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Belgique - België P.P. - P.B. 1099 BRU X 1/1605 P912772 Bureau de Dépôt: Bruxelles X “Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per fare loro raccogliere il legno, per distribuire i compiti e suddividere il lavoro, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito". [ Antoine de Saint-Exupery ] Bimestrale ( sauf Juillet - Août) di cultura, polica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 - Marzo/Aprile 2013 Ed. Resp.: Catania Francesco Paolo, Bld de Dixmude , 40/ bte 5 (B) 1000 Bruxelles - Tél & Fax: +32 2 2174831 - Gsm: +32 475 810756 Gli specchi del web (pagg. 1 & 2) Diri tti del Popolo Siciliano sempre violati: che fare? 8 referendum per la Sicilia tti del Popolo Siciliano sempre violati: che fare? 8 referendum per la Sicilia - (pag. 4) (pag. 4) Radici storiche dell’Autonomia siciliana Radici storiche dell’Autonomia siciliana - L’origine della Questione Siciliana in L’origine della Questione Siciliana in un’investitura impossibile un’investitura impossibile - (pagg. 5 & 6) (pagg. 5 & 6) QUELL'INCHINO CHE HA COMMOSSO ED EDIFICATO IL MONDO QUELL'INCHINO CHE HA COMMOSSO ED EDIFICATO IL MONDO... ... - ( pag. pag. 7) 7) Le fate esistono. E io oggi ne ho incontrata una Le fate esistono. E io oggi ne ho incontrata una - (pag. 8) (pag. 8) Reddito di cittadinanza per tutti Reddito di cittadinanza per tutti - (pag. 9) (pag. 9) LA LEGGE SUL CONFLITTO DI INTERESSI, IL PD NON PUÒ FARLA LA LEGGE SUL CONFLITTO DI INTERESSI, IL PD NON PUÒ FARLA - ( pag. 9) pag. 9) “Grandi” di Sicilia ! “Grandi” di Sicilia ! - ( pagg. 15 & 18) pagg. 15 & 18) Un sogno diventa realtà per Arba Sicula: una grammatica moderna del siciliano Un sogno diventa realtà per Arba Sicula: una grammatica moderna del siciliano - ( pag. 16) pag. 16) A TAVOLA con le ricette di TANO A TAVOLA con le ricette di TANO - ( pag. 19) pag. 19)

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Belgique - België

P.P. - P.B.

1099 BRU X

1/1605

P912772

Bureau de Dépôt: Bruxelles X

“Se vuoi costruire una nave, non radunare gli uomini per fare loro raccogliere il legno, per distribuire i compiti e suddividere il lavoro, ma insegna loro la nostalgia del mare ampio e infinito". [ Antoine de Saint-Exupery ]

Bimestrale ( sauf Juillet - Août) di cultura, poli�ca, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 - Marzo/Aprile 2013

Ed. Resp.: Catania Francesco Paolo, Bld de Dixmude , 40/ bte 5 (B) 1000 Bruxelles - Tél & Fax: +32 2 2174831 - Gsm: +32 475 810756

⇒ Gli specchi del web (pagg. 1 & 2) ⇒⇒ Diritti del Popolo Siciliano sempre violati: che fare? 8 referendum per la Sicilia tti del Popolo Siciliano sempre violati: che fare? 8 referendum per la Sicilia --

(pag. 4)(pag. 4) ⇒⇒ Radici storiche dell’Autonomia siciliana Radici storiche dell’Autonomia siciliana -- L’origine della Questione Siciliana in L’origine della Questione Siciliana in un’investitura impossibile un’investitura impossibile -- (pagg. 5 & 6)(pagg. 5 & 6)

⇒⇒ QUELL'INCHINO CHE HA COMMOSSO ED EDIFICATO IL MONDOQUELL'INCHINO CHE HA COMMOSSO ED EDIFICATO IL MONDO... ... -- ((pag. pag. 7)7) ⇒⇒ Le fate esistono. E io oggi ne ho incontrata una Le fate esistono. E io oggi ne ho incontrata una -- (pag. 8)(pag. 8) ⇒⇒ Reddito di cittadinanza per tutti Reddito di cittadinanza per tutti -- (pag. 9)(pag. 9)

⇒⇒ LA LEGGE SUL CONFLITTO DI INTERESSI, IL PD NON PUÒ FARLA LA LEGGE SUL CONFLITTO DI INTERESSI, IL PD NON PUÒ FARLA -- ((pag. 9) pag. 9) ⇒⇒ “Grandi” di Sicilia ! “Grandi” di Sicilia ! -- ((pagg. 15 & 18)pagg. 15 & 18)

⇒⇒ Un sogno diventa realtà per Arba Sicula: una grammatica moderna del siciliano Un sogno diventa realtà per Arba Sicula: una grammatica moderna del siciliano -- ((pag. 16)pag. 16)

⇒⇒ A TAVOLA con le ricette di TANO A TAVOLA con le ricette di TANO -- ((pag. 19)pag. 19)

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Gli specchi del web

di Eugenio Preta

L a formazione di un nuovo governo, che già i risultati elettorali avevano pronosticato ardua e difficoltosa, se non improbabile, è diventata un

tormentone che però è servito, almeno, a mettere in risalto - qualora i cittadini ne avessero avuto ancora il dubbio - la vera natura della politica, attuata attraverso i suoi partiti organizzati e quelli virtuali, che esistono - e se ne vantano, (i risultati però li hanno premiati) - solo in rete. In particolare abbiamo sottolineato le illusioni del Pd che affiggeva una sua vittoria risicata, come trionfo, e pretendeva di accaparrarsi tutte le postazioni di responsabilità istituzionali e, dopo la Presidenza di Camera e Senato, soprattutto riteneva di dover preparare la strada a Bersani come primo ministro di questa repubblica ridotta ormai al fallimento economico e morale dai vecchi figuranti della seconda repubblica e, a seguire, dall'incapacità dimostrata da quelli che erano stati chiamati dall'uscente Napolitano, in qualità di tecnici - quindi non politici e sopra le partI - a gestire la cosa pubblica. Che poi questi tecnici abbiano dimostrato per intero tutta la loro proterva arroganza e, fedeli al detto "l'appetito vien mangiando" abbiano cullato vanagloriosi sogni di ambizione politica, è sotto gli occhi di tutti. L'ambizione di un vecchio signore che si era creduto uomo di Stato, lo aveva portato a "salire" in pista, - e nella stessa terminologia utilizzata c'era tutta la sudditanza di un proposito di scalata - laddove una volta, soltanto nelle intenzioni però, c'era la "discesa" verso un dovere da compiere per il Paese. Non stiamo qui a fare l'esegesi del fallimento di Monti come politico e come statista, confermato in ultimo dalla vicenda

dei fucilieri di marina rispediti in India sotto la protezione di De Mistura, altro bellimbusto di questo governo di tecnici incapaci. Un fallimento sottolineato soprattutto dalle politiche di austerità e di strozzinaggio fiscale studiate senza pietà a spese dei cittadini, con il solo scopo di ingraziarsi i burocrati di Bruxelles e abbassare il Paese agli standard imposti agli Stati Nazione da questa Unione europea proterva e poco solidale. Quindi oggi prendiamo atto del naufragio del progetto di questo vecchio signore e dei suoi sodali, come l'impresentabile Fini o

l'insopportabile Casini, consegnati dal voto dei cittadini al dimenticatoio e all'oblio, loro che nelle cravatte rosa e nei giudizi trancianti, avevano costruito una lunga e fortunata carriera politica ai danni dei cittadini addormentati. Che Grillo poi avrebbe rappresentato il fatto nuovo ne eravamo tutti a conoscenza e la conseguente sua affermazione elettorale è stata uno di quei fatti che consegnano alla cronaca la prova di un effettivo girare pagina generazionale, un conseguente cambiamento di prospettiva politica e societaria che trovava ulteriore riscontro anche nei fatti che hanno portato, passiamo ad una sfera meno terrena, all'abdicazione di Ratzinger e all'elezione di Bergoglio. Fatti che hanno dimostrato il cambiare dei tempi - come diceva Bob Dylan nel '67 in Times are changing - e che hanno obbligato gli interpreti della commedia umana e politica a prenderne atto, costringendo i più lungimiranti ed avvertiti a trarne le dovute conseguenze. Ormai il verbo corrente è oggi costituito dalla società civile e le varie forme di associazionismo ne rappresentano l'estrinsecazione pratica. La rete, il villaggio globale, internet, i network sociali hanno

consegnato ai nuovi cittadini, specialmente in ambito politico, una mistica assurda e pericolosa. Una volta c'erano le assemblee dei partiti, i congressi fondanti con dirigenti e iscritti, oggi basta inviare una richiesta di partecipazione alla rete e si è consacrati come riferimenti di un modo comune di pensare, come arbitri di scelte politiche e sociali, come componenti di una società virtuale che esiste quando essa stessa decide di auto-consultarsi attraverso blog, moduli, posta elettronica, sms e post. Grillo di questa novità appare l'interprete più fedele; è riuscito a costruirsi una forza politica senza segreterie o congressi né militanti o dirigenti, solo con la sua abilità di tenere la scena, un palco reclamizzato sul web e poi rifocillato in realtà dalla sua verve comica, ha messo al bando la tv e ricatturato il vecchio comizio militante, la piazza, ora che i partiti l'avevano abbandonata ritenendola démodé. E questa è deriva pericolosa perché Grillo, a questo punto, diventa il solo maestro e l'unico punto fisso di riferimento, e alla fine viene abilitato a decidere azioni politiche e candidature ideali, una democrazia definita elettronica per allinearla ai tempi, ma che in realtà è la riedizione modernizzata delle vecchie rappresentanze popolari scadute in regime. Su questo filone Bersani ha cercato di tenere botta, di non farsi azzoppare dal nuovo, ma stupidamente, visto che del vecchio più stantio lui era la dimostrazione comprovata, nonostante l'estremo tentativo di proiettare qualche giovane ai vertici di un partito sempre più diviso nelle vecchie dicotomie. Pervicacemente Bersani entrava così in quella mistica dell'associazionismo che circonda la società civile e, in vista di un governo che si sarebbe alleato con tutti meno che con il Berlusconi, cercava l'appoggio di questa società civile, non nel corso della campagna elettorale, ma nel momento disperato di formare un nuovo governo. Ora, come voi, siamo del parere che il consenso dei cittadini vada cercato e conquistato in campagna elettorale; gettarsi ora in braccio alla rete, oltre che esercizio tardivo, appare anche esercizio della disperazione. Una volta eletti il consenso si deve cercare in Parlamento, è lì che si forma il governo, e questo è il senso della democrazia rappresentativa. Invece Bersani ha enormi difficoltà di trovare il consenso in Parlamento e va a cercare appoggi nella società civile,

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MARCHI DEL MADE IN ITALY CHE NON C’È PIÙMARCHI DEL MADE IN ITALY CHE NON C’È PIÙ

⇒ 2012 – PELATI AR – ANTONINO RUSSO – Acquisito nel 2012 dalla società Princes controllata dalla Giapponese Mitsubishi

⇒ 2011 – PARMALAT – Acquisita dalla francese Lactalis

⇒ 2011 – GANCIA – Acquisito dell’oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vokda Russki Standar

⇒ 2008 – BERTOLLI – Venduta a Unilever e quindi acquisita dal gruppo spagnolo SOS2006 – GALBANI – Acquisita dalla francese Lactalis

⇒ 2006 – CARAPELLI – Acquisita dal gruppo spagnolo SOS

⇒ 2005 - SASSO – Acquisita dal gruppo spagnolo SOS

⇒ 2005 – FATTORIE SCALDASOLE – Venduta a Heinz nel 1995 e quindi acquisita dalla francese Andros

⇒ 2003 – PERONI – Acquisita dall’azienda sudafricana SABMiller

⇒ 2003 – INVERNIZZI – Venduta a Kraft nel 1985 e quindi acquisita dalla francese Lactalis

⇒ 1998 – LOCATELLI – Venduta a Nestlè e quindi acquisita dalla francese Lactalis

⇒ 1998 – SAN PELLEGRINO – Acquisito nel 1998 dalla svizzera Nestlé

⇒ 1993 – ANTICA GELATERIA DEL CORSO – Acquista dalla svizzera Nestlé

⇒ 1988 – BUITONI – Acquisito dalla svizzera Nestlè

⇒ 1988 – PERUGINA – Acquisito dalla svizzera Nestlè

oltrepassando così i partiti che continuano a dirgli niet o che si ostina a considerare stalinianamente indegni di venire consultati. Ricorre perciò a manovre che escono fuori dall'ambito parlamentare e che costituiscono un precedente non certamente ortodosso e, oltre a dimostrarsi di parte e a non individuare un campione che rappresenti tutto l'associazionismo, pericolose per il percorso democratico che conosciamo. Spiccano in queste sue consultazioni scelte ideologiche di parte, arbitrarie perché non lasciano possibilità di appello e soprattutto la necessità di un contraddittorio che metterebbe valore ad un progetto veramente disinteressato. Alla fine una chiamata a consulto di soli compagni e amici, come abbiamo constatato nella diretta web delle stesse consultazioni M5S, alla ricerca spasmodica di un appoggio, ultima spiaggia di una carriera politica agli sgoccioli. Ma se Atene piange, Sparta non ride. La trasparenza degli atti invocata dal popolo web ed assecondata dal M5S non può però limitarsi soltanto a mettere in esergo gli sprechi, gli accordi o gli inciuci tra destra e sinistra, ma dovrebbe anche consentire finalmente un approccio positivo per la formazione di un governo, ormai di salute pubblica per fare uscire il Paese dal fallimento. Perciò le tanto democratiche dirette web rimangono solo spettacolo, dove il riferimento al grande fratello non è sembrato solo casuale, e la diretta dell'incontro con Bersani ha messo in rilievo la pochezza del personaggio e i tentennamenti dei terzi esclusi, che nel tentativo di informare i confratelli e consentire loro finalmente l'accesso a quelle stanze del potere finora precluse alla gente comune non hanno fatto nient'altro che dimostrare la sudditanza al capo, la necessità di compiacere il condottiero web che allunga la sua ombra su queste truppe cammellate. Grillo e Casaleggio ci hanno oggi obbligati al nuovo ed hanno messo in quiescenza la politica tradizionale del confronto e della rappresentanza eletta proprio con la loro idea di democrazia elettronica, il cui confine con l'effettiva sospensione di ogni libertà personale è veramente sottile e labile. Ora, inseguirli su questo terreno non è solo pericoloso, ma irresponsabile.

eugenio preta

Se questi sono saggi, i fessi dove sono?Se questi sono saggi, i fessi dove sono?

C ’è Onida, corazziere ad honorem per gli immani

sforzi compiuti per difendere le interferenze del

Quirinale nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia

e per negare l’ineleggibilità di B., dunque molto saggio. C’è

Giovannini, il presidente Istat che fu incaricato di studiare

i costi della politica, ma alla fine si arrese stremato, dunque

molto saggio. C’è Pitruzzella, già associato allo studio

Schifani, dunque garante dell’Antitrust e molto saggio. C’è

Rossi, il solito banchiere uscito dai caveau di Bankitalia,

dunque molto saggio. C’è Violante, quello che si vantava

con B. di non avergli toccato le tv e il conflitto d’interessi,

dunque molto saggio. C’è Mauro, già Pdl, ora montiano,

ma sempre Cl, dunque molto saggio. C’è Quagliariello, che

strepitò in aula contro gli “assassini” di Eluana, dunque

molto saggio. C’è Bubbico, già indagato e prosciolto per la

buona politica in Lucania, dunque molto saggio. C’è il

leghista Giorgetti, che intascò una mazzetta da Fiorani, poi

con comodo la restituì, dunque molto saggio.

Se questi sono saggi, i fessi dove sono? (Marco Travaglio)

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Diritti del Popolo Siciliano sempre violati: che fare ?

8 referendum per la Sicilia

IIII mmaginate che il Presidente della Regione, per smuovere le acque, lanci una batteria di referendum consultivi regionali da mettere sul piatto della politica. E immaginiamo che i Siciliani in massa votino SI'. Allora si che si potrebbe fare una rivoluzione...

1. - Vuoi tu che lo Statuto Siciliano sia applicato pienamente secondo il suo tenore letterale, con la ricostituzione dell'Alta Corte per la Regione Siciliana come organo girisdizionale speciale che dirima i conflitti di competenza tra Stato e Regione?

2. - Vuoi tu che i proventi delle risorse minerarie, delle fonti di energia e della produzione di energia elettrica siano disciplinati in esclusiva da legge della Regione Siciliana con attribuzione alla Sicilia ed ai suoi cittadini di ogni beneficio derivante dall'estrazione, dalla trasformazione e dalla trasformazione in energia delle suddette fonti energetiche?

3. - Vuoi tu che la Sicilia si doti di un sistema tributario completamente autonomo da quello italiano fatti salvi i soli tributi erariali e le sole perequazioni previste dalla Costituzione e dallo Statuto?

4. - Vuoi tu che la Sicilia detenga e gestisca in maniera autonoma le proprie riserve valutarie ed emetta in modo pubblico la propria moneta alla pari degli altri stati sovrani dell'Unione Europea?

5. - Vuoi tu che l'Italia non ratifichi alcuna modifica dei trattati europei sinché l'Europa non avrà riconosciuto l'efficacia del nostro Statuto per la formazione della volontà italiana sulle materie di competenza regionale, per la costituzione della Sicilia in zona doganale e fiscale speciale e per la partecipazione autonoma della Sicilia al Sistema Europeo delle banche centrali con una clausola di "opting out" per l'uscita dal sistema monetario unico europeo?

6. - Vuoi tu che le amministrazioni pubbliche siciliane riformino la toponomastica e le intestazioni di edifici e istituzioni pubbliche per cancellare le tracce della colonizzazione sabauda e valorizzare la tradizione e la storia siciliana?

7. - Vuoi tu che la Regione Siciliana costituisca un'Accademia per la definizione del Siciliano standard da affiancare all'Italiano come lingua ufficiale nella toponomastica, negli atti pubblici e nelle pubbliche insegne, e che lo studio e l'uso della lingua siciliana sia incoraggiato attraverso la sua introduzione nelle scuole e nei media siciliani?

8. - Vuoi tu che la Sicilia sia smilitarizzata da ogni forza armata straniera e da ogni forza d'attacco italiana e che sia dotata di forze armate solo per la difesa convenzionale del territorio e delle acque territoriali con comandi residenti nell'isola e autonomi da quelli statali?

Con un'adeguata campagna di sensibilizzazione non sarebbe difficile spiegare questi referendum ai Siciliani. E cosa succederebbe se l'80-90% dei Siciliani dicesse di sì?

(Ufficio stampa - laltrasicilia.org)

“Il principio di autodeterminazione dei popoli

sancisce il diri�o di un popolo so�oposto a

dominazione straniera ad o�enere

l’indipendenza, associarsi a un altro stato o comunque a

poter scegliere autonomamente il proprio regime poli�co.

Tale principio cos�tuisce una norma di diri�o internazionale

generale cioè una norma che produce effe� giuridici (diri�

ed obblighi) per tu�a la Comunità degli Sta�. Inoltre questo

principio rappresenta anche una norma di ius cogens, cioè

diri�o inderogabile (Significa che esso è un principio

supremo ed irrinunciabile del diri�o internazionale, per cui

non può essere derogato mediante convenzione

internazionale). Come tu�o il diri�o internazionale, il diri�o

di autodeterminazione ra�ficato da leggi interne, per

esempio la L.n. 881/1977, esso vale come legge dello Stato

che prevale sul diri�o interno (Cass.pen. 21-3 1975).

La Corte Suprema Canadese, valutando delle rivendicazioni

di indipendenza del Québec rispe�o al Canada ha definito

a�entamente i limi� di tale principio: DI ESSO SONO

AUTORIZZATI AD AVVALERSI Ex colonie, popoli sogge@ a

dominio militare straniero e GRUPPI SOCIALI LE CUI

AUTORITÀ NAZIONALI RIFIUTINO UN EFFETTIVO DIRITTO

ALLO SVILUPPO POLITICO, ECONOMICO, SOCIALE E

CULTURALE. (Sentenza 385/1996).

Appare evidente come l’Italia abbia violato la Carta

Cos�tuzionale della Repubblica Italiana, il Pa�o s�pulato

con la Sicilia denominato Statuto d’Autonomia della Regione

Siciliana e gli obblighi che l’Italia ha contra�o aderendo

all’Unione Europea.

Appare, altresì, evidente che l’Italia impedisce alla Sicilia il

diri�o allo sviluppo poli�co, economico, sociale e culturale.

In virtù di quanto sopra, nel pieno rispe�o del diri�o

internazionale, il Popolo Siciliano può aspirare al

riconoscimento del proprio sacrosanto DIRITTO

ALL’INDIPENDENZA! �

"Chiunque può fare la storia. Solo un grande uomo può scriverla." Oscar wilde

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Q uando entrano in scena i Normanni le questioni giuridiche siciliane diventano particolarmente controverse e soprattutto molto più complicate rispetto alla piana condizione “provinciale” che per innumerevoli secoli

aveva caratterizzato la Sicilia e questo ci costringe a tirare il freno a mano e a fare un pò di “moviola” su quegli anni cruciali. Per alcuni storici, andando alla sostanza, c’è poco da capire: l’XI secolo è quello in cui un popolo venuto dalla Normandia (e qualche secolo prima dalla Norvegia) passa dallo stato di capitani di ventura all’inizio del secolo a quello finale di padroni della Sicilia e di tutta l’Italia meridionale con la sola esclusione del piccolo Ducato di Napoli e dell’Abruzzo, questo ancora saldamente inserito nel sistema feudale dell’Italia centro-settentrionale. Ma, seppure confusamente, anche allora c’era un diritto pubblico e un bisogno di legittimare le conquiste con il diritto. Ecco, noi – d’ora in poi – esamineremo con la lente d’ingrandimento tali questioni di legittimità dando su di esse anche il nostro modesto parere. Occorre anche dire, quasi a correggere quanto appena detto, che la “legittimità” di cui parleremo non sarà fuori dal tempo e dallo spazio: il tempo e l’accettazione generale costituiscono anch’esse fonte generale di legittimazione, altrimenti nessun ordinamento politico o quasi avrebbe il crisma della legittimità, neanche l’Unità d’Italia, “estorta” alla Sicilia in un plebiscito giuridicamente nullo il 21 ottobre 1860, ovvero la condizione repubblicana dell’Italia, illegittima dal punto di vista del precedente Statuto albertino. E invece, a costo di scontentare qualche lettore, credo che questi due passaggi oggi si debbano considerare pienamente legittimi, legittimati dal tempo se vogliamo, ma pur sempre legittimi. E cosí sarà anche per i fatti piú lontani dei quali parleremo in questa puntata ed in altre a seguire. La prima fonte di complessità che incontrerà la condizione della Sicilia al suo rientro nel mondo cristiano era che essa aveva lasciato un mondo ancora complessivamente unitario, in cui era riconoscibile la traccia dell’antico Impero Romano, ed ora trovava invece “due” cristianità, l’una latino-occidentale e l’altra greco-orientale, che si erano a vicenda scomunicate e non piú riconosciute. La frattura era cominciata proprio ai primi dell’800, quando la Sicilia si avviava a lasciare la Cristianità: il primo scisma religioso, poi faticosamente ricomposto, la rinnovazione dell’Impero da parte di Carlo Magno, anche questa poi faticosamente ricucita con Costantinopoli. Ma già sin dai tempi di Gregorio Magno (fine del VI secolo) il Papato scrollava la tutela dell’Imperatore d’Oriente e si ergeva a potenza politica autonoma. A quel tempo la Chiesa Romana aveva concentrato in Sicilia moltissime proprietà fondiarie. Negli anni successivi non sarebbero mancate le ritorsioni: la Sicilia tolta giurisdizionalmente alla Chiesa romana ed assegnata a quella orientale (poi arrivando – come abbiamo visto – all’autocefalia), la “potenza” del clero siciliano – prorpio perché in bilico tra Est e Ovest – con l’espressione di ben quattro papi nel periodo d’oro (fine del VII secolo). Nel 1054, poco prima dell’arrivo dei Normanni in Sicilia, il divorzio tra Oriente e Occidente, tra cattolici e ortodossi, fu definitivamente consumato.

In tutto ciò i papi non avevano rinunciato mai a questa influenza sulla Sicilia e, approfittando dell’oscurità dei tempi, trasformarono le antiche proprietà private possedute nell’isola, in rivendicazione di una sovranità pubblica e politica durante i secoli del “dominio saraceno”. Sovranità che – a nostro avviso – non avevano mai avuto; ma tant’è. Questa è quella che potremmo chiamare l’impostazione guelfa della Questione Siciliana. Dal punto di vista degli Imperatori (d’Oriente e d’Occidente) e poi dei conquistatori Normanni, la Sicilia non era altro che quello che era sempre stata: una provincia a sé della Cristianità. Una terra romano-cristiana da liberare e di cui sarebbe stato signore chi l’avesse presa per prima. Per gli orientali, che mai riuscirono a recuperarla, si trattava di un semplice ritorno all’antichità romano-bizantina. Per gli occidentali, al pari di Italia, Germania, Francia, Danimarca, Inghilterra, etc., essa era potenzialmente uno dei tanti regni in cui si articolava la Cristianità occidentale sotto la sovranità alta, effettiva o teorica che fosse, del Sacro Romano Imperatore. Questa è quella che potremmo chiamare l’impostazione ghibellina della Questione Siciliana. Diciamo “Regno” (come poi effettivamente divenne) e non “Ducato” o “Contea” proprio perché amministrativamente la Sicilia mai aveva fatto parte prima d’allora dell’Italia o di altro Regno romano-barbarico. Diverso per l’Italia, tanto quella longobarda, quanto quella bizantina, che nel “Ducato” avrebbe trovato la sua tipica organizzazione territoriale. Abbiamo nell’Italia centro-settentrionale “ducati” che arrivano all’Unità d’Italia, poi corretti in “Granducati” (la Toscana) e “Marchesati” (Monferrato, Mantova,…) ma mai “regni”, perché il Regno era solo quello teorico d’Italia. Abbiamo, sul versante bizantino, il Ducato di Napoli, i Ducati di Puglia e di Calabria, lo stesso Doge veneziano, che altri non era se non un “duca repubblicano”. La Sicilia, diversamente, non poteva proprio essere un “ducato”, se non con una proclamazione illegittima come vedremo piú avanti. Non è un capriccio o un caso se solo la Sicilia e la Sardegna, che non avevano fatto parte dell’Italia romana, ebbero la corona regale, e se lo stesso “Regno di Napoli” l’avrebbe derivata dalla Sicilia e non da propria dignità regale (esso era propriamente “Regno di Sicilia al di qua del Faro”) e, infatti, alla riunificazione del 1816, fu il nome siciliano ad essere esaltato e non quello napoletano. Per capire bene il “titolo” (direbbero gli avvocati) della conquista normanna della Sicilia dobbiamo forse abusare un po’ della pazienza del lettore e ricordargli qual era lo status politico del Meridione d’Italia alla vigilia della venuta normanna. In sintesi: Nell’interno, il ducato longobardo di Benevento si era nel tempo frammentato, perdendo agli estremi i “principati” di Salerno e di Capua (a quei tempi “principato” era titolo generico di signoria, come sarebbe accaduto piú tardi per il Piemonte, e non era ancora sovraordinato a quello di Duca come sarebbe stato piú tardi nella scala araldica); Sulla costa, il dominio bizantino era organizzato nei due Ducati/Province di Puglia e Calabria, piú le repubbliche/ducati semi-

Radici storiche dell’Autonomia siciliana Radici storiche dell’Autonomia siciliana Radici storiche dell’Autonomia siciliana

L’origine della Questione Siciliana L’origine della Questione Siciliana L’origine della Questione Siciliana in un’investitura impossibilein un’investitura impossibilein un’investitura impossibile

di Massimo Costa

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Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013

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indipendenti di Napoli, Sorrento, Amalfi e Gaeta. Altri attori “esterni” erano i saraceni, che mai erano riusciti a stabilire signorie durature sul Continente ed adesso si erano già dileguati, il papa e l’imperatore d’occidente, che, a turno e in concorrenza, rivendicavano alte sovranità sui principati longobardi e cercavano, invano, di cacciare i greci. In questo quadro s’inserirono i Normanni secondo la scaletta riassuntiva che si vuole proporre di seguito: Famiglia Drengot: Nel 1029 si fanno dare la piccola Contea di Aversa come vassalli del Duca di Napoli. Nel 1038 ottengono l’investitura imperiale trasformando la piccola Contea in uno stato indipendente. Nel 1062 si impossessano del Principato di Capua e del Ducato di Gaeta, creando un grande e unico “Principato di Capua” in mani normanne. Famiglia Altavilla (Hauteville): Nel 1043 Guglielmo Braccio di Ferro si fa investire Conte di Puglia (ma in realtà la Puglia è in gran parte ancora in mani bizantine ed è signore solo di poche terre intorno a Melfi) come vassallo del Principe di Salerno. Progressivamente il dominio si estende in Basilicata, Puglia, Calabria, Campania e Molise. Nel 1047 Drogone, succeduto l’anno prima al fratello Guglielmo, ottiene l’investitura imperiale trasformando la Contea di Puglia in uno stato indipendente dai longobardi di Salerno. Nel 1051 Umfredo, appena succeduto al fratello Drogone, distrugge il Ducato di Benevento: la città è offerta al papa (gli rimarrà sino al 1860) il contado è tutto dei normanni che riconoscono l’alta autorità pontificia. Nel 1056 Roberto il Guiscardo sottomette tutti i conti feudatari autoproclamandosi “duca” e dilaga in Calabria. Nel 1071 gli ultimi bizantini avrebbero abbandonato Bari; infine nel 1077 anche il Principato di Salerno (i cui confini politici coincidevano con quelli amministrativi dell’attuale provincia) entra nel “Ducato di Puglia e Calabria” facendo di Salerno la nuova capitale dello Stato. Ma l’anno cruciale per la Sicilia è il 1059. In quest’anno, infatti, Roberto è “investito” da Papa Niccolò II “Duca di Puglia, Calabria e… Sicilia!”, quando ancora questa era in mano arabe. Lo stesso anno il fratellino di Roberto, Ruggero, suo vassallo in quanto conte di Mileto, nell’estremo sud della Calabria, espugna Reggio ai bizantini e si affaccia sullo Stretto. L’investitura fu quasi tenuta nascosta agli imperatori per diversi anni tanto palesemente illegittime erano le pretese papali su Puglia e Calabria, le quali, cessata l’autorità dell’Imperatore d’oriente, teoricamente potevano essere infeudate solo dall’Imperatore

d’occidente. E infatti non facevano certo parte del Ducato di Benevento che aveva acquistato il papa qualche anno prima. A che titolo dunque il papa investiva Roberto di terre che non erano sue? Per la falsa donazione di Costantino? Ma a un certo punto – se vogliamo – la soggezione del Sud d’Italia all’alta sovranità papale resterà legittimata dalla consuetudine dei secoli a venire. Ma il colmo dell’illegittimità era nell’investitura di Roberto a “Duca di Sicilia”, di una Sicilia ancora tutta da conquistare. Intanto non era chiaro se si trattasse di un “riconoscimento”, sebbene a priori, o di una vera e propria “investitura feudale”. Le formule dei tempi distinguevano nettamente i due ducati (nella realtà unico) di Puglia e Calabria da quello “futuro” siciliano. E i giuspubblicisti siciliani dei secoli successivi avrebbero attestato che nessuno prima del XIII secolo aveva mai avanzato serie pretese feudali papali sulla Sicilia. Peraltro il papa dava a Roberto libertà di organizzare la Chiesa di Sicilia, ben sapendo che più della metà dell’isola era musulmana, e il resto cristiana ortodossa: si trattava quindi di un’autorità puramente teorica. Però i Normanni poi se ne sarebbero avvalsi e l’avrebbero anche fatta riconoscere nuovamente al Papa Urbano II con la famosa Apostolica Legazia che sottraeva al controllo papale la Chiesa Cattolica di Sicilia, - si badi - della sola Sicilia e non del Continente. La vera incongruenza stava nella formula di “Duca di Sicilia”, cioè nel prolungamento dello Stivale, sino a comprenderne per la prima volta l’isola come sua estrema appendice. E, in ogni caso, quando mai il papa era stato “signore” della Sicilia? Per le sole proprietà fondiarie di Gregorio Magno? Era questo il trionfo dell’impostazione guelfa. Nella realtà, però, il vero conquistatore della Sicilia non sarebbe stato Roberto, ma proprio il fratello minore Ruggero, che da subito propese per la sovranità originaria sulla Sicilia senza alcuna subordinazione feudale (o quasi, come vedremo alla prossima puntata). La successiva trasformazione in Regno e le icone dei Re Ruggero II e Guglielmo II direttamente incoronati da Cristo, e non dal papa, suggeriscono il fatto che a vincere infine fu l’impostazione ghibellina che, per ragioni ormai dette, era l’unica ad avere un qualche fondamento secondo gli ordinamenti del tempo e ad essere anche fortemente coerente con l’anima bizantina e cesaro-papista che ancora aleggiava negli ordinamenti siciliani. Le cose, insomma, andarono un pò diversamente da come il papa e il duca Roberto avevano immaginato. Ma le conseguenze di questa controversia sarebbero state lunghe e drammatiche. (4 - continua)

Massimo Costa

Nel prossimo numero : Dalla “Gran Contea” al Regno di Sicilia superpotenza internazionale

T ranne che non si sia appassionati di storia della chiesa, in pochi sanno che i papi siciliani sono stati quattro, e che si sono avvicendati al trono di Pietro in poco meno di un secolo, ovvero tra il 678 ed il 772. I loro sono ritratti di uomini di un tempo lontano, personaggi consegnati alla storia, figure mitiche intorno alle quali aleggiano aneddoti e leggende. Il primo siciliano a diventare pontefice è stato Agatone, che la storia vuole eletto alla veneranda età di 103 anni. Nato a Palermo nel 575 è venerato come

santo sia dalla chiesa cattolica che da quella ortodossa. Si distinse per profondità di dottrina e spirito caritativo. Durante il suo papato,

durato tre anni, Agatone organizzò il sesto concilio ecumenico, nel corso del quale venne dichiarata eretica la dottrina relativa al monotelismo di Cristo, ovvero alla tesi della presenza nel figlio di Dio della sola natura divina e l’assenza di libera volontà umana che gli avrebbe permesso di peccare. Dopo il concilio l’assioma della duplice natura, umana e divina di Gesù, divenne uno dei fondamenti del cattolicesimo. Alla morte di Agatone gli succedette Papa Leone II, anch’egli santo, salito al soglio pontificio al quale rimase per soli 11 mesi, all’età di 72 anni.

Nato in Calabria secondo alcune fonti, era originario di Aidone, in provincia di Enna. La brevità del suo pontificato non gli permise di incidere in maniera rilevante sulla storia della chiesa, tuttavia viene ricordato per aver istituito l’aspersione dell’acqua santa sui fedeli e per la “maledizione di San Leone”, un aneddoto che giustificherebbe la sfortuna che secondo gli aidonesi si accompagna con l’alzarsi di una fitta nebbiolina che avvolge spesso il paese. La maledizione non sarebbe altro che diretta conseguenza del grande amore che legava Leone alla madre. Appartenente ad una famiglia molto povera, diventato Papa avrebbe inviato nel paese di origine alcuni emissari incaricati di portare con sé la madre a Roma affinché potesse vivere in Vaticano accanto al figlio. Al loro arrivo, gli uomini di Leone III, trovarono una donna vestita di cenci, sopraffatta dagli stenti,

La Sicilia ed i suoi quattro PapiLa Sicilia ed i suoi quattro PapiLa Sicilia ed i suoi quattro PapiLa Sicilia ed i suoi quattro Papi

sono nati nell'isola Agatone (dal 678 al 681), Leone II (682-683), sergio I (dal 687 al 701), e Stefano III (dal 768 al 772).

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Q uell'inchino che ha commosso il mondo: il neo Papa Francesco che chiede per la preghiera della Chiesa la benedizione di Dio alla sua persona e alla missione di pastore universale appena iniziata:

Ringraziamo Dio e preghiamo per il nostro Papa Francesco! Jorge Mario Bergoglio è stato eletto 266° Papa della Chiesa Cattolica. Bergoglio è nato il 17 dicembre 1936 a Buenos Aires, in Argentina, il primo di cinque figli di una famiglia di origine italiana (piemontese, per la precisione; suo padre lavorava nelle ferrovie). È entrato nella Compagnia di Gesù nel 1958, a 22 anni e ha studiato chimica oltre a filosofia e teologia. Parla bene l’italiano, oltre allo spagnolo e al tedesco.

È stato ordinato sacerdote nel 1969, ottenendo nel corso degli anni posizioni importanti nell’ordine gesuita, poi nel clero argentino e parallelamente in diverse Congregazioni della Curia romana (semplificando, i vari “ministeri” in cui è organizzata la Chiesa Cattolica). Fu nominato arcivescovo di Buenos Aires nel 1998 e poi cardinale da Giovanni Paolo II il 21 febbraio 2001. Con circa 480 milioni di fedeli, l’America Latina è il continente con il maggior numero dei cattolici nel mondo (circa il 40 per cento) anche se prima di oggi non aveva mai espresso un pontefice (d’altra parte solo il 17 per cento dei cardinali elettori era latinoamericano). Che cosa pensa Bergoglio

Per quanto riguarda le sue convinzioni, Bergoglio è considerato nel complesso un “moderato”: non apertamente progressista – dal punto di vista della dottrina religiosa è anzi piuttosto conservatore – ma ha sempre dimostrato una particolare attenzione ai temi sociali. È conosciuto, per esempio, per i suoi richiami alla povertà, come è testimoniato anche dal nome che ha scelto: quando fu nominato cardinale, Bergoglio persuase centinaia di argentini a non accompagnarlo nelle celebrazioni a Roma, e a dare il denaro dei biglietti aerei ai poveri. Nel 2001 fece un gesto eclatante come baciare i piedi di alcuni malati di AIDS in ospedale. Infine, è molto attento al dialogo interreligioso: un anno fa ha pubblicato un libro, Sobre el cielo y la tierra, scritto insieme al rabbino argentino Abraham Skorka. Alcune di queste cose si sono viste subito, dalla relativa “novità” del suo

primo discorso da Papa: poco distaccato e molto diretto, con un forte richiamo alla preghiera e un’insistenza inedita sul ruolo del Papa come vescovo di Roma. Benedizione Apostolica "Urbi et Orbi":

Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo … ma siamo q u i … V i r i n g r a z i o dell’accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo Vescovo: grazie! E prima di tutto, vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito, Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca.

[Recita del Padre Nostro, dell’Ave Maria e del Gloria al Padre]

E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa, che oggi incominciamo e nel quale mi aiuterà il mio Cardinale Vicario, qui presente, sia fruttuoso per l’evangelizzazione di questa città tanto bella! E adesso vorrei dare la Benedizione, ma prima – prima, vi chiedo un favore: prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me. […]

Adesso darò la Benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

[Benedizione]

Fratelli e sorelle, vi lascio. Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto! Ci vediamo presto: domani voglio andare a pregare la Madonna, perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo! �

QUELL'INCHINO CHE HA COMMOSSO ED EDIFICATO IL MONDO...QUELL'INCHINO CHE HA COMMOSSO ED EDIFICATO IL MONDO...QUELL'INCHINO CHE HA COMMOSSO ED EDIFICATO IL MONDO...

costretta a fare la lavandaia per procurarsi un tozzo di pane. Incontrata la madre a Roma, il nuovo Papa ne constata le gravi condizioni di miseria e di abbandono e sopraffatto dalla compassione per le sofferenze patite da chi lo aveva messo al mondo ed allevato amorevolmente, esclamando “siete dei miserabili e per sempre lo sarete” maledisse i propri concittadini per non essersi presi cura della madre del Papa. A distanza di quattro anni, e dopo tre papi, un altro siciliano viene eletto pontefice nel 687, è Sergio I, venerato santo, palermitano di origine siriana. Il suo papato, iniziato all’età di 37 anni, si concluse 14 anni dopo. Introdusse nella liturgia la preghiera dell’Agnus Dei e stabilì che per ogni consacrazione i vescovi si recassero a Roma. Ultimo pontefice siciliano fu Stefano III, eletto nel 768 e rimasto in carica per tre anni e mezzo. Nativo di Siracusa, sono poche le notizie disponibili su di lui. Viene ricordato per le sue doti diplomatiche, favorì infatti l’alleanza tra il papato e i Franchi in contrapposizione ai Longobardi.

Veronica Femminino

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Le fate esistono. E io oggi Le fate esistono. E io oggi Le fate esistono. E io oggi ne ho incontrata unane ho incontrata unane ho incontrata una h 13… Bar sotto casa mia. Entro trafelata, fa freddissimo, ma come al solito mi siedo fuori al tavolo che scelgo sempre. Metto la borsa sulla sedia di fianco alla mia, prendo il pacchetto di sigarette, ne sfilo una e, sovrappensiero l’accendo. Non faccio in tempo a fare la prima boccata che, alla mia destra, compare una figura infagottata in un cappotto di panno liso e molto, molto, anzi più che molto, sporco. È una vecchietta. Avrà sì e no 75 anni, il volto segnato da solchi profondi. Gli occhi azzurri, spenti, mi fissano immobili. Non sorride. Non parla. Mi fissa. E basta. Io la guardo con aria interrogativa, ma lei non smette di fissarmi. Resto così qualche secondo, mi guardo intorno per capire se stia cercando qualcuno ma ci sono solo io e due tavolate di uomini d’affari che chiacchierano animatamente. La signora non si muove. Continua a guardarmi. Allora sposto la borsa e le dico “Signora, vuole sedersi? Ha bisogno di qualcosa?” e lei, finalmente parla. “No. Non voglio sedermi… Non lo so. Sono solo triste, signorina. Ma ora l’ho vista e penso che lei, forse, mi può ascoltare.” “Certo signora che l’ascolto. Si sieda.” Lei mi guarda come se fosse atterrata una navicella spaziale fuori dal bar. Sbigottita. E dice “Davvero?” E io “Certo!” E dentro di me penso… “Oddio questa signora ha l’aria di non star bene. Sembra che stia per svenire. E ora cosa faccio? Se si sente male?”. Non faccio in tempo a finire di formulare il pensiero che due camerieri balzano in corsa fuori dal bar, uno dei due fa “Francesca! Ci sono problemi?” E l’altro già si avvicina alla signora con uno sguardo, come dire, non del tutto comprensivo. Io con un gesto lo fermo. E dico “La signora è con me. Non c’è nessun problema.” (Che qui avrei da aprire una postilla. A Milano ti rubano in casa e “Nessuno ha sentito”. Ti rompono i vetri della macchina in pieno centro e “Non passava nessuno”. Ti scippano e fai prima a rifare tutti i documenti che a sperare che qualcuno fermi il ladro. Ti violentano in stazione centrale e a voglia urlare, possono squartarti e appenderti al Pirellone che nessuno muove un dito. Però attenzione… Perchè se entra una vecchietta con i vestiti strappati e zozzi in un bar allora tempo 4 secondi netti arriva tutto lo staff, la polizia, i pompieri, la finanza, la guardia reale e anche i gendarmi di Pinocchio. Perchè non sia mai che la clientela debba sentire la “puzza di stracciona” della signora. Che noi siamo gente perbene. Magari non facciamo la doccia da settimane. Ma abbiamo il cappotto di cachemire e l’Iphone5). I due camerieri da dietro le spalle della signora mimano un silenzioso “Sei sicuraaaaaa?” E io “Sì. Sono sicura.” Mi giro verso la signora, che si è seduta. Sorride. E non è più

pallida come prima. Le gote ora sono rossastre, come dopo una corsa, e gli occhi non sembrano più vuoti. Ordino un’insalata e una Coca Cola e le chiedo “Signora, lei cosa prende?” E lei dice “Io niente, grazie. Non voglio niente!” Per cinque minuti circa cerco di convincerla a prendere almeno un caffè. Ma niente. Non c’è verso. Non vuole niente. E qui, senza bisogno di aggiungere altro, vi chiedo di pensare ad una parola. Ogni giorno “i grandi” “i potenti” cercano di insegnarci cosa sia la DIGNITÀ. Ecco cos’è. Questa è la dignità. Io e la signora cominciamo a parlare. Le chiedo perchè è triste. Lei non mi risponde. Dice solo “Signorina, lei cosa fa quando è triste.” E io dico “Certe volte piango. Ma poi sa cosa faccio? Cammino. Cammino tanto. E mi passa.” Lei concorda che camminare sia una buona idea. E pian piano comincia a raccontarmi di lei. È napoletana, ma vive a Milano, anche se non sa spiegarmi dove. Il figlio è in ospedale. Ricoverato in psichiatria. La causa principale di tutto quel dolore credo proprio sia questo figlio. Che è lì, nel suo letto d’ospedale. Ma è perso dove lei non riesce a raggiungerlo. Anche la signora a tratti si perde. Gli occhi si allontanano. Poi tornano. Mi sorride e si mette a spiegazzare la tovaglietta di carta che sta sul tavolo di fornte a lei. Ogni tanto smette di parlare e sbatte la testa oppure con le mani si colpisce piano la fronte, come se volesse cacciar via i pensieri. Parliamo a lungo. Una mezz’ora circa. Mi chiede che lavoro faccio e glielo spiego. È molto acuta e, da come parla, giurerei abbia studiato o quantomeno letto molto. Sto ancora parlando quando, d’improvviso, salta in piedi e dice “Devo andare!” Io cerco di fermarla, le chiedo ancora se ha bisogno di qualcosa. Ma lei ha di nuovo lo sguardo vuoto di quando è arrivata. Non mi sente più. Ed è allora che la vedo. Una busta di plastica. La signora la stringe in mano e all’interno ci sono pezzi di frutta e verdura. Raccattati da terra, immagino, al mercato di Via Eustachi. Resto così, immobile e muta, metre lei si allontana. Poi d’un tratto si ferma, si gira, torna indietro. Mi guarda di nuovo dritta negli occhi e si mette una mano alla bocca, come se volesse dirmi un segreto. E pian piano le parole escono e raggiungono il mio orecchio. ” Grazie Signorina. Ora sono un pò meno triste. Non ce li vogliono, al mondo, quelli come me. Ma io l’ho visto subito che lei non è come gli altri. Lei è una fata, non se lo dimentichi. Ah… L’imbecille che l’ha persa. Se ne pentirà. Stia tranquilla!” E così, se n’è andata. Lasciandomi lì. Mi ha lasciata lì pensare che non credo ci sia un imbecille che mi ha persa. Non che io ricordi, perlomeno. Non credo neanche di essere una fata. Ma una cosa la so per certo. Le fate esitono. E io oggi ne ho incontrata una.

Iaia Francesca De Rose (26 marzo 2013)

HASTA LA VICTORIA SIEMPRE COMANDANTE

“Cristo dammi la tua croce, le tue spine, il tuo sangue, sono disposto a portarle ma lasciami vivere, perché ho ancora

molto da fare per il mio popolo”

Hugo Chavez

(Sabaneta, 28 luglio 1954 – Caracas, 5 marzo 2013)

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FORSE NON TUTTI SANNO CHE….

LA LEGGE SUL CONFLITTO DI INTERESSI, IL PD NON PUÒ FARLA

A ben guardare, il primo, vero e più grave conflitto di interessi è quello del PD. Quel partito possiede una banca, ne controlla direttamente una seconda,

seppure all'ordine del giorno per i colossali ammanchi, uno scandalo enorme che si cerca vieppiù di insabbiare e far dimenticare, oltre a una florida compagnia di assicurazioni che ora vorrebbe comperarsi nientemeno che il gruppo Sai-Fondiaria. Dunque i suoi parlamentari si troverebbero a legiferare e votare pro o contro determinate norme che influiscono sulla gestione, sui bilanci e quindi sulla profittabiità di tali aziende. Si troverebbero in un palese conflitto di interessi, dai risvolti potenzialmente ben più consistenti e pervasivi per l'andamento dei mercati e la gestione della cosa pubblica, rispetto a quelli attribuiti all'arcoriano. Stando così le cose, appare alquanto improbabile che il PD possa soltanto immaginare di presentare una legge sul conflitto di interessi, che per forza di cose sarebbe estremamente parziale. A quel punto non potrebbero che sollevarsi i parlamentari del PDL per far notare la cosa. D'altra parte non è pensabile che il PD legiferi andando contro sé stesso. Dunque, allo stato attuale delle cose, è quantomai improbabile che il PD si adoperi affinché una qualsiasi legge sul conflitto di interessi possa soltanto entrare nel calendario delle discussioni. Questa riflessione obbliga anche a prendere atto che la Costituzione sotto questo aspetto è lacunosa, non prevendendo che i partiti politici siano esclusi da qualunque attività di mercato, atta o meno al profitto che sia. In secondo luogo non si capisce perché il PD, con i lauti proventi derivati dalle attività finanziarie di cui ha beneficiato, abbia insistito tutti questi anni a pretendere di continuare a ricevere dallo stato, e quindi dalla cittadinanza, le somme che ufficialmente sono a titolo di rimborso alle spese elettorali. Ma che come tutti sanno sono un vero e proprio finanziamento pubblico ai partiti. Va bè che i soldi non bastano mai, ma, di grazia, a cosa serviranno mai cifre così cospicue se poi finiscono col perdere tutte le elezioni cui si presentano? (Clack)

Reddito di cittadinanza per tutti

«Voi volete soccorrere i poveri, io, invece, voglio sopprimere la miseria» (Victor Hugo, Novantatré)

(...) Il principio è semplicissimo: si tratta di versare a ogni cittadino, dalla sua nascita alla sua morte, un reddito minimo che sia incondizionato, inalienabile, uguale per ciascuno, e cumulabile con qualunque altro reddito o attività senza altra degressività che quella del sistema fiscale in vigore. L’idea non è nuova. Già Platone scriveva ne Le Leggi: «Se uno Stato vuole evitare […] la disintegrazione civile […], non bisogna permettere alla povertà e alla ricchezza estreme di svilupparsi in nessuna parte del corpo civile, perché ciò conduce al disastro. Perciò il legislatore deve stabilire ora quali sono i limiti accettabili della ricchezza e della povertà». Nell’antica Grecia, l’instaurazione da parte di Pericle della mistoforia, distribuita ai cittadini indipendentemente dal loro patrimonio affinché potessero soddisfare i loro obblighi civici, già testimonia d’altronde «l’esigenza di una solvibilità universale dei cittadini superiore a ogni altro criterio, come fattore di integrazione al gruppo sociale e di capacità di esercitare i diritti e gli obblighi loro incombenti» (Janpier Dutrieux). (...) In certi paesi, si è anche registrato un inizio di applicazione pratica. Negli Stati Uniti, in Alaska, ogni cittadino riceve annualmente una quota (modesta, ma assegnata incondizionatamente) dei redditi petroliferi di questo Stato. Nel 2008, in Bolivia, è stato instaurato un reddito di base per le persone anziane. Nel 2004, in Brasile, il governo ha dato il via libera per la realizzazione progressiva di un reddito d’esistenza. In Gran Bretagna, i laburisti hanno introdotto un sussidio per ogni neonato, intoccabile fino alla maggiore età, ma che fino a questa età accumula interessi composti. (...) Ma è anzitutto l’aumento della disoccupazione a spiegare la forte ripresa dell’idea di reddito di cittadinanza. Da più di trent’anni, infatti, nei paesi ricchi si sviluppa una disoccupazione di massa che niente sembra permettere di arginare, poiché progredisce in tutti i paesi industrializzati, quali che siano le politiche adottate. A causa della crescita della produttività, l’innovazione non crea più automaticamente occupazione. Il lavoro diventa raro. Ciò non vuol dire che sparirà, come aveva imprudentemente pronosticato Jeremy Rifkin negli anni Novanta, ma che a causa dell’automazione, della informatizzazione, della robotizzazione, si producono sempre di più beni e servizi con sempre meno ore di lavoro umano, e per finire con sempre meno uomini. Malgrado la crescita demografica, la produzione mondiale per abitante è stata moltiplicata per 2,5 tra il 1960 e il 1990. Ora, questa produzione è stata ottenuta con un ricorso sempre minore al lavoro umano, ragione per cui il volume totale di ore lavorate ha continuato a diminuire in quasi tutti i paesi sviluppati. Certi economisti prevedono persino il momento in cui il 20% della popolazione mondiale potenzialmente attiva potrebbe bastare a produrre tutte le merci e tutti i servizi di cui la società mondializzata potrebbe avere bisogno. L’era del pieno impiego sembra dunque terminata: «L’illusione di un lavoro salariato e debitamente remunerato per tutti si è volatilizzata con la crisi» (Olivier Auber). Ne consegue che la distribuzione della ricchezza tramite il lavoro continua a degradarsi e che diventa sempre più pesante farsi carico degli inoccupati (o dei non occupabili). In tali condizioni, prima o poi, il sistema cozza contro i suoi limiti interni. «La crescita non crea più occupazione», spiega Yoland Bresson, «perché gli effetti positivi che esercitava un tempo in questo campo sono ormai annullati dai continui incrementi di produttività. Tuttavia, i governi che si sono succeduti in questi ultimi decenni hanno continuato a trattare la disoccupazione come un incidente passeggero che era bene integrare in attesa del ritorno del pieno impiego. Essi hanno dunque privilegiato il trattamento sociale della disoccupazione e l’assistenza, il cui finanziamento è stato assicurato principalmente dal lavoro salariato. Poiché quest’ultimo continua a restringersi, si è entrati in un circolo vizioso» [«Revenu d’existence et participat: vers la fin du salariat?», intervista in Krisis, 18 novembre 1995, pag. 68. «L’occupazione viene a mancare», osserva ugualmente Gilles Yovan, «anche se la società non vuole sentir parlare di crisi del lavoro dipendente e rigetta questa evidenza, preferendo addebitare alla congiuntura il persistere di una disoccupazione di massa nei paesi europei» [ (1 - continua)

Alain de Benoist

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Proverbi sicilianiProverbi sicilianiProverbi sicilianiProverbi sicilianiProverbi sicilianiProverbi sicilianiProverbi sicilianiProverbi sicilianiProverbi sicilianiProverbi sicilianiProverbi sicilianiProverbi siciliani

IlIlIlIl proverbio è una massima che contiene norme, giudizi, dettami o proverbio è una massima che contiene norme, giudizi, dettami o proverbio è una massima che contiene norme, giudizi, dettami o proverbio è una massima che contiene norme, giudizi, dettami o consigli espressi in maniera sintetica e, molto spesso, in consigli espressi in maniera sintetica e, molto spesso, in consigli espressi in maniera sintetica e, molto spesso, in consigli espressi in maniera sintetica e, molto spesso, in metafora, e che sono stati desunti dall'esperienza comune. Essi metafora, e che sono stati desunti dall'esperienza comune. Essi metafora, e che sono stati desunti dall'esperienza comune. Essi metafora, e che sono stati desunti dall'esperienza comune. Essi

generalmente riportano una verità (o quello che la gente ritiene sia vero): generalmente riportano una verità (o quello che la gente ritiene sia vero): generalmente riportano una verità (o quello che la gente ritiene sia vero): generalmente riportano una verità (o quello che la gente ritiene sia vero): si dice infatti che i proverbi sono frutto della saggezza popolare o della si dice infatti che i proverbi sono frutto della saggezza popolare o della si dice infatti che i proverbi sono frutto della saggezza popolare o della si dice infatti che i proverbi sono frutto della saggezza popolare o della cosiddetta "filosofia popolare. In qualunque caso, rappresentano pur cosiddetta "filosofia popolare. In qualunque caso, rappresentano pur cosiddetta "filosofia popolare. In qualunque caso, rappresentano pur cosiddetta "filosofia popolare. In qualunque caso, rappresentano pur sempre un patrimonio culturale da difendere e da preservare, visto che ci sempre un patrimonio culturale da difendere e da preservare, visto che ci sempre un patrimonio culturale da difendere e da preservare, visto che ci sempre un patrimonio culturale da difendere e da preservare, visto che ci lasciano una traccia di epoche passate, e ci indicano quale cammino hanno lasciano una traccia di epoche passate, e ci indicano quale cammino hanno lasciano una traccia di epoche passate, e ci indicano quale cammino hanno lasciano una traccia di epoche passate, e ci indicano quale cammino hanno percorso i nostri antenati. Lo studio dei proverbi si chiama paremiologia. percorso i nostri antenati. Lo studio dei proverbi si chiama paremiologia. percorso i nostri antenati. Lo studio dei proverbi si chiama paremiologia. percorso i nostri antenati. Lo studio dei proverbi si chiama paremiologia.

Un patri abbadà a deci figghi, e deci figghi nun seppiru abbadari a un Un patri abbadà a deci figghi, e deci figghi nun seppiru abbadari a un Un patri abbadà a deci figghi, e deci figghi nun seppiru abbadari a un Un patri abbadà a deci figghi, e deci figghi nun seppiru abbadari a un patri.patri.patri.patri.

Un padre ha badato a dieci figli, e dieci figli non hanno saputo badare a un padre. Un tempo, spesso la rivalità tra i figli finiva per colpire il genitore, abbandonato al suo destino senza le cure del caso. Perenne monito verso i figli, che dimenticano di essere stati allevati dai propri genitori e spesso non vanno neanche a fare visita all’anziano padre.

La iatta ca nun arriva alla saimi dici ca è agra.La iatta ca nun arriva alla saimi dici ca è agra.La iatta ca nun arriva alla saimi dici ca è agra.La iatta ca nun arriva alla saimi dici ca è agra.

La gatta che non arriva al lardo dice che è agro. Come il proverbio precedente, ne esiste una versione diffusa in tutta Italia e che in origine prende spunto dalla fiaba di Esopo, La volpe e l’uva, cioè: quando la volpe non arriva all’uva, dice che è acerba.

Cu è figghiu di iatta, surci pigghia.Cu è figghiu di iatta, surci pigghia.Cu è figghiu di iatta, surci pigghia.Cu è figghiu di iatta, surci pigghia.

Chi è figlio di gatta, prende topi: variante da cortile del noto adagio latino Talis pater, talis filius (Tale padre, tale figlio).

La figghia fimmina nta fascia, la doti nta cascia.La figghia fimmina nta fascia, la doti nta cascia.La figghia fimmina nta fascia, la doti nta cascia.La figghia fimmina nta fascia, la doti nta cascia.

La figlia in fasce, la dote nella cassa. Può essere inteso sia nel senso letterale, in quanto in epoca di matrimoni ahimè precocissimi la dote era considerata importantissima, che in senso metaforico, come consiglio popolare alla previdenza in ogni azione pratica.

L’arbulu s'addrizza quannu è nicu.L’arbulu s'addrizza quannu è nicu.L’arbulu s'addrizza quannu è nicu.L’arbulu s'addrizza quannu è nicu.

L’albero si raddrizza quando è piccolo. Suggerimento di carattere didattico-pedagogico di estrema attualità: non è mai troppo presto per impartire l’educazione al figlio, in modo che gli insegnamenti inculcati da piccolo possano imprimersi bene nell’animo ed accompagnarlo nei lunghi anni della sua esistenza.

Iúnciti cu li megghiu di tia e appizzaci li spisi.Iúnciti cu li megghiu di tia e appizzaci li spisi.Iúnciti cu li megghiu di tia e appizzaci li spisi.Iúnciti cu li megghiu di tia e appizzaci li spisi.

Stai con i migliori di te, anche a costo di perderci le spese. Crediamo non occorrano altri commenti.

Cu nasci tunnu nun pò moriri quatratu.Cu nasci tunnu nun pò moriri quatratu.Cu nasci tunnu nun pò moriri quatratu.Cu nasci tunnu nun pò moriri quatratu.

Chi nasce rotondo non può morire quadrato, proverbio fatalista che indica come chi ha una certa forma mentale difficilmente cambierà carattere o modo di pensare. Commento caratteriale su una persona che in genere persevera riguardo agli stessi errori.

Megghiu lu sceccu priatu ca lu sceccu a priari.Megghiu lu sceccu priatu ca lu sceccu a priari.Megghiu lu sceccu priatu ca lu sceccu a priari.Megghiu lu sceccu priatu ca lu sceccu a priari.

Meglio l’asino vanitoso che l’asino da supplicare. Invito a stare alla larga dallo stupido che arroga un potere, a cui può essere preferito in certi casi l’asino vantone e narciso.

La matinata fa la iurnata.La matinata fa la iurnata.La matinata fa la iurnata.La matinata fa la iurnata.

La mattinata fa la giornata (lavorativa). Assimilabile al detto il mattino ha l’oro in bocca, tuttavia la versione canicattinese pone l’accento sull’importanza di iniziare bene, ed è quindi corrispondente ad un altro proverbio: chi ben inizia, è a metà dell’opera. �

LA SICILIA AI SICILIANI : « Iddio le stese d’ogni intorno i mari per separarla da tutt’altra terra e difenderla dai suoi nemici. La fece così grande di estensione, temperata di clima, fertile di suolo, da bastare non soltanto alla vita di più milioni di uomini, ma anche ai comodi, al lusso, ad ogni godimento, ad ogni industria, ad ogni commercio. »

Antonio Canepa

Miti e Leggende di Sicilia

I Ciclopi

D ove ha origine la leggendaria figura dei Ciclopi, abitanti delle caverne siciliane? Secondo alcuni a generare tale fantasia furono i resti fossili di giganteschi animali, rinvenuti proprio in queste caverne. La grande occhiaia al centro di tali teschi “altro non era che il foro nasale dell’elefantino siciliano, un cui esemplare è custodito nel museo dell’Istituto di geologia di Palermo e classificato come elephas mnaidriensis”.

La Sicilia, infatti, durante il Paleolitico, per via del clima temperato-freddo e della sua ricca vegetazione, era abitata da una copiosa varietà di animali di cui si conservano a Trapani, presso il Museo di preistoria Torre di Ligny, numerosi resti: zanne di elefante nano, ossa di cervo, molari di ippopotamo ecc.

“Lo stesso Empedocle da Agrigento (492-432 a.C.) ci dice che in molte caverne dell’isola furono trovate testimonianze fossili di una stirpe di uomini giganteschi oggi scomparsa. Anche molti storici, poeti e scrittori, quali il Valguarnera, il Mongitore e il Boccaccio, ci parlano di misteriose grotte dove furono ritrovate ossa gigantesche o “ossa di Polifemo”, come diceva Boccaccio parlando di una grotta presso Trapani”. �

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SOLUNTO

S olunto è un'antica città ellenistica sulla costa settentrionale della Sicilia, sul monte Catalfano, a circa 2 chilometri da Santa Flavia, di fronte Capo Zafferano, nei pressi di Palermo. Preceduta dall'insediamento marittimo fenicio di Kfra (700 a.C.), la città venne fondata nel IV secolo a.C. dai Cartaginesi, che ne mantennero il controllo per più di un secolo. Durante questo periodo divenne centro di traffico marittimo, rivaleggiando con Palermo e Mozia. In seguito alla prima guerra punica (250 a.C. circa) passò sotto il dominio di Roma. Il declino della città iniziò nel I secolo d.C., con il graduale abbandono della città in favore dei centri abitati della pianura sottostante, fino al saccheggio subito ad opera dei Saraceni nel VII secolo. Nella foto di Nino Bellia il cosiddetto Ginnasio, scavato verso la metà dell'Ottocento e restaurato nel 1866 dal Cavallari, che rialzò le colonne del peristilio con aggiunte arbitrarie. Il nome è dovuto alla scoperta, in questa zona, di un'iscrizione greca (ora al Museo Archeologico Regionale di Palermo) con una dedica da parte di un gruppo di soldati, comandati da un Apollonio figlio di Apollonio, ad Antallo Ornica, figlio di Antallo e nipote di Antallo, ginnasiarca. Quest’iscrizione dimostra l'esistenza a Solunto dell'istituto tipicamente greco dell'efebia, e certamente anche l'esistenza di un ginnasio, che non è però stato finora identificato. L'edificio che va sotto questo nome è invece una ricca dimora dotata di un peristilio a due piani, con colonnato inferiore dorico e superiore ionico, con transenne scolpite "a cancello" fra le colonne (dodici in tutto e quattro per lato): un tipo che è ora conosciuto anche altrove in Sicilia (a Iatai, ad esempio) ed un po’ ovunque nel mondo ellenistico (particolarmente a Delo). Nella casa si notano ancora resti di ricchi pavimenti a mosaico, e di pitture di IV stile, appartenenti ad un restauro della seconda metà del I secolo d.C.

Tesori di Sicilia Tesori di Sicilia Tesori di Sicilia

Vieni in Sicilia, te ne innamorerai !Vieni in Sicilia, te ne innamorerai !Vieni in Sicilia, te ne innamorerai !Vieni in Sicilia, te ne innamorerai !

Panarea

A mministrativamente appartiene a Lipari (ME), di cui costituisce una frazione di 241 abitanti,

suddivisa nei centri di San Pietro (il principale approdo), Ditella e Drauto. È l'isola più piccola e la meno elevata dell'arcipelago eoliano, nonché la più antica, e con gli isolotti di Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo, Bottaro, Lisca Nera e gli scogli dei Panarelli e delle Formiche, costituisce un microarcipelago fra Lipari e l'isola di Stromboli posto su un unico basamento sottomarino. Comunemente nota come l'isola dei Vip, è tra le isole siciliane più frequentate dai turisti nei mesi estivi.

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E se mi chiederanno perché amo La SICILIA, risponderò...

Guardala di notte, vivila di giorno, ascoltala d'estate

e sognala d'inverno... Allora forse capirai !

INTERNO DEL DUOMO DI ENNA - MARIA SS DELLA VISITAZIONE

CATANIA

DUOMO DI SAN PIETRO - MODICA (RG) TAORMINA - FOTO DI LUIGI NIFOSÌ

Mineo (CT) - la villa di Luigi Capuana a Santa Margherita.

La villa di campagna di Luigi Capuana si trova in quasi completo abbandono. L'edificio è stato costruito a strapiombo su un profondo canyon che dona al sito un grande fascino. Il Capuana ambientò qui il suo celebre romanzo Scurpiddu. ����

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Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013

“Grandi” di Sicilia !“Grandi” di Sicilia !“Grandi” di Sicilia !

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N ato intorno al 488 a. C. presso l’attuale Mineo, col suo carisma Ducezio riuscì a coinvolgere la popolazione sicula nella ribellione contro la dominazione greca e, per oltre una decina di anni, dominò la scena militare dell’intera regione.

Alla fine della seconda guerra mondiale, il suo personaggio risvegliò accesi sentimenti in coloro che avevano fortemente sperato nell’indipendenza.

La Sicilia è ricca di figure da esaltare e da cui trarre lezioni di vita. Ducezio, in particolare, viene spesso evocato con riferimento al separatismo, all’indipendentismo siciliano. Indipendentismo dalla sorte assai singolare, per la verità, visto che, agli occhi della sinistra, è sempre apparso … di destra, per via del suo sicilianismo come antitesi ad una sorta di internazionalismo di sinistra. Come se l’apertura, la pacifica convivenza e la stretta amicizia con il resto del mondo, in generale, e con i popoli del Mediterraneo, in particolare, non fosse uno dei cardini su cui, perennemente, non avessero fatto leva i veri, puri e sinceri indipendentisti siciliani!

D’altro canto, la rapida e, ahimè, prepotenze ricostituzione della rete mafiosa, successivamente allo sbarco alleato, col suo costante ma falso richiamo a principi separatisti, arrecò ulteriore e ben più grave pregiudizio al sicilianismo indipendentista. La stessa figura di Ducezio ha risentito per lungo tempo di una sorta di prevenzione, di remora ideologica, che lo hanno relegato quasi al silenzio!

Ben poco si sa dei suoi antenati e della sua stessa nascita, se non che nacque in Sicilia intorno al 911 d.C.! Per quanto ai più sconosciuto, Abu al-Hasan Jawhar ibn ‘Abd Allah, più comunemente Jawhar al-Siqilli (Jawhar il Siciliano) è una delle più imponenti figure siculo-arabe, vissute a ridosso del medioevo.

Creò il più grande impero sciita ismailita della storia, conquistò quasi l’intero Nord Africa e fondò la città di al-Qahira (Il Cairo), con la grande moschea di Al Azhar, tra l’altro una delle più antiche università al mondo.

È ricordato per la sua tolleranza e la sua benevolenza.

“La mafia non è affatto invincibile. È un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha avuto un inizio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”. Questo affermava il giudice Giovanni Falcone (Palermo, 20

maggio 1939 – Palermo 23 maggio 1992).

Così, invece, parlava il suo collega ed amico Paolo Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992): “[...] ho sempre accettato [...] le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e, vorrei dire, anche di come lo faccio. Lo accetto perché ho scelto, ad un certo punto della mia vita, di farlo e potrei dire che sapevo fin dall’inizio che dovevo correre questi pericoli. [...] la sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi [...] in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me. E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare … dalla sensazione [...], dalla certezza, che tutto questo può costarci caro”. Sui giudici Falcone e Borsellino non aggiungo altro, non ne sono all’altezza! Tanto è stato detto su di loro, due veri eroi del nostro tempo, … abbandonati al loro destino, … morti che camminavano!

Sono questi, per me, alcuni, limitati esempi di grandi siciliani della storia antica e recente. Dei primi due, assai lontani nel tempo, confesso di saperne ben poco, le loro gesta ed il moro modo di essere non sarebbe probabilmente, anzi certamente, adeguato al nostro tempo, ma mi ha colpito il loro essere “grandi”, nel loro di tempo. Tanti altri ve ne sarebbero, non vorrei fare torto a nessuno, Giovanni Verga, Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino, tra gli uomini di cultura, tanto per citarne alcuni; Rosario Livatino, il giudice bambino, in odore di santità; Andrea Finocchiaro Aprile, capace di aggregare quasi mezzo milione di iscritti al suo movimento indipendentista; Pio La Torre e Giorgio La Pira; e ancora Francesca Morvillo, moglie del giudice Falcone; Vito Schifani, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, che siciliani di nascita non erano, ma lo diventarono, a più forte ragione, … per il loro sacrificio; e così per tutti gli altri, tanti, caduti di mafia, che ne fossero consapevoli o solamente, casualmente, coinvolti!

E “grande” è stato Antonio Canepa, non fosse altro che per l’essere stato un grande idealista, dall’antifascismo all’indipendentismo, capace di morire per i suoi ideali. Non fosse altro che per aver saputo rinunciare, lui, giovanissimo e brillante docente universitario, ai vantaggi di una vita comoda e privilegiata, per percorrere l’impraticabile strada della lotta armata contro coloro che considerava invasori, sfruttatori della sua terra!

“Noi siciliani siamo stati considerati sempre come la feccia dell’umanità, buoni soltanto a pulire gli stivali dei signori venuti dal continente! E non si creda che domani, con un regime migliore, più liberale, più umano, possano accomodarsi i nostri guai! [...] nessun governo, per generoso che sia, ci restituirà mai [...] quel che ci è stato rubato in ottanta anni. [...] l’incomprensione tra la Sicilia e il continente non deriva dalla cattiva volontà degli uomini. Deriva dalla situazione, per cui sono state unite regioni che dovevano stare separate. Deriva dal contrasto degli interessi. L’industria siciliana danneggerebbe l’industria continentale: questo è certo. La nostra floridezza andrebbe a tutto scapito della floridezza dei nostri sfruttatori. Perciò la Sicilia non può e non potrà mai vivere d’accordo col continente italiano. Soltanto degli ingenui possono sperare in un avvenire migliore, pur persistendo nell’unione con l’Italia. E si illudono che forse qualche siciliano potrebbe andare al governo d’Italia. Sciagurati! Quante volte i siciliani sono andati al governo, da Crispi a Orlando, che

(Segue a pagina 18 )

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Un sogno diventa realtà per Un sogno diventa realtà per Un sogno diventa realtà per Arba Sicula: una grammatica Arba Sicula: una grammatica Arba Sicula: una grammatica moderna del sicilianomoderna del sicilianomoderna del siciliano

A rba Sicula fu fondata nel 1979 con l’obiettivo di studiare, preservare e diffondere il siciliano e la sua cultura nel mondo. In questi anni uno dei nostri soci, Joseph Bellestri, ha creato un vocabolario siciliano-inglese e

inglese-siciliano, un altro socio, J.K. Bonner ha pubblicato Introduction to Sicilian Grammar, coll’aiuto di Gaetano Cipolla, un altro socio, Frederick Privitera ha pubblicato un altro studio sul siciliano intitolato Sicilian: the Oldest Romance Language e Gaetano Cipolla ha pubblicato l’opuscolo The Sounds of Sicilian, accompagnato da un CD che è stato il primo studio interattivo sulle peculiarrità della pronuncia del siciliano. Il libro Learn Sicilian/Mparamu lu sicilianu che il professore emerito

Gaetano Cipolla ha appena pubblicato per i tipi di Legas rappresenta certamente una tappa importante per lo studio del siciliano come lingua degna di essere studiata all’università. Infatti il volume di 336 pagine, accompagnato da un DVD contenente oltre alla guida alla pronuncia, le risposte agli esercizi e l’audio delle letture, segue la scia dei libri di testo usati in America per insegnare le l ingue straniere. Come tale, il volume del professor

Cipolla si deve considerare come il primo del genere poiché tutte le altre

grammatiche del siciliano (e sono poche a dir la verità) sono opere di consultazione e non libri di testo. Questo libro è stato disegnato per insegnare agli studenti di lingua inglese non solo a comunicare con chi parla siciliano ma anche a fornir loro quelle nozioni sulla cultura siciliana che sono essenziali per la comunicazione. Il volume è composto di 18 capitoli oltre a una lezione preliminare. Ogni capitolo presenta punti grammaticali integrati con esercizi miranti non solo a far capire le regole ma anche a incoraggiarli a usare la lingua la lingua in maniera creativa. Ogni capitolo contiene dialoghi, vignette, letture, spesso comiche, su vari argomenti che allargano l’orizzone linguistico e culturale dello studente. Per l’aspetto linguistico e grammaticale gli argomenti sono equivalenti al primo anno di studio a livello universitario. Per l’aspetto culturale, il professor Cipolla ha scritto pagine interessanti sui miti localizzati in Sicilia (Persefone, Demetra, Polifemu, Ulisse, Aretusa, Aci e Galatea, Dedalo ecc.); sui poeti e scrittori che hanno usato il siciliano nella loro opera quali Antonio Veneziano, Petru Fudduni, Giovanni Meli, Alessio di Giovanni, Nino Martoglio, Luigi Pirandello e Ignazio Buttitta; su aspetti tipici della Sicilia come i teatri all’aperto, i mercati all’aperto, I nomignoli siciliani, la cucina Siciliana, ecc.; e sulle nove città capoluoghi di provincia. Per dimostrare che il siciliano è una lingua capace di esprimere tutti i sentimenti il prof. ha tradotto anche dei testi stranieri come una canzone di Charles Aznavour o una poesia di Cecco

Angiolieri che volentieri trascriviamo nella versione siciliana:

S’i’ fussi focu, abbruciassi lu munnu; s’i’ fussi ventu, po’ lu timpistassi; s’i’ fussi acqua, certu l’annigassi; s’i’ fussi Diu, lu mannassi ô funnu; s’i’ fussi Papa, fussi po’ jucunnu, câ tutti li cristiani li ’mbrugghiassi.

S’i’ fussi ’Mpiratur, sa’ chi facissi? A tutti ci tagghiassi a testa a tunnu.

S’i’ fussi morti, jissi nni me patri, s’i’ fussi vita, d’iddu m’arrassassi; lu stissu po’ facissi cu me matri;

s’i’ fussi Ceccu, comu sugnu e fui, li fimmini chiù beddi mi pigghiassi; li vecchi e làrii î lassassi a l’àutri.

Questa poesia che illustra l’uso del congiuntivo in frasi ipotetiche in siciliano, sembra essere nata dalla bocca di un siculo e non di un tosco. Le letture sono gradualmente più impegnative dal punto di vista linguistico come dimostra l’introduzione di una rubrica intitolata “Sicilian Humor” che contiene vignette umoristiche disegnata a confermare ciò che disse Cicerone dei Siciliani duemila anni fa, e cioè che essi posseggono uno spiccato senso dell’umorismo. Sparsi un pò dappertutto l’autore ha anche incluso proverbi siciliani, indovinelli e persino degli scioglilingua o meglio mbrogghialingua.

Questo libro, ora che il Parlamento siciliano ha approvato una legge che prevede l’nsegnamento del siciliano nelle scuole pubbliche, sarebbe un libro ideale se fosse adattato per gli studenti siciliani.

Non credo che l’operazione rappresenti difficoltà per il professor Cipolla. Dovrebbe semplicemente adattare le didascalie e le spiegazioni grammaticali traducendole in italiano o forse in siciliano.

Non posso completare questa recensione senza menzionare l’eleganza della presentazione del libro stampato su carta patinata e con fotografie e illustrazioni a quattro colori dove prevalgono il rosso e il giallo della bandiera siciliana.

Questo rivela certamente il desiderio della casa editrice di creare una veste vivace e attraente a conferma e a sostegno dell’importanza del testo.

Il volume cartaceo costa solo $32.00, un prezzo volutamente basso forse per incoraggiarne la diffusione più $22.00 per la spedizione in Europa. Si può ordinare anche la versione elettronica per $28.00, più $8.00 (su DVD) scrivendo a Legas PO Box 149, Mineola, NY 11501, o a [email protected]

A rba Sicula è na sucietà internazziunali senza scopu di lucru ca havi comu obbiettivu a promozioni dâ lingua e dâ cultura siciliana. Fa chissu ntê modi siguenti:

Pubblicannu Arba Sicula: Na rivista bilingui sicilianu/nglisi ca illustra a littiratura, l'arti, a storia, a cucina e u folklori dâ Sicilia. Chist’annu celebramu u vintitriesimu annivirsariu dâ funnazioni di Arba Sicula. A rivista nesci du voti l'annu o na vota si pubblicamu un numiru doppiu. Pubblicannu Sicilia Parra: Na rivista semiannuali di vinti paggini ca illustra li attività dâ nostra sucietà. È scritta principalmenti in nglisi cu una o du paggini didicati ô sicilianu. Pubblicannu libbra supra a Sicilia e i Siciliani: I libbra sunnu a megghiu arma c'avemu pi contrabbattiri ddi stupidi stiriotipi dâ genti siciliana promossi dî mass media. E’ nicissariu

Prof. emerito Gaetano Cipolla

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L’ASSASSINIO DI LINCOLN E IL SIGNORAGGIO BANCARIO

D urante la guerra civile americana (1861–1865) Lincoln aveva urgente bisogno di denaro per finanziare la sua campagna militare ma quando i banchieri gli offrirono i

loro soldi in prestito a un tasso di interesse compreso fra il 24% e il 36% preferì chiedere al Congresso l’approvazione di una legge per stampare cartamoneta statale senza debito e senza interessi. Il Congresso approvò la sua proposte e fra il 1862 e il 1863 il Dipartimento del Tesoro di Stato immise sul mercato la nuova moneta di stato per un valore di 450 milioni di dollari. Il fatto non piacque alla grande finanza internazionale che batteva moneta per gli stati e nel 1865 il direttore della Banca d’Inghilterra, lord George Goschen dichiarò sul London Times: “Se questa dannosa politica finanziaria che ha origine in Nord America continuasse, quel Governo fornirà moneta a costo zero e non avrà alcun debito. Avrà tutto il denaro necessario per portare avanti i suoi commerci. Diventerà così prospero da non avere precedenti nella storia del mondo. Quel Governo deve essere distrutto o distruggerà ogni monarchia del Globo” Pochi giorni dopo un proiettile calibro 44 si conficcò nella testa del Presidente Lincoln mentre era comodamente seduto su una poltrona del palco del Ford’s Theatre. Il colpo venne esploso dal massone John Vilkes Booth, un personaggio molto vicino ai banchieri Rothschild. L’America tornò al precedente sistema di moneta-debito presa in prestito dietro interesse dalla onnipresente usuraia cricca di banchieri internazionali .

Marco Pizzuti, "Rivoluzione non autorizzata", Ed Il Punto d'Incontro

fari canusciri a tutti a vera natura dû populu sicilianu e dî so granni contribbuti a civiltà occidintali. Chiossai sapemu dâ nostra storia, megghiu putemu cummattiri l'ignoranza ca fa nasciri ddi stiriotipi. Pubblicannu supplimenti a Arba Sicula:

L’urtimu supplementu ca pubblicammu fu The Fig Cake Family di Bea Tusiani, na bedda storia supra comu manteniri vivi i tradizioni siciliani in America. Organizzannu Cunfirenzi e Reciti di puisia siciliana. ����

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Caro amico, dopo che mi hai letto, non mi

buttare... Dimostra il tuo alto senso di civismo...

Regalami a qualche amico o parente.

Aiuterai così la mia diffusione. Grazie.

L’ angolo della poesiaL’ angolo della poesiaL’ angolo della poesiaL’ angolo della poesia

DA FRANCESCO BUTA' DEDICATA A TUTTI I MESSINESI

AMURI AMARUAMURI AMARUAMURI AMARU

O lucèn� Missina, vìntùsa e baddarìna

tu stai luntana e jò vurrìa tunnàri

pi vaddàri ‘ncantatu Fata Morgana

e ‘a Vara, ‘u Pilùni e Dinnammàri.

Fu Diu ca � misi di supra tu�u lu suli

e chiànu t’appuggiau supra lu mari.

Accà i sen�men� mei, i primi amuri,

spirànzi di piccirìddu e gran dulùri.

Cu Ea vulìa ristàri, vìviri e poi murìri

imbèci a gen� mi dissi: “ � ‘nnannàri

nun c’è spiranza i puEri travagghiàri”.

E lassài l’amùri, a Ea e ‘a vista di lu mari.

Ritònnu tu� l’anni, ma nun sì ‘a s�ssa

‘a gente nun è chiù com’a ‘na vota

i len� vaschi pu viàli SammaHnu cu li fa?

è vacàn� e tu�a ‘o scuru ‘a sira sta ci�à.

Unni sunnu i rumùra, u fetu du tajùni,

di custaddèddi e u ciàuru d’agrumi

e ‘a càlia supra i carre� chi cannìli

su�a i cavaddàzzi di Mata e di Grifùni.

Fossi sugnu vecchiu iò e non tu Missina.

I cosi an�chi stannu supra a chiddi novi,

e allùra t’amu sempri pi comu � lassai

e accussì pi sempri intr’all’anima sarai.

Foto : Tonino Sandy

bene ne ha veduto mai la Sicilia? Giuseppe Santoro [...] ha scritto queste giuste parole: “La circostanza più grave è che la Sicilia è stata maggiormente trascurata da quegli stessi suoi figli che pervennero ai più alti fastigi del potere e del sapere”.” Lo pensereste, che queste parole risalgono ad oltre sessantacinque anni fa? O non sembrerebbero, piuttosto, pronunciate … ieri?

Ed oggi? Chi sono i “grandi” di Sicilia, oggi? O chi vorrebbero esserlo?

Quattro mentecatti, quattro presuntuosi politicanti da strapazzo, quattro lazzaroni scansafatiche che aspirano al potere, … a potere fare i loro porci comodi … e quelli dei loro quattro amici! Quattro ascari, come li definisce il buon Pippo Scianò, quattro giuda capaci di svendere la loro terra per quattro vili denari! Ed uso il termine “giuda” nel più comune senso dispregiativo che si è soliti attribuirvi, … in realtà io ho molta più comprensione e compassione per la figura storica di Giuda, io che non so se essere credente, ma che mi commossi alla visione de L’ultima tentazione di Cristo, troppo presto fatta sparire dalla circolazione! In realtà, molto più educativa ed umana di tante fesserie propinate! Ma sto divagando … Eppure, questi quattro mentecatti, presuntuosi politicanti da strapazzo, lazzaroni scansafatiche, ascari, “giuda” nel più comune senso dispregiativo che si è soliti attribuire al termine, saranno sempre avanti a tutti, anche a quegli altri quattro che, sinceramente, puramente, dal profondo del loro cuore, vorrebbero servire la Sicilia ed i siciliani!

Loro, questi altri quattro, sono solo persone perbene, intelligenti, se è vero, come è vero, che hanno deciso di spendere il loro impegno al di fuori dei tradizionali schemi vincenti!

Ma in questo i siciliani siano bravissimi, … meglio scegliere il coglione di turno ca ni pigghia ppo culu, piuttosto che il galantuomo … che non può prometterci nulla …!

Arturo Frasca

(Segue dalla pagina 15)

“Grandi” di Sicilia !

Isab

ella di Cas�glia, p

iù conosciuta come Isab

ella la CaD

olica,

regina delle Spagne e di Sicilia (1474 - 1504

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“ Eppure …, eppure accade che tan�, troppi quasi si vergognino di essere siciliani, della loro stessa lingua, … non dialeDo, … LINGUA, come sancito dalla stessa Carta Europea delle Lingue Regionali o minoritarie, approvata il 25 giugno 1992, entrata in vigore il 1 marzo 1998, firmata dallo stato italiano il 27 giugno 2000 … ma l’ha ra�ficata solamente nel marzo del 2012 e IL SICILIANO NON È STATO INCLUSO.

LA SICILIA STREGA L'UNESCO LA SICILIA STREGA L'UNESCO LA SICILIA STREGA L'UNESCO

O ttime notizie per la Sicilia, già sede di ben 5 siti riconosciuti ufficialmente dall'UNESCO ed inseriti nella "Lista Mondiale dei Patrimoni dell'Umanità". Ai 5 siti siciliani pare infatti che se ne aggiungerà molto presto un sesto: l'Etna!

Nei mesi scorsi era giunta sull'isola una delegazione dell'UNESCO capitanata dal geografo tedesco Bastian Bertzky al fine di valutare la candidatura a Patrimonio dell'Umanità del Vulcano siciliano, candidatura che era stata proposta l'anno scorso dall' Ente Parco dell'Etna, dal Ministero dell'Ambiente e dall’Unione mondiale per la conservazione della Natura.

La delegazione dell'UNESCO durante la visita è rimasta "stregata" dall'Etna, e Bastian Bertzky prima di ripartire per la Germania aveva commentato così i giorni passati a studiare l'Etna: "Ho passato dei giorni meravigliosi. Questi ricordi rimarranno per sempre con me."

Oggi, a distanza di un paio di mesi da quella visita, giungono notizie dall'UNESCO dove pare che l'iter di riconoscimento per il vulcano abbia subito una rapida accelerazione. Entro quest'estate a quanto pare, arriverà infatti il riconoscimento ufficiale e l'inserimento nella Lista Mondiale dei Patrimoni dell'Umanità.

Gli altri cinque siti siciliani già riconosciuti dall'Unesco sono:

⇒ Le città barocche della Val di Noto

⇒ Siracusa e le Necropoli di Pantalica

⇒ La Villa Romana del Casale (Piazza Armerina)

⇒ Le Isole Eolie

⇒ La Valle dei Templi di Agrigento

A questi siti dunque quest'estate si aggiungerà l'Etna, il vulcano più grande d'Europa, nonchè uno dei più attivi del mondo.

Dall'alto dei suoi 3.340 metri d'altezza, il 6° Patrimonio dell'Umanità targato Sicilia dominerà i cieli dell'isola! [ca]

Forse non tu@ sanno che ....

PROPRIETÀ BENEFICHE PROPRIETÀ BENEFICHE PROPRIETÀ BENEFICHE

DEL MANDARINODEL MANDARINODEL MANDARINO

Il mandarino ha notevoli proprietà

terapeu�che. Del fru�o non si bu�a nulla:

la sua buccia infa" è piena di limonane

(principio an�ossidante) che ha la

cara�eris�ca di ritardare l’invecchiamento

della pelle e sempre dalla buccia si estrae

un olio essenziale in grado di calmare

l’ansia e comba�ere insonnia e ritenzione

idrica. Molto ricco di vitamina C,

essenziale per mantenere rea"vo e vigile

il cervello, il mandarino è anche ricco di

fibre e carotene e possiede anche molte

vitamine del gruppo B e vitamina A, oltre

ad una consistente percentuale di ferro,

magnesio e acido folico. In considerazione

della notevole quan�tà di fibre in esso

presen�, il mandarino risulta

par�colarmente indicato per il benessere

dell’intes�no e viene indicato nelle diete

perché si presenta come un fru�o

nutriente e facilmente diges�vo.

A differenza di altri agrumi, i semi del

mandarino, anche se mas�ca�, non solo

non fanno male ma apportano vitamine.

La polpa del mandarino (ricca di vitamina

C), è u�le per prevenire il raffreddore e

protegge mucose e capillari, la vitamina P,

invece, comba�e la ritenzione idrica e

favorisce la diuresi; inoltre con�ene calcio,

potassio e fibre, indispensabili per le ossa

e per l’intes�no e regola la pressione

arteriosa. Gli scienzia� del Na�onal

Ins�tute of Fruit Tree Science e anche altri

studi paralleli sostengono che il

mandarino avrebbe proprietà an�tumorali

(sembra che bere un bicchiere di succo di

mandarino al giorno riduce il rischio di

sviluppare il tumore del fegato) e

proteggerebbero il cuore. I ricercatori

australiani sostengono, inoltre, che il

consumo di arance e mandarini ridurrebbe

del 50% le probabilità di cancro del tra�o

diges�vo e del 20% di ictus . �

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Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013

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Reustaurant - T

raiteur

Boulevard Lambermont 330

1030 Schaerbeek

La cucina sicilianaLa cucina sicilianaLa cucina siciliana

L a gastronomia siciliana è probabilmente la più antica d’Italia , è forse la più ricca di specialità, certo è la più scenografica. Persino il piatto più italiano che ci sia, la pasta asciutta, ebbe

nell’isola del sole la sua culla, al tempo della dominazione araba. Il nome più antico era “maccarunne”, da “maccare” cioè schiacciare (il grano evidentemente) per impastare. Ai tempi della raffinatissima civiltà della Magna Grecia in Sicilia, fiorita all’incirca quattro secoli prima di Cristo, la cucina era già tenuta in gran conto: il cuoco Trimalcione, nativo di Siracusa o di Gela, divenne così famoso per la sua abilità, da essere conteso in tutto il mondo gredo. Il primo libro di cucina siciliana della storia risale ad un antico trattato “Il cuoco siciliano” scritto da un certo Miteco di Siracusa; ci fu persino un tale Labduco, siciliano anch’egli, che aprì una scuola

alberghiera. Un altro record è quello delle svariatissime influenze che sulla gastronomia siciliana vennero sovrapponendosi: Greci, Romani, Arabi, Normanni, Angioini, Aragonesi, Spagnoli e Inglesi, popoli provenienti dalle più lontane contrade portarono nell’isola del sole usanze e ingredienti che si innestarono, fondendosi senza difficoltà, sulle tradizioni locali. La cucina siciliana esiste e resiste nelle famiglie tramandata dalle abili mani delle donne, cui da sempre è affidato il compito di preparare, cuocere, servire. Non già di acquistare; di questo si occupa di solito l’uomo di casa. La donna infatti resta fra le mura domestiche e la giornata appena le basta per preparare tutto quanto è necessario al pranzo e alla cena , ricchi di piatti elaborati. Per finire, la caratteristica fondamentale della cucina siciliana è il fatto che uno stesso piatto può essere preparato in una versione più ricca è una più modesta. Si parte cioè da una base semplice, che poi viene arricchita di ingredienti e sapori complementari. �

LO SAPEVATE CHE …

Uno spicchio d'aglio al giorno...Uno spicchio d'aglio al giorno...Uno spicchio d'aglio al giorno... toglie il medico di torno!toglie il medico di torno!toglie il medico di torno!

L 'aglio può essere considerato un alimento-medicamento. Recenti studi hanno dimostrato che un consumo abituale di aglio porta ad una significativa riduzione dei livelli di colesterolo plasmatici, svolgendo anche un ruolo importante nella prevenzione dell'aterosclerosi.

Le sue peculiari proprietà medicamentose sono da attribuire alla presenza di solfuro di allile ma anche ad altri composti solforati come l'ajoene e l'allicina. Recentemente sono state attribuite all'aglio anche proprietà antitumorali infatti è stato provato - in provetta - che sostanze estratte dall'aglio sono in grado di ostacolare la formazione di molecole con ben documentata attività cancerogena. L'efficacia del principio attivo dell'aglio è massima nell'aglio

fresco e crudo (circa 1 spicchio). L'odore caratteristico dell'aglio è dovuto a numerosi composti organici di zolfo tra cui il solfuro di diallile e l'allicina. Alcuni consigliano, non per eliminare ma almeno per minimizzare il problema, di asportare dall'aglio il cosiddetto "cuore" ovvero quel piccolo bulbo interno che rappresenta la parte a più alto contenuto di tali composti organici. Io invece, mangio una caramella all'anice e mastico un paio di chicchi di caffè. In conclusione, le proprietà benefiche dell'aglio sono indubbie tanto che anche la moderna farmacologia lo utilizza per preparare dei medicamenti. Naturalmente l'aglio fresco è significativamente più efficace delle altre forme che ci vengono proposte in commercio. Purtroppo nonostante le sue proprietà non è ne consigliabile, ne necessario farne abuso in quanto più di uno spicchio di aglio crudo al giorno può causare in soggetti predisposti irritazioni alle pareti intestinali. Infatti io consiglio di utilizzarlo con cautela a persone con alterazioni della coagulazione, gastrite, ulcera peptica ed in presenza di bruciori gastro-enterici ed anemia. Quindi moderazione, come in tutte le cose.

Dott. Luigi Schiavo (http://www.schiavonutrizione.it/ ) - (Green)

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Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XV - n° 2 / Marzo - Aprile 2013

SFINCIUNI SFINCIUNI SFINCIUNI

N essuno sa di preciso da dove deriva il nome, sfincione. Alcuni ne attribuiscono l'origine al latino spongia "spugna", altri sostengono che derivi dall'arabo "sfang", nome con il quale si indicava un tipo di frittella addolcita con

miele. La ricetta dello sfincione è molto antica ed è costituito da pane pizza lievitato rassomigliante ad una spugna, condito con una salsa di pomodoro, cipolla e pezzettini di caciocavallo (formaggio tipico siciliano). Anche questo un tempo era considerato pasto da strada. Ancora oggi, si possono incontrare, sopratutto nella Palermo vecchia, i venditori ambulanti i quali, andando in giro con un carrettino (oggi motorizzato), con una vetrinetta per mostrare il prodotto in vendita. Alcuni sono attrezzati addirittura per la cottura al momento.

Ingredienti per l’impasto: 400 gr. di farina di rimacinato; 100 gr. di farina 00; 1 bustina di lievito di birra disidratato; 300 ml ca. di acqua tiepida; 1 cucchiaino di zucchero; 10 gr. ca. di sale; Per il condimento: salsa o polpa di pomodoro; 4 grosse cipolle; sarde salate; caciocavallo a dadini; pan grattato; olio d'oliva; sale e pepe q.b.; origano

Preparazione:

I n una terrina versate le farine, lo zucchero ed il lievito, impastate aggiungendo dell'acqua poco a poco. I 300 ml sono puramente indicativi poiché dipende dal grado di umidità della farina, potrebbero esserne necessari anche di più. L'impasto deve risultare molle. Alla fine aggiungete il sale che non deve mai venire a contatto direttamente con il lievito. Mettete l'impasto a lievitare nella terrina, coprendolo con uno strofinaccio e avvolgendolo con una coperta. Mentre l'impasto lievita e dovrà raddoppiare il suo volume, affettate le cipolle e fatele appassire con un dito d'acqua. Quando l'acqua si sarà asciugata del tutto aggiungete una buona quantità di olio e un paio di sarde e fate stufare ancora, finchè non vi risulterà una salsa asciutta. Aggiustate di sale e pepe, aggiungete l'origano e, quando la salsa è ormai fredda anche una manciata di caciocavallo grattugiato. Togliete le cipolle dal tegame e nell'olio rimasto far tostare il pan grattato. Quando l'impasto sarà raddoppiato, con le

mani unte abbondantemente di olio disporlo nella teglia già cosparsa di olio facendo uno strato di uno spessore di circa 1,5 cm, disporre le sarde a pezzetti facendoli penetrare leggermente nell'impasto. Ricoprite con il composto di cipolle ormai a temperatura ambiente, infine ricoprite con il pan grattato leggermente tostate e far lievitare ancora fino a che non avrà raggiunto il bordo della teglia. Disporre sulla pasta i dadini di caciocavallo generosamente, ricoprite il tutto con il composto di salsa di pomodoro. Quando la pasta avrà raggiunto quasi il bordo della teglia, infornare in forno già caldo alla temperatura di 200° C per 30'-40' ca. �

CUDDIRUNICUDDIRUNICUDDIRUNI

U Cuddiruni è molto simile allo sfincione, in più si aggiungono

delle verdure e quant'altro si desideri. Può essere confezionato come una pizza, un calzone chiuso oppure arrotolato come un ciambellone.

Ingredienti per 4/6 persone:

Per la pasta: 1,5 kg. di farina di grano duro; 30 gr. di lievito; acqua; sale. Per il ripieno: 2 kg. di cipolle; 150 gr. di caciocavallo; olive nere snocciolate; filetti di acciughe; olio extravergine di oliva; concentrato di pomodoro; sale. Preparazione:

F ate sciogliere il lievito in un pò d'acqua tiepida. Versate la farina a montagna sul tavolo da lavoro. Unite il lievito sciolto. Aggiungete ancora un pò d'acqua e cominciate ad impastare fino a raggiungere la consistenza di una pagnotta di pane. Avvolgetela in un panno e lasciatela lievitare per circa un'ora. Dopo la lievitazione, stendete la pasta. Tagliate le cipolle a fette sottili, disponetele in padella con un pò d'olio e acqua e lasciate cucinare un’oretta, mescolando. Quando saranno asciutte, lasciatele raffreddare. Se avete deciso di preparare la versione chiusa, disponete il condimento solo su metà della pasta. Passate un pò di concentrato di pomodoro sulla pasta disposta in una teglia da forno, aggiungete la cipolla, il caciocavallo a dadini, le olive nere snocciolate e tagliate, le acciughe, un pò di concentrato di pomodoro ed un filo d'olio. Richiudete la pasta su se stessa o coprite con l'altro foglio di pasta e fermate i brodi. Spennellate con un pò d'olio, pungete con una forchetta, mettete in forno caldo a 250° per circa 20 minuti. Tagliate a fette e servite. �

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U n giorno, padre e figlio, fecero la discussione che segue... - Papà, posso farti una domanda? - Ma certo, cosa vuoi sapere? - Papà, quanto guadagni all'ora? - Non sono cose che ti riguardano, perché mi fai questa domanda? - Così, ci tenevo a saperlo. Per

favore, dimmelo. Quanto guadagni in un'ora? - Beh, se proprio lo devi sapere...guadagno 100 dollari all'ora. Il bambino, con una nota di disappunto, abbassò lo sguardo, ma subito si riprese : - Papà, posso avere 50 dollari in prestito? A questo punto il padre si arrabbiò davvero. Se l'unica ragione per cui mi hai fatto quella domanda era per farti prestare dei soldi per andarti a comperare qualche stupido giocattolo o cose simili, allora sarà meglio che fili dritto in camera tua e vai a letto. E sappi che non dovresti essere così egoista. Io mi faccio un mazzo cosi tutti i giorni e non mi aspetto certo un comportamento così infantile da parte tua. Il bambino andò in camera sua e chiuse la porta dietro di sé. Il padre si sedette e, pensando alla domanda del figlio, si arrabbiò ancora di più. Come si permette di fare domande del genere solo per spillarmi dei soldi? Trascorsa un'ora o poco più, l'uomo si calmò ed incominciò a pensare. Forse quei 50 dollari gli servivano per qualcosa di veramente importante, difatti il bambino molta raramente gli aveva fatto richiesto del genere. Allora il padre si alzò, si avvicinò alla stanza ed aprì la porta. - Sei ancora sveglio?

- si Papà, sono sveglio... Sai, stavo pensando...sono stato un pò duro con te poco fa... ho avuto una giornata pesante ed ho scaricato il mio nervosismo su di te... Tieni, questi sono i 50 dollari che mi hai chiesto. Il bambino si alzò di scatto e si mise a sedere sul letto con un gran sorriso stampato in faccia... - Grazie Papà, grazie. Poi, mise la mano sotto al cuscino e tirò fuori vari pezzi da 1, 5 e 10 dollari. Vedendo che il bambino aveva già del denaro, il padre cominciò ad arrabbiarsi di nuovo. Il bambino intanto stava contando il denaro che aveva in mano. - Il padre lo interruppe dicendo: perché hai voluto quei soldi se ne avevi già tanti? - Perché non ne avevo abbastanza, ma adesso ce l'ho! Papà, adesso ho 100 dollari, ... posso comperare un'ora del tuo tempo? Ti prego, vieni a casa prima, domani sera, mi piacerebbe tanto cenare con te. Per il padre fu come un pugno nello stomaco. Abbracciò suo figlio e gli chiese scusa.

Questa storia è solo un promemoria per tutti coloro che, come me, come voi... sono sempre molto impegnati. Non dovremmo permettere al tempo di sfuggirci tra le dita, senza aver trascorso abbastanza tempo con le persone che, per noi, contano veramente, quelli più vicini al nostro cuore. Ricordatevi di spendere 100 dollari del vostro tempo con qualcuno che amate veramente.

Se dovessimo morire domani, la società per la quale stiamo lavorando ci potrà sostituire in due o tre giorni.

Ma le famiglie e gli amici che lasceremo, sentiranno la nostra mancanza per il resto della loro vita. Eppure, se ci pensiamo bene, dedichiamo molto più tempo al lavoro che alla famiglia.

Certe cose... sono molto più importanti !

Certe cose... sono molto più importanti !Certe cose... sono molto più importanti !Certe cose... sono molto più importanti !

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