s.ackermann (phd) - generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI “PARTHENOPE” Corso di Dottorato di Ricerca in SCIENZE GEODETICHE E TOPOGRAFICHE GENERAZIONE AUTOMATICA DI MODELLI DI EDIFICI CON DATI LASER SCANNING AEREO Tutor Candidato Chiar. Prof. Salvatore Troisi Dr. Sebastiano Ackermann Coordinatore Chiar. Prof. Lorenzo Turturici XXII Ciclo

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI

“PARTHENOPE”

Corso di Dottorato di Ricerca in

SCIENZE GEODETICHE E TOPOGRAFICHE

GENERAZIONE AUTOMATICA DI MODELLI DI EDIFICI CON DATI LASER

SCANNING AEREO Tutor Candidato Chiar. Prof. Salvatore Troisi Dr. Sebastiano Ackermann Coordinatore Chiar. Prof. Lorenzo Turturici

XXII Ciclo

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- INDICE

RIASSUNTO 1

ABSTRACT 2

CAPITOLO 1: MODELLAZIONE 3D DEL TERRITORIO 1.1 INTRODUZIONE 4

1.2 MODELLAZIONE 3D 6

1.3 RILIEVO 6

1.3.1 PROGETTAZIONE DEL RILIEVO 6

1.3.2 TECNICHE DI RILIEVO 8

1.3.2.1 FOTOGRAMMETRIA 8

1.3.2.2 LASER SCANNING 11

1.3.2.3 S.A.R. 14

1.3.2.4 SONAR 15

1.3.2.5 LIDAR BATIMETRICO 16

1.4 ELABORAZIONE DEI DATI 17

1.5 GENERAZIONE MODELLI E ANALISI SPAZIALE 19

CAPITOLO 2: LASER SCANNER 2.1 INTRODUZIONE 22

2.2 PRINCIPIO BASE DI FUNZIONAMENTO 22

2.3 CONFIGURAZIONE DI UN SISTEMA LIDAR TOPOGRAFICO 24

2.3.1 LASER RANGING UNIT 25

2.3.2 OPTO.MECHANIC SCANNING DEVICE 30

2.3.3 IL SISTEMA GPS/INS 34

2.4 METODO DI ALLINEAMENTO STRISCIATE 35

CAPITOLO 3: LIDAR E MODELLAZIONE 3D DI EDIFICI 3.1 INTRODUZIONE 37

3.2 METODO IMPLEMENTATO 38

3.2.1 FLUSSO DI LAVORO 38

3.2.2 APPROCCI TIPICI PER LA SEGMENTAZIONE 38

3.2.2.1 PROBLEMATICHE NELL’USO DEL TIN 40

3.2.3 ANALISI DI PROSSIMITÀ: IDENTIFICAZIONE DI EDIFICI 42

3.2.4 SEGMENTAZIONE 46

I

Page 3: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

II

3.2.4.1 DETERMINAZIONE PRELIMINARE DEI PUNTI SEME 47

3.2.4.2 INDIVIDUAZIONE BASE DELLE FALDE 49

3.2.4.3 RAGGRUPPAMENTO DI FALDE 52

3.2.4.4 RIUTILIZZO DEI PUNTI ESCLUSI 55

3.2.5 ESTRAZIONE LINEE E NODI CARATTERISTICI DEL TETTO 57

3.2.6 FASI PER LA GENERAZIONE DEL MODELLO 61

3.2.6.1 PROFILI ESTERNI ED UTILIZZO DELLE LINEE CARATTERISTICHE 62

3.2.6.2 REGOLARIZZAZIONE TRATTI ESTERNI DELLE FALDE 66

3.2.6.3 INTERSEZIONI E IPOTESI PER LA FALDA 74

3.2.6.4 BUFFER IN QUOTA 75

CAPITOLO 4: LIDAR E MODELLAZIONE 3D DI EDIFICI 4.1 INTRODUZIONE 78

4.2 DATASET GORIZIA 79

4.2.1 ANALISI DI VICINANZA E CLASSIFICAZIONE DEGLI EDIFICI 79

4.2.2 SEGMENTAZIONE 82

4.2.3 ESTRAZIONE LINEE CARATTERISTICHE 86

4.2.4 REGOLARIZZAZIONE PROFILI ESTERNI ED ESTRAZIONE MODELLI 88

4.2.5 BUFFER IN QUOTA E RISULTATI FINALI 90

4.3 DATASET ENSCHEDE (NL) 94

4.3.1 ANALISI DI VICINANZA E CLASSIFICAZIONE DEGLI EDIFICI 95

4.3.2 SEGMENTAZIONE 98

4.3.3 ESTRAZIONE LINEE CARATTERISTICHE 100

4.3.4 REGOLARIZZAZIONE PROFILI ESTERNI ED ESTRAZIONE MODELLI 100

4.3.5 BUFFER IN QUOTA E RISULTATI FINALI 102

4.4 CONSIDERAZIONI FINALI 103

CONCLUSIONI 105

BIBLIOGRAFIA 107

Page 4: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

- RIASSUNTO

Sebbene l’invenzione del laser risale agli inizi degli anni 60, la tecnologia laser scanner, così

come la conosciamo oggi, ha cominciato a diffondersi circa 30 anni più tardi, quando furono

introdotte nuove tecnologie a supporto del laser (come il GPS, i sistemi IMU, e i meccanismi di

scansione) e grazie ai notevoli sviluppi apportati nel settore informatico.

Nel campo del rilievo del territorio il laser è stato inizialmente usato per misure di distanze:

affiancandolo con i teodoliti, rendeva finalmente possibili le operazioni di trilaterazione. Questo

tipo di applicazione ha posto le fondamenta per le moderne total station, strumenti molto precisi

anche per la misurazione angolare oltre che di distanza.

Così come per il campo dei rilievi terrestri, la tecnologia laser è stata introdotta anche su

piattaforme aeree per misurare profili continui di terreno, prima con misurazione di singole

distanze, poi con laser profilatori. Tuttavia queste tipologie di misure erano limitate, poiché le

acquisizioni si riferivano ai singoli profili lungo la linea di volo e dovevano essere affiancate da

tecnologie per la georeferenziazione, tecnologie che all’epoca erano ben distanti, in termini di

precisione, dal poter essere applicate al settore topografico.

Gli sviluppi apportati ai sistemi di scansione ed alla miniaturizzazione dell’hardware, hanno

portato alla creazione dei laser scanner odierni capaci di registrare milioni di punti in pochissimi

secondi, e di consentire la visualizzazione, la gestione e l’editing dei dati rilevati mediante l’uso

di un semplice laptop, già immediatamente dopo la fase di acquisizione. Tuttavia per l’utilizzo su

piattaforme aeree era sempre necessario l’uso di un sistema di georeferenziazione diretta per

collocare spazialmente la nuvola di punti acquisita. Una volta completata la costellazione GPS e

grazie alla disponibilità di strumentazione IMU di elevata precisione, la metodologia del rilievo

laser scanner da aereo cominciò a diffondersi ampiamente nel settore topografico, divenendo

negli ultimi decenni la tecnologia più diffusa dopo l’introduzione della tecnica fotogrammetrica

nel secolo scorso. Inoltre gli sviluppi registrati nel settore della computer vision, computer grafica

e nella fotogrammetria digitale, hanno dato vita a nuovi interessi per l’utilizzo sia di dati laser che

fotogrammetrici. In tal senso, molti sono stati i progetti di ricerca mirati all’estrazione automatica

di informazioni semantiche e geometriche dai dati laser (estrazione di DTM, object detection,

modellazione 3D).

La modellazione 3D di edifici in particolare è considerata di enorme utilità in molti campi:

catasto, turismo virtuale, pianificazione urbana, gestione emergenze per calamità naturali,

progettazioni reti di telecomunicazione, e di recente per i sistemi di navigazione 3D per auto. Le

rappresentazioni 3D inoltre sono molto più intuitive e dettagliate rispetto alle tradizionali mappe

2D: infatti, queste ultime richiedono, per esempio, la necessità di saper interpretare la legenda e le

possibili analisi qualitative/quantitative degli oggetti rappresentati (edifici ad esempio) sono assai

limitate. Le rappresentazioni 3D superano completamente questi problemi poiché esse sono molto

1

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più simili al mondo che ci circonda, e la loro interpretazione è quindi più immediata; inoltre la

memorizzazione in formato digitale dei dati rende possibile l’aggiornamento degli stessi in

maniera veloce e semplice, così come rende possibile la loro fruibilità da parte di tutto il mondo

grazie alla rete internet (un esempio è dato dall’ormai noto GoogleEarth®). Nel presente lavoro è stato sviluppato un software in grado di estrarre modelli 3D di edifici partendo da dati

ALS (Airborne Laser Scanner); l’obiettivo principale del software è stato quello di creare un metodo in

grado di poter estrarre tetti di edifici che si adattasse alle diverse geometrie dei tetti. Data la presenza di

molti centri storici nel nostro paese, l’uso di un database di modelli convenzionali stabiliti a priori non è

stato considerato di utilità; inoltre, la bassa frequenza con la quale si aggiornano le mappe 2D ci ha

scoraggiato dal prenderle in considerazione come dato di supporto per il processo di estrazione degli edifici.

Dopo una breve descrizione sui principi di funzionamento del laser scanner nei primi capitoli, verrà fatto un

excursus sul metodo proposto assieme a dei riferimenti sullo stato dell’arte sulla segmentazione e sulle

tecniche di estrazione automatica delle linee di contorno degli edifici. Saranno quindi presentati i risultati

dell’applicazione del metodo su diversi set di dati relativi a diverse configurazioni urbane e a differenti

risoluzioni.

- ABSTRACT

Even if the laser invention goes back to the beginning of 60s, the laser scanning technology, as we

know it, started diffusing more than 30 years later, when the introduction of supporting

technologies (like GPS, IMU, scanning mechanisms) as well as developments in computer field

were carried out.

In the surveying field, laser was initially used for distance measurements purposes: by supporting

it with theodolites, trilateration operations with laser became possible. This type of application

laid out the fundamentals for the modern total stations, which are also capable to achieve high

precision angular measurements.

As well as for terrestrial purposes, laser technology has been introduced on airborne platforms to

measure continuous profiles of the terrain with laser ranging instruments first and with laser

profiling ones later. However, this kind of measurement was limited as data could be acquired just

along the aircraft fly path and had to be used together with other geo-referencing measurement

technologies, far from being considered precise geo-referencing methods suitable for topographic

mapping purposes.

Developments in terms of new appropriate scanning systems as well as of computers’ hardware

miniaturization allowed the achievement of today’s laser instruments with a built-in scanner

system (so Laser Scanner) able to register million of points in a couple of minutes and to make

possible visualizing graphically and managing the registered data on a common laptop just after

the end of the acquisition process. However, for airborne surveying purposes, a precise direct

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position and orientation system was needed to re-collocate the set of acquired point clouds in a

known coordinate system space. Once the GPS constellation and high precision IMU devices had

been available, the airborne laser scanning surveying methodology began to spread in topographic

mapping field itself, becoming over the last decade the most diffused surveying method after

photogrammetric technique introduction of the last century. Furthermore, improvements reached

in computer vision, computer graphic and digital photogrammetry, have opened new challenges in

both laser and photogrammetry data processing. In this sense, purposes of automatic extraction of

semantic and geometric information (DTM extraction, object recognition, 3D building modeling)

from laser point clouds has been a primary topic in several research projects.

3D building models in particular are considered very useful in a wide range of applications such

as cadastral, virtual tourism, urban planning, emergency management planning,

telecommunication networks, and recently 3D car navigation systems. Moreover, 3D

representations are more intuitive and detailed than the traditional 2D maps: indeed, the latter

require, for example, the legend interpretation and possible qualitative/quantitative analyses of the

represented objects (such as buildings) are limited as well as additional supporting metadata. 3D

representations skip all this issues since they are closer, in terms of similarity, to the surrounding

world as we know it and their interpretation is immediate; furthermore, their storage in digital

form allows to update them faster and easier and to make them world widely accessible thanks to

the web (e.g. Google Earth®).

In the present work, a 3D building models extraction software from ALS (Airborne Laser

Scanner) data has been developed; the main goal was to keep a method of roof detection and

model definition as all-purpose as possible. Since several historical centers are present in our

country, we considered the use of a-priori conventional models database not suitable for our

purposes; furthermore, the wide gap present in 2D maps production discouraged us to make use of

such kind of database as supporting method for building detection process.

After a brief description of the laser scanning working principles in the first chapters, an excursus

of the proposed method will be presented and some mention of the state of art in terms of

segmentation and roof outline definition will be also done. The results reached with different

resolution data and urban configuration will be also show.

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- CAPITOLO 1: MODELLAZIONE 3D DEL TERRITORIO

1.1 INTRODUZIONE Per “modellazione 3d del territorio” si intende fondamentalmente la generazione di modelli

digitali tridimensionali del terreno nonché delle sue sovrastrutture, siano esse antropiche (edifici,

ponti, strade, ecc.) o naturali (vegetazione). Benché tali modelli vengano principalmente realizzati

a scopo cartografico, essi dispongono di un bacino di utenza molto vasto che opera sia per scopi

prettamente tecnici (pianificazioni reti di telecomunicazione, piani di evacuazione, piani

regolatori, abusivismo edilizio, ecc.) in cui precisione e accuratezza del modello sono variabili

imprescindibili, sia per scopi ludici o culturali (videogiochi, turismo virtuale, cinema 3d, ecc.) in

cui si punta più sull’estetica del modello. In tali contesti, la disponibilità di DTM (modelli digitali

del terreno) o di DSM (modelli digitali di superficie), unitamente a database georiferiti nei quali

sono raccolte notevoli informazioni addizionali, consente di effettuare delle analisi spaziali del

territorio più agevolmente e dettagliatamente di quanto non si riesca a fare utilizzando una

rappresentazione bidimensionale tradizionale su supporto cartaceo o digitale vettoriale.

Calcolatori sempre più potenti, di dimensioni ridotte e a costi sempre più contenuti, così come

l’implementazione di software intuitivi (anche gratuiti) che integrano algoritmi specifici per

l’analisi di database geografici, meglio noti come software GIS (Geographical Information

System), hanno reso fruibile l’utilizzo di tali tecniche anche da parte di utenti non necessariamente

esperti del settore; si pensi, ad esempio, quanto semplice sia ottenere le indicazioni stradali per

raggiungere una certa destinazione mediante l’uso di un navigatore satellitare: una query

complessa che interroghi il database stradale presente nello strumento, calcoli le coordinate della

posizione dell’utente tramite il GPS, integri le informazioni sul traffico veicolare ricevute in

tempo reale da sensori disseminati lungo l’intera rete stradale e calcoli infine il percorso più

agevole per l’utente, viene tradotta in un linguaggio semplice ed intuitivo per l’utilizzatore finale.

Se fino ad un decennio fa si disponeva di soluzioni limitate, sia hardware che software, per

generare DTM e le risoluzioni di questi erano mediamente dell’ordine dei 10 metri e più, negli

ultimi anni si è avuto modo di assistere ad un sensibile incremento dei livelli di dettaglio

raggiungibili, il che significa una maggior quantità di dettagli rilevati, grazie all’uso di

strumentazioni sempre più performanti, se non addirittura di nuova concezione (tra cui primeggia

il laser scanner), e di nuovi algoritmi e software per l’elaborazione dei dati. Inoltre, il passaggio

dalle tecniche analogiche a favore di quelle digitali ha permesso di ridurre i tempi di elaborazione

dei dati e, in certi casi, di eliminare taluni processi di lavoro che occorrono tra il rilievo e il

prodotto finale1. L’acquisizione dei dati inerenti il territorio, con dettagli e densità di

campionamento che possono variare a seconda delle esigenze del committente, viene

1 Si pensi ad esempio all’eliminazione della fase di sviluppo della pellicola e della digitalizzazione dei fotogrammi per i rilievi

fotogrammetrici.

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

5

prevalentemente eseguita dall’alto su piattaforme di vario tipo che vanno dal satellite (per

coperture molto vaste) all’aereo, all’elicottero (più usato per i centri abitati), finanche agli

aeromodelli UAV (Unmanned Aerial Vehicle); questi dati, come si vedrà più avanti, sono sempre

più spesso integrati con rilievi eseguiti da terra che contribuiscono ad aumentarne il dettaglio.

Benché la fotogrammetria aerea sia stata per decenni l’unica tecnica utilizzata per tale scopo (le

prime riprese aeree con camere montate su mongolfiera risalgono alla metà dell’800), oggi si

dispone di diversi strumenti alternativi (Fotogrammetria Digitale, Laser Scanner, SAR, Sensori

Multispettrali e Iperspettrali, Sonar per i rilievi batimetrici) e la fotogrammetria stessa ha subito,

con il passaggio al digitale, diversi cambiamenti.

Il laser scanner in particolare, che ha visto il suo vero e proprio esordio negli anni ‘90 a seguito

del completamento della costellazione GPS, è oggi uno strumento di rilievo altamente usato ed

apprezzato in ambito topografico e cartografico, grazie anche ad alcune peculiarità che lo

caratterizzano, quali la possibilità di ottenere direttamente la nuvola di punti 3d e di poter rilevare

punti sul terreno anche in presenza di vegetazione. Tale strumento ha suscitato inoltre grande

interesse da parte di enti di ricerca e aziende che operano nel 3d building modelling o, più in

generale, nel 3d city modelling (rappresentazioni digitali 3d di centri urbani composti da terreno,

edifici ed altre strutture antropiche, oltre che da vegetazione). L’ingente quantità di dati

campionati, in genere nuvole di punti ottenute direttamente dallo strumento (come per il laser

scanner) o indirettamente (estraendoli dalle immagini mediante tecniche di image matching

utilizzate in fotogrammetria digitale), necessita di una modesta attività di post-processing per

poter rendere il modello finale fruibile. A tal proposito, molti gruppi di ricerca del settore hanno

sviluppato algoritmi e software in proprio in grado di individuare e modellare, con metodi

automatici o semiautomatici, elementi specifici del territorio, prevalentemente edifici. Alcuni di

questi algoritmi sono di nuova concezione, altri si basano sull’applicazione di importanti metodi

di calcolo sviluppati in precedenza da esperti in computer science.

Per quanto i metodi approntati per la modellazione automatica di edifici siano molti, si è ancora

lungi dal parlare di vere e proprie metodologie automatiche, ed i software in questione prevedono

quasi sempre dei tools per l’editing manuale; la presenza inoltre di forme complesse in

architettura moderna rende quasi obbligatorio l’intervento manuale dell’operatore in determinate

situazioni. La ricerca su tali problematiche è ancora una sfida aperta ed una possibile direzione da

perseguire, secondo lo scrivente, potrebbe essere un affiancamento delle tecniche di modellazione

attualmente applicate in geomatica a quei settori scientifici impegnati su temi più strettamente

informatici, quali l’intelligenza artificiale e le reti neurali di calcolatori.

In questo capitolo vengono messe a fuoco le tecniche di acquisizione più comunemente usate per

il rilievo del territorio, i flussi di lavoro abitualmente seguiti per il computo dei modelli finali,

nonché una panoramica dei diversi campi di applicazione.

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

6

1.2 MODELLAZIONE 3D

Di tutto ciò che ci circonda in natura, praticamente nulla è esattamente definibile mediante forme

“note”, cioè esprimibile mediante equazioni matematiche, se non stabilendo un certo livello di

astrazione (meglio noto in computer science come Level of Detail - LoD), ovvero decidendo delle

accuratezze entro le quali il modello virtuale si può considerare più o meno simile all’oggetto

reale; la modellazione di un qualsivoglia oggetto necessita quindi di una discretizzazione dello

stesso utilizzando primitive geometriche elementari (punti, segmenti, poligoni, solidi): il punto è

l’elemento geometrico base mediante il quale si possono ottenere tutte le altre forme considerando

i punti e le relazioni topologiche che li legano insieme.

L’accuratezza del modello è un parametro fondamentale al quale si deve far riferimento, specie se

il modello viene richiesto per scopi tecnico-scientifici. Perché il livello di dettaglio del prodotto

finale rispetti le specifiche di accuratezza prefissatesi, molta attenzione va posta alla progettazione

e all’esecuzione del rilievo. Le metodologie di acquisizione, nonché i software di elaborazione

dati e di modellazione oggi esistenti, permettono di ricostruire virtualmente oggetti dalle diverse

dimensioni (una vasta zona di terreno, un edificio, un’autovettura, perfino oggetti molto piccoli

come una moneta [Menna, 2009]) e con forme più o meno complesse.

La scelta della tecnica di rilievo è subordinata ad una preventiva analisi delle caratteristiche

dell’oggetto da rilevare, della sua complessità e, come accennato prima, dei dettagli che si intende

evidenziare: mentre opere di natura antropica, (edifici o particolari meccanici), che seguono forme

abbastanza semplici, si possono modellare con forme geometriche esprimibili matematicamente

(superfici e solidi), opere naturali (ad es. morfologia del territorio) richiedono un rilievo della

superficie mediante campionamento più o meno regolare. Il risultato in tal caso sarà una nuvola di

punti disseminati nello spazio, che costituisce il dato base per le successive elaborazioni.

L’intero flusso di lavoro richiesto per ottenere il modello 3d si può sostanzialmente riassumere in

tre fasi:

1. Rilievo;

2. Elaborazione dei dati (editing e filtraggio);

3. Generazione del modello e analisi spaziale.

Ognuna di queste fasi ha la sua importanza e verrà di seguito analizzata.

1.3 RILIEVO

1.3.1 PROGETTAZIONE DEL RILIEVO

Nell’intero processo di modellazione, la fase del rilievo è di fatto la parte più importante ma

anche quella più dispendiosa in termini economici. Nel progettare un rilievo si devono tener

conto le linee guida del committente che vengono riportate nel capitolato d’appalto (che deve

essere comunque redatto da specialisti del settore onde evitare di riportare specifiche

inarrivabili) e che riguardano le caratteristiche del prodotto finale, l’entità del rilievo, tempi e

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

7

metodi di esecuzione, costi, strumentazioni da utilizzare e accuratezze: per questo è importante

che tra il committente che richiede il prodotto finale (che potrebbe non conoscere

perfettamente le operazioni, le strumentazioni e le risorse umane necessarie per ottenerlo) e la

ditta che esegue i lavori (che invece si presume abbia tutte le conoscenze necessarie e sia

dotata delle attrezzature opportune) ci sia sempre un dialogo adeguato al fine di ottenere un

prodotto che sia realmente utile agli scopi preposti, sia in fase di progettazione che in fase

esecutiva dei lavori. Oggi tuttavia, non si è in possesso nel nostro paese di linee guida ben

precise che servano a formulare capitolati formalmente corretti, e questo crea non pochi

problemi di tipo tecnico-legali.

La scelta della tecnica di rilievo da utilizzare, così come le accuratezze richieste, è legata al

tipo di utilizzo del modello: per scopi ludici o puramente pubblicitari, i modelli virtuali non

necessitano accuratezze e risoluzioni elevate (la spesa non sarebbe nemmeno giustificata), ed

eventuali piccoli errori non comporterebbero danni a coloro che ne faranno uso; il discorso

cambia quando un modello digitale viene richiesto come base per successive analisi spaziali di

precisione: in questo caso un mancato raggiungimento delle accuratezze richieste o la presenza

di errori non trascurabili potrebbe comportare errori susseguenti in quei calcoli che si basano

sul modello prodotto, con conseguenti ed inevitabili aumenti della spesa complessiva. Se ad

esempio venisse richiesto un DTM, magari per individuare un profilo a minor variazione di

pendenza per costruire una funicolare, l’errata valutazione delle pendenze, dovute ad un

modello non accurato, potrebbe influenzare direttamente l’impostazione delle carrozze, o della

capacità di carico della fune e dei motori, quindi influenzerebbe variabili che in simili impianti

sono particolarmente correlate all’andamento della pendenza.

Perché si possano soddisfare tutti questi requisiti, è di estrema importanza progettare un piano

di volo in modo da eseguire una copertura completa della zona da rilevare, nel minor tempo

possibile, e chiaramente con un giusto rapporto costo-beneficio. Per poter progettare

correttamente il volo si devono necessariamente conoscere, oltre alle specifiche del

committente, i parametri del sensore che si intende utilizzare (principalmente il FOV (Field Of

View) dello strumento) ed una previsione della copertura satellitare per trovarsi in condizioni

di segnale e GDOP favorevoli.

Le tecniche oggi disponibili per acquisire dati territoriali sono diverse: la fotogrammetria

digitale e il laser scanner sono sicuramente quelle più applicate per quanto concerne il rilievo

del territorio, utilizzate prevalentemente su aerei o elicotteri, e ad esse si affiancano altre

tecniche quali il SAR (Synthetic Aperture Radar), il Sonar, il Lidar batimetrico.

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

8

1.3.2 TECNICHE DI RILIEVO

1.3.2.1 FOTOGRAMMETRIA

Questa tecnica, la più antica in telerilevamento, nata a seguito dell’invenzione della

fotografia e cresciuta parallelamente ad essa, consente di estrarre informazioni metriche e

semantiche di un oggetto mediante due o più immagini che lo ritraggono catturate da

posizioni differenti. Il principio è del tutto assimilabile alla capacità dell’uomo di percepire

la profondità degli oggetti grazie alla presenza dei due occhi: osservando un oggetto, gli

occhi percepiscono le radiazioni elettromagnetiche da esso provenienti2 e si vanno a

formare due immagini a livello delle retine che vengono poi elaborate dal cervello; a

seconda delle zone delle due retine in cui l’oggetto si proietta, si riesce a percepire

mediamente a che distanza esso si trova dal punto in cui si osserva. In fotogrammetria un

generico punto osservato si proietta su due o più immagini che lo ritraggono, in posizioni

differenti su ognuna delle immagini a seconda dello schema di presa. Per determinare il

sistema di riferimento delle coordinate immagini, nelle fotocamere analogiche metriche è

presente un frame metallico interposto tra l’ottica della camera e la pellicola, in modo che

esso rimanga impresso su ogni fotogramma; su questo frame sono segnate le cosiddette

marche fiduciali, mediante le quali si “materializza” il sistema di riferimento (vedi Figura

1.1).

Figura 1.1 - Disposizione marche fiduciali e sistema di riferimento coordinate immagine nelle camere metriche

2 L’oggetto può emettere radiazioni elettromagnetiche proprie oppure assorbire alcune delle frequenze delle radiazioni ricevute da

una fonte di luce e riflettere le restanti.

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

9

Nelle fotocamere digitali invece, il sistema di riferimento è individuato mediante la matrice

dei pixel che formano l’immagine, in cui la coordinata del punto è determinata dal numero

di riga i e di colonna j del pixel che individua il punto, partendo dal vertice in alto a sinistra

dell’immagine (vedi Figura 1.2). Tuttavia nei software fotogrammetrici si predilige

un’omogeneità delle unità di misura, quindi si preferisce il sistema di riferimento x,y

posizionato al centro della matrice dei pixel (vedi Figura 1.2).

Mediante opportune relazioni geometriche (meglio note come equazioni di collinearità) che

legano le coordinate immagine x,y dell’oggetto con le sue coordinate X,Y,Z nel sistema di

riferimento oggetto, è possibile risalire alla posizione e alla forma dell’oggetto rilevato.

Figura 1.2 - Sistema di riferimento delle coordinate immagine per le camere digitali

Grazie al processo di digitalizzazione che ha investito la fotogrammetria (che ha introdotto

importanti novità tanto per l’hardware quanto per il software), l’utilizzo di questa tecnica di

rilievo non è più legata all’impiego di camere metriche3 o di sistemi bicamere: per i rilievi

fotogrammetrici terrestri in particolar modo le camere amatoriali, sia compatte che

professionali (reflex), sono ormai ampiamente utilizzate; per quelli aerei, queste camere

possono essere montate a bordo di aeromodelli (unitamente a sistemi di navigazione

GPS/INS di dimensioni e peso ridotti) per rilevare aree di interesse di estensione

abbastanza ridotta (tali cioè da non giustificare l’uso di un aereo) come un sito

archeologico, e comunque a quote relativamente basse. Così come nella fase di rilievo,

anche nelle fasi di elaborazione dei dati la digitalizzazione ha apportato sostanziali

modifiche abolendo i vecchi restitutori analogici e analitici, sostituiti così dalle più

moderne workstation fotogrammetriche e da relativi software dedicati.

La fotogrammetria è un sistema di rilievo cosiddetto passivo, cioè vengono solo

immagazzinate le radiazioni elettromagnetiche riflesse dall’oggetto senza che il sensore ne

3 Nella fotogrammetria classica analogica, le camere metriche erano una costante, tanto per rilievi aerei quanto per rilievi di tipo

close range.

Page 13: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

10

emetta delle proprie. Per questa ragione, i rilievi fotogrammetrici aerei sono molto vincolati

alle condizioni di illuminazione e alle condizioni meteo per la presenza di nuvole; si

preferisce quindi volare nei periodi che vanno da metà primavera a metà autunno e sempre

in ore diurne.

Il livello di dettaglio raggiungibile con la fotogrammetria è legato alla Scala media del

fotogramma 1: m , che a sua volta è funzione della focale dell’ottica (o meglio la distanza

principale) e della distanza del centro di proiezione della camera dall’oggetto, secondo la

formula:

h Xmc x

= = (1.1)

dove: - c = distanza principale;

- h = distanza del centro di proiezione della camera;

- X = generica misura di lunghezza al vero;

- x = generica misura di lunghezza misurata sul fotogramma;

Di conseguenza possiamo dire che l’incertezza nella misura sull’immagine dx comporta

un’incertezza in quella sull’oggetto pari a dX secondo il fattore di scala m (in Figura 1.3 il

fattore di scala sarà diverso per le distanze 1h ed 2h e di conseguenza si avranno diverse

incertezze nella misura sull’oggetto, pari a 1dX e 2dX ).

Figura 1.3 - Incertezza della misura nello spazio immagine e di quella nello spazio oggetto

La fotogrammetria, grazie all’evoluzione digitale, è oggi utilizzata non solo in campo

cartografico, ma anche in altri settori in cui è richiesta una precisione spinta, come per la

reverse engineering. Il trend di sviluppo di questa tecnica ha dato vita ad una sua nuova

evoluzione, chiamata videogrammetria, in cui le camere vengono sostituite con

videocamere e l’analisi viene effettuata su filmati sincronizzati di più camere, per poter

analizzare metricamente fenomeni dinamici.

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

11

1.3.2.2 LASER SCANNING

Rispetto alla fotogrammetria, il laser scanning è una tecnica molto più recente introdotta

verso la fine degli anni ‘90 successivamente al completamento della costellazione GPS ed

alla disponibilità del suo segnale per l’utenza civile. Il GPS, infatti, unitamente ad

apparecchiature IMU (Inertial Measurement Unit), è indispensabile per poter georiferire i

dati ottenuti da rilievi laser eseguiti su piattaforme mobili.

Il principio di funzionamento si basa sulla capacità dello strumento di misurare angoli e

distanze in maniera del tutto simile ad una total station, con la sola differenza che un laser

scanner può ripetere queste misure migliaia di volte al secondo, ognuna delle quali in una

diversa direzione. Benché dal punto di vista ingegneristico si tratti di uno strumento

abbastanza complesso, le interfacce grafiche dei software di gestione, in particolar modo

per gli scanner terrestri, rendono il suo uso semplice ed intuitivo per l’operatore, e la

scansione di un’area selezionata viene eseguita praticamente in maniera automatica: il

risultato è una nuvola di punti nello spazio.

Ultimamente si sta verificando un fenomeno inverso: reduci dagli sviluppi dei laser

scanner, le ditte costruttrici di total stations, che di per se sono già dotate di encoder per la

misura angolare e di un distanziometro laser, stanno applicando alle stesse sistemi di

movimento motorizzati, così da poter fungere anche da laser scanner, seppure con capacità

funzionali ridotte, a prezzi contenuti rispetto ai laser scanner veri e propri.

Figura 1.4 - Schema di funzionamento di un Airborne Laser Scanner

Le categorie di laser scanner oggi in uso sono sostanzialmente due: i laser scanner per uso

aereo, denominati ALS (Airborne Laser Scanner) e per uso terrestre denominati TLS

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

12

(Terrestrial Laser Scanner); da qualche anno circa, un terzo tipo di laser scanner è stato

aggiunto alle due categorie sopracitate, denominato MLS (Mobile Laser Scanner)4: la

composizione di quest’ultimo sistema consta di laser profilers (di norma due o più)

interfacciati ad un sistema di navigazione GPS/IMU e ad un odometro collegato ad una o

due ruote del veicolo su cui viene montato. In questo caso i laser non sono dei veri e propri

scanner, poiché si tratta di profiler ma, dato che l’acquisizione dati avviene con il veicolo in

marcia, non è errato parlare di “scansione”, da cui la sigla MLS.

Per la maggior parte di questi scanner, fatta eccezione per alcuni scanner della classe TLS,

il principio di funzionamento del laser è detto a “tempo di volo” (TOF - Time Of Flight),

vale a dire che viene misurato il tempo 1 0Lt t t= − trascorso tra il generico impulso emesso

dallo strumento all’istante 0t e l’istante 1t in cui l’impulso viene ricevuto dal fotodiodo che

ne misura anche l’intensità di risposta (vedi Figura 1.5); alcuni scanner usati per misure

ravvicinate (solitamente fino ad un massimo di 100 metri) utilizzano invece il metodo del

confronto di fase.

Figura 1.5 - Diagramma rappresentante i due impulsi (uno inviato e uno ricevuto)

utilizzati per il calcolo del tempo di volo [Shan and Toth, 2009].

L’accuratezza di questi strumenti è legata sia alla risoluzione angolare (ed alla precisione

nella misura dell’angolo) sia alla precisione nella misura della distanza, che dipende dalla

precisione dell’orologio interno e dalla distanza dell’oggetto che si vuole rilevare: questa

accuratezza varia da qualche millimetro per laser scanner terrestri fino ad arrivare a qualche

centimetro per quelli aerei. Il problema più sentito è quello della precisione nella misura

della distanza: quanto più lo strumento è lontano dall’oggetto del rilievo, tanto più grande

sarà lo strato di atmosfera attraversato dal raggio laser, strato che comporta errori nella

4 Benché il Mobile Laser Scanner si differenzi dal Terrestrial Laser Scanner sostanzialmente per la sua modalità di impiego (il

primo viene adoperato in modalità statica facendo stazione su un punto mentre l’altro si utilizza montato su una piattaforma mobile), si tratta pur sempre un laser per uso terrestre; ciò premesso, lo scrivente propone una ridefinizione delle categorie dei laser terrestri in maniera differente, ovvero mantenere sempre due categorie principali, ALS e TLS, e suddividere quest’ultima in due sottocategorie: STLS (Static Terrestrial Laser Scanner) e MTLS (Mobile Terrestrial Laser Scanner).

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

13

misura della distanza; per i laser montati su piattaforme mobili (ASL e MLS) si deve inoltre

considerare l’ulteriore decadimento della precisione sui dati dovuta a quella del sistema di

navigazione (GPS/IMU), più risentito per i MLS dal momento che, operando su strada, il

GPS risente di disturbi multipath o di oscuramenti di satelliti a causa della presenza di

canyon urbani (edifici, vegetazione, tunnel, ecc.)

Nonostante questi problemi, il laser scanner mobile sta riscuotendo apprezzamenti dagli

addetti ai lavori, grazie al vantaggio che ci si può svincolare dalla necessità di dover fare

stazione in più punti e di dover eseguire un rilievo topografico di appoggio per poter

georiferire le scansioni: per certe applicazioni, come ad esempio la modellazione di facciate

di edifici, questo sistema risulta essere molto più comodo e rapido rispetto al laser scanner

terrestre. La combinazione di laser scanner aereo e terrestre (sia MLS che TLS) sta man

mano diventando d’uso comune per il 3d city modelling [Böhm and Haala, 2005], poiché

entrambi si compensano l’un l’altro consentendo di ottenere modelli di edifici completi e

con un buon grado di dettaglio.

Se il principale vantaggio dei laser scanner è quello di poter avere in breve tempo una

nuvola di punti 3d e di poter eseguire rilievi in qualunque condizione di luce (il laser è

infatti un sensore attivo), di contro ci sono i costi più elevati per questo tipo di strumenti

rispetto alla fotogrammetria, nonché la mancanza di informazioni semantiche: non a caso,

sempre più strumenti laser vengono forniti dalle case costruttrici con una videocamera

integrata preventivamente calibrata.

Figura 1.6 - Alcuni dei sistemi di scansione sopra discussi:

a) ALS: Optech 1233 ALTM; b) MLS: Optech LINX; c) TLS: Leica ScanStation 2.

a

b

c

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

14

1.3.2.3 S.A.R.

Il SAR (Synthetic Aperture Radar) è un tipo di radar (operante nella banda delle microonde

dello spettro elettromagnetico) mediante il quale è possibile ottenere immagini ad alta

risoluzione. Nel radar convenzionale, un’antenna direzionale montata su una piattaforma

mobile (un aereo o un veicolo spaziale ad esempio) emette degli impulsi che vengono poi

riflessi (backstattered) in diverse direzioni dagli oggetti colpiti e se ne misurano le distanze

misurando i tempi 0i it t tΔ = − trascorsi tra l’impulso emesso e le eco ricevute dai target

colpiti, nota la velocità della luce c (vedi Figura 1.7). Poiché a differenza del lidar non si

tratta di un fascio di radiazioni stretto, l’antenna va posizionata inclinata di un certo angolo

(detto angolo di visuale) rispetto alla direzione nadirale. Come si vede in Figura 1.7 si ha

così una serie di risposte di diverse intensità del segnale in diversi istanti per i vari oggetti

colpiti dall’impulso emesso.

Per poter trasformare i segnali ricevuti in immagini, le osservazioni richiedono significative

fasi di processamento: nelle immagini ottenute si può notare una relazione tra le variazioni

di colore e l’orografia del territorio. I calcolatori di cui oggi si dispone consentono di

eseguire questi processi anche in real-time a bordo del velivolo.

Figura 1.7 - Esempio di risposta di un radar aerotrasportato [Mikhail, et al., 2001].

Il SAR consente di eseguire misure tridimensionali per modellazione del territorio

(landscape modelling) e quindi estrazioni di DTM, applicando tecniche di interferometria.

Essendo il radar in generale un sensore attivo, non risente delle condizioni di luce, e riesce

facilmente a penetrare formazioni nuvolose. Di particolare rilievo è stata la missione

spaziale della NASA effettuata nel 2000 denominata SRTM (Shuttle Radar Topography

Mission) che ha registrato, in un volo orbitale di undici giorni di una navicella spaziale

(vedi Figura 1.8), un DTM dell’intero globo utilizzando la tecnica SAR.

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

15

Figura 1.8 - Visione generale del sistema SRTM (a sinistra e al centro)

ed un DTM estratto mediante SAR (a destra)

1.3.2.4 SONAR

Il sonar è uno strumento di rilievo ormai in uso da decenni, che sfrutta la propagazione del

suono per rilevare distanze. È uno strumento sostanzialmente usato per rilevare distanze in

acqua (dato che l’acqua è molto più densa dell’aria e quindi il suono si propaga più

facilmente) ed è da sempre lo strumento più utilizzato per i rilievi dei fondali marini. I

rilievi così eseguiti, che devono ovviamente essere georiferiti affiancando strumenti

navigazionali (GPS/IMU) vengono utilizzati per redigere carte nautiche con batimetrie

dettagliate (il dettaglio aumenta nelle zone di bassa profondità, necessario per la sicurezza

del traffico marittimo).

Figura 1.9 - Modello batimetrico 3D con sonar multibeam

Un sonar è generalmente costituito da un emettitore e da un trasduttore che riceve il segnale

acustico emesso; la conoscenza della velocità di propagazione del suono in acqua (funzione

della temperatura, della densità e della salinità) e del tempo trascorso tra impulso emesso e

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

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ricevuto, consente di misurare quindi la profondità in quella data posizione. Mediante

apparecchiature con più emettitori e traduttori (si parla in questo caso di sonar multibeam) è

possibile non solo estrarre modelli del fondale marino molto dettagliati, ma vengono

largamente usate anche per identificare relitti, condotte sottomarine, ecc., con precisioni

dell’ordine anche del centimetro.

1.3.2.5 LIDAR BATIMETRICO

Oltre al sonar, di recente è stata introdotta un’altra tecnica per il rilievo batimetrico: il lidar

batimetrico. Questo strumento è del tutto simile al laser scanner trattato nel paragrafo

1.3.2.2, tuttavia differisce da quest’ultimo per l’utilizzo di due frequenze dello spettro

elettromagnetico anziché una, e per una durata dell’impulso circa 25 volte maggiore

( 250 ns contro i 10 ns del lidar monofrequenza). Se il laser scanner per rilievi di territorio

“emerso” opera nella banda dell’infrarosso ( 1064 )nmλ ≅ , il laser scanner batimetrico

opera anche nella banda del visibile, precisamente nel verde ( 532 )nmλ ≅ . Se, infatti, il

fascio nella banda dell’infrarosso viene riflesso quando colpisce il pelo dell’acqua, quello

nella banda del verde riesce a penetrare l’acqua e a raggiungere il fondale (se le condizioni

di trasparenza dell’acqua sono buone): questo permette di calcolare la profondità

calcolando la differenza di tempo tra le risposte dei due impulsi, con precisioni che vanno

dai 2-3 cm in orizzontale ai 25 cm circa in quota.

Si tratta tuttavia di uno strumento che può operare solo in determinate condizioni

dell’acqua in quanto un’eccessiva torbidità influenzerebbe negativamente la risposta del

laser restituendo di conseguenza valori di profondità inferiori a quelli effettivi addirittura

non restituendo alcuna profondità. L’utilizzo di questo strumento, che comunque non è in

grado di misurare profondità oltre i 50 metri circa, è indicato per i rilievi in prossimità di

coste o di zone dove il rilievo con una nave idrografica potrebbe presentare difficoltà (come

ad esempio in acque basse e in zone con forti escursioni di marea).

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

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Figura 1.10 - Principio di funzionamento del lidar batimetrico

1.4 ELABORAZIONE DEI DATI

Completato il rilievo, è necessario eseguire alcune operazioni sui dati prima che questi possano

considerarsi fruibili: si eseguono controlli sulla qualità del dato, sull’integrità degli stessi, si

“assemblano” i dati registrati dai diversi sensori (sensori di telerilevamento (radar, lidar, camere

fotogrammetriche, ecc.), GPS, IMU).

Nella fotogrammetria classica, nella quale venivano applicate le camere analogiche a pellicola,

una parte complessa del post-processing nell’intero flusso di operazioni necessarie ad ottenere una

carta topografica era l’orientamento esterno dei fotogrammi. Questo era possibile mediante l’uso

di punti doppi, che in fotogrammetria vengono definiti GCP (Ground Control Points), ovvero di

punti a terra (o più in generale sull’oggetto da rilevare, volendo includere anche la fotogrammetria

close range), ben visibili nei fotogrammi, note le coordinate dei quali si calcolavano i sei

parametri di orientamento esterno della camera al momento dello scatto (tre per la posizione e tre

per l’assetto) e quindi si proseguiva con la creazione dei modelli (fotogrammetrici) e la successiva

fase di restituzione. Le coordinate X,Y,Z dei punti nello spazio oggetto venivano calcolate

mediante misure topografiche, un’operazione quest’ultima alquanto onerosa, sia in termini di

tempo che economici.

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

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Lo sviluppo e l’applicazione di sensori navigazionali per la georeferenziazione diretta dei dati

rilevati è stato avviato già da alcuni decenni: scopo dell’utilizzo di questi sensori era la possibilità

di calcolare i parametri di orientamento esterno in maniera autonoma e conseguentemente di

eliminare, o quantomeno ridurre sensibilmente, la necessità di dover disporre di una rete densa di

GCP. La scarsa accuratezza dimostrata da questi sensori primordiali ha dapprima limitato il loro

utilizzo soltanto come strumenti ausiliari per ridurre i GCP da usare, fino ad un loro totale

abbandono.

Questa situazione è stata totalmente sovvertita una volta resosi disponibile il GPS che, accoppiato

alle camere fotogrammetriche per ottenere direttamente le coordinate del centro di presa nel

sistema di riferimento oggetto, renderebbe possibile un processo di georeferenziazione

completamente automatico; sebbene per ottenere il modello fotogrammetrico si potrebbe

teoricamente fare a meno di rilevare i GCP, perché di fatto vengono soddisfatte tutte le equazioni

coinvolte nel calcolo del modello, nella pratica la disponibilità di qualche GCP è sempre

necessaria per migliorarne la precisione, ma con tempi e costi senz’altro più ridotti che in passato.

È bene tener presente però che l’utilizzo del GPS da solo è valido soltanto per sensori di tipo

frame; il discorso infatti cambia radicalmente per sensori di diverso tipo, quali il lidar, il SAR o

camere fotogrammetriche a sensori lineari (del tipo pushbroom) per i quali il GPS da solo non è

più sufficiente. Per georeferenziare i dati rilevati con un laser scanner, ad esempio, è necessario

conoscere posizione e assetto per ogni istante in cui il laser misura la distanza: tenendo conto che

un ALS odierno è in grado di misurare punti con una frequenza che supera i 150 kHz (150˙000

punti al secondo), saranno necessari sei parametri di orientamento del sistema di riferimento laser

rispetto al sistema oggetto per ognuno dei punti misurati. Soltanto la recente introduzione di

sistemi integrati GPS/INS ad elevata precisione ha reso possibile lo sviluppo del laser scanner su

vasta scala, strumento che oggi primeggia insieme alla fotogrammetria.

Una delle operazioni fondamentali da eseguire in questa fase è la sincronizzazione dei dati

raccolti dai vari sensori utilizzati nel rilievo. Poiché come è noto il GPS in modalità assoluta

fornirebbe precisioni del tutto inaccettabili per questo tipo di applicazioni, è necessario sempre

operare in modalità DGPS correggendo i dati in fase di post-processing. Questo è possibile

utilizzando una o più stazioni GPS di riferimento a terra che registri dati durante il rilievo o, se

disponibili, utilizzando i dati di un’eventuale rete GPS presente nella zona rilevata.

Va inoltre considerato che i sensori di bordo non acquisiscono tutti con la medesima frequenza,

ragion per cui posizione e assetto per alcuni punti vanno calcolati per interpolazione: se i laser

scanner, ad esempio, hanno delle frequenze di campionamento abbastanza elevate, lo stesso non si

può dire per il GPS (in genere si acquisisce a pochi Hertz non superando comunque i 50 Hz ) e

per il sistema inerziale (frequenze intorno ai 250 Hz ).

Nonostante le elevate precisioni di cui oggi si dispone, nei rilievi laser ci si trova spesso in

condizioni in cui le zone di sovrapposizione delle diverse “strisciate” non coincidano come

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

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idealmente dovrebbero: questi particolari di mancata sovrapposizione si possono notare bene in

zone dove sono presenti oggetti dalle forme regolari (ad esempio tetti).

Figura 1.11a - Profili di tre strisciate sul medesimo tetto

di un edificio [Habib, et al., 2008]

Figura 1.11b - Profili della Figura 1.11a dopo aver

applicato un algoritmo di Surface Matching [Habib, et

al., 2008]

La Figura 1.11a mostra un esempio di un profilo di un tetto rilevato lungo tre strisciate laser

successive: si può notare come, pur trattandosi dello stesso oggetto, i profili non coincidano

perfettamente. Per questo genere di problema sono stati sviluppati negli anni algoritmi di Surface

Matching sia per un controllo di qualità cosiddetto “interno”, cioè eseguendo operazioni di

rototraslazione a sette parametri tra le strisciate, sia per uno di tipo “esterno”, cioè considerando

nelle equazioni di rototraslazione anche dimensioni di oggetti ripresi durante il rilievo (spesso

sono target appositamente calibrati) misurati topograficamente, per posizionare e scalare

correttamente l’intera nuvola dei punti: un risultato a posteriori di queste operazioni è visibile in

Figura 1.11b.

1.5 GENERAZIONE MODELLI E ANALISI SPAZIALE

Nel paragrafo 1.2 è stato accennato il concetto di livello di astrazione, cioè una soglia di

tolleranza, o meglio di accuratezza, entro la quale un modello virtuale si considera più o meno

simile all’oggetto che esso rappresenta. Questo concetto si può paragonare con quello che in

cartografia è chiamato “scala della carta”, un parametro che oltre a determinare direttamente il

rapporto di riduzione tra lunghezze grafiche e lunghezze al vero, stabilisce indirettamente i limiti

circa le quantità di informazioni tracciabili sulla carta: su di un supporto cartaceo, infatti,

l’inserimento di eccessive informazioni ne ridurrebbe certamente la semplicità di lettura. Per

quanto questo concetto possa sembrare obsoleto nell’era del computer e dei software CAD e GIS,

esso è in realtà ancora attualissimo per stabilire, almeno per ciò che concerne il settore della

geoinformatica, il modus operandi da perseguire in fase di progetto, che si ripercuoterà poi

proprio sul livello di astrazione del modello finale.

Le modalità operative per la generazione di modelli si possono sostanzialmente suddividere in

due macrocategorie: una modellazione di tipo manuale ed una di tipo semiautomatica o

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

20

automatica. Per la prima categoria, si tratta di rilevare manualmente dei punti singoli che poi

andranno opportunamente collegati tra loro secondo relazioni di tipo topologico, oppure di

generare superfici o solidi partendo da una nuvola di punti: l’accuratezza del modello finale in

questo caso, o il livello di astrazione se vogliamo (si veda il paragrafo 1.2), è funzione non solo

del dato rilevato ma soprattutto dell’esperienza dell’operatore nel prendere le misure

correttamente, per esempio collimando due punti su uno stereo-restitutore fotogrammetrico o

selezionando correttamente i punti che si vogliono modellare con una superficie o un solido (un

intero edificio si può facilmente modellare con una serie di parallelepipedi o piani poi connessi

l’uno con l’altro, creando quindi delle relazioni topologiche tra di essi). Il modello finale si può

poi arricchire di ulteriori informazioni semantiche mediante un’operazione di texture mapping, in

cui un’immagine viene “spalmata” sul modello, associando così le informazioni qualitative di

un’immagine a quelle geometriche del modello: in tal modo, oltre a rendere più piacevole il

modello virtuale, si rende più facile l’identificazione degli oggetti presenti nella scena ripresa,

sicuramente molto utile per quei modelli con un LoD medio/basso. Le procedure di modellazione

automatiche o semiautomatiche vengono invece applicate sostanzialmente quando si deve

elaborare un elevato numero di punti: è il caso in cui si hanno nuvole di punti da laser scanner

oppure ottenute mediante tecniche di image matching o multi-image matching partendo da

immagini di rilievi fotogrammetrici. L’automatismo presente in entrambe le situazioni (nel rilievo

da una parte e nell’elaborazione delle immagini dall’altra) non restituisce un dataset di punti che

si possa considerare pronto per la modellazione, poiché al suo interno sono presenti errori e punti

misurati su entità che ostruiscono l’oggetto del rilievo, ragion per cui va eseguita una preventiva

operazione di editing e di filtraggio per rimuovere queste “impurità” (vedi Paragrafo 3.2.1).

Superata questa fase preventiva, si esegue la modellazione vera e propria. Una delle procedure più

utilizzate è senza dubbio la triangolazione (meglio nota con l’acronimo di TIN - Triangulated

Irregular Network), ovvero una rete di punti collegati tra di loro che formano un modello secondo

il criterio della triangolazione di Delaunay: perché le linee guida del progetto vengano rispettate,

gli scostamenti tra superficie reale e modello 3d dovranno rispettare le tolleranze imposte. Un tale

modello può facilmente rispettare le tolleranze richieste quando le superfici da rilevare sono

abbastanza regolari (per esempio quando si vuole creare un DTM), ma ci sono molteplici

controindicazioni quando l’oggetto del rilievo ha forme particolarmente complesse (per esempio

in presenza di edificato urbano) oppure quando si ha un’alta risoluzione di campionamento,

poiché la natura della triangolazione di Delaunay è 2.5D e non 3D.

Negli ultimi anni molti gruppi di ricerca coinvolti nei settori della geomatica e della computer

vision si sono concentrati sulla compilazione di nuovi algoritmi per generare automaticamente

modelli 3d partendo da dati lidar o fotogrammetrici: molti sono stati i risultati raggiunti in questi

anni, ma comunque si parla sempre di tecniche sperimentali che non sempre sono state diffuse in

larga scala per applicazioni commerciali. Interessanti risultati sono stati conseguiti per le tecniche

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Capitolo 1: Modellazione 3D del territorio

21

di filtraggio, cioè per quegli algoritmi dediti alla separazione di punti appartenenti e non

appartenenti al terreno (estrazione automatica di DTM quindi), mentre si sta lavorando ancora

molto per l’investigazione e la modellazione di particolari del territorio, sia antropici (edifici,

ponti, strade, ecc,) che naturali (alberi): quest’ultimo argomento è stato affrontato più di recente,

grazie alle innovazioni apportate agli strumenti odierni (certamente più performanti dei modelli di

un decennio fa o più) che consentono di rilevare un maggior numero di particolari che in

precedenza, data la scarsa risoluzione dei dati, erano di poco interesse.

Le potenzialità che offrono i modelli digitali sono molteplici, grazie alla loro versatilità che

consente di eseguire analisi spaziali, anche particolarmente avanzate, in maniera agevole e veloce:

calcoli di volumi, di aree, generazione di profili, sono alcune delle analisi possibili sui modelli

virtuali, operazioni ormai standard per le quali il mercato offre innumerevoli possibilità.

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- CAPITOLO 2: LASER SCANNER

2.1 INTRODUZIONE Sebbene il Laser Scanner così come lo conosciamo è apparso solo dopo l’introduzione di

sofisticati sistemi di scansione (ad uso del TLS e dell’ALS) e di sistemi integrati GPS/INS per la

georeferenziazione diretta ad elevata precisione (per l’ALS), i primi laser distanziometrici per il

rilievo del territorio risalgono agli anni ’60. A quell’epoca si assistette ai primi esperimenti di

distanziometri laser montati su piattaforme aeree per misurare profili continui del terreno (tale

strumento era più propriamente denominato APR - Airborne Profile Recorder). Anche se questi

vennero tecnicamente migliorati negli anni a seguire, rimaneva sempre il limite della misura di un

profilo per volta, rendendo questo tipo di strumento adatto per usi geotecnici ma non per quelli

topografici. Soltanto con l’avvento sistemi di precisione per la georeferenziazione diretta (senza i

quali, a differenza della fotogrammetria, non è possibile ottenere alcunché) il laser scanner ha

potuto riscuotere il successo di cui oggi gode.

La peculiarità di questo sistema è quella di poter rilevare un elevato numero di punti in tempi

contenuti, che vanno da qualche secondo ad alcuni minuti o ore a seconda delle caratteristiche

dello strumento e dell’estensione dell’area da rilevare; inoltre la nuvola densa di punti che si va a

formare è già georiferita nello spazio secondo il sistema di riferimento del laser, ed è disponibile

per la visione in 3D già appena dopo il termine del rilievo. Di contro c’è da dire che sono ancora

notevoli le differenze di costo tra laser e camere fotogrammetriche, non tanto tra ALS e camere

aeree quanto tra TLS e camere per il close range; inoltre i laser non forniscono informazioni

semantiche, ragion per cui sono sempre più spesso affiancati da sistemi di acquisizione video per

registrare allo stesso tempo informazioni semantiche e metriche.

2.2 PRINCIPIO BASE DI FUNZIONAMENTO

I laser scanner ad uso topografico sono di tipo distanziometrico: si tratta di sensori attivi di tipo

opto-elettro-meccanico in grado di emettere un impulso laser in una determinata direzione

(misurata dallo strumento) e di calcolare la distanza tra il punto colpito sull’oggetto dall’impulso e

il centro strumentale del laser; ripetendo questa misurazione in diverse direzioni con un passo

angolare costante, si ottiene la nuvola di punti 3D. Il loro uso è particolarmente adatto al rilievo di

superfici di vasta estensione, come facciate di edifici, pendii, e territorio in generale5. Questi

scanner operano prevalentemente sulla banda dell’infrarosso vicino, su lunghezze d’onda che

oscillano tra i 900 e i 1550 nm . Fanno eccezione quelli per rilievi batimetrici che invece operano

su due bande: una è l’infrarosso vicino e l’altra è quella del visibile, precisamente sulla lunghezza 5 Oltre ai laser scanner distanziometrici, esistono anche i quelli denominati triangolatori. Si tratta di sistemi integrati costituiti da un

laser ed una videocamera vincolati rigidamente tra loro mediante una base rigida. Funzionano secondo il principio dell’intersezione in avanti (ben nota in topografia) essendo nota a priori la distanza tra laser e videocamera e l’orientamento relativo. Questi strumenti vengono utilizzati per rilevare oggetti di piccole dimensioni, con precisioni spinte che raggiungono il micron.

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Capitolo 2: Laser Scanner

23

d’onda del verde che è pari a 532 nm (vedi Paragrafo 1.3.2.5). Per completezza va detto che

anche alcuni laser terrestri per distanze ravvicinate operano sulla banda del visibile piuttosto che

su quella dell’infrarosso.

Gli scanner distanziometrici possono misurare distanze secondo due diversi principi di

funzionamento: in un primo caso lo scanner emette degli impulsi misurando il tempo di volo

(TOF - Time Of Flight), ovvero il tempo impiegato dall’impulso per compiere il tragitto

trasmettitore-target-ricevitore (vedi Figura 2.1); nel secondo invece emette un fascio di radiazioni

continuo (CW - Continuous Wave) e la distanza viene calcolata mediante confronto di fase: queste

due metodologie si differenziano per precisione, frequenza di campionamento e portata. I laser a

fascio continuo hanno una gittata ridotta che non supera gli 80 metri circa, motivo per cui questa

tecnica è applicata esclusivamente nei laser terresti, e più precisamente nella classe dei laser a

“corto raggio”; quelli a tempo di volo hanno invece una portata che varia da un metro a un paio di

kilometri per i modelli TLS, fino a raggiungere portate di qualche decina di kilometri per i laser

ALS, ai quali si devono aggiungere quei modelli progettati per il rilievo da satellite che hanno

capacità di misurare distanze di alcune centinaia di kilometri.

Figura 2.1 - Laser distanziometrico a tempo di volo

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Capitolo 2: Laser Scanner

24

Sebbene siano a corto raggio, gli scanner a confronto di fase sono solitamente più precisi rispetto

ai corrispettivi laser a tempo di volo e consentono di rilevare punti molto più velocemente:

trovano larga applicazione nel settore dell’architettura e dei beni culturali (rilievo di interni di

basiliche, siti archeologici, ecc.).

Per la generazione della nuvola di punti tridimensionale, come già accennato in precedenza, il

sistema distanziometrico deve essere affiancato da un sistema di scansione generalmente

costituito da uno o più specchi (a volte prismi), uno dei quali è mobile ed è comandato dallo

strumento in modo da direzionare opportunamente il raggio laser. La precisione delle coordinate

X,Y,Z del punto finale sarà quindi influenzata non solo dalla precisione del distanziometro (a sua

volta influenzata dalle componenti atmosferiche e dall’albedo dell’oggetto colpito) ma anche

dalla precisione di lettura degli encoder collegati al sistema di scansione, ai quali si devono

aggiungere gli errori del sistema GPS/INS quando il laser è montato su piattaforme mobili. Questi

particolari saranno messi meglio in evidenza nei paragrafi a venire.

2.3 CONFIGURAZIONE DI UN SISTEMA LIDAR TOPOGRAFICO

Figura 2.2 - Configurazione di un sistema LIDAR topografico aereo [Shan and Toth, 2009]

Un intero sistema di rilevamento laser ad uso topografico6 si può dire composto da due segmenti

principali: un segmento aereo ed un segmento di terra (vedi Figura 2.2).Quello aereo comprende:

- Piattaforma aerea;

6 Sebbene nel paragrafo viene discusso il sistema ALS completo, i principi base di funzionamento LIDAR sono gli stessi anche per

il laser terrestre.

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Capitolo 2: Laser Scanner

25

- LIDAR;

- Sistema di posizionamento e assetto (POS - Position and Orientation System)

Quello di terra invece comprende:

- Stazione/i GPS di riferimento;

- Strumentazione Hardware corredata di appositi Software per la sincronizzazione dei dati

laser e GPS/IMU e le successive elaborazioni.

A sua volta, il LIDAR viene scomposto in tre componenti chiave:

- Un’unità dedicata alla misura di distanza (LRU - Laser Ranging Unit);

- Un sistema opto-meccanico di scansione (OMSD - Opto-Mechanic Scanning Device)

- Un’unità per il controllo e la registrazione dei dati.

2.3.1 LASER RANGING UNIT

L’unità distanziometrica è composta da un trasmettitore ed un ricevitore laser collegati con dei

sensori opto-elettronici in grado di captare il raggio laser in partenza ed in ricezione e di

calcolare la distanza tra il centro di fase strumentale e l’oggetto colpito. La disposizione

relativa dell’emettitore e del ricevitore è tale che i punti “illuminati” dal laser si trovino sempre

all’interno dell’IFOV (Istantaneous Field Of View) del ricevitore. La distanza centro fase-

oggetto, come accennato pocanzi, viene calcolata mediante i metodi del tempo di volo o del

confronto di fase. Il laser a tempo di volo è in grado di calcolare la distanza di un punto

misurando il tempo di viaggio 1 0Lt t t= − che intercorre tra l’impulso emesso dallo strumento

all’istante 0t e l’istante 1t in cui l’impulso riflesso dal bersaglio viene ricevuto (vedi Figura

2.3).

Figura 2.3 - Diagramma rappresentante i due impulsi (uno inviato e uno ricevuto)

utilizzati per il calcolo del tempo di volo [Shan and Toth, 2009]

Si tratta quindi di una misura di tipo “indiretta”, dato che la distanza non viene misurata

direttamente. La distanza (o range) viene ottenuta secondo la formula

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Capitolo 2: Laser Scanner

26

2 LcR t= (2.1)

dove c è la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche ( 299792458c m s= ).

Derivando la (2.1), si ottiene:

2 LcR tΔ = Δ (2.2)

dove

- RΔ è la risoluzione per la distanza;

- LtΔ è la risoluzione per il tempo.

Perché un laser sia in grado di misurare con una risoluzione di 1 cm , è necessario che

l’orologio dello strumento sia in grado di misurare il tempo con una risoluzione LtΔ pari a:

122 0,01 66,7 10 66,7299 792 458L

mt s psm s

−⋅Δ = ≅ ⋅ =

ovvero l’orologio necessita di un oscillatore con una frequenza di circa 15 GHz .

pt = durata impulso (secondi)

riset = tempo di salita (secondi)

peakP = Potenza massima (Watt)

F =Numero di impulsi emessi in un secondo (Hertz)

(viene utilizzato anche l’acronimo PRF - Pulse Repetition Frequency)

peak pE P t= ⋅ = Energia (Joule)

avP E F= ⋅ = Potenza media (Watt)

Tabella 2.1 - Parametri caratteristici del laser a tempo di volo

Secondo la (2.2) quindi, la risoluzione nella distanza in questo tipo di strumenti è

proporzionale alla risoluzione dell’orologio strumentale. Nell’operazione di misura, il singolo

impulso è caratterizzato da ulteriori parametri fisici, riportati in Tabella 2.1.

Nel laser a confronto di fase, il fascio viene emesso in continuo anziché ad impulsi; perché si

possa determinare una distanza con questo metodo, l’onda portante del fascio laser viene

modulata in ampiezza per mezzo di un oscillatore di frequenza stabile ad elevata precisione

(Figura 2.4) prima di essere emessa. Il segnale inviato viene poi riflesso dal bersaglio in

maniera del tutto simile al laser a tempo di volo, e successivamente viene demodulato il

segnale di ritorno. Mettendo a confronto la fase dell’onda emessa con quella dell’onda ricevuta

e facendone la differenza (Figura 2.5), viene calcolata la distanza del punto, essendo nota la

velocità della luce.

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Capitolo 2: Laser Scanner

27

Figura 2.4 - Modulazione di ampiezza dell’onda portante per mezzo di un oscillatore

di frequenza di precisione [Shan and Toth, 2009]

Figura 2.5 - Differenza di fase tra il segnale emesso e quello ricevuto [Shan and Toth, 2009]

Assumendo che l’onda modulante abbia periodo T, possiamo dire che il rapporto tra il tempo

di viaggio Lt e il periodo è uguale al rapporto tra la differenza di fase ϕ e 2π , ovvero

2

LtT

ϕπ

= ; (2.3)

sostituendo la (2.3) nella (2.1) abbiamo

1 12 2 2 2 2 2c T cR

fλϕ ϕ ϕ

π π π= ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ = ⋅ ⋅ . (2.4)

Se deriviamo la (2.4) avremo che

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Capitolo 2: Laser Scanner

28

12 2

R λ ϕπ

Δ = ⋅ ⋅ Δ . (2.5)

dalla quale si evince che la risoluzione sulla distanza, rispetto alla (2.2), è funzione non solo

della risoluzione sulla misura diretta (in questo caso la differenza di fase), ma anche della

frequenza (e quindi della lunghezza d’onda) della modulante. Se quindi si utilizzano lunghezze

d’onda più corte possiamo aumentare la risoluzione sulla distanza, ma nel contempo,

osservando la (2.4), si può constatare come la lunghezza d’onda utilizzata impone un limite

sulla distanza massima misurabile, che è pari a 2maxR λ= . Per ovviare al problema e venire

incontro ad entrambe le esigenze (risoluzione e massima distanza) gli scanner a confronto di

fase utilizzano più frequenze modulanti (solitamente tre) che variano rapidamente in sequenza

e vengono applicate per ogni singola misura: ciò comporta la necessità di dover risolvere

l’ambiguità del numero intero di mezze lunghezze d’onda. La misura di range seguirà quindi

la formula:

12 2 2

i ii iR M λ λ

ϕπ

= ⋅ + ⋅ ⋅ . (2.6)

che restituirà il valore finale di distanza R utilizzando le diverse misure di iϕ alle diverse

lunghezze d’onda iλ . In definitiva, la lunghezza d’onda più corta shortλ stabilisce (assieme alla

risoluzione della fase) la risoluzione dello strumento, mentre quella più lunga longλ la distanza

massima misurabile.

Figura 2.6 - Schema di misura di un laser scanner a confronto di fase “FARO LS 880”: sono visibili le tre

lunghezze d’onda impiegate dallo strumento (rispettivamente 1.2, 9.6 e 76 metri) per eseguire la misura. La distanza

misurata in questo caso è 13 metri. [Shan and Toth, 2009]

Per ciò che concerne le precisioni raggiungibili per la distanza, queste risentono dell’influenza

dei fattori atmosferici e delle caratteristiche di riflettività (albedo) degli oggetti colpiti. In

generale, senza entrare nello specifico, sono stati stabiliti i seguenti criteri di proporzionalità

per le precisioni sulla distanza per il laser a tempo di volo, che è data da

( )1

2R TOF risec t

S Nσ ∝ ⋅ (2.7)

e per quello a confronto di fase, che risulta essere

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Capitolo 2: Laser Scanner

29

( )1 1

2 2short

R CW S Nλ

σπ

∝ ⋅ (2.8)

dove S N è il rapporto Segnale/Rumore [Brenner, 2006]

Per fare un confronto con i laser a tempo di volo, ipotizziamo di avere un laser CW con una

risoluzione di fase di 0,4° ed un segnale modulante di lunghezza d’onda pari a 30cm : questo

vuol dire che la risoluzione in distanza sarà

1 1 30 0,4 0,172 2 2 2CW

cmR mmλ ϕπ π

Δ = ⋅ ⋅ Δ = ⋅ ⋅ ° = .

Per ottenere la stessa risoluzione con un laser a tempo di volo, sarebbe necessaria una

risoluzione per il tempo pari a

122 2 0,17 10 1299792458Lt R mm s ps

c m s−Δ = Δ = ⋅ ≅ =

Una così elevata precisione cronometrica richiederebbe orologi di precisione estremamente

sofisticati; allo stesso tempo, per misurare distanze elevate, un laser a confronto di fase

richiederebbe potenze molto elevate. Queste considerazioni fanno comprendere l’equilibrio

nell’uso dei due sistemi: il primo, quello a tempo di volo, è più adatto per distanze a medio e

lungo raggio con precisioni non particolarmente spinte, mentre l’altro si adatta meglio per

oggetti vicini per i quali si richiedono precisioni maggiori.

Relativamente ad un impulso laser inviato, le onde elettromagnetiche possono essere riflesse

completamente, oppure possono in parte riflettersi ed in parte proseguire la loro corsa, nel qual

caso il sensore riceverà due (o più) eco di ritorno per un singolo impulso trasmesso: questo

fenomeno avviene in presenza di oggetti a diversa quota tutti visibili nello spot dell’IFOV del

ricevitore (chiome di alberi o spigoli sono i casi più frequenti. La Figura 2.7 mostra un caso di

impulso parzialmente riflesso.

Figura 2.7 - Impulso parzialmente riflesso dalla chioma di un albero (a sinistra)

e da uno spigolo (a destra) [Brenner, 2006]

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Capitolo 2: Laser Scanner

30

La capacità di un laser di riuscire o meno a discernere due eco di ritorno ravvicinate, è

funzione della risoluzione LtΔ discussa in precedenza. Se quindi le due eco ricadono

all’interno di questa tolleranza, esse non verranno captate come tali ma come un’unica eco. I

laser attuali generalmente registrano prima ed ultima eco ricevuta (first and last) fatta

eccezione per alcuni modelli che sono in grado di individuarne ulteriori tra queste due. Avere

eco multiple consente di estrapolare maggiori dettagli nel rilievo rispetto alla fotogrammetria,

in particolare agevola le operazioni di filtraggio (separazione punti terreno) e di classificazioni

di vegetazione. Ulteriori indizi, in tal senso, vengono forniti dalla radiometria abbinata al

punto, vale a dire dall’intensità di risposta con cui il segnale giunge allo strumento. Questo

valore varia in funzione della riflettività del materiale e dall’angolo di incidenza del raggio

sulla superficie colpita.

La frequenza con cui un laser campiona i punti (PRF) è un altro parametro fondamentale che

caratterizza un Lidar. Questo parametro varia, anche in questo caso, a seconda che si usi un

laser TOF o CW (maggiore per il secondo, restando nel settore dei TLS, a ribadire quindi

come i CW siano più adatti per misure a corto raggio), o ancora quando si confrontano laser

per uso statico con laser dinamici come gli ALS. Se i TLS operano, infatti, a qualche migliaia

di Hz, i laser aerei oggi sono in grado di raggiungere frequenze di PRF che toccano i 200kHz.

Questo valore tuttavia è sempre legato alla distanza operativa (quota di volo) e quindi al tempo

di viaggio necessario, dato che un generico impulso non può essere trasmesso se non dopo che

il precedente sia giunto al ricevitore7: operando ad una quota di 1000m, ad esempio, la distanza

che dovrà coprire l’impulso sarà il doppio, e di conseguenza il tempo di viaggio sarà

21000 6,7Lt m sc

μ= =

e quindi il valore massimo possibile di PRF sarà

1 1506,7

PRF kHzsμ

= =

2.3.2 OPTO-MECHANIC SCANNING DEVICE

Oltre all’unità distanziometrica, il Lidar dispone di un sistema di scansione costituito, nella

quasi totalità di casi, da uno specchio oscillante o rotante che conferisce allo strumento la

capacità di deviare in varie direzioni l’impulso laser. Negli scanner terrestri, l’impulso viene

deviato in due direzioni perpendicolari l’un l’altra secondo lo schema visibile in Figura 2.8.

7 Tale affermazione va tuttavia mitigata, dato che sul mercato si sta affacciando un nuovo tipo di laser scanner a tempo di volo che

utilizza una tecnica chiamata Multipulse. La sua particolarità sta nel fatto di poter emettere più impulsi in sequenza senza dover aspettare il ritorno del precedente impulso. Con questo sistema, il valore massimo della PRF non è più imposto dal tempo di volo (e quindi dalla quota di volo), ma piuttosto dal limite operativo della sorgente laser, cioè dalla frequenza con cui la sorgente può emettere impulsi.

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Capitolo 2: Laser Scanner

31

Figura 2.8 - Sistema di coordinate per un laser TLS

L’angolo α viene variato mediante la rotazione o l’oscillazione di uno specchio o anche di un

prisma; il secondo angolo β può essere invece variato tanto da un sistema a specchio come per

il primo angolo quanto da un sistema motorizzato che ruota l’intero strumento intorno al suo

asse Z. La lettura di questi due angoli unitamente alla distanza permette di calcolare le

coordinate 3D del punto P rispetto al sistema di riferimento strumentale:

cos coscos sinsin

las

las

las

X RY RX R

α βα βα

=

==

.

Così come per la distanza si è parlato di risoluzione e di precisione, anche i sensori adibiti alla

lettura degli angoli sono caratterizzati da risoluzioni e precisioni specifiche: le precisioni in

distanza e sugli angoli messe assieme determinano quindi la precisione sulle coordinate finali

del punto.

A differenza dei laser terrestri, i laser aerotrasportati valutano solo la distanza e l’angolo di

rotazione dello specchio. In questo caso quindi, gli impulsi disposti nelle varie direzioni si

dispongono lungo un piano (vedi Figura 2.9) o lungo una superficie conica in funzione del tipo

di rotazione dello specchio.

Page 35: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

Capitolo 2: Laser Scanner

32

Figura 2.9 - Sistema di coordinate per un laser ALS. Il compito del secondo angolo di scansione presente nei laser

TLS, che consente di ottenere la nuova di punti, viene qui sostituito dal movimento dell’aereo.

Figura 2.10 - Sistemi di scansione a specchio e relativi pattern a terra

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Capitolo 2: Laser Scanner

33

Al fine di ottimizzare densità e omogeneità di punti, sono state messe a punto negli anni

diverse tipologie di sistemi di scansione del terreno: la Figura 2.10 mostra una serie di sistemi

di scansione a specchio utilizzati dalle varie case costruttrici. Negli scanner a specchio

oscillante e a poligono rotante, la scansione avviene trasversalmente all’asse di volo, formando

un pattern a “zig-zag” nel primo caso e a linee parallele nel secondo. C’è da dire però che gli

specchi oscillanti provocano movimenti sussultori dovuti alla continua accelerazione e

decelerazione angolare nel momento dell’inversione della rotazione dello specchio: questo

comporta delle limitazioni nella velocità di scansione e quindi nella risoluzione dei punti

trasversalmente all’asse di volo. Questo problema viene superato con gli specchi a rotazione

continua i quali, una volta raggiunta la velocità di rotazione costante, non avendo accelerazioni

non comportano problemi come gli specchi ad oscillazione. I sistemi di scansione a specchio

oscillante o rotante sono, di fatto, i più usati dalle ditte costruttrici di laser scanner. A questi si

aggiunge un sistema a scansione composto da specchi rotanti che indirizzano gli impulsi laser

attraverso un certo numero di fibre ottiche che, a loro volta, indirizzano l’impulso laser a terra.

Questo sistema, visualizzato in Figura 2.11, è stato sviluppato dalla TopoSys©, ed è al

momento l’unico sistema scanner a fibre ottiche, migliorato nelle versioni successive. I pattern

visibili in figura 2.12 sono quelli ottenuti con un laser a fibre ottiche: nel secondo caso,

l’effetto ondulatorio, denominato swing mode, è stato ottenuto da un’oscillazione aggiuntiva,

impartita alle fibre ottiche in uscita, per omogeneizzare la disposizione dei punti sul terreno.

Figura 2.11 - Sistema di scansione a fibre ottiche (TopoSys©)

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Capitolo 2: Laser Scanner

34

Figura 2.12 - Pattern ottenuti con il sistema di scansione a fibre ottiche.

2.3.3 IL SISTEMA GPS/INS

Per i laser scanner aerotrasportati, il centro di fase e gli assi di riferimento del sistema

strumentale variano in continuazione, a causa della piattaforma continuamente in movimento.

Affinché i punti misurati dal laser possano essere fruibili, è indispensabile l’uso di un sistema

integrato di georeferenziazione, costituito da sistema di posizionamento (GPS in modalità

differenziale cinematico) e una piattaforma inerziale (INS). Con la georeferenziazione diretta

dei punti laser (georeferenziazione che viene migliorata in post-processing con i dati delle

stazioni GPS di terra) abbiamo la nuvola di punti immediatamente disponibile, evitando i

processi di orientamento immagini e restituzione punti presenti nella fotogrammetria.

La Figura 2.13 mostra i parametri coinvolti nella georeferenziazione dei dati laser e la

disposizione dei diversi sistemi di riferimento da considerare.

Figura 2.13 - Schema dei riferimenti e dei parametri coinvolti nella

georeferenziazione dei punti laser [Habib, et al., 2008]

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Capitolo 2: Laser Scanner

35

L’equazione che lega la misura eseguita dal laser con i sistemi di coordinate coinvolti è:

0 , , , , , , ,

00G Gyaw pitch roll yaw pitch rollX X R P R R Rω ϕ λ α β

ρΔ Δ Δ

⎡ ⎤⎢ ⎥= + ⋅ + ⋅ ⋅ ⋅ ⎢ ⎥⎢ ⎥−⎣ ⎦

. (2.9)

1. Traslazione 0X e rotazione , ,yaw pitch rollR dal Mapping Frame all’IMU Body Frame: il

vettore di traslazione viene calcolato mediante l’integrazione di misure GPS cinematiche

con misure degli accelerometri inerziali dell’INS, mentre gli angoli di assetto che poi

portano alla matrice di rotazione , ,yaw pitch rollR sono calcolati in funzione delle misure

eseguite dai giroscopi presenti all’interno dell’unità INS. È noto che i sistemi inerziali

sono affetti da problemi di deriva: a seconda dei casi possiamo trovare sensori a basso

costo che derivano di 1 grado dopo poco tempo (anche pochi minuti) così come sensori di

alta qualità che per derivare di 1 grado possono impiegare una settimana o addirittura un

mese per quelli più sofisticati. Il GPS, collegato con l’INS, consente l’annullamento di

questa deriva azzerandola continuamente.

2. Traslazione GP e rotazione , ,R ω ϕ λΔ Δ Δ dall’IMU Body Frame al Laser Frame:

l’orientamento relativo tra il sistema di riferimento dell’inerziale e quello strumentale del

Laser non varia durante il moto del velivolo in quanto quest’ultimo può essere

considerato un corpo rigido. I valori dell’orientamento vanno accuratamente calcolati in

fase di calibrazione del sistema, onde evitare la presenza di errori sistematici lungo la

traiettoria di volo.

3. Distanza ρ e rotazione ,Rα β dello specchio: la matrice di rotazione ,Rα β mette in

relazione il Laser Frame con il sistema di coordinate dell’impulso laser, ovvero α e β

sono gli angoli di rotazione dell’impulso rispetto al sistema laser (vedi Figura 2.8). Per i

sistemi a scansione dei laser aerei con specchi rotanti od oscillanti, il valore α viene

azzerato; fa eccezione il sistema Palmer (Figura 2.10) in cui lo specchio non è

esattamente perpendicolare all’asse di rotazione e quindi sono presenti entrambi gli

angoli. L’ultimo parametro ρ è la distanza misurata dalla Laser Ranging Unit discussa

nel paragrafo 2.3.1.

2.4 METODI DI ALLINEAMENTO STRISCIATE

Nel capitolo che precede è stato spiegato come in un rilievo eseguito con un laser aereo (il

discorso può però essere tranquillamente esteso per rilievi terrestri) si campionino punti per

“strisciate”, ovvero percorrendo rotte di volo parallele tra loro e facendo in modo che le strisciate

di punti registrati lungo direzioni adiacenti abbiano un overlap minimo per mantenere una

Page 39: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

Capitolo 2: Laser Scanner

36

continuità del dato rilevato. Tutto questo, abbiamo visto, è possibile qualora sia stato stabilito a

priori un adeguato piano di volo nell’ambito del progetto del rilievo.

In assenza di errori sistematici, due strisciate adiacenti con zone comuni rilevate, dovrebbero

coincidere perfettamente, senza necessità di ruotare o shiftare una delle due nuvole di punti

rispetto all’altra: nella realtà gli errori sistematici sono presenti e sono principalmente dovuti al

sistema GPS e alla piattaforma inerziale. Gli algoritmi per l’allineamento di strisciate si

propongono come tecniche per minimizzare l’impatto di questi errori sistematici sulle strisciate,

considerato il fatto che nelle misure lidar (si osservi l’equazione (2.9)) non c’è alcuna ridondanza

nel calcolo delle coordinate dei punti finali.

Sebbene la letteratura scientifica offra diverse metodologie sperimentali in tal senso, il metodo

oggi più diffuso rimane quello denominato ICP (Iterative Closest Point) [Besl and McKay, 1992],

implementato in un gran numero di software commerciali del settore. Partendo da due nuvole di

punti (una mantenuta fissa e l’altra mobile), o da una nuvola di punti e da una superficie

matematica di riferimento, e da un set di rototraslazioni approssimative fornite dall’utente,

l’algoritmo applica iterativamente una rototraslazione rigida (a 6 parametri quindi) sulla nuvola di

punti mobile rispetto a quella fissa, fino ad ottenere il miglior allineamento tra le due nuvole, che

matematicamente si traduce nel minimizzare la somma dei quadrati delle distanze dei punti

corrispondenti delle due nuvole.

Un’alternativa a questo metodo denominata 3D Least Square Matching, viene fornita da [Gruen

and Akca, 2005]. Il metodo stima i 7 parametri di trasformazione spaziale tra due o più patches

tridimensionali minimizzando la distanza euclidea fra le due superfici con metodo ai minimi

quadrati lineari. Con questo metodo, non è necessario fornire un orientamento iniziale, quindi

opera tra superfici orientate in modo arbitrario.

Page 40: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

37

- CAPITOLO 3: LIDAR E MODELLAZIONE 3D DI EDIFICI

3.1 INTRODUZIONE L’introduzione del laser scanner aereo, unitamente alle innovazioni tecnologiche raggiunte nel

settore della computer vision, ha portato all’avvio di numerose ricerche volte allo sviluppo di

algoritmi specifici in grado di estrarre automaticamente informazioni relative al terreno nudo

(DTM) o per il riconoscimento automatico di oggetti (quali ponti, edifici, alberi). Per ciò che

riguarda la modellazione di edifici, molte sono le unità di ricerca che hanno proposto, e

propongono tutt’ora, metodi propri per l’identificazione e la generazione automatica di modelli

digitali di edifici partendo da dati laser, talvolta utilizzando anche dati di diversa natura

(cartografie digitali DXF, immagini fotogrammetriche). La disponibilità di questi modelli, specie

in ambito urbano, incontra l’interesse di aziende, amministrazioni pubbliche, esperti del settore

afferenti a diversi campi quali la pianificazione territoriale, i sistemi di navigazione GPS per

veicoli o per pedoni, pianificazioni di reti di telecomunicazione, catasto 3D. Oltre ad usi di tipo

strettamente tecnico, le rappresentazioni virtuali del territorio e degli agglomerati urbani,

complice la rete internet che oggi è il principale mezzo utilizzato per la condivisione e diffusione

di informazioni, incontrano sempre più il favore degli internauti, rendendo più semplice, per

esempio, la ricerca di un luogo particolare o addirittura di un esercizio commerciale. La diffusione

e l’uso di servizi web come “Google Earth”© o “Google StreetView”© sono la testimonianza di

quanto questa richiesta sia in crescita.

Nonostante i perfezionamenti tecnici apportati nel tempo ai modelli di laser scanner che si sono

susseguiti, riguardanti principalmente l’aumento delle risoluzioni e delle frequenze di scansione

(con conseguente aumento dei dettagli ottenibili da un rilievo), ad oggi siamo ancora lontani

dall’avere “l’algoritmo ideale”, cioè un algoritmo in grado di individuare gli edifici

accuratamente, ipotizzarne la forma per le parti mancanti (a causa di coperture dovute alla

presenza di alberi o ostacoli in generale), generare il modello comprensivo di dettagli quali

comignoli o abbaini.

Lo studio presentato, incentrato sull’implementazione di algoritmi in grado di estrarre modelli 3d

di edifici automaticamente e senza un intervento di editing manuale, rientra appieno nell’opera

che molti gruppi di ricerca stanno portando avanti. La generazione dei modelli di edifici

generalmente segue un flusso di processi non predefinito secondo degli standard (sono diversi gli

approcci dei vari gruppi di ricerca in tal senso) e tuttora la ricerca di un metodo universale è una

sfida aperta; tuttavia dalla letteratura si può apprendere che gli step che portano dal dato iniziale al

modello digitale sono quasi definiti, a differenza invece delle metodologie applicate nei singoli

passaggi e per le quali si possono trovare diverse procedure. Un confronto tra alcuni metodi per la

ricostruzione automatica di edifici da lidar, fotogrammetria o dati ibridi, viene riportato in

[Kaartinen, et al., 2005], in cui emerge che le procedure automatiche vengono applicate

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

38

maggiormente nel trattamento dei dati laser piuttosto che in quelli fotogrammetrici; se tuttavia il

laser ha dimostrato dei risultati migliori nella definizione dei piani che compongono il tetto di un

edificio così come per la definizione di linee di colmo, displuvio o impluvio, l’uso di immagini ha

dimostrato una resa migliore nell’identificazione delle linee di contorno del tetto. E in effetti, ad

oggi, la sfida reale che si sta perpetrando è proprio quella dell’identificazione delle linee di gronda

mediante dati lidar, più che dei piani del tetto per cui si è già giunti a dei buoni risultati.

3.2 METODO IMPLEMENTATO

3.2.1 FLUSSO DI LAVORO

Il metodo implementato segue la linea dell’automatismo per l’intero processo; l’intervento

dell’operatore viene quindi richiesto solo per la scelta delle soglie dei vari parametri coinvolti

e per la valutazione del risultato ad ogni passo del flusso di lavoro. L’algoritmo, sviluppato

interamente in ambiente MATLAB®, parte da dati di input già filtrati, ovvero classificati in

punti appartenenti o non appartenenti al terreno. Il filtraggio viene eseguito mediante un

software sperimentale denominato LAIM [Menna and Troisi, 2007], che si basa su un

algoritmo definito PBTIN (Prismatic Buffered TIN), una variante del metodo di filtraggio

introdotto da Axelsoon. I successivi passaggi sono invece il fulcro della ricerca qui presentata:

una prima fase riguarda una classificazione dei punti mirata all’identificazione dei singoli

edifici o di blocchi di edifici adiacenti. Le fasi successive sono in sequenza: la segmentazione

applicata ai singoli edifici identificati (cioè l’identificazione di punti appartenenti a piani e il

raggruppamento in classi di quelli appartenenti al medesimo piano), la generazione delle linee

di compluvio e displuvio mediante intersezione di piani che fanno parte del singolo edificio, e

infine la determinazione delle linee di contorno esterne del tetto, così da ottenere il modello

finale del tetto. Va tuttavia puntualizzato che la creazione di una pipeline universale applicata

a vasti set di dati risente di alcune limitazioni: i dati laser, infatti, per come è concepito il

sistema di acquisizione lidar, hanno una densità molto variabile, anche solo su un singolo tetto,

differenza che può comportare inevitabilmente risultati diversi utilizzando valori costanti dei

parametri di lavoro per tutto il set di dati esaminato. La procedura ideale e risolutiva potrebbe

quindi essere l’impiego di un metodo a soglie variabili in funzione della disposizione dei punti

(densità, omogeneità in x,y): tali soglie potrebbero essere individuate in maniera automatica,

un tema di ricerca, quest’ultimo, sicuramente perseguibile nel futuro della ricerca nel settore

della modellazione 3d e della cartografia tridimensionale.

3.2.2 APPROCCI TIPICI PER LA SEGMENTAZIONE

Per ciò che concerne la segmentazione di dati laser, la letteratura mostra la presenza di diversi

approcci perseguiti, classificabili in base alla modalità di utilizzo dei dati: segmentazione

diretta sui dati o segmentazione su dati ricampionati. [Rottensteiner and Briese, 2002] e

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

39

[Forlani, et al., 2003] propongono un metodo di segmentazione incentrato sul

ricampionamento dei dati e la generazione di immagini la cui intensità è la codifica della

quota: tale approccio, oltre a comportare una ovvia degradazione dei dati, implica che le

successive elaborazioni vengano eseguite secondo algoritmi tipici delle analisi di immagini.

[Gorte, 2002] applica invece la triangolazione di Delaunay sui dati originali e successivamente

una segmentazione di tipo iterativo sui triangoli per identificare i piani del tetto. La strategia

dei triangoli, utilizzata anche nel metodo qui proposto ma con un approccio diverso, ha il

vantaggio di mettere in relazione tra loro i punti nella maniera più semplice possibile e di non

degradare i dati con ricampionamento; tuttavia, come si vedrà nei paragrafi successivi,

l’approccio del TIN per relazionare i punti vicini, che più si presta per la generazione di

modelli 2.5D, comporta delle problematiche non trascurabili quando si ha a che fare con dati

lidar che sono di natura 3D (e non 2D come lo è invece la triangolazione di Delaunay),

problematiche che potrebbero anche generare risultati scadenti in fase di segmentazione.

Questo problema tende ad accentuarsi allorquando si opera con dati molto densi, nel qual caso

il TIN risulterebbe particolarmente rumoroso. [Vosselman and Dijkman, 2001] ha sviluppato

invece un metodo di segmentazione diretta sui dati raw. Il metodo si basa sulla trasformata di

Hough adattata per l’uso in uno spazio tridimensionale anziché bidimensionale. La trasformata

di Hough, secondo la sua accezione classica, ha la capacità di identificare rette partendo da

un’immagine (in questo caso sono necessarie anche soglie per la radiometria) o da punti sul

piano. La matrice che viene generata, denominata accumulatore (le cui dimensioni sono date

dai due parametri della retta e dal numero di punti / pixel esaminati), segue la formula

cos sinr x yθ θ= + .

Per ogni punto ,i ix y si avranno quindi infinite linee che obbediscono alla formula sopra citata,

linee che nel grafico dello spazio di Hough (θ sono le ascisse ed r le ordinate) corrispondono a

curve di tipo sinusoidali. Le varie intersezioni tra le curve tendono ad “accumularsi” in

determinate zone: queste zone consentono di identificare le rette nello spazio ,x y (vedi Figura

3.1).

Figura 3.1 - Esempio di applicazione della trasformata di Hough bidimensionale:

a sinistra e al centro due rette L1 ed L2, a destra i due punti di accumulo nello spazio di Hough

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

40

In maniera del tutto simile la trasformata viene applicata allo spazio 3D identificando, questa

volta, piani anziché rette, e classificando di conseguenza i punti laser prossimi ad essi

mediante delle soglie di tolleranza. La formula applicata in questo caso è

x yz s x s y d= + +

dove xs ed ys identificano le pendenze dei piani rispetto ad x ed y.

3.2.2.1 PROBLEMATICHE NELL’USO DEL TIN

La triangolazione di Delaunay, come è noto, opera con punti su di un piano generando dei

triangoli che creano una relazione topologica tra loro: questa triangolazione è sottoposta

alla regola che la circonferenza circoscrivente il generico triangolo non deve contenere

nessun altro punto al suo interno. Applicando questo principio ad un set di punti nello

spazio quindi, verranno utilizzate soltanto le coordinate x, y dei punti nel processo di

triangolazione. Ovviamente, poiché la superficie del TIN segue un principio del tutto simile

a quello di univocità di una funzione bidimensionale secondo il quale per una coppia di

punti x, y può esserci una ed una sola coordinata z corrispondente, due punti a quota diversa

ma di ugual coordinate planimetriche (uguali fino alla cifra di approssimazione considerata)

non potranno coesistere nel TIN, e dovrà necessariamente essere scelto un solo punto. Per

la generazione di DTM, che hanno generalmente un andamento regolare e non richiedono

particolari accorgimenti sui dettagli come si può invece pretendere per modelli di edifici, la

rappresentazione con un TIN non desta alcuna problematica. Quando il TIN viene applicato

su dati laser in presenza di oggetti sovrapposti planimetricamente sarà facile ottenere un

effetto di disturbo cosiddetto “sali-scendi” in diversi casi: sporgenze dei tetti rispetto alla

facciata, presenza di punti sovrapposti, per via di ostacoli interposti tra lo strumento e

l’oggetto e l’edificio, finestre inclinate per mansarde poste sui tetti. Un TIN così costruito

potrebbe essere portatore di errori successivi durante la segmentazione, errori che si

ripercuoteranno sul modello finale. La sequenza di frame in Figura 3.2 mostra un esempio

simulato di applicazione del TIN in presenza di un edificio: si può notare come il modello

TIN finale sia notevolmente disturbato ai bordi, in presenza cioè di punti laser sovrapposti.

Figura 3.2 - Rilievo (a sinistra); punti rilevati (centro); visione di un profilo TIN (destra);

L’immagine a destra mostra un esempio di TIN con effetto “sali-scendi” una volta applicato ai punti rilevati.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

41

Il metodo inizialmente adottato nel presente lavoro [Ackermann, et al., 2007a] prevedeva

l’uso del TIN sull’intero set di punti, come nell’esempio simulato, e successivamente

l’applicazione di una serie di filtri ad ogni triangolo al fine di eliminare quelli ritenuti

“dannosi” alla fase di segmentazione; una volta eliminati i triangoli (filtrati in base alla loro

pendenza, aerea, lunghezza dei lati e quota relativa) si veniva a creare una condizione di

assenza di collegamenti tra i punti, e quindi di relazioni topologiche.

Le Figure 3.3a e 3.3b mostrano un seti dati laser aerei relativi a due edifici ubicati nella

città di Gorizia, mentre la Figure 3.4 mostra la stessa situazione secondo una visuale

nadirale. All’interno dei marcatori gialli, vengono evidenziati una serie di casi in cui le

nuvole di punti si sovrappongono parzialmente (Figura 3.4), ma che nello stesso tempo

sono a quote differenti (Figure 3.3a e 3.3b). Dopo l’applicazione del TIN e dei filtri

secondo i criteri prima citati, si ottiene il risultato mostrato nelle Figure 3.5a e 3.5b, in cui

si evidenzia la perdita delle connessioni tra i punti relativi ai triangoli filtrati (punti blu) e il

resto del tetto (Figura 3.5a) ed una serie di “buchi” per via dei punti registrati su un

ostacolo presente al momento del rilievo (Figura 3.5b). Questo risultato comporterà

inevitabilmente degli errori nel modello finale 3d.

Figura 3.3a - Punti sovrapposti tra le linee

verticali gialle: sporgenza di un tetto rispetto alla

facciata, e punti terreno.

Figura 3.3b - Punti sovrapposti tra le linee

verticali gialle: punti probabilmente creatisi per

via di un ostacolo al di sopra del tetto.

X

Z

X

Z

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

42

Figura 3.4 - Visuale nadirale relativa alle Figure 3.3a e 3.3b

Figura 3.5a - Punti (in blu) sul bordo della

falda non più connessi con il resto del tetto.

Figura 3.5b - “Buchi” generati a causa dei triangoli

rimossi che collegavano con i punti a quota superiore

visibili nelle Figure 3.3b e 3.4.

3.2.3 ANALISI DI PROSSIMITÀ: IDENTIFICAZIONE DI EDIFICI

Per ovviare al suddetto problema, cercando nel contempo di non rinunciare alla semplicità

delle connessioni tra punti, resa possibile con la triangolazione di Delaunay, è stato

implementato un algoritmo di tipo neighbouring in grado di verificare le mutue distanze tra i

punti e raggrupparli così in classi secondo una soglia di vicinanza. Questo allo scopo di

identificare e separare, in prima battuta, gruppi di punti relativi ad un tetto di un singolo

edificio o di un blocco di edifici contigui. Il controllo sulla vicinanza dei punti, per stabilirne le

connessioni, viene eseguito utilizzando un ellissoide di rotazione centrato nell’i-esimo punto

della nuvola ed assi paralleli agli assi del sistema di coordinate X,Y,Z: le due dimensioni

dell’ellissoide (asse maggiore e minore) possono essere variate dall’utente.

X

Y

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

43

Figura 3.6 - Raggruppamento per vicinanza usando l’ellissoide di rotazione.

I punti in verde ricadono all’interno, quindi verranno connessi

all’i-esimo punto, il centro dell’ellissoide

I punti che ricadranno all’interno dell’ellissoide (vedi Figura 3.6), e cioè quelli che soddisfano

l’equazione

2 2 2

2 2 1i i ix y za b+

+ ≤

verranno connessi con l’i-esimo punto esaminato, rappresentando così una singola classe: le

diverse classi ottenute centrando l’ellissoide nei vari punti della nuvola verranno

successivamente raggruppate in un numero di classi inferiori, verificando la presenza o meno

di punti condivisi tra le stesse. L’applicazione di tale metodo ad ogni punto della nuvola è

tuttavia risultata troppo dispendiosa da un punto di vista computazionale; un risultato simile, se

non identico, è stato ottenuto evitando di centrare l’ellissoide nei punti già classificati nei passi

precedenti, limitando così notevolmente il numero dei centramenti totali, numero che

ovviamente diminuisce all’aumentare delle dimensioni dell’ellissoide producendo, però, una

sottoclassificazione.

La scelta di diversificare le soglie in base a due direzioni è stata presa per sfavorire i

collegamenti tra punti a diversa quota e favorire invece quelli tra punti con quota simile.

Anche se in molti casi si ottengono risultati validi, non si può far a meno di osservare che la

limitazione imposta nell’orientamento dell’ellissoide può essere un limite per determinate

situazioni, ad esempio falde particolarmente inclinate (problema accentuato anche dalla

disposizione dei punti molto sparsa a causa dell’eccessivo angolo di incidenza del raggio laser

rispetto alla falda).

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

44

Il risultato di un’applicazione pratica sui dati ALS di Figura 3.7 sono visibili nelle Figure 3.8 e

3.9: i tetti dei vari fabbricati sono stati correttamente raggruppati in classi differenti. Le classi

composte da un numero esiguo di punti (parametro anch’esso definibile dall’utente) vengono

eliminate, così come quelle classi in cui i punti ground sono in quantità elevata rispetto a quelli

not-ground.

Figura 3.7 - Dati Laser Scanner di Piazza della Vittoria (Gorizia)

Figura 3.8 - Classificazione dei tetti eseguita sui dati laser di Figura 3.7

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

45

Figura 3.9 - Vista nadirale della classificazione di Figura 3.8

Come già accennato all’inizio del paragrafo, nonostante il cambio di metodo non si è voluto

rinunciare alla semplicità del sistema relazionale fornito dalla triangolazione di Delaunay. La

triangolazione è stata perciò eseguita “localmente”, vale a dire che è stata applicata

distintamente per ognuna delle singole classi di punti rimaste dopo il raggruppamento per

vicinanza. I singoli blocchi di tetti, così separati, possono essere tranquillamente assimilati,

senza commettere errori significativi, alla condizione di superficie 2.5D: generando il TIN in

questo modo, quindi, non si hanno le perdite di collegamenti evidenziate con il metodo

precedente. Poiché il poligono esterno di un TIN, cioè il poligono formato dai lati “liberi” dei

triangoli (quindi non condivisi), è sempre una figura convessa, i singoli tetti dovranno essere

rifiniti nel caso in cui la loro forma presenta delle concavità: la procedura qui attuata elimina

dal TIN dell’i-esimo edificio quei triangoli con uno o più lati particolarmente lunghi. Al

termine di tale procedura si ottiene un risultato del tipo mostrato nelle Figura 3.10 e 3.11.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

46

Figura 3.10 - Risultato finale dopo l’applicazione del TIN locale. I marcatori rossi

identificano una zona di sovrapposizione tra due tetti che, con questo metodo,

non presenta i problemi esposti nel paragrafo 3.2.2.1

Figura 3.11 - Vista nadirale della Figura 3.10

3.2.4 SEGMENTAZIONE

La segmentazione, in generale, può essere definita come un processo mediante il quale dei dati

(siano un’immagine o una nuvola di punti laser - per rimanere nel campo della Geomatica)

vengono suddivisi in più parti, ognuna delle quali ha delle caratteristiche geometriche e/o

semantiche che la differenziano dalle altre. Quando si parla di laser scanner e modellazione di

edifici, l’accezione che assume questo termine è quella di estrazione automatica delle singole

falde di uno o più tetti.

Il processo di segmentazione della nuvola di punti implementata nel metodo proposto si basa

sulla tecnica del region growing affiancata da ulteriori fasi di verifica e regolarizzazione dei

segmenti (falde) individuati: l’identificazione dei tetti eseguita nel passo precedente definisce

implicitamente i limiti di ricerca a cui dovrà sottostare l’algoritmo di segmentazione, mentre la

conoscenza delle connessioni tra un punto e l’altro mediante i triangoli, assieme alle relazioni

di adiacenza tra triangoli, costituiscono la base di partenza per l’algoritmo sviluppato.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

47

L’ipotesi di considerare le normali ai triangoli come entità utile per l’identificazione delle

singole falde è stato uno dei metodi ipotizzato inizialmente. Tuttavia, come si evince da quanto

esposto nel capitolo 2 dedicato al laser scanner, per quanto una superficie possa essere piana, i

punti laser registrati su questa superficie saranno affetti da errori dovuti alla risoluzione dello

strumento, al rapporto segnale/rumore, agli agenti atmosferici, e da errori sistematici, il che si

traduce in rumore sulla nuvola di punti. Di conseguenza anche il TIN sarà rumoroso,

mostrando un andamento irregolare (Figura 3.13) piuttosto che una condizione ideale (Figura

3.12). Tale considerazione suggerisce quindi di non considerare le normali come elemento

utile alla segmentazione.

Figura 3.12 - Condizione ideale delle normali ai

triangoli di un TIN su dati lidar [Shorter and

Kasparis, 2006].

Figura 3.13 - Condizione reale delle normali per via del

rumore presente nei dati [Shorter and Kasparis, 2006].

L’algoritmo implementato per l’individuazione della falda può essere scomposto nei seguenti

step procedurali:

- Individuazione dei punti seme;

- Determinazione base delle falde;

- Raggruppamento di falde secondo principi di similitudine geometrica;

- Filtraggio ed eliminazione gruppi erroneamente classificati come falde;

- Riutilizzo di punti appartenenti a piccole sovrastrutture (comignoli o piccoli abbaini

non identificabili);

3.2.4.1 DETERMINAZIONE PRELIMINARE DEI PUNTI SEME

Il tipo di segmentazione applicata in questo lavoro richiede una prima individuazione di punti

seme da cui partire per la determinazione della singola falda. L’identificazione di questi punti

avviene partendo dal primo triangolo disponibile nella lista in cui essi sono registrati; ad esso

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

48

vengono aggiunti i tre triangoli connessi8 (quindi adiacenti con un lato in comune) che sono

stati denominati “triangoli adiacenti di I ordine” (vedi Figura 3.14): così facendo si arriva ad

ottenere fino un numero massimo di 6 vertici.

Figura 3.14 - Principio grafico del concetto di ”Ordine di adiacenza”.

Questa procedura continua individuando in sequenza i “triangoli adiacenti di II ordine” (cioè

gli adiacenti al I ordine) e così via a salire nell’ordine, fino ad ottenere un numero minimo di

punti stabilito, valore che, per default, è stato fissato in 10 punti.

Successivamente viene calcolato lo scarto quadratico medio delle distanze di questi punti dal

piano minimi quadrati. Il valore dello SQM calcolato stabilisce se i punti possono essere

considerati punti seme, in funzione di una soglia stabilita dall’operatore. Qualora la condizione

non fosse soddisfatta, la procedura riparte nuovamente dal successivo triangolo disponibile in

lista e reiterando l’operazione fino ad ottenere il soddisfacimento della condizione (vedi

sequenza in Figure 3.15a ÷ 3.15d).

8 La tabella delle adiacenze viene redatta mediante l’algoritmo delle “tabelle di Hash” che stabilisce le connessioni tra i vari

triangoli in base alle adiacenze tra gli stessi, dove per triangoli adiacenti si intende il lato comune a due triangoli. Questo algoritmo, che non sarà qui trattato, ha dimostrato un’ottima efficacia riducendo notevolmente i tempi di calcolo.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

49

Figura 3.15a - TIN iniziale di un singolo tetto Figura 3.15b - Primo gruppo di punti individuato:

scartato per superamento soglia SQM.

Figura 3.15c - Secondo gruppo di punti individuato:

scartato per superamento soglia SQM

Figura 3.15d - Terzo gruppo di punti individuato con

soglia SQM rispettata: validi come punti seme.

La scelta dei due parametri (numero minimo di punti e SQM) dovrà essere proporzionale alla

densità e alla rumorosità dei dati. Per quanto riguarda il primo parametro in particolare,

l’incremento diventa necessario al crescere della densità dei dati: infatti, a parità di numero di

punti, l’aumento della densità è inversamente proporzionale alla copertura e di conseguenza il

piano minimi quadrati risulterebbe determinato con precisione inferiore.

La determinazione dei punti seme e del relativo piano minimi quadrati consente quindi il

successivo passo della determinazione della falda mediante il principio del region-growing: il

processo di “crescita” seguirà un principio di ricerca del tutto simile a quello descritto

graficamente in Figura 3.14, e che sarà esposto più in dettaglio nel paragrafo successivo.

3.2.4.2 INDIVIDUAZIONE BASE DELLE FALDE

A partire dai triangoli seme, l’algoritmo prosegue nel processo di segmentazione espandendosi

nella ricerca agli altri triangoli adiacenti, seguendo il principio degli ordini di adiacenza

descritto nel paragrafo precedente. I triangoli così individuati risulteranno avere in parte un

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

50

vertice libero, e in parte vertici già classificati9: dei vertici liberi viene misurata la distanza dal

piano minimi quadrai e, qualora questa distanza risultasse al disotto di una soglia stabilita,

l’appartenenza del relativo triangolo alla falda in esame verrà confermata; diversamente il

triangolo viene contrassegnato e non più analizzato, se non per falde successive. I nuovi punti

aggiunti alla falda (nell’esempio in Figura 3.16 sono cerchiati in rosso) serviranno, assieme ai

precedenti, ad individuare un nuovo piano minimi quadrati. La procedura, reiterata più volte,

consente di individuare in prima battuta il segmento cercato (vedi sequenza Figura 3.17).

Figura 3.16 - Individuazione punti per ordini di adiacenza successivi9.

9 Sovente capita che durante la fase di “crescita” di un i-esimo segmento (dove per segmento, lo ricordiamo, si intende una falda) ci

si ritrovi in presenza di triangoli non classificati con almeno due triangoli adiacenti già appartenenti al medesimo segmento (triangoli viola in Figura 3.16): ciò significa che anche i suoi tre vertici apparterranno a quel segmento. In tale circostanza, per non effettuare controlli calcoli inutili, i suddetti triangoli vengono direttamente assegnati all’i-esimo segmento.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

51

Figura 3.17 - Sequenza dell’algoritmo di segmentazione per una singola falda.

Figura 3.18 - Due edifici collegati che presentano un

aspect simile e pendenze differenti su due falde.

Quando la procedura di ricerca (punti seme e region-growing) dovrà essere ripetuta per

identificare altri segmenti appartenenti al TIN in esame, si deve affrontare un ulteriore

problema: la presenza di triangoli condivisi tra le diverse falde. Ogni qual volta viene

identificato un segmento, i suoi triangoli assumono il codice della classe dello stesso, ma la

loro candidatura non deve essere privata ad ulteriori segmenti, il che significa che si ipotizza la

condizione appartenenza di un triangolo a più di un segmento. Questa condizione di incertezza

è risultata molto frequente in presenza di falde collegate con caratteristiche di aspect e

a b

c d

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

52

pendenze molto simili: in un caso specifico come quello mostrato in Figura 3.18, le situazioni

di doppia assegnazione di triangoli nella zona marcata in ciano sono praticamente una

costante.

Per quanto la via più logica e semplice per la risoluzione del problema possa sembrare quella

di ipotizzare una classificazione univoca imponendo un controllo sulla normale del triangolo,

in pratica si è rivelata una tecnica scadente per i medesimi problemi già esposti nel paragrafo

3.2.4. La strada seguita è stata quindi quella di utilizzare una soluzione ai minimi quadrati

“localizzata”, considerando nel calcolo i punti del triangolo candidato unitamente a quelli ad

esso connessi: il piano così individuato, confrontato con i piani già calcolati dei possibili

segmenti di appartenenza, permette un’assegnazione di appartenenza più precisa alla falda.

Figura 3.19 - Problemi di non omogeneità al termine della prima segmentazione.

3.2.4.3 RAGGRUPPAMENTO DI FALDE

Il metodo di individuazione delle falde sin qui descritto porta ad un risultato iniziale non

ancora ben definito. Osservando i risultati riportati nelle Figure 3.19 e 3.20, si può infatti

notare come i segmenti principali siano stati correttamente individuati, ma nel contempo è

evidente la presenza di alcune disomogeneità, seppur circoscritte in determinate zone10, nei

segmenti individuati.

10 Come già discusso nei capitoli precedenti, la diversità degli oggetti colpiti dal laser e/o l’angolo di incidenza del fascio con la

superficie colpita, influiscono nella precisione del dato e quindi nel rumore che presenta la nuvola di punti in quella determinata zona. Per un tetto, supposto che non ci siano differenze per il materiale di cui è composta la copertura, l’angolo di incidenza sarà senz’altro diverso da falda a falda, producendo risultati di diversa precisione, il che è causa dei problemi di disomogeneità evidenziati.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

53

Figura 3.20 - Sovrasegmentazione di una falda e confronto con ortofoto

Figura 3.21 - Confronto prima/dopo nell’applicazione delle function di raggruppamento

Per ovviare al problema, sono state implementate una serie di function in grado di

analizzare i segmenti ottenuti per ogni tetto e ottimizzare il risultato. Si prenda in esame la

Figura 3.20: confrontando il risultato della segmentazione (a sinistra) con l’ortofoto (a

destra), è evidente che la falda è stata mal identificata, ovvero si è in presenza di

sovrasegmentazione.

L’analisi viene eseguita verificando sempre i segmenti per coppie, confrontando posizione

reciproca e orientamento relativo dei due piani in modo da stabilire se questi vadano uniti o

meno. Il controllo sull’orientamento relativo viene verificato con la differenza angolare

αΔ tra le due normali ai piani minimi quadrati dei due segmenti, dove T

1 2

1 2

1 2

arccosa ab bc c

α

⎛ ⎞⎡ ⎤ ⎡ ⎤⎜ ⎟⎢ ⎥ ⎢ ⎥Δ = ⋅⎜ ⎟⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎜ ⎟⎢ ⎥ ⎢ ⎥⎜ ⎟⎣ ⎦ ⎣ ⎦⎝ ⎠

.

Se questo valore risulta essere al disotto della soglia minima stabilita (che nel peggiore dei

casi è bene non superi i 4° ÷ 5°), si passa al controllo della posizione reciproca dei piani.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

54

Questa verifica viene eseguita semplicemente calcolando i baricentri dei due piani (come

media dei punti laser associati ai due segmenti) e misurando la distanza del baricentro del

primo piano dal secondo piano e viceversa: dai test effettuati, è stato appurato che i valori

di massima da applicare per questa soglia devono generalmente tenersi al di sotto di

20 25 cm÷ . L’adempimento di queste due condizioni permetterà di calcolare un nuovo

piano minimi quadrati con i punti di entrambi i segmenti, a totale sostituzione dei

precedenti due piani (vedi Figura 3.21). Poiché le componenti dei piani vengono di fatto

variate, è necessario rieseguire l’algoritmo dall’inizio, presumendo la possibilità di un

ulteriore accorpamento non identificato nei controlli precedenti.

La procedura appena descritta viene applicata anche laddove i due segmenti non

condividessero alcun punto (Figura 3.22): in questo caso l’algoritmo verifica che la

distanza tra i due segmenti sia sotto una tolleranza stabilita (si usano per semplicità i punti

delle due frontiere) e quindi calcola un piano minimi quadrati unico, alla stessa maniera del

caso precedente (seppur con soglie più restrittive) ma conservando nel contempo le due

classi originarie. Questo accorgimento si è reso necessario per scongiurare controlli più

complessi che sorgerebbero nell’individuazione delle linee fondamentali del tetto (linee di

colmo, di displuvio, ecc.).

Figura 3.22 - Presenza di segmenti simili in aspect e pendenza senza punti laser in comune.

A conclusione delle operazioni di deframmentazione finora descritte, viene applicato un

filtro intermedio prima di proseguire con la generazione dei modelli. Segmenti relativi ad

oggetti piccoli quali comignoli, piccoli abbaini, alberi, ecc., vengono identificati ed

eliminati mediante la misura della loro area (come somma dell’area dei triangoli che ne

fanno parte) e confrontandola con il parametro minimo stabilito dall’operatore. Sebbene

l’idea di modellare automaticamente tali particolari (che sono pur sempre di importanza

nettamente inferiore rispetto all’edificio principale) sia obiettivamente molto ambiziosa,

sarebbero necessari dati molto più densi e più precisi: allo stato attuale, nella maggior parte

dei casi i punti relativi a questi oggetti rimangono inutilizzati. Tuttavia, come si vedrà nel

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

55

paragrafo successivo, di detti punti si è fatto tesoro impiegandoli in maniera alternativa in

modo da agevolare le procedure di regolarizzazione dei contorni esterni.

3.2.4.4 RIUTILIZZO DEI PUNTI ESCLUSI

La prassi di estrazione automatica del profilo esterno finale (quindi totalmente rifinito)

passa in genere per una fase di estrazione e regolarizzazione intermedia del profilo grezzo

estratto con tecniche differenti. Durante la fase di segmentazione ci si è talvolta imbattuti in

tetti le cui sovrastrutture (comignoli fondamentalmente) si trovavano ai bordi dello stesso

(Figura 3.23); i punti che hanno colpito tali oggetti non sono di interesse e di conseguenza

vengono eliminati in fase di segmentazione. Tuttavia, la posizione ai bordi del tetto è una

condizione critica: cancellando questi punti, inevitabilmente si avranno dei “vuoti” nella

falda (Figura 3.24), vuoti che richiederanno maggiore attenzione nella generazione dei

profili o che addirittura potrebbero condurre ad un profilo errato, specie se si opera con

LoD medio alti.

Figura 3.23 - Esempio di tetto con sovrastrutture all’altezza dei bordi.

Figura 3.24 - “Buchi” e irregolarità visibili sulle falde dopo l’eliminazione dei punti relativi a sovrastrutture.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

56

Sulla base di quanto detto, si è quindi pensato di non cancellare questi punti, bensì di

riutilizzarli in maniera più proficua. La function implementata identifica inizialmente i

triangoli che al termine della fase di segmentazione non risultano classificati: tra questi

triangoli verranno scelti tutti quelli che mettono in relazione i punti relativi ai segmenti

trovati con i punti in precedenza estromessi. Viene variata la posizione in quota di questi

ultimi, assegnando come nuovo valore di Z quello del suo punto proiettato sul piano

immediatamente sottostante.

Non va tuttavia dimenticato che un punto può essere collegato a più di un segmento per

volta, e di conseguenza è necessario stabilire dei criteri che ne stabiliscano l’univocità di

appartenenza; in secondo luogo va detto che la function in questione è di tipo iterativo,

quindi serve stabilire una condizione restrittiva perché l’algoritmo non “derivi” in presenza

di punti che vadano al di fuori del tetto (es: alberi molto vicini al tetto) classificandoli

erroneamente.

Queste due problematiche sono state risolte impostando due semplici criteri:

- verifica della quota del punto rispetto al piano, misurata lungo la verticale del punto;

- utilizzo del poligono convesso del piano falda per delimitare l’area di ricerca.

Per quanto riguarda il primo vincolo, poiché l’idea di base è il recupero di punti relativi a

sovrastrutture, è ovvio che il punto dovrà trovarsi necessariamente al di sopra dei segmenti

connessi: di conseguenza, in presenza di più falde candidate, il punto assumerà la classe di

quella immediatamente al disotto (sempre mediante la classificazione del relativo

triangolo). Per evitare invece l’accorpamento punti che non abbiano alcuna attinenza con il

tetto, la ricerca dei punti connessi viene limitata (planimetricamente) ai poligoni convessi

contenenti i punti dei segmenti candidati. L’unico caso particolare riguarda i segmenti

raggruppati per i quali sia stato stabilito un unico piano minimi quadrati (cfr. paragrafo

3.2.4.3): in questo caso si utilizza un unico poligono convesso contenente entrambi i gruppi

di triangoli.

Figura 3.25 - profilo del piano falda e dei relativi triangoli: in alto e in basso le due condizioni

del TIN della falda, rispettivamente prima e dopo aver applicato il metodo descritto.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

57

Figura 3.26 - Conformazione delle falde prima (a sinistra)

e dopo (a destra) aver applicato il metodo.

3.2.5 ESTRAZIONE LINEE E NODI CARATTERISTICI DEL TETTO

Successivamente al processo di segmentazione, si passa all’estrazione delle linee

caratteristiche del tetto (linee di colmo, di displuvio, ecc.), necessarie alla generazione del

modello definitivo. Per raggiungere tale scopo si devono stabilire innanzitutto le relazioni

topologiche dei segmenti, ovvero rilevare le relazioni di adiacenza presenti tra le varie falde

del tetto: secondo il metodo proposto, un segmento potrà dirsi connesso ad un altro segmento

soltanto qualora essi abbiano uno o più punti in comune.

La procedura implementata consta di tre livelli operativi sequenziali, il primo dei quali non è

vincolante al prosieguo degli altri:

1. identificazione dei nodi caratteristici mediante intersezione di triplette di piani;

2. estrazione di linee fondamentali con relativi punti di inizio e fine intersecando coppie

di piani;

3. collegamenti tra linee e nodi complanari;

1. L’adempimento del primo punto si ottiene semplicemente individuando le triplette di

falde che hanno punti in comune tra loro e quindi intersecandole tra di loro. Il sistema tuttavia

potrebbe essere mal condizionato, in funzione dell’orientamento reciproco dei piani delle

falde. La soluzione a questo tipo di problema viene data mediante il calcolo del numero di

condizionamento della matrice disegno, cioè della matrice dei coseni direttori dei piani: in

calcolo numerico, questo numero è dato dal rapporto tra il più grande ed il più piccolo valore

singolare della matrice disegno. L’intersezione tra la generica tripletta viene eseguita solo nel

caso in cui si ottengano valori bassi del numero di condizionamento (un valore pari a 10 è un

ottimo compromesso) e quindi il sistema può dirsi ben condizionato. Il nodo ottenuto (vedi

esempio Figura 3.27) viene di seguito definito punto di 1° livello

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

58

Figura 3.27 - Identificazione punti di 1° livello

2. In maniera simile al primo step, si devono stabilire le coppie di piani che hanno tra loro

punti laser in comune, in modo da identificare quali siano i piani che devono essere intersecati

tra loro. I coseni direttori della retta ( , , )a b c ed i valori 0 0 0( , , )x y z tipici delle equazioni

parametriche di una retta nello spazio

0

0

0

x x ay y bz z c

ρρρ

= + ⋅

= + ⋅= + ⋅

.

vengono calcolati utilizzando le proprietà degli spazi nulli (molto comuni nell’algebra lineare),

identificando così univocamente la retta cercata.

Per calcolare le coordinate dei due punti sulla retta che daranno luogo al segmento cercato,

sarà necessario determinare i due valori del parametro ρ da inserire nelle equazioni. Vengono

innanzitutto calcolate le due polilinee chiuse che racchiudono le due generiche falde implicate

nel calcolo: queste polilinee si ottengono individuando i lati liberi (senza adiacenze) dei

triangoli più esterni della falda e ricostruendo la sequenza ordinata dei lati stessi. Mediante un

buffer cilindrico, avente il suo asse coincidente con la retta prima trovata, vengono individuati

i punti delle due polilinee più vicini alla retta stessa: ognuno di questi punti, proiettati

ortogonalmente sulla retta, individua un preciso valore del parametro ρ.

La dimensione del segmento finale viene calcolata in modo tale che il segmento sia presente

laddove ci sia la compresenza dei punti di entrambe le falde. Per poter arrivare al risultato, si

suddividono i valori del suddetto parametro in due classi, in base alla relativa polilinea di

appartenenza; dopodiché si individuano quattro valori fondamentali del parametro ρ, due per

ogni classe, che sono:

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

59

1

1

2

2

valore minimo prima classe

valore massimo prima classe

valore minimo seconda classe

valore massimo seconda classe

min

max

min

max

ρ

ρ

ρ

ρ

=

=

=

=

Poiché soltanto due sono i valori da prendere in considerazione, vengono stabiliti quattro

criteri di scelta rappresentati graficamente nelle Figure 3.28a, 3.28b, 3.28c, 3.28d, criteri che

consentono di stabilire i punti finali, detti punti di 2° livello. Come si può notare in definitiva,

la scelta ricade sempre nella zona della retta in cui sono presenti i punti di entrambe le

polilinee.

Figura 3.28a - Caso I: segmento individuato dai valori 2

minρ e 2maxρ

Figura 3.28b - Caso II: segmento individuato dai valori 1

minρ e 1maxρ

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

60

Figura 3.28c - Caso II: segmento individuato dai valori 1

minρ e 2maxρ

Figura 3.28d - Caso II: segmento individuato dai valori 2

minρ e 1maxρ

Va tuttavia puntualizzato che questi segmenti, nei passi successivi, potranno essere soggetti ad

ulteriori variazioni che ne modificheranno la posizione dei vertici, senza tuttavia alterare

l’orientamento e la posizione della retta contenente il segmento.

3. Una volta calcolate le posizioni e le dimensioni dei segmenti, vanno creati gli opportuni

collegamenti tra i segmenti ed i nodi trovati al punto 1., e devono essere stabilite le giunzioni

tra segmenti consecutivi. Per ognuno dei punti di 1° livello, si verifica la presenza di altri punti

nelle vicinanze dello stesso: il generico punto trovato, che sarà un punto di 2° livello, viene

“agganciato” al nodo in esame dopo aver verificato l’appartenenza del nodo alla retta

contenente il segmento. Quando questa verifica, che si applica semplicemente inserendo le

coordinate del nodo nell’equazione della retta, genera un piccolissimo residuo, quest’ultimo è

imputabile all’errore di round-off tipico dei calcolatori: l’algoritmo implementato ne tiene

conto ammettendo errori fino ad un ordine di 510− .

Nella seconda parte si verifica la possibilità che due segmenti possano essere collegati

sequenzialmente: si analizza per ogni vertice di 2° livello l’esistenza di altri vertici di 2° livello

nelle vicinanze, in maniera del tutto simile a quanto avvenuto per quelli di 1° livello. Se due

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

61

punti di 2° livello si trovano vicini tra loro, e se i segmenti corrispondenti sono complanari, le

rette contenenti i due segmenti coinvolti vengono intersecate, generando un nuovo punto, detto

punto di 3° livello: se tale punto non risulterà eccessivamente lontano da entrambi i vertici di

2° livello coinvolti (condizione molto probabile se le due rette sono molto convergenti), esso

sostituirà entrambi i punti di 2° livello, in modo da generare un’unica spezzata di tre vertici

totali.

Figura 3.29 - Punti e segmenti trovati con la procedura descritta

3.2.6 FASI PER LA GENERAZIONE DEL MODELLO.

Gli algoritmi di segmentazione automatica finora proposti dalla comunità scientifica

impegnata nel 3d building modelling hanno, ad oggi, conseguito un buon livello nei risultati.

La sfida tuttora aperta invece riguarda l’implementazione di algoritmi che siano in grado di

ricostruire automaticamente le linee di contorno dei singoli tetti. Generalmente si segue una

prassi di rasterizzazione dei dati laser applicando quindi algoritmi di image processing

[Rottensteiner, 2003], oppure si lavora direttamente sulla nuvola di punti già sottoposta a

segmentazione (senza che ci sia una degradazione del dato) [Oude Elberink and Vosselman,

2009, Sampath and Shan, 2007]. Nel secondo caso, alcuni degli approcci che mirano

all’identificazione dei contorni esterni del tetto, ivi incluso quello presentato in questo lavoro,

tendono ad estrarre una frontiera esterna iniziale più o meno irregolare, smussare le irregolarità

con operazioni di filtraggio, ed infine estrarre la polilinea semplificata che abbia un numero

minimo di vertici indispensabili a descrivere la caratteristica dell’edificio. Nel ricostruire il

profilo esterno non si può tuttavia prescindere da alcune ipotesi, cioè delle forzature

sull’andamento del profilo (perpendicolarità tra tratti di polilinea successivi, parallelismo

rispetto ad orientamenti prevalenti, ecc.), applicate poi in maniera più o meno localizzata, il

che porta di conseguenza ad un modello più o meno generalizzato.

Nel lavoro svolto si propone una soluzione più localizzata, impostata sull’idea di regolarizzare

le singole falde prima di tutto e poi ad adattarle, con particolari accorgimenti, per ottenere il

modello del tetto completo. Il metodo è stato pensato in maniera tale da ridurre al minimo le

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

62

ipotesi sulla geometria del modello, con l’intenzione di poter modellare anche edifici che

abbiano architetture anche più complesse di quelle “canoniche”.

3.2.6.1 PROFILI ESTERNI ED UTILIZZO DELLE LINEE CARATTERISTICHE.

Con l’estrazione delle linee caratteristiche del tetto, sarà possibile ottenere, come si vedrà

nel presente paragrafo, una prima conformazione grezza del tetto da modellare.

Sebbene si sia già estratto un profilo esterno estratto utilizzando i lati liberi del TIN, esso

presenta in certi casi delle irregolarità pronunciate; ciò ha indotto a cercare un metodo

alternativo per l’estrazione di tali profili, sempre usando il TIN del singolo segmento:

queste irregolarità infatti possono comportare complicazioni nella determinazione del

profilo finale operata nei paragrafi a seguire. Il metodo scelto è l’algoritmo α-shape: tale

algoritmo, a partire da una nuvola di punti irregolare, è in grado di estrarre le frontiere della

nuvola di punti, in maniera più o meno approssimata in funzione del parametro α scelto,

che ne determina quindi il grado di dettaglio (o di approssimazione). Il parametro α va

scelto non solo in funzione del livello di approssimazione che si intende dare alla frontiera,

ma anche in funzione della densità dei punti. Il funzionamento è alquanto semplice: si

immagini un set di punti S su di un piano11, ed una circonferenza di raggio α che ruoti

attorno al set di punti (vedi Figura 3.30).

Figura 3.30 - Principio di funzionamento dell’algoritmo α-shape

Partendo da un generico punto dell’insieme S e facendo ruotare la circonferenza attorno ad

esso, si ottiene una condizione per cui la circonferenza passa per un secondo punto del set

di dati generando così il primo tratto di frontiera (in Figura 3.31 questo è il tratto 1).

11 L’algoritmo α-shape è stato implementato inizialmente per l’utilizzo bidimensionale. La versione in 3D è stata sviluppata più di

recente utilizzando, com’è facile intuire, sfere al posto di circonferenze. Nell’algoritmo presentato in questo lavoro viene utilizzata la versione 2D.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

63

Figura 3.31 - Identificazione del primo tratto di frontiera

Va però sottolineato che il tratto di polilinea viene generato a patto che la circonferenza non

abbia altri punti al suo interno: come si può vedere dalla Figura 3.32, dove sono

rappresentate le possibili posizioni della circonferenza per il punto iniziale preso in esame, i

tratti identificati saranno soltanto quelli relativi alle due circonferenze verdi. Le restanti

circonferenze rosse, poiché al loro interno ricadono ulteriori punti di S, non possono

generare alcun tratto di frontiera. È interessante notare a tal proposito una stretta analogia

con il principio della triangolazione di Delaunay.

Figura 3.32 - I due tratti trovati sono relativi alle due circonferenze verdi;

le circonferenze rosse non ne identificano alcuno.

Come accennato pocanzi, il valore del parametro α, e cioè del raggio della circonferenza,

influenza la forma finale della polilinea. Una circonferenza con raggio piccolo, o tendente a

zero ( 0α → ) porterà alla generazione di più polilinee o, al più, alla condizione in cui

alcuni tratti, o addirittura tutti, degenerano in un punto (quando la circonferenza, ruotando,

non trova alcun vertice a cui collegare il punto attorno al quale ruota). Al contrario, se si

usa un raggio molto grande (α →∞ ), si avrà un’unica polilinea che corrisponderà al

poligono convesso contenente l’intero dataset di punti. La Figura 3.33 mostra la frontiera

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

64

finale una volta ultimata la ricerca dei tratti con l’algoritmo in questione. La Figura 3.34

mostra un altro esempio di applicazione dell’algoritmo in cui sono state identificate due

polilinee, che descrivono molto verosimilmente la forma dell’oggetto.

Figura 3.33 - Frontiera finale e relative circonferenze che hanno dato luogo alla frontiera.

Figura 3.34 - Altro esempio di applicazione dell’algoritmo α-shape: in questo caso

sono state identificate due polilinee.

Utilizzando l’algoritmo α-shape sui punti laser, preventivamente proiettati sul piano minimi

quadrati per lavorare in due dimensioni, si ottengono i casi descritti nelle figure precedenti,

cioè con più frontiere per falda. Soffermandoci su quest’ultima affermazione, va

evidenziato come le frontiere interne sul piano di una falda possono essere state originate

dalla presenza di superfici vetrate sufficientemente vaste, o da ostacoli estesi presenti sul

tetto all’istante del rilievo, o ancora da sovrastrutture al di sopra della falda (abbaini per

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

65

esempio). La rimozione di queste frontiere non comporta quindi errori ai fini della

generazione del modello, che presenterà quindi falde “piene” laddove erano state rivelate

frontiere interne: inoltre la presenza di oggetti modellabili come ad esempio gli abbaini

(funzione della risoluzione dei dati di cui si dispone e dell’estensione dell’oggetto stesso)

completa correttamente la geometria globale del modello del tetto. La compilazione di una

function di controllo che verifichi quindi il numero di vertici delle frontiere ottenute o

ancora meglio l’area dei poligoni generati, è stata sufficiente a discriminare la frontiera

corretta.

Figura 3.35 - Applicazione dell’algoritmo α-shape ad un caso reale: a sinistra in rosso

le frontiere originali, a destra in verde le stesse frontiere regolarizzate

Una volta regolarizzate le frontiere delle falde (Figura 3.35), ognuna di esse viene

ulteriormente modificata: i vari segmenti trovati con le intersezioni delle falde nel paragrafo

precedente, vanno a sostituire parzialmente le frontiere già regolarizzate. Ognuno dei

segmenti trovati, oltre ai parametri relativi alle coordinate dei due vertici, conserva sempre

le informazioni relative ai codici delle due falde che lo hanno generato: con questo

accorgimento si può facilmente intervenire sulle sole falde di competenza di ogni

segmento. I calcoli vengono eseguiti utilizzando sistemi di riferimento locali, sistemi i cui

assi di ascisse e ordinate giacciono sui singoli piani minimi quadrati delle falde generati

durante la segmentazione (cfr. paragrafo 3.2.4): i parametri a, b, e c del piano ed il punto

medio calcolato con i punti laser relativi alla falda, consentono facilmente di calcolare i 7

parametri di rototraslazione dal sistema globale ad ognuno dei sistemi locali. Per ciascuno

dei segmenti si verificano i quattro punti (due per falda) delle due frontiere, più prossimi ai

due vertici del segmento. Determinati questi quattro punti, le due frontiere vengono

suddivise in due parti ciascuna, una delle quali sarà quella da sostituire poi con il segmento.

La soluzione a questa ambiguità si ottiene valutando le distanze dei punti dei due tratti di

frontiera dal segmento; stabilita una soglia per la distanza, si può calcolare per ogni tratto la

percentuale di punti la cui distanza è al di sotto di questa soglia: il tratto con la maggior

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

66

percentuale di punti sarà quello da sostituire. Un risultato dell’applicazione di questo

metodo è mostrato in Figura 3.36.

Figura 3.36 - Risultato dopo l’inserimento dei segmenti caratteristici del tetto

3.2.6.2 REGOLARIZZAZIONE TRATTI ESTERNI DELLE FALDE

Sebbene le linee caratteristiche di un tetto (linee di colmo, displuvio, compluvio, ecc)

possano essere calcolate con precisioni adeguate, non si può dire lo stesso per ciò che

riguarda le linee di gronda. Il punto cruciale nella modellazione 3d di edifici rimane, infatti,

l’identificazione dei contorni esterni dei tetti. Nell’ambito della ricerca in oggetto, si è

cercato di mettere a punto un metodo per l’identificazione delle linee di gronda per ogni

singola falda del tetto. La scelta di non utilizzare, almeno fino a questo punto, un tipo di

algoritmo che elaborasse il risultato in base alla conformazione dell’intero tetto, è stata

indotta dalla volontà di individuare tetti più o meno complessi senza utilizzare forme di tetti

prestabilite. Lo step iniziale per l’individuazione delle linee di gronda è lo studio della

conformazione dei tratti di frontiere non regolarizzate con i metodi finora descritti: la

procedura mira quindi all’individuazione dei nodi fondamentali della frontiera esterna,

punti in cui la frontiera cambia sostanzialmente direzione.

A tale scopo sono state messe a punto due strategie di lavoro: una prima basata

sull’algoritmo RANSAC (RANdom SAmple Consensus) [Fischler and Bolles, 1981], ed una

seconda basata su una versione modificata del metodo SLEEVE-FITTING [Lach and

Kerekes, 2008, Zhao and Saalfeld, 1997].

L’algoritmo RANSAC è un algoritmo iterativo particolarmente efficace, in grado di stimare

i parametri di un modello matematico in presenza di un set di osservazioni in cui sono

presenti outliers. È un metodo di tipo non-deterministico, ragion per cui è in grado di

fornire un risultato attendibile solo con una certa probabilità, probabilità che tende ad

aumentare qualora si incrementi il numero di iterazioni. Il principio di funzionamento

dell’algoritmo parte dall’ipotesi che un set di dati sia costituito da inliers, la cui

distribuzione è tale da poter essere descritti mediante qualche modello matematico (una

retta, un piano, ecc.), e da outliers che non si adattano al modello. Questi ultimi possono

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

67

essere generati da rumore nei dati, errori nelle misure, o altri fattori di disturbo. La

peculiarità del RANSAC sta nella capacità di riuscire ad individuare i parametri del modello

escludendo gli outliers durante il calcolo.

Figura 3.37 - Principio di funzionamento dell’algoritmo RANSAC

La Figura 3.37 mostra un esempio in 2D in cui sono presenti inliers, che possono essere

approssimati da una retta, e outliers, che invece non devono rientrare nel calcolo della retta.

Se si applicasse il metodo ai minimi quadrati per trovare la retta che approssimi al meglio il

set di dati, essa produrrebbe un risultato poco attendibile, poiché fortemente influenzato

dalla presenza di un ingente numero di outliers12. Il RANSAC, al contrario, è in grado di

escludere gli outliers e di generare una retta che approssimi unicamente i punti inliers,

ottenendo così risultati più soddisfacenti (Figura 3.35b).

L’algoritmo RANSAC viene utilizzato in questo lavoro per l’ottimizzazione della parte

esterna di frontiera delle falde. Mediante l’α-shape le varie frontiere sono state sottoposte

ad un processo di smoothing per renderle meno irregolari, ma non ottimizzandole al punto

tale da ridurre al minimo il numero di punti necessari per rappresentarle.

Sulla base di quanto esposto sul funzionamento del RANSAC e sulla base dell’esempio

grafico riportato in Figura 3.35b, a partire da un set di punti S l’algoritmo è in grado di

identificare gli inliers che saranno approssimati da una retta (il modello matematico del

caso in esame). La frontiera esterna di una qualsivoglia falda da ottimizzare, in generale

non può essere approssimata con un solo tratto di retta. Si prenda, ad esempio, un modello

di edificio con tetto a due falde (Figura 3.38); la linea di colmo si ottiene mediante

l’intersezione delle due falde, ma ogni falda, come nel modello in esempio, è determinata

da una polilinea chiusa a quattro lati: ciò significa che dovranno essere identificati tre lati

dalla frontiera esterna.

12 Nel campo delle misure topografiche ed in particolare durante il trattamento delle misure in fase di post-processsing, è possibile

imbattersi in errori grossolani sulle misure (quindi in outliers), benché in quantità sempre molto limitata. Per identificare le misure affette da tale errore durante il calcolo ai minimi quadrati, si esegue quello che viene chiamato test del residuo normalizzato o test di Baarda. Questo tipo di approccio per l’identificazione di outliers è tuttavia valido limitatamente a pochissimi punti, e consente di individuare soltanto una misura errata per volta.

ba

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

68

Figura 3.38 - Modello di edificio con tetto a due falde.

Nel metodo proposto, l’ottimizzazione delle frontiere mediante il RANSAC diviene

possibile applicando l’algoritmo secondo una ben determinata procedura. L’algoritmo viene

applicato inizialmente ai tratti di frontiera non ancora regolarizzati, il che porta, per il

singolo tratto in esame, all’identificazione degli inliers. Dopo aver identificato questi punti,

che presumibilmente identificano un tratto di frontiera da approssimare con una retta,

l’algoritmo viene eseguito nuovamente, utilizzando in input i soli outliers dell’iterazione

precedente. L’algoritmo viene quindi fermato allorquando gli outliers rimasti siano un

numero talmente esiguo da non poter essere più utili per l’estrazione di ulteriori

informazioni.

La Figura 3.39 mostra il profilo di una falda relativa ad un edificio a due falde: la linea

verde è la linea di colmo ottenuta con l’intersezione della falda in figura con quella opposta

(non visibile in figura); la polilinea rossa identifica invece il profilo esterno che deve essere

ottimizzato. Com’è facilmente intuibile, questa falda dovrebbe essere semplificata con una

polilinea a 8 tratti rettilinei, uno dei quali già ricavato con l’intersezione tra falde.

Applicando quindi il RANSAC secondo la metodologia iterativa prima descritta, si perviene

all’identificazione dei vari tratti che andranno a comporre la falda.

Figura 3.39 - Modello di edificio con tetto a due falde.

La Figura 3.40 mostra il risultato dell’applicazione ricorsiva dell’algoritmo RANSAC per

la frontiera di Figura 3.37.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

69

Figura 3.40 - Procedura di identificazione dei tratti rettilinei della falda

in Figura 3.37 mediante l’algoritmo RANSAC

a b

c d

e f

g h

outlier

outlier

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

70

I punti in blu evidenziati nei vari fotogrammi di Figura 3.38 identificano gli inliers trovati

di volta in volta. Negli step successivi, questi inliers vengono rimossi dal calcolo (i punti

vengono evidenziati in nero) e si ripete il calcolo fino a raggiungere la condizione di fine

iterazioni, stabilita in base al numero di outliers ancora disponibili nel calcolo.

Soffermandosi sul fotogramma c, è possibile notare come l’algoritmo abbia identificato una

serie di punti che non sono sequenziali: il RANSAC infatti prescinde totalmente dalle

relazioni topologiche tra di essi. La conoscenza a priori, come nel nostro caso, della

sequenza dei punti che compongono la frontiera, permette comunque di identificare i

blocchi di punti intervallati da outliers (punti da intendersi outliers per quel preciso step) e

quindi di trattarli separatamente in seguito. Lo stesso risultato si manifesta nei fotogrammi

d e g, ma in questo caso il tipo di intervento attuato è differente; mentre nel caso precedente

i punti erano intervallati da un numero elevato di outliers (il che lasciava presagire la

possibilità che ulteriori tratti rettilinei potessero essere identificati), in questo caso è stato

identificato un punto in mezzo ad altri inliers, e di conseguenza non verrà più considerato

nei calcoli successivi, né per il RANSAC né tantomeno per l’identificazione di tratti di retta

visibili nel fotogramma h.

Durante i test eseguiti l’algoritmo ha dimostrato di essere efficace per l’identificazione di

tratti abbastanza lunghi, mentre ha presentato difficoltà ad identificare tratti di linea

composti da pochi punti. Una tecnica adottata per migliorare la qualità di tale risultato è

stata quella di intensificare la polilinea aggiungendo ulteriori vertici tra un vertice e l’altro:

benché l’aumento dei punti non apporti informazioni aggiuntive sulla conformazione del

profilo, l’algoritmo ha fornito risultati diversi identificando, nella maggior parte dei casi, i

tratti rettilinei con maggior precisione. La caratteristica di non essere un algoritmo di tipo

deterministico e di basarsi su un’inizializzazione di tipo casuale (da qui la prima parte

dell’acronimo RAN - Random) ha messo in evidenza la possibilità di non ottenere sempre li

stessi risultati: capita, infatti, che tale algoritmo fornisca risultati diversi in diverse

esecuzioni, sebbene i dati di input siano gli stessi.

Il secondo metodo adottato si rifà all’algoritmo denominato SLEEVE-FITTING presentato

per la prima volta da [Zhao and Saalfeld, 1997] e ripreso in seguito con qualche modifica

da [Lach and Kerekes, 2008]. A differenza del RANSAC, questo algoritmo è deterministico,

e quindi non presenta il problema di duplicità su esecuzioni successive.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

71

Figura 3.41 - Funzionamento del metodo SLEEVE FITTING [Lach and Kerekes, 2008]

L’algoritmo originale parte da una sequenza di punti ordinata, simile quindi al problema

della frontiera di una falda da regolarizzare. Inizialmente si considerano il primo ed il terzo

punto della sequenza, quindi i punti 1P e 3P di Figura 3.41a, che si congiungono con un

segmento; successivamente si verifica la distanza del punto intermedio 2P dal segmento

stesso. La dimensione della “Manica” (dall’inglese SLEEVE), adeguatamente impostata a

priori, indica la tolleranza sulla distanza che il punto intermedio deve rispettare perché il

metodo non si blocchi: se il punto rientra nella tolleranza, come nell’esempio in figura, si

prosegue al passo successivo unendo il punto 1P con 4P e verificando la distanza dei punti

intermedi 2P e 3P dal segmento. L’algoritmo procede fino a quando uno dei punti

intermedi non rispetta più la tolleranza (come in Figura 3.41b): la distanza del punto

incriminato dal segmento viene detta “Distanza Critica”, che stabilisce così nel segmento

1 4PP il primo tratto di retta che regolarizza la sequenza di punti. L’ultimo punto inserito

nella sequenza (il punto 4P quindi) sarà il punto d’inizio per la ricerca del tratto successivo,

che partirà quindi con il segmento 4 6P P e ripeterà la procedura. La prima versione

dell’algoritmo considera quindi i punti intermedi solo come dei flag (dentro/fuori) le cui

distanze stabiliscono la criticità o meno del sistema, e cioè se la ricerca deve essere fermata.

Un sistema del genere non è quindi da ritenersi un sistema accurato poiché di fatto il tratto

semplificato viene identificato solo dai due estremi, non considerando affatto tutti gli altri

punti. Gli stessi autori [Lach and Kerekes, 2008] propongono una modifica al metodo

utilizzando la regressione ortogonale come semplificazione del tratto identificato; le rette

dei tratti consecutivi trovati vengono quindi utilizzate per una determinazione, più rigorosa

del metodo originario, degli angoli della polilinea mediante la loro intersezione reciproca.

La modifica proposta in questo lavoro prevede due variazioni al metodo originale: la prima

inerente al criterio di ricerca in base alla distanza critica, l’altra relativamente alla forma del

buffer scelto. Per quanto concerne la prima modifica si è visto che il metodo originario

identifica i tratti di polilinea da semplificare al momento in cui viene trovata una distanza

b a

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

72

critica: questo però non permette di capire se questa distanza critica è dovuta ad una

variazione reale dell’andamento della polilinea, o se si tratta di uno o due punti che non

rientrano nel buffer e che quindi possono essere esonerati dal generare un tratto a se stante.

Se si osserva la Figura 3.42, seguendo la teoria originaria, l’unione del primo punto con il

punto A genera delle distanze critiche e quindi il segmento trovato si ferma al punto

precedente. Osservando però i vertici successivi si può notare che i veri outliers sono i

punti A e B, e che il tratto di polilinea successivo, dal vertice C in poi, ha in pratica lo stesso

andamento del tratto iniziale: ciò vuol dire che i vertici afferenti al tratto iniziale che arriva

fino ad A ed al tratto finale da C in poi possono essere semplificati da un’unica linea.

Figura 3.42 - Esecuzione del metodo SLEEVE-FITTING

successivamente alla prima modifica

Per quanto riguarda la prima modifica, è stato inserito un contatore di distanze critiche

relativamente ad ogni vertice, presumendo che un vertice che generi una distanza critica

possa non generarla negli step immediatamente successivi, e quindi possa essere un vertice

outlier. Osservando la Figura 3.43, quando il buffer arriva al punto C, prosegue sul tratto di

polilinea seguente identificando così le distanze critiche più corrette. Il processo “spezza”

la polilinea quando la distanza critica su di un punto si verifica oltre un dato numero di

volte, numero che di default è pari a 4: con questa modifica i vertici che prima avevano

generato le distanze critiche (Figura 3.42) non fermano la ricerca successiva perché, con il

proseguire della sequenza, essi rientrano nel buffer, non superando così il numero minimo

di distanze critiche.

Figura 3.43 - Risultato del metodo SLEEVE-FITTING con la prima modifica

Sebbene la modifica proposta possa sembrare la soluzione, essa, come si vedrà, lo è

soltanto in parte. Tornando nuovamente sulla Figura 3.43, dopo un certo numero di

distanze critiche misurate da un medesimo punto, il processo si ferma individuando un

singolo tratto di polilinea: nell’esempio riportato quindi, la ricerca non arriverebbe fino

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

73

all’ultimo vertice, ma si fermerebbe prima, perché con il prosieguo della sequenza si

conterebbero più di quattro distanze critiche per i punti A e B. La seconda modifica

interviene quindi per risolvere questo problema, andando a variare la forma del buffer

stesso. È stato scelto un buffer con forma trapezoidale (Figura 3.44), per cui le dimensioni

riguardano la base minore del trapezio isoscele e l’angolo α che i due lati del trapezio

formano rispetto all’altezza.

Figura 3.44 - Applicazione del metodo SLEEVE-FITTING con il buffer trapezoidale

Figura 3.45a - Situazione al primo vertice successivo.

Figura 3.45b - Situazione al secondo vertice successivo.

Figura 3.45c - Situazione al terzo vertice successivo.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

74

Osservando le figure della sequenza precedente ma con il buffer trapezoidale (Figure 3.45a,

3.45b, 3.45c), si può notare come il punto B da un certo punto in avanti non comporti più

una condizione di distanza critica; un’effettiva variazione di direzione della polilinea

avrebbe invece comportato un perdurare della distanza critica, e di conseguenza

un’interruzione della sequenza per quel tratto.

In maniera simile a quanto fatto da [Lach and Kerekes, 2008], la singola linea che

semplifica il tratto di polilinea trovato viene generata mediante una regressione ortogonale

sui vertici stessi della polilinea; viene quindi eseguito un ulteriore controllo sui residui dei

vertici in modo da individuare eventuali outliers che possano influire negativamente

sull’accuratezza della retta. La Figura 3.46 evidenzia proprio la retta minimi quadrati con,

in evidenza, i punti aventi residui troppo elevati. Dopo averli esclusi la retta viene

ricalcolata. Ogni retta viene infine delimitata da due punti, ottenuti proiettando gli estremi

della polilinea trovata sulla retta stessa.

Figura 3.46 - Regressione ortogonale e buffer di tolleranza sui residui.

3.2.6.3 INTERSEZIONI E IPOTESI PER LA FALDA

I segmenti che hanno semplificato i tratti di polilinea trovati verranno intersecati tra di loro

per identificare i vertici della sequenza finale della falda. Così come per tutte le operazioni

precedentemente descritte nel capitolo, anche in questo caso tutti i calcoli vengono eseguiti

falda per falda, usando le coordinate bidimensionali nei sistemi di riferimento locali delle

varie falde (vedi paragrafo 3.2.6.1). Le operazioni di intersezione vengono però precedute

da alcune forzature sulle direzioni dei singoli tratti. Si identificano quindi per ogni falda

due direzioni preferenziali di riferimento: una data dalla direzione della retta normale al

piano contenente la normale alla falda e l’asse verticale (che coinciderà in questo caso con

l’asse Z del sistema di coordinate originale dei vertici), e l’altra perpendicolare alla suddetta

direzione e complanare al piano della falda. Si definisce una tolleranza angolare ±δ rispetto

alle due direzioni di riferimento: tutti i tratti di linea semplificata che rientrano in tolleranza

vengono forzati ad una delle due direzioni di riferimento, rendendo così ancor più

semplificata la polilinea finale della falda.

I segmenti paralleli e consecutivi (a seguito della forzatura appena attuata) vengono trattati

diversamente: i due tratti vengono congiunti da un segmento perpendicolare ad entrambi,

posto a metà tra i due vertici più vicini dei segmenti stessi.

Le intersezioni tra i segmenti che identificano i vertici finali subiscono un ulteriore

controllo in base all’angolo che un segmento forma con il precedente o con il successivo.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

75

Due segmenti che si intersecano secondo un angolo prossimo all’angolo retto, identificano

un punto ben definito; diversamente, quando l’angolo è molto maggiore o molto minore di

90° si genera un punto che potrebbe essere mal definito: un controllo sulla distanza del

punto finale dai vertici dei due segmenti (così come già fatto per le linee caratteristiche del

tetto) aiuta certamente a capire se il punto può essere considerato valido o meno.

3.2.6.4 BUFFER IN QUOTA

Le operazioni eseguite fino a questo momento sulla regolarizzazione delle polilinee hanno

agito prevalentemente sulle singole falde, non considerando quindi l’interazione tra le falde

e le eventuali disomogeneità nel profilo finale del tetto. Come mostra la successiva Figura

3.47, tali problematiche sono presenti in particolare proprio nelle zone di congiunzione tra

una falda e l’altra.

Figura 3.47 - Problemi di disomogeneità sul profilo esterno del tetto

Il metodo implementato intende quindi regolarizzare ulteriormente il profilo esterno del

tetto. Partendo dal vertice più basso in quota (eccezion fatta per i soli vertici ottenuti con le

intersezioni di tre piani - vedi paragrafo 3.2.5 - che non verranno presi in considerazione in

quest’analisi) si genera un buffer di alcuni centimetri al di sopra del punto.

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

76

Figura 3.48 - Tetto in esame e relativo buffer in quota partendo dal punto più basso

Figura 3.49 – Punti rilevati con il buffer applicato in Figura 3.48

Tra i vertici trovati viene quindi eseguita un’analisi in grado di identificare quelli che

abbiano mutue relazioni di vicinanza e/o connessione: prendendo ad esempio le Figure 3.48

e 3.49, si può notare come i punti individuati siano in tutto sei, accomunati dall’avere una

connessione diretta con un altro punto (perché appartengono allo stesso segmento) o

dall’avere una relazione di vicinanza (come le due coppie di punti in basso. I punti

identificati vengono portati alla stessa quota del punto di riferimento (quello più basso)

secondo dei criteri ben precisi: una variazione diretta, solo in quota quindi, non sarebbe

sufficiente a regolarizzare il tutto ma anzi comporterebbe ulteriori deframmentazioni.

Tuttavia variando la posizione dei punti, inevitabilmente si finisce per variare anche la

polilinea della falda: una certa attenzione va quindi posta per questa procedura. La regola

base a cui i punti devono sottostare per variare la loro posizione è quella di muoversi

sempre sul piano della relativa falda (tale criterio, tra l’altro, è stato già applicato più volte

in precedenza); il secondo criterio invece riguarda la direzione di scorrimento del punto

stesso: si è scelta la direzione del tratto di polilinea più inclinato tra i due che l’hanno

generato, dando comunque priorità alle linee ottenute per intersezione di falde che, come

già visto precedentemente, non dovranno mai essere modificate nei parametri che

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Capitolo 3: Lidar e modellazione 3D di edifici

77

stabiliscono la posizione e la direzione. Il risultato di questa procedura è rappresentato in

Figura 3.50.

Figura 3.50 - Risultato finale dopo la regolarizzazione dei punti con il buffer in quota

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78

- CAPITOLO 4: TEST E VALUTAZIONI

4.1 INTRODUZIONE Nel presente capitolo verranno presentati alcuni esempi applicativi del metodo sviluppato; i

differenti risultati ottenuti al termine dei vari step dell’algoritmo descritti nel precedente capitolo

saranno evidenziati e discussi.

I dataset di punti utilizzati per la sperimentazione sono stati acquisiti sulla città di Gorizia (Italia)

e sulla cittadina di Enschede (Olanda). I due centri abitati presentano sostanziali differenze per

quel che concerne l’architettura e le dimensioni dei fabbricati. Per quanto riguarda la prima area

rilevata (Figura 4.1), sono presenti edifici ad abitazioni multiple e di conseguenza con tetti a quota

elevata rispetto al terreno: si attestano, in media, intorno ai 10-15 metri di quota dal terreno al

livello delle linee di gronda. La zona di Enschede invece presenta maggiormente abitazioni

monofamiliari e quindi con tetti a quota più bassa relativamente al terreno, particolare che può

comportare alcune difficoltà per la prima parte dell’algoritmo relativamente all’identificazione dei

singoli tetti. L’algoritmo, come si potrà evincere dai successivi esempi, non è del tutto definitivo

in quanto sono ancora presenti alcuni problemi dovuti sia agli algoritmi di terze parti utilizzati

(cfr. Bibliografia) sia all’algoritmo implementato che è a tutt’oggi ancora in una fase

sperimentale.

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Capitolo 4: Test e valutazioni

79

4.2 DATASET GORIZIA

Zona rilevata Gorizia - Piazza della Vittoria

Risoluzione media 6,5 pts/m2

Data del Rilievo Novembre 2003

Laser Scanner Optech® ALTM 3033

Tabella 4.1 - Informazioni Dataset

Figura 4.1 - Ortofoto zona rilevata

4.2.1 ANALISI DI VICINANZA E CLASSIFICAZIONE DEGLI EDIFICI

Valori semiassi ellissoide 1,5 ; 0,9a m b m= =

Numero minimo di punti per gruppo 15 pts

Massima lunghezza lato del triangolo 1,9 m

Filtro quota relativa 2,5 m

Tabella 4.2 - Parametri per l’identificazione degli edifici

In Tabella 4.2 sono riportati i parametri applicati in questa prima parte del metodo sviluppato.

L’intento è quello di individuare nel dataset i punti relativi ai singoli edifici (vedi capitolo 3),

tentando di tralasciare e quindi di eliminare, per quanto possibile, i punti superflui che non

sono necessari alle elaborazioni successive.

Le successive figure mostrano i risultati grafici ottenuti con i parametri sopra scelti. La Figura

4.2 visualizza le classi di punti ottenute utilizzando il metodo di raggruppamento punti con

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Capitolo 4: Test e valutazioni

80

l’ellissoide (vedi capitolo 3), mentre le 4.3 e 4.4 mostrano i gruppi di punti che hanno superato

il filtro per quota relativa e per numero minimo di punti per gruppo. In Figura 4.5 sono invece

visualizzati i TIN locali calcolati sui gruppi di Figura 4.4, automaticamente “puliti” dai

triangoli di contorno che si creano nelle zone concave.

ù Figura 4.2 - Prima classificazione rilievo laser Gorizia

Figura 4.3 - Classificazione finale dopo il filtraggio per numero di punti e quota relativa

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Capitolo 4: Test e valutazioni

81

Figura 4.4 - Vista obliqua dei risultati visualizzati in Figura 4.3

Figura 4.5 - Risultato finale dei TIN locali applicati ai gruppi di Figura 4.4

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Capitolo 4: Test e valutazioni

82

Figura 4.6 - Dettaglio di un tipo di irregolarità sul TIN (a destra)

rilevata dai punti originali del tetto (a sinistra)

Nel particolare messo in risalto in Figura 4.6 si nota come l’accentuata spaziatura tra le diverse

linee di scansione, probabilmente dovuta ad una cabrata del pilota durante il rilievo, crea un

effetto dentellato ai bordi del TIN. Una tale condizione potrebbe influire negativamente

sull’estrazione della linea di contorno finale della falda.

4.2.2 SEGMENTAZIONE

SQM Triangoli seme 10 cm

Soglia dei residui dal piano 17 cm

Tabella 4.3 - Parametri per il processo di segmentazione con metodo Region Growing

Figura 4.7 - Segmentazione iniziale ottenuta con il Region Growing dei piani.

Mediante i parametri di segmentazione riportati in Tabella 4.3, utilizzati nel processo di

Region Growing, si è arrivati al risultato mostrato in Figura 4.7. I riquadri di Figura 4.8

mostrano alcune disomogeneità emerse a seguito della segmentazione: dal confronto con le

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Capitolo 4: Test e valutazioni

83

ortofoto si può notare infatti che i due diversi segmenti (classificati con diverso colore) in

realtà sono parte di un’unica falda, ragion per cui andrebbero riuniti in un unico segmento.

L’utilizzo di valori più elevati dei due parametri di segmentazione avrebbe certamente aiutato

ad attenuare se non ad eliminare il problema, determinando però condizioni peggiori da altre

parti, raggruppando per esempio falde vicine con aspect molto simile e pendenze di poco

differenti tra loro: sulla base di questa considerazione si è quindi preferito sovrasegmentare ed

eseguire un ulteriore approccio per la riduzione della disomogeneità (vedi paragrafo 3.2.4.3)

Figura 4.8 - Alcuni dettagli sulle disomogeneità ottenute dopo la segmentazione iniziale.

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Capitolo 4: Test e valutazioni

84

RAGGRUPPAMENTO FALDE CON PUNTI IN COMUNE

Differenza angolare massima sulle normali 4°

Distanza massima baricentro dal piano 18 cm

Numero minimo punti in comune 3

RAGGRUPPAMENTO FALDE SENZA CON PUNTI IN COMUNE

Differenza angolare massima sulle normali 5°

Distanza massima baricentro dal piano 10 cm

Distanza massima tra le frontiere dei due segmenti 80 cm

Tabella 4.4 - Parametri per il processo di raggruppamento falde

Figura 4.9 - Eliminazione disomogeneità sulle falde.

Le funzioni implementate per la riduzione delle disomogeneità son state utilizzate con i

parametri di segmentazione riassunti in Tabella 4.4: la Figura 4.9 mostra come le discrepanze

prima presenti sulle falde siano state completamente eliminate in tutti i casi presenti nel dataset

ed evidenziati nella precedente Figura 4.8.

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Capitolo 4: Test e valutazioni

85

L’ultimo passo della segmentazione riguarda il recupero parziale di alcuni punti scartati nei

passaggi fin qui applicati e che riguardano prevalentemente comignoli o piccoli manufatti al di

sopra dei tetti (dall’immagine in alto a sinistra di Figura 4.8 si possono notare una serie di

comignoli posti sul tetto identificabili dalle ombre prodotte). Questo processo, come spiegato

nel precedente capitolo, consente di rendere i bordi delle falde più regolari e quindi di

agevolare i successivi passaggi per l’estrazione delle linee esterne dei tetti. La Figura 4.10, se

confrontata con la 4.7 e con i particolari nelle Figure 4.8 e 4.9, mostra come si sia ottenuto un

sensibile miglioramento dei bordi delle falde, che ora risultano più smussati.

Figura 4.10 - Situazione finale al termine del processo di segmentazione

Figura 4.11 - Dettaglio dei miglioramenti a seguito del recupero parziale dei punti scartati

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Capitolo 4: Test e valutazioni

86

4.2.3 ESTRAZIONE LINEE CARATTERISTICHE

Tolleranza per collegamento tra punto di 2° livello e punto di 1° livello 1,5 m

Distanza massima punti di frontiera dalla retta intersezione per l’identificazione dei due estremi (punti di 2° livello)

75 cm

Tolleranza per collegamento tra punti di 2° livello 80 cm

Tolleranza per collegamento tra punto di 2° livello e punto di 3° livello 80 cm

Minima lunghezza linee caratteristiche 35 cm

Tabella 4.5 - Parametri utilizzati per l’estrazione di punti e linee caratteristiche

dei tetti, nonché dei collegamenti reciproci

Figura 4.12 - Punti di 1° livello individuati sul set di dati

Figura 4.13 - Dettaglio del tetto evidenziato nel riquadro giallo in Figura 4.12

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Capitolo 4: Test e valutazioni

87

Figura 4.14 - Linee caratteristiche dei tetti una volta eseguite le intersezioni tra falde

Figura 4.15 - Esempio di collegamento tra punti di 2° e 1° livello

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Capitolo 4: Test e valutazioni

88

4.2.4 REGOLARIZZAZIONE PROFILI ESTERNI ED ESTRAZIONE MODELLI

Raggio circonferenza α-shape 1 m

Tolleranza per sostituzione dei tratti di frontiera con i segmenti caratteristici del tetto 1,3 m

Tabella 4.6 - Parametri per l’algoritmo α-shape

Le linee fondamentali del tetto estratte consentono quindi di semplificare le parti di frontiere

“interne” delle falde, cioè quelle condivise con altre falde adiacenti. Mediante l’algoritmo

α-shape le frontiere vengono ulteriormente regolarizzate, ed infine i segmenti ottenuti per

intersezione vengono inseriti nelle nuove frontiere ottenendo il risultato mostrato in Figura

4.16.

Figura 4.16 - Profili smussati delle falde ottenuti con l’algoritmo α-shape.

Le parti interne dei tetti sono state già sostituite con le linee caratteristiche prima estratte.

Le parti esterne di frontiere delle falde vengono quindi processate mediante l’algoritmo del

RANSAC o dello SLEEVE FITTING modificato. La successiva Tabella 4.7 mostra i valori dei

parametri adottati per il RANSAC.

Moltiplicatore per i punti fittizi aggiunti alle frontiere x 4

SQM per l’algoritmo RANSAC 13 cm

Numero minimo di punti per applicazione del RANSAC 7

Tolleranza in gradi per il raddrizzamento dei tratti semplificati di frontiera rispetto alla direzione di riferimento 10°

Tabella 4.7 - Parametri adottati per l’algoritmo di regolarizzazione dei profili esterni basati sul RANSAC

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Capitolo 4: Test e valutazioni

89

Figura 4.17 - Risultato dei profili semplificati mediante l’uso del RANSAC

Sebbene le falde principali (figura 4.17) siano stare regolarizzate correttamente, sono sempre

presenti delle piccole asperità: tuttavia queste ultime riguardano piccoli dettagli che

richiederebbero dati più densi o zone ai margini dei dati, quindi relative a tetti non rilevati

completamente (come i due in basso a sinistra ad esempio).

Moltiplicatore per i punti fittizi aggiunti alle frontiere x 2

Dimensione “Sleeve” di base 70 cm

Apertura angolare trapezio dello “Sleeve” 15°

Numero massimo di criticità per l’interruzione della ricerca sul singolo tratto 4

Tolleranza sui residui per la retta minimi quadrati che semplifica il tratto individuato 67 cm

Tabella 4.7 - Parametri adottati per l’algoritmo di regolarizzazione dei profili

esterni basati sul metodo SLEEVE-FITTING modificato

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Capitolo 4: Test e valutazioni

90

Figura 4.18 - Risultato dei profili semplificati mediante l’uso dello SLEEVE-FITTING

La Figura 4.18 mostra invece il risultato ottenuto con l’altro metodo, lo SLEEVE-FITTING

modificato. Come si può notare dal confronto, entrambi i metodi portano ad una soluzione

pressoché simile, con qualche lieve differenza su elementi di dettaglio, come gli esempi

evidenziati dalle frecce in verde.

4.2.5 BUFFER IN QUOTA E RISULTATI FINALI

Dimensione del buffer 18 cm

Tabella 4.8 - Spessore del buffer

L’applicazione del metodo del buffer applicato alla coordinata z dei vertici delle varie polilinee

delle falde consente di aggiustare i dettagli nei punti di giunzione tra una falda e l’altra dello

stesso tetto, consentendo così di arrivare al modello del tetto conclusivo (Figura 4.19). Come si

può vedere dai dettagli messi in evidenza nelle successive Figure 4.20 e 4.21, le discrepanze

prima presenti tra una falda e l’altra sono state eliminate e corrette.

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Capitolo 4: Test e valutazioni

91

Figura 4.19 - Modello finale ottenuto mediante l’applicazione del metodo del buffer in quota

Figura 4.20 - Confronto prima/dopo delle variazioni sui dettagli di un tetto

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Capitolo 4: Test e valutazioni

92

Figura 4.20 - Confronto prima/dopo delle variazioni sui dettagli di un tetto

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Capitolo 4: Test e valutazioni

93

Figura 4.21 - Vista obliqua dei tetti di Piazza della Vittoria (Gorizia) coinvolti nella modellazione.

Figura 4.21 - Modelli dei tetti di Piazza della Vittoria (Gorizia)

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Capitolo 4: Test e valutazioni

94

4.3 DATASET ENSCHEDE (NL)

Zona rilevata Enschede (NL)

Risoluzione media 23 pts/m2

Data del Rilievo ------

Laser Scanner Fugro® FLI-MAP

Tabella 4.9 - Informazioni Dataset

Figura 4.22 - Ortofoto zona rilevata (in giallo la zona in esame)

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Capitolo 4: Test e valutazioni

95

Figura 4.23 - Nuvola dei punti laser della zona in esame

4.3.1 ANALISI DI VICINANZA E CLASSIFICAZIONE DEGLI EDIFICI

Valori ellissoide 1,1 ; 0,35a m b m= =

Numero minimo di punti per gruppo 50 pts

Massima lunghezza lato del triangolo 1,2 m

Filtro quota relativa 1.5 m

Tabella 4.10 - Parametri per l’identificazione degli edifici

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Capitolo 4: Test e valutazioni

96

Figura 4.24 - Nuvola dei punti laser dopo la prima classificazione degli edifici

Il risultato del raggruppamento di punti per vicinanza mostrato in Figura 4.24 ha mostrato una

corretta separazione dei blocchi di edifici, benché siano ancora presenti gruppi di punti con

dettagli non attinenti che potranno essere rimossi con le operazioni di segmentazione

successive. Un particolare che va fatto notare riguarda la tipologia di tetti in questione e le

difficoltà annesse con l’utilizzo del metodo implementato. L’edificio mostrato in Figura 4.25 è

un esempio di costruzione molto simile a quelli presenti nel dataset rilevato: si tratta di un tipo

di tetto comunemente chiamato a mansarda (mansard roof), molto diffuso in queste zone

d’Europa. Nel riquadro a sinistra della Figura 4.26 è visualizzata la nuvola di punti relativa

all’edificio evidenziato nel riquadro azzurro di Figura 4.24: come si può facilmente notare, si

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Capitolo 4: Test e valutazioni

97

tratta appunto di un tetto a mansarda. Il particolare su cui si vuole portare l’attenzione riguarda

la parte di falda più esterna, quella più inclinata. Nel riquadro a destra è riportato il TIN

applicato su quel particolare edificio una volta applicato il filtro della lunghezza del lato del

triangolo: è ben visibile come molti dei triangoli presenti sulla parte di falda in esame vengano

erroneamente rimossi.

Figura 4.25 - Esempio di tetto a mansarda

Figura 4.26 - Tetto a mansarda presente nel dataset in esame

La modellazione di tali particolari è tuttavia di per sé più complessa dato che la presenza dei

punti è funzione della densità ma soprattutto della configurazione del rilievo. La triangolazione

applicata alle coordinate x,y in questo caso non è quindi la condizione più favorevole.

Page 101: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

Capitolo 4: Test e valutazioni

98

4.3.2 SEGMENTAZIONE

SQM Triangoli seme 5 cm

Soglia dei residui dal piano 8 cm

Tabella 4.11 - Parametri per il processo di raggruppamento falde

RAGGRUPPAMENTO FALDE CON PUNTI IN COMUNE

Differenza angolare massima sulle normali 4°

Distanza massima baricentro dal piano 12 cm

Numero minimo punti in comune 2

RAGGRUPPAMENTO FALDE SENZA CON PUNTI IN COMUNE

Differenza angolare massima sulle normali 5°

Distanza massima baricentro dal piano 12 cm

Distanza massima tra le frontiere dei due segmenti 40 cm

Tabella 4.12 - Parametri per il processo di raggruppamento falde

Figura 4.27 - Risultato della segmentazione

Page 102: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

Capitolo 4: Test e valutazioni

99

Figura 4.28 - Confronto segmentazione - immagine aerea obliqua

Come si può notare dalle Figure 4.27 e 4.28, la segmentazione ha prodotto risultati

soddisfacenti per quanto riguarda le zone in cui le superfici dei tetti hanno una pendenza non

particolarmente elevata; per la parte di tetto bassa, come già accennato nel paragrafo

precedente, si perdono invece le informazioni, a causa dell’uso della triangolazione in quella

zona che, come spiegato prima, non produce un risultato ottimale se si utilizzano le coordinate

x,y.

Page 103: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

Capitolo 4: Test e valutazioni

100

4.3.3 ESTRAZIONE LINEE CARATTERISTICHE

Tolleranza per collegamento tra punto di 2° livello e punto di 1° livello 60 m

Distanza massima punti di frontiera dalla retta intersezione per l’identificazione dei due estremi (punti di 2° livello)

35 cm

Tolleranza per collegamento tra punti di 2° livello 80 cm

Tolleranza per collegamento tra punto di 2° livello e punto di 3° livello 80 cm

Minima lunghezza linee caratteristiche 25 cm

Tabella 4.13 - Parametri per il processo di raggruppamento falde

Figura 4.29 - Linee caratteristiche

4.3.4 REGOLARIZZAZIONE PROFILI ESTERNI ED ESTRAZIONE MODELLI

Raggio circonferenza α-shape 60 cm

Tolleranza per sostituzione dei tratti di frontiera con i segmenti caratteristici del tetto 70 cm

Tabella 4.14 - Parametri per l’algoritmo α-shape

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Capitolo 4: Test e valutazioni

101

Figura 4.30 - Applicazione dell’algoritmo α-shape ed inserimento delle linee caratteristiche

ottenute tramite intersezione tra i piani delle falde

Figura 4.31 - Dettaglio di due edifici del set di dati

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Capitolo 4: Test e valutazioni

102

Moltiplicatore per i punti fittizi aggiunti alle frontiere x 3

SQM per l’algoritmo RANSAC 6 cm

Numero minimo di punti per applicazione del RANSAC 7

Tolleranza in gradi per il raddrizzamento dei tratti semplificati di frontiera rispetto alla direzione di riferimento 10°

Tabella 4.15 - Parametri adottati per l’algoritmo di regolarizzazione dei profili esterni basati sul RANSAC

Figura 4.32 - Risultato ottenuto una volta applicato l’algoritmo RANSAC

Figura 4.33 - Dettaglio edifici dopo l’applicazione del RANSAC

4.3.5 BUFFER IN QUOTA E RISULTATI FINALI

Dimensione del buffer 16 cm

Tabella 4.16 - Spessore del buffer

Page 106: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

Capitolo 4: Test e valutazioni

103

Figura 4.34 - Risultati finali su alcuni edifici del dataset

4.4 CONSIDERAZIONI FINALI

La modellazione degli edifici presenti nel primo dataset, sebbene essi presentino qualche

complessità nelle forme e posizioni relative delle falde, ha risposto meglio all’algoritmo proposto,

mostrando qualche errore per i piccoli segmenti ma, nel complesso, modellando correttamente gli

edifici presenti. Per quanto concerne il secondo set di dati, sebbene si tratti di edifici pressoché

molto simili tra loro, dalle forme standardizzate e non molto complesse, non è stato ottenuto un

risultato ottimale, anche avendo a disposizione un rilievo laser ad altissima densità. Le piccole

imperfezioni presenti in alcuni dei modelli sono correlate ai casi in cui sono presenti i segmenti

identificati nelle parti di falda molto inclinate (vedi paragrafo 4.3.1 e Figure 4.26 e 4.33) per le

quali la scelta della triangolazione 2D non ha prodotto i risultati sperati, suggerendo quindi il

perseguimento di strade alternative. A tal proposito si ritiene che un importante strumento che

potrà essere di ausilio all’identificazione e segmentazione di questi particolari, così come alla

segmentazione dei muri verticali dell’edificio, è il Mobile Laser Scanner (MLS). La densità spinta

ottenibile con un laser operante a terra, unito alla flessibilità d’uso mediante l’affiancamento di

una piattaforma mobile, rende questa tecnica di rilievo complementare a quella del laser scanner

Page 107: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

Capitolo 4: Test e valutazioni

104

aereo per la modellazione degli edifici, riducendo l’uso del TLS fisso per le sole zone a bassa

copertura di segnale GPS.

Figura 4.35 - Rilievo della zona mediante ALS (a sinistra) ed MLS (a destra) [Rutzinger, et al., 2009]

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- CONCLUSIONI

Nel campo della modellazione tridimensionale del territorio, l’argomento 3d building modelling

ha suscitato negli ultimi anni un notevole interesse da parte di numerosi settori la cui attività

necessita spesso di un’attenta conoscenza della morfologia territoriale e delle sue appendici. La

mappatura tridimensionale di dettaglio del territorio, ad oggi esistente a scala ridotta e in piccole

realtà, si andrà consolidando sempre più come componente essenziale per i futuri catasti 3d su

vasta scala. Le operazioni necessarie al raggiungimento di tali obiettivi sono tuttavia molteplici e

richiedono tempi e costi di lavoro non certamente trascurabili, specie quando si ha a che fare con

grosse moli di dati. In questo contesto ben si inseriscono le ricerche svolte per l’implementazione

di metodi automatici per l’elaborazione dei dati laser scanner e/o immagini e l’estrazione

automatica di informazioni metriche e semantiche dagli stessi.

La generazione di modelli tridimensionali di edifici con approcci totalmente automatici è una

sfida tutt’ora aperta. Le varie metodologie ad oggi sviluppate hanno dimostrato capacità di

ricostruire i modelli di edifici in maniera (semi-) automatica, ma sempre su scala ridotta o con

approcci del tipo “model driven” (basati cioè su database di modelli preesistenti), o mediante il

confronto delle relazioni topologiche trovate tra i segmenti ed un set di possibili relazioni

prestabilite. Lo stesso target prefissato per il metodo proposto era quello di modellare edifici in

maniera automatica, cioè senza ausilio da parte dell’utente in termini di editing manuale, cercando

nel contempo di sfruttare esclusivamente i dati del solo rilievo laser.

Si è visto come i risultati che si ottengono durante la fase di segmentazione possano influenzare

fortemente i successivi step, dal momento che ogni segmento identificato viene successivamente

considerato come una singola falda piana del tetto di cui si andrà a ricostruire la forma finale. La

qualità dei risultati di una segmentazione è determinata in parte dalla bontà del dato (densità,

SQM in range, sovrapposizione di strisciate) ed in parte dalla scelta dei valori per i parametri che

rientrano nel processo di segmentazione: questi ultimi andranno a loro volta scelti in funzione

della qualità dei dati stessi. I valori qualitativi del rilievo sono tuttavia variabili da zona a zona e

da falda a falda: variabili come l’angolo di incidenza, la traiettoria della piattaforma aerea, la

risposta del materiale dell’oggetto rilevato, i dati navigazionali e gli ostacoli che si interpongono

tra strumento e target, influenzano direttamente le caratteristiche della nuvola di punti. Una scelta

accurata dei parametri di segmentazione è di conseguenza essenziale per ottenere un risultato

finale soddisfacente. I valori dei parametri così assegnati saranno però applicati indistintamente a

tutto il set di dati, e di conseguenza i risultati potranno differire a seconda della condizione del

dato stesso (su una falda la nuvola di punti potrebbe essere più rumorosa che su un’altra ad

esempio), differenze che possono aumentare quanto più è ampia la copertura dei dati: sarebbe

quindi di grande interesse analizzare la possibilità di variare automaticamente i parametri di

segmentazione in modo che si adattino alle diverse situazioni.

105

Page 109: S.Ackermann (PhD) - Generazione automatica di modelli di edifici da dati laser scanning aereo

Conclusioni

106

Per ciò che concerne la definizione dei bordi delle singole falde e poi la generazione del modello

finale del tetto dell’edificio, l’algoritmo è stato in grado, in buona parte, di ricostruire

automaticamente i tetti gli edifici, dapprima verificando le relazioni di adiacenza tra le falde

(intersecandole tra loro e generando quindi le linee caratteristiche) e poi correggendo e

semplificando le linee esterne delle stesse. In questa procedura i diversi piani, siano essi falde del

tetto principale, siano essi abbaini o altre appendici, vengono trattati separatamente. Le difficoltà

maggiori si sono presentate per quei segmenti di piccole dimensioni, relativi per esempio a piccoli

abbaini; per questi casi particolari il metodo sviluppato non è stato sempre in grado di generare la

forma corretta, complice il fatto che i risultati degli algoritmi di regolarizzazione implementati (in

particolare quello su base RANSAC) risultano attendibili se il numero di punti del tratto da

identificare è sufficientemente elevato. A tal proposito quindi, una classificazione preventiva delle

tipologie di piani che compongono il singolo tetto potrebbe essere di ausilio a stabilire diversi

valori dei parametri di regolarizzazione o, in alternativa, ad imporre un metodo differente

specifico per quel caso particolare.

L’intero algoritmo, come già detto più volte, è stato sviluppato in ambiente MATLAB®. Sebbene il

MATLAB® presenti notevoli vantaggi grazie ad una suite molto vasta di function disponibili,

suddivise per aree tematiche relativamente ai toolbox in possesso dell’utente, esso presenta alcune

limitazioni non trascurabili. In primo luogo si è notato che la dimensione dei dati utilizzati (già

superando il milione di punti), provoca saltuariamente errori durante l’esecuzione di operazioni o

la visualizzazione grafica dei risultati intermedi: questo problema è dovuto all’eccessiva memoria

occupata, dimensione che per altri software commerciali è tutt’altro che eccessiva. In secondo

luogo la gestione della memoria grafica in tale ambiente non è assolutamente ottimale: a parità di

componenti hardware, infatti, si è potuto verificare come i comportamenti grafici di altri software

commerciali, o sviluppati in proprio con altri linguaggi, siano decisamente migliori. In ultimo non

va dimenticato che si tratta di un linguaggio proprietario, non Open Source quindi, il che

vincolerebbe l’utente all’acquisto del software e dei relativi toolbox utilizzati per poter eseguire

l’algoritmo implementato.

Sebbene il metodo proposto in generale abbia mostrato risultati abbastanza soddisfacenti, le

problematiche emerse rendono necessarie future ricerche perché il metodo possa essere migliorato

ulteriormente.

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