signore animali glittica accadica

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NICCOLÒ MANASSERO Il “signore degli animali” nella glittica di età accadica. Indagine iconografica ed analisi delle fonti. Una rivisitazione della produzione glittica accadica può portare un contributo allo studio di un’iconografia, quella del cosiddetto “signore degli animali”, popolarissima nel repertorio dell’epoca. L’indagine su quest’argomento, che implica l’approfondimento di problematiche che riguardano altri personaggi e motivi figurativi ad esso riconducibili, può trarre sostegno da un’accurata ricerca, nelle fonti letterarie note, di riferimenti ai personaggi rappresentati, sui sigilli accadici, in relazione con animali, e alle varie altre azioni che sono su di essi descritte. La figura a cui generalmente si pensa quando si parla di “signore degli animali” è quella di un uomo nudo, con una folta chioma e la barba stilizzate in eleganti riccioli simmetrici, presentato col corpo di profilo e il volto di fronte; egli è generalmente impegnato in azioni di lotta o di difesa nei confronti di animali domestici e selvaggi, i quali sono presentati di volta in volta come protetti, lottanti o aggressori nei confronti dell’eroe 1 . Questa idea generalizzata, però, ha fatto sì che si sia talvolta sottovalutato il fatto che la figura dell’eroe nudo non è l’unica coinvolta in questo tipo di azioni: esistono infatti altre tipologie di personaggi che sono posti in relazione con gli stessi animali, impegnati nelle stesse, ambigue, azioni; essi, anzi, sono protagonisti di una grandissima parte delle scene che qui interessano. Un’ulteriore questione da affrontare è l’interpretazione delle azioni di vario tipo svolte dall’eroe nudo e dai personaggi appartenenti alle altre tipologie, azioni che differiscono notevolmente dalle scene di lotta o difesa degli animali, e non sono con queste in alcun rapporto, apparentemente. Questa seconda problematica, che allarga di molto il tema in questione, rende da subito palese che la definizione di “signore degli animali” è di per sé insufficiente e concettualmente inappropriata a definire una tipologia iconografica complessa e assai sfaccettata. Inoltre, tenendo conto di quanto si è detto, si capisce che la comprensione dell’identità dell’eroe nudo non può avvenire indipendentemente da quella dei personaggi, di diverso aspetto, che lo affiancano. Tra questi ha un ruolo predominante la creatura raffigurata con torso e braccia umane e zampe e coda di bisonte, presente quasi sempre come controparte dell’eroe, in collaborazione con lui. Questo secondo personaggio semi-umano possiede la stessa versatilità nelle azioni rispetto all’eroe, potendo egli lottare con, o difendere, gli animali con cui è posto in relazione, ed anche un suo doppio, in posa rampante. L’uomo-bisonte, addirittura, in certi casi può rubare del tutto la scena all’eroe, e diventare l’unico protagonista delle lotte con gli animali, la cui composizione segue comunque i medesimi schemi. In passato sono stati fatti numerosi tentativi di attribuire un’identità precisa alla figura nuda suddetta, cercando riscontri nella letteratura in lingua sumerica e accadica; tali identificazioni sono state in seguito talvolta accettate troppo facilmente e, per giustificarle, si sono commesse inevitabili forzature nell’interpretazione dei testi conosciuti: nei tratti dell’eroe nudo è così stato individuato il celebre re ed eroe epico Gilgameš e, di conseguenza, nell’uomo-bisonte il suo compagno d’avventure Enkidu; pur nell’evidente mancanza quasi totale di riscontro tra testi letterari ed immagini 2 , nel 1876 G. Smith propose questa interpretazione per le innumerevoli 1 L’ambiguità di tali azioni è stata giustificata ipotizzando che il protagonista incarni non una sola personalità: cfr. FRANKFORT 1939, 58 segg.. Tale figura, nella letteratura al riguardo, è alternativamente definita Gilgameš, Signore degli animali o eroe nudo: nel presente lavoro, prima di proporre un’identità per il personaggio rappresentato, si è preferito usare il terzo appellativo, “eroe nudo”, perché è quello più “neutrale”, privo di riferimenti a priori ad una personalità precisa. 2 In genere, chi propone l’identificazione della figura nuda con Gilgameš, non trovando paralleli stretti tra l’Epica omonima e le scene rappresentate sui sigilli, chiama in causa un gruppo sparuto di cilindri posteriori all’epoca accadica, in cui sono raffigurate l’uccisione, da parte di Gilgameš ed Enkidu, del Toro celeste, mandato dalla dea Ishtar, (vd. BLACK-GREEN 1992, 49, fig. 41 e LAMBERT 1987, 43 segg., pl. XI: 23-28) e del Guardiano della Foresta dei Cedri, il 1

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NICCOLÒ MANASSERO

Il “signore degli animali” nella glittica di età accadica.Indagine iconografica ed analisi delle fonti.

Una rivisitazione della produzione glittica accadica può portare un contributo allo studio di un’iconografia, quella del cosiddetto “signore degli animali”, popolarissima nel repertorio dell’epoca. L’indagine su quest’argomento, che implica l’approfondimento di problematiche che riguardano altri personaggi e motivi figurativi ad esso riconducibili, può trarre sostegno da un’accurata ricerca, nelle fonti letterarie note, di riferimenti ai personaggi rappresentati, sui sigilli accadici, in relazione con animali, e alle varie altre azioni che sono su di essi descritte.

La figura a cui generalmente si pensa quando si parla di “signore degli animali” è quella di un uomo nudo, con una folta chioma e la barba stilizzate in eleganti riccioli simmetrici, presentato col corpo di profilo e il volto di fronte; egli è generalmente impegnato in azioni di lotta o di difesa nei confronti di animali domestici e selvaggi, i quali sono presentati di volta in volta come protetti, lottanti o aggressori nei confronti dell’eroe1.Questa idea generalizzata, però, ha fatto sì che si sia talvolta sottovalutato il fatto che la figura dell’eroe nudo non è l’unica coinvolta in questo tipo di azioni: esistono infatti altre tipologie di personaggi che sono posti in relazione con gli stessi animali, impegnati nelle stesse, ambigue, azioni; essi, anzi, sono protagonisti di una grandissima parte delle scene che qui interessano.

Un’ulteriore questione da affrontare è l’interpretazione delle azioni di vario tipo svolte dall’eroe nudo e dai personaggi appartenenti alle altre tipologie, azioni che differiscono notevolmente dalle scene di lotta o difesa degli animali, e non sono con queste in alcun rapporto, apparentemente. Questa seconda problematica, che allarga di molto il tema in questione, rende da subito palese che la definizione di “signore degli animali” è di per sé insufficiente e concettualmente inappropriata a definire una tipologia iconografica complessa e assai sfaccettata. Inoltre, tenendo conto di quanto si è detto, si capisce che la comprensione dell’identità dell’eroe nudo non può avvenire indipendentemente da quella dei personaggi, di diverso aspetto, che lo affiancano. Tra questi ha un ruolo predominante la creatura raffigurata con torso e braccia umane e zampe e coda di bisonte, presente quasi sempre come controparte dell’eroe, in collaborazione con lui. Questo secondo personaggio semi-umano possiede la stessa versatilità nelle azioni rispetto all’eroe, potendo egli lottare con, o difendere, gli animali con cui è posto in relazione, ed anche un suo doppio, in posa rampante. L’uomo-bisonte, addirittura, in certi casi può rubare del tutto la scena all’eroe, e diventare l’unico protagonista delle lotte con gli animali, la cui composizione segue comunque i medesimi schemi.

In passato sono stati fatti numerosi tentativi di attribuire un’identità precisa alla figura nuda suddetta, cercando riscontri nella letteratura in lingua sumerica e accadica; tali identificazioni sono state in seguito talvolta accettate troppo facilmente e, per giustificarle, si sono commesse inevitabili forzature nell’interpretazione dei testi conosciuti: nei tratti dell’eroe nudo è così stato individuato il celebre re ed eroe epico Gilgameš e, di conseguenza, nell’uomo-bisonte il suo compagno d’avventure Enkidu; pur nell’evidente mancanza quasi totale di riscontro tra testi letterari ed immagini2, nel 1876 G. Smith propose questa interpretazione per le innumerevoli

1 L’ambiguità di tali azioni è stata giustificata ipotizzando che il protagonista incarni non una sola personalità: cfr. FRANKFORT 1939, 58 segg.. Tale figura, nella letteratura al riguardo, è alternativamente definita Gilgameš, Signore degli animali o eroe nudo: nel presente lavoro, prima di proporre un’identità per il personaggio rappresentato, si è preferito usare il terzo appellativo, “eroe nudo”, perché è quello più “neutrale”, privo di riferimenti a priori ad una personalità precisa. 2 In genere, chi propone l’identificazione della figura nuda con Gilgameš, non trovando paralleli stretti tra l’Epica omonima e le scene rappresentate sui sigilli, chiama in causa un gruppo sparuto di cilindri posteriori all’epoca accadica, in cui sono raffigurate l’uccisione, da parte di Gilgameš ed Enkidu, del Toro celeste, mandato dalla dea Ishtar, (vd. BLACK-GREEN 1992, 49, fig. 41 e LAMBERT 1987, 43 segg., pl. XI: 23-28) e del Guardiano della Foresta dei Cedri, il

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rappresentazioni di tale iconografia in sigilli di varie epoche, interpretazione che, nei decenni successivi, venne accettata unanimemente da molti studiosi, tra cui il Frankfort. Quest’ultimo, anzi, raccolse una serie di dati, che testimoniano di una antichissima tradizione letteraria ed artistica, precedente alla formulazione dell’epica di Gilgameš, che indicava in Enki(m)du una divinità della natura, e lo ritraeva in forme semibestiali3. Nel 1925, a sua volta, Heidenreich interpretò l’eroe nudo come il leggendario Tammuz/Dumuzi, il cui mito vuole che egli passi sei mesi all’anno agli Inferi, e che poi “rinasca”: egli è posto in collegamento con l’eterno alternarsi dei cicli della natura, di morte e rinascita della vegetazione, un tema su cui si incentra profondamente la religione sumerica; questa tesi convinse molti, e Moortgat ne fu il più autorevole sostenitore4. Scarso seguito ebbe, invece, la teoria di Borowsky, la cui identificazione dell’eroe con un dio della fertilità animale, Sumuqan/Šakan, si inserisce comunque bene nella temperie culturale degli studi della prima parte del XX secolo, quando si poneva l’accento sul dualismo tra principi cosmici antagonisti, come il giorno e la notte, l’estate e l’inverno, la morte e la rinascita, che costituisce la nota caratteristica della religione sumerica5.Più recentemente, nell’interpretazione di questa misteriosa figura, si è messa in luce un’altra funzione, nell’adempimento della quale essa è sovente rappresentata: partendo, infatti, dalla raffigurazione dell’eroe nudo in qualità di porta-stendardo ai lati di porte, presumibilmente templari, si è voluto ricollegare la loro identità con quella dei Talim, “i gemelli”6, o dei Lahmu, “i capelloni”7, figure mitologiche, appartenenti alla sfera semidivina, i cui contorni sono per noi ancora poco definiti.

1. Analisi dei sigilli accadici

Nelle seguenti pagine sono riportati i risultati statistici di una ricerca sugli schemi compositivi di una serie di sigilli accadici in cui compaiono i soggetti citati, ossia gli eroi, nelle loro numerose varianti iconografiche, impegnati sia in lotte con animali, o con dei loro doppi, sia in scene in cui la loro funzione sembra essere in relazione diretta con la sfera divina. Verrà proposta una classificazione dei personaggi nelle loro varie iconografie, dei tipi di animali con cui essi sono messi a confronto, e dei riempitivi che completano e integrano le raffigurazioni, al fine di comprendere quali siano i significati delle scene rappresentate ed a quali contesti si riferiscano8.

mitico essere mostruoso Humbaba (vd. LEICK 1991, fig. 37 e LAMBERT 1987, pl. VII: 1-6, VIII: 7-11, IX: 12-15 e X: 16-21). In realtà, il legame è molto debole, poiché in questi sigilli Gilgameš ed Enkidu sono raffigurati vestiti, col copricapo e la testa di profilo, mentre è Humbaba ad essere raffigurato secondo l’iconografia dell’eroe nudo con la testa frontale; inoltre, vista l’importanza dei due episodi citati dell’epopea di Gilgameš, che vengono rappresentati così raramente nella glittica dall’età paleobabilonese in poi, è improbabile che degli episodi del tutto secondari della stessa epopea, quali le lotte con animali selvaggi e anonimi, cui in essa si rivolgono solo dei cenni, siano così ossessivamente ripetuti nel repertorio figurativo. D’altro lato, poi, delle numerose scene di servizio templare intagliate in epoca accadica non si fa cenno alcuno nell’Epica di Gilgameš, almeno per quanto di essa a noi è giunto.3 FRANKFORT 1939, 62 segg. LAMBERT 1987, 38, al contrario, ritiene che l’antica divinità dell’agricoltura Enkimdu non abbia nulla a che fare con il successivo compagno d’avventure di Gilgameš, Enkidu, se non per la radice iniziale “En”.4 Cfr. MOORTGAT 1949.5 Una sintesi del dibattito in merito, con la relativa bibliografia, si trova in AFANASAYEVA 1970, 59-61. Un’altra parte degli studiosi, seppur minoritaria, ha avanzato l’ipotesi che i sigilli in questione rappresentino lotte di tipo gladiatorio, realmente svoltesi in occasione di festività religiose: cfr. OFFNER 1962. Tuttavia, non tengo qui in considerazione tale proposta, in quanto, a mio parere, inverosimile; si veda anche BARRELET 1970, 222 (e bibliografia a p. 224, n. 1), che ipotizza che le lotte si svolgessero con cuccioli di animali, ciò che urta contro l’evidenza iconografica della glittica, in cui sono protagonisti animali adulti.6 Cfr. EBELING 1929 e VAN BUREN 1947.7 Cfr. ELLIS 1995, WIGGERMANN 1981/1982 e LAMBERT 1985.8 La ricerca è stata effettuata sulle riproduzioni fotografiche di un totale di circa 500 sigilli, ovvero quelli riportati nella bibliografia principale sull’argomento: specialmente il repertorio di BOEHMER 1965, e i cataloghi di DE CLERCQ 1888, DELAPORTE 1909, 1910 e 1920-1923, SPEELERS 1917, VAN DER OSTEN 1934 e 1936, EISEN 1934, PORADA-BUCHANAN 1948, FRANKFORT 1955, WISEMAN 1959, RAVN 1960, MOORTGAT 1966, BUCHANAN 1966 e 1981, TEISSIER 1975, COLLON 1982,

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A. Iconografia del protagonistaSono state individuate cinque tipologie iconografiche dei protagonisti delle scene che qui interessano, a prescindere dai contenuti e dagli schemi compositivi delle scene in cui essi figurano9:• Tipo 1: la figura più spesso rappresentata in questa serie è senz’altro l’eroe nudo, il cui corpo è

presentato di profilo, con una gamba avanzata rispetto all’altra, e la testa è rivolta frontalmente verso lo spettatore (Fig. 1), oppure, in un numero minore, ma comunque sostanzioso, di casi, é di profilo anch’essa (Fig. 2); il volto è barbuto, e la chioma fluente è caratterizzata da 2 o 3 coppie simmetriche di riccioli ai lati della testa, che nella versione col volto di profilo non sono rappresentate. Spesso egli è abbigliato con solo una cintura a più fasce, che termina in un corto lembo cascante sul fianco esposto allo spettatore10.

<Allegare Figg. 1 e 2, affiancate>

• Tipo 2: spesso non è l’eroe nudo e dalla chioma fluente a relazionarsi con gli animali, ma un personaggio assai diverso, col torso nudo, ma abbigliato con un corto gonnellino; è anch’egli scalzo, ed il suo volto, che ha una corta barba senza riccioli stilizzati, talvolta poco distinguibile, ed è presentato quasi sempre di profilo, è sormontato da un copricapo di varia foggia, che è solitamente piatto, ma può essere anche bombato, o a due giri, o, raramente, turrita (Fig. 3). Raramente il personaggio è senza copricapo e con il gonnellino, e talvolta è anch’egli nudo, senza il gonnellino, ma con il copricapo. In qualche raro caso egli può calzare delle scarpe con la punta ricurva in su (Fig. 4). Il personaggio 2 è sempre presentato col volto di profilo, ed in due soli casi, in cui egli indossa, oltre al gonnellino, un abito che gli copre anche il torso, è raffigurato con il volto frontale11.

<Allegare Figg. 3 e 4, affiancate>

• Tipo 3: solamente tre sigilli, la cui datazione non va oltre all’accadico Ib, mettono in scena una terza figura, con la testa di profilo, il torso nudo e un gonnellino che lascia scoperta la gamba sullo sfondo: egli ha una capigliatura lunga sulla schiena, che termina in un ricciolo girato in su, ed è imberbe (Fig. 5).

• Tipo 4: più simile all’eroe nudo è invece un’altra figura, totalmente nuda, col corpo ed il volto di profilo, la cui testa è sormontata da una caratteristica capigliatura “a spazzola”, con capelli di media lunghezza ritti sul capo, lievemente arricciati sulle punte (Fig. 6). Anche questo personaggio scompare dal repertorio della glittica con lo scadere dell’accadico I.

attraverso una schedatura del materiale il cui modello è stato in parte ispirato a quello elaborato da DIGARD 1975. Delle riproduzioni presenti in questi testi, si sono analizzate tutte quelle in cui compaiono l’eroe nudo ed i personaggi con le medesime funzioni, presenti nelle scene di medesimo soggetto. Trattandosi di una ricerca effettuata sulle fotografie, e non sui reperti direttamente, va da sé che non venga qui considerato un esiguo numero di sigilli le cui scene risultino incomprensibili, vuoi per lo stato di conservazione dei reperti, vuoi per la scarsa definizione delle riproduzioni fotografiche.9 Si è deciso, in questa sede, di stabilire le tipologie iconografiche considerando tutti i possibili tratti discriminanti, al fine di non perdere dati, che poi si sarebbero rivelati interessanti, riguardo alla diffusione ed ai differenti ruoli assolti dalle figure. Si è preferito perciò designare le categorie dei personaggi in base alla descrizione delle capigliature e dell’abbigliamento, istituendo delle tipologie basate sulle caratteristiche puramente fisiche; si è voluta così evitare in partenza ogni idea preconcetta sull’identità dei personaggi, per evitare il rischio che una proposta interpretativa a priori dei soggetti ne influenzasse la classificazione.10 Le figure descritte, con o senza cintura, si possono considerare equivalenti, ed essere comprese nella stessa tipologia. E’ talvolta difficile, infatti, giudicare se la cintura sia presente o meno, viste le dimensioni dei sigilli e la frequente scarsa definizione delle loro impronte; anche gli autori sopra citati considerano equivalenti le due figure.11 I due casi qui citati, riportati in BOEHMER 1965, figg. 52 e 70, sono eccezionali, anche per l’ottima definizione del disegno del vestito che copre anche il busto e della corona turrita.

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• Tipo 5: anche in questo caso quasi esclusivamente nell’accadico I, è piuttosto diffuso il personaggio raffigurato in maniera schematica e sommaria, apparentemente nudo e senza capelli (Fig. 7); tale figura, che ebbe una larga diffusione già in epoca protostorica e protodinastica, non è connotata da nessun tratto caratterizzante, e venne probabilmente per questo motivo accantonata dall’accadico II in avanti, perché scarsamente decorativa12.

<Allegare Figg. 5, 6 e 7, affiancate>

Su ognuno dei sigilli esaminati, può comparire un solo personaggio, che spesso è affiancato dall’uomo-bisonte, che gli fa da controparte nelle azioni con gli animali13; oppure possono figurarne due, o della medesima tipologia iconografica oppure differenti; più raramente, poi, partecipano alla stessa scena tre o più protagonisti, uguali o diversi di caso in caso. La distribuzione delle varie tipologie iconografiche è presentata nella seguente tabella, in cui si è eseguito il conteggio di tutti i protagonisti presenti sui sigilli:

Volto frontale Volto di profiloAcc. I Acc. II Acc. III Acc. I Acc. II Acc. III

Tipo 1 51 40 135 28 46 33Tipo 2 2 - - 158 94 28Tipo 3 - - - 3 - -Tipo 4 - - - 8 - -

Tipo 5 - - - 34 2 -

B. Il ruolo dei personaggiFin da epoca protostorica, il repertorio dei sigilli mesopotamici testimonia la predilezione di una popolazione profondamente paesana, che cioè traeva sostentamento dalle attività agricole e pastorali, e che fece degli eroi domatori di animali gli eroi delle leggende preferite14.Il motivo delle lotte, tra animali e tra uomini ed animali, ha origini antichissime nella glittica mesopotamica: nelle prime scene di sigilli a stampo gli animali figuravano in ordine sparso, in composizioni il cui unico criterio organizzativo sembra essere quello di riempire tutta la superficie disponibile15; in seguito gli intagliatori si avvalsero delle possibilità offerte dai sigilli a cilindro, ed elaborarono schemi compositivi in cui dominano gli intrecci continui di animali rampanti sulle zampe posteriori, con la presenza o meno di personaggi umani, secondo lo schema conosciuto come Figurenband o Contest scene16. In epoca accadica, l’intreccio continuo di uomini ed animali si scioglie, e le composizioni assumono maggiore respiro; all’interno stesso del periodo accadico, si nota la tendenza a passare, da combattimenti relativamente caotici tra più eroi e più animali, a duelli singoli tra uomo ed animale; i protagonisti, eroi o uomini-toro che siano, non sono più assorbiti in una catena di figure in lotta, ma vengono isolati e la continuità decorativa del fregio è sacrificata per drammatizzare la rappresentazione del singolo combattimento17: prevale, dunque, sempre più la disposizione simmetrica di due gruppi di duellanti; ai due gruppi si affianca, con l’avanzare del

12 Il personaggio di tipo 5 in età accadica compare sempre in composizioni perfettamente simmetriche, in cui egli figura al centro, come asse di simmetria, ed ai cui lati solitamente difende due capridi dall’attacco di due leoni. 13 Si è deciso qui di conteggiare solo i personaggi dall’aspetto umano, e quindi di non considerare l’uomo-bisonte come una variante dell’eroe, come invece fa AMIET 1980, 149.14 Cfr. AMIET 1980, 75: “I combattimenti di animali in libertà evocano la steppa incolta che circonda da tutte le parti i terreni coltivati…l’uomo deve percorrere poco per ritrovarsi in questi spazi”.15 AMIET 1980, figg. 37, 38, 39, 40, 84, 146, 147, 148, 149, 151, 15216 AMIET 1986, 1 segg., INVERNIZZI 1992, I, 192 segg. e 307 segg., e FRANKFORT 1939, 50 segg.17 FRANKFORT 1939, 91 segg.

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tempo, l’iscrizione, sovente racchiusa in una cornice che ne regolarizza i contorni e concorre a creare la nitidezza tipica delle composizioni dell’accadico III.Il tema della lotta con gli animali viene sviscerato in modo da dimostrare in maniera incontrovertibile la vittoria dell’eroe, secondo una decina di “prese” ricorrenti, effettuate dal protagonista nei confronti dell’animale di turno18. I ritmi verticali, di gran lunga predominanti, sono smorzati dalla presenza contemporanea di due o più scene di lotta, sovente sostenuta dall’uomo-bisonte invece che dal personaggio dall’aspetto umano, sullo stesso sigillo (Figg. 8 a, b, c, d).

<Allegare Fig. 8 a, b, c, d, affiancate due a due>

I personaggi, sopra descritti in tutte le loro varianti iconografiche, sono raffigurati in relazioni piuttosto ambigue, sia di lotta sia di difesa, con le seguenti specie animali:

• il toro, che ha la testa reclinata o rivolta di profilo indietro; dal periodo accadico II19, esso è sostituito da un animale simile, il bufalo acquatico, le cui larghe corna sono sfruttate dall’intagliatore per creare un ampio arco di indubbio effetto decorativo: questo, originario dell’India, era presumibilmente un animale di prestigio, ed alcuni esemplari erano tenuti nei parchi reali; l’effetto ornamentale delle corna, nella visione di 3/4, era stata usata già sui sigilli vallindi. Con la caduta dell’Impero accadico, il bufalo d’acqua sparì dal repertorio mesopotamico20.

• Il toro dal volto umano è un animale rampante, con il corpo di toro e la sola testa, quasi sempre vista di fronte, resa con fattezze umane. La sua presenza sembra rarefarsi dall’accadico II, ed è quasi nulla nell’accadico III. E’ molto probabile che non si tratti di una figura mostruosa fantastica, quanto della raffigurazione stilizzata di un bisonte, la cui visione frontale della testa si presentava sempre come un volto umano, perché più familiare all’intagliatore rispetto al muso dell’animale21. E’ invece improbabile che si tratti dell’uomo-bisonte stesso, nella versione “passiva”, cioè soccombente di fronte al personaggio umano22, in quanto la raffigurazione è evidentemente diversa, e prevede zampe animali e folta criniera.

• Il leone, che è solitamente l’antagonista dell’uomo-bisonte, ma spesso anche del personaggio umano, è raffigurato con la testa dapprima vista dall’alto, poi, dall’accadico II, sempre di profilo e con le fauci aperte, in atteggiamento chiaramente minaccioso. Spesso viene tenuto per le zampe posteriori o per la coda, a testa in giù, e questa gli viene calpestata. La sua diffusione nel repertorio glittico conosce un picco notevole nell’accadico I, ed è poi uniforme nel restante periodo.

• Più rare sono le scene in cui il protagonista è in relazione con il cervo, con testa e corna di piccole dimensioni. La sua diffusione è esclusiva della prima parte del periodo, e già dall’accadico II non se ne trova quasi più traccia.

18 Proprio la regolarità con cui sono raffigurate tali “prese” di lotta ha fatto pensare a OFFNER (1962, 31 segg.) e a BARRELET (1970, 222 segg.) che gli intagliatori si ispirassero a lotte rituali, realmente eseguite da una sorta di gladiatori; mi sembra però che la storia della glittica mesopotamica dimostri chiaramente che gli intagliatori non necessitavano di una fonte di ispirazione visiva per le loro creazioni, e che la ricorrenza e, talora, la monotonia degli schemi compositivi utilizzati siano frutto di un’arte consumata, che conservava e ripeteva gli schemi più riusciti, attraverso una continua rielaborazione degli stessi.19 In realtà, la prima raffigurazione del bufalo d’acqua risale all’accadico Ic (BOEHMER 1965, fig. 107), ma si tratta di un solo caso, ed esso diviene usuale solo nell’accadico II.20 COLLON 1995, 28-29. Per un’interpretazione differente del bufalo d’acqua, ovvero come Toro Celeste inviato da Ishtar e ucciso da Gilgameš ed Enkidu, si veda OFFNER 1960, 180-181.21 COLLON 1995, 26. Si veda il bisonte d’avorio, proveniente dal cimitero A di Kish in periodo protodinastico, raffigurato col volto umano: INVERNIZZI 1992, I, 297, figg. 464-466; si veda anche FRANKFORT 1943, fig. 294, un oggetto in pietra che ritrae un toro dal volto umano, proveniente dal tempio VI di Nintu a Khafajah. Dallo stesso tempio proviene un analogo oggetto (fig. 293), raffigurante un toro accucciato, ma col muso taurino: dal confronto tra questi due oggetti si può capire come gli artisti sumerici avessero maggiore pratica nella resa delle fattezze umane che di quelle animali.22 Così AMIET 1980a, 39 e 1986, 60, e BLACK-GREEN 1992, 49.

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• Piuttosto numerose sono le scene che coinvolgono un capride, identificabile di volta in volta con la capra, l’antilope, il muflone o la gazzella in base alla forma delle corna: qui si è preferito considerare i capridi nel loro insieme, poiché è spesso difficile determinare con sicurezza la specie di appartenenza in cilindri la cui esecuzione stilistica e tecnica è assai eterogenea23. La presenza dei capridi nel repertorio analizzato è consistente fino all’accadico II, poi essi spariscono quasi dal repertorio.

Premesso che nella maggioranza dei casi sono coinvolti più animali contemporaneamente nelle lotte con l’eroe, nella seguente tabella viene fornito il numero di quelli che vengono rappresentati in diretta relazione con il personaggio umano, in atteggiamento sia di lotta sia di difesa; vengono quindi esclusi dal conteggio gli animali coinvolti in lotte soltanto con altri animali:

Animali in relazione con eroiAcc. I Acc. II Acc. III

Toro 75 92 113Toro dal volto umano 102 34 3

Leone 201 63 67Cervo 7 1 -

Capridi 121 25 9

In un numero più limitato di sigilli, il personaggio umano non è ritratto in lotta o in difesa di animali, ma è protagonista di scene di carattere diverso: alcune prevedono una lotta corpo a corpo tra due eroi, sia nudi sia vestiti, talvolta anche con l’uso di pugnali (Fig. 9). Le altre, più numerose, mettono in scena azioni rituali, che s’inscrivono nella sfera religiosa, in particolar modo, sembra, in quella del dio dell’Apsu, Ea24; in questi casi il protagonista, nell’iconografia esclusivamente dell’eroe nudo, di tipo 1:• regge in mano un oggetto lungo, simile ad un’asta, terminante in alto in un occhiello, che poggia

a terra, comunemente chiamata “stendardo”25: esso costituisce chiaramente un riferimento ad un edificio templare, e sulla sua interpretazione, con le relative varianti iconografiche, si è svolto in passato un vivace dibattito (Figg. 11 e 12); spesso due eroi, che reggono lo stendardo, sono speculari ai lati di un riquadro, in cui è visibile il dio Ea seduto (Fig. 10): talvolta, tale riquadro è incorniciato da fiotti d’acqua; in pochi casi, e solo a margine delle scene di lotta con animali, l’eroe nudo è sostituito in tale mansione dall’uomo-bisonte26;

23 Soprattutto i sigilli eseguiti con una tecnica schematica, in cui le figure sono delineate con pochi tratti rettilinei spezzati e senza l’impiego di linee curve, rendono difficile la discriminazione esatta delle specie raffigurate; per qualche ragione oscura, o forse solo per caso, i sigilli in cui compaiono i capridi sono in prevalenza proprio quelli eseguiti schematicamente.24 FRANKFORT 1939, 87 rileva che il fatto che non solo Ea, ma anche altri dei, compaiano nel repertorio qui indagato confuta l’asserzione che ci sia una connessione tra l’eroe che lotta con gli animali ed Ea; durante l’analisi da me condotta, però, ho potuto constatare che in un solo caso (BOEHMER 1965, fig. 274) è presente un altro dio di fianco ad un eroe nudo nella scena principale. Non nego che siano possibili nessi tra gli eroi e altre divinità oltre ad Ea, in considerazione del fatto che, in alcuni casi, divinità che non si possono identificare con Ea compaiono come riempitivi nel corpus qui analizzato; bisogna poi tenere presente che conosciamo relativamente poco della letteratura di argomento teologico, e che interi episodi mitologici e cosmogonie potrebbero essere andati persi; in base a quanto fino ad oggi si conosce del repertorio iconografico relativo a questi temi e della letteratura mitologica, però, credo che siamo per adesso autorizzati ad ipotizzare esclusivamente un collegamento tra gli eroi nudi ed Ea.25 L’unico sigillo di età accadica in cui il personaggio di tipo 2 regge lo stendardo al posto dell’eroe di tipo 1 è BUCHANAN 1966, fig. 349. 26 In questi casi, però, non è raffigurato il dio Ea; cfr. BOEHMER 1965, figg. 110, 113 e 124.

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<Allegare Figg. 9, 10, 11 e 12, affiancate due a due>

• compare, duplicato, come barcaiolo di un dio seduto, con il volto frontale, in un solo sigillo (Fig. 13): nello stesso cilindro, il fiume è animato da una duplice raffigurazione del busto dell’eroe, sotto la poppa e sotto la prua dell’imbarcazione27;

• porta in mano dei pesci o delle tartarughe; i “pescatori” compaiono di fianco ad una scena di lotta tra due personaggi maschili, in un caso due eroi nudi anch’essi, alla presenza di Ea (Fig. 14)28;

<Allegare Figg. 13 e 14, affiancate>

• tiene in mano un vaso, dalla caratteristica forma dell’aryballos, da cui due fiotti d’acqua escono e cadono a terra, nella nota iconografia volta a simboleggiare la fertilità del terreno; in un caso, il famoso sigillo con iscrizione di Ibnišarrum in onore di Šarkališarri (Fig. 15), due eroi speculari, inginocchiati, reggono l’aryballos a cui si abbeverano due bufali d’acqua, e l’acqua è anche raffigurata al di sotto del terreno su cui si imposta la scena29.

<Allegare Fig. 15, al centro>

Sono conteggiate, nella seguente tabella, le scene di lotta tra due eroi, e quelle in cui vengono svolte le altre attività descritte:

Eroi coinvolti in altre attivitàAcc. I Acc. II Acc. III

In lotta 1 - 4Con lo stendardo 5 1 16Con pesci o tartarughe - 1 1Barcaioli 1 - -Con il vaso - - 3

Il fatto che quasi tutti i sigilli che riportano tali scene appartengano all’Accadico III ha, come si vedrà, notevole importanza al fine di comprendere l’identità dei personaggi.

C. RiempitiviPer completare la lettura del corpus di sigilli esaminato, occorre rivolgere l’attenzione anche ai riempitivi, ovvero agli oggetti, o animali, o divinità, o uomini, che compaiono, in una scala di grandezza minore, sui sigilli stessi, in posizione marginale, senza essere coinvolti direttamente nelle azioni cui partecipa il protagonista, o che al massimo interagiscono del tutto marginalmente con le altre figure30. I riempitivi, infatti, sono immagini appositamente scelte dall’intagliatore, perché, in vari modi, richiamano alla mente, per allusione, aspetti del contesto delle azioni rappresentate, per noi spesso oscuro, ma certo facilmente comprensibile ad un membro colto della società accadica, a cui l’uso del sigillo stesso era destinato (Fig. 12). Anche se la maggior parte dei riempitivi più comuni, quali stelle, crescenti e certi animali, figurano anche su sigilli che riportano

27 AMIET 1980, fig. 1478 e FRANKFORT 1939, pl. XXIV: b. In tale caso l’identificazione del dio con Ea è molto dubbia.28 BOEHMER 1965, figg. 278, 280. Scene di pesca sono conosciute già dal periodo protostorico, e sono in relazione con altre evidentemente legate all’attività templare. In questi casi, non molto numerosi a dire il vero, il personaggio che svolge tale attività è raffigurato schematicamente, nella veste iconografica qui attribuita alla tipologia 5.29 BOEHMER 1965, fig. 232.30 In qualche caso, i soggetti usati come riempitivi partecipano attivamente alle scene: ad esempio, in BOEHMER 1965, figg. 37 e 262 l’eroe impugna la coda dell’animale coinvolto nella lotta, oppure in BOEHMER 1965, fig. 160 e SPEELERS 1917, fig. 187, un personaggio purifica il toro che viene abbattuto dall’eroe: per questo particolare, si veda più avanti.

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iconografie del tutto differenti da quelle in questione, è altamente probabile che questi particolari venissero aggiunti a ragion veduta, in stretta connessione con le scene cui sono affiancati.Sono individuabili, nel corpus esaminato, 6 gruppi di riempitivi:

• animali, tra cui possono comparire sia gli stessi antagonisti dei personaggi, sia altri che compaiono esclusivamente nel ruolo di riempitivi: pesci e uccelli31, e serpenti, scorpioni e lucertole, per i quali si deve pensare ad un significato simbolico, pertinente alla sfera ctonia;

• elementi vegetali, quali alberi, cespugli e canne, da intendersi come simbolici e allusivi32 della centralità del mondo vegetale nella concezione mesopotamica del cosmo, e della ricchezza che la vegetazione apporta all’uomo, che ne è il perno;

• strumenti, o meglio armi, quali asce, mazze, pugnali, che richiamano la sfera della guerra, ma anche della sovranità, del potere;

• simboli astrali, come il sole, la luna, le stelle; bisogna forse inserire in questo gruppo la cosiddetta “picca con la stella”, costituita dall’unione di una picca con una stella al di sopra dell’impugnatura33;

• gli stessi protagonisti dei sigilli, nelle iconografie descritte, e divinità, ritratti in atteggiamenti vari, non sempre comprensibili;

• un ultimo gruppo comprende il vaso con i fiotti d’acqua e l’acqua stessa, che talvolta fluisce liberamente sul fondo della scena, o ai lati del tempio di Enki.

Nella seguente tabella si riporta, per ogni tipo di riempitivo adottato, il numero di scene in cui essi compaiono:

Riempitivi Acc I

Acc II

Acc III

Animali Toro - 5 5Leone 2 3 4

Capride 6 6 19

31 Una sola volta un pesce è raffigurato nel campo libero, in un sigillo dall’iconografia unica (BOEHMER 1965, fig. 525) mentre talvolta dei pesci si confondono tra i flutti che fuoriescono dal vaso sacro. Per uccelli bisogna qui intendere principalmente l’aquila, ma anche, più raramente, uccelli palustri come le anatre. Per quanto riguarda l’aquila, è probabile che la sua presenza sia da intendersi in strettissima connessione con la scena principale: in epoca protodinastica tale connessione era più evidente, in quanto l’aquila, presumibilmente concepita come l’incarnazione del dio cui il bestiame era sacro, era raffigurata nell’atto di afferrare con gli artigli gli animali in prossimità del tempio, al di sopra del quale essa volteggiava. Cfr. AMIET 1980, 89 e figg. 795, 796, 807, 823.32 Non credo che si possano leggere le raffigurazioni di elementi vegetali e paesistici, adoperate come riempitivi, come sintetiche descrizioni dell’ambiente fisico in cui si svolgono le lotte, ma piuttosto come allusioni, attraverso elementi simbolici, ai temi sviluppati nelle scene principali, simbolici anch’essi.33 L’interpretazione di questo simbolo è controversa: è probabile che risulti dalla combinazione dei due segni con cui veniva scritto il nome del dio del Sole in epoca sumerica: FRANKFORT 1939, 92, n. 1: ciò è molto probabile, considerato che la picca con stella appare in un grandissimo numero di sigilli che raffigurano la teofania di Šamaš tra le porte del tempio: cfr. per es. BOEHMER 1965, figg. 394, 395, 399, 402, 409. Tale ambiguità dell’immagine, simbolo o fonema, non stupisce in una scrittura che, in epoca accadica, era ancora in corso di codificazione, e che conservava ancora in parte valore pittografico: cfr. BOTTERO-KRAMER 1992, 32 segg. e BARRELET 1970, 219, n. 1. Bisogna rimarcare che, parzialmente nel periodo paleobabilonese, e totalmente in seguito, lo stendardo venne rimpiazzato dalla picca con stella in mano all’eroe nudo: cfr. WIGGERMANN 1981/1982, 102, e n. 44.

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Scorpione 3 5 4Serpente 3 - 3Lucertola 4 2 -

Aquila 3 1 7Uccello 1 1 -Pesce - - 1

Elementi vegetali

Albero 19 10 11Canne 4 5 3

Fascio di canne - 2 3Strumenti Pugnale 8 7 1

Lancia 11 3 -Mazza 12 6 4Ascia 3 1 1

Simboli astrali

Stella 13 5 13Crescente 10 5 10

Picca con stella 13 8 2Protagonisti

e divinitàDivinità 1 - 5Orante 7 1 -

Altra persona 2 2 2Eroe nudo 2 4 4

Uomo-bisonte 1 - -Etana - - 2

Altro Vaso 2 1 2Acqua - - 3

2. Origine dell’iconografia dei personaggi

Un primo passo, indispensabile alla comprensione dell’identità e dei ruoli dei protagonisti nei sigilli esaminati, consiste nel cercare, nella produzione glittica pre-accadica, le origini e gli sviluppi delle varie rappresentazioni iconografiche sopra descritte34. Si sono perciò studiati i precedenti di ogni versione iconografica dei personaggi studiati, la loro diffusione sui piani geografico e cronologico, ed i contesti in cui ognuno di essi risulta presente.Tipo 1: l’eroe nudo, con o senza cintura, fa la sua prima comparsa in età protourbana: in un sigillo ed in due lastre scolpite35, tra cui una base di vaso rituale originario della regione della Diyala, egli è raffigurato con una corporatura massiccia, la barba e la capigliatura fluente e bipartita, ma non ancora stilizzata in riccioli; sul sigillo, egli ha un solo occhio al centro della fronte, e ricorda una sorta di “ciclope”; altri cilindri, provenienti da Ur in epoca di transizione36, presentano l’eroe nudo che tiene due animali per le zampe, a testa in giù: la sua resa è sempre schematica, ma sono visibili entrambi gli occhi, e due riccioli appena accennati di media lunghezza. Una nutrita serie di sigilli da Fara, datati agli albori dell’epoca protodinastica, sembrano costituire un trait d’union tra le tipologie 4 e 1: il personaggio ha infatti dapprima i capelli ritti, che poi si chiudono in punta in occhielli, fino a che, disegnati soltanto gli occhielli a mo’ di corona attorno al capo, essi diventano infine una serie di riccioli in tre coppie simmetriche37.

34 La ricerca oggetto di questo paragrafo è stata effettuata principalmente su AMIET 1980, oltre che sulle opere ricordate alla nota 8.35 AMIET 1980, figg. 615, 616, 617.36 AMIET 1980, figg. 806, 807.

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Nel periodo della prima dinastia di Ur, un gran numero di sigilli38 testimonia l’avvenuta diffusione e familiarità con la tipologia iconografica dell’eroe nudo, raffigurato con 2 o 4 riccioli ben definiti, che lotta con animali rampanti o li tiene per la coda, a testa in giù, o li difende dall’attacco di leoni, o anche colpisce con un pugnale un leone39. Da Fara, in un momento cronologico corrispondente, proviene una serie di sigilli40, con scene di lotte molto affollate tra eroi nudi ed animali rampanti: qui egli è disegnato sempre schematicamente, ma con una maggiore caratterizzazione della capigliatura, che ha 4 ed anche 6 riccioli. A quest’epoca, ormai, l’eroe nudo è una presenza familiare nel repertorio figurativo mesopotamico, da Ur a Fara, a Mari, a Khafaja, a Kish, a Lagash: soprattutto a Ur e Lagash, anzi, sembrano prevalere definitivamente l’iconografia dell’eroe nudo con barba e riccioli, e gli schemi compositivi dei sigilli con scene di lotta con animali, che saranno tipici nella posteriore glittica accadica41.L’iconografia di tipo 1, d’altra parte, può a mio parere riflettere quella che è nota da un gran numero di statuette di personaggi nudi42, che indossano solo una cintura, e la cui capigliatura a scalini può avere facilmente portato alla stilizzazione, nella versione glittica, in eleganti riccioli simmetrici.Tipo 2: l’eroe vestito con un gonnellino e/o con un copricapo è meno frequentemente presente nella glittica pre-accadica rispetto a quello nudo, ma conoscerà il periodo di maggior popolarità proprio in epoca sargonide.Tuttavia, in Elam, già nella fase intermedia tra i periodi Susa I e Susa II, un suo progenitore, iconograficamente parlando, compare in una serie di sigilli a stampo43: la tecnica di intaglio basso, che impedisce una accurata modulazione del disegno, determina una particolare stilizzazione delle figure, che le rende poco riconoscibili. In queste scene, il personaggio è vestito con una gonna, decorata con linee ondulate orizzontali, piuttosto lunga, che arriva quasi alle caviglie; porta un grosso medaglione al collo, e la sua testa, di profilo, è resa in maniera bizzarra, ed i soli elementi comprensibili sono il naso prominente ed un grosso occhio; il capo è sormontato da due lunghe corna dalle punte ricurve44. Tale personaggio afferra con entrambe le mani un leone o un serpente, con le braccia aperte e senza un evidente impegno fisico.Ancora in Elam, ma alla fine del periodo proto-elamita, ricompare una versione dell’eroe vestito, molto differente, in una analoga scena di composizione araldica di lotta con animali: egli ha una lunga gonna che lascia scoperta la gamba arretrata, e ha una capigliatura aderente al capo, poco definita45.La versione più simile al personaggio comune nella glittica accadica sembra essere quello, ritratto in una analoga lotta con 2 leoni, che compare su un manico di coltello da Gebel el Araq46 ancora in epoca protourbana: qui egli ha una gonna lunga fin sotto il ginocchio, ha un copricapo a calotta, e porta la barba, come il cacciatore con arco raffigurato sulla “stele della caccia” da Uruk, e come il

37 I sigilli che testimoniano tale passaggio, o commistione iconografica che sia, sono riportati in AMIET 1980, fig. 891, 893, 913, 928, 939, 896, 946, 947, 895, 903. Si veda anche HANSEN 1987, pl. XII: 3.38 AMIET 1980, figg. 1040, 1046, 1063, 1064, 1067, 1071, 1073, 1074, 1076, 1077, 1078, 1079, 1080.39 AMIET 1980, fig. 1069.40 AMIET 1980, figg. 1002, 1006, 1011. Si veda HANSEN 1987, pl. XV: 23.41 La figura dell’eroe nudo in lotta araldica con animali rampanti è noto, nel periodo protodinastico, anche nell’arte dell’intarsio: l’esempio più illustre è la lira della tomba PG 789 del cimitero reale di Ur. Cfr. INVERNIZZI 1992, I, 291, fig. 448. 42 Tali statuette sono conosciute in gran numero soprattutto dai templi indagati nella regione delle Diyala, a Khafajah in particolar modo. Cfr. FRANKFORT 1939a, figg. 181, 182, 206, e FRANKFORT 1943, figg. 229, 307, 308 e 269: in quest’ultimo caso, il personaggio è inginocchiato e regge sul capo un grande vaso, forse simile a quello classico da cui fuoriescono i fiotti d’acqua, conosciuto in tanti esemplari descritti. Una statuetta, riportata in Propyläen Kunstgeschichte 14, fig. 16, raffigura un personaggio nudo, con la cintura e le braccia portate sul petto: la capigliatura manca, ma era applicata ad incastro in un incavo ricavato sul capo, e potrebbe forse indicare che era qui alloggiato o un copricapo o una capigliatura più complessa di quella convenzionale a scalini.43 AMIET 1980, figg. 117, 118, 118a, 120.44 Per un’interpretazione della religiosità che questa immagine, verosimilmente di sacerdote mascherato, presuppone, si veda AMIET 1986, 10 segg. 45 AMIET 1980, fig. 601.46 AMIET 1980, fig.613.

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personaggio che compare in un gran numero di sigilli in scene di nutrimento delle mandrie sacre, o di lotta e vittoria contro i nemici, o impegnato in altre cerimonie religiose dal significato meno chiaro47: a tale figura è convenzionalmente attribuito il nome di “re-sacerdote”.Per quanto riguarda le particolari calzature con le punte ricurve in su, che, come si è detto, gli eroi vestiti indossano poche volte nei sigilli accadici, la loro origine va ancora una volta cercata in ambiente iranico, dove i personaggi così calzati sono parzialmente od interamente nudi, e figurano sia disarmati ed in apparente inerzia tra alcuni animali, sia nella parte di cacciatori con arco e frecce, sia in quella di prigionieri con le mani legate dietro la schiena, in processione48.Tipo 3: la “genealogia” della terza categoria di personaggi, quelli con il volto di profilo ed i capelli lunghi aderenti alla schiena e terminanti in un ricciolo, è difficile da seguire ed interpretare, in quanto il tratto distintivo, la capigliatura appunto, è prerogativa anche di altre figure, quali principalmente l’uomo-bisonte ed alcune divinità, distinguibili però dal copricapo con le corna49, e figure femminili, forse di sacerdotesse.La figura che qui ci interessa, e che nel repertorio accadico è quasi assente dal ruolo di protagonista, è invece piuttosto diffusa in periodo protourbano; compare dapprima come aiutante del già ricordato re-sacerdote, nelle scene cerimoniali o di nutrimento delle mandrie sacre sui sigilli di Uruk50: in questi contesti, il personaggio sembra essere un attendente, giovane ed imberbe, del re-sacerdote, abbigliato con una gonna corta, di un tipo quindi diverso. Egli è sempre alle spalle del re-sacerdote, cui presta aiuto compiendo le stesse azioni, oppure assistendolo con le mani sul petto, nella ben nota posa di devozione51.Un sigillo da Ur, di epoca protourbana, ritrae l’attendente in lotta con il re-sacerdote: il primo, armato di un pugnale, e la cui capigliatura è in questo caso scostata dalla schiena, ma fa riferimento sicuramente al personaggio qui analizzato, sembra soccombere al secondo, che non indossa il copricapo52. Questo sigillo sembra indicativo di una comune tendenza della glittica accadica, in cui a volte i rapporti tra due eroi non sono di pacifica collaborazione, bensì di lotta corpo a corpo.In un’impronta incompleta di sigillo da Ur, poi, l’attendente compare in prossimità dello stendardo, senza che sia presente, a quanto pare, il re-sacerdote53: da questo momento, dunque, sembra che egli abbia assunto un ruolo parzialmente autonomo, ed infatti lo si ritrova in scene di lotta con animali, da solo, talvolta anche nudo54.Tipo 4: la quarta tipologia di personaggi, nudi e con i capelli dritti “a spazzola” compare solo nella prima fase, ma era molto diffuso già dai livelli più antichi di molti siti mesopotamici. Al suo interno si possono distinguere, in epoca preaccadica, due versioni iconografiche lievemente differenti, che figurano in due distinti gruppi di sigilli. La prima, di epoca protodinastica, è quella pertinente al cosiddetto “stile di Fara”55: l’eroe si presenta col volto frontale, schematicamente disegnato con una 47 AMIET 1980, figg. 611, 613, 636, 637, 638, 639, 640, 642, 643, 649, 655, 659, 664, 666, pl. 48 bis B-D.48 AMIET 1980, figg. 553, 1588, 1589. AMIET 1986 mostra numerosi esempi in cui, già da epoca arcaica, è solitamente il personaggio abbigliato, spesso con un copricapo a corna, ad essere fornito di tali calzature, che appartengono evidentemente a qualche etnia di origine montanara come il personaggio che le indossa, nell’interpretazione di Amiet: cfr. figg. 22, 24. anche COLLON 1982, 29 afferma che tali scarpe “denotano qualche caratteristica etnica”. L’esempio più noto di personaggio con le scarpe a punta è però la statuetta bronzea, ora al Brooklyn Museum di New York, di provenienza e autenticità dubbie, che ritrae un personaggio nudo, incedente, con un bastone nella mano destra: indossa soltanto una cintura, un copricapo a corna molto lunghe e delle scarpe con punte ricurve, lunghissime anch’esse. La provenienza è incerta, ma viene solitamente indicata in ambiente iranico: cfr. NAGEL 1968, tav. XXVI.49 Cfr. per es. AMIET 1980, figg. 1074, 1218, 1363.50 AMIET 1980, figg. 637, 639, 640, 642, 643.51 Si veda, ad es., il monumento Blau riportato in INVERNIZZI 1992 I, fig. 227, dove il re-sacerdote reca in mano un vaso rituale come dono votivo, e di fronte a lui sta l’attendente imberbe, con gli avambracci portati al petto e le mani sotto il mento.52 AMIET 1980, fig. 825. Altre scene di lotta tra due eroi, seppur sporadiche, coinvolgono anche le altre tipologie di eroi in combattimenti a due o a quattro, in composizioni a svastica, chiaramente concepite come decorazioni astratte, impiegate nella glittica in virtù del loro effetto decorativo: cfr. AMIET 1980, figg. 714 e 1010.53 AMIET 1980, fig. 831.54 AMIET 1980, figg. 1258, 1363.55 AMIET 1980, figg. 886, 888, 889.

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forma triangolare od ovale, e capelli piuttosto lunghi, dritti, senza riccioli in punta; abbiamo già fatto riferimento in precedenza ad un gruppo di sigilli, sempre provenienti da Fara, in cui i tratti di questo personaggio si compenetrano con quelli dell’eroe della prima tipologia56.Il secondo gruppo è quello che più ci interessa, perché direttamente da esso sembra derivare la tipologia conosciuta in età accadica: egli ha il volto sbarbato57, di profilo, ed i suoi capelli sono dritti sopra il capo, ma incurvati indietro sulle punte. Questa iconografia compare per la prima volta contemporaneamente nel cimitero reale ad Ur, a Fara stessa, a Lagash e a Kish58. Egli è protagonista, al pari degli altri tipi di eroi, di lotte con animali rampanti, su sigilli animati da più scene contemporaneamente, o sui rilievi lapidei59.Tipo 5: le prime scene conosciute di lotta con animali in posizione araldica appartengono al periodo Obeid, e vengono da siti lontani e appartenenti a diversi orizzonti culturali, come Tepe Gawra, Tepe Giyan, Tell Asmar e Tepe Hissar: in questi sigilli a stampo compare un uomo, schematico e nudo, non caratterizzato da alcun particolare; la testa calva, sempre di profilo, è occasionalmente oblunga; egli è interamente nudo, ed assume la posizione tipica a braccia aperte al centro di un gruppo di due o più animali, ma dapprima non li afferra, poiché essi sono semplicemente disposti ai suoi fianchi, nelle posizioni che saranno poi familiari all’enorme repertorio glittico successivo60. Quest’iconografia costituisce l’immagine più semplice possibile dell’essere umano, e fin dal periodo protostorico venne perciò adottata per rappresentare qualsiasi persona, principalmente i devoti che portano offerte agli dei, o gli inservienti ai banchetti cui partecipano dei e sovrani, sacerdoti o laici che siano: essi sono glabri e interamente nudi (non interessano in questa sede i personaggi glabri abbigliati con un gonnellino più o meno lungo, in quanto essi non figurano, se non in un numero limitato di sigilli dal carattere a sé stante61, in epoca accadica). In due casi62, poi, compaiono nel ruolo di pescatori, talvolta assunto in seguito, in età accadica, dai personaggi di tipo 1. Sono possibili alcuni confronti iconografici, in periodo protodinastico, sia nella glittica sia nella scultura sia nei rilievi votivi, soprattutto ad Ur e nei siti della Diyala63.

3. Osservazioni su iconografie e schemi compositivi in età preaccadica e accadica

E’ interessante notare, a questo punto, alcuni particolari che, nel repertorio pre-accadico, collegano ognuna delle tipologie con le altre, in una serie di relazioni intrecciate che fanno pensare che esistesse già da tempo uno stretto legame tra di esse, e che i personaggi raffigurati assolvessero funzioni simili all’interno di un medesimo contesto, presumibilmente sacro e, più precisamente, templare.

56 Cfr. nota 38.57 In pochi casi egli porta la barba: cfr. AMIET 1980, figg. 1063, 1096, 1104.58 AMIET 1980, figg. 1003,1004, 1007, 1013, 1027, 1033, 1034, 1062, 1084, 1096, 1103, 1104.59 Dal palazzo pre-sargonide di Mari, ad es., proviene una lastra scolpita a basso rilievo, in cui l’eroe di tipo 4 trattiene con le mani due cervi, disposti simmetricamente ai suoi fianchi; sulla stessa lastra è presente un altro pannello, in cui l’eroe di tipo 1 lotta con due uomini-toro secondo il medesimo schema: cfr. BOESE 1971, tavv. XXVI-XXVII.60 AMIET 1980, figg. 37, 38, 39, 40, 84, 146, 147, 148, 149, 151, 15261 Cfr. BOEHMER 1965, figg. 259, 259a, 260, in cui i personaggi, abbigliati con lunghe gonne, danno la caccia a tori e leoni in composizioni dal tono quasi realistico, decisamente a parte rispetto al repertorio qui analizzato. Sono raffigurati, ad esempio, anche degli alberi ed un recinto in una maniera naturalistica, dall’intento descrittivo, che si distacca di molto dalla maniera stereotipata e convenzionale, tipica del periodo accadico, di disegnare gli alberi in funzione strettamente simbolica.62 LEGRAIN 1936, figg. 302, 303.63 L’unico esempio a me conosciuto di figura intera con le stesse caratteristiche è FRANKFORT 1943, fig. 305; sono numerosi invece gli esemplari di teste maschili glabre: FRANKFORT 1939a, figg. 40, 59; 1943, figg. 238, 248; più frequenti sono tali personaggi, probabilmente devoti o sacerdoti, sui rilievi: INVERNIZZI 1992, I, figg. 267, 268, 270, 272, 278, 279.

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A tal fine, partiremo da un gruppo, già ricordato64, di sigilli provenienti da Uruk: in esso si nota un particolare di grande importanza, cioè lo stretto legame tra il re-sacerdote, l’attendente e gli stendardi templari, tre componenti fondamentali del repertorio qui analizzato, dove però sono raffigurati reciprocamente in altre relazioni ed in altre iconografie. Nella categoria degli oggetti chiamati comunemente “stendardi” templari rientrano diverse varianti iconografiche di aste, o affiancate da coppie di occhielli simmetrici, o terminanti in cima in un singolo occhiello, da cui a volte scende fino a metà altezza una fascia stretta, forse un lembo di stoffa65. La stretta familiarità tra gli eroi di tipo 3 ed 1 è dimostrata da una posa che, propria in principio del primo66, in scene in cui presta assistenza al re-sacerdote durante cerimonie presso un tempio (Fig. 16), vede ben presto coinvolto anche il secondo, che compare spesso, prima in periodo protodinastico, poi in epoca accadica, in scene in cui regge tale “stendardo”, ed è talvolta affiancato da un animale rampante in atteggiamento pacifico67.

<Allegare Fig. 16>

Sull’interpretazione degli stendardi si è svolto in passato un vivace dibattito: sia che si tratti di segnacoli della proprietà templare sul terreno68, o di oggetti di un qualche culto totemico69, o ancora di semplici parti del tempio70, scelte per rappresentare il tutto, si può affermare con sicurezza che la loro rappresentazione abbastanza frequente ai lati di divinità stanti o sedute offre un buon argomento per l’interpretazione dei personaggi che li sostengono (eroe nudo e uomo-bisonte) come legati alla sfera divina.

Come è noto, Ea, al cui fianco esclusivamente l’eroe nudo regge lo stendardo, è sempre raffigurato con fiotti d’acqua che lo circondano o fuoriescono da un vaso posto nelle sue mani: tale particolare ci permette di scorgere un altro legame con il dio. In un caso, infatti, l’eroe di tipo 1, intagliato per lungo, in orizzontale sul cilindro, regge due stendardi71; altre volte, invece di questi ultimi, egli afferra due serpenti che, insieme con la stessa posizione orizzontale del personaggio, evocano palesemente la sfera dell’oltretomba72; proprio la forma ondulata dei rettili, probabilmente, favorisce il capovolgimento di significato della scena. Invece dei serpenti, infatti, evidenti simboli ctonii, l’intagliatore, cambiando solo la posizione degli avambracci, che sono ora portati al petto, disegna due fiotti d’acqua che scendono proprio dalle mani dell’eroe, dove dobbiamo immaginare che essa fuoriuscisse da un vaso73, secondo un’iconografia ben nota in ogni periodo dell’arte 64 Cfr. note 51-52.65 AMIET 1980, figg. 623, 629, 632.66 LEGRAIN 1936, fig. 385 e AMIET 1986, fig. 63.67 AMIET 1980, figg. 1282, 1284, 1287, 1288, 1289, 1290.68 AMIET 1980, 81.69 Cfr. CASTELLINO 1977, 223, n. 11, dove è proposta l’identificazione degli stendardi con l’oggetto di culto, noto dai testi con il nome “šunir”. Qualche argomento a favore dell’ipotesi che gli stendardi fossero effettivamente emblemi divini, oggetti di culto di tipo totemico, potrebbe venire da un sigillo di epoca accadica (BOEHMER 1965, fig. 158), in cui un leone sta su un piedestallo, sorretto da una lunga asta o colonna, affiancato da simboli astrali, e da un sigillo di epoca protodinastica (AMIET 1980, fig. 658), dove altri stendardi, che recano in cima oggetti sconosciuti nel resto del repertorio, e da cui pendono dei lembi di stoffa analoghi alle “hampes à bandérole”, vengono portati in mano da dei devoti verso un tempio.70 Per le tipologie architettoniche degli edifici templari mesopotamici, e sull’eventuale significato degli stendardi come parti del tempio, si vedano ANDRAE 1930 e HEINRICH 1982. Quale che sia il significato preciso degli stendardi, urge segnalare la derivazione da essi dell’iconografia dei due attributi classici del potere in Mesopotamia da età paleo-babilonese in poi, il bastone e l’anello, come messo in luce recentemente da SPYCKET 2000, 651 segg.71 AMIET 1980, figg. 1284, 1287-1290, 1475.72 AMIET 1980, fig. 1294.73 AMIET 1980, figg. 1293, 1479. In merito alla metamorfosi dell’immagine dei serpenti in quella dei fiotti d’acqua, si può ipotizzare un nesso con il pensiero centroasiatico. Stando alle parole della Porada, infatti, “nelle opere d’arte dell’Iran e della Battriana, i serpenti non sono da interpretarsi sempre come portatori di morte, poichè il loro corpo ondulato venne equiparato ai fiotti dell’acqua portatrice di vita”: cfr. PORADA 1987, 2. Si veda anche la situla protodinastica in steatite, riprodotta in INVERNIZZI 1992, I, figg. 472, 473, dove i serpenti che il personaggio tiene in mano sembrano dei fiotti d’acqua ondulati, che vanno ad abbeverare i tori, come nel già ricordato sigillo di Ibnišarrum:

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mesopotamica, che si riferisce al significato dell’acqua come apportatrice di vita, e che vede protagonista, come abbiamo già visto, l’eroe stesso nella glittica accadica74.

Si può facilmente osservare che, mentre nelle scene di lotta e difesa, con animali o con un loro doppio, i personaggi di tutte le cinque tipologie elencate possono essere i protagonisti, nei sigilli in cui questi sono presentati di fianco ad uno stendardo templare e ad Ea viene invece rappresentato esclusivamente l’eroe nudo, di tipo 175: egli è qui posto a lato di un riquadro, che rappresenta schematicamente un tempio, al cui interno è seduto Ea, il dio dell’Apsu, contraddistinto da due fiotti d’acqua che gli fuoriescono dalle spalle, o da un vaso che tiene in mano 76. In qualche caso, il tempio stesso è inquadrato da fiotti d’acqua altamente allusivi; talvolta, poi, come si è già visto, è l’eroe stesso a sostenere il vaso, da cui sgorga l’acqua che dona la vita al mondo vegetale e animale. Un reperto di eccezionale interesse, datato dall’iscrizione di Naram Sin, e che testimonia la grande diffusione, in età accadica, di tale iconografia anche nelle altre arti oltre alla glittica, è il celebre porta-stendardi in rame da Bassetki, una base circolare su cui un personaggio nudo, di cui purtroppo manca il busto, è accosciato, e tra le cui gambe era alloggiato un modello di stendardo: il personaggio è nudo, e porta la cintura a più fasce, con un lembo cascante sul fianco sinistro 77. Ritengo possibile che la parte mancante ritraesse il ben noto volto incorniciato da sei riccioli simmetricamente disposti.

L’iconografia dell’eroe nella funzione di porta-stendardo, come si è messo in evidenza, è minoritaria all’interno del corpus analizzato; torniamo quindi al soggetto della stragrande maggioranza delle scene studiate, ovvero quelle di lotta con animali. A questo riguardo è difficile dire qualcosa di nuovo, in base alla statistica presentata, sul significato attribuibile alle varie specie animali: è noto che, nelle lotte tra i soli animali senza la partecipazione umana, si devono individuare delle allusioni alle concezioni astronomiche mesopotamiche78. Oggetto di questo studio sono però le lotte che vedono coinvolti gli eroi: si tratta di lotte simboliche, attraverso le quali si ribadisce la superiorità dell’uomo e della sua civiltà ordinata rispetto al restante mondo animale e vegetale79, in virtù del favore accordatogli dal mondo divino; il contesto religioso delle scene di lotta è reso evidente anche da alcuni dei riempitivi utilizzati: qui compaiono sovente, come si è visto, vasi con fiotti d’acqua, divinità, simboli astrali, tutti elementi che evocano la sfera religiosa, ovvero la condizione cui è sottoposta tale supremazia (Fig. 12).Un particolare che non ha suscitato grande interesse presso gli studiosi può fornire una preziosa conferma alla lettura qui proposta: in un certo numero di sigilli, il toro che soccombe è rappresentato nell’atto di urinare, così come si intende generalmente la linea ondulata che parte dal pene per arrivare a terra80. Pur essendo impossibile stabilire se sia da intendersi tale linea come urina o liquido seminale, credo che si possa tuttavia facilmente vedere l’analogia con l’iconografia del vaso da cui sgorgano fiotti d’acqua, e affermare che è in questi casi rappresentato il modo in cui,

BOEHMER 1965, fig. 232.74 BOEHMER 1965, fig. 232, 242, 262.75 Di fianco a Šamaš, nel ruolo di porta-stendardo, e’ invece raffigurato l’uomo-bisonte, oltre ad altri personaggi che qui non interessano. Per questo argomento si veda più avanti.76 È bene ricordare che il vaso d’acqua non è prerogativa esclusiva di Ea: in un sigillo in cui questi non compare (COLLON 1982, fig. 213), il vaso coi fiotti è in mano a una dea abbigliata con una lunga veste, che è situata tra una scena di offerta ad una dea guerriera (o si tratta di una statua?) col volto frontale ed una di incontro fra due divinità della vegetazione. Si pensi poi alla statua di dea da Mari: cfr. INVERNIZZI 1992, II, fig. 117, o alle stele di Gudea (fig. 122) e di Ur Nammu (figg. 123, 124), dove dei geni in volo versano acqua dal vaso sulle divinità sottostanti sedute in trono, o alla statua in cui è addirittura il sovrano Gudea a reggerlo (fig. 84).77 INVERNIZZI 1992, I, tavv. 59-61.78 Per quanto riguarda, in particolare, la lotta tra il toro ed il leone, la bibliografia di riferimento è vastissima: basti qui ricordare KUZMINA 1987, 729 segg. COLLON 1995, 24 accenna invece ad un’ipotesi alternativa: “leoni e tori…potrebbero essere stati gli emblemi di due tribù o gruppi etnici”; AMIET 1980, 107 segg. mette in luce l’aspetto umoristico delle lotte tra animali nella glittica proto-elamita, in cui essi scimmiottano comportamenti umani.79 Cfr. INVERNIZZI 1992, I, 181-182.80 Cfr., ad es., BOEHMER 1965, figg. 105, 135, 136, 171; fig. 149, invece, mostra una capra nell’atto di urinare mentre soccombe nella lotta.

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in termini simbolici, la sconfitta del toro ad opera dell’uomo rende fertile la terra, che assorbe il liquido (Fig. 17).In quest’ottica, ben si inserisce un altro particolare in passato negletto, riscontrabile solo su due sigilli: un personaggio in scala molto minore, in un caso riconoscibile come dio dalle corna, si trova tra l’eroe e l’animale e, rivolto verso quest’ultimo, porta il braccio di fronte al volto e gli purifica il pene (Fig. 18)81. Il significato delle due particolarità descritte, se messe in rapporto, può essere in sintesi il seguente: la superiorità della spiritualità umana sulla bestialità del mondo animale ha per conseguenza la fertilità di quello vegetale, a patto che il dominio dell’uomo, che è subordinato al beneplacito divino, sia puro ed incontaminato, ed implichi perciò purificazioni rituali degli animali, che nei fatti erano le vittime dei sacrifici offerti alle divinità stesse.

<Allegare Figg. 17 e 18, affiancate>

Concentriamoci ora sulla diffusione, in epoca accadica, delle tipologie iconografiche del personaggio in questione nei relativi sotto-periodi: esaminando il grafico n°1, si può notare che nell’accadico I, dopo un breve momento (accadico Ia) di popolarità del personaggio di tipo 4, viene quasi sempre raffigurato l’eroe vestito di tipo 2, con o senza copricapo, e un po’ meno frequentemente l’eroe nudo di tipo 1; dall’accadico II, invece, mentre scompaiono le tipologie 3, 4 e 5, la presenza dell’eroe nudo di tipo 1 pareggia quella del personaggio con il gonnellino, ed è poi praticamente esclusiva nell’accadico III, quando invece la tipologia 2 si fa molto più rara.Ora, si consideri che anche i sigilli in cui il personaggio di tipo 1, l’eroe nudo, regge uno stendardo, appartengono per la maggior parte all’accadico III, mentre sono rari in precedenza.Si può, a questo punto, ragionevolmente supporre che l’iconografia n° 1, utilizzata dapprima nelle scene di lotta con animali, poi sempre più spesso in contesto palesemente sacro, rifletta alcune concezioni mitologiche che andarono contemporaneamente delineandosi con maggiore precisione nel corso del periodo, e sulle quali torneremo nel prossimo paragrafo.Il personaggio semivestito, di tipo 2, invece, quasi scomparve dalle lotte con animali; l’iconografia di quest’ultimo rimase invece in voga in altri ambiti: evoluto l’abbigliamento secondo la moda, in tale immagine continuò ad incarnarsi il sovrano, soprattutto in scene di presentazione davanti a divinità, e, molti secoli più tardi, egli ricomparve in scene di caccia ad animali reali e fantastici82.In epoca post-accadica, delle altre due iconografie, quella di tipo 3, abbandonata dagli intagliatori nelle scene di contesa con gli animali, sembra evolversi e, acquisito un paio di corna, entra a far parte più esplicitamente della sfera divina: qui la si vede in scene di lotta, di derivazione mitologica, con uomini-scorpione e divinità della vegetazione, e talvolta come portatori dello stendardo in presenza di un dio che poggia un piede sulla montagna, tradizionalmente interpretato come Šamaš83.La tipologia 4, invece, sembra sparire, poiché l’unica caratteristica che la distingueva da quella del tipo 1, cioè la capigliatura “a spazzola”, dall’accadico II venne abbandonata a vantaggio di quella, più decorativa, dei riccioli simmetrici nella visione frontale: come si è visto in precedenza, alcuni sigilli protodinastici da Fara ritraevano il tipo 4 di fronte, ed in tal caso la capigliatura era una sorta di “via di mezzo”, un trait d’union con quella del tipo 1. E’ presumibile, dunque, che la tipologia 4, sopravvissuta solo nell’accadico I, si sia presto adeguata, al pari di quella esemplificata dai sigilli di Fara, a quella di tipo 1, anche nella sua versione col volto di profilo, a causa della migliore

81 Cfr. BOEHMER 1965, fig. 160 e SPEELERS 1917, fig. 187. Il gesto del personaggio, dio o sacerdote, ricorda in maniera sorprendente un gesto ben noto dai rilievi dei palazzi neo-assiri: quello dei geni apkalle, che purificano l’albero della vita ed il sovrano. I due personaggi in questione, infatti, portano l’avambraccio di fronte al volto e puntano la mano verso il pene del toro esattamente nella stessa maniera dei più tardi apkalle, e non si può escludere che anch’essi recassero in mano una pigna; uno di essi, addirittura, regge nell’altra mano abbassata una situla, esattamente come i geni neo-assiri. Sono incline a vedere in tale coincidenza uno dei numerosi tratti conservativi dell’arte mesopotamica, che nel corso di quasi due millenni ha mantenuto numerose iconografie, e verosimilmente i medesimi loro significati.82 INVERNIZZI 1992, II, figg. 156-189, 267-270, 613-619.83 Cfr. AMIET 1980a, fig. II: 20, BOEHMER 1965, figg. 428, 451 e FRANKFORT 1939, 75 segg.

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apprezzabilità estetica della capigliatura di quest’ultimo. Analogo discorso vale per la tipologia 5, già in netto declino nell’accadico II, e non individuabile nel repertorio successivo.E’ evidente dunque come, con l’avanzare dell’età accadica, si sia attuato uno sfoltimento delle tipologie iconografiche, che vede prevalere nettamente quella dell’eroe nudo, probabilmente per motivi dettati dalla predilezione per schemi simmetrici e per figure di forte impatto visivo grazie alla resa frontale del volto.La figura che conosce, invece, una diffusione costante nella glittica accadica, è quella dell’uomo-bisonte: egli è protagonista di numerosissime lotte con animali, spesso come controparte dell’eroe o come protagonista esclusivo, in scene che, con l’avanzare del periodo, vanno sempre più omologandosi in nitidi schemi simmetrici (Fig. 19). La sua iconografia è conosciuta già in epoca protourbana, ma gode di particolare favore proprio a partire dal periodo accadico. L’uomo-bisonte, anzi, proprio come l’eroe, sembra assumere contorni via via più precisi, ed incarnare figure non ben chiare dell’immaginario mitologico: non però in relazione con Ea, ma con Šamaš, di fianco al cui tempio esso è raffigurato come porta-stendardo84, in un’associazione iconografica analoga a quella dell’eroe con Ea; anche in periodi successivi, d’altronde, l’uomo-bisonte mantenne tale ruolo e rapporto privilegiato con il dio del Sole85. La sua veste iconografica fu forse mantenuta nelle scene di lotta con animali, accanto a quella dell’eroe, per la discreta somiglianza delle loro fattezze, ciò che permetteva di ottenere schemi compositivi simmetrici, evitando al contempo monotonia e ripetitività.

<Allegare Fig. 19, al centro>

Si può dunque ritenere che le tipologie iconografiche descritte fossero nate in epoca protourbana, per raffigurare personaggi il cui ruolo era evidentemente molteplice e sfaccettato, e ricollegabile verosimilmente all’ambito templare, a giudicare dal fatto che molti tra i primi sigilli in cui essi compaiono fanno riferimento alla cura delle mandrie sacre, un settore di vitale importanza nell’economia protourbana a conduzione templare.In un momento successivo, quando ormai non il solo organismo templare aveva un ruolo di spicco nell’economia cittadina, poco alla volta l’iconografia del “re-sacerdote” venne accantonata, a favore dell’altra, dell’eroe nudo, che sviluppò più esplicitamente, nelle scene in cui egli regge lo stendardo del tempio, le implicazioni religiose già sottintese nel repertorio precedente. Nelle scene di lotta, contemporaneamente, vennero esaltati i significati religiosi precedentemente meno espliciti, adesso ben individuabili grazie al mantenimento delle sole iconografie dell’eroe nudo e dell’uomo-bisonte, la cui “sovrumanità” e idealizzazione è evidente a prima vista. Si può pensare che, in epoca pre-accadica, le scene di lotta e difesa di animali in composizione araldica non fossero altro che la versione, in forma simmetrica e decorativa, delle scene protostoriche in cui uomo e animale erano semplicemente giustapposti liberamente, senza schema fisso, nello spazio86, e di quelle protodinastiche di cura delle mandrie sacre da parte del re-sacerdote e dell’attendente, esemplificate dal gruppo di sigilli da Uruk. La tendenza a disporre in uno schema geometrico ed esteticamente più apprezzabile le figure impegnate in tale mansione potrebbe aver

84 Cfr., ad es., HUXLEY 2000, figg. 5, 6.85 Da testi di epoca neo-assira si sa che 7 creature ibride avevano un ruolo importante nella mitologia legata a Šamaš, e solo 3 ne reggevano il disco alato, l’attributo principale: questi sono l’uomo-bisonte, l’uomo-scorpione e l’uomo-pesce. Lo stesso nome sumerico dell’uomo-bisonte, gud.dum.dutu, d’altronde, lo identifica come figlio di Utu, ossia Šamaš, così come il nome, di origine semitica, di kusarikku, con il quale egli è generalmente conosciuto. Si veda l’interessante lavoro di HUXLEY 2000, in particolare 119 segg., sulle creature associate agli dei del pantheon neo-assiro, e sul significato delle loro raffigurazioni sulle pareti dei palazzi in relazione alle concezioni cosmologiche neo-assire. FRANKFORT 1939, 100 mostra invece che i rapporti tra Šamaš e l’uomo-bisonte non sono sempre di collaborazione, come testimoniano alcune scene di lotta tra i due personaggi.86 Tale presenza, fianco a fianco, di uomo e animale può avere anche delle implicazioni di carattere magico, retaggio delle credenze primitive, secondo cui la raffigurazione degli animali comporta una sorta di proprietà su di essi, e quindi il buon esito della caccia. Cfr. AMIET 1980, 76. Si ricordi che il sigillo mantenne sempre, in certa misura, valore di un talismano: BARRELET 1970, 230 segg.

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determinato, da tempi assai remoti, l’ambivalenza del rapporto tra uomo e animale, alternativamente di lotta o difesa, poiché essi figuravano in tal modo a stretto contatto, abbracciati, e poco bastò, agli intagliatori, per trasformare una posa pacifica in una presa di lotta, con semplici variazioni nelle posizioni dell’uomo e dell’animale.Fu però una trasformazione che coinvolse solamente l’aspetto esteriore della scena. Il significato, infatti, restò immutato dal principio: l’uomo domina sul regno animale, e dallo sfruttamento delle sue risorse trae la ricchezza che gli permette di costituire una civiltà strutturata, subordinata al culto ed al servizio delle divinità. In questo senso, le scene di lotta pre-accadiche sono dotate fin dai primordi di sottili significati religiosi, i quali vennero enfatizzati in epoca accadica, con l’opportuna sistemazione del pantheon e l’individuazione di personalità ad esso appartenenti, probabilmente semi-divine, modellate ad hoc per assumere il ruolo, da alcuni testi conosciuto, e forse approfondito in altri che non ci sono pervenuti, di campioni della civiltà. Il passaggio di livello che avviene all’interno dell’iconografia della lotta con animali, dall’età pre-accadica a quella accadica, e che si definisce con evidenza solo nell’accadico III, è frutto delle speculazioni condotte dai teologi in merito alla concezione dell’universo, che è testimoniata dalla letteratura di argomento mitologico contemporanea, per quanto scarse ne siano le tracce a noi giunte87.Alla produzione letteraria contemporanea e, con qualche riserva, a quella successiva, bisognerà dunque guardare per trovare dei riscontri, per quanto scarsi e deboli, con le scene che sviluppano temi di lotta e di servizio templare sui sigilli accadici.

4. Testimonianze letterarie

A questo punto si pongono però, di fronte a chi scrive, i medesimi problemi che hanno incontrato i numerosi studiosi che si sono cimentati con l’argomento, e che hanno sempre impedito, e impediranno anche questa volta, di chiudere definitivamente la partita: la mancanza di descrizioni anche sommarie dei personaggi della mitologia e dell’epos, che possano corrispondere in maniera significativa alle raffigurazioni della glittica, e la scarsissima entità dei testi di epoca accadica conosciuti e tradotti88. Ciononostante, credo che ci si possa comunque occupare in una certa misura dell’argomento, partendo da alcuni frammenti di brani divulgati, e dall’esame precedentemente condotto del corpus glittico.

Si è già avuta occasione di dire che il repertorio animale è il più consono ad una popolazione paesana, che basava la sua sussistenza sull’agricoltura, sull’allevamento e sulla caccia, tutte attività in cui gli animali sono il “pane quotidiano”: è quindi naturale che, così come questi sono protagonisti ovunque, ossessivamente, di ogni manifestazione artistica, essi godano di infiniti richiami letterari: il vocabolario di riferimento di una società a base agricola e pastorale non può infatti che essere pervaso di termini animalistici. Ciò spiega perchè ogni dio, o eroe, ma anche oggetti inanimati come i templi, sono ripetutamente paragonati a diverse specie animali, soprattutto tori, leoni e cervi, al fine di esaltarne la forza e la maestosità. Si sprecano i paragoni effettuati tra templi e animali: “…la Casa, terribile come un grande leone…”, “…Casa, alla tua sommità un cervo, alla tua base un toro, alla tua destra un bisonte, alla tua sinistra un leone”, “il tuo tempio è un cervo, una mucca selvatica, un toro”, “tempio, fiero toro di Aratta…che ruggisce come un leone”89, e tra gli eroi e divinità con gli animali: “Gaburra, sacro

87 Il capostipite della dinastia accadica, Sargon, diede il via ad un periodo di intenso fermento intellettuale e letterario, durante il quale un ruolo di spicco ebbe la figlia e sacerdotessa Enheduanna. Cfr. BOTTERO-KRAMER 1989.88 Quasi tutta la letteratura in lingua sumerica pervenutaci risale a non prima dell’inizio del II millennio, ma può essere utilizzata, pur con cautela, per gli scopi che qui ci siamo prefissati, in virtù della lunga sopravvivenza e continua rielaborazione dei medesimi testi nella letteratura mesopotamica.89 SJÖBERG-BERGMANN 1969, testo 27, v. 328; testo 31, v. 380, testo 36, v. 478; Inno del tempio di Kish, v. 13 e v. 28.

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recinto del bestiame… il tuo signore è un grande toro selvaggio”, “il tuo signore è un leone”, “il tuo signore, il fiero toro selvaggio, il leone furioso”90.

Un’osservazione che è già stata fatta tante volte in passato, e anche nelle pagine precedenti, riguarda la molteplicità dei ruoli giocati dall’eroe nudo. Tra questi, primeggia quello di dominatore di animali di vario tipo: è facile comprendere il valore esclusivamente simbolico di questo tipo di azioni, del tutto anti-naturalistiche nella loro forma iconografica, e per le quali sarebbe insensato cercare riscontri precisi nella letteratura. Si è visto però che egli assolve anche altre funzioni all’interno del repertorio accadico, così come in quello successivo: non si può quindi pensare che l’iconografia dell’eroe nudo caratterizzi esclusivamente un’unica personalità; nei testi conosciuti, infatti, da un lato nessun personaggio epico svolge tutte le azioni analizzate in precedenza, dall’altro nessuno è descritto secondo criteri che corrispondano alla restituzione grafica descritta in precedenza. È perciò vano, a mio parere, cercare un’identità unica per il personaggio nudo; è invece più opportuno pensare che l’iconografia sia polivalente, e si riferisca di volta in volta a diversi protagonisti dell’epos e della mitologia, però in maniera esclusiva a personaggi di rango semi-divino: lo testimonia il carattere delle scene in cui sono implicati solo eroi nudi, sempre accompagnati da simboli e personaggi divini.

Volgendo dunque l’attenzione ai sigilli che non riportano temi di lotta, occorre mettere in luce il cambiamento di tono che si riscontra nelle scene in cui interviene solo l’eroe nudo: in esse, e solo in esse, occorre vedere un significato che va al di là del simbolico, e che possiede sicuramente un referente nella letteratura, sia in quella piccola parte di essa che conosciamo, sia in quella vastissima che ignoriamo del tutto. Il repertorio glittico precedentemente analizzato ha palesato che l’eroe nudo gode di un collegamento privilegiato con il dio Ea91: andranno dunque in primo luogo ricercate nei testi legati a questa divinità le testimonianze che possano gettare luce sulla sua identità. In tutti i miti di questo ciclo, Ea compare, nella triade principale costituita anche da An ed Enlil, come il dio più saggio, il più intelligente, il più acuto ed attivo: egli è esperto di tutto, supera ogni difficoltà, risolve problemi, ed incarna, secondo una felice espressione, “la funzione tecnica del potere”92. In questo ciclo, al fianco del dio viene nominato un gruppo di personaggi, le cui mansioni possono essere definite in senso lato di servizio presso la dimora Apsu, in cui Ea risiede, e su cui essi devono vigilare. E’ stato dimostrato come il loro nome, Lahmu, risalga verosimilmente ad una radice lhm, che si può tradurre con “capelloni”93: si sa che la caratteristica più evidente dell’eroe nudo, protagonista della glittica accadica, è proprio la capigliatura fluente, stilizzata in quattro o sei riccioli simmetrici. Sembra perciò verosimile l’identificazione proposta da Wiggermann dell’eroe nudo con i Lahmu, anche se sono pochi i passi della mitologia che ci possono essere d’aiuto; allo stesso tempo, ritengo che tale identificazione debba essere ritenuta non esclusiva, ovvero che non tutti gli eroi nudi con riccioli vadano interpretati come Lahmu, come si vedrà tra breve.Le prime menzioni dei Lahmu a noi note provengono da un complesso poema, conservato da una ventina di manoscritti frammentari, dell’inizio del II millennio, per la maggior parte provenienti da Nippur, conosciuto come “Enki ordinatore del mondo”. Qui, vengono ricordati 50 Lahmu, accoliti di Ea, che lo acclamano al suo passaggio in barca, quando il dio decide di visitare i propri domini e fissarne il destino: “…mentre i cinquanta Lahmu si rivolgevano (a Ea) cortesemente…”94. A

90 SJÖBERG-BERGMANN 1969, testo 11, v. 150, testo 34, v. 423, testo 20, v. 256. Sono solo pochi degli esempi possibili; in realtà ogni testo è ricco di tali riferimenti, per cui si rimanda alla lettura dei testi stessi nella pubblicazione citata.91 Anche l’unico caso, precedentemente segnalato, in cui l’eroe compare di fianco non ad Ea, bensì ad Ištar (cfr. ad es. BOEHMER 1965, fig. 274), si può probabilmente giustificare con le relazioni che intercorrono tra le due divinità, e che sono testimoniate dal testo, qui spesso citato, “Enki ordinatore del mondo”. Il sigillo in questione, oltretutto, ha una cronologia controversa, e FRANKFORT (1939, pl. XXV: f) lo data al periodo Ur III.92 BOTTERO 1991, 256 sgg.93 Cfr. la voce “lahmu” nell’Akkadisches Handwörterbuch, I 527b, riportata in ELLIS 1995, 159, dove la parola è tradotta “Mit Haar bekleiden”. E’ invece stato provato che poco probabilmente vi si deve riconoscere una radice omofona che significa “fangoso”, anche se tale accezione si adatterebbe ugualmente al contesto dell’Apsu e alle creature che lo abitano. L’identificazione è stata proposta dapprima in WIGGERMANN 1981/1982, 90 segg., accettata da LAMBERT 1985, BLACK-GREEN 1992, LEICK 1991, poi sostanziata sul piano lessicale da ELLIS 1995, 159 segg.94 BOTTERO-KRAMER 1989, 171, v. 186.

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proposito del viaggio in barca qua descritto, e che è verosimilmente raffigurato sul celebre sigillo da Alishar Huyuk95, su cui il dio è accompagnato da due rematori raffigurati come eroi nudi, probabilmente i Lahmu stessi, si può richiamare un altro passo dello stesso mito: “La mia barca, la Corona, lo Stambecco dell’Apsu, / mi trasporta allegramente / là dove voglio andare….I suoi rematori sanno così bene vogare / cantando, che il fiume ne è felice”96, in cui si trova, per giunta, una verosimile spiegazione alla antropomorfizzazione del fiume, che sul sigillo (Fig. 13) appare animato da due volti di eroe analoghi a quelli dei rematori97.Nell’“Inno per l’inaugurazione del tempio di Enki, Eengurra in Eridu”, si fa un altro richiamo al viaggio di Ea in barca, ed anche al fiume in veste antropomorfa: “ L’imbarcarsi di Ea (significa) anno ricco d’abbondanza” e “Allo staccarsi dalla casa di Eridu / il Fiume dà consigli al suo re”98.Un lunghissimo componimento, “Inanna ed Enki”, ricomposto da numerose tavolette datate ai primi secoli del II millennio, tratta della visita che Inanna fa ad Ea, e dei “Me”, i Poteri che ella riesce ad ottenere dal dio in stato di ebbrezza; qui i Lahmu, sempre in numero di 50, sono incaricati da Ea, una volta tornato in sé, di recuperare i Me: “Che i cinquanta Lahmu dell’Engur se ne impadroniscano!…A mala pena aveva espresso questi pensieri / quando i cinquanta Lahmu dell’Engur misero le mani sulla Barca celeste”99. In occasione della costruzione del tempio Eninnu di Ningirsu, a Lagash, il sovrano Gudea fece iscrivere due cilindri con testi celebrativi di notevole lunghezza. Nella descrizione del tempio, viene fatto il seguente paragone con la dimora di Ea: “I Dublal eretti nella Casa / sono come gli dei Lahmu che abitano l’Apsu”100. Il testo risale ad un periodo appena posteriore alla dinastia accadica, e si può ragionevolmente ipotizzare che esso faccia eco a concezioni religiose sistematizzate, come si è ricordato, nell’epoca precedente; non è chiaro che cosa siano i “Dublal”, ma è probabile che siano elementi architettonici, forse gli stipiti degli ingressi101: non è questo l’unico passo che potrebbe alludere alla posizione dei Lahmu ai lati delle porte, così come sono sovente ritratti nella glittica (Fig. 10). Un testo di epoca medio-assira, infatti, recita: “A quel tempo due nobili Lahmu contrapposti, splendenti come il giorno, vennero innalzati su brillanti piedistalli”102; l’uso, universalmente noto dai palazzi neo-assiri, di ritrarre, ai lati delle porte, l’eroe nudo come figura apotropaica, deriva verosimilmente dalla sua funzione di guardiano dell’Apsu.

Tuttavia, si vede bene come, a parte il significato del loro nome, queste testimonianze letterarie non siano esplicite riguardo all’aspetto fisico dei Lahmu, e non abbiamo perciò la sicurezza che i testi si riferiscano esattamente alla categoria di accoliti del dio raffigurati con i tratti dell’eroe nudo. Inoltre, nella cerchia del dio si muovono altri personaggi di status indefinito, cui potrebbero adattarsi altrettanto bene i panni dell’eroe della glittica. Si tratta innanzitutto dei cosiddetti Apkalle: sotto questo nome collettivo sono generalmente conosciute, in epoca successiva, diverse creature ibride, dai tratti per metà umani e per metà bestiali, di uccello o di pesce; in una

95 AMIET 1980, fig. 1478 e FRANKFORT 1939, pl. XXIV: b. Cfr. nota 27.96 BOTTERO-KRAMER 1989, 169, vv. 107-109 e 111-112.97 Si tratta in realtà, in questo caso, di un unicum, in quanto a condurre la barca su cui il dio (non riconoscibile come Ea) effettua il viaggio, veniva solitamente rappresentato, in periodo protodinastico ed anche accadico, l’uomo-bisonte, in qualità di barcaiolo o porta-stendardo: cfr. BOEHMER 1965, figg. 473, 474, 475, e FRANKFORT 1939, pl. XIX: e, f (si conosce anche un caso in cui è l’uomo schematico, di tipo 5, a condurre la barca di una divinità femminile: BOEHMER 1965, fig. 480); talvolta l’uomo-bisonte veniva modificato in modo da figurare come un’appendice della barca stessa, perciò compariva senza le zampe, solitamente a prua, ma talvolta anche a poppa. Un sigillo da Ur mostra una scena lievemente diversa, in cui non compare la barca che traghetta il dio: vengono però rappresentati due corsi d’acqua simmetrici, che scendono da due montagne ai lati della scena, ed in mezzo ai flutti sono ben riconoscibili due facce di uomini-toro frontali: cfr. LEGRAIN, fig. 298.98 CASTELLINO 1977, 213, v. 89 e vv. 91-92.99 BOTTERO-KRAMER 1989, 247-248, v. 7 e vv. 27-28.100 Cilindro A, XXIV, vv. 26-27, in CASTELLINO 1977, 241.101 WIGGERMANN 1981/1982, p. 95, n. 27 riporta diverse ipotesi di interpretazione di questa parola.102 LAMBERT 1976, 91, v. 11; cfr. WIGGERMANN 1981/1982, 93.

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tradizione tarda103, ma sicuramente originata da testi molto più antichi, essi sono presentati come saggi, eroi civilizzatori, che si fanno portatori presso l’umanità delle innovazioni e conoscenze tecniche scaturite dall’ingegno di Ea. Tale tradizione li ha dipinti come esseri mostruosi, metà uomo e metà pesce, li ha chiamati “questi sette Apkalle, carpe venute dal mare”104 e, nel Poema di Erra, “i sette Apkalle dell’Apsu, carpe sante”105, e con le sembianze di pesci li ha ritratti nella glittica106. Esiste però un testo, una variante del già citato “Inno per l’inaugurazione del tempio di Enki, Eengurra in Eridu”, che è stato tradotto come segue: “ha fatto di te come uno di quegli antichi Apkalle dalla chioma fluente”107, da cui sembra di intravedere una diversa tradizione figurativa, forse più antica, che voleva gli Apkalle caratterizzati da una capigliatura lunga, forse proprio quella tipica dell’eroe nudo; l’idea che in precedenza esistesse una tradizione che raffigurava gli apkalle non come mostri pisciformi, ma come creature dai tratti umani, contraddistinti da una lunga e selvaggia capigliatura, viene sostanziata anche da un verso dell’inno “Nidaba ed Enki”: “l’apkallu dalla chioma sciolta all’indietro”108. Il fatto che gli apkalle, nelle fonti tarde, vengano nominati sempre in numero di sette, potrebbe addirittura essere messo in relazione con l’iconografia di un sigillo pre-accadico, che raffigura 7 eroi nudi, uno accanto all’altro, in atteggiamento pacifico109.

Le speculazioni potrebbero andare avanti all’infinito, coinvolgendo anche personaggi come Tammuz e Ningiszida, ai quali alcuni accenni di testi di varia estrazione e cronologia potrebbero ben adattarsi (“E’ Dumuzi, Ušumgalanna, l’amico di An, / che prepose alla pastorizia”110, e “Ningiszida…con in mano il vaso sacro”111 e “il tuo signore, con la folta ed abbondante capigliatura sulla schiena…Ningiszida”112). Proprio questa eccessiva adattabilità dell’iconografia alle testimonianze letterarie, però, ci mette in allerta, e ci segnala l’erroneità del presupposto che l’equivalenza “eroe nudo = Lahmu” sia strettamente esclusiva: non è infatti credibile supporre che gli intagliatori avessero elaborato, almeno non ancora al principio dell’età accadica, delle iconografie ben definite per singoli personaggi di status semi-divino, poiché persino l’identità di quelli divini è quasi sempre rivelata dal contesto, più che da particolari iconografici della figura in se stessa. Appare dunque più ragionevole credere che il sistema di connotazione dei protagonisti dei sigilli fosse più semplice di quello che si pensa abitualmente: gli intagliatori, in altre parole, avevano a che fare da un lato con un pantheon complesso, ricco di protagonisti ed anche in una certa misura duttile, dall’altro con uno spazio troppo ridotto per potersi permettere un eccessivo dettaglio iconografico. La soluzione che presumibilmente adottarono fu quella di stabilire il numero minimo possibile di categorie per caratterizzare i protagonisti del repertorio, e di lasciare all’azione raffigurata, e in particolare ad alcuni oggetti con cui essi sono preferenzialmente messi in relazione, i ben noti “attributi”, il compito di svelarne l’identità. Fu così adottato un numero ristretto di vesti iconografiche, essenzialmente per le divinità, per le figure semi-divine, e per quelle umane. È facile intuire che la conclusione che si cerca di indicare è che l’iconografia dell’eroe nudo non è altro che la convenzione grafica adottata per un’intera classe di figure semi-divine, in particolare per quelle gravitanti nella cerchia del dio Ea, e che si è legittimati a vedere in esso più personalità che compaiono, a diverso titolo e in diversi luoghi, nei testi che vi si riferiscono.

103 Un’eco di questa tradizione si trova nel Babyloniaka di Beroso, un addetto al grande tempio di Bel/Marduk a Babilonia, verso la fine del IV sec. a.C., il quale parla di un mostro uscito dal Mar Rosso e chiamato Oannes, metà uomo e metà pesce, che, in compagnia di altri sei esseri simili, insegnò la scrittura, le scienze e le tecniche varie agli uomini.104 REINER 1961, 2 segg., v. 162.105 BOTTERO-KRAMER 1989, 732, v. 162.106 INVERNIZZI 1992, II, figg. 605, 617 (sigilli neo-babilonesi); si veda soprattutto il bacino rituale neo-assiro riportato alla fig. 508, che raffigura geni-pesce che purificano il sovrano, e la statuetta di genio-pesce, figg. 515-516.107 BOTTERO-KRAMER 1989, 141, v. 48.108 CASTELLINO 1977, 86, v. 48.109 AMIET 1980, fig. 1285. Sono sei, invece, ed in lotta reciproca, gli eroi nudi sul sigillo accadico in BOEHMER 1965, fig. 279: sei sono anche i figli di Ea, come si dice in seguito. 110 BOTTERO-KRAMER 1989, vv. 365-366. Cfr. VAN BUREN 1947, 314, nn. 9-10.111 CASTELLINO 1977, 75, v. 6.112 SJÖBERG-BERGMANN 1969, testo 15, v. 194.

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Seguendo un analogo ragionamento, rivolgiamoci brevemente alla figura in passato interpretata come Enkidu, ossia l’uomo-bisonte: si desume dai contesti descritti sui sigilli che esso è strettamente connesso con Šamaš, ma è difficile trovarne traccia nei testi legati al dio; il cilindro A di Gudea offre l’unico riferimento attendibile: “Sulla facciata orientale, nel luogo dove prende le decisioni, / Egli ha applicato l’emblema di Utu, la testa di bisonte”113, dove si può scorgere, così come nel caso dell’eroe nudo, l’allusione alla sua posizione di fianco alle porte, in questo caso della dimora di Šamaš: è dunque ragionevole supporre che sotto le sembianze dell’uomo-bisonte si celino personaggi semi-divini gravitanti attorno al dio, in particolare il Kusarikku, noto in epoca più tarda come il guardiano della sua dimora.

Infine, riguardo alle tecniche, frutto dell’ingegno di Ea, cui si è in precedenza fatto cenno, si potrebbe tentare un’interpretazione di alcuni dei riempitivi, che sono stati elencati in precedenza, e che compaiono sui sigilli accadici, forse con l’intento di inquadrare il contesto in cui si inseriscono le scene: gli strumenti, in particolare, potrebbero corrispondere ad alcuni “Me”, i Poteri che, in svariati miti, Ea pare detenere, e grazie ai quali avviene il progresso umano. Già si è fatto cenno al fatto che l’origine degli utensili è in qualche caso indicata come divina, specialmente nel famoso mito “L’invenzione della zappa e l’origine degli uomini”, il cui testo a noi pervenuto è dell’inizio del II millennio, e quindi è probabilmente anche anteriore. Lo stesso significato potrebbe essere sotteso alla rappresentazione di altri attrezzi, collegati con la guerra, che può essere facilmente considerata una tecnica; il già ricordato mito “Inanna ed Enki”, ad esempio, ruota attorno all’impossessamento dei “Me” da parte di Inanna. Tra questi, figurano “..l’augusto scettro…il bastone del comando…il pugnale e la mazza…lo stendardo…”114, strumenti del potere reale, ed altri numerosi termini elencati sono persi115. E’ possibile dunque credere che questo mito, già più volte citato, se pur non fu una fonte d’ispirazione per gli intagliatori accadici, senza dubbio possa costituire un importantissimo punto di partenza per il tentativo di comprendere il significato dei sigilli analizzati, in quanto sembra riflettere alcune concezioni cui si fa allusione nella glittica116.

5. Conclusioni

L’idea che sembra scaturire da questa analisi, ma che andrebbe approfondita con uno studio sistematico delle fonti sumeriche, purtroppo ancora in minima parte tradotte, è che l’iconografia dell’eroe nudo, nata in periodo protourbano per dar corpo alla ideologia che esalta la superiorità dell’uomo sugli animali, si sia prestata bene, da allora, a figurare come protagonista in composizioni di soggetto realistico quali quelle venatorie, seppur filtrate da uno schema geometrico e decorativo che ne rende preminente il carattere simbolico di campione della civiltà. L’iconografia dell’eroe nudo, inoltre, già in precedenza legata ad un ambito religioso in senso lato, si accrebbe di un significato diverso, più preciso, scaturito dalla contemporanea sistemazione del pantheon e dalla stesura dei testi mitologici; in epoca accadica, in particolare, tale iconografia venne legata strettamente a figure poco chiare di accoliti facenti capo alla sfera divina di Ea, il dio dell’Apsu.Riguardo alla loro identità, le azioni da loro espletate e le testimonianze delle fonti letterarie fanno propendere per l’ipotesi che, sotto l’aspetto dell’eroe nudo, si celino più personalità legate al dio Ea, in primo luogo quelle dei Lahmu, ovvero i guardiani della sua dimora; analogamente, nella veste iconografica dell’uomo-bisonte bisognerebbe vedere uno dei sette guardiani della dimora di Šamaš,

113 Cil. A, XXVI, 4-5: la traduzione è quella di Cooper, riportata in HUXLEY 2000, 127, n. 87; Utu è il nome sumerico di Šamaš.114 BOTTERO-KRAMER 1989, 255-256, v. V, 1 segg. 115 Il numero dei “Me” cambia di volta in volta, e sembra, anzi, che non ne esistesse un numero ed un elenco fisso, ma che, in teoria, a ogni oggetto o arte corrispondesse un “Me”, la cui padronanza era riservata alle sole divinità. Il parallelo con le Idee platoniche viene spontaneo alla mente, e non è forse da sottovalutare: cfr. CASTELLINO 1977, 19. 116 Il sigillo riportato in BOEHMER 1965, fig. 223 raffigura, incorniciato tra due scene speculari di lotta tra eroi nudi e bufali, un incontro tra una divinità maschile seduta, dalla cui mano sinistra scende un fiotto d’acqua (presumibilmente Ea) e una divinità forse femminile, stante di fronte: è possibile che si debba qui vedere l’incontro tra Inanna ed Ea, raccontato nel mito omonimo.

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chiamato Kusarikku. L’adozione delle caratteristiche iconografiche dette da parte dei due personaggi, in contemporanea con il processo di sistemazione del pantheon, avvenne proprio in età accadica, come si può desumere dall’analisi dei grafici presentati: le scene con i portatori di stendardi crescono, nel giro di due secoli, con notevole rapidità, e assumono forme e schemi ben precisi, mentre in precedenza erano rare ed i protagonisti erano altri. Per quanto riguarda invece i restanti protagonisti del corpus analizzato, mentre le tipologie 3, 4 e 5 sparirono o si modificarono radicalmente, quella, per un certo periodo prevalente, ma dai connotati decisamente più umani, del re-sacerdote, venne accantonata e continuò ad essere utilizzata in altre scene di tono cerimoniale, in età accadica e oltre, per caratterizzare costantemente il sovrano: così come era stato fin dal principio.

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<Didascalie delle Figure nel testo:>

Fig. 1: scena di lotta, con l’eroe di tipo 1 e l’uomo-bisonte (da BOEHMER 1965, fig. 176).Fig. 2: scena di lotta, con l’eroe di tipo 1, con la testa di profilo (da BOEHMER 1965, fig. 134).Fig. 3: scena di lotta, con l’eroe di tipo 2 (da BOEHMER 1965, fig. 53).Fig. 4: scena di lotta, con l’eroe di tipo 2 con le scarpe a punta (da BOEHMER 1965, fig. 195).Fig. 5: scena di lotta, con l’eroe di tipo 3 sulla destra (da BOEHMER 1965, fig. 62).Fig. 6: scena di lotta, con l’eroe di tipo 4 sulla destra (da BOEHMER 1965, fig. 13).Fig. 7: scena di lotta, con l’eroe di tipo 5 (da COLLON 1982, fig. 41).Fig. 8 (a, b, c, d): eroi in svariate posizioni di lotta (da COLLON 1982, fig. 108, e BOEHMER 1965, figg. 233, 237, 238).Fig. 9: 6 eroi in lotta; nel campo, il dio Ea (da BOEHMER 1965, fig. 279).Fig. 10: eroi reggono gli stendardi ai lati di un’edicola in cui è seduto il dio Ea (da BOEHMER 1965, fig. 518).Fig. 11: eroe con lo stendardo alle spalle del dio Ea (da BOEHMER 1965, fig. 523).Fig. 12: eroi che reggono stendardi (da BOEHMER 1965, fig. 525).Fig. 13: 2 eroi in veste di barcaioli di un dio seduto, fiancheggiato da 2 uomini-bisonte; sotto la barca, il fiume ha le fattezze dell’eroe (da FRANKFORT 1939, pl. XXIV: b).Fig. 14: eroi in lotta; di fianco, un altro eroe porta in mano dei pesci e una tartaruga (da BOEHMER 1965, fig. 280).Fig. 15: 2 eroi inginocchiati reggono un vaso cui si abbeverano due bufali d’acqua (da BOEHMER 1965, fig. 232).Fig. 16: re-sacerdote e attendente, nelle vicinanze di uno stendardo (da AMIET 1980, fig. 637 b).Fig. 17: due tori, in lotta con eroi di tipo 2, nell’atto di urinare (da BOEHMER 1965, fig. 105).Fig. 18: scena di lotta; un personaggio di dimensioni minori, con situla e avambraccio sollevati, purifica il pene del toro (da BOEHMER 1965, fig. 160).Fig. 19: scena di lotta, in cui due uomini-bisonte sono protagonisti esclusivi (da BOEHMER 1965, fig. 198).

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