scheda progetto per l’impiego di volontari in … · la guerra si estende a tutto il paese, ......

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(Allegato 2) 1 SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO ENTE 1) Ente proponente il progetto: CARITAS ITALIANA La Caritas Italiana è l'organismo pastorale della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) per la promozione della carità. Ha lo scopo cioè di promuovere «la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica» (art.1 dello Statuto). È nata nel 1971, per volere di Paolo VI, nello spirito del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II. Ha prevalente funzione pedagogica, cioè tende a far crescere nelle persone, nelle famiglie, nelle comunità, il senso cristiano della carità. 2) Codice di accreditamento: 3) Albo e classe di iscrizione: 1° NZ01752 NAZIONALE

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(Allegato 2)

1

SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO

ENTE

1) Ente proponente il progetto:

CARITAS ITALIANA La Caritas Italiana è l'organismo pastorale della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) per la promozione della carità. Ha lo scopo cioè di promuovere «la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica» (art.1 dello Statuto). È nata nel 1971, per volere di Paolo VI, nello spirito del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II. Ha prevalente funzione pedagogica, cioè tende a far crescere nelle persone, nelle famiglie, nelle comunità, il senso cristiano della carità.

2) Codice di accreditamento: 3) Albo e classe di iscrizione:

NZ01752

NAZIONALE

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CARATTERISTICHE PROGETTO

4) Titolo del progetto:

CASCHI BIANCHI IN AFRICA 2008 “Costruire una cittadinanza attiva in Sierra Leone e Burundi”_CARITAS NAZIONALE

5) Settore e area di intervento del progetto con relativa codifica (vedi allegato 3):

Settore: Servizio Civile all’Estero Area di intervento: Educazione e promozione culturale, Altro (Rafforzamento delle capacità delle organizzazioni locali) Codice: F12 (prevalente), F13

6) Descrizione del contesto socio politico ed economico del Paese dove si realizza il

progetto:

Il progetto si realizza in tre Paesi africani:

- SIERRA LEONE - BURUNDI - REPUBBLICA DI GIBUTI

Gibuti

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SIERRA LEONE

Descrizione del contesto La Sierra Leone è un piccolo Paese dell’Africa Occidentale che si affaccia sull’oceano atlantico ed è incastonato tra due Paesi, la Guinea e la Liberia. E’ uno dei Paesi più belli e più ricchi dal punto di vista naturale di tutta l’Africa occidentale. In Sierra Leone si è consumata, dal 1991 al 2001, una delle guerre più brutali che il Continente Africano abbia mai conosciuto. Dieci anni di conflitto sanguinario e fratricida, durante i quali vi è stato uno sfruttamento indiscriminato delle enormi ricchezze diamantifere, hanno sconvolto gli equilibri familiari e hanno annientato intere generazioni attraverso l’orrenda pratica dei bambini soldato. La Sierra Leone è ora uno dei Paesi più poveri dell’Africa e in cui la ricostruzione del tessuto sociale risulta di un’urgenza improrogabile. La brutale violenza del conflitto, di cui di seguito si forniranno dei riferimenti più precisi, ha sovvertito qualsiasi dinamica sociale e ha bloccato qualsiasi iniziativa di partecipazione politica da parte della società civile. Ogni tentativo di riabilitazione di una società sconvolta e lacerata come quella Sierraleonese, deve necessariamente passare per una scrupolosa opera di sensibilizzazione e di formazione ai valori della partecipazione e del coinvolgimento alla vita politica e civica della propria nazione.

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Principali dati ed indicatori relativi al paese (CIA The World Fact Book, UNDP):

Geografia

Localizzazione Africa occidentale Area 71.740 Km²

Confini Guinea (652 km), Liberia (306 km), Oceano Atlantico (402 km)

Assetto politico-istituzionale

Forma di Governo Democrazia costituzionale Capitale Freetown Divisione Amministrativa 3 province

Popolazione

Abitanti 6.005.250 (stime 2006) Distribuzione popolazione per fasce d'età (in % sul totale)

0-14 anni: 44.8% 15-64 anni: 52% più di 65ann: 3.2%

Gruppi etnici Temne (30%), Mende (30%), Creoli (10%), altri 30%, rifugiati liberiani, presenze limitate di Europei, Libanesi, Pakistani e Indiani

Lingue principali Inglese (ufficiale), Mende, Temne Religione Mussulmani 60%, credenze locali 30%,

Cristiani 10 % Unità Monetaria Scellino Sierraleonese Tasso di crescita della popolazione 2.3% (stima 2006) Indice di Natalità 45.76 nascite/1,000 persone (stime 2006) Indice di Mortalità 23.03 morti/1,000 persone (stima 2006) Indice di Mortalità Infantile 160.39 morti/1,000 nati vivi Indice di fertilità 6.08 bambini nati /donne (stima 2005) Soggetti affetti da HIV/AIDS 7% (stima 2003) Aspettative di vita media 40.22 anni Tasso d'Istruzione 29.6%

Principali indicatori economici

Indice di sviluppo umano 176 (su 177) Popolazione al di sotto della soglia di povertà 68% (stima 1989) PIL 4.921 milioni di USD (stima 2005) PIL pro capite 800 USD (stima 2005) Crescita PIL 6,3% (stima 2005) Composizione PIL in % agricoltura: 49%

industria: 31% servizi: 21% (stima 2005)

Debito Estero 1,61 miliardi USD (2003) Forza Lavoro 1,369 milioni (1981)

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Dati storici

Al fine di comprendere appieno l’attuale situazione politico-sociale della Sierra Leone, che motiva tra l’altro la presenza e l’azione di Caritas Italiana, è opportuno richiamare dei dati storici relativi ai 10 anni di conflitto. Nel 1991 il Fronte Unito Rivoluzionario (Revolutionary United Front - R.U.F.) penetra dalla Liberia in Sierra Leone. Quell’anno segnerà l’inizio di una feroce guerra non mediatizzata e insufficientemente conosciuta che ha causato migliaia di vittime, rifugiati, sfollati e soprattutto scompensi sociali inauditi. Dieci anni di guerra hanno portato la Sierra Leone, secondo l’indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite, al triste primato dello Stato più povero al mondo. Quasi la totalità dei circa cinque milioni di abitanti sono stati toccati dal conflitto. Ben due milioni di abitanti si sono riversati nella capitale Freetown, che precedentemente aveva quattrocentomila residenti. I primi quattro anni di guerra (1991-1994)

In questi primi quattro anni si susseguono atrocità di ogni genere e stragi di civili lungo il territorio di confine con la Liberia, da parte dei guerriglieri del R.U.F. e dell’esercito regolare liberiano che effettua sistematici sconfinamenti. Centinaia di persone vengono massacrate, mentre continuano ruberie, corruzione, soprattutto al livello statale, e traffico illegale di diamanti. Il 1995 è l’anno in cui la guerra si estende a tutto il Paese, con un peggioramento della situazione e un crescendo di violenze che attirano l’attenzione della Comunità Internazionale. Il periodo 1995-1999

Questo tempo si caratterizza come uno tra i momenti più oscuri di tutta la storia della nazione che provocherà tipologie di “schiavismo” psicologico e fisico. I colpi di stato del 1996 e del 1997, a danno del Presidente democraticamente eletto Ahmad Tejan Kabbah, fanno precipitare ancor più la situazione e mandano alla ribalta il colonnello Johnny Paul Koroma. Il Presidente destituito chiede l’intervento delle Nazioni Unite che nel 1998 inviano truppe dell’ECOMOG in aiuto delle truppe nigeriane che erano già intervenute in precedenza. Il periodo è sempre più caratterizzato da brutalità commesse da ogni parte e fazione: stupri, mutilazioni, sequestri e utilizzo di bambini per operazioni di guerra. Nel 1998 le truppe dell’ECOMOG riescono a far cadere la giunta militare del colonnello Koroma e a reinsediare il presidente Kabbah, arrestando il comandante dei ribelli Foday Sankoh. Nel 1999 si conclude questa seconda fase, con i primi mesi dell’anno ancora caratterizzati da inaudite atrocità, come l’occupazione di Freetown per pochi giorni da parte dei ribelli sostenuti dall’ex-giunta militare. La seconda parte dell’anno tuttavia è caratterizzata da un segno di speranza riposto nella firma, il 3 giugno 1999, a Lomé, degli accordi di pace tra Tejan Kabbah, Foday Sanko e Paul Koroma, entrati in vigore il 7 luglio. Fin da subito si intuisce che tali accordi costituiscono un passo importante ma non hanno ancora la forza per approdare ad una pace duratura. Tra la fine dell’anno ed il 2000 si susseguono diversi attacchi da parte del R.U.F. tanto che le Nazioni Unite decidono di rafforzare il contingente delle forze di interposizione dei Caschi Blu portandolo a undici mila uomini. Il biennio 2000-2001

Nonostante i drammi della popolazione, la speranza della pace si concretizza grazie ai due accordi di Abudja in Nigeria, che segnano le tappe fondamentali per il percorso di pacificazione e di ristabilizzazione. Il periodo 2002-2007

Tale periodo si caratterizza per la presenza di una moltitudine di istituzioni. In primis il contingente delle Nazioni Unite (UNAMSIL) con compiti di mantenimento della pace al livello nazionale. Il contingente attualmente è estremamente ridotto. Sul piano legale/giuridico, la presenza di due soggetti giuridici diversi: La Truth and Reconciliation Commission (Commissione per la Verità e la Riconciliazione) e la Special Court (Corte Speciale): il primo lavora principalmente sul tema della riconciliazione, sullo stesso modello della Commissione Sud-africana, il secondo, istituito dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, persegue l’obiettivo di giudicare i responsabili della guerra civile. Le elezioni presidenziali del settembre 2007 si sono svolte pacificamente nonostante le paure espresse alla vigilia del voto, che ha proclamato Koroma, nuovo presidente della Sierra Leone. Le prossime elezioni municipali del giugno 2008, rappresentano sicuramente un’occasione importante per il Paese.

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Le cause del conflitto

Le differenti cause che hanno provocato il conflitto configurano ciò che è successo in Sierra Leone come una “Crisi complessa”, ormai sempre più frequenti nei Paesi del “Sud del mondo”. La complessità è data dall’interconnessione, su più livelli, di fattori geopolitici, economici, internazionali, etnici e religiosi. Il fil rouge che segue l’intera storia del Paese è strettamente legato allo sfruttamento di risorse umane e naturali. L’economia di rapina a cui è stata soggetta la Sierra Leone è purtroppo comune ad altre situazioni in cui si trovano Paesi del cosiddetto terzo mondo. Le vere ricchezze della Sierra Leone non risiedono in un allevamento con tecniche rudimentali o in un agricoltura di sussistenza, che a malapena copre il fabbisogno alimentare nazionale, ma sono nel sottosuolo. Bauxite, Ferro, Rutilio e soprattutto diamanti sono le risorse che attirano come un campo magnetico gli interessi di governi e società multinazionali.Tali beni, sempre più indispensabili alle economie occidentali per la produzione di tecnologia sofisticata e armamenti, oltre ad essere estratti e commerciati direttamente da privati, hanno costituito la moneta sonante per l’acquisto di armi da parte dei ribelli del R.U.F..

Problematiche sociali Molteplici cause, durante il decennio di guerra civile, hanno determinano il degrado del Paese: migrazioni forzate, cambiamento del volto del territorio, violenze economiche, ma sopratutto violenze fisiche, e limitazioni delle libertà fondamentali degli individui. Le ferite che più faticano a rimarginarsi, sono quelle prodotte dalle sistematiche violazioni dei diritti umani, compiute – sia pur in tempi diversi e con intensità differenti – da tutte le parti, regolari e irregolari, coinvolte nel conflitto. Ne sono stati persecutori e vittime sia gli adulti che i minori. Dunque, oltre alla morte di molti civili ed alla distruzione del territorio, quello che più conta è la distruzione dell’equilibrio sociale e familiare causato da una guerra fratricida compiuta anche con l’impiego di minori. Partendo da questa premessa, che è il quadro che delinea il contesto, passiamo ad analizzare alcune emergenze sociali che si presentano oggi in Sierra Leone. Sanità

- Mancanza di acqua potabile: malattie mortali come il tifo, il colera, le epatiti, etc…sono molto frequenti e causano migliaia di morti l’anno. - Mancanza di medici: esistono poche decine di medici in tutto il Paese. I centri di salute pubblici e privati utilizzano prevalentemente personale infermieristico. - Mancanza di medicinali: i posti di salute e gli ospedali pubblici generalmente sono a corto di medicinali, oppure si trovano farmaci a prezzi molto alti a cui la maggior parte della popolazione non può accedere. - Carenze alimentari: la mancanza di una corretta alimentazione è un'altra causa di mortalità, soprattutto infantile. Istruzione

- Basso livello di frequentazione delle scuole: l’analfabetismo rappresenta ancora un problema forte. La guerra ha creato un vuoto di studenti e professori. Il livello di preparazione raggiunto da coloro che frequentano le scuole è comunque basso. Disagio mentale

- Malattie mentali: nel Paese sono in aumento i casi di squilibrio mentale. Nella maggior parte dei casi dovuto agli effetti postumi ed invisibili del conflitto. Le classi a maggior rischio sono soprattutto i ragazzi tra i 10 e i 20 anni e gli adulti 20-40. Mala gestione, illegalità diffusa

- Scarsa fiducia nelle istituzioni: questo elemento apparentemente è meno grave di emergenze più visibili riportate nei punti precedenti, ma la sfiducia nelle istituzioni può in realtà impedire una vera ripresa del Paese ed una uscita definitiva dalla precarietà. Il prossimo biennio sarà decisivo per una reale ripresa socio-economica. Le elezioni presidenziali del 9 settembre 2007 sono state un banco di prova importante in quanto si sono svolte pacificamente (si attendono quelle municipali della primavera 2008). - Disinteresse verso ciò che è pubblico: una mancanza di cultura della legalità, della giustizia e una corruzione diffusa, rappresentano ugualmente dei fattori di grande instabilità per il Paese.

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BURUNDI Descrizione del contesto

Esteso su una superficie equivalente a quella del Piemonte e della Valle d’Aosta, il Burundi è collocato ai confini tra l’Africa centrale e l’Africa orientale. Il Burundi è uno dei Paesi più poveri del mondo (al 169° posto su 177 paesi per quanto riguarda l’Indice di sviluppo Umano). Il settore agricolo occupa il 90% della popolazione. Questo alto tasso di occupazione in un solo settore dimostra che l’economia del Paese è ancora poco diversificata, anche se prima del conflitto (1993-2005) il settore secondario e terziario erano aumentati a seguito di una favorevole condizione socio-economica. Come in molti Paesi del sud del mondo il Burundi conta una popolazione con meno di 15 anni di età di circa il 46%. La crescita demografica molto elevata accentua la pressione demografica nelle campagne portando molti problemi nello sviluppo rurale. La mancanza di statistiche aggiornate non permette un’analisi precisa sull’evoluzione della popolazione. Tuttavia la natalità è molto elevata e tende ad aumentare grazie a un tasso di fecondità tra i più alti nel mondo (6,8 figli per donna). I movimenti interni della popolazione sono dovuti principalmente alla sovrappopolazione in alcune zone del Paese, all’insicurezza causata dal conflitto ed alla ricerca di maggiore fortuna che spinge i contadini verso le città.

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Principali dati ed Indicatori relativi al Paese (CIA The World Fact Book, UNDP): Geografia

Localizzazione Africa centrale Area 27.823 Km²

Confini RD Congo (233 km), Rwanda (290 km), Tanzania (451 km)

Assetto politico-istituzionale

Forma di Governo Repubblica Capitale Bujumbura Divisione Amministrativa 17 province

Popolazione

Abitanti 8.090.000 (stime 2006) Distribuzione popolazione per fasce d'età (in % sul totale)

0-14 anni: 46% 15-64 anni: 51.3% più di 65ann: 2.6%

Gruppi etnici Hutu (Bantu) 85%, Tutsi (Hamitici) 14%, Twa (Pigmei) 1%, Europei 3,000, Asiatici 2,000

Lingue principali Kirundi (ufficiale), Francese (ufficiale), Swahili (lungo il Lago Tanganyika e nell’area di Bujumbura)

Religione Cristiani 67 % (Cattolici 62%), credenze locali 23%, Mussulmani 10%

Unità Monetaria Franco burundese Tasso di crescita della popolazione 3.7% (stima 2006) Indice di Natalità 42.22 nascite/1,000 persone (stime 2006) Indice di Mortalità 13.46 morti/1,000 persone (stima 2006) Indice di Mortalità Infantile 63.13 morti/1,000 nati vivi Indice di fertilità 5.81 bambini nati /donne (stima 2005) Soggetti affetti da HIV/AIDS 6% (stima 2003) Aspettative di vita media 50.81 anni Tasso d'Istruzione 51.6%

Principali indicatori economici

Indice di sviluppo umano 169 (su 177) Popolazione al di sotto della soglia di povertà 68% (stima 2002) PIL 5.654 milioni di USD (stima 2005) PIL pro capite 730 USD (stima 2005) Crescita PIL 1,1% (stima 2005) Composizione PIL in % agricoltura: 46.3%

industria: 20.3% servizi: 33.4% (stima 2005)

Debito Estero 1,2 miliardi USD (2003) Forza Lavoro 2.99 milioni (2002)

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Dati storici Nell’ottobre 1993, a causa dell’uccisione di Melchior Ndadaye, presidente democraticamente eletto, e del conseguente colpo di stato militare, ha avuto inizio un conflitto armato tra l’esercito governativo ed una serie di gruppi ribelli fuoriusciti dai principali partiti politici che avevano legittimamente vinto le elezioni democratiche ed erano stati estromessi dal potere. La guerra ha avuto termine solo nella seconda metà del 2006, dopo che l’ultima fazione armata, il Fronte nazionale per la libertà (FNL), ha comunicato di avere deposto le armi e una sua delegazione ha ufficialmente iniziato una trattativa con il governo legittimo. Attualmente quindi il Paese conosce il successo di un processo di pace iniziato nel 2000, grazie alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio e dell’ex presidente tanzaniano Julius Nyerere, cui è succeduto il sudafricano Nelson Mandela. Nel 2005 si sono tenute nuove elezioni che hanno permesso di ripristinare un potere politico trasversalmente riconosciuto. In base agli accordi di pace componenti dei ribelli sono state integrate nell’esercito regolare. Il conflitto

Per comprendere il conflitto burundese, bisogna prendere in considerazione i principali movimenti politico-militari che durante la crisi hanno partecipato al collasso economico e sociale del Paese. L’opposizione hutu armata non presenta un solo volto: almeno tre movimenti (CNDD, Palipehutu e Umbumwe) si accreditano come difensori dei diritti della maggioranza hutu, e durante il conflitto ciascuno ha organizzato un proprio esercito armato, più o meno autonomo dalla propria ala politica (FDD, FLN e FROLINA). Sono stati quindi almeno sei i soggetti che, più o meno violentemente, hanno agito sulla scena burundese a favore della maggioranza hutu, rilanciando, spesso con la violenza, le rivendicazioni politiche del partito hutu, unico partito della maggioranza legittimamente riconosciuto sino al recente confronto elettorale, quando anche i gruppi militari si sono costituiti in movimenti politici abbandonando le armi, così come prevedeva il trattato di pace. Ciascuno di questi movimenti guerriglieri ha agito durante il conflitto in aree geografiche distinte: ciò ha connotato la loro influenza come regionale (a seguito del coinvolgimento di territori della Repubblica Democratica del Congo e del Rwanda), piuttosto che nazionale. Approfittando di una favorevole geografia della zona, congeniale alla guerriglia, questi movimenti hanno sviluppato un clima d’insicurezza in tutto il Burundi, al punto che la nomenklatura tutsi (minoranza storicamente al potere nel Paese) è stata costretta ad accettare delle negoziazioni che hanno avuto come principale obiettivo quello di creare un riequilibrio etnico in seno al governo, dell’amministrazione e dell’esercito. All’interno della crisi hanno giocato un ruolo drammaticamente importate anche i movimenti estremisti tutsi. Fedeli a rappresentati dell’esercito e, in alcuni casi, a grandi commercianti del Paese, capaci di finanziare milizie private, questi movimenti hanno agito principalmente nelle aree urbane ed in particolare nella capitale Bujumbura. L’esercito regolare (le Forze Armate del Burundi - FAB) ha rappresentato il principale baricentro della crisi. Dall’indipendenza sino alla recente pace le FAB sono sempre state controllate dalla minoranza tutsi con il 90% degli effettivi appartenenti a questa etnia (solo dopo il trattato di pace, le FAB sono state riformate ed in esse sono stati assorbiti parte dei militari che hanno militato nella guerriglia hutu). Operando senza regole, le alte gerarchie di questo esercito hanno favorito l’instabilità dei governi democraticamente eletti e a maggioranza hutu sino a rendersi responsabili del colpo di Stato dell’ottobre 1993 con l’uccisione del Presidente Melchior Ndadaye e la destituzione del Presidente Silvestre Ntinbantunganya. Sino alla firma della pace l’esercito, secondo le Nazioni Unite, si è reso inoltre responsabile di molteplici esecuzioni sommarie, uccisione di civili e innumerevoli violazioni dei diritti umani. Sia nelle fila dei movimenti guerriglieri, che in quelli degli estremisti tutsi, che nell’esercito regolare si è fatto un massiccio uso di reclutamenti obbligatori di giovani, spesso minorenni spargendo una cultura della violenza e del non rispetto delle regole civili nelle giovani generazioni.

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Problematiche sociali Nonostante la pace nel Paese, rimane in corso la scommessa sociale e politica della ricostruzione post bellica. Il conflitto, durato oltre dieci anni, ha provocato la morte di 300 mila persone e l’impennata di una crisi economica che ha prodotto altissimi livelli di povertà nelle zone urbanizzate e la perdita di capacità produttive nei contesti agricoli delle campagne. Tra le maggiori problematiche sociali che vive il Paese, oltre alla necessità di riconciliare le parti che si sono combattute in questi anni, vi sono: l’Aids (che tocca un’ampia parte della popolazione sia urbana che rurale), la disoccupazione, il rientro dei rifugiati dai Paesi limitrofi e l’educazione scolastica, non ancora capace di incidere sull’elevato tasso di analfabetismo. All’inizio degli anni ’90 il Burundi raggiunse un sostanziale equilibrio tra produzione agricola locale e bisogni della popolazione, equilibrio che però è stato rotto dal conflitto armato iniziato nel 1993. Oggi il Paese dipende pertanto fortemente dagli aiuti esterni, provenienti in gran parte dalle Agenzie delle Nazioni Unite e dalla cooperazione bilaterale, aiuti che però sono stati vincolati alla tenuta democratica delle strutture governative le quali, con il trattato di pace, hanno subito una radicale rielaborazione.

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REPUBBLICA DI GIBUTI Descrizione del contesto

La Repubblica di Gibuti (Djibouti), situata nel Corno d’Africa, di fronte allo Yemen, è uno dei Paesi più caldi al mondo (la temperatura media annuale è di 30°). Desertico e roccioso il Paese è soggetto a periodiche siccità, e possiede vegetazione continua solo sulle catene montuose basaltiche nel nord del Paese. L’allevamento è praticato in forma estensiva dai pastori nomadi dell’entroterra. L’attività economica è concentrata attorno al porto di Gibuti, città che ha dato il nome all’intero Paese. Vi sono due principali gruppi etnici: gli Afar, distribuiti nella maggior parte del territorio, e gli Issa, di origine somala, concentrati nel sud e soprattutto nella capitale. Vi sono presenti piccoli gruppi di stranieri, yemeniti, etiopi, greci, italiani, ma soprattutto francesi, in gran parte appartenenti a una base militare con 2.700 effettivi.

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Principali dati e indicatori relativi al Paese (The World Fact Book, UNDP) Geografia

Localizzazione Africa orientale, davanti al golfo di Aden, Mar Rosso

Superficie 23.000 Km2

Confini Eritrea 109 km, Etiopia 349 km, Somalia(Somaliland) 58 km, coste 314 km

Assetto politico-istituzionale

Forma di Governo Repubblica Capitale Gibuti

Divisione Amministrativa 6 distretti (cercle): Arta, Ali Sabieh, Dikhil, Djibouti, Obock, Tadjourah.

Popolazione

Abitanti 496.374 (stima luglio 2007) secondo altre fonti, superano gli 800.000

Distribuzione popolazione per fasce d'età (in % sul totale)

0-14 anni: 43.4% 15-64 anni: 53,2% più di 65anni: 3.4%

Gruppi etnici Somali (Issa) 60%, Afar 35%, altri 5%

Lingue principali Francese e arabo ufficiali, somalo e afar Religione Musulmani 94%, Cristiani 6% Unità Monetaria Franco di Gibuti Tasso di crescita della popolazione 1,9 (stima 2007) Indice di Natalità 39 nascite/1,000 persone (stime 2007) Indice di Mortalità 19,23 morti/1,000 persone (stima 2007) Indice di Mortalità Infantile 100 morti/1,000 nati vivi Indice di fertilità 5,2 bambini nati /donne (stima 2007) Soggetti affetti da HIV/AIDS 2,9 % (stima 2003) Aspettative di vita media 43,2 anni Tasso di alfabetizzazione 67,9% Principali indicatori economici

Indice di sviluppo umano 148 (su 177) Popolazione al di sotto della soglia di povertà 50% (stima 2001) PIL 702 milioni di USD (stima 2006) PIL pro capite 1.000 USD (stima 2003) Crescita PIL 3,2% (stima 2005) Composizione PIL in % agricoltura: 17,9%

industria: 22,5% servizi: 59,6% (stima 2005)

Debito Estero 394 milioni USD (2003) Forza Lavoro 282.000 (2000)

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Dati storici

Il territorio di Gibuti fu venduto ai francesi dal sultano di Tagiura nel 1862 e fu chiamato Costa francese dei Somali nel 1888; nel 1946 divenne territorio francese d’oltremare e nel 1967 cambiò il nome in Territorio francese degli Afar e degli Issa. Solo nel 1997, dopo un plebiscito, fu dichiarata l’indipendenza del Paese: il primo presidente, Hassan Aptidon instaurò un regime autoritario, durato fino al 1999. Negli anni 90 iniziarono gli scontri con la minoranza Afar, che terminarono con un accordo di pace nel 2001. Nel 1999 con le prime elezioni multipartitiche, fu eletto Omar Guelleh; rieletto nel 2005 col 100% dei voti dopo il ritiro dell’unico candidato dell’opposizione.

Gibuti occupa una posizione strategica, anche come unico punto ferroviario che permette all’Etiopia l’accesso al mare. Oltre alla base francese, Gibuti ospita anche una base americana anti-terrorismo.

Problematiche sociali

L’economia di Gibuti, creazione artificiosa del colonialismo per ragioni strategiche,è principalmente incentrata sulle attività del porto e di zona di libero scambio per il nord-est dell’Africa. Due terzi degli abitanti vivono nella capitale, dove comunque vi sono sobborghi in estrema povertà; il resto della popolazione è composta da pastori nomadi.

La scarsità di piogge e di terreno coltivabile limita la produzione agricola che produce solo un quarto del fabbisogno locale. La maggior parte dei viveri deve quindi essere importata; ciò crea una netta differenziazione sociale tra coloro che lavorano nei servizi annessi al porto, e che quindi hanno un reddito relativamente alto, e la restante metà della popolazione, che resta praticamente tagliata fuori dal circuito economico e con le scarse risorse dell’allevamento nomade.

Il tasso di disoccupazione tocca il 50%, ma si segnalano anche gravi violazioni dei diritti lavorativi (lavoro forzato, discriminazioni salariali) come riportato da un rapporto della Confederazione Sindacale Internazionale (ICFTU, febbraio 2006). Lo stato quindi dipende pesantemente dall’aiuto estero. La situazione è peggiorata negli ultimi anni, con l’insediamento di circa 10.000 rifugiati somali ed etiopici, in fuga dalle proprie comunità d’origine insicure per la guerra civile con gli Afar. Le conseguenze di questa situazione sono un progressivo peggioramento e l’estensione dei livelli di povertà specialmente a livello urbano.

L’acqua potabile è scarsa e la costruzione di pozzi è particolarmente onerosa (devono essere costruiti con un diametro di vari metri per poter garantire un approvvigionamento soddisfacente). La falda freatica è esigua, il fenomeno della desertificazione è consistente l’avanzata del deserto minaccia molte specie vegetali naturali e agricole.

Le mutilazioni genitali femminili sono praticate comunemente, soprattutto dalla frazione somala della popolazione. Ma se questo problema nasce da tradizioni locali, cresce invece drammaticamente la prostituzione di minorenni. Secondo l’UNICEF il 73% dei bambini di strada, nella fascia di età tra 8 e 17 anni, si prostituisce. La domanda di prostitute, provenienti anche dalla Somalia e dall’Etiopia, è in aumento anche a causa della presenza delle basi militari e di denuncia di traffico con i vicini Paesi arabi.

Il tasso di mortalità infantile è fra i più alti al mondo (le stime variano da 100 a 143 morti per 1.000), causato soprattutto dalla poliomielite e dallo scarsa accessibilità alle medicine. Il 18% dei minori di 5 anni soffre di malnutrizione.

Il tasso di alfabetizzazione è invece relativamente alto, ma si assiste da anni a un drammatico fenomeno di “analfabetismo di ritorno”. Con questo termine indichiamo l’analfabetismo di giovani ed adulti – il target di maggior interesse riguarda persone di 20-30 anni - che pur avendo da piccoli frequentato le scuole elementari, hanno in seguito dimenticato come leggere e scrivere, in quanto per molti anni hanno praticato esclusivamente l’agricoltura, l’allevamento o il nomadismo; …. Questi giovani ed adulti, ai margini delle attività sociali e della vita pubblica, non sono più in grado di utilizzare le conoscenze imparate a scuola. Oltre a questi, vi sono inoltre moltissimi giovani che non hanno mai potuto frequentare le scuole e che non hanno nemmeno i rudimenti della lingua ufficiale, il francese, e perciò si trovano al di fuori di ogni possibilità di inserimento e cambiamento. L’analfabetismo, nella particolare situazione di Gibuti, una città-stato senza molte alternative, diventa un elemento di emarginazione sociale. Chi ne è vittima diventa più facilmente preda della malavita e di traffici illeciti

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7) Descrizione del contesto territoriale e/o settoriale entro il quale si realizza il progetto con riferimento a situazioni definite, rappresentate mediante indicatori misurabili:

SIERRA LEONE

Il Progetto si realizza nella Regione del Nord della Sierra Leone che comprende 5 distretti amministrativi: Bombali, Tonkolili, Koinadugu, Port Loko e Cambia. Il capoluogo è la città di Makeni che si situa nel distretto di Bombali, sede della Diocesi, della Commissione Giustizia e pace, del Fatima Institute, della Radio Diocesana e residenza dei volontari in servizio civile. In termini di superficie i 5 distretti rappresentano la metà del Paese. La divisione amministrativa del Paese è dunque ripartita progressivamente dal livello più alto come segue: Regione, Distretto, Chiefdom, Villaggio. Il Progetto coinvolge direttamente 53 comunità e mira alla costruzione di una cittadinanza attiva che possa realmente incidere a livello locale favorendo il monitoraggio delle politiche a tutela dei diritti dei più deboli, incrementando la trasparenza e l’efficacia delle istituzioni governative. Come sopra specificato, il conflitto che ha insanguinato la Sierra Leone, ha compromesso qualsiasi dinamica democratica e qualsiasi possibilità di partecipazione della Società Civile alla vita politica. L’area prioritaria d’intervento dunque (che sarà spiegato in dettaglio nei paragrafi 8 e 9) è quello del rafforzamento delle capacità e del consolidamento del processo di ripresa sociale e politica della regione nord del Paese, attraverso un lavoro simultaneo con le Autorità Locali e le Comunità di Base. Il rafforzamento delle capacità, secondo la strategia sviluppata, avviene sui temi del buon governo, del rispetto della legalità, della partecipazione alla gestione del bene comune, della promozione della donna, del rispetto dei diritti personali, delle libertà d’espressione.

Suddivisione Amministrativa Regione Nord della Sierra Leone

Morfologia

La Regione del Nord confina esclusivamente con la Repubblica di Guinea. Le comunicazioni sono possibili solo attraverso i Distretti di Kambia e di Koinadugu. I cinque distretti che compongono la regione presentano una certa uniformità morfologica e climatica. Il territorio, principalmente pianeggiante nel centro-sud della regione, presenta dei rilievi verso nord-est in coincidenza con il Distretto di Koinadugu. Un sistema fluviale abbastanza ricco permette agli agricoltori una discreta irrigazione dei campi. Tuttavia l’accesso all’acqua potabile rimane ancora difficoltoso.

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Clima

La Regione del Nord gode di un clima caldo umido nella maggior parte dell’anno. Il clima è essenzialmente continentale nella parte orientale, mentre in quella occidentale subisce la presenza dell’Oceano Atlantico. L’anno è composto di due stagioni, quella secca (generalmente ottobre-aprile) con temperature intorno ai 35-38 gradi centigradi, e quella delle piogge (maggio-settembre) calda-umida con una pluviometria che si aggira attorno ai 2000 centimetri.

Economia e infrastrutture

Nella Regione del Nord, l’agricoltura rappresenta l’80% delle attività produttive, leggermente inferiore nei Distretti di Kambia e Port Loko, che si affacciano sull’oceano dove si pratica anche la pesca. Anche l’allevamento e la pesca continentale rappresentano un’attività produttiva di sostentamento familiare importante. Bisogna comunque sottolineare che il decennio di guerra ha provocato una forte diminuzione della produzione agricola a causa dell’esodo dalle campagne, degli aiuti umanitari, della fuga verso i Paesi vicini o verso la capitale Freetown. Il processo di ripresa economica e produttiva dunque è ancora in atto. Le infrastrutture risentono positivamente della ripresa e la determinano al contempo: la strada principale che collega Makeni a Freetown ed alla frontiera con la Guinea, terminata a fine 2006, ha favorito la ripresa del commercio interno e con i Paesi confinanti. Anche il sistema di piste sta progressivamente migliorando facilitando il movimento delle persone anche nelle zone più periferiche della regione. Questo miglioramento non fa che aiutare il commercio soprattutto nazionale che rappresenta l’attività principale dopo l’agricoltura.

Organizzazione sociale-amministrativa

In Sierra Leone, come in molti altri Paesi africani, persiste a livello locale (Chiefdom) un parallelismo amministrativo, rappresentato da una parte dall’autorità statale o della legalità, ossia i funzionari dell’amministrazione pubblica e i rappresentanti eletti, e dall’altra dalle autorità tradizionali o della legittimità, rappresentati dagli anziani, dalla nobiltà locale e dai capi villaggio. Questi due livelli si sovrappongono costantemente a seconda delle materie di giurisdizione ma sovente si confondono creando vuoti di potere, di gestione o addirittura forti conflitti locali. L’aspetto della competenza sull’amministrazione del territorio nelle sue diverse forme è un fattore che influenza largamente il progetto di appoggio alla decentralizzazione di cui si parlerà ampiamente nei prossimi due paragrafi. Con la fine della guerra civile e con l’inizio della fase di ricostruzione, le autorità Sierraleonesi, spinte anche da alcune organizzazioni internazionali (Banca Mondiale, Fondo Mondiale Internazionale, UNDP ed altre) hanno iniziato un processo di decentralizzazione dell’amministrazione come passo fondamentale per la riduzione della povertà. Il legame tra decentralizzazione e riduzione della povertà - che tra l’altro Caritas e Commissione Giustizia e Pace di Makeni hanno ritenuto di valorizzare - è contenuto nel “PRSP document 2004” (Poverty Reduction Strategy Paper) e “Vision 2005”. Entrambi i documenti sono stati elaborati dal governo Sierraleonese come piano strategico e d’azione per ridurre la povertà nel Paese, attraverso riforme settoriali, con un forte coinvolgimento della società civile. Il “Local Government Act” del gennaio 2004 ha rappresentato il punto iniziale della decentralizzazione. Con le prime elezioni distrettuali dopo il 1972, sono stati eletti i Consigli Distrettuali e sono state stabilite le attribuzioni e competenze nella gestione dei distretti. Questo ha rappresentato un’opportunità che Caritas Italiana e la Commissione Giustizia e Pace Sierraleonese hanno deciso di cogliere, ritenendo importante far rientrare le sue azioni di sviluppo in un quadro articolato e coordinato di strategie di riduzione della povertà sia a livello distrettuale che nazionale. In particolare, Caritas Italiana ha deciso di focalizzare la sua analisi diretta agli interventi su due assi principali: il primo è l’appoggio al processo di decentralizzazione; il secondo è il rafforzamento delle comunità di base per il monitoraggio dell’azione dei Consigli Distrettuali. I dati numerici dell’intervento sono i seguenti:

Distretti coinvolti 5 Comunità coinvolte 53 Consigli distrettuali 53 Autorità politiche 54 Chiefdoms Cittadinanza circa 5.900 abitanti

Indicatori di bisogno Area d’intervento: rafforzamento delle capacità delle organizzazioni locali

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I bisogni sono stati identificati attraverso una ricerca eseguita congiuntamente dalla Commissione Giustizia e Pace Sierraleonese e da Caritas Italiana, in via di pubblicazione, dal titolo “Civil society involvement in decentralization and Poverty Reduction process in post-conlict Sierra Leone Northern Region”. Nella tabella che segue sono riportati alcuni dati sul numero degli individui coinvolti dalla ricerca.

Distretto Uomini Donne Giovani Bambini Totale intervistati

Bombali 447 427 422 15 1.843 Koinadugu 293 248 207 - 748 Port Loko 520 579 336 120 1.620 Tonkolili 585 570 300 120 1.620 Kambia 408 536 437 140 1.528 TOTALE 3.513 2.360 1.702 415 5.739

Due sono i punti all’interno dei quali sono raggruppati indicatori di bisogno. 1) Mancanza di formazione delle autorità politiche locali Per autorità politiche intendiamo tutti quei soggetti che a diverso livello esercitano un controllo politico sulle popolazioni: - Soggetti della legalità: Consiglieri Distrettuali e Consiglieri dei 54 Chiefdoms - Soggetti della legittimità: Capi tradizionali (anziani) Punti deboli dei Soggetti della legalità √ Scarsa conoscenza dei doveri amministrativi; √ Scarse competenze amministrative/gestionali-finanziarie; √ Scarsa conoscenza delle leggi che garantiscono i diritti di base dei cittadini; √ Bassa capacità di garantire ai cittadini la trasparenza sull’operato delle istituzioni. Punti deboli dei Soggetti della legittimità √ Scarsa conoscenza del sistema amministrativo nazionale; √ Scarse competenze amministrative/gestionali-finanziarie; √ Scarsa conoscenza delle leggi che garantiscono i diritti di base dei cittadini; 2) Mancanza di formazione, massa critica e partecipazione delle Comunità di Base nell’esercizio dei

diritti di cittadinanza. Per Comunità di base, intendiamo sia i comuni cittadini sia le associazioni organizzate di settore, laiche o religiose, associazioni di studenti, associazioni professionali, etc… √ Scarsa conoscenza del quadro normativo del Paese (Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti

amministrativi, etc..); √ Scarsa conoscenza del funzionamento dei Consigli Distrettuali e dei Chiefdoms; √ Scarsa conoscenza delle competenze delle autorità legali e tradizionali; √ Bassa capacità d’interazione con le autorità pubbliche.

I servizi offerti dalla Diocesi di Makeni Il Progetto viene realizzato dalla Diocesi di Makeni, attraverso la Commissione per la Giustizia, la Pace e i Diritti Umani (in seguito CGPDU), organizzazione istituita con l’appoggio della Caritas Italiana, il Fatima Institute e la Radio Diocesana. Queste tre importanti realtà operano con qualità ed efficienza sotto la supervisione e la responsabilità del Vescovo di Makeni, che ne ha sapientemente promosso la nascita e ne ha curato lo sviluppo nel tempo. 1) La Commissione per la Giustizia, la Pace e i Diritti Umani (CGPDU) Scopo principale della Commissione è la realizzazione di programmi nel campo del “peace building” e in quello dei Diritti Umani. La CGPDU, come parte attiva della società civile Sierraleonese, è coinvolta nella progettazione e nell’implementazione di progetti volti a promuovere la pace, la giustizia sociale, la denuncia delle violazioni dei diritti fondamentali delle persone, l’aumento della partecipazione della società civile nelle politiche pubbliche. Inoltre, la Commissione considera fondamentale un coinvolgimento attivo delle comunità locali quale elemento fondamentale per efficaci campagne di advocacy e sensibilizzazione sui temi dei diritti umani e della “Good Governance”. La Commissione ha un organico di 5 operatori salariati e di una decina di volontari. Il suo direttore ha una specializzazione elevata, grazie ad un Ph. D. in Sociologia, ottenuto in Italia, ed ottime competenze sulla comunicazione e le politiche economiche e di sviluppo.

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2) Il Fatima Insitute Il Fatima Institute è un ente di formazione superiore creato dalla Diocesi di Makeni nel 2004. Riconosciuto dalla Martyrs University di Kampala (Uganda) con la quale ha un accordo di partenariato, l’istituto si focalizza principalmente sul tema delle Scienze Sociali ed è abilitato a rilasciare un diploma alla fine del biennio di studio (che prevede una parte teorica ed una parte di analisi sociale sul terreno). L’istituto rappresenta l’unica possibilità di formazione superiore nel nord del Paese ed ha l’unica biblioteca di Makeni. Tra le materie di studio: Introduzione allo sviluppo, Economia dello sviluppo, Sociologia dello sviluppo, Formazione degli adulti, Gestione del conflitto e peace building, Genere, Conflitto e Diritti umani, Introduzione alla ricerca sociale. L’istituto collabora pienamente con la Commissione Giustizia e Pace in un partenariato molto stretto. La Commissione offre agli studenti dell’istituto la possibilità di impegnarsi in indagini sul campo, mentre il Fatima offre alla Commissione un supporto teorico e formativo, soprattutto per la formazione delle comunità di base con le quali la Commissione lavora. L’obiettivo dell’istituto è dunque quello di offrire ai giovani una formazione solida sui temi sociali, dello sviluppo, dei diritti umani, del conflict resolution, in vista dell’inserimento nel mondo del lavoro (ad es. in organizzazioni internazionali, Ong, sindacati, università, ecc.) 3) La Radio Diocesana La Radio Diocesana costituisce un altro soggetto importante del quadro di partenariato. Creata nel 2003, possiede un’attrezzatura efficace con una capacità di copertura che raggiunge più della metà del Paese in maniera capillare. Offre un servizio di formazione spirituale, di informazioni locali, di educazione alla pace, diritti umani, per molte ore al giorno. Ne curano la redazione alcuni giornalisti, alcuni operatori della Commissione Giustizia e Pace e del Fatima Institute e alcuni sacerdoti diocesani. L’impatto di questo servizio diocesano è notevole poiché la maggior parte degli abitanti della Diocesi indistintamente: donne, anziani, studenti, agricoltori, allevatori, ascoltano la radio come unica fonte di informazione. La radio offre un’importante spazio per il lavoro della Commissione Giustizia e pace. Molte sessioni di formazione preparate per le comunità di base dei villaggi, vengono poi replicate per radio in modo da ampliare il numero dei beneficiari mantenendo i costi di formazione ridotti.

Offerta di servizi analoghi nell’area geografica di riferimento Sullo stesso territorio, operano sui temi della governance alcune piccole Ong locali ed una Ong internazionale, CARE UK, con attività formative occasionali rivolte alle autorità locali. A Makeni è presente anche l’UfficIo dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNMSIL), che effettua un monitoraggio sul processo di pace.

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BURUNDI

Il Centre Jeunes Kamenge è ubicato al centro dei quartieri nord della capitale Bujumbura. Questi quartieri, che contano una popolazione di oltre 50 mila persone, sono i più poveri della capitale e dal punto di vista sociale raccolgono la popolazione più esposta ai fenomeni di povertà e di emarginazione.

La popolazione di Bujumbura

I dati ufficiali più recenti riferiti alla popolazione di Bujumbura sono desumibili dall’ultimo censimento nazionale realizzato, purtroppo, nel 1990. Dato l’alto tasso di natalità, oggi la popolazione ha oltrepassato il numero degli abitanti presenti prima del conflitto. Con oltre 240 mila abitanti, Bujumbura, per la sua posizione di confine con la Repubblica Democratica del Congo, presenta oltre il 10% di cittadini congolesi e una minoranza tanzaniana e senegalese (presenti principalmente per motivi commerciali); sotto l’1% la popolazione europea, in gran parte impiegata in organismi internazionali o in istituti religiosi. Bujumbura soffre di una intensa urbanizzazione conseguente al richiamo dalle campagna (spesso insicure e poco redditizie). Questi flussi di popolazione si concentrano principalmente nel quartieri nord della capitale dove i costi per l’affitto di una casa sono meno elevati. Collocata vicino al lago Tanganyika, Bujumbura presenta un clima caldo, costante tutto l’anno, mitigato tuttavia dalla presenza del lago.

Le attività economiche

Nella città si concentrano le sedi delle organizzazioni umanitarie internazionali e delle Agenzie delle Nazioni Unite. Una minoranza della popolazione è impiegata nel pubblico impiego (ministeri e apparati governativi). La maggior parte delle attività produttive private hanno sofferto fortemente la crisi militare e politica che ne ha causato in molti casi la chiusura (come nel caso della fabbrica del vetro e del tessile), mentre la Brarudi, la fabbrica di birra che è la più significativa attività commerciale del Paese, ha solo relativamente risentito della crisi, dati gli alti consumi interni di birra. In secondo piano l’attività agricola, che si concentra all’interno del Paese; nella capitale vengono per contro giocati i ruoli di commercializzazione con l’estero delle produzioni di caffè e thè.

Indicatori di bisogno Area d’intervento: Educazione e promozione culturale

1) Pace e riconciliazione: il Burundi è da decenni colpito dalla lotta tra le etnie tutsi e hutu; parte dell’ultimo conflitto armato è giustificato dalla rivalità tra le due etnie. La maggioranza dei giovani che vivono nella città di Bujumbura provengono da famiglie povere ed abitano nei quartieri popolari della capitale. Tutti hanno vissuto le fasi della guerra, o prendendone parte attiva o perché hanno vissuto lutti conseguenti al conflitto. 2) Ambito educativo: spesso i giovani sono impossibilitati a frequentare le strutture scolastiche pubbliche. Il sistema scolastico del Paese appare arretrato sia nelle risorse umane impiegate che nelle strategie educative utilizzate. La percentuale delle bocciature e della dispersione scolastica è molto alta. Di conseguenza si assiste alla crescita del numero di studenti nei primi anni della scuola, mentre il raggiungimento del diploma è riservato ad una bassa percentuale di persone e l’accesso all’Università è riservato ad una ristrettissima élite. 3) Lotta all’AIDS l’epidemia colpisce una vasta parte della popolazione, così come negli altri Paesi dei Grandi Laghi (in alcuni casi, come ad esempio per la popolazione adulta urbana, si arriva anche del 30% di prevalenza). Spesso la diffusione è legata alla scarsa o nulla conoscenza da parte dei giovani delle modalità di diffusione del virus e dall’incapacità di riuscire a costruire una fiducia nel contesto di povertà e disoccupazione in cui si vive. In un Paese dove la metà della popolazione ha un’età inferiore ai 15 anni, l’azione a favore della sensibilizzazione per la lotta all’AIDS rappresenta una priorità sociale. Proprio questa parte di popolazione è la più esposta ai contagi (in particolare le persone di sesso femminile), producendo come risultato la perdita di fiducia nel futuro e l’indebolimento della prossima classe intellettuale e forza lavorativa del Paese.

I servizi offerti dal Centro Giovani di Kamenge

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Il Centre Jenunes Kamenge Il progetto che ha dato vita al Centre Jeunes Kamenge, che oggi coinvolge oltre 24.500 giovani di tutta la città (con una presenza media giornaliera di 2.000 giovani), inizia nel 1990 quando due padri saveriani, P.Claudio Marano e P.Marino Bettinsoli, iniziano a Bujumbura a prendere i necessari contatti per dare vita a quello che diverrà il Centro. Inviano 10 mila lettere di richiesta di aiuto a cui risponderanno la Conferenza Episcopale Italiana, Manos Unidas spagnola ed il Vises. Nel settembre 1991 inizia la costruzione del centro che terminerà due anni dopo. Intanto vengono studiati i progetti educativi insieme ai ragazzi del quartiere e, ai due saveriani, si uniscono quattro suore della Congregazione delle Dorotee. Nel 1993 tutti i lavori sociali marciano a pieno regime ed il centro è frequentato da 2.500 giovani che si iscrivono liberamente alle attività. Oggi il Centre Jeunes Kamenge è impegnato in molte attività giornaliere di alfabetizzazione, educazione sanitaria, coscientizzazione sociale, formazione di gruppi, corsi di dattilografia, informatica, segreteria, contabilità, disegno, taglio e cucito, parrucchiere, elettricità, codice della strada, giornalismo e inoltre decine di attività sportive, perseguendo così il suo obiettivo che è quello di dare una risposta ai problemi della periferia di Bujumbura, abitata in gran parte da giovani che provengono dall'interno del Paese, e che quotidianamente vivono i problemi della guerra e della violenza etnica, della povertà, della mancanza di scolarizzazione, della disoccupazione, dell’Aids e della droga, cercando di incentivare il dialogo interetnico. Il Centro conta tra i suoi partner, oltre alla Caritas italiana, la Conferenza Episcopale Italiana, l’Unione Europea, l’Unicef Burundi, le Ambasciate belga e francese in Burundi, il Servizio di cooperazione e sviluppo di Lione, il Gruppo ticinese per il Burundi, i Centri missionari di Milano, Trento, Brescia e Udine, le Acli e centinaia di benefattori. In sintesi il Centre Jeunes Kamenge è impegnato in attività rivolte ai giovani ed in particolare nella:

1) sensibilizzazione per la lotta all’AIDS: i giovani sono impegnati in attività di gruppo e discussione sull’Aids, per dare maggiori informazioni e confrontarsi sui comportamenti da assumere. Inoltre i giovani sono stimolati ad iniziare processi di inclusione delle persone ammalate;

2) sensibilizzazione alla convivenza civile: all’interno del Centre Jeunes Kamenge viene promossa la convivenza sia tra le diverse etnie che tra le differenti religioni, attraverso lavori di gruppo, attività ludiche e sportive, l’impegno sociale come per esempio la ricostruzione delle case delle famiglie più povere nelle zone distrutte dei quartieri nord;

3) formazione ed educazione: il centro offre ai giovani un’ampia gamma di percorsi formativi gratuiti (alfabetizzazione, lingue, diritti umani, non violenza, dattilografia, informatica, segreteria, contabilità, disegno, taglio e cucito,…), attività culturali, (corali, danze, poesia, cineforum,…), sportive, oltre a proporre incontri di approfondimento spirituale, religioso e non.

Offerta di servizi analoghi nell’area geografica di riferimento

Nei Quartieri Nord di Bujumbura non ci sono altre organizzazioni o associazioni che lavorano con i giovani. In altre zone della capitale vi sono altre realtà, come ad esempio la Congregazione dei Salesiani ed il Vis, così come altre associazioni ed Ong locali, che lavorano con i minori.

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REPUBBLICA DI GIBUTI L’area territoriale della Repubblica di Gibuti coincide con quella dell’unica Diocesi presente nel Paese, e che è il partner locale del progetto. Le attività svolte nel campo dell’educazione datano praticamente dall’arrivo dei primi missionari nel 1885, ma a partire dalla istituzione ufficiale della Diocesi di Gibuti, nel 1955, gli impegni per l’alfabetizzazione della popolazione e per la promozione culturale rivestono un’importanza decisamente prioritaria. Nella capitale, che ha lo stesso nome del Paese, la Diocesi gestisce tre scuole primarie con 750 alunni e un centro professionale nella località di Tadjourah. Sempre da Gibuti città è partita l’iniziativa di creare i Centri LEC (Lire, Écrire, Compter, ovvero leggere scrivere, calcolare) cioè in sostanza un’attività di alfabetizzazione e di educazione alla cittadinanza attiva. Dagli ultimi aggiornamenti (2007) circa i due terzi dell’intera popolazione vivono nella capitale, che si può suddividere in quattro quartieri principali, il Centro Commerciale che si estende anche al porto, il quartiere popolare di Boulaos, e quelli più periferici di Balbalà e Arhiba, quest’ultimo una vera e propria bidonville. La presenza del porto e di una numerosa base militare francese determina l’economia della città con aspetti positivi per chi riesce ad entrare nel circuito, ma anche senza alcuna alternativa concreta di sviluppo che vada al di là delle attività di servizi richieste da queste due specificità. Ne consegue una specie di blocco che causa la disoccupazione di almeno metà della popolazione attiva e il conseguente sviluppo di una società parallela ad economia informale. Il quartiere di Boulaos, dove è stato creato il primo centro LEC è un agglomerato di semplici case frammiste a capanne e costruzioni precarie in lamiera. E’ provvisto di acqua ed elettricità, ma quasi giornalmente vi sono numerosi black out, anche di parecchie ore. Questo disagio colpisce tutta la città. Gibuti si suddivide in due macro gruppi di persone: da una parte chi è riuscito a trovare un lavoro, dall’altra chi è in attesa e trova una ospitalità temporanea da parenti o amici. Boulaos è collegato relativamente bene con i mezzi pubblici al centro della città, mentre geograficamente è più vicino all’aeroporto, al quale è collegato da una buona strada ed è raggiungibile in 5 minuti di auto. Il quartiere è abitato da somali dell’etnia Issak, predominante a Gibuti, con presenza di altri somali immigrati dal vicino Somaliland. Esiste un ospedale specializzato nella cura della tubercolosi, malattia endemica nella popolazione somala, a causa dello scarsa igiene e di carenze nutrizionali nella dieta locale.

Indicatori di bisogno Area di intervento : Educazione e promozione culturale

1)Mancanza di opportunità popolari relative all’educazione ed alla promozione culturale in ambito extrascolastico e pubblico Non mancano alcune strutture scolastiche, pubbliche o private, con un buon livello di studi fino alla maturità, ma il cui costo rimane al di fuori della portata di gran parte della popolazione. Sono invece molto carenti le strutture di livello popolare, anche a causa del ‘aumento della popolazione rurale che si è trasferita in città. 2) Lotta all’ “analfabetismo di ritorno” e alfabetizzazione di base All’inizio del progetto LEC si trattava per lo più di incontri di livello semplice, rivolti esclusivamente a ragazze, con corsi di alfabetizzazione, taglio e cucito, puericultura. Col passare degli anni si è fatta più pressante la necessità di estendere il servizio per l’alfabetizzazione ai ragazzi, sia per ovviare all’ analfabetismo di ritorno che non facilita certo l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro sia per quelli che non avevano mai frequentato le scuole. Si deve tener conto anche di una evoluzione locale: fino a pochi anni fa l’’analfabetismo colpiva due terzi della popolazione tra fra i 6 e i 16 anni, mentre oggi la scuola elementare è obbligatoria a partire dai 6 anni. E’ sorto però il problema per molti giovani e ragazze che hanno ed avevano superato questa età: essi non possono più integrarsi al ciclo scolare già iniziato. In molti casi, inoltre, sono impossibilitati a frequentarlo semplicemente perché privi dei documenti necessari. Rimanendo abbandonati a sé stessi, senza molte alternative d’occupazione e crescita, date le condizioni ambientali della città, i molti giovani che non hanno la possibilità di frequentare corsi scolastici, sono fortemente esposti a traffici “paralleli”, per lo più illegali o addirittura criminali. Nelle zone rurali, i giovani, costretti alla vita nomade, sono mandati subito ad occuparsi degli animali o di altre attività familiari.

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Per avere altre prospettive, è necessario che questi giovani possano conoscere bene la lingua francese, lingua ufficiale di Gibuti, che abbiano qualche rudimento di calcolo e nozioni di educazione civica e umana. 3)Educazione civica/umana Il naturale sviluppo delle attività dei LEC ha portato alla necessità di integrare la capacità di leggere e scrivere con lo studio dei problemi della società gibutina. Non bisogna dimenticare la presenza di un conflitto etnico che, anche se da poco concluso, pone il problema di affrontare la convivenza fra etnie e quindi una riflessione sulla pace e sui diritti umani. La presenza di numerosi rifugiati politici dall’Etiopia e dalla Somalia apre il dibattito sulla cittadinanza, come pure su come affrontare culture diverse (i cristiani etiopi, il problema clanico/politico della Somalia) o usanze che pongono problemi (le mutilazioni genitali femminili, diffusissime) e la partecipazione allo sviluppo economico.

I servizi offerti dal centro LEC di Boulaos I centri LEC si sono diffusi anche in altre località con le seguenti presenze: Centro LEC Allievi insegnanti Alì Sabieh 145 4 Arta 53 1 Boulaos (Gibuti) 249 4 Tadjourah 44 2 Obock 1 42 1 Obock 2 (brousse) 45 TOTALE 578 12 Il progetto qui presentato e il conseguente impiego dei volontari in servizio civile sarà limitato al quartiere di Boulaos, dove ha sede il più frequentato dei Centri LEC. Il LEC di Boulaos è costituito da 4 aule, ormai insufficienti a contenere gli allievi, tanto che si è costretti a organizzare ben tre turni di frequenza per ognuno dei tre anni in cui sono organizzati i corsi. Fra i circa 250 allievi vi sono 60 ragazzi di strada, che si tenta in qualche modo di recuperare. Rimangono però elementi a rischio, poiché la strada continua a essere la loro casa, e per i quali molti problemi di integrazione rimangono irrisolti. Il Centro dispone di un piccolo cortile per attività all’aperto e di una biblioteca con circa mille volumi. I responsabili del centro si incontrano ogni mese per valutare i problemi e ridefinire le attività in funzione delle caratteristiche degli allievi. Ad esempio nei centri rurali il livello scolastico di partenza è generalmente più basso e vi è un minore interesse delle famiglie a mandare a scuole le ragazze, che talvolta vengono addirittura ostacolate. A Gibuti città, invece, dove maggiore è la volontà a migliorare la propria condizione, le famiglie accettano facilmente le classi miste e vi è un maggior interesse anche rispetto a varie attività pedagogiche diversificate. Il programma dei corsi LEC è stato adattato su un percorso di tre anni, per 32 settimane all’anno, da settembre a maggio. Il calendario segue i ritmi di quello dell’istruzione nazionale, ma gli orari giornalieri sono più flessibili, data la necessità dei turni.

Offerta di servizi analoghi nell’area geografica di riferimento Nel quartiere di Boulaos non ci sono altre organizzazioni o associazioni che lavorano per l’educazione dei giovani.

8) Obiettivi del progetto:

PREMESSA Conformemente alla natura di organismo pastorale costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana al fine di promuovere “la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana (…) in vista (…) della giustizia

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sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica” (art. 1 Statuto) ed accogliendo l’appello del Santo Padre alla Giornata Mondiale della Gioventù dell’Anno giubilare ("… Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete a essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario”), Caritas Italiana offre una seppur piccola risposta all’anelito di pace che sale dalle popolazioni vittime di guerre, conflitti armati, vessazioni continue ed oppressioni, promuovendo la sperimentazione di forme di intervento nonviolente e non armate in situazioni di crisi.

Il Progetto recepisce e valorizza l’esperienza del Servizio Civile in zone di crisi che dal 2001 in avanti la Caritas Italiana ha proposto col Progetto Caschi Bianchi ad oltre 100 giovani obiettori di coscienza e volontarie/e in Servizio Civile, unitamente agli interventi di Caritas italiana e delle Caritas diocesane in progetti a livello internazionale.

Le prospettive aperte dalla legge 230/98 (Nuove norme in materia di obiezione di coscienza e servizio civile) e confermate dalla legge 64/2001 (Istituzione del servizio civile nazionale) relativamente alla possibilità di attuare progetti di Servizio Civile all’estero e di sperimentare forme di difesa civile nonviolenta, concorrendo alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari, riconoscono alla componente civile un ruolo determinante nel lento e faticoso processo che da un conflitto (sia esso latente o palese) porta dal confronto al dialogo, fino alla riconciliazione e al perdono, sia sul terreno civile che religioso. Tale istanza, ha ottenuto il più alto riconoscimento nell’Agenda per la Pace delle Nazioni Unite, attribuendo alla componente civile, denominata poi ‘Caschi Bianchi’, azioni di mantenimento della pace e ricostruzione della fiducia prima, durante o dopo un conflitto. La Rete Caschi Bianchi Il presente progetto si inserisce nel quadro delle azioni promosse dalla ‘Rete Caschi Bianchi’, organismo costituito nel 1998 al fine di collegare iniziative ed esperienze di organismi italiani impegnati a promuovere e sviluppare forme di intervento civile nelle situazioni di crisi e/o di conflitto. In particolare gli enti di servizio civile, Gavci, Associazione Papa Giovanni XXIII e Volontari nel mondo-FOCSIV, unitamente a Caritas Italiana hanno sottoscritto nel 2001 un accordo specifico ed elaborato un progetto generale di “Servizio civile in missioni umanitarie e corpi civili di pace – Caschi Bianchi”, nel 2007 gli stessi organismi hanno aggiornato il quadro di riferimento dei progetti Caschi Bianchi di ciascun ente sottoscrivendo il documento “Caschi Bianchi Rete Caschi bianchi, un modello di servizio civile”, a cui il presente progetto si ispira. Giovani per la riconciliazione

La proposta dei Caschi Bianchi prevede l’invio all’estero in aree di crisi o conflitto, di volontari e volontarie, secondo la legislazione vigente, per promuovere, sostenere e sviluppare nelle comunità locali iniziative di prevenzione, intervento, riconciliazione, valorizzando così i giovani come operatori di pace. Una proposta educativa per i giovani e le comunità

Il Progetto Caschi Bianchi è concepito e realizzato come progetto formativo, a partire dalla ovvia constatazione che è rivolto prima di tutto a giovani nella fase delle decisioni per il proprio percorso di vita, rispetto al mondo del lavoro e l’assunzione di responsabilità personali e sociali. Il progetto si propone quindi un coinvolgimento personale, ai fini di una ricaduta positiva sulle future scelte di vita. L’obiettivo non è l’invio di “professionisti della pace”, ma l’accompagnamento di giovani all’interno di esperienze che uniscano l’autonoma responsabilità dei soggetti a momenti di verifica e tutoraggio individuali e di gruppo, valorizzando le risorse dei contesti specifici di inserimento. Oltre ad abilitare strettamente all’attività all’estero e ad un proficuo inserimento nel progetto, la formazione è finalizzata più ampiamente ad offrire percorsi di cittadinanza attiva, di confronto con la complessità della mondializzazione ed alla comprensione del rapporto tra problematiche internazionali e quelle locali. Destinatari dell’attività formativa non sono considerati in maniera esclusiva i giovani che partecipano al progetto, ma anche le comunità di provenienza e di destinazione, come pure le realtà progettuali nei quali si inseriranno, favorendo e stimolando occasioni di confronto sui temi della pace, nonviolenza e obiezione di coscienza, mettendo a disposizione strumenti e competenze di base per collegarsi con iniziative all’estero in aree di crisi o conflitto e/o svolgere attività di informazione – sensibilizzazione in Italia.

In particolare per questo progetto Caritas Italiana vuole valorizzare la sua “prevalente funzione pedagogica” ponendo attenzione prioritaria alla crescita formativa della persona, accompagnando i giovani e le comunità in percorsi di responsabilità personale e di assunzione di impegni sociali.

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La proposta, rivolta a tutti i giovani, presuppone il coinvolgimento delle loro comunità di provenienza in un percorso che prevede:

• il confronto sulla dimensione valoriale della prossimità, condivisione e riconciliazione; • la presenza attiva accanto e dentro le situazioni delle persone e delle popolazioni vittime della

violenza; • l’acquisizione delle capacità di agire insieme ad altri, moltiplicando le forze nel lavoro di rete e nella

metodologia della mediazione; • la comprensione delle problematiche internazionali e delle radici storiche, psicologiche, religiose dei

conflitti, con la necessaria attrezzatura culturale e motivazionale. Il percorso progettuale intende così privilegiare l’ottica dell’investimento e del re-investimento, in modo da favorire un ritorno pedagogico, sia per i giovani che partecipano al progetto, che per la comunità di provenienza così che anch’essa ne esca arricchita. In questa prospettiva si considerare fondamentale l’azione di animazione e sensibilizzazione.

Dentro al conflitto, insieme alla comunità

Nei limiti della sperimentazione di una nuova figura di operatore in situazione di crisi, il progetto lungi dall’esaurirsi in una sorta di “palestra di addestramento”, ha come obiettivo qualificante quello di rispondere in maniera efficace ai bisogni delle realtà in cui si va ad operare, favorendo il positivo inserimento e l’utile apporto alle comunità ed attivando con esse iniziative di dialogo e riconciliazione. Viene favorito uno stile di presenza improntato alla prossimità ed alla condivisione, in vista di azioni orientate al cambiamento culturale ed al coinvolgimento, nella misura del possibile, delle parti in conflitto, assumendo quale riferimento culturale ed esperienziale la difesa popolare nonviolenta. In questo quadro la finalità ultima del progetto è la difesa della patria in modo non armato e nonviolento attraverso la promozione della pace e la cooperazione internazionale.

FINALITA’ GENERALI Le finalità perseguite con modalità diverse, rispondenti ai differenti contesti dei Paesi nei quali si realizza il progetto sono di seguito riportate. Proporre ai giovani un percorso personale e comunitario, articolato in esperienza all’estero in zone di crisi, con la prestazione del servizio in progetti di costruzione della pace e formazione, in continuità con i valori dell’obiezione di coscienza al servizio militare. Sperimentare iniziative di prevenzione, mediazione, trasformazione dei conflitti e riconciliazione, attraverso la costituzione di comunità di giovani all’estero in servizio civile, contribuendo alla definizione del profilo professionale di operatore internazionale denominato ‘Casco Bianco’. Favorire l’incontro in contesti internazionali di giovani in servizio civile e giovani locali, per promuovere la cultura della pace nella prospettiva del superamento delle cause strutturali della violenza e valorizzando le esperienze di base dei costruttori di pace. Inserire il servizio civile internazionale in cammini e progetti già avviati tra le chiese, favorendo lo scambio e l’interazione fra e con le comunità e le istituzioni ecclesiali e civili locali, promuovendo sinergie e integrazioni nel rispetto delle identità di ciascuno. Favorire attraverso la crescita umana e professionale dei giovani all’estero, occasioni di scambio e crescita reciproca tra comunità che inviano e comunità che accolgono, contribuendo alla sensibilizzazione delle Caritas diocesane e delle chiese locali alle problematiche internazionali della pace e della mondialità.

SIERRA LEONE OBIETTIVI GENERALI DEL PROGETTO

Obiettivo generale Indicatori Creare, anche grazie all’inserimento di giovani volontari, un ambiente d’informazione e partecipazione tra la

Miglioramento degli indicatori di sviluppo umano, economico e sociale rapportati al periodo iniziale e finale del progetto.

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società civile e le autorità locali per il miglioramento delle condizioni di vita e della tutela dei diritti delle fasce deboli, in particolare giovani e donne.

Aumento degli atti amministrativi ed economici volti a garantire le fasce più deboli, in particolare donne e giovani. Maggiore coesione tra cittadinanza e autorità politiche

OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO

Aree di bisogno Obiettivi specifici Risultati attesi Indicatori 1) Mancanza di formazione delle autorità politiche locali.

Inserimento dei Volontari in SC nelle attività miranti all’aumento delle capacità degli amministratori locali affinché possano favorire il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini.

Maggior attenzione dei Consigli Distrettuali alla protezione delle fasce più deboli. Miglioramento dell’erogazione dei servizi di base (educazione, sanità, acqua potabile). Crescita del confronto e collaborazione tra cittadini e istituzioni pubbliche. Instaurazione di un clima di fiducia tra le Istituzioni e le associazioni di cittadini.

Aumento del 20% dei provvedimenti legislativi promossi dai Consigli Distrettuali a protezione delle fasce più deboli. Aumento del 30% nel numero di famiglie che hanno accesso ai servizi di base. Aumento del 30% del numero di incontri tra cittadini e istituzioni pubbl. Aumento del 50% dei partecipanti alle riunioni

2) Mancanza di formazione, massa critica e partecipazione delle Comunità di base nell’esercizio dei diritti di cittadinanza

Inserimento dei Volontari in SC nelle attività miranti all’aumento delle capacità dei giovani e delle donne di partecipare attivamente alle politiche locali in particolare sui temi dell’educazione, sanità ed igiene pubblica favorendo l’istituzione dei nuovi Consigli Distrettuali, previsti dal Local Government Act del 2004.

Crescita della consapevolezza riguardo diritti e doveri dei cittadini. Maggiore conoscenza del quadro normativo nazionale. Aumento della conoscenza del funzionamento dei Consigli Distrettuali e chiefdoms. Crescita dell’interazione tra cittadini e autorità politiche Aumento dei comportamenti di legalità.

Aumento del 30% del pagamento delle tasse Aumento del 20% delle richieste di tutela dei diritti. Aumento del 30% dei candidati della società civile alle elezioni amministrative Aumento del 20% delle proposte di regolamentazione locale e di uso dei fondi da parte della società civile Diminuzione del 30% dei furti e degli atti di violenza

BURUNDI OBIETTIVI GENERALI DEL PROGETTO

Obiettivo generale Indicatori Aumentare nei giovani di Bujumbura lo spirito di convivenza civile, il rispetto delle differenze, il livello di educazione,

Diminuzione della paura fra i giovani e riduzione dei conflitti

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formazione e di conoscenza, grazie ad un’azione di promozione e partecipazione, messa in atto anche con il coinvolgimento dei volontari in servizio civile

Aumento della partecipazione dei giovani alle attività sociali ed educative Aumento della frequenza scolastica e diminuzione di casi di abbandono Diminuzione del contagio dell’Aids tra i giovani.

OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO

Area di bisogno Obiettivi specifici Risultati attesi Indicatori

1) Pace e riconciliazione

Inserimento dei Volontari in SC nelle attività miranti a favorire e sostenere strategie di convivenza civile tra le diverse etnie e religioni

Migliorare la conoscenza da parte dei giovani delle problematiche che affliggono il Paese; Contenimento e/o diminuzione delle manifestazioni di rivalità tra gruppi etnici; Partecipazione cosciente alle attività proposte e compartecipazione alla progettazione di nuove attività.

Contenimento e diminuzione del 50% degli atti di vandalismo, stati di aggressività e allontanamento dalla convivenza civile da parte dei giovani; Aumento del 10% della partecipazione alle attività di animazione collettiva, seminari e convegni riguardanti momenti di confronto, analisi e studio dei fenomeni politici che riguardano il Paese; Incremento del 20% del numero dei giovani che propongono la realizzazione di attività all’interno del centro (sportive, scolastiche, biblioteca, etc.).

2) Ambito educativo

Dare alla popolazione dei quartieri nord, anche grazie all’inserimento dei Volontari in SC, più possibilità di apprendere le nozioni scolastiche per facilitare la vita famigliare, relazionale e professionale; e favorire la riflessione sui temi d’interesse quotidiano della popolazione.

Aumento della partecipazione alla vita scolastica dei giovani e conseguimento di migliori risultati nel curricolo formativo e scolastico; Incremento delle condizioni socio-economiche delle famiglie dei quartieri nord della capitale.

Decremento del 20% degli abbandoni scolastici e contenimento dell’incremento del tasso di analfabetismo; Incremento del 20% dell’accesso da parte dei giovani alla vita lavorativa sia in ambito formale che informale.

3) Lotta all’AIDS

Lottare contro la diffusione dell’Aids in Burundi e particolarmente nei quartieri nord della capitale lavorando con le scuole, le differenti comunità religiose e la popolazione;

Contenimento della diffusione del virus nei quartieri nord di Bujumbura Miglioramento nei rapporti interpersonali nei nuclei famigliari che presentano casi di AIDS

Diminuzione delle richieste di aiuto ricevute a seguito della contaminazione da AIDS Incremento del 20% dei casi di accettazione della malattia da parte dei famigliari del

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Stimolare gli attori locali al fine di favorire maggiormente la sensibilizzazione sul problema Aids.

Maggiore diffusione di una mentalità volta alla prevenzione dal contagio.

congiunto malato Incremento della conoscenza delle modalità di diffusione del virus da parte del 20% della popolazione.

REPUBBLICA DI GIBUTI OBIETTIVI GENERALI DEL PROGETTO

Obiettivo generale Indicatori Formare, anche grazie all’inserimento di volontari italiani in servizio civile, giovani – ragazzi e ragazze - coscienti della loro dignità, rispettosi dei Diritti dell’Uomo propri ed altrui, e dei valori culturali del proprio Paese, liberi di aprirsi al mondo e pronti ad assumersi le responsabilità della vita adulta e di occupare il loro posto di cittadini per partecipare allo sviluppo del Paese.

Maggiore coesione e responsabilità famigliare Diminuzione della microcriminalità giovanile nella capitale. Aumento della partecipazione dei giovani alle attività sociali ed educative Aumento della frequenza scolastica e diminuzione di casi di abbandono.

OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO

Aree di bisogno Obiettivi specifici Risultati attesi Indicatori 1) Mancanza di opportunità popolari relative all’educazione ed alla promozione culturale in ambito extrascolastico e pubblico

sviluppare tra le famiglie del quartiere di Boulaos la consapevolezza dell’importanza dell’educazione scolastica per le giovani generazioni, in particolare le ragazze Presentazione alla popolazione del quartiere, in particolare i nuovi arrivati dalle zone rurali, delle attività del centro LEC

maggiore importanza data dai genitori all’educazione scolastica dei figli e in particolare delle figlie Conoscenza del centro LEC e delle sue attività da parte della popolazione

Aumento del 20% degli studenti del centro LEC di Boulaos e più del 50% dei nuovi studenti di sesso femminile. Aumento del 30% delle famiglie del quartiere, informate sulle attività del Centro LEC

2) Lotta all’ “analfabetismo di ritorno”/ Alfabetizzazione di base

Offrire la possibilità a ragazzi/e e giovani/e, che non hanno avuto e non ne avrebbero la possibilità di accedere ad un percorso scolastico

250/300 giovani /anno hanno acquisito sufficienti capacità di lettura e di scrittura della lingua francese, d’espressione e comprensione in una conversazione in lingua, e d’effettuare le 4 operazioni matematiche scritte ed eseguite mentalmente.

il 90% dei ragazzi che frequentano la scuola arrivano a completare il corso triennale

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migliorare la qualità e l’organizzazione dell’insegnamento offerto nel centro LEC di Boulaos offrire agli studenti più capaci la possibilità di seguire corsi specifici più avanzati

Preparazione di manuali per gli insegnanti Gli studenti frequentano i vari corsi integrativi organizzati dal LEC

Presentazione dei manuali con il patrocinio delle autorità pubbliche Più del 50% degli studenti del LEC frequenta almeno uno dei corsi integrativi previsti (inglese, matematica, puericultura, igiene, alimentazione, economia domestica)

3) Educazione civica/umana fornire ai giovani

studenti strumenti di comprensione della realtà sociale e culturale nelle quale sono inseriti Avvicinare i giovani che frequentano la scuola al mondo del lavoro proporre ai giovani attività ricreative che sviluppino relazioni pacifiche positive tra coetanei

Aumento nei giovani della sensibilità e dell’attenzione alle tematiche socio – culturali Ridurre la disoccupazione dei giovani che terminao i corsi al centro LEC I giovani partecipano alle diverse attività ricreative

Il 30% degli studenti del LEC, terminati gli studi, si impegnano nella realtà sociale e culturale del quartiere Il 10% dei giovani che escono dal LEC riesce ad avviare un’attività generante reddito grazie ad un prestito garantito dal progetto Gli studenti del LEC, provenienti da diversi clan, convivono pacificamente e non vengono registrati conflitti tra loro

OBIETTIVI DI ANIMAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE DELLA COMUNITA’ IN ITALIA Tra i principali obiettivi della Caritas vi è quello di sensibilizzare ed educare alla testimonianza della carità. Essa utilizza, a tal fine, la “pedagogia dei fatti”, ciò significa educare “facendo” e “facendo fare”: valorizzare gesti, opere, progetti che, offrendo molteplici opportunità di coinvolgimento, permettono anche di conoscere le cause delle disuguaglianze. Obiettivo generale: acquisire la conoscenza, tramite il contatto diretto offerto dal giovane in Servizio Civile, delle tematiche legate alla povertà, ai conflitti, all’interculturalità ed organizzare, promuovere e partecipare, in collaborazione con gli operatori della Caritas e gli/le altri/e giovani in Servizio Civile, a momenti di incontro, sensibilizzazione, riflessione e diffusione delle informazioni. In particolare il progetto si pone l’obiettivo di coinvolgere le comunità italiane da cui i volontari selezionati provengono, comunità ecclesiali e civili, nella conoscenza delle povertà della Sierra Leone, del Burundi e della Repubblica dei Gibuti. Obiettivi specifici verso le comunità italiane di provenienza:

1) far conoscere il valore del Servizio Civile; 2) far conoscere le esperienze e le testimonianze dei volontari che hanno svolto missioni all’estero;

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3) diffondere la conoscenza delle esperienze di Servizio Civile e di Casco Bianco in modo particolare in Sierra Leone, in Burundi e Repubblica di Gibuti;

4) ricondurre l’esperienza dei Caschi Bianchi all’Educazione alla Mondialità, suscitando una coscienza critica e promuovendo nuovi stili di vita;

5) sensibilizzare il volontariato; 6) far conoscere la Caritas, evidenziando la sua funzione pedagogica; 7) accrescere l’attenzione e l’impegno della comunità alle situazioni di povertà delle popolazioni

incontrate dai Caschi Bianchi, promuovendo anche cammini di prossimità a medio termine.

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9) Descrizione del progetto e tipologia dell’intervento che definisca dal punto di vista

sia qualitativo che quantitativo le modalità di impiego delle risorse umane con particolare riferimento al ruolo dei volontari in servizio civile:

PREMESSA GENERALE SUL RUOLO E LO STILE DEI GIOVANI IN SERVIZIO CIVILE E L’ARTICOLAZIONE DELLA PROPOSTA.

Le tecniche e le competenze, unitamente allo stile di presenza, definiscono l’apporto dei giovani in servizio civile alla trasmissione ed all’acquisizione di capacità da parte delle stesse popolazioni locali, così da favorire il rafforzamento delle comunità e l’auto-sviluppo sociale ed economico. Il progetto punta sulle capacità umane e relazionali, lo spirito di servizio, la forte motivazione e l’assunzione di uno stile di presenza che pone al centro iniziative di promozione umane.

I giovani portano il loro contributo al progetto attraverso la creazione, l’integrazione e/o il rafforzamento di relazioni fra comunità ‘inviante’ (in Italia) e comunità ‘accogliente’ (all’estero), sperimentando modalità innovative d’analisi, progettazione, realizzazione d’iniziative che favoriscono la promozione delle fasce svantaggiate della popolazione ed un autosviluppo delle comunità locali.

Il loro ruolo presuppone un consapevole inserimento nei contesti di servizio, senza nulla dare per scontato, coinvolgendo tutti (volontari, operatori professionali, collaboratori, religiosi/e, la comunità locale) nell’accogliere ogni volta queste figure.

La definizione operativa del ruolo è in capo al responsabile del progetto, in collaborazione con il responsabile di servizio civile della Caritas diocesana e al/i responsabile/i dell/gli organismo/i all’estero ove si svolge il servizio. Nell’affidare funzioni e compiti al giovane in servizio civile, va prestata particolare attenzione alla differenza dagli altri operatori, prevedendo gradualità e considerando la sua peculiarità di transitare/uscire dall’organizzazione.

Il progetto prevede compiti a prevalente contenuto relazionale, distinguendo fra attività ‘con’ ed attività ‘per’. Per attività ‘con’ si intendono quelle che prevedono una relazione diretta; per attività ‘per’ quelle indirette atte a rendere più efficaci le attività ‘con’. In generale le attività proposte sono riassumibili nella categoria del partenariato e cooperazione. Si tratta dello strumento principe della metodologia di azione adottata nell’ambito di Progetti di Cooperazione allo Sviluppo. Il dialogo, il confronto costante, la condivisione delle risorse, delle dinamiche e dei tempi sono gli elementi che caratterizzano ogni singola azione di rafforzamento e sostegno di gruppi svantaggiati e vulnerabili nei Paesi in Via di Sviluppo. La corresponsabilità nei processi decisionali, la compartecipazione dei poteri e la reciprocità di progettazione degli interventi sono le basi metodologiche di azioni di promozione dello sviluppo tese alla diminuzione di circostanze favorevoli al conflitto. Principi, metodologici e di stile degli operatori della Caritas Italiana all’estero: La metodologia o lo stile adottato nelle attività dagli operatori della Caritas all’estero risponde ai seguenti principi: Stile di sobrietà e rispetto della cultura locale

Viene proposto uno stile di presenza nel quotidiano che sia anche testimonianza di sobrietà e di rispetto della cultura delle popolazioni locali. E’ chiesto agli operatori quindi uno stile di relazione e di vita quotidiana (uso dei mezzi, vestiario, cibo, ecc.) che tenga conto degli usi, costumi, tradizioni locali e che mantenga sempre un carattere di sobrietà rispettoso anche delle situazioni di povertà che si vanno ad incontrare. Stile di presenza improntato sull'ascolto, l'osservazione ed il discernimento L’ascolto, l’osservazione e il discernimento sono metodo di relazione, condizioni indispensabili per poter conoscere i bisogni che le persone e le comunità esprimono, e poterli poi affrontare in maniera appropriata. Il metodo di lavoro non è riconducibile a luoghi e strutture, ma a una sensibilità di comunione e alla passione per i poveri, la comunità e il territorio. Un metodo costruito sull’incontro, il confronto e la relazione, che invita a osservare continuamente le persone nella loro età, mobilità, nei disagi che vivono, per evidenziare poi a tutta la comunità una situazione in cambiamento che chiede nuove scelte, nuovi percorsi e nuove azioni. La riconciliazione come metodo e approccio educativo: la relazione prima dell'azione Questo concetto parte dal presupposto che in situazione di conflittualità sociali esplicite o latenti, la riconciliazione è un processo a medio/lungo termine che può essere favorito assumendo un metodo di lavoro

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integrato che nelle relazioni con le comunità locali e nella progettazione di qualsivoglia tipologia di intervento di promozione e sviluppo, tiene conto delle dinamiche conflittuali presenti nel tessuto sociale. Per favorire la riconciliazione occorre allora un'attenzione particolare alla dimensione relazionale. L'approccio della Caritas in generale e del progetto di servizio civile in particolare fa leva proprio su questo aspetto, cercando di adottare stili di presenza e di partenariato che qualifichino gli interventi di solidarietà ed il rapporto quotidiano con le controparti, come interventi che incidono positivamente sul processo di trasformazione dei conflitti e di riconciliazione tra individui e comunità. In questo senso allora la ricostruzione, la riabilitazione e la riconciliazione fanno parte di un unico processo di promozione e accompagnamento delle comunità afflitte da violenze, e sono aspetti tra loro interconnessi in modo inscindibile. La rete come stile e obiettivo di lavoro: lavoro in rete e di rete Con un “lavoro di rete” la Caritas Italiana intende attuare un’operazione di supporto alle reti già esistenti: Caritas diocesane, parrocchie, associazioni, comitati; assistere coloro che già agiscono in collegamento tra loro e/o promuovere reti di collegamento, mantenendo fermo l’obiettivo di rendere l’intervento rispondente ai bisogni della comunità; inoltre la Caritas Italiana intende attuare un'operazione di collegamento con il network di Caritas Internationalis e inserirsi nelle reti ecclesiali, e non solo, per un adeguato coordinamento. La nonviolenza La nonviolenza è intesa come stile di relazione orizzontale1 e come impegno volto al superamento delle violenze nelle varie forme in cui si esprime. La dimensione politica: la promozione e l'advocacy Proprio nell'ottica del superamento delle violenze strutturali, l'approccio della Caritas è volto a valorizzare e responsabilizzare la comunità locale in modo da fare di quest’ultima non tanto l’oggetto di una serie di interventi assistenziali, ma un soggetto attivo nella propria realtà, capace di gestire autonomamente gli interventi, auto-rappresentarsi, rivendicare e tutelare i propri diritti ed in particolare dei più svantaggiati, stabilire relazioni e collegamenti con altri soggetti della società civile , negoziare con le amministrazioni locali, superare le cause delle ingiustizie. Stile di reciprocità, gradualità, accompagnamento con le controparti locali (ascolto, osservazione e discernimento anche nella relazione) Il rapporto con le controparti è fondato sulla reciprocità intesa come relazione orizzontale e di reciproco arricchimento, sulla gradualità nell’intensità e nella modalità di relazione. E’ particolarmente importante l’attenzione alla costruzione della fiducia, alla conoscenza reciproca, all’ascolto. Nell’ottica del protagonismo delle controparti locali e del loro rafforzamento in termini di capacità di auto-sviluppo e promozione, viene proposto ai Caschi Bianchi uno stile di accompagnamento che si concretizza in una presenza che, attenta al contesto e rispettosa dei tempi, sostiene e favorisce l’azione delle controparti locali. L'approccio d'area

E’ una metodologia è stata utilizzata dalla Caritas Italiana soprattutto a partire dagli anni novanta in occasione di crisi umanitarie molto vaste riguardanti diversi Paesi di intere aree regionali. Esempi di progetti pensati e realizzati in quest’ottica sono: il “Progetto Grandi Laghi” realizzato in Africa a seguito del conflitto in Rwanda del 1994, il “Progetto Uragano Mitch” in Centro America nel 1998 ed infine il “Progetto Balcani” nel 1999. L’ “approccio d’area” consiste in uno stile progettuale che:

− nello sviluppare una progettualità sociale dal basso riguardante i bisogni specifici di singoli Paesi, tiene conto della complessità di contesto di tutta l’area di riferimento;

− adotta metodologie di lavoro in rete e stili di presenza comuni; − definisce una strategia unitaria per tenere conto delle caratteristiche e necessità comuni a Stati

vicini con l’obiettivo di realizzare interventi maggiormente efficaci; − fa leva su sinergie di tipo pastorale, operativo, comunicativo.

Andare, stare, ritornare: raccontare, testimoniare, sensibilizzare, fare ponte tra comunità inviante e comunità accogliente Un andare e uno stare che è prima di tutto offrire vicinanza alla comunità ecclesiale nelle sue strategie di valorizzazione e recupero della storia e del vissuto dei poveri, soprattutto. Un ritornare nelle nostre comunità che si fa momento di condivisione del vissuto che questa vicinanza ha realizzato. Un ritornare che ci fa “già” pregustare la presenza sul campo in termini di ricaduta sulla comunità

1Nel senso di quanto esposta da Pat Patfort nella descrizione del sistema Maggiore/minore

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che ci ha inviato o ci sostiene. L’esperienza restituisce alla comunità che invia, all’organismo Caritas, un tesoro da re-investire perché sia di nuovo capitalizzato. L’articolazione della proposta Il Progetto prevede un periodo effettivo all’estero non inferiore a 10 mesi ed un impegno complessivo non inferiore a 12 mesi. Il percorso di inserimento prevede un colloquio di selezione, una fase propedeutica, un periodo di formazione di inizio servizio, un accompagnamento formativo in loco che sarà intervallato da un modulo formativo durante l'unico rientro intermedio, fino all’uscita dall’esperienza, con il rilascio di un attestato di servizio.

SIERRA LEONE 9.1 PIANI DI ATTUAZIONE PREVISTI PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI Fase di ideazione L’origine dell’iniziativa Il progetto nasce concretamente nell’autunno del 2003, alla vigilia delle elezioni municipali (le ultime si erano svolte nel 1972). Caritas Italiana e la Commissione per la Giustizia, la Pace e i Diritti Umani (CGPDU) hanno deciso d’intraprendere un’azione in favore della formazione dei leader politici locali da una parte, ma al tempo stesso un lavoro puntuale con le comunità per favorire la gestione delle politiche locali per migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Diverse missioni in loco hanno permesso l’identificazione del progetto che formalmente è iniziato nel febbraio 2004 con l’obiettivo di corto termine di lavorare in vista delle elezioni municipali del giugno 2004. Negli anni è poi proseguito il rapporto di collaborazione tra Caritas Italiana e la CGPDU fino a prevedere nel 2006 la possibilità di inserire giovani in servizio civile attraverso l’elaborazione del progetto per l’invio di due Caschi Bianchi, effettivamente partiti nel mese di settembre 2007 La strategia del progetto Lo schema di seguito tenta di illustrare la dinamica con la quale partendo dagli indicatori di bisogni (v. par 7) si identificano degli obiettivi specifici, il target group dei beneficiari e le tematiche chiave per il raggiungimento dei risultati attesi. Ogni fase ha avuto una sua riflessione teorica sulla base degli elementi raccolti permanentemente nel contesto di realizzazione del progetto. Di estremo valore risulta essere la diagnostica realizzata dalla Caritas Italiana e dalla CGPDU (v. par 6) attraverso un lavoro capillare di raccolta d’informazioni ed analisi durante un periodo di 12 mesi.

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La strategia del progetto

Appoggio alla decentralizzazione

Appoggio alle Comunità di base

Rafforzamento delle autorità locali (Consigli

distrettuali)

Monitoraggio dei Consigli distrettuali da parte delle

Comunità di base

Rafforzamento Capi tradizionali

Good Governance

Rispetto della legalità

Miglioramento accesso salute/

acqua/educazione

Monitoraggio operato Consigli

Distrettuali

Monitoraggio dei provvedimenti

amministrativi e budget di spesa

Affinchè la Società civile possa partecipare

I giovani in Servizio Civile dovranno relazionarsi con gli organismi della Diocesi di Makeni realizzatori del progetto, presentati nel par. 7:

− Commissione per la Giustizia, la Pace e i Diritti Umani − Fatima Institute − Radio Diocesana

I soggetti coinvolti a diverso titolo nel progetto

COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE

RADIO

FATIMA INSTITUTE

Consigli distrettuali

Comunità di villaggio

Consigli cittadini

Associazioni

Fase di attuazione Area di bisogno: Mancanza di formazione delle autorità politiche locali.

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Obiettivo specifico 1: Rafforzamento delle capacità degli amministratori locali affinché possano favorire il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Organizzazione e realizzazione di seminari per le 53 comunità e autorità locali sulla conoscenza e l’implementazione del “Local Government Act”.

Organizzazione e erogazione seminari di sensibilizzazione sul “Documento strategico di Riduzione della Povertà” per i Consiglieri Distrettuali.

Formazione sulla risoluzione pacifica delle controversie locali

Area di bisogno: Mancanza di formazione, massa critica e partecipazione delle Comunità di base nell’esercizio dei diritti di cittadinanza. Obiettivo specifico 2: Rafforzamento delle capacità dei giovani e delle donne di partecipare attivamente alle politiche locali in particolare sui temi dell’educazione, sanità ed igiene pubblica favorendo l’istituzione dei nuovi Consigli Distrettuali, previsti dal “Local Government Act del 2004. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Produzione di materiale informativo cartaceo sui diritti e doveri del cittadino, delle istituzioni, il ruolo delle leggi tradizionali, della costituzione, delle leggi nazionali ed internazionali.

Stampa e diffusione di copie della Costituzione Sierraleonese, e degli altri documenti amministrativi riguardanti i District Councils.

Produzione e diffusione di programmi radio sul tema della decentralizzazione delle istituzioni, sui diritti e doveri della cittadinanza e sul ruolo della legge.

Creazione di comitati distrettuali sul monitoraggio dell’erogazione dei servizi (Salute, Educazione, Water/sanitation)

Elaborazione di indagini quantitative e qualitative a supporto di analisi sociali e di terreno. Lo scopo è di promuovere campagne di sensibilizzazione delle istituzioni sui temi della riduzione della povertà e della partecipazione della società civile.

Costituzione di una base dati e cartografica GIS di partenza nei tre settori di attività prioritari in modo da consentire un monitoraggio dei cambiamenti sul territorio.

9.2 COMPLESSO DELLE ATTIVITÀ PREVISTE PER LA REALIZZAZIONE DEI PIANI DI ATTUAZIONE Aree di bisogno Obiettivi specifici Attività 1) Mancanza di formazione delle autorità politiche locali.

1. Inserimento dei Volontari in SC nelle attività miranti all’aumento delle capacità degli amministratori locali affinché possano favorire il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini.

1.1 Organizzazione e realizzazione di

seminari per le 53 comunità e autorità locali sulla conoscenza e l’implementazione del “Local Government Act”.

1.2 Organizzazione e erogazione seminari

di sensibilizzazione sul “Documento strategico di Riduzione della Povertà” per i Consiglieri Distrettuali.

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2) Mancanza di formazione, massa critica e partecipazione delle Comunità di base nell’esercizio dei diritti di cittadinanza

2. Inserimento dei Volontari in SC nelle attività miranti all’aumento delle capacità dei giovani e delle donne di partecipare attivamente alle politiche locali in particolare sui temi dell’educazione, sanità ed igiene pubblica favorendo l’istituzione dei nuovi Consigli Distrettuali, previsti dal Local Government Act del 2004.

1.3 Formazione sulla risoluzione pacifica

delle controversie locali 2.1 Produzione di materiale informativo

cartaceo sui diritti e doveri del cittadino, delle istituzioni, il ruolo delle leggi tradizionali, della costituzione, delle leggi nazionali ed internazionali.

2.2 Stampa e diffusione di copie della

Costituzione Sierraleonese, e degli altri documenti amministrativi riguardanti i District Councils.

2.3 Produzione e diffusione di programmi

radio sul tema della decentralizzazione delle istituzioni, sui diritti e doveri della cittadinanza e sul ruolo della legge.

2.4 Creazione di comitati distrettuali sul

monitoraggio dell’erogazione dei servizi (Salute, Educazione, Water/sanitation)

2.5 Elaborazione di indagini quantitative e

qualitative a supporto di analisi sociali e di terreno. Lo scopo è di promuovere campagne di sensibilizzazione delle istituzioni sui temi della riduzione della povertà e della partecipazione della società civile.

2.6 Costituzione di una base dati e

cartografica GIS di partenza nei tre settori di attività prioritari in modo da consentire un monitoraggio dei cambiamenti sul territorio.

9.3 RISORSE UMANE COMPLESSIVE NECESSARIE PER L’ESPLETAMENTO DELLE ATTIVITÀ PREVISTE, SPECIFICANDO SE VOLONTARI O DIPENDENTI A QUALUNQUE TITOLO DELL’ENTE. Gli operatori di progetto impiegati nella realizzazione delle attività sono:

− 5 Operatori retribuiti e 10 volontari della Commissione per la Giustizia, la Pace e i Diritti umani (CGPDU);

− 3 Operatori retribuiti della Radio diocesana − 2 Operatori retribuiti e 6 volontari del Fatima Institute;

In totale nel progetto sono coinvolti 10 operatori retribuiti e 16 volontari Nella tabella di seguito riportata si indicano le diverse persone coinvolte nel progetto, le qualifiche professionali delle stesse e le attività (riprendendo quelle già indicate nella matrice precedente) che svolgono:

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Risorse Umane Attività 3 operatori retribuiti CGPDU (1 coordinatore di programma esperto in tematiche sociali e giuridico/amministrative e 2 formatori esperti di tematiche giuridico/amministrative, educazione alla pace e risoluzione di conflitti )

1.1 Seminari per le 53 comunità e autorità

locali sulla conoscenza e l’implementazione del “Local Government Act”.

1.2 Seminari di sensibilizzazione sul

“Documento strategico di Riduzione della Povertà” per i Consiglieri Distrettuali.

1.3 Formazione sulla risoluzione delle

controversie per via pacifica.

2 operatori retribuiti Fatima Institute (2 ricercatori esperti in diritti umani) e 6 volontari del Fatima Institute ( 6 studenti in tematiche riguardanti i diritti umani)

2.1 Produzione di materiale informativo

cartaceo sui diritti e doveri del cittadino, delle istituzioni, il ruolo delle leggi tradizionali, della costituzione, delle leggi nazionali ed internazionali.

2.2 Stampa e diffusione di copie della

Costituzione Sierraleonese, e degli altri documenti amministrativi riguardanti i District Councils

3 operatori dipendenti della radio diocesana (2 giornalisti e 1 tecnico radio)

2.3 Produzione e diffusione di programmi radio

sul tema della decentralizzazione delle istituzioni, sui diritti e doveri della cittadinanza e sul ruolo della legge.

5 volontari CGPDU (5 animatori di comunità, studenti in scienze sociali)

2.4 Creazione di comitati distrettuali sul

monitoraggio dell’erogazione dei servizi (Salute, Educazione, Water/sanitation)

2 operatori retribuiti CGPDU (1 direttore/sociologo e un esperto in data base) e 5 volontari CGPDU (5 intervistatori e rilevatori informazioni, studenti in scienze sociali)

2.5 Elaborazione di indagini quantitative e

qualitative a supporto di analisi sociali e di terreno. Lo scopo è di promuovere campagne di sensibilizzazione delle istituzioni sui temi della riduzione della povertà e della partecipazione della società civile.

2.6 Costituzione aggiornamento di una base

dati e cartografia GIS di partenza nei tre settori di attività prioritari in modo da consentire un monitoraggio dei cambiamenti sul territorio

9.4 RUOLO ED ATTIVITÀ PREVISTE PER I VOLONTARI NELL’AMBITO DEL PROGETTO La Sierra Leone, come ogni realtà di post conflitto, pone a soggetti esterni degli elementi di complessità aggiuntivi con i quali operatori e volontari devono misurarsi costantemente. Il volontario, che rappresenta un’importante figura di sostegno alla controparte di Caritas Italiana, è al tempo stesso in formazione e vive il servizio come un’esperienza di crescita umana e professionale. Per arrivare ad un giusto equilibrio ed evitare di provocare con il proprio operato, seppur involontariamente, eventuali problemi all’ambiente di lavoro, proponiamo ai volontari un inserimento per gradi come segue: 1) Ascoltare, osservare e capire

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Si richiede ai volontari, innanzi tutto, una forte attitudine all’ascolto ed alla comprensione del contesto nel quale la loro azione si svolge, per entrare nel quadro di usi, costumi, tradizioni e modi di pensare delle popolazioni con le quali si lavora. Ciò consentirà di capire a fondo gli obiettivi, quanto già realizzato negli anni precedenti, il modo di lavorare delle controparti e le strategie scelte. Condividere i problemi del quadro sociale di riferimento permette al volontario di assumere un ruolo discreto ma efficace, di supporto, secondo i riferimenti stabiliti e le proprie competenze. Tutto ciò sarà favorito dalla partecipazione dei giovani alle riunioni decisionali e operative delle staff della Commissione per la Giustizia, la Pace e i Diritti Umani. In termini concreti si prevede un primo periodo di tre mesi di inserimento nel contesto sociale, di conoscenza dei colleghi, di scoperta e di posizionamento secondo il ruolo stabilito dal progetto. Questa fase d’introduzione al contesto e all’operatività sarà seguita attentamente e congiuntamente dal responsabile di Caritas Italiana e dall’operatore locale di progetto. 2) Discernere ed agire La fase dell’azione comprende il ruolo operativo che i volontari assumono all’interno del progetto e l’associazione alle diverse attività è illustrata nella matrice di seguito riportata:

Attività Impiego Volontari in Servizio Civile 1.1 Seminari per le 53 comunità e

autorità locali sulla conoscenza e l’implementazione del “Local Government Act”.

1.2 Seminari di sensibilizzazione sul

“Documento strategico di Riduzione della Povertà” per i Consiglieri Distrettuali.

1.3 Formazione sulla risoluzione delle

controversie per via pacifica. 2.1 Produzione materiale informativo

cartaceo su diritti e doveri del cittadino, delle istituzioni; il ruolo delle leggi tradizionali, nazionali ed internazionali e della costituzione

2.2 Stampa e diffusione copie della

Costituzione Sierraleonese, e degli altri documenti amministrativi riguardanti i District Councils

2.3 Produzione e diffusione di programmi

radio sul tema della decentraliz-zazione delle istituzioni, su diritti e doveri della cittadinanza e sul ruolo della legge.

2.4 Creazione comitati distrettuali sul

monitoraggio dell’erogazione dei servizi (Salute, Educazione, Water/sanitation).

2.5 Elaborazione di indagini quantitative

e qualitative a supporto di analisi sociali di terreno. Lo scopo è di promuovere campagne di sensi-bilizzazione delle istituzioni sui temi della riduzione della povertà e della partecipazione della società civile.

1.1 Partecipazione alla progettazione, preparazione di supporti formativi, organizzazione e realizzazione delle sessioni formative 1.2 Partecipazione alla progettazione, preparazione di supporti formativi, organizzazione e realizzazione sessioni formative 1.3 Partecipazione alla progettazione e preparazione di supporti formativi 2.1 Supporto all’elaborazione dei documenti con attività di ricerca e confronto anche con esperienze di altri Paesi 2.2 Ricerca dei documenti amministrativi e sostegno nella diffusione 2.3 Supporto all’elaborazione dei testi con attività di ricerca e confronto anche con esperienze di altri Paesi 2.4 Partecipazione alla progettazione ed assistenza durante gli incontri 2.5 Partecipazione alla preparazione dei questionari di indagine, supporto alla realizzazione delle inchieste

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2.6 Costituzione aggiornamento di una base dati e cartografia GIS di partenza nei tre settori di attività prioritari in modo da consentire un monitoraggio dei cambiamenti sul territorio

2.6 Supporto alla realizzazione della banca dati

3) Essere “antenna di pace “: comunicare, animare e sensibilizzare in Italia La comunicazione è un elemento molto importante per Caritas Italiana, per trasformare l’azione sul terreno in strumento pedagogico e per far conoscere e promuovere in Italia le situazioni di povertà e di ricchezza, di vissuti ed esperienze che sensibilizzare le realtà italiane che si impegnano nei territori diocesani italiani a promuovere il servizio civile e l’esperienza del volontariato internazionale. Comunicare dunque in termini di progetto (stati di avanzamento, problemi, successi, etc…) ma anche comunicare su situazioni sociali, sui risultati o sulle problematiche del progetto. Il progetto prevede lo svolgimento di attività di animazione e sensibilizzazione in Italia durante il rientro intermedio della durata di un mese circa e al termine del servizio civile. Queste attività vengono progettate dal volontario in collaborazione con la propria Caritas Diocesana attraverso il cosiddetto “piano di animazione”, un progetto tramite il quale il giovane, aiutato dalla Caritas diocesana, rende partecipe la sua comunità di appartenenza della sua esperienza di Casco Bianco realizzando un'azione di sensibilizzazione alle tematiche della pace, della mondialità e dell’intercultura. In particolare le attività di animazione si concretizzano in: – incontri testimonianza con scuole, gruppi giovanili, comunità, altri volontari SC in Italia; – realizzazione di materiale promozionali di sensibilizzazione: mostre fotografiche, video, racconti; – incontri con autorità locali finalizzate al coinvolgimento in azioni di solidarietà internazionale; – risonanza attraverso i mass-media locali; – produzione di materiale per la rivista di Caritas Italiana ItaliaCaritas, per le riviste diocesane e per il siti

web di Caritas Italiana e delle Caritas diocesane; – partecipazione ad eventi nazionali di promozione e sensibilizzazione del servizio civile. Il contatto con la Caritas diocesana si avrà sin dall’inizio, prima della partenza ed essa sarà un punto di riferimento permanente per i giovani per quanto concerne l’invio di materiale utile alla comunicazione e alla sensibilizzazione. Durante il periodo in Italia i giovani avranno come punto di riferimento la Caritas diocesana e svolgeranno le attività prevalentemente nel territorio della diocesi ma anche a livello regionale o in altre diocesi fuori regione.

BURUNDI 9.1 PIANI DI ATTUAZIONE PREVISTI PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI Fase di ideazione Caritas Italiana ed alcune Caritas Diocesane italiane mantengono relazioni d’amicizia e di solidarietà con i padri di Kamenge da circa un decennio (il “Programma Grandi Laghi” di Caritas Italiana è cominciato nel 1994, all’indomani del genocidio in Rwanda). Le visite al Centre Jeunes Kamenge costituiscono da allora un “passaggio obbligato” ed insostituibile, grazie all’accoglienza e alla sicurezza garantita dal Centro, anche se per molti anni i progetti finanziati da Caritas Italiana riguardavano altri partner ed attività (programma carceri e programma a sostegno del centro neuropsichiatrico). Numerosi volontari delle Diocesi italiane si sono susseguiti ed hanno partecipato ai campi estivi, che ogni anno animano il Centre Kamenge. Dal 2005 si è iniziato a discutere la possibilità di avviare un rapporto più strutturato e duraturo. Il primo progetto di Servizio Civile è stato studiato nel 2004-2005 e presentato all’UNSC nel 2005; nel 2006 sono partite le prime due volontarie, nel 2007 altre due e questo rappresenta il terzo progetto. Fase di attuazione Area di bisogno: Pace e riconciliazione Obiettivo specifico 1: favorire e sostenere strategie di convivenza civile tra le diverse etnie e religioni

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1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Organizzazione di attività formative alla pace ed alla cittadinanza con corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali, giornate di riflessione tematiche, incontri di scambio e dibattito sulla pace, le elezioni, seminari sulla non violenza, veglie di preghiera (partecipazione complessiva di circa 1.500 giovani all’anno)

Organizzazione di attività culturali: corsi di arti plastiche (60 giovani all’anno), scrittura creativa (180 giovani all’anno), chitarra (180 giovani all’anno), pianoforte (60 giovani all’anno), batteria (60 giovani all’anno), disegno artistico (60 giovani all’anno)

Organizzazione mensile di concorsi di corale, danza moderna e tradizionale, disegno, canzoni di pace, poesie; i temi dei concorsi proposti cambiano a seconda dell’attualità (ad es. concorsi in occasione della giornata mondiale dei diritti dell’uomo)

Proiezione di film (2 volte al giorno, al mattino ed al pomeriggio, tutti i giorni della settimana)

Organizzazione di gruppi di teatro (3 gruppi di una ventina di giovani ciascuno) e preparazione di spettacoli da realizzare nel Centro ma anche nei quartieri nord ed in altre zone di Bujumbura

Organizzazione di gruppi musicali (2 gruppi di una decina di giovani ciascuno) che tengono concerti mensili al centro e fuori

Organizzazione di gruppo acrobatico (una ventina di giovani

Organizzazione di gruppo di danza Realizzazione, alla fine dell’anno scolastico, di un grande spettacolo a Bujumbura, che coinvolga tutti i gruppi di artisti

Fabbricazione e costruzione di case per le famiglie povere del quartiere colpite dalla guerra

Area di bisogno: Ambito educativo Obiettivo specifico 2: Dare alla popolazione dei quartieri nord, anche grazie all’inserimento dei Volontari in SC, più possibilità di apprendere le nozioni scolastiche per facilitare la vita famigliare, relazionale e professionale; e favorire la riflessione sui temi d’interesse quotidiano della popolazione. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Organizzazione di corsi di lingua (inglese, francese, italiano, spagnolo, tedesco e swahili (960 giovani all’anno)

Organizzazione di corsi di elettricità, matematica, fisica e chimica (250 giovani all’anno

Organizzazione di corsi sportivi: arbitro di basket e calcio, palestra, ping-pong, rugby, tennis, pallavolo, calcio (700 giovani all’anno)

Organizzazione di tornei di ping-pong, rugby, tennis, pallavolo, calcio (i tornei sono organizzati durante le vacanze scolastiche e coinvolgono circa 750 giovani)

Organizzazione di corsi di informatica (540 giovani all’anno), contabilità (180 giovani), taglio e cucito (180 giovani), parrucchiere (60 giovani),

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dattilografia (45 giovani), economia (120 giovani), giornalismo (80 giovani), codice della strada (120 giovani), igiene, sanità e pronto soccorso (30 giovani) Area di bisogno: Lotta all’AIDS Obiettivo specifico 3: 3.1 Lottare contro la diffusione dell’Aids in Burundi e particolarmente nei quartieri nord della capitale lavorando con le scuole, le differenti comunità religiose e la popolazione; 3.2 Stimolare gli attori locali al fine di favorire maggiormente la sensibilizzazione sul problema Aids 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Preparazione di materiale informativo sull’AIDS Organizzazione di corsi di sull’HIV/AIDS Organizzazione di corsi nelle scuole del Quartieri Nord e creazione di Club Stop AIDS nelle scuole secondarie

Organizzazione di corsi in favore dei giovani di associazioni e parrocchie dei Quartieri Nord

Possibilità di consultare uno psicologo, disponibile al centro un pomeriggio alla settimana

9.2 COMPLESSO DELLE ATTIVITÀ PREVISTE PER LA REALIZZAZIONE DEI PIANI DI ATTUAZIONE

Aree di bisogno

Obiettivi specifici Attività

1. Pace e riconciliazione

1. Inserimento dei Volontari in SC nelle attività miranti a favorire e sostenere strategie di convivenza civile tra le diverse etnie e religioni

1.1 Organizzazione di attività formative alla pace ed alla

cittadinanza con corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali, giornate di riflessione tematiche, incontri di scambio e dibattito sulla pace, le elezioni, seminari sulla non violenza, veglie di preghiera (partecipazione complessiva di circa 1.500 giovani all’anno

1.2 Organizzazione di attività culturali: corsi di arti plastiche (60 giovani all’anno), scrittura creativa (180 giovani all’anno), chitarra (180 giovani all’anno), pianoforte (60 giovani all’anno), batteria (60 giovani all’anno), disegno artistico (60 giovani all’anno)

1.3 Organizzazione mensile di concorsi di corale, danza moderna e tradizionale, disegno, canzoni di pace, poesie; i temi dei concorsi proposti cambiano a seconda dell’attualità (ad es. concorsi in occasione della giornata mondiale dei diritti dell’uomo)

1.4 Proiezione di film (2 volte al giorno, al mattino ed al pomeriggio, tutti i giorni della settimana)

1.5 Organizzazione di gruppi di teatro (3 gruppi di una ventina di giovani ciascuno) e preparazione di spettacoli da realizzare nel Centro ma anche nei quartieri nord ed in altre zone di Bujumbura

1.6 Organizzazione di gruppi musicali (2 gruppi di una decina di giovani ciascuno) che tengono concerti mensili al centro e fuori

1.7 Organizzazione di gruppo acrobatico (una ventina di giovani)

1.8 Organizzazione di gruppo di danza 1.9 Realizzazione, alla fine dell’anno, di un grande

spettacolo a Bujumbura, che coinvolga tutti i gruppi di artisti

1.10 Fabbricazione e costruzione di case per le famiglie povere del quartiere colpite dalla guerra

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2. Ambito educativo 3) Lotta all’Aids

2. Dare alla popolazione dei quartieri nord, anche grazie all’inserimento dei Volontari in SC, più possibilità di apprendere le nozioni scolastiche per facilitare la vita famigliare, relazionale e professionale; e favorire la riflessione sui temi d’interesse quotidiano della popolazione. 3.1 Lottare contro la diffusione dell’Aids in Burundi e particolarmente nei quartieri nord della capitale lavorando con le scuole, le differenti comunità religiose e la popolazione; 3.2 Stimolare gli attori locali al fine di favorire maggiormente la sensibilizzazione sul problema Aids.

2.1 Organizzazione di corsi di lingua (inglese, francese,

italiano, spagnolo, tedesco e swahili (960 giovani all’anno)

2.2 Organizzazione di corsi di elettricità, matematica, fisica e chimica (250 giovani all’anno)

2.3 Organizzazione di corsi sportivi: arbitro di basket e calcio, palestra, ping-pong, rugby, tennis, pallavolo, calcio (700 giovani all’anno)

2.4 Organizzazione di tornei di ping-pong, rugby, tennis, pallavolo, calcio (i tornei sono organizzati durante le vacanze scolastiche e coinvolgono circa 750 giovani)

2.5 Organizzazione di corsi di informatica (540 giovani all’anno), contabilità (180 giovani), taglio e cucito (180 giovani), parrucchiere (60 giovani), dattilografia (45 giovani), economia (120 giovani), giornalismo (80 giovani), codice della strada (120 giovani), igiene, sanità e pronto soccorso (30 giovani)

3.1 Preparazione di materiale informativo sull’AIDS 3.2 Organizzazione di corsi di sull’HIV/AIDS 3.3 Organizzazione di corsi nelle scuole del Quartieri

Nord e creazione di Club Stop AIDS nelle scuole secondarie

3.4 Organizzazione di corsi in favore dei giovani di associazioni e parrocchie dei Quartieri Nord

3.5 Possibilità di consultare uno psicologo, disponibile al centro un pomeriggio alla settimana

Per realizzare al meglio le attività descritte sono previsti anche corsi di formazione permanente in favore degli animatori del Centro (scuola degli animatori) per migliorare e perfezionare le tecniche di animazione. 9.3 RISORSE UMANE COMPLESSIVE NECESSARIE PER L’ESPLETAMENTO DELLE ATTIVITÀ PREVISTE, SPECIFICANDO SE VOLONTARI O DIPENDENTI A QUALUNQUE TITOLO DELL’ENTE. Le molteplici attività realizzate dal Centre Jeunes Kamenge sono promosse e coordinate da 1 missionario saveriano italiano che si avvale della collaborazione di 25 operatori retribuiti e 32 volontari stabili cui si aggiungono altri volontari (non riportati nella tabella seguente) durante il periodo estivo. Nella tabella di seguito riportata si indicano le diverse persone coinvolte nel progetto, le qualifiche professionali delle stesse e le attività (riprendendo quelle già indicate nella matrice precedente) che svolgono

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Risorse Umane Attività 1 missionario responsabile del Centre Jeunes Kamenge 1 Operatore retribuito ( 1 direttore Centre Jeunes Kamenge), 2 Volontari (2 segretari)

1.1 Organizzazione di attività formative alla pace ed alla cittadinanza con corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali, giornate di riflessione tematiche, incontri di scambio e dibattito sulla pace, le elezioni, seminari sulla non violenza, veglie di preghiera (partecipazione complessiva di circa 1.500 giovani/anno

6 Operatori retribuiti ( 2 Coordinatori generali, 1 responsabile ingressi, 1 responsabile audiovisivi, 2 responsabili biblioteca e attività culturali), 15 Volontari ( 2 responsabili corale, 2 responsabili attività musicali, 2 responsabili attività teatrali, 2 responsabili attività acrobatiche, 2 responsabili danze, 5 animatori e organizzatori eventi)

1.2 Organizzazione di attività culturali: corsi di arti plastiche (60 giovani/anno), scrittura creativa (180 giovani/anno), chitarra (180 giovani/anno), pianoforte (60 giovani/anno), batteria (60 giovani/anno), disegno artistico (60 giov/anno) 1.3 Organizzazione di concorsi di corale, danza moderna e tradizionale, disegno, canzoni di pace, poesie – organizzati ogni mese, i temi dei concorsi proposti cambiano a seconda dell’attualità (ad es. concorsi sul tema dei diritti dell’uomo in occasione della giornata universale dei diritti dell’uomo) 1.4 Proiezione di film (2 volte al giorno, al mattino ed al pomeriggio, tutti i giorni della settimana) 1.5 Organizzazione di gruppi di teatro (3 gruppi di una ventina di giovani ciascuno) e preparazione di spettacoli da realizzare nel Centro ma anche nei quartieri nord ed in altre zone di Bujumbura 1.6 Organizzazione di gruppi musicali (2 gruppi di una decina di giovani ciascuno) che tengono concerti mensili nel centro ma anche al di fuori 1.7 Organizzazione di gruppo acrobatico (una ventina di giovani) 1.8 Organizzazione di gruppo di danza 1.9 Realizzazione, alla fine dell’anno, di un grande spettacolo a Bujumbura, che coinvolga tutti i gruppi di artisti

3 operatori retribuiti (1 coordinatore e 2 animatori quartieri Nord)

1.10 fabbricazione e costruzione di case per le famiglie povere del quartiere colpite dalla guerra

11 operatori retribuiti (1 segretario, 2 insegnanti responsabili corsi di lingue, 1 insegnante responsabile corsi elettricità, matematica, fisica e chimica, 1 arbitro responsabile corsi sportivi, 1 tecnico informatico responsabile corsi informatica, 1 economista responsabile corsi di contabilità ed economia, 1 sarto responsabile corsi taglio e cucito, 1 parrucchiere responsabile corsi parrucchiere, 1 dattilografo responsabile corsi dattilografia, 1 infermiera responsabile corsi igiene, sanità e pronto soccorso) 14 volontari (2 arbitri, 6 organizzatori tornei e allenatori sport, 6 animatori di supporto ai responsabili dei diversi corsi)

2.1 Organizzazione di corsi di lingua (inglese, francese, italiano, spagnolo, tedesco e swahili (960 giovani /anno) 2.2 Organizzazione di corsi di elettricità,

matematica, fisica e chimica (250 giovani /anno) 2.3 Organizzazione di corsi sportivi: arbitro di basket

e calcio, palestra, ping-png, rugby, tennis, pallavolo, calcio (700 giovani al’anno)

2.4 Organizzazione di tornei di ping-png, rugby, tennis, pallavolo, calcio (i tornei sono organizzati durante le vacanze e coinvolgono circa 750 giovani)

2.5 Organizzazione di corsi di informatica (540 giovani/anno), contabilità (180), taglio e cucito (180), parrucchiere (60), dattilografia (45), economia (120 giovani), giornalismo (80), codice della strada (120), igiene, sanità e pronto soccorso (30)

4 operatori retribuiti ( 2 formatori e 2 animatori

3.1 Preparazione di materiale informativo sull’Aids

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specializzati sull’AIDS)

3.2 Organizzazione di corsi di sull’HIV/AIDS 3.3 Organizzazione di corsi nelle scuole del

Quartieri Nord e creazione di Club Stop AIDS nelle scuole secondarie

3.4 Organizzazione di corsi in favore dei giovani di associazioni e parrocchie dei Quartieri Nord

1 Volontario ( 1 psicologa) 3.5 Possibilità di consultare uno psicologo,

disponibile al centro un pomeriggio alla settimana 9.4 RUOLO ED ATTIVITÀ PREVISTE PER I VOLONTARI NELL’AMBITO DEL PROGETTO Il Burundi, come ogni realtà di post conflitto, pone a soggetti esterni degli elementi di complessità aggiuntivi con i quali operatori e volontari devono misurarsi costantemente. Il volontario, che rappresenta un’importante figura di sostegno alla controparte di Caritas Italiana, è al tempo stesso in formazione e vive il servizio come un’esperienza di crescita umana e professionale. Per arrivare ad un giusto equilibrio ed evitare di provocare con il proprio operato, seppur involontariamente, eventuali problemi all’ambiente di lavoro, proponiamo ai volontari un inserimento per gradi come segue: 1) Ascoltare, osservare e capire Si richiede ai volontari, innanzi tutto, una forte attitudine all’ascolto ed alla comprensione del contesto nel quale la loro azione si svolge, per entrare nel quadro di usi, costumi, tradizioni e modi di pensare delle popolazioni con le quali si lavora. Ciò consentirà di capire a fondo gli obiettivi, quanto già realizzato negli anni precedenti, il modo di lavorare delle controparti e le strategie scelte. Condividere i problemi del quadro sociale di riferimento permette al volontario di assumere un ruolo discreto ma efficace, di supporto, secondo i riferimenti stabiliti e le proprie competenze. Tutto ciò sarà favorito dalla partecipazione dei giovani alle riunioni decisionali e operative delle staff del Centre Jeunes Kamenge. In termini concreti si prevede un primo periodo di tre mesi di inserimento nel contesto sociale, di conoscenza dei colleghi, di scoperta e di posizionamento secondo il ruolo stabilito dal progetto. Questa fase d’introduzione al contesto e all’operatività sarà seguita attentamente e congiuntamente dal responsabile di Caritas Italiana e dall’operatore locale di progetto. 2) Discernere ed agire La fase dell’azione comprende il ruolo operativo che i volontari assumono all’interno del progetto e l’associazione alle diverse attività è illustrata nella matrice di seguito riportata:

Attività Impiego Volontari in Servizio Civile

- Organizzazione di attività formative alla pace ed alla cittadinanza con corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali, giornate di riflessione tematiche, incontri di scambio e dibattito sulla pace, le elezioni, seminari sulla non violenza, veglie di preghiera (partecipazione complessiva di circa 1.500 giovani/anno - Organizzazione di attività culturali: corsi di arti plastiche (60 giovani/anno), scrittura creativa (180 giovani/anno), chitarra (180 giovani/anno), pianoforte (60 giovani/anno), batteria (60 giovani/anno), disegno artistico (60 giov/anno) - Organizzazione di concorsi di corale, danza moderna e tradizionale, disegno, canzoni di pace, poesie – organizzati ogni mese, i temi dei concorsi proposti cambiano a seconda dell’attualità (ad es. concorsi sul tema dei diritti dell’uomo in occasione della giornata universale dei diritti dell’uomo) - Proiezione di film (2 volte al giorno, al mattino

Partecipazione alla progettazione, preparazione di supporti formativi, organizzazione e realizzazione delle sessioni formative (secondo le competenze dei volontari in servizio civile Idem come sopra Partecipazione all’ organizzazione e alla realizzazione delle attività (secondo le competenze dei volontari in servizio civile) Collaborazione (secondo le competenze dei volontari

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ed al pomeriggio, tutti i giorni della settimana) - Organizzazione di gruppi di teatro (3 gruppi di una ventina di giovani ciascuno) e preparazione di spettacoli da realizzare nel Centro ma anche nei quartieri nord ed in altre zone di Bujumbura - Organizzazione di gruppi musicali (2 gruppi di una decina di giovani ciascuno) che tengono concerti mensili nel centro ma anche al di fuori - Realizzazione, alla fine dell’anno, di un grande spettacolo a Bujumbura, che coinvolga tutti i gruppi di artisti

- Organizzazione di corsi di lingua (inglese, francese, italiano, spagnolo, tedesco e swahili (960 giovani /anno) - Organizzazione di corsi di elettricità, matematica, fisica e chimica (250 giovani /anno)- Organizzazione di corsi sportivi: arbitro di basket e calcio, palestra, ping-png, rugby, tennis, pallavolo, calcio (700 giovani al’anno) - Organizzazione di tornei di ping-png, rugby, tennis, pallavolo, calcio (i tornei sono organizzati durante le vacanze e coinvolgono circa 750 giovani) - Organizzazione di corsi di informatica (540 giovani/anno), contabilità (180), taglio e cucito (180), parrucchiere (60), dattilografia (45), economia (120 giovani), giornalismo (80), codice della strada (120), igiene, sanità e pronto soccorso (30) - Preparazione di materiale informativo sul’Aids - Organizzazione di corsi di sull’HIV/AIDS - Organizzazione di corsi nelle scuole del Quartieri Nord e creazione di Club Stop AIDS nelle scuole secondarie - Organizzazione di corsi in favore dei giovani di associazioni e parrocchie dei Quartieri Nord

in servizio civile) Idem come sopra Idem come sopra Partecipazione all’ organizzazione e alla realizzazione delle attività (secondo le competenze dei volontari in servizio civile) Partecipazione alla progettazione, preparazione di supporti formativi, organizzazione e realizzazione delle sessioni formative (secondo le competenze dei volontari in servizio civile) Idem come sopra Partecipazione all’ organizzazione e alla realizzazione delle attività (secondo le competenze dei volontari in servizio civile) Idem come sopra Partecipazione alla progettazione, preparazione di supporti formativi, organizzazione e realizzazione delle sessioni formative (secondo le competenze dei volontari in servizio civile) idem come sopra Partecipazione all’organizzazione e alla realizzazione delle attività (secondo le competenze dei volontari in servizio civile) Idem come sopra Idem come sopra

3) Essere “antenna di pace “: comunicare, animare e sensibilizzare in Italia La comunicazione è un elemento molto importante per Caritas Italiana, per trasformare l’azione sul terreno in strumento pedagogico e per far conoscere e promuovere in Italia le situazioni di povertà e di ricchezza, di vissuti ed esperienze che sensibilizzare le realtà italiane che si impegnano nei territori diocesani italiani a promuovere il servizio civile e l’esperienza del volontariato internazionale. Comunicare dunque in termini di progetto (stati di avanzamento, problemi, successi, etc…) ma anche comunicare su situazioni sociali, sui risultati o sulle problematiche del progetto. Il progetto prevede lo svolgimento di attività di animazione e sensibilizzazione in Italia durante il rientro intermedio della durata di un mese circa e al termine del servizio civile. Queste attività vengono progettate dal volontario in collaborazione con la propria Caritas Diocesana attraverso il cosiddetto “piano di animazione”, un progetto tramite il quale il giovane, aiutato dalla Caritas diocesana, rende partecipe la sua comunità di appartenenza della sua esperienza di Casco Bianco realizzando un'azione di sensibilizzazione

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alle tematiche della pace, della mondialità e dell’intercultura. In particolare le attività di animazione si concretizzano in: – incontri testimonianza con scuole, gruppi giovanili, comunità, altri volontari SC in Italia; – realizzazione di materiale promozionali di sensibilizzazione: mostre fotografiche, video, racconti; – incontri con autorità locali finalizzate al coinvolgimento in azioni di solidarietà internazionale; – risonanza attraverso i mass-media locali; – produzione di materiale per la rivista di Caritas Italiana ItaliaCaritas, per le riviste diocesane e per il siti

web di Caritas Italiana e delle Caritas diocesane; – partecipazione ad eventi nazionali di promozione e sensibilizzazione del servizio civile. Il contatto con la Caritas diocesana si avrà sin dall’inizio, prima della partenza ed essa sarà un punto di riferimento permanente per i giovani per quanto concerne l’invio di materiale utile alla comunicazione e alla sensibilizzazione. Durante il periodo in Italia i giovani avranno come punto di riferimento la Caritas diocesana e svolgeranno le attività prevalentemente nel territorio della diocesi ma anche a livello regionale o in altre diocesi fuori regione.

REPUBBLICA DI GIBUTI 9.1 PIANI DI ATTUAZIONE PREVISTI PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI Fase di ideazione L’origine dell’iniziativa Caritas Italiana ha visitato Gibuti per la prima volta nel 1996, e successivamente nel 2002 e nel 2004, approfondendo di volta in volta le conoscenze della realtà e delle attività svolte dalla Diocesi. Il filo diretto è stato sempre mantenuto con Padre Giorgio Bettin, il vescovo. Nel 2003, egli ha espresso il bisogno di sostegno, rivolgendosi a Caritas Italiana, Caritas Spagna e Caritas Francia. Congiuntamente e con lo stile di network già descritto, è stato redatto congiuntamente un piano triennale, in cui ciascuna delle tre Caritas europee sostenitrici ha partecipato con una quota annuale. Per il triennio 2004-2005-2006 Caritas Italiana ha finanziato le attività dei LES con un contributo annuale di 25.000 euro. Allo scadere del Piano, Caritas Italiana ha continuato a sostenere le attività nel 2007, e proseguirà anche nel 2008. I Centri LEC formano una rete presente nelle località più importanti del Paese, ma la presenza dei Caschi Bianchi è opportuno che sia limitata inizialmente al Centro LEC di Boulaos, quartiere della capitale Gibuti, dato che questo centro raccoglie il più gran numero di allievi (circa 250) e permette una più grande diversificazione di attività e di sperimentazione didattica. La presenza di Caschi Bianchi è una novità nella Repubblica di Gibuti e pertanto sarà necessario modulare con una certa elasticità i primi approcci. Si prevede comunque la seguente ripartizione trimestrale delle attività. Fase di attuazione Area di bisogno 1: Mancanza di opportunità popolari relative all’educazione ed alla promozione culturale in ambito extrascolastico e pubblico:

Obiettivo specifico 1. 1.1 Sviluppare tra le famiglie del quartiere di Boulaos la consapevolezza dell’importanza dell’educazione

scolastica per le giovani generazioni, in particolare le ragazze; 1.2 Presentazione alla popolazione del quartiere, in particolare i nuovi arrivati dalle zone rurali, delle attività

del centro LEC

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12Organizzazione di incontri con le famiglie del quartiere

Organizzazione di incontri con i giovani e le giovani del quartiere da parte di ex allievi del LEC.

Organizzazione di due Festival del LEC di Boulaos all’anno nei quali i diversi gruppi di giovani studenti si esibiscono e presentano il loro

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spettacolo (musica, danza, teatro) e il responsabile presenta le attività del centro

Area di bisogno 2: Lotta all’ “analfabetismo di ritorno”/Alfabetizzazione di base Obiettivo specifico 2: 2.1 Offrire la possibilità a ragazzi/e e giovani/e, che non hanno avuto e non ne avrebbero la possibilità, di accedere ad un percorso scolastico 2.2 Migliorare la qualità e l’organizzazione dell’insegnamento offerto nel centro LEC di Boulaos 2.3 Offrire agli studenti più capaci la possibilità di seguire corsi specifici più avanzati

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12Corsi triennali per permettere ai giovani di acquisire sufficienti capacità di lettura e di scrittura della lingua francese, d’espressione e comprensione in una conversazione in lingua, e d’effettuare le 4 operazioni matematiche scritte ed eseguite mentalmente

Corsi di supporto specifico ad allievi che presentano gravi carenze

Incontri tra il corpo insegnante per stabilire le modalità di attuazione del programma di studio

Preparazione di due manuali per l’alfabetizzazione dei giovani adulti nel contesto di Gibuti

Organizzazione di corsi di lingua inglese, di matematica, igiene, alimentazione, puericultura ed economia domestica

Area di bisogno 3: Educazione civica/umana Obiettivo specifico 3 3.1 fornire ai giovani studenti strumenti di comprensione della realtà sociale e culturale nelle quale sono inseriti 3.2 Avvicinare i giovani che frequentano la scuola al mondo del lavoro 3.3 proporre ai giovani attività ricreative che sviluppino relazioni pacifiche positive tra coetanei

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12Organizzazione di attività formative sulla pace e riconciliazione, corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali con particolare attenzione alle questioni di genere.

Giornate di riflessione tematiche, incontri di scambio e dibattito sulle divisioni claniche, seminari sulla non violenza, sulla partecipazione alla vita pubblica, cineforum

Attività di sensibilizzazione sulle problematiche sociali presenti nella città di Gibuti (povertà, mutilazioni genitali, Aids, minori abbandonati)

Corsi di formazione sulle conoscenze di base (contabilità, marketing) per lo sviluppo di attività generanti reddito

Garantire ad un piccolo gruppo di giovani prestiti per lo start up di attività generanti reddito

Organizzazione di attività di gruppo: musica, teatro, danza e attività sportive

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9.2 COMPLESSO DELLE ATTIVITÀ PREVISTE PER LA REALIZZAZIONE DEI PIANI DI ATTUAZIONE.

Area di bisogno Obiettivi Specifici Attività 1) Mancanza di opportunità popolari relative all’educazione ed alla promozione culturale in ambito extrascolastico e pubblico

1. sviluppare tra le famiglie del quartiere di Boulaos la consapevolezza dell’importanza dell’educazione scolastica per le giovani generazioni, in particolare le ragazze 1.2 Presentazione alla popolazione del quartiere, in particolare i nuovi arrivati dalle zone rurali, delle attività del centro LEC

1.1 Organizzazione di incontri con le famiglie del quartiere 1.2 Organizzazione di incontri con i giovani e le giovani del quartiere da parte di ex allievi del LEC. 1.3 Organizzazione di due Festival del LEC di Boulaos all’anno nei quali i diversi gruppi di giovani studenti si esibiscono e presentano il loro spettacolo (musica, danza, teatro) e il responsabile presenta le attività del centro

2) Lotta all’ “analfabetismo di ritorno”/Alfabetizzaz. di base

2.1 Offrire la possibilità a ragazzi/e e giovani/e, che non hanno avuto e non ne avrebbero la possibilità di accedere ad un percorso scolastico 2.2 Migliorare la qualità e l’organizzazione dell’insegnamento offerto nel centro LEC di Boulaos 2.3 Offrire agli studenti più capaci la possibilità di seguire corsi specifici più avanzati

2.1 Corsi triennali per permettere ai giovani di acquisire sufficienti capacità di lettura e di scrittura della lingua francese, d’espressione e comprensione in una conversazione in lingua, e d’effettuare le 4 operazioni matematiche scritte ed eseguite mentalmente 2.2 corsi di supporto specifico ad allievi che presentano gravi carenze 2.3 Incontri tra il corpo insegnante per stabilire le modalità di attuazione del programma di studio 2.4 Preparazione di due manuali per l’alfabetizzazione dei giovani adulti nel contesto di Gibuti 2.5 Organizzazione di corsi di lingua inglese, di matematica, igiene, alimentazione, puericultura ed economia domestica

3) Educazione civica/umana

3.1 fornire ai giovani studenti strumenti di comprensione della realtà sociale e culturale nelle quale sono inseriti 3.2 Avvicinare i giovani che frequentano la scuola al

3.1 Organizzazione di attività formative sulla pace e riconciliazione, corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali con particolare attenzione alle questioni di genere. 3.2 giornate di riflessione tematiche, incontri di scambio e dibattito sulle divisioni claniche, seminari sulla non violenza, sulla partecipazione alla vita pubblica, cineforum 3.3 Attività di sensibilizzazione sulle problematiche sociali presenti nella città di Gibuti (povertà, mutilazioni genitali, Aids, minori abbandonati) 3.4 Corsi di formazione sulle conoscenze di base (contabilità, marketing) per lo sviluppo di

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mondo del lavoro 3.3 proporre ai giovani attività ricreative che sviluppino relazioni pacifiche positive tra coetanei

attività generanti reddito 3.5 Garantire ad un piccolo gruppo di giovani prestiti per lo start up di attività generanti reddito 3.6 Organizzazione di attività di gruppo: musica, teatro, danza e attività sportive

9.3 RISORSE UMANE COMPLESSIVE NECESSARIE PER L’ESPLETAMENTO DELLE ATTIVITÀ PREVISTE, SPECIFICANDO SE VOLONTARI O DIPENDENTI A QUALUNQUE TITOLO DELL’ENTE. Il centro LEC di Boulaos è coordinato dall’Ufficio delle Scuole Diocesane di Gibuti (ECDD) composto da un coordinatore responsabile, da una segretaria e da un contabile, tutti retribuiti che ne assicurano la gestione finanziaria, l’amministrazione e i rapporti con le autorità. Vi sono poi 4 insegnanti retribuiti che garantiscono il normale svolgimento delle attività coadiuvati da 3 volontari che si occupano soprattutto delle attività ricreative. Il personale totale coinvolto nel progetto è di 7 operatori retribuiti e 3 volontari Nella tabella di seguito riportata si indicano le diverse persone coinvolte nel progetto, le qualifiche professionali delle stesse e le attività (riprendendo quelle già indicate nella matrice precedente) che svolgono Risorse Umane Attività 3 operatori retribuiti (1 coordinatore responsabile, 1 segretaria con funzioni organizzative, 1 contabile con conoscenze nel settore delle attività economiche e dei piccoli prestiti) 3 Volontari (3 organizzatori e animatori giovanili)

1.1 Organizzazione di incontri con le famiglie del quartiere

1.2 Organizzazione di incontri con i giovani e le giovani del quartiere da parte di ex allievi del LEC. 1.3 Organizzazione di due Festival del LEC di Boulaos all’anno nei quali i diversi gruppi di giovani studenti si esibiscono e presentano il loro spettacolo (musica, danza, teatro) e il responsabile presenta le attività del centro 3.1 Organizzazione di attività formative sulla pace e riconciliazione, corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali con particolare attenzione alle questioni di genere. 3.2 giornate di riflessione tematiche, incontri di scambio e dibattito sulle divisioni claniche, seminari sulla non violenza, sulla partecipazione alla vita pubblica, cineforum 3.3 Attività di sensibilizzazione sulle problematiche sociali presenti nella città di Gibuti (povertà, mutilazioni genitali, Aids, minori abbandonati) 3.4 Corsi di formazione sulle conoscenze di base (contabilità, marketing) per lo sviluppo di attività generanti reddito 3.5 Garantire ad un piccolo gruppo di giovani prestiti per lo start up di attività generanti reddito

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3.6 Organizzazione di attività di gruppo: musica, teatro, danza e attività sportive

4 operatori retribuiti (4 insegnanti del livello della scuola primaria di cui 1 coordinatore del team)

2.1 Corsi triennali per permettere ai giovani di acquisire sufficienti capacità di lettura e di scrittura della lingua francese, d’espressione e comprensione in una conversazione in lingua, e d’effettuare le 4 operazioni matematiche scritte ed eseguite mentalmente 2.2 corsi di supporto specifico ad allievi che presentano gravi carenze 2.3 Incontri tra il corpo insegnante per stabilire le modalità di attuazione del programma di studio 2.4 Preparazione di due manuali per l’alfabetizzazione dei giovani adulti nel contesto di Gibuti 2.5 Organizzazione di corsi di lingua inglese, di matematica, igiene, alimentazione, puericultura ed economia domestica

9.4 RUOLO ED ATTIVITÀ PREVISTE PER I VOLONTARI NELL’AMBITO DEL PROGETTO. La Repubblica di Gibuti è un piccolo Paese che riassume tutte le contraddizione di una parte dell’Africa in bilico tra richiami dell’occidente, tradizione islamica moderata e richiami a una interpretazione radicale, nomadismo ancestrale e sedentarietà costretta dalle circostanze, “artificiosità” delle frontiere e punto strategico/politico, unità fittizia e conflitto etnico appena concluso, ma forse non superato. Sono tutti elementi di complessità con i quali operatori e volontari devono misurarsi costantemente. Il volontario, che rappresenta un’importante figura di sostegno alla controparte di Caritas Italiana, è al tempo stesso in formazione e vive il servizio come un’esperienza di crescita umana e professionale. Per arrivare ad un giusto equilibrio ed evitare di provocare con il proprio operato, seppur involontariamente, eventuali problemi all’ambiente di lavoro, proponiamo ai volontari un inserimento per gradi che, prevede le seguenti 3 fasi metodologiche e programmatiche: 1) Ascoltare, osservare e capire Si richiede ai volontari, innanzi tutto, una forte attitudine all’ascolto ed alla comprensione del contesto nel quale la loro azione si svolge, per entrare nel quadro di usi, costumi, tradizioni e modi di pensare delle popolazioni con le quali si lavora. Ciò consentirà di capire a fondo gli obiettivi, quanto già realizzato negli anni precedenti, il modo di lavorare delle controparti e le strategie scelte. Condividere i problemi del quadro sociale di riferimento permette al volontario di assumere un ruolo discreto ma efficace, di supporto, secondo i riferimenti stabiliti e le proprie competenze. Tutto ciò sarà favorito dalla partecipazione dei giovani alle riunioni decisionali e operative dello staff del LEC di Boulaos. In termini concreti si prevede un primo periodo di tre mesi di inserimento nel contesto sociale, di conoscenza dei colleghi, di scoperta e di posizionamento secondo il ruolo stabilito dal progetto. Questa fase d’introduzione al contesto e all’operatività sarà seguita attentamente e congiuntamente dal responsabile di Caritas Italiana e dall’operatore locale di progetto. 2) Discernere ed agire La fase dell’azione comprende il ruolo operativo che i volontari assumono all’interno del progetto e l’associazione alle diverse attività è illustrata nella matrice di seguito riportata:

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Attività

1.2 Organizzazione di incontri con i giovani e le giovani del quartiere da parte di ex allievi del LEC. 1.3 Organizzazione di due Festival del LEC di Boulaos all’anno nei quali i diversi gruppi di giovani studenti si esibiscono e presentano il loro spettacolo (musica, danza, teatro) e il responsabile presenta le attività del centro 2.2 corsi di supporto specifico ad allievi che presentano gravi carenze 2.3 Incontri tra il corpo insegnante per stabilire le modalità di attuazione del programma di studio 2.5 Organizzazione di corsi di lingua inglese, di matematica, igiene, alimentazione, puericultura ed economia domestica 3.1 Organizzazione di attività formative sulla pace e riconciliazione, corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali con particolare attenzione alle questioni di genere. 3.2 giornate di riflessione tematiche, incontri di scambio e dibattito sulle divisioni claniche, seminari sulla non violenza, sulla partecipazione alla vita pubblica, cineforum 3.3 Attività di sensibilizzazione sulle problematiche sociali presenti nella città di Gibuti (povertà, mutilazioni genitali, Aids, minori abbandonati) 3.4 Corsi di formazione sulle conoscenze di base (contabilità, marketing) per lo sviluppo di attività generanti reddito 3.5 Garantire ad un piccolo gruppo di giovani prestiti per lo start up di attività generanti reddito 3.6 Organizzazione di attività di gruppo musica, teatro, danza e attività sportive

Impiego volontari in servizio civile

Contributo all’organizzazione dell’attività Contributo all’organizzazione dell’attività Sostegno allo studio individuale (da valutare rispetto alle competenze del volontario) Partecipazione/ascolto Contributo all’organizzazione e insegnamento diretto (da valutare rispetto alle competenze del volontario) Contributo alla preparazione dei contenuti e alla realizzazione dell’attività anche con insegnamento diretto (da valutare rispetto alle competenze del volontario) Contributo alla preparazione dei contenuti e alla realizzazione dell’attività anche con insegnamento diretto (da valutare rispetto alle competenze del volontario) Contributo all’organizzazione dell’attività Contributo alla preparazione dei contenuti e alla realizzazione dell’attività anche con insegnamento diretto (da valutare rispetto alle competenze del volontario) Contributo all’attività di follow up dei beneficiari (da valutare rispetto alle competenze del volontario) Contributo all’organizzazione delle attività e alla animazione/coordinamento delle stesse (da valutare rispetto alle competenze del volontario)

3) Essere “antenna di pace “: comunicare, animare e sensibilizzare in Italia La comunicazione è un elemento molto importante per Caritas Italiana, per trasformare l’azione sul terreno in strumento pedagogico e per far conoscere e promuovere in Italia le situazioni di povertà e di ricchezza, di vissuti ed esperienze che sensibilizzare le realtà italiane che si impegnano nei territori diocesani italiani a promuovere il servizio civile e l’esperienza del volontariato internazionale.

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Comunicare dunque in termini di progetto (stati di avanzamento, problemi, successi, etc…) ma anche comunicare su situazioni sociali, sui risultati o sulle problematiche del progetto. Il progetto prevede lo svolgimento di attività di animazione e sensibilizzazione in Italia durante il rientro intermedio della durata di un mese circa e al termine del servizio civile. Queste attività vengono progettate dal volontario in collaborazione con la propria Caritas Diocesana attraverso il cosiddetto “piano di animazione”, un progetto tramite il quale il giovane, aiutato dalla Caritas diocesana, rende partecipe la sua comunità di appartenenza della sua esperienza di Casco Bianco realizzando un'azione di sensibilizzazione alle tematiche della pace, della mondialità e dell’intercultura. In particolare le attività di animazione si concretizzano in: – incontri testimonianza con scuole, gruppi giovanili, comunità, altri volontari SC in Italia; – realizzazione di materiale promozionali di sensibilizzazione: mostre fotografiche, video, racconti; – incontri con autorità locali finalizzate al coinvolgimento in azioni di solidarietà internazionale; – risonanza attraverso i mass-media locali; – produzione di materiale per la rivista di Caritas Italiana ItaliaCaritas, per le riviste diocesane e per il siti

web di Caritas Italiana e delle Caritas diocesane; – partecipazione ad eventi nazionali di promozione e sensibilizzazione del servizio civile. Il contatto con la Caritas diocesana si avrà sin dall’inizio, prima della partenza ed essa sarà un punto di riferimento permanente per i giovani per quanto concerne l’invio di materiale utile alla comunicazione e alla sensibilizzazione. Durante il periodo in Italia i giovani avranno come punto di riferimento la Caritas diocesana e svolgeranno le attività prevalentemente nel territorio della diocesi ma anche a livello regionale o in altre diocesi fuori regione

10) Numero dei volontari da impiegare nel progetto:

Sede N. volontari SIERRA LEONE 2 BURUNDI 2 GIBUTI 2

11) Modalità di fruizione del vitto e alloggio:

SIERRA LEONE

I due volontari alloggeranno in un piccolo appartamento indipendente, affittato per loro da Caritas Italiana, dove potranno prepararsi i pasti.

BURUNDI I due volontari alloggeranno presso i locali del Centre Jeunes Kamenge. Seguiranno i ritmi di vita del centro anche per ciò che riguarda i pasti, consumati in comunità con i missionari ed i volontari espatriati periodicamente presenti nella struttura.

REPUBBLICA DI GIBUTI I due volontari alloggeranno in un piccolo appartamento indipendente, affittato per loro da Caritas Italiana, dove potranno prepararsi i pasti.

12) Numero posti senza vitto e alloggio:

13) Numero ore di servizio settimanali dei volontari, ovvero monte ore annuo:

6

SI

40

0

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14) Giorni di servizio a settimana dei volontari (minimo 5, massimo 6): 15) Mesi di permanenza all’estero ed eventuali particolari obblighi dei volontari durante

il periodo di servizio:

Il progetto prevede una permanenza all’estero non inferiore a 9 mesi. Partecipazione al percorso formativo previsto e ai corsi di formazione residenziali organizzati a livello nazionale e diocesano. Ogni corso ha la durata di tre-sei giorni complessivi. Stesura delle relazioni mensili da inviare in Italia (report), incontri settimanali dell’équipe locale di progetto, seguire le indicazione dei referenti dei progetti, comunicazione costante (mails, telefono) con la Caritas diocesana, comportamento improntato ad uno stile di vita sobrio, responsabile ed armonico rispetto al lavoro di equipe. Rispetto della cultura locale. Rispetto delle norme per la sicurezza raccomandate dai partner locali e dalla Caritas. Inoltre, flessibilità a svolgere il servizio in numerosi e differenti settori, ambiti e fasi di intervento (esecuzione operativa, studio ed analisi, progettazione, sperimentazione e verifica), possibile impiego nei giorni festivi, alternanza di lavoro individuale ed in equipe, flessibilità di orario. Obbligo di svolgimento delle attività di animazione e sensibilizzazione in Italia con la propria Caritas diocesana e/o delegazione regionale delle Caritas della propria regione e/o altre Caritas diocesane coinvolte nel progetto. In ordine a questo le spese relative al vitto e all’alloggio, che fossero necessarie, per lo svolgimento di attività di sensibilizzazione fuori comune di residenza sono a carico dell’Ente. Disponibilità al trasferimento temporaneo della sede in caso di:

- eventi di formazione e sensibilizzazione diocesani, regionali o nazionale (es. incontro nazionale giovani in servizio civile, partecipazione a seminari e convegni a tema ecc.)

Partecipazione ai momenti di verifica dell’esperienza di servizio civile con le sedi di attuazione svolti su base periodica ed ai momenti di verifica svolti con la Caritas Italiana previsti a metà e a fine servizio con momenti residenziali di 2-3 giornate organizzati a livello nazionale e diocesano.

6

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CARATTERISTICHE ORGANIZZATIVE

16) Particolari condizioni di rischio connesse alla realizzazione del progetto:

SIERRA LEONE Il livello di sicurezza nella città di Makeni è ritenuto sufficiente per l’impiego di volontari, vi è un certo rischio di furti e rapine e, come in altri contesti africani, possibili repentini cambiamenti della situazione sono sempre da tenere in dovuta considerazione.

BURUNDI Attualmente, anche se Bujumbura si può considerare generalmente pacificata, si verificano alcuni occasionali atti violenti nei quartieri nord della città oltre alla delinquenza urbana, diffusa soprattutto nelle ore notturne. Come in altri contesti africani possibili repentini cambiamenti della situazione sono sempre da tenere in dovuta considerazione. L’ultimo gruppo ribelle ancora attivo in alcune zone al di fuori della capitale sta negoziando un’intesa con il Governo. E’ dunque necessario mantenere ancora molta attenzione agli spostamenti al di fuori della capitale.

REPUBBLICA DI GIBUTI Il livello di sicurezza nella città di Gibuti è ritenuto sufficiente per l’impiego dei volontari. Non vi sono registrati incidenti di rilievo contro europei, anche se vi è un certo rischio di microbanditismo. Come in altri contesti africani possibili repentini cambiamenti della situazione sono sempre da tenere in dovuta considerazione

17) Accorgimenti adottati per garantire i livelli minimi di sicurezza e di tutela dei

volontari a fronte dei rischi evidenziati al precedente punto 16):

Nel percorso di formazione pre partenza viene dedicato uno specifico modulo al tema della sicurezza: viene spiegato nel dettaglio e consegnato un protocollo per la sicurezza elaborato dalla Caritas Italiana a partire dalle indicazioni delle più importanti organizzazioni internazionali. In ciascuno dei paesi indicati dal progetto il volontario riceverà una precisa indicazione sull’applicazione del protocollo nel contesto specifico, dei rischi e delle precauzioni/regole che devono essere adottate per la sua incolumità personale e per la gestione di eventuali problemi. In fase di inserimento in loco, particolare attenzione verrà data al tema della sicurezza da parte degli operatori locali di progetto. Inoltre, tutti i volontari di Caritas italiana sono segnalati all'Ambasciata come cittadini italiani presenti all'estero, godendo i privilegi di sicurezza previsti. Nello specifico i volontari saranno tenuti a dover rispettare i seguenti accorgimenti validi in tutti i Paesi:

• CONSULTARE sempre il referente locale in caso di incertezza o indecisione sulle norme di sicurezza da porre in atto (es: nel caso di uscite serali, visite non previste a istituzioni governative e/o religiose, ecc.);

• INFORMARSI sulle particolari esigenze dei vari paesi e sui comportamenti da tenere nel caso di incontri formali (abbigliamento consigliato, argomenti da escludere nella conversazione, particolari riti e tradizioni, ecc.);

• CONSIDERARE l’opportunità di organizzare gli spostamenti (anche in gruppo) con mezzi diversi dai trasporti pubblici nel caso in cui questi ultimi non forniscano normali condizioni di sicurezza (es. a causa della poca affidabilità dei mezzi pubblici, a causa di un possibile rischio di attentati terroristici, …);

• MONITORARE costantemente la situazione politica e sociale del Paese in modo da comunicare tempestivamente, laddove necessario, al responsabile della sede e prendere insieme decisioni rapide in caso di deterioramento delle condizioni di permanenza dei volontari;

• CONSIDERARE le peculiarità specifiche dei singoli Paesi, legate soprattutto alle tradizioni religiose degli stessi. In particolare, tener presente le festività

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delle diverse comunità e le eventuali difficoltà a svolgere attività in tali giorni (ad esempio il venerdì nei paesi musulmani);

• INFORMARSI sui particolari comportamenti da tenere in luoghi di culto quali moschee e sinagoghe;

• EVITARE di sostare troppo a lungo in luoghi turistici affollati quali moschee, mercati, sinagoghe ecc. o luoghi di ritrovo di minoranze;

• EVITARE di sostare nelle vicinanze di caserme, stazioni di polizia o luoghi connessi a funzioni pubbliche (ambasciate e ministeri). Nel caso in cui ciò non sia evitabile, ridurre la permanenza a quanto strettamente necessario;

• UTILIZZARE particolari accorgimenti nelle comunicazioni di servizio da e per l’Italia.

AI volontario è raccomandata vigilanza, prudenza (senza arrivare alla diffidenza) e particolare attenzione a vivere uno “stile di relazioni” innanzitutto corrette e rispettose delle norme civili locali, nonché cordiali, anche in caso di situazioni di stress di qualsiasi tipo. Si ritiene che la scelta di uno stile di vita sobrio, da parte dei giovani, possa diminuire la probabilità d’essere soggetti a rapine ed aggressioni.

SIERRA LEONE Abitazione: L’abitazione dei volontari si trova in una zona tranquilla di Makeni, non lontano vi abitano anche alcuni colleghi locali dello staff di progetto ed è a poche centinaia di metri da una Parrocchia della città. I volontari e le motivazioni della loro presenza in città verranno presentati alla comunità parrocchiale di modo da creare un sentimento positivo nei loro confronti e facilitare la loro integrazione nel quartiere. La casa è dotata di un guardiano notturno affidabile conosciuto dal partner locale. Ufficio: Raggiungibile con la moto o con i taxi locali dall’abitazione si trova in un grande complesso dove sono presenti l’Ufficio della Commissione diocesana per la Giustizia, la Pace e i Diritti Umani, la radio diocesana e il Fatima Institute, non ci sono particolari accorgimenti personali da adottare, essendo tutti luoghi che godono di buona sicurezza. Il volontario sarà accompagnato sin dall'inizio dagli operatori locali e lavorerà in maniera autonoma progressivamente al livello di "riconoscimento sociale" raggiunto; infatti l’inserimento positivo nelle comunità di riferimento rappresenta il principale deterrente a possibili problemi di diverso tipo. Comunicazione: al volontario sarà richiesto di dotarsi di un telefono cellulare per essere sempre rintracciabile; gli verrà consegnata una lista di numeri utili che comprende figure più istituzionali e collaboratori locali. La comunicazione con il responsabile della controparte locale e verso l’Italia con il responsabile di Caritas sarà periodica anche per un confronto sulle situazioni di rischio e per l’assunzione di eventuali misure precauzionali. Coordinamento: Sarà mantenuto un contatto costante con la missione delle Nazioni Unite e con il Consolato italiano per avere informazioni sulla situazione nel Paese e nell’area. Spesso le situazioni di rischio possono essere facilmente prevedibili e adottate le conseguenti misure preventive, se si comprende e analizza costantemente la situazione generale nella quale il luogo dove i volontari svolgono il loro servizio è inserito.

BURUNDI Abitazione e ufficio: I volontari in servizio civile alloggeranno e lavoreranno presso il Centro Jeunes Kamenge, insieme ai missionari saveriani e ad operatori locali. Il centro, pur essendo situato nei quartieri nord di Bujumbura è ben conosciuto e generalmente apprezzato dalla popolazione locale. E’ circondato da un muro per tutto il suo perimetro, vi sono norme di sicurezza molto rigide che prevedono il controllo degli ingressi, possibili solamente nelle ore diurne, e la presenza di guardie armate 24 ore su 24. Ai volontari è richiesto di non uscire dal centro nei quartieri Nord da soli ma sempre accompagnati dallo staff locale che prima si accerta delle condizioni di sicurezza dei luoghi dove si devono recare e comunque non nelle ore serali e notturne. Anche per il resto della città è consigliato di evitare spostamenti non strettamente necessari durante le ore serali e notturne. Comunicazione: al volontario sarà richiesto di dotarsi di un telefono cellulare per essere sempre rintracciabile; gli verrà consegnata una lista di numeri utili che comprende figure più istituzionali e collaboratori locali. La comunicazione con il responsabile della controparte locale e verso l’Italia con il responsabile di Caritas sarà periodica anche per un confronto sulle situazioni di rischio e per l’assunzione di eventuali misure precauzionali.

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Coordinamento: I missionari saveriani, responsabili del centro, sono in contatto costante con il Consolato italiano e con l’ONUB (forze di pace delle Nazioni unite) e si confrontano periodicamente con i volontari in servizio civile e il referente di Caritas Italiana in Italia sulle condizioni di sicurezza sia del centro e dei quartieri nord sia più in generale della città di Bujumbura, di tutto il Paese e dei paesi confinanti (in particolare la Repubblica democratica del Congo). Spesso le situazioni di rischio possono essere facilmente prevedibili e adottate le conseguenti misure preventive, se si comprende e analizza costantemente la situazione generale nella quale il luogo dove i volontari svolgono il loro servizio è inserito.

REPUBBLICA DI GIBUTI Abitazione e contesto nella quale è inserita: L’alloggio previsto per i volontari in servizio civile si trova in un quartiere centrale di Gibuti, relativamente moderno e poco distante dalla sede della Diocesi dove alloggiano il Vescovo e il Direttore della Caritas. Nel particolare contesto della città di Gibuti, con una forte presenza di stranieri legati alla presenza militare francese, ancor più che in altri paesi lo stile delle relazioni deve essere corretto e rispettoso degli usi e della cultura locale, ricordando che i volontari sono comunque sentiti come “stranieri” e che non devono quindi assumere atteggiamenti di prepotenza, superficialità, o peggio di derisione. Saranno sempre considerati dalla popolazione locali come legati all’occidente e al mondo cristiano, anche fuori dall’orario di lavoro. Quindi devono tenere presente questa loro particolare “identità” se vogliono evitare malintesi. Ufficio: Si trova all’interno del LEC di Boulaos, è facilmente raggiungibile in bicicletta o con i mezzi pubblici dall’abitazione dei volontari. Durante le ore diurne vi è una massiccia presenza di giovani e insegnanti. Non ci sono particolari accorgimenti personali da adottare, essendo un luogo che gode di buona sicurezza. Il volontario sarà accompagnato sin dall'inizio dagli operatori locali e lavorerà in maniera autonoma progressivamente al livello di "riconoscimento sociale" raggiunto; infatti l’inserimento positivo nelle comunità di riferimento rappresenta il principale deterrente a possibili problemi di diverso tipo. Comunicazione: al volontario sarà richiesto di dotarsi di un telefono cellulare per essere sempre rintracciabile; gli verrà consegnata una lista di numeri utili che comprende figure più istituzionali e collaboratori locali. La comunicazione con il responsabile della controparte locale e verso l’Italia con il responsabile di Caritas sarà periodica anche per un confronto sulle situazioni di rischio e per l’assunzione di eventuali misure precauzionali. Coordinamento: Sarà mantenuto un contatto costante con il Consolato italiano per avere informazioni sulla situazione nel Paese e nell’area. Spesso le situazioni di rischio possono essere facilmente prevedibili e adottate le conseguenti misure preventive, se si comprende e analizza costantemente la situazione generale nella quale il luogo dove i volontari svolgono il loro servizio è inserito.

18) Particolari condizioni di disagio per i volontari connesse alla realizzazione del

progetto:

In generale le condizioni di disagio connesse alla realizzazione del progetto, sono quelle legate alla vita quotidiana in un Paese diverso dal proprio e con una situazione di povertà diffusa. In tutti tre i contesti le difficoltà maggiori si avranno durante il primo periodo considerato di adattamento ad un ritmo di vita, cultura, usi e costumi e abitudini alimentari diversi dalle proprie. Pur alloggiano in strutture mediamente confortevoli si potranno avere problemi con l’acqua e la corrente elettrica. Sono inoltre diffuse in tutti tre i contesti le malattie endemiche tipiche dell’Africa a cominciare dalla malaria, per le quali i volontari dovranno prendere le necessarie precauzioni ma anche imparare a conviverci, facendo attenzione e prendendosi cura del proprio stato di salute. Le diverse situazioni potranno produrre stress di vario tipo, al riguardo il primo rientro in Italia previsto dopo tre mesi dall’avvio del progetto servirà anche per esplicitare e risolvere questo tipo di problematiche. Nello specifico per la Sierra Leone la difficoltà più grande potrà essere la fase di ambientamento in una città relativamente piccola, lontana dalla capitale e con uno stile di vita tradizionale; In Burundi i volontari dovranno adeguarsi ad una vita prevalentemente all’interno del Centro Jeunes Kamenge con relativamente poche opportunità di relazioni con l’esterno, soprattutto per i già elencati problemi di sicurezza; in Gibuti, invece, le difficoltà maggiori saranno legate alle alte temperature: Gibuti è uno dei Paesi più caldi e umidi del mondo. Si ritiene che le difficoltà elencate potranno essere facilmente affrontabili e superabili da una persona preparata e disponibile a partire per un’esperienza di questo tipo, anche

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perché informazioni specifiche sulle difficoltà e suggerimenti per affrontarle al meglio verranno date ai volontari fin dalla fase di selezione e preparazione alla partenza.

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19) Sede/i di attuazione del progetto di appoggio in Italia ed Operatori Locali di Progetto:

L’Ente presso il quale devono essere indirizzate le domande è: CARITAS ITALIANA Via AURELIA, 796 cap 00165 città ROMA – Tel. 06/66177267/247/423 Fax 06/66177602 E-mail [email protected] Persona di riferimento: Piero Rinaldi

Nominativi degli Operatori Locali di Progetto

N. Sede di

attuazione del progetto

Comune Indirizzo Cod. ident. sede

N. vol. per

sede Cognome e nome Data di nascita C.F.

1 CARITAS ITALIANA ROMA VIALE AURELIA

796 - 00165 46430 6

20) Sede/i di attuazione del progetto all’estero ed ente/i partners:

N. Ente che ha presentato il progetto Paese estero Città

Cod. ident. sede

N. vol. per

sede

Ente partner Paese estero

Personale di riferimento sede

estera (cognome e nome)

1 Commissione diocesana per la Giustizia, la Pace e i diritti

umani Sierra Leone Makeni 72064 2 Diocesi di Makeni

2 CENTRE JEUNES KAMENGE Burundi Bujumbura 40471 2 Centre Jeunes Kamenge

3 DIOCESI DI GIBUTI

EVECHE’ GIBUTI CITTA’

Repubblica di Gibuti Gibuti 74163

2

Diocesi di Gibuti

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21) Modalità di comunicazione della presenza dei volontari all’autorità consolare o diplomatica italiana presso il Paese in cui si realizza il progetto:

SIERRA LEONE

Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Dakar (Senegal), tramite lettera e messaggio di posta elettronica. Nei giorni successivi il loro arrivo in Sierra Leone i volontari si presenteranno presso il Consolato italiano a Freetown, con il quale successivamente manterranno contatti costanti.

BURUNDI Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Kampala (Uganda), tramite lettera e messaggio di posta elettronica. Nei giorni successivi il loro arrivo in Burundi i volontari si presenteranno presso il Consolato italiano a Bujumbura, con il quale successivamente manterranno contatti costanti.

REPUBBLICA DI GIBUTI Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Addis Abeba (Etiopia), tramite lettera e messaggio di posta elettronica. Nei giorni successivi il loro arrivo nella repubblica di Gibuti, i volontari si presenteranno presso il Consolato italiano a Gibuti città, con il quale successivamente manterranno contatti costanti.

22) Modalità di collegamento e comunicazione con la sede italiana dell’ente proponente

il progetto assicurata ai volontari:

Il collegamento con la sede centrale della Caritas Italiana viene garantito attraverso i contatti telefonici fissi con gli uffici e con chiamate via internet (Skype). I responsabili Paese sono sempre contattabili al loro cellulare ed anche i volontari potranno attivare un numero di cellulare locale. Ove necessario è possibile comunicare attraverso il fax. Regolare sarà invece lo scambio di aggiornamenti con la posta elettronica. Telefonate e invio di messaggi avverranno ogni settimana. All’inizio di ogni mese i volontari invieranno al responsabile Paese il programma sintetico di attività del mese successivo ed un rapporto sul mese appena trascorso Presso gli uffici della Commissione per la Giustizia, la Pace e i Diritti Umani in Sierra Leone, presso il CentreJeunes Kamenge in Burundi e presso gli uffici della Diocesi a Gibuti i volontari avranno la possibilità di accedere all’uso del telefono fisso e di internet.

23) Modalità e tempi di eventuali rientri in Italia dei volontari durante il periodo di

permanenza all’estero:

Si prevede un rientro della durata orientativa di un mese, non prima del terzo mese di servizio all’estero. Tale periodo permette di effettuare una prima verifica dell’inserimento dei volontari nel progetto all’estero ed ha lo scopo di svolgere il corso di formazione di metà servizio e di porre in essere il cosiddetto “piano di animazione”, vale a dire il coinvolgimento dei volontari in una serie di attività di promozione, animazione e sensibilizzazione sulle tematiche riguardanti il servizio svolto ed i valori ad esso riconducibili (vedi voce 25) nella diocesi di loro provenienza. In base alle necessità del piano di animazione, è possibile che vi sia la necessità di ulteriori rientri in Italia (il cui costo è a carico dell’Ente), per un periodo complessivo in Italia dei giovani non superiore a 3 mesi.

24) Eventuale assicurazione integrativa di quella stipulata dall’Ufficio a favore dei

volontari:

Assente

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25) Eventuali attività di promozione e sensibilizzazione del servizio civile nazionale:

L’azione di promozione del servizio civile volontario rientra in un’iniziativa allargata di promozione generale del servizio civile e dell’obiezione di coscienza e del servizio civile della Caritas Italiana. La campagna permanente di promozione del servizio civile si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica ai valori della solidarietà, della pace, della nonviolenza e della mondialità e in particolare alle possibilità offerte dal servizio civile e/o altre forme di impegno civile dei giovani. ATTIVITA’ PERMANENTI DI PROMOZIONE E SENSIBILIZZAZIONE A LIVELLO NAZIONALE Sito Caritas Italiana www.caritasitaliana.it Foglio informativo quindicinale on line InformaCaritas di Caritas Italiana Mensile della Caritas Italiana Italia Caritas Spazio radiofonico dedicato alla promozione del servizio civile all’estero nel circuito In Blu Blog del Tavolo ecclesiale per il servizio civile www.esseciblog.it Almeno 4 incontri l’anno di coordinamento e promozione con il Tavolo ecclesiale per il servizio civile, composto dalla Caritas Italiana, alcuni Uffici della Conferenza Episcopale Italiana, l’Azione Cattolica Italiana e vari enti e organismi di ispirazione cattolica che promuovono il Servizio Civile Nazionale. Il Tavolo ecclesiale ha l’obiettivo di promuovere il servizio civile presso le articolazioni territoriali (a livello diocesano) dei membri del Tavolo. Scheda promozionale del Servizio Civile all’interno del materiale distribuito all’Agorà dei giovani 2008. Stand e eventi promozionali del servizio civile all’interno dei momenti dedicati ai giovani italiani alla GMG 2008 a Sidney. Stand sul servizio civile a eventi e convegni in collaborazione con il Tavolo ecclesiale per il servizio civile e Rete caschi bianchi. Progetto di promozione del servizio civile in collaborazione con l’Azione Cattolica Italiana, presso i gruppi giovanile delle Azioni Cattoliche diocesane. Stampa di pieghevoli, poster e segnalibro sul servizio civile. Stampa di materiale specifico sul servizio civile all’estero Incontro nazionale dei giovani in servizio civile in occasione di San Massimiliano martire (12 marzo). In collaborazione con la Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile (CNESC), di cui la Caritas Italiana è socia, presentazione pubblica del rapporto annuale degli enti membri della CNESC. Campagna sul servizio civile in collaborazione con l’Università LUMSA. In particolare sono messi a disposizione delle Caritas diocesane format grafici e slogan promozionali pensati da studenti del corso in Scienze della Comunicazione dell’Università LUMSA. In collaborazione con la Rete Caschi Bianchi, partecipazione al progetto Antenne di pace attraverso il portale www.antennedipace.it. Realizzazione di eventi promozionali nell’ambito della Rete caschi bianchi. Realizzazione di materiali promozionali specifici sul progetto per le Caritas diocesane. ATTIVITA’ DI PROMOZIONE E SENSIBILIZZAZIONE SVOLTE A LIVELLO LOCALE – incontri testimonianza con scuole, gruppi giovanili, comunità parrocchiali, altri volontari in

servizio civile in Italia; – realizzazione di materiale promozionale e di sensibilizzazione: mostre fotografiche,

video, racconti;

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– incontri con autorità locali e proposte di impegni alla propria comunità per interventi di solidarietà internazionale;

– coinvolgimento dei media locali; – produzione di materiale per le riviste ed i siti web diocesani. In questo tipo di attività saranno coinvolte le Caritas diocesane su tutto il territorio nazionale prima dell’avvio del progetto e successivamente la Caritas diocesana della diocesi di provenienza dei volontari selezionati. I volontari realizzeranno tali attività con la Caritas diocesana della diocesi dove risiedono e saranno realizzate prevalentemente nel territorio diocesano con la possibilità anche di allargare il raggio di azione al livello regionale o in altre diocesi fuori regione. Totale complessivo ore di promozione e sensibilizzazione a livello nazionale e locale: 40

26) Eventuali autonomi criteri e modalità di selezione dei volontari:

Fermo restando i criteri della determinazione del Direttore Generale dell’UNSC del 30 maggio 2002, si rinvia alle modalità del sistema di selezione verificato in sede di accreditamento

27) Ricorso a sistemi di selezione verificati in sede di accreditamento (eventuale

indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio):

SI 28) Piano di monitoraggio interno per la valutazione dei risultati del progetto:

Si rinvia al sistema di monitoraggio verificato dall’Unsc in sede di accreditamento. Inoltre per quanto concerne il monitoraggio, la verifica e la valutazione dell’esperienza dei volontari in servizio civile si prevedono due momenti di incontro con tutti i giovani partecipanti al progetto: incontro di metà servizio (al 3°-4° mese) inserito all’interno del corso di metà servizio di 2-4 giornate residenziali incontro di fine servizio (al 12° mese) di 2-3 giornate residenziali Durante gli incontri verranno proposte attività di gruppo finalizzate alla verifica e alla rilettura dell’esperienza. Durante gli stessi momenti, verrà richiesto ai volontari una verifica del progetto nel suo insieme. Tramite questionari (vedi sistema accreditato) e/o verifiche di individuali e di gruppo con i responsabili del progetto e gli esperti del monitoraggio.

29) Ricorso a sistemi di monitoraggio verificati in sede di accreditamento (eventuale

indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio):

SI 30) Eventuali requisiti richiesti ai canditati per la partecipazione al progetto oltre quelli

richiesti dalla legge 6 marzo 2001, n. 64:

Oltre a quanto richiesto dalla legge, sono considerati requisiti preferenziali:

SIERRA LEONE

- conoscenza della lingua inglese - elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato

a uno stile di vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche

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comunitarie - spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria - capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale; - formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, economia, scienze politiche,

scienze della formazione, sociologia.

BURUNDI - conoscenza della lingua francese - elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato

a uno stile di vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche comunitarie

- spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria - capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale; - formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, scienze della formazione,

tecniche di animazione giovanile, sociologia.

REPUBBLICA DI GIBUTI - conoscenza della lingua francese - elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato

a uno stile di vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche comunitarie

- spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria - capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale; - formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, scienze della formazione,

tecniche di animazione giovanile, sociologia, pedagogia.

31)

32) Eventuali co-promotori e partners del progetto con la specifica del ruolo concreto

rivestito dagli stessi all’interno del progetto:

CGM - Consorzio Nazionale della Cooperazione di Solidarietà Sociale “Gino matterelli”. Codice fiscale: 01845670403

− Collaborazione nella promozione del progetto attraverso il riconoscimento e la certificazione delle competenze ai giovani che svolgono il servizio civile nel progetto

Università LUMSA: collaborazione per la realizzazione di campagne promozionali come da voce 25.

33)

CARATTERISTICHE DELLE CONOSCENZE ACQUISIBILI

34) Eventuali crediti formativi riconosciuti:

Riconosciuti da parte del Corso di laurea di Scienze del Servizio Sociale dell'UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “SUOR ORSOLA BENINCASA” DI SALERNO Riconosciuti da parte del Corso di laurea interfacoltà in "Scienze per la Pace" dell'Università di Pisa Riconosciuti dall’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano come da convenzione

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allegata.

35) Eventuali tirocini riconosciuti:

Riconosciuti da parte del Corso di laurea di Scienze del Servizio Sociale dell'UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “SUOR ORSOLA BENINCASA” DI SALERNO Riconosciuti da parte del Corso di laurea interfacoltà in "Scienze per la Pace" dell'Università di Pisa Riconosciuti per tutti i corsi di laurea dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano che prevedono attività di tirocinio, come da convenzione allegata. Nelle attività di tirocinio riconosciute sono compresi anche i tirocini utili per l’iscrizione agli albi professionali.

36) Competenze e professionalità acquisibili dai volontari durante l’espletamento del

servizio, certificabili e validi ai fini del curriculum vitae:

Per tutti coloro che concludono il Servizio Civile è previsto il rilascio di un attestato da parte di Caritas Italiana in cui vengono riportate la tipologia del servizio svolto e le competenze che vengono conseguite durante il servizio (modello consegnato all’UNSC da Caritas Italiana). La singola Caritas diocesana rilascia –su richiesta dell’interessato e per gli usi consentiti dalla legge- ulteriore documentazione più dettagliata e particolareggiata. Le stesse competenze sono riconosciute e certificate mediate il rilascio di un attestato da parte dell’Ente terzo CGM - Consorzio Nazionale della Cooperazione di Solidarietà Sociale “Gino Matterelli”, come da convenzione allegata. Il progetto consente l'acquisizione delle seguenti competenze riconosciute e certificate dalla Caritas Italiana e dall’ente terzo CGM - Consorzio Nazionale della Cooperazione di Solidarietà Sociale “Gino Matterelli”: COMPETENZE TRASVERSALI - Costruire messaggi chiari, al fine di fornire informazioni corrette ai giovani interessati

alle attività organizzate dall’associazione. - Adottare stili di comportamento propositivi, improntati alla cordialità e alla cortesia - Collaborare con i professionisti coinvolti nel progetti, in relazione ai propri compiti e ai

risultati da raggiungere - Integrarsi con altre figure/ruoli professionali e non - Adeguarsi al contesto: linguaggio e atteggiamenti, rispetto delle regole e orari - Gestire la propria attività con la dovuta riservatezza ed eticità - Controllare la propria emotività rispetto alla sofferenza - Lavorare in team per produrre risultati collettivi - Assumere le necessarie decisioni gestionali in sufficiente autonomia, seppur nell’ambito

di sistemi e procedure già calibrati e condivisi - Collaborare con il Personale dell’Ente e con i colleghi. COMPETENZE SPECIFICHE - Conoscere gli elementi teorici e pratici di base nel campo della progettazione sociale in

ambito internazionale (metodo Project Cycle Management e SWAT) - Conoscere gli elementi teorici e pratici di base nel campo della cooperazione

internazionale e solidale - Conoscere gli elementi di base nella relazione sociale negli ambiti di lavoro del progetto - Conoscere gli elementi teorico pratici nel campo della relazione interculturale - Conoscere gli elementi teorico pratici nel campo della tutela dei diritti umani - Avere la capacità di adeguarsi al contesto: linguaggio ed atteggiamenti

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- Avere la capacità di assumere le necessarie decisioni gestionali in sufficiente autonomia

- Conoscere e saper convivere con situazioni climatiche e culturali differenti; - Saper realizzare attività educative con mezzi poveri. - Saper convivere con persone con cultura e fedi religiose differenti. - Aver Acquisito stili di comportamento propositivi, improntati alla cordialità e alla cortesia;- Conoscere la lingua del Paese di destinazione - Conoscere elementi teorico-pratici del quadro istituzionale nell'ambito dei progetti di

cooperazione. - Aver sviluppato capacità di problem solving;

Formazione generale dei volontari 37) Sede di realizzazione:

Sede Caritas Italiana Via Aurelia 796 - 00165 Roma e sede di una Caritas diocesana di provenienza dei candidati selezionati

38) Modalità di attuazione:

La formazione è effettuata in proprio, presso l’Ente, con formatori dell’Ente.

39) Ricorso a sistemi di formazione verificati in sede di accreditamento ed eventuale

indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio:

SI

40) Tecniche e metodologie di realizzazione previste:

A partire dai contenuti previsti per la formazione generale nella circolare “Linee guida per la formazione generale dei volontari”, ed il sistema di formazione verificato dall’UNSC in sede di accreditamento, il percorso di formazione generale si attua con le seguenti tecniche e metodologie.

3.1 Nella fase di accesso al servizio civile: Il progetto prevede un percorso di ingresso per la conoscenza della proposta, allo scopo di creare le condizioni ottimali di inserimento. Metodologia

- lezioni frontali; - gruppi di approfondimento; - confronto sulle motivazioni; - riflessioni personali.

Numero ore di formazione previste Il corso ha una durata massima di 12 ore di formazione.

3.2 Durante il servizio civile: 3.2.a formazione generale

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Metodologia Per ogni obiettivo formativo viene considerato: - la coscientizzazione: essere/divenire consapevoli di sé, dell’altro, del mondo - dalla conoscenza della realtà al saper comunicare la realtà - dal sapere di essere nella realtà al saper stare nella realtà - dal saper fare al saper fare delle scelte - dallo stare insieme al cooperare ed in relazione a questi livelli la dimensione: - individuale della persona - la famiglia, il gruppo, la comunità di appartenenza - la società, il mondo attraverso: - lezioni frontali (almeno il 50% del monte ore complessivo) - elaborazione dei vissuti personali e di gruppo, simulazioni, lavori in gruppo e riflessioni personali (almeno il 20% del monte ore complessivo) - testimonianze e/o visite ad esperienze significative

Numero ore di formazione previste; totale durante l’anno di 50 ore. La proposta è articolata in un percorso di formazione caratterizzato da: - corso di inizio servizio (4-8 giornate) nel primo mese di servizio - corso di metà servizio (3-5 giornate) nel 3°-4° mese Inoltre durante il momento di verifica di fine servizio (vedi il piano di monitoraggio interno descritto alla voce 21), verranno proposti anche degli approfondimenti tematici a partire dalla verifica dell’esperienza svolta nell’incontro di monitoraggio. 3.2.b attività di animazione e sensibilizzazione

Obiettivi Le competenze e la maturazione acquisibili attraverso la formazione, lo scambio e il confronto nel gruppo, portano a comunicare l’esperienza allo scopo di: - sviluppare le diverse competenze e capacità comunicative dei volontari - promuovere il progetto sul territorio - sensibilizzare sulle tematiche del progetto

Metodologia - elaborazione di programmi di animazione e sensibilizzazione del territorio - studio delle principali forme di comunicazione mass-mediale (elaborazione di testi, grafica, informatica, accesso a stampa e Radio-TV) - preparazione alle principali forme di comunicazione (gestire un gruppo, parlare in pubblico …) - lo studio del target e la verifica dei risultati

Numero verifiche previste e relativi strumenti utilizzati anche per la misurazione dei livelli di apprendimento raggiunti;

Durante il servizio civile: valutazione attraverso scheda di verifica a conclusione dei singoli moduli formativi. Successive condivisioni e confronti in gruppo. Durante il servizio civile: valutazione attraverso scheda di verifica a conclusione dei singoli moduli formativi. Successive condivisioni e confronti in gruppo.

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41) Contenuti della formazione:

A partire dai contenuti previsti per la formazione generale nella circolare “Linee guida per la formazione generale dei volontari”, ed il sistema di formazione verificato dall’UNSC in sede di accreditamento, si propone una formazione generale che preveda due fasi Una prima fase di 30 ore circa (da realizzare nei primi 4 mesi) che tiene conto delle indicazioni delle “Linee guida per la formazione generale dei volontari”in cui presentare ad un primo livello i singoli argomenti che saranno poi, dove necessario, approfonditi a partire dalle esigenze del gruppo. Verranno unificate alcune tematiche all’interno dei momenti previsti e verrà dedicato il primo periodo all’aspetto formativo istituzionale (una giornata settimanale). La tempistica verrà modulata secondo la tabella sottostante:

Moduli UNSC Moduli Caritas Tempistica Modalità (1)

L’identità del gruppo in formazione

sostenere l’esperienza e la sua rielaborazione

favorire l’attenzione alla cura delle relazioni

sostenere la motivazione sostenere l’orientamento per il

futuro

3 1 F – 2 I

Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale: evoluzione storica, affinità e differenze tra le due realtà

2 2 F

Il dovere di difesa della Patria

2 2 F

La difesa civile non armata e nonviolenta

comprendere il significato di concorrere alla difesa della patria

2 1 F – 1 I

La protezione civile 1 1 F La solidarietà e le forme

di cittadinanza

La comunicazione interculturale, la gestione del conflitto e l’educazione alla cittadinanza attiva e alla responsabilità ambientale

L’approccio alla riconciliazione Cenni sulle emergenze in ambito

internazionale e l’approccio psicosociale della Caritas

4+3 2 F – 5 I

Servizio civile nazionale, associazionismo e volontariato

1 1 F

La normativa vigente e la Carta di impegno etico

1 1 F

Diritti e doveri del volontario del servizio civile

conoscere il sistema del Servizio Civile Nazionale in generale e in particolare le specificità dei progetti all’estero

1 1 F

Presentazione dell’Ente conoscere la specificità della Caritas come ente ecclesiale

lo stile e il metodo Caritas in ambito internazionale

I Caschi Bianchi per il diritto internazionale e la rete Caschi Bianchi in Italia

3 3 F

Il lavoro per progetti i progetti internazionali e il piano di impegno

3 2 F – 1 I

abilitare e sostenere la comunicazione e l’animazione del territorio durante e dopo il servizio

4 2 F – 2 I

30 19 F – 11 I

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(1) F: lezione frontale; I:dinamiche non formali Fermo restando le ore complessive di formazione ed i temi, l’articolazione della proposta sarà adattata in base al gruppo dei volontari in formazione. Al termine della prima fase verranno proposti alcuni strumenti per verificare il gradimento e l’interesse dei giovani rispetto a tutte le tematiche presentate, in modo da programmare il restante percorso formativo.

- Una seconda fase, che si realizzerà con il corso di metà servizio, di 20 ore circa dove sarà possibile dedicare più attenzione e tempo ad alcune tematiche rispetto ad altre partendo dalle esigenze e dalle risorse dei giovani e delle realtà locali. Si approfondiranno gli stessi contenuti affrontati nelle prime 30 partendo dall’esperienza vissuta dai giovani nei primi mesi di esperienza favorendo così un’opportuna connessione tra temi generali ed esperienza concreta. Inoltre si individueranno altre tematiche in base alle esigenze ed alla situazione del gruppo particolare di volontari.

Inoltre durante i momenti di verifica di fine servizio (vedi il piano di monitoraggio interno descritto alla voce 21), verranno proposti anche degli approfondimenti tematici, inerenti ai contenuti di formazione generale, a partire dalla verifica dell’esperienza svolta.

42) Durata:

Il progetto prevede un percorso formativo generale di 50 ore totali.

Formazione specifica (relativa al singolo progetto) dei volontari 43) Sede di realizzazione:

Caritas Italiana, Via Aurelia, 796– 00165 Roma e sedi di attuazione del progetto all’estero.

44) Modalità di attuazione:

La formazione specifica è effettuata In proprio, presso l’ente con formatori dell’ente.

45) 46) 47) Tecniche e metodologie di realizzazione previste:

Oltre a quanto previsto nel sistema di formazione verificato dall’UNSC in sede di accreditamento per quanto concerne le tecniche e le metodologie della formazione specifica, si adotteranno le seguenti metodologie. Questa parte viene curata con momenti di formazione specifica all’interno e in aggiunta ai corsi residenziali di inizio, metà e fine servizio (vedi tecniche e metodologie della formazione generale) e con l’accompagnamento nel Paese da parte di operatori di Caritas Italiana oltre che attraverso la collaborazione con le sedi di attuazione del progetto. Ha come obiettivo un positivo inserimento nel contesto di servizio in modo da garantire la tutela sia dei volontari in servizio civile che dei beneficiari del progetto. Ai volontari verrà proposto un percorso formativo complessivo comprendente: 1) incontro con gli operatori dell’area internazionale della Caritas Italiana per approfondimento teorici e pratici degli aspetti legati alla specificità del progetto e del Paese prima della partenza e

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al rientro intermedio; 2) incontro di accoglienza iniziale nella sede estera: presentazione della sede di realizzazione del progetto, delle attività svolte, del ruolo e delle responsabilità richieste al volontario; 3) incontri di verifica e programmazione insieme agli operatori della sede di realizzazione del progetto al fine di confrontarsi sui casi, confrontarsi sulle difficoltà incontrate e per trasmettere i contenuti formativi affinché il volontario possa raggiungere gli obiettivi previsti; 4) incontri specifici di approfondimento tematico su argomenti relativi al progetto;

- possibile partecipazione a eventi formativi rivolti agli operatori dei centri; - incontro di bilancio finale per effettuare una valutazione condivisa dell’esperienza del

volontario; presentazione da parte dei volontari di una relazione di “fine servizio” per una “restituzione” dell’esperienza

48) Contenuti della formazione:

La formazione specifica verterà sui seguenti argomenti: - storia e situazione attuale (politica, economica, sociale,…) del Paese e dell’area

geografica, con attenzione a cause di conflitto e tensione - cultura e abitudini della popolazione locale - norme di sicurezza nel Paese - storia e situazione dei progetti nei quali i volontari si inseriscono - approfondimenti tematici (microcredito, bambini di strada, sfruttamento delle risorse

naturali, diritti umani,…) - relazione interculturale

49) Durata:

Il progetto prevede un percorso di 72 ore di formazione specifica

Altri elementi della formazione

50) Modalità di monitoraggio del percorso di formazione (generale e specifica)

predisposto:

Si rinvia al sistema di monitoraggio verificato dall’UNSC in sede di accreditamento