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Sistemi di governance nella Spa: tradizionale, dualistico, monistico. A cura di Studio Carnelutti di Napoli

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Maurizio d’AlboraEzio Tartaglia

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presso la Mostra d'Oltremare, viale Kennedy, 54 – 80125 Napolitel. 081.6107711 – fax 081.422212www. denaro.it • [email protected]

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Sommario

Presentazione 9

Il sistema di amministrazione 11e controllo nella società per azioni

Capitolo I - Il sistema tradizionale 131. L’assemblea ordinaria 132. L’organo amministrativo 13 2.1. Nomina degli amministratori 13 2.2. Eleggibilità 172.3. Durata della carica amministrativa 18 2.4. Sostituzione degli amministratori 19 2.5. Cessazione dalla carica amministrativa 20 2.6. Revoca degli amministratori 21 2.7. Struttura del CdA 232.8. Numero degli amministratori 24 2.9. Delega dei poteri dal CdA agli amministratori 24 2.10. Il presidente del CdA 272.11. La rappresentanza della società 282.12. Delibere del CdA 302.13. Contenuto delle delibere consiliari 32 2.14. Impugnazione delle delibere del CdA 332.15. Interessi degli amministratori – Impugnazione 35ex art. 2391 c.c.2.16. Compensi agli amministratori 37 2.17. Obbligo di informazioni 38

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2.18. Adeguatezza di alcuni assetti aziendali 392.19. Divisione di ruoli fra CdA ed organi delegati 40 2.20. Responsabilità solidale degli amministratori 412.21. Concetto di diligenza 422.22. Principi di corretta amministrazione 43 2.23. La gestione aziendale 43 2.24. Oggetto sociale 45 2.25. Altre competenze 46 2.26. Atti vietati 47 2.27. Il quadro delle responsabilità 49 2.28. Art. 2391, comma 4, c.c. 49 2.29. Art. 2392 c.c. – Responsabilità solidale 50 2.30. Art. 2395 c.c. – Azione individuale del socio 50 e del terzo2.31. Art. 2497,comma 2, c.c. – Direzione 50 e coordinamento di società – Responsabilità2.32. Azione sociale di responsabilità esercitata 51 dalla società ex art. 2393 c.c.2.33. Azione sociale di responsabilità esercitata 54 dai soci ex art. 2393 bis c.c.2.34. Responsabilità verso i creditori sociali 55 ex art. 2394 c.c. 2.35. Esonero da responsabilità degli amministratori 56 2.36. Denuncia ex artt. 2408 e 2409 c.c. 56

3. l’organo di controllo 563.1. Nomina e revoca del collegio sindacale 56 3.2. Presidente del collegio sindacale 58 3.3. Art. 2399 c.c. cause di ineleggibilità e decadenza 583.4. Sostituzione 60 3.5. Compensi 603.6. Doveri dei sindaci 60 3.7. Altre incombenze del collegio sindacale 62

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3.8. Riunioni e delibere del collegio sindacale 63 3.9. Responsabilità dei sindaci 64 3.10. Denuncia ex art. 2408 c.c. 65

Capitolo II– Il sistema dualistico 67 1. L’assemblea ordinaria 67 2. Il consiglio di sorveglianza 682.1. Composizione 682.2. Numero dei componenti 682.3. Requisiti 682.4. Eleggibilità 692.5. Ineleggibilità e decadenza 692.6. Poteri del presidente 702.7. Nomina 712.8. Revoca 712.9. Sostituzione 732.10. Competenza del consiglio di sorveglianza 732.11. Ex art. 2409 terdecies, comma 1, lett. F-bis), c.c. 742.12. Partecipazione alle riunioni degli altri organi 762.13. Poteri di ispezione e controllo e di impugnazione 77delle delibere assembleari2.14. Scambi di informazione con revisore legale 782.15. Riunioni e delibere del CdS 782.16. Impugnazioni delle delibere del CdS 792.17. Retribuzione 792.18. Omissioni degli amministratori 792.19. Denunzia ex art. 2408 c.c. 792.20. Responsabilità 80

3. Il consiglio di gestione 813.1. Composizione e nomina 813.2. Durata della carica e revoca 813.3. Sostituzione 82

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3.4. Competenza e deleghe 823.5. Norme applicabili 833.6. Azione di responsabilità 84

Capitolo III – Il sistema monistico 851. la struttura 852. l’assemblea ordinaria 853. il consiglio di amministrazione 854. il comitato per il controllo sulla gestione 86

Capitolo IV– Le delghe assembleari 89

Capitolo V - Il controllo contabile 91

Bibliografia 93

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PRESENTAZIONE

Rilevante è la conoscenza delle modalità con cui una società complessa, quale è quella per azioni, venga ammi-nistrata e con cui venga esercitato il controllo e da chi. Il legislatore ha disposto un sistema di amministrazione e di controllo integrato, che tiene conto dell’evoluzione della prassi,anche internazionale in tale materia, ed ha previsto ben tre modelli, il tradizionale, il dualistico ed il monistico, fra cui è possibile scegliere quello che meglio aderisce alle esigenze del tipo di società, della sua attività, e degli interessi spesso variegati e confliggenti dei soci.

Il libro espone in maniera organica ed analitica l’intera normativa sull’argomento, soffermandosi, dove è ritenuto utile, sugli aspetti operativi.

Studio Carnelutti

Napoli

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IL SISTEMA DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO NELLA SOCIETA’ PER AZIONI

Il legislatore ha costruito un sistema di amministrazione e di controllo ai fini di una migliore operatività sotto l’aspet-to della gestione aziendale.

La spa ha a disposizione tre modelli: quello tradizionale, il dualistico, ed il modello monistico.

Se nello statuto non vi è nessuna indicazione, il model-lo da applicare è quello tradizionale. In caso di scelta del modello dualistico o di quello monistico è necessaria una espressa previsione statutaria. Si può passare da un modello all’altro con decorrenza dalla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio succes-sivo (salva diversa deliberazione).

Gli organi societari del predetto sistema(qualunque sia il modello) sono:

l’assemblea•l’organo amministrativo•l’organo di controllo.•

L’assemblea è quella ordinaria.

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CAPITOLO I – IL SISTEMA TRADIZIONALE

Nel sistema o modello tradizionale gli organi societari coinvolti sono:

l’assemblea ordinaria•l’organo amministrativo (CdA o AU)•il collegio sindacale.•

1. L’ASSEMBLEA ORDINARIA

L’assemblea ordinaria è competente a deliberare sulle materie di cui all’articolo 2364 c.c. In particolare, essa:

approva il bilancio;•nomina e revoca gli amministratori;•nomina i sindaci ed il loro presidente;•delibera la revoca dei sindaci;•delibera sulla responsabilità degli amministratori e •dei sindaci.

2. L’ORGANO AMMINISTRATIVO

L’organo amministrativo è costituito dall’amministratore unico oppure dal consiglio di amministrazione. La prima figura ricorre in società a forte concentrazione proprietaria. L’altra risulta essere quella più ricorrente.

2.1. Nomina degli amministratori

La nomina dei primi amministratori è contenuta nell’atto costitutivo. Può aver luogo anche ai sensi dell’articolo 2335 c.c. in relazione alla costituzione della società per pubblica sottoscrizione. Successivamente, essa è deliberata dai soci

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in assemblea ordinaria. È, quindi, l’assemblea ordinaria che provvede alla nomina degli amministratori. E sono, quindi, le regole di tale tipologia di assemblea ad essere applicate per la nomina del CdA. In prima convocazione, l’assemblea si intende regolarmente costituita, se sono presenti soci, rappresentanti almeno il 50% del capitale. La decisione in ordine alle nomine viene poi presa con il voto di soci, rap-presentanti oltre il 50% del capitale presente in assemblea. Se il capitale presente è il 50% , bastano 21 azioni su 100 per approvare le nomine dei consiglieri. Se la partecipazione è totalitaria, occorre invece il voto favorevole da parte dei soci, titolari di 51 azioni su 100. Il socio, che detiene 51 azioni su 100 è in grado di nominare l’intero CdA (salva elevazione del quorum, ma solo in prima convocazione).

Se l’assemblea in prima convocazione va deserta, si passa alla seconda convocazione, dove l’assemblea si intende co-stituita, qualunque sia la parte di capitale presente. Ai fini della decisione sulle nomine, è sufficiente il voto corrispon-dente al 50%+1 azione del capitale presente nell’assemblea. Pertanto, se sono presenti soci, titolari di 20 azioni su 100, basta una maggioranza corrispondente a 11 azioni su 20.

Come si vede, il quoziente deliberativo è oscillante, e può scendere a livelli davvero minimali. L’obiettivo del gruppo di soci che tende ad avere la maggioranza in una società è quello di decidere in materia di nomine di amministratori (ovviamente di sua fiducia), in quanto, secondo l’articolo 2380 bis c.c., sono gli amministratori ad avere la gestione esclusiva della società (e non i soci, o rectius, non l’assem-blea dei soci).

L’intento del legislatore è di garantire stabilità al gover-no societario: ecco perché la competenza per la nomina dei consiglieri è affidata all’assemblea ordinaria, che, rispetto a quella straordinaria, prende le sue decisioni con quorum inferiori. E lo stesso intento viene confermato dalla norma, contenuta nel comma 4 dell’articolo 2369 c.c., secondo cui “Lo statuto può prevedere maggioranze più elevate, tran-ne che per l’approvazione del bilancio e per la nomina e la revoca delle cariche sociali”. Ovvero: in ordine alle nomi-

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ne degli amministratori lo statuto può prevedere quozienti deliberativi più elevati in prima convocazione, ma non in seconda convocazione.

Possiamo affermare che il potere di nomina degli ammi-nistratori è nelle mani del socio di maggioranza.

Legittimati ad esprimere il voto nell’assemblea ordinaria per la nomina degli amministratori sono gli azionisti con diritto di voto o con diritto di voto limitato e pertinente alla materia. Partecipano al voto anche i titolari di azioni, il cui diritto di voto è subordinato al verificarsi di un determinato evento, naturalmente quando in occasione della nomina de-gli amministratori tale determinato evento si è verificato.

Non partecipano al voto, invece, il socio moroso, quello conferente beni natura finché non è stata eseguita la revisio-ne da parte degli amministratori, la società controllata, gli azionisti titolari di azioni senza il diritto di voto. La società, se detentrice di azioni proprie, contribuisce in rapporto a tali azioni a determinare sia il quorum costitutivo sia quello deliberativo, qualora si tratti di società cosiddetta chiusa, mentre, se si tratta di società ricorrente al mercato di capita-le di rischio, le relative azioni proprie entrano nel computo del quorum costitutivo, ma non in quello del quorum deli-berativo (pertanto, le stesse non hanno diritto di voto). Il socio può votare per se stesso alla carica di amministratore.

Le delibere di nomina degli amministratori, naturalmen-te, possono essere oggetto di impugnazione ai sensi dell’art. 2377 c.c. per difetto di conformità alla legge ed allo statuto, oppure ai sensi dell’art. 2379 c.c. per i circostanziati casi di nullità.

Deliberata la nomina, questa viene comunicata al sog-getto interessato. L’accettazione di questi rende operativa la nomina.

Abbiamo detto che a nominare gli amministratori sono i soci. Ciò avviene normalmente, ma vi sono dei casi in cui la nomina non è decisa dai soci, bensì da altri soggetti.

Secondo il comma 5 dell’articolo 2351 c.c., i titolari di strumenti finanziari (ex artt. 2346 e 2349 c.c.) possono no-minare un consigliere indipendente nell’ambito del CdA. A

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mente dell’articolo 2449, comma 1, c.c., nelle società che non ricorrono al mercato del capitale di rischio sono lo stato o gli enti pubblici – su base statutaria – a nominare un cer-to numero di amministratori in proporzione all’entità della loro partecipazione al capitale.

Nei patti parasociali, che naturalmente non coinvolgono la società, e che vengono sottoscritti con partners finanzia-ri o gestionali, viene convenuto che alcuni amministratori sono di nomina di tali partners, sebbene poi l’atto di nomina formale viene eseguito dall’assemblea dei soci.

Riguardo la votazione in ordine alla nomina degli ammi-nistratori, essa può essere oggetto di un sindacato di voto, stipulato fra alcuni soci della società (siano essi di maggio-ranza o no).

In precedenza, abbiamo riferito che il potere di nomina de-gli amministratori è riservato a chi detiene la maggioranza. Può accadere, tuttavia, che tale maggioranza non sia consi-stente e non sia nemmeno stabile, e che, pertanto, il socio di maggioranza relativa o di riferimento debba condividere la gestione amministrativa della società con altri soci. In tal caso, secondo l’ultimo periodo del primo comma dell’articolo 2368 c.c., “per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari”,è possibile istituire il cosiddetto “voto di lista”1, che prevede la formazione di una lista per la nomina degli amministratori di area di maggioranza, e quella di una lista di area di minoranza. In tal modo, sono presenti nel con-siglio di amministrazione elementi che fanno capo ai soci di minoranza. Solitamente, viene rispettata una proporzionalità fra numero di consiglieri ed entità di partecipazione al capita-le. Oltre il metodo del “voto di lista”, nella prassi si fa ricorso all’“elezione in ordine progressivo” ed al“limitato”.

Amministratori di società per azioni devono essere per-sone fisiche. Viene esclusa la possibilità di nominare nel ruo-lo di amministratori persone giuridiche.

1 “Lo scopo del voto di lista è quello di tentare di tutelare le minoranze o, almeno, gli azionisti di peso inferiore a quello di riferimento, dando loro la pos-sibilità di nominare propri rappresentanti in Consiglio.” Di Toro, P.,Corporate governance,Il sole 24 ore, 1^ ed. 2010, pag. 58.

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2.2. Eleggibilità

Gli amministratori possono essere rieletti più volte. Que-sta è la previsione ordinaria del codice. Tuttavia, una diversa disposizione dello statuto può prevedere la non rieleggibilità in termini assoluti, oppure la rieleggibilità per un numero determinato di esercizi, oppure la stessa rieleggibilità a di-stanza di tempo a seguito dell’esaurirsi di un certo periodo. Vi può essere, sempre in termini statutari, una non rieleggi-bilità per raggiunti limiti di età anagrafica.

La possibilità di non rieleggibilità, o di rieleggibilità con-dizionata è da porre in relazione con la struttura di corpo-rate governance, che la società vuole darsi ai fini di un pro-cesso di maggiore creazione di valore. Infatti, con il vincolo sulla rieleggibilità si pongono le premesse per un ricambio di leadership e per evitare radicate posizioni di potere perse-guenti finalità diverse da quelle sociali.

Possono essere eletti amministratori anche soggetti non soci. Tale è la previsione standard contenuta nel codice, a differenza che nella società a responsabilità limitata, dove la nomina del soggetto terzo nel ruolo di amministratore deve essere prevista nell’atto costitutivo.

Non possono essere eletti amministratori l’interdetto, l’ina-bilitato, il fallito, colui il quale è stato condannato ad una pena che comporta l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici oppure la incapacità a ricoprire cariche direttive. Tale prescrizione vale per la nomina, ma vale anche se una delle si-tuazioni di cui sopra intervenga successivamente alla nomina. In tal caso, l’amministratore, che versa in una delle suddette si-tuazioni, decade dalla carica. Sono anche da valutare casi di in-compatibilità sancite da leggi speciali o da ordini professionali.

La nomina di amministratore può essere subordinata al possesso di speciali requisiti (v. art. 2387 c.c.). Può essere anche subordinata ad un determinato limite di cumulo di cariche amministrative (e di controllo), ove tale limite risulti inserito nello statuto.

Gli amministratori non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, né

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esercitare attività concorrente per conto proprio o di terzi, e non possono,inoltre, ricoprire la carica di amministratori o direttori generali in società concorrenti. Così il comma 1 dell’articolo 2390. A meno che tale forma di attività concor-rente non sia autorizzata dall’assemblea dei soci.

Ricoprire una carica amministrativa è un segno di potere, in quanto, come sappiamo, a gestire l’impresa sono soltanto gli amministratori. Pertanto, è possibile che si creino soprat-tutto in società nel ruolo di public company (ad azionariato diffuso) situazioni di effettivo controllo della società da par-te degli amministratori (in luogo degli azionisti ) mediante lo scambio di cariche amministrative.

Questo fenomeno viene chiamato interlocking director-ship.

2.3. Durata della carica amministrativa

La durata della carica di amministratore è stabilita nell’at-to costitutivo o, in mancanza, dall’assemblea, ed è massimo di tre esercizi. Ciò significa che la durata non può eccedere l’arco di tre esercizi, e che la durata stessa può essere inferiore a tre esercizi. Può significare anche che la durata non sia eguale per tutti i consiglieri, e che alcuni amministratori restino in cari-ca, per esempio, due anni e mezzo, ed altri meno di due anni. Questa tecnica (che tale è) è nota con l’espressione anglosas-sone “staggered board”, ossia di CdA con cariche scadenti a scaglione. Essa viene utilizzata in previsione di un’Opa ostile, che, in forza di tale tecnica, in caso di successo, non consente allo scalatore di nominare tutti i consiglieri, in quanto alcuni, riferiti alla passata gestione, risultano ancora in carica.

Opportunamente, il legislatore in merito alla durata della carica si esprime in termini di esercizi e non di anni. Infatti, il comma 2 dell’articolo 2385 c.c. riferisce:”La cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha effetto dal mo-mento in cui il consiglio di amministrazione è stato ricostitu-ito.”. Pertanto, se gli amministratori sono stati nominati il 30 aprile dell’esercizio x, ed il nuovo consiglio viene nominato il 30 giugno dell’esercizio x3, è a tale data che cessano le loro

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cariche. Ecco perché si parla più opportunamente di esercizi e non di anni (come accadeva nel previgente regime).

Gli amministratori scadono per scadenza del termine, dimissioni, revoca, decadenza o morte, nonché per cause previste nello statuto. Cessano anche nell’ipotesi di sciogli-mento della società successivamente alla nomina dei liqui-datori, e cessano anche nei processi di fusione e scissione relativamente alle società, destinate all’estinzione.

2.4. Sostituzione degli amministratori

Se durante l’esercizio vengono a mancare uno o più am-ministratori, le situazioni che vengono a crearsi in merito alla nomina degli amministratori in sostituzione di quelli mancanti sono più di una:

se la maggioranza degli amministratori rimasti in carica a. risulta nominata dall’assemblea, tali amministratori prov-vedono a nominare nuovi amministratori in sostituzione di quelli mancanti. È l’istituto della cooptazione, mediante cui gli amministratori nominano gli altri amministratori. Si provvede con apposita delibera, che deve essere appro-vata dal collegio sindacale. I nuovi amministratori resta-no in carica fino alla successiva assemblea(non necessaria-mente dedicata a tale scopo), che provvederà a ratificare (o non ratificare) la nomina dei nuovi amministratori.Se la maggioranza degli amministratori rimasti in carica b. non risulta nominata dall’assemblea (in pratica operano consiglieri nominati con il sistema della cooptazione), gli amministratori rimasti in carica devono convocare l’as-semblea perché provveda alla sostituzione dei mancanti.Se viene a mancare la maggioranza degli amministratori, c. quelli che sono rimasti in carica devono convocare l’as-semblea, che dovrà provvedere alla nomina dei sostituti.Se vengono a cessare tutti gli amministratori, il collegio d. sindacale deve convocare d’urgenza l’assemblea per la nomina dell’intero consiglio di amministrazione. Le fun-zioni di ordinaria amministrazione vengono assolte nel frattempo dallo stesso collegio sindacale.

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Quanto sopra illustrato è previsto dal codice. Lo statuto può prevedere un diverso sistema di cessazione e di nomine, chiamato comunemente sotto l’espressione latina simul sta-bunt, simul cadent, ossia tutti gli amministratori devono resta-re in carica, ma se solo uno di essi viene a mancare, tutti gli altri amministratori devono cessare dalla carica. La clausola simul stabunt, simul cadent viene utilizzata, quando c’è contrapposi-zione fra due gruppi di soci all’interno della compagine.

Pertanto, è sufficiente che un consigliere, anche in posizione connivente con il potenziale gruppo di maggioranza, dia le di-missioni, perché decada l’intero consiglio, ed il nuovo gruppo di controllo possa nominare i suoi rappresentanti nel CdA.

La stessa clausola, rispetto a quella codicistica, rende più difficoltosa un’eventuale azione di risarcimento da parte di un consigliere in seguito a “cessazione” senza giusta cau-sa. Infatti, qualora si voglia “dimettere” un amministrato-re, basta che uno dei consiglieri rinunci all’incarico, perché tutti gli altri decadano, compreso quello, che è oggetto di una decisione di revoca da parte del gruppo di maggioran-za, ed al quale riuscirà problematico impostare un’azione di risarcimento per danni in conseguenza di una non ufficiale revoca senza giusta causa.

A proposito della clausola di cui sopra, va detto che gli amministratori rimasti in carica provvedono a convocare di urgenza l’assemblea per la nomina del nuovo consiglio. Lo statuto, però, può prevedere che, invece degli amministra-tori rimasti in carica, sia il collegio sindacale a convocare d’urgenza l’assemblea per la nomina dei nuovi consiglieri.

2.5. Cessazione dalla carica amministrativa

L’amministratore, dopo essere stato nominato, può ri-nunciare all’incarico (vedremo che permangono le sue even-tuali responsabilità per cinque anni dalla data della cessa-zione). Egli deve dare comunicazione scritta al consiglio di amministrazione ed al presidente del collegio sindacale.

È lo stesso collegio sindacale che provvede ad iscrivere l’avvenuta cessazione entro trenta giorni presso l’ufficio del

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registro delle imprese. Come avremo occasione di verificare, l’amministratore, pur comunicando la sua decisione di ri-nuncia alla carica, non cessa immediatamente nel suo ruolo (e mantiene pieni poteri),se viene meno la maggioranza degli amministratori. Pertanto, le sue dimissioni hanno effetto dal momento in cui tale maggioranza viene ricostituita (si attua l’istituto della “prorogatio”). Ciò significa che tali dimis-sioni sono immediate, ove nel consiglio di amministrazione permanga la maggioranza dei consiglieri.

Lo statuto può prevedere cause di cessazione del mandato.

2.6. Revoca degli amministratori

Gli amministratori sono revocabili, e la revoca può in-tervenire in qualsiasi momento. Ciò in forza del rapporto fiduciario fra soci ed amministratori.

A decidere sulla revoca è l’assemblea ordinaria, la stessa che ha competenza per la nomina.

I quorum decisionali sono i medesimi previsti per la no-mina. Ricordiamo che in seconda convocazione il quoziente deliberativo anche per la revoca non può essere elevato. Per-tanto, come si può dedurre, la revoca può intervenire anche con maggioranze non qualificate. Possono essere revocati dall’assemblea dei soci anche i primi amministratori nomi-nati nell’atto costitutivo.

La revoca può essere per giusta causa, ed in tal caso essa può preludere ad un’azione di responsabilità, così come la stessa revoca può aver luogo senza giusta causa.

In tale ultima fattispecie, l’amministratore revocato può intentare contro la società un’azione di risarcimento di dan-ni, i quali,secondo la dottrina dominante, sono quantifica-bili nella somma degli emolumenti da ricevere fino alla sca-denza della carica2.

2 “In assenza di giusta causa, in caso di revoca da parte dell’assemblea (o da parte del CdS per i componenti del CdG) permane il diritto dell’amministratore revocato a percepire il compenso per l’intero periodo inizialmente previsto: si noti tuttavia che fra le tante giuste cause rileva la modifica del modello di gover-no aziendale (ad es. da tradizionale a dualistico).”P.Di Toro, op. cit.,pag.83.

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Abbiamo sopra riferito che con la tecnica della clausola simul stabunt, simul cadent, l’azione di riconoscimento dei danni riesce più difficoltosa. L’assemblea può revocare an-che amministratori, che ricoprono, in quanto delegati dal CdA, cariche operative.

Gli amministratori nominati da stato o enti pubblici sono revocati dai predetti soggetti. È dubbio che, nel caso dell’amministratore nominato per conto dei titolari di stru-menti finanziari di cui agli artt. 2346 e 2349 c.c., lo stesso sia revocabile dai soggetti che lo hanno nominato. Si pro-pende, però, per la soluzione negativa.

Solitamente, quando ha luogo il passaggio della quota di controllo di una società da un soggetto ad un altro, gli amministratori della vecchia gestione danno le dimissioni per consentire al nuovo soggetto controllante di nominare persone di sua fiducia.

Se alcuni amministratori della vecchia gestione si rifiu-tano di dare le dimissioni, il nuovo socio di maggioranza può ricorrere alla revoca con giusta o senza giusta causa. In genere, il soggetto alienante in ordine a tali situazioni, è vincolato alla clausola ex art.1381 c.c. (promessa dell’obbli-gazione o del fatto del terzo), nel senso che esso alienante si adopererà perché gli amministratori in carica siano dimissio-nari. Alla clausola ex art. 1381 c.c., che, talvolta, è abbinata a sanzioni, si può sommare quella di manleva nell’ipotesi di avvenuto risarcimento di danni richiesti dall’amministratore revocato senza giusta causa. L’importo del risarcimento, se il prezzo della transazione di trasferimento della quota di controllo non è stato interamente corrisposto, può essere, in base a clausola patrizia, imputato a riduzione del prezzo stesso della transazione.