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Incontro internazionale sull'incisione contemporanea

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Gabriella Locci presidente Casa Falconieri,Cagliari

Brita Prinz collezionista presidente Brita Prinz Arte,Madrid

Pedro Galilea vicepresidente Fundación CIEC, Betanzos

Maria Grazia Scano Naitza docente di Storia dell’Arte Moderna presso la Facol-tà di Lettere e Filosofia, Cagliari

Gianni Murtas storico dell’Arte,Carbonia

Enrique Gonzáez Flores direttore rivista Grabado y Edición, Madrid

Joaquin Jimeno Saluena sindaco di Fuendetodos vice presidente Consorcio Goya-Fuendetodos

Lucio Ortu, Paolo Sanjust studio associato di architettura, Cagliari

Lucia Siddi storico dell’arte Soprintendenza B.A.P.P.S.A.E di Cagliari e Oristano

Isabel Elorrieta direttore ESTAMPA Feria Internacional de Arte Múltiple Contemporáneo,Madrid

Roberto Puzzu dirigente Istituto d’Arte Filippo Figari, Sassari

Julio León responsabile talleres Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca

Mauro Salis storico dell’arte

Paola Dessy presidente associazione Stanis Dessy, Sassari

Ugo Collu presidente Fondazione Costantino Nivola, Orani

Anna Maria Montaldo direttore Galleria Comunale d’Arte, Cagliari

Jesús Carrobles Santos archeologo,direttore Centro de Estudios Juan de Ma-riana

Regione Autonoma della SardegnaAssessorato della pubblica istruzione, beni cul-turali, informazione, spettacolo e sport

Casa Falconieri

Realizzato con il contributo della L.R.20.09.2006, n14, art 20 e art 21, comma 1, lett.r annualità 2010“Patrimonio Culturale SARDEGNA”© Regione Autonoma della Sardegna

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Gabriella Locci - Casa Falconieri e la sperimentazione

Brita Prinz - Historia de una pasion

Pedro Galilea - La Fundación CIEC. Mas que una colección

Maria Grazia Scano Naitza - Incisione in Sardegna nel ‘900

Gianni Murtas - Gli orizzonti sperimentali dell’incisione contemporanea

Enrique González Flores - Grabado contemporaneo. Una vision de conjunto

Joaquin Jimeno Saluena - Fuendetodos y el Arte Grafico: el Museo Goya -Fuendetodos

Lucio Ortu - Paolo Sanjust - L’arte di mostrare: note di mu-seografia

Lucia Siddi - L’importanza delle stampa quali fonti di ispira-zione per i pittori operanti in Sardegna nel XVI sec.

Isabel Elorrieta - Estampa ante lo retos de la grafica actual

Roberto Puzzu - Manualità colta o accademia del contem-poraneo? Brevi riflessioni sulla vdidattica del fare artistico nelle scuole d’arte in Italia

Julio León - Los talleres de la Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca: cursos, premios y becas, ediciones de obra grafica

Mauro Salis - Il laboratorio di incisione. Analisi e prospet-tive

Paola Dessy - Stanis Dessy incisore, maestro, organizzatore di eventi. L’arte dell’incisione a Sassari nel ‘900

Relatori

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Ugo Collu - Museo e territorio

Anna Maria Montaldo - L’incisione e le collezioni civiche della Galleria Comunale d’Arte di Cagliari

Jesús Carrobles Santos - Arte y artistas contemporáneo in Toledo. Propuestas de trabajo desde la Diputación Pro-vincial

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Negli obiettivi e negli intendimenti, fin dai primi anni di attività, Casa Falconieri ha individuato quale strumento culturale indi-spensabile gli incontri/dibattito, le tavole rotonde, i seminari e tutti i momenti di confronto che si possono creare. Diventa indi-spensabile incontrarsi con artisti, professionisti, operatori cultu-rali e fruitori dell’arte, per costruire e aprire situazioni che ci per-mettano di continuare a operare in modo significativo nel vasto e articolato mondo dell’Arte e dell’incisione originale. Incontrarsi per parlare e analizzare è una situazione dinamica che coinvolge e crea alleanze culturali e progettuali; è opportu-nità ma diventa anche assunzione di responsabilità in quanto si affrontano tematiche, si propongono modalità e si modificano percorsi.

Molte sono le problematiche che attraversano il ricco univer-so dell’Arte in generale, e dei linguaggi incisori in particolare; le tecnologie digitali hanno creato la necessità di confrontarsi e di aprire maggiormente alla sperimentazione e a un uso più spre-giudicato delle tecniche classiche mescolandole con quelle più innovatrici. Vogliamo affrontare il discorso sui linguaggi e sulle tecniche che offrono opportunità nuove o modificano l’approccio verso i fatti visivi: i nuovi strumenti e le sperimentazioni sono una indispen-sabile ricchezza che si aggiunge al patrimonio di metodologie e linguaggi consolidati.

Alla luce di queste considerazioni, e altre più generali, intendia-mo muoverci secondo uno schema aperto che non vuole fare il punto su una situazione per storicizzarla, ma apre a problema-tiche articolate che vanno dall’attualità dei linguaggi incisori e la loro apertura sperimentale, alla necessità degli spazi espositivi e di conservazione, ai percorsi visivi adatti, al rapporto spazio-opera-fruitore, al rapporto artista-stampatore, per toccare anche il rapporto con le istituzioni e capire quanto peso ha la diffusione di questi linguaggi nella loro programmazione.Casa Falconieri non si propone di stabilire punti fissi ma vuole es-sere uno strumento che attiva relazioni tra soggetti differenti e promuove possibilità di operare con modalità coordinate.

Parliamo quindi di un Progetto di Sperimentazione e Ricerca in-

Introduzione

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dispensabile alla promozione di una Cultura aperta e innovativa. Alla base di qualsiasi idea di lavoro è la progettualità che non è mai un fattore isolato ma è un metodo e un ideale di lavoro, un desiderio di costruire una identità innovata e innovatrice; speri-mentare è scrivere in un grande spazio bianco dove, giorno dopo giorno, si aggiungono dati sempre nuovi.Intendiamo aprire un dialogo che affronti molteplici problema-tiche, tutte ugualmente importanti e facenti parte del territorio dell’arte.

Gabriella Locciartista, presidente di Casa Falconieri

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Interventi

BRITA PRINZ

HISTORIA DE UNA PASION

El factor “suerte” y el factor “casualidad” han jugado un papel importante en mi vida. Cuando mi marido y yo nos mudamos a nuestro piso, en la calle Jerez, hace ahora 37 años, resultaba que los dos únicos vecinos, el de la derecha y el de la izquierda, eran artistas plásticos. Siempre nos había atraído el arte moderno, pero solamente a partir de entonces, bajo el “manto artístico” de Jesús Núñez, ahora presidente de la Fundación CIEC y en aquel momento nuestro vecino de la derecha, empezamos a interesarnos por el mundo del grabado. Su gran conocimiento de éste en todas sus facetas y su don especial para transmitirlo a los demás nos cautivó por completo y quedamos engancha-dos para siempre. Y así fue como empezamos a comprar los pri-meros grabados, apoyándonos en sus consejos, y llegando, a lo largo de los años, a juntar una pequeña colección.Cuando en 1987 Jesús Núñez y yo nos lanzamos al proyecto común de abrir una galería/taller en Madrid, entró otra vez en acción el factor “casualidad”. Mi marido encontró en el periódico alemán “Frankfurter Allgemeine” un artículo sobre un galerista alemán que acaba de editar un portfolio en homenaje a Joseph Beuys. Se trataba de Bernd Klüser, amigo personal de Beuys, y hoy en día uno de los mas importantes propietarios de su obra. El motivo de esa carpeta había sido el 65 cumpleaños de Beuys, pero su inesperada muerte hizo que la celebración se convirtiera en un evocador tributo tras la desaparición del genial artista. Así nació la serie gráfica “For Joseph Beuys”, una suite que recoge la obra de amigos y colaboradores del artista, de la talla de Keith Harina Cindy Shermann, Andy Warhol, Jannis Kounellis o Mim-mo Paladino. La carpeta nos parecía una forma idónea para acer-carse, a través de la obra gráfica, al escenario artístico de aquel-los años; así que la compramos y inauguramos con ella la galería Brita Prinz. Unos años más tarde, también adquirimos a Klüser los dos tomos del portfolio “El leopardo congelado”, un proyec-to que nos cautivó. Klüser rescató del olvido una fotografía de 1926 en la cual aparece un leopardo congelado, en postura se-dente, cerca de la cima del Kilimanjaro, a una altitud de casi 6000 metros. Este misterio del leopardo congelado, animal típico de

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la sabana, descubierto en esas alturas, fue la base para que 19 artistas internacionales invitados por Bernd Klüser crearan un grabado original con su propia interpretación. A lo largo de los años, nuestra relación con Klüser se ha convertido en una ami-stad: admiramos un trabajo que refleja gran respeto por el papel estampado y sobre todo las cuidadas ediciones que realiza.La experiencia vivida en nuestra galería/taller nos ha marcado profundamente. Era un privilegio poder enseñar al visitante lo que es una plancha mordida por el ácido, el suave tacto de una piedra de litografía o de la seda del bastidor de serigrafía, el relieve de la madera tallada. Vivir la tensión que se crea en un taller de estampación cuando se pasan plancha y papel por el tórculo o la prensa, cuando se levanta cuidadosamente el papel y aparece la estampación, son momentos de sorpresa que no quisiera olvidar nunca. Para mi, tocar algo con los de-dos es muy importante: la piedra, la madera, la misma textura del papel o sus relieves y zurcos; es un arte vivido, es natura-leza y lo respeto profundamente. En aquellos 15 años conoci-mos a muchos artistas tanto a través de los talleres como por las exposiciones que realizábamos regularmente. Participá-bamos en eventos relacionados con el grabado, como la feria Estampa, donde estuvimos presentes desde su primera edi-ción. Organizábamos intercambios con los artistas formados en nuestros talleres o con otras galerías extranjeras, y cada vez teníamos más contactos dentro y fuera de España. A principios de los 90 participamos en la feria de grabados que se celebró muy pocos años en Basilea junto con la famosa feria Art Basel. De ahí volvimos con otro importante conjunto que compramos a un colega: “El Poema del Ángulo Recto” de Le Corbusier. Consiste en una suite de 20 litografías editadas por Verve en 1955. Para Le Corbusier el ángulo recto es la base de su pensamiento arquitectónico. Toda su obra edificada, todos sus proyectos lo atestiguan. El ángulo recto no es sólo geome-tría sino símbolo. Está cargado de valor místico. Es la imagen del hombre erguido para actuar, y tumbado para dormir y mo-rir. Y este balanceo entre lo vertical y lo horizontal, es la imagen de la vida. El ángulo recto es “un pacto con la naturaleza”. Otra adquisición importante, en 1994, fue el conjunto de 10 po-choirs de Picasso, “Ten ornamental designs”, realizadas a partir de una serie de gouaches cubistas durante 1919-1920 en Juan-les-Pins y publicadas en los primero años 20 por Paul Rosenberg. La técnica del Pochoir o Estarcido consiste en la aplicación del color de forma manual mediante muñequillas o pinceles, em-

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pleando para ello plantillas, cuyo resultado final es la composi-ción de partida. Este procedimiento fue muy utilizado durante los años veinte por los creadores del cubismo: Picasso, Juan Gris y Braque, así como por sus seguidores. En relación con Picasso, tuvimos otro conjunto de grabados muy interesante: se trataba de 60 obras agrupadas en 5 tomos realizadas por artistas inter-nacionales en homenaje al 90 cumpleaños de Picasso y edita-das por el Propyläen Verlag de Berlin en 1974. Se expusieron en mi galería para celebrar nuestro X aniversario y después tuve la ocasión de vender el conjunto a un coleccionista suizo, hecho que mi marido todavía lamenta. Más tarde, hemos podido com-prar algunos grabados sueltos de esa carpeta, pero nunca más hemos podido encontrar el conjunto completo. Cuando comprábamos obra, siempre intentaba aclarar con mi marido de antemano si la compra era para nosotros o para in-tentar venderla en la galería. Pero eso no funcionaba siempre, y algunas veces me he encontrado en una situación bastante in-cómoda porque mi marido se había encaprichado tanto con el grabado que ya no lo quería venderlo, cuando yo, en cambio, lo había ofrecido a un cliente; en fin, siempre había una solución. Cuando ahora hago una evaluación de nuestras adquisiciones me doy cuenta de que tenemos predilección por los conjuntos de obras, sea temáticamente o con determinado objeto. Nos gusta ver como un artista interpreta a su manera un cierto tema o un cierto personaje y que material de expresión emplea. El grabado permite un sin fin de lenguajes propios, que transmi-ten la entrega y sinceridad del artista. Hay otras series, como la de Jean Emile Laboureur “Tableau des Grands Magasins”, con 12 buriles de extraordinaria delicadeza; la de Marcoussis titula-da “10 aguafuertes para Aurelia”; “Aromas” de Chillida o la suite “Le Sable Mouvant” de Picasso, un ejemplar sin firmar ni nu-merar pero proviniendo directamente de Mourlot, un lujo que solo se puede permitir un coleccionista. Para terminar, quiero hablarles de Antoní Clavé, (Barcelona, 1913 - Saint Tropez, 2005). Han pasado casi 25 años desde que Jesús Núñez nos dio a conocer la obra gráfica de ese artista. Fue él quien realmente nos introdujo en su mundo interior, quien nos invitó a sumergirnos en su estética y quien, en de-finitiva, nos contagió de la pasión por su trabajo. Suponemos que, por su condición de artista, Jesús nos descubrió la im-portancia fundamental de Clavé: la de introducir en España la investigación de las técnicas gráficas y de estampación

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rompiendo con la tradición. Los papeles deformados por los gofrados y relieves, la mezcla de técnicas, o la utilización libre del papel, han servido de modelo a seguir para toda una ge-neración de artistas que veían en las obras de Clavé el paso necesario para el desarrollo y evolución de la gráfica española. No tardamos mucho en comenzar nuestra colección de Clavé, no como un plan preconcebido, sino mas bien como algo que surgió con el paso de los días, como una tentación constante de la que difícilmente podíamos escapar. Sorprendentemente, fue fuera de España donde encontramos más obra gráfica de Clavé, especialmente en Francia, Inglaterra y Alemania. En 1993, coincidiendo con el ochenta cumpleaños del artista catalán, se realizó una exposición de Clavé en mi galería con ayuda de la Sala Gaspar de Barcelona, y se expusieron 24 obras de graba-dos y litografías. Comprobando ahora la lista de títulos, lamen-tamos no poder volver atrás en el tiempo para quedarnos con la totalidad de las obras que pasaron por nuestras manos y que vendimos o no adquirimos en esa ocasión. Una carta nuestra, del 21 de mayo de 1996, nos recuerda el primer contacto di-recto mantenido con el artista, una llamada telefónica a su re-sidencia en Saint-Tropez para solicitar información de algunas de las obras sin identificar entre la treintena de grabados ya en nuestra posesión. Esa carta siguió a la llamada y fue contestada cuatro meses después por el artista con otra misiva. Escrita a mano y con pluma, con una caligrafía antigua, como dibujando las letras, nos contestaba en tono cordial acerca de las fechas de edición de esos grabados. Y, dos años más tarde, contacta-mos en Paris con Maurice Felt, uno de los estampadores de obra gráfica que Clavé utilizó durante varios años, contacto con el que conseguimos aumentar nuestra colección que ya sobrepa-sa largamente el centenar de obras. Especialmente orgullosos estamos también por haberla completado con cuatro de sus fantásticos libros ilustrados: “Lettres de Espagne”, de 1944, “Car-men” de 1944/46, “Candide” de 1948 y “Gargantua” de 1951/55.Ya han pasado 7 años desde que cerré la galería y empecé nue-vas actividades dentro del mundo del grabado. Ahora tengo tiempo de ocuparme de nuestra pequeña colección, y es un privilegio poder mostrar parte de ella aquí, en el Teatro Lírico de Cagliari. Gracias a Dios, sigue habiendo personas como Gabriel-la Locci y Darío que comparten con nosotros el entusiasmo por el mundo del grabado y hacen posibles encuentros como los que estamos viviendo estos días. Un inmenso “gracias” a ellos!

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PEDRO GALILEA

LA FUNDACIÓN CIEC, MÁS QUE UNA COLECCIÓN

La Fundación CIEC, Centro Internacional de la Estampa Con-temporánea, se sitúa en Betanzos, A Coruña, España. Hasta allí se desplazan numerosos artistas para compartir su trabajo y experiencias artísticas en un espacio creado para el mundo de la Gráfica.Nuestra historia nace en 1997 gracias al sueño y la genero-sidad de un artista, Jesús Núñez, quien cede el espacio que ahora ocupamos, un bello edificio de 1923 construido por el arquitecto González Villar en el centro del casco histórico de Betanzos.Quien se acerque hasta allí podrá contemplar una de las mejo-res colecciones de gráfica contemporánea española, siendo la presencia de autores extranjeros menor. Obras de Picasso, Miró, Clavé, Tàpies, Canogar, Feito, Genovés, Saura, Valdés y un largo etc. destacando los conjuntos dedicados a Amadeo Gabino, Jesús Núñez, Luis Seoane, François Marechal y Luis Caruncho.

A parte de estos grandes nombres de la Gráfica, la colección esta abierta a todo tipo de creadores y jóvenes emergentes cuya exposición y contrapunto crean interesantes diálogos entre las obras y el bello espacio que las acoge.

Pero como el título de esta exposición nos indica la Fundación

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CIEC es mucho más que esta importante colección, ya que la Fundación organiza todo un programa de actividades en pro del Arte Gráfico, abarcando desde los aspectos formativos ha-sta los divulgativos y de promoción.

Los artistas y público que traspasan nuestras puertas tendrán una experiencia completa de todos los ámbitos que rodean la creación de una Estampa, desde su origen y creación hasta su estadio final.

EXPOSICIONESCada mes se invita a un artista, nacional o internacional, a que exponga su obra en las salas temporales, de tal forma que los alumnos y público en general puedan estar en contacto con las últimas creaciones. En muchos casos los autores se acercan hasta Betanzos para compartir la inauguración con nosotros y así poder conversar con los allí presentes sobre sus obras y maneras de trabajo.Entre ellas destacan las realizadas en el periodo estival, ya que por ser el de mayor afluencia de público, la Fundación CIEC dobla sus esfuerzos para poder disfrutar de muestras de la tal-la de “Picasso, Desconocido”, “Le Corbusier, Le Poeme de l’An-gle Droit”, “Dalí-Dante, La Divina Comedia” y “Valdés, Gráfico”, por citar a los más recientes.Por último, referirnos en este apartado a las exposiciones iti-nerantes, que pretenden acercar la Estampa y a sus creadores

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a todo tipo de públicos, con un doble objetivo dar a conocer nuestros fondos y acercarnos a aquellos núcleos de población que muchas veces quedan apartados de los circuitos del arte.

CURSOSLa actividad formativa es el tronco sobre el cual crecen la ma-yoría de las actividades que este centro realiza. En nuestros talleres se pueden llevar a cabo cursos de Calcografía, Lito-grafía, Serigrafía y Xilografía, así como sus variantes y nuevos procedimientos.A ellos se invita a importantes profesores y artistas para que compartan su tiempo con alumnos de todas las partes del mundo, contribuyendo con ello a crear un espacio de encuen-

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tro y confrontación de ideas, de procesos creativos y de ex-periencias vitales gracias al crisol cultural que año tras año se concita.

La programación se reparte a lo largo de todo el año, a través del Máster sobre la Obra Gráfica que se extiende de octubre a junio y con los cursos de verano, los meses de julio y ago-sto, que se organizan desde 1985, siendo los más antiguos de España dedicados de manera monográfica al grabado.A través de un amplio programa de becas e intercambios con instituciones extranjeras, numerosos alumnos y artistas han compartido su tiempo con nosotros, podemos citar: Escuela de Artes de Lugo, Facultad de Belas Artes de Pontevedra, Co-operativa de actividades artisticas Arvore, Oporto, Portugal, Casa Falconieri, Cagliari, Cerdeña, Italia, Accademia di Belli Arti L’Aquila, Italia, Instituto Statale d’Arte Filippo Figari, Sassari, Cerdeña, Italia, Atelier L’Empreinte, Luxemburgo, Atelier Bo Halbirk, París, Francia, École de l’Image d’Epinal, Francia, École Supériere de l’Image d’Angoulême, Francia, Corcoran School of Art, Washington, USA, Museo Nacional del Grabado, Bue-

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nos Aires, Argentina, Estampería Quireña, Ecuador, Facultad de Bellas Artes de Pereira, Colombia, Fundación ESART, La Paz, Bolivia, Fundación Rojo Urbiola, Zacatecas, México, La Casa de los Tres Mundos, Granada, Nicaragua, Instituto Cervantes, Da-masco, Siria, Facultad de Bellas Artes de Jartum, Sudán ...Y valga como ejemplo de estas colaboraciones los nombres de los artistas sardos que ya han pasado por la Fundación CIEC; Carla Mancini, Giorgio Sedda, Alberto Marci, Michel Chevalier, Michella Ambu y esperamos a muchos más.

PROMOCIÓNPor último señalar que la Fundación CIEC, apoya al arte gráfico y sus creadores por medio de la difusión y la divulgación, en este apartado se encuentran desde los talleres infantiles don-de los escolares realizan una plancha que les proporciona un primer acercamiento a la estampa de forma lúdica.Hasta la presencia en eventos que den a conocer sus activida-des, entre ellas destaca la Feria de ESTAMPA, que se desarrolla en Madrid siendo una de las más importantes a nivel euro-peo y podemos decir mundial. Pues bien la Fundación CIEC ha estado presente con un stand desde la creación de esta cita, hace ya 17 años, de esa forma se mantiene el contacto con editores, galeristas, artistas y público en general.Desde 2006 la Diputación de A Coruña organiza el Premio In-ternacional de Arte Gráfico Jesús Núñez, premio abierto a las diferentes técnicas y a todos los artistas.Charlas sobre el grabado, encuentros artísticos, conferencias, conciertos, instalaciones... dinamizan una actividad ya de por si febril que intenta que todos los facetas del arte se encuen-tren en nuestro espacio y se compartan por todos, artistas y visitantes.

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ENRIQUE GONZALEZ FLORES

GRAbADO CONTEMPORANEO. UNA vISION DE CONjUNTO.

Antes de comenzar quiero agradecer a Gabriella Locci su in-vitación para asistir a este encuentro y la confianza y el apoyo que ha prestado a nuestra publicación desde su nacimiento. La creación de esta revista dedicada al grabado y a la edición, pareció a primera vista una locura por la enorme dificultad que entrañaba sacar adelante una publicación semejante en

un país como España. Grabado y Edi-ción nació en 2006 a partir de una ilusión personal por la difusión del arte gráfico y el apoyo de diversas figuras del mundo del grabado en España que apoyaron este proyecto. En un momento en el que en todo el territorio peninsular trabajan cientos de excelentes grabadores que están creando obras de primera calidad

utilizando todo tipo de soportes en formatos inimaginables hasta hace poco, derrochando imaginación y sabiduría, era necesario un vehículo de cohesión que los pusiera en con-tacto. Un lugar donde poder encontrar, no sólo información a nivel nacional e internacional, sino también dar a conocer sus trabajos, sus investigaciones, sus proyectos y sus necesi-dades. Era fundamental contar con un foro de encuentro en el que poder abordar y tener representados todos los campos en los que se mueve el grabado: artistas, editores, galerías, exposiciones, historia del grabado, investigación... Su plante-amiento es amplio y muy coherente, abierto a todos los que se interesen por la obra gráfica y, al mismo tiempo, siendo un vehículo de comunicación entre ellos.A lo largo de estos cuatro años de trabajo nos hemos esforza-

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do en dar a conocer a nuestros lectores todo lo que sucede en relación al grabado y la obra gráfica a nivel internacional. Para ello hemos visitado talleres y entrevistado artistas, editores, estampadores y galeristas... grandes y pequeños, conocidos y desconocidos.Grabado y edición ha contribuido a la difusión y el acerca-miento del grabado a la sociedad. Siendo uno de nuestros principales objetivos estimular a las galerías e instituciones para que apoyen y difundan la obra gráfica original que se hace dentro y fuera de España. Otro de nuestros propósitos es que los artistas y el público en general conozcan lo que se está haciendo en el extremo opuesto del planeta, para de esta forma activar el intercam-bio de información entre todos los que se acerquen a nuestra publicación.Hemos tenido la oportunidad de publicar contenidos que ha-sta hoy nunca se habían editado debido a la poca difusión rea-lizada hasta el momento y muchos de estos textos han visto la luz por primera vez en nuestras páginas.Cómo ejemplo de la labor que hemos venido realizando, me gustaría hacer referencia a algunos de los artículos más repre-sentativos de los 21 números publicados hasta la fecha: Refiriéndonos a La revista“ LA ESTAMPA”, nuestro único ante-

cesor en España. Publicamos en 2006 un reportaje escrito por Carmen Rodrí-guez Perales, responsable del servicio de dibujos y grabados de la Biblioteca Nacional de España. Para nosotros fue una sorpresa el día que llegó a la redacción la noticia de la existencia de una revista de grabado en el primer tercio del siglo XX. Como si de una vuelta al pasado se tratara, los cien años que nos separan de nue-

stros colegas no han sido suficientes para cambiar el día a día de nuestras comunes experiencias. Con idéntica fuerza e ilu-sión, compartimos con ellos el objetivo de que la obra gráfica encuentre el mismo espacio que otras disciplinas del arte.Me gustaría rendir un pequeño homenaje a Antonio Lorenzo, artista recientemente fallecido, y uno de los creadores clave para el desarrollo del grabado contemporáneo en España. En su labor como artista y director del Grupo quince entre 1972

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y 1975 represento un gran avance para la gráfica en una España pa-ralizada por la dictadura. Antonio Lorenzo fue protagonista de un re-portaje publicado en 2007 sobre su apasionante biografía.Nuestro interés en la difusión den-tro del mundo de la gráfica, nos lle-va a seguir la pista de las personas e instituciones que apuestan por

el arte más sincero y comprometido con la sociedad, cómo es el caso de la entrevista que mantuvimos con el mexicano Francisco Toledo, uno de los artistas plásticos más destacados

de nuestro tiempo y promotor de importantes proyectos culturales en su país, cómo el Museo de Arte Contemporáneo de Oaxaca, el In-stituto de Artes Gráficas, el Cen-tro de Fotografía Álvarez Bravo, la Biblioteca del IAGO o el Centro de las Artes de San Agustín Etla de la misma ciudad.

Un año más tarde, en 2008, el pintor y Premio Nobel de lite-ratura Gao Xingjian nos recibió en su casa de París, donde pudimos compar-tir con él la angustiosa experiencia su-frida en una granja de reeducación del gobierno chino, su exilio en Alemania y Francia, y su posterior éxito literario, teatral y artístico en Europa. Con él, a partir de esta entrevista, tenemos el honor de mantener una relación de amistad y colaboración en el campo del grabado. Éste compromiso con la sociedad, al que hacíamos referencia anteriormente, está patente en la conversación mantenida más recientemente con Stephen Fredericks, presidente de la Sociedad de Grabadores de Nueva York, asociación que cuenta en la actualidad con más de 350 artistas afincados en la ciudad de los rascacielos. Con su tenacidad, Stephen a cre-ado proyectos de los que Grabado y Edición se hizo eco, como por ejemplo: Arte y Democracia donde a través de la edición y pegada de carteles, realizados con técnicas de grabado, de-nunciaron y criticaron de forma activa la política de George

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Bush durante las últimas elecciones en Estados Unidos. Recientemente ésta asociación neoyorkina ha puesto en mar-cha otro proyecto llamado INOCENCE, en defensa de aquellas personas que permanecen encarcelados en Estados Unidos, a pesar de no haber cometido ningún crimen. Se trata de una labor conjunta, con un grupo de abogados, que a través de las pruebas del ADN, intentan demostrar la inocencia del reo en cuestión. Para recaudar fondos, y pagar los altos precios de los análisis de ADN, la asociación consigue dinero a través de la venta de grabados y carteles creados por los artistas miem-bros.Con este tipo de artículos, queremos demostrar la pluralidad de formas y variedad de objetivos que puede llegar a alcanzar la producción de obra gráfica e incluso la utilidad social que puede tener en nuestra sociedad.

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Grabado y Edición tiene interés por difundir también el traba-jo de las personas que luchan por el desarrollo del grabado en países donde el arte contemporáneo, y el grabado en particular están comenzando a progresar de forma incipiente.En el congreso internacional de grabado Impact, -celebrado en 2007 en la ciu-dad de Tallin, Estonia- cono-cimos a la artista Karen Ore-mus, profesora de grabado en la Zayed University de Dubai de Emiratos Árabes. El trabajo de esta educadora nos pareció relevante por haber conseguido la primera promoción de mu-jeres artistas dedicadas especialmente al grabado y la estam-pación, en un país donde las libertades de la mujer brillan por su ausencia.En torno a este tema, próximamente publicaremos una entrevista realizada a la artista india afincada en Nueva Del-hi, Anupam Sud, reconocida artista grabadora, perteneciente a la nueva generación de creadores contemporá-neos que están apareciendo en el país asiático. Sud ha dedicado gran parte de su vida a la enseñanza y la promoción del grabado en la india, con las dificultades que esto conlleva. Actualmente retirada de la labor docente está con-sagrada de lleno a la producción y difusión de su propio trabajo.Para nosotros es muy importante que nuestros los lectores conozcan el trabajo de los grandes talleres internacionales de gráfica dedicando artículos a talleres como:

Tanden Prints de Wisconsin - Estados Unidos, Benveniste Contemporary de Madrid, Pace Prints de Nueva York,

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Barbará en Barcelona, Mixografía de Los Ángeles

o Marc Balakjian de Londres, taller recientemente clausura-do, y que se dedicó durante numerosos años, casi en exclusi-va, a la elaboración y estampación de los aguafuertes creados por Lucian Freud.

Pero no solo queremos dar cabida a los grandes nombres del mundo del arte, publicando artículos y entrevistas con artistas como Jan Hendrix, Juan Genovés, Georg Baselitz o la desapa-recida Kate Kollwitz. Desde la creación de la revista hemos in-tentado mostrar la obra de los artistas más jóvenes, y quizá menos conocidos, pero que mantienen una altísima calidad en su trabajo.

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Como ejemplo podemos citar los nombres de:

-Elena Alonso, uno de los tres artistas premiados por Grabado y Edición en la convocatoria destinada a Jóvenes arti-stas que organizamos en 2007.

-Susan Mowray, artista británica afinca-da en España, con un riquísimo mundo interior alrededor del hecho de ser mujer.

-El mexicano René Almanza, que con tan sólo 27 años, ha logrado poner en marcha una galería de arte, fundar un taller de edición y desarrollar una seduc-tora y personalísima obra artística.

-o la croata Anna Vivoda que con una té-cnica gráfica tremendamente básica, lo-gra transportarnos al interior de nuestro inconsciente...

Han sido muchas las entrevistas, técnicas, ensayos y propue-stas publicadas hasta la fecha, los artículos a los que me he referido son solo un mínimo ejemplo del camino que hemos recorrido hasta el momento. Con cada número que sale a la calle nos damos cuenta de lo poco que sabemos y del largo camino que nos queda por recorrer. La conclusión que podemos sacar después de estos casi cinco años de trayectoria, es que, poco a poco, la gráfica comien-za a ser descubierta por el público; nos espera un futuro pro-metedor si sabemos mantener y fomentar entre todos el co-nocimiento, la compresión y el desarrollo del grabado. Pero son necesarios más congresos, exposiciones, ferias y eventos abiertos a un público potencialmente coleccionista y también para el que ya lo es. En general sigue existiendo mucha desinformación con re-specto a todo lo que rodea a la edición de arte. Y encuentro que todavía no está valorada correctamente. Sin embargo

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cuando se brinda algo de información, este público, se siente hechizado con las cualidades de la obra gráfica, sea artista, co-leccionista o simple aficionado.Por otro lado hemos comprobado que, cómo sucede en nue-stra sociedad actual, existen enormes diferencias y contrastes entre los artistas que viven en países pobres, y los que dispo-nen de grandes medios a su disposición.

Desde nuestro punto de vista podemos apreciar cómo, por di-versas razones, esta distancia se hace cada día más grande. Cómo dice Felipe Ehrenber: “Urge que reconozcamos la dife-rencia entre las nuevas academias y la verdadera creación, entre la novedad y la invención, entre crítica y literatura, entre loas y lisonjas, entre curadores y curanderos, entre “lo de adentro” y “lo de afuera”, entre pintura pintada, pintura ampliada y artes plásticas, entre lo marginado y lo subversivo, entre la gráfica y la neográfica, entre la calidad y la mercadotecnia, entre el colec-cionismo competitivo y el coleccionismo responsable, entre el presupuesto y el despilfarro...”

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JOAQUIN JIMENO SALUEÑA

FUENDETODOS Y EL ARTE GRAFICO: EL MUSEO GOYA - FUENDETODOS

Fuendetodos, villa Natal del pintor D. Francisco de Goya y Lu-cientes, es un municipio de 175 habitantes ubicado a 44 Km. al sur de Zaragoza, que ha apostado por la explotación de recur-sos vinculados al Patrimonio y al turismo cultural, con el obje-to de hacer frente a los problemas que aquejan al municipio, marcado por la crisis de las estructuras agrarias tradicionales por la despoblación, debida a la falta de servicios que requiere la sociedad actual.Fuendetodos, inicia en 1988 un amplio programa de difu-sión y promoción de la figura y la obra de Goya como prin-cipal objetivo del desarrollo social, económico y cultural y paralelamente comenzó a desarrollar todo un conjunto de iniciativas para el impulso y la promoción del arte gráfico. Con el apoyo de otras instituciones y la generosa contribución de un gran número de artistas, procedió a la reapertura de la Casa Natal de Goya y a la creación del Museo del Grabado de Goya.A partir de estos dos primeros equipamientos museísticos, se desarrollan toda una serie de actuaciones culturales, vincula-das a la obra gráfica, como complemento y dinamización del Museo del Grabado: exposiciones de obra gráfica, experiencia pedagógica Goya y su época en el aula, creación del Taller de Grabado de Fuendetodos, cursos de grabado, con diferentes niveles de especialización, ediciones de obra gráfica de arti-stas de reconocido prestigio, etc.En 1996, coincidiendo con la celebración del 250 aniversario del nacimiento de Goya, se impulsan nuevas iniciativas que venían a completar la dedicación específica de Fuendetodos, prueba de ello fue la apertura de la Sala de exposiciones Igna-cio Zuloaga, que ha venido acogiendo desde su inauguración más de 50 muestras de obra gráfica, tanto históricas como contemporáneas.Dada la intensa actividad expositiva y la estrecha y fructífera colaboración con diferentes artistas contemporáneos, Fuen-detodos ha ido ampliando sus fondos museográficos en ma-teria de arte gráfico sobre todos a partir del año 2000, en el que se realizó la primera Edición de carpetas de grabados de

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los “Disparates de Fuendetodos”: que surge de la necesidad de homenajear a Goya, cuya trabajo interrumpido, legó a la posteridad veintidós imágenes de la serie los Disparates y de otras necesidades más pragmáticas, como la creación del nuevo Museo Goya Fuendetodos, En la propuesta de dar con-tinuidad a aquella primigenia intención creativa, seguir incre-

mentando desde el presente el número de imágenes en un proceso sin fin, han participado ya, artistas como Saura, Pepe Hernández, Günter Grass, Manolo Valdés, Arroyo, Broto, Víctor Mira, Guinovart, Ricardo Calero, Jaume Plensa, etc. La excelen-te acogida por parte de los artistas convocados para dar con-tinuidad a dicha serie, supone una ampliación sistemática de los fondos del Museo. Actualmente los fondos de arte gráfico del Museo del Grabado de Fuendetodos, están constituidos por: -De las cuatro series de los Grabados de Goya y una colección de más de 2.500 obras, entre grabado histórico y estampa contemporánea, que tiene un crecimiento constante, en par-ticular a partir de la serie Disparates de Fuendetodos, y por las donaciones que se vienen produciendo.La labor realizada en Fuendetodos lo largo de estos años ha

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supuesto no sólo un incremento considerable de su patrimo-nio artístico con una numerosa colección, sino la necesidad de tener que pensar en la creación de un nuevo espacio don-de poder mostrar al público dichos fondos y seguir dando respuesta a la demanda y a las posibilidades culturales que de una manera natural y paulatina han ido surgiendo durante todo este periodo a través del FUTURO MUSEO DEL GRABADO GOYA-FUENDETODOS.El nuevo Museo Goya-Fuendetodos nace con la doble inten-cionalidad de asumir y dar soluciones a las necesidades ge-neradas, y con el firme propósito desde su creación de ser el «espacio» de referencia dentro del mundo de la obra gráfica a nivel nacional.

Diseñado por el equipo de arquitectos Matos-Castillo, ga-nadores del Concurso de Ideas convocado en el 2007, sus 5.000 m2 están concebidos para conseguir un funciona-miento versátil e intercambiable, donde poder acoger tanto las exposiciones Permanentes: Goya, Disparates de Fuendetodos, Fondos del Museo, etc.; las muestras tem-porales de gráfica; así como un centro de investigación e interpretación del grabado, con un marcado y especial hincapié en la obra de Goya y en su capacidad innovadora, talleres (calcográfico y de nuevas tecnologías),biblioteca, espacios didácticos, centro de actividades,etc. La forma del proyecto generada a partir de la conjunción de elementos con un alto grado de independencia, y su plante-

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amiento constructivo con elementos de hormigón que son a la vez estructura y material de acabado del edificio, permiten un sencillo funcionamiento de la construcción por fases, cada una de las cuales puede incluir la construcción de un determi-nado número de cáscaras o módulos, en función del presu-puesto disponible. Texto de B.Matos y A.Castillo. “Fuendetodos es un pequeño municipio situado en una ladera cuya cualidad espacial más importante es la fragmentación. Pequeños tejados inclinados se agolpan unos contra otros, sobre o bajo otros.Crean visiones que recuerdan imágenes cubistas que usaban la superposición de visiones parciales (de una ciudad, un obje-to o una persona,) para dar una idea de la globalidad. Por tan-to, y pese a tener individualidades notables como la casa natal de Goya, principal y lógico objeto de culto e interés por parte del público, a nosotros nos interesa la generación mental de una imagen urbana por medio de la conjunción de fragmen-tos.Nuestro proyecto nace de la unión de las cualidades a que nos hemos referido al hablar del grabado y de Fuendetodos: repetición y fragmentación. Proponemos una unidad (pieza de planta trapezoidal) como plancha a partir de la cual hacer los múltiples. Su geometría es especialmente adecuada para concatenar espacialmente el interior del museo y conseguir un funcionamiento versátil, intercambiable. Como si apretára-mos más o menos el rodillo de la tinta al hacer las diferentes reproducciones, en ocasiones nuestra plancha produce ele-mentos deformados en planta o sección que pasan a formar parte del conjunto y lo personalizan.Obtenemos un edificio suma de elementos menores, de frag-mentos planos o inclinados cuya Superposición dialoga en la distancia con aquellos del pueblo. El museo nace de un siste-ma y como tal podría seguir creciendo, añadiendo los elemen-tos necesarios. Hormigón con áridos y tierras del lugar sería el material con que construir las “cáscaras”. Vidrio y paneles metálicos (zinc) serían los materiales que cerrarían aquellas. Las salas de exposición dispondrían de un sistema de control de la luz natural hasta su oscurecimiento total”

CASA NATAL DE GOYA.La Casa Natal del pintor fue documentada por el pintor Igna-cio Zuloaga y un grupo de artistas zaragozanos en 1913. En

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1982 fué declarada Monumento Artístico Nacional y el 13 de julio de 1985 se procedió a su inauguración, después de los trabajos de remodelación. La casa conserva hoy todo el aspecto rústico y popular de la época de Goya.Interiormente, el edificio posee todos los atributos y cualidades propias de una casa de labradores. Consta de planta baja, con zaguán, cuadra y cocina, piso superior y granero. La casa se encuen-tra ambientada con muebles y enseres propios de época de Goya, y documentación gráfica.

MUSEO DEL GRABADO DE GOYA. Creado en 1989 a partir de la obra gráfica de Goya cedida por la Calcografía Nacional y la Diputación Provincial de Zarago-za. Están expuestas una selección de las 4 series de Grabado originales del artista: Los Caprichos, la Tauromaquia, los Desa-stres y los Disparates.

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SALA DE EXPOSICIONES TEMPORALES “IGNACIO ZULOAGA”La Sala está especializada en Arte Gráfico, tanto histórico como contemporáneo. En ella se exponen temporalmente obras de los más obra de los más representativos artistas: Picasso, Miró, Saura, Chillida, Günter Grass, Barceló, Eduardo Arroyo, Luis Gordillo, Hernández, Víctor Mira, el grabado científico y coetá-neo de Goya, etc.

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SALA DE EXPOSICIONES TEMPORALES “IGNACIO ZULOAGA”La Sala está especializada en Arte Gráfico, tanto histórico como contemporáneo. En ella se exponen temporalmente obras de los más obra de los más representativos artistas: Picasso, Miró, Saura, Chillida, Günter Grass, Barceló, Eduardo Arroyo, Luis Gordillo, Hernández, Víctor Mira, el grabado científico y coetá-neo de Goya, etc.

PAOLO SANJUST

L’arte di mostrare. Note sulla museografia in Sardegna.

PremessaL’approvazione nel 2007 del Piano di razionalizzazione e svi-luppo del Sistema museale regionale da parte della Regione Sardegna ha dato il via ad un processo di aggiornamento dei musei locali, dal punto di vista organizzativo e gestionale, e ad un vivace dibattito sui temi della museologia, segnato dalla successione di diversi convegni. Si stanno costituendo le prime reti di musei, tematiche o ter-ritoriali, stimolate dalla normativa regionale sunnominata, ma anche dalle premialità, indicate in diversi Bandi regionali di fi-nanziamento del settore dei Beni Culturali, per le reti museali; - si sono svolti diversi corsi di formazione ed aggiornamento professionale per il personale dei musei, impostati alla luce della Carta delle professioni museali; - sono in fase di progettazione il Museo delle Identità della Sardegna, a Nuoro, il Museo della Sardegna Giudicale a Orista-no e Sanluri, il Museo Tavolara per l’Artigianato;- si è invece arenato, tra crisi economica e contrarietà politiche, il Betile, Museo dell’arte nuragica a e contemporanea, che era stato ideato come il capofila dell’intero Sistema museale re-gionale.Nel frattempo si continua comunque ad inaugurare nuovi mu-sei locali, mentre è difficile tenere il conto di quelli che chiu-dono, o che riducono drasticamente gli orari d’apertura ed i servizi al pubblico.Grande assente nel panorama regionale è invece la riflessione sugli obiettivi, sulle metodologie, sulle pratiche che orienta-no le scelte nell’ambito della museografia e dell’allestimento. Riflessione che potrebbe, da una parte, nutrirsi di alcune in-teressanti realizzazioni degli ultimi anni e, dall’altra, favorire una crescita della consapevolezza degli operatori museali sul-la necessità di un’attenta e professionale progettazione degli allestimenti che, nella gran parte dei musei sardi, è invece su-perficiale e non aggiornata. Allestimenti, comunicazione visiva e percezione.Tra il giugno e il novembre 2009 a Palazzo Fortuny a Venezia,

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era visitabile la mostra Infinitum, organizzata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e dalla Vervoordt Foundation. La visita a questa mostra, e in particolare ai piani superiori (imm.01) ha costituito, tra l’altro e per ciò che può essere inerente al presente saggio, una particolare esperienza di percezione vi-siva, riconducibile al modello allestitivo della ridondanza; in questo modello, al di là della percezione lineare e puntuale di ogni singola opera … ciò che più conta è il contesto, il risultato generale, la spettacolarità dell’insieme; la lettura dell’opera d’ar-te e la sua percezione critica si dissolvono nella complessità sce-nografica; a un primo approccio, quantomeno, la sensazione prevalente è che il mio grado di percezione è bassissimo, cioè io ho un’immagine complessiva fortissima, ma ho una percezione del singolo oggetto bassissima. Troviamo, affiancate e disposte con lo sfondo dei tessuti di Mariano Fortuny o su arredi del suo palazzo, opere di Escher, Van Delen (1629), Piranesi, de Chirico e Vik Muniz; oppure opere di George Romney (1785), Pierre Bonnard, Mario Schifano, Michael Borremans, proposte in un silenzioso dialogo con una selezione di sculture dell’antico Egitto. Una volta superato il primo momento di immersione emotiva e sensoriale, diventa possibile isolare percettivamen-te le singole opere per ricomporle poi in nuove configurazioni di senso, che siano quelle istituite dai curatori, come il tema della costruzione prospettica dello spazio o il tema dell’incom-piuto nell’arte, oppure altre che la propria cultura e immagina-zione possa concepire.Credo si possa paragonare questo tipo di allestimento a quel-lo della Casa Museo londinese di John Soane (imm.02) dove i numerosissimi reperti archeologici e le presenze antiquariali – frammenti di opere architettoniche o scultoree - occupano tutto lo spazio disponibile sulle pareti, sui pilastri, sui soffitti e a pavimento, creando quella sensazione di pienezza della per-cezione e di difficoltà di orientamento di cui parla Paul Valery, riferendosi, in generale, alla visita dei musei dei suoi tempi: ....non è forse un esercizio di tipo particolare questa passeggiata bizzarramente ostacolata dalle bellezze, e deviata ad ogni istan-te a destra e a sinistra da capolavori, tra i quali bisogna compor-tarsi come un ubriaco tra i banconi del bar? (...) L’orecchio non ri-uscirebbe ad ascoltare dieci orchestre contemporaneamente. La mente non può seguire né compiere operazioni diverse e distinte, e non esistono ragionamenti simultanei. Ma l’occhio nell’apertu-ra del suo angolo mobile e nel momento della percezione, si trova

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costretto ad accogliere un ritratto e una marina, una cucina e un trionfo, personaggi dalle condizioni e dalle dimensioni più diver-se; e, per di più, deve accogliere nello stesso sguardo armonie e modi di dipingere non paragonabili tra loro.A partire dal ‘900 le acquisizioni della Gestalt contribuiranno a sostanziare, dal punto di vista scientifico, quella sensazione di ridondanza di cui parla Valery; una delle funzioni fondamen-tali della Gestalt stabilisce che la forma di un oggetto è perce-pibile per differenza rispetto ad uno sfondo, ed è quindi nel rapporto figura-sfondo che si istituisce il grado di percezione, e quindi il grado di conoscenza di ciò che viene mostrato. Da qui si sviluppa la museografia novecentesca italiana, che a partire dagli anni ’50 del ‘900 concepisce l’allestimento come la mediazione tra opera e spazio, nella quale non si deve verI-ficare una prevaricazione dell’una sull’altro.Giorgio Vigni, Soprintendente alle Gallerie siciliane, ordinatore del Museo Abatellis (imm. 03), allestito da Scarpa, scrive nel 1953: l’architettura del palazzo non deve costringere il museo che vi sarà contenuto, ma neanche questo deve soffocare l’archi-tettura; i due elementi devono vivere l’uno nell’altro in armonia vicendevole, in modo che il visitatore ne riceva un’impressione naturale e riposante… l’architettura può risultare soffocata dal semplice fatto di sovraccaricare le sale di esposizione con troppa quantità di opere. Tale eccesso, oltre ad impedire che ogni ope-ra possa essere vista e goduta nel necessario isolamento, tende a sminuzzare lo spazio architettonico e quindi a distruggere la misura, e da ciò derivano confusione ed affaticamento per il visi-tatore. Per dare una guida al visitatore comune è importante an-zitutto la scelta rigorosa delle opere; direi che la funzione didatti-ca del museo si soddisfa, prima che con qualsiasi altra iniziativa, proprio con questo principio …L’anno successivo, nella prolusione tenuta all’inaugurazione dell’Anno Accademico allo IUAV, intitolata “Le mie esperienze di architetto nelle esposizioni in Italia e all’estero”., Franco Albi-ni sostiene che nell’allestimento occorre che l’invenzione espo-sitiva attiri nel suo gioco il visitatore; occorre che susciti attorno alle opere l’atmosfera più adatta a valorizzarle, senza tuttavia mai sopraffarle. L’architettura deve farsi mediatrice tra il pubbli-co e le cose esposte, deve dare valore all’ambiente come potente elemento di suggestione sul visitatore. Per raggiungere questo ri-sultato bisogna ricorrere a soluzioni spaziali piuttosto che a solu-zioni plastiche: bisogna creare spazi architettonici, o sottolineare

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quelli esistenti, legandoli in un’unità assoluta con le opere espo-ste. E’ mia opinione che sono proprio i vuoti che occorre costruire, essendo aria e luce i materiali da costruzione. L’atmosfera non deve essere ferma, stagnante, ma vibrare, e il pubblico vi si deve trovare immerso e stimolato, senza che se ne accorga. (imm. 04)La museografia del moderno seleziona, isola e valorizza le singole opere, esponendole su sfondi neutri, rarefacendone la presenza negli spazi architettonici, e inventa, o reinventa, l’allestimento come tecnica e poetica dell’esporre.Negli anni più recenti si verifica una mutazione radicale nei modi dell’allestimento, che deriva in buona misura dalla mo-dificazione delle capacità percettive che si è verificata in occi-dente con la diffusione del web, oltre che dallo sviluppo delle tecnologie informatiche che consentono nuove forme di inte-razione con il pubblico; non si tratta più soltanto di informare sui contenuti scientifici o didattici che si intende trasmettere, ma soprattutto di comunicare, evocare, coinvolgere anche dal punto di vista delle emozioni, rendere partecipe il visitatore, attraverso l’esperienza dello spazio, l’interazione con l’espo-sizione, e la partecipazione interattiva, dell’avventura della conoscenza che un museo rappresenta: il compito di rendere esplicito tutto ciò, attraverso specifici codici comunicativi, è del progetto di allestimento. In questo senso mi pare che l’esperienza di Infinitum sia signi-ficativa, anche se certamente non isolata nel panorama delle esposizioni, come dimostra, per esempio, il successo di critica e di pubblico che sta avendo un piccolo ma straordinario mu-seo etnografico come quello realizzato da Ettore Guatelli ad Oggiano Taro in provincia di Parma (imm. 05), che, dal punto di vista allestitivo, richiama l’esperienza di Soane.

La nostra esperienza di allestitoriPochi altri luoghi richiedono, come un museo, un lavoro con-diviso da diverse discipline, un lavoro che converga verso un obiettivo comune. Nella nostra esperienza di allestitori di piccoli musei locali in Sardegna, abbiamo avuto occasione di collaborare con antropologi culturali, storici, archeologi, pale-ontologi, oltre che con grafici, esperti di informatica, comuni-catori, ed ogni volta abbiamo voluto addentrarci nello speci-fico di discipline sempre nuove e diverse, o almeno abbiamo provato a indossarne, di volta in volta, gli abiti mentali; con l’intento di agire come il regista con la sceneggiatura, dando

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forma e rendendo visibile ed esperibile ciò che fino a quel mo-mento aveva solo forma discorsiva.La nostra esperienza si sviluppa inizialmente sui musei demo-etnoantropologici, in anni nei quali gli allestimenti ruotavano prevalentemente intorno alla forma della casa-museo, nella quale la ricostruzione delle ambientazioni (più o meno) auten-tiche doveva informare sui modi di vita, e gli oggetti esposti dovevano raccontare prevalentemente il loro ruolo di “stru-menti” del lavoro tradizionale. Il nostro contributo fu orienta-to, inizialmente, verso una forma espositiva che desse conto anche delle qualità formali e materiche delle collezioni, per poi svilupparsi verso forme di comunicazione contemporanee legate all’uso delle tecnologie audiovisive ed informatiche.Alla fine degli anni ’90 nel Museo etnografico di Armungia, uno dei nostri primi piccoli allestimenti, in un edificio che dal punto di vista tipologico e costruttivo risultava radicalmente differente dagli spazi del tessuto edilizio armungese, abbiamo esposto gli oggetti della tradizione in modo da valorizzare le loro qualità materiali e formali, su supporti che consentisse-ro una visione tridimensionale, in modo che potessero esse-re intesi non solo come strumenti di lavoro, ma anche come frutto, essi stessi, di lavoro specialistico e perciò esponibili ed osservabili in quanto tali. La comunicazione era demandata a tecniche tradizionali, come i pannelli esplicativi, ed all’inter-pretazione dello spazio ospite attraverso espositori in legno di grandi dimensioni. (imm. 06)Qualche anno dopo, nel Museo delle tradizioni alimentari del-la Sardegna di Siddi, allestito in una grande casa tradizionale a corte, con il progetto museografico abbiamo inscindibilmente legato i percorsi d’uso della casa a quelli del percorso esposi-tivo senza prediligere l’uno o l’altro, in quanto nell’esposizio-ne non esistono percorsi predefiniti degli spazi da visitare. Si è deciso per alcuni spazi di ricostruirne l’ambientazione con l’originaria destinazione, in quanto sono stati ritrovati intatti corredi e attrezzature (imm.07), mentre in altri spazi che ave-vano perduto la loro iniziale destinazione, si è deciso di inter-venire con i mezzi propri dell’allestimento ovvero esponendo con l’utilizzo di pedane, leggii, pannelli, ed utilizzando un materiale, come la canna palustre, già presente nei solai della casa, per accentuare il senso di appartenenza dell’allestimen-to alla casa che lo ospita e l’armonia del linguaggio architet-tonico adottato. Nel granaio al primo piano abbiamo esposto

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una “fioritura” dei numerosi forconi che venivano utilizzati nel-la casa-azienda. (imm. 08)Con il Museo della cultura pastorale di Fonni del 2006 si av-via, per noi, un nuovo modo di affrontare l’allestimento mu-seale attraverso la predisposizione di attrezzature audio, video ed informatiche che permettono al visitatore, anzi gli richiedono, una partecipazione attiva alla costruzione di un percorso espositivo personalizzato, nel quale il palinsesto di contenuti scientifici e didattici è disponibile alla manipolazio-ne. (imm.09-10) A Fonni oltre all’aspetto relativo all’integra-zione del codice espositivo con gli ambienti tradizionali, cui dedichiamo abitualmente particolare attenzione, abbiamo predisposto un’ambientazione sonora, diversa nei diversi piani dell’edificio e dedicata alle diverse tematiche trattate, e un sistema, diffuso ma non pervasivo, di audiovisivi integrati nella pannellistica didattica; una particolare cura è stata posta nella riproduzione delle immagini dell’archivio fotografico del Comune di Fonni che sono state reinterpretate graficamente. (imm. 11)Nel 2009 nell’allestimento del Museo dedicato alle figure di Emilio e Joyce Lussu, il progetto affianca un’esposizione tra-dizionale di foto d’archivio e testi tratti dai libri dei due autori, a un allestimento multimediale e interattivo. La sala dedicata alla mostra fotografica (imm.12) è animata dalla predisposi-zione di un sistema di audio guide RFID che consentono di conoscere l’origine, la datazione, il soggetto delle diverse im-magini; in un’altra sala un’applicazione multimediale dedicata alla vita e alle opere di Emilio Lussu, prodotta per il museo, è consultabile attraverso tre postazioni con monitor touch screen, integrati nei pannelli, dove uno dei monitor coman-da anche una videoproiezione di grande formato, adatta alla consultazione per gruppi; (imm.13) nella sala dedicata alle pubblicazioni di Emilio e Joyce, ed alle numerose edizioni stra-niere dei loro testi, nei banconi centrali si può comodamente consultare una serie di monitor, dotati di cuffie, che propon-gono interviste ai Lussu e letture di brani dei loro scritti (pro-dotte per il museo che commercializza un audiolibro con la lettura integrale di un testo per entrambi gli autori); una sala è infine dedicata alla proiezione integrale di film, video e docu-mentari che vedono la presenza dei Lussu in veste di autori o protagonisti. (imm.14)Le nuove modalità della percezione sviluppate negli ultimi

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anni di esperienze multitasking consentite dalla tecnologia informatica stanno modificando le necessità delle esposizioni museali e delle mostre temporanee; l’uomo è sempre più in grado di svolgere più compiti, e di cogliere più eventi, con-temporaneamente, e ha sempre più bisogno di costruire per-corsi personalizzati di visita. Si tratta di cogliere le potenzialità che le nuove tecnologie ci offrono senza dimenticare che la museografia novecentesca ha prodotto allestimenti che an-cora oggi possono essere considerati esemplari per chiarezza, semplicità e bellezza.

Regione autonoma della Sardegna, Sistema regionale dei musei. Piano di razio-nalizzazione e sviluppo, maggio 2007. Negli anni 2004-2008, sotto la presidenza di Renato Soru, la RAS ha impostato un rilevante numero di iniziative in campo museale, nell’ambito del Piano suddetto, che la Giunta attualmente in carica ha lasciato, in gran parte, cadere.La Carta delle professioni museali, promossa dalla Conferenza Permanente delle Associazioni museali italiane (AMACI, AMEI, ANMLI, ANMS, ICOM ITALIA, SIM-BDEA) è stata aggiornata nel giugno 2007. Per quanto riguarda i corsi di forma-zione, si segnala il progetto Parnaso, realizzato in Sardegna negli anni 2007-08. dall’Ifold di Cagliari.Secondo le definizioni di Pierfederico Caliari la Museografia istituisce il rapporto esistente tra una collezione e una struttura architettonica finalizzata al suo conteni-mento; si applica ai rapporti tra l’organizzazione dell’edificio e l’organizzazione della collezione a livello sintattico, cioè a livello della posizione delle opere in ragione di un percorso didattico scientifico; l’Allestimento apre ai terreni della performance visiva, si occupa dal punto di vista progettuale del rapporto estetico tra collezione e pubbli-co e istituisce i rapporti estetici tra opera e pubblico, operando emozionalmente sulla visione. Cfr Caliari P.F., “La forma dell’effimero tra allestimento e architettura: com-presenza di codici e sovrapposizione di tessiture”, Milano, Lybra immagine, 2000. Strutturata intorno a temi e concetti che evocano per metafore e approssimazioni di significati il senso dell’infinito, altrimenti inafferrabile: il Cosmico, L’opera d’arte incompiuta, l’Infinito nella costruzione prospettica, lo Spazio-in-mezzo (il concetto giapponese di MA); la Stanza Nera, il Monocromo, il Vuoto (in giapponese KU), la mostra è stata organizzata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e dalla Vervo-ordt Foundation; presentava oltre 300 opere, da pezzi archeologici a dipinti di an-tichi maestri, fino a opere moderne e contemporanee e a installazioni, alcune create espressamente per l’occasione. Le opere provengono da tutti i continenti e da epoche diverse: grandi maestri e autori anonimi; dipinti, sculture, installazioni, oggetti d’uso comune e di recupero; la sfida intellettuale e il coinvolgimento emozionale. Il modello della ridondanza è una tecnica espositiva che, dal punto di vista formale e percettivo si basa sull’equilibrio, sull’isomorfismo tra codice oggettuale, cioè la colle-zione esposta, codice sfondo, e codice mediale, cioè tutto ciò che sta dietro e accanto alla collezione: tra architettura ed allestimento. Cfr P.F. Caliari, cit. alla nota 4. Franco Albini, prolusione tenuta all’inaugurazione dell’Anno Accademico 1954-55 allo IUAV, Le mie esperienze di architetto nelle esposizioni in Italia e all’estero, “Ca-sabella” n.370, febbraio 2005. http://www.museoguatelli.it/ ARCHeI, Società cooperativa Architetti e Ingegneri di Cagliari, opera in vari setto-

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ri della progettazione e realizzazione di architetture, spazi pubblici, infrastruttu-re, restauro, allestimenti museali. E’ composta dall’arch. Lucio Ortu (Presidente), dall’Arch. Isabella Braga (vice Presidente), dai soci ing. Fabrizio Cadeddu, ing. En-rico Erdas, ing. Carlo Pillola, arch. Paolo Sanjust.Progettisti architetti Isabella Braga e Paolo Sanjust; il sito del Museo è: www.co-mune.armungia.ca.it/sistemamuseale/sistema.htmlPietro Clemente, noto antropologo museale, a proposito del museo di Armun-gia, ha detto: “perché la scopa da forno, su furconi, la pala da forno... sono così alte? Stanno lì con una predella che le fa svettare? Qui c’è un altro codice mu-seografico che funziona e che io chiamo il ‘codice epico’. Cioè: qui si vuol dire... : Guardate che non é solo una bandiera o una spada che ha diritto di svettare! L’umile lavoro di queste donne che preparano l’alimento fondamentale della nostra vita ha anch’esso qualche cosa da ricordare, da sbandierare, da elevare e quindi lì siamo noi che li guardiamo dal basso in alto, questi oggetti del lavoro umile, del lavoro contadino.”Progettisti architetti Isabella Braga e Paolo Sanjust. Il sito del museo è: www.sar-degnacultura.it/j/v/253?s=22728&v=2&c=2487&c1=2127&visb=&t=1Progettisti architetti Isabella Braga e Paolo Sanjust. Il sito del Museo è: www.mu-seodellaculturapastorale.com/Emilio Lussu, grande figura di antifascista, scrittore, fondatore del Partito sardo d’azione, fu Ministro nei primi due governi dopo la liberazione dal fa-scismo; Joyce Salvadori Lussu, poetessa, scrittrice, traduttrice, condivise con Emilio l’avventura antifascista dell’esilio. Alcune immagini del cantiere dell’al-lestimento e dell’inugurazione del museo sono su: http://www.youtube.com/watch?v=o1XD7Y2Pjds.Progettisti architetti Isabella Braga, Lucio Ortu, Paolo Sanjust, ingegner Carlo Pillola. Ma il sistema, per problemi amministrativi, non è stato ancora attivato.

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Lucia Siddi

L’importanza delle stampe quali fonti di ispirazione per i pit-tori operanti in Sardegna nel XvI secolo.

In occasione dell’importante convegno internazionale sull’in-cisione, organizzato da Casa Falconieri, in considerazione dell’esperienza che ho maturato in trent’anni di attività nella Soprintendenza per i Beni Culturali di Cagliari e Oristano, du-rante la quale ho avuto modo di progettare e dirigere numerosi lavori di restauro sui dipinti, mi è sembrato interessante presen-tare una relazione che sottolineasse l’enorme contributo dato dalla stampa, nel Cinquecento, alla trasmissione e diffusione in tutta Europa, e quindi anche in Sardegna, delle opere pittori-che realizzate dai diversi artisti nel periodo rinascimentale.Se l’incisione è stata spesso considerata un’arte minore, essa invece ha sempre svolto un ruolo documentario importantis-simo e possiede, come ben sappiamo, tutte le caratteristiche di una vera e propria creazione artistica. Solo a partire dalla prima metà del XV secolo si procedette a trasferire su carta le raffigurazioni incise a bulino sulla lastra metallica; furono i mercanti a promuovere questa nuova espressione artistica che consentiva di diffondere i modi espressivi della cultura, soprattutto quella religiosa, con più rapidità ed efficacia. Tra i numerosi maestri incisori che hanno influenzato la cul-tura figurativa della Sardegna del primissimo Cinquecen-to, spicca per abilità e fama il grande artista tedesco Martin Schongauer, nato e vissuto a Colmar nella seconda metà del XV secolo (1450ca.-1491). Figlio di un orafo, attraverso i suoi viaggi in Olanda e in Borgogna ebbe modo di conoscere e apprezzare le opere dei pittori fiamminghi che influenzarono notevolmente la sua produzione artistica e aprì una bottega a Colmar dove visse fino alla morte. Egli realizzò molte incisioni su rame, quasi esclusivamente di soggetto religioso, che ven-dette in Germania, in Italia e in Inghilterra.Ancora più del Schongauer, l’incisore maggiormente “citato” dai pittori operanti in Sardegna nel XVI secolo è il tedesco Albrecht Dürer. Nato a Norimberga nel 1471, si formò nella bottega orafa del padre. Tra il 1494 e il 1495 fece il suo primo viaggio nel nord Italia che gli consentì di conoscere le opere dell’arte italiana, conoscenza che approfondì ulteriormente in occasione del suo secondo viaggio, realizzato tra il 1505 e il

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1507, durante il quale prese anche lezioni di prospettiva a Bo-logna. Intorno al 1504 realizzò diciassette stampe da xilogra-fie raffiguranti episodi della vita di Maria che pubblicò prima singolarmente e poi, nel 1511, raccolte in un volume con l’ag-giunta di altri due fogli. Nel 1520, in compagnia della consor-te, si recò nei Paesi Bassi e prese contatto con diversi artisti ivi operanti. Tornato in Germania nel 1521, morì nel 1528. La sua vasta attività nel campo della grafica è caratterizzata dall’uso di due diverse tecniche: quella xilografica, di estrazio-ne più popolare, dove prevalgono gli intenti espressionistici e visionari, e quella su lastra metallica più raffinata ed elaborata concettualmente. Durante la sua lunga attività, Dϋrer rimase sempre in contatto con esperti venditori ambulanti che diffu-sero le sue opere di paese in paese, opere che affascinarono enormemente gli artisti italiani colpiti in un primo momento dai minuti dettagli paesaggistici e dal pathos di alcune raffigu-razioni; dalla metà del XVI secolo, periodo in cui le opere gra-fiche di Dϋrer ebbero la più ampia diffusione, furono invece le scene religiose, soprattutto la serie delle Passioni eseguite tra il 1507 e il 1512, ad ispirare i pittori italiani. L’altro polo che influenza fortemente la pittura sarda del Cin-quecento è costituito dalle opere di Raffaello, conosciute gra-zie alle incisioni di Marcantonio Raimondi, il più famoso e va-lente incisore italiano del XVI secolo. Nato nei pressi di Bologna intorno al 1480, si trasferì a Venezia dove, nel 1506, incontrò dei mercanti provenienti dal nord Europa “…con molte carte intagliate e stampe in legno e in rame da A. Dϋrer”. Raimondi rife-ce talmente bene le 17 xilografie della Vita di Maria dell’artista tedesco, incidendole però su rame, che vennero vendute come originali del Maestro provocando, secondo la testimonianza del Vasari, il suo profondo risentimento. Nel 1508, trasferitosi ormai a Firenze, Marcantonio incise opere di Michelangelo e di Raffaello. Nel 1513 lo troviamo a Roma dove si lega stretta-mente al grande pittore urbinate tanto che si arrivò a sostene-re che i due avessero impiantato un laboratorio di incisione, di cui condividevano i guadagni, nella casa di Raffaello con quest’ultimo che forniva i disegni e il Raimondi che ne ese-guiva le stampe. Egli non sempre riproduceva fedelmente le opere dei grandi pittori ma spesso le trasformava ispirandosi ad altri artisti e dando vita a nuove opere. Considerato il più ec-cellente incisore su rame, cercavano di entrare a far parte della sua bottega i giovani italiani e stranieri che volevano imparare

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l’arte dell’incisione. Nel 1527, durante il sacco di Roma, i soldati fecero irruzione anche nella sua bottega devastandola e ucci-dendo il suo allievo prediletto, Marco Dente. Da quel momento il Raimondi lasciò Roma e di lui non se ne seppe più nulla.Fu proprio in seguito al sacco di Roma che nacque il vero e proprio commercio delle stampe: le nuove insieme a quelle vecchie, recuperate tra i banchi dei robivecchi dopo che i sol-dati spagnoli le avevano gettate in strada dalle finestre delle botteghe durante il saccheggio della città, diedero vita ad un fiorente commercio da parte di accorti editori come il Sala-manca e il Lafréry. Prima di quella data erano gli stessi inciso-ri a preoccuparsi di smerciare le loro opere e le relazioni tra i mercanti erano alla base del mercato della grafica i cui acqui-renti erano soprattutto i pittori che sentivano la necessità di rendere più moderno il loro repertorio figurativo.L’analisi della produzione pittorica del Cinquecento sardo, co-stituita essenzialmente dai retabli, dimostra con estrema chia-rezza come i soggetti e le scene raffigurate derivino da modelli incisori i quali, in diverse occasioni, consentono almeno una datazione post quem delle opere in mancanza di documenti certi. Pensiamo al caso del Retablo di Sant’Eligio, oggi nella Pi-nacoteca Nazionale di Cagliari, attribuito ad un ignoto pittore denominato convenzionalmente Maestro di Sanluri, la cui da-tazione veniva preferibilmente collocata dalla critica alla fine del XV secolo ma che, in seguito al riconoscimento della de-rivazione di alcune scene della predella dalla serie di stampe della Vita di Maria realizzate da A. Dürer intorno al 1505-07, è stata necessariamente posticipata di qualche anno. E’ eviden-te, infatti, come per la realizzazione del terzo scomparto de-stro, raffigurante L’elemosina di S.Eligio, il pittore nel realizzare lo sfondo architettonico si sia ispirato alla scena della Circonci-sione incisa dal Dϋrer nel 1504 e appartenente alla serie della “Vita di Maria”. Il ricorso alle incisioni del grande artista tede-sco appare ancora più palese se confrontiamo il terzo pannel-lo a sinistra con S.Eligio davanti a Clotario (Fig.1)e l’incisione xilografica di Gesù fra i Dottori (Fig.2), appartenente alla serie dell’opera dϋreriana, dove ritroviamo la stessa impostazione architettonica con alcune varianti.L’uso cospicuo dei modelli incisori si rileva nel grande retablo di Ardara, firmato nello scomparto centrale della predella da Giovanni Muru e datato 1515. Nell’opera, attribuibile a più mani, i rimandi alle stampe sono molteplici: dalla scena del-

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la Dormitio Virginis, nello scomparto centrale sopra la nicchia, ripresa dall’omonima scena di Martin Schongauer (Fig.3), a quella dell’Annunciazione, nella prima tavola in alto a sinistra del retablo, dove il riferimento è invece da individuare nello stesso episodio inciso da Dϋrer nel 1503, presente nella serie della “Vita di Maria”(Fig.4).Ancora ad un incisore tedesco fa riferimento l’ignoto autore del Retablo di Dolianovanello scomparto centrale superiore dove la Madonna col Bambino e i tre Angeli cantori replicano fedelmen-te le stesse figure della rara incisione del Maestro tedesco i.c., da-tata intorno al 1500.Il paesaggio, a Dolianova, è scomparso per lasciare il posto ad una semplice balaustra grigia e ad un prezio-so drappo broccato in oro, ma identici sono i panneggi e le pose delle figure, così come il rinascimentale vaso con i gigli (fig.5).E’ soprattutto Dϋrer la fonte di ispirazione di Pietro Cavaro quando, nel 1518, realizza il retablo dell’altare maggiore della Parrocchiale di Villamar(Fig. 6). Nella sua prima e unica ope-ra datata e firmata, il pittore stampacino raffigura l’episodio di San Francesco che riceve le stigmate (Fig.7) riprendendo dall’incisione dell’artista tedesco l’immagine in primo piano del Santo inginocchiato sul cui corpo, attraverso cinque raggi, si imprimono le piaghe del Cristo crocifisso; se lo sfondo di pa-esaggio nell’opera del Cavaro viene semplificato, l’immagine del fraticello addormentato che si scorge a sinistra della scena è ripresa con notevole fedeltà dall’originale realizzato su ma-trice xilografica tra il 1503 e il 1504 (Fig.8).Il ricorso alle stampe del Dϋrer da parte di Pietro Cavaro, spes-so rielaborate con una discreta libertà, è evidente anche in al-tre opere da lui realizzate nel corso del primo trentennio del XVI secolo, soprattutto nel retablo dedicato alla Madonna dei sette dolori, oggi smembrato e in parte perduto.Con i due retabli cagliaritani dei Beneficiati e dei Consiglieri, l’interesse dei pittori si sposta verso le stampe derivate dalle opere di Michelangelo, in particolare gli affreschi della Cap-pella Sistina, e di Raffaello delle Logge vaticane. Le citazioni da quest’ultimo si accentuano nel polittico dei Consiglieri: nel-la predella, infatti, le figure dei dodici apostoli sono tratte da quelle ideate nel 1517 dal grande artista urbinate per la sala detta dei Palafrenieri e incise da Raimondi e dai suoi collabo-ratori (Figg.9-10), mentre lo scomparto centrale superiore con la figura della Trinità (Fig.11) deriva dalla Visione di Ezechiele di Palazzo Pitti a Firenze (Fig.12), ad eccezione del Crocifisso tipi-

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Fig. 5Fig. 6

Fig. 8Fig. 7

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camente cavariano. Nello scomparto laterale destro, l’imma-gine della Santa Cecilia è chiaramente tratta dalla Maddalena della Pinacoteca Nazionale di Bologna e il gruppo degli Angeli musicanti deriva dalla stampa che il Raimondi fece della stessa opera raffaellesca(Figg.13-14).Il figlio di Pietro, Michele Cavaro, utilizzando evidentemente le stampe presenti nella bottega del padre, nella Sacra Fami-glia di Barisardo (Fig. 15) si ispira ancora una volta alle opere di Raffaello, mediate attraverso le incisioni del Raimondi, in particolare alla Sacra Famiglia di Francesco I (Fig.16), dove al paesaggio del dipinto raffaellesco viene preferito un ampio drappeggio.E’ sempre Raffaello la fonte di ispirazione quando Antioco Mai-nas, nel 1565, dipinge lo scomparto centrale del Retablo dei Consiglieri, oggi nell’Antiquarium Arborense di Oristano; egli, infatti, nella figura di Maria che allatta Gesù (Fig.17), riprende il dipinto raffigurante la Sacra Famiglia del grande artista urbi-nate incisa da Marcantonio Raimondi (Fig.18).Alle incisioni dϋreriane, riprese con meticolosa precisione, si ispira invece il figlio di Antioco, Peroto, il quale, insieme con Michelangelo Cavaro, nel 1571 rileva la commissione del re-tablo di S.Anna per la Parrocchiale di Sanluri in seguito alla morte del padre. Dal foglio 3° e 4° della Vita di Maria sono tratte le scene dell’Incontro di Anna e Gioacchino davanti alla Porta Aurea e La nascita di Maria, dal 7°,8° e 9°gli episodi rela-tivi all’Annunciazione, all’Adorazione dei pastori e a quella dei Magi (Figg. 19-20-21 e 22). Con alcune varianti, dovute però alla volontà di semplificare le scene più che all’intento di rein-terpretarle, i due Maestri riprendono dalle incisioni di Albrecht Dϋrer anche l’Ascensione, la Resurrezione, la Pentecoste e l’As-sunzioneE’ verosimile che il Maestro di Ozieri, attivo nel nord Sardegna nella seconda metà del XVI secolo, abbia attinto invece per il suo repertorio iconografico alle incisioni che il Raimondi fece dei fogli del Dϋrer; è palese, infatti, il ricorso ad essi nella raf-figurazione della Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta, scomparto laterale destro del Retablo di Nostra Signora di Lo-reto (Figg.23-24), conservato nella Cattedrale di Ozieri, mentre nella scena della Sacra Famiglia, appartenente ad un retablo smembrato e oggi conservata a Ploaghe, si ispira all’incisione che fece il Raimondi dell’opera di Raffaello (Figg.25-26), a di-mostrazione dell’ampiezza e varietà del repertorio a stampa

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conosciuto dall’ignoto artista.Ho ritenuto di estremo interesse concludere il mio intervento al convegno presentando un retablo oggi smembrato che, in oc-casione della mostra intitolata Dal colle una eco…Sette secoli di storia, fede e cultura dei Mercedari in Sardegna, allestita a Cagliari presso i locali del Lazzaretto di Sant’Elia, è stato eccezionalmen-te ricomposto nei locali della Pinacoteca Nazionale. Analizzan-do le diverse proposte degli studiosi che si sono occupati di questo polittico, sono stati riassemblati i diversi scomparti che si riteneva facessero parte dello stesso polittico: La Crocefissio-ne, quale scomparto centrale superiore, S.Pietro e S.Girolamo, scomparti laterali a sinistra, tutti e tre attualmente esposti nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari. S.Ludovico di Tolosa (oggi nei locali del convento mercedario cagliaritano), sempre secondo gli storici dell’arte, doveva costituire lo scomparto superiore de-stro, mentre la predella era formata da sette scomparti: i Santi Andrea, Elena, Michele e Nicola di Bari ( fino al 1939 ancora pre-senti nei depositi della vecchia Pinacoteca Nazionale), Raffaele e Tobiolo, (oggi nel convento dei padri mercedari di Bonaria) e Chiara d’Assisi (attualmente appartenente alla collezione Piloni dell’Università degli Studi di Cagliari.)Secondo la testimonianza di padre Brondo, il retablo costituiva la pala dell’altare maggiore del Santuraio di Nostra Signora di Bonaria, eretto dai catalano-aragonesi nella prima metà del XIV secolo, ma appariva già smembrato intorno alla metà dell’Otto-cento. Il canonico Giovanni Spano, infatti, nel 1861, descriveva nella seconda cappella dedicata alla Madonna di Loreto …il più bel dipinto antico sulla tavola che mai possa vedersi del più bel for-bito stile del Perugino e di Raffaello. Rappresenta la Vergine col Bam-bino, ed il piccol S.Giovanni che con grazioso ed innocente modo stendesi sulle ginocchia della Vergine per consegnare un cardellino a Gesù. Dopo essersi soffermato ulteriormente sulla bellezza del dipinto, l’insigne studioso precisava che…Attorno a questa tavo-la vi stavano altri spartimenti con diversi Santi dello stesso stile, che furono dispersi. La Crocefissione che si conserva dentro il chiostro formava il finimento superiore di questa grand’opera.Nell’Archivio mercedario di Bonaria si conserva un foglio nel quale Raffaello Delogu per la prima volta ipotizzava una pos-sibile ricostruzione del polittico che pubblicava nel 1937:una predella con, da sinistra, S.Chiara, S.Elena, S.Andrea, uno spazio vuoto, un Santo non identificato (verosimilmente Raffaele con Tobiolo), S.Nicola di Bari e S.Michele. Nello scomparto centrale

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inferiore inseriva la Madonna col Bambino e S.Giovannino, in quello sovrastante la Crocefissione e in quelli laterali S. Pietro e un generico Santo vescovo. Nel 1939 i quattro scomparti della predella,raffiguranti i Santi Elena, Michele, Andrea e Nicola, in-sieme ad altre opere, vennero imballati per essere trasferiti nel rifugio di Siligo a salvaguardia di eventuali danni bellici, ma non giunsero mai a destinazione e, nonostante le numerose ricerche, non vennero mai recuperati.Nel 1990 R.Coroneo e R.Serra confermavano l’ipotesi ricostrut-tiva del Delogu e proponevano che anche lo scomparto con il San Girolamo facesse parte del retablo.Nella ricomposizione operata nel 2008 (Fig.27), ho ritenuto di dover modificare la posizione dei pannelli costituenti la predella che doveva avere al centro non il S. Michele, come ritenuto dal Delogu, ma una tavola oggi perduta che doveva raffigurare o Cristo in pietà o l’Ecce Homo come in quasi tutti i retabli, soprattutto in quelli dedicati alla Vergine. Il riassem-blaggio, anche se non completo, altre a consentire di conosce-re le dimensioni dell’opera originaria, circa 5 metri di altezza per 4 metri di larghezza ha dato l’opportunità di notare una serie di incongruenze che mi hanno portato a dubitare seria-mente sulle reali possibilità che i diversi elementi appartenes-sero ad un’unica opera. Il primo dato che saltava subito agli occhi era la presenza del fondo in oro zecchino con decorazio-ni incise nella sola tavola centrale con la Madonna in trono e il ben più alto livello della sua pittura, da confrontare solo con quella del S.Girolamo sia per la gamma cromatica che per la composizione e il disegno. Un altro dato non trascurabile era costituito dalla totale assenza, tra i Santi raffigurati, di quel-li appartenenti all’Ordine mercedario e invece la presenza di Santi francescani o particolarmente venerati da quest’ultimo Ordine. Appariva alquanto improbabile che nella pala dell’al-tare maggiore di un santuario mercedario mancassero proprio i Santi dell’Ordine. Già queste considerazioni erano più che sufficienti per rimettere in discussione le ipotesi finora avan-zate dalla critica e proporre delle nuove soluzioni.Tra quelle possibili, mi sentirei di affermare che ci troviamo di fronte non ad un unico retablo ma a due diversi polittici: uno costituito dagli scomparti con la Madonna, Gesù e San Giovan-nino, il S. Girolamo e, con qualche serio dubbio, la tavola della Crocefissione, in origine nel santuario mercedario (Figg.28-29-30), mentre tutti gli altri elementi dovevano appartenere ad

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un altro polittico, verosimilmente proveniente da una chiesa francescana. Non potendo identificare quest’ultima con il vici-no edificio di S. Bardilio, oggi distrutto, perché nel 1508, quin-di ben 25 anni prima della verosimile realizzazione dell’opera, i francescani lo abbandonarono per trasferirsi nella chiesa del Gesù, le ipotesi più plausibili sembrerebbero quelle della sua provenienza o dalla stessa chiesa di S.Maria di Gesù oppure da quella sempre cagliaritana di S.Francesco di Stampace, crol-lata nel 1875. Anche per quanto riguarda gli autori dei due retabli, le differenze citate in precedenza mi portano ad attri-buirli a due distinti artisti: il primo, con capacità tecniche e pit-toriche di più alto livello che ritrovo nella produzione di Pietro Cavaro il quale ritengo possa essere identificato quale autore dell’opera, esegue le parti superstiti del polittico di Bonaria, con la collaborazione del figlio Michele nello scomparto della Crocefissione; il secondo, invece, potrebbe essere identificato in Michele che, dopo la morte del padre, realizza il retablo per una delle chiese francescane citate in precedenza del quale restano gli scomparti incompleti della predella e una delle ta-vole laterali con il S.Ludovico. Nelle parti superstiti del retablo di Bonaria rilevo, come ac-cennavo prima, tutta una serie di elementi che trovano precisi riscontri nelle opere di Pietro, dai bassorilievi in monocromo del trono della Madonna, da porre in relazione con quelli del parapetto posto dietro la figura di S.Giovanni Battista nel re-tablo di Villamar, ai caratteristici tratti dei volti; dallo sfondo di paesaggio del S.Girolamo, le cui architetture, la vegetazione e la singolare morfologia delle rocce richiamano, nonostante il cattivo stato di conservazione dovuto ad un vecchio inter-vento di pulitura, lo scomparto del retablo del Santo Cristo di Oristano raffigurante le Stigmate di S.Francesco, alla punzona-tura del fondo oro il cui motivo a fiorone entro rombi si ripete nel retablo del Santo Cristo di Oristano e nel polittico di Suelli, datati entrambi intorno al 1533Se dunque la questione relativa al retablo di Bonaria o ai due retabli resta ancora aperta, certa è, invece, la derivazione della figura della Madonna e del Bambino del Santuario di Bonaria da stampe che riproducono il dipinto denominato Madonna della Rosa , oggi nel museo del Prado a Madrid, datato intorno al 1520, attribuito al pittore Giulio Romano su disegno di Raffaello. Iden-tici appaiono, infatti, il volto di Maria e la complessa capigliatura, identica la torsione del busto della Madonna, il modo in cui essa

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sostiene Gesù che, come nel dipinto del Prado, poggia il piede destro sul grembo della Madre e il sinistro su uno sgabello.L’approfondimento della ricerca, tuttora in corso, conferma ulteriormente lo stretto legame tra le stampe e la produzione pittorica presente in Sardegna, legame che proseguì anche nei secoli successivi contribuendo ad ampliare le conoscenze degli artisti isolani su ciò che veniva prodotto nel resto d’Eu-ropa, e che avveniva spesso solo ed esclusivamente attraverso l’ampia circolazione dei modelli incisori, consentendo di svec-chiare e aggiornare il loro repertorio iconografico.

A.BARTSCH, Le peintre graveur. Nouvelle édition-Maitres allemands”, Sixieme volume, 1982, p.60. Dϋrer. Incisioni scelte e annotate da Roberto Salvini, Firenze 1980, p.3 e segg.G.M.FARA, Albrecht Dϋrer.Originali, copie, derivazioni, Firenze 2007, p. XII e segg.A.PETRUCCI, Panorama della incisione italiana. Il 500, Roma 1964, p. 19 e segg.A.PETRUCCI, Panorama...cit., p.20A.PETRUCCI, Panorama…cit., p.22A.PETRUCCI, Panorama…cit., p. 30.A.PETRUCCI, Panorama…cit.,p. 55R.SERRA, Pittura e scultura dall’età romanica alla fine del 500, Nuoro 1990, p. 275. Ultimamente si è proposto di identificare nei pittori Pietro Cavaro, Gu-glielmo Mesquida e Giuliano Salba, citati in un documento del 2 febbraio 1512 conservato nell’Archivio Capitolare di Cagliari, gli autori del retablo di S.Eligio. Cfr. A.PILLITTU, Nuovi scenari per il Maestro di Castelsardo e per la pittu-ra in Sardegna fra Quattrocento e Cinquecento in “Castelsardo. Novecento anni di storia” a cura di A.Mattone e A.Soddu, Roma 2007, p.697 e segg.R.SERRA, Pittura…, cit., p. 277, tavv. XIII-XIV.R.SERRA, Pittura…cit., p. 277, tavv. XV-XVI.R.SERRA, Pittura…cit., pp. 148-149. Cfr. anche M.G.SCANO,La pintura del Gòtic tardà a Sardenya in “L’Art Gòtic a Catalunya. Pintura”, vol. III, Barcellona 2006.The illustrated Bartsch 8-Part 1, New York 1996, p. 67.G.M.FARA, Albrecht …cit., pp. 207-208.R.SERRA, Pittura…,cit., pp.154-155. A.BARTSCH, The illustrated…,cit., 8 commentary, part. 1, p.291.R.SERRA, Pittura…,cit., pp.178-179G.M.FARA, Albrecht …cit., p. 339.R.SERRA, Pittura…cit., pp. 276-279.Il polittico, proveniente dalla Cattedrale di Cagliari, si conserva oggi nell’at-tiguo museo diocesano ed è attribuito ad un ignoto pittore campano attivo entro il primo trentennio del 1500. Cfr.Pittura del Cinquecento a Cagliari e pro-vincia (a cura di G.Zanzu e G.Tola), Genova 1992, pp.69-88.L’opera si trova nei locali del Municipio di Cagliari. Attribuito a manierista cam-pano con la collaborazione di Pietro e Michele Cavaro, risale presumibilmente al terzo decennio del XVI secolo. Cfr. Pittura del Cinquecento… cit.,pp.89-114. Secondo Roberto Coroneo (in R.SERRA, Pittura…cit.,p.209)l’opera è da iden-tificare con quella commissionata a P.Cavaro nel 1527 dalla confraternita di N.S.di S.Michele per la Cattedrale di Cagliari. Se così fosse, il suo trasferimento nell’antico Palazzo di Città dovette avvenire intorno agli anni settanta-ottanta del Seicento in occasione dei lavori di ristrutturazione della chiesa primaziale. E’ forse in seguito al trasferimento che i Consiglieri civici chiesero al pittore Giuseppe Deris, attivo negli ultimi decenni del XVII secolo, di renovar il polit-tico ridipingendo la figura della Madonna e sovrapponendo agli scomparti

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laterali le tele con le figure dei Consiglieri allora in carica. Le ridipinture venne-ro asportate nel primo Novecento in occasione del restauro, così come le tele che ancora oggi, dopo il distacco dalle tavole cinquecentesche, si conservano in una sala del nuovo Palazzo Civico. Ritengo, comunque, più verosimile che l’opera sia stata commissionata per la cappella del Palazzo di Città, anche per-ché se il retablo fosse stato dedicato a S.Michele, come ipotizza Coroneo, la sua immagine non sarebbe stata dipinta nel polvarolo centrale superiore ma in una delle tavole laterali come di solito.L.BIANCHI, La fortuna di Raffaello nell’incisione in “Raffaello. L’opera. Le fonti. La fortuna”, Novara 1968, vol. II, pp. 673-674, fig. 44.La scuola di Stampace, a partire da Pietro Cavaro, per tutto il Cinquecento, nel raffigurare l’immagine del Cristo in croce sceglierà sempre il tipo iconografico del crocifisso gotico-doloroso il cui prototipo, realizzato in legno e di dimen-sioni naturali, si conserva a Oristano nella chiesa conventuale di S.Francesco ed è attribuibile alla prima metà circa del XIV secolo. Cfr. L.SIDDI, Le opere scultoree in “La Corona d’Aragona: un patrimonio comune per Italia e Spagna (secc. XIX-XV)”, catalogo della mostra, Cagliari 1989, p. 287 scheda 441.L.BECHERUCCI, Raffaello e la pittura in “Raffaello. L’opera…”, cit., vol. I, p. 163.R.SERRA, Pittura…cit., p. 222 e p. 281.L.SIDDI, Il retablo di Sanluri, in “Pittura del Cinquecento…”, cit., p.173 e segg. Antioco Mainas risulta già defunto il 28 marzo del 1570, cfr. I.FARCI, “Guida alla Basilica di Sant’Elena. Quartu”, Quartu S.E. 2007, p. 66, nota 1.R.SERRA, Pittura…cit., pp.272-75.R.SERRA, Pittura…cit., p. 235 e segg.R.SERRA, Pittura…cit., pp.236-237.La mostra è stata organizzata in occasione della venuta a Cagliari, il 7 set-tembre 2008, di papa Benedetto XVI dalla Soprintendenza Archivistica del-la Sardegna in collaborazione con i Padri mercedari, con la Soprintendenza BAPPSAE di Cagliari e con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari. Inaugurata il 5 settembre 2008 si è conclusa il 30 dello stesso mese.A.BRONDO, Parte primera del libro llamado historia y mila gros de N.S. de Bue-nayre de la Ciutad de Caller, Caller 1595.G.SPANO, Guida della città e dintorni di Cagliari, Cagliari 1861, p. 310.R.DELOGU, Michele Cavaro. Influssi della pittura italiana del Cinquecento in Sar-degna in “Studi Sardi” III, 1937, pp. 5-92.Negli archivi della Soprintendenza BAPSAE di Cagliari è presente una cartella relativa agli avvenimenti citati e le foto in bianco e nero delle opere che appa-iono in un precario stato di conservazione.R.CORONEO in R.SERRA, Pittura e scultura…, cit., p. 212, scheda 98.Le proporzioni dovevano essere quelle del retablo che Pietro Cavaro e il figlio Michele realizzarono tra il 1533 e il 1537 per la Cattedrale di Suelli, ancora oggi conservato nel presbiterio. Cfr. la relativa scheda di G.ZANZU in Pittura del Cinquecento…, cit., p. 43.La chiesetta di S.Bardilio sorgeva nel luogo in cui oggi si apre l’ingresso al ci-mitero monumentale di Bonaria, situato all’inizio della salita che porta al San-tuario di Nostra Signora di Bonaria.G.SPANO, Guida della città…,cit., p. 304.La chiesa di S.Maria di Gesù sorgeva nel sito della vecchia Manifattura dei Ta-bacchi e venne abbandonata dai padri Osservanti il 26 aprile del 1749 per trasferirsi nel vicino convento di S.Rosalia. Cfr. G.SPANO, Guida…cit., p.248.Per le vicende che portarono alla distruzione e abbandono dell’edificio Cfr. G.STEFANI, La chiesa nell’Ottocento:cronaca di un crollo annunciato in “Quader-no 4/91.S.Francesco di Stampace (1861-1991) della Soprintendenza ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici per le province di Cagliari e Ori-stano”, Cagliari 1991, pp.7-14.R.SERRA, Pittura e scultura…cit., pp. 196-197, 198-199 e p.210.A.MARABOTTINI, I collaboratori in “Raffaello…”, cit., vol. I, p. 249.

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ISABEL ELORRIETA

ESTAMPA ANTE LOS RETOS DE LA GRÁFICA ACTUAL

1. Historia y estructura de la feriaEstampa nace en 1993 como iniciativa de la Fundación Actili-bre, y ha contado desde sus comienzos con la presidencia de honor de S. M. La Reina Doña Sofía y el apoyo del Ministerio de Cultura, Comunidad de Madrid y Ayuntamiento de Madrid, además de otros destacados organismos que han contribuido a convertir la feria, en cita ineludible dentro del mundo de la edición. Desde su primera edición ESTAMPA ha seguido un criterio ecléctico para ofrecer al público español muestras del trabajo oculto de los más significativos artistas. Si en el 93 se presentó por primera vez en España la obra gráfica de Jasper Jones o la serie más reciente de grabados de Bacon, también acudie-ron las principales galerías de América latina con una densa muestra de los mejores grabadores de ese continente y una selección de la colección de obra gráfica del Museo Olímpico de Lausana.La promoción de la edición de arte, y su forma más alambica-da, los libros de artista, es otra de las prioridades de la comi-sión organizadora, en 1994 la Biblioteca Nacional expuso en la feria una selección de sus libros de artista, prácticamente desconocidos hasta entonces. Pero también fue el año en que la presencia iberoamericana comenzó a hacerse notar, Cuba, México, Argentina o Colombia entre otros países han frecuen-tado la feria desde entonces. En 1999 llegan a ESTAMPA para quedarse, las Tentaciones. Un espacio que la organización cede a un grupo de jóvenes arti-stas que inundan de frescor con sus atrevidas propuestas el panorama artístico español, con ellos llegan también a la feria los Encuentros Juana Mordó, un ciclo de conferencias que se repite en sucesivas ediciones y que analiza el papel de la mu-jer en la gestión cultural. El grabado japonés contemporáneo, la Fundación Amigos del Museo del Prado o el gabinete de estampas del Museo Cerralbo complementan la oferta de ex-posiciones ese año.Del año 2000 hasta la actualidad, Estampa se ha convertido en referente dentro del mundo de la edición intentando adap-tarse a los distintos momentos marcados por el panorama

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artístico actual e intentando ser un escaparate que refleje la actualidad dentro de este mundo.De “Salón del grabado” se ha pasado al concepto de “Feria de Arte Múltiple“ ya que desde la Comisión Organizadora de la feria se pensó que este término aglutinaba de un modo más categórico el contenido de la feria.

2. EstructuraLa feria, que se distingue por ser feria especializada en arte múltiple, de carácter único en Europa, se estructura en seccio-nes perfectamente identificadas y parceladas que a su vez fa-vorecen el dialogo y la interrelación entre los distintos agentes que conforman el panorama artístico.GALERIAS y EDITORAS. Conforman el grueso de la feria, su razón de ser. La feria debe ser un escaparate donde se den cita las principales galerías y editoras, donde converjan todas las iniciativas y nuevos movimientos y que a su vez que ayuden a dar un paso más en el arte múltiple. Tenemos la obligación de ser la aglutinadora y mostrar nuevas técnicas, dar paso a nue-vos artistas por medio de becas y de nuestras “Tentaciones “ , favorecer la continua revisión que sobre los conceptos propios de la gráfica, se van produciendo.ARTISTA INVITADO: La elección de la imagen que represen-tará la feria, tiene la importancia de reflejar que se persigue y cuál es la “cara” que queremos dar al exterior. Desde Canogar a Feito pasando por Blanca Muñoz, Chema Madoz hasta Jan Hendrix y Jesús Pastor, todos ello encarnan perfectamente la manera en la que Estampa quiere afrontar los nuevos retos en la gráfica. No solo la utilización de nuevos materiales o nuevos métodos sino que continuamente se están enfrentando a los retos y posibilidades que ofrece el mundo de la edición.INSTITUCIONES. Dese el Ministerio de Cultura a la Comunidad de Madrid así como otras instituciones que nos han ayudado a difundir la importancia del arte múltiple, nos han dotado de los recursos necesarios para fomentar el coleccionismo tanto público como privado en este ámbito del arte múltiple.TENTACIONES: Es una plataforma que quiere fomentar la ac-tividad creadora y apoyar a aquellos artistas que, individual-mente o como colectivo, desarrollan sus proyectos desde una perspectiva de investigación al entender el proceso de creación como parte de un acto de comunicación relevante y necesario para un mayor conocimiento sobre la compleja

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sociedad en la que vivimos y los cambios a los que ésta se ve sometida.Incentiva la creatividad artística y promueve las nuevas tec-nologías.Seguimiento y continuidad de los proyectos con becas en Ciec ( Betanzos ) Casa Falconieri(Cerdeña), CPS (Lisboa), Casa Velázquez (Madrid) y Fundación Miró (Palma de Mallorca)Presencia de los artistas en eventos como el festival LOOP de Barcelona o la selección en la última Bienal de Zamora.Apoyo e integración de la Comunidad de Madrid en el pro-yecto: Premio de Jóvenes Creadores creado por la comunidad con ayuda a la producción, ha venido a sumarse a la sección de Tentaciones para dar mayor trascendencia y continuidad a estos proyectos.BOOK IN El libro como elemento fundamental dentro de una feria de edición nos ha llevado a dar mayor relevancia a una sección ya de por si importante durante los 17 años de la feria. Nueva concepción espacial que favorecerá el intercambio y la presencia de editoriales y editores de relevancia además de editoriales independientes o todos aquellos museos y centros de arte con especial relevancia en sus proyectos editoriales dotando de mayor repercusión a esta sección.La idea del libro como obra de arte en si mismo, la contraposi-ción de objeto único a la de objeto múltiple, nos lleva a inten-tar convertir la feria en referente de las novedades bibliográfi-cas dentro del mundo del arte. PUBLICACIONES. El apoyo de todos aquellos periódicos, re-vistas o portales de internet que aúnen fuerzas en torno a la feria, siempre tendrán cabida en Estampa.FRAME. Desde Estampa se pretenden tejer una serie de alian-zas con distintos centros de gráfica o de producción que aporten dinamismo a le feria, la doten de una visón más in-ternacional con modelos de trabajo complementarios y que posibiliten el intercambio con distintos artistas. De esta ma-nera se ha posibilitado la presencia de centros de producción artística como Umbrella o Le Fresnoy o el centro de video de Holom en Israel.VIDEO.ES. En el arte gráfico actual los nuevos medios electró-nicos están obligando desde hace algunos años a la revisión del propio concepto de la estampa, sus formas de producción, canales de distribución y su uso. ESTAMPA quiere ser reflejo

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de estas revisiones y por ello destina un espacio propio para la presentación de proyectos de vídeo durante la feria. El Comité de Selección evaluará las obras y seleccionará una cantidad de ellas por determinar, para que puedan optar a diferentes becas y exhibición en festivales. La duración de los videos presentados no será superior a 10 minutos. Festival Loop de Barcelona

3. Límites y retos de la feria ante los continuos cambiosComo se plantea Jesús Pastor en su concepción teórica del arte múltiple, la definición de estampa como sistema y no como categoría, sistema adaptable a nuevos componentes, permeable a flujos y que se cuestiona la dependencia evoluti-va de las distintas fases procesuales del arte gráfico respecto al producto final reivindicando la autonomía de idea, matriz y la propia estampa.El grabado no como procedimiento técnico sino como forma de crear con un fuerte substrato ideológico y conceptual: esta es la idea que nos mueve y que creo es el motor que impulsa la supervivencia del arte múltiple.Los retos que se plantean para el futuro pasan por fomentar el coleccionismo tanto privado como a nivel institucional, im-pulsar la investigación en nuevas técnicas, procedimientos y materiales y continuar ofreciendo un nivel de calidad mo-strando nuevas ediciones cada edición.Asimismo la necesidad de atraer a expositores de nivel inter-nacional que aporten una visión más abierta y extensa y que favorezcan el dialogo y el intercambio .

4. Situación del Arte Contemporáneo en España y Colec-cionismo de Obra GráficaTras esta 17 edición, llega como siempre el momento de ha-cer una reflexión pero no una reflexión particular sino una re-visión amplia del momento por el que esta pasando el arte contemporáneo. Nuevas ferias y revisiones constantes de las ya existentes.

Estampa como feria radicalmente distinta en varios aspectos:

Concepción de la propia feria como feria especializadaEscaparate de lo que sucede entre los distintos agentes de arte gráfico

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Mayor implicación por parte de museos y colecciones institu-cionalesBecas premios: continuidad de los proyectosPapel del artista y la función del artista y la galería dentro del contexto de mercado desde donde ya se vislumbra un nuevo panorama en las relaciones profesionales y comerciales.Las ferias son una herramienta para generar negocio y esta-blecer relaciones comerciales con clientesPermiten acceder a la realidad del mercado en pocos días que sirven para medir la eficacia de de la política de ventasPosibilidad de descubrir nuevos productos o serviciosGenera imagen de marcaRefuerza tu posicionamientoPara el visitante le permite acceder a las principales noveda-des y cambiosPermite obtener información capaz de transformarse en ven-taja competitivaEntorno favorable para efectuar un trabajoMáximo número de compradoresIntereses comunes de un sectorObjetivo de la feria: detectar, entender y satisfacer las necesi-dades de clientes y visitantes

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ROBERTO PUZZU

LA RIFORMA DEI LICEI E DEGLI ISTITUTI D’ARTE.

Il contenuto della comunicazione all’interno di questo artico-lato incontro esprime il mio più profondo dissenso per la rifor-ma Gelmini che ha investito l’Istruzione Artistica della fascia della scuola secondaria di secondo grado nella sua trasforma-zione in altro. Nel rispetto più totale delle motivazioni generali che hanno por-tato ad una improcrastinabile riforma della scuola, dissento dal-la genericità delle argomentazioni che hanno trasformato una scuola di eccellenza in un liceo generico dove il tempo del fare artistico, ovvero l’apprendimento di quella metodologia della manualità colta dove il sapere creativo incontrava la conoscen-za del sapere operativo degli strumenti che realizzano l’idea. E’ stata creata una scuola nella quale è sicuramente poten-ziato l’indispensabile aspetto dei saperi linguistico-letterari, matematico-scientifici, sicuramente utili alla formazione com-plessiva dell’Allievo, ma si va perdendo nel nuovo schema presentato l’attenzione del capire, concepire, fare Arte e Arte applicata. E’ forse mancato il coraggio istituzionale di dire ad alta voce che il ciclo di studi dell’istruzione artistica non può essere affi-dato ai soli cinque anni della scuola superiore. E neppure può essere affidato, per il suo completamento, ge-nericamente a istituzioni universitarie presenti nel Territorio nazionale senza un progetto complessivo di prosecuzione de-gli studi e dell’acquisizione dei Saperi necessari alle specificità dell’Istruzione Artistica, o delegando alle generiche sensibilità regionali il compito di una formaziome professionale dentro la quale finisce, miseramente, la didattica e le peculiarità degli Istituti d’Arte, ovvero la parte migliore della creatività del Paese.Nel caso e nonostante la forte opposizione di Tutti coloro che si occupano in maniera professionale di Arte e della sua didattica, la riforma andasse a regime a partire dal prossimo anno scolastico, una proposta potrebbe partire dalla Regione Sardegna che, nell’ambito delle competenze istituzionali de-mandate alla Regione dallo Stato centrale, potrebbe portare al recupero sistematico di tutte quelle specificità dell’Istruzione Artistica che costituiscono uno dei motori trainanti della no-stra economia regionale e nazionale, attraverso la costituzio-

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ne di una Formazione professionale del settore artistico che recuperi, come qualifica spendibile a livello nazionale,il vec-chio diploma,di Maestro d’Arte, anche con il diretto coinvolgi-mento degli istituti d’arte della Regione, ancora in possesso di tutte le attrezzature e maestranze, indispensabili alla riuscita dell’eventuale progetto. Per meglio comprendere quanto espresso in premessa appare opportuno sottolineare la mia totale condivisione del docu-mento del COORDINAMENTO ARTISTICO NAZIONALE e della RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO del 2009 “ sugli Studi Artistici nell’Unione Europea”, parte integrante della mia comunicazione che, molto meglio di qualsiasi altra documen-tazione, chiarisce il senso dei dubbi espressi dal dibattito in corso nel Paese sulla Riforma Gelmini.In questo contesto diventa indispensabile un appello accorato:

L’INDIFFERENZA NON INVECCHIA MAIOdio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani. Non possono esistere isolatamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassi-tismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica.L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passiva-mente, ma opera. E’ la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che scon-volge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indiffe-renza, all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia

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promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento po-trà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell’ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne pre-occupa. I destini di un’epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e pas-sioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno ma-turato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenome-no naturale, un’eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è respon-sabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro at-tività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crol-lati e di altre simili piacevolezze.Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazio-ne e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste solu-zioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo con-tributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagni-steo di eterni innocenti.

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Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il com-pito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigia-no, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla fine-stra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sa-crifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l’attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.

Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli in-differenti.ANTONIO GRAMSCI “La Città futura” - 1917

Il documento del COORDINAMENTO ARTISTICO NAZIONALELa Scuola è oggetto di una trasformazione di cui non può e non deve solo su-bire gli effetti, ma prendere parte responsabilmente fornendo alle Istituzioni ed alla società tutti gli apporti di esperienza maturata dentro le aule dove si intersecano l’apprendimento e la didattica, le relazioni umane e quelle pe-dagogiche dentro un contesto fisico e organizzativo collaudato quasi in un secolo di storia dell’Istruzione Pubblica in Italia.Da mesi una sequenza di Convegni a Genova, Napoli, Palermo, Corato (Bari), Padova, Torino, Venezia, Milano ha punteggiato l’evolversi della riflessione cri-tica e delle proposte nel paese lasciando emergere gradualmente numerosi aspetti di convergenza.Il Coordinamento dell’Istruzione Artistica Nazionale, proseguendo nell’inedi-to percorso di raccordo ed incontro fra Licei e Istituti d’Arte italiani, con ri-conoscimento unanime delle delegazioni e delle rappresentanze provenienti dal Sud al Nord del paese, nel Convegno di Roma ha assunto il compito di rendere più visibili e istituzionalmente più sostenibili le istanze emerse fino a questo momento traducendole in specifiche proposte tecniche.I riferimenti specifici introduttivi sui documenti ministeriali e la legislazione, le relazioni sulle proposte di modifica elaborate nei differenti ambiti regionali dai referenti CIAN, la sintesi dell’iter elaborativo della Riforma presentato dal D.S. Mariagrazia Dardanelli, componente del Gruppo di lavoro ministeriale per l’Istruzione Artistica, la lettura in diretta dello Schema di Regolamento presenta-to il giorno precedente ai sindacati e due fasi di ampio e approfondito dibattito, hanno caratterizzato l’incontro. Con evidenza, liberi da pregiudizi ideologici e conservatorismi fuori dal tempo, questo confronto su carenze e criticità presen-ti nella riforma ministeriale ha fatto emergere un’ampia condivisione di presup-posti generali, una convergenza sentita sui capisaldi fondamentali, un’intesa di massima su altri aspetti tecnici per i quali forniremo più precisi dettagli.

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Articolando analiticamente i contenuti essenziali provenienti dalle relazioni e dalle osservazioni emerse nel corso dei dibattiti e soprattutto dai Documenti elaborati dagli Istituti della Puglia, dalla Toscana, dalla Campania e dalla Sicilia, interpretando in larga misura le istanze presenti nei documenti prodotti in altre regioni e città, possono considerarsi presupposti generali di riferimento:- La confluenza di tutti gli indirizzi del Liceo Artistico e dell’Istituto d’Arte in un unico Liceo nell’ottica della salvaguardia delle peculiarità educativo-didatti-che dei due tipi di Istituti esistenti.- L’accordo sulla denominazione di Liceo delle Arti, in ragione dell’esperienza e del reciproco riconoscimento tra Licei Artistici e Istituti d’Arte, nell’ambito dell’educazione e formazione artistica.- La condivisione del profilo educativo, culturale e professionale di cui all’Al-legato B del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 (confermato dall’alle-gato A della bozza di schema di regolamento del 4 giugno 2009), secondo cui gli studenti, a conclusione del percorso di studio, devono essere in grado di:- individuare le problematiche estetiche, storiche, economiche, sociali e giu-ridiche connesse alla tutela e alla valorizzazione dei beni artistici e culturali;- conoscere e utilizzare i codici della comunicazione visiva e audiovisiva nella ricerca e nella produzione artistica, in relazione al contesto storico-sociale;- conoscere e padroneggiare tecniche grafiche, pittoriche, plastiche e archi-tettoniche e collegarle con altri tipi di linguaggio studiati;- impiegare tecnologie tradizionali e innovative nella ricerca, nella progetta-zione e nello sviluppo delle proprie potenzialità artistiche.- La condivisione sulla rispondenza di tutti i punti individuati per il profilo d’uscita ai traguardi formativi attesi sia in relazione ai percorsi scolastici tradi-zionali quanto a quelli sperimentali e assistiti.- La necessità di colmare il divario fra le finalità, individuate in modo preciso ed articolato nel profilo educativo, culturale e professionale (P.e.cu.p) del nuo-vo Liceo e i passaggi intermedi per conseguirle, contenuti nelle articolazioni degli Indirizzi, nei Piani di studio corrispondenti enegli obiettivi specifici di apprendimento (O.s.a.).- La necessità di procedere nel quadro del riordino liceale, ad un innalzamento complessivo dei livelli formativi, dei linguaggi umanistici, matematici e scientifici.- La consapevolezza che la conseguente riduzione oraria delle discipline dell’area artistica presenti nei Piani di Studio, rispetto ai livelli attuali, penaliz-za pesantemente l’operatività specifica di queste materie.- In riferimento alla singolarità della seconda lingua straniera all’interno del quadro orario precedente appare inspiegabile nella bozza presentata il 4 giu-gno, il trasferimento delle ore provenienti dalla soppressione della seconda lingua alle discipline di base (ulteriormente così accresciute in rapporto a quelle artistiche).- Per la motivazione contenuta nei precedenti punti e per stabilire, così come avviene negli altri licei, almeno un parziale equilibrio fra area di base e quella caratterizzante e di indirizzo si ritiene necessario l’innalzamento dell’orario a 36 ore nel I biennio e 38 nel II biennio e V anno (così come previsto dallo stes-so D.lgs 226/05).Il confronto tra le bozze di Regolamento ministeriali, i riferimenti legislativi e l’esperienza didattica organizzativa maturata all’interno degli assetti scolastici vigenti, ha fatto emergere nel corso del Convegno aspetti del nuovo Liceo, ta-lora contraddittori o non congruenti con le finalità del profilo d’uscita, spesso in contrasto con aspetti qualificanti dell’offerta formativa attuale da non di-sperdere nella nuova formulazione. Una condivisione ampia si è manifestata rispetto ai seguenti punti:- laddove in riferimento alla relazione illustrativa contenuta nello Schema di

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Regolamento recante norme concernenti il riordino dei licei, si riporta che “...Nel liceo artistico e nel liceo musicale e coreutico è potenziato l’orario delle discipline caratterizzanti…” , in tutti gli indirizzi si costata una drastica ridu-zione dell’orario relativo alle discipline artistiche e una completa esclusione di materie che costituiscono fino ad oggi un supporto tecnico-scientifico spe-cifico (non per questo professionalizzante) della formazione artistica nei Licei e negli Istituti d’Arte tra le quali: Chimica dei materiali per l’arte, Tecnologia dei materiali, (totalmente assenti nell’elenco degli insegnamenti attivabili sul-la base del piano dell’offerta formativa nei limiti del contingente di organico assegnato alla istituzione scolastica), Sociologia - Diritto e Economia.L’ipotesi di accorpare diverse classi di concorso in pochi ambiti disciplinari ri-sponde certamente ad una logica di risparmio di risorse che però ha in se un grande pericolo: quello di impoverire la didattica. Depauperare e mortificare la ricchezza delle competenze e conoscenze acquisite dai docenti durante la loro formazione e durante l’esperienza didattica professionale maturata, ric-chezze e competenze che i docenti trasferiscono ai propri allievi, comporta il decadimento della qualità dei percorsi educativi proposti.- Rispetto alle finalità contenute nel profilo in uscita:- individuare le problematiche estetiche, storiche, economiche, sociali e giu-ridiche connesse alla tutela e alla valorizzazione dei beni artistici e culturali, considerata l’ampia diffusione di questo ambito negli istituti artistici di tutta Italia e la sua interazione con le istituzioni museali e archeologiche del terri-torio, risulta inspiegabilmente assente una sezione dedicata alla Tutela e la valorizzazione dei beni artistici e culturali.- Si è ravvisata, per contro, la sostanziale anomalia costituita dalla istituzione dello specifico indirizzo denominato Audiovisivo, Multimedia, Scenografia, considerato che:- l’Audiovisivo rientra pienamente nelle specializzazioni dell’ambito proget-tuale laboratoriale o del Design (Media Design, Graphic Design, Web Design, Video Design, Sound Design);- il Multimediale è in sostanza l’utilizzazione di più mezzi di comunicazione (testo,scritto, immagini, sonoro, filmati) nella realizzazione di prodotti didattici, pubblicitari,d’informazione e pertanto trasversale a tutte le attività didattiche (artistiche e non);- la Scenografia non trova lo spazio adeguato, visto che i suoi elementi fondan-ti risultano assolutamente assenti, non permettendo di conseguenza un’ade-guata preparazione all’omonimo corso accademico. È questa disciplina che rivela, in maniera particolare, la necessità di offrire una formazione equilibrata e trasversale nell’ambito delle tre discipline artistiche di base (pittoriche, plasti-che e geometrico-architettoniche).I documenti contenenti proposte di modifica alle disposizioni ministeriali, presentati nel corso del Convegno e quelli menzionati, pubblicati nel Sito del CIAN, manifestano, pur nella diversificazione di alcune articolazioni degli Indi-rizzi, aspetti di convergenza riconducibili ai punti contenuti nel profilo d’usci-ta. In particolare i punti 2 e 3 del p.e.cu.p. (ripresentati senza variazioni nella Bozza del 4 Giugno):- conoscere e utilizzare i codici della comunicazione visiva e audiovisiva nella ricerca e nella produzione artistica, in relazione al contesto storico-sociale;- conoscere e padroneggiare tecniche grafiche, pittoriche, plastiche e architet-toniche e collegarle con altri tipi di linguaggio studiati, si riconosce la necessità che le discipline che possiedono gli strumenti teorici, tecnici e pratici fonda-mentali per la formazione artistica, necessari alla codifica e decodifica ed alla produzione dei linguaggi visivi della Pittura, Scultura e Architettura, supporta-te dal disegno artistico e geometrico e rivisitate con l’uso delle strumentazioni

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tecnologiche più aggiornate,costituiscano una presenza essenziale.Si individua una sostanziale illogicità nell’assenza della Fisica all’interno dell’indirizzo ArtiFigurative. Questa scelta, che accentua ulteriormente l’impoverimento e la discriminazione di questo indirizzo, non è giustificabile didatticamente.In re-lazione al punto 4 del p.e.cu.p., secondo cui gli studenti, a conclusione del percorso distudio, devono essere in grado di :- impiegare tecnologie tradizionali e innovative nella ricerca, nella progetta-zione e nello sviluppo delle proprie potenzialità artistiche.Si ribadisce, nel quadro di una formazione liceale artistica, il ruolo specifico dei Laboratori disezione presenti negli Istituti d´Arte come luogo dove il sa-per fare, preservando antiche tecniche o usando le più recenti strumentazioni tecnologiche, non ha programmaticamente un ruolo professionalizzante, ma si pone come verifica operativa della Progettazione (in tutte le sue forme), disciplina per cui si rileva, data la sua centralità formativa, un incongrua ridu-zione oraria in tutti gli indirizzi.Rispetto a questa valutazione emergono le seguenti istanze:- Proprio in riferimento agli assetti didattici e le modalità didattiche più col-laudati nonché ai fini della sicurezza e prevenzione degli infortuni si sottoli-nea, nell’ambito delle attività laboratoriali, la necessità di una limitazione del numero di alunni.• Da parte dei docenti intervenuti nel dibattito è emersa l’esigenza di indivi-duare e tutelare le strutture fondamentali di esperienze didattico-formative realizzate dentro i Licei Artistici e gli Istituti d’Arte, esperienze che trovano radicamento, da più di un secolo, sul territorio nazionale secondo le realtà storico-produttive. La razionalizzazione e la semplificazione dell’esistente non possono e non devono sopprimere l’efficacia acquisita attraverso il connubio tradizione-tecnologia. E’ proprio questa capacità di interpretare la realtà stori-co-artistica e produttiva, attraverso l’innovazione e la ricerca, che contraddi-stingue l’importanza e la peculiarità dell’istruzione artistica.- In relazione alla presenza di indirizzi nel “Liceo delle Arti” e alla tutela del-la minoranza che desidera intraprendere uno specifico percorso, si ritiene necessario il mantenimento della facoltà d’istituire classi articolate (classi a doppio indirizzo).Da questa ampia articolazione di proposizioni emerse nel Convegno Naziona-le del 5 di Giugno, attraverso il contributo dei relatori e dei docenti intervenu-ti nel dibattito, si delinea un quadro di osservazioni e proposte che entrano nel merito della Revisione dell’ordinamento degli attuali Istituti rivelando la necessità di un confronto più diretto fra gli estensori della riforma (Commis-sione ministeriale, gruppo di Dirigenti Scolastici coordinati con il ministero, Funzionari del MIUR) e coloro, (Docenti, Dirigenti Scolastici, Personale A.t.a) che dovranno gestirne la transizione e l’attuazione pedagogica, didattica e organizzativa.Perché questo confronto si realizzi, forzando l’attuale “riservatezza” con cui si sta disegnando il cambiamento della scuola pubblica italiana per i prossimi decenni, appare ancora di più necessaria la partecipazione attiva di Dirigenti Scolastici e Docenti.Il CIAN rappresenta la struttura di convergenza e coordinamento, di elabora-zione e confronto su scala nazionale e non solo, dell’Istruzione Artistica sulle tematiche pedagogiche, didattiche, organizzative e degli assetti ordinamentali, grazie ad essa, dal singolo docente ai collegi dei docenti degli Istituti artistici, è possibile pervenire a proposte condivise e sostenibili in sede istituzionale.Guardare verso questo orizzonte significa contemperare le ragioni imposte dai provvedimenti finanziari con quelle della salvaguardia delle strumentazio-

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ni tecniche, didattiche, organizzative, delle professionalità, delle strutture ar-chitettoniche e dei rapporti con contesti urbani e territoriali che si attendono dagli istituti ridenominati Licei delle Arti, il giorno dopo l’istituzione del nuovo ordinamento, una reale possibilità operativa, una garanzia della praticabilità e qualità degli insegnamenti e degli apprendimenti.Si ferirebbero le legittime attese con ulteriori conseguenze imprevedibili lad-dove:- nell’incardinare il nuovo ordinamento sui precedenti, le strumentazioni e le professionalità necessarie all’attivazione dei percorsi previsti fossero assenti o incomplete;- le strumentazioni e professionalità disponibili dentro gli Istituti risultassero sovradimensionate rispetto alle previsioni di utilizzo;- le strutture architettoniche faticosamente adattate ad un percorso previ-gente dovessero trovarsi inadeguate ed economicamente non sorrette per l’adattamento al nuovo.Le inevitabili difficoltà connesse alla transizione al nuovo assetto possono essere controbilanciate solo attraverso una compartecipazione solidale e coordinata dei Licei e degli Istituti d’Arte, con le altre Istituzioni concorrenti: Comuni, Province, Regioni e attraverso un’auspicabile apertura al confronto da parte del Ministero.Particolarmente destabilizzante appare pertanto, la previsione di passaggio al nuovo ordinamento,“A partire dalle prime e seconde classi funzionanti nell’anno scolastico 2010/2011” contenuto al’art.13 dell’ultima bozza ministeriale dello Schema di Revisione degli ordinamenti liceali.La coerenza del Piano dell’offerta formativa, del progetto didattico-organiz-zativo, dell’azione di orientamento, nonché della continuità didattica nell’in-segnamento e nell’apprendimento risulterebbero stravolti con danno anche alle attese legittime degli alunni e delle loro famiglie.Con questa iniziativa si esprime la volontà di riaffermare il diritto della Scuola e dei suoi operatori dell’Istruzione Artistica di partecipare e contribuire alla ridefinizione di un percorso educativo e formativo di cui hanno ogni giorno, davanti alla società, la responsabilità operativa.Il Convegno di Roma del Coordinamento dell’Istruzione Artistica Nazionale e del Centro Studi per la Scuola Pubblica, ha consentito di maturare collettiva-mente la consapevolezza, per la parte che compete alla Scuola, che è respon-sabilità dei Dirigenti Scolastici, dei Docenti e complessivamente della comunità scolastica favorire il dialogo, l’iniziativa costruttiva e propositiva, nelle rispettive realtà territoriali con tutte queste parti concorrenti, verso una Riforma realmen-te condivisa il cui percorso già avviato costituisce un riferimento offerto alla riflessione.Salvare l’arte in tutte le sue forme è diventato un imperativo categorico. Il nostro paese rischia di perdere definitivamente, nella sostanza, una delle sue risorse ineguagliabili a livello mondiale: la Formazione Artistica nelle Scuole Superiori (Licei e Istituti d’Arte), la qualità delle Accademie di Belle Arti già in-crinata dall’attuale sistema dei crediti e delle discipline “fantasma” e quella dei Conservatori di Musica. Per colpa di interventi insensati dettati dall’assenza di conoscenza del settore e da fattori meramente economici (tristemente indi-viduati in un settore non difeso da potere), il Governo metterà la parola Fine all’ineccepibile primato che questo paese ha potuto sfoggiare come vanto in tutto il mondo: la sua Arte e l’Istruzione Artistica.

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PAOLA DESSY

Stanis Dessy incisore, maestro, organizzatore di eventi.L’Arte dell’incisione a Sassari nel ‘900

Stanis Dessy nasce nell’agosto del 1900 ad Arzana dove il pa-dre è medico condotto. A sei anni viene mandato con i fratelli maggiori a studiare a Cagliari. Inizia gli studi classici al liceo Dettori, ma nel 1917 li interrompe per andare a Roma, vincito-re di una borsa di studio per frequentare i corsi dell’Istituto di Belle arti e quelli della scuola del nudo a via di Ripetta.

Tornato a Cagliari tra il 1922 e il 1926 insegna nella Scuola per i reduci della Grande guerra e collabora a varie testate. Sono gli anni delle esperienze di xilografo-illustratore e di collaborazio-ne con quel grande silenzioso Maestro che fu Francesco Ciusa nel cui studio trovò ospitalità per iniziare la sua avventura di artista, dedicandosi anche alla scultura oltre che alla pittura ed alla grafica studiate all’Accademia romana. Inizialmente utilizzerà prevalentemente la xilografia, ma dagli anni Trenta

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le tecniche preferite saranno la calcografia, il monotipo e la vernice molle.Per Stanis Dessy ventunenne al ritorno a Cagliari da Roma, dove aveva studiato con gli insegnanti Prini, Cambellotti, Pao-lo Paschetto, Antonio Calcagnadoro (grande acquerellista che lo aveva iniziato a tale tecnica) e la frequentazione con i più grandi nomi non solo del mondo dell’arte visiva, ma di tutto il cosmo culturale dell’epoca con cui Dessy è sempre rimasto in contatto in un clima di grande affabilità e collaborazione; per Dessy, dicevo, è stata formativa, nel campo della grafica, la collaborazione alla “Rivista sarda” fondata da Pantaleo Ledda e Giovanni Russino.La rivista era nata con un preciso programma di impegno po-litico e sociale di rifiuto di ogni isolamento intellettuale degli artisti e pensatori sardi. Infatti proponeva un costante contat-to degli artisti isolani col contesto nazionale ed ospitava, tra i suoi collaboratori, personalità di varia provenienza.Sicuramente, però, fu la rivista “Il Nuraghe”, su cui Dessy compì le prime esperienze di un certo impegno, a rappresentare, an-che per gli intenti che perseguivano, sia la Rivista che la Fon-dazione, il trampolino di lancio di quella che sarebbe stata la formula grafica dell’artista negli anni a seguire.Dessy con la tendenza alla riduzione linguistica che gli è pro-pria, crea nel 1923, nel primo numero del “Nuraghe” e nei numeri successivi, la grafica, non solo della copertina, ma su tutta la rivista: sobria impaginazione con fregi xilografici di composizione misurata ed appropriata in cui è già evidente la maestria e l’operare senza pentimenti che caratterizzeranno tutta la sua opera.Con la collaborazione al “Nuraghe” l’artista rivela la capacità di grande grafico nella pulizia della composizione, nella sicu-rezza del tratto e la personale inclinazione verso forme di con-tenuta energia e soprattutto la piena indipendenza, in cam-po xilografico, dalla produzione incisoria sarda precedente e quindi lontano da Giuseppe Biasi, che già aveva operato tra il 1912 e 1915 pubblicando anche alcune cose su l’“Eroica” di Ettore Cozzani, e da tutti gli altri incisori contemporanei che in qualche modo a Biasi si ispiravano.Dessy anche nelle prime xilografie concepite non come de-corazione tipografica, ma opere autonome come “bagnanti” del 1924, “Mendicanti”, ecc. dimostra grande autonomia priva di compiacimenti esteticizzanti seppure un po’ acerba data la

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giovanissima età dell’artista.

Già nelle xilografie coeve presentate sulla rivista il “Nuraghe” il contorno spezzato e tagliente tradisce quella vena espressio-nista che va messa in rapporto con le soluzioni contempora-neamente adottate dall’artista in pittura.La pungente obiettività che gli proviene dal clima romano di “valori plastici” segna ormai tutta la sua opera.La grande valenza dell’intaglio composta entro cadenze or-dinatamente ornamentali conserva la forza improntata ad un efficace realismo rappresentativo che nei dipinti è affidato al gioco delle differenze cromatiche.Negli anni Venti egli tornerà più volte sul tema dei “Mendican-ti”. È un tema caro anche a Biasi, ma in quest’ultimo rientrava in un repertorio populista e sentimentale mentre in Dessy è esclusivamente soprattutto la ricerca della forza dell’immagine: un isolare le figure con viporosi colpi di sgorbia e l’insistenza del tratteggio e è anche documento di vita quotidiana.Alla fine degli anni Venti il segno, nelle xilografie, si fa sempre più nitido e isolato. Nelle sue opere, più che il motivo di po-lemica sociale (Mendicanti) colpisce la lucidità obiettiva con cui l’artista registra i vari soggetti ed anche in questo è molto vicino alle sue opere coeve di pittura (es. “Ada, zia Remondica”

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e i suoi vari ritratti).Con questa visione nitida e dettagliata delle cose si differenzia nettamente dagli altri xilografi che collaborano al “Nuraghe”. È più portato al taglio netto del bulino anziché ai segni imprecisi degli altri che operano con sgorbiate larghe e morbide.Sempre alla fine degli anni Venti esamina attentamente le for-me creando un segno continuo con uniformità di spessore. Nelle opere in cui è più evidente questa interpretazione del segno egli è vicino alla lezione di Dürer e degli incisori del Quattro e Cinquecento.Dessy è anche un grande studioso degli incisori del passato soprattutto Goja, ma anche Rembrant e tutta la scuola nor-dica.Con questa visitazione ai ritorni storici, propria degli anni Ven-ti, egli è figlio del suo tempo.All’epoca la Sardegna è appartata e periferica per cui la scelta di Dessy è isolata. Anche nelle scene di vita contadina e di tra-dizioni sarde l’approccio ai temi è sempre di carattere investi-gativo, puntiglioso e possente.Così l’artista riesce ad ottenere dei risultati sottilmente stra-nianti in cui i personaggi sono immersi in una atmosfera tersa e rarefatta, assolutamente privi di folklore.In quegli anni il lato folkloristico dei lavori dei sardi era stato notato in maniera negativa dai critici anche nazionali (Delo-gu). Dessy è esente da critiche proprio per la sua capacità di creare, anche quando parla della Sardegna, opere schiette e primitive, dal segno forte, fluido, da abilissimo disegnatore, conoscitore di tutte le tecniche che padroneggia in maniera esemplare, ma mai contaminato dal folklore.In un articolo di Silvio Prunas de Quesada sulle colonne del “Lunedì dell’Unione” nel 1929 il critico nota che la tagliente precisione dello stile di Dessy è strettamente legata con “la innata e latente violenza del suo essere”, lo spirito analitico che si appunta su “cespugli, architetture rustiche e oggetti immo-ti” non è che una conseguenza della “esuberante energia” del suo carattere e dice: “Pochi, forse comprenderanno il grande valore riposto in questa acuta penetrazione; ed, in un certo senso, infatti sorprende come un tale senso quasi esclusivo degli orientali e di alcuni sommi di altri tempi sia posseduto in maniera così spiccata da un artista nostro contemporaneo”.Teniamo presente che gli artisti del tempo risentono ancora degli influssi dell’arte decò e quindi di forme di ispirazione

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decorativo-floreale.Negli anni Trenta l’artista continua le esperienze grafiche so-prattutto con la calcografia, curando particolarmente, dagli anni Cinquanta in poi, la vernice molle.È una tecnica, come accennato all’inizio, che il maestro ha messo a punto dopo un suo soggiorno a Parigi nei primi anni Trenta e che all’epoca nessuno utilizzava non solo in Italia.Sono noti i suoi successi in campo nazionale ed internazionale con presenza alla Biennale di Venezia, che nel 1940 gli dedi-ca anche una sala personale, e la costante presenza in tutte le mostre che la Calcografia Nazionale di Roma organizza in tutto il mondo.Negli anni 1934/35 è promotore della scuola comunale di in-cisione sulla quale ha le fondamenta l’istituto statale d’arte di Sassari. Il Maestro Dessy propone al Comune il progetto nel quale la sua opera di docente per l’incisione, il disegno e la pittura sarà prestata gratuitamente e le lezioni si svolgeranno, alla sera, nelle aule della scuola di arti edili e fabrili, di cui era docente. È un progetto molto ambizioso che però otterrà su-bito grande successo in quanto gli “scolari” che frequentano la scuola hanno buone doti iniziali e un grande desiderio di emulare il maestro che, lavorando a stretto contatto con loro, vedevano mietere onori e grandi risultati di critica e ricono-scimenti.È grazie a Stanis Dessy, Mario Delitala e Remo Branca, che for-mano – “negli anni Trenta il gruppo trainante di quella scuola sarda di incisione che ebbe all’epoca vasti riconoscimenti e di cui sarebbe miope negare oggi la specificità nel più largo contesto delle correnti tradizionaliste nate in sintonia con Strapaese”, – che si poté avere un simile risultato. “Se un tale gruppo poté sorgere, fu anche e soprattutto grazie alla vocazione didatti-ca immediatamente manifestata dai suoi capofila. Delitala la esplicò fuori della Sardegna, in una lunga carriera che lo portò, tra l’altro, alla Scuola del libro di Urbino; Branca istituì un corso di xilografia nel liceo da lui diretto ad Iglesias; ma fu Dessy ad ottenere i risultati più lunghi e duraturi con la fondazione a Sassari – come accennavamo all’inizio – di una scuola comu-nale di incisione che si sarebbe trasformata in Scuola d’Arte: la prima scuola d’arte stabile che la Sardegna abbia conosciuto. Il pittore vi avrebbe insegnato per trentacinque anni, forman-do intere generazioni di allievi su un inflessibile tirocinio volto a fornir loro la padronanza del disegno, “probità dell’arte”, sen-

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tito come base indispensabile anche alle più ardite avventure formali” (G. Altea, Stanis Dessy, L’Artista e il Maestro, 1993). Non solo Dessy formò intere generazioni di artisti, pittori e incisori, ma ebbe una grande attenzione alla vita culturale e artistica della città come organizzatore di eventi, mostre, conferenze, dibattiti.

Per Dessy l’arte è anche impegno sociale e di relazione.Egli spenderà infatti le sue capacità di grande organizzatore per riunire sempre intorno a sé, con generosità ed altruismo, quanti si dedicano all’arte coinvolgendo soprattutto i giovani.Il suo prestigio personale lo porterà ad essere una delle figure di spicco non solo nella città di Sassari e in Sardegna, perché, scevro da qualsiasi forma di campanilismo, ha sempre portato alto il valore di sardo, ma soprattutto di cittadino del mondo.

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Come organizzatore di eventi è noto il suo attivo interesse per l’organizzazione di mostre. Le più significative che lo vedono nella veste di coordinatore scientifico (ma anche allestitore, curatore, factotum) sono una serie di Mostre Nazionali di in-cisione importanti per la presenza di partner qualificati come la Biennale di Venezia e la Calografia nazionale di Roma con il suo presidente Carlo Alberto Petrucci.Queste mostre coprono un arco di tempo che va dagli anni 1950 al 1971. Purtroppo non con cadenza fissa perché lega-te ai fatti economici dei finanziamenti che si concretizzavano solo all’ultima ora, ma la cui risonanza, dovuta agli artisti in mostra, è sempre stata notevole sia in campo nazionale che internazionale.Tutta la storia di queste Mostre è documentata nell’archivio dell’artista e mette in risalto il grande lavoro fatto dal Dessy non solo come curatore. I contatti con la Calcografia Naziona-le, le scelte degli artisti tutti presenti nelle Biennali di Vene-zia, lo scambio di lettere con le personalità internazionali del momento, con l’allora Commissario Palucchini e con Umbro Apollonio. Sarà lo stesso Palucchini a scrivere a Dessy per com-plimentarsi dell’iniziativa che tende a valorizzare l’incisione italiana. Nelle edizioni della mostra più recenti sono presenti nella rassegna i nomi di artisti emergenti della grafica sarda che, cresciuti alla scuola di Dessy, ormai si fanno notare come personalità indiscusse dell’arte sarda.

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UGO COLLU

MUSEI E TERRITORIO

Argomento di grande attualità e di grande ambiguità. L’identità del Museo durante gli ultimi due decenni si è com-pletamente ridefinita. Il quadro legislativo in costante evolu-zione ne esprime chiaramente una trasformazione di ruolo senza precedenti.Esso non è più solo, come in passato, il luogo di conservazio-ne e di tutela, il contenitore del “patrimonio materiale” da tra-mandare alle future generazioni. Non più soltanto le esigenze conservative, ma anche e soprat-tutto quelle del pubblico, quelle del marketing, della capacità di attrarre e di aggregare. Insieme alle opere d’arte canoniche ha fatto ingresso anche la storia della vita quotidiana e gli oggetti significativi di quella vita nel tentativo di dare al museo anche un ruolo di identifi-cazione territorio.Di conseguenza gestione e personale nuovi, capaci di nuova progettualità, di strategie comunicative sofisticate, di progetti editoriali, progetti espositivi e di sfruttare tutte le opportunità offerte dalla società circostante e dal territorio allo scopo va-lorizzare campi significativi, di calamitare consensi e presenze.Tutto questo, in alcuni (pochi)casi benedetti dai finanziamen-ti abbondanti, ha condotto a delle esasperazioni al punto da produrre situazioni di totalizzazione e di cannibalismo nei confronti delle altre istituzioni territoriali.Per fare un esempio: se un Museo solo perché ha i soldi e la vo-lontà di potenza si mette a presentare libri in concorrenza con la biblioteca cittadina o concerti in competizione con la scuole di musica….. Non solo non fa un buon servizio, ma costringe a chiudere altre realtà importanti. Impoverisce la comunità, pur sapendo che quel compito di concorrenza potrà andare avanti solo fino a quando glielo consente l’abbondanza finanziaria (e quindi non a lungo). Riducendo la prospettiva, le nostre realtà non si possono as-similare a quelle di qualche città americana dove al Museo si va per trascorrere una gioiosa giornata di intrattenimento e di shopping. In Italia questo sarebbe illusorio anche per le si-tuazioni più fortunate. Come personalmente non credo che bisogna acriticamente dare al visitatore tutto ciò che desidera

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secondo leggi di supermercato orientate al prodotto, quanto piuttosto accompagnare il visitatore a desiderare il meglio se-condo offerte di valore culturale.

Ciò che nella attuale trasformazione non deve andare perduto è certamente la determinazione a ridurre i costi psicologici, fisici e temporali che la visita ai musei tradizionali ha da sempre com-portato prevalentemente: uno stress. Ho provato personalmente nell’ultima visita al Metropolitan, qualche mese fa, che dopo mezza giornata di sforzo mentale e fisico, stordito, non vedevo l’ora di guadagnare l’uscita. Di sicuro bisogna rendere i Musei interessanti, attraenti, di-rei sorridenti, nel senso che devono lasciare nel visitatore un senso di soddisfazione, di arricchimento. La certezza di aver fatto una esperienza significativa anche in termini di autoco-noscenza. Predisporre ogni elemento in modo da “fidelizzare” (il termine usato dai museologi) il visitatore. Questa la sfida del presente e del futuro.L’eterno per sedurre deve indossare la maschera dell’effimero (Germain Bazin). E va bene. Ma purché non scompaia l’eterno e resti solo l’effimero.Indubitabile che a questo scopo sia richiesta una nuova pro-fessionalità, da parte soprattutto dei Direttori; progettualità, opportunismo (in senso anglosassone: cogliere le opportuni-tà), equilibrio, conoscenza del territorio, relazioni e comunica-zione…. E saggezza ad evitare il rischio della banalizzazione.Il nocciolo della questione sta nel non esaurire la vita del Museo in attività cattedratiche, ma riservare uno sguardo costante e integrato al rapporto fra Museo e Territorio, inte-so quest’ultimo come comunità e come teatro antropologico ricco di risorse spesso ignorate o non valorizzate a dovere. Mantenere cioè un legame dinamico col territorio in continuo movimento evolutivo.

Per la realtà di cui mi occupo io, il Museo Nivola, per quanti non lo conoscessero, affaccio alcune brevi note aiutato dalle immagini.Il Padiglione storico, progettato nel ’91, quando la Fondazione non era ancora attiva, e inaugurato nel ’95, è nato vecchio. Concepito come un mausoleo, è tutto il contrario di quello che deve essere un museo secondo le attuali tendenze.La collezione esposta ubbidisce al criterio di una scelta solo

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estetica. Ruth scelse le opere secondo lei più belle, con una generosità sconfinata, ma escludendo qualsiasi riferimento di tipo organico, filologico e storico. Il Padiglione è assiepato di sculture che non respirano, non si sentono a proprio agio, e lo stesso disagio possono ingenerare nel visitatore. Che dopo l’incanto di uno sguardo panoramico, ha non poca difficoltà a mettere ordine, interpretare e com-prendere. Nessuno spazio per i cosiddetti servizi aggiuntivi, per i labo-ratori, per esposizioni temporanee… Più che un Museo, un mausoleo.

Né lo ha migliorato di molto il II° Padiglione del 2005, nato indi-pendentemente dalla sua destinazione con progetto dell’ente locale privo di condivisione da parte della Fondazione. In se-guito alla rilevazione di gravi errori dovuti alla mancanza di una consulenza specializzata rispetto alla destinazione degli stabili (e ciò ha comportato spese ingenti di correzione) si è riusciti a creare una alleanza finalmente funzionale con gli Enti interes-sati (Comune e Regione). Il Parco di recente inaugurato è il primo frutto di questa novi-tà. Ma dentro il nuovo clima abbiamo anche potuto richiedere

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e ottenere il completamento del un progetto complessivo di Museo; cosa per noi ormai improcrastinabile. L’esposizione del Vecchio Lavatoio, secondo la nostra visione era insufficiente a dare una immagine attendibile di Nivola. Per certi versi risultava anche fuorviante rispetto alla sua sta-tura e multiformità. Abbiamo inoltre sempre sostenuto che senza servizi al pub-blico (book shop, archivio, sala studio, laboratorio per i ragaz-zi delle scuole, biblioteca per gli studiosi – sono numerosi gli studenti che fanno tesi di laurea su Nivola provenienti anche dall’estero – sala espositiva per mostre temporanee…) il mu-seo è destinato a languire e a morire. Ecco il perché della nuo-va struttura in costruzione che sarà completata nel 2010 e che renderà il Museo un vero Centro di cultura e di attrazione al servizio del Territorio e riferimento importante nel mondo ver-so la Sardegna.Il Padiglione storico (Vecchio Lavatoio) ospita unicamente opere scultoree appartenenti all’ultimo periodo dell’attività di Nivola. Concepito secondo i tradizionali schemi della museo-logia, esso rispondeva ad una funzione puramente celebrati-va dell’artista, senza intenti scientifici e filologici. Non vi erano presi in considerazione né la varietà dei materiali, né la gamma veramente straordinaria delle tecniche da lui utilizzate e so-prattutto assenti totalmente i servizi al visitatore. Grazie al dialogo continuo tra noi e Ruth Guggenheim Nivo-la e grazie soprattutto alla di Lei generosità nell’accogliere le nostre richieste, abbiamo potuto disegnare una esposizione a carattere scientifico che nel rigore filologico ricostruisse la fi-gura di Nivola attraversando l’intero percorso della sua ricerca.Fortunatamente in tempo. La morte della Vedova avrebbe stroncato ogni nostro disegno, se insieme a Lei non avessimo scelto opere e stilato un accordo di donazione. Si tratta di un’ottantina di pezzi fra disegni, dipinti, bozzetti, schizzi, legni, gessi, cementi, sandcast, lamiere, terrecotte. Al-cuni di questi (18) sono già arrivati in Italia e saranno in Mostra da dicembre a Nuoro (“Nivola. Investigazione dello spazio”): particolare importanza rivestono i preziosi Progetti per spa-zi pubblici, come “La bandiera americana”, il “Monumento a Gramsci”, la cappella “Corpus Christi”, Brigata Sassari, Corregi-dor e altri. La donazione dei pezzi rimanenti è subordinata ai tempi e alla dignità dei locali che li accoglieranno in permanenza. Ma i lo-

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cali saranno puntualmente pronti e adeguatamente predispo-sti entro il prossimo anno.

Il Territorio.Il nostro Museo è sorto per volontà della comunità del terri-torio in accordo con Regione e Famiglia dell’artista. Questi tre soggetti ne hanno con atto notarile firmato l’atto istitutivo.E’ un Museo monografico. Questo può essere un handicap. Ma non con un personaggio così poliedrico e multiforme come Nivola.

Facile capire che non basta avere un artista e raccoglierne un certo numero di opere per creare un vero museo. Espressione del territorio, il museo rischia presto di diventargli estraneo, se non si trovano e si coltivano i rapporti che a quel territorio lo legano e imparentano.La prima operazione rilevante rispetto alla comunità che ospita il Museo è stata quella didattica. Stranamente, ma non troppo, la difficoltà maggiore ad accogliere convintamente il Museo si è avuta proprio ad Orani. Non dico ostilità, ma indif-ferenza sì. Nemo propheta in patria.Un intervento sistematico annuale sulle scuole con progetti di laboratorio finalizzati alla conoscenza del loro concittadino illustre al di là del chiacchiericcio del paese è servito molto. Per lo meno a far capire che Nivola è degno di un Museo.Sulla Scuola dell’infanzia hanno operato ogni esperti di ma-rionette ricostruendo la vita di Nivola nel paese inserendolo su una mappa sia mentale che reale concreta e consueta ai bambini. Per la scuola elementare e media il laboratorio si arricchisce di elementi teatrali desunti dalle Memorie dell’artista e di attività manipolative con materiali plastici (creta, das, gesso, cemen-to…). Il tutto ad ogni fine anno si è concluso con performance col-lettive a sintesi del lavoro svolto. Teatro, canti, esposizione di lavori nel piazzale del Museo col grande pubblico delle auto-rità e dei genitori.Conoscere e mantenere viva la memoria nelle giovani genera-zioni. Questa la prima interazione con la popolazione.Nei prossimi anni questa attività sarà realizzata negli stessi la-boratori del Museo. Restando nell’ambito territoriale più prossimo abbiamo una

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serie di altri impegni che si allacciano all’arte di Nivola e che in ogni caso interferiscono con Nivola. Prima di tutto la tutela e conservazione di opere nivoliane nel paese come il graffito della chiesetta di Sa Itria, gravemente danneggiato dall’ umi-dità. La tomba dei genitori con altre due sculture. Ma tutto il paese è un museo aperto che chiede soltanto di essere valo-rizzato, visitato, vissuto, curato e conservato. A Nuoro poi c’è Piazza Satta, uno spazio di alto valore innovativo e di livello internazionale che meriterebbe da solo un lungo discorso. In accordo col Comune abbiamo dato vita al prolungamento della visite al Museo col tracciato di percorsi culturali nel pa-ese.

Ma il lavoro più impegnativo è quello della ricerca e valorizza-zione. Tale impegno ha coinvolto la Fondazione fin dall’inizio della sua attività. Compito non facile essendoci trovati davanti ad un artista estremamente eclettico e vulcanico, continua-mente alla ricerca curiosa di nuovi materiali e di nuove tecni-che, mai subordinato a scuole e correnti. Mai scontato.Con la preziosa collaborazione di Ruth abbiamo raccolto una documentazione tale che oggi ci consente di ricostruire la figura dell’artista nella sua complessa vicenda di incontri, fe-condazioni e contaminazioni con scuole artisti sparsi in tutto il mondo (a partire da Delitala suo compaesano e primo ma-estro). Il frutto di tale ricerca si è materializzato in una serie di pub-blicazioni di carattere scientifico (per settori: scultura, dipinti, grafica, Terrecotte, Monza e rapporti con Pintori e Fancello), ma soprattutto con alcune Mostre con cui il risultato della no-stra ricerca risulta coerente e convincente. Una serie di altri sentieri esplorativi sono in cantiere. Tra cui il rapporto Nivola-Le Corbusier, il rapporto di Nivola con i grandi architetti (Le Corbusier, Sert, Saarinen, Richard Stein…). Il rapporto con Steinberg e Pollock, vicini di casa e abituali frequentatori della famiglia Nivola. Un tessuto di coincidenze e di incidenze tutte ancora da deci-frare e valutare, ma con l’aiuto di un archivio completo come quello che progressivamente stiamo acquisendo, si avranno presto esiti positivi e gratificanti.Ecco, quindi, conservazione e tutela. L’altro pilastro del nostro Museo è la ricerca.Ricerca su Nivola, ricerca sull’evolversi dell’arte contempora-

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nea e ricerca anche sulle modificazioni antropologiche e fisi-che dell’ambiente geografico e umano in cui l’artista oranese si è formato. I Musei nel passato hanno quasi sempre vissuto senza uno “stato in luogo”. Ma siamo convinti che, fuori contesto e senza riferimenti, il Museo Nivola avrebbe una pesante decurtazione di vita e di significato. Ecco quindi l’altro sforzo: ricondurre il nostro Museo al natura-le legame che lo unisce al territorio circostante e agli abitanti reali. Un tramite fisico è da ora il Parco, fruibile liberamente per l’in-tera giornata da tutti e speriamo sentito proprio da tutti.L’opera di Costantino Nivola mal si comprende se estraniata da quella radice socio-geo-culturale che caratterizzò gli anni della sua infanzia. Pur vagando per l’intero mondo, egli non ha fatto altro che orientare la sua bussola verso le sue origini e la sua terra, fonti d’ispirazione permanente della sua poetica.Basterebbe scendere da Sarule o salire da Orotelli ad Orani per capire quanto abbiano colpito il suo immaginario quelle rocce antropomorfe, ora custodi rassicuranti e ora conturbanti giganti.L’intento progettuale è quello di muovere dalle opere esposte nel Museo, per svilupparle nelle vie del paese, alla scoperta dei luoghi più cari all’artista in una visione aperta che ambisce a coinvolgere il visitatore avvolgendolo in una cultura veramen-te singolare e di grande portata etica.Il territorio nel nome di Nivola può aspirare ad assumere una sua caratteristica e riconoscibile personalità. Come è successo per la Deledda con i paesi della Baronia e con la stessa Nuoro.

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ANNA MARIA MONTALDO

L’INCISIONE E LE COLLEZIONI CIvICHE DELLA GALLERIA CO-MUNALE D’ARTE DI CAGLIARI

Il ricco patrimonio artistico dei Musei Civici di Cagliari è costi-tuito, fra l’altro, da tre importanti collezioni di grafica: La Col-lezione grafica della Galleria Comunale d’Arte, la Collezione Valle e la Collezione d’Arte Contemporanea.

La Collezione Grafica della Galleria Comunale conta circa 300 pezzi tra disegni e stampe, acquisiti grazie a fortuite occa-sioni economiche e munifiche donazioni da parte degli artisti. La sua formazione, iniziata negli anni Trenta del secolo scorso, non è stata l’espressione di un preciso programma culturale. Alla base del progetto, mai accompagnato da una sistematici-tà della ricerca, il desiderio di acquistare il meglio della produ-zione artistica isolana.La collezione è caratterizzata dall’eterogeneità dei materiali che non privilegiano una sola tendenza creativa né un’unica tecnica. Pur prevalendo le xilografie e l’acquaforte, non man-ca la linoleografia, l’acquatinta, la litografia, la vernice molle. All’interno della Collezione, la compagine più omogenea è for-se quella costituita dagli artisti sardi della prima metà del No-vecento. Le opere, pur non essendo completamente esaustive del panorama incisorio isolano, sono comunque sufficiente-mente rappresentative della produzione grafica in Sardegna nel secolo scorso. Infatti, pur essendo meglio rappresentata la produzione cagliaritana, sono presenti, anche se con poche opere, gli artisti più significativi di quella che è stata definita “La scuola sarda dell’incisione”. Mi riferisco, per esempio, a Giuseppe Biasi presente nella Col-lezione con un’unica opera Focolare domestico, una linoleo-grafia databile al 1934. Mario Delitala, grande protagonista, è presente con diverse opere, fra le quali Ballo tondo e Pastore seduto, due xilografie del 1929 che insistono sulla vita popo-lare sarda e sui suoi naturali protagonisti, opere in cui l’arti-sta dimostra un abile uso del chiaroscuro per definire forme e volumi ed un’attenzione spasmodica per la definizione pla-stica dell’immagine. Ricordiamo, inoltre, la bellissima Resurre-zione di Lazzaro, una litografia datata 1936 in cui si registra, accanto al mutamento del soggetto, una notevole evoluzione

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nell’impostazione scenografica dell’episodio narrato che pare debitore della pittura del Tintoretto. Altro grande protago-nista della Collezione è Remo Branca, presente con Ragazze di Orgosolo, 1934, un’unica opera, comunque assolutamente rappresentativa della sua produzione xilografica; Stanis Des-sy è presente con una xilografia, Mendicanti di Monte Gonare, data 1930 e una vernice molle del 1950, Cagliari, via Manno”. Numerose le incisioni di Carmelo Floris: fra le xilografie ricor-diamo Parasceve, 1936, mentre fra le acquaforti S’iscravamentu in cui è evidente la commossa partecipazione dell’artista alla religiosità della sua gente.Abbiamo anticipato che la produzione cagliaritana è certa-mente meglio rappresentata. A fare da padrone è Felice Melis Marini con i suoi lirici paesaggi. Scorci di Cagliari come Una porta del Duomo di Cagliari, del 1923, e paesaggi di campagna che hanno fatto scuola per le generazioni successive.Certo memori della lezione di Melis Marini sono due artiste ca-gliaritane, Anna Marongiu Pernis e Dina Masnata che in comune con il maestro hanno dimostrato una particolare sensibilità nei confronti del paesaggio. Di Anna Marongiu è l’acquaforte intito-lata I tre giganti (1933) mentre Dina Masnata è ben rappresen-tata nella Collezione da Brezza fra i pini del 1945, opera con la quale l’artista vinse un premio in occasione della Prima Libera Esposizione Regionale d’Arte, tenutasi proprio alla Galleria Co-munale d’Arte di Cagliari, premio che, fra l’altro, comportava la segnalazione dell’opera al Comune di Cagliari per il suo acquisto.Nell’impossibilità di parlare di tutte le opere della Collezione, vorrei comunque citare gli altri artisti presenti: Battista Ardau Cannas, Antonio Mura, Enea Marras, Giorgio Carta,di Raffaele Angelo Oppo, Stefania Boscaro, Guido Cavallo, Giovanni Dot-zo e Valerio Pisano.La mostra, inaugurata all’EXMA’ il 23 dicembre 1993, con l’esposizione di circa 60 opere, sapientemente restaurate per l’occasione, ha costituito il primo significativo passo per il rior-dino esaustivo e sistematico della collezione di grafica.Nella stessa occasione sono stati esposti i disegni del Diario della memoria di Giuseppe Biasi e sono stati pubblicati i rela-tivi cataloghiLa Collezione Valle, che sottolinea il fine ed esperto gusto del suo collezionista, ha arricchito il patrimonio dei Musei Civici a partire dalla donazione (1998) avvenuta per volontà della fi-glia, Giuseppina e della moglie Nicla, che hanno così sensibil-

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mente interpretato l’affetto di Nicola Valle per la nostra città. Intellettuale di spicco, studioso d’arte, di musica e di teatro, appassionato organizzatore culturale, Nicola Valle, nel corso della sua vita, ha raccolto un ampio corpus di opere, circa 700 che, accanto alle 357 incisioni di artisti sardi del Novecento, enumera 80 opere di Bartolomeo Pinelli, numerosi pezzi di incisori italiani e stranieri e una settantina di “stampe di ripro-duzione” dell’Ottocento che rappresentano famosi dipinti di grandi artisti del passato.Con l’elevato numero di opere dedicate all’incisione in Sarde-gna nel Novecento, la Collezione Valle, ampliando il ventaglio degli artisti, costituisce un valido completamento della Colle-zione grafica della Galleria Comunale d’Arte.Anche in questo caso passiamo dalle liriche incisioni di Felice Me-lis Marini e dai legni di Giuseppe Biasi attraverso capolavori della xilografia come Cattedrale di Cagliari (1930) e La Torre di San Pan-crazio (1938), opera di Stanis Dessy, per arrivare ad un grande pro-tagonista degli anni Cinquanta come Foiso Fois di cui ricordiamo due significative xilografie Mattanza (1954) e Mondariso (1955).Anche all’interno della Collezione d’Arte Contemporanea, un’importante raccolta costituita da circa 70 opere realizzate da importanti artisti italiani degli anni Sessanta e Settanta, ac-quistate dalla Galleria Comunale d’Arte intorno alla metà de-gli anni Settanta, si può individuare un interessante nucleo di opere che testimoniano, fra l’altro, lo sviluppo delle tecniche incisorie in ambito contemporaneo.Evidente è il proliferare della tecnica serigrafica, testimoniato dalle opere di Valerio Adami, Sfinge, e di Lucio del Pezzo, Dise-gni per la scultura Saggitarius, entrambe del 1970.Si registra, in generale, un’evidente tendenza alla sperimenta-zione, già chiara in opere come Testa, un’acquaforte e acqua-tinta su zinco di Enrico Della Torre e soprattutto in un’opera come Unicum di Lia Rondelli in cui l’artista utilizza il procedi-mento della stampa calcografica per assemblare, in un unico processo,materiali differenti. Numerose le mostre che i Musei Civici di Cagliari hanno dedi-cato all’incisione, a partire dalla fine degli anni Ottanta. Solo per citarne alcune:• 1988 Segni di autore in Sardegna• 1993 Out of print• 1994 Inciso altrove • 1995 I colori del nero

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• 1996 Leinardi. L’opera grafica• 1999 Renzo Vespignani. L’essenza dell’apparenzaAlla fine degli anni Novanta, un’altra importante testimonian-za di apertura nei confronti dell’incisione contemporanea è stata l’organizzazione di una serie di importanti eventi in col-laborazione con Casa Falconieri.Una collaborazione iniziata nel 1997 con la realizzazione di un progetto, “I luoghi del segno”, che nasceva dalla lucida volontà di valorizzare il linguaggio dell’incisione attraverso l’esplorazione delle varie forme espressive che ha assunto in vari paesi europei.Da tale ricerca è scaturita l’organizzazione, presso il Centro Cultu-rale EXMA’ di Cagliari, di cinque eventi espostivi e di cinque stages che hanno testimoniato l’esigenza di passare dalla fase della ri-cerca a quella della sperimentazione, dalla Mostra al Laboratorio.I cinque stages avanzati di incisione, il primo dei quali si è svolto dal 14 al 23 luglio 1997, hanno indagato le possibilità espressive delle tecniche incisorie nella prospettiva di creare un appuntamento annuale internazionale di incisione che al-ternasse al laboratorio importanti momenti espositivi.La prima mostra, tenutasi dal 3 luglio al 14 settembre 1997, ha presentato al pubblico le opere della stamperia d’arte di Locarno “Il Salice”. Tra le opere esposte quelle di Gabriella Locci e di Ermanno Leinardi.La seconda mostra, tenutasi dal 26 giugno al 30 agosto 1998, era dedicata a tre artisti belgi orientati in diversi settori di ricer-ca: Franky Cane, Rik De Boe, Enk De Kramer.La terza mostra, tenutasi dal 18 giugno al 17 luglio 1999, ha avuto come protagonisti quattro artisti spagnoli: Dario Alva-rez Basso, Oscar Manesi, Juan Muñoz e Hernandez Pijuan.La quarta mostra, tenutasi dal 19 maggio al 5 luglio 2000, ha pro-posto l’opera di tre artisti austriaci: Adolf Frohner, Wolfgan Herzig e Alfred Hrdlicka.La quinta mostra è stata interamente dedicata ad un grande protagonista dell’incisione italiana, Emilio Vedova.Con queste attività espositive e di laboratorio si è sperimenta-ta un’interessante sinergia fra pubblico e privato, connotando il centro comunale dell’EXMA’come uno dei riferimenti in Eu-ropa nel campo dell’incisione.E’ stata un’esperienza complessa perché assolutamente innova-tiva e molto interessante. E’ cresciuta negli anni coinvolgendo anche altre istituzioni isolane come il Liceo Artistico di Tempio. Un’iniziativa che ha avuto, dunque, per un certo periodo conti-nuità e questo è un grande valore anche se limitato nel tempo.

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JESúS CARROBLES SANTOS

HISTORIA DE UNA RELACIÓN vARIAbLE: ARTE CONTEM-PORÁNEO Y POLÍTICA CULTURAL EN LA DIPUTACIÓN PRO-vINCIAL DE TOLEDO.

1. LOS ORÍGENES.El inicio de la gestión cultural en España tuvo lugar en el siglo XVIII en relación con el éxito de las políticas ilustradas. Hasta ese momento sólo se habían producido actuaciones y decisio-nes que tenían que ver con el ejercicio del mecenazgo regio y se dirigían a la formación y organización de las colecciones atesoradas por la monarquía hispana.La voluntad de intervenir en el ámbito cultural por parte del Estado tuvo su reflejo en la creación de una legislación y una estructura administrativa destinadas a gestionar el Patrimo-nio cultural. Un fenómeno paralelo al que se produjo en otros países de Europa que, en el nuestro, tropezó con una serie de situaciones de crisis y enfrentamientos civiles que dificultaron la consolidación de las instituciones encargadas de cumplir esa función.Buena parte de nuestro siglo XIX estuvo condicionado por una cruenta pugna entre liberales y conservadores, que acabó con la victoria de los primeros y la consiguiente desaparición del Antiguo Régimen que defendían los segundos. La muestra más evidente de este desenlace fue la desamortización de los bienes eclesiásticos y municipales que provocó el abandono de la mayor parte de los complejos religiosos monumentales existentes en torno a las ciudades episcopales como Toledo y la disminución de la labor asistencial que realizaban las congrega-ciones religiosas que los habitaban.Dentro de este ambiente de confrontación hay que situar el origen de las Diputaciones Provinciales que aparecen con-templadas por primera vez en las disposiciones de la Consti-tución de Cádiz en 1812, que se convirtió en la referencia de los políticos liberales hasta fechas tardías. Sus distintos títulos plantearon un modelo administrativo completamente nuevo que no pudo aplicarse más que de manera restringida, por la fuerte oposición que planteó el rey Fernando VII tras su vuelta al trono en 1814 que provocó la paralización de las reformas.A su muerte se iniciaron los cambios políticos que culminaron con la llegada al poder de los modelos liberales y con ellos, la

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recuperación del modelo administrativo basado en las Dipu-taciones Provinciales. Su constitución se produjo a lo largo del año 1836 con la única pero amplia finalidad de promover la pro-speridad de sus correspondientes territorios.Sus primeros años de vida estuvieron dedicados a organizar la defensa de sus pueblos para hacer frente a la situación cre-ada durante los enfrentamientos relacionados con la Primera Guerra Carlista. Su final marcó el comienzo de un periodo en el que estas instituciones se centraron en las labores admi-nistrativas para las que habían sido concebidas, fundamen-talmente, las dirigidas a paliar los problemas planteados por las medidas desamortizadoras a las que antes hemos hecho referencia. Por un lado fue necesario organizar un programa asistencial que supliese las dificultades causadas por la supre-sión de antiguos hospitales y cofradías. Por otro, se tomaron las medidas dirigidas a proteger una parte del Patrimonio hi-stórico que había quedado en manos del Estado, tras el cierre forzado de los monasterios y conventos.Su actuación fue selectiva y tuvo una repercusión limitada por la falta de una estructura adecuada y de los fondos económi-cos necesarios. Sin embargo, los inicios de esta labor de in-tervención en temas civiles sirvieron para sentar las bases de su posterior desarrollo a partir del último tercio del siglo XIX, coincidiendo con la definitiva consolidación del Estado cen-tralista. Fue entonces cuando se pudo iniciar una política cul-tural ambiciosa que permitió cambiar conceptos y tradiciones en la gestión del Patrimonio cultural, gracias en buena medida al trabajo realizado por las Diputaciones Provinciales.En el caso de la Diputación Provincial de Toledo, en adelante DPT, nos encontramos con datos que muestran una clara vo-luntad de actuar en los edificios históricos más destacados de la provincia desde fechas bastante antiguas. Así, desde 1871 con-servamos los expedientes administrativos para la concesión de distintas subvenciones destinadas a sufragar los trabajos de re-stauración emprendidos en inmuebles tan emblemáticos como son la mezquita del Cristo de la Luz o las sinagogas del Tránsito y de Santa María la Blanca. Durante esos años comprendidos en el último tercio del siglo XIX, la Institución también se hizo responsable de financiar aspectos tan necesarios y poco atendidos como eran la for-mación Primaria y Secundaria, el funcionamiento de la Escuela Normal de Maestros, la Biblioteca Provincial o el Museo Arque-

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ológico y todas aquellas agrupaciones e iniciativas que hicieron posible el inicio de una nueva manera de entender la cultura.Coincidiendo con estas primeras medidas dirigidas a conser-var algunos inmuebles o a permitir la formación de las gentes de la provincia de Toledo, se tomaron las primeras disposicio-nes dirigidas a fomentar la creación artística a través de pro-puestas para construir monumentos públicos para recordar las glorias pasadas y, sobre todo, para colaborar en la forma-ción de los artistas que querían realizar sus estudios en los centros de referencia situados en la capital de España. Es el caso de Eugenio Duque, un escultor nacido en la localidad de Almonacid de Toledo, que en 1865 se convirtió en el primer pensionado de la DPT del que tenemos noticia.El éxito político y económico alcanzado durante el periodo de la Restauración, en las últimas décadas del siglo XIX y los años iniciales del XX, permitió la consolidación de estas políticas culturales y su posterior ampliación. En esos años, nuestra In-stitución planteó una política de formación de artistas estable. Su faceta más conocida fue la concesión de pensiones o becas a todos aquellos jóvenes que querían realizar su formación en los centros que empezaban a abrir sus puertas en Toledo, caso de la entonces conocida como Escuela de Artes Industriales de Toledo y alegaban los méritos necesarios. La más descono-cida fue la inauguración de un espacio expositivo en el interior del propio Palacio Provincial que sirvió para dar a conocer la obra de la mayor parte de los artistas locales durante décadas.A partir de 1911 se modificó este primer planteamiento y dio comienzo una labor más ambiciosa que permitió la concesión de ayudas de mayor cuantía para la formación de artistas en centros académicos de referencia en cualquier ciudad del continente europeo. El primero de los artistas en disfrutar este nuevo modelo de becas fue el paisajista Enrique Vera Sales, al que siguió poco después el músico Jacinto Guerrero que se convirtió en una referencia mítica de la cultura popular española en la primera mitad del siglo XX.El éxito de este programa de ayudas se vio coronado por el que alcanzó el escultor Alberto Sánchez, que también contó con la necesaria ayuda de la DPT. Su calidad artística lo convirtió en una referencia de las vanguardias y en el mejor exponente de las posibilidades que tenían estas ayudas institucionales, que habían sido capaces de conseguir que un panadero se con-virtiera en un artista conocido en el panorama internacional.

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Consecuencia directa de todo ello fue el aumento en número y dotación de las ayudas, que permitieron la formación de una amplia generación de artistas que han dominado el panora-ma artístico toledano en los años centrales del siglo XX.La Guerra Civil iniciada en 1936 marcó el inicio del fin de este tipo de políticas culturales aunque todavía hay que destacar el esfuerzo que realizó la DPT fiel a la República que, en 1938, meses antes de la finalización del conflicto, destinó parte de su presupuesto al mantenimiento de las becas que tantos éxitos habían reportado a la Institución.El régimen surgido de la Guerra cambió la manera de conce-bir y gestionar la cultura, hasta el punto de que se acabó con todos aquellos planteamientos previos que hemos descrito. El arte contemporáneo dejó de ser considerado como un valor y, en algunas ocasiones, llegó a serlo como una manifestación impropia de la cultura nacional. Todo ello provocó el final de un modelo de gestión que no volvió a mostrar signos de recupera-ción hasta el inicio de los años 70 del siglo XX, en que la socie-dad española había logrado su modernización al margen de las estructuras del propio Estado que quedaron completamente desbordadas. Es en esos años cuando volvemos a tener datos del inicio de las políticas activas para el mundo de la creación artística desde la DPT, a través de algunas convocatorias de cer-támenes como los que se organizaron con la Caja de Ahorros Provincial de Toledo entre 1973 y 1977, o los que han tenido continuidad hasta hace algunos años con las Bienales del Tajo.Este proceso de recuperación de la presencia de la Institución en el mundo del arte contemporáneo terminó por consolidar-se en los años 90 del pasado siglo. El inicio de las actuaciones parte de un ejercicio de reflexión que trató de aprovechar la rica tradición que acabamos de resumir y su combinación con las medidas y actuaciones propias de la nueva situación en la que vivimos. El resultado de todo ello ha sido la creación de un programa cultural diferente que ha empezado a dar sus frutos en los últimos años y que promete colaborar activamente en la formación de una nueva generación de artistas.

2. EL ARTE CONTEMPORÁNEO EN LA POLÍTICA CULTURAL DE LA DIPUTACIÓN PROVINCIAL DE TOLEDO (1990-2010).El diseño y aplicación de un programa cultural ambicioso en la DPT es un claro resultado de la incorporación de una nue-va generación de profesionales que fuimos los encargados de

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romper con un modelo restrictivo de entender la cultura. Una visión trasnochada que reducía la actuación de la Institución a la organización de fiestas o cualquier otro tipo de actividad popular y que relegaba a la creación artística a la esfera de lo privado, al margen por lo tanto de cualquier intervención por parte de las administraciones públicas.A la incorporación de estos equipos técnicos hay que sumar la llegada al poder de una clase política mueva formada en la Universidad, que hizo posible el inicio de los cambios que pa-samos a enumerar y que, en conjunto, constituyen el núcleo de la política cultural de la DPT en las dos últimas décadas.

2.1. Espacios culturales para el arte contemporáneo.- A fi-nes de los años 80 del siglo XX, la DPT carecía de espacios en los que realizar una labora cultural propia. Su creación fue el primer reto que asumimos, al considerar que las instalaciones condicionaban el tipo y alcance de cualquier actuación en el futuro, al garantizar la independencia de las propuestas que pudieran formularse.Fruto de este tipo de razonamientos fue la inauguración de las instalaciones del Centro Cultural San Ildefonso en las in-mediaciones del Casco Histórico de Toledo, que permitieron la recuperación de un antiguo cementerio. Su rehabilitación permitió que la antigua capilla y otras dependencias auxiliares se transformaran en las primeras salas públicas existentes en Toledo que se dedicaron con exclusividad al fomento del arte contemporáneo.Su inauguración marcó el inicio de una programación cultu-ral basada en el apoyo a los artistas toledanos que fueron los responsables del éxito alcanzado y de que, en pocos años, se acometiera la ampliación de las instalaciones dedicadas a este fin mediante la rehabilitación de otro edificio que permitiera emprender actuaciones más ambiciosas y complejas. Al final, en el año 2002, se inauguraron las instalaciones del Centro Cultural San Clemente que, a pesar del tiempo transcurrido, sigue siendo una de las infraestructuras que más inversión ha requerido en la historia de la DPT. La actuación se centró en la rehabilitación y adaptación de una parte importante del monumental convento de San Clemente de Toledo, que se encontraba completamente arruinado y en claro peligro de hundimiento. Las obras realizadas han conse-guido recuperar el edificio declarado Bien de Interés Cultural

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y crear un amplio conjunto de espacios expositivos dotados de diferentes medios e instalaciones. En sus instalaciones de-stacan diferentes salas de exposición en plantas y ambientes diferentes, aulas de formación, salón de actos y espacios de-stinados a la administración, en los que se realizan diferentes actividades culturales y el diseño del resto de las actuaciones que se dirigen a generar propuestas para los ayuntamientos de la provincia de Toledo. En lo referente a la creación más actual, se están programando una serie de exposiciones que en pocos años se han conver-tido en un referente en los ambientes culturales de nuestro entorno. Cada año se realizan un mínimo de cinco montajes que, dependiendo del formato elegido por cada artista, pue-den llegar a reunir más de doscientas obras. Todos ellos van acompañados del correspondiente catálogo que es financia-do en su totalidad por la Institución y se distribuye de forma completamente gratuita.Las exposiciones y publicaciones se centran en la obra de arti-stas nacidos, residentes o vinculados con la provincia de Tole-do, aunque también se realizan algunos montajes puntuales destinados a fomentar la colaboración internacional con los centros y ciudades con lo que tenemos acuerdos establecidos que, en definitiva, también redundan en la apertura de nuevas posibilidades para nuestros artistas.Fruto de la labor realizada en los centros de San Ildefonso y San Clemente y del creciente aumento de las peticiones para realizar todo tipo de actividades, fue la necesaria apertura de un tercer espacio expositivo en el Sitio Histórico de Santa María de Melque (San Martín de Montalbán), en el año 2005. Se trata de un importante complejo arqueológico situado en un excepcional entorno rural, en el que destaca la existencia de un monasterio de época visigoda que genera su propio modelo de visitas, muy distinto del que podemos encontrar en las salas de exposición dedicadas al arte contemporáneo más habituales.La oferta realizada en Santa María de Melque se dirige a ese público más amplio y menos especializado, que acude a con-templar una iglesia visigoda del siglo VII y se encuentra con manifestaciones artísticas propias del XXI. La programación se limita en este caso a la organización de cuatro exposiciones al año que también se acompañan de su correspondiente ca-tálogo. El interés de este centro radica en la posibilidad que

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ofrece para realizar montajes en los que se combina la pre-sencia de artistas jóvenes con las apuestas más arriesgadas de artistas consolidados, que presentan su obra en un marco distinto y menos protocolario.A pesar de encontrarse lejos de cualquier zona poblada y a más de 50 km. de Toledo, las exposiciones que allí celebramos, han adquirido su propio protagonismo en el calendario cultural de la provincia y están consiguiendo que los artistas se interesen por un público ajeno a este mundo que, a su vez, lo hace por unas creaciones con las que no esperaba encontrarse.En la actualidad y con el fin de concentrar esfuerzos, se ha pro-cedido al cierre del primero de los centros a los que hemos hecho referencia, el de San Ildefonso, y se mantienen plena-mente activos los otros dos. En ellos se realiza una parte im-portante de nuestra actividad cultural y se han convertido en lugares asociados al arte contemporáneo de calidad, gracias a una trayectoria corta pero intensa, que surge de un proyecto perfectamente definido.

2.2. Recuperación de la memoria.- La actividad de fomento del arte contemporáneo de la DPT está dirigida a completar la formación y favorecer la actividad de los creadores más jóvenes. Sin embargo y como muestra de la amplitud del pro-grama que hemos emprendido, también hemos tratado de recuperar la memoria de ciertos artistas que no habían con-seguido el reconocimiento que merecían, como consecuencia en muchas ocasiones de la compleja historia que ha sufrido nuestro país a lo largo del siglo XX.La Guerra Civil de 1936, el exilio de la mayor parte de los agen-tes culturales y la implantación de modas y propuestas estéti-cas relacionadas con el pasado más trasnochado, provocaron el olvido de una parte significativa de nuestros mejores arti-stas que, en algún caso, ni siquiera tuvieron la oportunidad de exponer su obra. Se trata de una labor de recuperación com-pleja y costosa que, a pesar de todo, nos ha permitido realizar montajes que han cosechado el mayor número de visitas y los mejores reconocimientos. Es el caso del que dedicamos a al pintor Daniel Conejo, un magnífico pintor de Olías del Rey que fue discípulo de Daniel Vázquez Díaz e integrante cualificado de la denominada Segunda Escuela de Vallecas. Su obra no llegó a mostrarse más que en alguna exposición colectiva y ha empezado a ser reconocida gracias a la recuperación de un

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amplio lote de pinturas por expreso deseo de la familia, que han pasado a formar parte de la colección artística de la DPT.A este mismo modelo de recuperación pertenece la exposición que dedicamos en 2009 a dos artistas de Quintanar de la Orden, Joaquín y Antonio Arnau. El primero fue un excepcional fotógra-fo que, entre otras muchas ocupaciones, trabajó como respon-sable del programa de documentación de la Hispanic Society de Nueva York en La Mancha durante la década de los años 20 del pasado siglo. El segundo, hijo del anterior, ha sido otro buen pin-tor relacionado con la misma Segunda Escuela de Vallecas antes citada y el creador de un foco artístico de excepcional calidad en su localidad natal. A pesar de contar con un amplio currículo y trayectoria, su obra nunca se había mostrado en Toledo ni había sido objeto de una publicación monográfica, lo que demuestra la escasa atención puesta hasta ahora en su figura.Por último, vamos a destacar la recuperación de la figura de Pedro Román Martínez, un pintor y fotógrafo completamente olvidado, que fue el responsable de la creación de un fondo de imágenes que desde su exposición al público en el año 2008, se han convertido en iconos de Toledo y de sus gentes.

2.3. Formación de una colección pública.- Una de las preocu-paciones principales del trabajo que realizamos en cada uno de los centros culturales a los que hemos hecho referencia, es la realización de montajes que pueden tener vida propia y se muestran en otros lugares en función de sus propias caracterí-sticas e interés. En primer lugar y por las propias competencias legales de la DPT, hay exposiciones de reducido formato que se dirigen a divulgar la labor de nuestros artistas en los cen-tros y casas de la cultura que existen en los más de doscientos municipios de nuestra provincia. También, y con un formato distinto, hemos tratado de generar otros montajes más am-plios o especializados, destinados a itinerar por diferentes pro-vincias o países, en función de los distintos contactos y cola-boraciones que mantenemos con otras instituciones.Para hacer posible estas exposiciones y favorecer la presencia de los artistas toledanos en cualquiera de los montajes que se realizan, es necesario contar con una colección pública bien diseñada y gestionada, que permita el fácil acceso a la obra de nuestros creadores sin costes ni las complicaciones que suelen darse en los préstamos gestionados ante particulares o museos, generalmente vinculados a las tradiciones más aca-

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demicistas y conservadoras.Esta labor de adquisición y recopilación la venimos realizan-do desde hace algo más de 15 años y ha constituido uno de los grandes éxitos de nuestro programa por muy diferentes motivos. Las compras se han realizado tanto en el mercado del arte, fundamentalmente en subastas y galerías, como di-rectamente a los artistas y, en conjunto, hemos conseguido crear una colección de arte toledano de los siglos XX y XXI que no existe en ningún otro museo ni entidad pública o privada.Al margen de conjuntos de pinturas de autores como Daniel Conejo del que ya hemos hablado, esta labor de búsqueda y compra selectiva, nos ha permitido formar una serie de con-juntos de referencia. Uno de ellos, quizás el más valorado y solicitado, es el dedicado a Rafael Canogar del que tenemos obra significativa de las principales series que se diferencian en su rica y variada trayectoria profesional. Junto a este fondo, otro de los que más juego ha dado, es el de la colección de grabados fechados entre los siglos XVI y XXI que recogen la imagen de cualquier lugar de la provincia. Se trata de una co-lección amplia que supera el centenar de piezas, en la que jun-to a las estampaciones románticas de autores como Parcerisa o Villamil, destacan las realizadas por miembros destacados de las vanguardias en las primeras décadas del XX o aquellas que proceden de artistas contemporáneos, que, de esta ma-nera, encuentran otra vía de divulgación de su trabajo.La facilidad de transporte y la versatilidad que muestran estas obras para adaptarse a cualquier espacio expositivo, ha permi-tido que la exposición titulada “La provincia de Toledo a través del grabado” se haya mostrado en salas de un buen número de ciudades de España, de Europa, África o Asia, de la mano del Instituto Cervantes, del Ministerio de Asuntos Exteriores o de diferentes universidades, bibliotecas y centros culturales.Por último, también hay que hacer referencia en este apartado que describe los trabajos de recopilación a los que estamos ha-ciendo referencia, a un proyecto paralelo de digitalización de archivos fotográficos que tienen un valor histórico y en algún caso artístico. Son los fondos de artistas tan destacados como Pedro Román o Joaquín Arnau antes citados, o de estableci-mientos como Casa Flores o Foto Estudio que, con sus más de cincuenta mil negativos, se han convertido en los responsables de la conservación de una parte importante de la memoria co-lectiva de nuestra gente que ahora nos toca gestionar.

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2.4. Certámenes y convocatorias.- El inicio de la formación de la colección de arte contemporáneo de la DPT, está directa-mente relacionado con la organización de una serie de cer-támenes que convocamos en el momento en el que iniciába-mos nuestra actividad en este campo de la promoción del arte contemporáneo en nuestra provincia.Su realización sirvió para introducir nuestro programa cultural entre los grupos de artistas existentes en el entorno de Tole-do, al permitirnos dar a conocer nuestras instalaciones en ese colectivo y fomentar la posibilidad de incluir obras de muchos de ellos en nuestra colección mediante la compra directa de las piezas que se nos ofrecían. Un modelo de trabajo dirigido a un sector muy amplio de nuestros creadores, que finalizaba con la celebración de una exposición y la edición del corre-spondiente catálogo. En total se organizaron cinco ediciones con este formato y no han vuelto a convocarse para dar paso a otras actividades más específicas que permiten concentrar nuestros limitados esfuerzos en obras y artistas concretos.Sin embargo y a pesar de que no se planteen nuevas edicio-nes con estas características, la DPT sigue colaborando con la organización de otros certámenes como es el Excultural que se organiza en colaboración con el Ayuntamiento de Bargas. Se trata de una convocatoria destinada a organizar muestras de escultura al aire libre y conseguir la formación de una colec-ción en la que existen obras de calidad como es la que realizó Gustavo Torner para iniciar el proyecto. El jurado y los criterios de organización, son responsabilidad de un grupo destacado de creadores en el que destacan nombres como Rafael Cano-gar, Alberto Corazón, Paco Rojas o José Luis Sánchez.Una de las ideas básicas de este certamen es promover el acer-camiento del arte al ciudadano y, a la vez, dotar de nuevos símbolos a una localidad que cuenta con una larga tradición cultural y ha crecido en población en los últimos años, con los riesgos de desarraigo que esa situación puede ocasionar en nuestros días. Buena parte del éxito del certamen radica en que sus montajes se realizan fuera del casco urbano, sobre campos de trigo o espacios destinados al paseo, que durante un tiem-po de primavera se transforman en lugares de relación para los vecinos de la localidad y para todos aquellos que acuden desde otras poblaciones a contemplar y disfrutar del montaje. El reconocimiento alcanzado por las convocatorias pasadas, ha permitido aumentar la calidad de las obras que se exponen. De

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hecho una simple mirada al catálogo de las obras incluidas en el catálogo de la última edición Excultural-Bargas 2010, sirve de magnífico resumen del panorama y las principales tendencias de la escultura española en la actualidad.

2.5. becas de formación.- Desde el comienzo de la programa-ción del nuevo proyecto cultural de la DPT, la recuperación de las antiguas becas y pensiones se convirtió en una prioridad con el fin de vincularnos con las políticas e ideas que alentaron la labor realizada con anterioridad a 1936. El problema residía no tanto en nuestra capacidad para aprovechar esa herencia, como en la necesidad de actualizarla y organizar un programa de actuación internacional paralelo, que diera sentido a los esfuerzos que queríamos emprender. Las primeras ediciones de las becas de formación de profe-sionales de las artes de la DPT se convocaron abiertas a cual-quier tipo de propuestas y los resultados fueron buenos pero insatisfactorios, dada la imposibilidad de obtener informes de los becarios por parte de los centros de acogida con los que no manteníamos ningún tipo de relación. Una situación compleja que presentaba otros problemas como era la difi-cultad para entablar relaciones duraderas entre colectivos y crear flujos con vocación de permanencia, que eran nuestros principales objetivos.Este fue el principal motivo que nos llevó a buscar centros de acogida concretos que permitieran iniciar un trabajo de cola-boración a largo plazo, en el que cada becario aporta su grano de arena pero dentro de un modelo de trabajo y de relaciones establecido con anterioridad. Su integración en equipos en los que existe una experiencia previa acumulada, marca el inicio de nuevas posibilidades de colaboración que han permitido que muchos de nuestros jóvenes artistas se hayan implicado en las redes que surgen de este tipo de contactos.La convocatoria de becas de formación para destinos cerrados ha supuesto uno de los mayores éxitos del programa cultura de la DPT, al lograr que los centros de acogida se conviertan en un destino conocido para los artistas de Toledo, especialmente para los más jóvenes. En total se convocan cuatro becas de for-mación para asistir a cursos de diferente duración y naturaleza, en el Instituto Nacional de Bellas Artes de Tetuán (Marruecos) y en Casa Falconieri (Italia). El primero de los destinos citados es el centro académico de referencia para el arte contemporáneo en

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el Norte de África. El segundo es un taller que cuenta con un evi-dente prestigio en toda Europa y que, como consecuencia de un trabajo bien planteado y mejor ejecutado, se ha convertido en una experiencia ampliamente solicitada por los artistas to-ledanos más jóvenes que aspiran a pasar por sus instalaciones. En la actualidad todos los contactos mantenidos durante los años que venimos trabajando en el establecimiento de este tipo de relaciones estables, están dando los resultados que bu-scábamos y son varios los proyectos surgidos de la colabora-ción entre artistas de cada una de las ciudades de destino, al margen de la iniciativa de las instituciones públicas.

2.6. Otros proyectos de colaboración.- Además de la labor que realizamos en nuestros centros culturales o del resto de actividades descritas hasta ahora, nuestro modelo de trabajo también incluye otra serie de actuaciones realizadas en cola-boración con los principales agentes culturales que trabajan en el ámbito territorial de la provincia de Toledo. Con ellas tra-tamos de fomentar la existencia de un tejido social y cultural diversificado, que es la base necesaria para el fortalecimiento de la actividad artística.Es el caso de la colaboración que mantenemos con la Escuela de Arte de Toledo que implica la edición del catálogo que se re-coge la totalidad de los trabajos de fin de ciclo que realizan los alumnos al acabar sus estudios e iniciar su carrera profesional. La importancia de esta publicación reside en que constituye una magnífica tarjeta de presentación para el mundo laboral o para iniciar su propia trayectoria artística. La colaboración con este centro educativo no se reduce a esta exposición, sino que también se conceden ayudas para la presentación de al-gunos montajes en sus propias instalaciones o en las de otras instituciones con motivo del homenaje a algún profesor, tal y como ocurrió con la exposición dedicada al escultor Kalato en el Museo de Santa Cruz.Otra de las actividades más destacadas e interesantes, por lo que supone de apoyo a las iniciativas surgidas desde el sec-tor privado, es la colaboración que mantenemos con el Gru-po Tolmo de Toledo. A través de un convenio que se renueva cada año desde 2001, se patrocina una exposición de las que se programan en su galería, con la única condición de que el artista seleccionado sea nacido o residente en la provincia de Toledo. La colaboración de la DPT hace posible la edición de

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un importante catálogo y la adquisición de una obra que pasa a engrosar los fondos de nuestra colección y sirve de apoyo económico al mantenimiento de una sala que ha cumplido los 35 años de vida y se ha convertido en un lugar de discusión y debate ciudadano sobre temas que, en muchas ocasiones, superan el marco de la creación artística.Similar a este planteamiento, es el que realizamos en colabo-ración con el Círculo de Arte San Vicente, otro colectivo de ar-tistas que plantea una oferta diferente y genera importantes actividades que enriquecen nuestro panorama cultural. Me-diante la firma del correspondiente Convenio se subvenciona la realización de encuentro internacional de artistas deno-minado Nexo, que tiene lugar durante la segunda quincena del mes de agosto en Toledo. En él se reúne un número va-riable de artistas en el que se incluye la presencia de algunos representantes de origen local, que comparten una serie de sesiones de trabajo con creadores invitados procedentes de diferentes países. Los trabajos realizados por todos ellos son expuestos en el Centro Cultural San Clemente y parte de los fondos reunidos por la venta de las obras, se destinan al apoyo de diferentes programas humanitarios.

2.7. Publicaciones.- Aunque sin la trascendencia e importan-cia que tienen otras propuestas previamente descritas, tam-bién hay que hacer referencia a la edición de algunos trabajos de nuestros mejores críticos de arte que, en buena medida, se ocupan de artistas de nuestro ámbito territorial. Con ella tratamos de apoyar a dos sectores tan distintos pero comple-mentarios como son el del pensamiento y la creación material.Es un tipo de trabajo que se realiza por iniciativa de la propia DPT, pero también se colabora con algunas editoriales priva-das especializadas, que se “atreven” a editar este tipo de tra-bajos y necesitan un mínimo apoyo para dar entrada en sus colecciones a nuestros mejores artistas.Los libros editados de una manera u otra, entre los que desta-can obras de Nacho Llamas, Paco Rojas o Fernando Sordo, se envían a diferentes bibliotecas y centros de arte, con las lógi-cas consecuencias de divulgación que este tipo de actuación tiene para nuestra gente.

3. PLANTEAMIENTO DE FUTUROEl diseño de un programa ambicioso como es el que acabamos

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de describir en sus aspectos más esenciales, es una consecuen-cia del crecimiento económico y del desarrollo alcanzado por la sociedad toledana en las dos últimas décadas. El problema, en estos primeros meses del año 2010, radica en mantener un pro-grama tan diversificado y costoso como es el que acabamos de exponer, en un momento económico complejo. Nuestro reto consiste en mantener la actividad y demostrar que el arte es una necesidad social más, como lo pueda ser la información, el deporte o cualquier otra manifestación que influye en nuestra calidad de vida.Pero además de buscar el mantenimiento del programa esen-cial, nuestro trabajo debe buscar la intensificación de la co-laboración entre los artistas de la red que estamos tejiendo entre Toledo-Cagliari-Tetuán. De esta manera los becarios se convierten en un punto de partida para iniciar otro tipo de colaboraciones que son nuestra asignatura pendiente.El reto por lo tanto es doble: mantener e intensificar. Si en elcamino hay que dejarse algo, ya lo recuperaremos.

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MANUELA VACCA

Quando l’arte incisoria non è figlia di un dio minore

Un campo di spighe macchiato di papaveri quale scenografia profetica di un buon raccolto, nella sala prove della Fondazio-ne Ente Lirico di Cagliari. A conclusione dell’Incontro interna-zionale sull’incisione contemporanea, che ho avuto l’onere e l’onore di coordinare, ognuno dei partecipanti ha infatti porta-to via qualche chicco di grano prezioso per seminare altri con-fronti sull’arte. Merito di Gabriella Locci e Dario Piludu, artefici di quel centro sardo di ricerca e sperimentazione dei linguag-gi incisori che è Casa Falconieri. Certo bisogna specificare che l’evento ha oltrepassato il campo dell’incisione, pur restando fedele al suo fil rouge. E, sempre da precisare, l’incisione non è figlia di un dio minore ma anzi sa spalancare finestre più am-pie. I destinatari degli orizzonti delineati sono stati gli artisti (in un uditorio composto da chi ha un talento già affermato e da altri che iniziano il loro percorso), gli studiosi e gli studenti, gli amministratori e tutti gli operatori intenzionati ad attivare reti e avvicinare virtualmente nodi. Insomma, annullare distan-ze di un’arte che ha pari dignità delle altre. In questo senso è stata pensata la diretta via web delle due giornate nel sito Internet di Casa Falconieri: raggiungere il numero più alto di interessati.Al tavolo dei relatori si sono seduti esperti italiani e spagno-li nella precisa volontà di non limitarsi al mero confronto di tecniche dell’arte incisoria dagli inizi a oggi, ma condividere buone pratiche e scambiare idee su altri temi con cui l’inci-sione deve necessariamente connettersi. Per esempio, i luo-ghi espositivi dei musei e delle gallerie d’arte dove l’oggetto artistico deve essere reso fruibile. O il fenomeno del collezio-nismo e la produzione di un mercato dell’arte, la didattica e la scuola, la comunicazione del prodotto e il rapporto con le istituzioni e con il pubblico. Infine, perché no, si può ripensare il turismo culturale secondo un’ottica che avvicini nuovi visi-tatori. Una riflessione globale tesa alla messa in comunione di esperienze sarde e ispaniche, resa possibile da personalità di peso dello scenario locale e di quello iberico.

Riflessioni

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Tra gli intervenuti gli artisti Gabriella Locci, che presiede Casa Falconieri, Paola Dessy, anche presidente dell’associazione Stanis Dessy e Roberto Puzzu, giunto nella veste di dirigen-te scolastico dell’Istituto d’arte Filippo Figari di Sassari. Quin-di l’apporto considerevole degli storici dell’arte Maria Grazia Scano Naitza, Gianni Murtas, Lucia Siddi e Mauro Salis, il pre-sidente della Fondazione Nivola Ugo Collu e della Galleria Co-munale di Cagliari Anna Maria Montaldo. Significativo anche il contributo degli architetti Lucio Ortu e Paolo Sanjust per sof-fermarsi sugli interrogativi legati alla spazialità di collocazione delle opere. Dalla Spagna è giunta una collezionista dinamica e colta del calibro di Brita Prinz che ha contribuito alla mo-stra “Da Tàpies a Chillida - grafica originale”, ospitata nel foyer del Teatro Lirico di Cagliari, nell’ambito di “Mat – musica arte teatro”, il progetto visivo curato da Gabriella Locci, rappresen-tante - nel consiglio di amministrazione del Teatro Lirico di Cagliari - del Ministero per i Beni. Ancora nomi illustri: Pedro Galilea vicepresidente del prestigioso centro internazionale di incisione contemporanea “Fondazione Ciec” di Betanzos e Julio León responsabile delle incisioni della “Fondazione Pi-lar i Joan Miró a Mallorca”, due realtà che fanno importante formazione nelle loro strutture. L’archeologo Jesús Carrobles Santos, direttore del “Centro Studi Juan de Mariana di Toledo” ha mostrato altre visioni e nuovi spunti di lavoro sull’arte e su-gli artisti contemporanei. Da “Estampa”, rinomata tra le fiere internazionali europee e in cui lo stand degli artisti sardi por-tati da Casa Falconieri compete ad alti livelli, è arrivata la diret-trice Isabel Elorrieta. L’analisi delle criticità e degli scenari dei centri decisionali locali è stata affrontata con Joaquin Jimeno Saluena, sindaco di Fuendetodos, la cittadina che vive la sua identità intorno al museo Goya. Gli organi dell’informazione specializzata sono stati rappresentati da Enrique Gonzàlez Flores, direttore della rivista “Grabado contemporaneo”, orgo-gliosa del suo taglio civile capace di essere cassa di risonanza dell’utilità sociale dell’arte grafica.Molti degli intervenuti sono legati da amicizia di lunga data, nata da rispettosa e proficua collaborazione. Da queste oc-casioni, lontane dalle invidie spicciole, nascono opportunità per chi fa arte e vuole crescere. Grazie ai contatti già attivati e messi a disposizione da Casa Falconieri, ogni anno sono a disposizione due borse di studio per i giovani artisti, diretta-mente alla Fondazione Ciec, in una prospettiva che scavalca i

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confini nazionali.È sempre impegnativo definire stati dell’arte, ma la dimensio-ne internazionale è spesso in grado di condurre, per fortuna, allo sguardo rinnovato. A Cagliari si assiste a un fiorire di pic-cole gallerie? L’arte cerca e ritrova i suoi spazi. L’intento per-seguito dall’incontro è stato quello di pungolare, aprirsi e far discutere in un terreno dell’arte incisoria contemporanea che deve essere smosso. La Sardegna, per due giorni è stata ponte e nuovo punto di partenza per tentare di creare davvero circu-iti d’arte, prima di tutto come fatto culturale.

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Artisti

FRANCESCO ALPIGIANONato a Nuoro dove vive e lavora.        Ha compiuto i suoi studi artistici presso l’Istituto Statale d’Arte, Nuo-ro 1986Nel 1999 vince il prestigioso 1° Premio al 2° Concorso di Scultura Fondazione C. Nivola, , Orani (Sar-degna).E’ presente in importanti concorsi e manifestazioni d’arte in Italia e all’estero.

PAOLA DESSYNata a Sassari, in Sardegna dove vive e lavora, Dopo un esordio in campo figurativo affronta temi più ampi che approfondisce con lin-guaggi diversi e tecniche sperimen-tali.È presente nella scena artistica ita-liana con stampe di grande forma-to, dipinti, installazioni, percorsi a

terra e con l’utilizzo dei più diversi materiali, libri in terracotta e spago, sculture in ceramica, marmo, trachite, plexiglass.Ha fatto parte nel 1965 del gruppo “Gruppo A” formazione del-la Neoavanguardia isolana e nel 1976 del “Gruppo della Rosa” di marca concettuale.Si è sempre dedicata alla divulgazione dell’arte attraverso l’insegnamento, nella scuola e suo laboratorio, e anche con l’Associazione Culturale “Stanislao Dessy” di cui è Presidente dall’anno 2000. Ha ricevuto premi e riconoscimenti sia in campo nazionale che internazionale e sue opere sono in Musei e collezioni pubbliche e private; è vincitrice del “Concorso di idee per gli arredi sacri della chiesa di S. Chiara ad Oristano”. Invitata più volte da enti, università e strutture comunali ha tenuto conferenze sull’arte.È presente ad Estampa dall’anno 2004 con i progetti di Casa Falconieri.Già docente di discipline pittoriche disegno dal vero ed incisione, ha al suo attivo numerose mostre in Italia all’estero.

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ELISABETTA DIAMANTINata a Roma dove vive e lavora. La sua formazione incisoria inizia nell’ambito dell’Accademia di Belle Arti di Roma con G. Strazza e presso l’Istituto Nazionale per la Grafica in Roma, con una specializzazione nel-la tecnica di “bulino” con J.P. Velly.Docente della cattedra di Incisione nell’Accademia di Viterbo dal 1996 al 2006 e del corso di Incisione e Stampa nella scuola del Comune di Roma dal 1996 a tutt’oggi.Partecipa ai Worksessions di incisio-ne calcografica presso il Centrum

voor grafick Frans Masereel – Kasterlee (Belgio) dal 1997 al 2003, nel 2004 alla Citè International des Arts a Parigi.Ha collaborato e organizzato con l’Università di Nantes, Bilbao, e Granada seminari specifici nell’incisione. E’ invitata, come do-cente, nei laboratori di ricerca di Casa Falconieri, Serdiana - CA, al Papirmuseet Silkeborg - DK.Dal 1995 la sua ricerca approfondisce il rapporto MATRICE - SUP-PORTO - FORMA. Le sue opere sono conservate in collezioni pubbliche e private.

NINO DORENato a Sassari nel 1932, ha conse-guito in questa città il titolo di mae-stro d’arte in decorazione pittorica, compiendo gli studi nell’Istituto d’Arte “Filippo Figari”. Dal 1960 al 1963, con una borsa di studio del

governo francese e una della Fondation de la Maison de l’Italie a la Citè Universitaire, si trasferisce a Parigi dove frequenta i corsi di Incisione nell’Atelier 17 della “Académie Ranson” diretti da Hayter. In questo periodo espone al “Centre Culturel International”, alla Galleria Le soleil dans la tête” e nelle collettive del “Musée Natio-nal d’Art Moderne”.Successivamente rientra a Sassari e insegna all’Istituto Statale d’Arte.Intensifica la sua ricerca artistica approfondendo il valore del se-gno nelle sue componenti lineari e formali, ma anche nelle sue risonanze coloristiche.Espone all’VIII Quadriennale di Roma e alle più importanti esposi-zioni organizzate in Sardegna.Dal 1970 vive e lavora a Roma dove, lasciato l’insegnamento, si concentra unicamente nella sua ricerca pittorica e grafica.

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ANGELINO FIORI Nato a Osilo, vive e lavora a Sassari.Dal ’62 al ’64 soggiorna in Germania, dove si avvicina alla sperimentazione nell’ambito della stampa dei tessuti. Dal ’64 all’85 insegna Discipline Pitto-riche presso l’Istituto Statale d’Arte di Sassari. Intensa la partecipazione a ma-nifestazioni d’arte e di arte applicata. Attualmente si occupa di proget-tazione nel settore della grafica e dell’artigianato.Dal 2000 è presente a Madrid in Estampa - Salone Internazionale di

Incisione, nei progetti sperimentali di Casa Falconieri.

ERMANNO LEINARDI (1933/2006)Nato a Pontedera da genitori sardi, si stabilisce dapprima a Milano e in seguito a Genova. La sua carriera ar-tistica inizia nella seconda metà de-gli anni cinquanta con opere di tipo espressionista, che lasceranno ben

presto lo spazio ad un linguaggio di astrattismo concreto. Dagli anni sessanta ai novanta l’artista attraverso una vasta produ zione di acquerelli, oli, acrilici e soprattutto incisioni, elabora un pro prio segno, la “O”, e lo svolge in combinazioni e interpretazioni gover-nate da una ferrea logica geometrica.Nel 1967 a Cagliari è cofondato re del Gruppo Transazionale.Nei primi anni settanta si stabilisce a Roma, articolando il suo la-voro e le sue esposizioni, fra Italia, Francia, Svizzera e Germania.Rientrato in Sardegna, attraverso la fondazione di “CONCRETO” studio d’informazione estetica”, promuove una serie di esposizio-ni di respiro internazionale, finalizzate alla divulgazione del l’arte non figurativa e d’avanguardia.È stato il promotore e fondatore del museo d’Arte Astratta di Calasetta.

GABRIELLA LOCCIImpegnata nella sperimentazione e ricerca nelle arti visive e in particola-re nel settore dei linguaggi incisori. Su commissione di enti pubblici, ha realizzato progetti di interventi nel-lo spazio urbano. Ha fatto parte del “Gruppo Interdisciplinare di Ricerca e Sperimentazione” del Dipartimen-

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to di Scienze Matematiche dell’Università di Cagliari. Dal 1992 al 1997 è stata docente e responsabile del laboratorio di Tecniche d’Incisione e Stampa presso l’Istituto Europeo di Design di Cagliari. È presidente di Casa Falconieri, struttura di sperimentazione e ri-cerca che con il suo modello fortemente innovativo ha delineato nuove linee guida che ottengono riconoscimenti internazionali.2001 è invitata in Romania dal Ministero della Cultura come “artist in residence”.Dal 2000 promuove e realizza workshops di sperimentazione e ri-cerca nel settore dell’incisione originale.Nel 2008 è docente, nella Facoltà di Belle Arti di Cuenca, di un “Taller de grabado experi-mental” e nel 2009 di un “Taller di tecnicas aditivas” nel Consorcio Goya-Fuendetodos.Nel 2010 presenta la ricerca di Casa Falconieri nel II° Encuentro de Arte Universitario IKAS-ART a Bilbao.Dal 2006 al 2010 rappresenta il Ministero della Cultura italiano nella Fondazione Teatro Lirico di Cagliari.Ha ideato e cura progetti quali “I Luoghi del Segno”, “Viaggiatori/Viajeros, “MAT”.2010, Madrid, Estampa XVIII Feria Internacional de Arte Multiplo Contemporaneo, premio della critica quale “miglior opera di artista vivente presente in Estampa”Sue mostre personali sono state allestite in Italia, Spagna, Belgio, Svizzera, Romania, Paraguay. E’ presente nelle importanti rassegne internazionali e nazionali dedicate all’incisione originale. Sue ope-re sono presenti in collezioni pubbliche e private in Belgio, Svizze-ra, Italia, Polonia, Spagna, Paraguay, Portogallo.

MONICA LUGASVive e lavora a Cagliari.Si forma presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e Carrara studiando scultura. In Germania si dedi-ca alla progettazione e

realizzazione di opere lapidee e nella città di Ingol-stadt lascia una importante fontana in marmo bianco. Nel 1995 vince il Primo premio al “Concorso di scultura” della Fon-dazione Nivola di Orani al quale seguono partecipazioni a wor-kshop internazionali di scultura e installazione in Austria e di inci-sione sperimentale presso Casa Falconieri a Serdiana (CA).Nell’ultima ricerca utilizza il linguaggio della scultura privilegian-do assemblaggi di materiali sintetici, reti elettrosaldate, materiali di recupero.

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LALLA LUSSU Nasce e vive a Cagliari dove si diplo-ma al Liceo Artistico Statale, attual-mente vi lavora come docente al corso di Grafica. In seguito si laurea in Storia dell’Arte Contemporanea.Nel 1971 frequenta il corso di pittu-ra presso l’Intenatìonale Sommera-

rakademìe fur Bildende Künst di Salisburgo con il maestro Heinz Trökes, e nel 1989 con il maestro Jörg Immendorf. Dal 1982 al 1984 frequenta i corsi d’incisione presso l’Ac-cademia Raffaello d’Urbino e nel 1997/1998 ai cor-si avanzati d’incisione tenuti dal maestro Enk de Kramer.Recentemente ha collaborato con artisti e architetti al recupero d’alcune aree urbane della città di Cagliari, partecipando nel 2000 al progetto “Dieci artisti per il Favero” e nel 2001 al progetto “Piaz-za d’Arte”. Nel 2009 e nel 2010 ha preso parte alle mostre di New Design “SiediTi” e “Contenitori alT”.Dal 2003 decide di rivolgere tutta la sua attenzione e il suo impe-gno alla tecnica dell’acquarello, partecipando alle mostre “RAMA-DURA”, “Carte…Carte”, “Bianco come la Pece”, “Architetture di terra, architetture d’aria”, “Riflessi” fino all’ultima mostra personale del 2011 dal titolo “I fiori sbocciano…presto raggiungerò il bosco”.

ANTONIO MALLUS Nel 1976 si diploma presso il li-ceo Artistico Statale di Cagliari; trasferitosi a Firenze lo stesso anno, termina gli studi in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti nel 1980. Inizia ad insegnare immedi-atamente presso il Liceo Artistico. Attualmente risiede e opera a Quar-tu Sant’Elena. I suoi campi di ricer-ca sono: Arazzopitture 1978 (stracci su tela); Monocromia – tributi - 1978 (Piero Manzoni); Policromia – olii (Keropitture); Monocromi – smalti rosa e celesti 1978/80; 1982 Graf-fittogrammi, Polychrom –Ecoline (1980); 1990 Implosioni Esplosioni

- Olii; 1991 Geometrie Mistiche - Geometrie Simboliche; 1992 Paesaggi neoinformali – monocromi, policromi. Sino ad oggi predilige dipingere olii su tela ed ecoline su cartoncino, dal 2002 ha ripreso saltuariamente ad incidere grazie a Casa Falconieri, su invito di Gabriella Locci.

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MARIA  GRAZIA  MEDDAInizia la sua attività artistica alla fine degli anni settanta.Nel 1980 frequenta un corso all’Ac-cademia di Belle Arti di Perugia. Con-temporaneamente segue un corso di incisione presso la stamperia “ L’ Aquilone “. Dal 1988 al 1995 aderisce e partecipa al movimento “ Plexus “.Approfondisce la pratica dell’arte

incisoria, partecipando al primo ed al secondo stage avanzato, sotto la guida di maestri quali Giovanni Job ed Enk de Kramer, presso l’ Exma di Cagliari.Nel 1999, per il comune di Pula, Assessorato alla Cultura, orga-nizza “ Arte Evento Creazione “, rassegna di Installazioni, Musica, Teatro, Recital, Video, Proiezioni e Performing Art.Nel 2000 durante un lungo soggiorno in Argentina, lavora presso l’ ate-lier dello scultore Rafael Martin, confrontandosi con diversi artisti locali.

WANDA NAZZARIE’ direttore artistico del Centro Man Ray, spazio polivalente di ricerca contemporanea. Studi umanistici, pittrice e performer. Realizza in-terventi installativi per il teatro. Progetta e dirige numerosi eventi multimediali (Percorsi dello Spirito, Stanze, Imperfetto Futuro, Attraver-samenti). Ha creato opere perfor-mative (Fessura di tempo, Sonora, Se il grillo resta udibile, Listen!).

PRIMO PANTOLIPrimo Pantoli, pittore, scultore, incisore, scenografo, è nato a Ce-sena (Forlì)nel 1932. Nel 1950 si trasferisce a Firenze, dove alterna la pittura agli studi letterari. Nel 1957 si stabilisce in Sardegna, dove in-segnerà discipline artistiche al Liceo Artistico di Cagliari fino al 1990. E` stato tra i fondatori dei primi gruppi di arte di avanguardia in Sardegna

(Studio ’58 nel 1958; Gruppo di Iniziativa, nel 1961; Centro di Cul-tura Democratica, nel 1967). Ha pubblicato scritti e disegni su quotidiani e periodici, articoli di critica d’arte su L’Unità , il Tempo

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e L’Unione Sarda; è stato disegnatore satirico di Rinascita Sarda e di Sardegna Oggi. Espone un po’ ovunque, in Italia e all’estero dal 1952. Incide e stampa opere di xilografia, acquaforte, puntasecca. Ha progettato un centinaio di manifesti per manifestazioni culturali e politiche, scenografie per il teatro e la televisione (Rai 3), allestito sale e piazze per congressi e conferenze. Dall’anno 2000 si dedica anche alla scultura,usando materiali diversi, dal bronzo, al gesso, all`acciaio inox.

PAOLA PORCEDDANata in Sardegna . Nel 1998 si è di-plomata nel corso di Pittura all’Ac-cademia di Belle Arti di Sassari. At-tualmente vive e lavora a Cagliari dove insegna Discipline Pittoriche

al Liceo Artistico Statale di Cagliari.

ROBERTO PUZZUVive e lavora a Sassari, dove è nato e ha compiuto gli studi presso il locale Istituto Statale d’Arte, del quale, per un circa un decennio, è stato docente di Discipline Pit-toriche. Attualmente è direttore del Liceo Artistico di Sassari.Si oc-cupa di progettazione nei settori

della grafica e della produzione artigiana legata all’accessorio per l’abito.La produzione attuale vede, in abbinamento alle tecniche tradizionali della pittura e dell’incisione, l’uso di tecnologie informatiche complesse per l’elaborazione e la pro-duzione delle immagini. Sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private in Italia e all’Estero.

ROSANNA ROSSINata nel 1937 a Cagliari dove vive e lavora.Compiuti gli studi presso L’istituto d’Arte Zileri di Roma rientra nell’iso-la nel 1958.Dopo le prime esperienze all’in-terno delle attività di Studio 58, caratterizzate da una figu-razione espressiva, alterata da suggestioni materiche, la sua ri-cerca si orienta nel decennio suc-cessivo verso un’astrazione che

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fa interagire reminescenze naturalistiche nell’uso del co-lore con le connotazioni segniche di matrice informale. Gli sviluppi successivi, pur con periodici sconfinamen-ti nell’ambito del ready-made, mantengono questa am-bivalenza progettuale, oscillando costantemente tra un ordine costruttivo di ascendenza concreta e solu-zioni materico-espressive dell’astrazione neoinformale. Docente al liceo artistico dal 1968 al 1983, ha insegnato in vari corsi di specializzazione e dal 1984 al 1990 all’Istituto Europeo di Design. Dal 1970 inizia ad occuparsi di installazioni permanenti in spazi pubblici.Il suo lavoro continua a scandagliare i linguaggi tra-dizionali ma all’interno di una figurazione inusitata. In parallelo al proprio linguaggio pittorico identifica nuove pos-sibilità espressive ottenute con materiali poveri, trovati, diversa-mente utilizzati, scavalca la tradizione precedentemente espres-sa.

PIERO ZEDDE Nasce a Carbonia. Dopo gli studi artistici,consegue a Cagliari l’abilitazione all’insegna-mento al quale dedica alcuni anni. Successivamente è responsabile del coordinamento del settore tec-nico e artistico presso l’I.S.O.L.A.

 

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Casa FalconieriSede Legale Via Lagrange, 6 - CagliariAtelier: Via Monsignor Saba, 16 - Serdiana (CA)Tel. +39.070.742343 - +39.347.1095801www.casafalconieri.itmail: [email protected]