separazione e divorzio - la prassi nelle cause di separazione e divorzio

Upload: francesco-arstold

Post on 06-Jul-2018

220 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    1/14

    Le questioni di natura processuale inerenti

    la separazione e il divorzio trovano, come

    è noto, soluzioni differenti da parte dei

    giudici di merito, ed è auspicata da tutti unamodifica legislativa che, uniformando la pro-

    cedura dei giudizi di separazione e divorzio, e

    nel rispetto del diritto alla difesa e del princi-

     pio del contraddittorio, consenta una maggiore

    tutela dei diritti dei cittadini.

    La discussione del gruppo di lavoro si è quindiincentrata su molteplici questioni processuali,relative sia ai giudizi contenziosi che consensuali,e sul ruolo del P.M., partendo dalle relazioniintroduttive della Dott.ssa Isabella Mariani, giudi-ce del Tribunale di Firenze, e del Dott. Fabio

    Roia, sostituto procuratore della Repubblica pres-so il Tribunale di Milano, con l’intento di indivi-duare le prassi maggioritarie, e da condividere.Si riportano le conclusioni cui è pervenuto ilgruppo di lavoro, riassunte in sede plenaria neldicembre 2003 dalla Dott.ssa Franca Mangano,giudice del Tribunale di Roma.

    L’AVVIO DEL PROCEDIMENTO E LA NATURA CONTENZIOSA O PRECONTENZIOSA DELL’UDIENZA PRESIDENZIALE

    L a discussione tra i partecipanti al gruppo hafatto emergere una prassi ampiamente mag-gioritaria secondo la quale tanto nel procedi-

    mento di separazione che nel procedimento di

    divorzio, la costituzione dell’attore deve rite-

    nersi perfezionata con il deposito del ricorso.

    Pertanto:a) il contenuto del ricorso introduttivo in ambe-

    due i giudizi è disciplinato dall’art. 4, comma2 della L. 898/1970, sicché alla ‘mera esposi-zione di fatti sui quali la domanda è fondata’richiesta dall’art. 706 c.p.c. si sostituisce la

    74

     più dettagliata pretesa enunciata dall’art . 4,commi 2 e 4, cit;

     b) il r icorso deve essere sottoscri tto dal difensore

    munito di procura;c) il deposito del ricorso perfeziona la costituzio-ne dell’attore, senza nessuna altro onere per quest’ultimo, fermo restando la disposizionedell’art. 706 c.p.c., il cui mancato rispettocomporta la perdita di efficacia della doman-da, comunque ritualmente proposta;

    d) la fissazione di un termine ex art. 163 bisc.p.c. (ridotto della metà) tra la data di notifi-cazione del ricorso e del decreto e l’udienza

     presidenziale si ritiene pacificamente applica- bile al procedimento di separazione.

     Non si dubita generalmente che tale ricostruzio-

    ne, peraltro in linea con la giurisprudenza dilegittimità (Cass., 24.6.1995 n. 3095; Cass.,8.9.1992 n. 10921), sia uniformemente riferibilealla separazione e al divorzio e che essa realizziil miglior grado di compatibilità con la disciplinaordinaria del giudizio di cognizione vigente.Tuttavia, da parte di alcuni viene espresso iltimore che questa anticipazione imposta all’atto-re pregiudichi le possibilità conciliative dellalite, e che, pertanto, debba ritenersi preferibileuna persistente vigenza dell’art. 706 c.p.c. neigiudizi di separazione, con la possibilità di inte-

    grare il ricorso, proponendo la richiesta di adde- bito con le memorie davanti al giudice istruttore.All’opposto si registrano posizioni più rigoroseche, in ordine all’ammissibilità della domanda diaddebito, richiedono una indicazione quantome-no generica dei fatti sui quali essa si fonda, salvauna prassi sufficientemente uniforme che consen-te che i fatti indicati a fondamento della richiestadi addebito possano usufruire di una più compiu-ta esposizione entro i termini dell’art. 183 c.p.c.e della completa articolazione dei mezzi istrutto-ri entro i termini dell’art. 184 c.p.c..

    LE DOMANDE CUMULABILI ALLA DOMANDA DISEPARAZIONE E DI DIVORZIO

    P remesso che il ricorso deve essere rispettosodei contenuti imposti dall’art. 4 comma 2 del-la L. 898/1970, e che le domande proponibilisono strettamente connesse alle pronunce conse-quenziali indicate dagli artt. 155 e 156 cod. civ.

     per la separazione e 5 e 6 della L. 898/1970, nonsono generalmente ritenute cumulabili né ladomanda di divisione della comunione né quelladi restituzione di beni.L’inammissibilità del cumulo di tali domande si

    fonda, nel giudizio di separazione, sull’art. 191cod. civ. e sul mancato perfezionarsi del presup-

     posto necessario allo scioglimento della comu-nione e, nel giudizio di divorzio, sulla diversità

    ENRICO BET*

    QUESTIONIPROCESSUALINELL’ AMBITO DEI GIUDIZIDI SEPARAZIONE E

    DIVORZIO

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIO  AIAF RIVISTA 3/2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    2/14

    dei riti cui sono soggette, rispettivamente, ladomanda di scioglimento del vincolo matrimo-niale e la domanda di divisione della comunione.

    IL MOMENTO DI INIZIO DEL GIUDIZIO

    C oerentemente con la comune indicazione circala costituzione dell’attore, esiste una sostan-ziale convergenza nell’individuazione delmomento di inizio del giudizio in coincidenzacon il deposito del ricorso.Tanto premesso si conviene che:- il processo deve essere iscritto a ruolo con il

    deposito del ricorso e non solo dopo il passag-gio davanti all’istruttore;

    - al deposito del ricorso si ricollegano gli effet-ti giuridici della domanda (competenza, liti-

    spendenza, ecc.).Questa ricostruzione è coerente con una conce-zione unitaria del giudizio di separazione e didivorzio, assistito dalle garanzie giurisdizionalisin dalla fase presidenziale.A partire da questi punti fondamentali, la rico-struzione del giudizio svolta dalla prassi secondoun disegno sostanzialmente unitario si divide inuna serie di variabili già individuate dal questio-nario ANM, rispetto alle quali il lavoro di gruppoha operato una riduzione a categorie fondamenta-li di riferimento, limitandosi ad individuarne

    ragioni teoriche e pratiche e distinguendo tra gliobiettivi perseguiti e quelli raggiunti.

    LA NOTIFICA DEI PROVVEDIMENTI PRESIDENZIALI AI SENSI DELL’ART. 709 C.P.C.

    L a tacita abrogazione, per effetto della discipli-na del divorzio, della necessaria notifica del-l’ordinanza presidenziale contenente i provvedi-menti provvisori e la data dell’udienza davantiall’istruttore, nel caso di mancata comparizionedel convenuto all’udienza presidenziale (art. 709c.p.c.) non costituisce una acquisizione totalmen-te condivisa, pur risultando una prassi applicativasicuramente maggioritaria e permangono, pertan-to, realtà giudiziarie nelle quali il giudizio diseparazione si atteggia in forme non completa-mente uniformi al giudizio di divorzio.

    LA COSTITUZIONE DEL CONVENUTO

     A mpiamente maggioritaria è risultata la posi-zione che riferisce il termine di costituzionedel convenuto alla fase del giudizio svolta davan-ti al giudice istruttore, con una prassi allineataalle indicazioni recenti della Cassazione (Cass.,27.12.2002 n.10914).

    L’interpretazione opposta che dalla tacita abroga-zione dell’art. 709 c.p.c. e dalla conseguente uni-tarietà del giudizio fa derivare una piena equipa-razione dell’udienza presidenziale all’udienza ex

    art. 180 c.p.c., benché ritenuta da molti parteci- panti al gruppo come dotata di intima coerenza esistematicità, viene respinta per diverse ragioni.

    Ragionando con estrema sintesi:a) dal punto di vista pratico si reputa che la for-zata costituzione del convenuto prima dell’u-dienza presidenziale mortifichi le possibilitàconciliative della lite,

     b) dal punto di vista teorico-normativo, anchealla luce di alcune recenti pronunce della Cas-sazione (n. 10780/96; 1332/00; 2064/00;11751/01; 10914/02), si ritiene che b1), sebbe-ne il procedimento di separazione sia nel suocomplesso di natura contenziosa (cfr. CorteCost. nn. 151/71 e 201/71) tuttavia sia netta lasua articolazione in due fasi, delle quali la pri-

    ma, quella presidenziale, non sia intesa quale prima udienza di comparizione ex art. 180c.p.c. ma sia caratterizzata dalla sua specificafunzione, che è quella diretta all’emanazionedei provvedimenti temporanei ed urgenti, conla conseguenza, ad es., che i termini di deca-denza per la formulazione delle domandericonvenzionali andrebbero riferiti alla primaudienza dinanzi al G. I.;inoltre si giudica incompatibile con gli adem-

     pimenti dell’ar t. 180 c.p.c. e, segnatamentecon la dichiarazione di contumacia del conve-

    nuto non comparso, la facoltà di questa stessa parte di partecipare all’udienza presidenzialesenza ministero di difensore, secondo il dispo-sto dell’art. 707, primo comma c.p.c., pur dopo gli interventi della Corte Costituzionale.

    Le variabili rilevate all’interno di queste opzioni possono ricondursi fondamentalmente a dueorientamenti:a) per l’uno la costituzione del convenuto e la

    tempestiva proposizione delle domande diaddebito e di assegno divorzile deve avvenireentro 10 giorni, per l’abbreviazione dei termi-ni, prima dell’udienza davanti al giudiceistruttore,

     b) per l’al tro, invece, le medesime preclusioninon operano sino all’udienza medesima.

    Le ragioni di questa differenziazione poggianoessenzialmente sulla controversa efficacia del-l’avvertimento dell’art. 163 n.7 c.p.c. e sullediverse opzioni concrete che si affidano al decre-to di fissazione dell’udienza presidenziale o alla‘diligenza creativa’ del giudice istruttore per inserire l’avvertimento in questione. In buonasostanza, Cass. 7.2.2000 n. 1332, che ha giudica-to manifestamente inammissibile il dubbio di

    legittimità costituzionale relativo alla omessa previsione nella descrizione del ricorso recante ladomanda di divorzio dell’avviso di cui all’art.163 n. 7 c.p.c., non sembra aver tranquillizzato i

    75

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIOSETTEMBRE - DICEMBRE 2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    3/14

    giudici di merito. Né il contrasto pare acquietato dalle importantiaffermazioni contenute nella sentenza in parola

    circa la non coessenzialità della previsione di ter-mini di decadenza con l’indicazione di un avvisoespresso nell’atto introduttivo del giudizio e cir-ca la correlazione dei termini stessi direttamentealla legge, analogamente a quanto avviene per ilrito speciale del lavoro.A ben vedere, tuttavia, questa diversa individua-zione del momento rilevante per il perfezionamen-to degli effetti preclusivi stabiliti dalla legge, ben-ché gravida di effetti pregiudizievoli, riconoscecome comuni le opzioni interpretative di fondo.Infatti viene condivisa:a) l’opinione secondo cui il rispetto del principio

    del contraddittorio non esige che la tempestivacostituzione delle parti si ricolleghi al medesi-mo momento processuale,

     b) la valutazione, addirit tura opposta , secondocui la posizione del convenuto, stretto tra itempi ridotti di notifica del ricorso e del decre-to e il termine anticipato a comparire, risulte-rebbe ingiustificatamente compressa nelle suelegittime facoltà di difesa, viceversa ampia-mente soddisfatte dalla possibilità del conve-nuto di operare una scelta processuale circa itempi di costituzione,

    c) l’affermazione secondo cui il convenuto, unavolta compiuta la scelta processuale di costi-tuirsi all’udienza presidenziale, ossia anticipa-tamente rispetto allo spirare dei termini impo-sti dalla legge alla sua costituzione, consumala sua costituzione facendo maturare tutte le

     preclusioni ,d) la piena assimilazione della fase del giudizio

    davanti al giudice istruttore alla sequenza pro-cedimentale propria del giudizio di cognizioneordinario (183, 184 c.p.c.), cosicché anche sela tesi che consente la costituzione del conve-nuto fino all’udienza davanti all’istruttore puòapparire meno rigorosa, tuttavia non opera unasistematica destrutturazione del giudizio didivorzio, distinguendone soltanto la fasedavanti al Presidente dalla fase davanti al giu-dice istruttore ma applica tutte le decadenzeriferite alle diverse scansioni del giudizioordinario.

    LA RICHIESTA DI MODIFICA DEI PROVVEDIMENTIPRESIDENZIALI

    S i ritiene pressoché uniformemente che l’art.708 ultimo comma c.p.c., il quale subordina,nel giudizio di separazione, la modifica dei prov-vedimenti provvisori al verificarsi di “mutamentinelle circostanze”, sia stato abrogato a seguitodella L. 74/1987, la quale all’art. 23 prevede l’ap-

    76

     plicazione ai giudizi di separazione, in quantocompatibili, delle regole di cui all’art. 4 L.898/70, tra le quali rientra la previsione secondo

    cui “l’ordinanza del presidente può essere revo-cata o modificata dal giudice istruttore a normadell’art. 177 del c.p.c.”. Ne consegue un regimedi revocabilità dei provvedimenti presidenzialisecondo le regole generali relative alle ordinanze,anche per i procedimenti di separazione, a pre-scindere dalla sopravvenienza di mutamenti dellasituazione fattuale esistente al momento della

     pronuncia.La prassi denota una persistenza del presuppostodell’assenza di circostanze nuove essenzialmentenelle motivazioni dei provvedimenti di rigetto.Viceversa, le richieste di modifica sono accolte:

    a) per circostanze sopravvenute, b) per una diversa valutazione dei fatt i preesi-

    stenti,c) per l’allegazione di fatti o elementi di prova

    non prospettati al Presidente,d) per errori evidenti di valutazione in cui si sia

    incorsi al momento dell’emissione dei provve-dimenti provvisori,

    e) per il progressivo adattamento dei provvedi-menti provvisori alle esigenze della famigliain crisi.

    Si registra una generale aspirazione alla stabilità

    dei provvedimenti provvisori, che si ritiene deb- ba essere perseguita:a) attraverso la via ordinamentale legata all’iden-

    tità del presidente e del giudice istruttore, b) attraverso la via procedimentale che incremen-

    ti l’autorevolezza dei provvedimenti provviso-ri. A tale proposito si insiste da parte deisostenitori del rito ambrosiano sull’importan-za della costituzione del convenuto previa-mente rispetto alla udienza presidenziale. Tut-tavia anche i sostenitori dell’interpretazioneopposta consentono che le udienze presiden-ziali si svolgano con ampi tempi istruttori con-sentendo rinvii e acquisizione di atti istruttori(Ctu e relazione dei servizi sociali).

    In ogni caso, una più compiuta motivazione dei provvedimenti provvisori sembrerebbe assicurare più garanzie circa la stessa modificabil ità dei provvedimenti stessi.

    SULLA RECLAMABILITÀ DEI PROVVEDIMENTIPROVVISORI

    U n orientamento condiviso esclude la reclama- bili tà dei provvedimenti provvisori, perché:a) dal punto di vista pratico il regime di revoca-

     bilità degli stessi provvedimenti modulato sul-l’art. 177 c.p.c. e non sull’art. 708, ult. commac.p.c. non rende indispensabile questo rime-dio, il quale, viceversa, si tradurrebbe in un

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIO  AIAF RIVISTA 3/2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    4/14

    ingiustificato rallentamento dei tempi proces-suali di definizione del giudizio,

     b) dal punto di vista teorico normativo soprattut-

    to il disposto dell’art. 189 disp. att. cod. civ.rende inapplicabile il regime cautelare unifor-me ai provvedimenti provvisori, per loro stes-sa natura inidonei a refluire in alcuna sentenzasenza perdere d’efficacia.

    SULL’AMMISSIBILITÀ DELLA PROCEDURA EX ART.700 C.P.C.

     A ltrettanto maggioritaria la posizione secondocui il ricorso ex art. 700 c.p.c. non dovrebbeconsiderarsi ammissibile, essendo già i procedi-menti in questione caratterizzati da speditezza edalla adozione di provvedimenti che anticipano

    la decisione finale.Sono ben presenti le ragioni di economia proces-suale ostative all’ammissibilità del 700 c.p.c.,ossia:a) i presupposti per l’esperibilità della procedura

    sono costituiti dalla gravità e irreparabilità deldanno; tali presupposti concernono più chealtro le necessità della prole, tematiche chesono già oggetto di provvedimenti provvisori,la cui modificabilità svuota di fatto di signifi-cato il ricorso alla procedura ex art. 700 cpc,

     b) il provvedimento ex art. 700 cpc richiesto a

    tali fini, pertanto, potrebbe non portare asignificativi risultati, perché ricadrebbecomunque sotto la disciplina delle revocabilitào modificabilità dei provvedimenti adottatinell’ambito di tale procedura da parte del G.I.,

    c) il rischio più rilevante è che tale proceduracrea un “doppio binario”, sia come attivitàistruttoria, sia come possibilità di proporrereclamo, in questo caso con un effetto “devo-lutivo” al collegio, che crea diversi problemi,dall’appesantimento delle procedure allasovrapposizione di decisioni.

    Va segnalata, tuttavia, una prassi che spesso uti-lizza il ricorso ex art. 700 cpc quando l’udienzaistruttoria è lontana; meglio sarebbe, pertanto,chiedere l’anticipazione dell’udienza adducendogravi e urgenti motivi.Una proposta tendenzialmente unificatrice che siispira ad una linea sistematica di riordino dell’u-tilizzo di questo strumento propone la possibilitàdi esperire la procedura ex. art. 700 cpc in rela-zione ad oggetti estranei alle tematiche tipichedei procedimenti in questione (restituzione beni

     personal i, ecc.) . Tuttavia suscita qualche perples-sità, in relazione al difetto di strumentalità di tali

     pronunce rispetto alla decisione definit iva e alregime di inammissibilità del cumulo con ladomanda di separazione o di divorzio di doman-de a contenuto prettamente patrimoniale diverse

    da quelle tipiche.

    LA SENTENZA PARZIALE (NELLA SEPARAZIONE

    E NEL DIVORZIO)I n conformità alla pronuncia della SupremaCorte, si ritiene applicabile anche alla sentenzadi separazione la norma divorzile secondo cui,nel caso in cui il processo debba continuare per ladeterminazione dell’assegno, il Tribunale emettesentenza non definitiva sullo scioglimento o sul-la cessazione degli effetti civili del matrimonio.La prassi rileva, tuttavia, che le sentenze nondefinitive di separazione sono ancora poco fre-quenti in tutte le sedi, in contrasto con l’orienta-mento della Cassazione e della dottrina, secondocui la pronuncia in questione non necessita di

    istanza di parte in quanto la pronuncia non avvie-ne d’ufficio, ma solo ad istanza di parte. Alcunigiudici richiedono la domanda di entrambe le

     part i (l’opinione sembra, tuttavia, contrastare conla ratio legis sottesa all’istituto), e non ritengono

     possibile emettere sentenza parziale in un giudi-zio contumaciale.

    IL MOMENTO DELLA RIMESSIONE DELLA CAUSA  AL COLLEGIO

    N on vi è accordo sul momento di remissionedella causa al collegio. Analogamente aquanto rilevato dal questionario:a) una parte dei Tribunali ammettono la rimessio-

    ne della causa al Collegio anche nella primaudienza davanti all’istruttore,

     b) altr i consentono la rimessione all’udienza exart. 183 c.p.c.,

    c) altri ancora dopo la compiuta articolazione deimezzi istruttori.

    Il fondamento teorico-normativo di tali diverse posizioni si ricava:a) dalla ratio della norma che intende favorire il

     più possibile il formarsi in tempi brevi del giu-dicato sulla pronuncia di divorzio (e di separa-zione),

     b) il rilievo che f ino alla scadenza dei termini per la proposizione di eccezioni non rilevabilid’ufficio, il resistente potrebbe proporre l’ec-cezione di riconciliazione, che impedirebbe la

     pronuncia in questione (verrebbe meno la pre-sunzione di cui all’art. 3, lett b, L. div., e l’o-nere della prova della mancata interruzionedella separazione ricadrebbe sul ricorrente),

    c) l’applicazione dei principi generali (artt. 187 e189 cpc) secondo cui le parti devono precisareinteramente le conclusioni di merito (e, quin-

    di, non solo sullo status), e, pertanto, avere la possibil ità di dedurre prove (ma alcuni richie-dono la conclusione anche nel merito anche

     prima di aver avuto la possibilità di articolare

    77

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIOSETTEMBRE - DICEMBRE 2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    5/14

    compiutamente le prove) unitamente alla con-siderazione che la norma speciale dell’art. 4,comma 9, laddove dispone che la sentenza

     parziale può essere pronunciata “quando ilgiudizio deve proseguire” riconosce un poteredi valutazione al giudice circa la utilità dellasentenza parziale che esige la completa defini-zione dell’oggetto del giudizio.

    Tutte le diverse posizioni rilevate circa ilmomento della rimessione della causa al Collegioadducono il principio di economia processuale:a) perché l’utilità deflattiva e acceleratoria della

    sentenza parziale è coerente con una adozionequanto più anticipata del relativo provvedi-mento Si rileva, infatti, per esperienza comu-ne, che spesso la pronuncia della sentenza non

    definitiva sullo status accelera la definizionedell’intera controversia in quanto le parti,deciso lo status, sembrano psicologicamente

     più predisposte a raggiungere una soluzione,anche consensuale, sulle altre questioni; in

     particolare, la rinuncia concorde delle part i aitermini per il deposito delle comparse (prassicomune) comporta l’emissione in tempi brevidella sentenza che decide sullo status, e, diconseguenza, la definizione dell’intero giudi-zio non subisce ritardi rilevanti;

     b) perché corr isponde alla finalità di economia di

    giudizi posticipare la rimessione all’udienza ditrattazione, quando, scaduti i termini di cuiall’art. 180 cpc, e precisato, anche in esito altentativo di conciliazione, il thema deciden-dum, può essere possibile una definizione con-sensuale della lite o, comunque, la decisionedell’intera controversia, qualora non si debba-no assumere mezzi di prova;

    c) perché si evitano inutili duplicazioni di giudi-zi nel caso di domande accessorie inammissi-

     bili o del tutto sfornite di prova o provate allostato delle produzioni documentali.

    Partendo da queste prassi diversificate eapprofondendo le ragioni delle contrapposizioni,il gruppo ha tentato di elaborare una prassi con-divisa che, seppure non rispondendo a criteri disistematicità, tuttavia si propone di corrispondereall’aspirazione di uniformità attraverso unaapplicazione delle disposizioni processuali inquestione calibrata sul caso concreto e adeguataall’iniziativa processuale delle parti.Pertanto si distingue:a) il caso in cui i coniugi, concordemente faccia-

    no richiesta di una sentenza parziale sul vinco-lo, nel quale può disporsi la rimessione al Col-

    legio sin dall’udienza ex art. 180 sulle conclu-sioni delle parti limitate allo scioglimento delvincolo;

     b) il caso in cui l’istanza di sentenza parziale sia

    78

     proposto da un solo coniuge con l’opposizionedell’altro, nel quale la rimessione al collegionon può disporsi prima dell’udienza ex art.

    183 c.p.c., con la completa definizione delthema decidendum e dei mezzi istruttori, la cuirichiesta dovrà essere reiterata con la precisa-zione delle conclusioni estesa anche alle pro-nunce accessorie alla domanda di scioglimen-to del vincolo.

    L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

     A nche a tale proposito si registrano prassidifformi. Il giudice pronuncia su tutte le que-stioni sollevate o solo sullo status, rimettendo lacausa sul ruolo per l’ulteriore istruttoria. Coloro(la minoranza) che ritengono compatibile la

    disciplina speciale dell’art. 4, L. div., con quellagenerale sulla sentenza parziale di cui agli artt.277 e 279, 2° co., cpc, ammettono che il giudice,oltre a pronunciarsi sullo status, si pronunci sututti i punti che è in grado di decidere (e non,quindi, su tutte le domande), rimettendo la causasul ruolo per l’ulteriori istruttoria sulle domanderesidue.

    SOVRAPPOSIZIONE DEI GIUDIZI DISEPARAZIONE E DI DIVORZIO

    I

    n ipotesi di pendenza del giudizio di separazio-

    ne sulle questioni diverse dallo status (addebi-to, assetto economico, affidamento figli) e dicontemporanea pendenza del giudizio di divor-zio, si profilano le seguenti soluzioni:a) riunione dei giudizi;

     b) pronuncia di cessazione degli effetti civi li o discioglimento del vincolo, definizione dellequestioni concernenti i figli, il loro manteni-mento, la casa coniugale e sospensione delgiudizio per la definizione della questione del-l’assegno divorzile fino alla definizione delladomanda di addebito, ritenuta pregiudizialerispetto alla decisione sull’assegno divorzile;

    c) pronuncia della cessazione della materia delcontendere nel giudizio di separazione.

     Non esis tono sul punto ancora prassi consolidatedei singoli uffici, essendo poco frequenti le pro-nunce di sentenza non definitiva di separazione.Tutte le soluzioni individuate comportano pro-

     blemi di difficile soluzione, ma, dopo ampiadiscussione, la maggior parte dei partecipanticoncorda nel ritenere preferibile la soluzione sub

     b), estendendola a tutte le pronunce accessoriealla sentenza di divorzio (e non solo l’addebito),anche se questa soluzione prevede una sospensio-

    ne non giustificata da una pregiudizialità tecnicain senso stretto di tutte le questioni e anche se lasospensione del giudizio di divorzio potrebbeallungare i tempi della decisione definitiva. La

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIO  AIAF RIVISTA 3/2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    6/14

     preferenza per questa soluzione è motivata anche per esclusione. Infatti , per la soluzione a) siobietta la mancanza di un rapporto di connessio-

    ne tra il giudizio sulle domande consequenzialialla separazione e il giudizio sulle domande con-sequenziali al divorzio. Per la soluzione c) sioppone l’irragionevole sacrificio del diritto della

     parte ad avere un doppio grado di giurisdizionesulle domande accessorie alla pronuncia di sepa-razione.

    DIVORZIO A DOMANDA CONGIUNTA 

    I lavori del gruppo hanno evidenziato una con-sistente (anche se non totale) propensione per il principio di necessaria assistenza tecnica anchenei procedimenti di divorzio proposti con doman-

    da congiunta.Questa linea si fonda:a) sulla considerazione, di carattere giuridico,

    che si tratta di un giudizio relativo allo status personale che si conclude con sentenza suscet-tibile di impugnazione ed al quale deve, quin-di, essere riconosciuta una natura sostanzial-mente contenziosa,

     b) sull’osservazione, di carattere pratico e ope-rativo, che grazie all’intervento del legale lecondizioni vengono predisposte in modo cor-retto e soprattutto più completo, così risultan-

    do agevolato il compito del tribunale e nonessendo necessario che questi intervenga concorrettivi e integrazioni nel corso dell’udien-za.

    La linea contraria, che non riconosce cioè lanecessità della difesa tecnica, si basa:a) sulla considerazione, in diritto, della pregnan-

    te omologia ravvisabile tra il procedimento didivorzio congiunto e quello di separazioneconsensuale, tale da rendere inspiegabile untrattamento differenziato sul punto in questio-ne e

     b) sull’osservazione, di carattere concreto, cheladdove non vi sia un effettivo contenzioso trale parti non si possa imporre di far ricorsoall’assistenza legale, esponendoli a oneri eco-nomici inutili.

    È stata sollevata l’obiezione che, se il procedi-mento deve essere inteso di natura contenziosa,allora logicamente si impone la presenza di duelegali, ciascuno di questi essendo chiamato atutelare e garantire gli interessi di una parte.Una soluzione di compromesso è quella di distin-guere tra i casi di pronuncia solo sul vincolo (per i quali la presenza del difensore non sarebbe

    necessaria) e i casi di pronunce anche accessorie per le qual i si r ichiederebbe la presenza dei lega-li. Tale soluzione espone al rischio, nel caso diassenza di figli minori, di incentivare la creazio-

    ne di una regolamentazione sommersa affidata adaccordi privati che potrebbe risolversi in unalesione dei diritti delle parti.

    L’altra soluzione “condivisa” percorribile potreb- be essere quella di riconoscere:- la necessità di assistenza tecnica;- la sufficienza di un solo legale, comune ad

    entrambe le parti e loro domiciliatario.Questa opzione applicativa consentirebbe:a) di rispettare il principio secondo il quale, ver-

    tendosi in tema di status personale, al procedi-mento deve essere riconosciuta natura conten-ziosa, natura che non viene meno in presenzadi un accordo in ordine alle condizioni acces-sorie al divorzio,

     b) di garantire un pieno esercizio del diri tto di

    difesa, dal momento che l’interesse pubblico èqui forte e determinante, tanto che – ad esem-

     pio – pur in presenza di un accordo delle partila domanda di divorzio ben potrebbe essererespinta qualora il tribunale dovesse verificarel’insussistenza dei presupposti e delle condi-zioni dell’azione (e, in questa ipotesi, quasiessenziale è che la comunicazione del deposi-to della sentenza venga fatta al difensoredomiciliatario, anche ai fini di una eventuale

     proposizione dell’appello che non potrebbeessere rimessa alle parti personalmente),

    c) di contenere i costi della procedura, in quantoun solo difensore non è elemento di per sécontraddittorio nel momento in cui, pure in

     presenza di una r iconosciuta natura contenzio-sa del giudizio (che si conclude con sentenza,suscettibile di fare passaggio in giudicato),non siano ravvisabili posizioni contrapposte easpetti in concreto conflittuali,

    d) di operare una lettura delle disposizioni ade-rente al testo normativo, dal momento che per il divorzio c.d. congiunto non è stata richiama-ta la previsione della separazione consensualedi cui all’art. 711 c.p.c. e sembra chiara l’in-tenzione del legislatore di non coniare un pro-cedimento di mera “omologazione” degliaccordi già precedentemente raggiunti dalle

     part i.

    TRASFERIMENTI IMMOBILIARI

    T ra i componenti del gruppo si è delineata unamaggioranza a favore della possibilità di pro-cedere ai trasferimenti immobiliari in sede didivorzio congiunto; sembra, anche, che dai piùsia condivisa la prassi di realizzare il trasferi-mento a verbale, sottoscritto dalle parti e com-

     pletato attraverso tutte le attività e le dichiarazio-ni necessarie per la regolarità dell’atto, e ciòanche per la preoccupazione di non investire iltribunale di eccessive responsabilità e far ricade-

    79

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIOSETTEMBRE - DICEMBRE 2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    7/14

    re queste ultime sulle parti che debbono produrredocumentazione, rendere dichiarazioni sostituti-ve di atto notorio, ecc..

    Pur in presenza di ancora irrisolti nodi problema-tici, una soluzione di massima condivisa potreb- be prevedere:- la possibilità per i coniugi di perfezionare tra-

    sferimenti immobiliari in occasione del divor-zio congiunto, utilizzando il verbale di causa etrovando la cessione suggello nella sentenzache riconosca l’avvenuto trasferimento facen-do mero rinvio al verbale;

    - l’esclusione di tale possibilità se i beneficiaridel trasferimento siano soggetti terzi (anchefigli) rispetto alle parti, in quanto estranei al

     procedimento ed affatto legit timati ad interve-

    nire nel giudizio, ancorché a tale limitato fine;- l’incarico alle parti di predisporre la relativa

    nota di trascrizione e di curare, al passaggio ingiudicato della sentenza, l’adempimento ditutte le attività necessarie presso le conserva-torie.

    RINUNCIA ALL’IMPUGNAZIONE

    T utti sembrano favorevoli a consentirla, anchese vengono utilizzate modalità diverse (condichiarazione a verbale, con dichiarazione resasuccessivamente in cancelleria).

    Anche per favorire le parti e non imporre lorouna pluralità di accessi negli uffici giudiziari,non dovrebbe essere difficile concordare che:- la rinuncia all’impugnazione è possibile;- poiché non è logicamente percorribile la stra-

    da di una rinuncia preventiva, la dichiarazionedovrebbe essere fatta dalle parti personalmen-te, e quindi da loro sottoscritta, nel verbaledell’udienza, dandosi atto del fatto che dellasentenza è stata prima data integrale lettura;

    - l’attestazione di passaggio in giudicato dovràessere rilasciata dal cancelliere dopo la tra-smissione della sentenza agli uffici della Pro-cura generale della Repubblica e la relativadichiarazione di acquiescenza.

    COMPETENZA COLLEGIALE

    Ènettamente prevalsa la tendenza a riconosce-

    re una collegialità “piena”, mentre abbastan-

    za marginale è la prassi che riconosce la possi-

     bilità che i coniugi compaiano personalmente

    davanti ad un giudice “delegato”.

    Tuttavia, va segnalato, in parte per sdrammatiz-zare questa questione, che le modalità di svolgi-mento delle udienze collegiali anche nei Tribuna-

    li che non si discostano formalmente dalla colle-gialità del giudizio prevedono la comparizionedei coniugi davanti ad un solo giudice.Sussistono infatti innegabili problemi organizza-

    80

    tivi (forse comuni soltanto ai grandi Tribunali)collegati alla necessità di garantire lo “smalti-mento” in tempi brevi di un gran numero di pro-

    cedimenti su domanda congiunta e la concomi-tante presenza negli Uffici di molte coppie.A tal fine è stata avanzata la proposta di una solu-zione condivisa che:- preveda la collegialità effettiva dell’organo

    giudicante (formazione predeterminata delcollegio, seduta collegiale dei tre membri incontemporanea ma comparizione dei coniugidavanti anche solo al giudice relatore / esten-sore per la raccolta delle firme e della dichia-razione di rinuncia all’impugnazione);

    - preveda la redazione contestuale della senten-za, sua integrale lettura alle parti prima della

    loro rinuncia all’impugnazione, sottoscrizioneimmediata della sentenza da parte del relatoree del presidente, quindi deposito e pubblica-zione in tempi brevi.

    CONVERSIONE DEL DIVORZIO DALLA FORMA CONTENZIOSA A QUELLA CONGIUNTA 

    I l gruppo è sembrato compatto nel ritenerel’ammissibilità della conversione e non si sonoevidenziati “dissidi” profondi e insanabili nel-l’individuazione delle relative modalità, salvoalcune (modeste) eccezioni.

    Sarebbe, quindi, abbastanza agevole trovare un punto di incontro che preveda:- l’ammissibilità della trasformazione dalla for-

    ma contenziosa a quella congiunta;- la conseguente non necessità di un nuovo

    ricorso, essendo sufficiente che l’accordo rag-giunto sia trasfuso nel verbale del procedi-mento originario e sia sottoscritto dalle parti;

    - la trasmissione del fascicolo al P.M. per le sueconclusioni sulle nuove istanze;

    - la fissazione a breve di un’udienza collegialein camera di consiglio, per l’espletamentodegli incombenti già trattati nel punto che pre-cede.

    L’immediata rimessione davanti al giudice istrut-tore che muterebbe la sua veste in quella di giu-dice delegato dal Collegio per pronunciare ildivorzio si coniuga con la posizione (rivelatasiformalmente minoritaria) della delega ad un sologiudice per la comparizione delle parti dei coniu-gi che hanno presentato domanda congiunta didivorzio e le indubbie utilità che comporta sonoapprezzabili soprattutto nelle sedi giudiziarie dimaggiori dimensioni.Il vantaggio preminente dato dalla conversione

    consiste nella possibilità per le parti di rinuncia-re all’impugnazione e, così, di accelerare il pas-saggio in giudicato della sentenza e l’acquisizio-ne dello stato libero, oltre che nel non dover 

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIO  AIAF RIVISTA 3/2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    8/14

    affrontare gli oneri di una nuova iscrizione a ruo-lo ecc.; quanto al “guadagno” sui tempi per lasentenza, tutto dipenda dall’organizzazione dei

    ruoli di ogni singolo giudice, ma è ragionevole pensare che sia più semplice trovare spazio per un procedimento congiunto che per una sentenza

     per così dire normale, anche se da pronunciarsisu conclusioni conformi.

    QUESTIONI INERENTI I GIUDIZI DISEPARAZIONE CONSENSUALE E DIVORZIOCONGIUNTO. NATURA DEGLI ACCORDI EREVOCA DEL CONSENSO

    S chematizzando il risultato di discussioni dot-trinali e giurisprudenziali, può dirsi che l’ac-cordo di separazione ha come contenuto naturale

    l’accordo sulla cessazione della coabitazione, ilregolamento delle posizioni dei genitori rispettoai figli e il regolamento delle questioni patrimo-niali di cui all’art. 155 cod. civ. rispetto al coniu-ge non dotato di mezzi propri;L’accordo sulla cessazione della coabitazione è ilcontenuto minimo della separazione ed è obbli-gatorio; ugualmente obbligatoria è da ritenersi laregolamentazione dei rapporti economici e non inrelazione ai figli, quando vi siano, mentre allaregolamentazione dei rapporti patrimoniali traconiugi viene riconosciuto un carattere meramen-

    te eventuale, di natura contrattuale implicante laapplicabilità delle norme sui contratti.Questione ancora aperta è la natura dell’accordominimo di separazione, e cioè se debba esserericostruito come accordo (inteso come incontrodi volontà convergenti) o come contratto o nego-zio cui applicare in via analogica le norme intema di contratti (inteso come incontro di volontà

     portanti interessi difformi) con la ulteriore conse-guenza della applicabilità o meno delle norme sulcontratto e quindi sulla possibilità o meno dellarevoca del consenso.La lettura della norma di cui all’art. 158 cod. civ.consente di escludere la possibilità di un sindaca-to del Giudice sulle ragioni della separazione osulle condizioni patrimoniali tra i coniugi (l’uni-co intervento essendo limitato alla eventuale nonomologabilità in caso di pattuizioni difformidagli interessi dei minori). Secondo l’art. 158cod. civ. l’accordo di separazione non ha effettosenza l’omologa del Tribunale, che viene consi-derato un momento giurisdizionale di controllo,qualificato come causa del procedimento di sepa-razione, ovvero ricostruzione dell’accordo comecausa della separazione stessa, e dell’omologa-

    zione come mera condizione di efficacia dellaseparazione, omologazione che si sostanzia in uncontrollo di legittimità che il Giudice è chiamatoa compiere alla stregua dei principi di ordine

     pubblico.Questa seconda teoria si sposa evidentementecon la tesi che pone l’accento sulla rilevanza del-

    l’accordo dei coniugi e lo qualifica come accordoassimilabile ad un contratto, valido di per sé macondizionato nell’efficacia alla omologazione,così che all’accordo di separazione si applicanole norme in materia di contratti, senza distingue-re tra contenuto obbligatorio ed eventuale, edaltresì la irrevocabilità del consenso espresso pri-ma della udienza presidenziale o in detta sede

     presidenziale.Viceversa, ritenere l’accordo come avente conte-nuto diverso dal contratto, ritenere inapplicabilile regole contrattuali e porre l’accento sulmomento processuale, in sostanza svalutare il

    momento della autonomia privata, porta a ritene-re il consenso revocabile quanto meno sino a chenon intervenga il provvedimento di omologa.Come pare emergere anche dai risultati del que-stionario ANM, in giurisprudenza la tesi dellarevocabilità del consenso è assolutamente mag-gioritaria, e riflettere sulla revocabilità del con-senso significa analizzare il contenuto degliaccordi di separazione che i coniugi possono por-re in essere, qualificarli e distinguerli. Il discorsocosì si allarga dal contenuto della separazioneagli accordi patrimoniali che accedono solo even-

    tualmente alla separazione, alla validità di accor-di presi in sede di separazione in vista del futurodivorzio; tutti argomenti che passano al vagliodella giurisprudenza, sino ai patti prenuziali che

     per i l nostro dirit to positivo e per la giurispruden-za paiono argomenti ancora del tutto futuribili.In particolare sul problema relativo alla configu-rabilità di accordi patrimoniali (aventi ad oggettoi rapporti tra coniugi, discorso diverso essendoquello che riguarda le pattuizioni sui figli) stipu-lati in sede di separazione ed in vista del divor-zio, si veda la apertura contenuta in Cassazione8109/2000 che sul punto ha creato un precedenteribadendone in generale la nullità per la illiceitàdella causa, ma sancendo la non azionabilità del-la nullità da chi è gravato dell’impegno, riservan-dola esclusivamente alla “parte debole” che

     potrebbe essere lesa dalla pattuizione dispositiva.Ci si soffermi a riflettere sui temi cardine cheruotano attorno alla configurabilità dei contrattiin vista del divorzio: il diritto potestativo di chie-dere la cessazione del vincolo, che mal si conci-lia coll’affermata indisponibilità dei diritti patri-moniali tratta dall’art. 160 cod. civ., il tipo dicontrollo operato dal Giudice in sede di procedi-

    mento di separazione o in sede di procedimentosul contratto matrimoniale, l’inapplicabilità aicontratti di separazione o di divorzio, della clau-sola rebus sic stantibus di cui ai procedimenti

    81

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIOSETTEMBRE - DICEMBRE 2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    9/14

    camerali che seguiranno.Strettamente connesso alla questione relativa allarevocabilità del consenso è la questione relativa

    alla necessaria presenza delle parti alla udienza presidenziale o in camera di consigl io. Evidente-mente se la revoca del consenso è efficace, la pre-senza delle parti che confermino il proprio assen-so è necessaria.

    Sono state quindi affrontate le questioni relativeai procedimenti di modifica delle condizioni di

    separazione e divorzio che si svolgono nelle for-me del rito camerale, per richiamo espressodegli artt. 710 c.p.c. e 9, I° c., L. 898/1970, comemodificato dalla L. 74/1987, di cui agli artt. 737e seguenti c.p.c..

    I problemi che si pongono per lo svolgimento del procedimento non sono diversi dai problemi chesi pongono in generale quando si utilizza lo stru-mento processuale semplificato richiamato, conla particolarità tuttavia che l’oggetto del proces-so è nel nostro caso la trattazione di diritti sog-gettivi veri e propri sui quali tra le parti si instau-ra un contenzioso.Uno strumento processuale pensato per risolverequestioni di volontaria giurisdizione pura, intesacome soluzione di interessi, deve così adattarsialla più difficoltosa trattazione di diritti soggetti-

    vi, normalmente ad alta contenziosità. Ne è conferma la giurisprudenza che sancisce ladoppia possibilità di adire le forme cameralicome le forme ordinarie: in realtà non si trattasolo del problema della conservazione degli atti,da citazione a ricorso, ma dell’affermazione chele modifiche delle condizioni della separazione

     possono essere chieste in via alternat iva con leforme del rito ordinario e con le forme del ritocamerale, proprio per il fatto che il procedimentoex art. 710 c.p.c. “configura un procedimentocontenzioso che si esplica nel contraddittorio pie-no delle parti e si chiude con un provvedimentoche pur con la forma del decreto, ha la naturasostanziale di sentenza.”.Sia l’art. 710 che il 9 richiamano per i procedi-menti aventi ad oggetto la modifica delle condi-zioni di separazione e divorzio, il procedimentoin camera di consiglio regolato dagli artt. 737 esegg. c.p.c., con due ulteriori indicazioni nel cor-

     po dell’art . 710 c.p.c.: “sentite le part i ed assuntieventuali mezzi istruttori”, ed inoltre con la par-tecipazione del P. M. quando si tratti di questioneconcernenti minori secondo quanto stabilito dal-l’art. 9 della L. 1987/78 di modifica delle legge

    sul divorzio estesa al procedimento di modificadelle condizioni di separazione con interventodella Corte Costituzionale 416/1992.Le regole processuali vanno pertanto desunte

    82

    dagli artt. da 737 a 742 c.p.c. con le integrazionidella necessità del rispetto del principio del con-traddittorio e il richiamo ad una fase istruttoria.

    La deformalizzazione del rito e l’assenza di rego-le predeterminate in materia di contraddittorio egaranzia del diritto di difesa, che certamente han-no indotto il legislatore a privilegiare questo rito

     per la sua celerità in materia in cui la definizionedel procedimento deve essere rapida, costituisco-no tuttavia il limite dell’intervento legislativo ehanno determinato recenti ed importanti inter-venti della Cassazione.L’atto introduttivo è pertanto il ricorso ai sensidell’art. 737 c.p.c.: il Presidente, fissa l’udienzadi comparizione delle parti, concede termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione

    e nomina il Giudice Relatore.Si pone quindi il primo problema relativo all’e-ventuale termine per la proposizione di domandariconvenzionale: le risposte al questionario indi-cano che la stragrande maggioranza dei magistra-ti ritiene ammissibile la proposizione di ricon-venzionale con la comparsa di costituzione erisposta presentata alla udienza in quanto nessuntermine preclusivo è ricavabile analogicamentené dall’art. 166 né dall’art. 416 c.p.c., mancandola indicazione di un termine a comparire per la

     parte convenuta. Vi è tuttavia di più.

    A tenore della sentenza n. 14022/2000 della S. C.il rito adottato dal legislatore, con l’art. 9 dellalegge sul divorzio, ai fini della modificazionedell’assegno divorzile, risulta regolato, in viagenerale, dagli art. 737 e ss. del c.p.c., e, quantoalle forme, in parte risulta disciplinato espressa-mente da tale normativa, mentre, nella parte nonregolata, risulta rimesso nel suo svolgimento alladisciplina concretamente dettata dal giudice laquale dovrà garantire il rispetto del principio delcontraddittorio e di quello del diritto di difesa.Da ciò deriva, quanto al procedimento di primogrado, che in esso non vigono le preclusioni pre-viste per il giudizio di cognizione ordinario, conla conseguenza che:1) potranno essere proposte domande nuove,

    anche riconvenzionali, in conformità delledirettive dettate dal giudice nella gestione del

     processo, senza che la loro eventuale mancata proposizione possa impedirne la proposizionein separato giudizio;

    2) potranno essere ammesse altresì prove nuove,anche in correlazione con i fatti sopravvenutidedotti nel corso del processo; fatti che -

     peraltro - anche in questo caso il giudice dovrà

    e potrà prendere in esame se ed ove dedotti esempre nei limiti delle domande proposte.

    Più in particolare trattasi di un procedimento chesi svolge nell’interesse delle parti ed anche nel

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIO  AIAF RIVISTA 3/2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    10/14

    quale - diversamente da quanto accade nel casoin cui si tratti di modifica dell’assegno di mante-nimento di figli minori - vige il principio della

    domanda e della corrispondenza fra il “chiesto”ed il “pronunciato”, investendo l’officiosità del procedimento unicamente il profilo dell’impulsoal suo svolgimento, ed, in certa misura (ai sensidell’art. 738, comma 3) l’acquisizione di mate-riale probatorio.Quanto poi al giudizio di secondo grado nascen-te dal reclamo, fermo restando che quest’ultimocostituisce un mezzo di impugnazione aventecarattere devolutivo e come tale ha per oggetto larevisione della decisione di primo grado nei limi-ti del devolutum e delle censure formulate ed incorrelazione alle domande formulate in quella

    sede, in detto giudizio, mentre possono essereallegati fatti nuovi, non possono essere propostedomande nuove, in quanto queste ultime snature-rebbero la natura del reclamo quale mezzo diimpugnazione avente la funzione di rimuoverevizi del precedente provvedimento.

     Nel corso del procedimento possono senza alcu-na preclusione svolgersi domande nuove e ricon-venzionali, se tale è la scelta processuale della

     parte, la quale potrebbe invece sempre decideredi azionare i fatti nuovi e sopravvenuti in altro

     procedimento di modif ica.

     Non vi è pertanto un onere di allegazione edomanda del fatto nuovo nel processo già in cor-so e viceversa il fatto nuovo base della domandanuova può sempre essere azionato.Vi è da ritenere la medesima mancanza di preclu-sioni riguardo la deduzione del fatto nuovo asostegno della domanda o dei fatti dedotti dalconvenuto per il rigetto della stessa.Quanto precede incontra due limiti.Da una parte vi è il principio del rispetto del con-traddittorio e del diritto di difesa in quanto le par-ti devono essere messe in condizione di replicaresulle allegazioni e di difendersi.Sul punto vi è una importante e recente sentenzadella Corte di Cassazione, la n. 9084/2002, che

     prescrive che nei procedimenti in camera di con-siglio debbano essere assicurati l’esercizio deldiritto di difesa e la garanzia del contraddittoriospecialmente nella formazione della prova, inquanto detto principio generale è stato enunciatodall’art. 111 cost. nella nuova formulazioneintrodotta con la legge cost. n. 2 del 1999, sia

     pure con espresso riferimento al processo penale.La Cassazione afferma che il processo deforma-lizzato in camera di consiglio si sottrae a censure

    di costituzionalità quando si verta in tema didiritti soggettivi solo quando siano garantiti idiritti di difesa e la garanzia del contraddittorio eche il procedimento non può non essere interpre-

    tato alla luce del nuovo dettato costituzionaledell’art. 111 Cost.: in particolare si afferma per quanto riguarda la acquisizione delle prove che

    appare dubbia la costituzionalità dell’assunzionedi prove al di fuori del contraddittorio con messaa disposizione del materiale probatorio ai difen-sori in un momento successivo.Quindi il primo limite alla assenza di preclusionisu domande, allegazione di fatti e assunzione dimezzi istruttori è il rispetto del contraddittorio edella difesa.Il secondo limite è dato dalla necessità che il pro-cedimento abbia un adeguato e ordinato svolgi-mento nell’ambito dei poteri del regolamento del

     procedimento propri del Giudice ai sensi dell’art .175 c.p.c.: è attività propria del Presidente quella

    di individuare, mediante la fissazione di termini,le fasi del procedimento, distinguendo la fasedella individuazione dei fatti costitutivi ed estin-tivi e la fase della articolazione dei mezzi di pro-va. Ancora una volta le fasi dovranno contempe-rare il rispetto della difesa e del contraddittorio:concretamente le allegazioni avverranno o all’u-dienza a verbale o in memorie richieste dovendo-si ritenere che coll’esaurimento della attività del-la difesa sul punto, le questioni non possano nuo-vamente essere riaperte.

    I MEZZI ISTRUTTORI NEI PROCEDIMENTI CAMERALI

     “Sentite le parti” postula la necessità dellacomparizione delle parti in Camera di Con-siglio (con conseguente deduzione di argomentidi prova dalla mancata comparizione) o solo laesigenza del rispetto del contraddittorio?Quali sono i mezzi istruttori cui l’art. 710 c.p.c.fa riferimento e possono essere essi disposti diufficio?I mezzi istruttori sono i più disparati ed ancheoltre i mezzi tipici.Come emerge dalle risposte al questionarioANM, sono tutti quegli strumenti che fanno par-te dell’armamentario probatorio del Giudice del-la famiglia: c.t.u., relazione degli assistenti socia-li, indagini patrimoniali a mezzo della Guardia diFinanza oltre che i mezzi tipici del codice di rito.Quanto alla ufficiosità esiste ormai la possibilitàdi disporre d’ufficio mezzi di prova sulle condi-zioni relative al minore, proprio perché non esistesotto questo profilo una disponibilità delle parti(molteplici sono gli indici: il controllo del Giudi-ce solo su questo aspetto nelle consensuali; la nonvincolatività dell’accordo dei genitori ecc.).Quanto ai diritti patrimoniali dei coniugi si pone

    il problema dell’interpretazione della contesta-zione della parte quale presupposto per procede-re alla indagine di polizia tributaria, da conside-rare comunque come uno strumento probatorio

    83

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIOSETTEMBRE - DICEMBRE 2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    11/14

    Micaela Vinci,32 anni

    Il profumo diun’altra città

    olio, essenze e fiorisecchi su tela,

    cm.50x70

    da disporsi d’ufficio.Sul punto lo stato della giurisprudenza della S. C.ritiene che il potere del tribunale di disporre inda-

    gini anche d’ufficio e di avvalersi della PoliziaTributaria, come prevede espressamente la leggecon disposizioni applicabili per identità di “ratio”anche al procedimento di revisione del contribu-to di mantenimento dei figli, rientra nella suadiscrezionalità, e non può essere consideratoanche come un dovere imposto sulla base dellasemplice contestazione delle parti in ordine alleloro rispettive condizioni economiche.L’unico limite a detto potere, che costituisce unaderoga alle regole generali sull’onere della prova,è rappresentato dal fatto che il giudice, potendo-sene avvalere, non può rigettare le richieste delle

     parti relative al riconoscimento ed alla determi-nazione dell’assegno sotto il profilo della manca-ta dimostrazione da parte loro degli assunti suiquali le richieste si basano. In tal caso il giudiceha l’obbligo di disporre accertamenti d’ufficio,avvalendosi anche della Polizia Tributaria.

    PENDENZA DEI GIUDIZI DI MODIFICA EX ART. 710 CPCE DI DIVORZIO

    I l giudizio di modifica ex art. 710 c.p.c. è pro- ponibile o proseguibile in pendenza del proce-dimento di divorzio? Introdotto il giudizio di

    divorzio si tratta di verificare se il procedimentoex art. 710 c.p.c., pendente, debba proseguire odebba esserne dichiarata la improcedibilità, o,ancora, se possa essere iniziato.Il problema si pone da quando, dirimendo uncontrasto tra le corti di merito, la Cassazione hastatuito la possibilità per il Presidente in sede di

    84

    udienza di emanazione di provvedimenti urgenti,di modificare l’assetto definitivo con la sentenzadi separazione.

    La soluzione giurisprudenziale più recente èquella adottata dalla Corte di Appello di Napolicon pronuncia del 22/03/2000: pendente il proce-dimento di modifica e introdotto il divorzio nonsi determina l’improcedibilità del primo procedi-mento che continua per la regolamentazione del-le statuizioni intermedie sino alla pronuncia dei

     provvedimenti presidenziali, ove venga effet tua-ta, o dei provvedimenti definitivi in sede didivorzio.Evidentemente ciò è vero solo quando venganochiesti mutamenti di ordine patrimoniale, cheattenendo a prestazioni fungibili possono essere

    modificati anche con effetto retroattivo (dalmomento del verificarsi della circostanza nuova),ma non per il diritto di visita o di affidamento chesi è consumato per il periodo già trascorso e nonè suscettibile di ristoro retroattivo.Diversa la posizione della Cassazione, la qualeammette la possibilità di simultaneus processustra procedimento di divorzio e procedimento dimodifica delle condizioni di separazione.Infine, nel caso di estinzione del procedimento didivorzio con provvedimenti urgenti resi dal Pre-sidente, la loro eventuale modifica va chiesta con

    le forme di cui all’art. 710 c.p.c..Viceversa se il divorzio sia stato pronunciatoanche senza statuizioni in materia di assegni, lamodifica va chiesta colle forme di cui all’art. 9 L898/1970.

     Nel procedimento ex art. 710 c.p.c. è prevista la possibi lità della emanazione di provvedimentiurgenti in corso di procedimento, mentre analoga

     previsione non è ripetuta nell’art . 9 L. 898/1970e si segnala la incongruità della differenza.I provvedimenti provvisori possono essere dispo-sti anche d’ufficio e il provvedimento conclusivodel procedimento è il decreto, che deve contene-re la condanna alle spese.Il decreto reso dal Tribunale è sempre revocabileo modificabile dal Tribunale stesso: corollari ditale costante revocabilità sono l’assenza di attitu-dine al giudicato, la mancata preclusione didedotto e deducibile (nel senso che possono esse-re fatti valere non solo motivi sopravvenuti, maanche motivi preesistenti), la non ricorribilità inCassazione ex art. 111, II comma Cost..Il decreto è soggetto a reclamo.Ormai è chiarita la questione sulla decorrenza deltermine di impugnazione: i dieci giorni decorro-

    no dalla notifica effettuata alla controparte suistanza di parte e non su impulso della cancelle-ria, in quanto il termine di dieci giorni previstodall’art. 739 c.p.c. per la proposizione del recla-

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIO  AIAF RIVISTA 3/2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    12/14

    mo contro il provvedimento camerale pronuncia-to nei confronti di più parti decorre dalla notifi-cazione dello stesso eseguita ad istanza di parte,

    e non anche dalla notificazione eseguita ad istan-za del cancelliere.Il giudizio di reclamo è un giudizio di merito chetuttavia avviene nei limiti dei motivi di gravame:è pertanto illegittimo un provvedimento cheriformi un decreto in un punto non oggetto di esa-me, così come non sono ammesse domande nuo-ve. Possono invece essere allegati fatti nuovi echieste nuove prove.

    IL PUBBLICO MINISTERO.LE RAGIONI DELLA SUA PRESENZA NEL PROCESSO

    Nella relazione del ministro guardasigilli sul

    codice di procedura civile si legge che “quan-do l’interesse pubblico reclama che l’esercizio del-l’azione sia svincolato dalla iniziativa privata” èopportuno che il potere di agire sia affidato non algiudice, per non menomarne l’imparzialità – affer-mazione di strabiliante attualità alla luce del dispo-sto dell’art. 111 Costituzione – ma al pubblicoministero, trattandosi di un potere di iniziativa piùconfacente alla funzione di parte. E derogando così“da quella che nel campo civilistico è la regola,consistente nell’esclusiva dipendenza della tutelagiurisdizionale dalla volontà dell’interessato”.

     Negli ordinamenti in cui, come nel nostro, nelcampo civilistico vige la regola consistente nelladipendenza della tutela giurisdizionale dallavolontà dell’interessato, le deroghe a tale regolanon possono non essere che per casi tassativi,come stabilisce l’art. 69 c.p.c.: “Il pubblico mini-stero esercita l’azione civile nei casi stabiliti dal-la legge”.Lo stesso principio è contenuto nell’art. 2907cod. civ. ai sensi del quale alla tutela giurisdizio-nale dei diritti provvede l’autorità giudiziariaanche su istanza del pubblico ministero o d’uffi-cio, ma solo “quando la legge lo dispone”, comel’art. 75, I c., dell’ordinamento giudiziario chestabilisce che “il pubblico ministero esercita l’a-zione civile ed interviene nei processi civili neicasi stabiliti dalla legge”.In questo quadro positivo, quando una disposizio-ne concede l’azione “a chiunque vi abbia interes-se” deve essere escluso che fra i titolari del relati-vo potere possa rientrare anche il pubblico mini-stero, stante il principio della tassatività dei casiin cui il predetto soggetto è legittimato ad eserci-tare l’azione civile, casi non suscettibili di appli-cazione analogica o di interpretazione estensiva.

    È il caso di ricordare come, in applicazione ditale principio, il pubblico ministero non possaimpugnare il matrimonio celebrato con intentosimulatorio (art. 123 cod. civ.) anche laddove

    venga accertata l’esistenza di una condotta delit-tuosa realizzata da cittadini stranieri con cittadiniitaliani per finalità di acquisizione di uno status

    che consenta in prima istanza la regolarizzazionedella posizione sul territorio italiano e quindil’acquisizione della cittadinanza.Quanto all’intervento in causa del pubblico mini-stero l’art. 70 c.p.c. regola due tipi di intervento:quello obbligatorio e quello facoltativo.Fra le cause nelle quali l’intervento risulta obbli-gatorio vi sono quelle matrimoniali, compresequelle di separazione personale dei coniugi (art.70, co. I, n. 2) c.p.c.) e di divorzio, siano essecontenziose od a domanda congiunta.Alla questione controversa, riguardante la parte-cipazione del P. M. ai procedimenti a domanda

    congiunta, la dottrina maggioritaria sembra darerisposta favorevole sulla base dell’assunto che seè vero, come appare, che la funzione principaledel pubblico ministero, nel giudizio di divorzio, èquella di garantire il rispetto dei diritti dei figli,non si vede perché di questa garanzia debbono

     poter usufruire solo le part i che abbiano prescel-to il rito contenzioso.L’intervento non deve invece reputarsi necessarionei giudizi in cui si tratti solo di modificare lecondizioni della separazione personale, salvo chenon si tratti di modifica delle condizioni di sepa-

    razione riguardanti la prole, come espressamente previsto dalla Corte Cost ituzionale che, con sen-tenza del 9 novembre 1992 n. 416, ha infattidichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.710 c.p.c. nella parte in cui non prevede la parte-cipazione del pubblico ministero al procedimentodi modifica dei provvedimenti di separazione

     personale dei coniugi riguardanti la prole.Con una successiva sentenza la Corte Costituzio-nale (25.06.1996 n. 214) ha dichiarato l’illegitti-mità costituzionale dell’art. 70 c.p.c. nella partein cui non prescrive l’intervento obbligatorio del

     pubblico ministero nei giudizi tra genitori natura-li che comportino “provvedimenti relativi aifigli”, nei sensi di cui agli artt. 9 della legge 898del 1970 (nel testo vigente) e 710 c.p.c. comerisulta a seguito della citata sentenza 416/1992.

     Nei casi in cui l’intervento del pubblico ministe-ro è obbligatorio, lo è tale naturalmente in ognigrado.Occorre tuttavia, per ridare un senso a questaimpostazione che rischia per prassi e per progettidi riforma normativa di proporre un giudizio diagonia del pubblico ministero nel processo civile,ridisegnare lo spazio di presenza della parte pub-

     blica nel processo civile.

    85

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIOSETTEMBRE - DICEMBRE 2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    13/14

    IL MOMENTO DELL’INTERVENTO E L’ ATTIVITÀ DEL P.M.

     V enuto meno l’obbligo di comunicare al pub- blico ministero l’ordinanza presidenziale difissazione dell’udienza avanti il giudice istrutto-re, per espresso disposto legislativo, nella disci-

     plina del divorzio, oppure per incompatibi lità – dell’art. 709 c.p.c. – con le nuove regole dell’art.4 legge divorzio, per il giudizio di separazione,ne discende l’applicazione della regola generaledettata dall’art. 71 c.p.c.: “il giudice, davanti alquale è proposta una delle cause indicate nelcomma 1 dell’articolo precedente, ordina lacomunicazione degli atti al pubblico ministeroaffinché possa intervenire” mediante comunica-zione del decreto di fissazione dell’udienza presi-denziale e del ricorso introduttivo.

    Già nella fase presidenziale, perciò, il pubblicoministero deve intervenire depositando in cancel-leria la comparsa di intervento (artt. 1, 2 disp. att.c.p.c. in quanto quest’ultima norma richiama lemodalità di intervento previste dall’art. 267 c.p.c.

     per le parti private): modalità ispirata al criteriogenerale secondo il quale la tutela degli interessi

     pubblici affidati al P. M. nel processo civile va perseguita con gli stessi mezzi riservati al le parti .Così nel corso dell’istruttoria il pubblico ministe-ro può produrre documenti e dedurre prove al

     pari delle parti in causa, però nei limiti delle

    domande proposte dalle parti (art. 72 comma 2°c.p.c.); ma può anche non intervenire nelle udien-ze istruttorie senza che da ciò consegua la nullitàdegli atti a cui non ha assistito.Se però il pubblico ministero, intervenendoinnanzi al collegio, non si limita ad aderire alleconclusioni di una delle parti, ma prende proprieconclusioni, producendo documenti e deducendo

     prove, il presidente, su istanza di parte od anched’ufficio, può rimettere con ordinanza la causa algiudice istruttore per l’integrazione dell’istrutto-ria. Ciò è chiaramente previsto dall’art. 3 comma3° disp. att. c.p.c..Occorre rilevare come la remissione al giudiceistruttore possa avvenire solo nel caso in cui il

     pubblico ministero produca ulteriori documenti,rispetto a quelli già prodotti, o deduca prove sucircostanze nuove o comunque prima non capito-late dalle parti: sempre nei limiti delle domandeda queste proposte.

     Non sarebbe necessario, al contrario, disporre laremissione degli atti in istruttoria qualora il P.M.avesse esibito un rapporto della polizia giudizia-ria su un episodio attribuito ad uno dei coniugicontrario alla morale o all’ordine della famiglia,

    se ciò già risulta da un giudicato prodotto in cau-sa; come non sarebbe necessario se il P.M. aves-se formulato capitoli di prova su circostanze cherisultano pacifiche in causa.

    86

    Per quanto concerne le conclusioni, il P.M. puòaderire semplicemente a quelle prese da una del-le parti ovvero, come accade normalmente, il

     pubblico ministero s i limita a precisare le conclu-sioni apponendo un timbro con la dicitura “nullaoppone”.Anche nel procedimento di separazione consen-suale l’intervento del P.M. è del pari richiesto a

     pena di nullità, a norma dell’art. 70 n. 2 c.p.c. chenon distingue tra cause di separazione giudizialee cause di separazione consensuale.L’art. 738 c.p.c. – in sede di disposizioni comuniai provvedimenti in camera di consiglio – pre-scrive che gli atti siano direttamente comunicatial pubblico ministero che stende le sue conclu-sioni in calce al provvedimento del presidente.

    IL POTERE DI IMPUGNAZIONE DEL P.M.

    Q uando il pubblico ministero ha qualità diinterveniente necessario nel processo, e non è perciò legi ttimato attivo a proporre la relativadomanda, sussiste il divieto di impugnare la sen-tenza non gravata dalle parti private.Dopo l’introduzione del divorzio, che intervennedirettamente sul quadro normativo preesistente,nei processi di separazione il P.M. continua a nonessere legittimato all’impugnazione (art. 72 com-ma 2° e 3° c.p.c.) mentre nei procedimenti di

    divorzio può impugnare le sentenze ivi pronun-ciate ma “limitatamente agli interessi patrimonia-li dei minori o legalmente incapaci” (art. 5 com-ma 5° L. divorzio).Secondo la prevalente interpretazione, quest’ulti-ma disposizione deve essere intesa in termini nonrestrittivi e si ritiene che siano ricompresi (equindi siano suscettibili di impugnazione dalla

     parte pubblica), non solo i capi di sentenzariguardanti il patrimonio della prole, ma anche ilse ed il quantum dell’assegno di mantenimento.In ogni caso il limite contenuto nella norma nonincide sul potere generale, di fatto raramente uti-lizzato, conferito al pubblico ministero dall’art.397 c.p.c. di impugnare per revocazione le sen-tenze pronunciate senza il suo intervento, o quan-do queste siano effetto della collusione delle par-ti posta in essere per frodare la legge.Poiché la norma sui poteri di impugnazione del

     pubblico ministero non è stata richiamata dal-l’art. 4 comma 13 L. divorzio (divorzio ad istan-za congiunta) si è posto il problema se tale previ-sione valga anche per le sentenze emesse al ter-mine di questi procedimenti.Anche in tal caso, per motivi di simmetria con il

     procedimento contenzioso, sembra che il potere – dovere di impugnazione spetti al pubblico mini-stero sempre limitatamente “agli interessi patri-moniali dei figli minori o legalmente incapaci”.

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIO  AIAF RIVISTA 3/2004

  • 8/17/2019 Separazione E Divorzio - La Prassi Nelle Cause Di Separazione E Divorzio

    14/14

    Il riconosciuto potere di impugnazione al pubbli-co ministero pone il problema del passaggio ingiudicato della sentenza di divorzio, che tale

    dovrebbe diventare decorso un anno dalla sua pubblicazione ai sensi dell’art . 327 c.p.c..Per quanto attiene ai processi di separazione, non

     pare che possano sorgere dubbi sull’inapplicabi-lità della previsione che permette al pubblicoministero di impugnare limitatamente agli inte-ressi dei figli minori, così come previsto per il

     processo di divorzio, costituendo l’art. 5 comma5° L. divorzio, un’eccezione alla regola.Come già rilevato, il pubblico ministero risultainterprete e difensore delle istanze pubblicisticheincentrate sulla tutela della famiglia e dei mino-renni e, per questa sua funzione, de iure conden-

    do, sarebbe forse opportuno riconoscere al pub- blico ministero il potere di impugnazione anchenei giudizi di separazione, dove gli interessi pro-tetti appaiono identici a quelli implicati nei giu-dizi divorzili.

    IL PROCESSO CIVILE E LA TRASMISSIONE DELLA NOTIZIA DIREATO

    R isulta frequente, nell’esperienza giudiziaria,che il giudice della separazione e del divorziosi imbatta, nel suo percorso processuale, in fatticostituenti notizie di reato procedibili d’ufficio,

    soprattutto nei procedimenti caratterizzati da altaconflittualità.In tali contesti, la presenza necessaria nel proces-so del pubblico ministero costituisce molte volteun fattore di confusione in ordine alla trasmissio-ne della notizia di reato all’ufficio titolare dell’e-sercizio dell’azione penale, in quanto molti giu-dici civili ritengono che la presenza necessariadel pubblico ministero costituisca un fattore diesenzione dall’obbligo di denuncia sancito dal-l’art. 331 co 4° c.p.p..Invero, proprio la tempistica dell’intervento del

     pubblico ministero, il quale s i limita a conclusio-ni superficiali ed adesive, senza la consultazionedel fascicolo processuale, formulate alla fine del-l’istruttoria, consiglia l’immediata trasmissionedella notizia di reato per assicurare una rispostaimmediata in ambito penale, sia essa di naturainvestigativa o cautelare anche a tutela della pre-sunta parte lesa del reato.L’automatismo della denuncia trova del restoampia applicazione, di natura anche “deflattiva”,nel procedimento introdotto dalla L. 4 aprile2001 n. 154 contro le violenze familiari allorchéil giudice, richiesto dell’emissione di un ordine

    di protezione in ambito civile, ravvisando gliestremi di un reato procedibile d’ufficio – solita-mente i maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p.

     – trasmette gli atti all’ufficio del pubblico mini-

    stero dichiarando non luogo a provvedere.

    * avvocato in Genova

    87

    LE PRASSI NELLE CAUSE DI SEPARAZIONE E DIVORZIOSETTEMBRE - DICEMBRE 2004