semiotica...testi d’esame primo modulo • tullio de mauro, prima lezione sul linguaggio,...

86
SEMIOTICA 2019-20 Ilaria Tani

Upload: others

Post on 05-Jan-2020

14 views

Category:

Documents


1 download

TRANSCRIPT

SEMIOTICA 2019-20

Ilaria Tani

Programma del corsoPrincipali nuclei tematici del primo modulo: Introduzione alla semiotica generale

• Origini della semiotica• Segno e significazione• La fondazione linguistica della semiotica• Caratteristiche semiotiche del linguaggio umano• Espressione/contenuto, modi di produzione segnica• Sistemi di significazione e processi di comunicazione• Cooperazione e interpretazione• Dizionario / Enciclopedia• Metafora• Simbolo

Principali nuclei tematici del secondo modulo:• La trasformazione semiotica della filosofia di Kant

• Peirce• Il confronto con Kant e l’elaborazione della semiotica cognitiva• Una prospettiva anticartesiana• Tipi di segno• Le forme dell’inferenza • Realismo e pragmatismo

• Cassirer• Il concetto di forma simbolica e il superamento della teoria kantiana della

conoscenza• Il confronto con la storia del pensiero linguistico: l’importanza di Humboldt• Fenomenologia della forma linguistica: dall’indicare al significare

Testi d’esamePrimo Modulo• Tullio De Mauro, Prima lezione sul linguaggio, Roma-Bari, Laterza,

2002• Umberto Eco, Semiotica e filosofia del linguaggio, Torino, Einaudi,

1984• Materiali didattici disponibili nell’area docente del sito web del

Dipartimento di Filosofia

• Testo integrativo per i non frequentanti• Stefano Traini, Le due vie della semiotica, Milano, Bompiani 2013 (pp.

1-113; 215-288).

Secondo Modulo• Charles Sanders Peirce, Scritti scelti, a cura di G.

Maddalena, Torino, Utet, 2008 (selezione: 53-103; 411-433)

• Ernst Cassirer, Filosofia delle forme simboliche, vol. I: Il linguaggio, Firenze, La Nuova Italia (selezione)

• Materiali didattici disponibili nell’area docente del sito web del Dipartimento di filosofia

• Testi integrativi per i non frequentanti• 3) G. Maddalena, Peirce, Editrice La Scuola, 2015 (pp. 1-

112)• 4) G. Raio, Introduzione a Cassirer, Laterza, 2002 (pp. 1-

83)

Che cos’è la semiotica?Una disciplina giovane con una lunga storia: le sue radici

affondano nell’antichità greca e in particolare nel saperemedico

• Prima definizione: scienza dei segni

• Seconda definizione: Studio dei sistemi di significazione e dei processi di comunicazione (verbali e non verbali) in determinati contesti culturali.

La semiotica è la disciplina che studia le condizioni cherendono possibile la produzione, la trasformazione e lacomprensione del senso; l’insieme di tali fenomeni èchiamato anche significazione.

Come nasce la semiotica?

Margaret Mead, Convegno su paralinguistica e cinesica,Bloomington, 1962:

«Io credo che a quanto si può immaginare stiamo lavorando in uncampo che col tempo includerà lo studio di tutte le forme dicomunicazione dotate di struttura, delle quali la linguistica è quellatecnicamente più avanzata. Sarebbe utile disporre di una parola perle forme di comunicazione in ogni modalità sensoriale, dotate distruttura […] molte persone qui, che avevano l’aria di essere da partiopposte della barricata, hanno usato la parola ‘ semiotica ’ . Misembra l’unica parola che, in una forma o in un’altra, sia stata usatada persone che ragionano da posizioni completamente differenti.”

• Ricerca di un territorio comune dove potessero incontrarsi e integrarsiistanze nate da discipline diverse: sguardo trasversale e problematicoai dispositivi molteplici della significazione e della comunicazione(Gensini, Elementi di semiotica, Carocci 2002).

• L’identità è data non dall’oggetto, ma dallo sguardo, dal metodo.

• Costitutiva interdisciplinarietà della semiotica, dipendente dal fatto dinon avere un oggetto proprio.

• Grande varietà di indirizzi e ambiti applicativi (dagli stimoli percettivi aipiù elaborati costrutti culturali). Rischio di smarrimento e diimperialismo

• Come evitare il rischio di imperialismo, come delimitare il campo?

• Eco: soglia inferiore e soglia superiore della semiotica.

Sviluppi negli anni sessantaDiverse scuole di orientamento semiotico:

• Francese• Roland Barthes (1915-1980)• Algirdas J. Greimas (1917-1992)

• Russa• Jurij Lotman (1922-1993)• Boris Uspenskij (1937-)

• In Italia:• Umberto Eco (1932-2016)• Tullio De Mauro (1932-2017)

Semiotica e storia della semioticaEco, Filosofia del linguaggio, 1984, introduzione:

Per capire meglio tanti problemi che ancora ci occupano occorreandare a rivisitare i contesti in cui una data categoria è apparsa per laprima volta.

Rilevanza della tradizione filosofica: ogni grande filosofo del passato haelaborato a suo modo una semiotica, in quanto semiotica generale.

La semiotica generale, in quanto disciplina filosofica, ha il compito dielaborare categorie che permettano di vedere ciò che accomunaesperienze semiotiche apparentemente diverse.

Fondazione filosofica della disciplina• Aristotele (384a.C.-322a.C.)

(De interpretatione; Retorica, Poetica)distingue: semeîon, tekmerion, symbolon

• Agostino di Ippona (354-430)(De doctrina christiana; De magistro)segno = una cosa che sta per qualche altra cosa

• Locke (1632-1704)Essay on Human Understanding (1690)La semiotica, in quanto dottrina dei segni è una delle tre branche della conoscenza umana (accanto a fisica ed etica).

• Charles Sanders Peirce (1839-1914)Semiotica come teoria della conoscenza umana, incentrata sulla capacità di interpretarel’esperienza e ogni sua manifestazione empirica.

Prima definizione:scienza dei segni

Che cos’è un segno?

La parola segno viene utilizzata per riferirsi a una molteplicità di fenomeni diversi:

• Cicatrici, graffi, lividi (“ho ancora il segno della ferita”)• Tracce o impronte (“i segni delle ruote sulla strada”, “il segno del suo

passaggio”)• Segni come connotati fisici che permettono di identificare una persona

(“segni particolari”)• Bersagli (“tiro a segno”, “mandare a segno un intervento”)• Indizi (“segno di amicizia”, “dare segni di pazzia”)• Gesti di comunicazione (“un segno di salute”, “esprimersi a segni”)• Simboli convenzionalmente usati per rappresentare qualcosa (“la

croce è segno del cristianesimo” “la mezzaluna è segno dell’islam”, “ilsegno della moltiplicazione”)

E poi:

• Indicatori luminosi (spie)• Espressioni del volto• Comportamenti e segnali di altri animali• Manufatti come la struttura di un edificio, l’arredamento di una

casa• Diagrammi• Disegni• Emblemi• Parole di una lingua

In tutti questi casi attribuiamo sostanza e valore di segno a esperienzediverse.Cosa accomuna questi usi diversi della parola segno?

Relazione di rinvio

In tutti i casi considerati c’è qualcosa che sta per qualcos’altro: aliquidstat pro aliquo.

Qualcosa di percepibile (sul piano visivo, acustico, tattile, olfattivo) staper qualcosa di non percepibile.

Perché si possa parlare di segno l’esperienza percettiva deve rinviarea qualcosa di assente.

Interpretazione

«Qualcosa è un segno solo perché è interpretato come segno diqualcosa da un interprete […] pertanto la semiotica non ha a che farecon lo studio di un particolare tipo di oggetti, ma con gli oggetti comuninella misura in cui (e solo nella misura in cui) partecipano alla semiosi»(Charles Morris, Foundations of the Theory of Signs, 1938; tr. it.Lineamenti di una teoria dei segni, Torino, Paravia, 1954: 20).

La relazione di rinvio può assumere caratteristiche diverse

• Nel caso del sintomo o dell’indizio è totalmente a caricodell’interprete. Il rapporto dello stare per si regge qui su unmeccanismo inferenziale: una traccia o un sintomo sono segni diqualcosa solo se c’è qualcuno che li interpreta come effetti di unacausa da scoprire.

• Questi segni non sono stati prodotti intenzionalmente per comunicarequalcosa.

• Il gesto dell’OK, La Z di Zorro sono segni prodotti da qualcuno conl’intenzione di comunicare qualcosa a un destinatario. La relazione dirinvio è sancita dall’emittente.

Segni naturali e segni artificiali• Segni naturali

Prodotti non intenzionalmente; il rinvio è fissato a valle da uninterprete che decide di considerare un certo fenomeno come segnodi qualcosa.

Segni artificialiProdotti intenzionalmente per comunicare qualcosa a qualcuno erendere manifesta questa intenzione; il rinvio è fissato a monte da unesecutore.

Agostino di Ippona (354-430 d.C.)De doctrina Christiana (397 d.C.)Ogni insegnamento ha come oggetto cose (res) o segni (signa): ma le

cose si apprendono per mezzo di segni. Definisco ora cose in sensoproprio quelle che non servono per significare qualcosa, per esempiolegno pietra pecora e altro di tal fatta; non però il legno che, comeleggiamo, Mosè gettò nelle acque per toglierne l’amarezza, né lapietra che Giacobbe si era posto sotto il capo né la pecora cheAbramo immolò in luogo del figlio. Queste cose infatti sono tali daessere anche il segno di altre cose. Ci sono infatti cose di cuifacciamo uso solo per significare (in significando), per esempio leparole: nessuno ne fa uso se non per significare qualcosa. Di qui sicapisce che cosa io intendo per segno: una cosa che serve persignificare qualcosa. Perciò ogni segno è anche una cosa, perché ciòche non è una cosa, non esiste affatto: invece non ogni cosa è anchesegno. (De doct.chr. I, II 2)

Significazione naturale

Dei segni, alcuni sono naturali (naturalia), altri intenzionali (data). Sononaturali quelli che, senza alcuna intenzionalità e volontà di significare,fanno conoscere, a partire da sé, qualcos’altro oltre sé, come il fumosignifica il fuoco: lo fa senza intenzione di significare, ma perché graziealla osservazione e all’esperienza sappiamo che là sotto c’è il fuoco,anche se si vede solo il fumo. Appartiene a questo genere di segni latraccia dell’animale che passa; e il volto di una persona adirata o tristene rivela lo stato d’animo anche indipendentemente dalla volontà di chiè adirato o triste, e così dicasi di altro sentimento che viene indicatodall’atteggiamento del volto, anche se noi nulla facciamo per indicarlo[…].

Significazione intenzionale

Segni intenzionali (data) sono quelli che gli esseri viventi si scambianogli uni con gli altri per far conoscere, per quanto è possibile, le emozionidel loro animo, i sentimenti, i pensieri; e non c’è altro motivo per noi disignificare, cioè di dare un segno, se non per effondere e trasferirenell’animo di un altro ciò che ha nel proprio animo colui che dà il segno[…]. Anche gli animali si scambiano tra loro segni con i quali esternanogli appetiti del loro animo: il gallo quando ha trovato da mangiare convoce segnala (dat signum vocis) alle galline di accorrere, e il colombochiama con un verso lamentoso la colomba e così viene da leichiamato […].

Posto della parola tra gli altri segni

Dei segni con i quali comunichiamo tra noi i nostri sentimenti (suasensa), alcuni riguardano la vista, i più l’udito, ben pochi gli altri sensi.Così, quando facciamo un cenno, diamo il segno solo agli occhi di coluiche in questo modo vogliamo rendere partecipe della nostra volontà.Certi movimenti delle mani significano molte cose e gli attori colmovimento di tutte le membra comunicano alcuni segni agli spettatoriesperti e quasi conversano con i loro occhi; le bandiere e le insegnemilitari trasmettono ai soldati attraverso gli occhi la volontà deicomandanti […]. Ma tutti i segni di tal genere, a confronto con le parole,sono molto pochi, perché gli uomini hanno assegnato in primo luogoalle parole il compito di significare tutto ciò che meditano in cuor loro,se hanno intenzione di comunicarlo […]. Infatti, tutti quei segni, i cuivari generi ho brevemente accennato, li ho potuti esprimere con leparole, mentre assolutamente non potrei esprimere le parole con queisegni”. (De doct. Chr. II, I, II 3, III 4)

• Cfr. G. Manetti, Le teorie del segno nell’antichità classica, Milano,Bompiani, 1987.

In sintesiCose

NaturaliFumoOrma

Espressione del volto

Intenzionali

Prodotti dagli animali

Prodotti dagli esseri umani

visivi uditivi

Cose in senso proprio

Cose che significano altre cose (segni)

QuestioneCome avviene la relazione di rinvio nei due tipi di segni considerati(naturali e artificiali)?

Nei casi del sintomo e dell’impronta il passaggio dall’aliquid all’aliquo avvienetramite un ragionamento (inferenza), che può essere più o meno complesso epiù o meno consapevole. Il ragionamento assume che tra ciò che non c’è (ilrinviato) e ciò che c’è (il segno) sussiste una relazione di causa-effetto che puòessere descritta nella forma della implicazione: se p allora q (congettura).

Nei segni artificiali la relazione di rinvio è più immediata, in virtù di unaconvenzione che correla l’elemento materiale a qualcosa di immateriale (unsignificato culturalmente codificato) (gesto dell’OK). Per attribuire un significatoal segno gestuale basta essere in possesso della regola correlativa cheautorizza a sostituire, in base a un meccanismo di equivalenza, queldeterminato gesto con un significato generalmente riconosciuto (lo stesso valeper segnali stradali, bandierine navali, il bastone bianco del cieco, emblemi, isimboli della logica e dell’algebra, i fischi dell’arbitro, ecc.) .

Casi ambigui o intermedi«La semiotica ha a che fare con qualsiasi cosa possa essere assuntacome segno. È segno ogni cosa che possa essere assunta comesostituto significante di qualcosa d’altro. Questo qualcosa d’altro nondeve necessariamente esistere, né deve sussistere di fatto al momentoin cui il segno sta in luogo di esso. In tal senso la semiotica, inprincipio, è la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato permentire» (Eco, Trattato di semiotica generale, Milano, Bompiani, 1975:17).

• L’intenzionalità di un segno non è sempre evidente e per esserericonosciuta richiede un complesso processo inferenziale.

• L’intenzionalità può essere volutamente mascherata (es. del cavallodel fuggiasco ferrato al contrario).

Due modelli di segno

• Nella tradizione filosofica e semiotica antica prende forma unadistinzione tra due concezioni del segno:

• Segno come inferenza: Se p, allora qmodello impiegato per spiegare la struttura logica soggiacente ai segni diordine soprattutto non verbale (se c’è fumo, c’è fuoco; se c’è un’orma,c’è un animale; le nuvole annunciano - o significano - pioggia).

• Segno come equivalenza o abbinamento tra un significante e unsignificato: A sta per BModello impiegato per spiegare il funzionamento dei segni di ordinesoprattutto verbale, ma anche segnaletiche, sistemi di allarme, programmidi scrittura, la cui realizzazione richiede l’intervento di regole, previste daun codice (intenzionalità).

Platone (Atene 428/7 a.C – 348/7 a.C.)

• Semeion: • divinazione (Repubblica, 382; Timeo, 71a-72 b; Fedro, 244b-c); • scrittura e linguaggio (Fedro, 247c-276a; Sofista, 262a: nome = semeion tes

phones, “segno vocale”); • fatti psicologici, in particolare memoria: la mente è descritta come una tavoletta di

cera su cui sono impressi i segni prodotti dalla percezione [ton aistheseon semeia](Teeteto, 191a-195b).

Segno linguistico: Segno linguistico = deloma, “rivelazione” di una entitànon percepibile (“significato” di una parola, o “essenza” di un oggetto)(Cratilo, Sofista)

CratiloProblema del rapporto tra il segno linguistico e ciò a cui esso rimanda; problema della“correttezza dei nomi” (orthotes onomaton) rispetto ai loro significati e/o referenti >problemi fondamentali, su cui si soffermerà la successiva riflessione filosofica elinguistica.(Kretzmann, Plato on the correctness of names, in “American Philosophical Quarterly”, 8,1971).Par. 385:1. Cratilo e Ermogene ritengono entrambi che il nome è sempre corretto rispetto

all’oggetto cui viene applicato.

2. Ma secondo Cratilo la correttezza ha un fondamento naturale (“esiste naturalmenteun genere di correttezza del nome”), mentre secondo Ermogene è basatasull’accordo e sull’abitudine “la correttezza dei nomi è la convenzione”)

3. Per Cratilo il rapporto di correttezza è universale (è lo stesso per i Greci e i barbari);per Ermogene la relazione di correttezza è limitata alla comunità linguistica che hastabilito l’accordo: «Nessun nome esiste per natura per nessuna cosa particolare,ma piuttosto per legge e per abitudine di quelli che usano il nome e chiamano lecose attraverso esso»; «I nomi sono convenzionali e rivelano le cose a quelli chehanno stabilito la convenzione»; i nomi possono essere cambiati: Qualsiasi nomeuno imponga ad una cosa è quello corretto; e se uno cambia questo nome per unaltro, il secondo è non meno corretto del precedente»

Socrate confuta entrambe le posizioni per sostenere una tesi alternativa:• Se Ermogene avesse ragione (tesi convenzionalista), la dialettica sarebbe

minacciata da un soggettivismo che renderebbe impossibile giungere ad unaposizione ferma.

• Se Cratilo avesse ragione (tesi naturalista, basata sull’idea di somiglianza tranomi e cose), la ricerca dialettica su che cosa sia una certa entità sarebbeimpedita dal fatto che il nome-immagine dell’oggetto ne rivelerebbe la naturaprima ancora che la ricerca dialettica avesse inizio.

• Per Socrate il nome è una “rivelazione” (deloma), ma non dell’oggetto o dellasua essenza, bensì dell’opinione (doxa) che si erano fatti degli oggetti i primi“nomoteti”, cioè i creatori di nomi. Il nome funziona sulla base di due fattori:l’uso (ethos) e la relazione che si stabilisce tra gli utenti del nome (xyntheke o“convenzione”).

• Accentuazione della funzione comunicativa rispetto alla funzione cognitiva: illinguaggio in sé non è uno strumento sufficientemente valido ai fini delraggiungimento della conoscenza, per cui è necessario rivolgersidirettamente alle cose stesse, ma può essere un ottimo strumento dicomunicazione.

Aristotele (Stagira 384/3-322 a.C)

• Distinzione tra segno naturale (semeion) e segno linguistico (symbolon)

• Semeion compare come termine tecnico-filosofico nel V sec. a.C. conParmenide e Ippocrate, che lo usano come sinonimo di Tekmerion (prova,indizio, sintomo). Il termine non viene usato ancora per i segni linguistici, chesono onoma.

De interpretatione (16a 1-10)• Le parole in quanto “espressioni della voce” (ta en te phoné) sono simboli

(symbola) delle affezioni dell’anima, come le lettere dell’alfabeto(graphomena) sono simboli delle parole.

• Parole e lettere sono poste per convenzione (thesei), in questo differisconodai suoni emessi dagli animali per manifestare le loro affezioni interne, suoniinarticolati, segni naturali.

• Il rapporto di rinvio tra le parole e le affezioni si regge su un rapporto diequivalenza (è Aristotele a introdurre il modello della equivalenza per i terminilinguistici) (Eco, 1984: 25)

Simbolo«Ordunque, i suoni della voce (ta en te phone) sono simboli (symbola) delleaffezioni che hanno luogo nell’anima (ton en te psyche pathematon), e lelettere scritte (graphomena) sono simboli dei suoni della voce. Allo stessomodo poi che le lettere non sono le medesime per tutti, così neppure i suonisono i medesimi; tuttavia, suoni e lettere risultano segni (semeia) anzitutto delleaffezioni dell’anima, che sono le medesime per tutti e costituiscono le immagini(homoiomata) di oggetti (pragmata), già identici per tutti”. (De int., 16a3-8).

Aristotele qui usa anche la nozione di semeion per indicare che suoni e letterepossono essere considerati “indizi” dell’esistenza delle affezioni dell’anima.Con il cambiamento terminologico cambia la prospettiva dalla quale vieneesaminato lo stesso fenomeno, che, nel secondo caso, rientra appunto nellasfera di pertinenza di una teoria del segno e non del linguaggio.

Il segno linguistico per Aristotele

oggettiSuoni verbaliVoces significant res mediantibus conceptisCfr. Ogden e Richards, The meaning of meaning, 1923; tr. it. Il significato del significatoLa teoria dei simboli linguistici è connessa con il problema della relazione tra espressioni dellinguaggio, loro correlati mentali e stati del mondo

Cfr. Lo Piparo, Aristotele e il linguaggio, Laterza, 2003: l’espressione symbolon non indica chela relazione tra phonai e pathemata en te psyche è convenzionale, ma che i due termini sonogenerati insieme e sono interdipendenti.

--------------------------------

pensiero

Il segno non linguistico per AristoteleLa teoria del segno viene distinta da quella del linguaggio e si colloca nel puntodi intersezione tra logica e retorica.

Analitici Primi, secondo libro, capitolo 27 (II, 70a), Retorica, primo libro (I,1357a)

Definizione di segno:«Quando, in concomitanza con l’essere di un certo fatto, un altro è, oppurequando, in concomitanza al verificarsi di un evento, un altro evento si verifica,anteriormente o posteriormente, questi ultimi sono segni dell’essere o delverificarsi dei primi» (Analitici Primi, II, 70a7-9)

Relazione di implicazione tra due fatti o due eventi a livello ontologico: “p implica q”,dove p e q sono due fatti o due eventi che si verificano in connessione l’uno con l’altro (livelloontologico delle cause).

Sul piano epistemologico dell’acquisizione di conoscenza, il segno viene aconfigurarsi come quel dispositivo che permette di passare da q a p, secondouna formula del tipo “q è segno di p”. Il segno permette cioè una conoscenzache parte dal conseguente (cfr. Confutazioni sofistiche,167b1-8).

Semeion e tekmerionTekmerion: prova come segno necessario, da cui si sviluppa un’inferenza inquadrabilenella prima figura del sillogismo

la febbre è segno di malattia, necessariamente: se ha la febbre, allora è malato = affermativauniversale: tutti coloro che hanno la febbre sono malati; non vale però l’inverso: non tutti coloro chesono malati hanno la febbre (il carattere bicondizionale è proprio invece della equivalenza)

Semeion: segno non necessario e perciò confutabile, può risultare vero ma può anchenon esserlo (grado minore di rispettabilità e conclusività), da cui si sviluppano inferenzeproprie della seconda e terza figura del sillogismo

se una persona è pallida allora è malata (probabilità, segno debole)se Pittaco è eccellente, i sapienti sono eccellenti (esempio, forma dell’induzione)

La teoria dei segni non verbali pone il problema di come si acquisisce laconoscenza indiretta risalendo dagli effetti alle cause.Aristotele si muove a fatica tra questi vari segni, perché conosce il sillogismoapodittico, ma non chiaramente il sillogismo ipotetico.

Aristotele attribuisce al semeion il ruolo basilare di essere uno deglielementi che forniscono le premesse per quel particolare tipo disillogismo conosciuto come entimema (An. Pr. II, 70a9-10 e Rhet. I,1357a30-32).

Entimema: sillogismo accorciato, una delle sue premesse restaimplicita, poiché la si considera ben nota o ovvia (doxa).

Il fine dell’entimema è persuadere più che dimostrare (per questo latradizione successiva lo definirà anche come “sillogismo retorico”): lesue premesse non sono necessariamente vere, ma è sufficiente chesiano soltanto probabili.

Stoicismo antico(III sec. a.C.: Zenone, Cleante, Crisippo)

Come Aristotele, distinguono due aree semiotiche:

• linguaggio verbale: analisi delle relazioni tra linguaggio, pensiero erealtà: distinzione tra espressione (semainon), contenuto(semainomenon) e referente (tynchanon).

• segno non linguistico: analisi delle condizioni di correttezza logicadell’inferenza semiotica al fine di garantire i contenuti di conoscenzaforniti dal segno.

«Alcuni hanno riposto il vero e il falso nella cosa “significata” (tosemainomenon), altri nella voce (phone), altri infine nel movimento delpensiero. Della prima opinione sono stati i portabandiera gli stoici col sostenereche sono tra loro congiunte tre cose, ossia la cosa significata (tosemainomenon), quella significante (to semainon), e quella che si trova adesistere (to tynchanon), e che, tra queste, la cosa significante è la voce (adesempio la parola “Dione”); quella significata è lo stesso stato di cose (auto topragma) indicato dalla voce pronunciata (to hyp’autes deloumenon), che noipercepiamo come coesistente (paryphistamenon) con il nostro pensiero(dianoia), mentre i barbari, pur ascoltando la voce che lo indica, non locomprendono; infine, ciò che si trova ad esistere è quello che sta fuori di noi(ad esempio, Dione in persona). Di queste cose due sono corpi, cioè la voce eciò che si trova ad esistere, ed una è incorporea, cioè l’oggetto significato o“detto” (lekton), e proprio quest’ultimo è vero o falso» (Sesto Empirico, Adv.Math., VIII, 11-12)

> In questo passo vengono usati i termini “significante” e “significato”,ma non il termine “segno”. Come già per Aristotele, l’idea di “segno”(semeion) appartiene ad una differente sfera, non linguistica, dellateoria semiotica.

Significazione linguistica

Semainon(significante)

Semainomenon/lekton(Significato) (detto)

Tynchanon(Oggetto esterno, Referente)

LektónÈ una categoria semiotica.La nozione espressa dal termine lekton è normalmente interpretata come ilgiudizio che un enunciato esprime in relazione ad un oggetto. Così latraduzione più appropriata di lekton è “ciò che è detto”, ed in quanto talel’espressione copre sia quella di “giudizio”, sia quella di “stato di cose che èsignificato da una parola o da una serie di parole”.

Seneca (Epistulae Morales, 117, 13), citando l’esempio di una proposizione(“Catone cammina”) (diversamente da Sesto Empirico, che usava un singolonome e per di più un nome proprio, “Dione”), richiama l’attenzione sulladistinzione tra l’oggetto di riferimento, che è un oggetto materiale – in questocaso, Catone – ed una asserzione intorno a questo oggetto (“Catonecammina”), dove l’asserzione è un’entità incorporea. Il lekton coincide propriocon questa asserzione.Seneca propone tre differenti traduzioni latine deltermine: enuntiatum (“enunciato”), effatum(“affermazione”), dictum (“asserzione”).Anche esprimibile o dicibile.

Rapporto tra lektón e pensieroGli stoici «affermano che il lektón è ciò che sussiste in conformità con unarappresentazione razionale (loghiké phantasìa) e che una rappresentazionerazionale è quella secondo cui il rappresentato (phantasthén) può essereespresso in parole» (Sext. Emp. Adv. Math., VIII, 70)

Distinzione tra lektón, che rappresenta il livello del “significato”, e le“rappresentazioni razionali” (loghikai phantasìai), intese come forme di attivitàintellettiva (o pensieri) che possono essere espresse in parole (logikai)Cfr. Long (1971: 82): «il lekton è definito come il contenuto oggettivo di un attodi pensiero […] o come il senso di un discorso significante».

I lektà sono definiti da una parte come contenuti delle rappresentazionirazionali e dall’altra come significati delle parole: necessità di postulare unastretta connessione tra i contenuti della attività rappresentativa della mente e illoro essere significati attraverso le parole (per gli stoici esiste una sostanzialeidentità tra i processi del pensiero e quelli della comunicazione linguistica:Manetti, Le teorie del segno nell’antichità classica, Bompiani, 1987/1994:142-43).

La proposizione e le sue partiIl contenuto è un incorporale, gli incorporali sono entia rationis,relazioni, modi di guardare le cose (Eco, 1984: 28).

Lekton completo è la proposizione, come rappresentazione delpensiero, ciò che può essere veicolato dal discorso;

lekta incompleti sono le parti di una proposizione (tra cui il soggetto e ilpredicato, che sono categorie del contenuto, non grammaticali odell’espressione, unità culturali risultanti da una segmentazione astrattadel campo neotico).

Semainomenon = contenuto espresso dal semainon (lektonincompleto), che assieme ad altri contenuti va a costituire laproposizione (lekton completo).

Teoria del segnoIl lekton è un elemento centrale della teoria del linguaggio, ma è anche unanozione fondamentale della teoria del segno […] è un fattore di mediazione frale due teorie (Manetti, 1994: 143)

I segni (semeia) per gli stoici sono soprattutto dei lekta, in quanto sono costituitida proposizioni.

Nella semiotica stoica si realizza una saldatura “di diritto” tra la dottrina dellinguaggio e la dottrina dei segni:«perché ci siano segni occorre che siano formulate proposizioni e leproposizioni debbono organizzarsi secondo una sintassi logica che èrispecchiata e resa possibile dalla sintassi linguistica» (Eco, 1984: 30).

Però gli stoici non dicono ancora che le parole sono segni (come farà Agostino)e adottano una differenza lessicale tra semainon/semainomenon e semeion).

Come Aristotele, gli stoici ritenevano i segni uno strumento perraggiungere la conoscenza e/o per ampliarla. Perciò i segni dovevanoessere tali da offrire la massima garanzia di sicurezza. Occorrevadunque testare la tenuta logica dei ragionamenti entro i quali i segnipotevano essere impiegati.

Mentre però Aristotele usa una logica dei termini o delle classi per ilsuo sillogismo, gli stoici introducono una logica di tipo proposizionale.

La posizione del segno cambia radicalmente. L’inferenza semiotica sisposta dalla retorica e dialettica, dove essa era collocata inizialmente,alla scienza in generale. Gli stoici vedono nel segno il procedimentocanonico del passaggio da ciò che è noto a ciò che è ignoto.

Definizione di segno«Gli stoici, volendo presentare la nozione di segno, dicono che è una proposizione(axioma) che è l’antecedente (prokathegoumenon) in un condizionale vero (en hyghieisynemmenon), e che è rivelatore del conseguente (ekrkalyptikon tou legontos). E diconoche la proposizione è un lekton completo in se stesso […]. Essi chiamano antecedente laprima proposizione di un condizionale che comincia con il vero e finisce nel vero. Essa fascoprire il conseguente poiché la proposizione “essa ha latte” sembra essere rivelatrice(delotikon) di quest’altra “essa ha concepito”» (Sesto Empirico, Pyrr. Hyp., II, 104-106)

Segno è la proposizione che traduce in termini linguistici un fatto o un evento.Tale conoscenza viene considerata affidabile se il segno si inquadra nella struttura logicadi un condizionale valido. Il condizionale assume la forma di una proposizione complessache segue lo schema “Se p, allora q”, in cui p e q sono due proposizioni.

Il segno deve permettere di passare dal piano strettamente logico a quello epistemico.Appartiene a un campo distinto sia da quello logico che da quello semantico in sensostretto. Così per gli stoici il segno non solo deve avere una corretta costruzione dal puntodi vista logico, da individuarsi nella possibilità di permettere un’inferenza valida tra dueproposizioni vere, ma deve anche essere un dispositivo capace di fornire un’informazionenuova: il segno è il procedimento canonico del passaggio dal noto all’ignoto.

Doppia classificazione dei segni secondo due linee oppositive

• Scompare la distinzione tra tekmerion e semeion: i segni sono tutti semeia.• Emerge un’altra distinzione:

Segno particolare (o proprio) (idion semeion) è un segno necessario, in quanto non può esisteresenza la cosa significata;Segno generale (o comune) (koinon semeion) può esistere sia che l’oggetto non percepito esista,sia che non esista (Filodemo, De signis, I, 1-19; XIV, 2-11). I segni comuni non sono legatinecessariamente a un tipo di oggetto, ma possono indicarne uno tra molti, come ad esempio losbadiglio, che può essere segno di stanchezza o di noia, oppure possono attivare una inferenza,non sempre valida (es. la bontà di un uomo segno della sua ricchezza).

• Un’altra opposizione (fiilologicamente più incerta, ma che Sesto assimila allaprima) è la seguente:Segno rammemorativo (hypomnestikon semeion) nel caso in cui ci sia qualcosa che in altreoccasioni è stato osservato in congiunzione con qualcos’altro e, in assenza di quest’altro, permettadi richiamarlo alla memoria, come il fumo quale segno del fuoco (Sesto Empirico, Adv. Math., VIII,152; Pyrrh. Hyp., II, 100):Segno indicativo (endeiktikon semeion) è “quel segno che, non osservato insieme con la cosadesignata in maniera evidente, pure, per la propria natura e costituzione, segnala ciò di cui èsegno” (Sesto Empirico, Pyrrh. Hyp., II, 101). Ne sono esempi i movimenti del corpo checostituiscono segni dell’anima o il rossore che diviene segno della vergogna (SestoEmpirico, Adv.Math., VIII, 173).

Il segno ha la forma della implicazione (se p allora q): il fumo non è segno se qualcunonon lo interpreta come antecedente di un ragionamento ipotetico (se c’è fumo…) che sicorrela per inferenza al conseguente (...allora c’è fuoco) (Eco 1984:29).

«Il segno non riguarda quel fumo e quel fuoco, ma la possibilità di un rapporto daantecedente a conseguente che regola ogni occorrenza del fumo (e del fuoco). Ilsegno è tipo, non occorrenza» (Eco 1984: 30).Solo se già possiedo la legge generale per cui “se fumo allora fuoco” sono in grado direndere significante il dato sensibile vedendolo come quel fumo che può rivelarmi il fuoco(ivi: 32)

Nella semiotica stoica dottrina del linguaggio e dottrina dei segni si fondono (purpermanendo una differenza tra la coppia semainon/semainomenon e semeion): perché cisiano segni occorre che siano formulate proposizioni e le proposizioni debbonoorganizzarsi secondo una sintassi logica che è rispecchiata e resa possibile dalla sintassilinguistica. I segni affiorano solo in quanto sono esprimibili razionalmente attraversoelementi del linguaggio. Il linguaggio si articola in quanto esprime eventi significativi (cfr.Lotman: la lingua è sistema modellizzante primario).

È solo nell’atto del giudizio che la cosa è riconosciuta come esistente e rilevante ai fini diulteriori predicazioni (ivi: 31).

Nella filosofia del segno proposta dagli stoici sparisce la distinzione trasegni sicuri e segni insicuri. Poiché il segno deve fornire unaconoscenza affidabile, solo i segni sicuri sono presi in considerazione.

Come è testimoniato da Sesto (Pyrr. Hyp., II, 95-96), la dottrinascientifica degli stoici è basata proprio sui procedimenti inferenziali cheassicurano il passaggio dalle cose evidenti (apo ton enargon) a quellenon evidenti (adela). La semiotica (che in Aristotele era ancora unaparte marginale, seppur importante, del procedimento filosofico)diviene centrale e la stessa dimostrazione viene considerata unprocedimento semiotico (Sesto Empirico, Adv. Math., VIII, 180).

Sempre secondo Sesto, gli stoici vedevano nella capacità umana di“discorso interno” (logos endiathetos) in quanto abilità di combinare iconcetti e di passare dall’uno all’altro, la differenza rispetto agli animali.L’uomo possiede infatti la nozione di consequenzialità e con ciòpossiede anche la nozione di segno, che ha la forma: “Se questo,allora quest’altro”. Così l’esistenza del segno si pone in strettadipendenza dal pensiero umano (Manetti 1994: 157)

EpicuroSamo 342 – Atene 270 a.C

Principio semiotico della possibilità di congetturare a partire da fenomeni visibilifatti che non sono percepibili con i sensi:

«Gli indizi (semeia) dei fenomeni celesti ce li forniscono alcuni fenomeni che accadono presso dinoi, e che si vede dove e come avvengono, e non i fenomeni celesti stessi, che possono avvenirein molte maniere» (Epic., Epistula ad Pythoclem, 87)

Rifiuta il ragionamento deduttivo di Aristotele degli stoici e adotta l’inferenzaanalogica che si sviluppa a partire dai segni (induzione semiotica) (Filodemo diGadara, Sui segni e sulle inferenze).

Le inferenze elaborate sulla base di segni consentono di elaborare giudizioggettivamente validi su fenomeni non direttamente accessibili all’esperienza.

Problema: entro quali limiti questi giudizi possono essere considerati attendibilio meno (veri o falsi)?

Criteri di verità

• Sensazioni (aisthesis)• Affezioni (pathe)• Preconcezioni o prolessi (prolepseis)• Evidenza immediata (enàrgheia)

Giocano un ruolo fondamentale sia nella teoria del segno inferenzialeche nella teoria del linguaggio, collegandole, anche se le due teorierestano ancora separate.

Epistemologia epicureaRicerca di una fondazione empirica della conoscenza.Due canali della conoscenza:a) Via diretta di accesso alle coseb) Via mediata dalle parole (percorso preliminare ed esposto a

rischio).

La verità è relativa alla effettiva consapevolezza di qualcosa, verepossono essere perciò anche le sensazioni e le affezioni: unasensazione è vera se fornisce un indizio effettivo su un fatto reale,rendendocene consapevoli.I criteri di verità possono esser disposti gerarchicamente:Affezioni e Sensazioni (valore di verità puramente soggettivo)Evidenza immediata e Preconcezioni (forniscono un criterio oggettivo)

Criteri di verità

Consapevolezza soggettiva

affezioni sensazioni

Consapevolezza oggettiva

evidenza prolessi

Teoria dei simulacriLettera ad Erodoto, par. 46:La percezione si basa sull’efflusso di atomi provenienti dagli oggetti, checompongono configurazioni identiche alla forma esterna dei corpi solidi(simulacri) (eidola) e penetrano nei nostri organi di senso o nella mente doveproducono una immagine (phantasia) più o meno esatta del corpo da cui isimulacri sono stati emanati.

ØTeoria causale della percezione: la phantasia non è un’immagine dell’oggettoma del simulacro, perciò può differire anche molto dall’oggetto (p. es. unatorre percepita a distanza appare piccola).

ØSe gli uomini si limitassero a descrivere le loro immagini mentali non sidarebbe errore. Questo interviene quando alla sensazione si aggiunge un“secondo movimento”: l’elaborazione dell’opinione attraverso l’aggiunta di ungiudizio.

CongetturaIpotesi conoscitiva su una dimensione che va oltre ciò che può essere colto attraverso i sensi

attestazione contestazione

Non contestazione Non attestazione

conferma disconferma

La congettura è coinvolta in ogni atto percettivo: sensazionie immagini mentali forniscono i dati su cui si elaboranocongetture.

L’inferenza semiotica si esercita su due tipi di oggetti:1. Ciò che attende conferma (inferenza percettiva)

Es. : vedo in lontananza Platone e congetturo che si tratta di lui, ma soloquando si avvicina la mia congettura risulterà attestata dalla evidenza.

2. Ciò che non cade sotto i sensi (inferenza al nonpercepibile)

Dall’esistenza del moto (percepibile) risalgo all’esistenza del vuoto (nonpercepibile): relazione logica di implicazione tra un antecedente e unconseguente.

Prolessi• Ha un ruolo determinante nella inferenza percettiva:«per esempio, per poter affermare: “Ciò che sta lontano è un cavallo o un bue”,dobbiamo per prolessi (o anticipazione) già aver conosciuto una volta la figuradi un cavallo e di un bue» (Diog. Laërt., Vitae, X, 33).

La prolessi è necessaria per avere una percezione, ovvero per passare dallasemplice consapevolezza del fatto che si sta vedendo una immagine, algiudizio oggettivo che si tratta dell’immagine di un oggetto preciso.

Le prolessi 1) sono strettamente legate alla memoria di esperienze precedenti,2) sono evidenti.Le prolessi non corrispondono necessariamente a singoli oggetti esterni, masono il tipo di cui le singole esperienze percettive sono le occorrenze (cfr.stoicismo): solo possedendo il concetto generale di “uomo” si può decidere seciò che si ha di fronte sia o non sia un’occorrenza particolare di esso.

Teoria del linguaggioLe prolessi costituiscono anche una condizione necessaria del linguaggio:

Sul piano della ricezione, la pronuncia di un nome (“uomo”) richiamanell’ascoltatore una immagine o un concetto, una entità che è soggiacente aquel nome e che è derivata dalla prolessi (il significante attiva un significato).Sul piano della produzione, il locutore deve possedere una preconcezione diciò che intende esprimere, altrimenti non potrebbe dire niente: codifica unsignificato che ha nella mente per mezzo di un artificio espressivo.

La prolessi è coinvolta nella formazione dei concetti.Diversamente da quanto ritengono Sesto e Plutarco che riducono la teoria dellinguaggio di Epicuro a soli due fattori: la cosa significante (semainon) e la cosasignificata (tynchanon), in Epicuro la prolessi ricopre il ruolo del lekton per glistoici (elemento di mediazione tra le parole e le cose).

Significazione linguistica

Nomi

Prolessi

Cose

Origine del linguaggioLettera ad Erodoto (75-76)Il linguaggio è un’attività umana sviluppata attraverso due stadi distinti:• nel primo stadio il linguaggio esprime una relazione con la realtà di tipo

naturale (emissioni di suoni sotto lo stimolo involontario e naturale delleaffezioni e delle immagini): reazione istintiva all’ambiente (posizionenaturalista). La diversità delle lingue è qui spiegata come diversità degliambienti in cui si trovano i diversi popoli;

• nel secondo stadio si introduce la convenzione, a seguito di un movimento dirazionalizzazione che rende le espressioni naturali più chiare e più concise; edell’intervento di parlanti colti, che tendono a introdurre concetti relativi a coseche non ricadono nella percezione (e che dunque non appartengono allostadio naturale).

Posizione intermedia nella polemica physis/nomos:Per Epicuro i nomi sono simboli (come per Aristotele), in quanto nonriproducono le proprietà degli oggetti, ma sono naturali (come per Platone)nella loro origine.

Peirce (1839-1914)«Io sono, per quel che ne so, un pioniere, o piuttosto un esploratore, nell’attività di chiarire e

iniziare ciò che io chiamo semiotica, vale a dire la dottrina della natura essenziale e dellevarietà fondamentali di ogni possibile semiosi» (Collected Papers (1931-58), CP: 5.488)

«Per semiosi intendo un’azione, una influenza che sia, o coinvolga, una cooperazione di tresoggetti, come per esempio un segno, il suo oggetto e il suo interpretante, tale influenzatrirelativa non essendo in nessun caso risolubile in un’azione tra coppie» (CP: 5.484)

Un segno, in quanto tale, ha tre riferimenti: primo, è un segno per un pensiero che lointerpreta; secondo è un segno in luogo di un oggetto a cui quel pensiero è equivalente;terzo, è un segno sotto qualche rispetto o qualità che porta il segno stesso in connessionecon il suo oggetto.

«Un segno (o Representamen) è qualcosa che sta a qualcuno per qualcosa sotto qualcherispetto o capacità. Si rivolge a qualcuno, cioè crea nella mente di quella persona unsegno equivalente, o forse un segno più sviluppato. Questo segno che esso crea lochiamo interpretante del primo segno» (CP: 2.228; trad. it. Peirce, Semiotica, a cura diBonfantini, Einaudi 1980:132)

Teoria semiotica come teoria della conoscenza

• Critica dell’idea di conoscenza come intuizione: ogni conoscenza è condizionata da cognizioni precedenti.

• Non esiste pensiero senza segni.

• Importanza dell’inferenza (ragionamento), ragionamento che parte dagli effetti anziché dalle cause.

Modelli di ragionamento

• Deduttivo: Regola, Caso, Risultato (se p allora q, ma p, allora q)• RE. Se un uomo è governatore, allora riceve grandi onori• C. Quest’uomo è governatore• RI. Quest’uomo riceve grandi onori (sicuramente)

• Induttivo: Caso, Risultato, Regola • C. Quest’uomo è governatore• RI. Quest’uomo riceve grandi onori• RE.Se un uomo è governatore, allora riceve grandi onori (forse)

• Abduttivo: Risultato, Regola, Caso• RI. Quest’uomo riceve grandi onori• RE?. Se un uomo è governatore riceve grandi onori (forse)• C. Quest’uomo è governatore (forse)

• Deduttivo: Regola, Caso, Risultato• RE. Se A allora B • C. ma A • RI. Allora B (sicuramente)

• Induttivo: Caso, Risultato, Regola, • C. Gavagai• RI. Gavagai + comparsa di un coniglio• RE.Gavagai sta per coniglio (forse)

• Abduttivo: Risultato, Regola, Caso• RI. L’orbita di Marte passa per x e y• RE? X e y sono i punti di un ellisse• C. l’orbita di Marte è un’ellisse (ipotesi)

• L’abduzione è alla base di ogni indagine, in quanto forma del ragionamento ipotetico.L’abduzione fornisce una spiegazione dei fatti, ma da sola non è in grado di conferire aquesta spiegazione alcuna forza o certezza. Chiave di volta è il termine medio, cioè laregola, che può essere data in modo obbligante e automatico, essere prodotta perselezione a partire dalle conoscenze disponibili, oppure risultato di una invenzionecreativa.

(cfr. Proni, Introduzione a Peirce, Bompiani, 1990). Sul paradigma indiziario: Eco-Sebeok (a cura di), Il segno dei tre.Holmes, Dupin, Peirce, Bompiani 1983; R. Petrilli, Il detective e le parole, Guerra, 2004).

Eco, Kant e l’ornitorinco, 1997:78-79

Peirce ha decisamente posto l’intero processo cognitivo sotto il segno dellainferenza ipotetica, per cui le sensazioni appaiono come interpretazioni distimoli; le percezioni come interpretazioni di sensazioni; i giudizi percettivicome interpretazioni di percezioni; le proposizioni particolari e generali comeinterpretazioni di giudizi percettivi; le teorie scientifiche come interpretazioni diserie di proposizioni.

Di fronte alla infinita segmentabilità del continuum sia gli schemi percettivi chele stesse proposizioni circa le leggi di natura (come sia un rinoceronte, se ildelfino sia un pesce, se sia possibile pensare l’etere cosmico) ritagliano entitào rapporti che – sia pure con diversità di grado – permangono sempre ipoteticie sottomessi alle possibilità del fallibilismo […].

La garanzia che le nostre ipotesi siano giuste (o almeno accettabili come talisino a prova contraria) non sarà più cercata nell’a priori dell’intelletto puro (seanche di esso si salveranno le forme logiche più astratte) bensì nel consenso,storico, progressivo, temporale anch’esso, della Comunità.

Modello triadico della semiosi

Representamen Oggettoimmediato

Interpretante

Oggetto

dinamico

Concezione inferenziale di segnoIl Representamen (puro aspetto espressivo) sta al posto di qualcos’altro.

Tuttavia questo stare per non è da intendersi come un rapporto di purasostituzione, in quanto il Representamen non sostituisce l’oggetto sotto ognipunto di vista, ma soltanto “sotto qualche rispetto o capacità”, cioè in base aqualche proprietà scelta come pertinente.

Se ad esempio prendiamo il disegno di un cavallo, che ne delinei soltanto ilcontorno, noi potremmo dire che tale disegno sta per il cavallo, ovvero necostituisce un segno, il cui significato sia identificabile con il “concetto dicavallo”. Tuttavia il disegno non esaurisce tutto quello che noi possiamosapere circa le proprietà del cavallo, ma ne costituisce un sostituto parzialeche individua l’oggetto solo da un certo punto di vista: la silhouette visiva chepuò presentare un cavallo, lasciando da parte tutte le informazioni cheriguardano ad esempio il suo essere distinto in varietà diverse ed averedifferenti pezzature del manto, le sue caratteristiche fisiche di dimensione e dipotenza, le sue abitudini in relazione all’uomo, e via dicendo. In altre parole,il segno come Representamen costituisce una mediazione tra le nostrerappresentazioni mentali e le caratteristiche reali di un determinato oggetto,mettendone in risalto volta per volta delle proprietà particolari, scelte secondoqualche criterio di pertinenza” (Manetti, Comunicazione, 2011: 64)

Oggetto dinamico e oggetto immediato

• Oggetto dinamico è l’oggetto “realmente efficiente ma non immediatamente presente”(CP:8.343): oggetto in sé, che esiste nella realtà esterna, indipendentemente dal fattoche qualcuno lo pensi; in quanto tale non entra direttamente nel processo di semiosi(referente). Tale oggetto non è conoscibile se non attraverso la mediazione dei segni,che ne illustrano volta per volta le diverse proprietà (cioè come oggetto immediato).

• Oggetto immediato è l’oggetto “così come il segno lo rappresenta” (CP:8.343); è unaentità concettuale, una rappresentazione mentale, è il modo in cui l’oggetto dinamicoviene dato e conosciuto attraverso la mediazione dei segni, che ne mettono in risaltovolta per volta certe proprietà. È il significato del segno che viene socialmentecodificato e, in quanto tale, è la contropartita mentale del Representamen.

L’oggetto immediato si distingue dall’interpretante perché è un’entità interna al segno, ècioè il modo in cui l’oggetto dinamico viene dato nel segno.

L’interpretante è invece esterno al segno, è un secondo segno, una rappresentazioneche scatta nell’ interprete a partire dal primo segno e che lo arricchisce (Pisanty-Pellerey, Semiotica e interpretazione, Bompiani, 2004).

Interpretante e semiosi illimitata

L’interpretante è un altro segno che illumina l’oggetto da un altro punto di vista.Così un interpretante del disegno di cavallo può essere costituito da un’espressione

linguistica quale “animale che nitrisce”, o da una fotografia di un cavallo o da unarappresentazione mimica dei movimenti della corsa del cavallo.

Gli Interpretanti possono essere molti e ciascuno di essi fornisce una conoscenzaparziale dell ’ oggetto. Per produrre la semiosi, ovvero innescare il processo disignificazione, gli Interpretanti si collocano in una serie tendenzialmente senza confini,che Peirce chiama appunto semiosi illimitata, i quali rendono conto delle moltepliciproprietà dell’oggetto.

La fuga degli Interpretanti, anche se tendenzialmente illimitata, dato che non è maipossibile cogliere tutte le caratteristiche di un Oggetto, può però arrivare a una suanormalizzazione nel momento in cui viene a istaurarsi un ’ abitudine o regolainterpretativa stabile, che Peirce chiama abito, che potremmo considerare comeregistrata nella nostra memoria e che da un certo momento in poi orienterà le nostrescelte successive nella interpretazione di un determinato segno.

Interpretanti

Representamen Oggettoimmediato

Oggetto

dinamico

Interpretante immediato

Interpretante dinamico

Interpretante logico finale

Tre tipi di interpretante

• Interpretante immediatointerpretazione del segno secondo regole socialmente determinate etradizionalmente acquisite (ad es. riconoscimento di un sintomo, di effettiprodotti da una malattia)

• Interpretante dinamicoInterpretazione che deriva dal confronto del significato acquisito conproprie esigenze di comprensione e con l’oggettività (attivazione di tensioniinterpretative, valutazione delle diverse ipotesi di diagnosi)

• Interpretante logico-finaleProduzione di un abito interpretativo che soddisfa esigenze conoscitivecoordinate all’azione (selezione di un’ipotesi e intervento di cura)

La tipologia dei segni in PeirceDal punto di vista della relazione tra il segno e il suo oggetto

• Icona: correlata al suo oggetto (dinamico) in virtù di un carattere disimilarità. I segni iconici sono motivati per somiglianza tra il segno el’oggetto.

• Es.: illustrazioni, diagrammi, ritratti, silhouette, caricature, schemi illustrativi di unapparecchio, suoni onomatopeici, metafore.

• Indice: «è un segno che si riferisce all’oggetto che esso denota in virtùdel fatto che è realmente determinato da quell’oggetto» (CP:2.248). Isegni indicali sono motivati per contiguità fisica: l’ indice è un segnofisicamente o causalmente connesso con il proprio oggetto.

• Es.: la firma (traccia della presenza dell’autore), la banderuola che indica la direzione delvento; il dito puntato, l’impronta, la fotografia.

• Simbolo: «segno che si riferisce a un oggetto in virtù di una legge» (CP:2.249). Il simbolo è un segno non motivato, quindi arbitrario. Peircedefinisce il simbolo anche legisegno (basato su una legalità propria di unacomunità): «il simbolo è connesso con il suo oggetto in virtù dell’ideadella mente che usa il simbolo, senza la quale non esisterebbe questaconnessione» (CP:2.299).

• Es.: segni del linguaggio naturale, della matematica, del codice della strada, dei gradimilitari.

L’uomo è un segno«Poiché l’uomo può pensare solo per mezzo di parole o di altri simboliesterni, questi potrebbero volgersi a dire: “Tu non significhi niente chenon ti abbiamo insegnato noi, e quindi significhi solo in quanto indirizziqualche parola come l’interpretante del tuo pensiero» (SomeConsequences of Four Incapacities, in Semiotica. i fondamenti dellasemiotica cognitiva, Einaudi, 1980:84).

La scienza dei segni è la scienza di come si costituisce storicamente ilsoggetto (Eco, Semiotica e filosofia del linguaggio, Einaudi, 1984: 54).

Osservazioni critiche su Peirce

Per Peirce tutto è segno. Inoltre, come osserverà Benveniste, Peirce nondistingue adeguatamente tra tipi di segni e tipi diversi di sistemi semiotici eciò è dovuto al fatto che manca qui una precisa distinzione tra segno esignificato e manca il principio del sistema segnico, condizione saussurianadella significazione (cfr. Fabbri, Essere di parola, Mondadori, 2009, p. XVI).

Correlazione tra piano dell’espressione e piano del contenuto:Ratio facilis e ratio difficilis

Distinzione relativa alle possibili modalità del rapporto tra occorrenza e tipo (ratio = rapporto)

• Ratio facilis: una occorrenza è facilmente riconducibile al tipo espressivo (es.:linguaggio verbale), è riconosciuta come caso del tipo (es.: produzione di unaparola o di un segnale stradale). Per produrre una parola che abbia un certosignificato devo seguire il modo prescritto dal tipo che è istituzionalizzato dalsistema dell’espressione.

• Ratio difficilis: per una data occorrenza manca il corrispondente tipoespressivo; la natura dell’espressione è motivata dal tipo astratto delcontenuto: indici gestuali, immagini, tracce, diagrammi (i rapporti chesussistono sul piano del contenuto vengono proiettati sul pianodell’espressione). La ratio difficilis regola operazioni di istituzione di codice;l’invenzione è il caso esemplare di ratio difficilis.

EcoTeoria della produzione segnica

Tentativo di superamento delle precedenti tipologie di segni, basatosulla identificazione di possibili processi di produzione, che implicanosempre un lavoro interpretativo: produzione e interpretazionecominciano a imporsi come termini coestensivi.

Tipologia dei modi di produrre segni basata sui seguenti parametri:

• Rapporto tipo-occorrenza.• Lavoro fisico necessario per produrre l’espressione, che può andare dal

semplice riconoscimento di oggetti all’invenzione di espressioni inedite.• Natura del continuum da formare, che può essere omomaterico, se

l’espressione è formata nella stessa materia del possibile referente, oeteromaterico, se – in assenza di motivazione – il continuum può venir sceltoarbitrariamente.

• Il modo e la complessità dell’articolazione, che va da sistemi che prescrivonoprecise unità combinatorie a sistemi che presentano testi inanalizzati.

RiconoscimentoUn dato oggetto viene interpretato come espressione di un datocontenuto:

«Interpretare l’oggetto riconosciuto significa correlarlo a una possibilecausa fisica che funzioni come suo contenuto – essendo statoconvenzionalmente accettato che la causa fisica agisce comeproduttore intenzionale del segno» (Trattato di semiotica generale,1975: 289).

Tracce, impronte

• Rapporto tipo-occorrenza di ratio difficilis: l’espressione è motivata dal supposto contenuto

• Il contenuto è la classe dei possibili impressori• Il continuum da formare è eteromaterico

Se questa impronta in questo luogo, allora è passato di quiun membro concreto di quella classe di impressori diimpronte.

Sintomi

• Il rapporto tipo-occorrenza è di ratio facilis (le macchie rosse nonsono motivate iconicamente dal morbillo)

• Il contenuto è la classe delle possibili cause (potenzialmente si trattadi segni forti, se connessi a una causa in base a un’esperienzacodificata; possono dunque definire rapporti di necessità prossimi allaequivalenza, cfr. Quintiliano: «se vive respira e se respira vive).

• Il continuum da formare è eteromaterico

Indizi• L’espressione è data (oggetti lasciati da un agente causatore).• Il rapporto tipo-occorrenza può essere di ratio difficilis (inferenze

abduttive) oppure di ratio facilis.• Il contenuto è la classe delle possibili cause.• Il continuum da formare può essere eteromaterico oppure

omomaterico (tracce di terra rossa lasciate da scarpe sporche diquella materia).

Anche tratti stilistici (verbali, visivi, sonori), la cui ricorrenza permette distabilire la paternità di un testo; decisioni filologiche rette da congettura.

Ostensione• Mostrare un oggetto come espressione della classe di cui è parte: «primo

livello di significazione attiva, è l’artificio usato per primo da due persone chenon conoscono la stessa lingua» (TSG: 294).

• L’oggetto (espressione) è della stessa materia del suo referente (i segniostensivi sono omomaterici).

• In quanto oggetti, questi segni sono già prodotti e non si pone il problemadella loro ratio; in quanto funzioni segniche sono segni deboli, possonoessere variamente interpretate: l’ostensione di un pacchetto di sigarette puòesprimere il concetto di sigaretta, di fumo, la richiesta di acquistarle,l’informazione sulle cause di una morte, ma possono essere anche forti insituazioni codificate (es. alzare la mano in un appello).

• Esempio: caso tipico di ostensione (oggetto che rappresenta la classe di cui èmembro);

• Campione: selezione di una parte dell’oggetto;• Esempi fittizi (posti tra le ostensioni e le repliche): fingo di dare un pugno

fermandomi prima, per significare “ti do un pugno”, in questo caso ho replicato (nonostentato) una parte del gesto come campione dell’intero gesto.

VettoriEsempi: frecce, dita puntate, marche direzionali in una impronta,elementi verbali deittici.

• Rette da ratio difficilis.• Significato estensionale: come gli indici di Peirce, diventano

espressivi solo in connessione con un oggetto o stato di cose.• Funzionano come un blocco di istruzioni, caratterizzati da maggiore o

minore necessità: una freccia può ordinare o consigliare.

StilizzazioniEspressioni apparentemente iconiche, che però risultano da unaconvenzione «che stipula la loro riconoscibilità in virtù del loro accordoa un tipo espressivo non strettamente prescrittivo che permette variantilibere» (TSG: 301):

• Prodotte per ratio facilis (codici forti); insegne, emblemi, stemmi,figure delle carte da gioco;

• Prodotte per ratio difficilis (codici deboli): simboli, archetipi (mandala,ecc.)

Repliche di unità combinatorieModo di produzione che regge gli artifici espressivi più noti: suoni dellalingua verbale, alfabeti gestuali cinesi, codici di segnalazione navale,segnaletica stradale.

• Le unità espressive sono prodotte per ratio facilis.• Il continuum che formano è eteromaterico, in quanto estraneo a

quello dei possibili referenti.• Le espressioni sono arbitrariamente correlate a determinate unità di

contenuto.• Funzioni segniche più chiaramente basate sulla equivalenza, anche

se la bicondizionalità è dubbia (es. del segnale “malato a bordo”): unaunità combinatoria implica sempre un insieme di possibilitàcontestuali, tra cui scegliere.

Unità pseudocombinatorieElementi di un sistema espressivo non correlati a un contenuto.

Esempi: composizione musicale atonale, combinazioni di elementi nonfigurativi in pittura (quadro astratto), replicabili ma correlati a un pianodel contenuto vago, giochi.

• Nella musica e nella pittura astratta: continuo rinvio da una parte aun’altra, dalla parte al tutto, stimolazione di attese, fenomeno disignificanza diffuso.

• Rapporto di produzione retto da ratio facilis, perché le occorrenzeriproducono comunque un tipo espressivo.

• Sistemi simbolici (Hjelmslev) monoplanari: non sono biplanari, inquanto il possibile contenuto è conforme all’espressione(interpretabilità).

Stimoli programmatiStimoli in grado di suscitare una risposta riflessa (non mediata), i cui esiti sono previsti dall’emittente ma non dal destinatario.

• Esempi: lampo di luce durante una rappresentazione teatrale, unsuono lancinante durante una esecuzione musicale, unasollecitazione subliminale.

• Casi di segno debole: dalla causa attuata è possibile inferire l’effettopossibile e variamente probabile.

InvenzioniRapporto di produzione retto da ratio difficilis: l’espressione è inventatanel momento in cui si procede per la prima volta alla definizione delcontenuto.

• «L’invenzione rappresenta il caso più esemplare di ratio difficilisrealizzata in una espressione eteromaterica. Poiché non esistonoprecedenti circa il modo di correlare espressione e contenuto, occorreistituire in qualche modo la correlazione e renderla accettabile» (TSG:309)

• Esempi: grafi, invenzioni pittoriche, invenzioni linguistiche (ultimoJoyce, linguaggio dell’avanguardia russa).

• Caratteristica fondamentale del segno è stimolare interpretazioni. Ilsegno è sempre qualcosa che apre a qualcosa d’altro.