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Classe I A A.S. 2016-17 Se una sera d’inverno…

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IISSTTIITTUUTTOO CCOOMMPPRREENNSSIIVVOO SSTTAATTAALLEE CCHHIIUUSSAA DDII PPEESSIIOO--PPEEVVEERRAAGGNNOO

Classe I A

A.S. 2016-17

Se una sera d’inverno…

1

Via Circonvallazione delle Vigne - 12013 CCHHIIUUSSAA DDII PPEESSIIOO - CN

C.F.: 96060150040 - e 0171.734611

[email protected] [email protected]

SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO DI PEVERAGNO

INSEGNANTE: prof. Ferraro Igor

CLASSE: I A

ANNO SCOLASTICO: 2016-17

DISEGNI:

Copertina

Figura in alto: Tosello Anna.

Figura in basso: Dalmasso Andrea.

Pagina 22

Figura in alto: Teppa Alice.

Figura in basso: Picco Miriam.

2

Il 19 gennaio scorso, la classe I

A ha visitato la mostra su

Emanuele Luzzati allestita al Filatoio di Caraglio. In

quell’occasione gli allievi hanno preso parte ad un

laboratorio artistico in cui, partendo da un’immagine

dell’artista ed ispirandosi al suo stile, hanno dato vita ad un

personaggio fantastico utilizzando bottoni, ritagli di carta e

di stoffa. Da qui l’idea di abbinare ai disegni dei frammenti

di storie aperte, senza incipit né explicit. Gli elaborati grafici

ed i testi sono stati esposti in occasione della mostra Trame

al sole, aperta nella prima metà di Aprile nei locali della

Scuola secondaria di I grado di Peveragno. Le storie e

quattro disegni sono poi stati radunati nel presente libretto.

Non mi resta che augurare ….

buona lettura!

Prof. Ferraro Igor

3

I

… le lanciò un maleficio, perché era invidiosa della sua ricchezza. Poi la brutta strega

le mise addosso un abito fatto di stracci, sporco, infangato, lacero e puzzolente. I suoi

servi a corte, vedendola conciata in quello stato, non la riconobbero e la cacciarono

dal suo magnifico castello. Le uniche cose che le erano rimaste erano la melodiosa e

splendida voce e la magnifica bellezza.

La principessa Giorgia, per guadagnarsi da vivere, dovette andare a far da serva

presso una nobile famiglia, che la pagava miseramente e la trattava assai male.

Questa famiglia era composta dalla duchessa Gilda Soldoni, una vecchia magra e

scheletrica, e dalle due figlie, Genoveffa ed Anastasia Big Money, entrambe

parecchio grasse e fannullone, sempre protette dalla madre. Il marito della duchessa

era morto qualche anno prima, mentre era in un viaggio d’affari. Tutti raccontavano

che era un brav’uomo, rispettoso ed autorevole. Le due sorelle facevano sgobbare

Giorgia. La poveretta doveva eseguire ogni loro ordine: pulire, lavare e stirare. Nel

frattempo loro poltrivano tutto il giorno, sporcando apposta la casa per vedere faticare

la ragazza. Gilda, ovviamente, dava sempre ragione alle sue due figlie viziate,

presuntuose e permalose. Ma tutto stava per cambiare.

Un giorno le due sorelle fecero lavorare più del solito Giorgia, che dovette riparare lo

steccato, togliere l’erba nel giardino, pulire “da cima a fondo” tutta la casa, lavare i

vestiti più belli di Genoveffa ed Anastasia, fare loro delle favolose acconciature e

così via… Tutto questo perché c’era uno splendido principe, che passava di casa in

casa in cerca della sua sposa. Al calar del sole si sentì bussare alla porta. Le due

sorelle esclamarono: “E’ lui!! E’ lui!! Forza, vai ad aprire!” Quando Giorgia aprì la

porta, vide un magnifico ragazzo di cui si innamorò immediatamente. Lui ricambiò

subito e, guardandola, le disse: “…

Picco Miriam

4

II

Sono una ragazza diversa da tutte le altre, lo so, ma perché mi trattate così male, madrina?

- Io lo faccio per il tuo bene, Maria! Smettila di fare queste domande inutili e vai a dire alle

domestiche di portarmi una tisana che ho un male indescrivibile alla testa. Muoviti!

- Sì corro...

Subito dopo, si sfogò con Fe, una serva della signora Francisca, la sua terribile madrina, una signora

anziana e perfida. Quest’ultima comandava sempre tutti e diceva loro quello che dovevano fare. Era

una signora che non si commuoveva mai, anzi, era sempre scontrosa e godeva della sfortuna degli

altri. Era sempre soddisfatta delle sue malefatte e non pensava mai al benessere altrui, ma solo al

proprio. Era la più ricca del paese, ma non era disposta ad aiutare i bisognosi.

- Mi tratta come se fossi un cane! Non ne posso più di stare ai suoi ordini! Mi dice sempre di fare

questo e quell’altro, sono stanca!

- A chi lo dici, piccola! Pensa a me, una povera serva che deve sgobbare tutto il santo giorno! Io so

per certo che tu sei una ragazza che non molla, quindi ce la farai a sopportarla!

- Io non credo di riuscirci ancora per molto... Comunque ero venuta a dirti di preparare una tisana

per la signora!

Detto questo Maria si alzò dalla sedia e salì le scale per andare nella sua stanza. Al piano superiore,

però, si imbatté in una persona inaspettata: era sua madre che era venuta a trovarla. Emilia era una

signora gentile che dirigeva una locanda in paese; era sempre disponibile ad aiutare il prossimo ed a

soccorrere gli ammalati. Era una madre brava e buona che, nonostante il lavoro, andava a trovare

sua figlia ogni volta potesse per farle un po’di compagnia.

- Ciao amore mio, come stai?

- Bene madre, e voi? Ho sentito dire che alla locanda ricevete sempre più clienti!

- Sì figlia mia, è vero! Ma adesso parlami di te e della madrina!

Così madre e figlia, felici di vedersi, si chiacchierarono a lungo finché non arrivò Francisca a

rompere quel bellissimo momento.

- Maria, perché non mi hai avvisata dell’arrivo di tua madre? Te l’ho già detto milioni di volte che

mi devi chiamare quando qualcuno giunge in casa mia!

- Signora, non prendetevela con lei! Sono io che sono entrata senza il vostro permesso! Vi chiedo

scusa. Detto questo Emilia, la madre di Maria, si alzò dal divano per andarsene.

- Resta pure lì seduta dove sei, tanto ormai sei entrata e poi non resterò a farvi compagnia! Ho altre

cose più importanti di cui preoccuparmi.

E se ne andò, lasciando le due nuovamente da sole...

Tosello Anna

5

III

:“Dai, che ti sta succedendo? Non hai mai fallito prima d’ ora e non può capitare adesso”.

“Questo lo prendo io . Per lo smeraldo, buon per me, lo userò per

arricchire il mio conto in banca. Ah! Ah! Ah! Quanto sono furbo! Se volete scusarmi, ora dovrei proprio

andare, au revoir!

Dalmasso Andrea

6

IV

... mentre Thomas era addormentato, pensò a quello che gli era successo due sere

prima. Così si ricordò della proposta di Stone e dei suoi scagnozzi armati fino ai denti

che lo avevano inseguito.

Dopo qualche giorno, quando si svegliò, non si ritrovò in ospedale, ma in una lurida

fabbrica abbandonata piena di malviventi. All’improvviso sentì delle urla e, girando

la testa con le poche forze che aveva, vide il suo amico Steve che veniva torturato da

quell’odioso Stone. Qualche istante più tardi esaurì le energie e svenne. Quindi uno

scagnozzo gli tirò una secchiata d’acqua e lo ridestò. Fu allora che vide un’ombra

sfocata che, con voce acuta e fastidiosa, gli diceva: “Ooh Thomas! Dimmi dove hai

nascosto la mia valigetta piena di esplosivo al mercurio rosso, oppure ucciderò te, il

tuo amico Steve e la tua famiglia!”. Era Stone. Poi udì un’altra voce supplicare:

“Aiutaci papà! Aiuto!”. Girandosi vide sua moglie, suo figlio e Steve legati assieme

da una corda che pendeva dal soffitto. Sotto di loro c’era una vasca d’olio bollente…

Subito cercò di liberarsi, ma aveva poche forze per uscire da quella morsa d’acciaio.

Alzando lo sguardo vide scendere dal soffitto, dritto verso di lui, un pannello

tempestato di chiodi. Nello stesso momento notò Stone che gli buttava addosso la sua

sacca contenente le armi, il suo cappello portafortuna ed il suo monocolo. Fu allora

che quel delinquente gli fece raggelare il sangue dicendogli: “Chi sceglierai: i tuoi

cari o te stesso? Aaah, aaah…!!!”. …

Cisnetti Alessandro

7

V

Come guardia, ogni giorno dalle cinque del mattino alle ventuno di sera proteggeva

quella gioielleria. Il suo nome era Massimo Forzuto. Sovente indossava una maglia a

fiori in modo da mimetizzarsi, in caso di necessità, con il cespuglio che c’era vicino

al negozio. Portava poi dei pantaloni azzurri con dei puntini blu e bianchi. Calzava

delle scarpe in pelle scamosciata bianche, al tatto sembrano un sacco di iuta. Aveva

inoltre un cappello verde con quattro pallini rossi da cui usciva una treccia bionda

molto lunga. Il suo naso era molto grosso, gli occhi erano contornati da occhiaie, le

guance erano paonazze. Aveva una corporatura imponente, gli serviva molto nel suo

lavoro. Spesso portava una sciarpa al collo che copriva il giubbotto antiproiettile.

Un giorno arrivò un signore molto arrogante che entrò nel negozio. Voleva vendere

una collana d’oro, ma era falsa. Allora la guardia lo allontanò. Due giorni dopo, con

la coda dell’occhio, vide un ladro che stava per compiere un furto. Anche in

quell’occasione riuscì a sventare il colpo.

Massimo passava le sue giornate in piedi, fuori dall’oreficeria, ad osservare i

passanti, col tempo era diventato molto bravo a riconoscere chi poteva creare dei

problemi. Una volta, in un tardo pomeriggio, indugiò troppo a guardare una

Lamborghini. Due ragazzini ne approfittarono per entrare indisturbati nella gioielleria

per rubare qualche oggetto prezioso. I due giovinastri arraffarono collane, spille,

orecchini, bracciali, braccialetti, ma al momento di uscire dall’oreficeria …

Darbesio Mattia

8

VI

Quella notte era buia e tenebrosa, il bunker sotterraneo più resistente al

mondo, che si trovava nel Nord America, nei pressi New York city, in

aperta campagna, era stato attaccato. Avevano rubato lo ST94y2, il

prototipo di un'arma capace di convertire tutto l'ossigeno terrestre in

anidride carbonica in sole tre ore, causando l'estinzione di ogni forma di

vita sul pianeta. La notizia raggiunse velocissimamente il generale-ninja

Tregor Wishisson, che in quel momento si trovava in India e che,

immediatamente, intraprese il viaggio verso il luogo del furto. Tregor

indossava solitamente un cappello dalla forma strana, grigio a pallini

bianchi, con una sorta di cresta colore argilla posizionata nella parte

soprastante. Il torso era ricoperto, in genere, da una maglia nera da ninja da

cui sbucavano solo le mani. Sul viso portava una maschera attraverso la

quale si intravedevano solo gli occhi color rosso fuoco. Il suo mantello ed i

suoi pantaloni erano bizzarri, presentavano infatti un motivo a fiori e a

spighe di grano e tendevano verso sfumature ocra. Tutto ciò era strano per

un generale, ma quel look gli consentiva di mimetizzarsi meglio nella

natura. Tregor era un personaggio misterioso, ma veramente abile nel suo

lavoro. Non appena raggiunse la destinazione, iniziò ad indagare sul caso,

non vi era un solo minuto da perdere. La salvezza della Terra dipendeva da

lui. Fortunatamente i ladri avevano lasciato numerosi indizi. Si trattava

perciò di localizzare il nascondiglio dei malviventi e di recuperare l'arma.

L'avrebbe fatto con l'aiuto di un nuovo congegno elettronico...

Arnaudo Giovanni

9

VII

...mi accorsi che mancavano solo cinque minuti al ballo e che dovevo

affrettarmi per arrivare puntuale. Essendo giunto all'ultimo, non avevo avuto

il tempo di mettermi il piercing di fianco al mio occhio sinistro, che mi dava

un'aria molto elegante. Comunque, nonostante ciò, tra tutte quelle persone mi

sentivo il più elegante. Alla festa incontrai una bellissima ragazza che

adorava i vestiti blu ed azzurri, proprio come quello che indossavo io.

Ballammo tutta la sera insieme, ma, al termine delle danze, la persi di vista.

Così mi misi subito alla sua ricerca, presso castelli, case e conventi vicini, ma

non la trovai. Sapevo solo il suo nome Bludovica. Allora chiesi informazioni

agli abitanti del paese, e così scoprii dove abitava sua madre.

Giunto a casa sua, mi vennero i brividi perché sembrava abbandonata. Poi

udii delle urla e dei pianti. Dopo aver bussato a lungo, mi aprì la porta una

vecchia. Era la madre della ragazza con cui avevo ballato. Allora le chiesi

dove fosse la figlia e lei mi rispose che era in cima alla torre. Una volta salito,

mi ritrovai davanti ad una porta e, aprendola, vidi...

Baraglia Carlo Maria

10

VIII

... proprio in quel momento il mostro cominciò ad avvicinarsi zoppicando. Io avevo il

cuore in gola! Era molto alto, circa 3 metri, ai piedi portava scarpe bucate e rovinate di

un colore marrone sbiadito. I suoi pantaloni erano costituiti da tanti stracci, uno

sull'altro. Aveva una carnagione scura, al posto di un occhio aveva una perla gigante e

luccicante, mentre l'altro pareva un bottone. Sembrava che ascoltasse la musica perché

nelle sue orecchie c'erano degli oggetti simili ad auricolari blu. In testa aveva una piuma

dorata, forse presa alla leggendaria oca d’oro. Io non credetti ai miei occhi quando gli

vidi le mani!!! ''Devo andare via!! E se mi divorasse per colazione?'' Allora mi nascosi tra

le radici di un’enorme quercia. Nel frattempo quel mostro si girò in direzione opposta

rispetto alla mia posizione. Poco dopo vidi un grande sacco marroncino sbiadito

muoversi e, da esso, provenire delle urla. A quel punto io, preso dalla paura, cominciai

ad alzarmi per allontanarmi. Dopo pochi metri inavvertitamente ruppi un ramo e

subito il mostro si girò verso di me. Allora io mi misi a correre...

Kone Abdoul

11

IX

Stavo correndo, seguito dalla mia armata. Ad un certo punto mi fermai, ero arrivato ai piedi della

torre oscura. Pensai a cosa avessi potuto trovare dentro. Dovevo entrare o no. Cosa sarebbe capitato

ai miei soldati? Poi, però, facendo un respiro profondo, mi girai ed alzai la spada per incoraggiare i miei

uomini. A quel punto spalancai la porta cigolante per far entrare i cavalieri e, a gran voce, dissi: ”Non

sappiamo quanto sia grande questo posto, vero?” Loro mi risposero urlando in coro con voce cupa e

potente: ”Sì!!!”. Così ripresi: “Allora ci divideremo in due gruppi. Jhon, tu ti prendi i fanti, con me

verranno i cavalieri.” Successivamente incominciammo ad esplorare la torre. Era buio, solo a volte

spuntava la luce di un braciere. Le pareti erano di granito grigio scuro ed ossidiana nera. Qua e là si

aprivano delle nicchie. Il pavimento era di pietra levigata e rifletteva leggermente la luce fioca. Alla fine

del corridoio c’era una grande porta con vicino due cassoni di legno di quercia. In uno si trovava una

tela pregiata e nell’altro c’era un tessuto rosso, leggermente spostato verso destra. Da sotto spuntava

una spada in argento ed acciaio di Hiccian, il metallo più resistente del regno. Subito mi venne in mente

la chimera a tre teste di Amster, il mago che abitava nella torre oscura. Così scambiai la mia spada

con quella, in modo che nessuno potesse sospettare di niente. Poi ci dirigemmo verso il corridoio di

destra e, dopo un po’ di cammino, notammo che il pavimento, che prima era di pietra levigata, era di

ossidiana. Al centro ad una delle tante stanze c’era una piastrella di marmo bianco con su scritto in

lingua antica: Le anime sono racchiuse dentro il mostro. Capii subito che, se avessi ucciso la chimera,

tutte quelle anime sarebbero ritornate in vita e la città di Istern sarebbe rinata. A quel punto

comunicai il mio pensiero alla mia armata e tutti manifestarono la volontà di ammazzare quel mostro.

Poco dopo riprendemmo il cammino procedendo lungo il corridoio che, poco per volta, sembrava

sempre più bruciato dalle fiamme della chimera. Ad un tratto ci ritrovammo davanti ad una porta di

metallo con delle borchie appuntite. Una volta aperta, vedemmo Jhon con il resto dei miei uomini. In

mezzo, però, c’era Amster con l’infernale creatura a tre teste. In quell’istante il mostro si girò verso di

me sputando fuoco. A quel punto sguainai la spada ed iniziai a corrergli incontro. La belva, però, mi

colpì con la sua lunga coda da leone e caddi a terra. Con una mossa fulminea sputò fuoco contro i miei

compagni, uccidendoli tutti. Quindi mi guardò fisso, avanzando contro di me. Ad un certo punto spiccò

un salto. Mi voleva eliminare, ma io sollevai la spada e la trafissi. Poi mi alzai guardando Amster e...

Dalmasso Pietro

12

X

…il mostro, infuriato, dette fuoco al villaggio radendolo al suolo in pochi

minuti. L’esercito del re, con le truppe rimaste, condusse la principessa in

un paese denominato Galloporto, situato a 20 km di distanza. Quella

cittadina aveva una fortezza cinta da solide mura di pietra, al centro si

ergeva una torre che diventò la dimora della fanciulla. Il sovrano,

impaurito dal mostro Cascus, richiamò nella capitale più di 100.000.000

soldati per meglio difenderla. Durante il viaggio, però, alcune legioni

vennero attaccate più volte da gruppi di banditi e da lupi mannari.

Subirono molte perdite, ma ne uscirono sempre vincitori. Quando giunsero

nei pressi della capitale, vennero a conoscenza di una nuova aggressione di

Cascus e, impauriti, si rifugiarono in una caverna buia, grande abbastanza

da ospitarli tutti. All’interno trovarono una sorgente d’acqua che

alimentava un piccolo laghetto. Lì fecero abbeverare i cavalli, stremati

dalla fatica a causa del lungo viaggio. Dopo alcune ore gli animali si

accasciarono al suolo, con respiro affannoso. Molti di loro morirono

perché, presumibilmente, l’acqua era stata avvelenata. I soldati, dopo una

breve pausa, si rimisero in cammino per raggiungere il sovrano, ma

vennero fermati e massacrati da un gruppo agguerrito di ribelli.

Intanto, nella capitale, il re, nonostante le perdite subite, schierò sulle mura

tutti soldati accorsi in suo aiuto, sperando di rendere così la fortezza

inattaccabile e più sicura. Nonostante ciò Cascus, fuori di sé, attaccò la

città e…

Mattalia Niccolò

13

XI

... e fu così che, in quel momento, svenne in mezzo alla foresta Amazzonica. I suoi

compagni erano poco più avanti. Dopo alcuni minuti si preoccuparono perché non

videro più Aquila Nera. Occhio di Falco tornò indietro per capire cosa fosse accaduto

al componente della squadra. Quest’ultimo era sdraiato per terra, con le mani sopra

alla testa. Occhio di Falco allora costruì una lettiga con le foglie ed i rami di un

albero che cresceva lì accanto. Al termine vi caricò sopra Aquila Nera e quindi

raggiunse i suoi compagni. A quel punto, tutti insieme, velocemente tornarono al

villaggio. Una volta lì andarono dalla maga Luna Splendente.

Lei indossava un vestito di piume bianche e grigie, teneva in man uno scettro con

un’ambra incastonata sulla punta ed in testa portava un copricapo con delle pietre

luminose applicate sul davanti. Nel braciere della sua capanna ardevano bastoncini

d’incenso. Di sera la donna andava in cerca di erbe officinali per creare creme ed

unguenti. Abitava al centro del villaggio.

Quando le portarono Aquila Nera, Luna Splendente chiese: “Cosa gli è successo?”

“Eravamo in mezzo alla foresta, la stavamo esplorando. Noi eravamo poco più

avanti di lui, poi l’abbiamo perso di vista… Lo può curare?”

“Vedremo cosa si potrà fare… Ora, però, dovete uscire!”

Subito dopo si mise a preparare delle pomate. Quindi cercò delle pelli di piccoli

animali per stenderle ed usarle come bende…

Col tempo Aquila Nera riprese conoscenza… Aveva però perso la memoria!!! Alle

domande degli amici la maga rispose…

Meineri Anna

14

XII

“Adesso basta Pete, non ti sopporto più, tu non suonerai alla festa d’anniversario. Non vedi come ti

sei vestito, fai pena” disse il re.

Pete era molto combattuto, non piaceva a nessuno, tutti dicevano che era bizzarro con quel suo

modo di vestire: una camicia a righe blu e bianche con dei pon-pon blu scuro e dei pantaloni larghi

a fiorellini di colore azzurro, rosa, arancione e rosso. Più delle volte Pete portava anche un cappello

enorme rivestito con piume di pavone e di altri uccelli. Lui era un pifferaio, il suo flauto traverso era

coperto di una pelliccia dorata. Voleva suonare all’undicesimo anniversario di matrimonio del re e

della regina perché stava finendo i soldi e non ne aveva più per pagare l’affitto di casa. Faceva

l’artista di strada per raccogliere qualche moneta con cui comprarsi un po’ di cibo, ma la maggior

parte della gente che gli passava vicino, gli mostrava indifferenza, nonostante fossero tutti

abbastanza ricchi in quella città. Dopo mesi e mesi, dovendo pagare l’affitto, le tasse ed il cibo,

rimase senza denaro e divenne povero. Dormiva sotto i ponti. Così, un giorno, il re gli mandò un

messaggero che disse: ”Pete, il sovrano si scusa per non aver accettato la tua richiesta di suonare

in occasione del suo anniversario di matrimonio e richiede la tua presenza al castello”. Pete

rispose: ”Va bene, però non dovrete prendermi in giro per il mio abbigliamento, ok?”. Il

messaggero acconsentì ed accompagnò Pete a palazzo, nella speranza che nessuno lo umiliasse.

Quando il re vide il flautista, si riempì di felicità perché non aveva trovato nessuno che potesse

sostituirlo. All’inizio dello spettacolo entrò nel salone principale per iniziare a suonare. A quel

punto la regina, rivolgendosi al marito, disse: ”Ma dove hai preso quel buffone? Non lo voglio alla

mia festa”. Il sovrano rispose: ”Calmati cara, non ho trovato nessuno che potesse suonare al posto

suo”. Gli altri invitati, vedendo Pete ed il suo strano abbigliamento, iniziarono ad insultarlo

dicendo: ”Vattene, non piaci a nessuno”. Il flautista, offeso, se ne andò via correndo per le strade

della città. Il re, imbarazzato dalle parole della moglie, non fece niente. Successivamente, però,

pentitosi, lo mandò a cercare. La festa senza di lui era noiosa. Nel frattempo Pete si era rifugiato

nella sua vecchia casa che ormai cadeva a pezzi. Lì, dalla rabbia, spezzò in due il flauto ed iniziò a

piangere a dirotto. Una vecchietta, che passava lì vicino, lo sentì, gli andò incontro e gli disse: ”…

Arecco Roberto

15

XIII

…così chiesi al mio maggiordomo di fare quel lavoro. In meno di un'ora

lui cucì insieme dei pezzi di stoffa, confezionandomi così un abito di

tessuti e colori diversi. Era una specie di mantella molto comoda. Dovevo

indossarla al gran galà al quale partecipava anche il re d’Inghilterra. Si

sarebbe tenuto nel castello della principessa Rosa, che era la figlia del

sovrano di Francia. Il maggiordomo mi aveva pure preparato un copricapo,

somigliante ad un colbacco russo, a dire il vero un po’ pesante.

Così vestita mi presentai alla cena. Tutti mi guardarono stupiti quando

entrai nella sala; non passavo di certo inosservata. Alcuni mi fecero i

complimenti, ma altri mi lanciarono delle occhiatacce. Il mio scettro era

rivestito da un morbido tessuto rosso. La principessa mi chiese dove avessi

comprato il mio abito ed io risposi che lo aveva cucito il mio

maggiordomo. Poi iniziammo a mangiare prelibatezze di tutti i tipi,

dall'antipasto orientale al dolce occidentale. Era tutto squisito! Dopo il

banchetto i maggiordomi spostarono i tavoli e tutti iniziarono a ballare. Io

mi misi a sedere su una poltroncina, nessuno voleva danzare con me, ero

l'unica che non ballava.

Ad un certo punto il principe d’Italia mi tese la mano e mi chiese se avessi

voluto ballare con lui. Io non attesi neanche un secondo a dirgli di sì. Così

ballammo tutta la sera, le altre coppie ci guardavano invidiosi. Alla fine mi

salutò e mi baciò la mano. Io tornai a casa, ma non smettevo di ripensare a

lui, era così affascinante ed intelligente. Non vedevo l'ora di rivederlo. Ad

un tratto sentii bussare alla porta, andai ad aprire e mi trovai davanti…

Bella Desirè

16

XIV

Allora scappò con la pergamena e si nascose in una baita abbandonata sui

monti dei Sei Shikui. Quando iniziò a leggere lo scritto, scoprì molte tecniche

proibite, ma riuscì a riprodurne solo una. Quest'ultima si chiamava Tecnica

suprema della moltiplicazione del corpo. Provò e riprovo finché non ci riuscì. Ad un

tratto il suo maestro arrivò e gli disse: ”Naruto, dammi subito la pergamena e

non ti succederà nulla”. Lui, stupito, replicò: ”Come avete fatto a trovarmi in

così poco tempo? Sono riuscito ad imparare ed applicare una sola tecnica

proibita!”. In quel momento arrivò Kuni Kunai che gridò: ”Scusate se rovino

questo momento così familiare, ma voi avete qualcosa che mi appartiene!”

Pio guardò Naruto e si accorse che sulla schiena aveva la pergamena con le

tecniche proibite. Allora Kuni Kunai prese un coltello e lo lanciò addosso al

ragazzo. Fortunatamente il maestro intervenne e bloccò l'arma dicendo: ”Sai

fare solo questo? Io, da uno come te, mi sarei aspettato molto di più!” Il

malvagio Kuni iniziò a correre da un albero all'altro, cercando di confondere il

nemico. All'improvviso il maestro di Naruto, con un calcio potentissimo,

confuse il nemico, poi entrambi riuscirono a scappare. Arrivati in città il

maestro iniziò a sgridare Naruto che, zitto e rassegnato, sospirò ad alta voce:

”Tecnica suprema della moltiplicazione del corpo!” Così facendo si divise in

cinquanta copie di se stesso. Subito dopo riprese: ”Vediamo se riesci a

prendermi!” Il maestro in quel momento pensò: ”Come può esserci riuscito?

Ci vuole molto chacra per applicare quella tecnica, forse è colpa della volpe

dalle nove code?”...

Puzzo Fabio

17

XV

… era una ragazza bellissima, una principessa, ma, prima di tutto, la mia

migliore amica. Si chiamava Caterina.

Aveva gli occhi viola, i capelli marroni, la bocca sottile, un naso a patata e,

infine, le guance belle morbide. Spesso indossava un vestito dai mille colori:

tra il verde, il blu, il bianco, il rosa, il giallo e l’azzurro. In quelle occasioni era

come se si mettesse addosso un arcobaleno. Quell’abito, oltre ad essere

meraviglioso, era arricciato grazie a da bottoni, piazzati qua e là. In testa

adorava portare un cappello che lateralmente era fatto di pizzo. D’estate,

inoltre, sovente usava un ventaglio bianco, molto particolare.

Un giorno Caterina mi confidò un segreto. Tremando di paura mi disse: ”Si

tratta di una cosa molto importante, non dovrai dirlo nessuno. Io di giorno

sono una principessa, ma, di notte, al chiaro della luna, divento un lupo

mannaro”.

Quella sera, però, alle 22.00, era previsto il ballo delle principesse e lei non

poteva mancare! Tornai a casa pensando al segreto di Caterina. Poi, al

tramonto, mi preparai per la festa. Indossai delle scarpe azzurre con i tacchi

alti, un abito celeste molto elegante lungo fino alle ginocchia con dei brillantini

qua e là, una collana di perle bianche ed un braccialetto abbinato. Mi misi

anche uno smalto turchese alle unghie delle mani. Poche ore più tardi arrivai

al palazzo reale. Lì c’erano già molte principesse che stavano aspettando

Caterina. Ad un tratto arrivò sua mamma dicendo: ”Buona sera a tutti, mia

figlia non è potuta venire a causa di un terribile mal di pancia. Quindi non ci

sarà”. Eravamo tutte molte deluse, io, in particolare, ero assai preoccupata. A

mezzanotte la vidi nel giardino, era un lupo! Lei mi disse: ”Stai lontana da me,

dei lupi non ci si può mai fidare”. Io le risposi: ”Ma tu sei la mia migliore

amica, non mi faresti mai del male”. Ad un tratto, però…

Campagna Angel

18

XVI

... ed entrammo in un salone enorme dove vidi i re e le regine provenienti da tutto il

mondo seduti attorno ad un tavolo imbandito, lunghissimo e con sopra molte pietanze

buone da mangiare. Dopo avermi salutato gentilmente, mi invitarono a salire sul

palco in fondo alla sala per suonare qualcosa con il mio flauto. Quando iniziai, dei

valletti cominciarono a lanciare coriandoli. Tutti gli invitati si alzarono in piedi

applaudendo esterrefatti al magnifico spettacolo.

Finita l’esibizione, ci spostammo in una magnifica sala ancora più grande di quella

del banchetto, era la più bella del palazzo reale. Lì tutti i partecipanti, accompagnati

dal suono del mio piffero, si misero a ballare scatenati.

Uno dei re, facendo alcune piroette, si inciampò e mi venne addosso. Così cademmo

entrambi sul mio flauto, che si ruppe a metà. Il re, dispiaciuto, mi chiese di scusarlo

per il disastro che aveva fatto. Il mio strumento, infatti, era magico. C’era però una

profezia, se il piffero si fosse rotto, sarebbero capitate sciagure per ben sette anni.

Poi, poco dopo, alla festa…

Teppa Alice

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XVII “Edward Kenway oggi verrà giustiziato per alto tradimento” disse il colonnello

spagnolo “Noi agiamo nell’ombra per servire la luce” gridò il condannato.

All’improvviso una persona incappucciata arrivò e, sguainando delle sciabole inglesi,

liberò l’imprigionato. All’improvviso il boia si scaraventò contro Kenway, ma questo

lo uccise. Subito dopo giunsero delle guardie spagnole e sfoderarono la spade, iniziò

così un lungo combattimento. Dopo un po’ i due si arrampicarono su di un muro e

scapparono sui tetti.

Pochi minuti più tardi arrivarono al porto, lì si imbarcarono per Londra. Una volta al

sicuro si tolsero i cappucci così si scoprì che il salvatore era una donna.

“Amore, stai bene?” “Sì Melissa” rispose Edward “C’è un regalo per te della camera

da letto” disse la fidanzata. A quel punto il ragazzo andò e trovò un nuovo vestito di

color marrone. Vicino ad esso c’era un tavolo di legno con sopra due pistole francesi.

Visto il dono, raggiunse la ragazza: “Grazie amore mio. Sei fantastica! Quanto manca

ad arrivare a Londra?” “Abbi pazienza, ancora alcune ore e poi lì potremo…

Giorgis Stefano

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XVIII

… così la fanciulla, con i vestiti rattoppati, girovagava da sola per i boschi

più bui ed impenetrabili del regno. Dopo ore di cammino, trovò una torre

disabitata. Stramente, però, all’interno, in tutte le stanze, c’erano ancora

sedie, tavoli, tovaglie, bicchieri, posate, vestiti, panni stesi … Insomma,

era come se ci vivesse ancora qualcuno.

Ad un certo punto, si sentì aprire la porta e lei, correndo sempre più

velocemente, andò in cantina spaventata a nascondersi. Qualche istante

più tardi, come se fosse vicina, rimbombò una voce stridula che,

ridacchiando, diceva: - La mia cena ora è pronta! E subito dopo un’altra,

ma piena di spavento, urlò per poi spegnersi poco a poco: - Aiuto!

Aiuto! Poi ci fu un silenzio straziante. In seguito si percepirono, sempre

più forti, i passi decisi di una persona. Ad un tratto si aprì la porta della

cantina dove si trovava la ragazza. Lei provò a nascondersi sotto ad un

tavolo, sporco e pieno di ragni, ma la strega, sentendo il suo respiro, la

trovò. Così la prese per i capelli e la tirò fuori da lì. La megera era

spaventosa, piena di rughe, con gli occhi rossi come fuoco ardente, tutta

vestita di nero. Si notava in particolare uno smeraldo al collo. La gemma

era incastonata in una pietra rotonda di colore verde, con sopra delle strane

scritte nere. La ragazza non fece in tempo a leggerle che …

Ferrero Elena

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XIX

…allora il pifferaio entrò in casa, andò a lavarsi e si vestì. Per

l’occasione indossò un bellissimo abito nero con sopra un

gilet bianco. Si mise poi un papillon blu, dei pantaloni neri e

delle scarpe delle stesso colore. Erano le 8.30 e, dopo un’ora,

doveva iniziare il grande ballo a corte.

Allora prese velocemente il suo flauto e montò a cavallo che

nel pomeriggio aveva lavato e strigliato. Aveva inoltre

raccolto dieci rose per formare un bel mazzo di fiori. Due

erano rosa, quattro rosse, due gialle e due viola.

Una volta pronto, cavalcando veloce come il vento, in pochi

minuti raggiunse il castello della principessa Melissa.

All’esterno i maggiordomi della nobildonna invitavano gli

ospiti ad entrare nel maniero. Appena varcata la soglia del

salone principale si vedevano tre lampadari con gocce di

cristallo ed ornamenti luccicanti in diamante. Poco dopo

giunse una grande carrozza, chiusa all’interno in modo che

non si vedesse chi vi fosse trasportato. Tutti scesero in cortile

per vedere chi fosse il nuovo arrivato. Si pensava che fosse

Melissa, e così gli ospiti iniziarono a lanciare fiori e rose.

Appena però si aprì la porta della carrozza, tutti videro che

era la strega Disgrace. Dove era finita Melissa? Che fine aveva

fatto? A quel punto re Giorgio III, padre della principessa,

chiamò tutte le guardie. Contemporaneamente il pifferaio,

con il suo magico flauto, cercò di cacciare via la megera, ma

inutilmente. Infatti la strega scagliò un incantesimo sul

poveretto e lo ...

Marchisio Daniele

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Fine