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ROMA ISTITUZIONI 1 Le istituzioni: le leggi dello Stato • L’evoluzione costituzionale di Roma • Le leggi delle XII Tavole • Il processo nell’antica Roma • Le campagne elettorali 2 Le istituzioni: l’esercito • L’esercito di mestiere • L’esercito nel tardo Impero

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ROMAISTITUZIONI

1 Le istituzioni: le leggi dello Stato• L’evoluzione costituzionale di Roma• Le leggi delle XII Tavole• Il processo nell’antica Roma• Le campagne elettorali

2 Le istituzioni: l’esercito• L’esercito di mestiere• L’esercito nel tardo Impero

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2 ROMA • CIVILTÀ

1 LE ISTITUZIONILe leggi dello Stato

L’evoluzione costituzionaledi Roma

La MonarchiaI primi secoli della storia di Roma furono caratterizza-ti da istituzioni politiche di tipo monarchico. Esse sifondavano essenzialmente su tre organi politici: il re, ilsenato, i comizi curiati.Il re, la cui carica era elettiva e non ereditaria, erasommo sacerdote, giudice supremo e comandantedell’esercito. Egli aveva inoltre il potere di proporre leleggi e di renderle esecutive.La sua autorità era tuttavia limitata e controllata dal se-nato, un’assemblea composta da 300 anziani delle piùimportanti famiglie romane. Al senato spettava la fun-zione di consigliare il re nelle più importanti questioni edi approvare le leggi proposte dal sovrano e dai comizicuriati. Alla morte del re una commissione senatoria eraincaricata di scegliere il candidato alla successione.I comizi curiati, cioè l’assemblea del popolo, eranoorganizzati in 30 curie. Eleggevano il re, in collabora-zione con il senato, decidevano sulla guerra, approva-vano le leggi e rappresentavano l’ultima istanza neigiudizi penali.

La Repubblica aristocraticaPer evitare la concentrazione del potere nelle mani diuna sola persona, fu poi creato l’ordinamento costitu-zionale che sancì il passaggio alla Repubblica.Il senato – i cui membri appartenevano all’aristocra-zia – pur non esercitando in modo specifico il poterelegislativo né quello esecutivo, divenne l’organo piùimportante dello Stato, cosicché alla monarchia si so-stituì una Repubblica aristocratica. Il senato aveva so-prattutto il compito di dare il proprio parere (senatusconsultum), come corpo consultivo, sulle questioniche gli venivano sottoposte dai vari magistrati.Con l’istituzione della Repubblica i comizi curiati per-sero ben presto i loro poteri, che passarono ai comizicenturiati. Questa nuova assemblea popolare, allaquale erano chiamati a partecipare tutti i cittadini ar-ruolati nell’esercito, era costituita però su base censi-taria e in essa avevano un ruolo nettamente prepon-derante i cittadini più ricchi. I comizi centuriati eleg-gevano i magistrati più importanti, fungevano da tri-bunale d’appello, decidevano sulle dichiarazioni diguerra.Un’altra assemblea ancora più ampia era quella dei co-mizi tributi, formata dai cittadini romani senza di-stinzione di ceto, organizzati per tribù. In origine i co-

Affresco raffigurante l’inizio di una seduta del senato romano. I senatori avevano diritto alla tunica, di lana o di lino,trattenuta sotto il petto da una cintura (Palazzo Madama, Roma)

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31 LE ISTITUZIONI • Le leggi dello Stato

mizi tributi erano assemblee della plebe e le loro deli-berazioni avevano valore soltanto per questa catego-ria di cittadini. Dal 287 a.C. vennero invece ricono-sciuti come organi costituzionali a pieno titolo e le lo-ro deliberazioni assunsero valore normativo. Le lorocompetenze consistevano, oltre che nell’approvare leleggi, nel giudicare intorno a determinate questionipenali e nell’elezione di alcuni magistrati.Nel nuovo ordinamento costituzionale un ruolo fonda-mentale avevano i magistrati, attraverso i quali venivaesercitato il potere esecutivo e si provvedeva all’am-ministrazione dello Stato.La magistratura più importante era il consolato: i dueconsoli, rinnovati ogni anno, avevano il comando del-l’esercito e rendevano esecutive le decisioni assuntedalle assemblee.Il potere giudiziario era ordinariamente esercitato daipretori, mentre i censori aggiornavano le liste dei cit-tadini, dividendoli per censo e in base all’appartenenzaalle tribù, sia per fini fiscali che per poter procedere al-la leva militare. Compiti amministrativi e organizzativiavevano i questori. Il sistema repubblicano prevedeva,in casi di estrema emergenza, anche una magistraturastraordinaria, quella deldittatore, che comportava l’as-segnazione di poteri molto vasti a una sola persona perun periodo di tempo limitato a sei mesi.

La Repubblica oligarchicaTra il V e il III secolo a.C. una serie di leggi soppresseprogressivamente la distinzione giuridica fra patrizi eplebei, consentendo l’accesso alle magistrature a tuttii cittadini romani a prescindere dalla loro condizionesociale. Di fatto, tuttavia, il potere politico divenneprerogativa dei ceti più abbienti, sia patrizi che plebei,per cui Roma si trasformò in una Repubblica oligar-chica, retta cioè da una minoranza di cittadini ricchi,anche se il sistema istituzionale garantiva allo Statoun’ampia base di consenso.Un vasto tentativo di riforma venne promosso da Ti-berio e Caio Gracco, con l’intento di ridistribuire conequità il patrimonio fondiario statale, dare maggiorepeso politico al ceto equestre e concedere la cittadi-nanza e i diritti politici agli alleati italici.Il fallimento del progetto dei Gracchi, determinatodalla decisa opposizione dei senatori, avviò Roma ver-so la tragica stagione delle guerre civili. In questa lun-ga fase il senato perse prestigio e autorità, mentre lemagistrature divennero strumento per ambiziose poli-tiche personali.

Il Principato e l’ImperoAlla conclusione delle guerre civili, con Ottaviano Au-gusto le istituzioni romane subirono una radicale tra-

sformazione verso una sorta di monarchia fortementeaccentrata: il Principato. Augusto, assunto il titolo diimperatore, assommò in sé gran parte dei poteri, emar-ginando il senato e le assemblee popolari. I compiti untempo svolti dai magistrati furono assegnati ad apposi-ti funzionari, generalmente devoti all’imperatore.Mentre Augusto attuò la sua vasta opera di riformaistituzionale in un quadro di rispetto formale delleprerogative degli organi repubblicani, i suoi successo-ri accentuarono i caratteri illimitati del potere impe-riale, che sostanzialmente finì per controllare ogniaspetto della vita politica e amministrativa dello Stato.

Le Leggi delle XII Tavole

A Roma in epoca monarchica le leggi erano erano co-nosciute soltanto dai patrizi, che avevano il compito diamministrare la giustizia, mentre ai plebei era preclu-sa la diretta conoscenza delle leggi, delle procedurelegali e delle procedure di governo.Nella Roma repubblicana, invece, emerse l’esigenzadei plebei di conoscere le norme alle quali erano sot-toposti e questo portò, nel 451 a.C., alla nomina di uncollegio di dieci legislatori, detti decemviri (dieci uo-mini), che ebbero l’incarico di raccogliere, organizza-re e trascrivere le leggi penali e civili di Roma. Secon-do quanto riportato dallo storico romano Tito Livio, idecemviri si ispirarono anche alle leggi ateniesi di So-lone e inviarono tre ambasciatori in Grecia perché neprendessero direttamente visione. I lavori si concluse-ro due anni dopo con la formulazione delle Leggi delleXII Tavole che vennero incise su dodici lastre di bron-zo ed esposte nel Foro, affinché tutti potessero cono-scerle. Queste tavole non ci sono pervenute nella loroversione originale perché andarono distrutte duranteil sacco di Roma a opera dei Galli nel 390 a.C., ma lamaggior parte delle norme giuridiche in esse contenu-te ci è stata tramandata da autori di epoca più tarda,come Cicerone. Con tali leggi si passò dalla pratica pri-mitiva della vendetta individuale alla giustizia ammini-strata dallo Stato; il passaggio dalla forma orale a quel-la scritta, inoltre, fu un modo per restringere l’arbitrioe le prepotenze dei patrizi e tutelare i diritti delle clas-si inferiori.Le Leggi delle XII Tavole, comunque, riflettevano an-cora i principi della tradizione romana più antica: era-no particolarmente severe verso coloro che attentava-no alla proprietà (per esempio, riconoscevano a unapersona che era stata derubata il diritto di uccidere illadro), prevedevano la schiavitù per debiti e sanciva-no il potere assoluto del pater familias (cioè del ca-

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4 ROMA • CIVILTÀ

pofamiglia), che aveva il diritto di vita e di morte sullamoglie, sui figli e le loro mogli, sui clienti e gli schiavi.La donna restava priva di capacità giuridica e, in casodi matrimonio, passava dalla potestà del padre a quel-la del marito, o del padre di questi.I patrizi, inoltre, riuscirono a confermare molti dei lo-ro privilegi, come il divieto di matrimonio misto (trapatrizi e plebei) o il divieto per la plebe di accedere alconsolato. Molte di questi provvedimenti, però, ven-nero attenuati o concellati da leggi introdotte succes-sivamente, come la legge Canuleia del 445 a.C., che ri-conobbe il diritto di matrimonio tra patrizi e plebei, ole leggi Licinie-Sestie del 367 a.C. che permisero l’ac-cesso dei plebei al consolato.

Il processo nell’antica Roma

L’iter giudiziarioLa prima fase del processo prevedeva l’esposizionedei fatti da parte dei contendenti, dopo di che il magi-strato decretava il rinvio degli atti al giudice da lui de-

legato. Il giudice analizzava in ogni suo aspetto la cau-sa ed emetteva la sentenza, una sorta di parere sul-l’accaduto. Era consentito che i giudici si facessero as-sistere da consulenti ed era anche previsto che, al po-sto dell’accusato, si potesse presentare un suo sosti-tuto.

La sentenzaIn epoca arcaica, l’esecuzione della sentenza era affi-data alla parte vincente e comportava varie procedure,tra cui, per esempio, lamanus iniectio, cioè la vera epropria riduzione del condannato in potere del vincito-re della causa. Ben presto però ci si rese conto delladebolezza giuridica di tale sistema di giudizio: si deciseallora di introdurre la «punizione» del lavoro, che laparte vincente poteva imporre al colpevole per ripara-zione del danno subìto. In seguito fu anche previstouna sorta di «processo di appello» a favore dell’impu-tato; se però anche nella seconda causa risultava col-pevole, veniva condannato al doppio della pena. Nellafase esecutiva del processo, come misura di coercizio-ne, era prevista anche la prigione. Dopo il 120 a.C. lesanzioni inflitte ai condannati per i reati minori furonoesclusivamente pecuniarie.

Rilievo raffigurante alcuni scrivani addetti alla trascrizione di atti giudiziari.

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51 LE ISTITUZIONI • Le leggi dello Stato

Le leggiL’attività delmagistrato si esercitava nella discussione enell’interpretazione della normativa di legge, stabilitada lui stesso o dal pretore. Ogni anno, infatti, all’iniziodel suo incarico, il pretore emanava un editto in cui fis-sava le norme giuridiche valide, potendo introdurremodifiche o varianti alle leggi che riteneva incompleteoppure errate. Non esisteva comunque imparzialità digiudizio, poiché le grandi scuole giuridiche, pur avendocome base alcuni testi fondamentali, procedevano a in-terpretazioni diverse delle leggi. Da un sistema di giudi-zio rigido, in cui la pena era immutabile, si passò poi auna fase in cui maggior spazio veniva assegnato al di-battito e alla discussione in tribunale. Infine, si intro-dusse la prova di appello, cioè la possibilità di ricorrere,da parte del condannato, a una seconda udienza.

Le pene inflittePer i cittadini che avevano compiuto reati particolar-mente gravi era prevista la pena di morte; soltanto piùtardi fu introdotta la nozione di intenzionalità, che de-finiva una diversa gravità della colpa. Quando il reatonon era sanzionato con la pena di morte si ricorreva al-la carcerazione o all’esilio: il condannato doveva ab-bandonare la propria città e non risiedere nel territo-rio appartenente al governo romano, perdendo anchetutti i propri beni.

Le campagne elettorali

Nella Roma repubblicana ogni cittadino che aspirava aricoprire una carica pubblica poteva presentare lapropria candidatura a un magistrato, che ne registra-va il nome nell’apposita lista. Il candidato era quindi li-bero di organizzare la campagna elettorale come me-glio credeva, giovandosi anche dell’appoggio dei suoisostenitori.

La propaganda e le modalità di votoIndossata la tunica bianca (candida, da cui il nome dicandidato), svolgeva comizi illustrando il proprio pro-gramma e le proprie idee durante i 27 giorni concessialla propaganda elettorale.Ma i mezzi più persuasivi restavano le promesse, i ban-chetti, le elargizioni di viveri, tanto che lo Stato, perstroncare questo malcostume, emanò una prima leggenel 358 a.C. per impedire ai candidati di recarsi perso-nalmente nelle campagne dai capifamiglia, promet-tendo ricompense e favori in cambio del voto.Nel 150 a.C., proprio per combattere la corruzioneelettorale e il clientelismo, che si erano ormai ampia-

mente diffusi, fu stabilito il voto segreto. L’elettore ri-ceveva una tavoletta cerata, sulla quale segnava il no-me del candidato prescelto prima di deporla in un’ap-posita urna. Finita la votazione, gli scrutatori esegui-vano lo spoglio delle schede; terminato lo spoglio, gliaraldi, per ordine del console che presiedeva alle ope-razioni elettorali, proclamavano gli eletti.

Il «candidato perfetto»Le campagne elettorali, però, continuarono a esserebasate su promesse, lusinghe e minacce, anziché suprogrammi ben definiti, e le qualità necessarie peravere successo erano quelle indicate da Quinto Cice-rone nella lettera – un vero e proprio «Manuale delperfetto candidato» –, scritta verso la fine del 65 a.C.al fratello Marco Tullio, in vista delle elezioni al conso-lato che si sarebbero tenute due anni dopo:

«Le parentele, le relazioni nel quartiere enel vicinato, le clientele, tutto e tutti devonodiventare sostegni per il candidato. Cura leamicizie più vistose, con i nobili e con colo-ro che ricoprono cariche pubbliche; cercadi entrare nelle loro grazie e di dimostrarlopubblicamente con la loro compagnia, pas-seggiando con loro sotto il portico, così daattirare l’attenzione della gente. Stringi re-lazioni con persone influenti, evita diesprimere giudizi precisi in senato o neicomizi, di indicare con chiarezza il tuoprogramma politico lasciando che ognunoimmagini il meglio sul tuo conto, che i pa-trizi ti considerino un deciso conservatore,i banchieri un magistrato amante della pa-ce così necessaria ai loro affari, il popoloun buon democratico».

La votazione nel Foro raffigurata su una moneta romana.

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2 LE ISTITUZIONIL’esercito

L’esercito di mestiere

I motivi della riformaLe guerre contro Cartagine e la Macedonia, l’espan-sione in Asia Minore e, soprattutto, le sanguinoseguerre di pacificazione in Spagna che continuaronopraticamente per tutto il II secolo a.C., comportaronocontinui reclutamenti tra i piccoli proprietari terrieri.Le nuove province richiedevano inoltre presidi per-manenti, tanto che alla fine del secolo l’esercito diguarnigione contava otto legioni, ossia circa 42.000

uomini. Poiché il servizio di guarnigione tendeva a es-sere ancora più lungo del servizio compiuto per unacampagna di guerra – e dato che l’assenza anche di so-li due o tre anni poteva rovinare il piccolo agricoltore– il servizio militare divenne sempre meno popolareproprio tra i membri di quella classe che da sempreaveva formato il nerbo delle legioni. I tempi eranoquindi maturi per una riforma che risolvesse il proble-ma della scarsità di reclute.

Il soldo militareI primi provvedimenti in tal senso furono presi da Ma-rio dopo la conclusione della guerra giugurtina (112-105 a.C.) e prima di combattere contro i Cimbri. Il ge-nerale romano introdusse il servizio volontario di lun-ga durata, aprendo le fila dell’esercito ai nullatenenti,attratti, oltre che dal soldo militare (raddoppiato poida Cesare), anche dalla promessa di un’assegnazionedi terre al momento del congedo.Mario inoltre assegnò una paga regolare alle bande dimercenari che per molto tempo erano state associate aeserciti romani: i frombolieri delle Baleari, i cavalierinumidi, ispanici e galli e altre truppe ausiliarie raccoltenelle province divennero da allora parti permanenti eindispensabili delle forze di spedizione romane.

Unità tattiche da combattimentoe la personalizzazione degli esercitiMario fu considerato anche l’inventore della coorte, lanuova unità tattica da combattimento composta da 360fanti dotati di armamento pesante. Con questa innova-zione la disciplina divenne più rigida che in passato,mentre il livello delle esercitazioni fumantenuto alto ri-correndo a gladiatori e istruttori professionali.Poiché soltanto dal generale potevano venire consi-stenti ricompense in bottino, o l’assegnazione di unlotto di terreno all’epoca del congedo, il risultato im-mediato della riforma fu quello di avviare il progressi-vo distacco dell’esercito dall’obbedienza allo Stato, fa-cendone quasi una proprietà personale del generale.Nulla, ormai, poteva più trattenere un esercito dalmarciare contro la stessa città di Roma, se ciò si fosserivelato opportuno e vantaggioso.

Modellino ricostruttivo di un legionarioromano.

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72 LE ISTITUZIONI • L’esercito

L’esercito nel tardo ImperoQuando la minaccia dei Barbari si fece più pressante epericolosa, il grosso dell’esercito romano fu stanziatolungo i confini, in villaggi o in campi fortificati in aper-ta campagna. Le legioni invece erano acquartieratenelle città in caserme permanenti, mentre le unità mo-bili trovavano alloggio presso famiglie private. Gli attri-ti fra militari e civili erano frequenti, ma non tutti i sol-dati tiranneggiavano coloro che li ospitavano e non tut-ti gli ufficiali erano disposti a passar sopra alle malefat-te dei legionari. In ogni caso, le autorità cittadine face-vano il possibile per non avere truppe alloggiate pres-so i privati e qualche comandante pretendeva compen-si per tenerle lontane. Alcuni generali, infatti, le spo-stavano continuamente non per motivi strategici bensìper esercitare pressioni sulle citta vicine, riuscendocosì a estorcere somme di denaro in cambio della pro-messa di non acquartierarvi i soldati.

L’arruolamento dei BarbariL’arruolamento nelle legioni interessava sempre più lepopolazioni barbariche. I volontari erano in prevalen-za Germani, ma anche altre popolazioni prestavanoservizio nell’esercito romano, come Sarmati, lberi, Ar-meni, Persiani. Le truppe germaniche erano fidate eanimate da spirito combattivo, anche quando si scon-travano con i compatrioti. I Germani infatti non aveva-no sentimento nazionale; le tribù erano costantemen-te in guerra tra loro e perfino i gruppi tribali, come

quelli dei Franchi o degli Alamanni, erano spesso dila-niati da faide che opponevano i vari clan.

Gli ufficiali e i soldatiMolti ufficiali erano nominati direttamente dall’impe-ratore, per sua decisione spontanea che teneva contodelle fatiche e dei pericoli incontrati nel corso del ser-vizio militare, ma alcuni ricevevano la nomina in se-guito a potenti raccomandazioni. Insoddisfatti dellapaga, inoltre, numerosi ufficiali intercettavano e ven-devano una parte di ciò che Roma inviava per i suoiuomini: calzature, uniformi, cibo, armi, cavalli. Peresempio è scritto in un documento:

«Prima che Cereale divenisse comandante,i soldati del reggimento di Balagritae eranoarcieri a cavallo, ma quando egli prese ilcomando i cavalli furono venduti ed essidivennero soltanto arcieri».

I legionari ricevevano vestiario di buona qualità, ricom-pense talvolta in denaro, razioni alimentari abbondan-ti e appannaggi per i familiari. Qualcuno riusciva perfi-no a comprare e mantenere uno schiavo, come atten-dente per sé e per il proprio cavallo. L’efficienza delletruppe variava di luogo in luogo, di epoca in epoca. Ladiserzione delle reclute, comunque, era diffusa. I di-sertori infatti trovavano con facilità rifugio presso i ric-chi latifondisti, i cui amministratori erano sempre incerca di manodopera. Alcuni invece si organizzavanoin bande, terrorizzando villaggi e campagne, vivendo diestorsioni e ruberie.

Scena di battaglia tra legionari romani e barbari, particolare di un sarcofago risalente al II secolo d.C.