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Seminario sul Sistema Statistico Europeo Concetti base dell’integrazione economica con particolare riferimento a quella europea Francesco Bergamaschi Scuola di Economia, Management e Statistica Università degli Studi di Bologna 16/04/2014

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Page 1: Seminario sul Sistema Statistico Europeo Concetti base dell’integrazione economica con particolare riferimento a quella europea Francesco Bergamaschi Scuola

Seminario sul Sistema Statistico Europeo

Concetti base dell’integrazione economica con particolare riferimento a quella europea

Francesco Bergamaschi

Scuola di Economia, Management e StatisticaUniversità degli Studi di Bologna

16/04/2014

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La cooperazione internazionale è costituita, in grandissima parte, dalla sua accezione economica.

Ci chiederemo e cercheremo di rispondere quindi alla domanda: è opportuno e/o necessario e/o ottimale che si pongano delle regolamentazioni alle relazioni economiche internazionali?

Arriveremo infine ad inquadrare l’integrazione economica come modo ottimo di cooperare economicamente a livello internazionale.

Premessa

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Le diverse economie mondiali sono fortemente eterogenee tra loro in termini di capitale, materie prime, risorse naturali, quantità e abilità della forza lavoro.

Alcuni vantaggi di un mercato unico, uniforme ed esteso sono dunque:

• la possibilità di mettere in pratica metodi di produzione su larga scala

• il libero scambio, che stimola la produzione (e così il tenore di vita) più di un sistema rigido di regole precostituite.

Qualche punto assodato

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Una delle idee dei «complottisti» è che in realtà il libero scambio avvantaggi soltanto le nazioni più ricche.

Questo è evidentemente falso, basterebbe chiedere ai milioni di cinesi che, pur ancora in un regime, hanno visto crescere il loro tenore di vita in modo sostenuto da Den Xiaoping in poi.

O al sud coreano medio, dopo avere confrontato il suo tenore di vita con quello dei nord-coreani o degli abitanti del Bhutan.

Qualche punto assodato

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J.M. Keynes e altri illustri padri della moderna Macroeconomia come Ricardo avevano già intuito il collegamento tra il libero scambio, il benessere e l’integrazione.

Entrambi sono arrivati alla conclusione che gli accordi di liberalizzazione fossero la migliore scelta per la società.

Tutto questo passando attraverso le gestione della moneta, della domanda, la crisi del ‘29, le limitazioni al libero scambio tra le due guerre (Keynes), il piano Marshall e Bretton Woods.

Chi si è occupato di integrazione economica

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Che risposta, in termini di istituzioni di controllo, dare al conflitto tra il libero scambio e l’integrazione?

Ne parleremo approfonditamente, ma citiamo subito alcune istituzioni come:

- la FAO (Food and Agriculture Organization); - la WTO (World Trade Organization); - la World Bank (www.worldbank.org).

Chi si è occupato di integrazione economica

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Il concetto di integrazione (J. Tinbergen, International Economic Integration, 1965):

Integration is the creation of the most desirable structure of

the international economy, removing artifical hindrances to its

optimum operation and deliberately introducing all the

desirable elements of coordination and unification

La definizione di integrazione economica

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Le politiche economiche

• La definizione di Tinbergen porta il problema

dell’integrazione economica ad un livello più

alto, quello di politica economica ottimale

• Tinbergen fa una distinzione netta tra

politiche qualitative e quantitative

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• Politiche economiche qualitative: ogni cambiamento della struttura o dell’organizzazione della società che abbia implicazioni economiche (esempio: introduzione o dissoluzione di un monopolio)

• Politiche economiche quantitative: ogni cambiamento delle leve a disposizione delle autorità pubbliche (G, T e i), all’interno di una struttura immutata della società

Le politiche economiche

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Passando ai nostri giorni, come non notare che l’integrazione economica in Europa (un grandissimo risultato) sia stata in parte oscurata da un precedente ed evidente fallimento del sogno di un’integrazione politica?

Monnet, europeista convinto, propone (1951) e presiede (1952-1955) la prima comunità europea la CECA (Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio) dal 1956 al 1975 è presidente del Comitato d'azione per gli Stati Uniti d'Europa da lui proposto, ha scritto Les États-Unis d'Europe ont commencé nel1955!

Nonostante le difficoltà, sono evidenti ancora oggi gli sforzi per creare le condizioni per un’unità politica europea che copra le competenze tipiche di una federazione

Rimane quindi l’obiettivo di uniformare l’azione delle politiche economico-sociali.

Chi si è occupato di integrazione economica

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Tinbergen definisce tre tipi di organizzazione del commercio tra Stati:

1- free (non si intende free competition ma free trade)

2- hampered3- controlled

Cita espressamente, inoltre, l’esistenza di gruppi di Stati (unioni doganali) che impongono free trade tra essi e dazi rispetto al «mondo esterno» (es. Benelux)

Le politiche economiche

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Un’unione doganale può evolvere secondo Tinbergen in un’unione economica, se vengono fatti passi ulteriori:

1. unificazione fiscale (tassazione, per esempio)

2. l’impostazione di un ottimo di centralizzazione (NON di un massimo)

Le politiche economiche

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Teoria del vantaggio comparato

Usiamo un modello semplificato di commercio internazionale, con le seguenti assunzioni:

1-free trade tra due Stati su due prodotti

2-prezzo normalizzato per entrambi i prodotti

3-costi di trasporto nulli

4-concorrenza perfetta tra gli employer

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Con le ipotesi fatte, il prezzo può essere assunto unitario in entrambi gli Stati per entrambi i prodotti, e potremo misurare l’efficienza delle due economie così:

Quantità prodotta per ora lavorata

(P1)

Quantità prodotta per ora lavorata

(P2)

Stato 1 1 0,8

Stato 2 0,3 0,5

Teoria del vantaggio comparato

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In queste condizioni, lo Stato 1 dovrebbe produrre soltanto il bene 1, e lo Stato 2 soltanto il bene 2 (vantaggio comparato):

Quantità prodotta per ora lavorata

(P1)

Quantità prodotta per ora lavorata

(P2)

Stato 1 1 0,8

Stato 2 0,3 0,5

Teoria del vantaggio comparato

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Lo Stato 1 può consumare N unità del bene 2 producendo N unità del bene 1, esportandole e comprando N unità del bene 2 con la moneta ottenuta.

Per ogni ora lavorata, potrà così consumare 1 unità del bene 2, mentre ne avrebbe consumate soltanto 0,8 producendole internamente.

Quantità prodotta per ora lavorata

(P1)

Quantità prodotta per ora lavorata

(P2)

Stato 1 1 0,8

Stato 2 0,3 0,5

Teoria del vantaggio comparato

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Lo Stato 2 può consumare N unità del bene 1 producendo N unità del bene 2, esportandole e comprando N unità del bene 1 con la moneta ottenuta.

Per ogni ora lavorata, potrà così consumare 0,5 unità del bene 1, mentre ne avrebbe consumate soltanto 0,3 producendole internamente.

Quantità prodotta per ora lavorata

(P1)

Quantità prodotta per ora lavorata

(P2)

Stato 1 1 0,8

Stato 2 0,3 0,5

Teoria del vantaggio comparato

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In sintesi: contano le efficienze relative, non quelle assolute.

Nonostante lo Stato 1 sia più efficiente dello Stato 2 anche nel produrre P2, non dovrebbe produrre P2.

Inoltre lo Stato 1 non produrrebbe P2 con minori risorse dello Stato 2: i salari saranno circa 0,8 €/ora nello Stato 1, contro circa 0,5 €/ora nello Stato 2.

Quantità prodotta per ora lavorata

(P1)

Quantità prodotta per ora lavorata

(P2)

Stato 1 1 0,8

Stato 2 0,3 0,5

Teoria del vantaggio comparato

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• Tornando alle politiche economiche quantitative: si distinguono interventi diretti e indiretti

• I diretti sono direttamente legati all’interferenza con le forze di mercato (razionamenti, prezzi imposti, tassi di cambio fissi, dazi doganali), gli indiretti sono legati alla politica finanziaria (di credito e fiscale)

Le politiche economiche

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• Tornando alle politiche economiche qualitative: il loro scopo è (dovrebbe) essere quello di trovare l’«ordine ottimo», cioè un’architettura istituzionale che massimizzi il benessere sociale

• Assumeremo che un sistema «misto», cioè in cui sono presenti sia una componente pubblica che una privata, sia la scelta che più si avvicina a questo «ottimo» teorico*

* Si veda anche J. Tinbergen, The Theory of the optimum regime, 1969

Le politiche economiche

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• La scelta qualitativa principale è quella tra centralizzazione e decentramento: «quale grado di centralizzazione crea il massimo benessere?»

• Un’altra domanda fondamentale: «quali funzioni nella vita economica internazionale dovrebbero essere soggette ad un controllo centralizzato e quali lasciate a singoli Stati, entità o persone?»

Le politiche economiche

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• Vantaggi del decentramento: - riduzione dei costi (non sempre) - libertà maggiore per i popoli - in generale, è indicato per gli strumenti di politica economica «neutri» e «misti» (vedi slide successive) • Vantaggi della centralizzazione: - in generale, è indicata per gli strumenti di politica economica «di supporto» e «conflittuali» (vedi slide successive)

Le politiche economiche

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• Abbiamo definito l’«ordine ottimo» come una architettura istituzionale che massimizza il benessere sociale

• Ma come intendere il «benessere sociale» per non lasciare sul campo solo un concetto (bello ma vuoto)?

Le politiche economiche

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• Torniamo al punto centrale: l’integrazione.

Ricordiamo la definizione di Tinbergen: Integration is the creation of the most desirable structure of the international economy, removing artifical hindrances to its

optimum operation and deliberately introducing all the desirable elements of coordination and unification

• Si distinguono strumenti di politica economica nazionali e internazionali, che servono per raggiungere l’integrazione.

• In cosa consiste l’integrazione nel mondo reale? Nella centralizzazione, a livello sopra-nazionale, di alcuni strumenti di politica economica, possibilmente quelli che mostrano maggiori effetti di esternalità.

L’integrazione economica

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• Livelli di integrazione:

1- (minimo) il Governo centrale non esiste, ma esistono solo forme di consultazione tra Governi autonomi

2- la consultazione porta anche ad accordi e trattati (forma di integrazione detta anche di coordinamento)

3- (massimo) il Governo locale non ha più de facto potere economico, si instaura un Governo sovra nazionale

L’integrazione economica

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• L’integrazione è sempre possibile/desiderabile? Dipende molto da come vengono usati gli strumenti di politica economica a disposizione.

• Questi strumenti internazionali possono avere un effetto

1. di supporto 2. conflittuale3. neutro4. misto

sulla crescita del benessere sociale nelle economie integrate

• Esempio: la spesa pubblica ha un effetto di supporto sul benessere in tempi di depressione economica

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• Sapete dare un esempio di uno strumento ad effetto conflittuale, di uno ad effetto neutrale e di uno ad effetto misto?

• La classificazione appena data deve essere incrociata con la modalità di implementazione, uniforme o meno

• Pare logico che un’autorità sovranazionale usi gli strumenti a sua disposizione in modo uniforme, per esempio al riguardo della salute

• Che dire delle protezioni sociali contro la disoccupazione? Ha senso che siano uniformi? E i salari/stipendi?

• A volte l’uniformità, pur non necessaria, comporta una riduzione dei costi di implementazione

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• L’uniformità è invece necessaria per gli strumenti non neutrali, in quanto altrimenti si possono erodere, attraverso l’integrazione, vari equilibri fondamentali

• Quali scopi ci si prefigge? Un classico: influenzare il livello di produzione e dunque il livello di attività economica

• Si può tradurre quanto sopra in equilibrio della bilancia dei pagamenti, cioè equilibrio tra reddito e spesa, in corrispondenza di un alto livello di occupazione

• In altri termini, si tratta di evitare finanziamenti inflattivi (la creazione di più moneta di quanta è necessaria per avere alta occupazione al livello di prezzo desiderato, e per finanziare la domanda di moneta come riserva di valore)

L’integrazione economica

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• Qualche esempio di strumento non neutrale:

1. di supporto, ossia politica fiscale (G e T), e in particolate la scelta tra tasse dirette o indirette

2. conflittuale, ossia livello dei prezzi, dei salari e altri redditi, in questo caso non pare tuttavia si siano elencati veri e propri strumenti

• Sul secondo gruppo, si agisce infatti modo indiretto, per esempio attraverso il tasso di cambio (caveat: rischio di comportamento beggar-my-neighbour)

• L’influenza molto spinta del livello dei prezzi sul benessere consiste nell’essere la via per il setting del livello di potere competitivo del paese

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• Esempio: uno Stato che mantiene un livello alto e stabile di occupazione solo grazie all’inflazione permanente è un naturale candidato allo «strumento» della modifica del livello dei prezzi.

• La soluzione migliore sarebbe intervenire sulla produttività, ma ci sono problemi di orizzonte temporale (ricordate da Macroeconomia: su quale orizzonte temporale la produttività cambia in modo significativo?)

• In generale, a livello sovranazionale si dovrebbe intensificare l’uso di strumenti di supporto, a spese di quelli conflittuali

• Esisteranno (ed esistono infatti nell’UE) resistenze contro l’uso di questi strumenti, dunque bisogna ridurre il loro utilizzo al minimo necessario

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• In sintesi, il controllo centrale dovrebbe essere fondato su:

1- il gap inflattivo nel settore pubblico (differenza tra la spesa e la tassazione, e non le due grandezze separatamente)

2- il livello dei prezzi

• Inoltre, l’integrazione presupporrà interventi in senso negativo (eliminazione di impedimenti alla corretta operatività dell’area in integrazione) e positivo (creazione di nuove istituzioni che aiutino la corretta operatività)

• Gli interventi negativi permetteranno ad ogni Stato di specializzarsi nella produzione in cui è più efficiente, permettendo una migliore suddivisione del lavoro per l’intera area e quindi un maggiore benessere

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• Ciò potrà però causare la modifica dei percorsi del settore industriale o dell’occupazione

• Esempio: il riaddestramento della forza lavoro e gli investimenti per la modifica dello stock di capitale

• Modifiche rapide porteranno alla necessità di nuovi investimenti, modifiche lente solo al re-indirizzamento degli investimenti già programmati: esiste quindi una velocità OTTIMA di integrazione.

• Come definirla? E’ la velocità che minimizza i costi totali dell’integrazione, che sono:

∑ (perdite di produzione non reindirizzata + nuovi addestramenti + nuovi investimenti)

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• Passiamo agli interventi in senso positivo (creazione di nuove istituzioni che aiutino la corretta operatività)

• Il loro scopo principale è evitare la distorsione del processo di libera competizione

• Un esempio: la tassazione indiretta su materie prime specifiche. Non ci sono criticità nelle differenze del livello generale della tassazione indiretta tra Stati membri, ce ne sono invece se le differenze riguardano casi specifici (es. il grano vs. i cereali).

• Se la produzione di grano è tassata più di quella dei cereali nello Stato membro A, così dovrebbe essere anche nello Stato membro B e così via, questo proprio per evitare distorsioni alla concorrenza.

• Regola: la tassazione indiretta relativa deve essere uniforme tra ogni coppia di Stati membri

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• Un altro aspetto degli interventi in senso positivo riguarda la supervisione delle misure prese dagli Stati membri al riguardo dello sviluppo delle proprie aree meno sviluppate

• Esempio: il Sud in Italia e l’Est in Germania

• Invece di ridurre la tariffe in modo artificiale, portando distorsioni (es. le tariffe ferroviarie dovrebbero riflettere i reali costi di trasporto), è molto meglio sussidiare l’occupazione

• La disoccupazione in quelle aree riflette infatti un costo del lavoro troppo elevato, e i sussidi aiuteranno a ridurlo. Tariffe troppo basse invece avranno altri effetti che non saranno focalizzati a risolvere il problema in questione (per esempio aiuterebbero anche le zone sviluppate)

L’integrazione economica

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• Passiamo così al seguente fondamentale interrogativo: quali misure devono essere prese per realizzare una (buona) integrazione?

• Elenco schematico:

1- integrazione delle transazioni correnti

2- redistribuzione dei redditi tra gli Stati (per la redistribuzione al loro interno i Governi possono lavorare in autonomia)

3- raggiungimento dell’uniformità di tassazione indiretta relativa

4- pianificazione a livello sovranazionale degli aspetti economico-sociali

5- regolamentazione di mercati instabili con un’area di scambio sovranazionale

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• E oggi? Non esiste una forma di integrazione molto particolare che sta avvenendo ormai da più di un decennio?

• Stiamo parlando di globalizzazione: un’integrazione non guidata (come quella che ha portato all’UE) e globale.

• Indubbiamente, esistono tuttavia strutture che hanno facilitato questo tipo di integrazione «indipendente» e quasi «autonoma».

• Su questi argomenti, molti contributi vengono da Stiglitz e Hirshmann.

• Pericoli? certamente tanti. Il maggiore è il ritorno all’autarchia. Notate la crescita dei consensi verso i nazionalisti (anche xenofobi) di questi giorni, un fenomeno molto preoccupante.

L’integrazione economica

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Indicatori e fonti

Dati ed indicatori FMI (IMF)

Dati ed indicatori BRI (BIS)

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Dati ed indicatori FMI (IMF)

Pagina principale delle statistiche:

http://www.imf.org/external/data.htm

eLibrary:

http://www.elibrary.imf.org/

World Economic Outlook Databases:http://www.imf.org/external/ns/cs.aspx?id=28

World Economic Outlook on Google Public Data Explorer

http://elibrary-data.imf.org/FindDataReports.aspx?d=33061&e=169393

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World Economic Outlook on Google Public Data Explorer

Esempio, crescita mondiale del PIL reale

Dati ed indicatori FMI (IMF)

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World Economic Outlook on Google Public Data Explorer

Esempio, crescita mondiale del PIL reale, vs G7, EU ed area euro

Dati ed indicatori FMI (IMF)

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Dati ed indicatori BRI (BIS)

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Pagina principale delle statistiche:http://www.bis.org/statistics/index.htm

Statistiche sui derivati:http://www.bis.org/statistics/derstats.htm

Statistiche bancarie:http://www.bis.org/statistics/about_banking_stats.htm

Dati ed indicatori BRI (BIS)

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Page 43: Seminario sul Sistema Statistico Europeo Concetti base dell’integrazione economica con particolare riferimento a quella europea Francesco Bergamaschi Scuola

Due opere di Jan Timbergen

■ Timbergen, Jan, Dirigisme et liberte dans le cadre de l'integration economique de l'Europe , Lisboa : [s.n.], 1952. - 13 p. ; 24 cm. ,Estr. da: Anais do instituto superior de Ciencias economicas e financeiras, v.20.

■ Timbergen, Jan, International economic integration/ - 2. revised ed. - Amsterdam \etc.! : Elsevier, 1965. - XIX, 142 p. ; 23 cm. (edizione precedente 1954)

■ Jan Timbergen (1903-1994) olandese, con Ragnar Frisch, primo Nobel per l’economia nel 1969

11 Luglio 2009 43

Page 44: Seminario sul Sistema Statistico Europeo Concetti base dell’integrazione economica con particolare riferimento a quella europea Francesco Bergamaschi Scuola

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Global Liquidity Indicators:http://www.bis.org/statistics/gli.htm

Dati ed indicatori BRI (BIS)

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Page 45: Seminario sul Sistema Statistico Europeo Concetti base dell’integrazione economica con particolare riferimento a quella europea Francesco Bergamaschi Scuola

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Global Liquidity Indicators:http://www.bis.org/statistics/gli.htm

Dati ed indicatori BRI (BIS)

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E-mail:[email protected]

Web:www.francescobergamaschi.com

Recapiti… E grazie dell’attenzione!

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