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1 Sindromi vasculitiche La “vasculite” è un’infiammazione della parete vascolare, le cui caratteristiche istologiche sono piuttosto omogenee Sindromi vasculitiche I vasi di ogni tipo e di qualunque organo possono essere coinvolti Lo spettro di manifestazioni cliniche possibili è ampio, così come anche la gravità, il tipo di esordio, il decorso e la prognosi Scaricato da www.sunhope.it

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Sindromi

vasculitiche

• La “vasculite” è un’infiammazione della parete vascolare, le cui caratteristiche istologiche sono piuttosto omogenee

Sindromi vasculitiche

• I vasi di ogni tipo e di qualunque organo possono essere coinvolti

• Lo spettro di manifestazioni cliniche possibili è ampio, così come anche la gravità, il tipo di esordio, il decorso e la prognosi

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• L’ampia varietà di manifestazioni cliniche e la non-specificità delle lesioni istologiche obiettivabili rendono complessa la diagnosi di forme specifiche di vasculite

Sindromi vasculitiche

• Ciò è problematico in quanto forme distinte di vasculite (con una medesima presentazione clinica) rispondono a trattamenti distinti e possono presentare una prognosi assai variabile

Sindromi vasculitiche

• F.U.O.

• porpora / orticaria

• mono- o polineurite

• artrite / miosite / sierosite di origine sconosciuta

• alterazione della funzione renale

• alterazione della funzione polmonare

• alterazione della funzione cardiovascolare

SEGNI E SINTOMI EVOCATIVI DI VASCULITE

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• La patogenesi delle vasculiti è complessa, non ancora del tutto chiarita, e può coinvolgere tutte le cellule infiammatorie

Sindromi vasculitiche

• La disregolazione dei processi che controllano l’apoptosi e l’alterazione della clearance di tali cellule infiammatorie potrebbe portare alla persistenza dell’infiammazione e all’eccessivo danno tissutale

Sindromi vasculitiche

• Un possibile approccio classificativo delle vasculiti su base non-infettiva ne prevede la suddivisione a seconda del tipo predominante di vaso coinvolto

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• 1 dei vasi di grande calibroARTERITE GIGANTOCELLULARE

ARTERITE DI TAKAYASU

• 2 dei vasi di medio calibroPOLIARTERITE NODOSA

• 3 dei vasi di piccolo calibro

Classificazione delle sindromi vasculitiche

MALATTIA DI KAWASAKI

GRANULOMATOSI DI WEGENER

ANGIOITE DI CHURG-STRAUSSPOLIANGIOITE MICROSCOPICA

VASCULITE CRIOGLOBULINEMICA ESSENZIALE

PORPORA DI SCHÖNLEIN-HENOCH

VASCULITE PRIMARIA DEL SISTEMA NERVOSO

• Nelle vasculiti dei vasi di piccolo calibroè utile dosare gli anticorpi anti-citosol dei granulociti neutrofili (o ANCA) diretti contro:

1 mieloperossidasi (MPO) - pattern perinucleare(p-ANCA) POSITIVI nella sindrome di Churg-Strauss

2 proteinasi 3 (PR3) - pattern granulare citoplasmico(c-ANCA) POSITIVI nella granulomatosi di Wegener

Sindromi vasculitiche

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• 1 associate a positività degli ANCA

Vasculiti (non-infettive) dei vasi di piccolo calibro

GRANULOMATOSI DI WEGENER

ANGIOITE DI CHURG-STRAUSS

POLIANGIOITE MICROSCOPICA

VASCULITE CRIOGLOBULINEMICA ESSENZIALE

PORPORA DI SCHÖNLEIN-HENOCH

• 2 da immuno-complessi

• 3 paraneoplastiche

• 4 associate a malattie infiammatorie croniche intestinali

MALATTIA DI BEHÇET

SINDROME DI GOODPASTURE

MALATTIA DA SIERO

VASCULITE ASSOCIATA A COLLAGENOPATIE (LES, AR, S. DI SJÖGREN)

Sindromi vasculitiche

• Nel 1990 l’American College of Rheumatology ha pubblicato un approccio di tipo classificativo per la definizione di trial clinici nelle vasculiti: questo approccio viene adoperato con fini diagnostici

• Non esistono criteri diagnostici stabiliti

ufficialmente

APPROCCIO DIAGNOSTICO

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Sindromi vasculitiche

Tra gli esami strumentali sono utili →→→→ radiografia del torace e dei seni paranasali/tomografia computerizzata del torace, elettroneurografia, F18Fluorodesossiglucoso-PET, biopsia di cute, muscolo, nervo, polmone, rene o dell’organo coinvolto

Tra gli esami laboratoristici è utile il riscontro di →→→→ANCA, anticorpi anti-nucleo, c3-c4, crioglobuline, sangue occulto fecale, sierologia per epatite B e C, fattore reumatoide, parametri di funzionalità renale

APPROCCIO DIAGNOSTICO

VASCULITI DEI VASI DI PICCOLO

CALIBRO

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Porpora di Schönlein-Henoch

(PSH)

• E’ la vasculite sistemica più frequente in età pediatrica

Porpora di Schönlein-Henoch

• Abitualmente si manifesta per la deposizione di immunocomplessi dopo un episodio infettivo a carico delle vie respiratorie alte (infezioni da Streptococcus pyogenes), ma anche dopo infezioni virali (varicella, rosolia, epatite, infezioni da Parvovirus)

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Porpora di Schönlein-Henoch

• Coinvolge preferenzialmente arteriole, capillari e venule di più distretti: assai tipico è il coinvolgimento cutaneo

• Vi è un picco di incidenza a 5 anni di età

• La porpora è leucocitoclastica non-trombocitopenica e riguarda primariamente gli arti inferiori e le natiche (“porpora ortostatica”)

Porpora di Schönlein-Henoch

• Uno stimolo antigenico ignoto determinerebbe l’elevazione delle IgA e l’attivazione del complemento con successiva infiammazione necrotizzante dei vasi di piccolo calibro della cute

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• Oltre ai piccoli vasi del distretto cutaneo la PSH può coinvolgere il distretto gastrointestinale, sinoviale, renale e neurologico

Porpora di Schönlein-Henoch

• In corrispondenza dei vasi coinvolti vi è un deposito predominante di IgA: questa è la “condicio sine qua non” per la diagnosi di PSH

La biopsia cutanea è lo strumento diagnostico cardine della PSH

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• porpora “palpabile”

• segni gastrointestinali

• artralgie/edema delle estremità

• glomerulonefrite

Porpora di Schönlein-Henoch

CARATTERISTICHE CLINICHE più frequenti

• porpora “palpabile” nodulare non-trombocitopenica

• età di esordio < 20 anni

• dolore addominale acuto (“angina” intestinale)

• granulociti alla biopsia dei piccoli vasi

Porpora di Schönlein-Henoch

CRITERI DIAGNOSTICI (American College of Rheumatology):

Se almeno 2 di questi 4 criteri sono presenti

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• melena

Porpora di Schönlein-Henoch

COMPLICANZE GASTROINTESTINALI

• perforazione intestinale

• infarto intestinale

• subocclusione intestinale

• invaginazione intestinale

• Il suo esordio è improvviso e nella grande maggioranza l’evoluzione è rapida e benigna

Porpora di Schönlein-Henoch

• La durata media di questa malattia è di 2-4 settimane

• Esistono però casi atipici la cui durata può protrarsi per anni, con periodiche oscillazioni tra ricadute e benessere

• I fattori prognostici della PSH sono stati studiati soprattutto negli adulti

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• La prognosi della PSH è globalmente eccellente

Porpora di Schönlein-Henoch

• La possibilità di sequele a livello renale giustifica la necessità di sorvegliare sui parametri di funzionalità renale per un lungo periodo dopo la guarigione clinica

• E’ necessario sorvegliare sul rischio di coinvolgimento renale per la possibile evoluzione verso l’insufficienza renale cronica

• Il coinvolgimento renale può aggravare la prognosi a lungo termine della PSH

Porpora di Schönlein-Henoch

• L’interessamento renale può interessare il 20-30 % dei pazienti con PSH: la sua espressione più tipica è l’ematuria con/senza proteinuria

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Porpora di Schönlein-Henoch

• Vi è consenso unanime sulla terapia con ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI (ibuprofene, flurbiprofene, ecc.) per la sintomatologia dolorosa articolare o per la comparsa di edema dolente delle estremità

TERAPIA

• Non vi sono invece linee-guida circa l’utilizzo della terapia con STEROIDI (prednisone, metilprednisolone) nei casi di coinvolgimento gastrointestinale e renale

Porpora di Schönlein-Henoch

Il PREDNISONE può essere adoperato per brevissimi periodi

nelle manifestazioni addominali

TERAPIA

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Porpora di Schönlein-Henoch

Il trattamento

della glomerulonefrite

in corso di PSH

è controverso

TERAPIA

Porpora di Schönlein-Henoch

TERAPIA

• La CICLOFOSFAMIDE (90 mg/m2/die per 6

settimane) è di ausilio nella nefrite resistente agli steroidi (Tarshish, Pediatr Nephrol 2003)

• Nella nefrite il PREDNISONE può essere adoperato per controllare il processo biologico della malattia

• Esso può essere associato alla AZATIOPRINA e eventualmente a una terapia anti-aggregante

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Il rash persistente per un periodosuperiore a 1 mese rappresenta ilsegno clinico predittivo dellapossibilità di sequele renali o diinsorgenza di ricaduta di malattia inbambini affetti da PSH

Porpora di Schönlein-Henoch

VASCULITI DEI VASI DI MEDIO

CALIBRO

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Malattia di Kawasaki

(MK)

• E’ una vasculite sistemica acuta che interessa le arterie muscolari di medio e piccolo calibro

Malattia di Kawasaki (o sindrome linfo-muco-cutanea)

• L’interessamento delle arterie coronarie condiziona la prognosi della MK

• Descritta per la prima volta nel 1967 dal dr. Tomisaku Kawasaki e riconosciuta in tutto il mondo dal 1976

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• L’incidenza è 10 volte più elevata in Giappone (50-200 casi/anno su 100.000 bambini di età < 5 anni) che altrove (USA: 6-15 casi/anno su 100.000 bambini di età < 5 anni; Italia: 14 casi/anno su 100.000 bambini di età < 5 anni)

Malattia di Kawasaki

• L’80 % dei casi si verifica in bambini di età inferiore a 5 anni e l’incidenza è massima al di sotto dei 2 anni; il rapporto M:F è 1.5:1; è rara nei bambini di età > 8 anni

• Si verifica sporadicamente in piccole epidemie, specialmente durante l’inverno e la primavera

Malattia di Kawasaki

• Nel 3 % dei casi è descritta la possibilità di recidive

• La sua eziopatogenesi non è nota: potrebbe essere causata da un’infezione cui segue una attivazione peculiare del sistema immunitario

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• Tra gli agenti infettivi causali sono stati ipotizzati virus (retrovirus, Coronavirus), batteri

specifici (Yersinia pseudotuberculosis,Propionibacterium acnes, Streptococcus sanguis), batteri produttori di esotossine “super-antigeni” (Staphylococcus aureus non-emolitico coagulasi-positivo produttore di Toxic Shock Syndrome Toxin,

streptococchi produttori di tossine eritrogeniche A-B-C)

Malattia di Kawasaki

L’ipotesi infettiva è sostenuta dalla descrizione di epidemie, dall’incidenza

stagionale, dalla natura autolimitantesi della fase acuta, dalla suscettibilità di bambini

aventi un’età di 6 mesi-8 anni e dalla scarsa suscettibilità dei lattanti di età < 6 mesi (per la presenza di anticorpi neutralizzanti di origine materna che conferirebbero una temporanea

immunoprotezione passiva)

Malattia di Kawasaki

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Malattia di Kawasaki

Il meccanismo che dall’infezione porta allo sviluppo della malattia è complesso e coinvolge probabilmente le modalità

specifiche di risposta immune di un ospite geneticamente suscettibile (come dimostrato dalla maggiore incidenza nella popolazione

giapponese e dalla rara trasmissione interumana)

• Alcuni studi hanno dimostrato nell’80 % dei bambini testati in fase acuta la positività dei tamponi faringei e rettali per batteri produttori di tossine “super-antigeni”

Malattia di Kawasaki

• La tossina “super-antigene” non viene processata dall’HLA ed attiva una risposta caratterizzata dall’aumento di linfociti T (esprimenti catene specifiche V-beta) e monociti/macrofagi

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Malattia di Kawasaki

• 1 fase acuta (1a-2a settimana)

FASI DELLA MALATTIA DI KAWASAKI

• 2 fase subacuta (3a-4a settimana)

• 3 fase di convalescenza (4a-8a settimana)

• congiuntivite bilaterale non purulenta

1 Fase acuta

• alterazioni del cavo orale (labbra secche fissurate di colore rosso ciliegia, lingua “a fragola”, orofaringite)

• linfadenomegalia cervicale (di cui almeno uno > 1.5 cm di diametro)

• alterazioni di mani e piedi (eritema palmo-plantare, edema duro delle estremità)

Malattia di Kawasaki

• rash cutaneo polimorfo (maculo-papuloso, morbilliforme, scarlattiniforme, orticarioide - soprattutto al tronco)

FEBBRE elevata CONTINUA DA ALMENO 5

GIORNI con 4 fra:

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Malattia di Kawasaki

• La febbre è elevata (fino a 39-40°C), può comparire in più picchi giornalieri e si associa a meningismo, irritabilità marcata e condizioni generali compromesse

• Sono possibili altri segni infiammatori a carico di altri distretti, tra cui:

vomito, diarrea, dolori addominali, idrope della colecisti con/senza

ittero ostruttivo, uretrite, tumefazione testicolare, tosse (da infiltrazionepolmonare), otite, timpanite, paralisi dei nervi periferici, eruzioneperineale desquamativa (48 h. dopo il rash), gangrena periferica

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Malattia di Kawasaki

• ↑↑↑↑ VES e PCR

• ↑↑↑↑ GB (e ↑↑↑↑ PMN)

• ↓↓↓↓ albumina

• ↑↑↑↑ fibrinogeno

• ↑↑↑↑ alfa1-antitripsina

• anemia di grado lieve

Caratteristiche della fase acuta sono le seguenti alterazioni laboratoristiche:

• ↑↑↑↑ SGOT e SGPT

• ↑↑↑↑ IgE

• leucocituria sterile

• proteinuria

Malattia di Kawasaki

• Complicanze della fase acuta sono:

artriti,

uveite,

meningite asettica

cardite con scompenso cardiaco

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• Vi è la risoluzione della FEBBRE e dei sintomi della fase acuta (ad eccezione dell’irritabilità)

2 Fase subacuta

• Compare la desquamazione cutanea delle dita di mani e piedi

• Frequentemente compaiono artralgie/artriti che possono perdurare fino a 3 mesi

Malattia di Kawasaki

• Caratteristico è il riscontro della piastrinosi

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Malattia di Kawasaki

• E’ nella fase subacuta che possono costituirsi aneurismi coronarici

Ne deriva un rischio di trombosi coronarica con infarto miocardico o di rottura

dell’aneurisma coronarico

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• La prognosi della MK è legata all’interessamento cardiaco

INTERESSAMENTO CARDIACO

• Particolare per la frequenza e le conseguenze possibili è il coinvolgimento delle arterie coronarie

Malattia di Kawasaki

• Possono essere coinvolti pericardio, miocardio e endocardio

INTERESSAMENTO CARDIACO

• Un versamento pericardico è riscontrabile nel 30 % dei pazienti, ma raramente determina un tamponamento cardiaco

Malattia di Kawasaki

• Il coinvolgimento miocardico può manifestarsi con tachicardia sproporzionata alla febbre e ritmo di galoppo

• In fase acuta possono comparire scompenso cardiaco e aritmie sopra-ventricolari/ventricolari

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INTERESSAMENTO CARDIACO

• Alterazioni dell’ECG sono presenti in circa 1/3 dei pazienti: riduzione dell’ampiezza delle onde R, sottoslivellamento del tratto ST, appiattimento o inversione delle onde T e allungamento degli intervalli PR e QT

Malattia di Kawasaki

• Inoltre nel 30 % circa dei pazienti può evidenziarsi una insufficienza mitralica di entità lieve

COINVOLGIMENTO DELLE ARTERIE CORONARIE

• Alterazioni delle arterie coronarie si sviluppano nel 15-25 % dei pazienti non trattati con Ig e.v. e in meno del 10 % di quelli trattati

Malattia di Kawasaki

• I fattori associati al possibile sviluppo di alterazioni coronariche sono:

• sesso maschile

• età < 1 anno

• presenza di interessamento cardiaco

• febbre di durata > 10 giorni

• ripresa febbrile dopo un periodo di apiressia di almeno 24 ore

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COINVOLGIMENTO DELLE ARTERIE CORONARIE

Le alterazioni delle arterie coronarie

generalmente compaiono tra il 10° giorno e

la 4a settimana di malattia; raramente sono

riscontrate dopo 6 settimane dall’inizio dei

sintomi

Malattia di Kawasaki

COINVOLGIMENTO DELLE ARTERIE CORONARIE

• Dobbiamo distinguere ECTASIE delle arterie coronarie (in cui il diametro è maggiore rispetto ai valori normali per l’età) e ANEURISMI (FUSIFORMI o SACCIFORMI) delle arterie coronarie

Malattia di Kawasaki

• Gli ANEURISMI delle arterie coronarie vengono classificati in piccoli se il diametro interno è pari a3-4 mm, medi se è compreso tra 4 e 8 mm, giganti se è > 8 mm

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COINVOLGIMENTO DELLE ARTERIE CORONARIE

• Gli ANEURISMI piccoli e medi delle arterie coronarie possono andare incontro a regressione nei primi 2 anni senza che si sviluppino lesioni stenotiche

Malattia di Kawasaki

• Gli ANEURISMI giganti non regrediscono: nel tempo possono complicarsi con eventi trombotici; possono anche manifestarsi lesioni stenotiche e infarto del miocardio (nel 2 % dei bambini entro il primo anno di malattia)

COINVOLGIMENTO DELLE ARTERIE CORONARIE

• La mortalità per MK è principalmente dovuta a infarto miocardico ed è più alta nei primi 2 mesi dall’esordio e nel sesso maschile

Malattia di Kawasaki

• Questa mortalità si è ridotta dal 2 % allo 0.3 % grazie al trattamento della MK con Ig per via e.v.

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COINVOLGIMENTO DELLE ARTERIE CORONARIE

• Nei bambini con MK che presentino aneurismi coronarici possono comparire aneurismi (relativi a altre arterie muscolari di medio calibro) anche in altri distretti, sia in fase acuta che - più spesso -tardivamente

Malattia di Kawasaki

• Gli aneurismi interessano più frequentemente le arterie renali, le arterie brachiali e le arterie femorali

• AFFEZIONI DEGENERATIVE: aterosclerosi (è la causa più frequente)

Principali cause di aneurismi coronarici

• AFFEZIONI INFIAMMATORIE: sclerodermia, poliarterite nodosa, LES, malattia di Takayasu

• MALATTIE INFETTIVE: sifilide, micosi, endocardite batterica

• MALATTIE CONGENITE: sindrome di Ehlers-Danlos, sindrome di Marfan, malattia di Osler-

Weber-Rendu

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METODICHE DIAGNOSTICHE NON INVASIVE

PER LA VALUTAZIONE CARDIOLOGICA

Malattia di Kawasaki

• Ecocardiogramma bidimensionale (ottima sensibilità

per la diagnosi di ectasie o aneurismi coronarici; inadeguata sensibilità per identificare le stenosi coronariche, per le quali è opportuna invece

una angiografia)

• ECG-Holter e analisi della variabilità della frequenza cardiaca o HRV (in funzione dell’attività del sistema nervoso autonomo e dei centri respiratorio e vasomotorio: se vi è una riduzione della HRV vi è un rischio aumentato di mortalità)

• ECG a complessi medializzati (per lo studio dei “potenziali tardivi” di bassa ampiezza e l’identificazione dei pazienti a rischio di aritmie ventricolari da rientro)

METODICHE DIAGNOSTICHE NON INVASIVE

PER LA VALUTAZIONE CARDIOLOGICA

Malattia di Kawasaki

• Test ergometrico (per studiare la riserva coronarica e la

tolleranza allo sforzo attraverso modificazioni del tratto ST e depressioni del punto J; controndicazioni sono uno scompenso cardiaco non controllato, un infarto miocardico recente, una miocardite acuta o una

pericardite acuta)

• RMN cardiaca (richiede la collaborazione del bambino: sononecessari periodi di apnea “volontaria” !)

• Tomografia ad emissione di positroni (con ammonio 13N) del cuore (per lo studio della capacità di flusso coronarico e del metabolismo miocardico)

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Malattia di Kawasaki

• Secondo l’A.H.A. nei casi di MK con ostruzione delle arterie coronarie è raccomandato un cateterismo cardiaco con angiografia coronarica

• L’eventuale restrizione dell’attività fisica dei bambini affetti da MK viene stabilita sulla base del test ergometrico

• Comparsa di linee ungueali di Beau (solcature trasversali sulle unghie, anche dopo alcuni mesi la

risoluzione della fase acuta)

3 Fase di convalescenza

• Normalizzazione degli esami laboratoristici

Malattia di Kawasaki

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• Casi “ATIPICI” o “INCOMPLETI” di MKsono stati descritti soprattutto in bambini di età < 1 anno

• Ciò accade nel 10 % dei casi e questi si caratterizzano per il preminente coinvolgimento cardiaco

Malattia di Kawasaki

Malattia di Kawasaki

In presenza di alterazioni coronariche (ecocardiograficamente dimostrabili) la diagnosi può porsi

senza che tutti i criteri siano soddisfatti

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DIAGNOSI DIFFERENZIALE

• Mononucleosi infettiva

• Morbillo

• Scarlattina

• Esantemi virali febbrili (adenovirosi)

• Rickettsiosi (febbre petecchiale delle Montagne Rocciose)

• Leptospirosi

• Artrite idiopatica giovanile

• Poliarterite nodosa

• Sindrome di Stevens-Johnson

• Staphylococcal scalded skin syndrome

• Reazione avversa a farmaci (con eritema multiforme)

• Intossicazione da mercurio (“acrodinia”)

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Esistono due fattori di importanza critica per determinare un andamento clinico favorevole della MK:

• riconoscimento tempestivo

• trattamento nella fase acuta

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• E’ necessario garantire il trattamento a tutti i pazienti per i quali esiste il

sospetto clinico di MK, SENZA ATTENDERE L’ESCLUSIONE DI

ALTRE IPOTESI DIAGNOSTICHE

Malattia di Kawasaki

TRATTAMENTO

• L’atteggiamento terapeutico deve perciòessere “aggressivo”

• Lo scopo del trattamento nella MK è controllare i sintomi della fase acuta e prevenire la formazione di aneurismi coronarici

Malattia di Kawasaki

TRATTAMENTO

• Fino ai primi anni ‘80 la terapia si fondava sulla somministrazione di acido acetilsalicilico per la sua azione anti-infiammatoria ed anti-trombotica, ma circa il 20 % dei bambini affetti sviluppava comunque aneurismi coronarici

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• Nel 1984 Furusho et al. proposero l’impiego delle Immunoglobuline per via endovenosa nel trattamento della MK: fu realizzato uno studio prospettico multicentrico randomizzato controllato, finalizzato a valutare l’efficacia nel prevenire la formazione di aneurismi coronarici

Malattia di Kawasaki

TRATTAMENTO

• Un I gruppo di bambini ricevette Ig (400 mg/kg/die per 5 giorni) e ASA (100 mg/kg/die in 4 dosi/die per 14 giorni) ed un II gruppo ricevette invece solo ASA: a 30 giorni furono riscontrati aneurismi coronarici nel 15 % del I gruppo e nel 42 % del II gruppo

• Le Immunoglobuline per via endovenosa devono essere somministrate entro 10 giorni dall’esordio clinico ed il loro dosaggio ottimale è di 2 g/kg in singola infusione (della durata di 10-12 ore) per prevenire l’incidenza complessiva di aneurismi

coronarici e ridurre soprattutto l’incidenza di

aneurismi giganti

Malattia di Kawasaki

TRATTAMENTO

L’effetto anti-infiammatorio delle immunoglobuline per via endovenosa è generalizzato (inibizione della risposta delle cellule T ai “superantigeni” ?)

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• Il trattamento si completa con la somministrazione di acido acetilsalicilico alla dose di 80-100 mg/kg/die in 4 dosi per un periodo di 2 settimane o fino alla normalizzazione degli indici flogistici (salicilemia normale: 20-30 mg/dl)

Malattia di Kawasaki

•Superata la fase acuta si deve somministrare acido acetilsalicilico a dosaggio anti-aggregante (3-5 mg/kg/die in singola somministrazione) per 6-8 settimane nei pazienti senza anomalie coronariche significative o per un tempo indefinito se esistono alterazioni coronariche

• In presenza di aneurismi coronarici “giganti” è opportuno associare all’acido acetilsalicilico una terapia anticoagulante

Malattia di Kawasaki

TRATTAMENTO

• Nel caso di aneurismi solitari delle arterie coronarie di piccole dimensioni l’acido acetilsalicilico può essere somministrato fino alla loro scomparsa (ecocardiograficamente dimostrata)

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• Nei casi di recidiva di MK (nel 3 % dei casi)molti autori suggeriscono un nuovo trattamento con Ig e.v. (2 g/kg in singola infusione associati a ASA), analogamente al primo ciclo

Malattia di Kawasaki

TRATTAMENTO

• Nei casi di MK diagnosticati oltre il 10°giorno di malattia gli autori suggeriscono comunque di impiegare Ig e.v. (2 g/kg in singola infusione + ASA)

• Il trattamento può avvalersi di infliximab (5 mg/kg/dose) o di metilprednisolone (30 mg/kg/die per 3 giorni) nei casi NON responsivi a un secondo ciclo di Ig e.v.

Malattia di Kawasaki

TRATTAMENTO

• Secondo alcuni autori gli steroidi produrrebbero un effetto sfavorevole sull’incidenza di aneurismi coronarici: mancano comunque studi prospettici randomizzati e controllati in proposito

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VASCULITI DEI VASI DI GRANDE

CALIBRO

Arterite

di Takayasu

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• Vasculite cronica che interessa le grandi arterie di tipo elastico, come l’aorta e le sue diramazioni

Arterite di Takayasu

• Può caratterizzarsi per stenosi o occlusioni dell’arco aortico

• E’ una patologia rara, maggiormente descritta in giovani donne dell’Asia e dell’America Latina (3 casi x 1.000.000), specie se affette da collagenopatie

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Arterite di Takayasu

• età inferiore a 40 anni all’esordio clinico

• “claudicatio” delle estremità (fatica e dolore nelle funzioni degli arti)

• polso arterioso brachiale diminuito

• differenza della pressione arteriosa sistolica > 10 mmHg tra le due braccia

• soffio sulle arterie succlavie o sull’aorta

• anomalie dell’aortografia (restringimento o occlusione dell’aorta o delle sue diramazioni)

CRITERI DIAGNOSTICI (American College of Rheumatology):

Se almeno 3 di questi 6 criteri sono presenti

Malattia di Behçet

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• Vasculite sistemica a decorso cronico che coinvoge i vasa vasorum di arterie e vene di molteplici distretti, specificamente quello muco-cutaneo ed oculare di giovani adulti

Malattia di Behçet

• La triade “uveite, afte orali, ulcere genitali” è tipica

• E’ anche detta “sindrome oculo-oro-genitale”

• La flogosi ha una localizzazione multipla, segmentaria e interessa a tutto spessore la parete del vaso e può presentare contemporaneamente vari livelli di evoluzione nello stesso segmento sino all’occlusione vascolare completa

Malattia di Behçet

• La triade classica era nota sin dai tempi di Ippocrate (V sec. a.C.), ma fu descritta dal greco B. Adamantiades nel 1930 e dal dermatologo turco H. Behçet nel 1937, il quale segnalò tre casi tipici

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• La malattia di Behçet ha una precisa distribuzione geografica in considerazione della sua alta prevalenza in Turchia, Iran, Giappone e in alcune aree del Mediterraneo

Malattia di Behçet

• La distribuzione della malattia di Behçet indica che le aree a alto rischio si trovano lungo una fascia posta a 30-45° di latitudine Nord che corrisponde alla vecchia “via della seta” che si estende dl Giappone dell’estremo Oriente fino ai Paesi del bacino del Mediterraneo

• La malattia è eterogenea ed è possibile un coinvolgimento variabile di molti organi o apparati

Malattia di Behçet

• La sua causa è tuttora sconosciuta e non esiste un test diagnostico specifico che sia universalmente accettato o riconosciuto

• Classicamente si manifesta con afte orali e/o genitali recidivanti e con una uveite cronica che può portare a cecità nel 10 % dei casi

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• La malattia ha una chiara base immuno-genetica, come dimostrato nel 1973 dall’associazione in molte popolazioni con l’antigene di istocompatibilità HLA-B51 che attesterebbe una prognosi più invalidante

Malattia di Behçet

• Esso potrebbe caratterizzare la suscettibilità genetica allo sviluppo della malattia mediante disregolazione del gene codificante per il TNF, localizzato sul cromosoma 6

• Secondo altri studi il contributo dell’HLA-B51 alla suscettibilità genetica della malattia sarebbe inferiore al 20 %

• I fenomeni fisiopatologici che mediano questa vasculite non sono ancora del tutto chiariti

Malattia di Behçet

• Si ipotizza una iper-produzione di citochine proinfiammatorie (prevalentemente di tipo Th1) cui seguirebbero l’iperfunzione dei granulociti neutrofili, l’attivazione di cellule endoteliali e di piastrine, l’elevata produzione di anione superossido e uno stato di ipercoagulabilità

• In particolare è stato descritto l’aumento della

produzione di IFN-γγγγ e IL-1ββββ (soprattutto nei casi di localizzazione

oculare grave) o IL-6, IL-8 e TNF (soprattutto nei casi con impegno neurologico)

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• Tipica è la ricorrenza dei segni clinici della malattia di Behçet: questi ricorrono in un intervallo temporale anche di un decennio prima della diagnosi definitiva

Malattia di Behçet

• I criteri diagnostici del Gruppo di Studio Internazionale per la malattia di Behçet del 1990 sono estrapolati da uno studio relativo a 914 pazienti, reclutati da 12 centri di 7 Stati

• Fondamentale è la presenza di ulcerazioni orali ricorrenti, considerate un criterio non-opzionale,anche se nel 3 % dei casi possono mancare

Criteri diagnostici

• Ulcere orali ricorrenti (ulcerazioni aftose minori o maggiori/erpetiformi che ricorrano almeno 3 volte in un anno)

+ 2 dei seguenti:

• Ulcere genitali ricorrenti (ulcerazioni di tipo aftoso)

• Lesioni oculari (uveite anteriore - con ipopion - o posteriore, cellularità nel corpo vitreo alla lampada a fessura, vasculite retinica)

• Lesioni cutanee (eritema nodoso, pseudo-follicolite, lesioni papulo-pustolose, noduli acneiformi in epoca post-adolescenziale in

assenza di terapia steroidea concomitante)

• “Pathergy test” positivo (lesioni papulo-pustolose sterili apprezzate da un medico a 24-48 ore dalla iniezione INTRADERMICA di soluzione

fisiologica o dalla semplice puntura d’ago)

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Caratteristiche diagnostiche minori

• Tromboflebiti sottocutanee

• Trombosi di vene profonde (v. cava, v. sovraepatiche)

• Occlusione arteriosa e/o aneurismi

• Epididimite

• Coinvolgimento del sistema nervoso centrale

(cefalea, ipertensione endocranica, meningite asettica,

meningoencefalomielite disseminata, psicosi)

• Artralgie/artriti

• Segni gastrointestinali

• Anamnesi familiare positiva per m. di Behçet

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• 1 cute/mucose

Ulcere orali ricorrenti; ulcere genitali ricorrenti (vulvari, vaginali, peniene, scrotali); lesioni cutanee varie (eritema nodoso, pustole, ulcere perianali, eritema multiforme, pioderma gangrenoso)

• 2 articolazioni (artralgie o artriti delle grandi articolazioni, di rado delle piccole)

• 3 sistema nervoso

Meningoencefalite, sindrome meningea, sindrome cerebellare, sindrome piramidale, psicosi, sindrome pseudo-bulbare, polineuropatie periferiche, paralisi dei nervi cranici, sindromi a tipo “sclerosi multipla”

Caratteristiche cliniche generali della malattia di Behçet

• 4 apparato oculare

Uveite con/senza ipopion, iridociclite, vasculite retinica, atrofia ottica, congintiviti, cheratiti, glaucoma, cataratta, distacco di retina

• 5 apparato cardiovascolare

Pericardite, endocardite, miocardite, cardiopatia ischemica, fibrosi endocardica, aneurismi dell’arco aortico, trombosi venose, tromboflebiti superficiali e profonde

• 6 tubo gastroenterico (dolore addominale, diarrea)

• 7 rene (glomerulonefrite, ematuria, proteinuria, amiloidosi)

• 8 polmone (ulcere vie aeree, fibrosi, embolia polmonare, pleurite, chilotorace)

• In età pediatrica l’aftosi orale è poco frequente, ma più abituale è il riscontro di uveite cronica

Malattia di Behçet

• L’uveite cronica costituisce la manifestazione clinica di esordio della malattia in età pediatrica (in associazione al coinvolgimento articolare) nel 30 % dei casi • In età pediatrica esiste anche la possibilità di un coinvolgimento neurologico caratterizzato da meningoencefalite cronica (pseudotumor cerebri →tetraparesi) che può complicarsi con infarti cerebrali o trombosi venose profonde

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Sono descritte FORME TRANSITORIE

NEONATALI

in figli di madri affette da

malattia di Behçet,

che si manifestano con lesioni muco-

cutanee di tipo necrotizzante

Malattia di Behçet

• La terapia della malattia di Behçet è complessa in quanto deve coinvolgere numerosi specialisti

Malattia di Behçet

• La scelta di un farmaco è in funzione delle caratteristiche cliniche del paziente singolo

• I farmaci immunosoppressori costituiscono il cardine della terapia per la malattia di Behçet: fra i più adoperati, la ciclosporina (5 mg/kg/die)

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Malattia di Behçet

• Dopo un anno di trattamento ed in assenza di recidive si può iniziare lo scalaggio della ciclosporina (a 0.5 mg/kg/ogni 4-6 settimane) fino a raggiungere la dose minima efficace, variabile da soggetto a soggetto

• La ciclosporina è efficace nel 70-80 % dei soggetti affetti da lesioni oculari, soprattutto quando è usata molto precocemente

• Non sempre si sono rivelati efficaci colchicina (0.5-1.5 mg/die), ciclofosfamide (2 mg/kg/die), steroidi (2-3 mg/kg/die), NSAIDS e infliximab

Malattia di Behçet

• Il trattamento può avvenire anche con talidomide (1 mg/kg/die nell’aftosi), IFN-αααα (3-6

milioni di U. per via s.c. x 3 volte/settimana nelle uveiti - in associazione a midriatici e steroidi topici)o tacrolimus/FK-506 (0.05-0.15 mg/kg/die nelle uveiti)

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