluce bianca del riflettore solare orbitante.

    Volevo solo essere al riparo dagli sguardi indiscreti difacili e improvvisati giudici della mia sincera apatiaverso le cose che nascono dai sentimenti.

    Alla ricerca di nuove fonti di energia iniziai a preferireunoccupazione ben diversa e pi divertente: il redditi-zio commercio di beni tra pianeti.

    Scoprii di avere un talento particolare per lo scambio,il baratto, la capacit di mercanteggiare oggetti controoggetti diversi, cibo pregiato contro metalli pesanti,

    pile atomiche portatili contro vesti artigianali dei pilontani ed esotici mondi esterni.

    Ero un vero portento; dare ad ogni cosa lesatto valorecommerciale mi consentiva margini di guadagno ampie soddisfacenti. E, cosa ancor pi importante per il miosuccesso, anche chi scambiava merce con me rimanevasempre soddisfatto e continuava a cercarmi per fareaffari.

    I portuali dei vari pianeti presero a chiamarmi il rigat-tiere, e divenni presto famoso per essere in grado discambiare al giusto prezzo qualunque oggetto capitas-se tra le mie fredde mani di essere a sangue caldo.

    I commercianti pi invidiosi mi giudicavano un reiettoperch a differenza di loro, che non vedevano lora ditornare tra le braccia delle ansiose mogliettine, avevodeciso di vivere per conto mio sul mio cargo, ilSolitudo.

    Era l che mangiavo, dormivo e lavoravo, unico a deci-dere in che ordine e in quale momento.

    Avevo persino la mia pi che dignitosa vita sessuale,con tutte le puttane orbitanti nei loro monolocali nellafascia degli asteroidi, dove le pattuglie di controllo nonentrano mai, per quel misto di tolleranza e paura, la-sciando che la fertilissima muffa di parassiti, ladri,

    dissidenti, assassini e rivoluzionari in fuga nascostinella zona di interposizione si trasformasse nel regnodi bengodi per noi mercanti.

    Furono tre brevi anni di avventure nella mia fissa di-

    Essere stato umano

    NARRATIVA

    diFrancesco Troccoli

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    mora vagante.

    Poi, quei maledetti mercanti di Giove mi speronaronocon un carico di rifiuti espulso da una delle loro navet-te di spola. Sono convinto tuttora che lo avessero fattodi proposito. Furono felici di sapere che in seguito al-lincidente persi entrambe le gambe e persino il mioricercato e brillante organo riproduttivo.

    Divenni cos oggetto di interesse del professor Kamer,che dopo avermi operato nella sua lussuosa clinica sulpianeta Radon fu lieto di annunciare in olovisione pla-netaria il primo impianto di un pene meccanico perfet-tamente funzionante in un essere umano.

    La cosa procur fama e successo ad entrambi.

    La mia attrazione per il sesso opposto era ancora inte-gra; fui cavia umana negli accoppiamenti con donnesplendide che finalmente non dovevo pagare di tascamia.

    Non nego che qualcuna ne ab-bia anche tratto un certo godi-mento.Ma dellamore, quella stranainspiegabile sensazione che tiscalda anche nel deserto pifreddo degli anelli di Saturno,dentro il mio stomaco in legaavanzata, non sentii pi alcunavoglia.

    Ne serbavo memoria ma me nesentivo come alienato, estrane-o. Pensavo alla mia donna e michiedevo come mai fossero

    scomparse la nostalgia e laf-fetto di un tempo ormai lonta-no. Fotografie senza movimen-to al posto di affetti personali,questa era la sola rappresenta-zione del mio passato, scolpitanel mio cervello come una col-lezione di fredde statue senzavita.

    Ma le mie potenti gambe dilega Ferro-Silicio si muoveva-no pi in fretta di quelle di un

    atleta.La padronanza e la coordina-zione che avevo del mio corpo e delle sue reazionifisiche era diventata stupefacente.

    Mi muovevo come mai mi era capitato dalla nascita.Ogni mio pensiero si traduceva in azione senza pidubbi, n esitazioni.

    Lazione che ne derivava veniva portata a termine inmodo accurato e preciso.

    Mi sentivo potente.

    Imparai ad usare le armi, anche le pi pericolose, ma

    non fu per aggressivit, come alcuni sostenevano. Fuinvece la capacit di uccidere con la massima indiffe-renza a guidarmi verso di esse; eppure non lo feci mai,a meno che non fosse strettamente necessario.

    Cominciai a pensare di essere ormai diverso da tutti; sepi o meno perfetto non saprei dire, tuttora.

    Decisi di arruolarmi volontario nel corpo di custodiadella banca interplanetaria.

    Guadagnavo in una sola settimana quello che primaavrei messo insieme in un lungo anno; scortavo carichidi riserve di platino in viaggio tra pianeti e sistemi, e

    quasi nessuno credeva che fossi nato sulla terra.Sei troppo perfetto, mi dicevano tutti, per venire daquel pianeta malato e morente.

    Le donne erano ancora molto attratte da me, e solo inrare occasioni le parti non umane del mio disgraziatocorpo le allontanavano in gran fretta. Negli altri casi, ilmio prezioso seme veniva ricercato con unostinazioneparticolare, soprattutto in quei sistemi in cui la deca-denza e le malattie rendevano fragile la sopravvivenzadelle colonie umane e aumentavano a dismisura il

    prezzo di un accoppiamentocon il maschio pi ambito della

    galassia.Pensavano che fosse una que-stione genetica.

    Un giorno compresi che la miafama mi avrebbe consentito difarmi strada in politica.

    Decisi di accettare le pressantiinsistenze di un tale che cono-scevo sin dai tempi in cui erostato un mercante. Divenni sin-daco del porto di Bathros, nelsistema di Vinesta. Le folle mi

    adoravano, e grazie al fatto cheVinesta era una delle pochedemocrazie sopravvissute nellagalassia, dopo pochi mesi fuieletto vice-governatore del si-stema.

    Ma gli interessi dei tiranni deisistemi limitrofi erano troppovasti e Vinesta venne prestoinvasa.

    Dovevo difendere i miei inte-ressi. Fui tra i capi della rivolta

    e diedi il mio formidabile con-tributo alla guerra di resistenza,ma ero ancora troppo umano, a

    quel tempo, per poter resistere alla tortura della fame edella sete a cui venni sottoposto in prigionia. Il miocorpo chiedeva ancora del cibo, a quel tempo, e tantaacqua.

    Riuscii ad evadere, ma durante la fuga venni attaccatoda un pattugliatore e precipitai nel campo gravitaziona-le di un piccolo pianeta con atmosfera di ossigeno, incui la nave, colpita, si accese come un fiammifero.

    Il mio corpo and a fuoco insieme alla nave. Poi lin-

    cendio si esaur e rimasi avvolto tra i suoi resti.Non mi possibile stabilire se fossi vivo o morto; lenormali cognizioni e le regole della fisiologia umana siadattavano solo a una parte di me. Il mio cervello era

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    La mia memoria era sorprendentemente piena di ricor-di e immagini del passato. Giorno dopo giorno, eracome se me ne riappropriassi, lentamente, e con calma.

    In una giornata intiepidita dalla luce dei tre soli delsistema di Radon, passeggiavo in un giardino al ritornodallennesimo controllo biomeccanico, a poche centi-naia di metri dalla clinica.

    Vidi una bambina correre svelta su per il vialetto eallontanarsi dalla madre, che si era fermata a parlarecon unaltra donna poche decine di metri pi in basso.Istintivamente, la seguii con lo sguardo, e non ne com-presi il motivo; erano decenni che non eseguivo gestiinutili per la mia sopravvivenza.

    Vidi quella bambina ruzzolare in terra e rimanere di-stesa per qualche istante vicino alla barriera di energiadella caserma dei pattugliatori, allinterno della zona disicurezza che tutti, tranne i bambini, sanno di non do-ver oltrepassare; a meno di un metro dalla barriera sirischia di morire disintegrati in pochi minuti.

    Non ci pensai un istante e mi lanciai verso la bimba,che stava gi urlando per il dolore che il campo dienergia doveva provocarle in testa; vidi i suoi boccolibiondi cominciare ad annerirsi, segno che la combu-stione stava iniziando e che il calore doveva essere giinsopportabile.

    Sapevo che la barriera avrebbe potuto crearmi dei dan-ni irreversibili, eppure il mio unico e irrefrenabile pen-siero fu toglierla di l.

    Corsi pi in fretta che potevo, mentre udivo le urladisperate della madre, che si era finalmente resa contodi quanto stava accadendo e imprecava contro se stes-

    sa, immobile, terrorizzata e impotente.Dovetti avvicinarmi molto alla barriera e riportai unaviolenta abrasione al braccio destro, con il quale riusciicomunque ad afferrare quel corpo leggero e piangentee lo scaraventai senza troppa gentilezza nel prospicien-te laghetto, dove il calore si disperse in fretta e la pic-cola fu salva.

    Alcuni passanti accorsero e la estrassero dallacqua.

    Fui subito fermato da tre pattugliatori, che per via delladisumana rapidit del mio intervento non avevano no-tato nulla di quanto accaduto alla bimba.

    Notarono subito, invece, il mio braccio ferito.-Che diavolo ci fai qui, civile?

    -Nulla, Signore, le chiedo scusa, esco ora dallospedalee sono ancora sotto leffetto dellanestesia; ho persolequilibrio e sono scivolato.

    Abbassai lo sguardo e mostrai a quelluomo un reve-renziale rispetto per la sua divisa e le sue onorevolissi-me funzioni.

    Dovevo salvaguardare il mio anonimato.

    Il pattugliatore che mi aveva rivolto la parola si reseconto che il mio braccio era artificiale e con mia gran-

    de sorpresa ne fu subito affascinato.-Kamer, eh?

    -S, signore, Kamer - replicai con deferenza.

    spento; il mio cuore di sintesi era integro ma fermo.Eppure, il mio ricordo di quei tre mesi in cui fui datoper disperso cos simile allimmagine del sonno uma-no che non saprei cosa rispondere a questa difficiledomanda.

    I miei uomini mi cercarono e trovarono sul pianeta ciche di me rimaneva.

    Avevano ancora bisogno di me; il capo della rivolta diVinesta non poteva morire.

    Fui portato su Radon, e fui affidato nuovamente allecure di Kamer e della sua equipe.

    Ci che avanzava di me sarebbe stato molto difficileda descrivere. Lo spettacolo fu giudicato ripugnantedai presenti, ma il mio vice, Kaltor, convinse Kamerche era necessario preservare il mio aspetto fisico; dar-mi nuova vita. La minaccia delle armi a disintegrazio-ne che Kaltor e gli altri compagni impugnavano controi medici furono un notevole strumento di persuasione.A volte, il fine giustifica largamente i mezzi adoperati.

    Kamer ritenne di poter recuperare o sostituire tutte leparti del mio corpo che non avevano natura umana; lealtre erano andate perse nei processi di putrefazioneorganica.

    Ma il mio cervello, ancora chiuso nella calotta in legaal titanio che mi era stata impiantata anni addietro do-po uno dei numerosi incidenti, era apparentementeintegro.

    Kamer fu protagonista di un vero miracolo, e cre cosun corpo di androide perfettamente somigliante a me;il mio prezioso cervello venne trasferito e collegato,sinapsi per sinapsi, ganglio per ganglio, terminazione

    per terminazione, al sistema elettroneuronico del mionuovo brillante organismo biomeccanico; Kamer fuanche in grado di espiantare le mie retine umane e tra-sferirle nellandroide che divenni. Pensava che fossefondamentale riutilizzarle, e dovette superare le resi-stenze di alcuni suoi collaboratori che ritenevano su-perflua questintegrazione, rispetto ai rischi che impli-cava.

    Non ricordo molto di quel giorno, a parte lintensa luceche colp i miei occhi, dopo che le palpebre meccani-che si sollevarono in seguito allattivazione del circuitolinfatico vitale.

    Mi guardai allo specchio e vidi il me che ero stato untempo.

    Mi riconobbi. Non pi metallo, allaspetto, non pipelle, nella realt, ma ero proprio io. Nessuno mi a-vrebbe definito e giudicato altro che un uomo.

    Ma ero un robot.

    Pass del tempo.

    Avevo ancora in me tutti i miei ricordi e sapevo di nonessere ormai pi che un androide, seppur comandatoda un cervello umano. Nessuno poteva dirmi se equanto sarei potuto sopravvivere, ammesso che questo

    termine fosse adatto alla mia situazione.I miei nemici non sapevano della mia resurrezione; imiei uomini attendevano che tornassi a guidarli controgli oppressori.

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  • 8/12/2019 rivista letteraria NUGAE n.12

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    -Quelluomo un genio! - aggiunse lui - ti ha salvato ilbraccio? quella una sintesi titanio alfa-sette, non cos? In caserma abbiamo tre colleghi che devono lavita a quel chirurgo e alle sue meravigliose protesi edoggi sono ancora tra noi a lavorare per strada per pro-teggere la collettivit.

    Chiuder un occhio su questa grave violazione -

    aggiunse sorridendo - ma allontanati immediatamente!Avevo avuto fortuna.

    La madre della bimba non aveva compreso laccadutoe mi guardava con odio, forse ritenendomi responsabi-le della disgrazia, mentre si allontanava con la piccola;la bambina piangeva ancora, mi fiss diritto negli oc-chi, mi sorrise con infinita dolcezza e mosse le labbraper ringraziarmi, senza emettere alcun suono.

    Fu allora che sentendo una goccia calda offuscare laperfetta vista della mia pupilla artificiale e scenderesulla mia pelle di polimeri di sintesi capii ci che Ka-mer mi aveva dato.

    Prima di allora le lacrime mi erano servite solo persciogliere la secchezza e aumentare la capacit visiva.

    Pensai di nuovo alla luce che avevo visto il giorno incui ero rinato, e compresi che fino a quel giorno nonavevo mai vissuto la mia umanit.

    Ma in quellistante, in questo corpo androide e in qual-che modo che non ho pi voglia di comprendere, mene ero finalmente riappropriato.

    (quarta e ultima parte)

    Campana, i Canti orficie gli occhiali di Jung

    (la prima, la seconda e la terza partesono apparse rispettivamente

    sul n.8 - n.9 - n.11/2006 )

    NotturniLa chimera

    Con questa poesia si apre la sezione dei Notturni che

    nei Canti Orfici seguono La Notte ma che in realtcronologicamente vengono prima di questultima.Dunque La chimera inizia con un dubbio che ancheunevocazione, infatti Campana riferendosi alla chime-ra si chiede se la sua apparizione sia avvenuta tra lerocce, verosimilmente in uno dei suoi tanti vagabon-daggi sui monti, oppure se questa apparizione siasorriso di lontananze ignote, o ancora se questappa-rizione sia piuttosto il frutto di un suo ricordo. In ognicaso, la chimera qui viene subito trasfigurata nellasorella della Gioconda, di Leonardo da Vinci, in altreparole il primo riferimento artistico per la rappresenta-zione della chimera campaniana risulta essere Leonar-

    do da Vinci. Inoltre la chimera nella mitologia raffi-gurata come una creatura con tre teste, il che nel casospecifico, ossia nella chimera campaniana, potrebbesimboleggiare tre arti: pittura, danza e musica. Mamolto probabilmente essa rappresenta i tre riferimenticulturali pi prossimi a Campana e cio Leonardo daVinci, Raffaello Sanzio ed infine il mito di Proserpina Persefone, la regina adolescente. Altri possibili riferi-menti per la chimera campaniana potrebbero essereMichelangelo, Dante e i quadri che rappresentano laVergine conosciuti da Campana.

    Terminata questa parte iniziale, un ma introduce allaseconda parte, in cui Campana parla in prima personadefinendosi poeta notturno che veglia osservando ilcielo notturno mentre la poesia ancora non ha trovatola forma e soprattutto mentre egli ascolta silenzioso lapoesia nel suo farsi e la poesia silenziosamente si con-cretizza. Al pari di Campana che un poeta notturnoanche la chimera una creatura della notte e lassenzae contemporaneamente la presenza che vengono evoca-te dalla chimera rimandano da un lato alla figura mito-logica, ma dallaltro lato con tale termine si indica, nellinguaggio quotidiano anche un qualcosa di irraggiu