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s c h e d a SCHEDE DI STORIA di C.Borghino - L.Salerno - L.Xodo © Editrice EDISCO, Torino SCHEDE DI STORIA SCHEDE DI STORIA MATERIALE DI APPROFONDIMENTO

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SCHEDE DI STORIA di C.Borghino - L.Salerno - L.Xodo © Editrice EDISCO, Torino

SCHEDE DI STORIASCHEDE DI STORIA

MATERIALE DI APPROFONDIMENTO

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Il nostro secolo è invece carat-terizzato da un nuovo materiale,la plastica, che consente unaenorme produzione di oggetti aprezzi contenuti.

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vamente anche i metalli. Per unperiodo di 9000 anni, questisono stati i materiali con cui l’uo-mo ha via via costruito intorno asè tutte le cose necessarie pervivere e per abitare.

Facciamo un balzo fino alsecolo scorso, quando la rivolu-zione industriale, con le sue pro-fonde trasformazioni culturali,sociali ed economiche, ha favori-to un’ulteriore moltiplicazionedi materiali disponibili per laproduzione. In particolare unodi questi, l’acciaio, è diventato ilsimbolo dello sviluppo indu-striale dell’Ottocento.

Dalla pietra alla plastica

In alto, la scure, il pugnale e gli oggetti che nell’età del bronzo l’uomo preisto-rico utilizzava per la caccia. Sopra, oggi anche gli scooter più potenti e sofistica-ti vengono costruiti con materiale plastico. A destra, costruzione di un gratta-cielo a New York agli inizi del 900, nel quale è ben visibile la struttura dell’ac-ciaio che conferisce solidità alla costruzione.

I materiali hanno avuto unagrande importanza nella storiadell’umanità, tanto che alcuniperiodi preistorici e storici sonoindicati proprio con il nome diun materiale: età della pietra, etàdel rame, età del bronzo, età delferro. La storia della trasforma-zione dei materiali, dalla pietra,al legno, ai metalli, accompagnala storia della costruzione degliutensili, delle armi, di oggetti,congegni e macchine, che hannocontribuito all’evoluzione dellavita dell’uomo sulla Terra.

L’uomo primitivo, per circa unmilione di anni dalla sua com-parsa sulla Terra, ha usato preva-lentemente cinque materiali perprodurre utensili e oggettid’uso: legno, osso, corno, pietra,pelle. Sono tutti materiali chel’uomo ricavava dall’ambiente incui viveva.

Durante il primo periodo neo-litico (cioè della “pietra nuova”),l’uomo ha acquisito conoscenzee capacità per lavorare in modocomplesso altre materie prime:argilla, lana, cotone, lino. Questacapacità di trasformare sostanzenaturali attraverso tecniche sem-plici ma precise ha consentito diottenere nuovi materiali, comela ceramica, i tessuti e successi-

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Comunicare, trasmettere le pro-prie impressioni e il propriopensiero è uno dei bisogni fon-damentali dell’uomo. Ma la pos-sibilità di scrivere, cioè comuni-care con dei segni, è realizzabilesoltanto utilizzando un materialeadatto allo scopo.

L’evoluzione della scrittura èstrettamente legata al progressotecnico per la produzione deimateriali su cui scrivere ed en-trambi sono stati strumenti deci-sivi per lo sviluppo delle civiltà.

L’uomo primitivo incideva sul-la pietra disegni che rappresen-tavano animali, strumenti oaspetti della natura, che faceva-no parte della sua esperienza.

Durante un processo moltolungo, l’uomo è passato dal di-segno al pittogramma (disegnostilizzato che rappresenta l’og-getto), all’ideogramma (segnoche indica cose astratte, azioni,concetti e rimanda all’immagi-ne, all’idea che si vuol esprime-re) ed infine alla sequenza di ve-ri e propri segni grafici che for-mano i suoni delle parole. La na-scita della scrittura ha segnato ilpassaggio dalla preistoria allastoria.

Grazie alle tavolette di argillasu cui scrivevano i popoli dellaMezzaluna fertile, è stato possi-bile ricostruire la loro storia. Essiincidevano ideogrammi con unacanna a taglio obliquo su tavo-

lette di argilla, che poi venivanocotte al sole o al fuoco.

Con il progredire delle civiltà eil perfezionarsi della scrittural’uomo ha cercato materiali piùleggeri, maneggevoli e facil-mente trasportabili su cui scrive-re, quali foglie di palma o pelliessicate di animali.

Il primo materiale avente tuttii requisiti per fare da supportoalla scrittura è stato il papiro,utilizzato circa 5000 anni fa da-gli Egiziani.

Il foglio di papiro si ricava dal-l’omonima pianta acquatica de-nominata Ciperus Papyrus, anti-camente molto diffusa lungo lerive del Nilo. La parte superioredello stelo di questa pianta veni-va tagliata a strisce che venivanodisposte affiancate su un pianoorizzontale; su questo strato sene collocava un altro dispostotrasversalmente rispetto al pri-mo. Il tutto, bagnato con acqua,veniva pressato in modo che lesostanze collose contenute nellapianta stessa facessero aderire idue strati fibrosi. Sul foglio cosìottenuto, asciugato all’aria, siscriveva con una specie di pen-nello ricavato da un giunco, lacui estremità veniva preventiva-mente masticata. Come inchio-stro, gli scribi egiziani usavano

una miscela di acqua, polvere fi-nissima di carbone di legna e so-stanze collose. Il foglio di papiroè stato utilizzato anche dai Grecie dai Romani. Tuttavia per l’usoquotidiano gli studenti romaniusavano una tavoletta di legnoricoperta di cera, meno costosadel papiro. Scrivevano graffian-do la cera con la punta dello sti-

La carta e i suoi antenati

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Altorilievo raffigurante un anticoromano che scrive su un papiro.

Disco di Festo, trovato nel 1908 dal-l’archeologo Luigi Pernier, è unaplacca di argilla sulle cui facce sonostampati segni di una scrittura silla-bica realizzata tra il 1550 e la finedel XIII sec. a.C.

Esempio di scrittura demotica.Un contratto steso nell’anno V del re persiano Dario.

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lo e poi cancellavano rispianan-do la cera con la coda dello stilosagomata a spatola. Tra la finedel III secolo e l’inizio del II se-colo a.C., si è sviluppata a Perga-mo, città dell’Asia Minore, laproduzione della pergamena,ottenuta da un’accurata lavora-zione di pelli di capra, di agnelloe di pecora.

Questo materiale molto resi-stente è stato usato per parecchisecoli nell’area del Mediterra-neo, mentre nella lontana Cinasi conosceva già il segreto di unmateriale molto simile allaodierna carta per scrivere.

La scoperta della carta

Intorno al 105 d.C. Ts’ai Lun,notabile del Celeste Impero cine-se, mise a punto un procedimen-to di fabbricazione della cartausando come materia primacanne di bambù, corteccia digelso e paglie.

La parte fibrosa veniva fattamacerare in acqua, risciacquatae poi battuta in mortai di pietrafino a ottenere una pasta unifor-me. Questa veniva distesa e spia-nata su griglie di bambù di di-mensioni uguali al foglio da fab-bricare.

Questa scoperta venne diffusain Europa dagli Arabi intorno al1000 d.C. In Italia le fabbrichedi carta si svilupparono rapida-mente.

La più famosa è quella di Fa-briano, la cui esistenza è testi-moniata già da documenti del1200.

I maestri fabrianesi utilizzava-no come materia prima gli strac-ci di cotone o di lino. Essi intro-dussero innovazioni tecnichemolto importanti: il mortaioazionato a mano venne sostitui-to da pestelli azionati da unaruota idraulica; la pasta di cellu-losa non veniva più versata suun graticcio, ma veniva estrattada un tino mediante un telaiodella forma del foglio da fabbri-care.

Da Fabriano gli artigiani cartaipartirono per insegnare l’arte difabbricare la carta prima in Ita-lia, poi in Europa e col passare

del tempo i procedimenti sonostati notevolmente migliorati.

Nel corso del 1600 la pila amaglio di origine fabrianesevenne sostituita da nuove mac-chine, “le olandesi”, capaci diprodurre la pasta di cellulosa inminor tempo.

Alla fine del 1700 l’invenzio-ne della “macchina continua”costituì un salto di qualità indi-spensabile per soddisfare lasempre crescente richiesta dicarta.

La macchina continua era ingrado di fornire la carta in bobi-ne e non più in fogli, producen-do grossi quantitativi in tempirelativamente brevi.

Agli inizi dell’Ottocento lo svi-luppo sociale e culturale portò auna richiesta sempre maggioredi carta per stampare libri egiornali.

La materia prima fino allorautilizzata, gli stracci, si dimostra-va insufficiente, diventava quin-di necessario utilizzare il legno.Attraverso un procedimento disfibratura si ottenne la “pastameccanica”.

Nella seconda metà dell’Otto-cento un susseguirsi di innova-zioni tecnologiche ha consentitodi produrre con il legno, attra-verso procedimenti chimici, unanuova pasta: la pasta chimica.

Agli inizi del nostro secolo na-scono nuovi e potenti impianti,si rimodernano e si ampliano

vecchie cartiere, secondo i piùaggiornati criteri dell’organizza-zione aziendale, raggiungendosempre maggiori produzioni.

Per avere un’idea della produ-zione attuale di carta si pensiche le moderne macchine conti-nue producono nastri di cartalarghi 9 metri alla velocità di 1km al minuto.

E per il prossimo futuro? Staimponendosi un ben altro tipodi “carta”: si tratta di un disco dimateriale plastico da inserire nelcomputer sul quale si può “scri-vere” l’equivalente di un libro didecine di migliaia di pagine.

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Antica stampa che raffigura la fab-bricazione a mano della carta.

Antica fabbricazione della carta in Cina.

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Il legno insieme alla pietra è sta-to uno dei primi materiali utiliz-zati dall’uomo perché reperibilequasi dovunque e di facile lavo-razione. Fin dalla preistoria il le-gno è stato utilizzato come com-bustibile per la cottura dei cibi,per riscaldare le abitazioni e percostruire strumenti.

Con la scoperta dei metalli e lacostruzione di appositi utensili, illegno ha potuto essere lavoratopiù agevolmente e dai tronchi sisono ricavati assi e travi che han-no consentito di costruire ogget-ti anche di grandi dimensioni. Èil caso delle grosse imbarcazionicostruite dai popoli del Mediter-raneo, Fenici, Cretesi, Egiziani,imbarcazioni sempre più perfe-zionate, in grado di affrontare ilmare aperto. Il crescente svilup-po della navigazione, soprattut-to in epoca romana, ha provoca-to la decimazione delle risorseboschive. Basti pensare che percostruire un galeone era neces-sario il legno di 5000 querce.

Nel corso dei secoli il legno èstato il materiale più usato intutti i campi (utensili, macchine,vetture, navi, case) e la principa-le fonte di energia.

Nel XVIIl secolo il grosso au-mento della produzione di me-talli ha richiesto un consumocrescente di legna da ardere cheha portato a un progressivo dis-

boscamento delle foreste in Eu-ropa.

Infine, nel secolo scorso il le-gno è diventato anche materiaprima per la produzione di carta.Il costante aumento della richie-sta di carta e delle traversine dilegno per la rete ferroviaria, chein quegli anni si è sviluppata, hacausato una fortissima riduzionedel patrimonio forestale in Euro-pa. Intanto il legno ha comincia-to ad essere sostituito dai metalli,in particolare dall’acciaio, concui si sono costruite navi, treni estrutture di edifici.

Il legno ha continuato a essereusato per costruire parti di uten-sili, mobili, pavimenti.

Nel corso del XX secolo neiPaesi industrializzati come il no-stro il legno ha lasciato il postoad altre fonti di energia, ad altricombustibili: petrolio, carbone emetano. Come materiale il legnoè stato sempre più largamente

sostituito dai metalli e dalla pla-stica. Tuttavia esso conserva lasua importanza in molti campi:in edilizia, nella costruzionedi infissi, nell’arreda-mento, nella costru-zione di strumentimusicali.

Il legno, un materiale molto antico e versatile

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In basso a sinistra, maschera africana dello Zaire in legno dipinto; a destra,violino di Nicola Amati. Sopra, il legno viene utilizzato sempre più spessonelle nostre case non solo per costruire sedie, tavoli o suppellettili ma ancheper rivestire e abbellire pavimenti.

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Fin dalla preistoria l’arte tessileha avuto grande importanza:con aghi e uncini di osso o di le-gno, si intrecciavano le fibre ve-getali e animali e si produceva-no rudimentali tessuti. Le donnesi dedicavano generalmente aquesta attività che con il passaredel tempo esse stesse perfezio-narono. Le fibre venivano filateper ottenere fili lunghi, sottili eresistenti. I fili venivano fissati aun telaio, verticalmente, uno ac-canto all’altro per formare l’ordi-to, mentre orizzontalmente veni-va fatto passare il filo della tra-ma in modo da ottenere un in-treccio fitto e compatto.

Le prime testimonianze sull’ar-te di filatura e tessitura risalgonoa circa 15.000 anni fa in Asia e a12.000 anni fa nel Nord Africa;provengono da dipinti muraliscoperti nelle tombe e da inci-sioni rupestri.

Gli Egiziani sono stati i primiad utilizzare i telai; essi lavorava-no prevalentemente il lino. Altripopoli conoscevano l’arte di tes-sere: gli Indiani, i Fenici, i Babi-lonesi e i Cinesi, che scoprironoil segreto per tessere la seta. Siconoscono due tipi di telai cine-si: il telaio a trazione e il telaio apedale. Grazie alla perfezione di

questi strumenti dal II secoloa.C. i cinesi potevano produrrepregiatissimi tessuti di seta lavo-rata, i damaschi e i broccati.

Nella Grecia antica apprezza-

vano moltissimo le sete orientalie così hanno cercato di avviarel’allevamento di bachi da setaanche nel bacino del Mediterra-neo, ma senza successo.

Nel Basso Medioevo la tessitu-ra si è sviluppata in tutta Europagrazie agli scambi commerciali,all’introduzione di nuove mate-rie prime, quali seta e canapa, ea sensibili miglioramenti nelletecniche di costruzione dei telai.

Bisogna arrivare intorno al1700 per vedere realizzati i pri-mi telai meccanici azionati a pe-dale che con semplici meccani-smi consentivano di coordinare iquattro movimenti fondamentalidella tessitura: il movimento deilicci che alzano alternativamentei fili pari e dispari dell’ordito; ilmovimento della navetta che co-struisce la trama del tessuto; l’a-vanzamento del tessuto; e il mo-vimento del pettine che serra ifili della trama.

I telai meccanici sono stati inseguito perfezionati. Con l’intro-

Tessuti e pelli: una risposta al bisogno di coprirsischeda

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In alto, graffito rappresentante una scena di cacciatori e pastori ritrovato inuna grotta dei Tassili; sotto, due donne dell’antica Grecia al telaio. Nella pagi-na di destra; in alto, telaio del XIX sec. azionato da schede perforate inventa-to da Jacquard; sotto, l’interno di una filanda in Inghilterra nel 1850.

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duzione della macchina a vapo-re si è sfruttata la forza motricedel vapore per azionare più telaiattraverso un sistema di ruote ecinghie di trasmissione. L’intro-duzione della macchina a vapo-re nell’industria tessile ha per-messo di produrre tessuti ingrandissima quantità in brevetempo e a basso costo. La filatu-ra e la tessitura non sono più at-tività artigianali ma una vera epropria attività industriale.

Nel 1804 l’invenzione da par-te del francese Jacquard di untelaio capace di eseguire disegnicomplessi sul tessuto ha segnatouna tappa determinante nellaproduzione di tessuti: nasce laprima macchina operatrice acontrollo automatico.

Accanto al continuo evolversidelle macchine, un’altra inven-zione ha contribuito in manieradecisiva allo sviluppo dell’indu-stria tessile. Nel 1938 è statamessa a punto la prima fibra tes-sile sintetica: il nylon. Dopo la fi-ne della Seconda guerra mon-diale il nylon e altre fibre realiz-zate in laboratorio sono state im-piegate su larga scala per la pro-duzione di nuovi tessuti.

Attualmente macchine com-pletamente automatiche pro-grammate per mezzo di calcola-tori elettronici richiedono sem-pre meno personale e sono ca-paci di produrre tessuti con dise-gni originali e fantasiosi.

Le pelli

Sin dalla preistoria catturare unanimale significava non solo nu-trimento per il gruppo, ma spes-so anche protezione per il pro-prio corpo (indumenti e rivesti-menti per le capanne). Nel NordEuropa, in una tomba risalenteal Paleolitico, si sono trovati abi-ti di pelle di foca.

Cinture, borse e calzature inpelle sono state rinvenute un po’dovunque nelle tombe di varieepoche storiche.

Già in tempi antichissimi lepelli fresche venivano cosparsedi olio o di grasso fuso per evi-tarne la putrefazione e conferirenello stesso tempo una maggio-re morbidezza: questo processoè detto oggi concia grassa.

L’uso e il trattamento dellepelli risale dunque a periodi an-tichissimi nella storia dell’uomoe a popoli molto diversi per col-locazione geografica. Bastino al-cuni esempi. Le tombe egizie di7000 anni fa hanno dipinti cherappresentano gli stadi della la-vorazione del cuoio. Letti, sediee sgabelli egizi avevano l’inte-laiatura in pelle. Egizi, Babilone-si e Persiani conoscevano la con-cia vegetale, fatta con tanninoestratto da varie piante, che ren-de la pelle pieghevole e resisten-te all’umidità.

La pergamena, pelle grezzanon ingrassata, 2500 anni fa as-

sunse un ruolo fondamentaleper la scrittura ed è antica alme-no quanto la concia vegetale.

I soldati romani usavano co-razze ed elmi di cuoio, conciaticon il tannino ricavato dalle nocidi galla e dalla corteccia dellequerce.

Di pelle erano le faretre per lefrecce e i finimenti dei cavallidelle popolazioni mongole gui-date da Gengis Kahn alla con-quista dell’Occidente.

I popoli di civiltà araba trasfor-marono la concia in arte: sonofamosi il cuoio di Cordova e il“marocchino”, entrambi intro-dotti in Spagna verso il 1000 epoi diffusi in tutta Europa.

Più recentemente le cinghie ditrasmissione nelle macchine altempo della prima RivoluzioneIndustriale (fine Settecento/iniziOttocento) erano di pelle di ba-lena.

La moderna industria concia-ria impiega prevalentemente laconcia minerale con sali di allu-minio e di cromo. Ma proprioquesto tipo di concia è il princi-pale responsabile dei gravissimiinquinamenti dei fiumi, che sisono verificati in questi anni.

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Per centinaia di migliaia di annigli uomini primitivi hanno usatoutensili di legno, di osso e di pie-tra, materiali che erano a portatadi mano. I metalli, che hanno l’a-spetto di una roccia, non sono fa-cili da riconoscere, così come nonè facile separare il metallo daglialtri elementi del composto.

I primi metalli conosciuti e la-vorati dall’uomo sono stati l’oro,l’argento e il rame, che si trovanoin natura anche allo stato puro.Gli uomini primitivi probabil-mente sono stati attratti dal colo-re e dalla lucentezza di questi me-talli: il rame è rosso bruno, l’oroè giallo e l’argento è bianco.

Lavorando il metallo a freddocome se fosse una pietra, gli uo-mini primitivi si sono accorti cheil metallo non si frantuma comeuna roccia e non si scheggia co-me il legno e l’osso. Il metallo in-vece si piega e si appiattisce, percui può essere lavorato in varieforme.

I metalli contenuti nei mineralisono stati scoperti circa 6000 an-ni fa, probabilmente per caso.Qualcuno accendendo il fuoco suuna roccia ne ha provocato la fu-sione. Aveva così inizio la metal-lurgia. I minerali che conteneva-no metalli venivano estratti dallerocce e poi fusi in piccole fornaci.

Il metallo reso liquido venivacolato in contenitori della formavoluta.

L’età del bronzo

Col passare dei secoli l’uomo hascoperto che il rame poteva es-sere reso più duro con l’aggiun-ta di altri metalli. Mescolandorame e stagno si ottiene una le-ga più dura e resistente: il bron-zo. Dopo il III millennio a.C. si èdiffusa la metallurgia del bron-zo. Per oltre 2000 anni il bronzoè stato il metallo più usato: percorazze, punte di lance, coltelli easce, perché il bronzo è moltosuperiore alla pietra per resisten-za e capacità di produrre taglinetti.

L’età del ferro

Intorno al 1200 a.C. si è diffusala lavorazione del ferro. Questometallo era già conosciuto ancheprima. Nelle tombe egiziane so-no stati ritrovati oggetti di ferroche risalgono al 3500 a.C. Si trat-tava di ferro meteorico allo statopuro, molto raro e ritenuto pre-zioso anche per la sua provenien-za dal cielo.

L’età del ferro ha inizio quandogli uomini imparano a ricavarlodai suoi minerali.

Il processo di fusione del ferroè simile a quello del rame, peròil ferro fonde a temperatruremolto più alte.

La metallurgia del ferro è possi-bile quando si costruiscono fornialimentati da carbone di legna emuniti di un mantice che permet-te il tiraggio forzato dell’aria. Ilferro fonde dando luogo a unamassa spugnosa che, battuta ripe-tutamente con il martello, a con-tatto con il carbone di legna in-candescente, diventa sempre piùdura. Gli artigiani dell’antichitànon sapevano perché questi trat-tamenti miglioravano le qualitàdel ferro. Oggi sappiamo che du-rante questa operazione piccolequantità di carbonio si diffondo-no sulla superficie del ferro con ilrisultato di trasformarlo in acciaio.

I primi a utilizzare queste tecni-che di lavorazione del ferro sonostati gli Ittiti che vivevano in AsiaMinore (la moderna Turchia).Quando essi hanno cominciato acombattere con armi fatte delnuovo metallo, i loro nemici, sbi-gottiti, si sono considerati vittimedi un’arma segreta. Spade e lancedi bronzo si infrangevano inutil-mente contro gli scudi di ferro.Con l’estendersi della conoscenzadel nuovo metallo i vari popolihanno abbandonato il bronzo peril ferro: ha inizio così l’età del fer-ro. I Romani hanno incoraggiatoe incrementato la metallurgia delferro che avevano ereditato dagliEstruschi. Fabbri romani hannoscoperto che immergendo l’ac-ciaio rovente nell’acqua si otten-

gono utensi-li ancora piùduri e resi-stenti. Talep r o c e d i -mento, cheindurisce ul-teriormentel’acciaio, èc h i a m a t otempra. È pro-babile che unadelle ragioni del-la superiorità deglieserciti romani sia da ri-cercarsi nelle armi di ferro tempe-rato di cui erano dotati. Non solole spade e le punte delle lance,ma anche gli scudi e le teste degliarieti, usati come catapulte, eranodi ferro. Per fondere i minerali dirame, argento e dei metalli mino-ri si usavano piccoli forni simili aquelli usati dai romani. Invece peril ferro sono stati costruiti fornisempre più grandi.

Alla fine del XII sec. d.C. l’usodella ruota idraulica per muoveregrossi mantici ha permesso diraggiungere nei forni temperatu-re più elevate e una fusione mi-gliore, che consentiva la comple-ta liquefazione del ferro. Si otte-neva così la ghisa.

Soltando alla fine del XVIII se-colo l’uso del carbone coke nelprocesso di fusione del ferro hapermesso di raggiungere tempe-rature molto elevate che consen-tono di ottenere una ghisa dibuona qualità e a buon merca-to. Le successive invenzioniscientifiche e tecnologiche han-no portato miglioramenti nelletecniche di estrazione e lavora-zione del ferro (ghise e acciai)ma anche di altri metalli, comel’alluminio, che è stato ottenutosolo dopo il 1850 attraverso ilprocedimento chimico dell’elet-trolisi che richiede l’impiegodell’elettricità. L’uso dei metallie la parallela ricerca scientificahanno consentito la costruzionedel motore a vapore, lo sviluppodelle ferrovie e di tutte quellemacchine che hanno dato origi-ne alla Rivoluzione Industriale.

I metalli: dall’oro all’acciaioscheda

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Bronzo africano del Benin.

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Grazie alla facilità con cui può es-sere lavorata e alla diffusione deigiacimenti, l’argilla è stata unodei primi materiali lavorati dal-l’uomo per costruire vasi, broc-che e altri recipienti. I primi og-getti in argilla avevano però l’in-conveniente di essere molto fra-gili e soprattutto di essere corrosidall’acqua.

Con l’invenzione del procedi-mento di cottura, l’argilla vieneriscaldata, oltre i 100 °C si indu-risce, pur mantenendo la sua fra-gilità, diventa inattaccabile dal-l’acqua e capace di resistere aelevate temperature. Nasconocosì le prime terrecotte ottenuteper cottura su braci ardenti.

L’uomo dell’età neolitica mo-della il suo vasellame con metodiche ancora oggi vengono usatidalle popolazioni primitive del-l’America, dell’Africa e dell’Ocea-nia; egli ricava il suo contenitoremodellando un unico pezzo diargilla o sovrapponendo una se-rie di anelli. Più tardi impara aforgiare manici per agevolarel’impugnatura e a decorare il suovasellame con disegni ispirati al-la natura o con forme geometri-che. Vengono utilizzati diversi tipidi argilla per produrre vasellamidi colori differenti e al materialedi base si aggiungono sabbia ogusci di chiocciole triturate perrenderlo più poroso.

La lavorazione dell’argilla siperfeziona grazie a una serie ditecniche messe a punto verso il3000 a.C. dagli Egizi e diffuse intutto il Mediterraneo dai Fenici:l’invenzione del tornio da vasaioe del forno a volta. Il tornio per-mette di creare forme più sim-metriche e originali e di control-lare meglio lo spessore delle pa-reti. Il forno a volta garantisceuna cottura più omogenea equindi una maggiore resistenzadel prodotto finito.

L’argilla ha avuto largo impie-go anche nelle costruzioni edili,in particolare per la fabbricazio-ne dei mattoni, come testimonia-no i numerosi ritrovamenti ar-cheologici in Mesopotamia.

Intorno al 1000 a.C. viene in-trodotto un nuovo procedimentoche consiste nel ricoprire conte-nitori di argilla con bagni dipiombo e stagno, per migliorarel’impermeabilità e permettere lafabbricazione di recipienti piùadatti a contenere liquidi. Gli in-numerevoli ritrovamenti di vasi,coppe, anfore di svariata forma euso ne sono la testimonianza.

Le tecniche di lavorazione dellaceramica non hanno subito so-stanziali innovazioni nel Medioe-vo: è solo sul finire del Settecen-to che in Europa si diffondonoprocedimenti innovativi per laproduzione della porcellana. Ineffetti la porcellana era lavoratafin dal 200 a.C. in Cina, ma inEuropa non la si conosceva.

La produzione della porcellanasi diffonde nei paesi ricchi dicaolino, materia prima per que-sto tipo di lavorazione. Importan-ti centri di produzione si svilup-pano in Francia, in particolare aLimoges e Sevres, in Inghilterra ein Germania.

La ceramica, un materiale antico

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Qui sopra, un esemplare di anforaafricana recuperato dal relitto diun’imbarcazione affondata. A destra, dall’alto: tavoletta meso-potamica in argilla vecchia di tremi-la anni; al centro, un vaso e unacquamanile in porcellana cinese,dell’XI sec.; in fondo, un piatto arti-gianale della Puglia.

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Le origini del vetro risalgono alIII millennio a.C., in corrispon-denza con l’età del bronzo. Untesto antico racconta che il vetroè stato scoperto da alcuni mer-canti fenici che, facendo un fuo-co sulla spiaggia, si sono accortiche la sabbia si scioglieva in unliquido trasparente.

L’arte del vetro si è sviluppatanelle zone centrali della Meso-potamia. Le tegole delle case ri-servate ai notabili e ai sacerdotierano ricoperte di uno strato ve-troso che serviva a proteggerledalle intemperie e a dare vivaci-tà con le colorazioni che il vetropermetteva.

Le materie prime impiegatenel lontano III millennio a.C. so-no le stesse che si utilizzano at-tualmente, anche se ora la pro-

duzione avviene con modernemacchine automatiche.

La pasta vitrea, usata inizial-mente, era piuttosto opaca, nonera trasparente come il vetroche noi conosciamo. Di questapasta vitrea si hanno numerosiesempi specialmente nell’Egittodel tardo Impero, pezzi il cui va-lore artistico è dato non solodalla forma, ma anche dall’im-piego di colori ottenuti con ossi-di metallici.

I Fenici, gli Egizi ed in generetutti i popoli del Mediterraneoche abitavano in zone ricche disabbia silicea hanno contributoall’affermarsi dell’arte vetraria.Hanno prodotto oggetti di abbel-limento, perline, bracciali, penda-gli, fibule, vasetti per i cosmeticie più tardi piccoli contenitori invetro per alimenti. Nell’anticaRoma l’arte vetraria ha avutomolta importanza e offriva ogget-ti di vetro veramente preziosi.

Il tornio a ruota e l’utilizzo dialcuni materiali abrasivi hannopermesso la levigatura perfettadelle superfici esterne e la possi-bilità di decorarle finemente.

La tecnica della soffiatura cheera già stata inventata dai Sirianisi è sviluppata nel I secolo d.C.in Europa. Questa nuova tecnicae la possibilità di utilizzare stam-pi in materiale più resistentehanno dato un notevole impulsoal diffondersi dell’arte vetraria.

I Fenici scoprono il vetro

In alto, vaso arabo del X sec. nei colori verde e perla. Sotto, una bottiglia invetro verde d’arte romana. Qui sopra, un artigiano soffia il vetro.

Si sono prodotte bottiglie, bic-chieri, vasi dalle forme più sva-riate. Nel Medioevo e in epochesuccessive il vetro è stato utilizza-to anche per costruire le vetrate,sia semplici che multicolori, del-le chiese, dei monasteri e dei pa-lazzi pubblici. La bellezza di que-ste vetrate testimonia ancora og-gi la bravura di quegli antichimaestri.

È però a Venezia che l’arte ve-traria raggiunge livelli tecnici eartistici di livello assoluto: unatecnica particolare è la pittura asmalto e la decorazione a fred-do. Non bisogna però dimenti-care anche la produzione piùcorrente di lastre e specchi, divetri per i farmacisti, di alambic-chi per i distillatori e di conteni-tori per uso domestico. Nel1700 il vetro finalmente giungeanche ai livelli più popolari.

Verso la fine del 1700 in Euro-pa si affermano altri centri, so-prattutto in Germania dove sisviluppa la produzione di cristal-lo, famoso quello di Boemia.

Nella seconda metà dell’Otto-cento sempre in Germania si svi-luppa lo studio di vetri per usitecnici e scientifici: incomincia laproduzione di vetri per ottica.Nel 1903 compare la primamacchina automatica per la pro-duzione di vetro cavo e in tuttaEuropa si sviluppa una vera epropria industria del vetro.

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scheda

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La prima materia plastica artificiale

Il 1862 viene convenzionalmen-te fissato come l’anno di avviodella moderna industria dellematerie plastiche: è stato inquell’anno infatti che un chimi-co inglese, Alexander Parkes, ri-uscì a realizzare dal nitrato di cel-lulosa una materia dura che hal’aspetto e la coinsistenza dell’a-vorio, ma è friabile: la Parkesina(dal nome del suo inventore).

Intorno al 1863 la moda delbiliardo, che si andava estenden-do in America come in altre par-ti del mondo, stava provocandouna vera ecatombe di elefanti,perché le palle da biliardo veni-vano fabbricate in avorio e la ri-chiesta di questo materiale eramaggiore rispetto all’offerta.

Per questo una fabbrica di pal-le da biliardo offrì un premio di10.000 dollari a chi avesse tro-vato il miglior sostituto dell’avo-rio. Fra i concorrenti al premioc’era un tipografo che si chiama-va John W. Hyatt, che aveva sen-tito parlare della Parkesina: mes-sosi al lavoro arrivò a produrreun materiale plastico che chia-mò Celluloide. Con esso Hyattfabbricò le palle da biliardo evinse il premio: impiegò i10.000 dollari per creare la Cel-luloid Manifacturing Company.Con la celluloide produceva den-tiere, colletti e polsini che alloraandavano tanto di moda, pettinie manici per spazzole.

Nel 1889 George Eastam usòquesto materiale per farne pelli-cole fotografiche. Da allora il ter-mine celluloide è diventato in tut-to il mondo sinonimo di cinema.Questa materia, nata per sostitui-re l’avorio, ha determinato lo svi-luppo dell’industria fotografica ecinematografica, diventandoneun supporto insostituibile.

La prima materia sintetica: la bachelite

La prima materia sintetica nellastoria delle materie plastiche èstata inventata nel 1909 da unchimico belga emigrato negliStati Uniti, Leo Hendrik Baeke-land. La plastica di Baekeland, labachelite, era formata da unamiscela di formaldeide (gas pro-dotto dalla distillazione del le-gno) e fenolo (sostanza solidacristallina estratta dal catrame dicarbone) con aggiunta di acidi esostanze alcaline.

La bachelite, prima materiaplastica termoindurente, trovòuna rapida utilizzazione in diver-si settori produttivi, come l’indu-stria automobilistica e quella deimateriali per usi elettrici. Le sueeccellenti proprietà isolanti ven-nero sfruttate per stampare erealizzare scocche di apparecchiradio, interruttori, ghiere perlampade, apparecchi telefonici,asciugacapelli.

L’industria petrolchimica

Negli anni Venti sono comincia-ti i primi esperimenti sui deriva-ti del petrolio che sono diventa-ti la materia prima per produrrela plastica.

Il decennio che ha precedutola seconda guerra mondiale è ilperiodo che ha visto le princi-pali scoperte nel campo dellematerie plastiche derivate dal

petrolio, compiute soprattutto aopera di chimici tedeschi. Il Ple-xiglas, il Cloruro di Polivinile e iPoliuretani sono stati scoperti neilaboratori tedeschi.

Il Polietilene è stato scopertonel 1933 dagli studiosi inglesidell’Imperial Chimical Industriese il Nylon è stato ottenuto per laprima volta nel 1938 dal chimicoamericano Wallace H. Carothers.

Dopo la seconda guerra mon-diale la chimica della plastica hasubito una vera e propria esplo-sione. Sono stati introdotti pro-dotti completamente nuovi co-me il Polipropilene isotattico(chiamato comunemente Mo-plen) scoperto dall’ingegnereitaliano Giulio Natta, premiatocon il Nobel nel 1963.

Oggi la ricerca scientifica etecnologica è pervenuta a un li-vello così avanzato da permette-re la produzione di materiali pla-stici progettati con le caratteristi-che ottimali rispetto all’impiegoa cui sono destinati. Sono cosìnate vere e proprie leghe tra po-limeri di diverso tipo (dette com-positi avanzati) che in parte giàsostituiscono i metalli, in parti-colare nell’industria dell’auto,delle telecomunicazioni e dell’e-lettronica.

Le materie plastiche: tutto iniziò con il biliardo

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Nel periodo paleolitico l’uomoabita in ricoveri provvisori più omeno sicuri come le capanne, ri-coperte di pelli, rami e foglie, chevengono rimosse e abbandonatequando si sposta in cerca di cibo,seguendo le mandrie di animalida cacciare. Solo nel periodoneolitico, quando l’uomo inizia adedicarsi alla coltivazione dellaterra e all’allevamento degli ani-mali, costruisce abitazioni più si-cure, utilizzando materiale facil-mente reperibile, come canne, ar-gilla e legno. Queste abitazionihanno forme diverse: alcune pre-sentano una struttura in legno ri-vestita di pelli, altre hanno formacircolare, sorrette da pali interratia unica entrata, ricoperte di fo-glie e rami. Nel tardo neoliticotroviamo le prime vere e propriecapanne con pareti fatte di ramiimpastati di argilla per renderlepiù solide.

Le prime abitazioni

Il passaggio dalla capanna allacasa in muratura avviene intornoal 3000 a.C. nelle città della Me-sopotamia e dell’antico Egitto. Ledifferenze sociali esistenti in Me-sopotamia si rispecchiano nelledue tipologie abitative: palazzi inmuratura dotati di diversi am-bienti dislocati su più piani rico-perti di legno, per il re, i nobili ei guerrieri; case su un solo piano,costruite con mattoni essiccati alsole, coperte con rami impastaticon argilla, che si affacciano suun cortile, per il resto del popolo.

ln Egitto le case della popola-zione, sia essa schiava o libera,

sono costruite con matto-ni e legno, formate dauno o più locali distri-buiti su uno o duepiani: nelle case deicommercianti e arti-giani il piano terraè destinato allabottega, mentre

al primo piano è situata l’abita-zione vera e propria. Le case nonhanno né cucina né bagno: l’ac-qua viene attinta dai pozzi e il ci-bo viene preparato in strada, sufornelli di terracotta. Le case sonocoperte di terrazzi dove vengonoessiccate le verdure e dove la fa-miglia dorme durante la caluraestiva. La casa del faraone, dei sa-cerdoti, dei nobili è molto estesa,costruita con materiali pregiati,come la pietra tagliata e squadra-ta. Queste residenze si compon-gono di molti locali e sono cir-condate da giardini e protette daspesse mura. Le abitazioni delpopolo sono formate da un sololocale con finestra: questa costi-tuisce un nuovo elemento archi-tettonico introdotto nelle costru-zioni; infatti fino ad allora il loca-le interno di ogni abitazioneprendeva luce e aria solo dall’a-pertura della porta d’ingresso.

La casa greca

Nella polis greca ha poca impor-tanza l’abitazione privata, che ècomposta da ambienti unici esenza servizi, mentre sono ospita-li, belli ed accoglienti i luoghipubblici come l’agorà, i teatri e itempli dove si svolge la vita dellacomunità. Solo successivamente,nel periodo ellenistico, le abita-zioni si arricchiscono di nuovi am-bienti, diventano sontuose. Si svi-luppano generalmente intornoad una corte centrale, spesso cir-condata da un portico a colonne,il peristilio.

La casa romana

L’abitazione di epoca ellinisticaviene ripresa dai Romani, am-pliata con nuovi ambienti, dotatadi impianti idraulici; le pareti so-no abbellite con affreschi e mo-saici. La casa romana, o domus, èun’abitazione unifamiliare, che sisviluppa su un solo piano, ed èabitata dai cittadini più ricchi.

La domus, della quale ancoraoggi sono rimaste numerose te-stimonianze a Pompei, Ercolano e

in altre località del mondo roma-no, è costruita con materiale pre-giato, come pietre e mattoni cot-ti che poggiano su solide fonda-menta. Le numerose stanze si af-facciano su due cortili interni, l’a-trium e il peristilium; quest’ulti-mo un vasto cortile circondato dacolonne con fontane e statue.

Le case dei Romani più poverisono situate nelle insulae, edificia più piani. Le insulae sono altefino a 30 metri: al piano terra sitrovano i negozi, ai piani superio-ri le abitazioni, alle quali si acce-de per mezzo di scale esterne.Ogni abitazione è composta dauna sola stanza, poco illuminatae senza acqua corrente, riscaldatada un braciere a legna o a carbo-ne. Di queste costruzioni non re-stano che poche tracce: infatti ve-nivano costruite su fondamentapoco profonde e i muri sottili era-no costruiti con materiali leggeri,come malta, mattoni e paglia.

La casa nel Medioevo

Con la caduta dell’Impero Roma-no (V secolo d.C.) e le invasionibarbariche, la popolazione lasciale città, chiede protezione in cam-pagna ai signori proprietari ter-rieri che abitano nei castelli, o sirifugia nei monasteri che sorgo-no in luoghi isolati abitati da co-munità religiose. Nei castelli e neimonasteri si svolgono tutte le at-tività necessarie alla vita della pic-cola comunità: allevamento deglianimali, agricoltura e artigianato.In ambienti di lavoro come il mu-lino, il forno, la falegnameria,l’erboristeria, lavorano monaci oservi del signore. Castelli e mona-steri sono costruiti in pietra e po-sti sulle alture per dominare ilterritorio circostante e difendersida eventuali attacchi. Queste co-struzioni sono circondate da spes-se mura e da fossati che possonoessere attraversati solo da pontilevatoi. Nel corso del Medioevo ilcastello subisce diverse trasforma-zioni, specialmente nella struttu-ra difensiva: viene costruita unaseconda cinta muraria, torri e fos-

L’abitazione nei secolischeda

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Modellino diabitazione egizia.

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sati. Nel castello abita il signorefeudale con la sua famiglia, i ser-vi, gli stallieri, qualche artigianoe i soldati che combattono perlui. I locali sono spaziosi ma malriscaldati da grandi camini, le pa-reti sono ricoperte da arazzi perisolare il più possibile dal freddo;gli arredi sono pochi, tavoli, sga-belli, cassapanche per deporre ivestiti; l’acqua viene attinta daipozzi. L’età comunale, quando ri-fiorisce la vita nelle città, vede co-struire nuove case in ogni centrourbano. Le abitazioni si sviluppa-no sopratutto in altezza; sonocomposte da stanze savrappostealle quali si accede per mezzo discale interne. Al piano terra si tro-vano le botteghe artigiane e iluoghi di ricovero per gli animali,mentre ai piani superiori sonocollocati i locali di residenza, lecui piccole finestre si aprono sullafacciata principale che dà sullastrada. Gli isolati cittadini sonodelimitati dalla strada, sulla qualesi aprono gli ingressi, dagli orti egiardini interni. Ogni casa è altempo stesso luogo di abitazionee di lavoro.

La casa rinascimentale

Notevole è l’evoluzione architet-tonica delle abitazioni nel Rina-scimento. Vengono realizzati edi-fici più alti, detti palazzi, general-mente a pianta rettangolare, conun cortile interno circondato daun porticato, un grande scalone eloggette ai piani superiori, connumerose stanze destinate ai di-versi usi: mangiare, dormire, rice-vere ospiti. Al piano terra ci sonoi servizi e le scuderie mentre lecamere da letto e le sale di sog-giorno sono collocate ai piani su-periori. I progetti di questi palaz-zi vengono commissionati agli ar-chitetti dell’epoca dai signori cheli andranno ad abitare. La mag-gior parte della popolazione nonha risentito di questi cambiamen-ti e continua a vivere nei quartie-ri medioevali.

Tra il 1600 e il 1700 le residen-ze dei nobili continuano ad arric-chirsi di nuovi elementi architet-tonici: le facciate sono adornatecon statue, stucchi e cornici, gliinterni hanno pavimenti e ampi

scaloni rivestiti di marmi colorati;le stanze sono decorate con di-pinti, specchi, stucchi dorati, cri-stalli e marmi colorati. Questaostentazione di ricchezza ha loscopo di “destar meraviglia”, am-bizione di quell’epoca definita“barocca”.

La casa nell’Ottocento

Con la rivoluzione industriale e ilsuccessivo inurbamento di unagrande massa di operai nelle cittàindustrializzate nasce il problemadell’abitazione. Sorgono quartie-ri operai, gli slums in Inghilterra,con case superaffollate, veri “ma-gazzini umani”. Gli slums sono ca-sette monolocali addossate leune alle altre con un piccolo cor-tile sul retro; sono dotate di an-guste finestre, inadeguate ad illu-minare e a consentire un suffi-ciente ricambio d’aria, mancanodi acqua potabile e dei serviziigienici più importanti.

Nella seconda metà dell’Otto-cento si costruiscono edifici conpiù appartamenti che diventanoin breve tempo il modo più diffu-so di abitare nelle grandi città.Inizia gradualmente la trasforma-zione dell’abitazione da monofa-miliare a plurifamiliare. Le primeabitazioni plurifamiliari sono rea-lizzate nei vecchi palazzi di epocarinascimentale e barocca.

Quando vengono progettati ecostruiti nuovi palazzi si tende adinnalzarli il più possibile per poterricavare più appartamenti sullastessa estensione di terreno a tut-to vantaggio dei proprietari cheaffittano o vendono le singoleabitazioni. La costruzione di edifi-

ci con molti piani è possibile an-che grazie all’uso di nuovi mate-riali: il ferro, che sostituisce la ghi-sa nella costruzione delle travi, esuccessivamente le strutture incalcestruzzo armato (fine 1800-inizio 1900). Questi edifici sonoaffiancati gli uni agli altri, con lafacciata sulla strada principale eun cortile interno sul retro. Gruppidi case formano un isolato e con-feriscono un nuovo volto alle zonecentrali della città. Vengono co-struite anche case per gli operai,edifici a più piani, che circondanoun cortile interno. Ogni piano èsuddiviso in tanti piccoli apparta-menti che si affacciano dalla partedel cortile interno su un ballatoioche corre tutto intorno alla casada cui il nome di “case a ringhie-ra”, tipiche del nord Italia. Suogni ballatoio alle due estremitàsi trova un piccolo locale con wa-ter di uso comune per tutte le fa-miglie del piano. All’inizio del XXsecolo, per sopperire alle esigenzedi nuove abitazioni, lo Stato italia-no affida agli Istituti Autonomiper le Case Popolari il compito dicostruire e affittare abitazioni abasso prezzo ai lavoratori.

Le case popolari sono disposte ablocchi, ognuno costituito da di-versi piani, con la propria scalacontrassegnata con una letteradell’alfabeto. Tecnicamente pove-re, formate da appartamenti dipoche stanze più servizi, ma moltofunzionali, le case popolari vengo-no costruite in nuovi quartieri chevengono ad essere abitati dallostesso strato sociale. L’architetturamoderna ha realizzato nuove tipo-logie abitative in cui vengono in-tegrati i servizi più importanti co-me il verde, i negozi, le scuole, pervenire incontro alle esigenze deicittadini. Tra gli architetti più im-portanti di questo secolo ricordia-mo per tutti Le Corbusier, che haideato “L’unità di abitazione” rea-lizzata negli anni 1947-53 a Mar-siglia. Questo complesso edilizio,circondato da verde e costruito incemento armato, è alto 17 piani ecomprende 237 appartamenti. Unpiano a metà altezza è occupatoda alcuni servizi comuni, come ri-storante, albergo, negozi, mentresul tetto sono localizzati l’asilo, lapiscina, la palestra.

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Palazzo medici-Riccardi a Firenze.

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L’uomo primitivo ha costruito leprime strutture per realizzare ca-panne e palafitte. La più semplicestruttura edile ancora oggi in usopresso alcune tribù africane è iltreppiede, formato da tre aste, ge-neralmente di legno, conficcatenel terreno e legate insieme all’al-tra estremità, che vengono poi ri-coperte con rami e pelli di anima-li per ottenere una semplice ca-panna.

Nell’Europa occidentale, a testi-monianza delle più antiche strut-ture edili usate dall’uomo, trovia-mo strutture trilitiche tra le qualile più famose sono i dolmen, mo-numenti eretti probabilmente ascopo religioso e funerario nel IIImillennio a.C. Queste costruzionisono formate da tre grossi massisquadrati, due collocati in vertica-le (piedritti) a sostegno di quelloorizzontale (architrave).

Successivamente il sistema trili-tico ha trovato vaste applicazioninel campo edilizio in Mesopota-mia e in Egitto per la costruzionedei templi.

Nell’architettura greca la strut-tura trilitica ha trovato la massimaapplicazione nella costruzione deitempli, dove gli elementi struttu-rali, le colonne e l’architrave sonostati arricchiti da elementi decora-tivi e da sculture in basso rilievo.

Nell’architettura romana è stataampiamente utilizzata una struttu-ra già inventata dagli Etruschi:l’arco. Grazie a questo nuovo ele-mento architettonico e successiva-

mente alle sue derivazioni, la vol-ta e la cupola, gli antichi Romanihanno creato forme architettoni-che diverse, realizzando opere digrande rilievo. La presenza del-l’arco e la tecnica che ne ha per-messo la sovrapposizione in piùordini successivi ha consentito lacostruzione di grandi acquedotti edi anfiteatri come il Colosseo diRoma e l’Arena di Verona. Cupolee volte sono state impiegate daiRomani per coperture di grandispazi, come il Pantheon o le ter-me di Caracalla a Roma.

Un’altra struttura ideata dai Ro-mani è stata la capriata, che hatrovato il massimo utilizzo soprat-tutto nel Medioevo per la coper-tura dei vasti spazi interni dellechiese.

Nell’architettura gotica (XII,XIII, XIV secolo) gli archi sono sta-ti allungati nella caratteristica for-ma a sesto acuto, i pilastri sonodiventati più sottili, rinforzati dacostoloni che seguono le nervatu-re della volta. Questa innovazionetecnica ha consentito di edificarechiese di notevole altezza, dalle li-nee verticali slanciate tipiche diquesta epoca.

La cupola ha avuto grande dif-fusione nel Rinascimento (XV eXVI secolo). Gli architetti più im-portanti dell’epoca si sono cimen-tati nella progettazione di questastruttura architettonica: Brunelle-schi ha realizzato la cupola di San-ta Maria del Fiore a Firenze, Mi-chelangelo quella di S. Pietro aRoma. In questo periodo sonostati avviati approfonditi studi, ri-presi nei secoli XVII e XVIII primada Galileo e poi da R. Hooke eEulero, sugli elementi strutturalidelle costruzioni, per stabilire ledimensioni e i pesi che le strutturepossono sostenere e dare una re-gola a ciò che nelle epoche prece-denti veniva risolto solo con l’e-sperienza.

Con la rivoluzione industriale(fine Settecento-Ottocento) è statointrodotto l’uso del metallo cheha sostituito il legno. La strutturain ferro ha avuto una rapida dif-fusione nell’edilizia, perché è resi-

stente e si possono preparare isingoli elementi in fabbrica emontarli successivamente nel can-tiere edile. Nel 1796 James Finlayha inventato la forma modernadel ponte sospeso, con un pianostradale pianeggiante sospeso acavi: un primo esempio di tenso-struttura.

Nella seconda metà dell’Otto-cento sono state edificate opere digrandi dimensioni, come stazioni,ponti, coperture di stabilimenti in-dustriali. Nello stesso periodo(1867) con l’applicazione delletensostrutture è iniziata la costru-zione del ponte di Brooklyn aNew York.

All’inizio del 1900 in Francia esuccessivamente in tutta Europasi è diffuso l’uso del cemento ar-mato che ha rivoluzionato la tec-nica edilizia. Questo materiale hatrovato le prime applicazioni nel-le costruzioni industriali e solosuccessivamente anche nell’edili-zia civile. L’utilizzazione del ce-mento armato ha permesso la co-struzione di strutture di forme di-verse, capaci di sopportare grandicarichi.

Alla costruzione delle grandioseopere del nostro secolo hanno la-vorato architetti importanti tra cuiricordiamo Le Corbusier e FrankLloyd Wright.

In alternativa al cemento arma-to sono state usate per la costru-zione di edifici con più di 30 pia-ni strutture in acciaio, che assicu-rano maggiore elasticità e resi-stenza.

In questi ultimi decenni sonostate progettate, realizzate e perfe-zionate nuove strutture capaci dicoprire spazi sempre più ampi co-me le geodetiche, costituite da unenorme struttura reticolare a ma-glie triangolari resistenti e legge-re, con aste e nodi di acciaio.

Questo tipo di struttura è stataideata dall’architetto statunitenseB. Fuller e realizzata per la primavolta per il padiglione USA del-l’Expo di Montreal del 1967. Og-gi l’utilizzo di questo tipo di strut-tura è in rapida espansione.

Le strutture nella storia dell’uomoscheda

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Dolmen.

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Nella prima età preistorica o etàpaleolitica, l’uomo primitivo vivecon il suo piccolo gruppo di fa-miliari, si sposta continuamenteper seguire gli animali da caccia-re, per cui non rimane mai trop-po a lungo nello stesso luogo.

Quando l’uomo primitivo sco-pre l’agricoltura e l’allevamento(età neolitica) si riunisce con ilsuo gruppo, o clan, ad altrigruppi: in questo modo riesce asvolgere tutti i lavori necessari acoltivare la terra e allevare glianimali: arare, zappare, semina-re e raccogliere; portare al pa-scolo gli animali, mungere emacellare; preparare tutti gliatrezzi necessari. Diventare agri-coltore significa abbandonare lavita nomade e vivere nel luogodove ha seminato in attesa dipoter raccogliere.

Nascono i primi villaggi lungoi corsi d’acqua, dove il clima èmite. I villaggi comprendono leabitazioni, i ricoveri per gli ani-mali, i depositi per il raccolto in-torno ai terreni coltivati. Tra imembri del villaggio viene divi-so il lavoro in modo da consenti-re una maggiore specializzazio-ne nelle mansioni e di conse-guenza una maggiore produzio-ne agricola. Quando i prodotti

agricoli aumentano in quantitàsuperiore ai bisogni della tribù,inizia lo scambio, prima sponta-neo poi organizzato, dei prodot-ti alimentari in eccesso, degli at-trezzi e strumenti.

A fianco degli agricoltori e alle-vatori troviamo l’artigiano specia-lizzato nella produzione degliutensili, il vasaio, la tessitrice. Loscambio dei prodotti avviene inluoghi facilmente raggiungibilidagli abitanti dei villaggi vicini,lungo le sponde dei fiumi, agli in-croci dei sentieri che hanno datovita ai primi scambi commerciali.Ben presto le località di mercatodiventano luogo dove vivono e la-vorano gli artigiani. In questearee dove la gente non si preoc-cupa di produrre cibo ma svolgesolo attività artigianali e commer-ciali, nascono le prime città.

Le prime città

Tra le prime città della storia nel3000 a.C. troviamo nella valledel Tigri e dell’Eufrate Erech,Eridu, Ur, governate da un reconsiderato rappresentante delladivinità protettrice della città esupremo sacerdote. Per propi-ziarsi il favore degli dei gli agri-coltori portano al re parte del lo-ro raccolto, che viene accumula-to nei granai annessi ai templi eusato per nutrire soldati e fun-zionari, architetti e manovali chelavorano alla costruzione delle

mura, dei templi, della città,delle dighe, dei canali che servo-no per l’irrigazione dei campi.Dalle ricostruzioni basate sui ri-trovamenti archeologici, la cittàdi Ur risulta formata da templi epalazzi costruiti in mattoni cottial sole o al fuoco e da case dicanne e fango.

La parte centrale della città èoccupata dalla residenza del re edalle case dei ricchi funzionari,mentre i poveri vivono in prossi-mità del perimetro urbano inabitazioni di canne e fango. Lacittà più popolosa nel 2000 a.C.è Babilonia, con circa 100.000abitanti. Babilonia ha piantaquadrata, con 100 porte di bron-zo: si estende su un territorio di400 ettari ed è attraversata dalfiume Eufrate, importante via ditrasporto che la divide in dueparti. La città è percorsa da stra-de dritte e tutte della stessa lar-ghezza; è dominata da torri os-servatori (ziggurat), dal palazzoreale e dal tempio del Sole. Leabitazioni del popolo riproduco-no nella forma templi e palazzi.Anche le città dell’antico Egittosono state costruite con mattonicotti al sole: per questo sono ri-maste soltanto le poche tracceche le piene del Nilo non hannocancellato. Di questa antica civil-tà oggi possiamo ammirare i re-sti delle colossali piramidi e deitempli costruiti con materiali piùresistenti, come la pietra.

Storia della città

Rovine delle abitazioni di Nora, città fondata dai Fenici. In basso, l’Eretteo sul-l’Acropoli di Atene.

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La città greca

A partire dal VI secolo a.C. inGrecia vengono fondate piccolecittà indipendenti che non supe-rano i 10.000 abitanti.

Le antiche città greche sorgo-no in cima alle colline, per esse-re difendibili, hanno pianta irre-golare, abitazioni tutte dellastessa grandezza senza distinzio-ne tra quartieri ricchi e poveri.

Il luogo più alto e ben difeso èl’area sacra dell’Acropoli, sededei templi e luogo di culto. Lun-go le pendici dell’Acropoli è si-tuato il teatro, dove si tengonorappresentazioni in occasione difeste religiose; il teatro è costi-tuito da una gradinata a formasemicircolare, ricavata dalle pen-dici del colle, dove prendonoposto gli spettatori; gli attori oc-cupano la parte bassa e pianeg-giante ai piedi della gradinata.La zona destinata alle riunionipubbliche è l’Agorà, la piazza, aipiedi dell’Acropoli, circondatada portici e statue.

Non lontano dall’Agorà è si-tuata la piazza del mercato, facil-mente accessibile a tutti i tra-sporti che vengono dalla campa-gna circostante e dal mare.

Il territorio agricolo intorno al-le città ne è parte integrante: in-fatti col nome di polis (= città) igreci designavano l’ambito ur-bano e la sua campagna, da cui

ricavavano i prodotti per vivere.Nel periodo ellenistico (IV e IIIsecolo a.C.), quando i re dellaMacedonia Filippo e Alessandroimpongono il loro dominio sututte le città greche indipenden-ti, la costruzione di una cittàprocede in base a regole precisee non più su pianta irregolare: lestrade formano un reticolo amaglie quadrate e rettangolari,come Paestum, Agrigento e Na-poli fondate dai greci nell’Italiameridionale.

La città romana

Alla conquista militare, Roma faseguire l’occupazione del territo-rio da parte di coloni, agricolto-ri e artigiani, che si trasferisconosulle terre sottomesse. Ovunquenella vasta area dell’impero ro-mano vengono fondate città, inposizioni strategiche sul mare,lungo i fiumi, lungo importantivie di comunicazione che unisco-no Roma con le diverse parti delterritorio: la via Appia, la viaCassia, la via Emilia.

La planimetria della città ro-mana è rigorosamente regolare:un quadrato circondato da pos-senti mura, al centro delle qualisi apre una imponente porta.Congiungono le quattro porte ledue vie principali, il cardo orien-tato secondo l’asse nord-sud e ildecumano orientato secondo

l’asse est-ovest. Al centro dellacittà, dove il cardo e il decuma-no si incrociano, sorge la vastaarea del Foro, circondato da por-tici all’interno dei quali si trova-no la basilica, luogo dove si am-ministra la giustizia, i templi, ele botteghe dove si commerciaogni genere di merci. Tutte le al-tre strade incrociano il cardo e ildecumano ad angolo retto, for-mando una tipica planimetria ascacchiera. Le tecniche costrutti-ve romane con l’introduzionedell’arco e della cupola, l’uso dimateriali come i laterizi e pietrehanno consentito la costruzionedi opere architettoniche monu-mentali, come circhi, anfiteatri,stadi e le grandi opere idraulichecome gli acquedotti che attraver-sano per chilometri il territorioper fornire acqua alla città. Romariceve acqua potabile da 13 ac-quedotti diversi e una rete di tu-bature porta l’acqua agli edificiprivati, alle terme e alle fontanepubbliche. A Roma lungo il Teve-re sono costruiti capienti depositidi cereali; la città è attraversatada 85 km di strade larghe daquattro a sei metri. L’anfiteatro diRoma, il Colosseo, ha 50.000 po-sti a sedere, il Circo Massimo con-tiene 250.000 persone. Le abita-zioni romane dimostrano la di-versa ricchezza tra i vari abitantidella città: abitazioni unifamiliarifastose per ricchi e piccoli appar-tamenti in case a più piani per ipoveri e gli schiavi.

La città medievale

Con il crollo dell’Impero Roma-no e l’invasione dei popoli bar-bari le città dell’impero diventa-no poco sicure. Le popolazioni sispostano in luoghi protetti, pic-coli centri abitati situati sulle al-ture che difendono con mura efortificazioni: nasce la Curtis.

Al centro della Curtis è situatoil castello, luogo dove vive il si-gnore feudatario con i servitori ei soldati, mentre intorno si svi-luppano le abitazioni dei conta-dini, degli artigiani e i magazzinidi raccolta dei viveri.

Solo nell’XI e XII secolo unaparte della popolazione dei feu-di torna nella città. L’impianto

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Veduta di Castelfranco Veneto, città medievale costruita dai trevigiani nel XIIsecolo che mostra ancora oggi l’originaria struttura ortogonale.

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romano di molti centri vienemodificato dalle nuove costru-zioni edificate con materiale ri-utilizzato dalla demolizione deivecchi edifici romani in rovina.Nelle città raddoppia la popola-zione, alcune si governano auto-nomamente liberandosi dai vin-coli feudali: nascono così i Co-muni medioevali. La città me-dioevale ha pianta regolare inpianura, strade tortuose lungo ipendii; dominano le torri, segnodi prestigio delle famiglie nobilie ricche e della loro rivalità; pic-cole piazze a forma irregolare siaprono in prossimità degli edifi-ci più importanti: la chiesa, il pa-lazzo del comune e del governo.Nelle piazze si tengono mercati.Gli edifici privati con facciatestrette e alte sono affiancati traloro e costeggiano le strade; alpiano terra si aprono le botte-ghe artigiane, ai piani superiorici sono le abitazioni. La popola-zione della città è composta so-prattutto da commercianti di ar-ti e mestieri: gli agricoltori vivo-no in cascinali e piccoli borghisparsi nelle campagne.

La città rinascimentale

Tra il XV e il XVI secolo si assistealla fine dei Comuni e alla nasci-ta delle Signorie e dei Principati.Il governo passa in mano a si-gnori e sovrani che garantisconopace e sicurezza a molte città. Inquesta epoca, detta Rinascimen-to, si ha una vera e propria rivo-luzione in tutte le arti e le scien-ze. Anche in campo urbanisticovengono studiati nuovi “modellidi città” a pianta regolare constrade che convergono al centroe mura a forma stellare, poichégli spigoli permettono una mi-gliore postazione dei cannoni equindi una migliore difesa.

Solo poche città vengono rea-lizzate in base al “modello idea-le”: tra queste possiamo citarePienza, fatta costruire da papaPio II come dimora per la suacorte, organizzata in modo gerar-chico intorno alla chiesa e al pa-lazzo papale, e Palmanova, fattaedificare dalla repubblica di Ve-nezia, nell’immediato entroterra.Città come Firenze si espandono

fino ad inglobare i sobborghimedioevali. La popolazione con-tinua a vivere nelle vecchie abita-zioni medioevali, ma la città si ar-ricchisce di chiese e palazzi. Lepiazze sulle quali si affaccianoedifici come università, ospedali,palazzi pubblici e privati hannoforme geometriche regolari evengono decorate con statue,obelischi, fontane. Architetti fa-mosi come Leonardo, Brunelle-schi, Bramante lavorano alla tra-sformazione della città amplian-do strade che confluiscono inpiazze per esaltare l’architetturadei palazzi. Altri importanti cam-biamenti vengono effettuati al-l’interno delle città con l’introdu-zione di ponti, canali e argini peri fiumi, mentre robusti muraglio-ni, più resistenti alle nuove armida fuoco, sostituiscono le vecchiemura difensive.

La città nell’Ottocento

Nella seconda metà del secoloXVIII ha inizio in Inghilterra ungrande processo di industrializ-zazione che si estende ben pre-sto in tutta Europa. La fabbricasostituisce i laboratori artigiani edomestici e richiama masse dicontadini che lasciano le campa-gne sperando di trovare nellefabbriche in città un lavoro sicu-ro a salario fisso.

Le periferie delle città siespandono senza alcuna regola,“a macchia d’olio”, diventandoun’aggregazione di fabbriche equartieri operai, costruiti in fret-ta a scopo speculativo dalla bor-ghesia imprenditoriale. Sia leabitazioni del centro città, anco-ra a struttura medioevale, siaquelle periferiche non sono ido-nee ad accogliere un numeroelevato di abitanti. Nascono pro-blemi igienici, dovuti allo scarsorifornimento dell’acqua e al len-to smaltimento dei rifiuti, conconseguente diffusione di epide-mie di tifo, colera e vaiolo.

Gli elementi che caratterizzanole prime città industriali sono lafabbrica, che scarica nell’aria at-traverso le sue ciminiere unaenorme quantità di fumo nero, laferrovia, che trasporta materieprime da lavorare e prodotti fini-

ti, e i tuguri, abitazioni insalubridegli operai e delle loro famiglie.

Questi problemi ambientali edi sovraffollamento costringonole amministrazioni di alcune cit-tà verso la metà dell’Ottocento aintervenire con leggi appropria-te che fissano le misure dellestrade e dei palazzi, la capacitàdi acquedotti e fogne in propor-zione al numero di abitanti.

La prima città a mettere in at-to questi cambiamenti, che pre-vedono un risanamento dellearee urbane, è Parigi, dopo lesommosse popolari del 1848,durante le quali il popolo in ri-volta riesce a tenere testa all’e-sercito di Napoleone III barri-candosi nei quartieri medioeva-li, che per la loro forma a stradecurve e strette permettevanouna migliore difesa.

Per prevenire queste sommos-se, Napoleone III affida al baro-ne Haussman il progetto di “risa-namento della città”.

Il comune di Parigi acquista leproprietà del centro storico, de-molisce i quartieri medioevali,per costruire strade rettilineelunghe e larghe fiancheggiateda alberi, i boulevard, che colle-gano i vari punti della città. Lun-go il percorso di queste larghestrade sono costruite piazze incorrispondenza dei monumentipiù importanti, con l’intento divalorizzarli, creando prospettivemonumentali. Sopravvivono aquesto sventramento i monu-menti considerati più importan-ti, come il Duomo, Notre Damee il palazzo del Comune.

La trasformazione urbana diParigi diventa un modello per lecittà europee e successivamenteanche per le città americane.

In Italia i primi sventramentidei centri storici si sono avuti aFirenze, poi a Milano, Roma, Na-poli, ovunque a scapito dellaclasse operaia, cacciata dal cuoredella città e relegata in periferia,mentre la borghesia imprendito-riale lottizza le aree del centroche si svuotano di persone per ri-empirsi di uffici e negozi. Questoè l’inizio di un processo di ab-bandono e di trasformazione deicentri storici che ha contribuito arendere le città meno vivibili.

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L’evoluzione dei mezzi di trasporto

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La bicicletta

La prima bicicletta è stata ideatanel secolo XVI da Leonardo daVinci. Ma solo nel 1780 si ebbe-ro i primi esperimenti di Bau-chard e Magurier, che furonoperfezionati da Karl Drais, co-struttore nel 1818 della draisien-ne, sprovvista di pedali e formatada due ruote di legno montatesu un asse, al centro del quale viè un cuscino che funge da sedile.

A metà dell’Ottocento nasce ilbiciclo, con la ruota anterioremolto più grande di quella po-steriore, due pedali e il manu-brio. Solo alla fine dell’Ottocentola bicicletta prende un aspettosempre più simile a quello attua-le: i pedali sono separati dallaruota e viene introdotta la catenaper la trasmissione del moto.

Dagli inizi del 1900 vengonoapportati sempre nuovi cambia-menti: si introduce un dispositivoche consente ai pedali di non gi-rare continuamente durante ilmovimento del mezzo, vengonoapplicati i parafanghi, il farettoanteriore, il copri catena.

La bicicletta inizia a essere pro-dotta industrialmente e in serie;nascono così nuovi modelli comele biciclette da corsa in leghemetalliche più leggere e con ilcambio di velocità.

La forma della bicicletta neglianni Sessanta subisce nuove tra-sformazioni: accanto ai modellitradizionali vengono realizzatebiciclette “da passeggio” conruote più piccole e pieghevoliper poter essere trasportate nelbaule di un’auto.

Oggi i nuovi modelli di biciclet-te hanno caratteristiche diverse:

prima produzione di auto in se-rie nell’industria automobilisticaFord fondata da Henry Ford nel1903. Nel 1908 la Ford mette inproduzione un modello di autoche per 20 anni non subisce mo-difiche.

Anche le case automobilisticheeuropee iniziano a produrre au-to in serie: si ottiene una mag-giore produzione a costi minori.La Fiat grazie alle nuove tecnolo-gie produce la prima utilitaria dipiccola cilindrata, ma solida econfortevole, la Balilla, e alla finedegli anni Quaranta la Topolino.In Germania agli inizi degli anniQuaranta viene progettata un’au-tomobile che riscuote un enormesuccesso e vende circa19.000.000 di esemplari: ilMaggiolino della Volkswagen.Alla produzione di nuovi modellidi utilitarie destinate al largopubblico viene affiancata neglianni Sessanta la produzione divetture di grossa cilindrata condimensioni maggiori e con mag-giore consumo di carburante.

Oggi l’automobile è diventatoil mezzo di trasporto più comunee le case automobilistiche im-mettono ogni anno sul mercatotanti modelli, dai più economiciai più costosi, ma che hanno unacaratteristica in comune: unaparticolare attenzione alla ridu-zione dei consumi e al rispettodell’ambiente.

Il treno

L’invenzione delle rotaie risale al-la fine del 1600. Le prime rotaiein legno vengono costruite nelleminiere inglesi di carbone pertrasportare carrelli di minerale.Nel 1700 le rotaie in legno sonosostituite con binari in ferro. Nel1804 viene costruita la primaferrovia di superficie con binarifatti in ghisa, per una lunghezzadi 17 km, percorsa da vagoniopera dell’ingegnere inglese Tre-withick. Questo primo esperi-mento non desta interesse, per-ché la macchina è troppo pesan-te e nel suo movimento schiacciaLa draisienne costruita nel 1818. Una Ford modello T del 1908.

sono costruiti in leghe metallichesempre più leggere, con diversicambi di velocità, adatti a percor-rere qualsiasi tipo di strada, quel-le asfaltate a quelle di campagna,alle strade di montagna.

L’automobile

La prima auto è stata realizzatanel 1885 dal tedesco Carl Benz.

È un carro a tre ruote in tubo-lari metallici (triciclo di Benz) si-mile alle carrozze trainate dai ca-valli; sulla parte posteriore è ap-plicato un motore a scoppio a unsolo cilindro, raffreddato ad ac-qua.

Nel 1894 C. Benz realizza laprima vettura a quattro ruotecon motore anteriore: la trasmis-sione è a catena, a due rapportie raggiunge una velocità massi-ma di 20 km/h. Questo tipo diauto è prodotta in un centinaiodi esemplari.

Negli stessi anni l’ingegneretedesco R. Diesel brevetta il pri-mo motore ad accensione spon-tanea, che non ha bisogno dellascintilla della candela per la com-bustione, se non in fase di avvia-mento. Questo motore è applica-to alla produzione di nuove autoche hanno un vasta diffusione efanno decollare l’industria auto-mobilistica tedesca.

Anche nel resto d’Europa na-scono, agli inizi del 1900, le pri-me industrie automobilistiche: inItalia, a Torino, nel 1899 la Fiat,nel 1901 la Bugatti, nel 1906 laLancia; a Milano nel 1910 l’AlfaRomeo. Negli Stati Uniti inizia la

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i binari danneggiandoli. Solo nel1825, su rotaie di acciaio, Geor-ge Stephenson con il figlio Ro-bert sperimenta con grande suc-cesso nella miniera di Killing-worth un modello di macchina avapore per trainare vagoni cari-chi di minerali. Questa macchinaviene successivamente perfezio-nata e usata in un primo tratto diferrovia lungo 40 km sul percor-so Stockton-Darlington per il tra-sporto di passeggeri.

Solo nel 1830 viene inaugura-ta la prima linea ferroviaria lun-ga 54 km, con stazioni e ponti,che unisce Liverpool a Manche-ster. Questo primo tratto di ferro-via è percorso dalla macchina diStephenson, chiamata “the roc-ket” (il razzo).

Il trasporto ferroviario, pur conenormi spese di impianto, si di-mostra economicamente vantag-gioso rispetto al trasporto su car-ro. Ha inizio così la costruzionedi numerose linee ferroviarie cheagevolano la comunicazione tradiverse città dell’Inghilterra epermettono la nascita di nuoveindustrie. Il treno successivamen-

te si diffonde nel resto dell’Euro-pa e negli Stati Uniti. Nella se-conda metà del secolo XIX, 5300km di ferrovia collegano la costapacifica alla costa atlantica degliU.S.A. In Russia la linea più lun-ga del mondo, la transiberiana,unisce Mosca a Vladivostok conun percorso di 9337 km, com-pletato nel 1905. In Italia, nel1839, viene inaugurata la primaferrovia sulla linea Napoli-Portici.

Nel 1860 la lunghezza di tuttele linee ferroviarie mondiali è pa-ri a km 7200, nel 1910 è oltre1.120.000 km.

Dai primi del 1900, con l’af-fermarsi delle motrici elettriche,inizia l’elettrificazione di alcunibrevi tratti di linee ferroviarie.Le nuove motrici elettriche rag-giungono in breve velocità piùelevate di quelle a vapore. Suc-cessivamente vengono impiega-te motrici diesel e diesel-elettriche, mentre quelle a vapo-re sono usate sempre meno finoa sparire del tutto.

Con il massiccio diffondersidell’automobile, il treno perde lasua supremazia come mezzo di

trasporto. Oggi si sta cercando dirivalutarlo; nuovi studi e l’appli-cazione di moderne tecnologiehanno permesso la realizzazionedi treni velocissimi: in Giapponealcuni treni viaggiano a circa380 km/h; in Francia i treni TGV(Train Grande Vitesse) superanola velocità di 250 km/h; in Italiasull’unico tratto ad alta velocitàMilano-Roma, il “Pendolino“ rag-giunge i 250 km/h.

La nave

I primi mezzi di trasporto via ac-qua, in età preistorica, sono statile zattere, imbarcazioni costruitelegando tra loro diversi tronchi,e le canoe ottenute scavando iltronco di un albero.

Le prime flotte composte daimbarcazioni a vela e remi si co-stituiscono intorno al 3500 a.C.;in assenza di vento la forza mo-trice è rappresentata dalla forzamuscolare dei rematori.

I primi veri maestri di architet-tura navale, abili navigatori edesperti commercianti, sono i Fe-nici. Questo popolo, con le suenavi da combattimento a due filedi remi (biremi) domina per unlungo periodo il Mare Mediter-raneo e fonda lungo le sue costenumerose colonie.

I Romani perfezionano ulterior-mente le navi da combattimentodotandole di rostri e torri. I rostrisono sporgenze uncinate colloca-te a prua che servono ad aggan-ciare le navi nemiche, mentre letorri fungono da riparo.

Una grossa trasformazione nel-la struttura e nella parte mecca-nica delle navi si ha solo intornoal 1300. Le navi diventano più

Un treno svizzero costruito nel 1847.

Un battello a vapore sul Mississipi. Un clipper americano del 1852.

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veloci e governabili con l’intro-duzione del timone a barra, in-cernierato al centro della poppaal posto dei due remi laterali.Vengono costruite le prime ga-lee, navi di forme slanciate, somi-glianti a un pescecane, mosse siada rematori (di solito personecondannate per gravi reati da cuiil nome “galeotti”), incatenati albanco di voga, sia da vele. Le ga-lee vengono largamente usate fi-no al secolo XVIII.

Nel secolo XV si apre l’era deigrandi viaggi e delle grandi sco-perte. Le navi sono velieri a tre al-beri con vele orientabili, capaci disfruttare ogni minimo soffio divento. Gli scafi sono sempre co-struiti in legno. La bussola magne-tica, inventata nel secolo XI, con-sente di orientarsi anche nellegiornate senza sole o nelle nottinuvolose, quando non è possibileindividuare la stella polare. I mag-giori navigatori sono gli Italiani,gli Spagnoli, i Portoghesi, gliOlandesi e gli Inglesi. Le navi a ve-la usate in questo periodo sono:• le caravelle, navi di peso e di-mensioni diverse; quelle usateda Cristoforo Colombo pesavanodalle 100 alle 400 tonnellate;• i galeoni, velieri armati di can-noni, trasportano un equipaggiocomposto da centinaia di perso-ne e pesano dalle 1000 alle1500 tonnellate;• i clipper, che sono gli ultimigrandi velieri; hanno la prua affi-lata e gli alberi inclinati versopoppa. Sono impiegati soprattut-to per il trasporto del the sullarotta Shanghai-Londra.

Nel 1775 vengono sperimen-tati i primi battelli a ruota mossida un motore a vapore. Nel1807 l’inventore statunitense Ro-bert Fulton percorre il fiumeHudson da New York ad Albanycon un battello lungo 48 m e lar-go 4, dalla forma di una chiattapiatta. Dopo questo primo espe-rimento molte altre navi a vapo-re sono impiegate sui fiumi, suicanali, sui laghi.

Nel 1919 viene compiuta laprima traversata dell’Atlantico daNew York a Liverpool.

L’impiego di nuove tecnologiemigliora la sicurezza delle imbar-cazioni: gli scafi in legno sono

sostituiti da quelli in acciaio, l’e-lica prende il posto della ruota apale, consentendo di aumentarela velocità delle navi. All’iniziodel 1900 il motore diesel vieneapplicato alle piccole navi men-tre il motore a turbo gas vieneinstallato sulle navi più grandi.Nel 1959 entra in funzione laprima nave mercantile a propul-sione nucleare.

L’aereo

Il primo veicolo utilizzato dal-l’uomo per solleversi da terra evolare è stato un pallone di carta,la mongolfiera progettata e rea-lizzata nel 1783 dai fratelli Mont-golfier. La mongolfiera vienegonfiata con aria calda che, es-sendo più leggera dell’aria atemperatura ambiente, tende asalire. La prima mongolfiera, fer-mata a terra con un cavo, si è al-zata raggiungendo una altezza di24 metri. Solo negli esperimentisuccessivi alla “pancia” del pallo-ne viene attaccata una cesta divimini, nella quale prende postol’equipaggio. Nel novembre del1783 il fisico francese FrançoisPilatre de Rozier e François Lau-rent marchese di Arlandes, sorvo-lano Parigi in una mongolfieraper circa 12 km, all’altezza di cir-ca 1000 metri. In Italia la primamongolfiera decolla nel 1784nei pressi di Milano. Questo vei-colo non viene però mai usatocome mezzo di trasporto, ma so-lo come mezzo di osservazione estudio dell’atmosfera.

Alla fine dell’Ottocento la mon-golfiera subisce una trasformazio-ne nella forma: diventa più affu-solata e dotata di organi di dire-zione per il controllo del volo e dimotori per vincere la forza delvento e delle correnti d’aria; na-sce un nuovo velivolo, il dirigibi-le. Vengono costruiti dirigibilisempre più perfezionati, alcunicon l’ossatura rigida di alluminio,riempiti di gas più leggeri dell’a-ria, come l’idrogeno e l’elio e fat-ti muovere da due motori.

Intanto continuano gli studisull’aerodinamica. Nel 1893, do-po vari esperimenti, i fratelliWright collaudano il primo aero-plano. Il nuovo velivolo si solle-

va 3 metri da terra e compie unvolo di 36 metri in 12 secondi.

All’inizio del XX secolo l’auto-nomia di un aereo non supera i200 km. Gli aerei riescono aviaggiare solo a bassa quota se-guendo i percorsi delle strade eatterrano nei campi e nei prati.

Il primo volo da New York aParigi viene effettuato nel 1927dallo stunitense C. Lindberg in33 ore e 30 minuti.

Durante la seconda guerramondiale si incrementano i pro-gressi della tecnologia aeronauti-ca. Dopo la guerra viene applica-to il primo motore a reazione aun aereo civile; ciò permette agliaerei maggiore autonomia di vo-lo e maggiore velocità. Negli anniCinquanta l’aviazione americanariesce a superare il “muro del suo-no”, spingendo un aereo alla ve-locità di oltre 1250 km/h. Ricor-diamo che la velocità del suono èdi circa 300 metri al secondo,equivalente a circa 1100 km/h.Inizia l’era dei voli transoceanici:grazie all’evoluzione della tecno-logia le distanze tra le diverse lo-calità del mondo vengono percor-se in tempi sempre più brevi.

La conquista dello spazio

Il 4 ottobre del 1957 ha inizio laconquista dello spazio. L’UnioneSovietica, in competizione congli Stati Uniti d’America, mette inorbita il primo satellite artificiale,lo Sputnik, che ruota intorno allaTerra e trasmette dati relativi allapressione e alla temperatura.

Nel 1961 il primo astronauta,il sovietico Juri Gagarin, fotogra-fa la Terra dallo spazio duranteun volo di 1 ora e 45 minuti. Il20 luglio del 1969 l’americanoArmstrong, con il suo equipag-gio, atterra sulla Luna e tutto ilmondo può assistere a questoimportante avvenimento tra-smesso per televisione in direttavia satellite. Attualmente con lenavette spaziali Space Shuttlevengono trasportati nello spaziouomini e strumenti per effettuarenuovi studi, esperimenti, osser-vazioni, e collocare in orbita sa-telliti per le telecomunicazioniche permettono di comunicarecon tutte le parti del mondo.

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Lo sviluppo della stampa è stret-tamente legato a quello della car-ta. Le prime tecniche di stampasono state inventate, intorno IVsecolo a.C., dai cinesi che aveva-no già trovato il modo di produr-re la carta.

La tecnica usata consisteva nel-l’incidere una tavoletta di legno(matrice), in modo da lasciare inrilievo e rovesciati i segni dellelettere e le linee di un disegno;poi passavano l’inchiostro sulleparti in rilievo, vi ponevano sopraun foglio di carta e premevanoottenendo la stampa.

Questa tecnica, chiamata xilo-grafia, giunge in Europa intornoal 1300, quando ancora i testi so-no scritti a mano su pergamena.Parallelamente si sviluppano inEuropa le tecniche per la produ-zione della carta. Con la xilogra-fia vennero stampati, soprattuttoin Olanda e in Germania, interi li-bri. In seguito, mentre le tecnicheper la produzione della carta mi-glioravano, Gutenberg inventò,nel 1452, un nuovo metodo perla stampa con i caratteri mobili.Questa grande innovazione consi-steva nel fatto che ogni letteradell’alfabeto veniva incisa separa-tamente su un blocchetto di me-tallo e poteva essere usata infinitevolte per comporre testi diversi.

Gutenberg fabbricò uno stam-po per le varie lettere dell’alfabe-to in cui fece colare piombo fuso,ottenendo così i caratteri mobiliche, allineati su un compositoio,formavano le parole e quindi lamatrice della pagina di un testo,nello stesso modo in cui fino apoco tempo fa erano utilizzati intipografia nella composizione amano.

In seguito lo stesso Gutenbergperfezionò il torchio a vite perpressare i fogli di carta sulla ma-trice e fabbricò un inchiostro spe-ciale adatto alla stampa.

Le invenzioni di Gutenberg per-misero di stampare più copie dilibri in un tempo decisamente in-feriore a quello necessario per ri-copiare un testo a mano. La pos-sibilità di produrre libri e testi

scritti in poco tempo favorì la dif-fusione delle idee e della cultura.

Nel XV secolo i libri non eranopiù richiesti solo da pochi studio-si, ma anche da parte di coloroche sempre più numerosi fre-quentavano le università e cheavevano bisogno di testi di variematerie.

Alla fine del 1400 esistevanostamperie in ogni parte d’Euro-pa. Per lungo tempo non ci furo-no nuovi progressi tecnici, ancheperché la carta veniva ancora fab-bricata a mano e perciò la pocadisponibilità di questo materialenon incentivava un’accelerazionedel processo di stampa.

Il grande progresso in campotipografico si concretizzò quan-do fu possibile disporre di gran-di quantità di carta fabbricatameccanicamente. Alla fine del1700 in Inghilterra venne realiz-zata la prima macchina per pro-durre la carta: in poco tempo laquantità di carta prodotta diven-tò dieci volte maggiore mentre ilprezzo si ridusse notevolmente.La disponibilità di carta mise inmoto una serie di studi per rea-lizzare macchine che consentisse-ro di ridurre i tempi di stampa.La più importante invenzione fuil procedimento che permettevadi duplicare la matrice su una la-stra incurvata applicabile a un ci-lindro: nacque così la rotativa.

Un’ulteriore importante inno-vazione si realizzò nel 1884 conl’invenzione della linotype: la pri-ma macchina capace di compor-

re e fondere automaticamente in-tere righe di un testo.

Negli anni Cinquanta nasce lamacchina fotocompositrice chepermette di ottenere, con proce-dimenti fotografici, pellicole fo-toimpresse da cui ricavare le ma-trici di stampa. Lentamente la fo-tocompositrice rimpiazza la li-notype. In Italia la diffusione èavvenuta alla fine degli anni Set-tanta quando le fotocompositricisi sono dotate anche di computerin grado di giustificare automati-camente (comporre il testo inmodo che sia allineato a destra ea sinistra) e di fare la scom-posizione sillabica.

Negli anni Ottanta, con l’av-vento dei sistemi editoriali la fo-tocomposizione diventa una dellefunzioni del computer.

Grande sviluppo ha avuto nelcorso del tempo il processo ditrattamento delle immagini perla stampa.

La fotoincisione è stata sostitui-ta dalla fotolitografia, una tecni-ca basata su processi fotochimiciper la produzione di pellicole uti-lizzate per la stampa offset.

Quest’ultimo metodo di stam-pa, derivato dai principi della li-tografia, utilizza lastre lisce chehanno acquisito, con un processofotochimico, la capacità di tra-smettere o respingere l’inchiostronei punti predisposti. Con l’intro-duzione di apparecchi per il con-trollo elettronico dell’inchiostra-zione, il sistema di stampa offsetha raggiunto alti livelli di qualità.

La stampa nel tempo

SCHEDE DI STORIA di C.Borghino - L.Salerno - L.Xodo © Editrice EDISCO, Torino

1954 - Rotativa tipografica “Winkler-Fallert”.

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Come abbiamo visto il processofotografico si basa principalmen-te sul fenomeno della cameraoscura.

La luce che entra in una stanzada un piccolo foro forma sullaparete opposta al foro un’imma-gine capovolta.

Il fenomeno, noto fin dal IVsecolo a.C., venne osservato estudiato nel corso del 1500 davari scienziati, tra i quali Leonar-do da Vinci. Questi studi porta-rono alla costruzione di camereoscure portatili di cui fecero lar-go uso gli artisti, nel 1700, pereseguire con precisione disegnie dipinti.

Perché nascesse la fotografiaera però necessario fissare le im-magini in modo permanente suun materiale: questo divennepossibile in seguito alla scopertache alcuni composti dell’argentoanneriscono se esposti alla luce.

Nel 1826 i francesi Daguerree Niépce misero a punto il pri-mo procedimento per ottenereun’immagine duratura.

Sistemarono all’interno di unacassetta (camera oscura) una la-stra di rame ricoperta da iodurod’argento e la esposero alla luceper un certo tempo. In questomodo l’immagine rimase im-pressionata sulla lastra: nacquela prima fotografia che prese ilnome di dagherrotipo.

In seguito la lastra venne trat-tata con vapori di mercurio perfissare meglio l’immagine.

Il dagherrotipo dava immagininitide, ma non si poteva ripro-durre in più copie.

Verso la metà del 1800 Wil-liam Henry Fox Talbot mise inatto il procedimento negativo-positivo che consentì di ottenereun numero illimitato di copiepartendo da un negativo.

L’immagine da fotografarenon veniva più impressionata suuna lastra di metallo, ma su unalastra di vetro trasparente e percontatto riprodotta sulla carta.

Nel 1889, ad opera degliamericani G. Eastman e W. H.Walker, l’emulsione sensibilevenne applicata non più sulla la-stra di vetro ma su un nastro diplastica trasparente (celluloide):nacque la pellicola fotografica.

Insieme alla pellicola fotogra-fica si perfezionarono le tecnicheper la costruzione di macchinefotografiche. Nei primi anni diquesto secolo venne lanciata sulmercato la prima macchina foto-grafica (Kodak) di piccole di-mensioni e di facile uso, munitadi una pellicola flessibile monta-ta su un rullino.

Queste innovazioni sono statefondamentali e hanno consenti-to la nascita delle moderne mac-chine fotografiche. Oggi la tec-

nologia propone anche macchi-ne fotografiche che registrano sudisco le informazioni relative al-l’immagine fotografata.

Come è nata la fotografiascheda

Henry Cartier Bresson: “Curato dicampagna e vecchia parrocchiana”. Ilfotografo francese ha definito l’es-senza della fotografia: “Il riconosci-mento simultaneo, nella frazione diun secondo, di una parte del signifi-cato di un fatto, ed al medesimotempo di una organizzazione rigoro-sa delle forme percepite visualmen-te, che esprimono questo fatto”.

Robert Capa: “Morte di un miliziano spagnolo” (1936). L’immagine, in cui ilgrande documentarista americano – che doveva cadere sul campo – è riuscito acogliere l’attimo decisivo e significante, è uno dei più celebri esempi di “foto-grafia di guerra”, un genere in cui tutto l’orrore, la pietà, i drammi piccoli egrandi dell’evento bellico sono fissati per sempre in figurazioni di grande pote-re evocativo.

La prima fotografia della storia, scat-tata da J. Micéphore Niépce nel1826.

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Già nel VI secolo a.C. il fisico ematematico Talete aveva scopertoche strofinando dell’ambra (ingreco elektron), che è resina ve-getale solidificata, questa acqui-stava il potere di attrarre corpileggeri: è la prima scoperta del-l’esistenza dell’elettricità statica.

Gli antichi Greci conoscevanoanche il fenomeno magnetico:avevano osservato che la magne-tite ha la proprietà di attirare ilferro.

All’inizio del 1600 l’inglese W.Gilbert aveva stabilito che l’am-bra non è l’unico materiale ingrado di attirare corpi leggeri do-po essere stato strofinato e avevadefinito elettricità questa proprie-tà. Aveva inoltre scoperto che esi-stono relazioni tra elettricità emagnetismo.

Durante il 1700 molti scienziatie studiosi fecero ricerche sui ma-teriali che hanno la proprietà dielettrizzarsi, studiando e facendoesperimenti su come accumulareenergia elettrica.

Nel 1771 un professore di ana-tomia di Bologna, L. Galvani, ef-fettuando esperimenti sui corpidelle rane constatò che i loro mu-scoli si contraevano (come seavessero ricevuto una scarica elet-trica) in presenza di un circuitometallico, per cui ne dedusse cheil corpo dell’animale possiedeuna forma di elettricità da luichiamata “elettricità animale”.

Nel 1800 Alessandro Volta, ri-prendendo le ricerche di Galvani,lavorò sull’ipotesi che l’elettricitàosservata derivasse dal contattosul corpo della rana dei due me-talli usati da Galvani (il coltello diferro e il gancio di rame) e scoprìche il corpo della rana può esseresostituito semplicemente da ac-qua salata.

Volta dimostrò che l’acqua sa-lata consente una reazione chimi-ca tra il rame e lo zinco che con-siste in un un flusso di elettronidal rame allo zinco.

Da queste ricerche nacque unostrumento molto importante,chiamato Pila di Volta, formatoda lastrine di rame e di zinco se-

Dalla scoperta del magnetismo alle centrali elettriche

La pila di Volta.

la corrente elettrica venne impie-gata per l’illuminazione di stradee abitazioni in sostituzione dellelampade a petrolio. Era diventa-to necessario produrre energiaelettrica a livello industriale e co-sì nacquero le prime centrali elet-triche.

La prima centrale elettrica en-trò in funzione negli Stati Uniti, aNew York, nel 1879.

La prima centrale europea ven-ne costruita in Italia, nel centro diMilano, e, in quanto di piccolapotenza, serviva essenzialmente afornire corrente per l’illuminazio-ne della città. In seguito con ilperfezionamento dell’alternatoree del trasformatore è stato possi-bile elevare la potenza della cor-rente prodotta. Questa ha con-sentito di costruire le centrali neipressi di dighe e miniere e tra-sportare l’elettricità nelle cittàsenza gravi dispersioni.

Nel 1885 G. Ferraris progettò ilprimo motore elettrico a correntealternata. In pochi decenni si èaffermato ed è stato costruito inuna vasta gamma di potenze perusi industriali e per elettrodome-stici.

parate da feltrini imbevuti di ac-qua salata.

Questa invenzione permise aglistudiosi che indagavano sull’elet-tricità di fare nuove e importantisperimentazioni, perché avevanoa disposizione un generatore dicorrente elettrica. Un’altra tappadeterminante è stata la scopertadel fisico danese Hans Oersted: inseguito a una serie di esperimen-ti svolti tra il 1807 e il 1820, egliscoprì che un ago magnetico po-sto vicino a un filo nel quale scor-re corrente elettrica devia dallasua posizione naturale. Oerstedpoteva concludere che la correnteelettrica si comporta come unacalamita, crea cioè un campo ma-gnetico. Come era successo per lapila di Volta, la scoperta incorag-giò gli scienziati a fare nuoviesperimenti.

Nel 1823 l’inglese Sturgeonrealizzò la prima elettrocalamita,avvolgendo una spirale di fili dirame isolati attorno a un cilindrodi ferro dolce e collegando ledue estremità del filo ai poli diuna pila.

L’applicazione dell’elettroma-gnetismo consentì la realizzazionedel telegrafo, brevettato da Mor-se nel 1840.

Nel 1831 l’inglese M. Faradayscoprì l’importante fenomenodell’induzione elettromagnetica.Egli dimostrò che è possibile rica-vare corrente elettrica da un ef-fetto magnetico, provocando larotazione di un disco di rame po-sto fra i poli di una calamita fattaa ferro di cavallo. Iniziò così la ri-cerca per mettere a punto mac-chine adatte alla produzione dienergia elettrica.

Nel 1864 l’italiano Pacinottirealizzò quello che Faraday avevadimostrato possibile con i suoiesperimenti e cioè una macchinaper produrre elettricità: la dina-mo. La dinamo è in grado di pro-durre corrente elettrica di grandepotenza, cosa che non è possibileottenere con le pile di Volta. Gra-zie all’invenzione di T. Edison,che costruì le prime lampadinecon filamento di carbone (1880),

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I primi dispositivi creati dall’elet-tronica all’inizio del XX secolosono state le valvole termoioni-che. Nel 1904 J.A. Fleming met-te a punto il primo diodo costi-tuito da una ampolla di vetro,dentro la quale è stato creato ilvuoto, e da due elettrodi (cato-do e anodo). Con questa rudi-mentale valvola era possibileraddrizzare una corrente alterna-ta in corrente continua e rilevaresegnali radiotelegrafici.

Nel 1907 L. De Forest modifi-ca il diodo di Fleming aggiun-gendovi un terzo elettrodo (gri-glia) con la funzione di control-lare il movimento degli elettro-ni; con questo nuovo dispositivochiamato triodo era possibileamplificare un debole segnaleelettrico.

La prima massiccia applicazio-ne del diodo e del triodo si ha

con la radio; dopo il 1920 il nu-mero degli apparecchi in circola-zione cresce enormemente, finoad arrivare a due milioni nell’ar-co di pochi anni.

Alla fine del 1947, W. Schocx-ley, J. Bardem, e W. Brattan ri-escono ad amplificare un segna-le utilizzando un materiale soli-do chiamato semiconduttore.

Le vecchie valvole, ingom-branti, fragili, che consumavanograndi quantità di energia elet-trica, vengono sostituite daitransistor: incomincia l’era del-l’elettronica allo stato solido.

I transistor vengono utilizzatiall’inizio per realizzare piccoleradio, solo nel 1958 l’industriaitaliana Olivetti costruisce unodei primi computer a transistor.Verso la fine del 1959 si inco-minciano a realizzare su una pia-strina di silicio oltre ai transistor,anche diodi, resistori e conden-satori opportunamente collegatiper ottenere un circuito comple-to. L’americano J. Kilby è il pri-mo a brevettare un circuito inte-grato.

Negli anni Sessanta l’industriache si occupa di componentielettronici riesce a racchiuderesu un’unica piastrina di silicio(chip) un numero sempre più

elevato di componenti, riducen-do sempre di più il volume de-gli apparecchi elettronici; tra il1960 e 1963 vengono posti invendita i primi computer intera-mente a transistor destinati al-l’industria e al commercio e iprimi registratori a cassette.

Negli anni Settanta con la rea-lizzazione del microprocessorevengono costruite le prime cal-colatrici tascabili a circuiti inte-grati e gli orologi elettronici di-gitali. Nel 1975 inizia la diffu-sione dei Personal Computer de-stinati al grande pubblico, nel1979 una società giapponeselancia il Walkman, un piccolo re-gistratore con cuffia.

Dagli anni Ottanta si assiste aduna ulteriore miniaturizzazionedei componenti e al lancio sulmercato di nuovi apparecchicompletamente elettronici comeil lettore per Compact Disc, ilpersonal computer, il videoregi-stratore, la videocamera e la fo-tocamera digitale.

Dalle valvole ai microprocessori in meno di 80 annischeda

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L’uomo della preistoria ha dovu-to contare solo sull’energia deipropri muscoli nell’affrontare laquotidiana lotta per la sopravvi-venza.

In un secondo tempo l’uomoha incominciato a servirsi anchedell’energia muscolare fornitada alcuni animali; il bue e il ca-vallo ad esempio possono com-piere un lavoro cinque o diecivolte maggiore di quello di unuomo.

Un’altra fonte di energia sfrut-tata nell’antichità è stata il legnoche, bruciando, fornisce il calorenecessario per scaldarsi, cucina-re e lavorare i metalli.

Il vento è stato usato per muo-vere navi a vela.

L’uomo imparò a costruirestrumenti per compiere lavoricon minor fatica, strumenti chefunzionavano impiegando fontidi energia diversa: i Romani co-struirono ruote idrauliche che

sfruttavano il flusso di un corsod’acqua e servivano per macina-re il grano o altri cereali; solonel Medioevo, tuttavia, l’usodelle ruote idrauliche si è propa-gato in tutta l’Europa.

Le ruote sono state perfeziona-te e utilizzate per impianti di irri-gazione, per far muovere mac-chine, telai e magli per lavorare imetalli. Sul finire del Settecento,grazie alle migliorate condizionidi vita, si è avuto un notevoleaumento della popolazione e diconseguenza della richiesta di ci-bo, case, abiti, di tutti i beni diprima necessità.

L’energia fornita dagli impian-ti azionati da ruote idraulichenon poteva più bastare. Nacquecosì l’esigenza di pensare a nuo-ve macchine e a nuove fonti cuiattingere per produrre energia.

La rivoluzione industriale

Sul finire del Settecento in In-ghilterra è stata inventata lamacchina a vapore. Ideata nel1690 da Papin ed elaborata pri-ma da Newcomen e in seguitoda Watt, questa macchina sfrut-ta l’energia termica che si svi-luppa dalla combustione delcarbone e la trasforma in ener-gia meccanica.

L’invenzione della macchina avapore introdusse grandi tra-sformazioni nel modo di pro-durre; il lavoro dell’artigiano fusoppiantato dalla nascente in-dustria che poteva disporre deinuovi e costosi macchinari.Dapprima nacque l’industriatessile, in seguito si svilupparo-no tutte le altre industrie chehanno utilizzato la macchina avapore per far muovere gli im-pianti, con un notevole incre-mento della produzione.

Verso la fine del 1700 anche itrasporti beneficiarono dell’e-nergia fornita dal vapore: ven-nero costruiti battelli a vapore elocomotive a vapore. Questeimportanti innovazioni dei tra-sporti posero le basi per unagrande espansione del commer-

cio in tutto il mondo. Con l’av-vento del motore a scoppio – at-tribuito a diversi inventori fra cuiForest, Barsanti e Daimler – edel motore diesel, alla fine del-l’Ottocento ebbe un notevoleimpulso la ricerca sui combusti-bili liquidi derivati dal petrolio.Trovò così largo uso e diffusioneuna nuova fonte di energia, co-nosciuta da tempo, ma fino adallora utilizzata solo per alimen-tare le lampade da illuminazio-ne. Il motore a scoppio o a com-bustione interna venne utilizzatonei trasporti: nacquero le auto-mobili e con esse una nuova ri-voluzione nel campo dell’indu-stria e dei trasporti.

La diffusione dei nuovi mezzidi trasporto, l’aumento del be-nessere e il conseguente incre-mento demografico hanno pro-dotto una domanda di energiain continua e costante ascesa,con i notevoli problemi a essaconseguenti, dai quali si tenta diuscire cercando soluzioni alter-native.

L’uomo e l‘energia

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Il primo treno a vapore.La prima macchina a vapore Carlissda 700 tonnellate - 1876.

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