salutepiù - agosto settembre 2013

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1 Ipertrofia Prostatica Benigna L’Osteoporosi Alluce valgo: che fare? Olio di oliva e gravidanza MODELLO SANITÀ: Intervista all’On. PierPaolo Vargiu

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Ipertrofia Prostatica Benigna, Osteoporosi, Alluce Valgo, Olio d'Oliva e Gravidanza, Orvinio in Sabina, il Castello di Collalto Sabino sono alcuni degli argomenti trattati da SalutePiu in questo numero

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Ipertrofia Prostatica BenignaL’OsteoporosiAlluce valgo: che fare?Olio di oliva e gravidanza

MODELLO SANITÀ:Intervista all’On. PierPaolo Vargiu

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Sommario

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SALUTE PIÙ - BENESSERE CULTURA COSTUME Anno IV - Num. 19 - Agosto/Settembre 2013Direttore Responsabile Fabrizio SciarrettaSegreteria di Redazione Filippa Valenti [email protected] T 06 90625576Art director e impaginazione Alessia Gerli [email protected] Laboratorio Clinico Nomentano Srl Via dello Stadio 1 00015 Monterotondo (RM)Iscritto al registro della stampa e dei periodici del Tribunale di Tivoli n. 97/2009 Stampa Graffietti Stampati S.n.c. S.S. Umbro Casentinese km.4.500 01027 Montefiascone (VT)Per la pubblicità su questa rivista rivolgersi a: GERLI COMUNICAZIONE [email protected] T 338 5666568

Ipertrofia Prostatica Benigna

Il gelato...che bontà

La Congiuntivite Allergica:

affrontiamola (anche) con i comportamenti

Acido Folico e gravidanza

Dieci regole per conservare la voce

L’Osteoporosi

Alluce valgo: che fare?

Fitness metabolico

C’era una volta… storia di una tiroide in difficoltà e del suo amico cuore

Olio di oliva e gravidanza: dalla nostra tradizione un aiuto al benessere

della mamma e del bambino

Allergici alle punture d’insetto senza saperlo: attenzioni e precauzioni

Modello Sanità: Intervista all’On. PierPaolo Vargiu

Il Linfedema

Orvinio

Il Castello di Collalto Sabino

La Transavanguardia tra Lüpertz e Paladino: opere nella Collezione Würth

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LA CONGIUNTIVITE ALLERGICADott. ALDO CANZIO

Il Dr. Aldo Canzio si è laureato in Medicina e Chi-rurgia e si è specializzato in OCULISTICA presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “LA SAPIENZA” di Roma. E’ Dirigente Medico di I Livello presso l’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma dove svolge la sua attività professionale e dove è il responsabile della sezione di diagnostica retinica con l’O.C.T.

Hanno collaborato

IL GELATO...CHE BONTÀDott.ssa MAYME MARY PANDOLFO

La Dott.ssa Mayme Mary Pandolfo si è laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Scienza dell’Alimentazione presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con il massimo dei voti. Responsabile del Programma di Educazione Terapeutica Strutturata (ETS) in Diabetologia presso la UOC Diabetologia, Dietologia e Malat-tie Metaboliche dell’Ospedale “Sandro Pertini” di Roma ove svolge anche attività di ricerca in cam-po diabetologico. Esercita, inoltre, la sua attività professionale presso diverse strutture mediche della Capitale. E’ co-autrice di diversi articoli scientifici pubblicati su riviste mediche interna-zionali ed ha presentato relazioni in congressi nazionali ed internazionali. E’ Responsabile della Branca di Scienza dell’Alimentazione presso lo Studio Medico Polispecialistico Cappuccini.

ALLUCE VALGO: CHE FARE?

Dott. FABIO SCIARRETTA

Il Dott. Fabio Sciarretta è specializzato in Or-topedia e Traumatologia presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Chirurgo ortopedico, ha prestato servizio in qualità di dirigente sanitario presso l’Ospedale San Giovanni Bat-tista di Roma, presso il Reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Civile di Velletri e presso l’Ospedale Israelitico di Roma. Svol-ge attualmente la sua attività professionale presso diverse case di cura romane. E’ stato re-latore in oltre 40 congressi nazionali ed inter-nazionali ed ha al suo attivo 38 pubblicazioni.

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Fabrizio SciarrettaDirettore Responsabile

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ACIDO FOLICO E GRAVIDANZADott.ssa EMANUELA FERAUDO

La Dr.ssa Emanuela Feraudo, si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, ove si è successivamente specializzata in Ginecologia ed Ostetricia con il massimo dei voti. Esercita la sua attività presso diverse case di cura ed ambulatori specialistici della Capitale non-ché nell’ambito del Servizio di Radiologia del Poliambulatorio Specialistico Nomentano per quanto attiene l’ecografia ginecologia ed ostetrica.

FITNESS METABOLICODott. MAURO FIORENTINO

Il Dott. Mauro Cipullo Fiorentino ha conseguito la laurea in Pedagogia presso l’Università de-gli Studi di “Roma Tre”. Successivamente, si è laureato in Scienze Motorie e specializzato in Attività Motorie Preventive ed Adattate presso l’Università degli Studi di Roma Foro Italico “Roma 4”.Ha operato in diversi centri fisioterapici in qualità di massofisioterapista, e svolge attual-mente la sua attività professionale presso il suo studio di Monterotondo.

L’OSTEOPOROSIDott.ssa CLAUDIA ANNOSCIA

La Dott.ssa Claudia Annoscia si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Univer-sità degli Studi di Roma “La Sapienza” con il massimo dei voti e nel medesimo ateneo ha conseguito la specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Ricam-bio presentando una tesi sperimentale dal titolo “Obesità ed Osteoporosi: Quale Relazione?”. Ha successivamente conse-guito un Master in Prevenzione e Assi-stenza al Sovrappeso, Obesità e Disturbi dell’Alimentazione. Ha collaborato con la Cattedra di Endocrinologia e Medicina Interna dell’Università di Roma “La Sa-pienza“ presso il Policlinico Umberto I ed altre strutture della Capitale. Attualmente svolge la sua attività professionale pres-so il Centro disturbi del comportamento alimentare ”Villa Pia” – Italian Hospital Group – di Guidonia e nell’ambito della Branca di Endocrinologia dello Studio Medico Polispecialistico Cappuccini di Monterotondo.

IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNADott. ANTONINO GATTO

Il Professor Antonino Gatto, gIà Primario Chirurgo del Presidio Ospedaliero SS. Gonfa-lone della ASL RMG; è specialista in Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso, in Urologia ed in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva. Nell’ambito della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale dell’Università degli Studi di Tor Vergata di Roma è titolare dell’insegnamento di Chirurgia d’Urgenza. E’ autore di oltre 60 pubblicazioni scientifiche di interesse chirurgi-co e la sua la sua casistica operatoria consta di oltre 6.000 interventi chirurgici di media ed alta chirurgia generale, vascolare, toracica, urologia

L’OSTEOPOROSIDott.ssa LARA GUERRINI

La Dott.ssa Lara Guerrini si è laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Endocrinologia e Malattie del Ricambio con il massimo dei voti presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. E’ au-trice di diverse pubblicazioni scientifiche in ambito endocrinologico. E’ Responsa-bile della Branca di Endocrinologia presso lo Studio Medico Cappuccini.

OLIO DI OLIVA E GRAVIDANZADott. ssa CAROL DETTORI

La Dr.ssa Carol Dettori si è specializzata in Ginecologia e Ostetricia presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Ha conseguito successi-vamente la Specializzazione inOmeopatia Clinica che utilizza nella sua pratica quotidiana. Autrice di numerose pub-blicazioni, ha partecipato a numerosi Con-gressi e Corsi di Aggiornamento in Ecografia Ostetrica e Ginecologica. Attualmente opera come libera professionista in diversi studi di Roma e presso il Poliambulatorio Specialistico “Laboratorio Clinico Nomentano” nell’ambito della diagnostica per immagini ostetrica e ginecologica.

LINFEDEMADott. MARCO DECUZZI

Il Dr. Marco Decuzzi, si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Bari, e successivamente si è specializzato in Medicina Nucleare. Ufficiale Medico dell’Eser-cito, assistente di reparto di chirurgia vascola-re presso il Policlinico Militare di Roma “Celio”, ha conseguito il diploma nazionale di ecogra-fia clinica Siumb (Società Italiana di Ecografia in Medicina e Biologia), ed ha frequentato il corso specialistico di EcocolorDoppler Siumb, il corso di ecografia di medicina di base Siumb, e si è perfezionato in dietetica e dietoterapia presso l’Università degli Studi di Padova. Ha al suo attivo 40 pubblicazioni in riviste nazionali ed internazionali su argomenti di ecografica clinica e diverse presentazioni sui medesimi temi in congressi nazionali ed internazionali.

C’ERA UNA VOLTA… STORIA DI UNA TIROIDE IN DIFFICOLTÀ E DEL SUO AMICO CUORE

Dott. FRANCESCO RUGGIERO

ll Dott. Francesco Ruggiero si laurea con lode in Medicina e Chirurgia presso la Seconda Univer-sità di Napoli nel 1996. Nel 1997 consegue la specializzazione in Cardiologia presso l’Univer-sità di Tor Vergata. Dal 1999 è Ufficiale Medico dell’Esercito ed attualmente in servizio presso l’Unità di Terapia Intensiva Coronarica del Poli-clinico Militare “Celio” di Roma e Responsabile della Branca di Cardiologia del Poliambulatorio Specialistico Nomentano. Svolge inoltre la sua attività professionale presso diversi poliambu-latori e case di cura romani. Dal 1996 è iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti Pubblicisti.

ALLERGICI ALLE PUNTURE D’INSETTO SENZA SAPERLO: ATTENZIONI E PRECAUZIONI

Dott. MARCO GARUFI BOZZA

Il Dottor Marco Garufi Bozza si è laureato in Medi-cina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” ove, sempre con il massimo dei voti, ha anche conseguito le specializzazioni in Tisiologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio ed in Medicina del Lavoro. Ha partecipato e pre-sentato relazioni in numerosi congressi scientifici nazionali ed internazionali. Svolge la sua attività professionale presso numerose strutture mediche della Capitale ed è il Responsabile della Branca di Allergologia e Pneumologia del Poliambulatorio Specialistico “Laboratorio Clinico Nomentano” di Monterotondo.

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Tale patologia è causata sia da una predisposizione genetica sia dall’insulto determinato dall’ormone maschile (testo-sterone). Nel tempo, l’Ipertro-fia Prostatica Benigna (o IPB) può anche generare complica-zioni, come la “ritenzione uri-naria acuta”, e può richiedere un intervento chirurgico.

Quali sono i sintomi?

I sintomi possono essere sud-divisi in due grandi categorie: i sintomi irritativi (o “di riempi-mento”) ed i sintomi ostruttivi (o “di svuotamento”).Sintomi Irritativi Nelle fasi iniziali l’IPB non è as-sociata a ostruzione, ma può essere associata ai seguenti sintomi:• bisogno di urinare spesso

durante il giorno• risvegli notturni per la ne-

cessità di urinare (nicturia)• bisogno urgente e improvvi-

so di urinare • incontinenza urinaria da ur-

genza

Sintomi Ostruttivi

Quando l’ingrossamento pro-voca un’ostruzione dell’uretra e del collo vescicale si posso-no avere i seguenti sintomi:• lusso urinario debole o

intermittente• difficoltà a iniziare la minzione• necessità di sforzo per

urinare

• fase finale della minzione prolungata e ridotta a sgoc-ciolamento

• sensazione di svuotamento incompleto (disuria)

• perdita involontaria di urina immediatamente dopo la minzione

Come avviene la diagnosi?

La diagnosi di IPB è basata sulle seguenti valutazioni:• valutazione dei sintomi me-

dianti compilazione di un questionario

• esplorazione rettale per va-lutare le dimensioni, la for-ma e la consistenza della prostata

• flussometria per valutare l’entità dell’ostruzione

• ecografia per valutare la quantità di urina rimasta in vescica dopo la minzione e l’eventuale presenza di cal-coli vescicali

• esame delle urine per dia-gnosticare eventuali infe-zioni

• esame del sangue per mi-surare i valori di PSA, anti-gene prostatico specifico

Consigli per la prevenzione e il controllo dell’IPB

Alimentazione

• evitare l’assunzione di gras-si animali e l’eccessivo con-sumo di alcol

• seguire un’alimentazione ricca di fibre integrali, con molta frutta e verdura

• evitare, viceversa, una die-ta ricca di carne e, conse-guentemente, di proteine, nonché cibi elaborati e spe-ziati in quanto questi ultimi potrebbero causare irrita-zione delle vie urinarie

• assumere ogni giorno un’adeguata quantità di liquidi, 1-2 litri di acqua

al giorno• evitare di ingerire molti li-

quidi (soprattutto caffè e tè) prima di dormire

• seguire una dieta che aiuti una evacuazione regolare in quanto condizioni di irri-tazione del retto generano effetti negativi anche sulla prostata

Attività motoria

• praticare attività fisica con regolarità, anche passeg-giando all’aria aperta

• evitare di restare a lungo in posizione seduta ed effet-tuare frequenti pause

• viceversa, qualora si soffra di ipertrofia prostatica, evi-tare sport, quali il ciclismo, che possano causare trau-mi a livello pelvico

Controllo dei sintomi

• prestare attenzione ai primi segnali dell’IPB, come la difficoltà a urinare, bruciore durante la minzione, biso-gno improvviso di urinare

• in presenza di disturbi con-sultare il proprio medico

• dopo i 45 anni può essere utile sottoporsi a una visita di controllo urologica alme-no una volta all’anno

Terapia

In una prima fase, la terapia è farmacologica. In caso di in-successo di quest’ultima è ne-cessario l’intervento chirurgico che può essere endoscopico (per prostate non particolar-mente grandi) oppure tradi-zionale. Con tale intervento, si asporta la parte ingrandita della ghiandola (adenoma) ri-solvendo in questo modo de-finitivamente la sintomatologia. Tale intervento, normalmente, non comporta successivI di-sturbi quali impotenza o/e in-continenza.

IPERTROFIA PROSTATICABENIGNA

Prof. Antonino GattoSpecialista in chirurgia d’urgenza e pronto soccorso Specialista in urologia - Specialista in chirurgia plastica e ricostruttiva - già Primario chirurgo del presidio ospedaliero di Monterotondo della ASL RMG.Resp. branca di Chirurgia Generale ed UrologiaStudio Medico Polispecialistico Cappuccini

L’Ipertrofia Prostatica Benigna è una patologia caratterizzata dall’ingrossamento della prostata. Tale ingrossamento spesso comprime l’uretra e ostruisce il flusso urinario causando dei conseguenti disturbi urinari. Si tratta di una patologia particolarmente diffusa nei paesi occidentali, soprattutto con l’aumentare dell’età delle persone: infatti oltre i 70-80 anni di età la frequenza di tale malattia può interessare l’80% degli uomini mentre si ferma tra il 5 ed il 10% per i quarantenni.

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Il gelato è nutriente come un pasto? Per la verità il gelato è nutriente come uno spuntino e non come un pasto ma con gli opportuni accorgi-menti potremmo occasionalmente goderne anche a pranzo al mare o a cena nelle afose sere estive.Come carico energetico, infatti, un gelato può ap-portare dalle 130-140 kcal (calorie adeguate per uno spuntino) fino a 300 kcal (calorie adeguate ad un pasto un po’ povero). In ogni caso i nutrienti di cui è composto il gelato possono essere spesso sbilanciati a favore degli zuccheri semplici o dei grassi, privandoci invece di zuccheri complessi e di proteine. Pranzare o cenare stabilmente col gela-to, quindi, porterebbe col tempo a nutrirci in modo scorretto e insufficiente ai nostri fabbisogni.

Di cosa è composto un gelato tipico italiano?Il gelato industriale è a composizione nota, riportata in tabella nutrizionale. Anche per quello artigianale è previsto che le gelaterie espongano gli ingredienti ma essendo un prodotto della creatività del gelata-io, appunto, la composizione dei nutrienti in questo caso può variare molto.Sia che si tratti di un gelato artigianale che di uno industriale il gelato fornisce soprattutto zuccheri semplici e acqua quando è composto di sola frut-ta, con un apporto massimo di zuccheri (100%) nel caso dei ghiaccioli, che sono peraltro i gelati meno ricchi in calorie. Quando preferiamo invece i cosiddetti gusti alle

creme avremo tutti i nutrienti del latte e delle uova (proteine ad alto valore biologico, grassi, zuccheri semplici come lattosio e saccarosio). Il contenuto in lipidi potrebbe essere molto maggiore di quello di zuc-cheri semplici come accade nel gelato di stracciatella, nocciola, cioccolato, panna.Volendo schematizzare un po’ rigidamente ma forse in modo utile e pratico, il gelato alla frutta può incon-trare le esigenze di chi deve controllare l’assunzione di grassi ossia le persone sovrappeso od obese che possono godersi quindi un cono alla frutta come des-sert o come spuntino. Un gelato composto prevalentemente di frutta, senza latte, né uova è perfetto per le persone intolleranti al lattosio e per chi abbia bisogno di energie di rapido utilizzo come gli sportivi, i bambini, gli anziani specie se affetti da anoressia senile o problemi di masticazione e deglutizione. Viceversa il gelato alle creme può essere un valido spuntino o anche un sostituto del pasto per chi ha pro-blemi di iperglicemia, in quanto i grassi non aumentano il livello di zuccheri nel sangue (glicemia). Ovviamente, in chi fosse anche sovrappeso oltre che affetto da iper-glicemia, la porzione di gelato alle creme deve essere congrua al suo fabbisogno calorico e non esagerata.

E se volessimo pranzare o cenare col gelato?Per chiunque decida di farlo sarà bene scegliere un cono medio (130 g circa) o grande (160-180 g) com-posto dei cosidetti ‘gusti alle creme’, che forniscono un adeguato apporto di proteine e grassi e un minore apporto di zuccheri semplici. Se inoltre si ha cura di aggiungere la cialda del cono ed eventuali cialde decorative, si otterrà dal pasto anche una discreta quota di carboidrati complessi. Un gelato composto quindi di latte, uova e cialde fornirà nelle ore successive i nutrienti necessari all’ organismo.Bisogna sempre ricordare però che anche il miglior ge-lato, dagli ingredienti genuini, non aggiunto di preparati preconfezionati, fornisce nutrienti in modo sbilanciato verso zuccheri o grassi quindi gli altri due pasti princi-pali della giornata dovranno bilanciare correttamente i fabbisogni nutrizionali.

Infine, anche le persone con diabete possono godersi un buon ge-lato, specie se povero in zuccheri semplici, come quello alle creme, prestando attenzione alla porzione (meglio il cono piccolo) e all’ora-rio di assunzione. In genere è preferibile assumerlo come spuntino e non a fine pasto per evitare un carico elevato di zuccheri e la cosiddetta iperglicemia post-prandiale. Per tutti i casi clinici complessi, comunque, tra cui anche il sovrap-peso e l’obesità, è bene concordare col medico nutrizionista lo schema alimentare più adatto ai singoli casi. Ciò includerà sicura-mente il gelato al momento e nel modo più salutare e gratificante !

NB: per la tabelle nutrizionali potete consultare www.inran.it

Il gelato fa sempre bene a tutti? Per chi soffre frequentemente di diarrea e di colon irritabile è bene ridurre l’assunzione del gelato ad occasioni sporadiche. Infatti il freddo stimola il riflesso della peristalsi del colon e l’at-tività muscolare dell’intestino tenue. Fortunatamente, anche se questo disturbo può variare da individuo a individuo, degu-stando il gelato lentamente, gli effetti gastro-colici del freddo possono essere notevolmente ridotti.I gelati a base di cioccolato, uova, panna, in quanto grassi, stimolano anche l’attività della colecisti e potrebbero peggio-rare l’eventuale sintomatologia dolorosa in chi è soggetto a coliche epatiche.

MEDICINADELLO SPORT

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LABORATORIO CLINICO

NOMENTANOVia dello Stadio 1 [email protected] T 06 90625576

Quante volte nella stagione estiva abbiamo pensato di pranzare o cenare col gelato? Generalmente, con le alte temperature l’appetito si riduce, abbiamo bisogno di alimenti freschi, digeribili e - perché no? - anche gustosi e magari dimentichiamo di verificare come ci nutriamo.

Dott.ssa Mayme Mary PandolfoResponsabile Branca di Scienza della NutrizioneStudio Medico Polispecialistico Cappuccini

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Infatti esiste una forma specifica di questo di-sturbo, la congiuntivite allergica, che trova la sua causa nei medesimi allergeni che provoca-no le forse più conosciute allergie respiratorie. In realtà, la congiuntivite allergica è una malattia in generale molto diffusa che si stima interessi circa il 40% della popolazione nei paesi occi-dentali. Forte prurito agli occhi e lacrimazione sono i suoi inconfondibili sintomi.Esistono due grandi categorie di congiuntiviti allergiche: le acute e le croniche. Quelle pro-vocate dai pollini o dalle polveri, sono le acute – delle quali ci occuperemo in questo artico-lo – ed annoverano due forme, la stagionale e la permanente. La stagionale, come dice la stessa parola, è tipicamente primaverile, è associata alla rinite allergica, ed è causata dai pollini delle piante, soprattutto graminacee e parietarie. I sintomi più frequenti sono prurito, bruciore, lacrimazione, fastidio alla luce (foto-fobia), annebbiamento visivo. I segni tipici ocu-lari sono l’iperemia congiuntivale (rossore degli occhi) e l’essudazione mucosa (secrezione). La congiuntivite allergica permanente, viceversa, dura tutto l’anno, ed è causata più frequente-mente da acari della polvere e spore fungine.Anche se di natura diversa, in quanto “cronica”, un’altra forma diffusa di congiuntivite allergica è quella scientificamente detta “congiuntivite gi-gantopapillare” la quale ha una causa tipica e precisa: ovvero è la congiuntivite dei portatori di lenti a contatto. È denominata così in ragione delle papille tarsali che da ipertrofiche diventa-no papille giganti. I sintomi tipici sono la sensa-zione di corpo estraneo, la secchezza oculare, e l’intolleranza alle lenti a contatto.La terapia delle congiuntivite si avvale di “far-

maci topici”, ovvero dei colliri, appartenenti a classi diverse, ovvero antistaminici, stabilizzatori di mem-brana dei mastociti, corticosteroidi, e vasocostrit-tori. Nei casi più gravi si può associare una terapia generale, con antistaminici e steroidi per bocca. I colliri antiallergici possono anche essere utilizzati per prevenire l’allergie impiegandoli un paio di set-timane prima del momento di diffusione dei pollini. Per alleviare i sintomi e ridurre il fastidio, possono essere utili le cosiddette “lacrime artificiali”. Esisto-no poi in farmacia salviettine umidificate per la pu-lizia del bordo palpebrale le quali sono indicate per la rimozione degli allergeni dagli occhi. La buona notizia è che, trattandosi di un’allergia, esistono comportamenti che ci permettono di limi-tarne gli effetti. Vediamone alcuni:

• innanzitutto è essenziale capire a cosa si è allergici, onde cercare di esporsi il meno pos-sibile a quell’allergene. Lo specialista allergo-logo, attraverso gli esami diagnostici specifici (prove allergiche, ecc.), è la persona giusta a cui rivolgersi;

• durante il periodo di fioritura limitare l’uso del-le lenti a contatto. I granuli di polline possono rimanere intrappolati fra la lente e l’occhio. Meglio gli occhiali normali.

• evitare di soggiornare in luoghi con vegetazio-ne, durante il periodo d’impollinazione della pianta alla quale si è allergici.

• chiudere porte e finestre quando il livello dei pollini nell’aria è più alto. Per converso, arieg-giare la casa in tarda serata perché il polline raggiunge la sua massima concentrazione nell’aria tra le ore 10.00 e le 16.00. Non sten-dere le lenzuola all’aperto per evitare che rac-colgano pollini

• cambiarsi i vestiti appena rientrati in casa, non in camera da letto, e lavarsi i capelli ( anche solo con acqua ). in questo modo si elimina-no i pollini attaccatisi ai capelli nel corso della giornata, evitando così l’esposizione nottur-na.

• limitare le gite in campagna nei periodi di mas-sima fioritura. Meglio il mare o la montagna.

• quando si va in moto o in auto usare un casco integrale nel primo caso, e un filtro antipolline efficiente nel secondo.

• ricordare che le concentrazioni di pollini sono maggiori nelle giornate ventose e soleggiate e calano invece con la pioggia.

• chi possiede un animale domestico dovrebbe ricordarsi che il polline può attaccarsi al pelo ed essere veicolato in casa.

LA CONGIUNTIVITE ALLERGICA:affrontiamola (anche) con i comportamenti

LA CONGIUNTIVITE ALLERGICA:affrontiamola (anche) con i comportamenti

Dott. ALDO CANZIOResponsabile Branca di Oculistica Studio Medico Polispecialistico Cappuccini

La Congiuntivite è un’infiammazione della “congiuntiva”, cioè di quella membrana mucosa, che protegge, ricoprendolo, il bulbo oculare. Esistono diverse possibili cause alla base dell’infiammazione ma, certamente, in alcuni mesi dell’anno le allergie la fanno da padrone.

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L’Acido Folico è una vitamina la cui funzione nell’organismo umano assume una importanza specifica durante la gravidanza. Infatti, l’acido folico “collabora” alla creazione delle nuove cellule, in primis i globuli rossi e le cellule dell’embrione.

Ricerche recenti ci hanno per-messo di capire che l’acido folico - assunto prima della gravidanza e durante il primo trimestre – non solo consen-

te di evitare l’instaurarsi dell’anemia (cau-sata dalla rapida riproduzione delle cellu-le dell’embrione e, dunque, dal maggior “consumo” di globuli rossi) ma abbatte di circa il 50% il rischio della comparsa di due malformazioni del nascituro, cioè l’anence-falia (cioè il mancato sviluppo della calotta cranica) e la spina bifida (la chiusura incom-pleta dei corpi vertebrali con malformazio-ni del midollo spinale). Inoltre, le ricerche più recenti mettono anche in luce un ruolo dell’acido folico nella riduzione del rischio di cardiopatie congenite e labio-palato-schisi ovvero la malformazione del palato e del labbro superiore (“labbro leporino”).Come si fa ad aumentare la quantità di aci-do folico quotidiana ?Innanzitutto – ma questa è buona norma in ogni caso – adottando la famosa “Die-ta Mediterranea”, ovvero un’alimentazione ricca di frutta e verdura. La Dieta Mediter-ranea da sola, però, se è da un lato suffi-ciente a prevenire l’anemia, non basta a far fronte al fabbisogno di acido folico richie-sto dalla gravidanza.Se non vi sono indicazioni diverse, sarà quindi semplicemente necessario prende-re una pasticca al giorno di acido folico da 0.4 mg da quando si decide di concepire il proprio figlio fino alla conclusione del terzo mese di gravidanza. A questo proposito, l’acido folico può anche essere assunto attraverso un preparato polivitaminico che potrà dare un supporto più generale alla

gravidanza: consigliandosi con il pro-prio ginecologo, si potrà individuare il prodotto più adattoSituazioni particolariVa tenuto presente come, qualora la futura mamma soffra di diabete o epi-lessia, o si trovi in condizioni di obesità o, in una precedente gravidanza, si sia verificato un caso di anencefalia o spina bifida, la quantità di acido folico vada elevata – sotto il controllo e su prescri-zione del medico specialista – fino a 4 o 5 mg al giorno. Purtroppo, anche l’assunzione di quantitativi supplemen-tari di acido folico, non elimina comple-tamente il rischio delle malformazioni in questione poiché vi sono forme re-sistenti all’acido folico ma si tratta co-munque di una misura di prevenzione da adottare senz’altro.

Piccole donne crescono...Piccole donne crescono...Infanzia ed adolescenza sono due fasi della vita delicate e caratterizzate da problematiche specifiche. Dal punto di vista dello sviluppo femminile, il sup-porto di una specialista ginecologa può essere importante sia per prevenire potenziali malattie che stili di vita sbagliati i quali, alla lunga, risultano causa a loro volta di patologie specifiche. In questo ambito, lo specialista ginecologo deve occuparsi sia della diagnosi e della cura, laddove necessario, ma anche dedicare particolare attenzione agli aspetti psicologici ed all’impatto che tali problematiche possono avere sulle gio-vani pazienti.Il LABORATORIO CLINICO NOMENTANO, dedica a bambine e ragazze ed ai loro genitori, un momento d’incontro pensato per le loro esigenze nell’otti-ca della prevenzione medica e dell’impostazione di corretti stili di vita.

Bambine e ragazze tra i 10 ed il 16 anni di età, accompagnate dalla propria madre,

potranno incontrare le specialiste ginecologhe, eseguire un’ecografia pel-vica a fini della prevenzione di possibili patologie specifiche della loro età,

e ricevere dalla specialista consiglio sugli stili di vita e le condizioni alla base di uno sviluppo femminile sano e rispettoso della propria fertilità.

Incontro ed ecografia pelvica sono proposti alla tariffa di favore di 60 euro.

Dott.ssa Emanuela FeraudoSpecialista in Ginecologia ed Ostetricia

Branca di Diagnostica per Immagini Poliambulatorio Specialistico Lab. Cl. Nomentano

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Le malattie legate alla voce sono più diffuse rispetto al passato: il 30% degli inse-gnanti, ad esempio, arriva a sviluppare un disturbo

cronico ma oltre a coloro che usano le corde vocali “per lavo-ro” anche chi ne fa un uso nor-male è più a rischio.“Viviamo in una società in cui il rumore di fondo che accompa-gna le nostre giornate è in co-stante aumento – spiega la Dr.ssa Giovanna Cantarella, dell’Unità di Otorinolaringoiatria della Fonda-zione Ca’ Granda Policlinico di Milano – e per farci sentire siamo costretti ad aumentare il volume della nostra voce per sovrastarlo. E non ci concediamo pause ade-guate di riposo vocale: un tempo, ad esempio in auto o in treno, le corde vocali godevano di mo-menti di riposo. Adesso anche in queste situazioni trascorriamo molto tempo parlando al cellula-re, e spesso sforziamo il parlato”.Dunque, dobbiamo stare tutti un po’ più attenti: “La nostra vita spesso viene vissuta in modo

convulso ed è ricca di occasio-ni di stress emotivo - aggiunge il Prof. Lorenzo Pignataro direttore dell’Unità di Otorinolaringoiatria del Policlinico di Milano - la ten-sione emotiva può contribuire allo sviluppo di patologie delle corde vocali a causa dello sta-to di tensione della muscolatura della laringe, del collo e della re-spirazione che accresce lo sfor-zo fonatori. E’ necessaria la la consapevolezza di certi compor-tamenti errati che danneggiano le corde vocali. La voce va usa-ta in modo parsimonioso: l’uso continuativo senza pause ade-guate di riposo, il vizio del fumo e la scarsa assunzione di liquidi sono solo alcune delle condizioni che predispongono allo sviluppo di patologie delle corde vocali”.Così la Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano ha crea-to il DECALOGO DELLA VOCE SANA che trova la sua parola d’ordine nella prevenzione.

10 regole per conservare la voce

1. Non parlare mai troppo in fretta, e fare pause per riprendere fiato

2. Bere almeno 1,5-2 litri di acqua al giorno, per non disidratare le corde vocali.

3. Non bere troppo caffè, tè o bevande contenenti caffeina: favoriscono la diuresi e la disidratazione

4. In casa e in ufficio tenere un tasso di umidità minimo del 40%: l’aria troppo secca è dannosa per la voce

5. Non alzare la voce per richiamare l’attenzione, ma usare modi alternativi

6. Non cercare di superare il rumore ambientale, ed evitare di parlare a lungo in luoghi rumorosi

7. Sul lavoro, per farsi sentire da molte persone è meglio utilizzare un microfono, quando possibile

8. 8. Non chiamare gli altri da lontano, ma avvicinarsi alle persone con cui si vuole comunicare

9. Evitare di parlare durante l’esercizio fisico: non si ha abbastanza fiato per sostenere la voce senza sforzo

10. Cercare di avere sane abitudini di vita: niente fumo, alcolici con moderazione, alimentazione ricca di frutta e verdura, pasti regolari e non troppo abbondanti, numero adeguato di ore di riposo

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Nella maggior parte dei casi la malattia colpisce le donne in menopausa, que-

sto dipende in parte dal fatto che la donna possiede una minore massa ossa rispetto all’uomo e, secondariamente, dal fatto che, in menopausa, viene progressivamente a di-minuire la concentrazione degli ormoni estrogeni determinan-do una perdita di massa ossea più precoce e maggiore nella donna rispetto agli uomini.Ci sono diversi fattori predispo-nenti all’insorgenza dell’osteo-porosi:

• menopausa precoce• comparsa tardiva del pri-

mo ciclo mestruale• asportazione chirurgica in

età fertile delle ovaie• età avanzata• periodi prolungati di

scomparsa del ciclo con-seguenti ad alimentazione o nutrizione inadeguate (anorresia)

• trattamento prolungato con alcune categorie di farmaci (ad esempio, diu-retici, cortisonici, ormoni tiroidei, lassativi, antiacidi contenenti sali di allumi-nio)

• prolungata immobilizza-zione conseguente a ri-coveri

In generale possono essere considerate “primitive” le for-me post-menopausali e senili e osteoporosi “secondarie”

quelle determinate da un am-pio numero di patologie e far-maci.L’osteoporosi è una patologia che sta acquisendo sempre più rilievo per l’aumento dell’età media della popolazione in ge-nerale nonché per l’aumentata aspettativa di vita della donna; tra l’altro giova ricordare che circa una donna su due non sa di essere affette da osteoporo-si ma, d’altro canto, la stessa mancanza di consapevolezza riguarda un uomo su cinque.L’osteoporosi determina un aumentato rischio di fratture le cui conseguenze dal punto di vista dei costi socio-economici sono molto pesanti: in partico-lare le fratture del femore (tipi-che di donne anziane) posso-no determinare una mortalità del 15-25%, ed una disabilità motoria che colpisce più del-la metà dei pazienti nell’anno successivo alla frattura; solo il 30-40% di queste persone ri-prende autonomamente le at-tività quotidiane. Un problema simile è costituito dalle fratture vertebrali, spesso spontanee, la metà delle quali non sono diagnosticate e la cui inciden-za è paragonabile a quella del femore.Contrariamente a quanto si possa presumere, gran parte dei costi sociali e sanitari con-seguenti all’osteoporosi e alle sue complicanze (ad esempio, fratture) non sono legati ai co-sti farmacologici (all’incirca pari

al 20% dei costi totali), ma alle conseguenze di osteoporosi misconosciuta (invalidità tran-sitoria e/o permanente, morta-lità precoce e quindi evitabile, cura e riabilitazione, ecc.).Per tentare di ridurre l’impat-to sanitario e sociale di una patologia per lo più asinto-matica progressiva e poten-zialmente invalidante quale è l’osteoporosi, diventa priorita-rio perseguire un approccio di promozione della salute e di sensibilizzazione della popo-lazione sui vantaggi collegati all’adozione di stili di vita sani durante l’intero corso della vita (vedi tabella). Prevenzione, che, nel caso dell’osteoporosi deve comin-ciare quanto più precocemente possibile, soprattutto nell’ado-lescenza quando, ad esempio, l’apporto di calcio attraverso gli alimenti viene assorbito ef-ficacemente dall’organismo e contribuisce attivamente al consolidarsi della massa os-sea. Assumere regolarmente cibi che contengono calcio (ad esempio, il latte a colazione) garantisce una migliore perfor-mance dell’osso del soggetto adulto.L’eccessiva magrezza va evi-tata, in quanto alla perdita eccessiva di peso si accom-pagna anche la rarefazione dell’osso con conseguente minore resistenza ed elastici-tà agli stimoli esterni, anche accidentali. Allo stesso modo andrà evitato il sovrappeso, in particolare nelle donne an-ziane, che sottopone a un incrementato rischio di frat-tura (anche spontanea, più

frequentemente vertebrale e femorale).Occorre ricordare che un’esposizione ai raggi so-lari nei periodi primaverili ed estivi, momenti in cui la pelle è più esposta ai raggi solari, incrementa la produzione e la disponibilità di vitamina D utile per il fissaggio del calcio ali-mentare alla massa ossea.L’evidenza scientifica dimostra inoltre che l’abuso di alcol e il fumo sono fattori di rischio per lo sviluppo dell’osteoporosi. Inoltre nel soggetto già anzia-no ed osteoporotico bisogne-rà fare attenzione a evitare tutti quei fattori domestici (tappeti, calzature non idonee…) che possano creare intralcio alla deambulazione e favorire così le cadute accidentali.Una gestione corretta del pa-ziente prevede una visita me-dica con la raccolta della storia della persona (malattie, farma-ci…) e l’esame clinico cui se-guirà la prescrizione di analisi del sangue ed esami diagno-stici radiologici come la radio-grafia della colonna vertebrale dorsale e lombare e soprattut-to l’esecuzione della mineralo-metria ossea computerizzata (MOC) esame principale nella valutazione della massa ossea.Attraverso queste indagini lo specialista potrà valutare se e quando sottoporre il paziente a terapia farmacologica volta a contrastare la perdita di massa ossea ma sicuramente cerche-rà di intraprendere un percor-so che coinvolga il paziente nel seguire uno stile di vita più sano per le sua massa ossea

L’osteoporosi è una malattia scheletrica sistemica caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da un’alterazione della microarchitettura del tessuto osseo, fenomeno questo legato prevalentemente al processo di invecchiamento e che porta a un aumento della fragilità ossea e conseguente aumento del rischio di fratture (in particolare nelle zone del polso, delle vertebre e del femore prossimale)

Dott. ssa Claudia AnnosciaBranca di EndocrinologiaStudio Medico Polispecialistico Cappuccini

Dott. ssa Lara GuerriniResponsabile della Branca di EndocrinologiaStudio Medico Polispecialistico Cappuccini • Garantire nel periodo della crescita un apporto adeguato alimentare di calcio (alimenti ricchi in calcio

sono, ad esempio, latticini, broccoli, spinaci, fagioli, soia,salmone conservato, mandorle, ecc.)• Favorire uno stile di vita non sedentario e praticare regolarmente attività fisica (anche leggera)• Prevenire possibili cause di fratture (ad esempio,domestiche) che possono incrementare la

probabilità di sviluppo di osteoporosi su ossa già “fragili” (in particolare del femore)• Evitare di fumare• Favorire un’alimentazione adeguata in modo tale da evitare una struttura corporea gracile e

un’evitabile eccessiva magrezza• Garantire adeguati introiti alimentari di vitamina D• Evitare l’abuso di alcol e/o caffè

Fattori modificabili legati agli stili di vita (prevenzione osteoporosi)

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In genere lo sviluppo di un alluce valgo può rico-noscere diverse origini: la familiarità, una forma del piede predisposta a tale

affezione, l’utilizzo di calzature non idonee (come ad esempio le scarpe femminili con tacco alto e punta stretta). I comportamenti per evitarlo Per prevenire e rallentare il decor-so della deformità, si possono consigliare diverse opzioni:

• l’utilizzo di calzature como-de e funzionali

• evitare il soprappeso• utilizzare le speciali “ortesi” (ovvero dispositivi ortope-dici) appositamente studia-te per ridurre i sintomi da sovraccarico o da attrito tra le dita

• ricorrere ai trattamenti fi-sioterapici antinfiammatori per ridurre, appunto, que-ste manifestazioni ed ai trattamenti fisioterapici di-namici che si avvalgono di esercizi attivi che possono attenuare la sintomatologia dolorosa.

La prima visita specialistica con l’ortopedico consentirà di de-terminare il percorso terapeu-tico da seguire: tramite essa sarà possibile valutare appieno la forma del piede e soprattutto dell’avampiede, il tipo di appog-gio, il tipo di deformità, se essa interessi solamente il primo dito, cioè l’alluce, oppure coin-volga in maniera più estesa la

regione metatarsale e quindi le altre dita. Sarà quindi possibile, una volta visionati gli opportu-ni esami diagnostici, decidere come procedere: ovvero se sia sufficiente pensare a migliora-re l’appoggio tramite specifici dispositivi ortopedici (plantari, tutori, ecc.) realizzati con i siste-mi e nei materiali più opportuni e più moderni, come risolvere il dolore attraverso farmaci lo-cali o per via generale o tramite l’applicazione di specifiche in-novative applicazioni di fisiote-rapia oppure se sia necessario programmare e ricorrere all’in-tervento chirurgico. L’interven-to potrà richiedere il ricorso ad una tecnica specifica piuttosto che ad un’altra a seconda del-la deformità individuale e del grado di deviazione del dito e di coinvolgimento delle dita vici-ne. Oggigiorno, si cerca, quan-do possibile, di evitare sempre di pi’ le tecniche demolitive del passato e realizzare le osteoto-mie, ovverossia tagli dell’osso che consentano di riallineare il primo dito attraverso tecniche chirurgiche percutanee le quali, senza effettuare incisioni chi-rurgiche (tagli), permettono di intervenire attraverso piccolissi-mi forellini attraverso i quali me-diante strumentari dedicati si ef-fettuano gli stessi tagli correttivi senza, però, applicare nessun mezzo di sintesi ma ricorrendo solamente a particolari bendag-gi post-operatori.

ALLUCE VALGO:che fare?

Iniziamo dalle basi, cos’è e come si presenta l’alluce valgo? Con questo termine si identifica la deviazione del primo dito del piede, ovvero l’alluce, in genere progressiva e più frequente nelle donne, in cui la base del dito (il primo metatarso) si sposta verso l’interno, mentre la punta, la falange prossimale, si porta verso le altre dita, cosa che con il tempo può portare alla deformità delle dita vicine, soprattutto del secondo dito che si ripiega su se stesso, diventando un “dito a martello”.

Diagnosi e Terapia

Diagnosi e Terapia

Dott. Fabio SciarrettaChirurgo Ortopedico

Responsabile della Branca di Ortopedia Poliambulatorio Specialistico

Nomentano

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Dott. Mauro FiorentinoFisioterapista

Cos’è il metabolismo?La trasformazione dell’energia che il nostro corpo ricava dagli alimenti in movimento ed in tutte quelle reazioni chimiche interne al nostro organismo, indispensabili per la so-pravvivenza, le quali, per avvenire, richiedono energia.In termini più scientifici, il metabolismo è l’insie-me delle reazioni chimiche e fisiche che avven-gono in un organismo. Tali reazioni comportano la trasformazione (o “degradazione”) di molecole come gli zuccheri, i grassi e le proteine in mo-lecole più semplici con produzione di energia, parte della quale serve, come detto, per il mo-vimento.

Cos’è il “Fitness Metabolico”?Il fitness metabolico è un esercizio fisico che ha come finalità quella di migliorare il metabolismo (o “funzionalità metabolica”). E’ caratterizzato da programmi di esercizi fisici a moderata intensità che impiegano attrezzature quali il tapis roulant , o treadmill, e la cyclette, o cicloergometro.Ciò che è importante non è la quantità di eser-cizio che si fa, ma la frequenza cardiaca a cui la persona compie questi esercizi perché è proprio la giusta frequenza cardiaca la chiave per stimo-lare i meccanismi metabolici. Di qui la necessità di avvalersi di fisioterapisti competenti e di mac-chinari professionali che garantiscano un esatto rilevamento e gestione della frequenza cardiaca.L’attività motoria, inoltre. migliora la sensibilità all’insulina la quale è una condizione che favori-sce una difesa contro il diabete

A chi è utile il Fitness Metabolico?Il fitness metabolico è particolarmente indirizzato a coloro che abbiano un fattore di rischio eleva-to nei confronti di malattie causate da un cattivo funzionamento del metabolismo come la Sindro-me Metabolica (la quale è responsabile di ma-lattie molto più gravi quali obesità addominale e viscerale), il diabete mellito, l’insulinoresistenza e le patologie cardiovascolari quali l’ipertensione.

Come è fatta una seduta di Fitness Metabolico?Le “prescrizioni motorie”, cioè gli esercizi da

effettuare, in una seduta di Fitness Metabolico prevedono un’attività fisica aerobica ad intensità moderata. Un’attività è detta “aerobica” in quan-to lo sforzo prodotto dalla persona durante l’at-tività non arriva a generare acido lattico poiché l’ossigeno respirato dall’individuo è sufficiente ad innescare le reazioni chimiche per la produzione di energia.Pertanto, la condizione fondamentale è quella di individuare il ritmo cardiaco corretto affinché l’ossigeno sia in grado di essere utilizzato per la fornitura dell’energia necessaria. La frequenza cardiaca più adeguata viene calcolata partendo dalla frequenza cardiaca a riposo e valutando una serie di parametri tra i quali l’età e il peso.Si inizia così con esercizi che arrivino ad un’in-tensità del 40-45% della frequenza cardiaca massima per una durata di 3 – 5 minuti per 4 -5 ripetizioni per poi crescere nel tempo. Queste in-dicazioni motorie vengono consigliate valutando attentamente il paziente personalizzando il più possibile l’attività fisica proposta.

Quali benefici porta il Fitness Metabolico?La pratica degli esercizi in questione porta alla diminuzione dei fattori di rischio rispetto alle ma-lattie cardiovascolari, diabete, obesità, iperten-sione, ecc.L’attività andrebbe praticata con costanza nel tempo come un’abitudine di vita: tre volte a setti-mana per un’ora rappresenterebbero una quan-tità di lavoro sufficiente per apportare i benefici fin qui descritti.

Piccolo DizionarioSindrome Metabolica o MetS: si tratta di una condizione caratterizzata da aumento del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari (2-3 volte rispet-to alla popolazione generale) e diabete mellito di tipo II (5 volte rispetto alla popolazione generale) e viene definita come la presenza in un individuo di tre o più fattori di rischio, quali obesità viscerale, iper-tensione arteriosa, alterata glicemia e dislipidemiaInsulinoresistenza: si tratta di una “condizione” in cui il corpo non può utilizzare la sua insulina in modo appropriato. L’insulina è un ormone che l’organismo utilizza per favorire la conversione del glucosio nel sangue in energia. La resistenza all’in-sulina può portare ad alti livelli di glucosio nel san-gue ed è collegata a sua volta con il sovrappeso o l’obesità.Diabete di tipo 2” o “Diabete Mellito”: è anche detto non insulino-dipendente. Si manifesta in per-sone di età più avanzata, tipicamente in sovrap-peso con un esordio poco evidente, infatti spesso viene diagnosticato casualmente dopo molti anni dall’inizio. È la forma più comune di diabete ed è caratterizzato da insulino-resistenza e diminuzione della secrezione di insulina da parte del pancreas.FI

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O Termini quali “metabolismo” e “fitness metabolico” sono ormai entrati nel linguaggio di tutti i giorni, ma un rapido “ripasso” può sempre far comodo: vediamo un po’ di che si tratta ponendoci le domande che servono.

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La scena si svolge in un corpo (quello del lettore?) dopo una notte calda ed agitata.“Ma che terribile caldo” disse infastidita la

tiroide “e che rumore incessante!”. Poi, rivolgendosi di sbieco al cuore: “E si, dico proprio a lei signor cuo-re.! E basta con questo bum bum bum incessante, rapido e frastornante”. Il cuore, dal basso, affannato e sudato volge lentamente lo sguardo verso la tiroi-de “E proprio lei ha qualcosa da ridire? Guardi che è colpa sua se siamo in questa condizione”. Perplessa la tiroide si affretta a dire “Non è possibile! Ma se è lei che continua a pompare velocemente producen-do calore, palpitazioni, tremore. Vuole dimostrare di essere il più bravo degli organi?”. A questo punto il cuore, solitamente paziente e cauto, sbotta “E infat-ti se non poniamo rimedio ai suoi eccessi tra breve andrà tutto alla malora in questo corpo ed anch’io che normalmente resisto alla fatica andrò incontro allo scompenso. Infatti, è già comparso l’affanno da sforzo e la pressione è aumentata”. Riprende fiato per un attimo e quindi perentorio “Ribadisco che è colpa sua”. All’improvviso una serie di sussulti, le pal-pitazioni, stravolgono il ritmo del cuore che sembra seriamente preoccupato per la situazione. Dinanzi a tanta ferrea convinzione ed alla gravità del momento anche la tiroide comincia a sospettare che la causa dello squilibrio potrebbe essere lei. “Ammettiamo che tutti questi sintomi dipendano da me. Ammettiamo dico. Come potrebbe essere accaduto?”. Il cuore, finalmente rinfrancato dal “dietro front” dell’ostinata tiroide, comincia a spiegare: “Sono alcune settimane, cara tiroide, che ha cominciato a produrre più ormoni di quanto sia necessario. Queste due molecole, l’FT3 e l’FT4 agiscono su di me attraverso il circolo ematico ed il sistema nervoso simpatico aumentando le mie funzioni: ritmica, contrattile, pressoria … Normalmen-

te è un meccanismo fisiologico, “di compenso” in condizioni di aumentata esigenza da parte del cor-po, ma adesso questa stimolazione è veramente ec-cessiva”. La tiroide scoppia in un pianto di vergogna disperato “Sigh, sigh, mi dispiace … non credevo … non potevo immaginare che anche a distanza con gli ormoni potevo creare questo disastro. Per rime-diare smetterò di produrre FT3 e FT4”. “Assoluta-mente no”, si affretta a rispondere il cuore “i suoi or-moni sono necessari all’organismo, altrimenti tutto, anch’io, sarebbe rallentato, quasi fermo”. “No no la soluzione è un’altra!” continua rassicurante il cuore “Prima di tutto dobbiamo capire la causa di questo suo malfunzionamento … Per caso ha notato se da qualche parte, mi scusi l’ardire, sono spuntati dei noduli?”. Pensierosa risponde la tiroide “Effettiva-mente da alcuni mesi ho notato dei bozzetti fastidio-si. Dice che potrebbero essere quelli?”. “Non sono un esperto, ma credo di si. Sicuramente dopo il pre-lievo per gli ormoni ed un’ecografia, un endocrinolo-go potrebbe inquadrare la situazione ed iniziare una terapia farmacologica”. “E lei nel frattempo signor cuore? Come resisterà allo sforzo?” replicò sempre più contrita la tiroide. “Non si preoccupi! Ho le spalle larghe io. E comunque con un’ECG e forse un’ECG Holter ed un buon cardiologo potrò tirare avanti fino a quando non la sistemano. Ma la soluzione è sem-pre la sua guarigione”. “Oh! Speriamo che non ci sia bisogno di levarmi con la chirurgia: sono affezionata a questo corpo” aggiunse preoccupata la gozzuta tiroide. “Non credo e comunque io le sarò sempre accanto. Se non servono a questo i vicini!”

storia di una tiroide in difficoltà e del suo amico cuore

C’era una volta…

Dott. Francesco RuggieroCardiologo - Responsabile Branca di Cardiologia, Poliambulatorio Specialistico Lab. Cl. Nomentano

Questa è la storia della difficile convivenza tra una tiroide malata ed un cuore affannato, ovvero la versione narrata e parodiata del “mal di cuore” che consegue ad un aumento dell’attività della ghiandola tiroidea.

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il peso corporeo.• Proteine: preziose per l’accrescimento fetale; carne

(preferire carni bianche), pesce (soprattutto pesci di piccola taglia), uova, soia, legumi. Alcuni amminoacidi essenziali si trovano unicamente nelle carni animali. Le donne vegetariane o vegane non debbono modificare le loro scelte ma sopperire con altre fonti proteiche

• Vitamine e minerali: tutta la frutta; meglio quella fresca di stagione e ricca di vitamina C preferibilmente negli spuntini; consumare quotidianamente la verdura; lat-te parzialmente scremato e formaggi magri (preziosa fonte di calcio)

• Sale da cucina: in modica quantità; è preferibile non consumare dadi per il brodo. Ricordate che una delle principali fonti di sale alimentare è il pane.

• Bevande: preferite l’acqua di rubinetto, sicura in tutte le nostre città. Le acque oligominerali sono, per defini-zione, povere di calcio, uno dei minerali più importanti in gravidanza.

Da evitare, invece, alcolici e superalcolici. Bevande nervi-ne: caffè, molta cautela con the e cioccolata. Carne cruda, molluschi e selvaggina (pericolo per trasmissione di malattie quale in primis la toxoplasmosi al feto). Cibi a temperatura troppo alta o troppo bassa. Dolcificanti di sintesi. Cibi pic-canti, cibi in salamoia o affumicati. Limitare il consumo di burro e margarina. Per quanto riguarda salumi ed insaccati, questi vanno assunti con moderazione evitando comunque quelli che possano essere fonte di contagio per la toxopla-smosi. Si a prosciutto cotto, speck, bresaola.

Il nostro amico olio di olivaE veniamo ai grassi: è da preferire sempre l’olio extraver-gine di oliva, ovviamente di qualità e spremuto a freddo. L’olio di oliva era considerato nei tempi passati una so-stanza a metà tra l’alimento e il medicinale e infatti, anche in relazione alla gravidanza, i benefici che genera sono importanti.Alla base vi è il fatto che l’olio d’oliva presenta un equilibrio ottimale tra acidi grassi polinsaturi e saturi-monoinsaturi. Parliamo dell’acido oleico (che ha un effetto benefico sul colesterolo e stimola la contrazione della cistifellea), dell’acido linoleico e dell’acido linolenico che il nostro cor-po non produce e assume dagli alimenti. Ma quanto consumarne ? Possiamo dire che il quantita-tivo indicato per una donna in gravidanza sia di due o tre cucchiai al giorno, a crudo, e che questa quantità possa sopperire per intero alle esigenze di grassi nella dieta.Vediamo in sintesi quali siano i benefici principali dell’olio d’oliva per mamma e nascituro.L’olio di oliva riduce l’acidità gastrica, migliora in generale il funzionamento dell’apparato digerente e regola le funzioni intestinali. Consente dunque, da un lato, alla mamma una migliore assimilazione degli alimenti e aiuta quelle proble-matiche frequenti durante la gestazione quali la stipsi. Rimanendo nell’ambito dell’apparato digerente, l’olio d’oli-va protegge la mucosa gastrica e limita l’ipercloridria alla base delle esofagiti da reflusso. Sempre dal punto di vista della mamma, aiuta anche a prevenire il diabete gestazio-nale.Dal punto di vista del bambino, è invece importante l’ap-porto delle vitamine presenti nell’olio d’oliva ai fini della mineralizzazione delle ossa e per prevenire i rischi di emor-ragie. Infine, questo alimento ha anche un ruolo nello svi-luppo del sistema nervoso fetaleVa detto infine che la convinzione per la quale gli olii di semi (arachidi, ecc.) siano più leggeri e dietetici è in real-tà inesatta in quanto questi conferiscono, analogamente all’olio di oliva, 9Kcal/gr.

OLIO DI OLIVA E GRAVIDANZAdalla nostra tradizione un aiuto

al benessere della mamma e del bambino

È importante, innanzitutto, conoscere il proprio peso e valutarlo in funzione dell’altezza già prima del concepimento, ad esempio calcolando il Body Mass Index (BMI) con l’aiuto del proprio ginecologo o nutrizionista: valori inferiori a 20 indicano sottope-so, tra 20 e 25 normopeso, tra 25 e 30 sovrappeso e superiori a

30 obesità. Una donna non gravida normopeso e con normale attività fisica necessita di circa 2.500 kcal al giorno, nel primo trimestre di gravidanza le necessità caloriche salgono a 2.650 (+150) e nel secondo e terzo trimestre a 2.800 (+300).L’incremento di peso in una donna normopeso al concepimento, nei nove mesi di gestazione dovrebbe essere intorno ai 12 - 13 Kg; se si è invece sovrappeso dovrà essere contenuto tra 7 e 11 Kg; nelle donne sottopeso è auspicabile un incremento di 14 - 16 Kg. Bisogna prendere l’abitudine di pesarsi sempre sulla stessa bilancia, alla stessa ora del giorno, preferibil-mente al mattino, a digiuno, dopo aver vuotato la vescica.L’eccessivo aumento di peso comporta un affaticamento per la madre e può predisporre al diabete gestazionale (con accrescimento disarmonico ed eccessivo del feto e rischio per la madre di sviluppare il diabete di tipo 2 anche a distanza di anni) ed alla gestosi, condizione tossica nella quale compaiono alterazioni quali l’aumento della pressione arteriosa ed edemi. L’eccesso di peso in gravidanza si associa di per sé ad un aumentato ri-schio di morte intrauterina, parto prematuro e ricorso al taglio cesareo. Inol-tre può favorire altri problemi quali smagliature cutanee e varici alle gambe. Quindi, sottolineamo nuovamente l’importanza di una corretta alimentazio-ne in gravidanza!

Come nutrirsi in gravidanzaIl modo corretto di alimentarsi in gravidanza è, come ovvio, soggettivo e dipende dalla condizione fisiologica e/o patologica specifica di ciascuna donna gravida, infatti, se sono presenti malattie specifiche sarà necessa-rio seguire regimi alimentari altrettanto specifici. Ciò detto, è però possibile fissare alcune regole generali per una corretta alimentazione in gravidanza.Innanzitutto, è bene fare pasti piccoli e frequenti, evitando lunghi periodi di digiuno (cosiddetta dieta a 5 pasti dei quali 2 corrispondono a piccoli spun-tini durante il mattino ed il pomeriggio). Mangiate lentamente evitando così l’ingestione di aria che può dare senso di gonfiore addominale e distribuite i cibi più calorici al mattino ed a pranzo nei giorni nei quali la vostra attività è molto ridotta.Vi sono poi alimenti importanti che vanno comunque dosati in base alle proprie caratteristiche:

• Zuccheri complessi: pane (meglio integrale), pasta, riso, cereali, le-gumi. In gravidanza è importante alternare cereali integrale con quelli raffinati. Sarebbe preferibile invece eliminare gli zuccheri semplici (zuc-chero, dolci, bibite zuccherine). I dolci infatti sono ricchi di zuccheri raffinati, scarsi in nutrienti, ricchi di grassi saturi e alzano velocemente

Nel periodo della gravidanza, ogni futura madre deve nutrirsi in modo tale da mantenersi in buona salute e consentire, nel contempo, ai tessuti fetali di formarsi e svilupparsi nella maniera migliore. In pratica, la corretta alimentazione in gravidanza non si discosta molto da quella normale, con la differenza che l’apporto calorico deve essere più alto (sempre valutando il Body Mass Index, come vedremo tra un attimo) e che alcuni nutrienti particolari devono essere sempre presenti mentre altri andrebbero evitati.

Dott. ssa Carola DettoriSpecialista in Ginecologia e OstetriciaBranca di Diagnostica per ImmaginiPoliambulatorio specialisticoL. C. NOMENTANO

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci dice, infatti, che – a seconda delle località e delle situazioni in cui si vive - tra il 56 ed il 95% degli individui viene punto da un inset-to almeno una volta nella vita. In tema di “re-azione anafilattica” (cioè la reazione allergica dell’organismo avversa ad una data sostanza, in questo caso al veleno degli insetti) sempre l’OMS afferma che in Europa queste reazioni arrivano al 7.5% delle punture mentre negli USA non si supera il 5%.La reazione anafilattica può avere conseguen-ze tanto gravi da procurare la morte dell’indi-viduo: l’Italia – per fortuna – è il paese in cui si verifica il numero minimo di “reazioni fatali” alla puntura d’insetto, con una media di due casi all’anno, ciò, forse, in funzione di diversi livelli di predisposizione genetica delle varie popo-lazioni.Per coloro che non sono allergici al vele-no degli insetti, la puntura rappresenta solo un’esperienza spiacevole con arrossamento, dolore, gonfiore nel punto di puntura. Si tratta di danni passeggeri sui quali si può intervenire con impacchi di ghiaccio sulla sede e con l’as-sunzione di antistaminici e cortisonici.Nei soggetti allergici i sintomi possono invece essere preoccupanti: gonfiore e prurito in va-ste zone del corpo, anche in zone lontane dalla puntura; gonfiore della lingua, labbra e gola; respiro affannoso; a volte, crampi allo stoma-co, nausea e diarrea.Nei casi più gravi si può arrivare allo “shock anafilattico”, ovvero perdita della coscienza, improvviso calo della pressione arteriosa, ed addirittura la morte se non si interviene rapi-damente iniettando adrenalina. Chi è ipersen-sibile alle punture d’insetto dovrebbe sempre

portare con se l’occorrente per auto iniettarsi l’adrenalina (jet pen).Devono prendere precauzioni sia coloro che han-no precedenti in questa problematica sia coloro che per motivi professionali siano più esposti agli insetti: chi operi nelle serre, apicoltori, giardinieri, ecc. ma anche chi soffra di asma, chi assuma beta-bloccanti o ace-inibitori o sia affetto da gra-ve insufficienza cardiaca o polmonare.Di seguito alcuni suggerimenti che sicuramente non costituiscono una garanzia assoluta ma pos-sono essere adottati per tenere lontani la mag-gior parte degli insetti:

• evitare innanzitutto di disturbare gli insetti nel loro territorio in quanto pungono con maggior frequenza se si sentono minacciati in quanto ci si avvicina alle loro “abitazioni”;

• non dimenticare che api, vespe, calabroni, bombi e formiche sono attratti da qualsiasi cibo. Quindi, se si mangia all’aperto, tenere chiuse le bevande (soprattutto zuccheri-ne) e coperte le vivande fino al momento di consumarle. Anche i contenitori di rifiuti dovrebbero essere tenuti chiusi;

• non usare cosmetici (profumi, ecc.) che po-trebbero attrarre gli insetti;

• non impiegare abiti troppo ampi all’interno dei quali gli insetti potrebbero infilarsi en-trando a contatto della pelle;

• poiché gli insetti sono attratti dai fiori e dai loro colori, i vestiti di colore chiaro sono quelli che meno il attraggono;

• non andare a piedi nudi sui prati e occu-parsi di giardinaggio adeguatamente vestiti;

• all’avvicinarsi di un insetto, allontanarsi con calma senza scacciarlo con gesti delle braccia

Per quanto attiene le punture degli insetti è pos-sibile effettuare una terapia desensibilizzante la quale – attraverso l’iniezione di dosi crescenti della sostanza a cui il soggetto è sensibile – con-sente al sistema immunitario di divenire tollerante rispetto all’allergene a cui prima era sensibile.Ovviamente, tale terapia andrà condotta dallo Specialista Allergologo il quale dovrà prima indi-viduare quale sia la specifica sostanza a cui la persona è allergica per poi concentrare su tale sostanza la terapia.

Allergici alle punture d’insetto senza saperlo: attenzioni e precauzioniApi, vespe, calabroni, bombi ( … le api “pelose”) possono tutti essere – soprattutto d’estate – causa di fastidiose punture ma anche, in determinate circostanze, di problemi seri o molto seri.

Dott. MARCO GARUFI BOZZASpecialista in Malattie dell’Apparato RespiratorioResponsabile della Branca di Allergologia e Pneumologia del Poliambulatorio Specialistico “Laboratorio Clinico Nomentano”

Allergici alle punture d’insetto senza saperlo:

attenzioni e precauzioni

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Onorevole Vargiu, quali sono gli ambiti su cui si focalizzerà nei prossimi mesi il lavoro della Commissione?

Credo che questo debba essere un momento di grande concre-tezza per chi si occupa di politica sanitaria, quindi anche la commis-sione che ho l’onore di presiedere intende lavorare con questo spiri-to. Il primo dei problemi con cui il nostro paese si deve confrontare è quello della sostenibilità del wel-fare sanitario, in altre parole come si possono garantire prestazioni crescenti in termini di quantità e qualità ai pazienti in un quadro di risorse economiche che vanno re-stringendosi. Proprio per comprendere appieno la natura e la portata dei problemi

che dobbiamo affrontare, abbiamo chiesto al Presidente della Com-missione Bilancio Francesco Boc-cia di svolgere congiuntamente tra le due commissioni un’indagine sulla sostenibilità del sistema sa-nitario. Il fatto di muoversi con-giuntamente è importante perché l’obiettivo è di unificare le pro-spettive tra la commissione che si occupa di risorse economiche e quella che si occupa di sanità. Il termine che prevediamo per la conclusione dell’indagine è il mese di settembre, in tempo per la discussione della legge di stabilità nell’ambito della quale contiamo di essere propositivi.

Quali sono gli elementi fonda-mentali che vi proponete di trarre da questa indagine?

L’indagine è finalizzata fondamen-talmente a mettere in mano ai decisori delle politiche sanitarie che siedono in Parlamento, delle informazioni condivise. Oggi uno dei problemi è che spesso anche nei decisori politici non vi è una piena consapevolezza dell’attuale organizzazione del sistema e delle su prospettive di breve, medio e lungo termine.

Intervista all’On. PierPaolo Vargiu

PierPaolo Vargiu, medico radiologo, specializzato anche in medicina legale e odontostomatologia nonché master in Management delle Aziende Sanitarie di SDA Bocconi, è da due mesi il nuovo Presidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati. SalutePiù lo ha incontrato per fare il punto sui temi che la commissione da lui presieduta si troverà ad affrontare nel prossimo futuro.

Interviste di FABRIZIO SCIARRETTA

to perché le differenze strutturali tra i sistemi fanno si che ci trovia-mo ad avere tanti sistemi regionali diversi più o meno quante sono le regioni e questi sistemi rispondo-no in maniera differente alle esi-genze dei cittadini. Il cittadino non è però obbligato a servirsi del sistema sanitario del-la sua regione, ma è anzi libero di andare verso sistemi sanitari che gli garantiscano livelli di efficacia ed efficienza maggiori. Questo fatto però porta i sistemi sanitari più poveri ad impoverirsi ancora di più mentre i sistemi sanitari più performanti si ritrovano ad avere l’opportunità di migliorare ulte-riormente le loro capacità. Tutto ciò rischia di creare sistemi sani-tari a diverse velocità ed, a lungo andare, può impoverire in maniera preoccupante alcuni territori. Cre-do che il legislatore debba tenere tutto questo bene a mente, come penso che in realtà lo abbia, quan-do andrà alla rivisitazione dell’as-setto strutturale del sistema.

Presidente Vargiu, noi sappia-mo ormai che la prevenzione in medicina offre non solo la possi-bilità di salvare vite umane ma anche di ridurre la spesa sani-taria in funzione della riduzione dell’incidenza delle malattie. Dobbiamo attenderci nuove ini-ziative in questo campo?

Guardi, io credo di essere tra quelli che non ha la stessa convinzione che ha lei. Infatti, la prevenzione rappresenta un costo: è un obiet-tivo ma anche un costo del siste-ma perché facendo prevenzione si riducono le patologie e quindi si allunga la durata media della vita e dunque è poi necessario soppor-tare costi crescenti che sono quelli della cronicità. Però la prevenzio-ne è finalizzata proprio all’obiettivo principe del sistema cioè quello di garantire maggior lunghezza della

Uno dei temi più dibattuti nell’ambito sanitario è il cosid-detto “federalismo” il quale ha attribuito ampie competenze alle Regioni. Purtroppo, questo ha condotto, da un lato, a diversi li-velli di efficienza dei sistemi sa-nitari regionali nell’erogare pre-stazioni ai cittadini e, dall’altro, a diverse normative e possibilità operative per quelle strutture sa-nitarie che operano nell’ambito della sanità privata e privata-accreditata. La Commissione opererà per modificare questa situazione e come?

La Commissione può avere un’opinione in merito ma non può intervenire nello specifico in quanto il dettato del Titolo V della Costituzione crea una competenza concorrente per quanto attiene la sanità tra Stato e Regioni. Allo Sta-to sono attribuite alcune funzioni che sono quelle di coordinamen-to e di determinazione dei Livelli Essenziali di Assistenza mentre le Regioni sono autonome nel darsi il sistema di erogazione delle pre-stazioni che ritengono più adegua-to rispetto alle loro esigenze. Quello che lei indica è però uno dei problemi principali oggi sul tappe-

vita media nelle migliori qualità di vita possibile.

E’ evidente che un sistema che è costantemente in affanno dal punto di vista finanziario, poi sposta le risorse che dovrebbero essere destinate all’unica com-ponente del sistema che non ha risultati di breve periodo per uti-lizzarli all’interno della gestione corrente. In poche parole: credo che in tutti i piani sanitari regio-nali sia sottolineato che il 5% al-meno delle risorse debba andare verso la prevenzione, poi credo anche però che nessuno riesca a mantenere questo 5% perché alla fine ci sono le esigenze operative a cui far fronte. Per cui diventa difficilissimo salva-guardare queste risorse che noi sappiamo benissimo quanto sia-no importanti ma che non dando risultati immediati vengono spe-se altrove.

Un’ultima domanda, la legisla-tura precedente ci ha lascito in eredità argomenti di significa-tiva valenza etica per i quali è necessario definire un adeguato quadro normativo, penso all la fecondazione assistita ed al te-stamento biologico. Ritiene che questa legislatura porterà risul-tati conclusivi in questi ambiti?

Questi temi sono temi forti nel-la sensibilità del paese e quindi anche nella sensibilità dei com-ponenti della commissione. Ov-viamente, i temi della bioetica sono temi che suscitano dubbi e rischiano di scatenare rigidità contrapposte. La mia personale sensibilità è quindi quella di gesti-re questi argomenti con la grande attenzione e la cautela che temi in grado di dividere il paese richiedo-no poiché senza attenzione e cau-tela si rischia di dividere e non di raggiungere risultati concreti.

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La DiagnosiLa diagnosi del linfedema è sostanzialmente clinica ovvero avviene attraverso l’osservazione diretta dell’arto coinvolto da parte del medico.Il linfedema tende a colpire un unico arto (e ciò si definisce uni-lateralità o asimmetria della malattia): questo aspetto è di gran-de importanza per distinguere il linfedema da altre patologie più gravi. Infatti, per stabilire che si tratti di linfedema, il medico valuta anzitutto le differenze esistenti tra il caso che sta esami-nando ed i sintomi tipici di tutte quelle patologie che potrebbe-ro sembrare simili ma le quali, invece, sono caratterizzate dalla presenza di gonfiore “simmetrico”, cioè contemporaneo di tutti e due gli arti.Questo è il caso di malattie quali l’insufficienza cardiaca conge-stizia (il cuore non riesce più a pompare il sangue nelle arterie con sufficiente forza, per cui si accumula il sangue nelle vene provocando il ristagno di liquidi nei tessuti periferici e nei pol-moni); l’insufficienza renale (i reni producono una minor quan-tità di urina, creando un sovraccarico di liquidi con gonfiore alle mani e alle caviglie); l’insufficienza epatica (il fegato produce meno proteine del plasma, causando riduzione della pressione nel sangue con fuoriuscita di liquidi nei tessuti); disturbi postu-rali (chi non cammina bene per patologie osteo-articolari: sco-liosi, ernie vertebrali, gonartrosi, valgismo e varismo arti inferio-ri, alluce valgo non flette adeguatamente il plantare causando stasi idrica e gonfiore agli arti inferiori). La muscolatura, infatti, permette il movimenti degli arti ma indirettamente spreme tut-ti i vasi venosi e linfatici spingendo il sangue verso il cuore, opponendosi alla forza di gravità. E’ facile intuire come una persona che non cammini bene prima o poi presenterà gon-fiore degli arti inferiori. Quindi è spesso utile la collaborazione tra angiologo/chirurgo vascolare con il cardiologo, l’ortopedico ed il fisioterapista, l’internista/nefrologo per le malattie renali ed epatiche, ed il medico di laboratorio.Il medico, dunque, attraverso la cosiddetta “anamnesi”, cioè la raccolta di tutti i dati e le informazioni relative al Paziente (per conoscere se esistono patologie cardiache, epatiche, renali ed ortopediche) ed un buon esame obbiettivo degli arti può avvi-cinarsi molto alla diagnosi definitiva.

Poi, effettuando un EcocolorDoppler, il medico può arrivare ad una diagnosi ancora più precisa. Infatti, l’EcocolorDoppler permette di studiare i tessuti dalla pelle fino alle ossa, i vasi ve-nosi, arteriosi e linfatici, escludendo o confermando il sospetto di quale sia la malattia causa del gonfiore. E’ così possibile va-lutare – anche avvalendosi di specifiche analisi di laboratorio - malattie come le trombosi, le insufficienze venose, le patologie delle arterie, del sistema linfatico ed ortopediche. Inoltre mediante l’esame di alcune zone particolari (regione in-guinale, ascellare, poplitea) è possibile individuare un aumento del volume dei linfonodi (i quali hanno, come si è detto, il com-pito di purificare i liquidi drenati dal sistema linfatico), spesso avvertibili dal paziente al tatto. Attraverso questo esame eco-grafico è possibile escludere la presenza di patologie infettive, tumorali o di altra origine e, quindi, inquadrare più congrua-mente il linfedema dell’arto, secondo la sua natura primitiva o secondaria, sino eventualmente alla individuazione della causa scatenante della stasi linfatica.

Terapia L’edema linfatico può essere affrontato con una pluralità di cure a seconda delle cause e della gravità della malattia stessa. L’elastocompressione con calze elastiche costituisce uno dei pilastri della terapia. Essa può essere coadiuvata dal massaggio manuale o con apparecchiature elettromedicali per stimolare meccanicamente il drenaggio della linfa. L’utiliz-zo di farmaci diuretici, antimicotici e farmaci di nuova gene-razione che agiscono aiutando il drenaggio linfatico nonché la dieta alimentare sono di indiscutibile valore. Qualora la causa sia un’infezione, si procederà attraverso una terapia anti-biotica specifica.La chirurgia per rimuovere eventuali ostacoli al deflusso. Nel caso di vasi linfatici ostruiti o insufficienti bisogna ricreare condotti funzionanti in cui venga drenata la linfa. Allora tecni-che di microchirugia permettono, in casi selezionati, di creare delle giunzioni tra vasi linfatico funzionanti e vasi venosi così da “bypassare” il segmento linfatico patologico. Il risultatoè la decongestione del tessuto edematosa.

Esso è costituito dalle cosiddette vie linfatiche le quali drenano il liquidi dai tessuti periferici fino a versarli nel cuore. Lungo le vie linfatiche si susse-

guono le stazioni linfatiche: ovvero i linfonodi o linfoghian-dole che hanno il compito di purificare i liquidi drenati.Come tutti i sistemi del nostro organismo, anche quello linfatico ha i suoi problemi specifici: infatti il sistema linfa-tico può funzionare in modo limitato o bloccarsi del tutto. Se ciò accade, la malattia che ne consegue è detta linfe-dema e consiste in una condizione clinica caratterizzata da un enorme accumulo di linfa nei tessuti. Il linfede-ma è una malattia vascolare e rientra pertanto nel campo di competenza dell’angiologo o del chirurgo vascolare. In genere il linfedema è asimmetrico, cioè interessa un solo arto, o comunque maggiormente un lato del corpo rispet-to all’altro.

Quali sono i sintomi?Il gonfiore cronico degli arti (detto edema), di entità va-riabile, è il sintomo evidente caratteristico del linfedema. Altri sintomi obbiettivabili, cioè presenti in modo evidente, del lin-fedema sono: l’alterazione del colore della pelle (discromia), che diventa più scura e lucida e l’aumento del suo spessore. Al tempo stesso, però, la pelle diviene più fragile e facilmente lesionabile dopo urti anche di scarsa entità. Sintomi soggettivi, ovvero avvertiti dal paziente, sono la sensazione di peso e co-strizione dell’arto affetto, il prurito, il dolore.

E le cause?Le cause del linfedema possono essere “primitive”, cioè non dovute ad una causa esterna scatenante. E’ questo il caso di malattie genetiche che spesso si manifestano in età giovanile. Vi possono poi essere cause “secondarie”, cioè conse-guenti ad altro. Queste sono le più frequenti e sono la con-seguenza di infezioni, di malattie neoplastiche, dopo inter-venti chirurgici, dopo radioterapia.

IL LINFEDEMA

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Dott. Marco Decuzzi Chirurgo VascolareBranca di Diagnostica per Immagini, Poliambulatorio Specialistico Lab. Cl. NOMENTANO

I termini “sistema venoso” e “sistema arterioso” sono ormai entrati nel linguaggio comune e tutti noi sappiamo come il nostro corpo sia percorso da un fitto reticolo di vene ed arterie che consentono al sangue di scorrere nel nostro corpo andando e venendo dal cuore per ossigenarsi.Meno conosciuto è invece un loro “cugino”: il sistema linfatico.

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GALILEO FABRIZIO SCIARRETTA

La visita di Orvinio è di quelle che danno soddisfazione: il passare dei secoli ha regalato a questo antico borgo – già do-tato dalla natura di una bella posizione e di “aria fina”, come si sarebbe detto un tempo – testimonianze d’architettura e d’arte che vi lasceranno impressionati. Parte di ciò proviene anche dal fatto che Orvinio è la patria di Ascanio e Vincenzo Manenti, i maggiori pittori sabini del seicento, i quali non si tirarono indietro nell’adornare le chiese del luogo.

Il castello ed il borgo, le chiese di Santa Maria dei Raccomandati, di San Giacomo disegnata dal Bernini, la parrocchiale di San Nicola, Santa Maria di Vallebona, i suggestivi resti dell’ab-bazia di Santa Maria del Piano, sono tutte mete da inserire nella vostra visita. In sovrappiù, per nutrire il corpo oltreché lo spirito, ad Orvinio si mangia bene dappertutto, aspetto da non sottovalutare in una gita del finesettimana come si deve.La leggenda di CanemortoL’odierna Orvinio fa il suo ingresso nella storia – in un qualche momento del X secolo – con il nome di Canemorto e così venne chiamata fino al 1863 quando, a valle dell’Unità d’Italia,

come molti altri comuni, mutò il suo nome al fine di ricollegarsi a vere o presunte antiche origini. In questo caso, si trattava della Orvinium sabina e romana di cui parlano Terenzio Varro-ne e Dionisio di Alicarnasso attribuendole “un antico tempio di Minerva ed il tempio di Atena eretto sull’Arce”. Viceversa, però, non abbiamo prova delle affermazioni seicentesche che vorrebbero l’Orvinio di oggi posta nel luogo ove sorgeva quel-la antica.Suscita però curiosità la particolarità del nome Canemorto. A questo proposito esistono diverse leggende, ed Amaranto Fabriani ben le sintetizza nel suo “Il Libro di Orvinio”: il nome Canemorto nacque “ … allorché, nella Valle Nuzia, in prossi-mità della antichissima e celebre Chiesa Abbaziale di S. Maria del Piano, le truppe di Carlo Magno riportarono una strepitosa vittoria sui Saraceni, facendone una vera strage. Sembra che ai primi tempi il nome si pronunciasse in plurale e cioè Cani Morti, alludendo al massacro dei Saraceni. Altra versione sa-rebbe, che il comandante delle truppe di Carlo Magno si chia-masse di nome Can oppure si riferiva alla qualifica del suo alto grado di comando … e che tale comandante venuto a morte, l’Amministrazione Civica di Orvinium, … decise di sostituire il nome di Orvinium con quello di Can è morto, poi divenu-to Canemorto. Però la versione più diffusa … è la seguente. Sembra che Orvinium fosse dominata da un crudele tiranno che era il terrore degli abitanti. Avvenutane la morte, il popolo ne avrebbe esultato dalla gioia, gridando: Finalmente il cane è morto! Il cane è morto!”.

Risulta difficile risalire alle origini di Orvinio: di certo, nel 1078, il Regesto dell’abbazia di Farfa nomina un Ratterio “habitato-rem in Canemortuo”. Dei secoli fino al XIII sappiamo poco: fu o possesso di nobili locali o dell’Abbazia di Santa Maria del Piano allora fiorente come si potrebbe intendere dal Registrum Iurisdic-tionis Episopatum Sabinensis che nel 1343 indica per l’abbazia di Santa Maria del piano un ruolo di controllo sui castra a lei vicini. Divenne poi feudo degli Orsini: il primo documento che lo attesta risale al 1480-81. Quando, nel 1558, Maria Orsini sposa

Vincenzo Estouteville il feudo passa nel patrimonio di que-sta famiglia. Nel 1573, Muzio Estouteville, figlio di Vincenzo, vende il feudo (congiuntamen-te a Montorio in Valle, Pete-scia, l’attuale Turania, e Poz-zaglia) a Carlo Muti il quale vi unì Vallinfredda e creò un “fe-decommesso”, cioè un feudo unico che doveva passare in-diviso agli eredi. Michelangelo Muti nel 1632 lo cedette poi a Marcantonio Borghese che nel 1634 ottenne per il feudo il titolo di ducato. Canemorto rimase proprietà dei Borghese fino alla soppressione napole-onica del sistema feudale. Il borgo e le chiese Il borgo di Orvinio è domina-to dal suo possente castello, oggi di proprietà dei marche-si Malvezzi Campeggi. Il suo sviluppo urbanistico avvenne in (almeno) due grandi fasi. La prima, medievale, limitava l’abitato ad un numero ridot-to di case poste intorno al castello e protette da mura. La seconda, nel XVI secolo, vide invece l’ampliamento si-gnificativo del borgo con l’ar-rivo ad Orvinio degli abitanti del castello di Vallebona che venne allora abbandonato e

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del quale è possibile ancora vedere i resti introno alla chiesa di Santa Maria di Vallebona edificata successivamente nel 1643.All’ampliamento rinascimentale di Orvinio seguì la costruzio-ne di un nuovo sistema di difesa, ancora oggi rintracciabile nel centro storico e perfettamente descritto da Amaranto Fabrianine’ “Il Libro di Orvinio” (che potete leggere in rete). L’elemen-to di questo sistema che oggi balza agli occhi del visitatore è la grande porta Porta Romana (che apre l’attuale corso di Orvinio) guardata da due torri laterali.La bellezza dei suoi edifici sacri sono il “pezzo forte” di Or-vinio, in buona misura per l’impegno profuso dai Manenti.Purtroppo, il suo più grande gioiello è ormai ridotto in rovi-na: l’Abbazia di Santa Maria del Piano, che si vuole fondata nell’817 d. C., aveva resistito per mille anni fino all’arrivo delle truppe napoleoniche: a quel punto fu acquisita al demanio ed i monaci costretti ad abbandonarla. Poi una serie di scel-te (a di poco) infelici portarono l’abbazia, nel XIX secolo, ad essere utilizzata come cimitero. Gli sciacalli hanno fatto il re-sto. Vale però la pena di recarsi a renderle omaggio, magari a piedi per le ultime centinaia di metri, dove il sentiero di campagna rivela ancora tracce di basolato. La follia umana ci ha privato così per sempre di una delle sei grandi abbazie sabine.Santa Maria di Vallebona, dalla quale si vede perfettamente il Monte Velino, è anche’essa adorna delle opere di Vincenzo Manenti recentemente restaurate. Santa Maria de’ Racco-mandati, è però il vero gioiello seicentesco di Orvinio e ad essa dedichiamo l’articolo qui di seguito. Per chiudere in bellezza, San Giacomo è la chiesa giusta. In Sabina la sua facciata rappresenta un unicum e, se non si trattasse di una chiesa, “bomboniera” sarebbe l’appellativo giusto. Venne realizzata nel 1614 per volontà del barone Gia-como Muti e si è soliti attribuirla per lo stile della bella facciata al Bernini anche se di ciò non vi è prova documentale. Vice-versa, essendo i Muti vicini ai Borghese ed avendo il Bernini lavorato per questi ultimi, nulla vieta che abbia effettivamente progettato anche San Giacomo. All’epoca della sua costruzione, San Giacomo era la “per-la” che andava a completare la sistemazione rinascimenta-le dell’urbanistica di Orvinio con la creazione di quell’asse nord – sud, perpendicolare a Porta Romana ed al corso del borgo, che ancora oggi rappresenta il punto focale della sce-nografia d’ingresso all’abitato e di cui San Giacomo rappre-senta il termine a sud dell’asse stesso.Purtroppo, terminata la munificenza dei Muti e dei Borghese, anche San Giacomo ha subito l’ingiuria del tempo, tanto da far esclamare (e scrivere) ad Amaranto Fabriani: “Qualche anno fa (siamo all’inizio del ‘900) è crollato il soffitto e il tetto, ma l’anno scorso è stata riscoperta; allo stato attuale è in completo abbandono, preda della polvere ed è fatiscente. Un piccolo gioiello che non meritava la sorte che gli è stata riservata. Il colpevole di tanto scempio, dovrebbe essere se-gnato al libro nero con lettere maiuscole”.Purtroppo, in Italia, la lista di coloro che andrebbero segnati al libro nero è molto lunga. Per fortuna, invece, a restaurare San Giacomo è intervenuto il Comune di Orvinio e la chiesa è tornata ad ornare il bel palcoscenico di questa gemma della Sabina.

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La seicentesca chiesa di Santa Maria dei Raccomandati da sola varrebbe la visita ad Orvinio: è il trionfo di Vincenzo Manenti (1600–1674) il quale, conscio della sua fama nel reatino ed oltre, vi si autoritrae addirittura in vesti papali.

Ma andiamo per ordine: nel 1648 Padre Bonaventura Theuli di Velletri ci racconta la nascita di questa chiesa, che era anche convento: “Il Convento di Canemorto è sotto il titolo di S.Maria de’ Raccomandati, fuora della Terra, congiunto alle Mura di essa; era Hospidale, fu dato alla Religione, e per essa al P.F. Massimo Pirchio dal Borghetto Diocesi di Civita Ducale, ma perché spettava al Vescovo Cardinal Sabinense a prestarvi il consenso, fu necessario ricorrere alla di lui benignità per otte-nerlo, quale s’ottenne nel 1582 …. “. Giambartolomeo Piazza nella sua “Della Gerarchia Cardinalizia” (1703) aggiunge un ulteriore elemento: “ … Chiesa, con un Convento de’ Padri Conventuali di S. Francesco, nel quale abitano per il governo di essa sei Religiosi; con una Confraternita del Confalone, aggregata all’Arciconfraternita di S. Lucia di Roma ..“Insomma, quando nasce la chiesa nel 1582 è fuori dalle mura di Orvinio ed ancora non esiste la strada che oggi vi conduce. Ma quando, nel ‘700, via Salita del Borgo viene realizzata, ci si accorse che il frontale della chiesa non è in asse con il corpo della stessa ma, al contrario, vi forma un angolo. Detto fatto, la facciata venne rifatta per renderla perpendicolare alla strada: ciò avvenne prolungando la chiesa tanto da potervi inserire anche l’attuale campanile.Al suo interno, l’edificio si articola in un’unica navata a croce latina. Entrando sui lati due altari, quello di sinistra sormontato da un affresco di San Francesco che riceve le Stimmate, quello di destra da una Ma-donna del Rosario. Amaranto Fabriani, ne’ “Il Libro di Orvinio”, ci rac-conta particolari formidabili: “ … un grandissimo affresco rappresenta

S. Francesco di Assisi che riceve le Stimmate. Ai lati fanno corona dei piccoli riquadri ove sono riprodotte le Virtù Carnali e Teologali opera poderosa del Cav. Vincenzo Manenti. La figura con la barba bianca col capo volto un pò a destra, vestita da Papa e indossante pividie con ai piedi la tiara (in basso a sinistra) è l’autore del quadro cioè il Manenti … Quello di destra è sormontato da grandissima e magni-fica tela con classica cornice dedicato alla S.S. Vergine del Rosario contornato da piccoli riquadri rappresentanti i quindici misteri; anche questa è un’opera insigne e probabilmente anche essa sarà uscita dal pennello del celebre Manenti. Su questo altare, negli ultimi anni del secolo scorso (XIX), … furono rimossi i gradini di legno dove poggiano i candelieri per scrutare sotto la grande tela ... Con grande stupore fu notato che la parete sotto la grande tela era anch’essa (o meglio è)

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affrescata allo stesso modo dell’altare di fronte di S. Fran-cesco e riproducente, credo, la Vergine del Rosario come la tela che lo nasconde alla vista dei visitatori”. Oggi, in realtà la tela è posizionata diversamente in modo che sia possibile vedere l’originale affresco.Arrivati alla crociera della chiesa, vi si aprono due cappelle affrescate.Quella di sinistra appartiene alla famiglia Cervelli e così ce la descrive il Fabriani: “Sovrasta l’altare una grande tela con cornice dorata rappresentante S. Lucia, dipinta da mano maestra e quasi certamente nel XVII secolo. Tanto le pareti che la volta sono state affrescate mirabilmente dal cav. Ma-nenti … Nella parete di destra è rappresentato un sposalizio (forse di qualche membro della famiglia Cervelli); è molto in-teressante perché riproduce fedelmente i costumi dell’epo-ca. Nella facciata di fronte, sotto l’unica finestrina, S. Rocco, dinanzi al quale prostrasi inginocchiato un Orviniense”.Secondo successive interpretazioni, questa cappella po-trebbe essere opera non di Vincenzo ma di Ascanio Manenti (1573-1660), suo padreLa cappella di destra appartiene alla famiglia Basilici e gli otto personaggi affrescati negli altrettanti medaglioni, sono suoi rappresentanti. Sopra i medaglioni, in un ovale, Sant’An-drea, forse anch’esso del Manenti. Di fronte l’Apparizione della Vergine a S. Domenico.L’Altare Maggiore è dedicato alla Vergine di S. Maria dei Raccomandati e circondato da affreschi. Sopra l’altare, in una cornice di stucco quadrata, un affresco, anch’esso del Manenti, rappresenta l’apparizione di un Angelo alla Madon-na.Nell’ammirare gli affreschi, non trascurate gli splendidi altari in marmo policromo di cui la chiesa è adorna: probabilmente settecenteschi, sono veramente degni d’attenzione.

(1) “Apparato Minorico della Provincia di Roma”

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IL CASTELLODI COLLALTO SABINO

Il confine con l’Abruzzo è lì sotto, a poche centinaia di metri in linea d’aria dalla sommità delle mura del castello. Sullo sfondo il Monte Velino: una visione inconfondibile che attesta come ci si trovi ai limiti estremi di quella parte di Sabina che guarda verso quello che un tempo fu il Regno di Napoli.Collalto, infatti, è a poche “miglia” dalla Piana di Carsoli ed a questa sua posizione di porta d’ingresso allo Stato Pontifico si deve l’originaria costruzione del suo castello.

Non a caso, esso nasce come rocca con scopi prettamente di presidio militare: fatto che, in realtà, non traspare immediatamente al visitatore poiché, entrati dalla porta entro le mura del paese e raggiunta la piazza della fontana ottagona, ci si trova come soprafatti dalla mole del castello al quale gli interventi effettuati tra la metà del XIX secolo ed i primi decenni del XX, hanno dato sembianze “neo-medievali”, un pò, se volete, ma non così all’estremo, come il famoso Neuschwanstein di Ludovico di Baviera.L’originaria rocca, con le sue mura a scarpa, costruita tra il XIV ed il XV secolo, si trova invece alle sue spalle, al centro di quello che è oggi il parco dal castello e può essere apprezzata completamente solo da lì. Si tratta di un’opera spiccatamente militare: la massiccia torre quadrata centrale, le torri rotonde angolari, e poi le garitte e le postazioni per i cannoni che arrivarono al numero di 39.Se la rocca è ancora possente, il castello - con i suoi vezzi romantici – è veramente un incantevole piacere per la vista. Credo che ciò

che lo renda così particolare stia nel fatto che ogni suo proprietario, negli ultimi cinque secoli, abbia provato ad adattarlo al suo gusto.Iniziò Alfonso Soderini che nel 1568 aveva acquistato il feudo da Roberto Strozzi. Ai Soderini, che ne furono proprietari per quasi un secolo, è dovuto il primo grande intervento di restauro dell’edificio che andava sempre più sviluppando la sua connotazione di dimora aristocratica. Nel 1641 la baronia di Collalto viene venduta dai Soderini ai Barberini ed è all’inizio del XVII secolo (nel 1712 come riporta un’iscrizione nel cortile del castello) che il Cardinale Francesco Barberini mise mano in modo importante agli interni sia dell’antica rocca che del castello. Del resto il Cardinale Barberini si trovava a confrontarsi con due aspetti: da un lato la necessità di disporre di una dimora adeguata al rango suo e del suo casato e, dall’altro, l’importanza strategica di Collalto, situato al confine tra 1o Stato Pontificio ed il Regno di Napoli. Infatti, fino alla fine del ‘700, il complesso era sede di una ben munita guarnigione.

GALILEO FABRIZIO SCIARRETTA

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Si venne così a creare quella dualità di nature che si abbelliscono a vicenda e che ammiriamo ancora oggi: nella parte più alta (e più larga) del colle, l’antica rocca; davanti ad essa lo sviluppo del castello (prima) che si evolve in palazzo patrizio (poi) con una forma rettangolare che privilegia fortemente i lati lunghi per adattarsi al crinale su cui venne costruito.Carlo Grappa, nella sua “Sabina Sacra e Civile” lo descrive benissimo: il castello “… presenta una facciata mossa da torrioni sporgenti ai lati dell’ingresso, che si apre su un portale dotato di ponte levatoio; i torrioni sono completati da merlature e l’intera facciata è alleggerita da numerose finestrature. Attualmente esso presenta, dal punto di vista architettonico, un aspetto prevalentemente tardo-rinascimentale, anche se non mancano elementi (in particolare la sistemazione dell’accesso da sud) riconducibili ad epoche successive; caratteristica della sua condizione attuale è la totale mancanza di decorazioni murali interne, che invece dovevano

essere presenti nel periodo in cui l’edificio fu proprietà dei Soderini e dei Barberini, come anche riferito da testimonianze dell’epoca. Tra i due corpi di fabbrica corre un ampio cortile, munito delle strutture un tempo necessarie a garantire 1o svolgimento delle operazioni di sorveglianza, ammassamento e difesa”. I Barberini rimasero proprietari di Collalto fino alla soppressione del regime feudale all’inizio dell’800.Per il castello, i problemi arrivarono però nel 1861 quando, insieme al paese, fu saccheggiato da una banda di reazionari borbonici ai comandi dell’avvocato abruzzese Giacomo Giorgi e del colonnello dell’esercito borbonico Francesco Luvarà e ridotto in uno stato di estremo degrado.La sua bellezza, però, gli valse la fortuna di trovare sempre estimatori in grado di riportarlo ai suoi passati splendori: tra il 1890 ed il 1895 venne fatto

restaurare dal conte polacco Corvin-Prendowski, discendente del re d’Ungheria Mattia Corvino, nello stile neo-medievale di cui abbiamo detto. Successivamente, la famiglia Giorgi-Monfort tra il 1932 ed il 1934 condusse ulteriori restauri sempre nella medesima concezione romantica. Da ultimo, negli anni ’90, il castello si è giovato di ulteriori interventi che ne hanno garantito il perfetto stato di conservazione in cui lo possiamo ammirare.A raccontarvi di questo castello, della sua particolare – forse discutibile – ma certamente affascinante tendenza “neo romantica medievale”, dell’aspra e forte natura che lo circonda, dello spettacolo del Velino innevato, potrei andare avanti a lungo. Il mio consiglio, invece, è quello di lasciarvi tentare dalle sue immagini e regalarvi un week end in giro per quest’ultimo lembo di Sabina quasi abruzzese iniziando con la visita del Castello di Collalto.

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IL CASTELLO

DI COLLALTO SABINO

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Per più di un anno, fino al 15 marzo 2014, la nuova iniziativa dell’Art Forum Würth Capena arricchisce la Sabina di una raffinata ed impor-tante proposta culturale. Infatti, la mostra “La Transavanguardia tra Lüpertz e Paladino” riunisce circa sessanta lavori tra dipinti e sculture degli artisti Mimmo

Paladino e Markus Lüpertz, due dei maggiori rappresentanti della Transavanguardia, in un ideale dialogo Italia – Germania.

Grazie all’interesse da parte del collezionista e imprenditore Reinhold Würth rispetto ad una delle tendenze caratte-rizzanti l’arte degli anni ‘70 e ‘80 del Novecento - la Tran-

savanguardia, appunto - la Collezione Würth si è arricchita nel tempo attraverso numerose opere di esponenti di

tale orientamento sia italiani che tedeschi. I lavori esposti permettono di seguire, tra affinità e speci-

ficità, le diverse fasi della carriera di Mimmo Pa-ladino e Markus Lüpertz fino al primo decennio degli anni Duemila.Teorizzata dal critico Achille Bonito Oliva – che ha aperto la mostra con un suo intervento alla presenza dei due artisti - la Transavanguardia fu presentata ufficialmente alla Biennale di Venezia

nel 1980 come un movimento di reazione ad una

Art Forum Würth CapenaViale della Buona Fortuna, 200060 Capena (Rm)

fino al 15.2.2014apertura: lunedì – sabato 10.00 – 17.00domenica e festivi chiusoIngresso gratuito

T. 06 [email protected]

LA TRANSAVANGUARDIA

crisi che non investiva solo l’arte, ma anche la sfera eco-nomica e culturale del mondo occidentale. In opposizione al concettualismo e all’Arte Povera, allora imperanti, la Transavanguardia propose un ritorno alla pittura e una con-cezione dell’arte non più fon-data sulla “certezza anticipata di un progetto e di un’ideo-logia”, ma sulla possibilità di muoversi liberamente in tutte le direzioni, facendo confluire nell’opera “immagini priva-te e immagini mitiche, segni personali, legati alla storia in-dividuale, e segni pubblici, le-gati alla storia dell’arte e della cultura.” (A. Bonito Oliva). Alla luce di talune affinità con alcuni artisti tedeschi ope-ranti in quegli anni, tra i quali Markus Lüpertz, nel 1982 fu proposta in Italia la mostra, a cura di Achille Bonito Oliva, “La Transavanguardia tede-sca”.Markus Lüpertz (Liberec, 1941) è pittore, scultore e po-eta. Nel suo lavoro si intrec-ciano molteplici suggestioni derivanti dal mito, dai grandi maestri del passato, dalla letteratura, ma il suo univer-so di forme è indipendente, rispondendo unicamente alla visione del proprio creatore ed alle leggi interne alla realtà pittorica.L’opera del pittore e sculto-re Mimmo Paladino (Pa-duli, 1948) è guidata da una grande libertà e ricchezza di riferimenti, legati sia all’espe-rienza personale sia alla storia dell’arte e della cultura. Nella sua opera vivono in simbio-si figurazione ed astrazione, confluendo in un universo di segni enigmatici e misteriosi.

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OPERE NELLA COLLEZIONE WÜRTH

La Collezione Würth

Arte e cultura rappresentano un importante valore aggiun-to della filosofia aziendale del Gruppo Würth. La Collezione Würth, iniziata da Reinhold Würth, è attualmente una delle più importanti collezioni d’arte tedesche. Fin dal 1991 l’azienda è stata la prima a livello internazionale ad introdurre spazi per l’arte all’interno di alcune sue sedi. Oggi sono 14 gli spazi espositivi Würth presenti in dieci nazioni europee (di prossima apertura il Forum Würth Rorschach in Svizzera). In Italia l’Art Forum Würth Capena dal 2006 presenta al pubblico mostre temporanee incentrate sulle opere della Collezione Würth, che comprende ad oggi più di 15.500 opere di pittura, grafica e scultura principalmente del XX e XXI secolo.

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