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VITTORIO FORMENTIN, s.c. Scritture femminili veneziane del medioevo (Memoria presentata nell’adunanza del 18 ottobre 2014) Estratto Atti e Memorie dell’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti già dei Ricovrati e Patavina Volume CXXVII (2014-2015) Parte III: Memorie della Classe di Scienze Morali, Lettere ed Arti PADOVA PRESSO LA SEDE DELL’ACCADEMIA ACCADEMIA GALILEIANA DI SCIENZE LETTERE ED ARTI IN PADOVA 35139 Padova - Via Accademia, 7 - Tel. 049.655249 - Fax 049.8752696 e-mail: [email protected] - www.accademiagalileiana.it

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VITTORIO FORMENTIN, s.c.

Scritture femminili veneziane del medioevo

(Memoria presentata nelladunanza del 18 ottobre 2014)

Estratto

Atti e Memorie dellAccademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Artigi dei Ricovrati e Patavina

Volume CXXVII (2014-2015)Parte III: Memorie della Classe di Scienze Morali, Lettere ed Arti

PA D OVAPRESSO LA SEDE DELLACCADEMIA

ACCADEMIA GALILEIANA DI SCIENZE LETTERE ED ARTIIN PADOVA

35139 Padova - Via Accademia, 7 - Tel. 049.655249 - Fax 049.8752696e-mail: [email protected] - www.accademiagalileiana.it

VIttORIO FORMEntIn, s.c.

Scritture femminili veneziane del medioevo*

(Memoria presentata nelladunanza del 18 ottobre 2014)

1. Donne che scrivono e donne che fanno scrivere

Per eliminare subito un possibile equivoco, preciso che mi occu-per di donne scriventi, non di donne scrittrici; non dunque di colle-ghe, fosse anche in sedicesimo, dIldegarda di Bingen o di Margherita Porete, per citare due protagoniste di un famoso libro di Peter Dron-ke,1 ma pi modestamente di Guglielma Venier, di Franceschina Cor-

(*) Il lavoro stato eseguito nellambito del progetto di ricerca Chartae Vulgares Anti-quiores. I pi antichi testi italoromanzi riprodotti, editi e commentati (PRIn 2012, Unit di Udine); le fotografie si pubblicano in base alla convenzione di cooperazione scientifica e culturale tra lArchivio di Stato di Venezia e il Dipartimento di Studi Umanistici dellUniver-sit di Udine del 7 luglio 2014. Sono molto grato ad Attilio Bartoli Langeli per gli utili com-menti a una prima versione di questo scritto e ad Alessandra Schiavon per avermi facilitato il lavoro in archivio. Impiego le sigle seguenti: ASV = Archivio di Stato di Venezia; Boerio = Giuseppe Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, Venezia, Cecchini, 18562; Sattin = Antonella Sattin, Ricerche sul veneziano del sec. XV (con edizione di testi), LItalia dialetta-le, XLIX, 1986, pp. 1-172; TV = Testi veneziani del Duecento e dei primi del Trecento, a cura di A. Stussi, Pisa, nistri-Lischi, 1965. nelledizione dei testi adotto i seguenti criteri: 1. tra parentesi tonde pongo gli scioglimenti di compendi, conservando per le seguenti abbre-viazioni di monete: d., dr. denari, du., duc., duch. ducato, -i, g, g(r)oss. grossi, l., lb., lib. lire, s., ss. soldi; conservo inoltre il segno , che vale mezzo; 2. tra parentesi quadre stanno le integrazioni di lacune meccaniche, tra parentesi aguzze si mettono le lettere depennate, tra parentesi aguzze invertite le espunzioni editoriali; 3. la rigatura degli originali, quando non si preferisca riprodurne direttamente gli a capo, indicata da un numero in esponente; 4. in corsivo reintegro lettere corrispondenti a tituli omessi; 5. il punto in alto segnala la caduta di una consonante per legittima ragione fonosintattica; 6. con tre asterischi segnalo uno spazio lasciato in bianco dallo scrivente. Si avverte infine che le date sono sempre ricondotte allo stile comune.

(1) Peter Dronke, Women writers of the Middle Ages, Cambridge, Cambridge Uni-versity Press, 1984 (trad. it. Donne e cultura nel medioevo, Milano, Il Saggiatore, 1986).

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ner e di Maria, scolara e poi maestra nel sestiere di Castello. Certo nel medioevo le donne scrittrici sono assai pi rare delle donne scriventi, ma devesser chiaro che neppure queste abbondano. Parafrasando un giudizio riferito da Virginia Woolf in A room of ones own (1929), uno dei testi fondativi della letteratura femminista, potremmo dire che a womans writing is like a dogs walking on his hind legs: it is not done well, but you are surprised to find it done at all.2 Sono parole che consuonano singolarmente con quelle scritte in anni non troppo lon-tani da una specialista della storia della scrittura e della cultura scritta del medioevo, la quale ha notato che, quando ci si trova innanzi a testimonianze grafiche medievali di mano femminile, limportante [] non tanto come sono state scritte, ma il fatto stesso che sono state scritte.3

Un tale argomento di ricerca comporta che non avremo a che fare con il mondo del libro, ma con quello della documentazione usuale: note appuntate sul verso di pergamene notarili, rendiconti scritti su fogli sciolti o striscioline di carta, lettere private, dimessi libretti di conto per la gestione familiare; e poi, a riflesso di una consuetudine tutta veneziana, cedole testamentarie. Il nostro ambiente di lavoro sar dunque larchivio, non la biblioteca.

nella prospettiva di studio qui assunta, attenta insieme allaspetto linguistico e a quello grafico del testo, rilevante che il documento esaminato sia autografo. Ora, la prima conseguenza del difficile acces-so della donna alla scrittura, del suo separato percorso di alfabetizza-zione, affidato per lo pi allautodidassi o ad un improvvisato insegna-mento domestico,4 proprio questa: che molti testi che si dichiarano scritti da una donna non lo sono affatto. In altre parole, se, in un qualsiasi testo medievale redatto in forma soggettiva, si trova scritto io Maria, non abbiamo alcuna certezza che esso sia stato scritto proprio da Maria. Il fenomeno della scrittura femminile che potrem-mo chiamare sedicente rientra nel pi vasto ambito dello scrivere per gli altri, della delega di scrittura, pratica molto frequente cos nel

(2) Cecil Gray, A survey of contemporary music, London, Humphrey Milford, 1924, p. 246 (nelloriginale: a womans composing etc.).

(3) Luisa Miglio, Alfabetizzazione e organizzazione scolastica nella Toscana del XIV secolo (1988, insieme con A. Petrucci), in Ead., Governare lalfabeto. Donne, scrittura e libri nel Medioevo, Premessa di A. Petrucci, Roma, Viella, 2008, pp. 35-53: 53.

(4) Ancora alla fine del Cinquecento pochissime erano le veneziane che andavano pi o meno regolarmente a scuola: Paul F. Grendler, La scuola nel Rinascimento italiano, Roma-Bari, Laterza, 1991, pp. 50-55, dove si accenna anche alla possibilit che le fan-ciulle di condizione superiore fossero istruite in monastero.

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medioevo come in tutti i periodi e gli ambienti caratterizzati da un basso livello di alfabetizzazione, quando succeda che una forte domanda di scrittura e di documentazione contemporaneamente posta sia dallalto (istanza burocratica), sia dal basso (istanza di promozione socio-cultura-le) non riesce a provocare in tempi rapidi una risposta soddisfacente in termini di diffusione delluso dello scritto.5 A volte la delega affermata esplicitamente mediante espressioni causative (ci avviene in particolare nei testamenti: Io Maria faccio scrivere il mio testamento da Giovanni mio marito), ma per lo pi rimane implicita per il semplice motivo che non si vedeva la necessit o lopportunit di dichiararlo. Comunque sia, buon metodo, innanzi a una scrittura medievale che si dice femminile, non dare per scontato che lo sia, nel senso almeno della sua materiale ese-cuzione: ad attribuire, in modo certo o probabile, una scrittura alla mano di una donna si deve arrivare solo alla fine di un percorso argomentativo che metta insieme e interpreti tutti gli elementi a disposizione.

Si pu peraltro provare a elencare alcuni indizi o criteri di valore generale utili a impostare, se non a dirimere, la questione dellautografia che si pone quando ci si trovi innanzi a sedicenti scritture femminili, la significativit dei quali tuttavia va sempre valutata caso per caso e, come si diceva, nel contesto pi ampio possibile:

1. Il primo indizio il livello di cultura e di capacit grafica: in gene-rale, quanto pi tale livello che il risultato, in diacronia, di un certo percorso formativo e, in sincronia, di una certa abilit esecutiva alto e vicino a un modello di scrittura professionale (per es. la cancelleresca), tanto pi probabile che ci si trovi innanzi a un esempio di scrittura delegata, in cui colei che si nomina in prima persona lautrice del documento, ma la funzione di scrittore, cio la materiale estensione del testo, stata affidata a un uomo. In altre parole, ci si deve aspettare che nel medioevo una donna, se scrive, scriva male.6

(5) Armando Petrucci, Scrivere per gli altri, Scrittura e Civilt, 13, 1989, pp. 475-487: 475.

(6) Adopero i termini autore e scrittore nel senso della diplomatica. nel valutare la possibilit dellautografia, bisogna certo tener conto anche dello stato sociale della presunta scrivente, per es. se essa una religiosa, e magari badessa, o di condizione laica, dato che le due situazioni notoriamente divergono, in et medievale e (proto)moderna, quanto alle opportunit di accedere al mondo della scrittura: per un quadro dinsieme v. Attilio Bartoli Langeli, La scrittura dellitaliano, Bologna, il Mulino, 2000, pp. 64 e 126-128. Per un probabile esempio antico di lettera scritta da una monaca (suor Agnese da Pastren-go, badessa del monastero veronese di S. Michele in Campagna) v. Alfredo Stussi, Una lettera in volgare veronese del 1326, LItalia dialettale, LVII, 1994, pp. 1-8 (con facsimile).

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2. Il secondo criterio attiene al grado di formalit del testo: quan-to pi questo elementare, occasionale, a corto raggio tipicamente: la nota scritta per s, com di norma un attergato , tanto pi facil-mente si pu credere che il soggetto femminile ne sia al tempo stesso lautore e lo scrittore.

3. Se i documenti emessi da una medesima autrice si mostrano scritti da mani diverse, prudente assumere che nessuno di essi sia autografo (criterio che si potrebbe dire tuzioristico).7

Ma a corroborare o a smentire tali indizi ci pu essere una prova, magari schiacciante: la stessa autrice per es. di un testamento re-datto, secondo una consuetudine particolarmente diffusa a Venezia, in forma di cedola in scriptis si pu dichiarare esplicitamente come la scrittrice del documento, con una formula del tipo scrito de mia man propria; o ancora, nella stessa fattispecie testamentaria, lattribuzione alla mano della testatrice pu essere addirittura certificata dal notaio (v. il 5). Esempi di questo tipo, con la loro irrecusabile realt, ser-viranno allora a saggiare il valore e la tenuta dei succitati criteri, che entrano in gioco quando invece la prova manca.

Beninteso, anche se la donna fosse soltanto lautrice e non la scrittrice del testo, questultimo non perderebbe il suo interesse in quanto documento utile a illustrare la condizione femminile in un particolare ambiente e momento storico, senza dire che tali testimo-nianze contengono spesso dati e notizie rilevanti per aspetti non se-condari della storia culturale (scuole, maestri, libri di testo), o della storia economica (prezzi di merci e manufatti, costo del lavoro), e cos via. Si tenga poi presente che, nella nostra epoca, il delegato a scrivere per altri non ancora un professionista della penna a disposizione dei pi vari interessati analfabeti o semialfabeti, come sar pi tardi, ma appartiene di norma al medesimo ambiente e alla medesima cultura (se si pu dir cos) del delegante: un suo parente, un compagno di la-voro, un vicino di casa e cos via;8 in tal caso, quindi, le caratteristiche della sua scrittura, assieme al contenuto del documento, che riguarda direttamente le attivit e i bisogni, le responsabilit e i desideri della delegante, ci dicono qualcosa pur anche di lei, del suo milieu di vita e di lavoro.

(7) Un argomento simile adoperato in A. Bartoli Langeli, La scrittura, cit., p. 63, proprio per escludere lautografia di una sedicente scrittura femminile.

(8) A. Petrucci, Scrivere per gli altri, cit., p. 477; Petrucci d a questo tipo di delegato la qualifica di affine.

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Le ragioni che inducono queste donne veneziane a scrivere o a far scrivere un testo sono di carattere pratico: riassumere il contenu-to di un atto notarile per poterlo facilmente ritrovare alloccorrenza nellarchivio di famiglia, amministrare leredit del marito defunto, provvedere al mantenimento e allistruzione dei figli o raccomandarli con una lettera allattenzione di un parente, registrare le spese correnti di famiglia, tutte espressioni di uno spirito pragmatico in cui certo si manifesta un atteggiamento tipicamente veneziano, ma che anche indizio dello stato di necessit in cui versa una donna rimasta senza lappoggio di un uomo, padre, marito, figlio o fratello: come altrove, insomma, anche a Venezia la donna accede alla scrittura soprattutto quando costretta dalle vicende della vita ad assumere ruoli e respon-sabilit che nella societ sono di solito una prerogativa maschile.9

Un altro fattore che a Venezia, nel tardo medioevo, promuove la produzione di scritture femminili quella che Petrucci ha chiamato, come abbiamo visto, listanza burocratica. Da una parte leffetto di una sempre maggior incidenza sulla vita quotidiana dellapparato di uffici e curie dello Stato (si pensi soltanto allistituto della commissara pubblica, per cui i membri del ceto dirigente veneziano erano soliti affidare lesecuzione del loro testamento ai Procuratori di San Marco, cui per lo pi associavano un congiunto, che non di rado era la moglie o una sorella); dallaltra una conseguenza della condizione giuridica relativamente favorevole della donna veneziana, che pu disporre am-piamente dei propri beni e ha la possibilit di compiere ogni atto del-la vita giuridica, il che comporta in particolare una cospicua presenza femminile in ambito contrattuale (si pu dire, senza paura di smen-tita, che nessun contratto sia precluso alle Veneziane), con il relativo strascico di procedimenti contenziosi e di rapporti con le magistrature civili e giudiziarie, innanzi alle quali la donna veneziana, per tutelare i propri diritti e interessi, pu farsi rappresentare da un procuratore legale (advocatus) o agire personalmente.10

(9) Christiane Klapisch-zuber, Le chiavi fiorentine di Barbabl: lapprendimento della lettura a Firenze nel XV secolo, Quaderni storici, 57, 1984, pp. 765-792: 782-783 (a proposito di Alessandra Macinghi Strozzi).

(10) Giorgio zordan, Le persone nella storia del diritto veneziano prestatutario, Pa-dova, Cedam, 1973, pp. 271-316 (le due citazioni alle pp. 273 e 280). Si veda anche Linda Guzzetti, Le donne a Venezia nel XIV secolo: uno studio sulla loro presenza nella societ e nella famiglia, Studi veneziani, n.s., XXXV, 1998, pp. 15-88; Ead., Vene-zianische Vermchtnisse. Die soziale und wirtschaftliche Situation von Frauen im Spiegel

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Accenniamo in breve al profilo sociale delle scriventi che conosce-remo nelle pagine seguenti. Appartengono per la maggior parte, come cera da aspettarsi, alla fascia superiore della societ veneziana, sono spesso esponenti di famiglie aristocratiche, anche se non sempre dei rami pi cospicui per influenza politica e consistenza patrimoniale. Uneccezione la maestra Maria ( 5), che allinizio del Quattrocento tenne una scuola (fu cio rectrix scolarum) nella contrada di S. ter-nita (trinit) nel sestiere di Castello, e non a caso fu dunque, come vedremo, delegata (non delegante!) di scrittura: la stessa mancanza di un cognome ne attesta le umili origini. E tutte, tranne una, sono di condizione laica: leccezione costituita dalla monaca che, nelle prime pagine di un libretto di amministrazione del monastero di S. Giro-lamo, registra la memoria dellincendio che distrusse il dormitorio nuovo del convento il 28 dicembre 1456 ( 7).

Lordine secondo il quale si presentano i testi cronologico; pe-raltro ad esso corrisponde, non certo per caso, un criterio di natura tipologica, quasi a segnare il progressivo ampliamento degli ambiti di scrittura via via accessibili alla donna veneziana. Per il XIII secolo e li-nizio del XIV lunica tipologia testuale finora documentata nellam-bito delle scritture femminili di livello usuale quella degli attergati a pergamene contenenti atti notarili ( 2);11 dalla met circa del secolo XIV abbiamo alcuni documenti di giustificazione di spese indirizzati ai Procuratori di San Marco, qualche lettera privata, numerose cedole testamentarie: un materiale documentario variegato, dunque, di cui tuttavia non sempre facile, come vedremo, accertare lautografia ( 3-5); allinizio del XV secolo appare il primo libretto contabile in cui una mano di donna, a causa dellassenza del marito, annota le spese e le entrate di casa ( 6); sta a s, infine, anche per il rispetto della mor-

sptmittelalterlicher Testamente, Stuttgart-Weimar, Metzler, 1998; Fernanda Sorelli, Diritto, economia, societ: condizioni delle donne a Venezia nei secoli XII-XIII, Archivio veneto, s. VI, 3, 2012 [= fasc. monografico dedicato a Donne, lavoro, economia a Venezia e in Terraferma tra medioevo ed et moderna], pp. 19-40.

(11) Ma non ci si pu davvero lamentare: le note dorsali scritte da Maria vedova di Bonaccorso di Artusio (intorno al 1222), da Marchesina Foscolo (intorno al 1269), da Maria Darpo (ultimo decennio del sec. XIII) e da Guglielma Venier (sec. XIII ex. - XIV in.) assicurano a Venezia il primato italiano per quel che riguarda le scritture femminili di livello usuale: per le prime tre scriventi cfr. Vittorio Formentin, La scripta dei mercanti veneziani del medioevo (secoli XII e XIII), Medioevo romanzo, XXXVI, 2012, pp. 62-97: 90 e Id., Note dorsali veneziane del Duecento, La lingua italiana, X, 2014, pp. 17-39: 30-36; per Guglielma Venier v. il 2.

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fologia grafica, la memoria scritta da una monaca del monastero di S. Girolamo poco oltre la met del Quattrocento ( 7).12

2. I grattacapi di Guglielma

Guglielma Venier della contrada dei Santi Apostoli era moglie, dal 1266 almeno, di Stefano, che nella sua giovinezza aveva esercitato con successo il commercio nel Mediterraneo orientale, e figlia di Raimon-do de niola, esponente di una famiglia di mercanti-viaggiatori pro-venzali immigrati a Venezia allinizio del Duecento (pi o meno nella stessa epoca della forzata partenza dei trovatori verso le corti dellItalia settentrionale) dal borgo di nioles nei pressi di Agen (Dipartimento di Lot-et-Garonne).13 Il nome di Guglielma diventato famoso tra chi si occupa di veneziano antico e di scrittura femminile del medioevo da quando una serie di studi di Alfredo Stussi ha richiamato lattenzione su alcune delle numerose scritture tutte appartenenti alla categoria degli attergati lasciate da questa singolare figura di veneziana dalle radici provenzali vissuta tra Due e trecento (mor nel 1318, in et cer-tamente non tenera, quando i suoi due figli erano gi morti da diversi anni).14

(12) Si pu soltanto accennare, in questa sede, allimponente mole di documenti prodotta da Isabetta Bragadin dallinizio degli anni Venti alla met degli anni Settanta del Quattrocento: un caso particolare di donna-amministratrice che merita di essere il-lustrato in uno studio specifico.

(13) Dopo la segnalazione di Luigi Lanfranchi, Famiglie mediterranee: i Venier dei Santi Apostoli, in I ceti dirigenti del Veneto durante il medioevo, Atti del convegno di studi (Venezia, 14 novembre 1981), s.n.t., pp. 65-68, le vicende delle due famiglie sono sta-te accuratamente ricostruite nelleccellente tesi di laurea inedita di Luca Sandini, Tra Francia, Venezia e il Levante. Da Nioles e Venier dai Santi Apostoli: due famiglie mercantili nel secolo XIII, rel. G. Ortalli, Universit di Venezia Ca Foscari, a.a. 1988-1989. La ci-tazione riportata tra parentesi proviene da Alfredo Stussi, Provenzali a Venezia (1258-1268), Annali della Scuola normale Superiore di Pisa, Classe di Lettere e Filosofia, s. III, XVIII, 1988, pp. 947-960: 947, saggio in cui si pubblicano, tra gli altri, alcuni attergati in provenzale di mano del padre di Guglielma.

(14) Per i testi: TV, pp. 16-18 (testo nr. 7); Alfredo Stussi, Frammento veneziano del Duecento (1981), in Id., Studi e documenti di storia della lingua e dei dialetti italiani, Bo-logna, il Mulino, 1982, pp. 115-119; Id., Notizie dallEgeo, in Romania et Slavia Adria-tica. Festschrift fr arko Muljai, a cura di G. Holtus e J. Kramer, Hamburg, Buske, 1987, pp. 341-349. Per lanno di morte di Guglielma: L. Sandini, Tra Francia, Venezia e il Levante, cit., p. 322; per la morte dei suoi due figli, Marco e Palma, abbiamo soltanto

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Sommano a una decina i testi di Guglielma editi da Stussi, ma il totale delle note tergali da lei scritte, di varia lunghezza e complessit, si aggira intorno al centinaio.15 Perch tutta questa scrittura? Perch Guglielma a partire dallultimo scorcio del Duecento si trov ad am-ministrare, in qualit di fedecommissaria, i patrimoni delle sue due famiglie, la maritale (Venier) e la paterna (de niola): da una parte leredit del marito Stefano, morto probabilmente nei primi mesi del 1286, dallaltra quella del fratello Bernardo, morto tra la fine del 1289 e linizio del 1290; e in questultimo caso si tratt, almeno nei primi anni, di uneredit difficile, per la quale Guglielma dovette fronteggia-re numerosi creditori che esigevano di essere rapidamente liquidati, primi fra tutti la madre Agnese e la cognata Maria Calbo.16 Guglielma doveva dunque gestire due assi ereditari che erano il risultato di lunghe e complesse vicende patrimoniali, di negozi giuridici della pi varia natura, fissati in pubblica forma da mano notarile nellarco di circa ottanta anni; e non bastava ancora, perch naturalmente venne ad ag-giungersi labbondante documentazione prodotta dalla stessa commis-saria in veste ora di autrice ora di destinataria dellazione giuridica, con linevitabile contorno di liti e processi. Allora, per raccapezzarsi tra le centinaia di cartule del suo archivio, Guglielma fece ricorso al sistema degli attergati, che aveva forse imparato in famiglia, dal momento che prima di lei lavevano gi adoperato almeno il padre Raimondo e il fratello Bernardo. In questo folto gruppo di scritture ho trascelto due esempi inediti che ci dicono qualcosa del modo in cui questi docu-menti venivano archiviati e conservati.

nel pubblicare gli attergati di Guglielma rispetto limpaginazione dei testi, riproducendo gli a capo degli originali e gli spazi intermessi dalla scrivente tra le varie parti, elementi per lo pi significativi dei tempi e dei modi di un complesso lavoro di regestazione e archiviazio-ne dei documenti.

dei termini ante quos: per Marco il dicembre 1296, per Palma lagosto 1312 (ivi, p. 254). Sorprende la recente affermazione di uno specialista come Lorenzo tomasin, Venezia, in Citt italiane, storie di lingue e culture, a cura di P. trifone, Roma, Carocci, 2015, pp. 157-201: 162 n. 2, secondo la quale Guglielma sarebbe lautrice di numerosi attergati volgari risalenti alla prima met del Duecento [corsivo mio].

(15) Annuncio che degli attergati di Guglielma e dei suoi familiari in cantiere le-dizione integrale nella serie dei Quaderni delle Chartae Vulgares Antiquiores, a cura mia e di L. Sandini. Allampio repertorio presentato in appendice alla tesi di Sandini (pp. 421-439) si aggiungeranno allora alcuni altri attergati che ho rinvenuto nel corso delle mie ricerche presso gli Archivi di Stato di Venezia e di Padova.

(16) L. Sandini, Tra Francia, Venezia e il Levante, cit., pp. 258-262.

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2.1 Un debito di Bernardo

Verso la met degli anni Ottanta Bernardo de niola, fratello di Guglielma, contrasse una serie di mutui da vari prestatori, uno dei quali per la somma di tre lire e mezzo di grossi fu Benvenuto Calbo, congiunto di sua moglie Maria.17 Scaduto il termine dellob-bligazione senza che essa fosse stata onorata, Benvenuto si rivolse alla curia del Mobile, competente per le controversie commerciali inferiori alle 50 lire, e ne ottenne la condanna di Bernardo. I due dovettero tuttavia arrivare a una transazione, perch in un atto rogato a Venezia il 27 maggio 1286 Bernardo, in cambio della carta con la sentenza dei giudici del Mobile a lui consegnata da Benvenuto, dava in pegno al creditore i diritti di usufrutto degli immobili di famiglia siti nella con-trada di SantAngelo, dal primo settembre di quellanno 1286 fino alla completa estinzione del debito. Lobbligazione questa volta fu onorata: a conferma dellintegrale restituzione del prestito la carta notarile fu incisa con due tagli perpendicolari in forma di croce, azione che equivaleva allannullamento del debito.

Un lungo attergato di Guglielma ci informa che lincisione non fu fatta per al momento delleffettiva estinzione del mutuo, bens pi tardi, per effetto di una sentenza dei giudici di Petizion pronunziata alla fine di una causa intentata alla commissara di Bernardo da suo suocero, Rolando Calbo, il quale sosteneva che il debito non era sta-to soddisfatto: si pu supporre che Rolando in quelloccasione agisse in giudizio su mandato di Benvenuto o, se questi era defunto, come suo esecutore testamentario, evidentemente esibendo la carta ancora in suo possesso come titolo di credito. Guglielma tuttavia riusc a pro-vare in giudizio che la somma prestata era stata restituita e solo allora, dunque, la carta venne incisa e consegnata alla fedecommissaria di Bernardo, che archivi con cura il prezioso documento, sul verso del quale in tre tempi diversi (contraddistinti nelledizione con le prime tre lettere dellalfabeto) scrisse le note seguenti disponendole lungo il margine corto della pergamena arrotolata, allestremit opposta rispet-to allinizio del testo latino (Fig. 1):

(17) L. Sandini, Tra Francia, Venezia e il Levante, cit., pp. 238-240.

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I. ASV, S. Andrea de zirada, Pergamene, b. 1, nr. 49 (mm 275 x 150). Venezia, 27 maggio 1286.

Questa carta s de lib. iij de grosi que s pagata [A]que mio frar Benardo li devea dar a s(er) Bevegn-uto e mio frar lo pag i vita soa e q(ue)sta cartas taglata.En la morte de sto mio frar s(er) Rolando so sosero [B] 5la volea plaidar e disea qelo no era pagatoe ieo lo p(ro)vai ala corte d(e) Pitiiun e li signurime la fesen dar e dananti eli fun taglataquo quaosa pagata. Logai ben sta carta. [C (da Logai)]

9. Logai ben sta carta: sequenza leggermente disallineata, con lettere di modulo pi piccolo e leggibili solo sotto luce ultravioletta.

Per una rapida intelligenza del testo sintenda: carta [] que s pagata 1 obbligazione che stata soddisfatta; il que allinizio della seconda riga un relativo riferito ai grosi 1, rideterminato dal pronome li 2; plaidar 6 produrre in giudizio (per denunciarne linadempienza), derivato del venez. plaido, pledo lite giudiziaria < placitum (TV, p. 241); li signuri 7: i giudici di Petizion; quo quaosa pagata 9 (si legga

Fig. 1 - ASV, S. Andrea de zirada, Pergamene, b. 1, nr. 49 (particolare del verso).

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co caosa p.) letter. come cosa pagata, cio in quanto il debito era stato saldato; Logai ben 9 conservate con cura (imperativo).18

Alla diversa impaginazione di A e B si noti, per A, la distribuzio-ne del testo a sinistra e a destra di uno spazio lasciato in bianco perch vi passasse il laccio che teneva chiusa la pergamena corrisponde con ogni probabilit un diverso tempo di stesura (e forse anche un diverso modo di conservazione della pergamena: prima arrotolata e poi diste-sa?); alla stessa conclusione si giunge per C, sequenza aggiunta senza dubbio a una certa distanza di tempo da B, come suggeriscono gli elementi materiali rilevati in apparato e lespressione di forma allocuti-va, una raccomandazione che sembra rivolgersi a chi dopo Guglielma avrebbe rimesso le mani nel suo archivio, cio ai suoi eredi o ai suoi esecutori testamentari.

Ai vari tempi di stesura e ai vari modi dimpaginazione dei testi corrisponde (mi pare) un diverso fine pratico: A un attergato-rege-sto, per quanto di tipo abbastanza particolareggiato; B un attergato esplicativo, che dichiara con una certa larghezza ricostruttiva forse a beneficio dei futuri eredi o esecutori testamentari alcuni passaggi della procedura giudiziaria attraverso la quale Guglielma era entrata in possesso dellobbligazione e come questa era stata annullata per ef-fetto di una sentenza dei giudici di Petizion; C infine un ricordo-ammonimento che invita a conservare con cura quella carta incisa che era prova dellavvenuta restituzione del mutuo. tutto questo attesta la solerzia scrupolosa con cui Guglielma tornava e ritornava sulle sue carte, fornendole di volta in volta di note utili non solo alla loro archi-viazione ma anche alla loro gestione, presente e futura.

Quanto alla lingua, notiamo per la grafia il digramma qu col va-lore di [k] in quo quaosa 9 e, probabilmente, in que 1, 2; per il resto, sullo sfondo continuo di un veneziano di tinta antica spicca un ben noto elemento idiosincratico di Guglielma, la -n delle forme verbali fun 8 fu che ha riscontro in altri attergati anche per il timbro della tonica e fesen 8 fecero: Stussi ha proposto di spiegare tale nasale per ipercorrezione a partire da uno stato di bilinguismo in cui le forme provenzali con caduta si affiancavano a quelle veneziane con conser-vazione di -n: be/ben, fi/fin, te/ten, bo/bon ecc.19 in effetti cruciale

(18) Boerio, s.v. logar: Logar via una cossa, Maniera fam. Riporre, per Chiudere o Serrare alcuna cosa per conservarla o nasconderla (da confrontare con un passo famoso del terzo libro della Famiglia: Sempre tenni le scritture non per le maniche de vestiri, ma serrate e in suo ordine allogate nel mio studio quasi come cosa sacrata e religiosa). Per la desinenza -ai dellimperativo di 2a pers. plur. cfr. i TV, p. LXIX.

(19) A. Stussi, Notizie dallEgeo, cit., p. 344.

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per linterpretazione del fenomeno il fatto che gi in provenzale la co-siddetta n mobile si estende per analogia, come mostrano le forme pron accanto a pro prode e proprio fon accanto a fo < fit;20 ed possibile che nellidioletto (o nellidioscritto, se cos si pu dire) di Guglielma il fenomeno dinterferenza sia stato fomentato dalla collisione veneziana di 3a pers. sing. e 3a pers. plur., forma questa che il provenzale distingue da quella solo o anche per mezzo di -n (chanta chantan, chantava chantavan, a an, est son ecc.). Quanto agli altri tratti non proprio rialtini: ieo 7 presenta un dittongo che sa di provenzale, la chiusura -on > -un in Pitiiun 7 ha riscontro principalmente a Lio Mazor ma sin-contra, seppur sporadicamente, anche nel veneziano cittadino e in testi padovani e veronesi,21 mentre la tonica di signuri 7 mostra un innalza-mento di tipo metafonetico comune nei dialetti veneti di terraferma.22

2.2 Guglielma, i villani e una controversia interminabile

Lidea che Raimondo de niola ebbe verso il 1263-1264 di procu-rarsi un po di terra nella cosiddetta Saccisica, nel distretto padovano, ai suoi figli ed eredi Rainaldo, Bernardo e Guglielma caus pi fastidi che altro. Si trattava di circa otto ettari di coltivo giacenti nei borghi rurali di Bosco di Sacco e Campolongo Maggiore, ai confini orienta-li del territorio padovano (oggi in provincia di Venezia), che finirono nelle mani del mercante provenzale-veneziano per effetto di un contrat-to di mutuo su pegno fondiario concesso per 200 lire veneziane a due contadini-proprietari, Bertolotta e suo marito Prosdocimo, i quali non riuscirono a restituire la somma e si videro quindi pignorate le terre.23

(20) Vincenzo Crescini, Manuale per lavviamento agli studi provenzali, Milano, Hoe- pli, 19623, p. 58.

(21) TV, p. XLII (i due esempi di Pitiiun ivi schedati provengono peraltro dal testo nr. 7, che un lungo attergato di Guglielma); A. Stussi, Notizie dallEgeo, cit., p. 344; nello Bertoletti, Note in volgare veronese di Giacomo da Pastrengo (1274-1281 circa), Lingua e Stile, XLII, 2007, pp. 13-71: 43; Lorenzo tomasin, Quindici testi veneziani 1300-1315, Lingua e Stile, XLVIII, 2013, pp. 3-48: 8-9.

(22) Il metafonetico signuri anche nellattergato dei TV: nr. 7, 19b.(23) L. Sandini, Tra Francia, Venezia e il Levante, cit., pp. 132-137; per i due contadi-

ni insolvenza si aggiungeva a insolvenza, perch non erano riusciti a ridare a Raimondo neppure un precedente prestito di 40 lire di piccoli, la cui restituzione gli eredi de niola continueranno invano ad esigere per anni e anni. Vengono in mente gli epiteti che i containi di Ruzante rivolgono ai itaini: e nu a ghe digomo, a igi, [] osolari, ma-gna-sangue de poveriti (Prima Oratione, in Ruzante, Teatro, a cura di L. zorzi, torino, Einaudi, 1967, p. 1203).

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I problemi per i de niola, che via via negli anni continuarono ad affittare gli appezzamenti agli stessi contadini debitori per il corrispet-tivo di un canone in natura (cereali), cominciarono pressoch subito, sotto forma di mancati o ritardati pagamenti e di tentativi di usurpa-zione dei terreni da parte di alcuni magnates padovani; altre difficolt erano legate ai periodi di carestia e alle tensioni politiche e militari ciclicamente risorgenti tra Padova e Venezia. Di qui seguo sempre Sandini una serie interminabile di liti giudiziarie, che venivano a intrecciarsi con i ricorrenti contrasti di ragione annonaria tra i due Comuni; per i proprietari veneziani tutto questo signific una sequela di spese legali, da affrontare spesso, per di pi, in disagevole trasferta.

nel tentativo di risolvere i generali motivi di discordia tra Venezia e Padova, e i contrasti tra i rispettivi cittadini, il 2 ottobre 1290 fu esperita al pi alto livello politico una soluzione arbitrale, entro la quale trov definizione anche la particolare vicenda dei de niola, con Guglielma che nel frattempo era diventata la fedecommissaria unica di Bernardo, morto qualche tempo prima.24 In base a tale accordo un collegio di sei arbitri, tre veneziani e tre padovani che avrebbero dovuto tener conto dei suggerimenti proposti pro bono pacis da alcuni frati minori e predicatori dei due Comuni , si sarebbe insediato per conoscere e dirimere le singole questioni in terris Montissilicis, Clu-gie et Baxiani, dove gli arbitri avrebbero dovuto esse et stare per tres menses a partire dal 3 novembre 1290: il primo mese a Monselice (per listruzione dei processi), il secondo a Chioggia (per la pronuncia delle sentenze) e il terzo a Bassano (per la loro esecuzione, con lavver-tenza che in terra Baxiani de pecuni[a] et mobilibus, de inmobilibus vero fiat executio in locis ubi res scite sunt vel fuerint).

Per quanto riguarda la nostra vicenda, la sentenza fu pronunciata appunto a Chioggia il 23 gennaio 1291. Sulla base di una petitio pre-sentata qualche tempo prima da Bernardo e riportata entro il lodo, con la quale si chiedeva di condannare Bertolotta e il figlio Giacomo alla restituzione del mutuo di 40 lire di piccoli (cfr. n. 23) e alla con-segna di 10 moggi veneziani di frumento o del controvalore in denaro pi la penale prevista dai contratti e il risarcimento delle spese di giu-dizio, gli arbitri condannarono i due villani a pagare a Guglielma, commissaria di Bernardo, le 40 lire del vecchio prestito e a consegnarle

(24) Loriginale nellASV, Miscellanea atti diplomatici e privati, b. 8, perg. nr. 282 (da cui cito); unedizione parziale fornita in Antonio S. Minotto, Acta et diplomata e R. tabulario veneto usque ad medium saeculum XV summatim regesta, III/1. Documenta ad Ferrariam Rhodigium Policinium ac Marchiones Estenses spectantia, Venetiis, typis Joh. Cecchini, 1873, pp. 98-99.

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i 10 moggi di frumento o il relativo controvalore, assolvendoli invece dal pagamento delle penali e delle spese giudiziarie.25

Sul verso della carta che contiene la sentenza del 23 gennaio 1291, troviamo, di mano di Guglielma, le due annotazioni seguenti (Fig. 2), che distinguo con le lettere D e E:

(25) L. Sandini, Tra Francia, Venezia e il Levante, cit., pp. 267-270.

II. ASV, S. Andrea de zirada, Pergamene, b. 1, nr. 53 (mm 510 x 180). Chioggia, 23 gennaio 1291.

D E

Qeste s carte iiiij. D(e)la rason d(e) lo fromento e deli xl lib. e la seteniade ste v i trato qela d(e)la queo avi a Monceles d(e) sto fromen-tera la cal fo la prima to e de sti lib. xl q(ue) eo no catoco mio pare la compr d(e) que me pagar si q(ue)la vilanaca ela mavea mister s morta. 5portar co me i Padoa.

E. Le lettere di questa annotazione sono state ripassate in vari punti. 1. fromento: froneto (non si esclude che possa trattarsi di un errore avvenuto nelloperazione di ripassatura, cio che in prima stesura si fosse scritto frometo). 4. si: pare aggiunto in un secondo momento, con un modulo pi piccolo e con le lettere leggermente rialzate sul rigo.

Il testo e limpaginazione delle due note tergali ci rivelano alcuni particolari interessanti del modo in cui Guglielma ordinava e gestiva i documenti del suo archivio, degli scopi e dei tempi di redazione delle

Fig. 2 - ASV, S. Andrea de zirada, Pergamene, b. 1, nr. 53 (particolare del verso).

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sue scritture attergate. Dalle prime parole di D apprendiamo che Gu-glielma era solita riunire (arrotolandole una nellaltra? conservandole insieme in un involucro apposito?)26 le carte dargomento affine, che si riferivano cio a una stessa propriet, controversia, questione ecc.: insomma, a una medesima rason. In tal modo poteva facilmente repe-rire il singolo documento di cui le capitasse daver bisogno in un par-ticolare momento, come avvenne nel caso della sua trasferta a Padova. Parafrasiamo allora lattergato D: Queste sono carte 5. Dal gruppo di queste 5 [si noti il diverso modo di esprimere il numero romano] ho tratto quella della terra, la quale [carta] fu la prima, quando [letter. come] mio padre la [= la terra] compr, perch essa [carta] dovevo portar(la) con me a Padova.

Dopo aver scritto la nota D Guglielma ha aggiunto la nota E, collegando questa alle prime parole di quella mediante la preposizione d(e) posta in mezzo alle due colonne: Queste sono carte 5 a proposito del frumento e delle 40 lire e la sentenza che io ebbi a Monselice di questo frumento e di queste 40 lire, che io non trovo con che cosa far-mi pagare se quella villana morta. Il carattere cumulativo per usare letichetta impiegata altrove anche di E, il fatto cio che essa si riferi-sce riassuntivamente a pi documenti conservati insieme, affini per al-cuni aspetti ma distinti per luoghi e tempi di redazione,27 rivelato dal riferimento a elementi estranei alla carta (la sentenza di Chioggia) sul cui verso essa stata apposta: nel caso specifico, la setenia queo avi a Monceles Monselice, lo si ricorder, era il primo dei tre centri in cui il collegio arbitrale, sulla base del patto del 2 ottobre 1290, si doveva successivamente insediare formula che individua un documento diverso dal lodo di Chioggia e diverso certo anche dalla prima carta relativa allacquisto della terra nella Saccisica da parte di Raimondo de niola, ricordata in D.

Quanto alla particolare impaginazione delle due note, essa senzal-tro ricorda, per la disposizione dei testi a sinistra e a destra di uno spa-zio lasciato in bianco, la nota A esaminata nel 2.1. La funzione del blanc nei due casi sar certo la stessa (passaggio del laccio), ma diversa la dinamica di scrittura e composizione, perch la nota A costituita da un solo testo che prosegue consecutivamente da una colonna allal-tra, come (per intenderci) nei versi accoppiati dei testi poetici trascritti nei canzonieri due-trecenteschi; D e E sono invece due testi disposti su

(26) In questo caso si pu escludere lipotesi che le carte fossero cucite una allaltra, perch la nostra pergamena non mostra fori di cucitura.

(27) V. Formentin, La scripta dei mercanti, cit., p. 84; Id., Note dorsali, cit., p. 20.

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due colonne contigue. tuttavia dalla prima riga di D alla prima di E il testo senza dubbio passa da una colonna allaltra, ma leccezione solo apparente: Guglielma ha infatti sfruttato le prime parole di D come avvio di E, che per il resto si sviluppa in piena autonomia.

Per il rispetto linguistico, cominciando dai fatti di rilievo grafico-fonetico, noto: D qeste 1, qele 2, con q che pu rappresentare tanto [k] quanto [kw]; viceversa in qu E 2 (e nellabbreviato q(ue) E 3) il digramma vale probabilmente [k], mentre in d(e) que E 4 si pu effet-tivamente trattare di un [kwe] interrogativo tonico;28 notevole la cal D 3, con riduzione di [kw], forma altrove documentata in Guglielma.29 Per il resto si rileva ste D 2, sto E 2, sti E 3 accanto a qeste D 1; setenia E 1, con dileguo per dissimilazione della prima n del latinismo sen-tenia;30 il tipo, con determinativo di forma maschile, deli lib. xl, de sti lib. xl E 1, 3, che ha riscontro nellattergato nr. 7 dei TV (deli mei sentenie 1a, li cal 2a, li sentenie 21b, questi sentenie 23b);31 Monceles E 2, con apocope di -e dopo sibilante; si se altrove documentato in Guglielma (si mia figla no se maridase, nei TV, p. 18). nella sequenza ca ela mavea mister portar co me i Padoa D 5-6 ci sono vari elementi degni di nota: la congiunzione causale ca < quia, ela oggetto prolettico di portar, la forma accusativale del pronome personale tonico me retto da preposizione.32

3. Rendiconti di zaneta Foscarini e Cataruza Sanudo ai Pro-curatori di San Marco (sec. XIV)

Giovanni Foscarini, figlio di Marino, del confinio di S. Paternia-no, in un codicillo aggiunto al suo testamento del 24 agosto 1335,

(28) Vittorio Formentin, rec. di I Vangeli in antico veneziano. Ms. Marciano It. I 3 (4889), a cura di F. Gambino, Roma-Padova, Antenore, 2007, La lingua italiana, IV, 2008, pp. 189-204: 192.

(29) TV, nr. 7, 2a; A. Stussi, Notizie dallEgeo, cit., p. 346.(30) naturalmente si potrebbe supplire sentenia: v. per V. Formentin, Note dorsali,

cit., p. 22.(31) non so se gli esempi di Guglielma possano essere messi in rapporto con i pochi

esempi di questo tipo registrati in testi veneziani pi tardi: Graziadio Isaia Ascoli, Annotazioni dialettologiche alla Cronica deli imperadori romani, Archivio glottologico italiano, III, 1878, pp. 244-284: 261; Sattin, p. 102.

(32) TV, p. 194 (ca pronome relativo e congiunzione dichiarativa); V. Formentin, Note dorsali, cit., p. 28 (me tonico dopo preposizione); TV, p. 229 (per lespressione aver mester o mister aver bisogno).

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rogato mentre egli era sanus mente et corpore, nomin esecutori delle sue ultime volont la moglie zaneta e il fratello Pietro insieme con i Procuratori di San Marco, disponendo nel contempo che i due con-giunti avessero maiorem libertatem et potestatem in dicta mea com-missaria quam dicti Procuratores.33 La successione si apr alla fine del 1342; qualche tempo dopo la vedova zaneta present ai Procuratori tre giustificazioni di spese sostenute per i due figli, un maschio, ni-coleto, e una femmina, che non viene nominata. Due di questi ren-diconti occupano le due facce di un foglio cartaceo privo di filigrana, di mm 280 x 210, con qualche strappo nel margine inferiore che non determina perdita di testo (foglio 1); il terzo steso su una facciata di unaltra cedola cartacea, anchessa senza filigrana, di mm 212 x 285 (foglio 2); entrambi i fogli mostrano tracce di varie piegature. Uno dei due rendiconti del foglio 1, che ha lintestazione Questo quello che eo aneta Foscarini speso i(n) lla roba [vestito completo, com-posto di gonnella, guarnacca e mantello] de mio fiio nicholleto (et) i(n) olltre | chose che fate llogo [di cui c stato bisogno] (= 1a), stato successivamente annullato con due linee trasversali in forma di croce: tale biffatura in rapporto con la nota che una mano diversa () da quella che ha scritto la distinta () ha scritto nellampio spazio bianco lasciato tra questa e il totale (S(uma) p(er) tuto lb. ij, s. viiij de g(r)oss.): Fo pagadi m ccc xliiij die vj i(n) mao,34 con lo stesso inchiostro con cui sono state tirate le due linee.35 Sullaltro lato del foglio la mano ha vergato unaltra lista di spese, con lintestazione Questo ()36 quello che me fa llogo p(er) lla roba de mia fiia (= 1b); sotto il totale S(uma) tuta sta raxon lb. viiij, s. x, d. viij de g(r)oss. la mano ha scritto: no fo pagadi q(ue)sti, e probabilmente per tale motivo la distinta non presenta alcuna biffatura.

La mano sar la mano di zaneta? lecito dubitarne: infatti il rendiconto scritto sul foglio 2, non datato, di una mano diversa (),

(33) ASV, Procuratori di San Marco, Misti, b. 208, comm. di Giovanni Foscarini.(34) nelloriginale c un centinaio di troppo (cccc), con un errore rivelato a tacer

daltro (v. la n. seguente) dalla qualit trecentesca della scrittura; a die segue una lettera (o una cifra?) iniziata e poi subito depennata.

(35) Quella che sembra una terza mano () sotto la somma ha scritto la nota sibillina: tocha [o toch] a Catarina. La data trova riscontro perfetto nel primo quaderno dam-ministrazione della commissaria (c. 16v.20-21 = 14v.20-21, secondo la numerazione antica), dove per la somma registrata leggermente inferiore: mcccxliiij mense madii die vj intrante dedimus libr. ij, s. vj, dr. vj gross. dicte domine anete relicte nostri commissi pro una roba nicoleto eius filio et pro panis filie sue etc..

(36) qui impiegata, per esprimere la copula, la nota tironiana per et.

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che impiega una nitida cancelleresca dallaspetto assai poco femmini-le.37 In forza dunque del criterio nr. 3 enunciato nel 1 la differenza delle mani che hanno scritto i rendiconti 1a e b () e 2 () induce ad escludere lipotesi dellautografia. Comunque sia, questi testi conser-vano per noi il rilievo di unutile testimonianza su alcuni aspetti del-la vita civile veneziana del trecento. Estraiamo allora dalle cedole di zaneta Foscarini le notizie che riguardano le spese per listruzione di nicoleto (non gi, si noti, dellinnominata fiia). Si tratta, in 1a, delle due poste seguenti, che riguardano lacquisto di un libro di testo (un Donato) e il salario annuale del maestro: It(em) p(er) uno Donado che eo () co(m)prado a mio fiio s. j, d. iij de g(r)oss., It(em) allo maistro dalla scolla de mio fiio duchati iiij doro.38

In 2 interessa la rogatio iniziale ai Procuratori che precede e intro-duce il rendiconto delle spese per la roba de mio fiio nicholeto. za-neta fa scrivere in una chiarissima cancelleresca la seguente richiesta:

1 A vuy, signori P(ro)curadori, aneta Foscharini ve manda pregando chel ve plaqua de mandarme li deneri p(er) le spensarie 2 de meo anno, o duchati xxxiij, lo qual meo anno scomenado al primo d de fevrer, e plaquave de darli 3 ala mia femena la qual fi [ < ft, ausiliare del passivo] clamada dona ana (et) a mio fiio nicholeto che qua s al presente. 4 Anchora ve plaqua de mandarme g(r)oss. xxx, li qual io spisi p(er) uno P(ro)spero (et) uno Ysopo (et) uno quaderno de 5 notabelli. Anchora s. iij de g(r)oss. p(er) una soma nova de gramadega.

(37) In calce al rendiconto, annullato con due linee oblique parallele, sotto il totale (Suma ogna [segue unasta depennata] raxon fata libr. v e s. vij (et) den(e)ri iij de g(r)-oss.), la mano ha scritto: Fo pagade.

(38) Queste voci di spesa hanno riscontro nella posta della commissaria citata alla n. 35, che prosegue: et pro uno anno magistro scole filii sui et pro furnimentis dictorum panorum et pro Donato filii sui. Il maestro di nicoleto, secondo luso veneziano, era un insegnante privato e, probabilmente, di condizione laica: v. in generale Gherardo Ortalli, Scuole e maestri tra Medioevo e Rinascimento. Il caso veneziano, Bologna, il Mu-lino, 1996; per la grammatica latina di grado elementare nota come Donato v. ivi, p. 40 n. 51; P.F. Grendler, La scuola nel Rinascimento italiano, cit., p. 123; Piero Lucchi, La Santacroce, il Salterio e il Babuino. Libri per imparare a leggere nel primo secolo della stampa, Quaderni storici, 38, 1978, pp. 593-630: 600. Per (), che qui vale ho (TV, p. LXV), v. la n. 36. Queste notizie tratte dalla commissaria di Giovanni Foscarini vanno integrate nel repertorio di Enrico Bertanza-Giuseppe Dalla Santa, Maestri, scuole e scolari in Venezia fino al 1500, a cura di G. Ortalli, Vicenza, neri Pozza, 1993 (1a ediz. 1907); la retribuzione annuale del maestro di nicoleto in linea con landamento del mercato veneziano fra XIV e XV secolo: P.F. Grendler, La scuola nel Rinascimento ita-liano, cit., p. 38.

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Poco pi di un anno dallacquisto del Donato il rimborso delle spese annotate in 2 fu liquidato dai Procuratori il 7 giugno 1345 39 nicoleto era dunque passato a letture scolastiche un po pi impegna-tive, e sempre (si badi) latine, come gli epigrammi composti da Pro-spero dAquitania a commento di sentenze di S. Agostino e il corpus di favole esopiane in distici elegiaci di Walterius Anglicus (XII secolo), due testi canonici del percorso scolastico medievale,40 cui si aggiun-ge un compendio grammaticale e un quaderno de notabelli, probabil-mente una raccolta di memorabilia dinteresse storico (unimportante cronaca quattrocentesca meridionale sintitola appunto Notabilia tem-porum). Si noti ancora: Prospero ed Esopo ricorrono insieme, nello stesso ordine, in una famosa epistola del Petrarca, in cui sono contrap-posti come rappresentanti dei primi latinucci scolastici alla precoce propensione ciceroniana manifestata dal poeta fanciullo: Siquidem ab ipsa pueritia, quando ceteri omnes aut Prospero inhiant aut Aeso-po, ego libris Ciceronis incubui (Rer. sen., XVI 1).41

nel testamento di Almor (Ermolao) Sanudo, detto Moreto, re-datto il 28 giugno 1361, il testatore nomin propri fedel comessarii traduzione o, piuttosto, deformazione volgare del lat. fidei commis-sarii i Procuratori di San Marco assieme a Piero Contarini e alla mo-glie Caterina, dalla quale aveva avuto due figli, zanin e Candian, e una figlia, zaneta: i figli, quando avessero raggiunto i 15 anni, sarebbero stati aggregati alla commissaria, mentre alla figlia fu assicurata una dote di 3000 lire di piccoli in titoli di Stato, conprandoli de p(rese)n- te chomo se schuode: i relativi interessi, fino alla somma di 40 lire di grossi, sarebbero stati destinati alla formazione del suo corredo. Segue una disposizione relativa al tempo del matrimonio: E voio che la dita no(n) se possa maridar ana(n)ti ani tredexe conplidi.42

(39) mcccxlv mense iunii die septimo intrante dedimus s. v, dnr. vj gss. domine a-nete relicte nostri commissi pro libris pro filio suo (primo quaderno di amministrazione della commissaria, c. 17r.1-2 = 15r.1-2 della cartulazione antica).

(40) P.F. Grendler, La scuola nel Rinascimento italiano, cit., pp. 20-21 (tabella curri-colare, con i relativi libri di testo, tra cui Donato, Esopo e Prospero, del maestro Cristo-foro Dente, assunto dal comune di Chioggia nel 1386 e gi rector scolarum a Venezia: E. Bertanza-G. Dalla Santa, Maestri, scuole e scolari, cit., p. 163 n.; G. Ortalli, Scuole e maestri, cit., p. 171), e pp. 123-129 (illustrazione del tradizionale programma latino tardo-medievale).

(41) Sul passo petrarchesco v. Giuseppe Billanovich, La tradizione del testo di Livio e le origini dellUmanesimo, I. Tradizione e fortuna di Livio tra Medioevo e Rinascimento, Parte I, Padova, Antenore, 1981, p. 58.

(42) ASV, Procuratori di San Marco, Misti, b. 78A, comm. di Almor (Moreto) Sanudo.

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Moreto Sanudo mor prima del 25 settembre 1362. La vedova Caterina (Cataruza) nel 1363 present ai Procuratori le due seguenti distinte di spese sostenute per i figli zanin e zaneta annotate su un foglio di carta di mm 258 x 120 con filigrana fiore (Fig. 3):43

(43) Molto simile al nr. 6638 (Firenze 1372, Venezia 1376) di Charles M. Briquet, Les filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier ds leur apparition jusquen 1600, Genve, Jullien, 1907; e al nr. 1534 (Firenze 1372) di Gerhard Piccard, Was- serzeichen. Blatt - Blume - Baum, Stuttgart, Kohlhammer, 1982. Per il rendiconto di Cataruza pare opportuno rispettare limpaginazione di tipo contabile del testo.

Fig. 3 - ASV, Procuratori di S. Marco, Misti, b. 78A, commissaria di Almor (Moreto) Sanudo (rendiconto di Cataruza Sanudo).

SCRIttURE FEMMInILI VEnEzIAnE DEL MEDIOEVO 83

Queste s spese che io CataruaSanudo fato p(er) mio fio ani(n)e aneta dapu chio fi raxo(n)co li signor P(ro)colatori:

It(em) p(er) j vestido de veludo 5i(n)cordelado de veludo doro s. xviij g.It(em) p(er) asole pera xvj p(er)lo dito vestido s. xiiij g.P(er) ja pelia ala dita s. v g.P(er) ja gonela qua(n)do la git 10lo coroto s. x g.P(er) ja upa de velesio s. vj g.P(er) colceri p(er) ani ij s. iiij g.P(er) j per de stropoli doro s. viij g.

S(uma) l. iij, s. v g. 15

Spese p(er) mio fio ani(n) dapu chiofi raxo(n) 1363 de mao:

P(er) ja gonela qua(n)do el git coroto s. v g.P(er) colceri e cole s. v g.P(er) j gonela de drapo i(n)vestida 20de pele s. v g.P(er) ja gonela de vergado s. vj g.P(er) ja gonela de veludo e capuoj de sca(r)lato e peroli o(n)e viij l. j, s. ij g.

S(uma) l. 2, s. 3. 25

3. aneta: n ritoccata. 4. li: corretto da u(n). 8. xiiij: per correzione di un precedente xiij.

Si noti che le somme dei due conti sono state tirate utilizzando prima numeri romani poi numeri arabici. Per il resto: fi 3 feci (forma metafonetica, che torna in 17); i(n)cordelado 6 orlato (Boerio, s.v. incordel: listato, fornito ai margini a modo di lista); pera 7 paia (e per 14 paio); la gonela 10 ecc. era una veste sia maschile sia femminile (TV, p. 219); qua(n)do la git lo coroto 11-12 quando abbandon labito di lutto (la stessa espressione in 18, dove larticolo manca forse per errore);44 il velesio 12 un tessuto di cotone (TV, p. 262); colceri 13 scarpe, calzari, insieme alle cole calze o calzoni in 19 (cole e coleri nei TV, p. 200); gli stropoli doro 14 sono un tipo dornamento, forse

(44) Boerio, s.v. coroto; Bartolomeo Cecchetti, La vita dei veneziani nel 1300. Le vesti, Venezia, tip. Emiliana, 1886, pp. 40-41.

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degli orecchini;45 i(n)vestida 20 rivestita; vergado 22 panno a righe di colori alternati (TV, p. 263); peroli 24 ciondoli (TV, p. 239), e in particolare bottoni a pera secondo B. Cecchetti, La vita dei vene-ziani nel 1300, cit., pp. 91-94, seguito da P.G. Molmenti, La storia di Venezia, cit., p. 376.

Il rendiconto di Cataruza Sanudo si pu ritenere autografo? Sa-rebbe imprudente darlo per certo, ed anzi, tutto considerato, impro-babile: nel caso, dovremmo ammirare la sua minuscola corsiva ricca di legamenti, luso appropriato dei segni abbreviativi, la capacit di impaginare ordinatamente parole e cifre, insomma unabilit di scrit-tura di tipo maschile.

4. Una lettera di Cataruza da Pesaro (seconda met del sec. XIV)

Dobbiamo essere grati a Linda Guzzetti per aver scoperto e pub-blicato tre lettere di Cataruza, vedova di Marino da Pesaro, al cognato nicoleto in Aquileia, attribuibili secondo la studiosa agli anni 60 del trecento.46 Le missive, che appunto sono senza indicazione danno, si devono a due mani diverse: seguendo lordine proposto dalla Guz-

(45) Il termine, che in veneto vale propriamente turacciolo, designa qui un gioiel-lo, come gi nelle due poste finali del testo 1b di zaneta Foscarini: It(em) p(er) o(n)- e ij de perlle p(er) stropolli a duchati vj llo(n)a S(uma) lb. j, s. iiij de g(r)oss., It(em) p(er) lla fatura delli stropolli s. iij de g(r)oss.. La natura delloggetto indicato in tali contesti, in cui non si pu certo trattare di turaccioli, destinata a rimanere incerta fino a quando non si trover un documento che lo definisca o lo raffiguri esplicitamente; B. Cecchetti, La vita dei veneziani nel 1300, cit., p. 62, pens a una copertura od ornamento del capo muliebre; Giovanni Monticolo, nella rec. al saggio del Cecchetti comparsa in Archivio storico italiano, s. V, t. I, 1888, pp. 256-272: 267, propose invece di collegare la parola veneziana al greco-latino strophiolum o strophium, pensando a una sorta di nastro o sciarpa (ma di materie dure, come loro e le perle?); Pompeo G. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata dalle origini alla caduta della Repubblica, I. La grandezza, trieste, LInt, 1973 (rist. della 7a ediz., Bergamo, Ist. italiano darti grafiche, 1927), p. 371, si limita a riferire lipotesi del Monticolo. Orbene, dato che, come ha osservato questultimo, negli elenchi medievali gli stropoli ricorrono per lo pi appaiati, credo possa trattarsi di orecchini; j paro de stropolli, paro j de strupoli doro sincontrano anche in due elenchi di corredi fem-minili pubblicati da Lorenzo tomasin, Testi padovani del Trecento, Padova, Esedra, 2004, p. 303.

(46) Linda Guzzetti, Donne e scrittura a Venezia nel tardo Trecento, Archivio veneto, s. V, CLII, 1999, pp. 5-31; le tre lettere cui accenna anche A. Bartoli Langeli, La scrittura dellitaliano, cit., pp. 67-68 sono conservate in ASV, Procuratori di San Marco, Misti, b. 150, comm. di nicol da Pesaro.

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zetti che quello della conservazione archivistica dei pezzi e non corrisponde a quello di composizione la prima stata scritta da una mano , le altre due da una mano , che leditrice ritiene possibile identificare con quella di Cataruza. tuttavia, a norma del criterio nr. 3 gi applicato nel caso dei rendiconti di zaneta Foscarini, fino a prova contraria prudente escludere lautografia.

Ci non toglie che la prosa epistolare di Cataruza, nella sua ma-terna premura di difendere innanzi al ricco cognato la causa dei suoi figli (un maschio, Franceschino, e una femmina, non nominata), sia forse quanto di pi fresco e spontaneo si possa leggere nel sec. XIV in dialetto veneziano. Do qui di sguito una nuova edizione della prima lettera (Figg. 4 e 5), in cui si rilever la levit quasi goldoniana con cui il desiderio della jeune fille en fleurs detto e non detto, e ancora il cenno alla sua bellezza che sboccia, la graziosa battuta di dialogo della fia alla mare, riferita perch il barba intenda:47

(47) Foglio cart., mm 130 x 230, senza filigrana; la carta, che reca traccia di tre pie-gature lungo il lato corto e di altre due secondo il lato lungo, danneggiata da piccoli fori e strappi.

Fig. 4 - ASV, Procuratori di S. Marco, Misti, b. 150, commissaria di nicol da Pesaro (lettera di Cataruza da Pesaro).

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1 A ti nicholeto io Chatarua, chugnada toa, te saludo chon amor. Se[p]i, nicholeto, ch(e) per la gr(ati)a de Dio 2 mi e li fantolini sta(m) ben e gran disidierio de saver de ti e de to sanitade: parme forte stranio che 3 ti no me scrivi m ni no s m ninte de ti; averavende gran plaxer che ti me scrives-tu talora. 4 Sepi, nicholeto, che dela fantolina io nde son gran i(n) pensier. La fantolina s forte chresuda e vora|ve 5 as choxe de quele che tu sa be(n) che no poxo far: p(er) neesitade me la (chon)vien meter munega. 6 Malvolentiera de la meter, sie nde podese far oltro, e per e tel scrivo, che no farave ni|suna 7 chosa s[ena] to chonseio. ti sa ben che ti no te ne chontentavi, quando ti fos-tu qua. Priego|te 8 per lamor de Dio che ti me respondi e chonsei lo plu tosto che tu pu. E te l scrito per 9 tre letere e aspeto pur che tu mandi resposta. La fa(n)tolina s forte chonada e s bela 10 e anderave malvolentiera munega. nicholeto, oltro per la fantolina gra(n) sperana 11 in ti e tuto l d la te menona: Pur che mio barba diga de no, ie no ndanderave. 12 ty sa ben cheli s tuo e chili n oltri in sto mo(n)do se no ti, e per te li rechomando, 13 che far mar. Falo, per lamor de Dio e per amor mio! Dio sia senpre chon ti. 14 Priegote che ti me respondi el plu tosto che ti pu. Francescin nievo v(ost)ro se rechon|manda 15 senpre i(n) vu.

16 Fata a d xx de maro.

1 I ma(n) de nicholeto da Pesaro 2 in Agolia sia dada.

1. La scrittura della prima riga leggermente danneggiata da una piegatura originaria della lettera. chon: tra c e h uno strappo della carta. Se[p]i: la lacuna, che interessa anche parte

Fig. 5 - ASV, Procuratori di S. Marco, Misti, b. 150, commissaria di nicol da Pesaro (soprascritta della lettera di Cataruza da Pesaro).

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della seconda e della quarta lettera, provocata da uno strappo della carta. 5. far: a inchiostrata; la parte inferiore della lettera non c pi a causa di un foro. (chon)vien: sopra la nota tironiana a forma di 9 stata apposto un titulus. 7. s[ena]: foro; la Guzzetti integra s[e no con], sequen-za per che avrebbe occupato uno spazio maggiore di quello interessato dalla lacuna (inoltre ancora visibile il tratto superiore dellultima lettera, compatibile appunto con una a). te: lettere riscritte su u. quando: le lettere an inchiostrate. 8. de Dio: le prime tre lettere parzialmente intaccate dal foro che alla riga precedente ha causato la lacuna. 11. ie no: n inchiostrata. 12. s: s inchiostrata. oltri: dopo r una macchia dinchiostro.

nella lettera del tutto assente linterpunzione, salvo la presenza di un punto al mezzo alla fine delle prime 12 righe; nella soprascritta, sotto lindirizzo, stata tracciata una M di forma capitale da cui si diparte una croce, dallestremit superiore della quale scende obliquamente un breve tratto a sinistra. Per la comprensione del testo: 2 ho (e s 3 so); m 3 mai (e as 5 assai); averavende 3 ne avrei; scrives-tu 3 letter. scrivessi-tu (e fos-tu 7 fosti-tu); io nde son gran i(n) pensier 4 ne sono molto preoccupata (con gran grandemente); me la (chon)vien meter munega 5 devo monacarla; meter 6 metter (o aplografia per meter[av]e?); sie nde podese far oltro 6 se avessi unalternativa; ti no te ne chontentavi 7 non sapevi fartene una ragione; chonada 9 acconcia, elegante; Pur che mio barba diga de no, ie no ndanderave 11 purch mio zio dica di no(n monacarmi), io non ci andrei (in monastero); far [2a pers. sing.] mar 13 farai unopera buona; Francescin 14: si legga -schin. nella so-prascritta: Agolia la forma vernacolare di Aquileia (G.I. Ascoli, Anno-tazioni, cit., p. 276).

Quanto alla lingua, segnalo rapidamente: la dittongazione ormai generale, indotta anche da iod della sillaba seguente ((chon)vien 5, prie-go- 7, 14, nievo 14 < npos, disidierio 2, pi i francesismi pensier 4 e (mal)volentiera 6, 10; pu 8, 14 puoi, tuo 12 tuoi); il pronome meta-fonetico ili 12; il pronome ie 6, 11 io (accanto agli ovvi io ed e), forma usata da Cataruza anche nelle altre due lettere (ma dove cade laccento?); mi e ti soggetti; lalternanza di 2 e 8; le 2e pers. sing. del tipo sa 5, 7, 12, far 13, pu 8, 14 (G. I. Ascoli, Annotazioni, cit., p. 266) e del tipo apocopato e con pronome enclitico scrives-tu 3 scrivessi, fos-tu 7 fosti.

5. I due testamenti di nicolina, che vende legumi, scritti da Maria, maestra di scuola (1399 e 1405)

Oltre alla rara tipologia del testamento per breviarium, una prassi demergenza ben comprensibile in una citt governata per lungo tratto da un ceto di mercanti-viaggiatori esposti agli imprevedibili pericoli

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maris et gentium che consisteva in un testamento verbale, di cui i soli testimoni facevano prova,48 a Venezia si hanno testamenti nun-cupativi, dettati cio al notaio che ne redige una cedula, una minuta, alla presenza di due testimoni, e testamenti in scriptis, consistenti di una cedola che viene consegnata gi scritta al notaio, il quale la auten-tica di sua mano alla presenza del testatore e di due o tre testimoni; a sua volta la cedula in scriptis pu essere autografa, quando scritta dal testatore stesso, oppure allografa, quando il testatore ha fatto ricorso a uno scrivente delegato.49

A cominciare dal secondo trecento cominciano ad essere docu-mentate prima parcamente, poi, mano a mano che ci si avvicina alla fine del secolo, con sempre maggiore frequenza cedole in scriptis di mano femminile, anche se lautografia delle testatrici non sempre accertabile al di l di ogni dubbio.50 A questo proposito un sicuro di-scrimine rappresentato da una parte del Maggior Consiglio del 26 novembre 1400, che, allo scopo di diminuire il rischio di frodi, impo-se ai notai, prima che rogassero un testamento in scriptis, dinterrogare

testatorem vel testatricem si [] cedula erit scripta manu ipsius testatoris vel non, et si sibi responsum fuerit per dictum testatorem vel testatricem quod sic, tunc dicti notarii accipiant praeces secundum usum; si vero testator vel testatrix diceret quod esset dicta cedula scripta aliena manu, tunc notarii teneantur et debeant legere ip-sam cedulam dicto testatori vel testatrici soli, quod non sit ibi aliquis, ad oviandum fraudibus quae committi possint.51

Da quel momento il notaio dichiar se la cedola era autografa o allografa nella formula di autenticazione apposta nella soprascritta del testamento sigillato.52 Poich, come spesso succede, la norma di legge era stata anticipata da una rationabilis consuetudo, qualche volta lin-dicazione di autografia o allografia si incontra anche prima del 1400.

(48) Enrico Besta, Il diritto e le leggi civili di Venezia fino al dogado di Enrico Dandolo, Venezia, Visentini, 1900, p. 102, dove si continua: non era quindi che una testificatio giurata della ordinazione fatta dal defunto, redatta poi in iscritto da un notaio.

(49) Si veda Marco Folin, Procedure testamentarie e alfabetismo a Venezia nel Quat-trocento, Scrittura e Civilt, 14, 1990, pp. 243-270: 246-247, che descrive bene anche le fasi di perfezionamento dellatto da parte del notaio post obitum testatoris.

(50) L. Guzzetti, Donne e scrittura a Venezia, cit., pp. 20-25.(51) Marco Antonio Bigalea, Capitulare legum notariis publicis Venetiarum []

impositarum, Venetiis, apud Andream Poleti, 1689, pp. 17-18.(52) Cos provata lattribuzione ad altrettante mani femminili di 5 delle 10 cedole

autografe pubblicate in Sattin (aa. 1406-1413).

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stato sottolineato pi volte come latto testamentario era per la donna veneziana una delle poche occasioni in cui essa poteva fare del-le scelte, esercitando la facolt di disporre dei propri beni, ivi compre-si quelli dotali amministrati durante il matrimonio dal marito.53 tut-tavia gli uomini che stavano intorno a queste donne mariti, padri, fratelli cercavano spesso di condizionarne lultima volont, donde i timori e le denunce di pressioni indebite e di coercizioni della libert testamentaria che talvolta traspaiono dalla lettera stessa di questi testa-menti di mano femminile: dal fragile espediente della citazione-sigillo personale,54 che avrebbe dovuto garantire lautenticit del documento, alla precoce consapevolezza dellimportanza di poter disporre di una stanza tutta per s, almeno quando si trattava di stendere il proprio testamento.55

Il caso dei due testamenti di nicolina, popolana di Castello, che detta luno e laltro sana del corpo e della mente, merita la nostra attenzione per vari rispetti: innanzi tutto offre un esempio del fatto che voluntas testatoris deambulatoria est usque ad mortem; apre poi uno spiraglio sulla rete di rapporti sociali di una modesta venditrice di legumi veneziana vissuta alla fine del trecento; degna di nota, ancora, la coppia delegante-delegata di scrittura tutta al femminile e per di pi solidale nel tempo: perch nicolina, probabilmente analfabeta, si fa scrivere i due testamenti, a distanza di sei anni uno dallaltro, da una Maria che abita nel suo medesimo sestiere; infine, il dato forse pi interessante che questa Maria qualificata dal notaio, la prima

(53) V. i saggi della Guzzetti citati nella precedente n. 10; inoltre Federica Ambro-sini, De mia man propia. Donna, scrittura e prassi testamentaria nella Venezia del Cin-quecento, in Non uno itinere. Studi storici offerti dagli allievi a Federico Seneca, Venezia, s.e., 1993, pp. 33-54.

(54) Un esempio ne la seguente disposizione di Andriola, che si legge nella cedola (allografa!) nr. 158 del notaio Giorgio Gibellino (ASV, notarile, testamenti, b. 572): nota che i(n) mccclxxxxiiijor, a d * * * davril, mi Andriola moier relita de ser Antho-nio Rosso dala Moneda voio et ordeno, siando mi sana dela me(n)te e del corpo, ch(e) dapu la morte mia q(ue)sto sia mio ultimo testame(n)to, e zascun altro testame(n)- to ch(e) io fesse [facessi] dapu questo sia p(er) niente, salvo sel non havesse q(ue)sto segno, o Credo in Deum, perch, se altro testame(n)to aparesse dapu questo ch(e) no(n) havesse lo dito segno, io el pregerave [lo farei rogare] (con)streta.

(55) F. Ambrosini, De mia man propia, cit., pp. 45 (Caterina zanoli si chiude nel proprio studio per annullare il testamento fatto contro coscienza per compiacere il marito, a. 1594) e 46 (Valeria zapesco, revocando un precedente testamento dettato ad un notaio in casa del fratello, ne stende uno nuovo: nella mia camera, questa volta, de mia volont e de mia mano, a. 1585).

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volta, come scolaria cio alunna di una scuola della contrada di S. Giustina, la seconda come rectrix scolarum nella contrada di S. ternita (trinit):56 sembrano clte, dunque, due diverse fasi di una carrie-ra femminile compiutasi tutta allinterno dellambiente scolastico, in contrade contigue dello stesso sestiere.57

I. ASV, notarile, testamenti, b. 830, not. Pietro Pensaben. Cedola nr. 121, cart., mm 300 x 220, con filigrana corno (Fig. 6).58

1 In nome de Dio eterno. m iijc lxxxxviiij, a d viij de luio, io 2 nicholina muier che fo de s(er) Mafio Roso mara(n)go(n), la qual abita 3 in le caxe de Sen Piero e de Sen Polo a Chastelo, ordeno e voio che 4 questo sia el mio ultimo testame(n)to, sana del corpo e dela me(n)te, 5 in ogni bona memoria e descricio(n). Ordeno e voio i mie fedeli co|mesarii 6 Ferigo da Riolto, el qual ve(n)de legumi, e mia suor 7 A(n)tuonia e dona Madalena che sta i(n) la chale dal forno. Laso a dona 8 Madalena s. xl p(er) la soa fadiga. Laso a pre Iachomo da Malamocho 9 duch. xij, chelo me recoma(n)da ogni d a una mesa i(n)fin a j ano. Laso a s(er) 10 pre Lore(n)o da Sen Bortolamio duch. xij, chelo me recoma(n)da ogni d 11 in una mesa infin a j ano. Laso i(n) a(n)i- (m)a de mis(er) pre Iacomo de Malamo|cho 12 chel me cate j prevede soficie(n)te e amigo de Dio che debia ave|r 13 duch. xij e re[c]oma(n)darme ogni d infin a j ano i(n) la soa 14 s(an)c(t)a mesa. Laso ala Schuola de Senta Ana s. xx. Laso ala Schuola de|la 15 Croxe de Castelo s. xx. Laso j duch. ali remiti da Mura(n) 16 p(er) le mese de sen Grigol. Laso j duch. ala mare dela Maame. 17 Laso j duch. al mio pari(n) de penite(n)cia. Laso j duch. a quel 18 chi e(m)pir el mio testame(n)to p(er) la soa fadiga. Laso a mia suor A(n)tuo|nia 19 tuti i me veli e le mie schufie e le mie chamixe

(56) Sul significato da attribuire al titolo di rector scolarum v. le opinioni di Vittorio Rossi, Maestri e scuole a Venezia verso la fine del Medio Evo (1907), in Id., Scritti di critica letteraria, III. Dal Rinascimento al Risorgimento, Firenze, Sansoni, 1930, pp. 31-64: 39, e G. Ortalli, Scuole e maestri, cit., pp. 62-63. Sulle maestre ivi, p. 86; P.F. Grendler, La scuola nel Rinascimento italiano, cit., pp. 100-103; Maria Ludovica Lenzi, Donne e madonne. Leducazione femminile nel primo Rinascimento italiano, torino, Loescher, 1982, pp. 201-205.

(57) Qualche tempo dopo aver scritto queste righe ho trovato altre 4 cedole in volgare attribuibili con sicurezza alla mano di Maria (su base paleografica, non per esplicita di-chiarazione del notaio): le testatrici (tre sono sorelle) abitano nelle contrade di S. ternita e di S. Pietro di Castello (ASV, notarile, testamenti, b. 1023, not. Ariano Passamonte: cedole nr. 5 del 27 gennaio 1390, nr. 9 del 12 settembre 1393, nr. 13 del 23 luglio 1390, nr. 67 del 14 dicembre 1385). Si profila dunque la figura di unintermediaria grafica di professione, che in unarea ben circoscritta della citt offre i suoi servigi ad una clientela, per quel che emerso finora, esclusivamente femminile.

(58) Il disegno simile al nr. 7671 (Reggio Emilia, 1392) di Ch. M. Briquet, Les filigranes, cit., e al nr. II 102 (Venezia, 1382) di Gerhard Piccard, Wasserzeichen. Horn, Stuttgart, Kohlhammer, 1979.

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e la tela 20 che x i(n) chaxa e, sela trova nie(n)te de quelo de mie fioli, chel sia 21 so. Lasoli tuti li ordegn da loro. Laso s. xl a dona Ierita la pre|chima. 22 Laso tuto el mio rexidio sia vendudo i(n)fin a ja schudela, 23 paga(n)do el fito dela chaxa e sio devese dar niente a maistro, 24 e s no voio noma vj prevedi e do agi ala mia sepoltura 25 e no voio nis(um) dopliier. tuto questo chio hordenado sia 26 ademplido e se nisum cosa ava(n)ase sia despe(n)sada i(n) puovere 27 vedeve chi eba fioli e i(n)fermi.28 Se p(er) nisum te(m)po mio fio Bernardo vegnise, che del mio no debia 29 aver noma s. v; e pare(n)te chio avese vegnise p(er) doma(n)dar 30 nie(n)te ala comesara, che nisum no debia aver nie(n)te noma 31 s. v p(er) la soa falsixia.

13. d: i inchiostrata; infin: un titulus superfluo sopra la prima i. 24. e s: esio. 25. e no voio: enosuoio. 27. chi: chio (in luogo di o si potrebbe leggere una lettera principiata e inchiostrata).

Fig. 6 - ASV, notarile, testamenti, b. 830, not. Pietro Pensaben. Cedola nr. 121.

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1 1399, mense iulii, die xj, indictione 2 vij, Rivoalti. nicolina a legumine 3 relicta ser Mafey Rosso maran|goni 4 Sancti Petri de Castelo rogavit hoc 5 suum testamentum scriptum manu domine 6 Marie scolarie Sancte Iustine.7 testes ser Anthonius a cruce Sancti 8 Bassi et ser Anthonius de 9 Restoro Sancti Apolinaris.

2. Rivoalti: il compendio del locativo coperto da una macchia dinchiostro (per la sua for-ma mi sono regolato sulluso del notaio verificato in altre cedole). 4. Sancti: labbreviazione espressa con la lettera s coperta da una macchia.

2. s(er) Mafio Roso mara(n)go(n): per lapplicazione del titolo onorifico ser al nome di un semplice artigiano v. V. Formentin, La scripta dei mercanti, cit., p. 92. 5. ogni (anche in sguito): toscanismo in luogo del tipo flesso locale ogno, ogna; fedeli comesarii: v. il 3, a proposito del testamento di Moreto Sanudo. 11. Laso i(n) a(n)i(m)a de ecc.: con tale espressione sintende che chi riceve lincarico del testatore dovr rendere conto a Dio della sua esecuzione (espressioni simili in Sattin, p. 128, s.v. anema). 16. le mese de sen Grigol: le 30 messe da celebrarsi in 30 giorni consecutivi in suffragio di unanima del purgatorio (cfr. i Dialogi di S. Gregorio Magno, IV, 56); Maame: sembra un sopran-nome. 17. pari(n) de penite(n)cia confessore (TV, p. 237; Sattin, p. 147); quel chi e(m)pir el mio testame(n)to: il notaio che perfezioner post obitum latto testamentario; quanto a chi (anche 27), potrebbe trattarsi di una forma nominativale correlata alla funzione sintattica di soggetto oppure di una chiusura di e in i indotta dallo iato. 19. schufie: B. Cecchetti, La vita dei veneziani nel 1300, cit., p. 62. 21. tuti li ordegn da loro: intendo, non senza dubbi, tutti gli strumenti per filare l'oro, pensando a un secondo lavoro di nicolina (ordegn forse mero scorso di penna per ordegni); la prechima (or. lapre|chima): non capisco (e anche il nome proprio Ierita non mi chiaro).59 22. rexidio residuo, ci che avanza dellasse ereditario al netto dei legati (per la forma v. i TV, p. 248 e Sattin, p. 151); i(n)fin a ja schudela fino allultima sco-della. 23. e sio devese dar niente a maistro e (pagando) la somma che mi trovassi eventualmente a dovere al maestro (forse un battiloro). 24. no voio noma vj prevedi e do agi voglio soltanto sei preti e due chierici (per noma o nom v. i TV, p. 233). 25. dopliier doppiere, grosso cero (TV, p. 211; Sattin, p. 136); per la grafia ii = i cfr. i TV, p. XXXI.

(59) trovo una variante grafica dello stesso nome in una cedola del 20 febbraio 1350 di zane di Bonaventura di S. Marcilian (S. Marziale): Laso p(er) mio chomesario Gerita mia muier (ASV, notarile, testamenti, b. 915, not. Giovanni degli Azzi, cedola nr. 30).

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26. nisum cosa: si noti la forma maschile dellindefinito con cosa di valore neutro (per -m v. i TV, p. LIX). 27. vedeve: con innalzamento della vocale postonica per assimilazione (anche in II 26).

II. ASV, notarile, testamenti, b. 830, not. Pietro Pensaben. Cedola nr. 121 [bis], cart., mm 300 x 220, senza filigrana (Fig. 7).1 In nome de Dio eterno. m iiijc v, a d xv maro, eo nicholina, la qual ve(n)do legume 2 e abito i(n) la co(n)tr de Sen Piero de Chastelo in le caxe de Sen Piero e de Sen Polo, sana del cor|po 3 e dela me(n)te, i(n) ogni mia bona memoria e desscricio(n), ordene e voio che questo sia 4 el mio ultimo testame(n)to. Ordene e voio i mie fedeli co(m)mesarii Ferigo, el qual 5 ve(n)de legume a Riolto, e mia suo[r] A(n)tuonia e A(n)driola che sta in gorgo a Sen|ta 6 Maria Fermoxa. Laso a mis(er)

Fig. 7 - ASV, notarile, testamenti, b. 830, not. Pietro Pensaben. Cedola nr. 121 bis.

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pre ane de Puia prevede de Senta ternita 7 duch. xij, chelo me debia dir ogni d ja mexa i(n)fin a j ano p(er) a(n)i(m)a mia i(n) cargo 8 de lanima soa. Laso a pre Mateho de Sen Marti(n) duch. xij, chel me debia dir ogni d 9 ja mesa i(n)fin a j ano p(er) anima mia i(n) cargo de lanima soa. Laso j duch. a pre Iacho|mo 10 de Castelo, chelo me debia dir le mese de sen Grigol p(er) a(n)i(m)a mia. Laso s. xl 11 chel me sia fate dir mexe xv de lave(n)to p(er) a(n)i(m)a mia. Laso j duch. p(er) diexemo. Laso 12 j duch. doro a quel che i(m)plir el mio testame(n)to p(er) la soa fadiga. Laso ala 13 Schuola de Senta Ana e a quela dela Croxe de Castelo s. xx p(er) cadau-na, sele ser ala mia 14 sepoltura; sele no de vie(n), non eba nie(n)te. Laso al mio comesario Ferigo tuti i ca|soni 15 e le bote de stao(n) p(er) la soa fadiga. Laso a mia suor Cristina la mia bona 16 capa de drapo. Laso a mia suor A(n)tuonia la mia roba de sara e lasoli j duch. 17 duch. doro. Laso ala mia comesaria A(n)driola el mio leto fornido e le mie pe|lice, 18 ij camixe, j duch. doro e le legne che se cater i(n) chaxa, chela me debia a(n)|dar 19 i(n)fin a j ano ogni domenega ala ternitade p(er) a(n)i(m)a mia e un ano a Sen Lo|re(n)o 20 ogni mercore p(er) a(n)i(m)a mia. Laso a mio nievo Polo j duch. e la mia an|cona. 21 Laso j duch. a mio nievo Bortolamio, fio de mia suor. Laso a mio fio 22 Bernardo s. v e vaga co(n) Dio. Laso chel sia dado a tute le puovere delo 23 spedal che sta mia suor Cristina s. iiij p(er) cadauna. Laso, sio die dar nie(n)te 24 ale mie maistre, che li sia dado. Laso chel sia pagado el fito dela caxa. 25 Laso chel sia ve(n)dudo ogni cosa i(n)fin a ja scudela e sia dado p(er) a(n)i(m)a mia 26 a puoveri i(n)fermi e a puovere vedeve cheba fioli p(er) a(n)i(m)a mia, e no sia 27 dado p(er) amistade, e voio es(er) sepelida a Chastelo aprovo le ose de mie fio|li 28 e s no voio noma prevedi vj e agi ij e no voio dopleri e no sia spe|xo 29 in la mia sepoltura noma duch. iij i(n) tuto e no voio nisum doplier. 30 Priego i mie fedeli comesarii che i(n)fin a j mexe abia spaada lanima mia. 31 Laso ogni rexidio chio avese e chio aspetase daver de dimisoria o p(er) 32 patremonio o oltro muodo e caducho e tuto sia desspe(n)sado p(er) anima 33 mia.

4. e: la lettera stata danneggiata da una piega della carta. 5. suo[r]: la r illeggibile per il danno causato da una piega della carta. 10. a(n)i(m)a: la i coperta da una macchia din-chiostro. 13. de Castelo: aggiunto nellinterlinea. 18. debia: la a inchiostrata. 23. cadauna: locchiello della d inchiostrato; Laso: la l inchiostrata. 30. j mexe: aggiunto nellinterlinea.

1 M iiijc v, mense marcii, die xviij, indictione xiija, Rivoalti. 2 Domina nicolina a legumine relicta ser Mafey Rosso maran|goni 3 Sancti Petri de Castelo sana mente et corpore etc. rogavit 4 me de suo ultimo testamento scripto manu * * * 4 rectricis scolarum in contrata Sancte trinitatis et lecto per me notarium 5 eidem domine nicoline ad sui inteligentiam etc. ad plenum.6 testes ser Andreas Santo condam ser zanini Santo S(ancti) de Mu|riano 7 habi-tator Veneciarum Sancti Silvestri a cha Contareno et 8 Iacobus Danielis murarius Sancti Iacobi de Luprio et Bar|tolomeus 9 de Montona clericus.

3. ordene (anche 4) ordino (nella cedola 18.I.11r di Sattin, p. 43, in luogo dellinverosimile horden ho ordinato si legga appunto e hor-dene io ordino; per la desinenza v. i TV, p. XXXIII: crede credo, co-

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gnose conosco). 5. in gorgo: lespressione non mi chiara. 6. Fermoxa: forma dissimilata; Ternita: forma nominativale (e dunque sdrucciola), con metatesi di r, che convive con quella accusativale Ternitade 19. 7-8. i(n) cargo de lanima soa: cfr. I 11. 16. sara sargia (Boerio, s.v. sarza: sorta di panno lano ordinario; Sattin, p. 151); per la roba v. il 3. 20. ancona: TV, p. 188. 22. e vaga co(n) Dio: continuava dunque il malanimo di nicolina nei confronti del figlio.60 23. spedal: la forma aferetica qui non si pu dire sicura (TV, p. 236); che sta in cui sta. 24. maistre: cfr. maistro in I 23; e li = el li. 27. aprovo le ose accanto alle ossa. 30. Priego [] che i(n)fin a j mexe abia spaada lanima mia pre-go che entro un mese (dalla mia morte) provvedano a eseguire le di-sposizioni testamentarie in suffragio della mia anima (TV, p. 209, s.v. despaar); il congiuntivo passato abia spaada mette in rilievo molto opportunamente laspetto perfettivo. 31. dimisoria beni parafernali, sopraddote: TV, p. 208 e Sattin, p. 135.61 32. caducho: lespressione ben caduco frequente nei testamenti pubblicati dalla Sattin (esem-pi a p. 130; omne caducum la formula dei testamenti in latino). nella formula di autenticazione del notaio il nome della scrivente delegata lasciato in bianco, ma poich il test. II stato scritto dalla stessa mano del test. I siamo certi trattarsi di Maria, gi scolaria e ora rectrix scolarum.

6. Il quaderneto di Franceschina Corner (1410-1411)

Abbiamo appena accennato ai timori manifestati talvolta dalle te-statrici nei riguardi degli uomini che le circondavano nella loro famiglia dorigine o darrivo, sospettati (per lo pi a ragione) di avere in mira i loro beni. Qualcosa di pi che un sospetto nutriva Franceschina Corner, nata da Mosto, del confinio di S. Lio (Leone), che nel suo testamento dettato al notaio Marco de Andronicis il 9 agosto 1427 denuncia di es-sere stata ingannata sia dal fratello Marino sia dal consanguineo Mar-co Quirini, ai quali dunque decide di non lasciar nulla:62

Fratri autem meo ser Marino de Musto nichil demitto quoniam ipse retinuit michi

(60) Il caso di contrasti tra genitori e figli, affioranti nel momento del testamento, era tuttaltro che raro: Bartolomeo Cecchetti, La donna nel medioevo a Venezia, Archivio veneto, XXXI, 1886, pp. 33-69 e 307-349: 319.

(61) E. Besta, Il diritto e le leggi civili di Venezia, cit., p. 82.(62) Il testamento nella comm. di Franceschina Corner, per cui v. la successiva n. 64.

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totum id quod michi spectat ex hordinato mei patris. Et similiter aliquid non dimit-to ser Marco Quirino consanguineo meo quoniam ipse habuit de bonis que michi spectant ultra suam debitam partem, unde merito nemo mirari potest si ipsis de meis bonis aliquid non dimitto.

Ben diverso latteggiamento di Franceschina nei confronti del marito, Giovanni Corner, che nomina suo fedecommissario assieme a Elena vedova di Francesco Foscarini e a Cristina Don: al consorte in-fatti lascia la cospicua somma di 900 ducati doro (lammontare della dote?) e tutte le masserizie di casa, cui aggiunge lusufrutto del resi-duo bonorum mobilium et inmobilium, alla condizione che Giovanni nel suo testamento destinasse questa parte delleredit ai Procuratori

Fig. 8 - ASV, Procuratori di S. Marco, Misti, b. 163, commissaria di Franceschina Cor-ner (quaderneto di Franceschina, c. 2r).

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di San Marco, che lavrebbero dispensata ai poveri pro anima dei due coniugi.63

Un analogo sentimento di reverente affetto per il coniuge mio marido, el mio signo(r), miss(er), s(er) zuane traspare dalle pagine del quaderneto in cui Franceschina annot e fece annotare i conti di casa tra il 1410 e il 1411, durante un periodo in cui Gio-vanni fu fuora Venezia. Di fronte alla precisa e ripetuta dichiarazione della donna q(ui) noter hover far notar hio Fra(n)zeschina Chorne(r) e allalternanza evidente di tre mani diverse (, e ) nelle registrazioni contabili, cui si aggiunge la quarta mano di un revi-sore che interviene qua e l precisando, non c motivo di dubitare che la mano che a c. 1r scrive lintestazione sia appunto quella di France-schina, la stessa cui si devono le altre due intestazioni alle cc. 2r e 13r:64

1r1 + Al nome de (Cristo). m cccc x 2 in Veni(exia). Quaderneto d(e) mi 3 Franzeschi-na Chorne(r) de zerte 4 mie chose le qual maschaze [mi accade] 5 a dover far nota p(er) mia memoria.

2r1 + Al nome de (Cristo). m cccc x in Veni(exia). Q(ui) noter 2 hover far notar hio Fra(n)zeschina Chorne(r) quelo 3 che de tenpo i(n) tenpo spender dome(n)te [mentre] mio marido 4 star fuora, senza le spexe d(e) bocha.

13r1 + In (Cristo). m cccc x in Veni(exia). Qui noter ho|ver 2 far notar mi Fra(n)-zeschina Co(r)ner quelo 3 che ho rezeudo hov(e)r che rezever p(er) lo star fora d(e) mio marido.

(63) tra i documenti della commissaria si conserva anche il registrino damministra-zione tenuto da Giovanni dopo la morte della moglie, avvenuta il 15 marzo 1430.

(64) ASV, Procuratori di San Marco, Misti, b. 163, comm. di Franceschina Corner; cart., mm 215 x 150; un fasc. di 16 carte n.n. (la filigrana, difficile da rilevare perch posta sulla piegatura dei fogli, sembra rappresentare un animale). Sono scritte le cc. 1r, 2r (mano ), 10r e v (mano , che scrive a registro capovolto), 13r (rr. 1-19: mano ; rr. 20-25: mano ); rigatura eseguita a secco: una linea orizzontale al margine superiore, sopra la quale sono state scritte le intestazioni delle cc. 2r e 13r; due linee verticali al margine sinistro, che contengono la lettera iniziale di ciascuna posta o il segno di paragrafo, e altre due linee al margine destro, che racchiudono labbreviazione monetaria principale (du.); pi a destra stata tirata unaltra linea verticale intorno a cui si dispongono ben incolonnate le cifre arabiche rispettivamente dei ducati e dei soldi; la rigatura manca a c. 1r e alla c. 10 scritta da .

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La scrittura di Franceschina si distende ben allineata sulla pagina e, come in un libro contabile, la causale, lindicazione monetaria e il relativo addendo sono collegati da linee orizzontali. Giovanni Corner al suo ritorno sar rimasto senzaltro soddisfatto del lindo housekee-ping-book presentatogli dalla moglie e, in particolare, non pu aver avuto nulla da ridire, diversamente da Mr. Copperfield, sul modo in cui la moglie traccia le cifre arabiche,65 invero assai ben distinte luna dallaltra nella scrittura della donna, consapevole anche dellutilit del-lo zero, che agevola loperazione al momento di tirare le somme.

Dal quaderneto di Franceschina veniamo a sapere che, oltre alla figlia Anna (a quanto pare di cagionevole salute),66 i coniugi Corner tennero in casa, per un certo periodo, alcuni nevodi o puti: An-drea (Giovanni era suo barba), Giacomo (mio nievo) e Francesco. tra le spese, annotate dalla mano per lanno 1411, Franceschina fa registrare unelemosina di 10 ducati, sborsati per costituire la dote di una puovera noviza: It(em) d(e)i diti d(e)neri recevud(i), chomo maveva chomesso el mio signo(r), di [diedi] p(er) lamor d(e) Dio a una puovera noviza duc. 10 ss. 0. non mancano le spese per listruzione: It(em) e spexo in la scuola p(er) un dei mie nevod(i) duc. j ss. 0. Infine, un piccolo segreto: It(em) e spexo in una certa cossa, diga(n)dola besogna(n)do [che direi solo se fosse necessario] duc. 4. Il marito avr rispettato il desiderio di riser-vatezza di Franceschina?

(65) Charles Dickens, David Copperfield, cap. I. Cade bene, a questo punto, la citazione del classico saggio di Armando Petrucci, Alfabetismo ed educazione grafica nella Roma del Cinquecento: da un libretto di conti di Maddalena pizzicarola in Trastevere, Scrittura e Civilt, II, 1978, pp. 163-207: ma si avverta che il titolo pu ingannare, perch dal saggio risulta che Maddalena era analfabeta e che nessuno dei 102 scriventi del suo libretto apparteneva al genere femminile.

(66) tra le spese mediche sostenute da Franceschina per la figlia una posta autografa di c. 2r registra: P(er) erbe i(n) pluisor fiade p(er) ord(e)ne de maist(r)o Andrea, | che me chostava asai d(e)ner, p(er)ch Loise n(on) [lezione incerta] vegnia | far speso speso, anp nie(n)te d(e) quelo i f maist(r)o | Andrea no(n) la pote guari(r) du. 2 s. 0. Il revisore ha avvertito lopportunit di dichiarare la qualit del semplice, aggiungendo in interlinea, con segno dinserzione dopo erbe, zo fume sterna cio fumosterno (fu-maria officinalis, pianta medicinale con effetti purgativi): forse perch non si pensasse a qualche pratica magica (herbria a Venezia valeva strega e herbara equivaleva a incan-tesimo, fattura: B. Cecchett