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REDAZIONEPer informazioni in merito acontributi, articoli edargomenti trattati scrivere otelefonare a:Ipsoa RedazioneAmministrazione&FinanzaCasella Postale 12055 –20120 Milanotelefono 02.82476.085 –telefax [email protected]

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EDITRICEWolters Kluwer Italia s.r.l.Strada 1, Palazzo F620090 Milanofiori Assago (MI)INDIRIZZO INTERNETHTTP://www.ipsoa.it

DIRETTORE RESPONSABILEGiulietta Lemmi

REDAZIONEElena Rossi,Michaela Ventrella

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FOTOCOMPOSIZIONESinergie Grafiche SrlViale Italia, 1220094 Corsico (MI)Tel. 02/57789422

STAMPAGECA s.p.a.Via Magellano, 1120090 Cesano Boscone (MI)

Bilancio&Reddito

Crisi d’impresaImprese IFRS adopters in crisi ed informativacontabileAl momento i principi contabili internazionali non prevedo-no disposizioni specifiche per le imprese in crisi circa l’in-formativa da fornire e le scelte contabili e valutative da adot-tare, mentre nel contesto nazionale e stato recentementepubblicato l’OIC 6. E cosı interessante valutare se nella pras-si i principi internazionali possano rispecchiare fedelmenteuna situazione di crisi, oltre ad analizzare empiricamente see fino a che punto l’OIC 6 possa colmare eventuali lacune ecoordinarsi con la disciplina internazionale.

di Alberto Quagli e Miriam Rivera - Universita di Genova 7

IVACrisi economica delle imprese. Quali conseguenzein caso di omesso versamento dei tributi?La circolare n. 12 della Fondazione Centro Studi dell’UnioneGiovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili(UNGDC), datata 2 aprile 2013, ha illustrato le conseguenzepenali relative all’omesso versamento dell’IVA, con partico-lare riferimento alla sussistenza del dolo d’evasione richiestodalla normativa penale tributaria, nelle ipotesi in cui l’impre-sa si trovi in una situazione di grave ed irreversibile crisifinanziaria.

di Marco Bargagli 14

CreditiPerdite su crediti: deducibilita in caso di procedureconcorsualiL’Agenzia delle Entrate ha fornito, tramite la C.M. 26/E, im-portanti chiarimenti relativamente alle nuove ipotesi di de-ducibilita fiscale delle perdite su crediti introdotte nel 2012dai D.L. crescita e sviluppo.

di Salvatore Giordano - Dottore commercialista in Salerno 18

ReportingBilancio Integrato: cosa chiedono gli analistifinanziari?Vengono presentati i risultati di una ricerca empirica finaliz-zata a verificare se l’adozione di un sistema integrato di co-municazione da parte delle societa consente di facilitare l’at-tivita di selezione e valutazione non solo delle informazionifinanziarie ma anche di quelle non-financial da parte deglianalisti finanziari.

di Gasperini Andrea e Federica Doni 24

n. 11novembre 2013

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ABBONAMENTIGli abbonamenti hanno durataannuale, solare:gennaio-dicembre;rolling: 12 mesi dalla datadi sottoscrizione, e siintendono rinnovati, in assenzadi disdetta da comunicarsientro 60 gg. prima della datadi scadenza a mezzoraccomandata A.R. da inviarea Wolters Kluwer Italia S.r.l.Strada 1 Pal. F6 Milanofiori20090 Assago (MI).Servizio Clienti:tel. 02/824761; - e-mail:[email protected] -www.ipsoa.it/servizioclientiCompresa nel prezzodell’abbonamento l’estensioneon line della Rivista,consultabile all’indirizzowww.ipsoa.it/dottrinaeazienda.itItalia annuale: E 267,00Estero annuale: E 534,00Prezzo copia: E 28,00Richiesta di abbonamento:scrivere o telefonare a:IPSOA, Ufficio venditeCasella postale 1205520120 MilanoTelefono 02.82 47 6.794Telefax 02.82 47 6.403Forma di pagamento:– versare l’importo sul c.c.p.

n. 583203 intestato aWKI s.r.l. Gestione incassi,Strada 1, Palazzo F6,Milanofiori (indicare nellacausale del versamento iltitolo della rivista e l’annodell’abbonamento),

Governo d’impresa

AuditIl ruolo dell’internal audit nell’ambito del businesscontinuity managementLa complessita delle organizzazioni aziendali e le minacce dieventi esterni, non ultima la crisi finanziaria, hanno accre-sciuto l’esigenza di realizzare piani di business continuity.Anche in questo contesto l’internal audit puo giocare un ruo-lo fondamentale attraverso lo svolgimento di attivita consu-lenziali in fase di stesura del modello di continuita aziendale,la promozione di un’adeguata cultura, il supporto nella for-mazione delle risorse, l’assistenza all’effettuazione di test pe-riodici e il controllo dei risultati.

di Silvia Catalano, Francesco Barraco e Mario Anaclerio 32Revisione

D.Lgs. n. 39/2010 e suo impatto sulla normativavigente: una sintesiEvoluzione storica ed effetti sulla normativa previgente impo-sti dal D.Lgs. n. 39/2010 in un sintetico excursus sull’evoluzio-ne della regolamentazione in materia di Revisione Legale.

di Alberto Pesenato 38

Finanza aziendale

FinanziamentiFondo per la crescita sostenibile: al via il bandoper ricerca e sviluppoCon lo sblocco di una prima tranche di risorse destinate allasezione ricerca e sviluppo del Fondo per la crescita sosteni-bile, parte il bando per la concessione di finanziamenti age-volati alle imprese nazionali che investono in ambiti tecno-logici innovativi. L’obiettivo e quello di stimolare l’attivita diricerca sulle «Tecnologie abilitanti fondamentali» e sugliobiettivi della priorita «Sfide per la societa» previsti dal Pro-gramma Horizon 2020, concentrando gli sforzi nazionali conquelli comunitari, a sostegno di investimenti efficaci per lacrescita e la competitivita del nostro sistema produttivo.

di Roberta Dugnani - Finanza agevolata per le imprese 44Tecniche di finanziamento

Crowdfunding: una nuova frontiera per la raccoltadi capitaliL’Italia e il primo Paese a essersi dotato di una normativadedicata al crowdfunding, battendo sul tempo perfino gliStati Uniti dove il fenomeno e nato. Ma cos’e di preciso? Equali opportunita fornisce alle imprese questo nuovo stru-mento di fund raising?

di Guidalberto Gagliardi e Anna Tonella 51

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oppure– inviare assegno

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Egregio abbonato,ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 30 giu-gno 2003 n. 196, La informiamo che iSuoi dati personali sono registrati su da-tabase elettronici di proprieta di WoltersKluwer Italia S.r.l., con sede legale in As-sago Milanofiori Strada 1-Palazzo F6,20090 Assago (MI), titolare del trattamen-to e sono trattati da quest’ultima tramitepropri incaricati. Wolters Kluwer ItaliaS.r.l. utilizzera i dati che La riguardanoper finalita amministrative e contabili. ISuoi recapiti postali e il Suo indirizzo diposta elettronica saranno utilizzabili, aisensi dell’art. 130, comma 4, del D.Lgs.n. 196/2003, anche a fini di vendita direttadi prodotti o servizi analoghi a quelli og-getto della presente vendita. Lei potra inogni momento esercitare i diritti di cuiall’art. 7 del D.Lgs. n. 196/2003, fra cui ildiritto di accedere ai Suoi dati e ottenernel’aggiornamento o la cancellazione perviolazione di legge, di opporsi altrattamento dei Suoi dati ai fini di inviodi materiale pubblicitario, vendita direttae comunicazioni commerciali e di richie-dere l’elenco aggiornato dei responsabilidel trattamento, mediante comunicazionescritta da inviarsi a: Wolters Kluwer ItaliaS.r.l. - PRIVACY - Centro Direzionale Mi-lanofiori Strada 1-Palazzo F6, 20090 As-sago (MI), o inviando un Fax al numero:02.82476.403.

Distretti industrialiDistretti Italiani: urge un nuovo salto di qualitaNel Quarto Rapporto dell’Osservatorio Nazionale dei Distret-ti Italiani si rileva una fase recessiva prolungata e che nonaccenna a ridimensionarsi. Per superare la crisi e riuscire adagganciare i primi deboli segnali di ripresa e opportuno fareun salto di qualita strategico: innalzare le competenze, par-tecipare a reti «intelligenti», riposizionarsi sui mercati inter-nazionali, ridefinire i rapporti con le banche.

di Antonio Ricciardi - Coordinatore dell’Osservatorio Nazionaledei Distretti Italiani 61

Analisi di bilancioAnalisi di una societa specializzatanella compravendita di oro e metalli preziosiDalla riclassficazione dello stato patrimoniale e del contoeconomico, alla valutazione dei principali indici patrimonia-li, economici e finanziari, il presente articolo analizza il bi-lancio di una societa di «compro oro».

di Gianmaria Gavelli 70Creazione di valore

Valutazione e ristrutturazione del business portfolio:un caso, due approcciIn quest’articolo sara sviluppata la prima parte del caso CornIsland SpA. In particolare, nell’ambito della review periodicadelle tre business unit dell’impresa, sara effettuata la valuta-zione finanziaria delle medesime. La valutazione sara effet-tuata applicando sia l’approccio dei flussi di cassa attualiz-zati, sia quello dei profitti economici attualizzati. In un arti-colo in pubblicazione sul prossimo numero sara sviluppatala seconda parte del caso. Cioe quella relativa alla valutazio-ne delle alternative strategiche elaborate dall’A.D. della Busi-ness Unit Prodotti in Acciaio, per mitigare la prevista distru-zione di valore economico identificata durante la review del-la business unit.

di J. Nicolas Ubago Vivas e Marco Ubago Leardini 77Credit management

Gestione dei pagamenti, fulcro della strategiaper la ripresaA fronte del continuo aumento degli insoluti, le imprese ita-liane mostrano un’attenzione crescente alla gestione del cre-dito commerciale e dei pagamenti.

di Marco Preti - Amministratore Delegato CRIBIS D&B 85

INDICEIndice analitico 90

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di Stefano Pozzoli

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Clausola di ripensamento diritto di recesso ai sensi dell’art. 5 D.lgs. n. 185/1999- Decorsi 10 giorni lavorativi dalla data di ricevimento del bene da parte del cliente senza che questi abbia comunicato con raccomandata A.R. inviata a Wolters Kluver Italia S.r.l. (o mediante e-mail, fax o facsimile confermati con raccomandata A.R. nelle 48 ore successive), la propria volontà di recesso, la proposta si intenderà impegnativa e vincolante per il cliente medesimo. In caso di recesso da parte del cliente, entro lo stesso termine (10 giorni lavorativi dal ricevi-mento) il bene dovrà essere restituito per posta a Wolters Kluver Italia S.r.l., Milanofiori, Strada 1 - Pal. F6, 20090 Assago (MI) - telefax 02.82476.799.

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Imprese IFRS adopters in crisied informativa contabiledi Alberto Quagli e Miriam Rivera (*)

Al momento i principi contabili internazionali non prevedono disposizioni specifiche per leimprese in crisi circa l’informativa da fornire e le scelte contabili e valutative da adottare, mentrenel contesto nazionale e stato recentemente pubblicato l’OIC 6. E cosı interessante valutare senella prassi i principi internazionali possano rispecchiare fedelmente una situazione di crisi, oltread analizzare empiricamente se e fino a che punto l’OIC 6 possa colmare eventuali lacune ecoordinarsi con la disciplina internazionale.

Introduzione

Con i recenti strumenti proposti e potenziatidalle ultime riforme della Legge Fallimenta-re e, in particolare, con le rilevanti conse-guenze del Decreto sviluppo (1) e del recenteDecreto del fare (2), il legislatore ha cercatodi promuovere soluzioni alla crisi che per-mettessero la continuita dell’attivita azienda-le ed evitassero cosı il dissolvimento dellecombinazioni produttive. Alla luce di cio,dunque, le imprese hanno un’esplicita facol-ta di evitare il processo liquidativo, altrimen-ti previsto dalle procedure concorsuali distampo piu tradizionale, potendo percio con-tinuare l’esercizio della propria attivita e re-digere dei bilanci secondo il principio digoing concern, senza dover cosı applicare iprincipi liquidatori previsti dallo OIC 5.In linea con i principi di fedelta, chiarezza everidicita, pero, l’informativa di bilancio do-vra rispecchiare con trasparenza le condizio-ni in cui versa l’impresa: a tal fine, in ambitonazionale, il documento OIC 6 del Luglio2011 detta precise linee guida e principi acui devono attenersi le imprese che intra-prendono operazioni di turnaround, mentreniente di specifico esiste nei principi IFRS,trovandosi invece specifiche disposizioni neisingoli principi.Al che, sorge spontaneamente un dubbio sucome debbano comportarsi le imprese Ifrsadopters qualora versino in condizioni di cri-si e optino per operazioni di turnaround incontinuita di gestione: da un lato, infatti,

sembra difficile far prevalere le piu specifi-che e mirate disposizioni dell’OIC 6 rispettoa quanto previsto sul fronte internazionale.Dall’altro lato, tuttavia non bisogna dimenti-care che i principi internazionali stessi pre-vedono la prevalenza della sostanza sulla for-ma e un certo (e relativo) grado di flessibilitainformativa al fine di migliorare la qualitadescrittiva delle condizioni aziendali.

Il campione empirico

Al riguardo puo essere interessante valutarequali siano le risposte adottate nella prassidalle imprese Ifrs adopters che si trovano adintraprendere operazioni di turnaround. A talfine, si e scelto di analizzare un campione disoggetti composto da societa versanti in con-dizioni di crisi e tenute all’adozione dei prin-cipi contabili internazionali: nella fattispe-cie, la Black List Consob rispecchia entram-be le caratteristiche necessarie per il campio-ne dal momento che rappresenta l’elenco disocieta quotate sul mercato borsistico italia-no (si tratta, pertanto, di societa Ias-Ifrsadopters) ove la criticita delle condizioni fi-nanziarie (3) impone a tali societa una serie

Note:(*) Universita di Genova(1) D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazionidalla Legge 7 agosto 2012, n. 134.(2) D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazionidalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.(3) Complessivamente le societa in questione presentanosituazioni di palese difficolta, condizioni di squilibrio finan-

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di obblighi informativi con scadenza mensilenei confronti della Consob.La Black List Consob, come aggiornata a feb-braio 2013 (Tavola 1), consta di 35 societa suun totale di 296 societa quotate sul mercatoazionario italiano. Delle societa in questionesi sono, quindi, analizzate le informazioniesposte nel bilancio, nella relazione sulla ge-stione e nella relazione della societa di revi-sione. L’arco temporale preso in considera-zione per l’esame e individuabile nell’ultimoesercizio di cui si hanno a disposizione i dati,ossia l’esercizio 2012, dal momento che sisono voluti valutare al meglio sia i possibiliinflussi in ambito Ifrs a seguito della pubbli-cazione dell’OIC 6 (avvenuta nel luglio 2011),

sia le primissime conseguenze della rinnova-ta Legge fallimentare post Decreto sviluppo.Complessivamente vi e la tendenza a ricorrere astrumenti giuridicamente riconosciuti che tute-lino la continuita aziendale (4) e, nella fattispe-cie, si sono riscontrati 9 casi di piani attestati di

Tavola 1 - Societa appartenenti alla Black List e procedure adottate (febbraio 2013)

Nota:(continua nota 3)

ziario, come si puo evincere da indicatori quali la PFN,l’indebitamento scaduto, l’andamento in borsa (spessole quotazioni sono ritirate), oltre che a significativi squilibrieconomici e patrimoniali.(4) Molto spesso, i vari istituti si trovano a convivere tra diloro e a sovrapporsi, oltre che a dover essere aggiornati aseguito dei possibili scostamenti che si verificano in corsodi esecuzione.

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risanamento in atto (talvolta, pero, si prevedeun prossimo ricorso ad altri strumenti piu mi-rati), 8 casi di concordato preventivo sia nellaforma liquidatoria, sia in quella di continuita(talora l’omologazione non ha ancora avutoluogo), 7 casi di accordi di ristrutturazione deldebito (Tavola 2).Salvo alcune eccezioni (per altro piu ricor-renti tra le societa adottanti gli accordi diristrutturazione e il concordato preventivo)e salvo i casi in cui interviene la liquidazionevolontaria per cui e necessario redigere il bi-lancio secondo i principi liquidatori, in tutti irimanenti casi si mantiene il presupposto digoing concern, adottando i criteri di funzio-namento nella redazione dei documenti eco-nomici e finanziari (Tavola 3).

Riflessi contabili e valutatividelle operazioni di turn-around

Nel campione di societa Black List Consob sipuo analizzare quali siano le prassi adottateper la formulazione dell’informativa di bilan-cio e, in particolar modo, soffermarsi su co-me siano contabilizzate alcune tra le princi-pali operazioni di turnaround.

Generalmente le imprese in crisi mirano inprimo luogo a migliorare la loro situazionefinanziaria, anche mediante la ricerca dinuova finanza. Una tra le azioni piu ricorren-

Tavola 2 - Soluzioni adottate dalle societaappartenenti alla Black List Consob

Tavola 3 - Redazione documenti economici e finanziari

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ti volte al tamponamento della crisi finanzia-ria e la riduzione dell’esposizione debitoria:in tal caso, le societa Ifrs adopters non posso-no esimersi da quanto disposto dallo Ias 39,rientrando i debiti tra gli strumenti finanzia-ri. Pertanto, per lo Ias 39, nella maggior par-te dei casi i debiti - eccezion fatta per quellivalutati al fair value trough profit and loss -sono catalogati come loans&receivable e sonovalutati al costo ammortizzato con l’eventua-lita di impairment, qualora varino le condi-zioni contrattuali. Di conseguenza, per leoperazioni di ristrutturazione dell’indebita-mento (riduzione delle quote capitali, dellequote interessi maturati e maturandi, risca-denziamento delle rate) il valore iscritto abilancio verra adeguato mediante un impair-ment con cui si procedera ad una nuova sti-ma del valore attuale di tutti i nuovi flussi dicassa risultanti dagli impegni contrattuali as-sunti, al momento in cui tali nuove pattuizio-ni assumono efficacia. Dal confronto fra ilnuovo valore risultante da impairment e ilvalore iscritto precedentemente a bilancio,si individua cosı la componente positiva(storno di debiti) che sara interamente dicompetenza del periodo in cui gli accordi diturnaround diventano efficaci. Eukedos sicontraddistingue per la trasparenza con cui,in nota, viene presentato questo processo va-lutativo dal momento che sono indicate nonsolo qualitativamente, ma anche quantitati-vamente e in dettaglio le operazioni di stral-cio dei debiti (Tavola 4), oltre alla conversio-ne del debito in obbligazioni convertibili.Qualora poi l’indebitamento sia anche rimo-dulato, si riscontrano riclassificazioni a statopatrimoniale, non solo qualora si rivedano le

scadenze, ma anche allorche non si rispetti-no i covenants precedentemente pattuiti: intal caso l’esposizione debitoria deve esserericlassificata come a breve termine.Differentemente, per l’OIC 6 si distinguononettamente i casi di riduzione delle quote ca-pitali e delle quote interessi maturati dai casidi riduzione delle quote interessi maturandie di riscadenziamento delle rate: infatti, perla disciplina nazionale, nel caso di interessiancora da maturare e di riscadenziamentodelle rate, gli utili da ristrutturazione transi-teranno a conto economico e quindi i relativieffetti contabili avranno luogo lungo gli eser-cizi di effettiva realizzazione e non alla datadi ristrutturazione, cioe non nell’esercizio incui gli accordi contrattuali diventano effica-ci. Inoltre, differentemente dalla disciplinainternazionale per cui il valore di bilanciodel debito sara prontamente adeguato con ilnuovo valore attuale, l’OIC 6 stabilisce che ilnuovo valore economico del debito debba es-sere presentato solo nella nota integrativa.Alla luce di tutto cio, e pacifico osservarecome sussista una divergenza non colmabiletra le disposizioni internazionali e prescri-zioni dettate dall’OIC 6 in tema di contabiliz-zazione delle azioni di turnaround.Una delle tipologie di operazioni piu fre-quentemente condotte al fine di rimarginarele difficolta patrimoniali e finanziarie e rica-pitalizzare l’impresa mediante aumenti di ca-pitale (con o senza opzione), consolidamentidel debito in capitale o trasformazioni di de-biti in strumenti obbligazionari convertibili.Per quanto riguarda la conversione del debi-to in capitale, e essenziale precisare che lesocieta ifrs adopters non potranno prescinde-

Tabella 4 - Illustrazione in nota degli effetti della ristrutturazione (Note di Eukedos SpA)

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re dall’applicazione dell’IFRIC 19: di conse-guenza gli strumenti rappresentativi del ca-pitale emessi per estinguere un debito devo-no essere rilevati al fair value, a differenza diquanto disposto nella disciplina nazionaleche invece prevede che l’aumento di capitalecorrisponda per convenzione al valore deldebito ristrutturato che si va ad estinguerecon l’operazione. In tal modo, i bilanci redat-ti secondo i principi internazionali potrannopresentare utili o perdite e, quindi, dellecomponenti reddituali da iscrivere a contoeconomico, mentre nei documenti nazionalinulla di tutto cio apparira di seguito al con-solidamento del debito (evitando, tra l’altro,un possibile annacquamento del capitale, al-trimenti latente nel contesto internazionale).Per migliorare la gestione sotto una prospet-tiva piu prettamente economica, si puo an-che cercare di ridurre complessivamente icosti (molto spesso quelli relativi al persona-le), oltre a optare per operazioni di disinve-stimento e dismissione di assets che esulanoil core business. Nella fattispecie, per le di-smissioni di attivita non correnti, quali leimmobilizzazioni materiali, i principi inter-nazionali descrivono nel dettaglio come, aseguito di una riclassificazione, si possa pas-sare dall’applicazione dello IAS 16 all’appli-cazione dell’IFRS 5: solo se sono rispettati irequisiti puntualmente previsti dal principiocontabile in questione, si puo interrompere ilprocesso di ammortamento cosı da avere mi-nori oneri a conto economico e valutare ilcespite come fosse un elemento di magazzi-no, cioe al minore tra costo (ossia il valorecon cui erano presenti in contabilita) e valo-re di presumibile realizzo (ossia il fair valueal netto dei costi di vendita).Dalle operazioni di turnaround tuttavia, nonderivano solo benefici economici e compo-nenti reddituali positive, ma scaturisconoanche degli oneri conseguenti alla messa inatto delle azioni necessarie per il risanamen-to: si tratta essenzialmente costi di serviziquali consulenze professionali, spese notarilie legali, commissioni ed oneri per servizi fi-nanziari, etc. In questi casi, analogamente aquanto previsto nell’OIC 6, anche i principiinternazionali, alla luce dello IAS 38, nonprevedono la capitalizzazione dei costi af-frontati per la ristrutturazione, dal momento

che ne sono controllabili ne e possibile mi-surarne il beneficio futuro.Oltre a questi oneri, nella prassi, poi, si puoconstatare come siano ricorrenti le svaluta-zioni specie riferite alle partecipazioni di col-legamento e alle joint venture visto che spes-so risentono di un andamento negativo delgruppo, essendo tendenzialmente valutatecon l’equity method. Le partecipazioni, senon significative, posso anche essere valutateal fair value (5), risentendo anche in questocaso, dell’andamento economico della parte-cipata ai fini della loro valutazione.Dai bilanci delle societa Black List Consobappare chiaramente come le svalutazioni, aseguito degli impairment test, interessino an-che le immobilizzazioni materiali e immate-riali e, in particolar modo, la voce avviamen-to: infatti, il calcolo del value in use median-te il metodo dei discounted cash flow risenti-ra nettamente delle condizioni di difficoltaeconomiche e finanziarie. Tali circostanzeandranno ad influenzare non solo sui flussidi cassa attesi per la gestione futura (solita-mente ristimati in negativo), ma anche sultasso di attualizzazione (incrementato dal-l’aggravarsi del rischio), senza dimenticareche anche il terminal value sara influenzatoda un possibile contesto di crisi generale finoal punto di dover essere stimato prudenzial-mente con valori approssimabili attorno allozero. In questo modo e piu che comprensibi-le come il valore recuperabile possa essereinferiore a quello iscritto a bilancio. Inoltre,e bene ricordare che secondo lo IAS 36 l’av-viamento e il primo elemento oggetto di sva-lutazione e deve essere svalutato fino al con-correre dell’intera voce. Nel caso di DMailSpa, per altro, tale processo valutativo vienedescritto accuratamente, spiegando ai lettoridel bilancio la riformulazione dei flussi dicassa e le scelte inerenti ai tassi di sconto.Generalmente i proventi e gli oneri derivantidalle operazioni di ristrutturazione e di risa-namento, non sono catalogati come straordi-nari, a differenza di quanto disposto dall’OIC

Nota:(5) Differentemente i principi contabili italiani per le par-tecipazioni immobilizzate prevedono essenzialmente ilmetodo costo (con relativa svalutazione solo a fronte diperdite durevoli) oppure - esclusivamente nei casi di in-fluenza notevole - l’equity method.

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6, visto che lo IAS 1 non prevede un’areastraordinaria a conto economico. Tuttavia econsentito costituire delle voci specifiche perevidenziare i valori piu significativi: ad esem-pio per mezzo di voci quali «oneri e proventida ristrutturazione» come nel caso della Zuc-chi Spa o mediante l’illustrazione in nota del-le voci riassuntive quali «altri ricavi», solu-zione a cui opta CogemeSET Spa oppure di-stinguendo, di seguito alle macro-voci diconto economico, la quota non ricorrente co-me preferisce Eukedos Spa.A tal riguardo, dunque, i principi internazio-nali divergono dalla disciplina italiana laquale invece, prevede che i proventi da ri-strutturazione (come i benefici derivanti dal-la rimodulazione dell’esposizione debitoria)siano classificati nella voce di conto econo-mico E.20 come proventi straordinari vista lanon ordinarieta dell’evento e la loro scarsafrequenza. Analogamente anche i costi e lespese conseguenti alla ristrutturazione devo-no essere classificati tra gli oneri straordina-ri nella voce E.21 e separatamente evidenzia-ti. Qualora poi tali costi non siano ancoramaturati, l’OIC 6 - alla luce delle disposizionidell’OIC 19 - prevede la possibilita di creareun fondo spese future (mentre maggiori sonole restrizioni previste dai principi internazio-nali per cui e possibile stipulare un fondospese solo a fronte di spese derivanti dallalegge, da contratto o da spese qualificate co-me constructive).

Le informazioni da fornire in nota

A differenza dei principi internazionali percui non vi sono disposizioni ad hoc per leimprese in crisi, l’OIC 6 provvede a disporrenel dettaglio quali siano le informazioni ne-cessarie in nota integrativa affinche possanofornire «una chiara percezione della situa-zione di difficolta finanziaria».Nello specifico, l’OIC 6 prevede che si diauna dettagliata rappresentazione della gravi-ta della situazione finanziaria, motivandonele cause e esaminando le condizioni di inde-bitamento complessivo, non solo nell’eserci-zio in cui eventualmente si ricorra ad unodegli strumenti giuridici volti al turnaround,ma anche negli esercizi precedenti e succes-sivi. E altresı necessaria un’accurata descri-zione circa il presupposto di continuita

aziendale, illustrando nel dettaglio come rea-gira l’impresa e quali operazioni si intendanointraprendere, specificando se conseguente-mente sia possibile rispettare il principio digoing concern. Per le operazioni di turna-round bisogna poi specificarne i principalitratti e gli effetti che si vogliono conseguire(in particolare relativamente alla PFN, al ca-pitale e al reddito), non solo nell’esercizio incui si opta per uno strumento di risanamen-to, ma anche negli esercizi precedenti qualo-ra siano in corso le trattative e in quelli suc-cessivi per verificare se e come si raggiungo-no gli obiettivi in precedenza posti. Si devo-no anche offrire una serie di informazionisullo strumento di ristrutturazione come da-ta di pattuizione, i contenuti, le fasi e le tem-pistiche, la presenza di covenants e i debitioggetto di ristrutturazione (fornendo un pro-spetto con quali debiti e in quale misura sia-no ristrutturati e rinegoziati, precisandoneanche le scadenze e i dati della ristruttura-zione) (6). Sono inoltre necessarie anche del-le continue disclosure volte al monitoraggiodella PFN, delle illustrazioni componentireddituali positive e negative conseguenti laristrutturazione e delle garanzie poste, oltrea descrivere lo stato di avanzamento ed evi-denziare eventuali scostamenti.In ambito internazionale e interessante os-servare come le imprese costituenti il cam-pione oggetto d’analisi forniscano una seriedi dati ricalcanti tendenzialmente quelli pre-visti dalla disciplina italiana. Tuttavia, dauna prima analisi appare come non si ricorraad un grado di dettaglio omogeneo ed unifor-me, risultando alcuni documenti molto pun-tuali e trasparenti e altri piu opaci e generici:in particolare, l’informativa e piu dettagliatae precisa sia in tema di azioni di turnaround,sia di presupposto di continuita, sia di dia-gnosi della crisi per imprese che adottanoprocedure di concordato preventivo (comeaccade per CogemeSET Spa ed Eukedos) e

Nota:(6) E necessario specificare le modalita di ristrutturazionee per cui si e optato, illustrando in che modo sono statimodificati i termini originari del debito, il valore contabileante e post ristrutturazione, il valore economico con i con-seguenti benefici, oltre ad una serie di informazioni circa itassi contrattuali di interessi, i nuovi tassi effettivi, la durataresidua e le scadenze dei debiti in questione.

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accordi di ristrutturazione (quali Zucchi Spae Dmail Spa), mentre tale diligenza viene de-cisamente meno per piani attestati (tale dif-ferenza nell’accuratezza delle note e delle re-lazioni sulla gestione, pero, vale per l’infor-mativa vista complessivamente). General-mente si puo cosı sottolineare come una se-rie di disclosure, gia dettate dall’IFRS 7 (7),siano decisamente piu approfondite per lesocieta in crisi, andandosi praticamente adallineare con le disposizioni dettate dall’OIC6: DMail Spa, ad esempio, approfondisce indettaglio la decisione di adottare il presuppo-sto di continuita, illustrando come comun-que si opti per valutazioni estremamenteprudenti, mentre Zucchi Spa presenta un’ac-curata disclosure in tema di rischi di liquiditamediante tabelle indicanti le scadenze delleesposizioni debitorie e le variazioni interve-nute nei finanziamenti. CogemeSET Spa in-vece, offre informazioni molto puntuali circala suddivisione in classi dei creditori e circa irelativi pagamenti, elencando anche gliobiettivi al momento raggiunti.

Conclusioni

Oltre a constatare una maggiore opacita pergli strumenti giuridici meno strutturati qualii piani attestati e una maggiore trasparenzaper gli accordi di ristrutturazione, special-mente per concordati preventivi, si puo os-servare come, vista la flessibilita dei principiinternazionali, nei casi di societa nazionali siprofila anche la possibilita di declinare le di-sposizioni dei principi internazionali tenen-do conto delle peculiarita delle condizioniaziendali e traendo talvolta anche spuntodalle disposizioni specifiche dettate dall’OIC6, essenzialmente per quello che riguarda leinformazioni da fornire in nota.Pertanto, a seguito dell’analisi condotta, sipuo pensare che sia possibile un tentativodi coordinamento tra le disposizioni nazio-nali specificatamente dettate in tema di crisie ristrutturazione del debito e le disposizioniIAS/IFRS per quanto riguarda le disclosureda fornire in nota e nella relazione sulla ge-stione, mentre minori gradi di liberta sonoconcessi per la valutazione delle poste conta-bili dal momento che prevale nettamente l’e-gida dei principi internazionali seppur se ri-guardanti una gestione ordinaria.

Tale opportunita di coordinamento potra si-curamente maturare ulteriormente, sia afronte delle recenti disposizioni nazionali dilegge (di cui si sono solo iniziati ad intrave-dere gli effetti a seguito del recente Decretosviluppo), sia a fronte di possibili, future emirate best practice ancora da formularsisul piano internazionale.In attesa di prossime evoluzioni della mate-ria, avendo considerato quale sia il potenzia-le di flessibilita informativa prevista dai prin-cipi internazionali, pare opportuno sottoli-neare come esso possa essere maggiormentesfruttato dalle imprese affinche i documenticontabili siano maggiormente trasparenti eaffinche le operazioni di turnaround con iloro relativi riflessi contabili siano fedelmen-te rappresentati e chiaramente interpretabilidalla globalita degli stakeholders.

Nota:(7) Cioe le informazioni inerenti al rischio di liquidita, allacomplessiva risk disclosure, alle incertezze, alla PFN, alleposizioni debitorie scadute, alle relative ageing list, oltreai dettagli riguardanti le rimodulazioni dell’esposizione de-bitoria

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Crisi economica delle imprese.Quali conseguenze in caso diomesso versamento dei tributi?di Marco Bargagli

La Circolare n. 12 della Fondazione Centro Studi dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti edEsperti Contabili (UNGDC), datata 2 aprile 2013, ha illustrato le conseguenze penali relativeall’omesso versamento dell’IVA, con particolare riferimento alla sussistenza del dolo d’evasionerichiesto dalla normativa penale tributaria, nelle ipotesi in cui l’impresa si trovi in una situazionedi grave ed irreversibile crisi finanziaria.

Premessa

L’attuale crisi economica e finanziaria a livel-lo mondiale, compromessa ulteriormente dalritardo dei pagamenti della pubblica ammini-strazione, sta creando seri problemi alle im-prese italiane sotto il profilo della liquidita.Sempre piu frequentemente, le aziende fati-cano ad onorare le proprie obbligazioni pe-cuniarie, correlate al pagamento dei debiti,ivi compresi quelli tributari.A questo punto occorre domandarsi se la cri-si economica dell’impresa, che genera talvol-ta un’irreversibile carenza di risorse finan-ziarie, possa costituire una causa di forzamaggiore per l’imprenditore, tale da esclude-re il reato di omesso versamento dell’IVA edelle ritenute certificate.

I profili penali dell’omessoversamento IVA e delle ritenute

Come noto, ai fini penali, il D.Lgs. 10 marzo2000, n. 74 prevede due ipotesi sanzionatorein caso di omesso versamento di ritenute cer-tificate ai fini Irpef e nell’ipotesi di omessoversamento dell’IVA dovuta.In particolare:– ai sensi dell’art. 10-bis del D.Lgs. 74/2000,rubricato «Omesso versamento di ritenutecertificate», e punito con la reclusione dasei mesi a due anni chiunque non versa, en-tro il termine previsto per la presentazionedella dichiarazione annuale del sostituto di

imposta (1), le ritenute risultanti dalla certi-ficazione rilasciata ai sostituiti, per un am-montare superiore a cinquantamila euro perciascun periodo d’imposta;– ai sensi del successivo art. 10-ter del D.Lgs.74/2000 rubricato «‘‘Omesso versamento diIVA», la disposizione di cui all’articolo 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche achiunque non versa l’imposta sul valore ag-giunto, dovuta in base alla dichiarazione an-nuale, entro il termine per il versamento del-l’acconto relativo al periodo di imposta suc-cessivo (27 dicembre 2013, con riferimentoall’anno 2012).Per quanto riguarda il reato di «Omesso ver-samento di ritenute certificate», occorre chele stesse risultino dalla certificazione rila-sciata dal sostituto di imposta ai soggetti so-stituiti ed il versamento, per un importo su-periore ad E 50 mila, sia omesso entro il ter-mine previsto per la presentazione della di-chiarazione annuale di sostituto di imposta(modello 770).Di contro, il reato di omesso versamento diIVA si realizza, ad esempio, in caso di un

Nota:(1) Il modello 770 Semplificato deve essere presentato te-lematicamente entro il 31 luglio, direttamente o tramite unintermediario abilitato (professionisti, associazioni di cate-goria, Caf, ecc.). Il termine di presentazione e stato pro-rogato dal 31 luglio al 20 settembre 2013 (Dpcm del 24/07/2013).

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omesso versamento d’imposta dovuto perl’anno 2012, di importo superiore ad euro50 mila, che deve essere effettua-to entro il 27 dicembre 2013 (ter-mine previsto per il versamentodell’acconto IVA).

I chiarimenti della UNGDC

La circolare n. 12, della Fonda-zione Centro Studi dell’UnioneGiovani Dottori Commercialisti ed EspertiContabili (UNGDC), in data 2 aprile 2013,ha analizzato le conseguenze riferite all’o-messo versamento dell’IVA dovuta dall’im-presa, con particolare riferimento alla sussi-stenza del dolo generico d’evasione previstodalla normativa penale - tributaria.In particolare, la citata circolare ha chiaritoche perche possa escludersi la sussistenzadel dolo (anche nella forma del dolo c.d.eventuale), e necessario che:a) risulti integrata una situazione di vera epropria insolvenza (non mera illiquidita tem-poranea);b) detta situazione abbia avuto origine in unmomento anteriore o, quantomeno, conco-mitante alla scadenza del termine entro ilquale, secondo le disposizioni tributarie, l’I-VA avrebbe dovuto essere versata e sia anco-ra in essere alla scadenza del termine sancitodall’art. 10-ter del decreto 74/2000 (27 dicem-bre);c) tale perdurante situazione di insolvenzanon sia stata causata (o con-causata) dallostesso imprenditore;d) la situazione di insolvenza sia stata «gesti-ta» dall’imprenditore, dal momento in cuil’insolvenza stessa si e conclamata, sino almomento in cui e scaduto il termine di cuiall’art. 10-ter del decreto 74/2000, nel rispettodelle regole civilistiche che disciplinano i pa-gamenti.Solo a queste condizioni, tutte necessaria-mente oggetto di una complessiva allegazio-ne, sara possibile escludere la sussistenza deldolo da parte dell’agente, il quale non pagal’imposta non perche non vuole, ne perche haaccettato il rischio del verificarsi della im-possibilita di adempiere, ma perche «nonpuo» pagare per cause realmente indipen-denti dalla sua volonta.Inoltre, il citato documento della fondazione

rileva che non sara sufficiente invocare l’esi-stenza della («pur drammaticamente riscon-

trabile») crisi economica e finan-ziaria che ha investito il Paese,ne si potra genericamente richia-mare un «blocco» del proprio set-tore di appartenenza, ne infine cisi potra lamentare della («a voltesicuramente ingiustificata») im-possibilita di accedere al credito.Dovra invece dimostrarsi, attra-

verso una allegazione analitica, opportuna-mente accompagnata da una relazione di ca-rattere tecnico:– che l’impresa versava in una situazione direale insolvenza (quindi non di «semplice»illiquidita transitoria);– che detta situazione di insolvenza e sortaprima o al piu tardi alla scadenza del termineprevisto dalle disposizioni tributarie per ilversamento IVA;– che la stessa situazione era presente al mo-mento della scadenza del termine indicatodall’art. 10-ter;– che l’imprenditore non ha cagionato l’in-solvenza;– che, una volta insorta tale condizione, l’im-prenditore medesimo ha posto in essere unacondotta conforme alle previsioni normative,in particolare con riferimento ai pagamenti.

La posizione della giurisprudenza

Commissione Tributaria Provincialedi Lecce, Sez. I, sentenza n. 352del 23 luglio 2010Il giudice tributario ha stabilito che deve es-sere riconosciuta la causa di esclusione per«forza maggiore», con conseguente disappli-cazione delle sanzioni, al contribuente che,in una situazione imprevedibile ed improvvi-sa di crisi economica derivata da fattori indi-pendenti dalla propria volonta, non sia statoin grado di onorare gli impegni finanziari perla liquidazione delle imposte.Nel caso oggetto di controversia, la societaricorrente ha documentalmente dimostratodi essere in crisi finanziaria: trattasi, prose-gue il giudice tributario, di una anormalitanella formazione della volonta del soggetto,che esclude la responsabilita dello stesso, inaderenza a cio che si verifica nel campo pe-nale e civile.

Sempre piu spessole imprese italiane

faticano ad onorareil pagamento dei debiti,

ivi compresi quellitributari.

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La forza maggiore e una forza esterna, chedetermina la persona o la societa, in modoinevitabile, a compiere un atto non voluto.In definitiva, la «forza maggiore» puo ricor-rere in caso di fatti imprevedibili ed inevita-bili da parte di terzi soggetti, che hanno im-pedito al contribuente di rispettare le normefiscali.

Tribunale di Firenze, sentenza Gipdel 27 luglio 2012«Omesso versamento di I.V.A. - Illiquidita -Dolo - Esclusione (D.Lgs. 10 marzo 2000, n.74, art. 10 ter)».In tale circostanza il giudice per le indaginipreliminari ha rilevato che il processo pena-le, a differenza di quello tributa-rio, impone di valutare e di pro-vare la volontarieta dell’omissio-ne (il c.d. dolo specifico di evade-re le imposte).In caso di grave crisi finanziariail comportamento omissivo tenu-to dal contribuente, e correlatoall’impossibilita oggettiva di nonpotere adempiere al pagamento.In particolare, la crisi economicache ha colpito l’impresa ha posto il contri-buente in una condizione di «illiquidita»che lo ha reso inadempiente al pagamentodel tributo (IVA). Tuttavia, il comportamentotenuto dall’agente, non risulta perseguibile aifini penali.In ordine alla vicenda, l’imputato dichiaravaal giudice che al momento in cui erano avve-nuti i fatti la sua ditta, che stava facendo unlavoro importante per un cliente, si era tro-vata in estrema difficolta economica, percheil committente non aveva onorato le scaden-ze dei pagamenti dovuti. Per tale motivo ilcontribuente non era stato in grado di ottem-perare al pagamento dell’IVA.Il giudice, ha ritenuto che l’imputato dovesseessere assolto per «carenza dell’elemento psi-cologico del reato». Infatti, sempre secondoil G.I.P., le gravi difficolta economiche dovu-te al mancato adempimento di creditori dellasua azienda avrebbero posto l’imputato «inquella situazione che la dottrina e la giuri-sprudenza hanno definito di illiquidita».Quindi, posto che «la condotta omissiva delcontribuente puo essere sanzionata, in quantosi versi in una ipotesi di dolo, seppur generi-

co», esito ultimo del giudizio e stata l’assolu-zione «perche il fatto non costituisce rea-to» (2).

Tribunale di Novara, sentenza n. 91000del 26 marzo 2013Il giudice penale si e pronunciato sulla rile-vanza dei delitti previsti dagli artt. 10-bis e10-ter del D.Lgs. n. 74/2000.In particolare, il contribuente non aveva ver-sato, nei termini previsti, l’imposta sul valoreaggiunto e le ritenute alla fonte operate rife-rite all’esercizio 2006.Di conseguenza, l’amministratore e legalerappresentante della societa e stato segnalatoall’autorita giudiziaria per i reati di omesso

versamento di ritenute certificate(art. 10 - bis, decreto n. 74/2000)ed omesso versamento di IVA(art. 10 - ter, decreto n. 74/2000).In merito, la societa ha dimostra-to che l’importante crisi di liqui-dita non e dipesa da atti di malagestio posti in essere dagli ammi-nistratori, bensı da sopravvenutecondizioni contrattuali avverse,che determinavano un’importan-

te mancanza di liquidita da scompenso fi-nanziario. Quindi, il contribuente e stato as-solto dai reati a lui ascritti, in quanto l’omes-so versamento dei tributi e stato determinatodalla grave crisi finanziaria in cui si trovaval’impresa.Sul punto, il Tribunale di Novara ha rilevatoche:– il sopraggiungere di una crisi di liquidita didimensioni tanto importanti da comportarelo scioglimento e la messa in liquidazionedell’ente, rappresenta causa di forza maggio-re, idonea ad escludere la volonta del sogget-to, sotto forma di dolo specifico d’evasione,di omettere il versamento dei tributi dovuti;– non tutte le situazioni di crisi finanziariapossono escludere il reato, ma solo quelledeterminate da fattori estranei alla sfera dicontrollo dell’imprenditore ed in alcun modoriconducibili a una sua mala gestio, tali da

Il sopraggiungeredi una importante crisi

di liquidita a caricodell’impresa,

rappresenta una causadi esclusione del reatodipendente da forza

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Nota:(2) Per approfondimenti nella subiecta materia cfr. Omes-so versamento di I.V.A. e crisi di liquidita, Federico Romoli,www.archiviopenale.it.

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delineare una sorta di illiquidita non preve-dibile ne altrimenti evitabile.

Conclusioni

Le argomentazioni sopra illustrate consento-no di affermare che il sopraggiungere di unaimportante crisi di liquidita a carico dell’im-presa, rappresenta una causa di esclusionedel reato dipendente da forza maggiore.Tuttavia, non tutte le situazioni di crisi fi-nanziaria possono escludere il reato, ma soloquelle veramente gravi e perduranti nel tem-po, determinate da fattori estranei alla sferadi controllo del management aziendale, checomportino una profonda crisi di liquiditanon prevedibile ne altrimenti evitabile.In conclusione, qualora l’imprenditore si tro-vi, in un determinato momento, in una crisidi liquidita insuperabile, l’omissione non po-

tra essere imputata ad un comportamentovolontario del contribuente, mancando il do-lo specifico d’evasione richiesto dalla normapenale.Tuttavia, la situazione che comporta illiqui-dita aziendale non dovra derivare da una mo-mentanea situazione di crisi transitoria, madovra essere riferita ad una vera e propriaperdurante impossibilita a far fronte alle ob-bligazioni aziendali. Ricorrendo tali condi-zioni, il soggetto passivo potrebbe evitare lasanzione penale, ferma restando l’obbligazio-ne tributaria nei confronti dell’Erario, quan-tomeno per le imposte dovute e non versate.Lo stato di necessita dovuto alla situazioneeconomica ovvero la causa di «forza maggio-re» potrebbero, come stabilito dalla CTP diLecce, con la sentenza n. 352/2010, evitarel’applicazione delle sanzioni tributarie.

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Perdite su crediti: deducibilitain caso di procedure concorsualidi Salvatore Giordano (*)

L’Agenzia delle Entrate ha fornito, tramite la C.M. 26/E, importanti chiarimenti relativamente allenuove ipotesi di deducibilita fiscale delle perdite su crediti introdotte nel 2012 dai D.L. crescita esviluppo.

Premessa

L’art. 33, comma 4, del D.L. 22 giugno 2012,n. 83 ha modificato il comma 5 dell’art. 101del TUIR inserendo la certezza della deduci-bilita derivante dai nuovi strumenti per lacrisi d’impresa previsti dalla riforma del di-ritto fallimentare alternativi alla procedureconcorsuali tradizionali, quali gli accordi diristrutturazione ed i c.d. piani attestati di ri-sanamento (1).In sostanza, il Legislatore ha introdotto rile-vanti cambiamenti sia sul fronte del «debito-re» che su quello del «creditore» in presenzadelle suddette procedure concorsuali.A commento di tali modifiche, l’Assonime,con la circolare n. 15 del 13 maggio 2013ha fornito alcuni chiarimenti sulle nuove di-sposizioni. Successivamente, a seguito dellesummenzionate novita, l’Agenzia delle En-trate ha fornito delucidazioni riguardanti iltrattamento fiscale applicabile alle nuoveipotesi di deducibilita fiscale delle perditesu crediti (2).In particolare, per quanto concerne la deter-minazione degli elementi certi e precisi, ne-cessari ai fini della deducibilita della perditasu crediti, il comma 5 dell’art. 101 del TUIRprevede ipotesi in presenza delle quali talielementi possono considerarsi realizzati egli stessi sono stati commentati dall’Agenziadelle Entrate con la circolare 26/2013.Nel presente lavoro, dopo una panoramicasulla norma di deducibilita in generale, sitrattera delle perdite relative a crediti in casodi procedure concorsuali ed in particolare cisi soffermera sulla deducibilita delle perditesu crediti nel caso in cui il debitore ha con-cluso un accordo di ristrutturazione dei de-

biti, tenendo conto della recente circolare dicui sopra.

Elementi certi e precisi

L’art. 101, comma 5 del TUIR consente ladeduzione di tali costi qualora sussistanoquegli «elementi certi e precisi» che permetta-no di considerare acquisita a titolo definitivola perdita del credito, nonche prevede unapresunzione assoluta di «certezza» della per-dita nel momento in cui il debitore e assog-gettato a procedure concorsuali (3).Sull’esatta definizione di questa locuzione,tuttavia, si registrava - prima della Circolaren. 26/2013 - un contrasto tra Amministrazio-ne finanziaria (ancorata ad una impostazio-ne estremamente restrittiva) e giurispruden-za prevalente (orientata verso tesi meno rigi-de quanto ad oneri probatori).Secondo l’orientamento dell’Amministrazio-ne finanziaria, costituiscono elementi certie precisi ai fini della deduzione della perdita:� l’infruttuosita di procedure esecutive indi-viduali intentate contro il debitore;� l’«abbandono» del credito a causa del suomodesto importo in rapporto alle spese legali

Note:(*) Dottore commercialista in Salerno(1) Cfr. G. Marini e M. Muratori, «Novita in tema di proce-dure concorsuali: sopravvenienze attive e perdite su cre-diti» in Amministrazione & Finanza, 2013, 8, pag. 42.(2) Cfr. C.M. 1 agosto 2013 n. 26 - Agenzia delle Entrate -Direzione Centrale Normativa(3) Cfr. S. Giordano, Il nuovo manuale delle scritture con-tabili, Maggioli, 2013, pagg. 563 e seguenti.

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che si sarebbero dovuto sostenere per il suorecupero (4);� la rinuncia al credito, indipendentementedalla motivazione sottostante (5).Inoltre, a contrario, secondo la risoluzionedell’Agenzia delle Entrate del 23 gennaio2009 n. 16/E, la temporanea illiquidita deldebitore non e condizione sufficiente per ri-conoscere la deducibilita dellaperdita, anche se poi seguita dapignoramento infruttuoso.Un’impostazione molto meno ri-gorosa e stata, come detto, adot-tata dalla giurisprudenza di legit-timita, secondo la quale sarebbe-ro sufficienti elementi che deno-tino in modo chiaro una scarsa solvibilita deldebitore quali, ad esempio:� le lettere di legali per l’intimazione adadempiere all’obbligazione di pagamento;� lo stato di irreperibilita accertata del debi-tore;� la documentazione idonea a dimostrareche il debitore si trova nell’impossibilita diadempiere, e che sconsigliano l’instaurazio-ne di procedure esecutive (6);� ogni altra documentazione che possa di-mostrare lo stato di scarsa solvibilita del de-bitore.Tornando all’argomento della trattazione,nei casi in cui il debitore sia assoggettato aprocedure concorsuali, gli «elementi certi eprecisi» posti dalla legge quali requisito inde-fettibile per la deducibilita del costo si con-siderano sussistere ex lege.Fa eccezione a questo principio la proceduradi amministrazione controllata. Infatti, qua-lora il debitore avesse ottenuto l’ammissionea questa procedura, cio non autorizza auto-maticamente la deduzione della perdita incapo al creditore.La sentenza della Corte di Cassazione 12aprile 2006 n. 8580 ha confermato che la pro-cedura di amministrazione controllata deveessere trattata diversamente dalle altre pro-cedure concorsuali, essendo finalizzata allaremissione in bonis dell’imprenditore.Orbene, alla luce delle modifiche viste in pre-messa viene affermato il principio per cui leperdite su crediti sono deducibili «in ognicaso» - e quindi senza che sia necessaria lapresenza degli «elementi certi e precisi» - an-che quando il debitore ha concluso un accor-

do di ristrutturazione dei debiti omologato aisensi dell’art. 182-bis del R.D. 16 marzo 1942n. 267.

Crediti vantati verso debitori esteri

La disposizione dell’articolo 101, comma 5,del TUIR e applicabile anche alle perdite sucrediti verso debitori esteri.

Infatti, nella circolare del 10maggio 2002 n. 39/E, l’Agenziadelle Entrate ha chiarito che,per i crediti vantati nei confrontidi imprese estere, il requisito del-le certezza della perdita si consi-dera verificato allorche la proce-dura concorsuale disciplinata

dalla legislazione estera sia riconducibile,quanto agli effetti, alle corrispondenti proce-dure concorsuali italiane indicate nell’art.101, comma 5 del TUIR.Secondo l’Amministrazione finanziaria (7),nel caso di debitore estero, ai fini della dedu-cibilita della perdita occorre:� una apposita dichiarazione emessa dallaSACE, per i crediti da questa garantiti;� una dichiarazione dell’autorita giurisdizio-nale estera che dichiari lo stato d’insolvenzadel debitore.Secondo la Corte di Cassazione (8), invece, esufficiente, ai fini della deducibilita dellaperdita, che la stessa risulti documentata inmodo certo e preciso, non essendo necessa-rio che il creditore fornisca la prova di esser-si positivamente attivato per conseguire unadichiarazione giudiziale di insolvenza.In relazione a crediti vantati nei confronti diun debitore estero, costituiscono validi ele-menti di supporto alla determinazione del-l’entita della perdita tutti i documenti pro-dotti da organi ufficialmente nominati all’in-terno della procedura estera alla quale il de-bitore risulta assoggettato.In particolare, possono essere dedotte le per-dite vantate verso le imprese statunitensi am-

Le perdite su creditisono fiscalmente

deducibli se risultanoda elementi certi

e precisi.

Note:(4) Cfr. R.M. 6 agosto 1976 n. 9/124.(5) Cfr. R.M. 9 aprile 1980 n. 9/557.(6) Ad es. visure camerali presso il Registro delle impreseper l’esame del bilancio, o visure catastali per l’accerta-mento delle proprieta immobiliari.(7) Cfr. da ultimo, C.M. 1 agosto 2013 n. 26/E.(8) Cfr. Cass. 19.11.2007 n. 23863.

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messe alla procedura comunemente denomi-nata Chapter 11, simile per certi versi all’am-ministrazione controllata italiana ma cheprevede altresı un piano di rimborso parzialedei crediti. In tale caso, e possibile dedurre laquota di credito che non verra rimborsata inbase a tale piano.Secondo la stessa circolare n. 39/2002, nonsono deducibili le perdite vantate verso undebitore con residenza fiscale in uno Statoa fiscalita privilegiata di cui al d.m. 23 gen-naio 2002, fatta salva la dimostrazione del-l’effettiva attivita commerciale di quest’ulti-mo. La disciplina dell’art. 110, comma 10del TUIR, in altre parole, «prevale» su quellarelativa alla deducibilita delle perdite su cre-diti.

Periodo d’imposta da cui partela deducibilita

Individuate le procedure concorsuali idoneead integrare la condizione di deducibilitadelle perdite su crediti, e opportuno soffer-marsi sul periodo d’imposta nel quale taliperdite devono concorrere alla determinazio-ne della base imponibile.Ai fini della deducibilita della perdita, rilevaquale momento iniziale:� la sentenza dichiarativa del fallimento;� il provvedimento che ordina la liquidazio-ne coatta amministrativa;� il decreto di ammissione al concordato pre-ventivo;� il decreto di ammissione alla procedura diamministrazione straordinaria;� la data del decreto del Tribunale di omolo-gazione dell’accordo di ristrutturazione deidebiti.Il fatto che la norma di cui all’art. 101, com-ma 5 menzioni in modo testuale gli eventiche «aprono» la procedura concorsuale nondeve necessariamente condurre alla conclu-sione secondo cui questo e l’unico esercizioin cui il diritto alla deduzione puo essereesercitato.Infatti, attraverso la circolare n. 26/2013, l’A-genzia delle Entrate si allinea con la dottrinaprevalente e sostiene che vale, invece, il cri-terio secondo cui per ciascun esercizio siconsidera deducibile la quota del creditoche, in base allo «stato» della procedura, siconsidera irrecuperabile.

In questo modo, per esempio, e possibileesercitare il diritto alla deduzione in un pe-riodo d’imposta successivo a quello di aper-tura della procedura, purche in questo eser-cizio si verifichino eventi che determininocon certezza l’impossibilita di recupero delcredito.Il principio in commento era stato enunciatogia dalla giurisprudenza della Corte di Cas-sazione. Infatti, secondo le sentenze 4 set-tembre 2002 n. 12831 e 3 agosto 2005 n.16330, in particolare, non vi sono ragioniaprioristiche perche il diritto alla deduzionesia esercitato in un esercizio successivo aquello di apertura della procedura concor-suale. Cio, tuttavia, non deve tradursi inuna facolta di scegliere a discrezione l’eser-cizio in cui dedurre la perdita. Al contrario,deve essere analiticamente documentato chein quel particolare esercizio si sono manife-state le condizioni affinche la perdita stessaassuma carattere di certezza.A conclusioni sostanzialmente concordi conl’Agenzia delle Entrate sembra giungere lapiu recente Cassazione (9), laddove precisache l’esercizio in cui dedurre la perdita e ilprimo in cui si manifestano per la prima volagli «elementi certi e precisi» richiesti dallalegge.In tal senso si e espressa anche la norma dicomportamento ADC 19 novembre 2008 n.172, secondo cui l’art. 101, comma 5 delTUIR non ha il significato di presumere laperdita dell’intero credito alla data di iniziodella procedura, ma soltanto di introdurreuna presunzione semplice riguardo alla cer-tezza della perdita, la cui entita deve esserevagliata in ogni singolo caso tenendo contodell’effettivo grado di recuperabilita del cre-dito.Secondo l’ADC, ove l’imprenditore abbia suf-ficientemente documentato i criteri in baseai quali ha operato la stima del presumibilevalore di realizzo dei crediti nei confronti disoggetti in procedura concorsuale (10), saral’Amministrazione finanziaria a dover dimo-

Note:(9) Cfr. Cass. 21 aprile 2011 n. 9218.(10) Ad es. - in presenza di crediti di importo significativo -mediante pareri di legali interni od esterni riguardanti l’ef-fettiva recuperabilita del credito.

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strare, se ve ne saranno i motivi, che i criteriseguiti dall’imprenditore sono erronei.Piu semplice sembra l’individuazione dellaperdita nell’ambito del concordato preventi-vo, in quanto i creditori chirografari sonosoddisfatti in una misura pari ad una percen-tuale dei crediti da questi vantati.All’atto dell’ammissione del debitore allaprocedura, quindi, potranno essere dedottele perdite per la misura per la quale si hacertezza del mancato incasso (11).Coerentemente a quanto detto, infine, qualo-ra in un esercizio successivo a quello in cui estata rilevata una perdita su crediti nei con-fronti di un debitore assoggettatoalle predette procedure interven-gano nuovi elementi idonei a di-mostrare che la stessa e maggioredi quella inizialmente rilevata ededotta, anche l’ulteriore perdita,purche rilevata in bilancio e cor-redata da idonea documentazio-ne, assume rilievo fiscale. E il ca-so, ad esempio, di un credito van-tato nei confronti di un soggettoammesso a concordato preventi-vo e per il quale viene successiva-mente dichiarato il fallimento,oppure, in caso di fallimento, di una modifi-ca del programma di liquidazione per esigen-ze sopravvenute in corso di procedura.Come si evince dal tenore letterale della nor-ma in esame, in caso di procedure concor-suali il legislatore considera integrati i requi-siti di deducibilita «dalla data» della senten-za o del provvedimento di ammissione allaspecifica procedura o del decreto di omologadell’accordo di ristrutturazione. Al riguardo,pertanto, si concorda con la circolare n. 26/2013 dell’Agenzia delle Entrate la quale ritie-ne che, una volta aperta la procedura, l’indi-viduazione dell’anno in cui dedurre la perdi-ta su crediti deve avvenire secondo le ordina-rie regole di competenza.Pertanto, per cio che concerne l’accordo diristrutturazione dei debiti, devono ritenersisuperate le precisazioni contenute nellaC.M. n. 42/E del 3 agosto 2010, nella qualeera stato chiarito che gli elementi certi e pre-cisi dovevano considerarsi sussistenti a par-tire dalla data in cui il decreto di omologafosse divenuto definitivo.Con riferimento alla quantificazione della

perdita deducibile, dunque, poiche la dispo-sizione contenuta nel comma 5 dell’art. 101del TUIR non dispone regole particolari, siapplica il principio generale di derivazioneda bilancio. Percio, in presenza di una delleprocedure concorsuali riportate dalla normadel TUIR, sara deducibile una perdita su cre-diti di ammontare pari a quello imputato aconto economico.In altri termini, l’Agenzia ritiene che la per-dita deducibile corrisponda a quella stimatadal redattore di bilancio e, quindi, non inve-sta necessariamente l’intero importo del cre-dito. Del resto, il riconoscimento di una per-

dita integrale del credito sarebbeimproprio nel contesto di quelleprocedure, contemplate dallanorma, che sono volte alla prose-cuzione dell’attivita imprendito-riale del soggetto in crisi - comeil concordato preventivo - o cheaddirittura sono poste in essereper motivi differenti dall’insol-venza del debitore (12). In talicontesti, infatti, si puo ragione-volmente ritenere di poter riscuo-tere l’intero credito o almenoparte di esso.

Tuttavia, e evidente che la valutazione del-l’entita della perdita non puo consistere inun processo arbitrario del redattore di bilan-cio ma deve rispondere ad un razionale edocumentato processo di valutazione confor-me ai criteri dettati dai principi contabili. Atal fine l’Agenzia delle Entrate ritiene cherappresentino documenti idonei a dimostra-re la congruita del valore stimato della per-dita tutti i documenti di natura contabile efinanziaria redatti o omologati da un organodella procedura, quali ad esempio:– l’inventario redatto dal curatore ex art. 87del R. D. n. 267 del 1942;– il piano del concordato preventivo presen-tato ai creditori ex art. 160 del R. D. n. 267del 1942;– la situazione patrimoniale redatta dal com-

Individuate le procedureconcorsuali idonee adintegrare la condizione

di deducibilita delleperdite su crediti,

e opportuno soffermarsisul periodo d’impostanel quale tali perditedevono concorrerealla determinazione

della base imponibile.

Note:(11) Per esempio, 60% se il creditore garantisce il paga-mento del 40% del credito.(12) Ad es. nel caso della liquidazione coatta amministra-tiva disposta per irregolare funzionamento dell’impresa.

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missario della liquidazione coatta ammini-strativa ex art. 205 del R. D. n. 267 del 1942;– la relazione del commissario giudiziale nel-l’amministrazione straordinaria delle grandiimprese in crisi, art. 28 D. Lgs. n. 270 del1999.

Perdite su crediti e accordidi ristrutturazione dei debiti

Alla luce di quanto affermato, sotto il profilodella posizione del creditore, il novellato art.101, comma 5, del TUIR, dispone che le per-dite su crediti sono deducibili «in ogni caso...se il debitore e assoggettato alle procedure con-corsuali o ha concluso un accordo di ristrut-turazione dei debiti omologato ai sensi dell’art.182 bis Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267».In effetti, come gia affermato, le modificheintrodotte dal decreto legge n. 83 del 2012hanno ricompreso tra le ipotesi per le qualie possibile dedurre automaticamente la per-dita su crediti anche quella relativa agli ac-cordi di ristrutturazione dei debiti omologati.Dunque, sulla base della vigente norma e am-messa la deducibilita della perdita su creditiin presenza di un accordo di ristrutturazioneo qualora il debitore sia assoggettato a deter-minate procedure concorsuali menzionatenei precedenti paragrafi.Come visto, in presenza di una di tali proce-dure, pertanto, opera un automatismo di de-ducibilita che prescinde da ogni ulteriore ve-rifica della definitivita e degli elementi certie precisi richiesti in tutti gli altri casi.Tale automatismo (13) si fonda sul presup-posto che l’accertamento giudiziale o da par-te di un’autorita amministrativa dello statod’insolvenza del debitore, o dello stato di cri-si nel caso del concordato preventivo, costi-tuisce evidenza oggettiva della situazione diilliquidita di quest’ultimo. In caso di proce-dure concorsuali, in altri termini, la situazio-ne di sofferenza della partita creditoria e ri-tenuta definitiva in quanto ufficialmenteconclamata ad opera di un soggetto terzo in-dipendente e non rimessa alla mera valuta-zione del creditore.In altri termini, il Legislatore riconosce chele condizioni di certezza e precisione, pro-dromiche alla deducibilita delle perdite sucrediti, sono in ogni caso soddisfatte, in casodi assoggettamento del debitore a procedure

concorsuali o qualora il debitore abbia con-cluso un accordo di ristrutturazione dei de-biti omologato ai sensi dell’art. 182-bis dellaLegge Fallimentare.La principale novita legislativa consiste nellaestensione ai casi di accordi di ristruttura-zione omologati della deducibilita immedia-ta della perdita a decorrere dalla data deldecreto di omologazione dell’accordo stesso.In merito a tale novita, rimane il dubbio, sela norma opera per tutti creditori del debito-re oppure solo per quelli che hanno aderitoall’accordo di ristrutturazione del debito.L’Assonime e concorde nel ritenere che lacircostanza che il debitore sia addivenuto atale accordo dimostra di per se che lo stessoversi in una situazione di crisi. A rafforzaretale tesi, a parere del sottoscritto autore, sov-viene la circostanza che l’istituto consiste inun accordo tra il debitore in crisi e la mag-gioranza qualificata dei suoi creditori. Essorimane libero nei contenuti concernenti mo-dalita di pagamento e percentuali ma deverispettare il vincolo di assicurare il regolarepagamento ai creditori che ne rimangonoestranei (pari al massimo al 40% dell’am-montare dei debiti). Infatti, la proposta diaccordo e corredata da una dichiarazionedell’imprenditore attestante che sulla propo-sta sono in corso trattative con i creditori cherappresentano almeno il sessanta per centodei crediti e da una dichiarazione del profes-sionista attestatore circa l’idoneita della pro-posta, se accettata, ad assicurare l’integralepagamento dei creditori con i quali non sonoin corso trattative o che hanno comunquenegato la propria disponibilita a trattare. Secio e vero la norma non puo non operare pertutti i creditori (14), tranne per coloro cheavranno un soddisfo integrale.Riguardo all’individuazione del periodod’imposta nel quale e possibile dedurre laperdita derivante da un accordo di ristruttu-razione, in linea di principio, valgono le me-desime considerazioni fatte nei paragrafiprecedenti. Ad oggi, al di la dell’orientamen-to giurisprudenziale prevalente che e quello

Note:(13) Cfr. R.M. n. 16/E del 23 gennaio 2009.(14) Cfr. A. La Malfa, F. Marengo, Transazione fiscale eprevidenziale, ed. Maggioli, 2010, pagg. 226 e segg.

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che considera la perdita deducibile nel perio-do di apertura della procedura, poiche e intale periodo che l’impossibile recuperabilitadel credito diviene certa (15), si ritiene che ladeducibilita - seppur scevra da arbitrarieta -debba seguire il principio di derivazione dabilancio.Con riguardo alla decorrenza della nuova di-sposizione in tema di deducibilita immediatadelle perdite su crediti, essa si applica a quel-

le derivanti da accordi di ristrutturazioneomologati a partire dal 26 giugno 2012 (datadi entrata in vigore del Decreto crescita).

Nota:(15) Cfr. Cass. Sent. nn. 16330/2005, 9218/2011 e 8822/2012

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Bilancio Integrato: cosachiedono gli analisti finanziari?di Gasperini Andrea (*) e Federica Doni (**)

Vengono presentati i risultati di una ricerca empirica finalizzata a verificare se l’adozione di unsistema integrato di comunicazione da parte delle societa consente di facilitare l’attivita diselezione e valutazione non solo delle informazioni finanziarie ma anche di quelle non-financialda parte degli analisti finanziari.

Introduzione

Negli ultimi decenni si e assistito ad un cam-biamento sensazionale, ad una trasformazio-ne di cio che gli economisti definiscono lefunzioni produttive aziendali, gli asset princi-pali che creano valore e crescita (1). Asset fi-sici quali gli immobili, gli impianti industrialied i beni strumentali continuano naturalmen-te a costituire un fondamentale fattore per laproduzione di beni e la prestazione di servizituttavia la loro rilevanza e sensibilmente di-minuita nel corso del tempo rispetto all’incre-mento dell’importanza di identificare e gesti-re gli asset e monitorare le passivita intangi-bili molte delle quali, a causa delle difficoltatecniche, per il momento, ancora implicitenegli attuali strumenti contabili, spesso invi-sibili nei tradizionali bilanci di esercizio.Evidente per molte aziende e il progressivodiscostarsi, sia con segno positivo e sia consegno negativo, del valore del patrimonionetto (book value) dal valore di mercato(market value) in modo particolareper quelle che operano in setto-ri knowledge intensive, cosıcome per quelle cheoperano in settori in-formation technology.Tale differenza viene spes-so giustificata dalle aspet-tative del mercato in meri-to alla crescita del settore,ai trends macroeconomicima soprattutto e imputabilead una sempre piu marcata«dematerializzazione» non so-lo dei prodotti e servizi delle

aziende ma, piu in generale, anche degli stes-si processi di creazione di valore (e quindidelle catene del valore) che vengono semprepiu a dipendere da risorse immateriali che,secondo una consolidata tripartizione lette-rale e le piu autorevoli fonti internazionali,vengono suddivise nelle tre dimensioni delcapitale umano, strutturale/organizzativo erelazionale.Solo fino a pochi anni fa una azienda potevaessere rappresentata utilizzando la figura diun albero dove l’immagine di appetibili fruttiera sufficiente per evidenziare la sua capaci-ta di generare valore, robusti rami ed un so-lido tronco potevano essere assimilati ad unasolida struttura aziendale, rigogliose verdifoglie dimostravano le sue relazioni con tuttigli stakeholders e minore attenzione venivaprestata alla parte invisibile rappresentatadalle risorse intangibili, ossia alle radici del-l’albero che si trovano coperte dalla terra.Oggi tale situazione e completamente mutata

Il presentecontributo e parte di unaserie, curata da Andrea

Gasperini, che vuole illustrarele linee guida e le best practice

relative al vero Bilancio Integrato.

Note:(*) Componente del Consiglio Direttivo delNetwork Italiano per il Business Repor-ting (NIBR), di WICI Europe, EFFAS CIC(ora CESG) e Responsabile del gruppodi lavoro di AIAF Mission Intangibles1

(**) Universita degli Studi di Milano-Bi-coccaNonostante il presente contributo sia ilrisultato di analisi e considerazionicongiunte i primi due paragrafi sonoda attribuirsi al Dott. Andrea Gasperini

mentre i successivi sono da attribuirsi allaDott.ssa Federica Doni.

(1) B. Lev, New Maths for a New Economy,Fast Company 14 Dicembre 1999.

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in quanto la parte visibile degli alberi, nelcorso dell’attuale fase di crisi sistemica, ap-pare per molte aziende spoglia, non piu ingrado di dimostrare la capacita di crescita ediventa quindi indispensabile, rovesciando lafigura dell’albero, focalizzare l’attenzionesulle radici del valore delle aziende.E necessario definire un nuovo strumento dibusiness reporting, nella forma del BilancioIntegrato, in grado di rappresentare in modopiu soddisfacente ed esaustivo la connessio-ne tra i vari capitali di cui dispongono leaziende, inclusi quelli «intangibili», e di for-nire una ampia piattaforma di informazionianche non-finanziarie, nella forma di KPIssettoriali, da cui trarre indicazioni piu pre-gnanti sui value drivers aziendali e sulle fu-ture performance non solo economiche maanche sociali ed ambientali (2).

Verso una comunicazione integratadelle informazioni finanziarie/quali-quantitative

Quale conseguenza dell’attuale situazione dicrisi sistemica, il fallimento di molti modellidi business ed inadeguati processi di gover-nance e controllo, il gap di valore tra il bookvalue ed il market value per molte azienderisulta ora negativo ed e diventato, quindi,indispensabile anche per gli analisti finan-ziari prestare la massima attenzione non so-lo alle risorse intangibili (intangible assets)alle quali e imputabile ampia quota del valo-re che viene creato dalle imprese oltre che lacrescita del sistema economico ed il benesse-re sociale ma anche ai rischi (intangible lia-bilities) che possono essere definiti come gliesiti negativi che eventi incerti hanno sugliobiettivi di una organizzazione, ossia la pos-sibilita di sopportare significative perdite im-putabili all’incertezza del conseguimento de-gli obiettivi aziendali in precedenza piuttosto«trascurati» nelle valutazioni (3).Il rapporto tra intangibili ed analisi finanzia-ria risulta molto complesso e spesso nonesente da contraddizioni per una serie diconsiderazioni che vengono articolate nei se-guenti punti (4):� obiettivo dell’analista e quello di arrivare adun dato che catturi e sintetizzi il valore azien-dale attraverso la selezione e l’elaborazionedi un adeguato numero di informazioni;

� nella valutazione degli intangibili risultanorilevanti anche le informazioni e le conside-razioni qualitative e la consapevolezza che latradizionale informativa societaria ai merca-ti finanziari contenuta nei documenti conta-bili e negli annunci obbligatori, seppur im-portante, e tuttavia spesso insufficiente pervalutare un’azienda nel suo complesso e nel-la sua complessita;� l’azienda e sı la fonte primaria delle infor-mazioni, ma sempre di piu nel contesto at-tuale i contenuti si formano sul mercato enella interazione tra diversi soggetti econo-mici che operano all’interno del mercato;� i contenuti e le modalita di diffusione sonocurate dalle funzioni aziendali di investor re-lator e comunicazione, che apprendono illinguaggio del mercato, lo fanno proprio, loinfluenzano in parte e comunque cercano diutilizzarlo a proprio favore;� spesso si giustifica, ex post, lo scarto tra ilvalore di mercato dell’impresa e quello risul-tante dai dati e numeri dell’analisi fondatasulla tradizionale documentazione economi-co-patrimoniale, attraverso la narrazioni distorie credibili;� arrivare a valutare ex ante gli intangibili eun’impresa complessa, poiche tali assets/lia-bilities non sono oggetto di disclosure da par-te delle aziende se non vi e la certezza diavere gia accumulato un sostanziale vantag-gio competitivo rispetto ai concorrenti, o diincontrare il consenso del mercato e, dall’a-nalisi delle quotazioni, si riscontra che spes-so il differenziale degli intangibili, quandoviene comunicato, e gia stato recepito dallequotazioni;� le asimmetrie informative ampliano i mar-gini di opportunita per comportamenti po-tenzialmente irregolari di insider trading eaddirittura fraudolenti, come dimostra l’at-tuale attenzione riservata alle problematichedella corporate governance.

Note:(2) Per una piu ampia analisi dei temi trattati in questoarticolo si rimanda a A.Gasperini, Il vero Bilancio Integrato- Storie di creazione del valore a breve, medio e lungotermine, Ipsoa gruppo Wolters Kluwer, maggio 2013.(3) A. Gasperini «Gestire le risorse intangibili per mitigare irischi» in Controllo di gestione n. 1/2010, Ipsoa.(4) Aiaf, «Gli analisti e la disclosure degli intangible assets»,Rivista Aiaf numero 49, Gennaio 2004.

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Con riferimento a tutte queste problematichenei paragrafi successivi vengono quindi pre-sentati i risultati di una ricerca empirica,realizzata congiuntamente dagli autori e pre-sentata alla Copenhagen Business School laquale rientra nell’ambito di un piu ampioprogetto di studio che si e posto l’obiettivodi valutare se l’adozione del sistema integra-to di comunicazione da parte delle societaquotate consente di facilitare l’attivita di se-lezione e di successiva valutazione non solodelle informazioni finanziarie ma anche diquelle non-financial da parte degli analistifinanziari (5).Si ritiene infatti interessante apprezzare ilpotenziale impatto di questo nuovo tipo dicomunicazione economica e finanziaria: al-cune ricerche (6) in effetti gia confermanol’esistenza di una correlazione positiva tral’aumento e/o il miglioramento della qualitadelle informazioni comunicate dalle impresee l’aumento della copertura da parte deglianalisti finanziari.La progressiva adozione di un Bilancio Inte-grato da parte delle societa quotate puo averequindi positive conseguenze sull’attivita de-gli analisti finanziari per quanto riguardauna agevole acquisizione di informazionistandardizzate e comparabili le quali, in par-ticolare, se vengono codificate utilizzandoun linguaggio informatico avanzato quale eXBRL (eXtensible Business Reporting Lan-guage) possono consentire di attribuire unvalore piu preciso alle organizzazioni rispet-to a quelle che presentano solo la tradiziona-le relazione annuale.

La percezione da parte degli analistifinanziari del report integrato:l’approccio metodologico

L’approccio metodologico della ricerca svol-ta prevede la valutazione della percezionemediante la predisposizione di un questiona-rio (questionnaire survey) da sottoporre perla compilazione ad un gruppo selezionatodi analisti finanziari italiani. Per quanto ri-guarda il contenuto del questionario e la pre-disposizione delle singole domande l’obietti-vo e stato quello di valutare il commento de-gli analisti in merito al contenuto e alla rile-vanza delle varie categorie di informazioninon-financial presenti nel report integrato,

alla facilita di accesso a tali informazioni ealle modalita di esposizione (7).L’analisi della perception di differenti catego-rie di soggetti (investitori, analisti finanziari,studenti MBA, professionisti e consulenti,ecc.) appare di rilevante interesse e risultaessere oggetto di numerosi studi condottisia da parte di accademici che di consulentiin relazione a determinate accounting infor-mation oppure in occasione di rilevanti cam-biamenti nell’ambito della normativa conta-bile, ad esempio l’adozione degli IFRS, la re-visione di principi contabili o il cambiamentodi determinate accounting practices. In parti-colare numerosi studi hanno focalizzato laloro attenzione sulla percezione degli analistifinanziari in merito alle informazioni non fi-nancial sugli intangibili e sul capitale intellet-tuale, o in particolare sul capitale umano.L’adozione del report integrato, determinan-do una svolta nel processo di comunicazionedi informazioni financial e non financial daparte delle aziende, fa emergere la necessitadi valutare il giudizio degli analisti non sol-tanto su particolari tipologie di informazioni,come quelle relative agli intangibili, ma su unreport nuovo che deve essere giudicato nonsoltanto per il suo particolare contenuto in-formativo, articolato su differenti tematiche,ma per il grado di connettivita spazio-tempo-rale che rappresenta la vera novita del pro-

Note:(5) EIASM 9th Interdisciplinary Workshop on Intangibles, In-tellectual Capital and extra financial information 26-27settembre 2013 The integrated report and the financialanalysts’ perception presentato nella sessione dal titolo«Integrated reporting».(6) Barth M.E., Kasznik R., McNichols M.F., ‘‘Analyst Cove-rage and Intangible Assets’’, Research Paper No. 1575R3,Graduate School of Business, Stanford University, Stand-ford, 2000.(7) I riferimenti teorici per la predisposizione del questiona-rio sono stati i seguenti lavori: 1) Radley and Yard, Thevalue of extra-financial disclosure. What investors andanalysts said, 2012, (http://ry.com/); 2) B. Groysberg, P.Healy, N. Nohira and G. Serafeim, «What Makes AnalystsSay Buy?», Idea Watch Harvard Business Review, novem-ber 2012 (http://hbr.org/2012/11/what-makes-analysts-say-buy/ar/1); 3) EFFAS CIC - Effas Commission on Intellec-tual Capital, Principles for Effective Communication of In-tellectual Capital, february 2008, www.effas.com; 4) Saka-kibara, Hansson, Yosano & Kozumi, «Analysts’ Perceptionsof Intellectual Capital Information», Australian AccountingReview, n. 54, Vol. 20, Issue 3, 2010.

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cesso di comunicazione integrata o del cd.processo di integrated thinking.Le implicazioni pratiche dei risultati dellaricerca riguardano la possibilita di monitora-re i commenti degli analisti in relazione a unreport che potrebbe, nel breve termine, dive-nire obbligatorio anche per le societa quotatein Europa, in maniera analoga alle societasudafricane, in considerazione del documen-to che di recente ha formalizzato l’accordofra l’IIRC e lo IASB (8)

Gli steps della predisposizionedel questionario

La ricerca si e articolata nei seguenti step:1) e stato estrapolato da una mailing list del-l’Associazione Italiana degli Analisti Finan-ziari un gruppo di analisti che potenzialmen-te avrebbe potuto accettare la richiesta dicompilazione del questionario. All’internodi tale lista si distinguono due differentigruppi, di cui uno composto da analisti chesono stati contattati telefonicamente al finedi sollecitare la risposta e la compilazionedel questionario, mentre l’altro gruppo e sta-to contattato soltanto tramite e-mail. Il tassodi risposta e stato il seguente: del primogruppo, composto da 10 analisti, 9 hannoprovveduto a compilare il questionario, delsecondo gruppo invece il tasso di risposta estato molto piu basso: su un numero di 11analisti contattati soltanto 1 ha risposto (tas-so di risposta= 48%);2) la parte iniziale del questionario dedicataalle informazioni relative al profilo deglianalisti e stata sintetizzata in una tabella, alfine di evidenziare alcuni potenziali fattori di

influenza sugli esiti delle risposte, quali ladistinzione fra analista sell-side e buy-side oaltro, la tipologia di societa che costituisconooggetto di analisi finanziaria, il numero dianni di esperienza degli analisti, ecc;3) i questionari sono stati analizzati da duericercatori e le risposte sono state distinte inbase alla tipologia di domanda: domandestrutturate con richiesta di attribuzione dipunteggio, domande semi-strutturate e do-mande non strutturate;4) infine sono state realizzate delle tavole disintesi in relazione alle domande con richie-sta di assegnazione di un determinato pun-teggio.La struttura del questionario prevede l’arti-colazione in nove sezioni incentrate sugli ar-gomenti illustrati in Tavola 1.

La discussione dei risultati

Vengono riportati nel prosieguo i piu rilevan-ti risultati emersi in relazione a specifichesezioni del questionario.

Sezione 2: il tradizionale annual reporte la disclosure della non financialinformationNell’ambito di questa sezione uno degli argo-menti trattati riguarda l’attribuzione di unpunteggio al grado di rilevanza che gli anali-sti, nella loro attivita di valutazione dell’a-

Tavola 1 - La struttura del questionario

Sezione: numero e argomentonumero didomande

S1: Il profilo degli analisti finanziari 6

S2: Il tradizionale Annual Report e la disclosure delle informazioni non-financial 8

S3: Il Report Integrato e l’IIRC Framework 4

S4: Il Report Integrato e i concetti fondamentali 2

S5: Il Report Integrato e i sei principi guida 3

S6: Soggetti a cui si deve rivolgere il Report Integrato 2

S7: Il Report Integrato e le caratteristiche delle informazioni (rilevanza, materialita, coerenza, compara-bilita, standardizzazione, sintesi, completezza, presenza di Key Performance Indicators, KPIs)

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S8: Il Report Integrato e i reporting formats 4

S9: Opinione finale ed esperienze riguardo al Report Integrato e agli intangibles 2

Nota:(8) Memorandum of Understanding IIRC and IFRS Founda-tion - 4 February 2013.http://www.ifrs.org/use-around-the-world/Pages/IASB-and-IIRC-MoU.aspx

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zienda, ritengono di imputare a ciascuno de-gli items riconducibili alle tre componentidel capitale intellettuale, capitale umano,strutturale e relazionale. La scala di valoriproposta attribuisce il punteggio minimo di1 al giudizio di nessuna rilevanza fino alpunteggio massimo di 5 per il giudizio diampio grado di rilevanza. In Tavola 2 vengo-no riepilogati i commenti espressi dagli ana-listi dai quali emerge che gli items che hannoottenuto il punteggio piu alto sono stati lacorporate strategy (structural capital) e la cu-stomer satisfaction (relational capital).Altro risultato interessante (Tavola 3) emersoda una domanda formulata sempre nell’am-bito della Sezione 2 riguarda il giudizio aproposito dei differenti report che vengonoredatti dalle societa quotate su base volonta-ria. Anche in questo caso l’analista finanzia-rio deve esprimere una valutazione mediantel’attribuzione di un punteggio (nessuna rile-vanza=1; ampio grado di rilevanza=5) in re-lazione al grado di utilita dei seguenti docu-menti, qualora vengano redatti dalle aziende:bilancio sociale, bilancio ambientale, bilan-cio di sostenibilita, bilancio dell’intangibile eBilancio Integrato.

Sezione 3: il report integratoe il Framework <IR> di IIRCDalla sezione 3 fino alla sezione 9 le doman-de sono finalizzate a ottenere commenti sulreport integrato. In particolare nella sezione

3 una tematica sottoposta alla valutazionedegli analisi ha avuto la finalita di compren-dere quanto ritengono importante formaliz-zare un framework di partenza per la reda-zione del report integrato e definire un con-cetto di capitale condiviso a livello interna-zionale. Il commento sulla redazione di unframework da parte dell’IIRC e sulla defini-zione di capitale e stato in alcuni casi mode-ratamente positivo: si avverte nelle risposteuna sorta di timore che l’eccessiva spinta allastandardizzazione ponga un numero eccessi-vo di regole da rispettare e un conseguenteappesantimento delle richieste di informazio-ni con costi aggiuntivi di rilevante entita perle societa quotate. Tale atteggiamento va sen-z’altro interpretato anche in considerazionedell’attuale crisi economico finanziaria.Altro aspetto affrontato riguarda le modalitadi applicazione del framework <IR>: vienerichiesto agli analisti di esprimere un com-mento sul fatto che nella fase iniziale il fra-mework <IR> debba essere applicato dallesocieta di maggiori dimensioni e/o quotatesui mercati azionari. In sostanza si trattereb-be di un processo inverso ad esempio rispettoa quello che e stato adottato per l’adozione diXBRL nella redazione dei bilanci di esercizio.La risposta e stata in prevalenza positiva: inalcuni questionari il commento e stato che ledimensioni piu grandi dell’azienda comporta-no maggiori strumenti e risorse finanziarieper l’implementazione del nuovo report.

Tavola 2 - Rilevanza degli IC items

categorie IC* IC items 1 2 3 4 5 Tot % max

HC

top management quality - 1 2 3 3 35 77,78%

employee satisfactions 1 2 2 3 1 28 62,22%

employee training 1 1 1 4 2 32 71,11%

employee commitment 3 - 4 2 - 23 51,11%

personell turnover 3 - 2 3 1 26 57,78%

SC

corporate strategy - - 1 5 3 38 84,44%

Quality assurance systems 2 1 1 2 3 30 66,67%

Top executive succession policy 4 1 2 2 - 20 44,44%

R & D investments - 2 1 5 1 32 71,11%

Structure of corporate governance 1 1 2 4 1 30 66,67%

RC*

brand power 1 - 2 4 2 33 73,33%

customer satisfaction 1 - 1 3 4 36 80,00%

market share 2 1 1 3 2 29 64,44%

growth opportunities 1 - 3 2 3 33 73,33%

business alliances - 2 4 3 - 28 62,22%

*HC= Human Capital (capitale umano); SC= Structural Capital (capitale strutturale); RC= Relational Capital (capitale relazionale)

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Sezione 5: il report integrato e i sei principiguida di IIRCProseguendo nell’analisi dei questionaricompilati una sezione di particolare interes-se risulta la Sezione 5, dove il focus e rappre-sentato dai sei principi guida indicati dal-l’IIRC per la predisposizione del report inte-grato. Su tali principi viene richiesto aglianalisti di attribuire un punteggio che preve-de una scala di valori con punteggio da 1 a 5.I principi guida sono i seguenti:1. strategic focus and future orientation (focussulla strategia e orientamento al futuro);2. connectivity of information (integrazionedelle informazioni);3. stakeholder responsiveness (comprensionedelle esigenze dei principali stakeholders);4. materiality and conciseness (materialita esintesi);5. reliability and completeness (affidabilita eintegrita);6. consistency and comparability (coerenza ecomparabilita).Il principio guida che ha ottenuto il risultatopiu elevato e stato lo strategic focus and fu-ture orientation, seguito dal principio dellareliability and completeness (Tavola 4).

Conclusioni

La ricerca svolta ha avuto l’obiettivo di inda-gare la percezione sul report integrato di ungruppo selezionato di analisti finanziari aiquali e stato inviato tramite e-mail un que-stionario con domande strutturate, semi

strutturate e non strutturate. La possibile in-troduzione di un nuovo business reportingnella forma del report integrato non ancoraobbligatorio nel nostro paese, porra senzadubbio alcune difficolta nell’elaborazionedelle raccomandazioni da parte degli analistio comunque gli analisti rappresentano sen-z’altro una delle categorie di soggetti chemaggiormente risentiranno delle conseguen-ze prodotte dalla redazione del nuovo report.Il tasso di conoscenza del report integrato eil grado di approfondimento sui contenuti ditali report e del Framework <IR> dell’Inter-national Integrated Reporting Council (IIRC)di recente elaborazione e ancora piuttostolimitato e cio chiaramente puo avere influen-zato il contenuto di alcune risposte a doman-de specifiche sul report integrato.La seconda sezione del questionario ha ri-guardato in generale la valutazione della ri-levanza delle informazioni non-financial, dalmomento che uno dei vantaggi attesi dal re-port integrato e la soluzione al ben noto pro-blema della difficolta di accesso a tali infor-mazioni. Il gap informativo, in effetti, condi-ziona inevitabilmente il processo di valuta-zione delle aziende da parte degli analisti.L’apprezzamento generale degli intervistatie stato positivo e il riconoscimento dell’im-portanza della disclosure di tali informazionie generalizzato, alcune differenze si rilevanonell’attribuzione del punteggio ai vari itemscome emerge dalla Tavola 2. Le altre sezioniincentrate sul report integrato dimostrano,

Tavola 3 - I report volontari

REPORTS 1 2 3 4 5 n.a. Tot % max

social report 1 1 5 1 1 1 27 54,00%

environmental report 1 2 5 - 1 1 25 50,00%

sustainability report 1 1 2 4 1 1 30 60,00%

IC report 1 1 2 2 1 3 22 44,00%

integrated report 1 - - 4 4 1 37 74,00%

Tavola 4 - Principi guida dell’IIRC framework <IR>

PRINCIPI 1 2 3 4 5 Tot % max

Strategic focus and future orientation - - - 3 6 42 93,33%

Connectivity of information - 2 2 5 - 30 66,67%

Stakeholder responsiveness - 1 2 5 1 33 73,33%

Materiality and conciseness - - 3 4 2 35 77,78%

Reliability and completeness - - 1 3 5 40 88,89%

Consistency and comparability - 1 1 1 6 39 86,67%

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come affermato sopra, ancora una scarsa co-noscenza della tematica da parte degli anali-sti. Si esprimono in sintesi le seguenti con-clusioni:1) per la sezione 3 si ha una condivisionegeneralizzata da parte di tutti gli intervistatidella necessita di formulare un framework diriferimento, con la raccomandazione di alcu-ni analisti che questo debba avvenire senzaun eccesso di regole e norme da rispettareche costituirebbe un appesantimento degliadempimenti, gia gravosi per le societa quo-tate. Sulle modalita di applicazione si con-corda sulla necessita di un processo di imple-mentazione di tipo top-down e si ritiene utilel’adozione del report integrato anche ai set-tori pubblico e del non-profit;2) per la sezione 4 si rileva un ampio consen-so (piu di meta degli intervistati) sia in me-rito alla nuova definizione di capitale che dibusiness model: in alcune risposte si sottoli-nea in maniera piuttosto incisiva che la stan-dardizzazione dei concetti fondamentali delreport integrato e utile qualora sia condivisae accettata da tutti gli stakeholders. Si sotto-linea quindi che se c’e una limitata applica-zione l’elaborazione concettuale, per quantoutile, perde di significato;3) per la sezione 5 si nota una maggiore ri-levanza attribuita ai principi n. 1 (strategia eorientamento al futuro) e n. 5 (affidabilita eintegrita), mentre domande specifiche su al-cuni concetti presenti nei principi guida delreport integrato in molti casi non hanno avu-to risposte;4) per la sezione 6 alcuni intervistati hannoinserito degli interlocutori privilegiati (adesempio esperti analisti finanziari e non,promotori finanziari, esperti nei concetti fi-nanziari di base), mentre altri hanno indica-to la categoria generale degli stakeholders,segnalando quindi la necessita di renderecomprensibili e accessibili le informazioninon financial ad un piu ampio gruppo di sog-getti;5) per la sezione 7 si segnala, fra l’altro, l’u-tilizzo di svariate banche dati ma una scarsaconoscenza del linguaggio XBRL (eXtensibleBusiness Reporting Language) da parte deglianalisti. Per l’elaborazione dei KPIs e KRIsl’orientamento generalizzato e positivo macon la richiesta da parte di alcuni analistidi limitare il numero degli indicatori e di

cercare di ottenere un grado di standardizza-zione che consenta l’elaborazione di indica-tori specifici per settore di appartenenza;6) per la sezione 8 il format per il reportingmaggiormente utilizzato e il file pdf, mentreper quanto riguarda il giudizio sulle guideli-nes si rileva una forte preferenza (piu dellameta degli intervistati) per il GRI ReportingFramework (GRI Guidelines and supple-ments). La maggior parte delle guidelines in-dicate nel questionario (9) vengono qualifi-cate come «non utili»: con molta probabilitasono poco conosciute dagli analisti intervi-stati;7) per l’ultima sezione, risulta interessante ilpunteggio assegnato ai potenziali vantaggidel report integrato (timeliness, ovvero tem-pestivita, efficacia del reporting; valutazionedella performance futura dell’azienda; com-parabilita delle informazioni; efficacia e cre-dibilita delle informazioni; accessibilita alleinformazioni, riducendo il tempo necessarioper la loro implementazione e successiva rie-laborazione; dimostrazione della rilevanzadelle informazioni non financial rispetto aquelle financial). Il vantaggio conseguenteall’adozione del report integrato che ha otte-nuto il maggior consenso e stato quello rela-tivo alla performance, con un punteggio parial 78% circa. Per quanto riguarda la parteci-pazione a convegni e a corsi di formazionesulla tematica degli intangibili e sul reportintegrato i risultati sono ancora poco soddi-sfacenti.Il mercato finanziario, almeno allo stato at-tuale dei principi di rendicontazione conta-bile presenta ancora notevoli difficolta a mi-surare con precisione gli intangibili, intesisia come risorse e sia come rischi, soprattut-to quelli generati internamente dalle azien-de, ma anche quelli per i quali esiste un«mercato» come ad esempio i marchi ed ibrevetti.Analisti ed investitori, infatti, non dispongo-no ancora di sufficienti informazioni per lavalutazione degli intangibili, trattandosi inbuona parte di informazioni ritenute «priva-te» delle aziende che comunque non vengono

Nota:(9) AA1000; Carbon Disclosure Project; Earth Charter;DVFA; EFFAS: DVFA-KPIs for ESG 3.0; ETHOS, ecc.

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spesso comunicate all’esterno tramite docu-menti ufficiali (bilancio annuale, comunicatistampa, ...).I risultati ottenuti confermano i dati di unarecente indagine condotta dalla societa ingle-se Radley Yelder sia sugli analisti che sugliinvestitori: vi e un diffuso consenso sul fattoche nuovi strumenti di business reportingquale il Report Integrato potranno offrire lapossibilita di aumentare la visibilita anchedelle informazioni extra-financial contri-buendo a migliorarne l’affidabilita, accessibi-lita, rilevanza e comparabilita e quindi la va-lutazione dei risultati futuri (10).Il circolo virtuoso che gli analisti finanziariauspicano e che le aziende si abituino, inprimis, a identificare e misurare gli intangi-bili; successivamente ne aumentino la visibi-lita comunicando idonei indicatori non-fi-nancial standard al mercato, gli istituti dicredito saranno quindi in grado di avviare

un processo di benchmark tra le varie richie-ste di accesso al credito innescando una mi-gliore valutazione relativa tra i vari competi-tor; questo ridurra il costo di accesso allefonti di capitale giustificando ulteriori sforziin termini di comunicazione e trasparenza suquesta fondamentale componente del valored’impresa.In questa prospettiva la capacita di valutareil piu possibile in modo adeguato le risorse ei rischi intangibili potra rappresentare, pergli analisti finanziari stessi, un vero e proprio«vantaggio competitivo» che dara sempremaggior valore aggiunto alla professione.La Tavola 5 riporta il profilo degli analistiintervistati.

Tavola 5 - Il profilo degli analisti finanziari

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Sell-side X X X

Buy-side

Altro, missing value X X X n.a. X n.a. n.a.

Societa quotate in Italia X X X X

Societa quotate all’estero X X X X

Altro, missing value X n.a. X n.a. n.a.

Analista X X X X

Fund manager/analista

Economist/strategist/ venture capitalist X

Altro n.a. X n.a. n.a. X

Discreto/Alto livello di esperienza(>cinque anni)

X X X X X X X

Basso livello di esperienza(<cinque anni)

Altro, missing value n.a. n.a. n.a.

High technology X X

Mature X X

Service X

Financial Institutions X X X

Medium/small size stock X X

Private equity/venture n.a. n.a. n.a. n.a. n.a. n.a.

Mainstream analyst* X X X X

SRI analyst* X X X n.a. n.a. n.a. X X

Nota:(10) Radley Yelder, The value of extra financial disclosure.What investors and analyst said.

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Il ruolo dell’internal auditnell’ambito del businesscontinuity managementdi Silvia Catalano (*), Francesco Barraco (**), Mario Anaclerio (***)

La complessita delle organizzazioni aziendali e le minacce di eventi esterni, non ultima la crisifinanziaria, hanno accresciuto l’esigenza di realizzare piani di business continuity. Anche inquesto contesto l’internal audit puo giocare un ruolo fondamentale attraverso lo svolgimento diattivita consulenziali in fase di stesura del modello di continuita aziendale, la promozione diun’adeguata cultura, il supporto nella formazione delle risorse, l’assistenza all’effettuazione di testperiodici e il controllo dei risultati.

Perche la business continuity

La business continuity o continuita operati-va puo essere descritta, in termini semplici,come la capacita di portare avanti il busi-ness aziendale e di rientrare dalle situazionidi emergenza, nonostante l’occorrenza dieventi avversi, con impatto piu o meno rile-vante.Molti degli accadimenti avvenuti negli annipassati, in particolare, atti terroristici, disa-stri naturali, minacce di pandemia e crisi fi-nanziarie, nonche la crescente complessitadelle organizzazioni e l’aumento della con-correnza, hanno messo in evidenza la vulne-rabilita degli attori del sistema economico efinanziario internazionale.Al di la di queste considerazioni, a livello sianazionale italiano che internazionale, il legi-slatore e le associazioni di categoria hannodiffuso direttive, raccomandazioni e suggeri-menti per l’organizzazione diretti alla realiz-zazione di processi di business continuity, eper alcuni settori aziendali l’adozione di pia-ni di business continuity costituisce unmust.Cio non toglie, che l’esperienza maturata inquesti anni ha dimostrato che la realizzazio-ne di processi di continuita operativa rappre-senta un fattore critico di successo, soprat-tutto per le organizzazioni di grosse dimen-sioni, indipendentemente dal business di ri-ferimento.

Business continuity nel settorebancario

Il settore bancario italiano, con la sua parti-colare rilevanza nel sistema economico, ri-sulta il primo in Italia, normato fin dal2004 (Bollettino di Vigilanza di luglio) conl’obbligo per gli Istituti di Credito di predi-sporre piani di emergenza per assicurare lacontinuita operativa. La normativa richiede-va un adeguamento degli Istituti entro il2006.La richiesta di Banca d’Italia alle banche estata quella di predisporre piani di continui-ta operativa per gli istituti bancari e tutte lealtre societa che compongono i gruppi ban-cari, inoltre, laddove i processi critici sonoappaltati a societa terze, la Societa deve co-munque garantire adeguati presidi di emer-genza, i quali costituiscono parte integrantedei piani di continuita delle banche.Inoltre, con l’obiettivo di prevenire l’insor-genza di rischi sistemici a fronte di eventualieventi catastrofici su piu operatori, tali pre-scrizioni sono state rafforzate da Banca d’I-talia nel marzo 2007 con Disposizioni, lequali hanno fissato requisiti piu stringenti

Nota:(*) Responsabile Audit Pianificazioni e Sistemi Informativi Ban-ca Generali S.p.A.(**) Responsabile Internal Audit Banca Generali S.p.A.(***) Dottore Commercialista e Revisore Legale in Milano

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per la continuita operativa dei processi a ri-levanza sistemica di alcuni intermediari fi-nanziari (i principali istituti) individuati daBanca d’Italia.

Le novita 2013Nel luglio 2013, la disciplina di vigilanza intema di continuita operativa e stata aggior-nata, includendola nel quadro principale diriferimento per il settore bancario, la Circo-lare n. 263 del 27 dicembre 2006.In tale ambito, il Capitolo 9 disciplina in mo-do esclusivo e organico la continuita opera-tiva. Le maggiori novita, rispetto alle dispo-sizioni gia note, riguardano:1) la formalizzazione del ruolo del CODISE,la struttura per il coordinamento per il coor-dinamento della gestione delle crisi operativedella piazza finanziaria italiana;2) l’introduzione del processo di rapida esca-lation (da incidente a emergenza), che deter-mina un aumento progressivo dei livelliaziendali coinvolti, realizzato al fine di assi-curare che la dichiarazione dello stato di cri-si avvenga nel minor tempo possibile dallarilevazione dell’incidente;3) la segnalazione a Banca d’Italia, tra le «ca-riche rilevanti a fini di Vigilanza» previstenella procedura «organi sociali» (Or.So.), ilnome del responsabile del piano di continui-ta operativa e4) la procedura per la dichiarazione dellostato di crisi e definita in raccordo con ilprocesso di gestione degli incidenti di sicu-rezza informatica.Il termine ultimo per l’adeguamento sullanuova disciplina e luglio 2014.

Business continuity management

La business continuity prevede la definizionee lo sviluppo di un modello integrato azien-dale, che comprende tutti i processi critici.Solitamente il modello viene sviluppato in undocumento denominato piano di continuitaoperativa o business continuity plan (BCP).Al di la delle linee guida degli organismi in-ternazionali sulla tematica business conti-nuity management (BCM) e degli standardinternazionali del settore, per la predisposi-zione del piano e dei processi di businesscontinuity, le banche si sono potute agevola-re dell’analisi svolta da ABI, sviluppata con il

supporto delle stesse banche, la quale si einspirata ai principi internazionali adattan-doli al contesto di riferimento.Il processo di business continuity puo essereschematizzato come raffigurato in Tavola 1.Il framework di business continuity manage-ment deve essere innanzitutto declinato inuna policy di continuita operativa, la qualeespliciti i principi e gli obiettivi del processoe responsabilizzi i process owner, partendodalle prime linee manageriali.E poi necessario individuare gli scenari dicrisi, ovvero gli eventi in grado di comporta-re un’interruzione dell’operativita, ed effet-tuare una risk impact analysis (RIA). Questosignifica che, partendo da una serie di scena-ri teorici di rischio, viene ponderata:– la probabilita di accadimento di ciascunevento e– l’impatto derivante dall’accadimento di taleevento.L’analisi di impatto tiene conto di parametricaratteristici, tra cui:� le specificita di un evento catastrofico ri-spetto alla localizzazione dei siti operativi(ad es., sismicita dell’area, vicinanza ad inse-diamenti industriali pericolosi, ...);� i profili di concentrazione geografica (ades., presenza di una pluralita di operatorinei centri storici di grandi citta);� la complessita dell’attivita tipica e il gradodi automazione;� le dimensioni aziendali e l’articolazioneterritoriale dell’attivita;� il livello di esternalizzazione di funzioni ri-levanti (ad es., outsourcing del sistema infor-mativo o del back-office);� accentramento o decentramento di proces-si critici;� interdipendenze con fornitori, clienti e altrioperatori.L’impatto sul business e analizzato in tutte lesue sfaccettature: operativo, finanziario,strategico, di immagine e di conformita.Ogni evento viene esaminato al netto delleeventuali contromisure di mitigazione del ri-schio presenti.I principali scenari teorici da valutare sono:1) indisponibilita logistica: distruzione oinaccessibilita a strutture dove sono colloca-te unita operative o apparecchiature critiche;2) indisponibilita di persone: indisponibilitadi risorse umane essenziali;

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3) indisponibilita di infrastrutture: interru-zione del funzionamento delle infrastrutture(in particolare: energia elettrica, reti di tele-comunicazione, reti interbancarie, mercatifinanziari);4) indisponibilita del sistema informatico: al-terazione dei dati o indisponibilita dei siste-mi informatici;5) indisponibilita dati: perdita o alterazionedi documentazione o di dotazioni specifiche.L’approccio alla continuita operativa richie-de altresı l’individuazione dei principali pro-cessi aziendali, detti processi critici.A tal fine, non e possibile identificare a prioriun elenco standard di processi, poiche essidipendono dalla singola realta aziendale. Lanormativa richiede esplicitamente di consi-derare con particolare attenzione i processiche attengono alla gestione dei rapporti conla clientela, ivi incluse imprese e pubblicheamministrazioni, e alla registrazione dei fatticontabili. Potrebbe agevolare l’analisi consi-derare la mappatura dei processi aziendali,se disponibile. Tramite la business impact

analysis (BIA) vengono valutati gli impattisul business dell’azienda derivanti dall’indi-sponibilita dei processi critici e viene inoltrestimato il tempo massimo di blocco di taliprocessi ritenuto accettabile.E infine necessario ipotizzare una prioritiz-zazione degli interventi sui processi, nell’ipo-tesi di risorse scarse.Il piano di continuita operativa stabilisce itempi di ripristino dei processi critici, indi-vidua i siti alternativi, il processo di comuni-cazione per il personale coinvolto, le regoledi conservazione delle copie dei documentiimportanti presso luoghi distanti e, infine,con riferimento ai sistemi informativi con-templa la definizione di procedure ancheper il disaster recovery.La vitalita del piano di continuita e subordi-nata ad un’adeguata di formazione delle ri-sorse umane coinvolte, a qualsiasi titolo, neiprocessi di continuita.A tale fine, e necessario prevedere un pro-gramma di formazione iniziale delle risorsesui contenuti del piano e sul ruolo che il pia-

Tavola 1 - Il processo di business continuity

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no attribuisce ad essi specificatamente. Ilprogramma deve permettere alle risorse dimantenere consapevolezza delle tematichedi business continuity e di sviluppare le com-petenze necessarie per gestire la continuitaoperativa (addestramento). Sarebbe utilemettere a disposizione dei dipendenti un do-cumento di sintesi, sempre reperibile, all’in-terno del quale siano riassunte le linee guida,gli aspetti fondamentali e le principali nozio-ni che stanno alla base del BCP, nell’intentodi migliorare la diffusione del piano in azien-da e di generare la consapevolezza dei rischia tutti i livelli organizzativi della banca e del-le societa controllate attraverso la conoscen-za dei contenuti, la creazione di una visioneunica e condivisa degli obiettivi del piano.Il business continuity management e un pro-cesso dinamico, che deve essere gestito e ag-giornato nel continuo. Questo significa che,almeno con periodicita annuale, e necessariosottoporre a test i processi critici. Tale atti-vita e essenziale per garantire l’efficacia delpiano e aumentare la capacita di reazionedell’organizzazione al verificarsi di reali si-tuazioni di emergenza.La normativa richiede che le verifiche venga-no effettuate su scenari il piu possibile reali-stici e sul ripristino dell’operativita dei pro-cessi critici in condizioni di crisi. In partico-lare, le verifiche dei sistemi informativi de-vono prevedere l’attivazione dei collegamentidi rete presso il sito alternativo e l’esecuzionedelle procedure batch con controllo dellafunzionalita e delle prestazioni dei siti alter-nativi. Le prove sono preferibilmente realiz-zate con dati di produzione.Le tipologie di test ipotizzabili sono:a) verifica teorica: consiste in analisi di con-gruenza e stime dell’efficacia, rapportate aspecifici scenari. Al termine della verifica siprogettano e implementano gli eventualiemendamenti correttivi delle carenze indivi-duate;b) walk-through strutturato: si stabilisce unoscenario di crisi, e i diversi team ed unitaorganizzative percorrono (walk-through) pa-rallelamente le attivita previste dal piano dicontinuita operativa. Richiede la partecipa-zione almeno dei responsabili dei team. Loscenario e reso noto prima della simulazioneper consentire ai partecipanti di prepararsi.Nel corso della simulazione si verificano e

documentano eventuali errori o carenze delpiano stesso. Al termine, si progettano e im-plementano gli eventuali emendamenti cor-rettivi delle carenze individuate;c) verifica tattica: tutti i membri dei team diripristino sono chiamati a partecipare e adeseguire le attivita previste dal piano di con-tinuita operativa, comunicate in anticipo o asorpresa, sulla base delle informazioni resenote dal coordinatore della simulazione. Lasimulazione deve essere impostata per ripro-porre il piu realisticamente possibile lo sce-nario di crisi ipotizzato.In genere si utilizza un «orologio accelerato»per completare le attivita di 3-4 giorni in unsolo giorno lavorativo; questo richiede che iteam agiscano sulla base delle informazionirelative allo scenario e alle evoluzioni nellaforma piu immediata possibile.Anche in questo caso il BCP e verificato pereventuali errori, incongruenze o carenze. Altermine della verifica si progettano e imple-mentano gli eventuali emendamenti corretti-vi delle carenze individuate;4) simulazione: richiede l’esecuzione di partispecifiche del piano di continuita operativa.La comunicazione, le procedure operative,l’uso di hardware/software, l’eventuale ricor-so a siti alternativi, e le operazioni per garan-tire risultati efficaci sono necessari, ma sololimitatamente agli specifici ambiti conside-rati.Esempi di procedure verificate nel corso diuna simulazione sono: procedure d’emergen-za; impiego di metodi operativi alternativi;backup per le comunicazioni; comunicazioniai fornitori; prestazioni ed efficacia dei siste-mi IT; trasportabilita del software; accesso alsito alternativo; mobilitazione dei team; re-cupero di informazioni e documenti; recupe-ro di dati.Di fatto, le prove, col trascorrere del tempo,devono diventare piu complesse scendendolungo la colonna a sinistra della figura sopraindicata, frequenti e maggiormente correlateai rischi (ovvero, eseguiti su dati reali e pre-feribilmente non comunicati preventivamen-te alle risorse coinvolte), nonche adeguarsi aimutamenti nelle scelte strategiche aziendali.I risultati delle verifiche sono relazionati periscritto, portati all’attenzione degli organicompetenti e comunicati alle unita operativecoinvolte e alla funzione di Internal Audit.

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Inoltre, se dall’effettuazione dei test rilevanocarenze, queste devono essere tempestiva-mente mitigate avviando le opportune azionicorrettive.A seguito dei risultati dei test, nonche al ve-rificarsi di altri eventi di significativi che ri-levano sui processi critici, il piano di conti-nuita operativa deve essere aggiornato.I principali eventi che possono incidere sul-l’identificazione dei processi critici sono:modifiche nella distribuzione geografica oterritoriale o dei canali del business, impor-tanti modifiche nella struttura aziendale einnovative soluzioni tecnologiche.Le best practice richiedono una rivisitazionecomplessiva del BCP con cadenza annuale.

Strategia di business continuity

La decisione di sviluppare una strategia dibusiness continuity crea un processo distri-buito su tutta l’organizzazione aziendale. Sirealizza un modello complesso in termini di:attivita, procedure, costi, tempo e attori coin-volti. E quindi necessario che la strategia dibusiness continuity sia fortemente supporta-ta dall’Alta Direzione e adeguatamente pub-blicizzata all’interno dell’organizzazione.Il supporto dell’Alta Direzione consiste nelgarantire al processo risorse e mezzi adegua-ti al perseguimento degli obiettivi propri enel nominare responsabile del BCM, il crisismanager, una figura di alto livello dell’orga-nizzazione.Inoltre, accanto al crisis manager, per la rea-lizzazione dei processi di continuita operati-va deve essere individuata o costituita lastruttura incaricata a gestire il processo siain situazione ordinaria, che durante l’emer-genza. La struttura deve avere un adeguatoposizionamento nell’organigramma azienda-le, tale da conferirgli l’autorita necessaria percoinvolgere le altre strutture aziendali.Durante la situazione ordinaria, il piano none attivo e la struttura deputata realizza tuttele attivita connesse con lo sviluppo, la realiz-zazione, l’aggiornamento e la verifica di effi-cacia del business continuity plan.Nel corso delle situazioni di crisi, di conver-so, la struttura di business continuity realizzail governo delle attivita di gestione del BCP,cosı come descritte all’interno dello stesso.Le esperienze in ambito di continuita opera-

tiva dimostrano che nonostante l’impegno ela complessita a monte del modello di conti-nuity management, e al di la degli obblighinormativi e delle necessita intrinseche nelbusiness di dover garantire la continuita,sempre piu frequentemente le banche rico-noscono nella continuita operativa un ele-mento a valore aggiunto a supporto anchedell’offerta commerciale.

Ruolo dell’internal audit

Nell’ambito della promozione dei processi dibusiness continuity, l’internal auditor, allaluce della sua esperienza nell’assessmentdei rischi operativi, nella definizione di mo-delli di controllo e nella maggiore capacita dianalisi dei processi organizzativi e informa-tici, e andando oltre le previsioni di Bancad’Italia, puo svolgere nell’organizzazioneaziendale il ruolo piu opportuno per agevo-lare l’adozione e lo sviluppo dell’approccioalla business continuity.In particolare, in funzione del modello dicontinuita adottato, della maturita e dellacultura aziendale in tema di continuita ope-rativa, anche con riferimento alle singole fasidel processo, l’internal audit puo assumereruoli differenti.Nelle fasi di start-up e auspicabile che l’inter-nal audit declini un contributo prettamenteconsulenziale.Nella fase di predisposizione del piano, l’IApuo mettere a disposizione la sua conoscen-za in tema di rischi operativi, processi infor-matici e outsourcer per supportare la bancanella stesura del modello. Nello specifico,nelle fasi analisi e valutazione del rischio(RIA) e analisi dell’impatto sul business(BIA), l’internal audit risulta tra le funzioniaziendali in grado di fornire il maggioreknow-how per l’assessment dei rischi relativiai processi aziendali; inoltre l’elevata collo-cazione gerarchica della funzione di audit,che la tiene un po’ al di fuori delle problema-tiche operative, nonche la sua maggiore atti-tudine a conoscere l’evoluzione del settoreper quanto attiene le modalita di gestionedei rischi, gli permettono anche di formularedei suggerimenti nella fase di identificazionedelle strategie operative.Con l’entrata in vigore del piano, l’IA puopromuovere la cultura della continuita ope-

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rativa, contribuendo attivamente nei mo-menti di formazione delle risorse, suggeren-do le modalita di realizzazione dei primi test,rappresentando l’importanza e i benefici chederivano dal mantenimento del processo ag-giornato. Risulta, di fatto, tra le attribuzionidell’internal audit, quella di monitorare cheil piano e i principi guida siano adeguata-mente pubblicizzati nella realta aziendale ecompresi dagli attori coinvolti. In tale ambi-to, l’internal audit puo collaborare nella de-finizione del programma di formazione, ov-vero diventare il protagonista del processo diformazione dei process-ower.Piu fondamentale pero potrebbe risultare ilcontributo dell’auditor nella realizzazionedel processo di test. La confidenza dell’audi-tor con le metodologie di test non e solita-mente presente a priori in funzioni aziendalinon deputate istituzionalmente ad attivita dicontrollo interno. Ecco quindi che l’auditpuo supportare l’organizzazione, diffonden-do le metodologie idonee per l’esecuzionedei test, l’identificazione degli scenari da te-stare e illustrare le modalita di reporting deitest idonee a evidenziare punti di forza easpetti di miglioramento.Nel continuo, l’internal audit assiste ai testsul piano e ne controlla i risultati. Puo richie-dere modifiche al piano di continuita opera-tiva sulla base delle mancanze riscontrate esuggerire miglioramenti nelle modalita diesecuzione dei test.Una volta che il modello di business conti-nuity e adeguatamente avviato e riconosciu-to in azienda, l’internal audit puo assumereuna funzione di assurance, realizzando ilmonitoraggio della conformita del processodisegnato rispetto alle previsioni normative ealle best practice internazionali, valutando lacompletezza e la manutenzione del piano,verificando il piano dei test, i test svolti e lemodalita, i piani di back-up della documen-tazione indispensabile, le coperture assicura-tive, il livello di apprendimento e di consape-volezza del processo da parte dei dipendenticoinvolti, i processi di comunicazione. A se-guito delle recenti disposizioni di vigilanza,particolare attenzione sara posta all’analisidei criteri di escalation. In caso di incidenti,la funzione di internal audit verifichera lacongruita dei tempi rilevati per la dichiara-zione dello stato di crisi.

La funzione internal audit e invitata a parte-cipare ai test. Puo quindi decidere se esserepresente, ma in ogni caso, riceve il reportingdell’esito dei test condotti.La presenza l’IA in loco dei test non teorici,peraltro permette di meglio apprezzare l’effi-cacia dei test, ed eventualmente proporre in-tegrazioni o modifiche agli stessi.Con riferimento ai processi aziendali ester-nalizzati, l’IA deve includere nel suo perime-tro di azione anche la verifica dei piani dicontinuita operativa dei fornitori di serviziin outsourcing; in particolare, puo deciderese fare affidamento sulle strutture di questiultimi, se ritenute professionali, indipenden-ti e trasparenti; in questo caso acquisendonei risultati dei loro test.Anche nel caso l’internal audit stia svolgendoservizi di assurance, se opportuno, potra ri-presentarsi nel ruolo di advisor, al fine disviluppare in azienda le competenze aggiun-tive necessarie nel contesto aziendale per lamigliore gestione del processo di businessmanagement.

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D.Lgs. n. 39/2010 e suo impattosulla normativa vigente:una sintesidi Alberto Pesenato (*)

Evoluzione storica ed effetti sulla normativa previgente imposti dal D.Lgs. n. 39/2010 in unsintetico excursus sull’evoluzione della regolamentazione in materia di Revisione Legale.

Evoluzione storica e riferimentinormativi del ruolo del revisorein italia

I primi dati certi su attivita di revisione con-tabile si segnalano in Inghilterra, dove, nelcorso del XIII secolo le Corporazioni comin-ciarono ad applicare tale prassi sviluppatasipoi nelle colonie inglesi ed olandesi; ma esolo dal 1848 che le societa commerciali eb-bero l’obbligo di sottoporre i bilanci al con-trollo e alla verifica di un soggetto indipen-dente.Gli Stati Uniti, dopo la crisi finanziaria se-guita al crollo della Borsa di Wall Street del1929, hanno dato inizio all’evoluzione dell’i-stituto della revisione contabile affidando adegli esperti esterni il compito di garantirel’attendibilita dei dati contabili al fine di tu-telare gli Stakeholders (Securities ExchangeAct 6 giugno 1934 ed istituzione della Secu-rity Exchange Commission), a partire da taledata, la disciplina della revisione ha benefi-ciato di una eccezionale evoluzione fino alSerbanes- Oxley Act (SOX) del 2002.L’«excursus» storico sotto riportato e breve-mente commentato puo fornire un’idea gene-rale dell’evoluzione dell’istituto della revisio-ne contabile e del controllo legale dei contiin Italia.1) Codice di Commercio 1882;2) R.D.L. n. 1548 del 24 luglio 1936;3) L. n. 1966 del 23 novembre 1939;4) L. n. 216 del 7 giugno 1974;5) D.P.R. 136/1975;6) D.Lgs. n. 88 1992 (recepimento VIII Diret-tiva 84/253/CEE);

7) D.Lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998 (T.U.F.Testo Unico della Finanziaria);8) D.Lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003 (riformadel diritto societario);9) L. n. 262/2005 (Disposizioni a tutela delrisparmio e la disciplina dei mercati finan-ziari) questa legge puo essere la prima disci-plina italiana paragonabile, per contenuto alSOX;10) D.Lgs. n. 303/2006;11) D.Lgs. n. 32 del 2 febbraio 2007;12) D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39 (G.U. 23marzo 2010, n. 68, suppl. ord. n. 58) (1).

Codice di Commercio 1882Istituiva il collegio sindacale nominato dal-l’assemblea con compiti di vigilanza sull’atti-vita contabile ed amministrativa.

R.D.L. n. 1548 del 24 luglio 1936Fu istituito il ruolo di Revisori Ufficiali deiConti presso il Ministero di Grazia e Giusti-zia definendo inoltre con maggior esattezzale funzioni e le relative competenze profes-sionali.

Legge n. 1966 del 23 novembre 1939Attuata con Decreto n. 531 del 22 aprile 1940disciplina tra l’altro l’attivita delle societa direvisione nonche fiduciarie.

Note:(*) Revisore legale, Consulente Area D. Lgs. 231/2001, Dottorecommercialista in Verona(1) A. Pesenato, Manuale del Revisore legale VI EdizioneWKI - Ipsoa. Altri contributi in www.albertopesenato.net

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Legge n. 216 del 7 giugno 1974Reca disposizioni relative al mercato mobi-liare:a) istituzione della CONSOB;b) introduzione di nuovi articoli del c.c. re-lativi al contenuto del conto Profitti e Perdi-te,e della Relazione degli amministratori;c) previsione di una Legge Delega per l’intro-duzione dell’istituto della Revisione Contabi-le (certificazione).

D.P.R. n. 136 del 31 marzo 1975In attuazione alla Legge Delega per l’introdu-zione dell’istituto della Revisione e la Certi-ficazione obbligatoria per le societa quotate:a) introduzione degli articoli c.c. relativi alcontenuto del Conto Economico, Relazionedegli amministratori;b) introduzione dell’istituto della revisioneobbligatoria per le societa quotate (2);c) funzioni delle societa di revisione;d) incompatibilita;e) albo speciale Consob;f) requisiti per l’iscrizioni all’Albo.

D.Lgs. n. 88 del 27 gennaio 1992(recepimento VIII Direttiva 84/253/CEE)a) Istituzione del registro dei revisori pressoil Ministero di Grazia e Giustizia.b) Possibilita di essere abilitati ad esercitarela revisione contabile sia i professionisti abi-litati sia le Societa di revisione.

D.Lgs. n. 58 del 24 febbraio 1998Riordinamento normativo della disciplinadelle societa emittenti titoli sui mercati rego-lamentati (Legge Draghi)

D.Lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003(riforma del diritto societario)Con questo decreto e stato introdotto ancheper le societa non quotate la separazione tracontrollo dell’amministrazione e controllocontabile.

Legge n. 262 del 28 dicembre 2005(Disposizioni a tutela del risparmioe la disciplina dei mercati finanziari)Ha rafforzato le disposizione in tema di tra-sparenza delle societa e di indipendenza deirevisori contabili.

D.Lgs. n. 303 del 29 dicembre 2006Ha introdotto alcune norme con lo scopo dimigliorare la tutela delle minoranze aziona-rie, evitare possibili situazioni di conflitto diinteresse, adeguarsi al contenuto della nuovaVIII direttiva relativa alle revisione dei contiannali e consolidati (17 maggio 2006).

D.Lgs. n. 32 del 2 febbraio 2007Con tale Decreto e stata uniformata la rela-zione di revisione alle societa quotate e comeper le societa quotate anche le altre sono ob-bligate ai richiami di informativa che il revi-sore sottopone all’attenzione dei destinatarinonche a dare un giudizio sulla coerenza del-la Relazione sulla Gestione predisposta dagliamministratori.

D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39Il D.Lgs. n. 39 concorre ad un miglioramentoe ad una razionalizzazione della disciplinadella Revisione Legale. L’aspetto positivopreminente e rappresentato dalla chiara de-finizione delle modalita professionali secon-do le quali deve essere svolta la revisione inquanto viene sancito l’obbligo di svolgere larevisione secondo i principi di revisione in-ternazionali (I.S.A.) adottati dalla Commis-sione Europea, a prescindere dalle caratteri-stiche del soggetto incaricato dell’audit e daltipo di societa sottoposta a revisione.

La normativa Europea

In tema di revisione legale dei conti annualie dei conti consolidati la direttiva europea diriferimento e l’ottava direttiva (ora Dir. 2006/43/Ce che ha abrogato la precedente Dir. 84/253/ Cee): essa e stata recepita nell’ordina-mento italiano tramite il D. Lgs. n. 39 del27 gennaio 2010 . Il decreto ha profonda-mente innovato il quadro normativo previ-gente.Le direttive sui conti annuali delle societa

Nota:(2) Si puo far risalire a questo periodo, da parte delle so-cieta multinazionali di revisione, la conquista del mercatodella revisione contabile in Italia, rivolto all’inizio solamen-te alle societa quotate, esteso poi alle Banche, Assicura-zioni, Partecipazioni Statali e rivolgendosi attualmente allesocieta non quotate di grande e media dimensione non-che alle PMI proponendo joint ventures agli gli studi pro-fessionali di Commercialisti in tutta Italia.

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hanno istituzionalizzato a livello europeol’obbligo della revisione contabile delle socie-ta di capitali con la sola esenzione delle so-cieta di dimensioni minime. Si espone, nelseguito, in forma di Tavole:� le Direttive europee di riferimento (Tavola 1);� la normativa in materia di revisione conta-bile ante D.Lgs. n. 39/2010 (Tavola 2);� i decreti abrogati (Tavola 3);� effetti nel Codice Civile (Tavola 4);

� Modifiche al D.Lgs. 127/1991 (bilancioconsolidato - Tavola 5);� Modifiche al Tuif, Testo unico delle disposi-zioni in materia di intermediazione finanzia-ria (Tavola 6);� Modifiche al Tub, Testo Unico delle leggi inmateria Bancaria e creditizia (D. Lgs. 385/1993) dovuti all’introduzione del D. Lgs. n.39/2010 (Tavola 7);� Modifiche al D. Lgs. 209/2005 (Tavola 8).

Tavola 1 - Le Direttive europee di riferimento

Quarta direttivaLa direttiva 78/660 Cee (denominata anche ‘‘quarta direttiva’’) prevede, nell’articolo 51, l’obbligo di revisione per tuttele societa di capitali e permette di esentare le societa di minori dimensioni.La revisione legale deve essere eseguita da una persona con i requisiti previsti dall’ottava direttiva. Il revisore inoltredeve esprimersi anche sulla concordanza della relazione sulla gestione con il bilancio d’esercizio.L’articolo 51-bis definisce il contenuto della relazione del revisore legale:– il paragrafo introduttivo deve individuare i conti assoggettati a revisione legale e i principi contabili utilizzati nella loropreparazione;– il secondo paragrafo deve contenere la descrizione della portata della revisione legale indicando almeno i principi direvisione adottati;– il paragrafo del giudizio deve indicare se il revisore ritiene che i conti annuali diano il quadro fedele secondo i principicontabili applicati e, quando appropriato, se il bilancio e conforme alla legge;– il giudizio puo essere senza rilievi, con rilievi o negativo; il revisore, se si trova nell’impossibilita di esprimere ungiudizio, puo dichiarare di rifiutare di emettere un giudizio. La relazione puo contenere richiami di informativa con iquali - il revisore richiama l’attenzione dei destinatari del bilancio, senza modificare il giudizio;– la relazione deve inoltre contenere un giudizio sulla concordanza della relazione sulla gestione con il bilancio delmedesimo esercizio;– la relazione deve essere firmata e datata dal revisore legale,

Settima direttivaL’articolo 37 della direttiva 83/349 Cee (settima direttiva), in tema di bilancio consolidato, riprende il contenuto degliarticoli 51 e 51-bis della quarta direttiva, escludendo solo la possibilita di esentare le societa minori: queste possonoavvalersi della facolta di esenzione dall’obbligo di predisporre il bilancio consolidato, ma, se decidono di pubblicarlo,esso deve essere oggetto di controllo legale. L’ultimo comma dell’articolo 37 stabilisce che se il bilancio di eserciziodella capogruppo e pubblicato insieme al bilancio consolidato, la relazione sul controllo del bilancio consolidato puoessere combinata con quella relativa al bilancio di esercizio.

Ottava direttiva (Dir. 2006/43/Ce)La direttiva 2006/43/Ce (denominata anche ‘‘ottava direttiva’’) del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 maggio2006 relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, modifica le direttive 78/660/Cee (quartadirettiva) e 83/349/Cee (settima direttiva) del Consiglio e abroga la direttiva 84/253/Cee (precedente ottava direttiva).La direttiva 2006/43/Ce riguarda i seguenti aspetti:– Identificazione e ruolo della revisione legale dei conti: la ‘‘revisione legale dei conti’’ e la revisione dei conti annuali odei conti consolidati nella misura in cui essa sia prescritta dal diritto comunitario. La direttiva chiarisce la definizione di‘‘revisione legale dei conti’’, fugando tutti i dubbi interpretativi in merito al suo contenuto (si ricorda che nel nostroordinamento, in passato le espressioni ‘‘controllo contabile’’ e ‘‘revisione contabile’’ facevano sostanzialmente riferi-mento alle medesime attivita). Il D.Lgs. 39/2010 ha chiarito che tale attivita e denominata ’’revisione legale dei conti’’.– Abilitazione, formazione continua: sono stabilite specifiche norme per l’abilitazione dei revisori legali e delle impresedi revisione contabile, il tirocinio, l’esame di idoneita professionale e la formazione continua.– Registro dei revisori legali e delle societa di revisione: sono stabilite le modalita di iscrizione al Registro e il suocontenuto informativo.– Svolgimento della revisione legale: sono definite le norme inerenti all’indipendenza del revisore, alla riservatezza,alla deontologia professionale e al segreto professionale. In merito allo svolgimento della revisione legale la direttivaeuropea stabilisce che la revisione legale dei conti deve essere svolta in conformita ai principi di revisione internazio-nale (v. anche paragrafo 2.3). Il D.Lgs. 39/2010 dispone che il Ministero dell’economia e delle finanze puo disporre conregolamento l’obbligo di osservare procedure di revisione o obblighi supplementari o, in casi eccezionali, il divieto di

(segue)

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osservare parte dei principi di revisione internazionali, solo nel caso in cui l’obbligo o il divieto conseguono da dispo-sizioni legislative specifiche relative alla portata della revisione legale. Fino all’adozione dei principi di revisioneinternazionale, la revisione legale e svolta in conformita ai principi di revisione elaborati da associazioni e ordiniprofessionali e dalla Consob. Il D.Lgs. 39/2010 dispone inoltre le norme (art. 13 e 14) in merito al conferimento erevoca dell’incarico di revisione e le regole per la redazione della relazione di revisione.– Enti di interesse pubblico: sono stabilite le norme per la revisione degli enti di interesse pubblico, l’indipendenza delrevisore e la relazione di trasparenza.– Controllo qualita: la direttiva europea richiede che siano istituite presso i paesi membri adeguate procedure dicontrollo della qualita di svolgimento della revisione legale dei conti. Il D.Lgs. 39/2010 stabilisce che i revisori legalidegli enti di interesse pubblico siano soggetti a un controllo della qualita almeno ogni tre anni, mentre gli altri revisorisiano sottoposti a controllo qualita ogni sei anni.– Vigilanza, indagini e sanzioni: gli Stati membri devono organizzare un efficace sistema di indagini e sanzioni, volti acorreggere e prevenire un esercizio non corretto dell’attivita di revisione legale dei conti prevedendo delle sanzioni chesiano effettive, proporzionate e dissuasive.

Assicurazioni e BancheLe direttive 86/635/Cee e 91/674/Cee, relative ai bilanci delle imprese appartenenti al settore finanziario e a quelloassicurativo, stabiliscono che per entrambi i settori sono applicabili molti articoli della quarta e della settima direttiva,tra i quali anche quelli relativi all’obbligo di sottoporre i bilanci a un controllo contabile.

Tavola 2 - Normativa in materia di revisione contabile ante D.Lgs. n. 39/2010

– Libro V, Titolo V, Capo V, Sez. Vl-bis, par. 4, nonche gli arti 2403,2409-quinquie-sdecies, 2409-noviesdecies, 2477,2624e 2635 ce;– D.Lgs. 27 gennaio 1992 - Attuazione della direttiva 84/253/Ce relativa all’abilitazione delle persone incaricate delcontrollo di legge dei documenti contabili;– Legge 13 maggio 1997, n. 132 - Nuove norme in materia di revisori contabili;– D.P.R. 6 marzo 1998, n. 99 - Regolamento recante norme concernenti le modalita di esercizio della funzione direvisore contabile;– D.Lgs. 23 gennaio 2006, n, 28 - Attribuzione all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di compe-tenze sul Registro dei revisori contabili, a norma dell’art. 5 della Legge 24 febbraio 2005, n. 34;– Parte IV, Titolo III, Capo II, Sez. VI, nonche Parte V, Titolo I, Capo III ed artt. 4,8, 9 e 116 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n.58 - Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della Legge 6febbraio 1996, n. 52;– Parte III, Titolo VI del Regolamento emittenti della Consob (Regolamento di attuazione del D.Lgs. 24.2.1998, n. 58,concernente la disciplina degli emittenti, approvato con delibera Consob n. 11971 del 14.51999; artt. 145 e seguenti,recanti ulteriori previsioni in tema di ‘‘Revisione contabile’’ delle societa quotate);– Art. 41 del D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127 - Controllo del bilancio consolidato’’;– Artt. 102 e seguenti del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 - Codice delle assicurazioni private;– Art. 52 del D.Lgs. 1º settembre 1993, n. 385 - Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (di seguito Tub).

Tavola 3 - Decreti abrogati dall’introduzione del D.Lgs. n. 39/2010

– abrogato il D.Lgs. 88/1992;– abrogata la Legge 132/1997;– abrogato il D.P.R. 99/1998;– abrogata la Legge 222/1998;– abrogata la Legge 266/1998;– abrogato il D.P.R. 233/2000;– abrogato il D.Lgs. 28/2006.

Tavola 4 - Effetti nel Codice Civile dovute all’introduzione del D.Lgs. n. 39/2010

1. Tutti gli articoli che in precedenza contenevano le parole ‘‘controllo contabile, il revisore, il revisore contabile’’ sonostati modificati utilizzando le parole ‘‘revisione legale dei conti, soggetto incaricato della revisione legale dei conti,revisori legali, societa di revisione legale’’;2. sono stati abrogati:– l’art. 2409-fer (funzioni del controllo contabile), sostituito dall’art. 14 del decreto (v. par. 1.2.2),– l’art. 2409-quater (conferimento e revoca dell’incarico), sostituito dall’art. 13 del decreto (v. par. 1.2.2),

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– l’art. 2409-quinquies (cause di illegittimita e di decadenza), sostituito dall’art. 10 del decreto (v. par. 1.2.2),– l’art. 2409-sexies (responsabilita), sostituito dall’art. 15 del decreto (v. par. 1.2.2),– l’art. 2624 (falsita nelle relazioni o nelle comunicazioni delle societa di revisione), sostituito dall’art. 27 del decreto3. con riferimento all’esercizio dell’attivita di revisione legale dei conti, il decreto ha modificato il previgente art. 2409-fcis: la revisione legale sulle spa e esercitata da un revisore legale o da una societa di revisione legale iscritti nelRegistro. Nelle societa non quotate e che non devono redigere il consolidato la revisione e esercitata dal collegiosindacale, se lo prevede lo statuto e se seguono il modello di governance tradizionale. In questo caso il collegiosindacale deve essere composto da revisori legali iscritti al Registro;4. con riferimento all’attivita di revisione legale delle srl, e stato modificato l’art. 2477 ce, che mantiene l’obbligo dinomina del collegio sindacale qualora il capitale sociale della srl non sia inferiore al minimo stabilito per le spa, equalora la societa superi, per due esercizi consecutivi, i limiti stabiliti dall’art. 2435-ins, primo comma, ma obbliga orale srl a nominare il collegio sindacale se la societa e tenuta alla redazione del bilancio consolidato, oppure se controllauna societa obbligata alla revisione legale dei conti. In ogni caso, si applicano le norme per le societa per azioni; sel’atto costitutivo non dispone diversamente, la revisione legale e esercitata dal collegio sindacale;5. con riferimento alle informazioni nella nota integrativa, e stato aggiunto il n. 16-bis all’art. 2427 ce che dispone che siindichino l’importo totale dei corrispettivi spettanti al revisore legale o alla societa di revisione legale per la revisionelegale dei conti annuali, l’importo totale dei corrispettivi di competenza per gli altri servizi di verifica svolti, l’importototale dei corrispettivi di competenza per i servizi di consulenza fiscale e l’importo totale dei corrispettivi di competenzaper altri servizi diversi dalla revisione contabile (salvo che la societa sia inclusa in un ambito di consolidamento e leinformazioni siano contenute nella nota integrativa del relativo bilancio consolidato).

Tavola 5 - Modifiche al D.Lgs. 127/1991 dovute all’introduzione del D.Lgs. n. 39/2010

Tutti gli articoli che in precedenza contenevano le parole ‘‘controllo contabile, il revisore, il revisore contabile’’ sonostati modificati utilizzando le parole ‘‘revisione legale dei conti, soggetto incaricato della revisione legale dei conti,revisori legali, societa di revisione legale’’;– con riferimento alle informazioni nella nota integrativa, e stato aggiunto il n. o-septies al comma 1 dell’art. 38 chedispone che si indichino separatamente l’importo dei corrispettivi spettanti al revisore legale o alla societa di revisionelegale per la revisione legale dei conti consolidati, per gli altri servizi di verifica e per altri servizi diversi dalla revisionelegale forniti al gruppo;– con riferimento alla disciplina sulla revisione legale, e stato interamente modificato l’art. 41, che dispone che ilconsolidato sia sottoposto a revisione legale, demandata al soggetto incaricato della revisione legale del bilancio diesercizio della societa che redige il bilancio consolidato.

Tavola 6 - Modifiche al Tuif dovute all’introduzione del D.Lgs. n. 39/2010

Come per le modifiche al codice civile e per le altre leggi, tutti gli articoli che in precedenza contenevano le parole‘‘controllo contabile, il revisore, il revisore contabile’’ sono stati modificati utilizzando le parole ‘‘revisione legale deiconti, soggetto incaricato della revisione legale dei conti, revisori legali, societa di revisione legale’’C1. on riferimento alla disciplina delle societa con azioni quotate, la sezione VI del Tuif, relativa alla revisione contabilee stata interamente modificata:– gli ex artt. 155 e 156 che disciplinavano l’attivita di revisione contabile e delle relazioni di revisioni sono stati sostituitidall’art. 14 del decreto;– l’ex art. 159 (conferimento dell’incarico) e ora disciplinato dall’art. 10 comma 9, e dall’art 17 c. 1 del decreto– l’ex art. 160 (incompatibilita) e ora disciplinato dagli artt. 10 e 17 del decreto;– l’ex art. 161 (albo speciale delle societa di revisione) e stato abrogato e sostituito dagli artt. 2 e 9 del decreto;– l’ex art. 162 (vigilanza sulle societa di revisione) e stato interamente sostituito dagli articoli 11, 20 e 22 del decreto;– l’ex art. 163 (provvedimenti della Consob) e abrogato e sostituito dall’art. 22 del decreto;– l’ex art. 164 (responsabilita) e abrogato e sostituito dall’art. 15 del decreto;– l’ex art. 165 (revisione contabile dei gruppi) e abrogato e sostituito dal comma 6 dell’ex art. 15 e dall’art. 16 deldecreto;– l’ex art. 165-bis (societa che controllano societa con azioni quotate) e abrogato e sostituito dall’art. 16 del decreto;– l’ex art. 174-fr/s (falsita nelle relazioni o nelle comunicazioni delle societa di revisione) e abrogato e sostituitodall’art. 27 del decreto;– l’ex art. 174rter (corruzione dei revisori) e abrogato e sostituito dall’art. 28 del decreto;– l’ex art. 177 (illeciti rapporti patrimoniali con la societa assoggettata a revisione) e abrogato e sostituito dall’art. 31del decreto;– l’ex art. 178 (compensi illegali) e abrogato e sostituito dall’art. 30 del decreto;– l’ex art. 179 (disposizioni comuni) e abrogato e sostituito dall’art. 32 del decreto.

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Tavola 7 - Modifiche al Tub dovute all’introduzione del D.Lgs. n. 39/2010

– come per le modifiche al codice civile e per le altre leggi, tutti gli articoli che in precedenza contenevano le parole‘‘controllo contabile, il revisore, il revisore contabile’’ sono stati modificati utilizzando le parole ‘‘revisione legale deiconti, soggetto incaricato della revisione legale dei conti, revisori legali, societa di revisione legale’’;– e stato istituito un obbligo di comunicazione delle banche alla Banca d’Italia dela nomina e della mancata nomina delsoggetto incaricato della revisione legale dei conti, delle sue dimissioni, della risoluzione consensuale del mandato odella revoca dell’incarico di revisione legale dei conti, fornendo adeguate spiegazioni in ordine alle ragioni che l’hannodeterminata;– non e piu consentito alle banche di credito cooperativo di prevedere che lo statuto permettesse che il controllocontabile (ora revisione legale dei conti) fosse affidato al collegio sindacale.

Tavola 8 - Modifiche al D.Lgs. 209/2005

– come per le modifiche al codice civile e per le altre leggi, tutti gli articoli che in precedenza contenevano le parole‘‘controllo contabile, il revisore, il revisore contabile’’ sono stati modificati utilizzando le parole ‘‘revisione legale deiconti, soggetto incaricato della revisione legale dei conti, revisori legali, societa di revisione legale’’;– con riferimento alla revisione legale del bilancio, l’art. 102 (modificato) stabilisce che il bilancio delle imprese diassicurazione e di riassicurazione con sede legale nel territorio della Repubblica e (novita) delle sedi secondarie nelterritorio della Repubblica di imprese di assicurazione e riassicurazione con sede legale in uno Stato terzo, e corredatodalla relazione di un revisore legale o di una societa di revisione legale che sia iscritta nell’apposito Registro. Sel’incarico di revisione legale e conferito a una societa di revisione legale, almeno uno dei suoi amministratori e unattuario iscritto nell’albo professionale di cui alla Legge 9 febbraio 1942, n. 194;– se l’incarico di revisione legale e conferito ad un revisore legale, oppure se tra gli amministratori della societa direvisione legale non e presente un attuario iscritto nell’albo professionale di cui alla Legge 9 febbraio 1942, n. 194, larelazione di revisione e corredata dalla relazione di un attuario nominato dal revisore legale o dalla societa di revisionelegale. In questo caso l’incarico dell’attuario ha durata pari a nove esercizi e non puo essere rinnovato, neppure perconto di una diversa societa di revisione legale, se non siano decorsi almeno tre esercizi dalia data di cessazione delprecedente. L’incarico non puo essere conferito a un attuario che non rispetti le condizioni di indipendenza individuatedall’Isvap con regolamento;– all’art. 190 e stato aggiunto il comma 5-bis che stabilisce che le imprese di assicurazione e riassicurazione debbanoinformare l’Isvap circa la nomina e la mancata nomina del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, le suedimissioni, la risoluzione consensuale del mandato o la revoca dell’incarico di revisione legale dei conti, fornendoadeguate spiegazioni in ordine alle ragioni che l’hanno determinata

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Fondo per la crescitasostenibile: al via il bandoper ricerca e sviluppodi Roberta Dugnani (*)

Con lo sblocco di una prima tranche di risorse destinate alla sezione ricerca e sviluppo del Fondoper la crescita sostenibile, parte il bando per la concessione di finanziamenti agevolati alleimprese nazionali che investono in ambiti tecnologici innovativi. L’obiettivo e quello di stimolarel’attivita di ricerca sulle «Tecnologie abilitanti fondamentali» e sugli obiettivi della priorita «Sfideper la societa» previsti dal Programma Horizon 2020, concentrando gli sforzi nazionali con quellicomunitari, a sostegno di investimenti efficaci per la crescita e la competitivita del nostro sistemaproduttivo.

Premessa

E stato lanciato dal Ministero dello sviluppoeconomico (Mise) il primo bando di finan-ziamento del Fondo per la crescita sostenibi-le, introdotto dal Decreto sviluppo del 2012 eregolamentato con Decreto 8 marzo2013 (1), che ne ha stabilito i criteri, le prio-rita di intervento, le forme e le intensita mas-sime di aiuti concedibili.Il bando, approvato con decreto Mise 20 giu-gno 2013 (2), attua gli interventi a favore diprogetti di ricerca, sviluppo e innovazione dirilevanza strategica per il rilancio della com-petitivita del sistema produttivo, uno dei treambiti di competenza del Fondo, con unbudget disponibile pari a 300 milioni di euro,di cui il 60% riservato alle piccole e medieimprese.Le risorse iniziali sono state attribuite alFondo con un ulteriore Decreto 20 giugno2013, prevedendo successive integrazioni dirisorse a favore sia di progetti di ricerca esviluppo di dimensioni medio-piccole, qualiquelli previsti dal bando appena pubblicato,sia di progetti coerenti con le capacita finan-ziarie e le strategie di imprese di maggioridimensioni, per i quali, con successivi decre-ti, saranno stabiliti criteri maggiormente se-lettivi per l’accesso alle agevolazioni.

I contenuti del bando

Il bando e attuato su scala nazionale, direttoalle imprese di qualsiasi classe dimensionale,che intendano realizzare, singolarmente o inassociazione, progetti di ricerca e sviluppo di«modesta entita», che implichino investi-menti da un minimo di 800.000 euro ad unmassimo di 3 milioni di euro.Non sono previsti limiti settoriali di apparte-nenza delle imprese ammissibili, tuttavia,coerentemente con le politiche comunitariein materia di ricerca e sviluppo in vigore dal2014, i progetti devono essere realizzati negliambiti tecnologici identificati dal Program-ma quadro comunitario «Horizon 2020» (3).Si attende a breve il decreto che stabilita itermini di apertura del bando, le modalitadi presentazione delle domande, i punteggie le soglie minime per la valutazione delledomande.

Note:(*) Finanza agevolata per le imprese(1) Si veda in merito di R. Dugnani «In arrivo i finanziamentiagevolati del Fondo per la crescita sostenibile» in Ammini-strazione&Finanza n. 7/2013.(2) Pubblicato in Gazzetta ufficiale n. 228 del 28 settembre2013.(3) Si veda in merito di R. Dugnani «Ricerca e innovazionefinanziati da Horizon 2020» in Amministrazione&Finanza n.10/2013.

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Soggetti beneficiariI finanziamenti agevolati sono destinati ai se-guenti soggetti, in forma singola o associata:a. imprese che esercitano le attivita di cuiall’art. 2195 del codice civile, numeri 1. e 3.;b. imprese agro-industriali che svolgono pre-valentemente attivita industriale;c. imprese artigiane di produzione di beni exLegge n. 443/85;d. centri di ricerca con personalita giuridica;e. organismi di ricerca, solo se partecipanti aprogetti congiunti.I progetti realizzati in forma congiunta devo-no essere presentati da un numero massimodi 3 soggetti tra quelli sopra elencati, uniti daun contratto di rete o altre forme di collabo-razione, quali il consorzio o l’accordo di par-tenariato, a condizione che la collaborazionesia effettiva, stabile e coerente rispetto all’ar-ticolazione delle attivita del progetto.Se realizzato, il contratto di collaborazionedeve prevedere:– la suddivisione delle competenze, dei costie delle spese a carico di ciascun partecipante;– la definizione degli aspetti relativi alla pro-prieta, all’utilizzo e alla diffusione dei risul-tati del progetto di ricerca e sviluppo;– l’individuazione del soggetto capofila, cheagisce in veste di mandatario dei partecipan-ti, per tutti i rapporti con il Ministero;– una clausola con la quale le parti, nell’ipo-tesi di recesso, esclusione di uno dei soggettipartecipanti o risoluzione contrattuale, siimpegnano alla completa realizzazione delprogetto, prevedendo una ripartizione delleattivita e dei relativi costi tra gli altri soggettie ricorrendo, se necessario, a servizi di con-sulenza.Qualora presentati congiuntamente da piusoggetti, i progetti devono prevedere che cia-scun proponente sostenga almeno il 10% deicosti complessivi ammissibili.I partecipanti al bando devono essere in pos-sesso dei seguenti requisiti:– avere una stabile organizzazione in Italia;– essere regolarmente costituiti ed iscritti nelRegistro delle imprese;– essere nel pieno e libero esercizio dei pro-pri diritti, non essere in liquidazione volon-taria e non essere sottoposti a procedureconcorsuali;– trovarsi in regime di contabilita ordinaria;– non rientrare tra le imprese che hanno ri-

cevuto e, successivamente, non rimborsato odepositato in un conto bloccato, gli aiuti in-dividuati quali illegali o incompatibili dallaCommissione europea;– essere in regola con la restituzione di som-me dovute sulla base di provvedimenti di re-voca di agevolazioni concesse dal Ministero;– non trovarsi in condizioni tali da risultareimpresa in difficolta, cosı come individuatanel Regolamento comunitario generale diesenzione per categoria (4).

Progetti e spese ammissibili

Sono ammessi alle agevolazioni i progettiche prevedono attivita di ricerca industrialee di sviluppo sperimentale, finalizzate allarealizzazione di nuovi prodotti, processi oservizi o al notevole miglioramento di pro-dotti, processi o servizi esistenti, attraversolo sviluppo delle «Tecnologie abilitanti fon-damentali» definite nell’ambito del Program-ma quadro di ricerca e innovazione «Hori-zon 2020» per la priorita di intervento «Lea-dership industriale» e delle tecnologie defini-te negli Obiettivi di intervento della priorita«Sfide per la societa» nell’ambito del mede-simo Programma quadro, cosı come elencatenella Tavola 1.I progetti devono prevedere spese ammissibilidi entita compresa tra 800.000 euro e 3 mi-lioni di euro, ed essere avviati successivamen-te alla presentazione della domanda di agevo-lazioni, purche non oltre 3 mesi dalla data deldecreto di concessione delle agevolazioni. Per‘‘data di avvio del progetto’’ si intende la datadel primo titolo di spesa ammissibile o la datadi inizio attivita del personale interno. La du-rata dei progetti deve essere ricompresa traun minimo di 18 mesi e un massimo di 36,eventualmente prorogabile di ulteriori 12 me-si da parte del Ministero su richiesta motivatadel soggetto richiedente.Si elencano di seguito le tipologie di speseammissibili alle agevolazioni del bando:� personale dipendente del soggetto propo-nente, o in rapporto di collaborazione con

Nota:(4) Regolamento (Ce) n. 800/2008 della Commissione del6 agosto 2008 che dichiara alcune categorie di aiuti com-patibili con il mercato comune, in applicazione degli artt.87 e 88 del Trattato.

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Tavola 1 - Le tecnologie sviluppate dai progetti

1. Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC)1.1. Tecnologie connesse ad nuova generazione di componenti e sistemi (ingegneria dei componenti e sistemi integratiavanzati e intelligenti);1.2. Tecnologie connesse all’elaborazione di prossima generazione (sistemi e tecnologie informatiche avanzate);1.3. Tecnologie connesse con l’internet del futuro relative a infrastrutture, tecnologie e servizi;1.4. Tecnologie di contenuto e gestione dell’informazione (TIC per i contenuti e la creativita digitali);1.5. Interfacce avanzate e robot (robotica e locali intelligenti);1.6. Tecnologie relative alla microelettronica, alla nanoelettronica e alla fotonica.

2. Nanotecnologie2.1. Nanomateriali, nanodispositivi e nanosistemi di prossima generazione;2.2. Strumenti e piattaforme scientifici convalidati per la valutazione e gestione dei rischi lungo tutto il ciclo di vita deinanomateriali e dei nanosistemi;2.3. Sviluppo della dimensione sociale delle nanotecnologie;2.4. Sintesi e fabbricazione efficaci dei nanomateriali, dei loro componenti e dei loro sistemi;2.5. Tecnologie di supporto per lo sviluppo e l’immissione sul mercato di nanomateriali e nanosistemi complessi (adesempio: caratterizzazione e manipolazione della materia su scala nanometrica, la modellizzazione, la progettazione sucomputer e l’ingegneria avanzata a livello atomico).

3. Materiali avanzati3.1. Tecnologie connesse ai materiali funzionali, multifunzionali e strutturali (ad esempio: materiali autoriparabili,materiali biocompatibili);3.2. Sviluppo e trasformazione dei materiali, al fine favorire un ampliamento di scala efficiente e sostenibile volto aconsentire la produzione industriale dei futuri prodotti;3.3. Tecnologie di gestione dei componenti dei materiali (ad esempio: tecniche e sistemi nuovi e innovativi nel sistemadel montaggio, dell’adesione, della separazione, dell’assemblaggio, dell’autoassemblaggio e del disassemblaggio delladecomposizione e dello smantellamento);3.4. Tecnologie connesse ai materiali per un’industria sostenibile, in grado di facilitare la produzione a basse emissionidi carbonio, il risparmio energetico, nonche l’intensificazione dei processi, il riciclaggio, il disinquinamento e l’utilizzodei materiali ad elevato valore aggiunto provenienti dai residui e dalla ricostruzione;3.5. Tecnologie connesse ai materiali per le industrie creative, in grado di favorire nuove opportunita commerciali,inclusa la conservazione dei materiali con valore storico o culturale;3.6. Metrologia, caratterizzazione, normalizzazione e controllo di qualita (ad esempio: tecnologie quali la caratterizza-zione, la valutazione non distruttiva e la modellizzazione di tipo predittivo delle prestazioni in grado di consentireprogressi nella scienza e nell’ingegneria dei materiali);3.7. Tecnologie connesse all’ottimizzazione dell’impiego di materiali, in grado di favorire utilizzi alternativi dei materialie strategie aziendali innovative.

4. Biotecnologie4.1. Biotecnologie d’avanguardia (ad esempio: la biologia sintetica, la bioinformatica e la biologia dei sistemi);4.2. Tecnologie connesse a processi industriali basati sulla biotecnologia (quali ad esempio: chimica, salute, industriamineraria, energia, pasta e carta, tessile, amido, trasformazione alimentare nonche della sua dimensione ambientale);4.3. Tecnologie di piattaforma innovative e competitive (quali ad esempio: genomica, meta-genomica, proteomica,strumenti molecolari, in grado di rafforzare la leadership e il vantaggio competitivo in un’ampia gamma di settorieconomici).

5. Fabbricazione e trasformazione avanzate5.1. Tecnologie per le fabbriche del futuro, in grado di favorire incrementi di produttivita accompagnati da un minoreutilizzo dei materiali e dell’energia, da un minore inquinamento e da una minore produzione di rifiuti;5.2. Tecnologie per edifici efficienti sul piano energetico, tecnologie di costruzione sostenibili in grado di favorire unmaggior utilizzo di sistemi e materiali efficienti sotto il profilo energetico negli edifici nuovi, rinnovati e ristrutturati;5.3. Tecnologie sostenibili e a basse emissioni di carbonio in processi industriali a elevata intensita energetica, in gradodi favorire la competitivita, il miglioramento dell’efficienza delle risorse e dell’energia, la riduzione dell’impatto am-bientale delle industrie di trasformazione ad elevata intensita energetica (come ad esempio l’industria chimica, dellacellulosa e della carta, del vetro, dei metalli non ferrosi e dell’acciaio).

6. Spazio6.1. Tecnologie spaziali in grado di favorire la competitivita europea, la non dipendenza e l’innovazione del settorespaziale e tecnologie connesse all’innovazione di terra con base spaziale, come ad esempio l’utilizzo dei sistemi ditelerilevamento e dei dati di navigazione;

(segue)

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contratto a progetto, con contratto di som-ministrazione di lavoro, ovvero titolare dispecifico assegno di ricerca, limitatamentea tecnici, ricercatori ed altro personale ausi-liario, nella misura in cui sono impiegati nel-le attivita di ricerca oggetto del progetto. So-no escluse le spese del personale con mansio-ni amministrative, contabili e commerciali;� strumenti e attrezzature nuovi, nella misu-ra e per il periodo in cui sono utilizzati per ilprogetto di ricerca e sviluppo. Nel caso in cuiil periodo di utilizzo per il progetto di stru-menti e attrezzature sia inferiore all’interavita utile del bene, sono ammissibili solo lequote di ammortamento fiscali ordinarie re-lative al periodo di svolgimento del progetto;� servizi di consulenza e altri servizi utilizza-ti per l’attivita del progetto di ricerca e svi-luppo, inclusa l’acquisizione o l’ottenimentoin licenza dei risultati di ricerca, dei brevettie del know-how, tramite una transazione ef-fettuata alle normali condizioni di mercato eche non comporti elementi di collusione;� spese generali derivanti direttamente dalprogetto di ricerca e sviluppo, imputate concalcolo pro rata sulla base del rapporto tra ilvalore complessivo delle spese generali e ilvalore complessivo delle spese del personaledell’impresa. Dette spese devono essere cal-colate con riferimento ai bilanci di eserciziodel periodo di svolgimento del progetto e,comunque, non possono essere imputate inmisura superiore al 50% delle spese per ilpersonale di cui sopra;� materiali utilizzati per lo svolgimento delprogetto.

Tipologia di agevolazioni concesseLe agevolazioni del bando sono concesse nel-la forma del finanziamento agevolato, entro i

limiti di intensita massime stabilite dal Re-golamento comunitario generale di esenzio-ne per categoria, in base al quale l’intensitadegli aiuti destinati a progetti di ricerca (ri-cerca fondamentale, ricerca industriale e svi-luppo sperimentale) non deve superare:� il 100% dei costi ammissibili per la ricercafondamentale;� il 50% dei costi ammissibili per la ricercaindustriale;� il 25 % dei costi ammissibili per lo svilupposperimentale.L’entita delle agevolazioni concesse dal ban-do per le attivita di ricerca industriale e disviluppo sperimentale e determinata sullabase delle dimensioni dell’impresa beneficia-ria degli aiuti, in percentuale sulle spese am-missibili ed e pari al:– 70% per le imprese di piccola dimensione;– 60% per le imprese di media dimensione;– 50% per le imprese di grande dimensione.Per la definizione di «micro, piccole e medieimprese» (Pmi) ai fini degli aiuti di Stato oc-corre far riferimento ai parametri introdottidalla Raccomandazione della CommissioneEuropea n. 2003/361/Ce del 6 maggio 2003,recepiti nel nostro ordinamento con decretodel Ministero delle attivita produttive del 18aprile 2005 (si veda la Tavola 2).Soltanto per gli organismi di ricerca (5) le

6.2. Tecnologie spaziali avanzate e concetti operativi dall’idea alla dimostrazione nello spazio (ad esempio: la naviga-zione e il telerilevamento, la protezione dei dispositivi spaziali da minacce quali detriti spaziali ed eruzioni solari);6.3. Tecnologie in grado di favorire l’utilizzo dei dati spaziali, inerenti il trattamento, la convalida e la standardizzazionedei dati provenienti dai satelliti.

7. Tecnologie volte a realizzare i seguenti obiettivi della priorita ‘‘Sfide per la societa’’ prevista dal ProgrammaOrizzonte 2020:7.1 Migliorare la salute e il benessere della popolazione;7.2 Migliorare la sicurezza e la qualita dei prodotti alimentari e favorire lo sviluppo di bioindustrie sostenibili ecompetitive;7.3 Realizzare la transizione verso un sistema energetico affidabile, sostenibile e competitivo;7.4 Realizzare un sistema di trasporti intelligenti, ecologici e integrati;7.5 Consentire la transizione verso un’economia verde grazie all’innovazione ecocompatibile.

(continua)

Nota:(5) Definiti come «soggetti senza scopo di lucro, quali uni-versita o istituti di ricerca, indipendentemente dal loro sta-tus giuridico (costituiti secondo il diritto privato o pubblico)o fonte di finanziamento:i) la cui finalita principale consiste nello svolgere attivita diricerca di base, di ricerca industriale o di sviluppo speri-mentale e nel diffonderne i risultati, mediante l’insegna-mento, la pubblicazione o il trasferimento di tecnologie;

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agevolazioni possono essere concesse nellaforma del contributo diretto alla spesa parial 25% delle spese ammissibili complessive.Le caratteristiche del finanziamento agevola-to sono di seguito elencate:– tasso agevolato: 20% del tasso di riferimen-to vigente alla data di concessione delle age-volazioni, fissato sulla base del tasso stabilitodalla Commissione europea (pubblicato sulsito http://ec.europa.eu/competition/sta-te_aid/legislation/reference_rates.html), co-munque non inferiore allo 0,8%;– rata: semestrale costante posticipata, conscadenza 30 giugno e 31 dicembre di ognianno;– durata: massimo 8 anni, oltre a un periododi preammortamento di durata massima di 3anni.

Presentazione e valutazione delle domande

Nel momento in cui si scrive non sono anco-ra noti i termini di apertura del bando e lemodalita di presentazione delle domande,aspetti che verranno definiti con un prossi-mo decreto del Direttore generale della Dire-zione generale per l’incentivazione delle atti-vita imprenditoriali presso il Ministero per losviluppo economico. Il medesimo decretodefinira le condizioni, i punteggi massimi e

le soglie minime per la valutazione delle do-mande presentate.Le agevolazioni saranno, infatti, concessesulla base di una procedura valutativa conprocedimento a sportello, nel rispetto dell’or-dine cronologico di presentazione, fino adesaurimento delle risorse disponibili.La prima fase dell’attivita istruttoria vertesulla verifica delle condizioni di ammissibi-lita al bando, quali requisiti soggettivi, vinco-li relativi ai parametri di costo e durata deiprogetti, criteri stabiliti con prossimo decre-to ministeriale e superamento della sogliaminima di ammissibilita.Il superamento di detta soglia, condizionenecessaria per il passaggio alla successiva fa-se valutativa, consiste nella verifica della ca-pacita del soggetto beneficiario di rimborsa-re il finanziamento agevolato richiesto, capa-cita desunta dal superamento della seguente

Tavola 2 - Definizione comunitaria di Pmi

Dimensione d’impresaOccupati (1) (2)

(ULA: unita lavorative anno) Fatturato annuo (1) (3)Totale di Bilancio annuo (1) (4)

(parametro alternativo al Fatturato)

Micro < 10 fino a 2 milioni di euro fino a 2 milioni di euro

Piccola < 50 fino a 10 milioni di euro fino a 10 milioni di euro

Media < 250 fino a 50 milioni di euro fino a 43 milioni di euro

Il passaggio da una categoria dimensionale all’altra avviene in seguito al superamento dei parametri accertata per due esercizi conse-cutivi.La verifica dei parametri deve essere effettuata sulla singola impresa, nel caso sia autonoma, o sui dati aggregati, nel caso di impreseassociate o imprese collegate.Note:(1) Riferiti all’ultimo esercizio contabile chiuso ed approvato precedentemente la data di sottoscrizione della domanda di agevolazione.(2) Per «occupati» si intendono i dipendenti dell’impresa a tempo determinato o indeterminato, iscritti nel libro matricola dell’impresa elegati all’impresa da forme contrattuali che prevedono il vincolo di dipendenza, fatta eccezione di quelli posti in cassa integrazionestraordinaria. Si considerano dipendenti dell’impresa anche i proprietari gestori (imprenditori individuali) ed i soci che svolgono attivitaregolare nell’impresa e beneficiano di vantaggi finanziari da essa forniti; con riferimento a questi ultimi gli stessi devono percepire uncompenso per l’attivita svolta diverso da quello di partecipazione agli organi amministrativi della societa. Non sono conteggiati gliapprendisti con contratto di apprendistato e le persone con contratto di formazione o con contratto di inserimento. Il numero deglioccupati corrisponde al numero di unita-lavorative-anno (ULA), cioe al numero medio mensile di dipendenti occupati a tempo pienodurante un anno, mentre quelli a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di ULA.(3) Per «fatturato», corrispondente alla voce A.1 del conto economico redatto secondo le vigenti norme del codice civile, s’intendel’importo netto del volume d’affari che comprende gli importi provenienti dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi rientrantinelle attivita ordinarie della societa, diminuiti degli sconti concessi sulle vendite nonche dell’imposta sul valore aggiunto e delle altreimposte direttamente connesse con il volume d’affari.(4) Per «totale di bilancio» si intende il totale dell’attivo patrimoniale.

Nota:(continua nota 5)

ii) i cui utili sono interamente reinvestiti nelle attivita diricerca, nella diffusione dei loro risultati o nell’insegna-mento eiii) le cui capacita di ricerca e i cui risultati prodotti nonsono accessibili in via preferenziale alle imprese in gradodi esercitare un’influenza sugli stessi soggetti, ad esempioin qualita di azionisti o membri.»

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soglia, determinata sulla base dei dati dell’ul-timo bilancio approvato:

Cflow = 0,8 x Fa / N

dove:Cflow = somma dei valori relativi al risultatodi esercizio (utile/perdita dell’esercizio) e de-gli ammortamenti;Fa = importo del finanziamento agevolato;N = numero degli anni di ammortamento delfinanziamento agevolato, secondo quanto in-dicato dall’impresa in sede di domanda diagevolazioni.I progetti che superano questa fase vengono,quindi, valutati tramite l’attribuzione di pun-teggi sulla base dei criteri illustrati nella Ta-vola 3.Per le imprese di grandi dimensioni la veri-fica si incentra anche sull’effetto di incenti-vazione degli aiuti, secondo quanto stabilitodall’articolo 8 del Regolamento generale diesenzione per categoria, ossia si valuta se:� il beneficiario ha presentato domanda di

aiuto prima dell’avvio dei lavori relativi alprogetto;� vi sia un aumento significativo, per effettodell’aiuto, delle dimensioni del progetto odell’attivita;� vi sia un aumento significativo, per effettodell’aiuto, della portata del progetto o dell’at-tivita;� vi sia un aumento significativo, sempre pereffetto dell’aiuto, dell’importo totale spesodal beneficiario per il progetto o l’attivita;� vi sia una riduzione significativa dei tempiper il completamento del progetto o dell’atti-vita interessati;� per gli aiuti a finalita regionale agli investi-menti e all’occupazione, in mancanza del-l’aiuto, il progetto non sarebbe stato eseguitoin quanto tale nella regione assistita interes-sata.

L’erogazione del finanziamento agevolatoPer i progetti la cui istruttoria si e conclusapositivamente, il Ministero provvede all’ema-

Tavola 3 - Criteri di valutazione dei progetti

Criteri Elementi di valutazione

a) Caratteristiche del soggettoproponente e fattibilita tecnicadel progetto

1) capacita di realizzazione del progetto di ricerca e sviluppo con risorse interne, davalutare sulla base delle competenze e delle esperienze del proponente rispetto alsettore/ambito in cui il progetto ricade;2) qualita delle collaborazioni, con particolare riferimento agli Organismi di ricercacoinvolti, sia in qualita di proponenti che in qualita di consulenti;3) fattibilita tecnica del progetto, con riferimento all’adeguatezza delle risorse stru-mentali e organizzative e con particolare riguardo alla congruita e pertinenza deicosti e alla tempistica prevista.

b) Sostenibilita economico-fi-nanziaria del progetto

1) copertura finanziaria delle immobilizzazioni, da determinare sulla base del rap-porto dato dalla somma dei mezzi propri e i debiti a medio-lungo termine sul totaledelle immobilizzazioni;2) indipendenza finanziaria, da determinare sulla base del rapporto tra i mezzi proprie il totale del passivo;3) incidenza degli oneri finanziari sul fatturato, da determinare sulla base del rap-porto tra gli oneri finanziari e il fatturato;4) incidenza gestione caratteristica sul fatturato, da valutare sulla base del rapportotra il margine operativo lordo e il fatturato.

c) Qualita tecnica del progetto 1) rilevanza e originalita dei risultati attesi rispetto allo stato dell’arte nazionale einternazionale;2) tipologia di innovazione apportata, con una graduazione del punteggio in misuracrescente, a secondo che si tratti di notevole miglioramento di processo, notevolemiglioramento di prodotto, nuovo processo o nuovo prodotto;

d) Impatto del progetto 1) interesse industriale all’esecuzione del programma, in relazione all’impatto eco-nomico dei risultati attesi;2) potenzialita di sviluppo del settore/ambito di riferimento e capacita di generarericadute positive anche in altri ambiti/settori.

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nazione del decreto di concessione delle age-volazioni, che verranno erogate a stato avan-zamento lavori, in un massimo di 5 tranche,piu l’ultima a saldo, su richiesta dei benefi-ciari.Ogni richiesta deve essere supportata da ido-nea documentazione relativa alle spese soste-nute ed alle attivita svolte nell’arco di un se-mestre o multipli di semestri, a partire dalladata di avvio delle attivita o del decreto diconcessione, se antecedente all’avvio delle at-tivita.La prima tranche di finanziamenti deve esse-re riferita necessariamente alle spese soste-nute fino alla data del decreto di concessio-

ne, fatta eccezione per le piccole e medie im-prese, che, dietro presentazione di fideiussio-ne bancaria o polizza assicurativa, possonorichiedere un’anticipazione del finanziamen-to fino al 25% del totale delle agevolazioniconcesse.Il totale delle erogazioni concesse a statoavanzamento lavori non puo superare il90% del totale del finanziamento, mentre ilresiduo 10% verra erogato dopo la conclusio-ne delle attivita, in seguito agli accertamentieseguiti sul rapporto tecnico finale riguar-dante il raggiungimento degli obiettivi pre-fissati e la documentazione relativa alle spe-se complessive sostenute.

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Crowdfunding: una nuovafrontiera per la raccoltadi capitalidi Guidalberto Gagliardi (*) e Anna Tonella

L’Italia e il primo Paese a essersi dotato di una normativa dedicata al crowdfunding, battendo sultempo perfino gli Stati Uniti dove il fenomeno e nato. Ma cos’e di preciso? E quali opportunitafornisce alle imprese questo nuovo strumento di fund raising?

Premessa

Il crowdfunding e uno dei piu recenti sviluppidel social web (1) che punta a utilizzare unarete di contatti virtuali per raccogliere deldenaro per un fine esplicito di tipo culturale,sociale o imprenditoriale. Il soggetto alla ri-cerca di fondi si rivolge alla «folla» (crowdappunto) del web proponendo la propria ideaimprenditoriale, il proprio obiettivo filantro-pico o i propri fabbisogni di credito (2).La raccolta puo essere effettuata da personeo organizzazioni tramite la rete di contattiesistente (che siano amici, follower o fan) orivolgendosi a un pubblico piu ampio (poten-zialmente pari all’intera popolazione mon-diale). Qualunque sia il mercato di riferimen-to, il progetto di finanziamento tendera asfruttare la cosiddetta viralita di internet e inuovi comportamenti caratteristici dei socialmedia.Le persone contattate mettono in comune illoro denaro per sostenere gli sforzi di perso-ne ed organizzazioni.Dal lato dei contribuenti, il crowdfunding evisto come un fenomeno democratico inquanto apre infinite occasioni di filantropiae investimento in progetti imprenditoriali asoggetti dotati di disponibilita finanziarieminime. Dal lato dei promotori dei progetti,la possibilita di ottenere poco da molti accre-sce le leve disponibili per il fund raising.Secondo l’interessante interpretazione di al-cuni studiosi (3), quando la ricerca di fondiha un intento di ordine economico, come perlo sviluppo o il lancio di un nuovo prodotto,

risponde a un fenomeno che sta nascendo invari comparti e che attribuisce un ruolo piucentrale ai consumatori, estendendo la loropartecipazione al mercato da una posizionepassiva, a quella di co-produttori, co-creatorisino all’investimento preliminare nel proget-to. Con il crowdfunding si passa, in altri ter-mini, a un processo di finanziamento dalbasso che mobilita persone e risorse corre-lando quattro elementi: amici, fondi, fiduciae passaparola.Wikipedia afferma che la prima citazione no-ta del termine crowdfunding risale al 12 ago-sto del 2006 e che sarebbe opera di MichaelSullivan. Forse gli esempi pratici sono diqualche anno precedenti (in Italia, per esem-pio, nel 2005 nacque Produzioni dal Basso),ma resta il fatto che si tratta di un fenomenorecente (4).

Note:(*) Equity Factory SA Lugano(1) Il social web e l’insieme di piattaforme che consento-no agli utenti di interagire e socializzare online attraversotecnologie e strumenti quali i social media.(2) Nulla osta dal punto di vista teorico a raccogliere fondiuori da internet (attivita nota da millenni ai mendicanti)ma questo articolo si focalizza sulle forme piu innovative diraccolta che sfruttano la piattaforma del worldwide web.(3) A. Ordanini, L. Miceli, M. Pizzetti e A. Parasuraman,Crowdfunding: transforming customers into investorsthrough innovative service platforms, Universita Bocconie Miami University, paper disponibile gratuitamente onli-ne.(4) Almeno nell’attuale forma: il mecenatismo di massa,infatti, era gia usato nel diciassettesimo secolo per finan-ziare la stampa di alcuni libri, nel 1884 Joseph Pulitzer im-piego il suo quotidiano per raccogliere donazioni per pa-

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Al crowdfunding si puo ricorrere per progettidi qualsiasi genere, dall’aiuto in occasione ditragedie umanitarie, al sostegno all’arte (fi-gurativa, musica, cinema), alle attivita cultu-rali ed educative, alla conservazione dell’am-biente, al giornalismo partecipativo, allecampagne politiche, allo sviluppo di softwaregratuito, alla realizzazione di progetti civici,al microcredito verso categorie o Paesi svan-taggiati, fino all’imprenditoria innovativa ealla ricerca scientifica.I principi fondamentali del modello delcrowdfunding sono riuniti nel Kapipalist Ma-nifesto, scritto dall’italiano Alberto Falossi diKapipal: i suoi concetti sono riassunti nellaTavola 1.

Le piattaforme di crowdfunding

Nella sua versione di base il crowdfundingcoinvolge principalmente due figure di par-tecipanti: la persona o l’organizzazione chepropone l’idea o il progetto da finanziare (ilproponente) e l’insieme dei soggetti che sup-portano la proposta (i contribuenti). Lo svi-luppo di questo fenomeno e recente ma tur-binoso, come molto di quanto avviene su in-ternet, e alle pionieristiche iniziative perso-nali sviluppate ad hoc per sostenere cause oprogetti singoli (5) si sono affiancati efficacifornitori di servizi che organizzano le raccol-te di fondi, agendo come intermediari e coor-

dinatori della condivisione di informazioni erisorse tra il proponente e i potenziali con-tribuenti. Questa terza figura del processo dicrowdfunding e detta piattaforma. Idealmen-te le piattaforme dovrebbero regolare gliscambi informativi ed effettuare una verificapreventiva sulla serieta dei proponenti al finedi fornire un minimo di protezione ai possi-bili contributori di denaro. Le piattaformeimpiegano talora tecniche fantasiose percoinvolgere i possibili contributori, arrivan-do a offrire premi, creare dei giochi o delleraccolte, accettare contributi operativi ocreativi e non solo monetari o creando dellecomunita di soggetti facoltosi che poi vengo-no portati verso gli imprenditori (in praticainvertendo il flusso «abituale»). In alcuni ca-si offrono la possibilita di diffondere la cono-scenza di un progetto presso i contatti anchequando il visitatore del sito decidesse di nonfinanziarlo (o non potesse farlo). Una recente

Tavola 1 - Il manifesto del crowdfunding

Note:(continua nota 4)

gare il piedestallo dalla Statua della Liberta e nelle dueguerre molti cittadini nelle nazioni belligeranti fecero do-nazioni per acquisire armamenti.(5) Un esempio di iniziativa autonoma e la campagna«Tous Mecenes» del Louvre che puntava a raccoglieredonazioni per 1 milione di euro al fine di acquistare daun collezionista privato il capolavoro rinascimentale diCranach Le tre grazie.

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ricerca italiana (6) ha classificato le piatta-forme di crowdfunding in quattro categorie:� modello donazioni;� modello reward-based;� modello social lending;� modello equity-based.Il modello delle donazioni e la versione vir-tuale della beneficienza, con soggetti chechiedono contributi per progetti sociali e fi-nanziatori che effettuano liberalita pure,senza alcun corrispettivo o riconoscimentomateriale.Le piattaforme reward-based prevedono che ifinanziatori ricevano qualche forma di pre-mio per il loro contributo. Il premio di solitoe un articolo-ricordo o un prodotto del pro-getto cui hanno partecipato.Seguendo un classico approccio da web 2.0,molte piattaforme delle prime tipologie evi-denziate non chiedono commissioni per laloro attivita, nemmeno quando il progettodi fund raising va a buon fine. Come fannoa restare online essendo solitamente prive dipubblicita? Ricorrendo loro stesse al crowd-funding periodico! Lo stesso non si verificanel caso delle societa di gestione dei paga-menti che spesso chiedono delle commissio-ni per i trasferimenti di denaro relativi aiprogetti.Diversa e la situazione delle piattaforme det-te di investment crowdfunding: qui si parlaesplicitamente di remunerazione e costi pergli operatori coinvolti e il loro impiego e tal-volta idoneo a un uso in ambito aziendale(soprattutto se si ragiona in termini di mi-cro-imprese o di progetti innovativi).Una prima sotto-categoria si occupa di sociallending (noto anche come Peer-to-Peer, o P2P,lending). Questo modello prevede che una co-munita di prestatori metta a disposizione deifinanziamenti a medio termine a un gruppodi richiedenti. I costi relativamente contenutidelle piattaforme di social lending rispettoagli intermediari tradizionali fanno sı cheper i prenditori questo credito sia meno co-stoso di quello bancario, mentre gli investi-tori ottengono un tasso d’interesse superio-re (7). I richiedenti sono di solito soggettiprivati e il rapporto non e perfettamente di-retto in quanto le piattaforme normalmentedividono il singolo impiego in un portafogliodi crediti omogeneo per grado di rischio escadenza. I tassi sono creati dall’incrocio

tra domanda e offerta di denaro all’internodella piattaforma. In Italia le societa gerentidelle piattaforme che svolgono questa formadi crowdfunding devono essere iscritte pressoregistri tenuti dalla Banca d’Italia.Del modello equity-based si dira tra poco,poiche e quello maggiormente interessantein un’ottica di finanza aziendale.

La situazione in Italia

Si presenta qualche numero sul crowdfun-ding in Italia tratto da una ricerca riferitaalla fine del 2012 (8):� in Italia sono attive 16 piattaforme (a titolodi paragone negli USA se ne trovano oltre450) che, nel complesso, coprono tutti i mo-delli operativi;� la piattaforma piu antica risale al 2005;� i progetti complessivamente finanziati so-no oltre 2 mila, per una raccolta complessivasuperiore a 13 milioni di euro, e per granparte riferita ad attivita di social lending(78%) ed equity-based (15%);� il taglio medio del progetto finanziato e va-riabile in funzione del modello di piattafor-ma (con una ripartizione simile a quella evi-denziata da ricerche internazionali).La Tavola 2 mostra i dati statistici del setto-re.Si noti che i volumi effettivi di progetti ita-liani finanziati e di denaro italiano donato oinvestito nel crowdfunding sono certamentemaggiori rispetto a quelli sopra esposti inquanto molti italiani hanno usato e usanotuttora piattaforme estere.Dall’analisi dei dati statistici emerge che ilcrowdfunding nazionale e meno sviluppatoche in altri Paesi (Stati Uniti, Regno Unito,Francia e Olanda), ma non mancano esempiinteressanti e in alcuni casi innovativi (9).

Note:(6) I. Pais e D. Castrataro, Analisi delle Piattaforme diCrowdfunding Italiane, novembre 2012, paper scaricabilegratuitamente da internet.(7) Per quanto il rischio di default del debitore sia media-mente maggiore rispetto a quello che si subisce deposi-tando il denaro in una banca.(8) I. Pais e D. Castrataro, op.cit.(9) Nel 2013 e stata costituita una associazione indipen-dente senza scopo di lucro che si adopera per consentireun corretto sviluppo del crowdfunding in Italia: per infor-mazioni si veda www.italiancrowdfunding.org. Anche l’at-

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Del resto tutto il fenomeno internet ha tradi-zionalmente evidenziato un ritardo relativoin Italia, tanto per questioni infrastrutturali,quanto per una bassa propensione del gran-de pubblico ad abbandonare modelli com-merciali e relazionali consolidati (nel nostrocaso le raccolte di liberalita effettuate nellepiazze, piuttosto che l’organizzazione di fe-ste, sagre ed eventi). I media stanno interes-sandosi al crowdfunding e cio dovrebbe dif-fondere la consapevolezza su quello che po-trebbe diventare il prossimo grande sviluppodel social web.

L’equity-based crowdfunding

Tra le possibili applicazioni del crowdfun-ding preme approfondire il tema della raccol-ta di fondi sotto forma di capitale di rischio(equity, per l’appunto). Questa forma e, infat-ti, la piu interessante per chi si occupa difinanza aziendale e per i potenziali impren-ditori.Si tratta di un possibile sistema per finanzia-re progetti imprenditoriali, che si pone comealternativa o complemento ad altre struttureimperniate su soggetti non istituzionali (ibusiness angel e le persone cui siamo legatida parentela o amicizia, i cosiddetti familyand friends) o istituzionali (i venture capita-list e i fondi locali legati soprattutto ai BIC,Business Innovation Center). Il tratto comunecon le altre opzioni di crowdfunding e il nu-mero elevato e sostanzialmente indifferen-ziato di potenziali investitori cui l’imprendi-tore si puo rivolgere, in netto contrasto con

quanto normalmente fa quando cerca unbusiness angel o un investitore istituzionale.L’equity based crowdfunding e particolar-mente indicato per l’avvio di nuovi progettiimprenditoriali in settori high-tech o ad altaconnotazione emotiva (cinema, musica...),come pure quando si propongono nuove so-luzioni a problemi ambientali. I capitali rac-colti sono generalmente quelli necessari percoprire gli investimenti legati alla creazionedell’impresa (trasformando un’idea o un pro-dotto in una societa), affidandosi a fonti dif-ferenti per reperire i fondi addizionali miratia finanziare la (sperata) crescita successiva.A testimonianza dell’attualita di questo argo-mento si rileva che l’Italia e il primo Paese aessersi dotato di una normativa dedicata,battendo sul tempo perfino gli Stati Uniti do-ve il fenomeno e nato (10).Consob ha studiato un regolamento per di-sciplinare l’equity-based crowdfunding. L’Au-torita, un poco inaspettatamente, ha adottatouna prassi innovativa per un fenomeno nuo-vo e dinamico: Consob, ricevuta una delegain materia dal Ministero dello Sviluppo Eco-nomico (derivante dall’art. 30 d.l. n. 179/2012- Decreto Crescita), ha studiato il tema, hapartecipato a diversi incontri e convegnicon i primi operatori del settore, ha sottopo-

Tavola 2 - Il crowdfunding in Italia

Note:(continua nota 9)

tenzione mostrata da Consob al fenomeno (si veda oltre)e curiosamente anticipatrice.(10) Di prossima pubblicazione sulle pagine di Amministra-zione&Finanza un contributo a firma di Emilio Girino, rela-tivo alla normativa italiana in materia di crowdfunding.

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sto agli operatori (investitori potenziali,start-up e gestori di portali di crowdfunding)un questionario conoscitivo, ha preparatouna bozza di testo regolamentare e l’ha pub-blicata sul proprio sito per un mese (aprile2013) al fine di raccogliere i commenti e leosservazioni degli operatori. Al termine delprocesso, il regolamento attuativo, emendatoe perfezionato, e diventato parte del TestoUnico Finanziario.L’intento di Consob e stato quello di consen-tire lo sviluppo di una prima fase sperimen-tale della raccolta diffusa di capitali di ri-schio tramite portali online per le aziende(start-up) innovative. Secondo alcuni autorisi tratterebbe di un emblematico caso di evi-dence-based regulation e pure di crowdsour-ced legislation.La disponibilita di una disciplina normativapotrebbe contribuire a diffondere la culturadel fenomeno, ancora relativamente scarsain Italia, e a guidare gli sviluppi di un mer-cato potenzialmente rivoluzionario in pre-senza di strategie degli operatori ancora po-co definite.Le start-up innovative potranno presto ricor-rere all’equity crowdfunding offrendo, trami-te portali specializzati, strumenti partecipa-tivi al capitale fino a un totale di 5 milioni dieuro (11). I portali dovranno essere iscritti aun apposito registro pubblico ed essere gesti-ti da soggetti onorabili e professionali, ingrado di valutare i progetti imprenditorialipresentati sotto un profilo economico-finan-ziario. I portali hanno un obbligo di educarel’investitore potenziale su quanto si apprestaad affrontare, garantendo altresı la massimatrasparenza sulle informazioni relative aiprogetti e ai loro promotori (12). Consob haanche cercato di minimizzare gli obblighiamministrativi per gli operatori e di virtua-lizzarli, assecondando l’approccio caratteri-stico del social web. Gli investitori professio-nali dovranno sottoscrivere almeno il 5% delcapitale offerto (13).Reperire denaro online per sviluppare unprogetto imprenditoriale e apparentementeun processo semplice (le piattaforme sonopensate per essere user friendly). In realta,affinche l’iniziativa abbia successo, e neces-sario comprendere cosa determini la volontadi un potenziale finanziatore di supportareattivamente la raccolta di fondi, studiare gli

approcci vincenti nell’operativita con i socialmedia, adottare alcune cautele nella redazio-ne del business plan e conoscere i punti didebolezza dell’equity crowdfunding. Di segui-to qualche considerazione in proposito

Gli equity crowdfunderLa prima considerazione che dovrebbe esse-re fatta quando si valuta se ricorrere alcrowdfunding riguarda il fenomeno che An-derson ha definito della «coda lunga» (14).Secondo questa teoria oggi sarebbe possibilevendere minori quantita di un maggior nu-mero di prodotti potendosi rivolgere alla co-munita globale. Una bassa percentuale dipropensione all’acquisto moltiplicata per ungrande pubblico, conduce a volumi di vendi-ta complessivi interessanti. La chiave perquesta evoluzione commerciale starebbe nel-l’accorto uso dei social media, ottenibile te-nendo talmente bassi il costo e le barriere diogni transazione al punto da rendere vantag-gioso l’accesso al pubblico globale, alla «lun-ga coda» appunto. In questo senso si muovelo sviluppo delle piattaforme di crowdfun-ding che offrono (talora gratuitamente) solu-zioni complete per lanciare e gestire unacampagna di raccolta fondi, riducendo costie difficolta per tutti gli attori e rendendo ac-cessibile l’iniziativa a chiunque disponga diuna connessione internet. In seconda battu-ta, si possono abbassare le barriere all’acces-so, minimizzando i contributi richiesti e con-sentendo quindi al maggior numero di po-tenziali sostenitori di accedere al progetto.Stante la diversificazione delle piattaformedisponibili, ciascun promotore dovrebbe sce-

Note:(11) Le start-up innovative offerenti dovranno inserire neipropri statuti delle clausole idonee a garantire all’investi-tore una way out se la quota di controllo passa di mano(recesso o tag along).(12) La trasparenza e i legami di fiducia caratteristici delsocial web hanno contribuito a determinare il livello bas-sissimo di frodi del crowdfunding.(13) L’inserimento di investitori qualificati come passo pre-liminare alla raccolta presso il grande pubblico e un trattoche si sta diffondendo anche oltreoceano, come esem-plifica il caso di Angellist Invest che impone ai proponentidi dimostrare di aver gia ottenuto da un investitore notol’impegno a sottoscrivere l’emissione per almeno 100.000dollari.(14) C. Anderson, The Long Tail, Wired Magazine, 12 Octo-ber 2006.

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gliere con attenzione quella che meglio si at-taglia al suo progetto.In effetti, chiunque entri in contatto con ilprogetto e parte della «folla». Costui valutale varie offerte disponibili e sceglie se e qualeappoggiare (15): quando approva un’ideatende a parlarne nella sua comunita online,diventando cosı divulgatore del progetto, an-che quando non vuole o non puo contribuirvifinanziariamente. Si tratta di un processo di«raccomandazione virale» che trasforma uncontatto in un sostenitore del progetto il qua-le, a sua volta, mette in campo i suoi contatti,consentendo in tal modo di scavalcare i seigradi di separazione che ci sono tra il busi-ness developer e la comunita d’investitori glo-bale.Il vantaggio di disporre di un pubblico dipotenziali sottoscrittori (o almeno di volen-terosi divulgatori teoricamente immenso eevidente, forse non e altrettanto chiaro quan-to tale bersaglio sia eterogeneo e sfuggente

nelle sue motivazioni e nei suoi comporta-menti decisionali. Per avere un’idea di quan-to vari siano gli strumenti, gli usi e quindiprobabilmente le attese dei crowdfunder, sirimanda alla Tavola 3 che illustra le applica-zioni utilizzate da consumatori e aziendenell’ambiente del social web (16).Ne consegue che il promotore di un’iniziati-va dovra saper abbracciare diversita e acco-modare prospettive divergenti, riconoscendoche le motivazioni per lasciarsi coinvolgereda un tema sono varie e potenzialmente dif-ferenti da quelle immaginate all’inizio delprocesso: in un mondo ampio, vario e con-

Tavola 3 - Le applicazioni attuali delle tecnologie social

Note:(15) Cio consente di ottenere risorse finanziarie anche avantaggio di progetti che potrebbero non corrispondereai criteri richiesti dai finanziatori tradizionali.(16) McKinsey Global Institute, The social economy: Unloc-king value and productivity through social technologies,luglio 2012, reperibile gratuitamente online.

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nesso e fondamentale allargare la nozione diaspettativa di «ritorno» o ricompensa.Secondo alcuni studiosi, ci sono alcune mo-tivazioni distintive che inducono a partecipa-re alle iniziative di questo genere. Innanzi-tutto un marcato orientamento all’innovazio-ne che stimola il desiderio di provare nuovimodi d’interagire con le aziende e gli altriconsumatori. Vi e poi un diffuso desideriodi partecipazione sociale e d’identificazionecon il contenuto, la causa o il progetto sele-zionato facente leva sulla sensazione di esse-re parzialmente responsabile del successo al-trui (desiderio di mecenatismo). In alcuni ca-si non manca un obiettivo di profitto per ilcontribuito monetario (desiderio d’investi-mento), magari come alternativa al mecena-tismo (17).Chi aderisce al crowdfunding ha altresı spo-sato, piu o meno consapevolmente, la logicadella «saggezza della folla», secondo la qualeun’idea molto apprezzata sul web e affidabilegrazie alla validazione collettiva e alla cono-scenza distribuita. L’insieme di giudizi indi-viduali raccolti contribuisce a valutare labonta di un business plan, di un prodotto odi un obiettivo sociale, permettendo al busi-ness developer di comprendere quanto saragradita la sua formula imprenditoriale e con-sentendogli di ottenere fondi a condizioni al-trimenti impensabili (18).

Il business plan e la strutturadella raccolta

Il progetto dovra essere tradotto in grandez-ze economico-finanziarie prospettiche chene esplicitino i futuri flussi di reddito e dicassa. La logica di modellizzazione e quellatradizionale del business plan. Gli accorgi-menti che si possono adottare riguardano laprudenza speciale che e opportuno adottarecirca i costi e i tempi necessari per realizzareil progetto, lasciando un margine prudenzia-le del 10% sulle stime piu caute. E meglionon lesinare sugli investimenti in tecnologiaper evitare di sommare problemi tecnici aiprobabili intoppi organizzativi e verificarese sia possibile negoziare degli schemi dipartecipazione con i collaboratori e con iconsulenti che consentano loro, a fronte diun compenso iniziale piu vicino al livello disussistenza che agli standard di mercato, di

partecipare ai profitti dell’iniziativa, recupe-rando la remunerazione cui hanno provviso-riamente rinunciato (19). Prima di definireinformazioni chiave come il fabbisogno fi-nanziario tempificato e i flussi di cassa di-stribuibili ai finanziatori, varrebbe la penaesplorare l’eventualita di ottenere contributie sovvenzioni che possano coprire una partedelle necessita finanziarie (non cosı remotase il progetto e potenzialmente in grado diportare a degli sviluppi tecnologici o socio-ambientali).E opportuno, soprattutto se il progetto hauna forte connotazione sociale, lasciare a di-sposizione dei navigatori di internet l’opzio-ne di effettuare una donazione, in quantomolte persone potrebbero non essere interes-sate alla restituzione del loro denaro. In casodi liberalita, inoltre, il proponente non subi-sce diluizioni nel controllo della sua iniziati-va, non dovendo condividere diritti di votocon i donatori. Si puo anche provare a otte-nere dai finanziatori dei contributi ulterioririspetto a quelli monetari. Essendo spessomossi da un istinto di filantropia e di parte-cipazione, potrebbero essere contenti di for-nire ogni tipo di supporto: consulenza, assi-stenza pratica, apparecchiature, uffici e ca-pannoni, promozione commerciale, addirit-tura assistenza morale nelle fasi di difficoltadel progetto. Un paio di «sottoprodotti» sonopoi comuni nel crowdfunding. Innanzitutto,in molti casi, si ottiene un utile collaudo gra-tuito del prodotto da parte dei sostenitori:anzi spesso il coinvolgimento di questi ultiminei beta test e parte integrante della campa-gna promozionale. Il ricorso alla folla produ-ce inoltre una predizione aggregata accurata

Note:(17) In generale, si nota che i frequentatori dei social me-dia amano impersonare ruoli che nel mondo fisico sonoloro preclusi. Come uno studente puo improvvisarsi gior-nalista sportivo o critico musicale, cosı chiunque puo di-ventare investitore o filantropo, puntando anche solo po-chi euro su un progetto.(18) A titolo di semplice confronto si vedano i tassi prati-cati sulle piattaforme per il prestito peer-to-peer.(19) Secondo L.Gillett di Spanner Films, il meccanismo inesame fa sı che il premio finale giunga inatteso per i col-laboratori, in quanto la loro rinuncia a parte dei compensie percepita come definitiva a causa dell’importanza cheattribuiscono al progetto cui partecipavano: un po’ comeun bonus per un poliziotto che arrestasse un malvivente.

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del gradimento che il progetto otterra com-mercialmente (20). Il promotore che ha suc-cesso puo dimostrare che il suo progetto hauna domanda, mentre quello meno fortunatoriceve importanti segnali dal mercato (ciovale soprattutto per prodotti adatti ad esserecommercializzati online).Quando il piano economico-finanziario saracompleto, lo si potra impiegare per decidereil contributo standard (o i diversi livelli dipartecipazione), stimare il numero di parte-cipanti al crowdfunding da reperire e fissarela quota di profitti da riservare loro. L’idealee che il promotore conservi la maggioranzadelle quote del progetto, che crei quote socie-tarie con poteri differenziati o che utilizziuna struttura come la Sas o la SapA: un com-mercialista sapra guidare nella scelta (21).La possibilita che un gruppo di personemettain comune il denaro per investire in un pro-getto e elevata, tuttavia il promotore dovreb-be dialogare con un solo sottoscrittore perogni quota: e utile consentire una suddivisio-ne dell’investimento tra il numero piu ampiopossibile di soggetti (facendo esplodere lafolla che magari conterra anche i prossimiclienti per i prodotti che s’intende commer-cializzare), ma non e altrettanto utile ne effi-ciente allargare eccessivamente la platea cuisi deve periodicamente rendere conto. Nelcrowdfunding occorre, infatti, preventivareanche l’impegno necessario per fornire unaggiornamento continuo ai potenziali inve-stitori quando il fund raising e aperto (la con-divisione delle informazioni in tempo reale euna delle logiche fondanti del web) e quelloindispensabile per gestire i numerosi investi-tori, fornendo loro i flussi di dati e di denaroche si attendono (22).

Nel progetto di collocamento occorre ancheprevedere le conseguenze di un’eventualesottoscrizione parziale delle richieste di ca-pitale: l’iniziativa parte ugualmente conobiettivi evidentemente ridimensionati, op-pure il denaro raccolto sara restituito (inquesto caso di parla di clausola all or no-thing)?Se la distribuzione temporale delle esigenzefinanziarie lo consente e possibile suddivide-re l’attivita di raccolta in piu round o stadi.Chi partecipa alle prime, piu rischiose fasidel progetto ottiene di solito una percentualedi partecipazione ai profitti maggiore rispet-to a chi ci entra piu tardi. Di conseguenzal’investimento unitario nelle prime fasi tendea essere di ammontare inferiore rispetto aquello nelle successive, al contrario di quan-to accade per il numero di quote offerte. L’e-sempio della Tavola 4 evidenzia come un in-vestitore della fase 3 debba apportareE10.000 per ottenere la stessa quota che nellapiu rischiosa fase 1 avrebbe pagato soloE500.Quando (e se) il progetto avra raggiunto unamaturita sufficiente (magari perche il pro-dotto e stato creato e proposto sul mercato),potrebbe essere possibile rimpiazzare gli in-

Tavola 4 - Un esempio di raccolta tramite crowdfunding

Note:(20) J. Surowiecki, The Wisdom of Crowds Publisher, An-chor, 2005.(21) Si noti che diversi siti di crowdfunding statunitensichiedono ai candidati alla raccolta di fondi di dotarsi disocieta di diritto anglosassone come le C Corp.(22) E indispensabile che la folla si senta coinvolta magariaggiungendo alla mailing list del promotore i sostenitori e ifinanziatori, concedendo loro una pagina sul sito del pro-getto e invitandoli a eventi dedicati.

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vestitori entrati con il crowdfunding con ven-ture capitalist professionali che dovrannoversare un ammontare di denaro proporzio-nalmente piu elevato per un numero inferio-re di quote. In generale, l’uscita da un inve-stimento di start-up resta aleatoria e com-plessa, anche quando l’iniziativa ottiene ilsuccesso industriale.Definiti i parametri per la raccolta si possonofissare quelli per la ripartizione dei proventiche, in determinati casi, potrebbero anchenon essere proporzionati rispetto alle quotesottoscritte.Data la particolarita degli investitori che nor-malmente partecipano al crowdfunding, ipromotori potrebbero essere creativi nell’of-frire riconoscimenti non monetari agli inve-stitori (23).

La presentazione dell’opportunita

Occorre un sito internet del progetto che pre-senti l’idea imprenditoriale, come finanziarlae come contattare il promotore. Esso puo es-sere l’unico mezzo per raggiungere i poten-ziali contribuenti o puo valere come merosupporto per una raccolta che si appoggi suuna piattaforma specializzata. In ogni caso ilsito deve avere un aspetto professionale.La proposta, oltre che essere pubblicizzatasu una piattaforma teoricamente in gradodi raggiungere qualsiasi internauta, dovreb-be essere indirizzata dal promotore diretta-mente a tutti i suoi contatti (anche se flebili)che potrebbero essere minimamente liquidio avere un interesse profondo per il suo pro-getto (in questo caso diverranno propagandi-sti o clienti piuttosto che finanziatori). Lastrada piu efficace per presentare il progetto,soprattutto quando e ancora agli albori, ecomunque quella di far incontrare il promo-tore con dei potenziali investitori: chi megliodi lui sapra trasmettere il suo entusiasmo perl’idea?.In termini di contenuti, la proposta (il pitch)deve essere persuasiva e seguire i gusti delmercato obiettivo. Il ricorso a video, peresempio, e solitamente molto apprezzato.La presentazione deve essere attraente maanche franca e, a prescindere da quanto det-ta la legge, occorre ricordare ai potenzialiinvestitori che i profitti potrebbero non es-serci nella misura e nei tempi attesi e che,

al limite, si potrebbe perdere tutto il denaroinvestito.Su vari siti internet, soprattutto anglosasso-ni, si possono trovare utili documenti esem-plificativi (business plan, pitch e addiritturacontratti) che possono fornire utili spunti.Per redigere i testi contrattuali e pure per ilcontenuto del sito e opportuno avvalersi diun legale: i regolamenti Consob disciplinanol’equity crowdfunding e, in ogni caso, nonavremo a che fare con la complessa formarichiesta da un IPO in Borsa, ma e meglioaccertarsi della legalita dei termini che sipropongono per qualsiasi progetto di crowd-funding (24).La comunicazione, come sempre nell’era diinternet, e fondamentale. Essa non permeasolo la fase iniziale del processo di presenta-zione del progetto, ma prosegue ben oltre.Del resto il processo di crowdfunding non siconclude con la raccolta dell’importo neces-sario o con l’avvio operativo del progetto: es-so termina quando l’ultimo dei finanziatoriiniziali e uscito dal progetto (vendendo leproprie quote) o si e trasformato in un sociostabile (magari affiancato da investitori isti-tuzionali). Fino a quest’ultimo passo il pro-motore si dovra preoccupare di tenere infor-mati i finanziatori e tutti coloro che hannocontribuito al progetto e di distribuire lorotempestivamente i compensi e i rimborsi ma-turati.

I rischi

Il crowdfunding offre un interessante canalealternativo o complementare di raccolta didenaro. Prima di utilizzarlo il promotoredel progetto da finanziare dovrebbe comun-que considerare alcuni dei punti deboli che ilfenomeno ha evidenziato nell’esperienza in-ternazionale:� il collegamento tra successo nel crowdfun-ding e successo del progetto imprenditorialepotrebbe essere labile: diversi studi psicolo-

Note:(23) Per esempio, in un momento in cui la raccolta di fondilanguiva, il produttore del film The age of stupid proposeai sottoscrittori di recitare nella pellicola su cui stava lavo-rando.(24) Per un supporto sui mercati anglosassoni si puo ancheverificare il sito www.own-it.org che fornisce supporto le-gale gratuito sui temi legati alla proprieta intellettuale.

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gici dimostrano che spesso gli investimentisono guidati da scelte emotive piuttosto cheda logiche economiche (e da una due diligen-ce preliminare) e che una buona raccolta po-trebbe quindi non testimoniare la qualita in-trinseca del progetto;� danno reputazionale: se la raccolta ha suc-cesso e il progetto prende effettivamente av-vio, il promotore ottiene una notevole e po-sitiva visibilita; la sconfitta rispetto agliobiettivi della raccolta e invece un fallimentopubblico, come pure l’aver conseguito il ri-sultato di raccolta e il supporto pubblicoma non essere stati in grado di completaretempestivamente il progetto imprenditoriale;� esposizione dell’idea e della proprieta intel-lettuale: la pubblicazione su una piattaformadel progetto espone al furto o plagio delleinnovazioni ipotizzate e progettate;� necessita di una comunicazione continua eprolungata: l’esigenza di gestire una comuni-cazione tempestiva e approfondita sui pro-gressi del progetto nei confronti di un ampionumero di interlocutori potrebbe assorbiretroppe riserve del proponente e distrarlo da-gli obiettivi finali;� esaurimento dei contribuenti: un ricorsoripetitivo allo stesso gruppo di sostenitori(anche da parte di diversi proponenti) po-trebbe consumarne la capacita d’investimen-to;� rischio che un insuccesso, tratto frequentenelle nuove iniziative, appaia come un abusodella fiducia della folla, soprattutto quandol’attivita di raccolta non e regolamenta-ta (25).

Conclusioni

Il crowdfunding e spesso percepito come unmeccanismo fondamentale per condivideresogni, finanziamenti e capitali in uno scena-rio sempre piu connesso e sempre piu povero«di denaro». Questo sistema potrebbe colma-re il gap, in fase di dilatazione, che separa legrandi aziende e la grande finanza interna-zionale dalle micro-imprese e dalle idee in-novative di molti giovani. In altri termini, ilcrowdfunding potrebbe essere uno strumentoper la crescita esponenziale del capitale di-sponibile per il venture capital (26): in Italiaoggi questi fondi hanno probabilmente menodi 200 milioni di euro da investire (27); se le

famiglie italiane dedicassero l’1% del loro pa-trimonio investibile (28) al crowdfunding,potrebbero mobilitare 32.063 milioni di eu-ro. Certamente anche in questo campo gliabusi potrebbero non mancare ed e benvenu-ta la scelta pionieristica di Consob di fornireuna prima regolamentazione a una parte diquesto nuovo e multiforme fenomeno dellasocieta moderna.

Note:(25) F. Sottocornola, Ci vuole un portale per portare lestrart-up, Il Mondo, 15 marzo 2013.(26) Secondo G. Corbetta (dal paper dell’universita Boc-coni Fondo di fondi di venture capital): «Il fundraising per ifondi di venture capital italiani resta infatti particolarmen-te complesso a causa del difficile contesto di mercato acui si aggiungono: (i) le caratteristiche peculiari e di ele-vato rischio degli investimenti in venture capital; (ii) la po-ca dimestichezza degli investitori italiani con tale assetclass dato lo scarso numero di investitori istituzionali cheprofessionalmente investono in venture capital; (iii) laquasi totale assenza di investitori internazionali sul merca-to italiano; (iv) l’assenza di un mercato borsistico specia-lizzato che permetta di intravedere possibilita di exit an-che nelle fasi di sviluppo delle aziende (come ad esempioil Nasdaq negli USA)».(27) Stima di A. Onetti pubblicata sul blog del Corrieredella Sera Silicon Valley nel 2011. Si veda http://siliconval-ley.corriere.it/2011/06/19/i_numeri_e_i_nomi_del_venture/.(28) Banca d’Italia, La ricchezza delle famiglie italiane,Supplementi al bollettino statistico, n. 65 anno XXII, 13/12/2012.

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Distretti Italiani:urge un nuovo salto di qualitadi Antonio Ricciardi (*)

Nel Quarto Rapporto dell’Osservatorio Nazionale dei Distretti Italiani si rileva una fase recessivaprolungata e che non accenna a ridimensionarsi. Per superare la crisi e riuscire ad agganciare iprimi deboli segnali di ripresa e opportuno fare un salto di qualita strategico: innalzare lecompetenze, partecipare a reti «intelligenti», riposizionarsi sui mercati internazionali, ridefinire irapporti con le banche.

Premessa

Nel Quarto Rapporto dell’Osservatorio Na-zionale dei Distretti Italiani (1) i dati relativiai distretti riflettono l’accentuazione del ci-clo recessivo, la persistente stagnazione delladomanda interna e il rallentamento del com-mercio internazionale.Sotto questo profilo, se nel 2011 le impresedistrettuali hanno registrato una crescita del5,5% del fatturato, crescita superiore alle im-prese non distrettuali (4,3%), le stime 2012indicano un suo ridimensionamento. In baseall’indagine campionaria di Unioncamere laquota di aziende distrettuali che ha segnalatoun incremento del fatturato nel 2012 e statapari al 25,7% (era il 39,9% nel 2011) mentrequelle che hanno registrato una diminuzionesono quasi raddoppiate passando dal 26% al51%.Cio che si rileva da questi dati e che i debolisegnali positivi che si erano intravisti nei dueanni precedenti (2010/2011) sembrano inparte vanificati: si consolida un mix recessi-vo, in cui il fatturato cresce poco o addirittu-ra diminuisce con effetto depressivo sull’oc-cupazione.In questo scenario, caratterizzato da unacontinua fase congiunturale avversa chenon accenna a ridimensionarsi, alle impresedistrettuali non basta piu godere del vantag-gio che traggono dal produrre sullo stessoterritorio; e necessario un nuovo salto diqualita, con l’innesto di nuove competenzeche uniscano a quel «saper fare» specificoereditato da secoli e «figlio» dei territori,un plus di conoscenze. Questa strategia pas-

sa necessariamente attraverso il capitaleumano, favorendo gli investimenti in percor-si formativi piu adatti alle esigenze delle im-prese: quelle stesse imprese che vedono nellamigliore preparazione del personale uno deiprimi fattori alla base dell’innovazione (cfr.Prefazione al IV Rapporto, Dardanello).

I distretti dell’Osservatorio:alcuni dati quantitativi

Nel 2011, in base ai dati del Registro delleImprese, sono 274.055 (4,5% del totale na-zionale) le aziende che operano nelle filieredi specializzazione dei 101 distretti produtti-vi esaminati dall’Osservatorio, di cui 173.844di natura manifatturiera, pari al 28,1% deltotale dell’economia manifatturiera (2). Que-ste imprese hanno realizzato nel 2011 il 6,9%(74 miliardi di Euro) del valore aggiunto ditutta l’economia italiana (il 26,3% del totalemanifatturiero) e il 25,6% dell’export totale(96,3 miliardi; Tavola 1).

Note:(*) Ordinario di Economia aziendale e Coordinatore dell’Os-servatorio Nazionale dei Distretti Italiani(1) L’Osservatorio Nazionale dei Distretti Italiani, istituito nel2009, grazie al contributo di autorevoli partner (Banca d’I-talia, Censis, Cna, Confartigianato, Confindustria, Federa-zione dei Distretti Italiani, Fondazione Edison, Intesa San-paolo, Istat, Symbola e Unioncamere), rappresenta la ban-ca-dati ufficiale dei distretti italiani e persegue gli obiettividi aggiornare e monitorare periodicamente i dati relativi aidistretti e studiare i fenomeni che ne caratterizzano l’evo-luzione e la trasformazione. www.osservatoriodistretti.org(2) Nell’ambito del totale delle 274.055 imprese distrettua-li, sono 121.917 (44,5%) quelle specializzate nelle attivitacore business dei rispettivi distretti.

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Il 47% delle imprese distrettuali sono ditteindividuali, il 29,8% sono societa di capitali(22,7% del totale) e il 20,3% societa di perso-ne (18,8%).A livello dimensionale, in base ai dati Istat(2010), le piccole imprese attive nelle filieredistrettuali, fino a 49 addetti, rappresentanoil 98,4% del totale, di cui l’86,6% e costituitoda imprese fino a 9 addetti; le medie imprese(da 50 a 249 addetti) sono pari all’1,4% (0,5%a livello nazionale) ma quelle manifatturiere(2.812) costituiscono il 32% del totale medieimprese manifatturiere italiane.Sul piano occupazionale (fonte Istat), le im-prese distrettuali attive nel 2010 impiegava-no circa 1,5 milioni di addetti, pari all’8,1%sul totale, di cui circa 1,2 milioni nel mani-fatturiero pari al 29,4% dell’intero settoremanifatturiero nazionale (Tavola 2).In definitiva, nel 2011, concentrando l’atten-zione sulla manifattura, nei distretti dell’Os-servatorio sono localizzate il 28,1% delle im-prese, con circa il 30% dell’occupazione(2010), che realizzano il 26,3% del valore ag-giunto e il 26,7% del totale export.L’impatto della crisi ha prodotto comunque

notevoli effetti sul numero e sugli addettidelle imprese distrettuali: queste ultime, inbase a dati Istat, nel 2010 sono diminuiterispetto al 2009 del 2,1% (-4.476 imprese)mentre l’occupazione e diminuita del 4,3%(-64mila addetti); nel settore manifatturierole imprese sono diminuite del 3,9% (-4.789) egli addetti del 4,7% (-58mila) (3).

I risultati dei bilanci 2011

I dati di bilancio evidenziano la migliore per-formance di crescita del fatturato nel biennio2010/2011 delle imprese distrettuali rispettoa quelle non distrettuali. Dopo il crollo del2009, il fatturato delle imprese distrettualiha registrato un aumento del 9,7% nel 2010

Tavola 1 - I distretti dell’Osservatorio: imprese, valore aggiunto ed export

Anno 2011 (valori assoluti e incidenze percentuali)

101 distrettidi cui

manifatturiero

Totale 101distretti/totale

economia italiana

Totale impresemanifatturiere distrettuali/

totale manifatturiero

Numero imprese 274.055 173.844 4,5% 28,1%

Valore aggiunto (mln euro) 73.877 60.488 6,9% 26,3%

Esportazioni (mln euro) 96.322 96.027 25,6% 26,7%

Fonte: Unioncamere, «Strategie competitive ed evoluzione strutturale dei distretti produttivi», Capitolo 2 del IV Rapporto dell’Osserva-torio Nazionale dei Distretti Italiani.

Tavola 2 - Addetti nelle imprese attive per classe dimensionale

Anno 2010 (valori assoluti e incidenze percentuali)

101 distrettidi cui

manifatturiero

Totale 101distretti/totale

economia italiana

Totale addetti impresemanifatturiere distrettuali/

totale addetti manifatturiero

1-9 addetti 429.643 275.568 5,2% 27,7%

10-49 addetti 453.596 403.569 13,0% 32,8%

50-249 addetti 285.898 266.263 13,6% 31,3%

250-499 addetti 87.098 81.938 11,8% 29,7%

500 addetti e oltre 156.685 153.365 5,6% 23,1%

Totale 1.412.919 1.180.704 8,1% 29,4%

Fonte: Unioncamere, «Strategie competitive ed evoluzione strutturale dei distretti produttivi», Capitolo 2 del IV Rapporto dell’Osserva-torio Nazionale dei Distretti Italiani.

Nota:(3) A livello dimensionale, a subire una maggiore contra-zione in termini relativi sono state le medie e grandi impre-se, diminuite rispettivamente del 6,2% (-201 imprese) e7,9% (-22) con una perdita occupazionale complessivadi 25mila addetti; le aziende di minori dimensioni sonodiminuite dell’1,7% (quelle fino a 9 addetti) e del 4,1%(quelle da 10 a 49 addetti) con una riduzione complessivadi circa 37mila occupati.

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e del 5,2% nel 2011, contro rispettivamente il7,7% e il 4,3% delle altre imprese. Il migliorandamento e stato determinato dalla mag-giore propensione all’export dei distretti,che sono stati premiati in un periodo di de-bolezza della domanda interna e di una mag-giore crescita di quella internazionale (4).Tra i distretti che hanno evidenziato tassi dicrescita del fatturato piu sensibili si segnala-no quelli specializzati in prodotti in metallo,nel settore alimentare e nella moda, dove sisono distinti i produttori di articoli in pelle,di calzature e di filati e tessuti. Tra i distrettipiu in difficolta, che non mostrano segnali direcupero vi sono quelli specializzati nel siste-ma casa, in particolare i distretti di elettro-domestici e mobili. Tuttavia, anche all’inter-no del sistema casa, vi sono distretti che han-no registrato incrementi di fatturato come icasalinghi di Omegna, il condizionamento erefrigerazione del Veneto e quello del mobiledella Brianza.Se l’analisi dei bilanci si concentra sulla di-stanza rispetto ai livelli pre-crisi, si nota co-me mediamente nei distretti il fatturato del2011 non sia tornato sui livelli del 2008 (-5,5%); solo il settore alimentare e abbondan-temente sopra i valori toccati nel 2008, conun progresso del 9,4%, mentre le imprese deidistretti della moda hanno recuperato quan-to perso nel 2009. Tutti gli altri settori dispecializzazione distrettuale sono lontanidal 2008, con punte molto elevate nelle areeche producono mobili (-16,7%), materiali dicostruzione (-13,3%), meccanica (-7,8%).Tuttavia anche per quanto riguarda la di-stanza rispetto ai valori pre-crisi, i distrettidimostrano una maggiore capacita di recu-pero del fatturato in confronto alle areenon distrettuali (-5,5% vs - 6,9%).Peggiora, ma non eccessivamente, la situa-zione sul fronte reddituale, con i marginioperativi netti in percentuale del fatturatofermi al 4,3% nel 2011, inferiori al 5% del2008; per quanto riguarda i principali indicidi redditivita, il Roi (redditivita del capitaleinvestito) pari al 4,8% aumenta lievementerispetto al 2010 (4,6%) ma e lontano dal dato2008 (6,1%), mentre il Roe (redditivita delcapitale proprio) pari al 2,9% diminuisce siarispetto al 2010 (3,2%) che al 2008 (3,8%).Rispetto al 2008, il ridimensionamento delfatturato e degli indici di redditivita si e regi-

strato in tutti i livelli dimensionali di impre-sa. Tuttavia soffrono soprattutto le micro im-prese che, oltre ad essere quelle piu lontanedai livelli di redditivita industriale del 2008(il Roi e diminuito dell’1,43%) presentanouna leva finanziaria molto elevata, caratte-rizzata da un’eccessiva esposizione verso ildebito bancario a breve termine, general-mente piu oneroso; in presenza di diminu-zione della redditivita e del corrispondenteaumento dei tassi del debito, queste impreserischiano di operare con una leva finanziarianegativa, che di per se potrebbe pregiudicaretutti gli sforzi di recupero messi in atto inquesti ultimi anni. La situazione e ulterior-mente aggravata dalla gestione del circolan-te, che evidenzia mancati incassi dei crediti edilazioni di pagamento per la clientela supe-riori a quelle negoziate con i fornitori.Per quanto riguarda l’andamento economi-co-reddituale per area geografica, i distrettiche hanno registrato la peggiore flessione difatturato tra il 2008 e il 2011 sono quelli lo-calizzati nel Nord ovest (-8,3%) seguiti daquelli del Sud (-5,3%) e del Nord est (-5%);variazione piu contenuta per i distretti delCentro (-1,3%).Dai dati di bilancio si conferma come feno-meno costante la dispersione delle perfor-mance tra distretti dello stesso settore di spe-cializzazione e tra imprese localizzate neglistessi distretti.Se si considera la variazione percentuale delfatturato tra il 2008 e il 2011, tra i distrettispecializzati nella produzione calzaturiera edel tessile-abbigliamento, ad esempio, si rile-va che l’abbigliamento e il calzaturiero delnapoletano insieme ai prodotti in pelle ecuoio di Santa Croce e lo sportsystem di Mon-tebelluna hanno registrato incrementi supe-riori al 10%, mentre il tessile-abbigliamentodi Corato, Bassa Bresciana e Como hanno evi-denziato diminuzioni superiori al 10%. Rela-

Nota:(4) Le imprese distrettuali presentano una piu elevata pro-pensione sia ad esportare sia ad investire all’estero: il 41%delle imprese distrettuali esporta contro il 30 % delle im-prese localizzate in aree non distrettuali mentre l’8,9% del-le imprese distrettuali investe all’estero contro il 7,1% diquelle delle aree non distrettuali. Cfr. Intesa Sanpaolo,Economia e finanza dei distretti industriali, dicembre2012, p.11.

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tivamente all’export, nel comparto della mec-canica, a fronte di forti segnali di accelerazio-ne delle esportazioni (+19,6% nel periodo lu-glio-settembre 2012) per le macchine per im-ballaggio di Bologna, andamento condivisoanche dalle macchine utensili di Piacenza, lacomponentistica e la termo-elettromeccanicafriulana e la meccanica strumentale di Bre-scia hanno, invece, evidenziato preoccupantisegnali di cedimento dell’export (cfr. Monitordei Distretti, dicembre 2012).A livello di singole imprese, se si analizzano imargini operativi del 2011 in percentuale delfatturato, si rileva una sensibile differenzatra imprese migliori e imprese peggiori: trale micro imprese migliori i margini operativisono stati in media pari al 14,4% del fattura-to contro un -6,25% di quelle peggiori. Nelcaso delle imprese localizzate negli stessi di-stretti, la dispersione delle performance de-riva anche dal diverso ruolo svolto all’internodella filiera. Sotto questo profilo, le impresecapofila (leader) e quelle fornitrici di «primolivello» (specializzate) hanno avuto la capa-cita di offrire prodotti esclusivi e personaliz-zati, che hanno garantito un’alta redditivita eun soddisfacente portafoglio ordini, soprat-tutto a livello internazionale; viceversa le mi-croimprese, «fornitrici di capacita produtti-va» (bloccate e trainate) sono state penaliz-zate dai minori ordini delle imprese capofila,che hanno internalizzato parte della produ-zione precedentemente esternalizzata.La dispersione delle performance e determi-nata, nel caso dei distretti, dal loro diversoposizionamento strategico (5). Al riguardo, einteressante l’analisi proposta da Confarti-gianato (cfr. Cap. 8 del IV Rapporto) in cuii distretti vengono classificati e valutati inbase a 16 indicatori relativi ad alcuni para-metri legati all’innovazione: produttivita, in-tensita brevettuale e spesa in R&S, qualita eformazione del capitale umano, utilizzo diICT, sviluppo di reti di imprese. Da questagraduatoria emerge una correlazione signifi-cativa tra grado di innovazione e performan-ce dei distretti (6).

Le stime del 2012, le previsionidel 2013

In base all’indagine campionaria di Unionca-mere piu della meta delle imprese localizzate

nei distretti (51%) ha registrato nel 2012 unaflessione del fatturato (26% nel 2011; 19,3%nel 2010) mentre solo il 25,7% e riuscita adaumentare le vendite (40% nel 2011; 34,3%nel 2010). Pertanto, dopo molti anni il saldotra imprese con fatturato in aumento e quellecon fatturato in diminuzione si inverte e di-venta negativo. I dati dell’occupazione con-fermano il trend congiunturale: il 31% delleimprese ha ridotto il numero di addetti(25,6% nel 2011; 28% nel 2010) contro un12,8% che ha registrato un aumento di occu-pazione (19% e 12% rispettivamente nel 2011e nel 2010). Sotto questo profilo, il ricorsoagli ammortizzatori sociali si e intensificatonel 2012: le aziende che hanno fatto ricorsoalla CIG ordinaria sono aumentate dal 28,7%del 2011 al 34,7%.Le previsioni per il 2013 (7) sono improntatealla cautela: il 27,5% delle aziende prevedo-no un aumento del fatturato (20,2% una di-minuzione), il 25,8% un aumento della pro-duzione (19,6% una diminuzione), il 18,8%un aumento della redditivita (22,3% una di-minuzione); piu della meta delle aziende pre-vedono una stabilita in quasi tutti i parame-tri considerati.

Note:(5) L’alta dispersione di performance riguarda sia aziendelocalizzate in differenti distretti ma appartenenti allo stessosettore di specializzazione sia aziende localizzate neglistessi distretti. Nei distretti/nelle aziende in crisi si rilevano:� scarsa attenzione ai mutamenti della domanda;� prodotti poco innovativi;� limitate competenze nella gestione finanziaria;� eccessiva dipendenza da un unico cliente;� basso livello di cooperazione.Viceversa, nei distretti/nelle aziende di successo si rileva:� propensione all’investimento in innovazione;� governance efficiente;� presenza di diverse aziende leader che coordinano nu-merose filiere;� elevata autonomia delle imprese subfornitrici;� sinergie con universita e centri di ricerca.(6) La classifica distrettuale dell’Indice Confartigianatodel contesto per l’innovazione dei Distretti pone al primoposto, con la maggior propensione all’innovazione delleimprese, il Distretto del Mobile della Brianza dove l’indiceassume il suo valore massimo pari a 632; al secondo postotroviamo il Distretto lecchese dei Metalli con un valoredell’indice pari a 621; al terzo posto abbiamo il Distrettomodenese Biomedicale di Mirandola e il Distretto mode-nese del Tessile-Abbigliamento di Carpi entrambi con unvalore pari a 618.(7) Cfr. Capitolo 2 e Capitolo 3 del IV Rapporto.

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Secondo le stime del Servizio Studi e Ricer-che del gruppo IntesaSanpaolo, i bilanci2012 delle imprese distrettuali registrerannouna caduta del fatturato del 2,8%, con puntedi circa il 5% per i distretti del mobile, pro-dotti in metallo e sistema moda. Il 2013 do-vrebbe caratterizzarsi per una modesta ripre-sa del fatturato (+1,1%) stante la perdurantedebolezza del mercato interno e le difficoltadi alcuni settori tipici delle aree distrettuali(mobili, moda, alimentare); la ripresa dell’at-tivita produttiva dovrebbe essere rinviata al2014, con una probabile crescita del fattura-to del 4%, grazie ad una lenta ripresa degliinvestimenti destinati all’efficienza del tessu-to produttivo e ad un costante aumento del-l’export.

La dinamica dell’export

L’Indice della Fondazione Edison, che ana-lizza l’export di 101 principali distretti mani-fatturieri italiani (8), evidenzia una situazio-ne di crescita contenuta dell’export distret-tuale italiano. Nei primi nove mesi del 2012le vendite all’estero sono aumentatedell’1,9% (+10,5% nello stesso periodo2011). L’analisi trimestrale evidenzia, in par-ticolare, una crescita delle esportazioni parial +3% nel primo trimestre; +1,3% nel secon-do e +1,6% nel terzo trimestre dell’anno.Complessivamente sono 62 i distretti delcampione che hanno registrato una crescitadell’export, crescita che ha piu che compen-sato la diminuzione degli altri 39 distretti.A livello settoriale, si osserva la flessione delcomparto automazione-meccanica (- 3,1%),la tenuta dei comparti abbigliamento(+1,7%) e arredo casa (+2,9%), la crescitadell’alimentare-vini (+6,9%) e il sensibile au-mento dell’hi-tech (+14,9%).Per quanto riguarda la destinazione, l’exportverso i Paesi Ue e calato del -1%, mentrequello verso i Paesi extra-Ue e cresciuto del+5,3%. In particolare, le esportazioni versol’UE hanno subito un brusco ridimensiona-mento nel corso dell’anno: dopo una crescitadel 3,1% nel primo trimestre 2012, sono di-minuite del 2,5% nel secondo trimestre e del3,4% nel terzo. Viceversa, l’export distrettua-le diretto verso i mercati extra Ue evidenzianel corso dell’anno una progressiva accelera-zione: + 2,8% nel primo trimestre, + 5,5% nel

secondo e + 8,8% nel terzo. Al riguardo, einteressante rilevare che sono i distretti del-l’abbigliamento moda e dell’arredo casa a su-bire le peggiori flessioni export verso l’Ue,pari rispettivamente a - 5% e a - 3,6% e allostesso tempo a registrare le migliori perfor-mance export verso i Paesi extraUe: rispetti-vamente + 12,6% e + 9,4%.Ancora molto consistenti (47) sono i distrettiche nei primi nove mesi del 2012 hanno su-perato i livelli di export registrati nel 2008,prima della crisi: di questi 47 distretti ben 17appartengono al comparto abbigliamentomoda, 13 al comparto alimentare e 9 all’au-tomazione meccanica. Inoltre, 20 distrettihanno aumentato l’export del 2008 piu del20%, con punte dell’80% per i prodotti del-l’industria casearia di Parma, del 77% perl’elettronica di Catania, del 35,9% per la pel-letteria fiorentina.Nel primo trimestre del 2013 le esportazionidei distretti industriali italiani hanno regi-strato un aumento del 2,2%. Questi risultatiappaiono ancora piu positivi se si tiene contoche, nello stesso periodo, l’export complessi-vo di prodotti manufatti italiani ha subito uncalo dello 0,8%. A livello settoriale, hannoregistrato un incremento delle esportazionii distretti del comparto alimentare (+8,4%),i distretti specializzati in prodotti e materialida costruzione (+5,5%), i distretti che produ-cono beni di consumo del sistema moda(+2,3%) e quelli della meccanica (+2,1%).Difficolta si rilevano per le imprese distret-tuali specializzate nella produzione di mobilie beni intermedi del sistema moda (-2%) enella metallurgia (-9,9%) (9).Sulla futura performance export potrebberoincidere diversi fattori e, in particolare, ladecelerazione del commercio internazionalee il rallentamento delle nostre esportazioniverso i Paesi Ue, che rappresentano il princi-pale mercato di sbocco dell’export italiano.Inoltre, numerosi sono i segnali di progressi-

Note:(8) Dal 2006 la Fondazione Edison elabora trimestralmenteun Indice dell’export dei principali distretti industriali italia-ni basato sui dati provinciali di commercio con l’esteroforniti dall’Istat. I 101 distretti che compongono l’indicedella Fondazione coincidono solo in parte con il campio-ne dei 101 distretti dell’Osservatorio.(9) Cfr. Intesa Sanpaolo, Monitor dei distretti, giugno 2013.

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vo mutamento dei mercati maggiormentepresidiati dai distretti produttivi, in partico-lare Cina (10), Russia e India, dove si rilevauna sostituzione con proprie produzioni dialcuni beni intermedi fino ad oggi importati,una domanda piu sofisticata soprattutto deiprodotti made in Italy di fascia medio-alta el’imposizione di condizioni di accesso almercato piu complesse (dazi, organizzazionedi reti distributive locali, ecc.) che i distrettidevono dimostrare di saper gestire e affron-tare (11).

L’impatto della crisisull’organizzazione dei distrettiindustriali: la ridefinizione di alcunestrategie

Il lungo ciclo recessivo ha reso evidente inmodo inequivocabile il processo di destruttu-razione che coinvolge, pur in modi diversi,tutti i distretti produttivi. La nuova competi-tivita, fatta di innovazione di prodotto, distrategie di mercato aggressive, di ibridazio-ne tra distretti tradizionali e filiere lunghedella produzione, si scontra dunque con lamancata crescita del distretto in se, ovverodel territorio in cui esso ha avuto origine ein cui si e incardinato (cfr. Cap.2 del IV Rap-porto). Sotto questo profilo il modello di-strettuale mostra un pericoloso cortocircuito,per il quale la crescita delle esportazioni el’intensificazione dei processi di internazio-nalizzazione hanno effetti limitati sul territo-rio, sul localismo, sulle filiere. Questo para-dosso della nuova competitivita senza svilup-po e senza crescita puo essere ricondotto aduna mappa di criticita facilmente identifica-bile (cfr. Cap.5 del IV Rapporto):� competenze professionali da sottoporre aprocessi formativi piu intensi e continuativi;� scarsita di figure manageriali;� bassa presenza di terziario innovativo;� politiche di filiera ancora da rafforzare.Vi e un ulteriore aspetto, forse il piu critico,legato alla crisi di liquidita, alla contrazionedel credito e ad un rapporto di difficile inter-locuzione tra il sistema bancario e quellodelle imprese. Il 32% delle aziende analizzatenel campione Unioncamere (cfr. Cap.2 del IVRapporto) ha dichiarato di avere avuto diffi-colta di accesso al credito nella seconda par-te del 2012 e, nella maggior parte dei casi,

tali difficolta si sono manifestate o in unalimitazione dell’ammontare del credito con-cesso rispetto alla richiesta iniziale o in tassipiu onerosi. Il 40% degli imprenditori, inol-tre, ritiene che le condizioni di accesso alcredito non miglioreranno nel corso del2013; parallelamente, il 47% ritiene che nel2013 ci potranno essere crediti non pagatiper difficolta o fallimenti di alcuni clienti.Alla luce di quanto segnalato da molti im-prenditori distrettuali, vale la pena chiedersise il distretto sia ancora oggi una formulaefficace di generazione di competenze e diconoscenza attraverso meri processi di con-tiguita fisica tra le imprese. L’attuale com-plessita dei mercati e le criticita di fronte allequali molti distretti si trovano devono essereaffrontate non solo con un di piu di innova-zione applicata al prodotto, al processo pro-duttivo e all’organizzazione della singolaazienda ma anche con il rafforzamento dellecompetenze e, per cosı dire, con intelligenzedi distretto, attraverso investimenti in per-corsi formativi, sostegno all’imprenditoriali-ta e diffusione di una piu alta cultura d’im-presa (cfr. Cap.2 del IV Rapporto) (12).Pertanto, tutto cio che e accaduto dopo laprima ondata di crisi nel 2008 sembra indi-care che i temi dello sviluppo e le prospettivedi cambiamento si incardinano su quattrodiverse strategie:– efficientamento e innovazione dell’organiz-zazione aziendale attraverso l’innalzamentodelle competenze interne;– allungamento delle filiere e partecipazionea reti «intelligenti»;

Note:(10) Il mercato export verso la Cina e rimasto stabile conun rallentamento dei distretti della metalmeccanica euna crescita dei distretti specializzati in beni di consumo,in particolare del settore moda, e dell’agroalimentare.(11) Sul fronte dell’export nazionale, risultano confortanti idati del mese di gennaio 2013, che hanno registrato unacrescita del 17,7% rispetto a gennaio 2012 (+2 miliardi),con punte del 25,6% in Giappone, 24,6% in Cina e 20,2%negli Stati Uniti. A livello settoriale, la maggiore crescita laregistrano i beni di consumo durevoli con un +36%.(12) Una parte consistente degli imprenditori contattatinell’indagine realizzata da Unioncamere (cfr. Cap.2 delIV Rapporto) segnala come elementi critici del contestolocale, la difficolta di reperimento di manodopera quali-ficata (37%), la presenza insufficiente di figure con com-petenze manageriali (70%), difficolta nell’attuare effica-cemente il ricambio generazionale (64%).

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– internazionalizzazione sempre piu spinta eriposizionamento sui mercati esteri;– ridefinizione del rapporto con le banche emiglioramento della gestione finanziaria.

Efficientamento e innovazionedell’organizzazione aziendalePotenziare gli investimenti nei processi diinnovazione, da quella incrementale a quellaradicale, non focalizzata esclusivamente sulprocesso o sul prodotto ma che riguardi am-biti differenti come il terziario innovativo, lereti tecnologiche, i nuovi processi di logisticadiventa una priorita fondamentale. Ripartiredall’innovazione significa capitalizzarequanto fatto fino ad oggi e valorizzare le pra-tiche messe in atto da molte imprese singo-larmente o all’interno di reti. Da questo pun-to di vista, numerosi distretti continuano adessere luogo di sperimentazione e di ridefini-zione dei processi produttivi, in gran partecapaci di conferire un tratto distintivo al ma-de in Italy. Le possibilita di crescita sembra-no dipendere, pertanto, da aspetti che afferi-scono principalmente all’ottimizzazione del-l’organizzazione aziendale, a piu elevati stan-dard qualitativi della produzione ed a politi-che commerciali e distributive sempre piusofisticate. E in effetti, le imprese che, nono-stante le difficolta generali, mostrano mag-giormente una capacita di contrasto alla crisie che si sono poste in un percorso di crescita,sembrano puntare maggiormente al rafforza-mento delle competenze professionali, ancheattraverso specifici percorsi formativi e alrafforzamento di alcune funzioni, in partico-lare quelle di progettazione e marketing.

Allungamento delle filiere e partecipazionea reti «intelligenti»Rafforzamento della filiera e partecipazionea reti di produzione, di condivisione di knowhow e di servizi appaiono come l’ulterioreasse strategico lungo il quale i distretti do-vrebbero continuare a muoversi per rafforza-re la propria capacita competitiva. E neces-sario non solo allungare le filiere oltre il ter-ritorio del distretto ma renderle trasversaliper favorire la contaminazione di competen-ze diverse e, quindi, non solo reti di subfor-nitura ma anche reti che promuovono la ri-cerca e lo sviluppo in collaborazione construtture di matrice universitaria. Dall’inda-

gine Unioncamere questo fenomeno gia e inatto e solo per una minoranza delle imprese(29%) i principali fornitori sono collocati vi-cino all’azienda mentre per il restante la retedi collaborazione e localizzata nella stessaregione (29%), al di fuori della regione(28%) e addirittura all’estero (14%); il datopiu confortante e che il 22% degli imprendi-tori ha dichiarato che i rapporti al di fuoridel distretto tendono ad intensificarsi (13).

Internazionalizzazione

Sul fronte internazionale, dove i distretti mo-strano ancora una elevata capacita competi-tiva, alimentata essenzialmente dalla forzaintrinseca del made in Italy, si rileva un ral-lentamento delle vendite all’estero dovuto al-la presenza di minacce da non sottovalutare:spostamento della domanda, soprattutto nelcomparto moda e dell’alimentare su nicchiedi gamma piu alta; richiesta, da parte dellaclientela, di servizi piu sofisticati nella fasedi vendita del prodotto; maggiore attenzionealla reputazione dell’azienda e al valore delmarchio. Fare affidamento sulla sola forzaintrineseca del made in Italy, tralasciando laspinta continua all’innovazione, appare oggiun grosso rischio, specie se si considera chegli orientamenti della domanda che vienedall’estero stanno registrando impercettibilima continui mutamenti. Desta, pertanto,preoccupazione che tra gli imprenditori in-tervistati nell’indagine Unioncamere solo insubordine vengano segnalati come fattoricritici di successo all’estero il marchio, la ca-pacita di fidelizzazione della clientela e, an-cor meno, l’esclusivita dei prodotti o dei ser-vizi offerti. Investire maggiormente su politi-che di marketing tese ad innalzare semprepiu la reputation dell’azienda attraverso unaforte riconoscibilita del marchio, attivarestrategie tese a dialogare in modo piu imme-

Nota:(13) «Se la tendenza e quella appena descritta, allora eplausibile immaginare che in molti casi si stia realizzandola transizione da un sistema monosettoriale ad uno in cuil’intreccio e il mix di filiere diviene la chiave di lettura nonsolo per interpretare il futuro ma anche per agevolare ilritorno alla crescita. Sistemi multifiliere sempre piu estesi epiu articolati possono comportare un travaso di compe-tenze e la creazione di competenze nuove, nuova linfaper i cluster produttivi» (cfr. Cap.2 del IV Rapporto).

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diato e diretto con i clienti anche attraversosistemi di Crm, potenziare le strategie fina-lizzate alla personalizzazione del servizio odel prodotto e, ancora, attivare piu sofistica-te strategie distributive tese a controllare iprocessi di collocazione del prodotto suimercati esteri appaiono come strade da per-correre piu di quanto non sia stato gia fatto(cfr. Cap.2 del IV Rapporto).

Ridefinizione del rapporto con le banchee miglioramento della gestione finanziariaOccorre, inoltre, superare la crisi di liquiditae le criticita della gestione finanziaria delleimprese distrettuali. I rapporti con le banchetendono sempre di piu a deteriorarsi in ter-mini di limitazione del credito, tassi piu one-rosi, maggiori garanzie richieste. Inoltre, l’e-norme ritardo nell’incasso dei crediti, le cuiscadenze tendono sempre di piu ad allungar-si, produce gravi ripercussioni sulla stessasolvibilita delle imprese.Pur consapevoli degli effetti derivanti dallagrave crisi dei mercati finanziari, si richiedeal sistema bancario, da un lato, di rafforzareil rapporto tra territorio e banche locali, chein molti distretti hanno tradizionalmentegiocato un ruolo determinante e che negliultimi tempi a causa di processi di fusioni eincorporazioni hanno ridimensionato la lorooriginaria vocazione, dall’altro lato di indivi-duare strumenti di valutazione del meritocreditizio che riescano a premiare quellerealta imprenditoriali che vogliono cresceree rafforzarsi, attraverso la realizzazione diprogetti di innovazione, l’ingresso in nuovimercati, l’inserimento in forme reticolaripiu evolute.In definitiva, strategie organizzative, interna-zionalizzazione, nuove politiche di filiera,rafforzamento delle reti di competenze e diknow-how, miglioramento della gestione fi-nanziaria e dei rapporti con le banche ap-paiono, dunque, come le chiavi interpretati-ve che meglio e piu di altre possono oggispiegare i punti di forza e le criticita dei di-stretti e che permettono di delineare i per-corsi futuri, pur nella consapevolezza che ledifficolta attuali sono tali da rendere oggetti-vamente difficile elaborare programmi a lun-go termine o proporre linee di politica eco-nomica che possano risultare risolutive.Al di la delle evidenze che emergono guar-

dando dal di dentro i diversi distretti e oltreall’individuazione di cio che funziona e di cioche potrebbe aiutare la crescita, occorre am-mettere che oggi, piu che mai, e difficile ca-pire quale sia la strada da intraprendere eforte e il rischio, come nel passato, di tenderea modellizzazioni e schemi precostituiti diutilita piuttosto limitata. Cio non di meno,forte e la sensazione che nei casi in cui vi estato un ispessimento progressivo delle stra-tegie e l’investimento forte in strumenti, percosı dire, non convenzionali, come la qualita,la logistica, nuovi sistemi di business intelli-gence, nuove competenze e forme originali diinnovazione, lı le probabilita di crescita e dicontrasto alla crisi si sono moltiplicate.E il caso dei cinque distretti anti-crisi analiz-zati nel Quarto Rapporto dell’OsservatorioDistretti da Fondazione Symbola e Unionca-mere (cfr. Cap. 6 del IV Rapporto) (14) in cuiinnovazione, tradizione, formazione e reti diimprese hanno garantito vantaggi competiti-vi sui mercati internazionali. All’origine delloro successo c’e, in primo luogo, la fortepropensione all’export e la capacita di dialo-gare con i mercati globali, controllando retidistributive proprie o almeno partecipate. Ilsuccesso e garantito da prodotti che unisco-no estetica, artigianalita, innovazione e fun-zionalita. Questi cluster hanno funzionatocome veri e propri incubatori: al loro internosono nate e si sono sviluppate medie impresecresciute dal basso straordinariamente attivee competitive che restano collegate, raffor-zandolo, al territorio di origine. I distrettianalizzati sono vincenti grazie a produzionifatte su misura per i clienti, dalla progetta-zione alla realizzazione fino all’assistenzapost vendita: una manifattura di nicchia edi altissima gamma che non teme la concor-renza dei Paesi emergenti sul basso costo dellavoro. Alla forte vocazione internazionale,fa da contraltare, tradizionalmente, il radica-mento a livello locale. Uno dei punti di forzadei distretti analizzati e la presenza sul terri-torio di elevate competenze lungo tutta la

Nota:(14) Nel capitolo 6 di questo Rapporto si descrivono il Di-stretto Aerospaziale Pugliese, il Distretto Veneto della Gio-stra, il Distretto Fiorentino della Pelletteria, il LombardyEnergy Cluster, il Polo della Meccatronica Piemontese.

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catena del valore: alle aziende produttrici siaffiancano piccoli e piccolissimi laboratoriartigianali iper-specializzati e integrati fradi loro, che formano un sistema fondato sul-la complementarita; in altri casi, le impresepiu dinamiche si sono riorganizzate in strut-ture piu snelle mantenendo al proprio inter-no le fasi a maggior valore aggiunto e affi-dando all’esterno, nella maggior parte dei ca-si sempre in aree limitrofe, le fasi di trasfor-mazione del prodotto. Altro punto di forza erappresentato dall’investimento in formazio-ne che diventa fondamentale per garantire ilricambio generazionale e il passaggio di quelpatrimonio di conoscenze dai vecchi artigia-ni ai piu giovani che intraprendono la stessaattivita. (15) Infine, sul fronte dell’innovazio-ne, in alcuni di questi distretti si assiste aduna collaborazione piu intensa fra aziende ecentri di ricerca per favorire il trasferimentotecnologico: come nei casi dell’AerospazialePugliese, della Meccatronica Piemontese edel Lombardy Energy Cluster, il distretto di-venta anello di congiunzione tra l’alta tecno-logia progettata dall’universita e la produzio-ne manifatturiera (16).

Conclusioni

Se e improprio parlare di rischio di implosio-ne dei distretti, e pero evidente che oggi mol-te aree produttive del Paese sono sottopostea problemi gravi che, peraltro, si stanno stra-tificando e si stanno legando gli uni agli altrigenerando un circolo vizioso sempre piu dif-ficile da spezzare. Uscire da questo stato dicrisi e tuttavia possibile, anche senza atten-dere la formulazione di nuove linee di politi-ca industriale che contemplino misure adhoc per i distretti. I problemi che i clusterproduttivi oggi registrano richiedono inter-venti immediati e di buon senso, partendoda misure che valorizzino le competenze ele specificita di ciascun distretto.Non basta piu l’atmosfera industriale o lapresenza di reti informali di conoscenza perrafforzare le competenze professionali. Serveevidentemente altro, e la crisi lo ha dimostra-to. Serve, in particolare, un sistema formati-vo solido, rivolto sia alle competenze tecni-co-professionali che a quelle manageriali, og-gi evidentemente ancora scarse rispetto allesfide pesanti imposte dalla competizione.

Sotto questo profilo, sono di stimolo le ini-ziative di alcuni distretti che hanno costitui-to strutture formative mirate alla specificitadelle loro filiere produttive. Se competenze,cultura e sistemi formativi rappresentano ilprimo pilastro di un percorso di riforma delsistema distrettuale, l’innovazione di alcunischemi organizzativi consolidati, come piuvolte accennato, sono il secondo pilastro.Cio che tuttavia l’esperienza e le analisi degliultimi anni dimostrano e che le aziende chesono riuscite ad andare oltre la focalizzazio-ne sulla qualita del prodotto e che si sonoposte il problema di rendere piu efficientel’intera catena del valore e di controllare di-rettamente i processi di collocazione del pro-dotto sul mercato finale, sono cresciute ohanno tenuto meglio alle difficolta generatedalla lunga crisi in atto. E questa sembraun’ulteriore conferma che le possibilita di re-sistenza e di ritorno alla competitivita deidistretti dipende in larga misura da aspettispesso complessi, come il rafforzamento del-le competenze professionali, l’open innova-tion e piu efficienti e sofisticati sistemi logi-stici per raggiungere i mercati esteri, aspettiche in molti casi non possono essere affron-tati dalla singola impresa, ma che richiedonouna governance di distretto efficiente chepunti a realizzare un territorio «attrezzato»e «intelligente».

Note:(15) Nel Distretto Fiorentino della Pelletteria, ad esempio,l’Alta Scuola di Pelletteria Italiana, con base anche a Pon-tassieve (oltre che a Scandicci), e la punta di diamantesul fronte della formazione, chiamata a focalizzarsi sem-pre piu sulla domanda del mercato del lavoro. Tutti i 202allievi che, da giugno 2011 a maggio 2012, hanno fre-quentato i molteplici moduli formativi offerti dalla scuolahanno immediatamente trovato lavoro e il 70% a tempoindeterminato.(16) Le imprese del Distretto Aerospaziale Pugliese (DAP)hanno sviluppato rapporti molto consolidati con tutte etre le realta accademiche della Regione: Politecnico Bari,Universita degli Studi di Bari, Universita del Salento. In par-ticolare, nel 2008 e stato istituito il Corso di Laurea in Inge-gneria Aerospaziale presso l’Universita del Salento che, incollaborazione con il DAP ha sostenuto la realizzazione di11 project work per lo sviluppo di progetti di innovazione etrasferimento tecnologico in imprese aderenti al distretto.Nel complesso, il sistema universitario ha favorito la nasci-ta di pmi che, oltre ad interagire con le grandi imprese,sono in grado di offrire al mercato internazionale propriprodotti e servizi.

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Analisi di una societaspecializzata nella compravenditadi oro e metalli preziosidi Gianmaria Gavelli (*)

Dalla riclassficazione dello stato patrimoniale e del conto economico, alla valutazione deiprincipali indici patrimoniali, economici e finanziari, il presente articolo analizza il bilancio di unasocieta di «compro oro».

Premessa metodologica

L’analisi di bilancio esposta qui di seguitoriguarda una societa che opera nel settoreaurifero, specializzata nella compravenditadi oro e metalli preziosi, un mercato ultima-mente in forte crescita e in continua espan-sione. Secondo i dati ISTAT, infatti, ad oggiin Italia i Compro oro attivi sono circa 30mi-la e le relative licenze, dal 2010 al 2011, han-no subito un incremento del 23,5% ca.La societa in oggetto, costituitasi nel 2006,vanta gia diverse strutture in tutta l’Emilia-Romagna, in particolare nella zona di Raven-na e provincia, dove e attiva con oltre 10punti vendita.Entrando nel merito dell’analisi, la stessa ebasata sugli ultimi tre bilanci d’esercizio ap-provati (2010-2011-2012) ed e stata articola-ta sostanzialmente in due fasi, una tecnica eduna interpretativa.Nella fase tecnica sono state in un primo mo-mento acquisite tutte le informazioni utili edin seguito attagliate agli obiettivi dell’analisi ealle caratteristiche dell’impresa; in particolaresi e proceduto alla riclassificazione dei dati dibilancio (stato patrimoniale e conto economi-co) secondo una logica differente e piu appro-priata rispetto a quella stabilita dalle normeche regolano la formazione del bilancio.Una volta riorganizzate le poste di bilanciosecondo una preordinata e soggettiva logica,e per soggettiva s’intende una logica legataalle esigenze aziendali, l’analisi si e sofferma-ta sull’elaborazione di indici e margini chehanno evidenziato la situazione della societa

nei tre principali ambiti, e dato inizio allafase interpretativa:� liquidita, e cioe la capacita di far fronte agliimpegni di breve periodo (debiti di funziona-mento e finanziamento) mediante l’utilizzodel capitale circolante (disponibilita liquide,crediti e rimanenze);� solidita, e cioe l’equilibrio nel medio perio-do fra investimenti e fonti di finanziamentoin correlazione alla redditivita;� redditivita, e cioe se i risultati conseguitisono stati in grado di remunerare in modosoddisfacente il capitale proprio e quello in-vestito (1).

Riclassificazione dello statopatrimoniale

Lo stato patrimoniale, in base al tipo di ri-classificazione effettuata, e foriero di piu li-velli informativi. Se riclassificato con il cri-terio finanziario fornira indicazioni in meri-to alla capacita dell’azienda di fare fronte aipropri impegni nel breve periodo, eviden-ziando in particolare l’attitudine di ogni sin-golo bene a trasformarsi in liquidita entro untermine congruo.Se riclassificato con il criterio funzionale,invece, lo stato patrimoniale fornira infor-

Note:(*) Dottore commercialista e Revisore. Collabora all’insegna-mento di Programmazione e valutazione d’azienda presso laFacolta di Economia di Forlı dell’Universita degli studi di Bologna(1) M. Fazzini, Analisi di bilancio: metodi e strumenti perl’interpretazione delle dinamiche aziendali, 2009, Ed. IP-SOA, Gruppo Wolters Kluwer.

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mazioni sulla correlazione tra i singoli beni el’andamento dell’attivita aziendale, ovverosul rapporto intercorrente tra fonti e impie-ghi in termini di equilibrio.Nella predetta analisi si e ritenuto opportunoriclassificare secondo il criterio finanziario,suddividendo le attivita in attivo corrente eattivo non corrente (o immobilizzato) e le

passivita in Patrimonio netto, passivo corren-te e passivo non corrente, con le relative per-centuali di incidenza sul totale di fonti e im-pieghi per tutti e tre gli anni oggetto di analisi(Tavole 1 e 2).

Incidenze patrimoniali

Le percentuali di incidenza patrimoniale (Ta-

Tavola 1 - Riclassificazione finanziaria impieghi

IMPIEGHI

2010 % 2011 % 2012 %

Cassa 2.114 2,48% 5.108 3,65% 4.658 4,24%

Banche c/c attivi 6.400 7,52% 15.669 11,21% 6.987 6,35%

LIQUIDITA IMMEDIATE 8.513 10,00% 20.777 14,86% 11.645 10,59%

Crediti v/clienti 4.350 5,11% 5.600 4,00% 35.600 32,38%

Crediti v/erario 11.099 13,04% 16.446 11,76% 8.327 7,57%

Altri crediti

Ratei e risconti attivi 323 0,38% 1.586 1,13% 3.150 2,87%

LIQUIDITA DIFFERITE 15.772 18,53% 23.362 16,90% 47.077 42,82%

RIMANENZE 15.306 17,98% 44.196 31,61%

ATTIVO CORRENTE 39.591 46,51% 88.604 63,37% 58.722 53,41%

Immob. immateriali 41.583 48,85% 41.635 29,78% 41.635 37,87%

Immob. materiali 3.950 4,64% 9.589 6,86% 9.589 8,72%

Immob. finanziarie

ATTIVO IMMOBILIZZATO 45.534 53,49% 51.224 36,63% 51.224 46,59%

TOTALE IMPIEGHI 85.125 100% 139.828 100% 109.946 100%

Tavola 2 - Riclassificazione finanziaria fonti

2009 % 2010 % 2011 %

Debiti v/banche 286 0,20% 5.706 5,19%

Debiti v/fornitori 52.676 61,88% 40.379 28,88% 21.705 19,74%

Debiti v/erario 823 0,97% 14.130 10,11% 15.080 13,72%

Altri debiti 461 0,54% 15.442 11,04% 19.337 17,59%

Ratei e risconti passivi 1.931 2,27% 13.645 9,76% 13.029 11,85%

PASSIVITA CORRENTI 55.890 65,66% 83.882 59,99% 74.857 68,09%

Debiti v/banche (oltre) 20.608 24,21% 34.211 24,47% 15.306 13,92%

Fondo T.F.R. 676 0,79% 6.731 4,81% 1.280 1,16%

Fondi per rischi e oneri

PASSIVITA CONSOLIDATE 21.284 25,00% 40.942 29,28% 16.586 15,09%

CAPITALE DI TERZI 77.175 90,66% 124.824 89,27% 91.443 83,17%

Capitale sociale 10.000 11,75% 10.000 7,15% 10.000 9,10%

Riserve 5.004 4,55%

Risultato dell’esercizio (2.050) (2,41)% 5.004 3,58% 3.500 3,18%

PATRIMONIO NETTO 7.950 9,34% 15.004 10,73% 18.504 16,83%

TOTALE FONTI 85.125 100% 139.828 100% 109.946 100%

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vola 3) evidenziano per l’anno 2010 una strut-tura del capitale investito costituita da attivi-ta correnti per il 46,51% e da attivita immo-bilizzate a medio lungo per il 53,49%; se aqueste ultime aggiungiamo le disponibilita,vale a dire le scorte (17,98%), si denota unacerta rigidita da parte della societa di ade-guarsi nel breve termine alle mutevoli condi-zioni economiche esterne. Inoltre, sempre nel2010 la composizione delle fonti di finanzia-mento non e per nulla coerente con la tipo-logia di impieghi effettuati. Le attivita immo-bilizzate (53,49%) sono finanziate solo inparte con i mezzi propri (9,34%) o con debitia medio/lungo termine (25,00%), con la con-seguenze di possibili tensioni di liquidita do-vute al fatto che le risorse generate dagli im-pieghi a medio/lungo (53,49%) potrebberonon risultare sufficienti a rimborsare i debiticontratti nel breve periodo (65,66%). Analogasituazione si ripresenta per l’anno 2012.Per l’anno 2011, invece, per quanto riguardala composizione degli impieghi, la situazioneappare del tutto opposta rispetto agli altrianni. Il capitale investito, infatti, e caratteriz-zato da una prevalenza di attivita a brevetermine (63,37%), denotando, rispetto al2010 e al 2012, una maggiore elasticita del-l’azienda nel riuscire a convertire le risorseinvestite nel breve termine alle nuove esigen-ze societarie. Per contro, vi e anche coerenzatra investimenti e finanziamenti: l’attivo im-mobilizzato (36,63%) e completamente fi-nanziato con i mezzi propri (10,73%) e condebiti a medio/lungo (29,28%); inoltre, unaparte di questi ultimi (ca. un 4%), finanziaanche gli impieghi a breve.Il rapporto di indebitamento, invece, datodal rapporto tra capitale investito e mezzipropri, esprime le scelte della societa in me-rito alla copertura finanziaria dei mezzi in-vestiti nella gestione (2), evidenziando quan-ta parte del capitale investito venga copertocon capitale proprio e quanta con capitale diterzi.Tanto piu questo indice e maggiore di 1, tan-to piu si delinea un ricorso crescente ai de-biti di finanziamento da parte della societa,con il conseguente aumento della rischiositafinanziaria: in termini non tecnici, aumentail rischio che la societa non sia in grado direstituire quanto ricevuto a titolo di debito.Nel caso specifico, il rapporto di indebita-

mento e in progressiva diminuzione, seppurlieve, passando dal 9,71 del 2010 al 4,94 del2012, denotando comunque un certo grado dirischiosita finanziaria da parte della societa.A conferma di cio interviene anche l’indice diautonomia finanziaria, dato dal rapporto traPatrimonio netto (mezzi propri) e totale del-le fonti. Esso, infatti, evidenzia la quantita incui i mezzi propri sono in grado di coprire gliinvestimenti effettuati, esprimendo il livellodi autosufficienza della societa. Maggiore sa-ra il valore di questo indice, maggiore sara diconseguenza l’autonomia finanziaria di unasocieta.Nella prassi, gli analisti utilizzano una seriedi valori di riferimento (3) per determinare ilgrado di autonomia finanziaria, e precisa-mente:� tra 0% e 33%: area di rischio (nella quale sicolloca la societa per tutti e 3 gli anni ana-lizzati);� tra 33% e 50%: area di sorveglianza;� tra 50% e 66%: area di normalita;� tra 66% e 100%: eccesso di autonomia fi-nanziaria e scarso ricorso alla Leva di inde-bitamento.Per la determinazione di questo indice devo-no, pero, tenersi in considerazione ulteriorielementi quali gli ulteriori apporti effettuatidai soci a titolo gratuito e oneroso (quali adesempio finanziamenti soci infruttiferi ofruttiferi, prestiti obbligazionari, etc..).

Conto economico

Il conto economico esposto in Tavola 4 e sta-to riclassificato secondo il criterio del valoreaggiunto che e il modello maggiormente uti-lizzato nella prassi per diverse ragioni: in pri-mis puo essere impiegato da un analistaesterno all’azienda in quanto non richiedeulteriori informazioni rispetto ai dati fornitidal bilancio; in secondo luogo e articolato inmodo tale da consentire importanti correla-zioni con lo Stato patrimoniale (4).

Note:(2) R. Silvi, Analisi di bilancio: la prospettiva manageriale,2006, Ed. McGraw-Hill.(3) F. Giunta, Analisi di bilancio. Riclassificazione, indici eflussi, Vol. 1, Centro Stampa Il Prato, 2006.(4) M. Fazzini, Analisi di bilancio: metodi e strumenti perl’interpretazione delle dinamiche aziendali, 2009, Ed. IP-SOA, Gruppo Wolters Kluwer.

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La situazione in esame mette in luce unaprogressiva riduzione del valore aggiunto intermini percentuali rispetto al fatturato(32,83% nel 2010, 21,52% nel 2011 e18,78% nel 2012), dove, sempre in tutti etre gli anni viene quasi completamente erosodal costo del personale (31,90% su 32,83%

nel 2010, 18,12% su 21,52% nel 2011 e17,59% su 18,78% nel 2012), mettendo in evi-denza la struttura di una societa di comprooro che presenta le caratteristiche tipiche diun terzista che lavora in conto lavorazione.Dall’analisi del MOL quale differenza tra ri-cavi e costi monetari, emerge il flusso di cas-

Tavola 3 - Incidenze patrimoniali: tabella riassuntiva

INCIDENZE PATRIMONIALI 2010 2011 2012

Attivo corrente Attivo corrente/totale impieghi 46,51% 63,37% 53,41%

Attivo immobilizzato Attivo immobilizzato/Totale impieghi 53,49% 36,63% 46,59%

Passivo corrente Passivita correnti/Totale fonti 65,66% 59,99% 68,09%

Passivo consolidato Passivita consolidate/Totale passivita 25,00% 29,28% 15,09%

Capitale netto Mezzi propri/Totale passivita 9,34% 10,73% 16,83%

Rapporto di indebitamento (Passivita m/l + Passivita correnti)/Mezzi propri 9,71 8,32 4,94

Autonomia finanziaria Patrimonio netto/totale fonti 0,09% 0,11% 0,17%

Tavola 4 - Riclassificazione conto economico a valore aggiunto

CONTO ECONOMICO 2010 % 2011 % 2012 %

Ricavi di vendita 44.880 99,78% 805.527 99,99% 335.632 100%

Atri ricavi e proventi 97 0,22% 68 0,01%

VALORE DELLA PRODUZIONE 44.976 100% 805.595 100% 335.632 100%

Acquisto di beni 30.945 68,80% 547.470 67,96% 207.006 61,68%

Variazione rimanenze -15.306 -34,03% -28.890 -3,59% 44.196 13,17%

Prestazioni di servizi 5.765 12,82% 77.343 9,60% 10.143 3,02%

Godimento beni di terzi 8.253 18,35% 33.662 4,18% 10.055 3,00%

Oneri di gestione 554 1,23% 2.679 0,33% 1.213 0,36%

COSTI ESTERNI 30.211 67,17% 632.264 78,48% 272.613 81,22%

VALORE AGGIUNTO 14.765 32,83% 173.331 21,52% 63.019 18,78%

Costo del personale 14.349 31,90% 145.939 18,12% 59.042 17,59%

MARGINE OPERATIVO LORDO (MOL o EBITDA) 416 0,93% 27.392 3,40% 3.977 1,18%

Amm.to immob. immateriali 2.172 4,83% 8.775 1,09%

Amm.to immob. materiali 236 0,52% 1.810 0,22%

AMMORTAMENTI 2.407 5,35% 10.585 1,31%

REDDITO OPERATIVO -1.991 -4,43% 16.807 2,09% 3.977 1,18%

Proventi finanziari 4 0,01% 19 15

Oneri finanziari -5 -0,01% -1.448 -0,18% -492 -0,15%

Utile/perdita su cambi

RIS. GESTIONE FINANZIARIA -1 -1.429 -0,18% -476 -0,15%

REDDITO DI COMPETENZA -1.992 -4,43% 15.378 1,91% 3.500 1,04%

Ricavi gestione straordinaria

Costi gestione straordinaria

RISULTATO GESTIONE STRAORIDNARIA

REDDITO ANTE IMPOSTE -1.992 -4,43% 15.378 1,91% 3.500 1,04%

Imposte correnti -58 -0,13% 10.374 -1,29%

Imposte anticipate

REDDITO NETTO -2.050 -4,56% 5.004 0,62% 3.500 1,04%

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sa potenziale generato dalla gestione opera-tiva corrente, dove per l’anno 2012 si puoosservare come l’azienda sia stata in gradodi generare liquidita in modo nettamente su-periore rispetto al 2010 e al 2011 (come ap-purato, inoltre, dalla precedente analisi pa-trimoniale).Il Reddito Operativo raggiunge il picco piuelevato nel 2012, sia in termini assoluti (E16.807), sia in termini percentuali (2,09%sul valore della produzione), mentre e nega-tivo solo per il 2010, unica annualita in cui lasocieta ha chiuso, seppur lievemente, in per-dita.La gestione finanziaria e la gestione straor-dinaria, invece, non sono rilevanti in quantonon incidono (o incidono in misura moltomarginale) sul risultato d’esercizio.

Analisi reddituale

Gli indici di redditivita

ROENel caso oggetto di analisi, l’anno 2010 pre-senta un ROE negativo di oltre 25 punti per-centuali, mentre e nettamente in migliora-mento negli anni successivi, in particolarenel 2011 (33,35%). Cio significa che nel2011 il grado di remunerazione del capitaleper i soci e stato di 33,35 E ogni 100 E dicapitale investito.Per questo indice non esistono valori di rife-rimento ottimali, ma solitamente vengonoeffettuati paragoni con i dati medi del settoreanche se, tuttavia, un valore positivo troppocontenuto non e da considerarsi ottimale. IlROE, infatti, misurando la remunerazionedel capitale dei soci, dovrebbe riflettere unrendimento comprensivo della rischiosita le-gata all’investimento, ovvero un rischio gene-rico per lo svolgimento dell’attivita d’impresae uno specifico in funzione delle caratteristi-che del business (5).In considerazione di quanto sopra esposto e,quindi, prudente utilizzare come riferimentoper tale indice il rendimento garantito da in-vestimenti con grado di rischio tendente allozero, i cd. riskfree.Nel caso di specie, se si considerano che iBTP italiani negli ultimi anni hanno oscillatotra il 2,5% e il 4,5%, e ragionevole conclude-re che un ROE e significativo e positivo se

assume valori superiori a queste percentuali,come avvenuto per la societa negli anni 2011e 2012, dove l’indice e oscillato tra il 18 e il33%.

ROI e ROD

Il confronto fra questi due indici e essenzialeper stabilire la convenienza della societa aricorrere al capitale di debito oneroso perfinanziare i propri investimenti.Se ROI > ROD (come nel caso analizzato, adeccezione dell’anno 2010 dove il ROI e nega-tivo), la societa ha convenienza ad incremen-tare il ricorso all’indebitamento in quanto ein grado di investire le risorse acquisite concapitale di terzi ottenendo una redditivita(ROI, 12,02% per il 2011 e 3,62% per il2012) superiore all’onerosita del capitale didebito (ROD, 1,39% per il 2011 e 0,64% peril 2012).Al contrario, qualora il ROI fosse stato infe-riore al ROD, le risorse acquisite con capitaledi terzi generavano una redditivita piu bassarispetto al costo degli oneri finanziari relati-vi, con l’ulteriore conseguenza di una pro-gressiva diminuzione dell’indice ROE.

ROS

Il ROS esprime la redditivita delle vendite e,cioe, quanti ricavi vengono «assorbiti» dallagestione operativa e quanta parte di essi re-sidua per far fronte ai costi delle restantiaree gestionali.Nel 2010 la gestione operativa ha assorbitooltre il 100% dei ricavi, generando un ROSnegativo pari a -4,44%; i ricavi, pertanto, nonsono stati sufficienti al soddisfacimento delleesigenze delle restanti aree gestionali, an-dando a compromettere anche il risultatod’esercizio, che chiude con una perdita di E2.050.In miglioramento la situazione per gli altrianni, dove l’indice e pari al 2,09% per il2011 e all’1,18% per il 2012, con la gestioneoperativa che ha assorbito rispettivamente il97,91% ed il 98,82% dei ricavi. Le percentua-li di ricavi restanti sono comunque sufficien-

Nota:(5) S. Beretta, Valutazione dei rischi e controllo interno,Universita Bocconi editore, 2004.

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ti per entrambi gli anni a coprire le gestionifinanziaria, straordinaria e tributaria.

LeverageIl Leverage, nonostante sia in costante calonei tre anni in esame (si passa da un leveragepari a 10,71 nel 2010 ad un leverage pari a5,94 nel 2012), conferma comunque come lasocieta ricorra anche a capitale di terzi per lagestione della propria attivita.Effetto leva: l’andamento dell’indebitamentoincide sulla misura del ROE, attraverso ilROI, in relazione al costo medio del denaropreso a prestito dalla societa (ROD).Come evidenziato precedentemente per glianni 2011 e 2012, il ROD e inferiore al ROIe, pertanto, l’azienda ha convenienza ad in-debitarsi; tale convenienza, poi, sara maggio-re quanto piu elevato sara l’indice di indebi-tamento che esercita un effetto moltiplicati-vo (effetto leva) sul ROI, che a sua volta faincrementare il ROE.Pertanto, considerato nel caso specifico cheil ROI e maggiore del ROD per gli anni 2011e 2012, il ROE in questo biennio aumenteraal crescere dell’indice di indebitamento.Gli indici di redditivita sono riportati in Ta-vola 5.

Analisi finanziaria

Gli indici di liquiditaL’analisi finanziaria mediante gli indici di li-quidita e finalizzata ad evidenziare la capa-cita dell’azienda di far fronte agli impegni di

breve periodo mediante l’utilizzo del capitalecircolante (disponibilita liquide, crediti e ri-manenze) (6).In sostanza, e l’attitudine della societa afronteggiare le uscite imposte dallo svolgi-mento della gestione in modo economico etempestivo (7).Dopo aver proceduto alla riclassificazionedello Stato Patrimoniale secondo il criteriofinanziario, sono stati analizzati i principaliindici di liquidita.

Capitale circolante nettoIl Capitale circolante netto, con i valori ne-gativi per gli anni 2010 e 2012, confermaquanto emerso dall’analisi patrimoniale ecioe l’incapacita dell’azienda per quegli annidi far fronte agli impegni di breve periodocon le risorse disponibili senza compromet-tere la gestione aziendale, a differenza dellasola annualita 2011, dove la situazione e po-sitiva, con un indice pari a E 4.722.A differenza di un altro indice simile quale eil Margine di tesoreria (8), il CCN considerafra le attivita correnti anche le rimanenze. Lestesse, infatti, seppure con determinate limi-tazioni, rappresentano comunque delle risor-

Tavola 5 - Indici di redditivita

INDICI DI REDDITIVITA 2010 2011 2012

ROE Risultato netto/Mezzi propri -25,78% 33,35% 18,92%

ROI Risultato operativo/Totale impieghi -2,34% 12,02% 3,62%

ROD Oneri finanziari/Debiti 0,01% 1,39% 0,64%

ROS Risultato operativo/Ricavi delle vendite -4,44% 2,09% 1,18%

Leverage Totale passivita/mezzi propri 10,71 9,32 5,94

Tavola 6 - Indici finanziari

INDICI FINANZIARI 2010 2011 2012

CCN (Capitale circ. netto) Attivita correnti - Passivita correnti -16.299 4.722 -16.134

Rapporto corrente (RC) Attivita correnti/Passivita correnti 0,71 1,06 0,78

Indice di copertura finanz. Mezzi propri/Attivo immobilizzato 0,17 0,29 0,36

Indice di rotazione crediti Crediti commerciali/(Vendite/365) 35 3 39

Indice di rotazione debiti Debiti commerciali/(Acquisti/365) 621 27 38

Note:(6) F. Amigoni, La dimensione finanziaria nei sistemi di con-trollo, Vol. I, Giuffre, 1998.(7) G. Ferrero, F. Dezzani, P. Pisoni, P. Puddu, Analisi di bi-lancio e rendiconti finanziari, Giuffre, 2006.(8) Dato dalla differenza tra la somma delle liquidita im-mediate e differite e le passivita correnti.

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se che la societa puo alienare generando li-quidita.

Margine di tesoreriaAl contrario del Margine di tesoreria, unCCN negativo (come per gli anni 2010 e2012) assume valenza ben peggiore per unaragione fondamentale legata alle rimanenze.Ipotizzando una dismissione del magazzinoe la stessa non si rivela comunque sufficientea soddisfare le esigenze di breve periodo, si-gnifica che gli stessi investimenti effettuatidalla societa sono da considerarsi potenzial-mente a rischio.La portata segnaletica di questo indice devecomunque essere rapportata all’attivita chela societa svolge. Nel caso in esame, essendoun’attivita puramente commerciale, l’aliena-zione delle rimanenze non pregiudica le con-dizioni di esistenza della stessa.

Rapporto correnteUn altro indice di liquidita simile ai due pre-cedenti, ma che non fornisce informazioni intermini assoluti, e il rapporto corrente, datodal rapporto tra le attivita correnti e le pas-sivita correnti. Per gli anni 2010 e 2012 taleindice e inferiore all’unita - ad ulteriore con-ferma della potenziale illiquidita della socie-ta -, mentre per il 2011 essendo pari a 1,06,denota una discreta, seppur minima, situa-zione di liquidita.Dall’analisi patrimoniale e emerso come leattivita immobilizzate siano solo in parte fi-nanziate con i mezzi propri e l’indice di co-pertura finanziaria, che mostra il grado dicopertura delle attivita finanziarie con il pa-trimonio netto, essendo inferiore a 1, ne eun’ulteriore conferma.Infine, dalla gestione del portafoglio com-merciale si evince come i tempi di incassodei crediti (in media sui 30 giorni) siano no-tevolmente inferiori rispetto ai tempi di pa-gamento, ad eccezione dell’anno 2012 dovegli stessi pressoche coincidono.Gli indici finanziari sono riportati in Tavola 6.

Conclusioni

L’analisi condotta ha evidenziato sostanzial-mente una buona dinamica reddituale dellasocieta, dove il valore aggiunto generato pertutti e tre gli anni in esame e stato in grado di

coprire interamente gli elevati costi del per-sonale, tipici di una societa di compro oroche esegue principalmente lavorazioni in c/terzi.Inoltre, la bassa incidenza degli oneri finan-ziari unita all’efficienza complessiva espres-sa dal core business aziendale (ROI netta-mente superiore al ROD), permette alla so-cieta di ricorrere ulteriormente al capitaledi debito senza che questo influisca sullaredditivita aziendale.Per contro, dal punto di vista patrimoniale,sarebbe quantomeno opportuno soffermarsisulla composizione di fonti e impieghi, nonsempre in equilibrio tra loro e coerenti con iltipo di attivita svolta.Questo disequilibriopotrebbe (non e detto) generare potenzialitensioni di liquidita in quanto la societanon sempre e in grado di rimborsare i debitia breve con le risorse generate dagli impieghia medio/lungo. Le politiche gestionali futuredovranno quindi essere incentrate sul conte-nimento delle passivita a breve (andando arideterminare, ad esempio, l’indice di rota-zione dei debiti commerciali), e sull’incre-mento - finche l’onerosita del capitale di terzilo permette - delle passivita a medio/lungo,in modo tale da riuscire a finanziare comple-tamente l’attivo immobilizzato. Infine, lacomposizione ottimale di fonti e impieghiper l’attivita dei compro oro che svolgonoprettamente lavorazioni in c/terzi e quella ri-sultante nel 2011, dove le attivita correntisono nettamente superiori all’attivo immobi-lizzato, evidenziando una struttura del capi-tale molto elastica e in grado di adeguarsi nelbreve alle mutevoli condizioni economicheesterne.

Analisi di bilancio

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Valutazione e ristrutturazionedel business portfolio:un caso, due approccidi J. Nicolas Ubago Vivas (*) e Marco Ubago Leardini (**)

In quest’articolo sara sviluppata la prima parte del caso Corn Island SpA. In particolare,nell’ambito della review periodica delle tre business unit dell’impresa, sara effettuata lavalutazione finanziaria delle medesime. La valutazione sara effettuata applicando sia l’approcciodei flussi di cassa attualizzati, sia quello dei profitti economici attualizzati. In un articolo inpubblicazione sul prossimo numero sara sviluppata la seconda parte del caso, cioe quella relativaalla valutazione delle alternative strategiche elaborate dall’A.D. della Business Unit Prodotti inAcciaio, per mitigare la prevista distruzione di valore economico identificata durante la reviewdella business unit.

Il caso Corn Island Spa

L’impresa Corn Island SpA opera nell’indu-stria alimentare, dell’abbigliamento e dell’ac-ciaio attraverso la Business Unit Prodotti Ali-mentari, la Business Unit Prodotti di Abbi-gliamento e la Business Unit Prodotti in Ac-ciaio, rispettivamente. Recentemente si econcluso il processo di valutazione periodicadelle business unit (BUs). Il valore degli assetoperativi delle BUs e stato determinato appli-cando sia il modello Free Cash Flow-Weigh-ted Average Cost of Capital (FCF - WACCM)che il modello Economic Profit-WeightedAverage Cost of Capital (EP-WACCM). Datoche il modello EP-WACC deriva direttamentedal modello FCF-WACC il valore degli assetsoperativi determinato con i due modelli, seapplicati correttamente, deve essere esatta-mente uguale. Si noti che il costo medio pon-derato del capitale (WACC), usato nelle valu-tazioni, e diverso per ciascuna business unit.Il WACC e frequentemente diverso da unabusiness unit all’altra poiche esso dipendesia dal rischio operativo (i.e., dalla volatilitadei ricavi e dal grado di leva operativa) chedal rischio finanziario (i.e., dalla struttura dicapitale) delle business unit stesse. Si noti,anche, l’assenza di costi sostenuti dalla capo-gruppo non-allocati alle business unit, cioe i

c.d. costi corporate. Cio e dovuto al fatto chel’attivita di coordinamento delle businessunits e svolta dall’Amministratore Delegato(AD) della BU Prodotti Alimentari, con costiincrementali trascurabili. Il valore degli as-sets operativi di Corn Island SpA e pari a E329,43 milioni ed e cosı suddiviso per busi-ness unit (in milioni di E):� BU Prodotti Alimentari: 251,64� BU Prodotti di Abbigliamento: 53,60� BU Prodotti in Acciaio: 24,19

Nella Tavola 1 sono esposti i multipli valoreeconomico degli assets operativi/ricavi, valo-re economico degli assets operativi/EBIT evalore economico degli assets operativi/capi-tale investito operativo, impliciti nelle valu-tazioni.

BU Prodotti AlimentariLa Tavola 2 contiene le proiezioni sviluppateper il periodo 2014-2023 sull’utile operativodopo imposte [EBIT (1 - Tc)], sul capitale in-vestito operativo (CIO) e sul profitto econo-mico (Economic Profit, EP). L’aliquota d’im-

Note:(*) Consulente di Direzione - Finanza d’impresa e ControlloDirezionale(**) Consulente di Direzione

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posta del 40%, usata in tutte le proiezioni peril calcolo delle imposte sull’utile operativo eipotetica. In generale, l’ammontare delle im-poste dovute dipende dall’aliquota vigente edalla posizione fiscale dell’impresa alla datadell’analisi. Il tasso di rendimento sul capita-le investito operativo (ROIC) e uguale al mar-gine operativo dopo imposte moltiplicato perla rotazione del capitale investito operativoiniziale (i.e., quello alla fine dell’anno prece-dente). Il profitto economico misura la capa-cita della BU di creare valore economico ed edeterminato moltiplicando il capitale investi-to operativo iniziale per l’economic spread(ROIC - WACC) conseguito dalla businessunit nell’anno in questione. Il profitto econo-mico rappresenta il valore economico creato(distrutto) in ogni singolo anno.La determinazione del valore degli assetsoperativi della BU, E 251,64 milioni, appli-cando il modello Free Cash Flow-WACC econtenuta nella Tavola 3. Per il calcolo del

valore continuativo (CV) si e assunto per tut-te le valutazioni da sviluppare nel caso, oveapplicabile, che l’utile operativo dopo impo-ste, nel periodo successivo a quello delleproiezioni esplicite, avra un tasso di crescitapari a zero, cioe g = 0. Pertanto il valorecontinuativo e uguale a:

CV2023 = EBIT(1 - Tc)2023/WACC = 19,96/0,075 = E 266,16milioni

La BU Prodotti Alimentari sarebbe in gradodi creare valore economico per complessivi E151,64 milioni (Valore economicoAssets opera-

tivi - Capitale investito operativoIniziale 2014 =251,64 - 100,00 = E 151,64 milioni). Cioe E1,54 per E 1 di capitale investito operativonella business unit all’inizio del periodo delleproiezioni esplicite.La valutazione della BU applicando il model-lo Economic Profit-WACC e esposta nella Ta-vola 4. Come si puo notare il valore degliassets operativi determinato con questo mo-

Tavola 1 - Multipli impliciti

(in milioni di E) BU ProdottiAlimentari

BU Prodottidi Abbigliamento

BU Prodottiin Acciaio

Valore economico degli assets operativi 251,64 53,60 24,19

Ricavi2014 162,50 80,00 121,80

EBIT2014 35,13 9,20 5,62

Capitale investito operativo2013 100,00 40,00 90,00

Valore economico degli assets operativi/Ricavi (x) 1,55 0,67 0,20

Valore economico degli assets operativi/EBIT (x) 7,16 5,83 4,30

Valore economico degli assets operativi/Capitale investitooperativo (x) 2,52 1,34 0,27

Tavola 2 - BU Prodotti Alimentari: utile operativo dopo imposte, capitale investito operativo,profitto economico

(in milioni di E) 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023

Ricavi 162,50 173,55 184,83 196,48 208,26 220,34 232,46 244,78 257,02 269,36

EBIT 35,13 36,02 36,35 36,70 37,32 36,54 35,67 35,10 34,25 33,27

EBIT (1-Tc) 21,08 21,61 21,81 22,02 22,39 21,92 21,40 21,06 20,55 19,96

Margine EBIT (1-Tc) (%) 12,97 12,45 11,80 11,21 10,75 9,95 9,21 8,60 7,99 7,41

CIOiniziale 100,00 103,20 108,00 112,90 111,80 122,80 131,10 136,00 140,90 142,30

CIOfinale 103,20 108,00 112,90 111,80 122,80 131,10 136,00 140,90 142,30 150,50

Rotazione del capitale investitooperativo (x)

1,63 1,68 1,71 1,74 1,86 1,79 1,77 1,80 1,82 1,89

ROIC (%) 21,08 20,94 20,19 19,50 20,03 17,85 16,33 15,49 14,58 14,03

WACC (%) 7,50 7,50 7,50 7,50 7,50 7,50 7,50 7,50 7,50 7,50

(ROIC-WACC) (%) 13,58 13,44 12,69 12,00 12,53 10,35 8,83 7,99 7,08 6,53

EP 13,58 13,87 13,71 13,55 14,00 12,71 11,57 10,86 9,98 9,29

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dello, E 251,64 milioni, e esattamente ugualeal valore determinato applicando il modelloFree Cash Flow-WACC. A differenza del mo-dello FCF-WACC il valore continuativo nelmodello EP-WACC non rappresenta il valoredegli assets operativi alla fine del periododelle proiezioni esplicite bensı rappresenta

un valore incrementale rispetto al valore dilibro del capitale investito operativo alla finedel periodo delle proiezioni esplicite stesse.Il valore continuativo calcolato applicandol’approccio FCF-WACC e uguale al valorecontinuativo calcolato applicando l’approc-cio EP-WACC piu il valore di libro del capi-

Tavola 3 - BU Prodotti Alimentari: valore degli assets operativi vlutazione free cash flow-WACC(WACC = 7,5 %)

(in milioni di E) FCF Fattore di attualizzazione Valore attualizzato

2014 17,88 (*) 0,9302 16,63

2015 16,61 0,8653 14,55

2016 16,91 0,8050 13,61

2017 23,12 0,7488 17,31

2018 11,39 0,6966 7,93

2019 13,62 0,6480 8,83

2020 16,50 0,6028 9,95

2021 16,16 0,5607 9,06

2022 19,15 0,5216 9,99

2023 11,76 0,4852 5,71

CV2023 266,16 0,4852 129,14

Valore attualizzato dei free cash flows 242,70

Mid - year adjustment factor (**) 1,0368

Valore degli Assets Operativi 251,64

(*) FCF = EBIT(1-Tc)t + [(CIOt-1 - CIOt)] = 21,08 + (100,00 - 103,20) = 17,88(**) (1 + WACC)0,5

Tavola 4 - BU Prodotti Alimentari: valore degli assets operativi valutazione economic profit -WACC (WACC = 7,50%)

(in milioni di E) EP Fattore di attualizzazione Valore attualizzato

2014 13,58 0,9302 12,63

2015 13,87 0,8653 12,00

2016 13,71 0,8050 11,04

2017 13,55 0,7488 10,15

2018 14,00 0,6966 9,76

2019 12,71 0,6480 8,24

2020 11,57 0,6028 6,98

2021 10,86 0,5607 6,09

2022 9,98 0,5216 5,21

2023 9,29 0,4852 4,51

EPCV2023 115,66 0,4852 56,12

Valore attualizzato dei profitti economici 142,70

Capitale investito operativoiniziale 2014 100,00

Valore attualizzato dei profitti economici+ Capitale investito operativoiniziale 2014

242,70

Mid - year adjustment factor (*) 1,0368

Valore degli assets operativi 251,64

(*) (1 + WACC)0,5

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tale investito operativo esistente alla fine delperiodo delle proiezioni esplicite.La formula raccomandata, nell’ipotesi che labusiness unit abbia raggiunto il livello di sta-bilita, cioe il c.d. steady-state, per calcolare ilvalore continuativo nell’approccio del profit-to economico, EPCV, e la seguente:

EPCV = EPt+1/WACC + [EBIT(1-Tc)t+1 * (g/ROIC) * (ROIC -WACC)]/[WACC (WACC - g)]

Per calcolare il valore continuativo si e assun-to, in tutte le valutazioni da effettuare nelcaso, che l’utile operativo dopo imposte, nelperiodo successivo a quello delle proiezioniesplicite, avra un tasso di crescita pari a zero,cioe g = 0. Di conseguenza il secondo terminedell’equazione precedente sara uguale a 0.Inoltre l’utile operativo dopo imposte del pri-mo anno successivo all’ultimo anno del perio-do delle proiezioni esplicite sara uguale aquello dell’ultimo anno delle proiezioni espli-cite stesse. Cioe EBIT(1- Tc)t+1 = EBIT(1 -Tc)t. L’EPCV nell’anno 2023 e uguale a:EPCV2023 = EP2024/WACCdoveEP2024 = EBIT(1 - Tc)2024 - (Capitale investitooperativofinale 2023 * WACC)= 19,96 - (150,50 * 0,075)= 19,96 - 11,29= E 8,67 milioniEPCV2023 = 8,67/0,075= E 115,66 milioni

BU Prodotti di AbbigliamentoNella Tavola 5 sono esposte le proiezioni svi-luppate per il periodo 2014-2023 sull’utile

operativo dopo imposte [EBIT (1 - Tc)], sulcapitale investito operativo (CIO) e sul pro-fitto economico (Economic Profit, EP).La determinazione del valore degli assetsoperativi della BU, E 53,60 milioni, applican-do il modello Free Cash Flow-WACC e conte-nuta nella Tavola 6. Il valore continuativo euguale a:

CV2023 = EBIT(1 - Tc)2023/WACC = 8,57/0,084 = E 102,01milioni.

La BU Prodotti di Abbigliamento sarebbe ingrado di creare valore economico per com-plessivi E 13,60 milioni (Valore economicoAs-

sets operativi - Capitale investito operativoIniziale 2014 =53,60 - 40,00 = E 13,60 milioni). Cioe E 0,34per E 1 di capitale investito operativo nellabusiness unit all’inizio del periodo delleproiezioni esplicite.La valutazione della BU applicando il modelloEconomic Profit-WACC e esposta nella Tavola7. Il valore degli assets operativi determinatocon questo modello, E 53,60 milioni, si riba-disce e esattamente uguale al valore determi-nato applicando il modello Free Cash Flow-WACC. L’EPCV nell’anno 2023 e uguale a:

EPCV2023 = EP2024/WACC

doveEP2024 = EBIT(1 - Tc)2024 - (Capitale investitooperativofinale 2023 * WACC)= 8,57 - (98,50 * 0,084)= 8,57 - 8,27= E 0,30 milioniEPCV2023 = 0,30/0,084= E 3,51 milioni

Tavola 5 - BU Prodotti di Abbigliamento: utile operativo dopo imposte, capitale investito operativo,profitto economico

(in milioni di E) 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023

Ricavi 80,00 88,64 97,95 108,04 118,84 130,49 142,88 156,17 170,22 185,20

EBIT 9,20 9,62 9,94 10,26 10,45 10,63 11,65 12,03 13,13 14,28

EBIT (1-Tc) 5,52 5,77 5,96 6,15 6,27 6,38 6,99 7,22 7,88 8,57

Margine EBIT (1-Tc) (%) 6,90 6,51 6,09 5,70 5,28 4,89 4,89 4,62 4,63 4,63

CIOiniziale 40,00 44,20 48,60 53,40 58,60 64,10 70,10 76,00 82,70 89,80

CIOfinale 44,20 48,60 53,40 58,60 64,10 70,10 76,00 82,70 89,80 98,50

Rotazione del capitale investitooperativo (x)

2,00 2,01 2,02 2,02 2,03 2,04 2,04 2,05 2,06 2,06

ROIC (%) 13,80 13,06 12,27 11,53 10,70 9,95 9,97 9,49 9,53 9,54

WACC (%) 8,40 8,40 8,40 8,40 8,40 8,40 8,40 8,40 8,40 8,40

(ROIC-WACC) (%) 5,40 4,66 3,87 3,13 2,30 1,55 1,57 1,09 1,13 1,14

EP 2,16 2,06 1,88 1,67 1,35 0,99 1,10 0,83 0,93 1,03

Creazione di valore

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BU Prodotti in Acciaio

Nella Tavola 8 sono esposte le proiezioni svi-luppate per il periodo 2014-2023 sull’utileoperativo dopo imposte [EBIT (1 - Tc)], sulcapitale investito operativo (CIO) e sul pro-fitto economico (Economic Profit, EP).Dalle proiezioni emerge che la BU operereb-

be, nell’intero periodo previsionale, con uneconomic spread (ROIC-WACC) negativocompreso nell’intervallo 5,17-5,84%. La BUProdotti in Acciaio ha distrutto valore econo-mico negli ultimi due esercizi.La determinazione del valore degli assetsoperativi della BU, E 24,19 milioni, applican-

Tavola 6 - BU Prodotti di Abbigliamento: valore degli assets operativi valutazione free cash flow -WACC (WACC = 8,4%)

(in milioni di E) FCF Fattore di attualizzazione Valore attualizzato

2014 1,321 0,9225 1,22

2015 1,37 0,8510 1,17

2016 1,16 0,7851 0,91

2017 0,95 0,7242 0,69

2018 0,77 0,6681 0,52

2019 0,38 0,6163 0,23

2020 1,09 0,5686 0,62

2021 0,52 0,5245 0,27

2022 0,78 0,4839 0,38

2023 -0,13 0,4464 -0,06

CV2023 102,01 0,4464 45,53

Valore attualizzato dei free cash flows 51,48

Mid - year adjustment factor2 1,0412

Valore degli Assets Operativi 53,60

(*) FCF = EBIT(1-Tc)t + [(CIOt-1 - CIOt)] = 5,52 + (40,00 - 44,20) = 1,32(**) (1 + WACC)0,5

Tavola 7 - BU Prodotti di Abbigliamento: valore degli assets operativi valutazione economic profit -WACC (WACC = 8,40%)

(in milioni di E) EP Fattore di attualizzazione Valore attualizzato

2014 2,16 0,9225 1,99

2015 2,06 0,8510 1,75

2016 1,88 0,7851 1,48

2017 1,67 0,7242 1,21

2018 1,35 0,6681 0,90

2019 0,99 0,6163 0,61

2020 1,10 0,5686 0,63

2021 0,83 0,5245 0,44

2022 0,93 0,4839 0,45

2023 1,03 0,4464 0,46

EPCV2023 3,51 0,4464 1,56

Valore attualizzato dei profitti economici 11,48

Capitale investito operativoiniziale2014 40,00

Valore attualizzato dei profitti economici+ Capitale investito operativoiniziale2014 51,48

Mid - year adjustment factor (*) 1,0412

Valore degli assets operativi 53,60

(*) (1 + WACC)0,5

Creazione di valore

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do il modello Free Cash Flow-WACC e conte-nuta nella Tavola 9. Il valore continuativo euguale a:

CV2023 = EBIT(1 - Tc)2023/WACC = 5,09/0,094= E 54,11 milioni.

Dalla valutazione emerge che la BU Prodottiin Acciaio registrerebbe una distruzione divalore economico pari a E 65,81 milioni (Va-lore economicoAssets operativi - Capitale inve-stito operativoIniziale 2014 = 24,19 - 90,00 = E- 65,81 milioni). Cioe E - 0,73 per E 1 di ca-pitale investito operativo nella business unitall’inizio del periodo delle proiezioni esplici-te.

La valutazione della BU applicando il model-lo Economic Profit-WACC e esposta nella Ta-vola 10. Il valore degli assets operativi deter-minato con questo modello, E 24,19 milioni,si ribadisce ancora una volta e esattamenteuguale al valore determinato applicando ilmodello Free Cash Flow-WACC. L’EPCV nel-l’anno 2023 e uguale a:

EPCV2023 = EP2024/WACC

doveEP2024 = EBIT(1 - Tc)2024 - (Capitale investitooperativofinale 2023 * WACC)= 5,09 - (129,70 * 0,094)= 5,09 - 12,19

Tavola 8 - BU Prodotti in Acciaio: utile operativo dopo imposte, capitale investito operativo, profitto

(in milioni di E) 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 2022 2023

Ricavi 121,80 125,45 129,22 133,09 137,09 141,20 145,44 149,80 154,29 158,92

EBIT 5,62 5,73 6,28 6,87 7,50 7,64 7,90 8,07 8,27 8,48

EBIT (1-Tc) 3,37 3,44 3,77 4,12 4,50 4,58 4,74 4,84 4,96 5,09

Margine EBIT (1-Tc) (%) 2,77 2,74 2,92 3,10 3,28 3,25 3,26 3,23 3,21 3,20

CIOiniziale 90,00 96,70 99,80 103,00 106,3 109,70 113,30 117,00 120,80 124,70

CIOfinale 96,70 99,80 103,00 106,30 109,70 113,30 117,00 120,80 124,70 129,70

Rotazione del capitale investitooperativo (x)

1,35 1,30 1,29 1,29 1,29 1,29 1,28 1,28 1,28 1,27

ROIC (%) 3,74 3,56 3,78 4,00 4,23 4,18 4,18 4,14 4,11 4,08

WACC (%) 9,40 9,40 9,40 9,40 9,40 9,40 9,40 9,40 9,40 9,40

(ROIC-WACC) (%) -5,66 -5,84 -5,62 -5,40 -5,17 -5,22 -5,22 -5,26 -5,29 -5,32

EP -5,09 -5,65 -5,61 -5,56 -5,49 -5,73 -5,91 -6,15 -6,40 -6,64

Tavola 9 - BU Prodotti in Acciaio: valore degli assets operativi valutazione free cash flow - WACC(WACC = 9,4 %)

(in milioni di E) FCF Fattore di attualizzazione Valore attualizzato

2014 -3,33 (*) 0,9141 -3,04

2015 0,34 0,8355 0,28

2016 0,57 0,7637 0,43

2017 0,82 0,6981 0,57

2018 1,10 0,6381 0,70

2019 0,98 0,5833 0,57

2020 1,04 0,5332 0,55

2021 1,04 0,4874 0,51

2022 1,06 0,4455 0,47

2023 0,09 0,4072 0,04

CV2023 54,11 0,4072 22,04

Valore attualizzato dei free cash flows 23,13

Mid - year adjustment factor (**) 1,0459

Valore degli Assets Operativi 24,19

(*) FCF = EBIT(1-Tc)t + [(CIOt-1 - CIOt)] = 3,37 + (90,00 - 96,70) = -3,33(**) (1 + WACC)0,5

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= E - 7,10 milioniEPCV2023 = - 7,10/0,094= E - 75,59 milioni

Decisioni del comitato di direzione

Il Comitato di Direzione di Corn Island SpA:� alla luce della capacita prospettica di crea-re valore economico, emersa dalle valutazio-ni della Business Unit Prodotti Alimentari edella Business Unit Prodotti di Abbigliamen-to, ha deciso che queste due business unitsmantengano la loro strategia competitiva at-tuale;� visto che la valutazione della strategia busi-ness as usual della BU Prodotti in Acciaio haevidenziato che essa continuerebbe a di-struggere valore economico, ha chiesto alsuo AD di sviluppare e presentare nel prossi-mo Comitato di Direzione delle alternativestrategiche per mitigare/eliminare la distru-zione di valore economico prevista.

Conclusioni

L’obiettivo primario del management e crea-re valore economico per gli azionisti dellapropria impresa attraverso la formulazionee l’implementazione sia della strategia azien-

dale che delle strategie competitive dei busi-nesses posseduti dall’impresa. In altri termi-ni, l’impresa/i businesses devono conseguiredei tassi di rendimento sul capitale investitosuperiore ai tassi di rendimento richiesti da-gli investitori, devono cioe generare dei pro-fitti economici.La strategia aziendale (Corporate Strategy)riguarda la configurazione del business port-folio, il coordinamento dei businesses e l’al-locazione delle risorse (umane, finanziarie ereali) dell’impresa ai diversi businesses. Lastrategia competitiva (Competitive Strategyo Business Strategy) definisce come un busi-ness si posizionera tra i suoi concorrenti, inun certo settore industriale, offrendo ai pro-pri clienti una value proposition unica (van-taggio competitivo e catena del valore).La valutazione delle business units (dei busi-nesses) permette di identificare dove, quantoe quando si crea o si distrugge valore econo-mico nell’impresa. Tutte le business units,cioe anche quelle che conseguono un econo-mic spread positivo (ROIC > WACC), devonoessere continuamente monitorate ed esami-nate per identificare delle opportunita permigliorare la loro performance. L’analisi del-la valutazione delle business unit consente di

Tavola 10 - BU Prodotti in Acciaio: valore degli assets operativi Valutazione Economic Profit - WACC(WACC = 9,40%)

(in milioni di E) EP Fattore di attualizzazione Valore attualizzato

2014 -5,09 0,9141 -4,65

2015 -5,65 0,8355 -4,72

2016 -5,61 0,7637 -4,29

2017 -5,56 0,6981 -3,88

2018 -5,49 0,6381 -3,51

2019 -5,73 0,5833 -3,34

2020 -5,91 0,5332 -3,15

2021 -6,15 0,4874 -3,00

2022 -6,40 0,4455 -2,85

2023 -6,64 0,4072 -2,70

EPCV2023 -75,59 0,4072 -30,78

Valore attualizzato dei profitti economici -66,87

Capitale investito operativoiniziale 2014 90,00

Valore attualizzato dei profitti economici+ Capitale investito operativoiniziale 2014

23,13

Mid - year adjustment factor1 1,0459

Valore degli assets operativi 24,19

(*) (1 + WACC)0,5

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definire le azioni prioritarie e quindi dove sideve focalizzare il management per conse-guire dei miglioramenti operativi e dei mi-glioramenti finanziari per aumentare il valo-re economico delle business unit e dell’im-presa. In sintesi, la valutazione delle busi-ness units offre una road map per ristruttu-rare il portafoglio di businesses dell’impresae quindi aumentare il valore economico del-l’investimento degli azionisti nell’impresa.

Bibliografia

Arzac, E. R.,Valuation for Mergers, Buyouts,and Restructuring, 2nd ed., Wiley, 2008.Boquist, J., T. Milbourn & A. Thakor, TheValue Sphere: The Corporate Executive’sHandbook for Creating and Retaining Share-holder Wealth, 4th ed. World Scientific, 2010.Collis, D. J., & C. A. Montgomery, CorporateStrategy: Resources and the Scope of the Firm,Irwin, 1997.Damodaran, A., Investment Valuation: Toolsand Techniques for Determining the Value ofAny Asset, 3rd ed.,Wiley, 2012.Koller, T., R. Dobbs, & B. Huyett, Value: TheFour Cornerstones of Corporate Finance, Wi-ley, 2011.Koller, T., M. Goedhart & D. Wessels, Valua-tion: Measuring and Managing the Value ofCompanies, 5th ed. Wiley, 2010.Martin, J. D., & J. W. Petty, Value Based Ma-nagement: The Corporate Response to the Sha-reholder Revolution, HBS Press, 2000.Porter, M. E., Competitive Advantage: Crea-ting and Sustaining Superior Performance,The Free Press, 1985.Porter, M. E., Competitive Strategy: Techni-ques for Analyzing Industries and Competi-tors, The Free Press, 1980.Rappaport, A., Creating Shareholder Value: AGuide for Managers and Investors, Revisedand Updated, The Free Press, 1998.Rosembaum, J. & J. Pearl, Investment Ban-king: Valuation, Leveraged Buyouts, and Mer-gers & Acquisitions, 2nd ed. Wiley, 2013.Stewart, G. B., The Quest for Value: A Guidefor Senior Managers, Harper Business,1991.Titman, S., & J. D. Martin, Valuation: The Artand Science of Corporate Investment Deci-sions, 2nd ed, Pearson, 2011.Ubago Vivas, J. N., Analisi finanziaria: guida

pratica per aumentare il valore dell’impresa,IPSOA, 2012.Ubago Vivas, J. N., Finanza d’impresa e deci-sioni strategiche: un approccio pratico percreare valore, IPSOA, 2010.Ubago Vivas, J. N., & M. Ubago Leardini,«Come creare valore con i disinvestimenti»,Amministrazione & Finanza, n. 5/2013.

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Gestione dei pagamenti, fulcrodella strategia per la ripresadi Marco Preti (*)

A fronte del continuo aumento degli insoluti, le imprese italiane mostrano un’attenzionecrescente alla gestione del credito commerciale e dei pagamenti.

Introduzione

Dopo un triennio caratterizzato da fenomenidi insolvenza a dir poco preoccupanti, acu-tizzatisi ulteriormente nell’ultimo anno, lapriorita dell’impresa italiana che nel 2013vuole definitivamente superare la crisi e ri-manere sul mercato e l’incasso, cioe la tra-sformazione del proprio credito in denaro. Ilmancato pagamento dei crediti commercialida parte dei clienti ha infatti causato soffe-renza di cassa, blocco degli investimenti edei finanziamenti e si e tradotto, in alcunicasi, anche nella cessazione dell’attivita.Ma gli ultimi tre anni sono stati determinantianche per la ristrutturazione dei processiaziendali e la costruzione di policy di gestio-ne del credito piu restrittive e attente a sal-vaguardare, oltre al working capital e allasolidita patrimoniale dell’impresa, il rappor-to con il cliente.E cosı, oggi, il ruolo del credit managementsi evolve progressivamente, assumendo sem-pre piu un ruolo organizzativo e decisionale.L’obiettivo condiviso da parte delle impresee contrastare il problema degli insoluti, adoggi ancora in aumento. Le imprese colpiteda questo fenomeno sono ben l’81,4%, inol-tre e interessante osservare come nel 36,2%dei casi gli insoluti provengano da clientistorici.Altra priorita per le imprese consiste inoltrenel conoscere e segmentare il portafoglioclienti, monitorandone le evoluzioni nel tem-po, con una sempre maggiore attenzione allagestione del portafoglio nel suo complesso enon limitandosi all’analisi del singolo caso.Tra le imprese italiane e in atto un vero eproprio cambiamento culturale, che spingealla riorganizzazione dei processi, all’innova-

zione degli strumenti e all’utilizzo di nuoviindicatori di performance (1).

I risultati dell’osservatorio CRIBISD&B- Format

Il ruolo del credito commercialeDalla ricerca si evidenzia come, a fronte deldifficile andamento dello scenario economi-

Note:(*) Amministratore Delegato CRIBIS D&BCRIBIS D&B e la realta del Gruppo CRIF specializzata nellebusiness information, il cui obiettivo e fornire i piu elevati stan-dard qualitativi in termini di copertura dell’universo di riferi-mento, approfondimento e accuratezza delle informazioni,capacita e flessibilita tecnologica, sistemi decisionali e mo-delli di scoring. CRIBIS D&B, inoltre, raccoglie milioni di espe-rienze di pagamento, al fine di rilevare le abitudini di paga-mento delle aziende italiane ed estere nei confronti dei proprifornitori.L’Istituto di ricerca Format opera nel settore degli studi econo-mici, sociali e politici. Nato nel 1992, diretto da Pierluigi Asca-ni, l’Istituto Format e specializzato nelle indagini sulle impreseche effettua con il metodo delle interviste sia in Italia, sia inEuropa. Format ha lavorato e lavora per le piu importantiassociazioni di categoria degli imprenditori e dei lavoratoridel nostro paese, per le Camere di commercio, per alcuniministeri ed agenzie del Governo Italiano, e per altri prestigiosienti pubblici e privati. L’osservatorio CRIBIS D&B e gli atti deL’INCONTRO CRIBIS D&B sono disponibili all’interno della com-munity del sito www.cribis.com. L’iscrizione alla community egratuita(1) Questo e quanto emerge dall’edizione 2013 dell’Os-servatorio CRIBIS D&B - FORMAT sul credit management,realizzato attraverso interviste a un campione di 1.100 im-prese italiane con piu di 9 addetti e oltre 2,5 milioni di eurodi fatturato, con riferimento ai comportamenti e alle stra-tegie adottate nel periodo 2012-2013 (primo semestre), aconfronto con il periodo 2011-2012 (primo semestre). Lostudio e stato presentato il 18 settembre a Milano, in oc-casione de L’Incontro CRIBIS D&B intitolato «La gestioneintegrata del portafoglio clienti per massimizzare gli incas-si», organizzato in collaborazione con la Scuola di forma-zione Ipsoa e con il patrocinio di ANDAF.

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co degli ultimi due anni, il ruolo della gestio-ne dei crediti commerciali nelle imprese siastato costantemente rinnovato e questa fun-zione si stia via via integrando all’interno deidiversi processi d’impresa (Tavola 1).Rispetto al biennio precedente in cui la per-centuale delle imprese italiane che attribuivaalla gestione del credito commerciale un ruo-lo organizzativo era pari al 31,9%, ad oggitale quota e aumentata al 39,3%. Nonostantetutto e diminuita la percentuale di impreseche gli attribuiscono un ruolo decisionale de-terminante, passando dal 42,8% al 37,4%.Allo stesso tempo negli ultimi due anni e de-cresciuta - passando dal 25,3% al 23,4% - laquota di imprese che giudicano che la gestio-ne dei crediti commerciali abbia avuto unruolo prevalentemente consultivo.

L’aumento degli insolutiUno dei principali problemi con cui hannodovuto confrontarsi le imprese negli ultimi12 mesi e costituito dalla gestione degli inso-luti e dal loro costante aumento nel tempo(Tavola 2). Le imprese infatti che hanno di-chiarato di aver avuto almeno un insolutonell’ultimo anno sono l’81,4% del totale: taledato e inoltre aumentato di ben 6 punti per-centuali rispetto all’anno precedente. Il datoe ancora piu evidente se si mette a confrontoquanto rilevato nel medesimo periodo: la ri-cerca suggerisce infatti alle imprese di pre-stare particolare attenzione alla gestione delproprio portafoglio clienti in quanto piu diun terzo delle imprese italiane ha avuto uninsoluto da parte di clienti storici, con i qualiintrattenevano rapporti di business da piu di5 anni.

Le attivita nel processo order to cashNell’ambito del processo Order-To-Cash(OTC - ovvero il processo aziendale che vadalla ricezione dell’ordine d’acquisto, allafornitura del bene al cliente e alla fatturazio-ne, fino all’incasso del credito) le attivita sucui si sono focalizzate le imprese sono costi-tuite dalle procedure di sollecito (66,6% deltotale), dalla gestione del credito scaduto(56,2%), dai processi di raccolta delle infor-mazioni (54,6%) e dall’intervento sulle mo-dalita di pagamento (49,4%).Si veda in merito la Tavola 3.

La gestione degli insoluti e dei ritardinei pagamentiLe aziende hanno adottato nuove proceduree regole organizzative per migliorare la ge-stione dei pagamenti. Ad esempio, tra le po-licy per fronteggiare gli insoluti, gli accorgi-menti maggiormente impiegati sono risultatiessere il coinvolgimento della DirezioneCommerciale o dell’area commerciale nellagestione degli insoluti (40,7% del totale), l’at-tivazione di politiche di recupero crediti(37,3%) e l’adozione di termini di pagamentopiu restrittivi (36,4%).In particolare, le aziende si sono concentratesu modalita di pagamento, termini e scaduto(Tavola 5).Per salvaguardare l’esposizione finanziariadal rischio di ritardi nei pagamenti le impre-se intervengono soprattutto sulle modalita esui termini di pagamento (52,5% del totale) osui termini di pagamento (50,5% dei casi, indiminuzione di quasi 10 punti percentualirispetto alla precedente rilevazione). Tra lealtre policy adottate, la modifica dei limiti

Tavola 1 - Ruolo del credito commerciale

Fonte: Osservatorio CRIBIS D&B - FORMAT sul credit management

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di tollerabilita dello scaduto (40,4%) e la mo-difica delle regole di blocco degli ordini(31,5%).

Revisione delle procedure interneEmerge quindi la necessita per le imprese di

rivedere periodicamente le proprie procedu-re al fine di ottimizzare la gestione di paga-menti e dei crediti commerciali (Tavola 6).Il 79,5% delle imprese (dato leggermente increscita rispetto alla rilevazione 2011-2012)ha infatti effettuato l’ultima revisione delle

Tavola 2 - Gli insoluti

Tavola 3 - Procedure OTC

Fonte: Osservatorio CRIBIS D&B - FORMAT sul credit management

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procedure interne e delle policy di credit ma-nagement negli ultimi 12 mesi: il 27,0% negliultimi tre mesi, il 23,0% negli ultimi sei mesied il 29,5% negli ultimi 12 mesi.La previsione per il prossimo futuro e simile eanch’essa in lieve aumento rispetto alla rile-vazione 2011-2012: entro i prossimi 12 mesil’81,5% delle imprese effettuera la revisionedelle procedure interne e delle policy di creditmanagement, piu nel dettaglio oltre la meta diqueste lo fara tra i prossimi sei e 12 mesi.

Il Comitato Fidi

Le imprese che hanno dichiarato di disporre

di un Comitato Fidi sono il 23,1% (piu di unasu cinque. Nello specifico, nel 13,9% dei casiquesto viene interpellato periodicamente su-gli affidamenti di media o grande consisten-za, mentre per il 9,2% dei casi viene convo-cato solo raramente per affidamenti partico-larmente consistenti. Tale comitato e inter-pellato periodicamente da meta delle impre-se al fine di monitorare gli indicatori di per-formance.

Indicatori di performance

Dalla ricerca e risultato anche che i principa-li indicatori (KPI) utilizzati per verificare

Tavola 4 - La gestione degli insoluti e dei ritardi nei pagamenti

Fonte: Osservatorio CRIBIS D&B - FORMAT sul credit management

Tavola 5 - Policy per salvaguardare l’esposizione finanziaria dell’impresa dal rischio di ritardonei pagamenti

Fonte: Osservatorio CRIBIS D&B - FORMAT sul credit management

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l’andamento del processo Order-To-Cash so-no lo scaduto, utilizzato da ben 6 imprese su10, la previsione dei tempi reali di pagamen-to e le previsioni di incasso (per il 50% delleimprese), il trend dei pagamenti (nel 43,4%dei casi) (Tavola 7).

Ma un ruolo fondamentale e anche quello ri-coperto dal DSO, utilizzato dalla quasi totali-ta delle imprese di medie-grandi dimensionied in forte aumento, tanto che il 39,9% delleimprese italiane lo utilizza come KPI del pro-cesso OTC, rispetto al 36,2% del 2012.

Tavola 6 - Revisione delle procedure interne

Fonte: Osservatorio CRIBIS D&B - FORMAT sul credit management

Tavola 7 - KPI utilizzati dalle imprese in ambito OTC

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Analisi di bilancioper indici– indici di liquidita ...................................... 70– indici di redditivita ................................... 70– indici patrimoniali .................................... 70– MOL ........................................................... 70riclassificazione del bilancio ...................... 70

Bilancioprincipi contabili– internazionali ............................................ 7– nazionali .................................................... 7

Creditocommerciale ................................................. 85credit management ...................................... 85insolvenza .................................................... 85

Fallimento e procedure concorsualiconcordato preventivo ................................. 7piani attestati di risanamento .................... 7

Finanziamentidistretti industriali ...................................... 51– progetti innovativi .................................... 61

– sviluppo ..................................................... 61innovazione tecnologica .............................. 44ricerca scientifica e tecnologica ................. 44

Gestioneaudit ............................................................. 32revisione ....................................................... 38

Pianificazione aziendalepianificazione strategica ............................. 77

Redditi d’impresaIRPEF– perdite su crediti ...................................... 18

Reportingsistemi di (-) ................................................. 24

Valutazione d’aziendacreazione del valore .................................... 77

TributiIVA– omesso versamento .................................. 14

Analitico

Indice

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LA STABILE ORGANIZZAZIONE DELLE IMPRESE INDUSTRIALI E COMMERCIALILa stabile organizzazione è un fenomeno di grande interesse ed

attualità principalmente per effetto della ricerca, da parte delle

Amministrazioni finanziarie, di base imponibili “occultate” nelle loro

giurisdizioni.

Ciò richiede un’attenta disamina dei requisiti di configurabilità di una

stabile organizzazione, “materiale” o “personale”, e delle modalità

attraverso cui procedere alla determinazione del reddito attribuibile

ad una stabile organizzazione, tenuto conto sia del quadro normativo

interno sia dei principi sviluppati sul tema dall’OCSE, per i quali si

pone, inoltre, il problema della loro compatibilità con le norme italiane.

Particolari problematiche si pongono, poi, con riferimento alle stabili

organizzazioni estere di imprese residenti e alle operazioni straor-

dinarie, per effetto delle quali possono “nascere” o “morire” stabili

organizzazioni.

La nozione di stabile organizzazione trova, infine, una specifica decli-

nazione e limiti applicativi nell’ambito della legislazione IVA e doga-

nale, in cui le regole seguono canoni autonomi e distinti dalle regole

in materia di imposte dirette. Anche il tema dell’accertamento nei

confronti delle stabili organizzazioni italiane pone delicate questioni.

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