roma - 6 marzo 2016
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ROMA
6 marzo 2016
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a cura di M. Rosaria Fiorelli, 15/03/2016
Cari ragazzi, ci siamo interroga5 sugli even5 dramma5ci di Parigi, sollecita5 dalla par5colarità dei faJ, ma anche dal nostro Ministero. Ogni giorno avvengono, però, vicende dolorose, dramma5che, raccapriccian5 intorno a noi, ma non siamo spin5 a parlarne. Mi sono chiesta il perché…forse ci siamo assuefa&? Ci siamo abitua* ad a1raversare la vita con la consapevolezza della loro presenza inevitabile? Forse ci siamo illusi che tanto gli “altri cui capitano” non siamo noi? Forse ci siamo semplicemente rassegna* al pensiero che non potremo fare molto? O forse abbiamo smesso di dare nome alle cose, derubricando semplicemente a cronaca nera tu1o ciò che ci spaventa e fa sen5re impoten5. Neanche io ho soluzione, ma se è vero che siamo a scuola per crescere, possiamo almeno porci delle domande, perché, poi, non è vero che la loro storia e la nostra sono così distan5: sono giovani come noi, in cerca di un senso; e non è vero che non possiamo fare nulla: possiamo diventare protagonis5 di storie diverse, ciascuno la propria.
la profe Fiorelli
Ai due giovani romani droga, alcol, sesso non bastano più. Vogliono altro. Che cosa, però? Loro stessi non lo sanno. Ecco che si fa avanE un pensiero obbrobrioso e malefico. E i due giovani da drogaE diventano assassini. Come un cencio sporco la vita di un ragazzo viene spazzata via. Così. Senza un perché.
Mauruzio Patriciello -‐ giornalista
Non sta a noi giudicare le persone, ma possiamo e dobbiamo dare nome ai faN e, sopraOuOo,
porci domande, domande per lasciarci interpellare dagli evenE…
la profe
CC
DiverErsi è importante, tuN ne abbiamo bisogno per stare bene! Esiste solo un modo per diverErci? Quale idea abbiamo del diverEmento?
CC Cosa desideriamo nei nostri pensieri? Quali sogni colEviamo?
CC
L’amico di avventura, cerca di incastrare il complice e discolparsi… Come intendiamo la parola amicizia? In rete a chi diamo l’amicizia? E nella vita, quali amici frequenEamo? Che amici siamo?
CC
Non possiamo giudicare la famiglia e come gesEsce il proprio dolore, ma possiamo stare aOenE a dare il giusto nome alle cose.
CC Che sguardo abbiamo sugli altri? Sono solo pedine a nostra disposizione?
CC
Noi “divenAamo ciò di cui ci nutriamo”. Di cosa ci nutriamo? Di violenza? Di abitudini disordinate? Di rispeOo? Di allegria, di bellezza?
CC
Entrambi studenE universitari…lo studio a cosa serve? La cultura, se non ci apre ad una comprensione della realtà, a diventare ciOadini capaci di rispeOo, partecipazione, ciOadinanza aNva, se non cambia, ampliandolo, arricchendolo, il nostro sguardo sulla realtà…che valore ha?
CC
“La cultura è l'arma più potente che si può usare per cambiare il mondo”
Mandela
«E se succedesse a me?». Se cioè un giorno, accadesse alla mia famiglia, di dover fare i conE con la perversione di un membro, con la sua discesa nel girone infernale che questa tragedia ha posto soOo i nostri occhi? Sì, poniamocela questa domanda, non nascondiamola soOo il 'tappeto' di un perbenismo che si alimenta della illusoria certezza che tanto queste cose possono capitare solo agli altri. Perché un giorno, come è successo, ai genitori di Foffo e Prato, si può essere amaramente svegliaE dalla sorpresa che gli altri siamo noi. Quella domanda può, dunque, essere un salutare filo d’Arianna al quale aggrapparsi per uscire non solo dal labirinto di una violenza insensata, ma anche e sopraOuOo dal tunnel di una cultura che esalta solo l’individuo, il suo piacere, i suoi bisogni e i suoi isEnE più bassi e progressivamente ci trasforma in isole. Mimmo Muolo -‐ giornalista
Dunque, in un appartamento di Roma due amici si danno allo sballo con alcol e droga. Due persone, quindi, che non saranno poi in grado di decidere autonomamente. Due incoscienE. Due giovani che nessuno vorrebbe incontrare sulla propria strada. Due uomini che hanno assoluEzzato il piacere. Che lo inseguono. Evidentemente non è la prima volta. Stavolta, però, hanno esagerato. Il diriOo allo sballo. Come se l’ uomo vivesse in una giungla. Come se la gente non fosse unita in un desEno comune. Invece è proprio questo il nodo da sciogliere. La consapevolezza che l’uomo è grande e infinitamente fragile. La certezza che le mie scelte in un modo o in un altro vanno a interferire sulla tua vita. Maurizio Patriciello -‐ giornalista
QuesE due trentenni liberamente decidono di passare le ore come meglio credono. I soldi li hanno. La casa pure. Non sanno però – chissà se qualcuno glielo avrà mai deOo – che il piacere è stato donato agli uomini perché rendesse le loro giornate più sopportabili, meno pesanE. A paOo che non sia cercato per se stesso. Quando accade, infaN, si fa Eranno. Vuole sempre di più. Non si accontenta mai. Il piacere sganciato dalla vita si fa prepotente. Bugiardo. E aumenta conEnuamente il prezzo. Sicché se fino a ieri E promeOeva una forte emozione con un semplice bicchiere, domani di bicchieri te ne chiederà due. Poi tre. QuaOro. E così via. Fino al punto che l’ebbrezza di una volta diventerà solo un ricordo. Mentre tu sei diventato un alcolista. E allora si va avanE a tentoni. Scendendo di gradino in gradino. Fino a smarrire la gioia della vita.
Maurizio Patriciello -‐ giornalista
Non abbiamo risposte di fronte a cerA drammi, non sempre possiamo
decidere i faM della nostra vita, ma possiamo scegliere con che sguardo rileggerli. Questo fa la differenza.
Uno sguardo posiAvo è possibile, sempre…perché nessun uomo è tanto povero, da non possedere
alcuna bellezza!