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CAPITOLO I° LA COMPARAZIONE GIURIDICA Il fenomeno della comparazione può definirsi piuttosto recente nel panorama giuridico,come una scienza che si è sviluppata al fine di verificare le possibili convergenze tra sistemi giuridici di vari Paesi del mondo,che proprio per questo presentavano delle differenze.Oggi lo studio comparatistico ,che si volge a comprendere i problemi giuridici e dunque a criticare le varie impostazioni presenti,è maggiormente rivolto a comprendere le differenze (maggiormente ravvisabili) tra i vari ordinamenti del mondo,e laddove sia possibile,anche studiare le possibili affinità tra i vari sistemi . E’ importante considerare che il comparatista non è tenuto a fare delle interpretazioni di quanto analizzato,anche se può constatare la possibilità di svolgere analisi e considerazioni diverse da quelle fornite dall’interprete del sistema dato;allo stesso modo egli non deve in alcun caso operare uno scarto tra le varie interpretazioni possibili,scegliendo quella che gli sembra più idonea,bensì deve inventariare tutte le possibili interpretazioni,considerandole come possibili elementi per una corretta comparazione.E’ soprattutto da evidenziare che in ogni caso il comparatista è si affascinato dal regolamento scritto,ma altresì trova un valido strumento di aiuto anche in quelle valutazioni,che per quanto non scritte,provengono da una fonte altrettanto autorevole:l’interpretazione. In questo modo risulta fondamentale considerare sia quanto emerge dalla regola scritta,sia quanto emerge da quella non scritta:entrambe formano gli elementi basilari di uno stesso sistema,ma appartengono a due categorie di formanti diverse.Il formante si qualifica come l’insieme delle regole (scritte o non scritte) che sono poste a base dell’ordinamento e che lo legittimano . Nell’analisi dei formanti,e nella consapevolezza della necessità di tenerli in debito conto,non può non considerarsi l’ importante tripartizione degli stessi: a) si riconosce un formante legislativo ,basato sulla legittimazione riconosciuta all’ordinamento,mediante il conferimento del potere legislativo ad uno specifico organo; b) esiste anche un formante giurisprudenziale ,fondato sulla sentenza del giudice che oltre a contenere l’enunciazione della decisione assunta in sede di giudizio dal giudice,contiene altresì l’enunciazione della regola di diritto in base alla quale è maturata detta decisione; c) infine si rileva la presenza del formante dottrinale ,che accompagna ad ogni regola giuridica un’argomentazione,o spiegazione che sia,la quale acquista in ogni caso un valore fondante per l’ordinamento. I formanti esaminati,chiaramente,si influenzano in modo vicendevole,ed una ulteriore distinzione,nel loro merito,va sottolineata in quella intercorrente tra la regola giuridica,la quale essa stessa,in modo diretto,disciplina specifiche fattispecie;e l’enunciazione,che concerne il solo ambito esplicativo attraverso il quale rendere idonea la regola.Anche in questo caso il conflitto tra le stesse può risolversi ricorrendo a finzioni e presunzioni di vario tipo.Per un comparatista,si è detto,risulta importante considerare ciò che l’ordinamento giuridico presenta come scritto e codificato;bisogna però considerare che esistono delle regole,delle norme di condotta ,che non si presentano in forma scritta ,e che tuttavia fanno parte ,in modo qualificante del bagaglio culturale del comparatista ,il quale non riesce a liberarsene,in quanto considera quella condotta seguita come ovvia ,benché non prescritta da norme scritte:ci troviamo di fronte al caso del crittotipo . Altri problemi sorgono per il compito del comparatista allorché lo stesso si trovi a misurarsi con sistemi che presentano la stesura in lingue diverse,poco comprensibili o comunque poco affini agli istituti giuridici a lui noti.E’ raro verificare il caso in cui un intero ordinamento giuridico si adegui alle strutture,e giuridiche e linguistiche di un altro ordinamento affine;fenomeno questo che si è avuto modo di verificare allorquando si è assistito all’adeguamento dell’ordinamento italiano prima a quello di stampo francese (nel XIX secolo),e poi a quello di stampo tedesco (nel XX secolo). Ulteriori complicazioni sono da specificarsi quando all’interno di uno schema linguistico si faccia molto uso di sineddoche:la sineddoche è una particolare figura retorica,che inserita all’interno di una frase ne altera il senso,in quanto specifica un termine utilizzando solo alcune sue caratteristiche

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CAPITOLO I° LA COMPARAZIONE GIURIDICA Il fenomeno della comparazione può definirsi piuttosto recente nel panorama giuridico,come una scienza che si è sviluppata al fine di verificare le possibili convergenze tra sistemi giuridici di vari Paesi del mondo,che proprio per questo presentavano delle differenze.Oggi lo studio comparatistico,che si volge a comprendere i problemi giuridici e dunque a criticare le varie impostazioni presenti,è maggiormente rivolto a comprendere le differenze (maggiormente ravvisabili) tra i vari ordinamenti del mondo,e laddove sia possibile,anche studiare le possibili affinità tra i vari sistemi. E’ importante considerare che il comparatista non è tenuto a fare delle interpretazioni di quanto analizzato,anche se può constatare la possibilità di svolgere analisi e considerazioni diverse da quelle fornite dall’interprete del sistema dato;allo stesso modo egli non deve in alcun caso operare uno scarto tra le varie interpretazioni possibili,scegliendo quella che gli sembra più idonea,bensì deve inventariare tutte le possibili interpretazioni,considerandole come possibili elementi per una corretta comparazione.E’ soprattutto da evidenziare che in ogni caso il comparatista è si affascinato dal regolamento scritto,ma altresì trova un valido strumento di aiuto anche in quelle valutazioni,che per quanto non scritte,provengono da una fonte altrettanto autorevole:l’interpretazione.In questo modo risulta fondamentale considerare sia quanto emerge dalla regola scritta,sia quanto emerge da quella non scritta:entrambe formano gli elementi basilari di uno stesso sistema,ma appartengono a due categorie di formanti diverse.Il formante si qualifica come l’insieme delle regole (scritte o non scritte) che sono poste a base dell’ordinamento e che lo legittimano. Nell’analisi dei formanti,e nella consapevolezza della necessità di tenerli in debito conto,non può non considerarsi l’ importante tripartizione degli stessi:

a) si riconosce un formante legislativo,basato sulla legittimazione riconosciuta all’ordinamento,mediante il conferimento del potere legislativo ad uno specifico organo;

b) esiste anche un formante giurisprudenziale,fondato sulla sentenza del giudice che oltre a contenere l’enunciazione della decisione assunta in sede di giudizio dal giudice,contiene altresì l’enunciazione della regola di diritto in base alla quale è maturata detta decisione;

c) infine si rileva la presenza del formante dottrinale,che accompagna ad ogni regola giuridica un’argomentazione,o spiegazione che sia,la quale acquista in ogni caso un valore fondante per l’ordinamento.

I formanti esaminati,chiaramente,si influenzano in modo vicendevole,ed una ulteriore distinzione,nel loro merito,va sottolineata in quella intercorrente tra la regola giuridica,la quale essa stessa,in modo diretto,disciplina specifiche fattispecie;e l’enunciazione,che concerne il solo ambito esplicativo attraverso il quale rendere idonea la regola.Anche in questo caso il conflitto tra le stesse può risolversi ricorrendo a finzioni e presunzioni di vario tipo.Per un comparatista,si è detto,risulta importante considerare ciò che l’ordinamento giuridico presenta come scritto e codificato;bisogna però considerare che esistono delle regole,delle norme di condotta,che non si presentano in forma scritta,e che tuttavia fanno parte,in modo qualificante del bagaglio culturale del comparatista,il quale non riesce a liberarsene,in quanto considera quella condotta seguita come ovvia,benché non prescritta da norme scritte:ci troviamo di fronte al caso del crittotipo. Altri problemi sorgono per il compito del comparatista allorché lo stesso si trovi a misurarsi con sistemi che presentano la stesura in lingue diverse,poco comprensibili o comunque poco affini agli istituti giuridici a lui noti.E’ raro verificare il caso in cui un intero ordinamento giuridico si adegui alle strutture,e giuridiche e linguistiche di un altro ordinamento affine;fenomeno questo che si è avuto modo di verificare allorquando si è assistito all’adeguamento dell’ordinamento italiano prima a quello di stampo francese (nel XIX secolo),e poi a quello di stampo tedesco (nel XX secolo). Ulteriori complicazioni sono da specificarsi quando all’interno di uno schema linguistico si faccia molto uso di sineddoche:la sineddoche è una particolare figura retorica,che inserita all’interno di una frase ne altera il senso,in quanto specifica un termine utilizzando solo alcune sue caratteristiche

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qualificanti (ad esempio si scrive “incontro di volontà”,per indicare l’incontro di due distinte manifestazioni di volontà).Ancora più complesso è verificare che esistono delle terminologie utilizzate dai giuristi in conformità del sentimento che gli stessi provano in rapporto a quella data situazione,o che comunque presentano delle caratteristiche di maggiore o minore congruità al contesto;in particolare in questo ambito,ricordiamo:

a) il fenotipo,che rappresenta una determinazione più puntuale del fenomeno addotto; b) il genotipo,che invece ne rappresenta una qualificazione più generica e meno assorbente.

Molto spesso,poi è da verificare che esistono delle corrispondenze “naturali”,dirette tra parole e contesto quando le stesse provengano da specifici avvenimenti storico giuridici che hanno coinvolto ed influenzato il legislatore;senza considerare la pericolosità insita nella parola del legislatore stesso quando questi sia bilingue o anche trilingue.Il comparatista non può assolutamente ignorare queste istanze,per quanto possa criticarle o contestarle,poiché le stesse sono “verbo” del legislatore.E’ comunque importante tenere ben presente che esistono casi in cui non si specifica la necessità di apportare una traduzione ai testi o a specifici termini giuridici;e ancora è possibile che una traduzione,per quanto conferente non mostri problemi di adattamento particolarmente gravosi. Per studiare adeguatamente i vari sistemi giuridici presenti nel mondo,risulta necessario poi raggrupparli,riunirli in famiglie caratterizzanti.Il primo a compiere un lavoro di sistematica del genere fu David,il quale distinse i vari ordinamenti mondiali,come caratterizzati dall’appartenenza a diverse famiglie;in particolare distinse:

a) il gruppo degli ordinamenti romano-germanici,che si caratterizza per la codificazione,e dunque la base scritta del suo diritto;i giuristi di tale ordinamento si sono formati in università,apprendendo quanto derivato dal diritto giustinianeo,nonché da quello canonico;

b) il gruppo dei Paesi a base socialista,il cui loro diritto è interamente fondato sulla statizzazione delle industrie (dunque grande ingerenza ad opera dello Stato) e dalla generale collettivizzazione dei mezzi di produzione agricola;emergono i lavoratori,vera forza e potenza di questo tipo di Stato;

c) il sistema di common law,tipico dell’area giuridica inglese,è fondato sulla consuetudine non scritta,in quanto tale,delle regole di condotta seguite.Tutto l’ordinamento fonda sulla osservanza del precedente giudiziario,deciso dai giudici,per quanto si sia avuto modo di creare un sistema di “equità” ben vicino alla più classica tradizione di civil law romano-germanico;

d) si raggruppano infine tutti quei sistemi che,per le loro peculiari caratteristiche,possono definirsi misti,ossia fondanti su modelli di common e di civil law,in modo alternativo.

Per quanto l’opera di David sia stata illuminante,ed abbia aperto spiragli di nuova consapevolezza per gli studiosi del settore,non sono mancate critiche alla stessa: molti hanno posto l’accento sul fatto che l’autore abbia incentrato tutta la sua ricerca sui modelli giuridici euro-americani,trascurando di studiare ed approfondire adeguatamente i modelli extraeuropei,che pure dovrebbero essere tenuti in considerazione.Questa tendenza porta ancora una volta ad accentuare le differenze tra common law e civil law,che molti vorrebbero tuttora superare.In ogni caso si è aperta la strada verso la classificazione degli ordinamenti giuridici del mondo in famiglie,grazie all’opera di David;una classificazione non sempre facile,in considerazione del fatto che il diritto non si presenta come uno strumento statico e fisso,bensì come un qualcosa che è in perenne divenire.Molto spesso questa sua accentuata trasformazione continua viene indicata in termini di rivoluzione (ed effettivamente è a questo che ci ha abituati il progresso giuridico),e proprio in virtù di questo cambiamento repentino risulta sempre più difficile inquadrare correttamente la collocazione del diritto nello scorrere degli eventi.Spesso la sua trasformazione incide fortemente su alcuni aspetti fondanti dell’ordinamento analizzato;spesso il percepirsi di fattori estrinseci va ad interagire con lo spirito più profondo dell’ordinamento esaminato,sconvolgendolo.Il tutto deve essere inquadrato come il prodotto di una realtà variegata e differenziata,anche in presenza dello stesso ordinamento giuridico,abbandonando così la concezione secondo la quale l’ordinamento sembra ai nostri occhi unitario,perché lo immaginiamo come il prodotto della volontà di un unico

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legislatore,senza considerare che questo presenta comunque degli elementi differenti a base della sua esistenza. Concludendo si può dire che l’esperienza del XX secolo ha insegnato la necessità di studiare gli ordinamenti giuridici nelle loro differenze,e se possibile trovare per gli stessi delle analogie,ma sempre considerandoli però dei sistemi;nel sistema è possibile tenere presente quegli elementi più stabili che caratterizzano quello specifico ordinamento,pur senza dimenticare che gli stessi,per quanto fissi,possono comunque subire delle modificazioni,e degli adattamenti,specie nel lungo termine;considerando altresì che il sistema in se medesimo dà l’idea del contatto con il reale,cosa che invece il modello giuridico non offre,essendo lo stesso più legato ad un fenomeno di astrazione.Non si può inoltre ignorare l’importanza da attribuire allo studio soprattutto dei modelli giur idici occidentali,come quelli che di là da ogni qualificazione si sono più estesi verso l’esterno,fuoriuscendo dalla loro mera realtà territoriale. CAPITOLO II LA DIVERSITA’ E L’UNIFORMITA’ NEL DIRITTO Oggi la tendenza di tutti gli organismi statali e sopranazionali è quello di condurre all’uniformazione del diritto,visto come il modo per giungere ad una contemporanea unità culturale,che porrebbe fine ai continui imbarazzi nei quali ci si trova ogni qualvolta si reputa necessario avere contatti con culture differenti dalla nostra.Se il XIX secolo è stato il momento in cui maggiormente si è dato rilievo alle singole realtà nazionali,il XX secolo,almeno a partire dalla sua seconda metà è pacificamente considerato il momento peculiare in cui si è data importanza all’uniformità del diritto. Alla base del processo di uniformità non può che esserci la considerazione preliminare della differenza tra i vari ordinamenti giuridici,tra i vari diritti esistenti,considerando che la diversità è sintomo di tutto ciò che è reale,che esiste concretamente;il diritto,in quanto base atta a definire i comportamenti dei consociati deve essere definito come reale,effettivamente vigente presso le popolazioni,e questo significa che al suo interno presenta delle differenze ed è soggetto a taluni variazioni,che spesso,proprio per il fatto di essere particolarmente forti comportano conflitti e crisi.Gli studiosi si chiedono,a questo punto se sia possibile il verificarsi di variazioni,di diversità nel diritto senza che questo comporti conflitti,talvolta persino laceranti;si ribadisce che la variazione è sintomo del progresso,e per quanto essa possa essere più o meno dolorosa,la stessa deve essere garantita in nome della necessità di far progredire il diritto;insieme a tale progressione è necessario tenere anche presente che la stessa comporta differenze nel diritto. Studiando la storia in tutti i suoi aspetti è possibile considerare che esistono delle differenze palesi tra i vari ordinamenti giuridici del mondo,e che persino il nostro diritto non è stato uguale a quello odierno,un tempo;questo significa che sono notevoli le differenze che possono ravvisarsi nelle varie forme di diritto esistenti;in particolare si compie questa distinzione:

a) è necessario distinguere tra Paesi dove è presente l’organo legislativo,e Paesi in cui è tuttora assente;basta considerare che per quanto la maggior parte degli Stati del mondo abbia accettato di riconoscere il modello parlamentare,adottato può dirsi da sempre nei paesi occidentali e in quelli a tradizione socialista,non lo stesso può dirsi di altri paesi,dove ancora vige la convinzione che il diritto sia qualcosa che Dio,o persino gli antenati abbiano trasmesso una volta per sempre,e al quale bisogna totalmente obbedire ed adeguarsi;

b) oggi poi si rivela assolutamente difficile,se non impossibile scorgere la figura del giurista professionale;non esistono queste figure,come non esiste l’elaborazione di una dottrina,di una teoria giuridica precisa.Eppure nel tempo l’importanza del giurista si è particolarmente avvertita,soprattutto in considerazione del fatto che è da ascriversi alla sua opera il merito di avere elaborato una definizione omogenea ed assoluta del diritto,qualificato come “ius”;

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c) da ultimo va considerata la differenza tra quei paesi che da sempre presentano una struttura statale,e quei paesi che ancora oggi presentano la convivenza più o meno pacifica di forme di diritto non statalizzate,cui pure si accompagna la presenza di uno Stato;si tratta di una estraneità pacifica del diritto (o quantomeno di alcune branche dello stesso) rispetto all’autorità dello Stato.

Non va dimenticato l’apporto che da sempre la dottrina spiritualistica dà al diritto,spesso affiancandosi allo stesso,convivendoci in modo pacifico,più spesso ancora legittimandolo,come è accaduto anche in passato (si pensi al fenomeno dell’incoronazione).E’ importante per il comparatista considerare che ancora oggi esistono sistemi giuridici i quali vengono fortemente influenzati dalla dottrina religiosa,che li legittima e li sostiene;così come esistono realtà che invece se ne sono discostate totalmente.Va inoltre aggiunto e considerato che spesso è il popolo stesso a sottoporre la disciplina giuridica alle credenze e ai riti religiosi nei quali gli stessi credono.Va inoltre aggiunto che uno dei problemi più consistenti da analizzare è quello conseguente all’avvicinamento tra realtà giuridiche diverse,sostentate anche da un livello del progresso altrettanto differente:si pensi al fenomeno della colonizzazione dei paesi dell’est e dell’Africa,che ha condotto gli stessi ad avere contatti con la moderna realtà giuridica occidentale.Due sono le possibilità che si presentano allo studioso:

a) il diritto autoctono del paese colonizzato è completamente soccombente rispetto a quello occidentale introdotto,ed in questo caso la sola concessione degli organismi di diritto occidentale può permettere la sopravvivenza del diritto consuetudinario dei popoli originari;

b) in seguito alla decolonizzazione i popoli che vi erano sottoposti decidono di non abbandonare i modelli giuridici occidentali appresi,e danno la possibilità di una pacifica convivenza tra il diritto loro tradizionale,e quello occidentale ormai definitivamente introdotto nel loro tessuto sociale.

LA MUTAZIONE GIURIDICA PAG. 29 Si deve assolutamente tenere presente l’assunto che il diritto muta,e lo fa ad un ritmo impressionante,in continuazione.Come per le altre scienze,tra cui quella naturale,questo processo di mutazione può essere inquadrato in chiave evolutiva:il diritto si evolve,passando dalle forme più elementari,più semplici,atte a risolvere problemi semplici,a forme più complesse,fino a giungere alla nostra forma di diritto.Questo processo evolutivo non accenna mai ad arrestarsi,ed anzi qualora un ordinamento presenti delle concezioni tradizionali,che lo leghino maggiormente al passato,lo stesso deve aberrarle,ripudiarle,e riprendere la sua marcia verso il progresso.Un progresso che attiene all’evoluzione di ciascun formante autonomamente,anzi ogni formante evolve da solo coinvolgendo nel suo mutamento gli altri formanti,fino a comprendere tutto il sistema;è inoltre da segnalare che tutti i formanti sono idonei a subire questo tipo di mutazione.Ma perché il diritto muta?Molti studiosi hanno risposto a questo quesito affermando che sono i fattori esterni al diritto a provocare questo cambiamento,per far in modo che il diritto si adegui alla nuova realtà sociale che ogni volta nasce e lo circonda. E non che questo non sia vero,la maggior parte delle volte in cui il diritto affronta un serio mutamento delle sue caratteristiche peculiari è da attribuire ad un altrettanto serio mutamento di fattori sociali,come le ideologie politiche,o molto spesso le condizioni economiche;ma il diritto può mutare anche in se stesso,per fattori che sono da ravvisarsi al suo interno e questo è un dato che per quanto poco studiato ed anche meno affascinante,va tenuto in debita considerazione. Molla dell’uniformazione,o del processo che conduce alla stessa è la diffusione,o meglio l’imitazione:quando un giurista di un paese conosce la lingua dell’altro paese e senza difficoltà riesce a padroneggiarla,egli può anche decidere di prendere a prestito determinati modelli giuridici a questo paese appartenenti. L’imitazione si fonda così innanzitutto su un contrasto dal quale uscirà vincente il sistema giuridico più forte,il quale si imporrà in entrambi i paesi soggetti del conflitto,e questo comporterà il primo passo verso l’uniformazione.Ma perché si ricorre all’imitazione?Le risposte possibili sono due:

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a) tutti gli ordinamenti giuridici mondiali hanno la volontà di uniformarsi e di imitare quello tra loro che gode del maggior prestigio (termine difficile da qualificare);

b) si desidera conquistare territori sempre più ampi del diritto,partendo da vari specifici settori per poi espandersi.

Il favore verso l’uniformazione oggi è palese;tutti gli organismi,nazionali ed internazionali,sono preposti a questo compito.Oggi tutto il diritto privato può dirsi uniformato,e tale uniformazione è garantita e sostenuta nel tempo.Il processo di uniformazione è avvenuto per tappe precise,specifiche,prima uniformando i principi generali dei vari ordinamenti,per poi eventualmente passare all’uniformazione delle regole di base.Il processo di uniformazione,seppur agli inizi,oggi riesce a garantire già il superamento di alcuni problemi,come quelli legati all’imbarazzo evidente che è possibile riscontrare quando ci si trovi a dover affrontare una situazione che pone in conflitto due ordinamenti giuridici diversi. Ma non sono state poche le critiche mosse al processo di uniformazione,soprattutto da parte di chi propende per la difesa di peculiarità nazionali e specifiche,da mantenere in vita in nome della tradizione storica.Eppure è proprio la storia ad insegnarci che nulla è statico,tutto è in un continuo divenire,e che proprio la storia è quanto di più relativo possa esistere;sembrerebbe assurdo fondare la pretesa di staticità su di un parametro quanto mai variabile.Soprattutto è importante constatare che è proprio l’intrinseca modificazione del diritto a condurre prima o poi al fenomeno dell’uniformazione. Ma deve essere altresì tenuto in debito conto che l’uniformazione ha i suoi costi,e non sempre può qualificarsi come un bene.Uniformare significa dare impulso a quell’ordinamento giuridico che presenta i caratteri più idonei per affermarsi quale unico ed assoluto;il che significa porre fine alla realtà dei piccoli ordinamenti giuridici,nei quali molto spesso era da ravvisare l’impulso più innovativo in materia di diritto. E si,perché uniformare significa porre le stesse basi per tutti i diritti del mondo,eliminando ogni possibilità al legislatore di innovare e progredire;per non parlare poi del caso in cui tale uniformazione sia coatta,ossia imposta mediante legge,la quale ha sicuramente una valenza ed una forza autoritativa non indifferente,tale da tarpare effettivamente le ali ad ogni seppur accennato moto contrario.Questa constatazione non vuole assolutamente condurre ad aberrare all’uniformazione,ma vuole semplicemente far riflettere sulle modalità attraverso le quali condurla,senza ignorare che in ogni caso i modelli occidentali stanno riportando vittorie su vittorie,ossia si stanno espandendo sempre in più ambiti e verso più paesi.Oltretutto è necessario tenere presente che laddove operano concettualizzazioni,e dottrine difformi,anche uno stesso istituto,regolamentato allo stesso modo può apparire estraneo e difficile da comprendere;la qual cosa rende ancor più arduo e lungo il processo di uniformazione,favorendo la longevità della diversità giuridica. E questo fenomeno purtroppo si presenta in sempre maggiori occasioni,predisponendo un possibile superamento dello stesso più se si considera l’apporto che può dare l’insegnamento,la dottrina,che non quello che eventualmente può essere apportato dal giurista nello svolgimento delle sue funzioni. LA TRADIZIONE GIURIDICA OCCIDENTALE Nell’ambito del mondo occidentale è possibile ad oggi distinguere due realtà giuridiche differenti:

a) quella di common law,sviluppatasi nell’area inglese nel periodo medioevale e moderno,che comprende altresì tutte le colonie inglesi (dunque Stati Uniti,ma anche Canada e Australia);

b) quella di civil law,sviluppatasi nell’Europa continentale nel periodo medioevale e fondata sul diritto giustinianeo;la stessa si è estesa a moltissimi Paesi,anche dell’area latino-americana.

La migliore rappresentazione della stessa è quella dell’albero:nel primo caso il tronco sarebbe costituito dal diritto di common law inglese,i cui rami sarebbero tutte le altre zone in cui si è espanso;nell’esperienza di civil law,il tronco sarebbe caratterizzato dalle basi di diritto romanistiche.Va considerato che definire la tradizione giuridica significa elencare i modi di

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esplicazione,di espressione e di insegnamento del diritto,così come sono influenzati dalla cultura e dalla disciplina vigente in un dato ordinamento sociale,in un dato momento storico.La sua analisi ci permette di comprendere realmente in cosa siano accomunati,ed in cosa invece differiscano i due grandi sistemi considerati. Nell’analisi storicamente condotta per i due sistemi si è posto l’accento su vari e diversi elementi caratterizzanti:

a) la prima differenza è da valutarsi sulla base del fatto che mentre i sistemi di civil law basano tutto il loro diritto sulla codificazione scritta;quelli di common law si ostinano a continuare nella loro tradizione consuetudinaria,e perciò stesso non scritta;

b) inoltre,va sottolineato ancora che mentre il diritto di civil law dà notevole,se non primaria ed esclusiva importanza alla legislazione,dunque alla legge in quanto tale;quello di common law continua a fondare tutta la propria valenza sulla decisione del giudice,sulla tradizione del precedente vincolante.

Oggigiorno va comunque sottolineato che nessuno degli elementi enunciati costituisce un valido “demarcatore sistemologico”,in considerazione del fatto che il diritto di common law è sempre più propenso a dare spazio e rilevanza alla produzione legislativa del Parlamento;il diritto di civil law ha abbandonato la tesi per la quale il codice sia l’unica vera fonte del diritto e l’unica cui conferire valore. L’elemento che ancor più fortemente,se era possibile,ha delineato il venir meno della netta distinzione da sempre operata tra i due sistemi in esame è la nascita,in molti paesi dell’Europa continentale di una Costituzione rigida,sottoposta al controllo di legittimità di una specifica corte,la Corte Costituzionale.Questo ha fatto si che l’emanazione della legge da parte del Parlamento sia sempre più subordinata al controllo di legittimità rispetto ai principi elencati nella carta costituzionale.Proprio l’analisi dei valori che sono a base dei vari ordinamenti ci fanno capire come fondamentalmente questi si equivalgano in tutta l’Europa occidentale,al di là della ripartizione tra sistemi di common o di civil law. E la stessa analisi continua a condurci alla constatazione che gli elementi di base su cui fondano le concezioni giuridiche,nonché le norme continuano ad essere le stesse tra le due realtà giuridiche.Nonostante questa constatazione risulta comunque necessario che gli studiosi non dimentichino di considerare ugualmente differenti i due sistemi,che pur partendo da valori uguali,presentano poi modalità piuttosto differenti di metterle in pratica. Fin dall’800 i giuristi inglesi hanno tenuto a sottolineare la singolarità,e la diversità dunque,della propria esperienza giuridica rispetto a quella del resto dell’Europa occidentale,adducendo ad una simile affermazione la seguente spiegazione:ogni fenomeno giuridico discende da un particolare evento storico,e dunque tutto ciò che caratterizza il diritto inglese discende da eventi storici verificatisi specificamente in Inghilterra.Ma tutto questo non dà una valida spiegazione se si considera che tutti i fenomeni storici sono peculiari del territorio nel quale si verificano,e che dunque anche due città diverse dello stesso Stato sono coinvolte in esperienze storiche differenti,ma non per questo vivono in base a leggi diverse.Ecco che allora solo una approfondita analisi storica può condurre ad una teorizzazione corretta in merito allo svilupparsi dei vari sistemi;sono due le strade seguite:

a) secondo la prima dottrina il diritto europeo si sarebbe formato in modo uniforme nell’alto-medioevo (tra il V ed l’XI secolo) come base di procedure,forme e formulari tipici e comuni in tutti i territori.Questo spiegherebbe la comunione di valori e di intenti tra i due sistemi considerati;

b) in base alla seconda dottrina invece,la tradizione giuridica occidentale,fondata sulle stesse comuni basi,si sarebbe poi diversificata a partire dall’XI - XII secolo,quando si è realizzata la riforma gregoriana della Chiesa.

I due ceppi giuridici,sulla base dell’ultima tesi,che è quella più accreditata, fin dalla loro costituzione presentavano delle particolarità comuni:innanzitutto il diritto era distinto dalla religione e dalla politica,nel senso che queste potevano influenzarlo,ma non certamente costituirlo;l’amministrazione era nelle mani di un ceto professionale,formatosi in scuole

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specializzate,che usavano un loro particolare linguaggio tecnico;il diritto si presentava come organico,in grado di svilupparsi conseguentemente alle mutazioni sociali compiute dalla società,appunto;infine esso trovava giustificazione sulla base della sua configurazione con l’ordine,che lo stesso garantiva. In definitiva analisi risulta necessario comprendere tutte quelle che sono le caratteristiche storiche che hanno condotto i due sistemi giuridici,i quali pur si diramavano da una base comune,a differenziarsi tanto da dar vita alle discussioni attuali sul tema.In particolare dovrà verificarsi come l’incidenza degli stessi eventi storici,fondamentalmente,abbia condotto alla formazione di un tessuto giuridico per certi versi tanto differente.Ecco perché si assumerà l’analisi di quattro periodi storici:

1) si analizzerà la fase della formazione che va dal XII al XIV secolo; 2) si passerà alla fase del consolidamento che va dal XIV al XVIII secolo; 3) si analizzerà la fase delle rivoluzioni che va dal XVIII alla prima guerra mondiale,fino a

toccare il periodo della prima rivoluzione industriale; 4) infine si analizzerà la fase contemporanea che va dagli anni trenta del XX secolo fino

all’avvento degli Stati sociali. Tutta l’analisi sarà condotta tenendo presente che la dottrina giuridica che noi oggi studiamo ed applichiamo si è interamente formata negli anni che vanno dal XIX al XX secolo. COMMON LAW ED EQUITY IN INGHILTERRA

SEZIONE PRIMA 1.La prima vera forma di governo,di amministrazione,anche giuridica che è possibile riscontrare in Inghilterra è quella riguardante la dominazione normanna.Con l’avvento dei Normanni si configura la nascita di due forme istitutive del potere piuttosto particolari:da un lato essi danno vita al sistema di dominazione feudale;dall’altro affiancano allo stesso un sistema amministrativo che si caratterizza per la sua capillarità sul territorio,tanto da essere di gran lunga più innovativo rispetto a quello presente in altri Stati dell’epoca.La scelta del regime feudale risulta essere quasi obbligata,considerato che con la terra conquistata il Re Guglielmo il Conquistatore doveva ripagare i cavalieri che lo avevano seguito nell’avventura,ed inoltre doveva garantire una forte presenza di apparati di controllo sul territorio.La struttura feudale si presentava molto gerarchizzata anche al suo vertice,se si pensi che gli stessi cavalieri dovevano ricorrere al loro signore feudale per rivolgersi al Re.Eppure la struttura governativa dell’epoca si caratterizzava per alcune particolarità che erano piuttosto inusuali,e che venivano meno anche alla logica della feudalità:basti pensare che in capo al Re confluivano poteri di controllo,di polizia e di esazione fiscale molto ampi,che scavalcano nettamente le gerarchie del sistema feudale.Questo consentiva però la presenza di un’amministrazione molto ben operante ed attiva,accentrata nelle mani del sovrano,che esercitava i suoi poteri con l’ausilio di funzionari da lui stesso nominati:i chierici,i quali erano dei dotti,acculturatisi nelle sedi ecclesiastiche (quindi ecclesiastici essi stessi) che sapevano leggere e scrivere chiaramente in latino.Il loro ausilio fu prezioso,soprattutto per ciò che attiene i compiti giudiziari del sovrano,se si pensa che a questi competeva anche la risoluzione di alcune liti giudiziali di superiore importanza;venne così a sorgere la Curia Regis,successivamente scissa in due rami:

a) da una parte il Magnum Concilium,che sfocerà poi nella costituzione del Parlamento; b) dall’altra un’assemblea cui partecipava il Cancelliere,nonché i chierici e che si

preoccupavano di dirimere le controversie giudiziali,e di curare l’amministrazione fiscale. Due tipi di controversie giudiziali erano rimesse all’arbitrio del Re: quelle che concernevano i problemi relativi all’amministrazione della struttura feudale (quindi legate a conflitti di attribuzioni tra vassalli); e quelle che concernevano la stessa durevolezza della pace nel regno.

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2. Chi,in quel periodo avesse voluto rivolgersi al sovrano per ottenere giustizia doveva chiedere ai chierici,che erano competenti nella materia di redigere un breve documento scritto,dietro pagamento di una somma di danaro:proprio in virtù del fatto che si trattava di un documento breve (un foglio di pergamena di 20 cm per 10) lo stesso assunse il nome di “writ”,ossia breve.Questo poteva essere indirizzato allo sceriffo,in quanto procuratore del Re,o semplicemente esponente del corpo di polizia;oppure al signore locale con il compito espresso di regolare la giustizia del caso.Il ricorso ai writs aveva però posto in una posizione di ribasso l’amministrazione della giustizia operata dal ceto baronale,e gli stessi ricorsero al Re per ottenere il rispetto della propria posizione e dei propri compiti,che furono redatti per iscritto nella Magna Charta;gli stessi ottennero l’emanazione,nel 1258 delle Provisions of Oxford,attraverso le quali si stabilì che i chierici non avrebbero più potuto emanare altri writs,se non quelli i cui casi fossero già contenuti nei loro registri,per casi già risolti (misura,definita “brevia de curso” che fu poi attenuata in seguito con lo Statute of Westminster II).In realtà si era palesata la presente situazione:i chierici,con l’emanazione dei writs avevano fatto qualcosa di difficilmente tollerabile,ossia avevano legiferato;una situazione questa che,per la mescolanza tra diritto e politica,sempre ben evitata dagli inglesi,non poteva essere accettata;infatti in seguito il Parlamento sarà ben geloso della funzione legislativa affidatagli,senza mai permettere che essa si mescoli con le speculazioni politiche adottate per il governo dello Stato.Da un punto di vista storico,quando la situazione di scontro tra il Re ed i baroni fu ricomposta si ripropose la problematica del come governare il regno.Il Re continuò ad adoperare i writs,almeno quelli emanati fino al 1258,mentre demandò il resto della giurisdizione alle corti locali decentrate,le quali si guardarono bene dall’applicare la legge,operando una giurisdizione tutta fondata sulla tradizione giuridica di tipo consuetudinario.Chiaramente esse non realizzarono mai l’obiettivo che si perseguiva palesemente con la giurisdizione regia:ossia quello di creare una forte preminenza della legalità,intesa come ordine universale capace di esprimersi in regole astratte e generali assimilabili a tutti i casi concreti. SEZIONEN II PAG.72 1. Fu nel 1178 che il re Enrico II Plantageneto dispose che cinque giudici dovessero risiedere permanentemente a Londra;questi,situati accanto alla Cancelleria,diedero vita alle prime due corti:

a) la King’s Bench,la quale si occupava di dirimere le cause più importanti,specie di stampo penale,che potessero mettere a repentaglio la pace del regno;

b) la Common Pleas,che si preoccupava di dirimere le controversie meno importanti e più comuni.

Iniziò così a darsi vita alla formazione del ceto forense,del quale facevano parte chierici e cavalieri,ognuno competente in determinati settori,sulla base del fatto che fossero più preparati dal punto di vista dell’istruzione ricevuta.Entrambi i ceti dovevano dimostrare di avere dimestichezza con la tecnica dei writs,sulla quale si fondava l’intera disciplina giuridica,tant’è che anche i giudici,nonché gli avvocati dovevano dimostrare di avere una buona padronanza degli stessi e di saperli redigere,nonché interpretare.Una simile esigenza pose le basi per la nomina alla carica di giudice dei cancellieri degli stessi,i cd. clercks,i quali si ritenevano competenti in base al fatto che,avendo redatto e registrato per anni tali writs al servizio del giudice precedente,avessero le competenze adatte per poter rivestire il ruolo.Va però sottolineato che in virtù del fatto stesso per il quale i chierici erano esclusi dalla diramazione di controversie a pagamento (fatto contro alla loro natura di canonisti),di li a poco venne a crearsi una vera e propria laicizzazione del ceto forense,fino ad escludere del tutto la presenza dei chierici,quando i nuovi giudici furono nominati tra gli stessi avvocati dotati di una certa esperienza.Ed era proprio la professione di avvocato,nota con il nome di “serjants”,quella più in auge già a partire dal 1230,quando gli stessi venivano visti come coloro che narravano dinanzi alle corti i fatti della controversia,e sostenevano il dibattito.Venne a costituirsi di lì a poco l’ ”order of the Coif” (dal nome della berretta di seta bianca consegnata agli avvocati all’atto della nomina),formato da tutti coloro che si definivano serjants.Una simile corporazione può ravvisarsi anche in tempi più recenti,se si pensa che la corporazione degli Inns svolge compiti

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analoghi a quelli elencati,ossia si preoccupa di formare professionalmente,ma anche di istruire nelle materie giuridiche le giovani leve che intendano intraprendere il mestiere dell’avvocato. L’ammissione in tali corporazioni,recenti e passate,è sottoposto ad un meccanismo di cooptazione,che varia a seconda della decisione di accogliere o meno elementi nuovi;alcuni di questi “circoli” creano un vero e proprio circolo vizioso,in quanto preferiscono ammettere nella propria cerchia elementi decisamente mediocri,piuttosto che quelli decisamente più preparati.Va detto inoltre che gli stessi non si formavano su testi o libri vari,pratica che nel diritto inglese non è mai stata molto in voga,bensì preferivano attenersi a quanto emergeva dalle decisioni assunte dai giudici in merito ai vari casi pratici,oppure alle argomentazioni addotte dai serjants nell’esposizione dei fatti verificatisi,creando così una sorta di valenza delle decisioni assunte in merito alle fattispecie concrete. Il sistema dei writs divenne la base sulla quale fondare la preparazione forense,e non solo,la base attraverso la quale era possibile dirimere ogni possibile diritto nascente:ecco perché i giuristi dell’epoca dovevano dimostrare di avere piena consapevolezza nella gestione degli stessi.In particolare ricorrere al writ significava porre in essere una forma processuale in cui il convenuto godesse di maggiori garanzie,non potendo essere condannato se non sulla base di un’accusa definitiva e non revocabile,e se non avesse avuto la possibilità di adire un contraddittorio;mentre sul piano sostanziale significava garantire un medesimo trattamento per tutti i casi giuridici uguali. 3. PAG.79 Poiché il registro dei writs,come si è visto è stato chiuso nel 1258 si concepisce la necessità che ogni controversia da dirimere fosse perfettamente riconducibile ad un writ già esistente,e questo creava inevitabilmente un precedente vincolante,per quanto il numero dei writs non fu mai chiuso sul serio;esso comprendeva,oltre a quelli tradizionali:

a) writ a demand,il quale veniva adoperato per chiedere il risarcimento di un danno provocato dalla violazione di un diritto,specie di un diritto feudale,che in quanto tale prometteva sempre una pronuncia particolarmente eternante;in questo caso il processo corrispondente si vestiva di arcaicità,tanto da essere condotto in formule e riti particolarmente rigidi e solenni;

b) writ a plaint,che veniva adoperato per chiedere il risarcimento di un danno alla propria persona,di una lesione personale,di un torto subito,più tipicamente;lo stesso non aveva una valenza molto importante,il che lo rendeva esperibile facilmente,mediante un processo che conservava forme piuttosto semplici e poco solenni;

c) trespass on the case (o più semplicemente case),il quale era adoperato ogniqualvolta si riteneva che fosse stato violata,o aggredita la sfera giuridica di un soggetto,mediante la lesione di un diritto su bene immobile o mobile,o mediante la lesione della sua persona.Inizialmente lo stesso si connetteva all’uso della violenza armata;solo successivamente si è ricondotto il trespass a tutti i possibili casi di lesione della sfera giuridica altrui,senza il necessario ricorso della violenza.

4. PAG.82 Va inoltre aggiunto che si prospettava come possibile la tutela dell’inadempimento dell’obbligazione a carico del debitore nei confronti del creditore;il sistema più utilizzato era il “wager of law”,strumento alquanto arcaico nelle forme e nei rimedi e perciò stesso spesso risultato inidoneo a raggiungere le finalità previste.Il wager of law prevedeva che l’attore producesse in giudizio 12 testi,i quali prestassero giuramento,dal quale derivava la diramazione della controversia e perciò qualificato decisorio,sulla situazione in controversia;questa specie di risoluzione del procedimento risultava essere però poco attendibile dal momento in cui i processi si svolgevano a Londra,lontano dalle sedi locali e dunque si prospettava semplice l’ipotesi di reclutare 12 sfaccendati capaci di porre falsa testimonianza pur di guadagnare qualcosa.Inoltre il wager of law è utile solo al fine di verificare l’esistenza o meno del credito,ma sicuramente non può ritenersi valido l’accertamento occorso sul contenuto dell’eventuale obbligazione;ecco perché da quel momento in poi si assunsero come valide le sole prove testimoniali addotte in forma scritta e sigillata,tanto che le obbligazioni inerenti il pagamento di una somma assunsero il nome di bond.Nonostante ciò la formula dei writs non si presentava sufficientemente adeguata per ricomprendere questa forma di

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procedimenti,in quanto probabilmente eccessivamente rigida;a questo punto,occorsa anche l’inutilità ed il rischio di invocare in queste fattispecie la responsabilità contrattuale,si fece sempre più ricorso alle formule meno rigide del trespass on the case.Il che però comportava delle difficoltà proprio per il fatto di essere lo stesso facilmente estensibile ad ogni forma di procedimento (basti pensare che un medico poteva essere ritenuto colpevole per il solo fatto di aver prescritto ad un paziente dei medicamenti non efficaci);ecco perché nell’ambito delle obbligazioni la frode,intesa nel senso di inganno,di raggiro veniva sanzionata come aggressione della sfera giuridica altrui solo se avesse prodotto dei frutti,ossia il creditore avesse già apprestato la propria controprestazione,il che comporta per lo stesso non solo il diritto a conseguire il risarcimento del danno,bensì anche quello di conseguire un risarcimento per aver legittimamente confidato nella controprestazione altrui,poi non verificatasi (questo anche qualora le due prestazioni siano solo state promesse e non anche già eseguite dalle due parti,o da una di esse). 6. PAG.91 Nell’ambito della materia giurisprudenziale,ed in particolare di quella dedicata allo svolgimento dei processi risulta necessario considerare la tecnica del “pleading”:il pleading rappresenta il nostro contraddittorio,ossia la possibilità per le parti convenute dinanzi ad un giudice di accusarsi e difendersi vicendevolmente.In particolare le fasi del processo erano le seguenti:

- l’avvocato dell’attore adiva la corte ed esponeva il racconto dei fatti in questione,esponendo le proprie richieste;

- si dava poi la possibilità al convenuto di controbattere a quanto affermato dall’attore,in modo da darsi la nascita di tre possibili situazioni:

a) il convenuto nega ogni accusa mossagli e crea immediatamente il contraddittorio,sulla risoluzione del quale sarà chiamata a decidere la giuria;

b) il convenuto può confermare i fatti addottigli,ed in questo caso non vi sarà decisione della giuria,ma la controversia sarà diramata di diritto dai giudici;

c) il convenuto può negare alcuni fatti,ed affermarne altri,creandosi contraddittorio,e dunque giudizio della giuria popolare,solo sui primi fatti negati.

Per non dimenticare poi la possibilità per il convenuto di affermare la veridicità dei fatti imputatigli,adducendo a sua volta altri fatti tesi a smontare la valenza giuridica dei fatti enunciati dall’attore:si tratta della tecnica della “confession and avoidance”,la quale a sua volta dà la possibilità all’attore di contestare o confermare i fatti,dando corso ad un ulteriore contraddittorio in materia.Vanno ancora elencati due tipi di pleading,che meritano di essere citati:

1) il tentative pleading viene utilizzato quando l’avvocato del convenuto tenta di addurre dei nuovi elementi alla causa,chiedendo se essi possano essere ritenuti validi dal giudice;

2) il tentative demurrer si basa su un tipo particolare di pleading,addotto quando il convenuto confermi la veridicità delle accuse dell’attore,ma neghi che le stesse abbiano scatenato le conseguenze che l’attore pretende di addurre.

Ci sembra evidente come,dall’analisi condotta,sia necessario che i giudici,ma anche i semplici avvocati abbiano una pratica notevole con i pleading,e sappiano adeguatamente come gestirli,pur nella consapevolezza che inizialmente i giudici erano poco propensi a dirimere di diritto una controversia,posto che gli stessi non avevano ancora una buona scuola di precedenti giurisprudenziali completi alle loro spalle;ma questo stesso timore di decidere su casi reali sparirà già a partire dal XVI secolo. L’utilizzo dello schema dei writs,prima di essere abbandonato,ha avuto modo di incidere sulla formazione del giurista,il quale oggi può dirsi sempre più legato al senso letterale delle parole,al loro significato e a quanto,delle fattispecie concreti,possa essere ricondotto a questo significato individuato.Il common lawyer è in grado di ragionare per analogia,distinguendo casi simili e pur cogliendo in essi quello che di giuridicamente valido li accomuna;gli stessi hanno la netta ed importantissima capacità di porre ad esistenza ragionamenti giuridici che sono svincolati dalle logiche del sistema complessivo.

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8. PAG.98 Quando nell’800 l’Inghilterra fu coinvolta in modo più esplicito nel progresso economico e sociale che attraversava l’Europa,subito venne in rilievo la limitatezza del common law,in virtù del quale si era registrata l’impossibilità tecnica delle corti regie di risolvere le controversie sempre più frequenti che sorgevano;ecco che allora fu naturale,e contestuale all’avvenimento,il ritorno alla corte del Re,il quale era chiamato a redigere le controversie in luogo delle corti normalmente preposte,controversie che non concernevano più i deboli e i poveri,bensì coloro che detenevano la real property.In questo compito il Re chiamò ad essere coadiuvato il Cancelliere,il quale si occupava di dar corso alle cause intentate:il Cancelliere era un vescovo,e come tale si riteneva in grado di dirimere adeguatamente le controversie in considerazione del fatto che lo stesso era informato ai criteri della morale cristiana,e che la sua autorità lo rendeva in grado di farsi ubbidire.IL procedimento dinanzi allo stesso si apriva in modo piuttosto informale quando l’attore presentava richiesta di giustizia per un torto subito:la richiesta poteva essere posta in forma scritta od orale.Il cancelliere se riteneva di sua competenza il caso chiamava il convenuto mediante un atto di nomina semplice,definito writ of subpoena,il quale prevedeva la corresponsione di una somma di danaro nel caso in cui il convenuto non si presentasse.Il processo non presentava un termine,ma essendo svolto in termini inquisitori terminava quando il Cancelliere,che era unico giudice,riteneva raggiunta la prova per decidere il caso.Lo stesso nella pronuncia delle proprie decisioni si preoccupava altresì di mondare l’animo del convenuto che avesse agito in mala fede nei confronti dell’attore,e quando lo stesso si fosse pentito,oltre a dar corso a quanto dichiarato a suo carico dalla sentenza,la stessa controversia era totalmente sanata.In particolare va detto che l’Equity non fondava nel modo più assoluto su leggi scritte,né precisamente individuate,bensì semplicemente su quanto affermato dalla morale cristiana,tanto che gli interventi del Cancelliere spesso erano volti ad eliminare la pattuizione di diritto perché,per quanto valida non si confacevano alla morale cristiana.In questo contesto è piuttosto agevole comprendere come presso la popolazione una simile forma di diramazione delle cause fosse particolarmente gradita. 9. PAG.102 Uno degli argomenti sui quali più fortemente si è attagliata la giurisprudenza del Cancelliere è quella dei trusts:il trust viene adoperato al fine di dare in gestione il proprio patrimonio ad altro soggetto di cui si ha piena fiducia,in modo da garantirsi sullo stesso un possesso,che potremmo definire mediato.Spesso la figura del trust è stata utilizzata per simulare la propria ricchezza e non apparire agli occhi della gente in tutta la quantità delle proprie sostanze,in ogni caso si tratta di una figura molto particolare alla quale chiaramente la tecnica dei writs non erano ancora riuscita a fornire un’adeguata risposta.Probabilmente gli stessi sarebbero riusciti a farcela,ma la continua richiesta di tutela in questo settore aprì la strada alla giurisdizione del Cancelliere,che fece sua questa materia;non che i giuristi fossero particolarmente scontenti di una simile situazione,in particolare perché giudicare la materia del trust significava principalmente confondere la disciplina del fatto,da attribuirsi alle giurie,da quella del diritto,di esclusiva competenza del giudice.Eppure il ricorso all’equity non è privo di rischi,che anzi si palesano sempre più frequenti:

- innanzitutto essa si basa sulle concezioni soggettive di chi in quel momento stia giudicando,e questo pone in serio repentaglio la certezza del diritto,che deve sempre essere garantita;

- inoltre le norme morali sono sempre troppo ampie e generalizzanti tanto da non offrire un valido strumento per la risoluzione di casi più complessi,il che comporta ulteriormente incertezza del diritto;

- ed ancora può affermarsi che spesso le regole di equità sono state utilizzate per fare della politica,attraverso la quale angariare i nemici e proteggere gli amici.

1O.PAG.107 Ma la giurisdizione di equità si spinse oltre,occupandosi di intervenire in contrasto con le corti di common law,per quei casi in cui la controversia fosse da queste già stata decisa;è chiaro che intervenire in secondo grado su una sentenza già emanata,con il potere di ribaltarla del tutto

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significa avere la possibilità di essere percepita dal pubblico come una Corte di secondo grado,cosa che assolutamente non poteva essere accettata nel diritto inglese dell’epoca.Era necessario che la corte di common law ribadisse l’importanza del proprio ruolo,soprattutto accentuando il suo intervento nelle controversie che disponevano della libertà delle persone,ed ergendosi come unico baluardo a loro difesa.Questo significava anche dimostrare alla gente di agire in modo completamente autonomo rispetto a quanto faccia la politica,o comunque rispetto alle decisioni del sovrano,come d’altronde la dottrina di common law ha sempre dimostrato. La lotta per sottoporre il Re alla volontà della legge ed al suo rispetto caratterizzò quindi anche questo periodo storico,il che comportò la negazione allo stesso della possibilità di intervenire,o addirittura di sostituirsi alle regole del common law nei processi che loro competevano,perché gli stessi erano necessari di una competenza tecnica che poteva essere acquisita solo in anni di studio.Da un punto di vista storico,così,la situazione si ribaltò,facendo venire in auge il Parlamento ed il partito dei giudici con la cacciata definitiva degli Stuart,avvenuta nel 1688;questa situazione non eliminò però la Cancelleria,che adattatasi alla nuova realtà restò in piedi come corte eventuale,ma prevedibile.Le sue determinazioni non potevano più assolutamente basarsi su criteri di equità,di giustizia e di morale cristiana,che non avessero fondamento nelle regole di common law o che comunque le ribaltassero,questo perché garanzia del diritto era fornire la certezza del diritto,ossia che casi uguali venissero giudicati in modo uguale,e questo una corte che giudica in base ad equità non può garantirlo.Con questi nuovi connotati la corte della Cancelleria è riuscita a sopravvivere fino ad oggi,influenzando con i suoi pareri i giuristi moderni,che non possono ignorare di esserne colpiti e coinvolti.Questo periodo di cristallizzazione dell’equity ha dato alla stessa la possibilità di canonizzarsi in formule e principi ben precisi,e suoi peculiari,ma svincolandosi dalla pretesa di fornire una giustizia secondo morale,una morale che sia preordinata al valore della legge.

SEZIONE TERZA 1. PAG.114 Nel corso del XIX secolo,poi l’Inghilterra visse un momento di grande shock tecnologico,divenendo terreno di riforme economiche e sociali decisamente molto forti;eppure il suo assetto giuridico fu uno degli ultimi a subire tale trasformazione,anzi va detto che molte delle riforme occorse in Inghilterra sono maturate prima negli Stati Uniti,paese che è stato sempre molto poco legato alla tradizione (forse perché fondamentalmente non ne ha!) e molto propenso invece al progresso.Il cardine del diritto era ancora il Parlamento,il quale però si trovò ad affrontare una situazione fondamentalmente differente rispetto a quella che pure aveva condotto alle riforme nel XVIII secolo.In realtà le problematiche da affrontare erano essenzialmente due:innanzitutto i forensi avevano dato fondo a tutte le proprie idee di innovazione;ed in secondo luogo,si era strenuamente convinti che esistesse del buono nel proprio tradizionalismo 2. PAG. 118 Le riforme sarebbero dovute maturate nel senso di operare una codificazione del diritto così come era percepibile nell’area dell’Europa continentale,ma questo avrebbe significato venire meno ad una regola della tradizione e chiaramente non poteva essere accettato.Ecco allora che le due parti d’Europa,i due mondi del diritto,affrontarono in modo profondamente differente gli sviluppi che si prospettarono nel XIX secolo. Le riforme prospettate abbracciarono tre settori giudiziari:

1) era necessario riformare le corti di giustizia; 2) bisognava operare la riunione di corti di common law e di Equità; 3) bisognava eliminare le forms of action.

Le prime due riforme si presentavano come contestuali,considerando che unire due corti significava anche la necessità di riformare le corti.Per quanto attiene alle corti di common law e di equità va detto che esse,in quanto complementari nei rimedi costringevano la popolazione a sopportare i costi

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di entrambi e a subire due gradi di giudizio;con la cristallizzazione delle corti di equità le stesse cominciarono a sottomettersi alla legalità,riconoscendo l’importanza del giudizio delle corti di common law,come si è detto.Questo rendeva insopportabile il dover sostenere il costo di due corti,e quindi si rendeva necessaria la loro unificazione;unificarle significava anche operare un rinnovamento nella gestione delle corti di giustizia:si operò,quindi una riforma che prevedeva il ricorso al giudice mediante l’allegazione di un documento che attestasse gli eventi della causa ed i motivi della chiamata del giudice,nonché che il sovrano potesse essere interessato a risolvere la controversia.Si accompagnò a tale riforma anche la caducazione dell’uso delle forms of action,in realtà già soppiantate dall’uso quasi esclusivo dei writs del trespass,ritenuti più efficienti;tutto ciò condusse all’abbandono dei writs ed all’utilizzo di semplici atti di citazione. Una volta che i giudici furono liberati dalle gabbie delle forms of action gli stessi ebbero maggiori possibilità di creare il diritto,e creandolo di innovarlo.Eppure questo lavoro non si presentava agevole in considerazione del fatto che giuristi cresciuti professionalmente con la cultura delle forms of action difficilmente riescono a liberarsene del tutto.Fino al XIX secolo la pratica del seguire la decisione precedente era considerata in senso razionale:un giudice che si trovasse a dirimere una controversia doveva tener in gran considerazione la decisione assunta dal giudice a lui precedente in una situazione analoga,e se così non avesse fatto sarebbe venuto meno ad un’importante regola del diritto,ossia l’uguaglianza di tutti davanti alla legge. 3. PAG.120 A partire dal XIX secolo in poi,invece,la pratica del precedente giurisprudenziale divenne una vera e propria teoria,che vincolava assolutamente il giudice,il quale doveva attenersi al rispetto del precedente giudiziario emanato da un giudice a lui precedente non perché questo rappresentasse il consiglio di un giudice più anziano o più autorevole,ma perché con lo stesso il giudice a lui precedente aveva operato la verbalizzazione del diritto,del principio consuetudinario insito fin dagli inizi nel diritto inglese.Ecco che allora il giudice non creava il diritto,semplicemente individuava la regola consuetudinaria già esistente nel tessuto giuridico,e la consacrava a regola del diritto utilizzandola nella diramazione della sua controversia (si parla di giudici che “find the law”).I giudici che operavano in base ad una simile teoria,nell’emettere la sentenza dovevano fare in modo che fosse pienamente evidente la “ratio decidendi”,ossia il principio sul quale si è basata la decisione assunta,adducendo alla stessa le proprie opinioni;spesso una sentenza del giudice poteva presentarsi ricca di opinioni sul caso,e sui motivi della decisione.Il giudice che si trovasse,successivamente,a dirimere una controversia analoga doveva tener conto solo del principio di ratio decidendi,che dunque doveva essere perfettamente individuabile;inoltre il giudice stesso (ma in generale tutti i giudici di common law) doveva conoscere approfonditamente i fatti della controversia,e doveva essere in grado di analizzarli obiettivamente in modo da individuare l’elemento che accomunava le due fattispecie,e che rendeva possibile assumere per questa la stessa decisione. 4. PAG.123 Però la teoria dichiarativa del precedente giudiziario vincolante non ha sortito effetti positivi,se si considera che la stessa è stata presto abbandonata;nata come dichiarazione che anche i giudici di common law erano legati,né più né meno,a principi di diritto positivo come quelli di civil law,la stessa ha incontrato notevoli critiche,se si considera che risulta impossibile pensare che ogni fattispecie concreta sia uguale alle altre,o anche solo a quella precedente.Eppure la teoria giudiziale del precedente vincolante ha condotto a qualche buon risultato,se si pensa che la stessa,nel prevedere che possa essere il giudice successivo a dover individuare la ratio del caso precedente,ha imposto la formulazione di alcuni principi generali di diritto,come quello dell’irretroattività delle leggi,che ancora oggi sortisce i suoi effetti.Eppure proprio una dichiarazione in senso contrario della massima corte inglese,la House of Lords ha segnato la sepoltura della teoria dichiarativa del precedente vincolante. 5. PAG.126

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Fu Blackstone ad operare una rimarcazione dei principi di common law,intricandoli nelle teorie giusnaturaliste,di stampo tipicamente romanistica:fu così che si iniziò a parlare di diritto delle persone,di contratti,di responsabilità da fatto illecito.Nati inizialmente come categorie della dottrina scolastica,essi vennero man a mano assunti come criteri del pensiero politico e giuridico,e vennero utilizzati nelle decisioni delle controversie. I giudici liberati dalle gabbie delle forms of action si preoccuparono di ricondurre questi nuovi principi in almeno due tipi di giustificazioni:innanzitutto cercare di ricondurli alla dottrina tradizionale;nonché cercare di introdurli come validamente operanti nel comune sentire del popolo.Seguendo questa strada,ed accogliendo categorie giuridiche del civil law tipiche,il diritto inglese ha operato una delle più grandi innovazioni alle quali mai potesse dar vita:quella di creare dei principi generalmente validi,ed assolutamente da tener presente nell’operare le varie decisioni giurisprudenziali.Si è potuto così studiare se l’enunciazione di principi sia da attribuire solo ad una mera elaborazione della dottrina,o se invece questa assume un valore applicativo concreto nelle regole operazionali vigenti. SEZIONE QUARTA

1. PAG.131 Attualmente il sistema giuridico inglese è articolato in modo da comprendere delle County Courts,le quali si occupano di dirimere tutte le possibili controversie che possono sorgere,affiancate dai Magistrates locali,i quali danno corso alle controversie in materia penale,ma anche in diritto civile,come ad esempio le cause di divorzio.Le corti hanno la sede principale a Londra,dove si distinguono in Supreme Court of Judicature,e nella Judicial Committee della House of Lords.Si verificano le competenze di entrambi le corti:

1) la Supreme Court of Judicature è composta da giudici scelti per la propria capacità giuridica,e non precisamente per le simpatie politiche che mostrano verso colui che sia al governo;inoltre sono nominati dal Lord Cancelliere,e la loro nomina è ratificata dalla regina,dunque è di stampo politico governativo.La Supreme Court,che rappresenta la fusione delle due corti originarie di common law e di equità,è composta al suo interno da due gradi:

a) la High Court,che viene considerata come una corte di primo grado;ha sede a Londra (benché esistano delle sedi decentrate) e si divide in:una Chancery Division,competente per le materie successorie;una Family Division,per il diritto delle persone e della famiglia;una Queen’s Bench Division,competente per le altre materie.Le sentenze della High Court sono generalmente definitive,vincolanti e con valenza esecutiva;

b) la Court of Appeal,che è ritenuta corte di secondo grado o di appello,ed è presieduta dal Master of the Roll.Essa non deve essere comunque concepita come la corte d’appello del nostro diritto,in quanto alla stessa si accede solo per produrre una eventuale decisione più matura e consapevole in merito al caso analizzato;inoltre è possibile ricorrere solo quando il soccombente ne dia atto,il giudice di primo grado rilasci un’autorizzazione definita “leave”,ed il giudice d’appello accetti il giudizio.

2) la Judicial Committee della House of Lords si presenta come una corte legislativa e non tipicamente giudiziaria.Ma posto che i giudici di tale corte non indossano la parrucca,e che le loro sentenze vengono registrate nei registri degli atti parlamentari,la sostanza non muta significativamente.Essendo essa la principale corte del sistema giudiziario inglese,le sue sentenze vengono assunte come decisioni determinanti,come vere e proprie leggi scritte e sono vincolanti per tutti gli altri giudici.

Merita ancora di essere citata la Privy Council,per quello che essa opera ancora nei confronti degli stati facenti parti del Commonwealth,e che ancora oggi ne riconoscono l’autorità.Va ricordato che le corti odierne,così come si presentano nascono nel periodo di formazione del Welfare State,quando in Inghilterra si affermò,come in tutta Europa lo Stato socialdemocratico.Questo al fine di garantire un supporto a coloro che,operando nel campo del diritto mostrassero di avere

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bisogno di strumenti semplici ed agevoli per superare i problemi legati all’esercizio della professione. 2. LE PROFESSIONI LEGALI PAG.136 Per ciò che attiene al mondo delle professioni legali,può dirsi che ancora oggi è evidente una distinzione ben nota tra i giuristi:

a) da un lato operano i barristers,avvocati di un certo rango,dotati di una forte capacità giuridica,unici legittimati ad agire dinanzi alla corte dei giudici;

b) dall’altro lato operano i sollicitors,ossia coloro che si occupano delle cause meno “nobili”,legate essenzialmente al mondo della finanza e del commercio.

Fin dal XIX secolo il barrister,poiché reputato ad un rango superiore dal sistema giudiziario,unica legalmente in grado di adire le corti giudiziarie evitava di avere contatti diretti con il cliente,utilizzando per questo tipo di incombenza l’ausilio del sollicitor,il quale si occupava di procurargli i clienti;questa posizione sarà fortemente deleteria. Infatti,con l’avvento dei commerci e con il conseguente sviluppo economico il barrister è stato sempre più emarginato dalla disputa delle controversie,il tutto a vantaggio del sollicitor.Va detto che molto spesso anche la posizione assunta dal barrister non si presentava favorevole,considerato che lo stesso,dato il suo prestigio,aveva aumentato,e di molto,il costo del ricorso ai suoi servigi;in particolare era il suo sollicitor che,non avendo alcun interesse a mal figurare dinanzi al cliente lo obbligava a nominare per risolvere la sua causa un barrister senior,indubbiamente più esperto e capace.Questo precludeva la strada al barrister junior,che aveva sempre minori possibilità di adire le corti giudiziarie:ecco che allora si rendeva necessario per il cliente che avesse scelto un senior nominare contestualmente anche un junior e sostenere così il costo di quattro avvocati.Va detto che gli avvocati che potevano presentarsi dinanzi alle corti e discutere un caso erano solo quelli che gli stessi giudici mostravano di gradire;ciò significava che il barrister era il vero e proprio portatore dei valori giudiziari,essendo totalmente devoto ai giudici che lo avevano nominato,non nascondendo loro nulla,nè le cose sgradite,né quelle che possono apparire (o che sono) contrarie alla tesi sostenuta.Va detto,inoltre che mentre i barrister sono tuttora più abituati a compiere ragionamenti e processi analogici fondando sul precedente vincolante la loro formazione,i sollicitor sono più propensi ad adottare tecniche elastiche,mutevoli tipiche della giurisprudenza americaneggiante. 3. LA LETTERATURA GIURIDICA INGLESE PAG.138 La letteratura giuridica inglese,di contro ebbe una nascita ed una crescita piuttosto precoce.Va detto che la stessa non può essere intesa nel senso più tipico del termine,definendosi letteratura giuridica esclusivamente quella che trattava materie di diritto,anche se la maggior parte delle opere non erano di certo indirizzate agli studenti,bensì ai giuristi stessi.Era infatti frequente la richiesta di coloro che esercitavano praticamente il mestiere del giurista quella di servirsi di formulari o comunque testi che potessero aiutarli nel comprendere i segreti del mestiere,fornendo loro la possibilità di studiare i dicta dei giudici.Eppure di li a poco si passò a testi che non solo raccogliessero le sentenze giurisprudenziali su cui basare la propria formazione,ma che riuscissero ad insegnare anche i primi principi,i primi approcci al diritto di common law.Un esempio lampante fu quello di St.German,il quale nella sua opera “Doctor and Student” offre la possibilità,attraverso un dialogo tra un teologo ed un apprendista giurista,di conoscere le basi del diritto inglese. L’opera tendenzialmente di stampo teoretico,era fornita principalmente ai dotti del diritto,ma la sua esposizione lineare,la sua capacità di farsi comprendere la estesero anche a coloro che si sentivano assolutamente giuristi e che si formavano come tali.Ancora esempi in questo senso furono quelli forniti da Blackstone,il quale fu il primo insegnante di diritto all’università di Oxford;i suoi scritti erano sicuramente indirizzati agli studiosi,ai discenti,a coloro che si formavano nelle università,e non certamente ai giuristi pratici,che esercitavano la professione,i quali se ne guardavano bene dal leggerli.Eppure a questi stessi si estesero ben presto,tanto che l’opera di Blackstone,i Commentaries fu giudicata come l’opera in assoluto cardine della letteratura giuridica inglese.La stessa presentava due sezione:una di diritto generale,condotta con una trattazione filosofica e tendenzialmente teoretica;l’altra,di diritto inglese,esposta in modo storicistico,in base all’evoluzione storica

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dell’Inghilterra.Fu proprio lo studio della seconda parte a dare l’avvio e l’impulso alla nascita di una fiorente letteratura giuridica,fondata essenzialmente sulla trattazione di tipo storico.Eppure l’opera di Blackstone subì notevoli critiche,specie da parte di Bentham il quale riteneva che dietro l’apparente sistematica dell’opera,si nascondevano tutte le imprecisioni e le lacune tipiche di un sistema di diritto come quello di common law,che abbisognava di notevoli riforme.Eppure nel XX secolo si assiste alla nascita della più florida letteratura giuridica inglese,per quanto la stessa sia più dedicata alla professione,che non alla dottrina,dandosi alle stampe opere filosofiche e teoretiche sul diritto solo come ulteriore apporto culturale per il giurista,che non come aiuto pratico allo stesso.Importante nella letteratura inglese è divenuta la sentenza e la sua stesura in opere che si occupano specificamente di raccogliere le sentenze delle corti giurisprudenziali,proprio perché l’unico elemento fondante il diritto di common law è la sentenza del giudice,ed in quanto tale essa merita di essere conosciuta dal giurista.La sentenza deve essere intesa come un vero strumento di cultura,se si pensa che essa fa sfoggio di tutta la preparazione culturale e tecnica del giudice che la emette,che nella stessa spiega con dovizia di particolari le propria decisione,ed utilizza un linguaggio piuttosto elevato.Inoltre la sentenza fa spesso sfoggio di essere lo strumento attraverso il quale si attua una precisa esposizione dei fatti occorsi nel giudizio (spesso sono dedicate intere pagine alla loro narrazione) e questo la rende uno strumento utilissimo per i giuristi che,specie quelli inglesi dimostrano di possedere una certa competenza nell’analizzare concretamente ed in modo puntiglioso i fatti di causa. 4. UN ESEMPIODI DIVERGENZA COSTANTE:LA LAW OF PROPERTY PAG.144 Una delle caratteristiche del diritto inglese è lo studio della law of property,termine con il quale si indicano i diritti reali,o meglio le situazioni di appartenenza.Esse vanno distinte essenzialmente in due settori:

a) la real property si occupa del recupero di un diritto che sia stato leso; b) la personal property si occupa,invece del risarcimento di un diritto leso.

Vogliamo noi occuparci della REAL PROPERTY,che deve essere ricondotta,come origine,alla nascita del sistema feudale.Nel momento in cui il sovrano concedeva ad un soggetto un feudo,questi disponeva dei servigi del vassallo,ma allo stesso tempo garantiva a questi la possibilità di soddisfarsi con il possesso del feudo:si creava dunque una situazione in cui uno stesso bene produceva vantaggi,e dunque diritti,per due soggetti differenti.Eppure il possedere il feudo non significava per il vassallo poter usufruire dello stesso,alienandolo o dandolo in subinfeudazione,poiché lo stesso era sempre di proprietà del signore che lo aveva concesso;o almeno questa era la situazione fino al 1290,quando una legge mutò tale situazione,proteggendo tutte le situazioni di appartenenza feudale (mettendo così implicitamente fine al sistema feudale stesso) e concedendo al vassallo la possibilità di alienare il suo fondo (posta l’impossibilità comunque di darlo in subinfeudazione).Questa situazione cristallizzò i diritti del vassallo tanto che lo stesso cominciò ad usufruire di prerogative costanti e sue proprie,che di li a poco crearono lo status (in inglese estate) del vassallo.Gli estate riconosciuti erano essenzialmente due,mentre tutti gli altri erano ricondotti nella loro disciplina;tra di essi si citano il “fee simple absolute”,ed il “leasehold”:

1) il fee simple absolute dà la misura del diritto di cui un soggetto gode sulla base di tre parametri:la durata del diritto;la capacità del potere di disporre;la misura del godimento possibile.In particolare il fee simple absolute rappresentava il massimo termine del diritto,in quanto era illimitato nel tempo,così come il potere di disporne per il titolare,ed il suo godimento era massimo.Dal fee simple absolute era possibile distaccare altre minori situazioni di appartenenza,le quali dovevano però sempre essere in grado,una volta riunite,di formare un fee simple absolute.La dottrina dell’estate fino ad ora sembra dunque piuttosto lineare ed agevole da comprendere;ma la situazione si complica quando alla stessa è affiancata la dottrina delle condizioni,che incidono direttamente ed in modo piuttosto forte sul diritto stesso.Le condizioni possono essere di tipo risolutivo,ed allora sono perfettamente

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compatibili con il diritto di appartenenza;oppure di tipo sospensivo,ed allora la loro incompatibilità è palese,non potendosi dare una ulteriore disposizione del diritto in esame. Inoltre,una volta concesso il fee simple absolute il diritto rimanente ancora nella disponibilità dell’originario titolare,il cd. remainder,può essere di due tipi:si qualifica “vested” quando il remainderman può ancora ulteriormente disporne,e tutelato dalle azioni contro la sua proprietà ed dalle azione di turbativa;oppure si qualifica “contingent”,ed allora il suo titolare non può ulteriormente disporne,ed è meno tutelato contro le azioni rivolte alla sua persona ed al suo diritto.La previsione di un contingent remainder è data al fine di sottoporre la disponibilità del diritto ad un limite:infatti si prescrive che alcun diritto possa essere validamente creato se non si assicura che esso diverrà vested nell’arco di 25 anni dalla morte del titolare,quando questi sia ancora in vita;ciò al fine di evitare la pratica dei fedecommessi familiari,creati con il trust;

2) il leasehold rappresenta un estate particolare,considerato che esso è stato da sempre compreso tra le azioni di personal property,ma oggigiorno si preferisce ricomprenderlo tra quelle di real property.Il leashold consiste in una sorta di contratto di affitto che il sovrano,al quale serva denaro liquido fa al vassallo,che viene posto in condizione di usufruire di un fondo fin alla data utile a produrre la scadenza del debito (term of year).Colui che si fa concedente del leasehold deve avere la possibilità di far godere del proprio estate il concessionario,il quale a sua volta deve avere una posizione giuridicamente protetta dal diritto,in modo tale da non gravare sul concedente,che in caso contrario si riterrà responsabile anche degli eventuali danni al godimento dei beni da parte del concedente.

Si passa ora ad analizzare brevemente la dottrina della personal property,anch’essa fornita di due elementi da considerare:

a) la chattels real,che comprende solo la dottrina del leasehold; b) la chattels personal,che invece comprende la disciplina di tutti gli oggetti della real property

in particolare;essa si distingue in choses in action e choses in possession.Le choses in possession sono rappresentate da tutti quei beni immateriali,tra cui si comprende il denaro,identificato come il bene attraverso il quale si compiono tutte le transazioni e si effettuano tutti i pagamenti.Ma la disciplina più interessante rimane quella delle choses in action,molto legate al modo in cui il diritto si presenti:è possibile infatti che il credito sia perfettamente esigibile,certo nel suo ammontare e dunque cedibile,e questo si qualifica indubbiamente come una chose in action.Viceversa non sembra altrettanto qualificabile in questa veste la semplice pretesa al pagamento di un credito non esigibile.

Come si è potuto constatare la real property non fonda mai il proprio oggetto su un bene materiale,ma direttamente su un determinato diritto.

CAPITOLO V L’ESPERIENZA GIURIDICA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA SEZIONE PRIMA:L’ORIGINALITA’ DELL’ESPERIENZA AMERICANA IN PROSPETTIVA STORICA 1. LA RICEZIONE DEL COMMON KAW NELLE COLONIE AMERICANE P.159

Lo Stato indipendente degli Stati Uniti d’America si è formato nel 1776,con la costituzione dell’unificazione dei primi 13 Stati,derivati da originarie 13 colonie,poste tutte sulla costa dell’Atlantico.Presto tali colonie si popolarono di coloni inglesi,scozzesi,irlandesi,che provvidero a scacciare gli americani nativi.In quel momento l’amministrazione giudiziaria si presentava molto confusa,frutto del miscuglio di atti para-legislativi e consuetudini locali presto formatisi;il che era dovuto essenzialmente al fatto che non esistevano giuristi colti che potessero

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sistemare il sistema giuridico in modo funzionale.La situazione mutò corso quando i primi studiosi del diritto americani vennero in contatto con lo studio del common law,assumendo così la consapevolezza di un preciso e stabile sistema giuridico da poter tradurre ed applicare in tutto lo Stato americano.Eppure questo processo fu fortemente ridimensionato dall’espansione dei coloni verso ovest,alle coste del Pacifico,che presentavano puntualmente gli stessi problemi delle originarie colonie in quanto all’adattamento giuridico e sociale.Tanto si è protratta questa situazione che il recepimento del common law può dirsi totalmente attuato negli Stati Uniti solo a partire dal XX secolo;e tuttavia non si è trattata di una mera imitazione,bensì di una riformulazione in canoni piuttosto originali del diritto inglese.E’ un dato lampante,e non può negarsi,che l’esperienza giuridica americana è stata tale da comportare una rielaborazione,un rivivere di quegli stessi canoni presenti nel continente europeo,nell’arco di soli 3 secoli

2. LA RILEVANZA DELLA COSTITUZIONE FEDERALE PAG. 164 Con la Dichiarazione di indipendenza,principalmente redatta ad opera di Thomas Jefferson ed

approvata il 4 luglio 1776 si manifestò l’intenzione dei suoi redattori di dotare gli Stati Uniti di un

documento che attestasse la volontà di conformarsi ai canoni del rispetto di inviolabili diritti

fondamentali riconosciuti all’uomo.Nel 1787 una convenzione di 12 gentiluomini (rappresentativi

di altrettanti Stati) decise di adottare un testo costituzionale,nel quale potessero essere indicati e

disciplinati puntualmente i diritti cui lo Stato nascente si conformava;l’equilibrio di una simile

costruzione si fondò su tre punti essenziali.

Il primo di tali punti di equilibrio prevedeva che esistesse un bilanciamento di poteri all’interno dello Stato,con la costituzione di tre poteri distinti,e diversamente governati:

a) il potere esecutivo è affidato al Presidente degli Stati Uniti,il quale è nominato per 4 anni da un consiglio di elettori indipendenti dal Congresso.Esso nomina tutti i funzionari dello Stato federale,nonchè i giudici federali;

b) il potere legislativo è nelle mani del Congresso,distinto in due branche:la Camera dei Rappresentanti,ed il Senato degli Stati Uniti. I primi restano in carica due anni;i secondi per sei:

c) il potere giudiziario è affidato ai giudici federali,nominati dal Presidente,con la ratifica del Senato degli Stati Uniti;la loro carica è a vita e durante il mandato il loro stipendio non può mai essere diminuito.

Nel corso della lunga storia degli Stati Uniti e dei tre poteri che la caratterizzano si è spesso assistito a periodi in cui l’uno sia prevalso sugli altri,in modo da accentuarsi al potere;eppure si è presto compreso che al fine di rendere la repubblica democratica sulla quale si fonda lo Stato americano più duratura possibile,è necessario che la stessa possa essere garantita dal fatto che i tre poteri descritti vivano in piena armonia tra loro ed in modo da compensarsi. Il secondo importante punto di equilibrio è costituito dall’annoso problema riguardante la distribuzione della competenza giuridica tra il governo federale,centrale,e i singoli Stati facenti parte dell’Unione.Lo scontro tra due opposti posizioni al riguardo ha dato vita a due opposti partiti politici:quello dei federalisti spinge affinchè vengano conservati più poteri possibile al governo centrale,riconoscendone la preminente autorità;quello,viceversa,dei nazionalisti moderati,pur riconoscendo il ruolo fondante del governo centrale,spinge affinchè si conservino branche di competenza ai singoli Stati,e non se ne neghi l’autorità,seppur ridotta.Il problema essenzialmente consiste nella questione dello svolgimento delle elezioni;inizialmente si pensava di permettere a

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ciascuno Stato di partecipare alle elezioni in base alla loro ricchezza fondiaria.Successivamente si è ritenuto più opportuno consentire a ciascuno Stato di partecipare al processo elettorale in modo differente sulla base della loro differente concentrazione demografica:questo permetteva a ciascuno Stato di eleggere più “rappresentanti” possibili in base al numero della popolazione,e di inviare un numero standard di due senatori alla Camera del Senato. Il terzo punto di equilibrio su cui era necessario fondare la nascita del nuovo Stato era essenzialmente quello di fondare una Costituzione rigida,che potesse essere difficilmente modificabile nel suo contenuto (una novità assoluta per il panorama giuridico dell’epoca).E’ però necessario sottolineare come i costituenti dell’epoca non erano giuridicamente legittimati ad emendare gli articoli della Costituzione,e questo significava creare nella popolazione una sorta di sentimento di fiducia verso la sostanza del loro operato,in modo che questi accogliessero i frutti della loro azione politica.Un esempio valido può essere costituito dal tentativo di proteggere il diritto di proprietà,che senza dubbio alcuno rappresenta il diritto individuale per eccellenza,nonchè indubbiamente assegnabile ad un numero ridotto di soggetti.Si poneva così il problema di far accettare un diritto che indubbiamente afferiva alla minoranza,dalla maggioranza politica e giudiziaria dei cittadini,senza per questo intaccare la base rappresentativa democratica dello Stato. 3.L’ASSETTO DELLE FONTI DEL DIRITTO SECONDO LE INTENZIONI DEI COSTITUENTI E NELL’EVOLUZIONE SUCCESSIVA PAG.169 Per consentire una vita pacifica a tali diritti,secondo i costituenti,era necessario adottare la dottrina del common law inglese,che secondo essi (ma soprattutto secondo Madison) si prestava ad una simile possibilità. D’altra parte gli interessi che erano puntualmente tratti in ballo erano così tanti da impedire realmente ad un qualsiasi processo legislativo di coordinarli tutti,e coordinandoli,di dar loro la possibilità di derogare a quanto stabilito dal common law;si trattava in sostanza di prevedere una forma di legislazione che fosse essenzialmente politica e non civile.Ma la base democratica sulla quale pure lo Stato americano si fondava continuava a prevedere che,prima o dopo,la maggioranza,e dunque anche le sue decisioni,avrebbero in ogni caso avuto la meglio.Il progetto di Madison ebbe comunque lunga vita durante tutto il XIX secolo,potendo contare su una forma di legislazione che rispose assolutamente in toto alle istanze politiche e non cittadine;eppure nel XX secolo le cose cambiarono,essendosi sviluppata la necessità per lo Stato di rispondere finalmente agli interessi della popolazione,che si manifestarono innanzitutto nella previsione di una carta costituzionale che prevedesse,nominalmente il rispetto dei diritti fondamentali ed inviolabili da conferire all’uomo.La stessa approvata nel 1789 prevedeva ben dieci emendamenti,i primi nove dei quali,approvati in via definita nel 1791,erano comunemente definiti “bill of rights” ,in quanto elencavano espressamente i fondamentali diritti dell’uomo.E’ chiaro che una simile predisposizione della Costituzione prevedeva una rigidità insita delle sue disposizioni,che potevano eventualmente essere modificate solo tramite un apposito meccanismo di revisione costituzionale. 4. JUDICAL REVIEW PAG.172 Lo stesso meccanismo della revisione costituzionale (in inglese nominato “judicial review”) risulta così divenire un elemento fondante della vita costituzionale dello Stato americano.Si riteneva che un qualsiasi giudice federale dovesse essere piuttosto preparato per avere la possibilità di assumere una decisione tale da consentirgli una valida scelta nel caso in cui dinanzi alla sua Corte si presenti il caso della possibile applicazione di due norme,l’una ordinaria l’altra costituzionale,e le due siano contrastanti;ed è altrettanto evidente che nel caso specifico il giudice sarà chiamato ad applicare l’una,e a disapplicare l’altra,nel caso specifico preferendo di gran lunga l’applicazione della norma costituzionale.Oggi il sistema di judicial review è molto radicato nel sistema americano,tanto da non consentire oltremodo una sua delimitazione di qualsiasi tipo,o la sua abolizione;ed è altrettanto pacifico che sarà sempre la norma costituzionale ad avere la meglio nell’ambito del giudizio in esame.Nonostante questo va sottolineato che un giudizio del genere non sempre,o quasi mai è

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conforme ai canoni della democraticità,considerando che esso chiaramente privilegia le dichiarazioni di volontà di una minoranza politica,piuttosto che di quella maggioritaria dei cittadini,espressa principalmente nella legislazione ordinaria.Merita di essere ricordato l’episodio che scatenò la nascita del fenomeno della judicial review:alle elezioni del 1800 vinse il partito repubblicano,segnando così la fine ultima del partito federalista al potere.Nonostante ciò la compagine guidata da Jefferson dovette attendere alcuni mesi prima di potersi insediare al governo,mesi che furono utili ai federalisti per approntare la nomina di nuove cariche a giudice federale,assegnate senza alcun controllo;si trattava come evidente di una squallida mossa politica,che non mancò di suscitare polemiche e reazioni forti negli oppositori,che peraltro risultavano vincitori alle elezioni.Ascesi al potere i repubblicani,il Segretario di Stato Madison si preoccupò immediatamente di bloccare i provvedimenti di nomina dei giudici federali,mancando di notificare una nomina a giudice federale di pace del Distretto di Columbia ad un certo Marbury.Poiché l’atto era dovuto,posto che la dichiarazione era già avvenuta in ogni sua parte,e aspettava solo di essere notificata,lo stesso Marbury adì la Suprema Corte,in primo grado.Nel momento in cui la stessa Corte avrebbe dovuto pronunciarsi favorevolmente nei confronti di Marbury,la sentenza cambiò corso,in quanto la legge ordinaria su cui si basava il procedimento era in contrasto con un emendamento della Costituzione,che prevedeva la possibilità di adire la Suprema Corte in primo grado solo in alcune ipotesi,che chiaramente non riguardavano il caso di Marbury;da questo momento in poi qualsiasi contrasto tra norma ordinaria e norma costituzionale sarebbe stato sempre risolto a favore della seconda. 5. LE RIFORME E L’ORGANIZZAZIONE DELPROCESSO NELL’ESPERIENZA AMERICANA PAG.177 La cultura giuridica americana sospingeva essenzialmente per l’adozione dei modelli di common law,ma in realtà questa forma di adeguamento ai canoni dello stesso non fu mai completata in tutte le sue parti posto che notevoli furono le riforme al sistema giuridico americano una volta che al potere si affermarono i repubblicani.Basti pensare che ben presto si affermò l’esigenza di eleggere da parte dei cittadini i giudici federali,e non più di nominarli ad opera del Capo dello Stato,diminuendo così il criterio di professionalità sul quale si basava la scelta,ma incrementando il potere democratico. D’altra parte si rendeva sempre più necessario apprestare un modello giudiziario che potesse essere compreso da tutti i cittadini in forme chiare e semplici,così come prospettato dall’avvocato di grido David Filed nel suo Field Code.In esso erano previsti tre punti essenziali della riforma:

a) eliminare le forms of action; b) unificare il processo di common law e quello di equità; c) generalizzare la procedura di discovery.

E questo molto prima che gli stessi meccanismi si verificassero anche in Inghilterra. 6. LA LETTERATURA Negli Stati Uniti il successo della letteratura giuridica di stampo inglese,e si pensa soprattutto a Blackstone fu assolutamente più eclatante che non nella stessa Inghilterra;e partorì anche orde di imitatori,che sulla scia dei Commentari dell’autore,composero molte opere di trattatistica.Il successo letterario americano,assolutamente inaspettato in Inghilterra,fu conseguenza di almeno due ordini di motivi:in primo luogo è assolutamente da tenere in conto che la letteratura,in uno Stato tanto vasto,dove i centri di cultura giuridica erano sempre così tanto dislocati l’uno dall’altro,era l’unico veicolo di cultura e di apprendimento per coloro che aspiravano alla professione forense;in secondo luogo i giudici federali erano tendenzialmente scelti alla carica dal rango degli avvocati più esperti,la cui maggiormente spiccata professionalità poteva essere un elemento valido per la nomina,ma che sapevano ben poco della professione che erano chiamati a svolgere,ed in questo caso il ricorso alla letteratura era provvidenziale. 7. L’INSEGNAMENTO UNIVERSITARIO PAG.181 Ma la semplice e solitaria lettura dei testi letterari non sempre era da considerarsi valido strumento di apprendimento per i nuovi giuristi;anzi il fatto che potesse darsi la presenza di qualcuno che si

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occupava di insegnare loro i precetti della dottrina,di spiegare i testi letterari letti era di gran lunga da preferirsi.Nacquero così le prime scuole serali,frequentate da molti studenti,in corsi che duravano poche ore nel corso di un anno,e che si basavano sul riassunto e spiegazione dei testi letterari adottati.Fu Langdell a comprendere l’importanza di questo tipo di insegnamento,ed inizio ad apportare le prime modifiche in tal senso alla Law School di Harvard.Le principali riforme furono quelle inerenti la più impegnativa ammissione a tale scuola forense;la durata dei corsi da uno a due anni,per poi passare a tre;l’esigenza che gli studenti leggessero prima della lezione le sentenze giurisprudenziali delle Corti,principale argomento di studio,per poi rendere più proficuamente a lezione;la sostituzione dei docenti,da avvocati e giudici in pensione,a giovani brillanti dediti esclusivamente all’insegnamento.Era teoria di Langdell che dallo studio del diritto era necessario trarre i principi generali,che potessero essere posti alla base di ogni tipo di ragionamento giuridico,e ciò era essenzialmente opera di uno studio scientifico della materia,operato da un giurista che non fosse solo pratico,ma anche studioso della materia:insomma un giurista che fosse anche scienziato,e soprattutto docente.Si rendeva inoltre necessario per il giurista formarsi essenzialmente nelle università,luogo di studio in cui nasceva e si sviluppava la cultura generale della nazione;e soprattutto il contatto con la cultura generale era necessario al giurista.Dopo quella di Harvard,le scuole giuridiche fiorirono a vista d’occhio,creando un meccanismo di gran lunga superiore,ed anteriore nel tempo a quello inglese. 8. IL RINNOVAMENTO DELL’ESPERIENZA AMERICANA PAG.185 Inizialmente il metodo langdelliano produsse i suoi frutti,considerato che tutti i laureati della scuola di Harvard e di altre Law Schools occuparono i posti più prestigiosi dal punto di vista professionale;che le decisioni assunte nella dottrina universitaria divennero uno dei formanti del diritto americano;e che la raccolta e la formalizzazione di principi generali del diritto,di li a poco si qualificò quale realmente utile. Eppure,nonostante tutto,la dottrina langdelliana non mancò di mostrare la sua fragilità:fu con l’introduzione della pratica del Restatement che tutta la sua costruzione logica si scompose.Il Restatement,introdotto dall’American Law Institute,era previsto come lo strumento attraverso il quale poteva carpirsi la regola giuridica generale dai vari prodotti giurisprudenziali delle Corti,e poi sistemarli in schemi ordinativi,chiari e precisi,di facile e generalizzata applicazione.La stessa volontà di comprendere i principi generali del diritto in qualcosa di organico,in una struttura precisa e coordinata mentiva sulla concezione per cui il common law avesse in se stesso,insito un principio di logicità ordinante del diritto stesso.La nascita di queste forti contraddizioni condusse presto ad un mutamento,che prevedeva un metodo di indagine mutuato da altre scienze sociali,quale può essere la sociologia;era necessario studiare in modo dettagliato soprattutto il caso presentatosi,i fatti oggetto della causa giudiziaria,per poi passare allo studio di tutti i possibili casi giurisprudenziali,e non solo di quelli nei quali si è inteso scorgere dei principi fondamentali che non esistono in alcun caso.Il giurista modello deve saper studiare e ricondursi sempre al “legal process”,ossia all’individuazione di tutti quei meccanismi che conducono ad una data decisione giurisprudenziale. 9. NEW DEAL PAG.187 L’impatto con il sistema del New Deal fu ciò che maggiormente scosse il sistema giuridico americano.Con lo stesso si voleva perseguire l’obiettivo di creare un forte interventismo dello Stato nella vita economica del Paese,creando così contestualmente una fitta rete burocratica,sempre più complessa,che necessitava di operatori preparati,i quali non parlavano certamente il linguaggio del common law tradizionale,bensì quello delle esigenze economiche e sociali dello Stato.Molte delle leggi emanate dal primo governo Roosevelt erano rivolte a derogare quanto previsto dal common law,indicato come il simbolo del laissez faire economico,della più ampia corruzione.Eppure quasi tutte le prime forme legislative del governo di Roosevelt trovarono l’opposizione della Corte Suprema,che in difesa di un esigenza più politica che giuridica (proteggere anche gli interessi delle minoranze proprietarie) le abolì quasi tutte,bollandole come incostituzionali.Solo quando fu il popolo ad esprimersi a favore del governo di Roosevelt,indicando la necessità che lo Stato entrasse a far parte della vita economica del Paese la Corte dovette fare marcia indietro consentendo il

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ricorso ad una politica interventista,che seguitasse a difendere i diritti della maggioranza dei cittadini,e si preoccupò di riabilitare molte delle norme precedentemente dichiarate incostituzionali.Le norme emanate dal Governo erano chiaramente atte a derogare quanto precedentemente attuato dal common law,e ad esecrarlo come strumento essenzialmente nocivo per la società americana.Ciò che venne in maggior risalto fu la nascita e lo svilupparsi di una sempre più ampia burocrazia,con la creazione di numerose agenzie,le quali si occupavano di far rispettare le norme emanate in campo economico,gestendo tutto l’apparato burocratico ad esse inerente,e giudicando in caso di lesione delle predette norme:questo significava che le stesse agenzie si trovarono a svolgere più compiti tra cui quello legislativo.Ed era proprio questa confusione tra i vari compiti degli organi dello Stato a generare maggiori difficoltà per lo svolgimento delle professioni forensi;in particolare la figura dell’amministratore pubblico dovette essere inventata,indicata come colui che opera nel giusto,che riesce a trovare soluzioni innovative per la risoluzione dei problemi più disparati,che si forma nelle più alte università dello Stato.La legge di li a poco divenne solo quella scritta e prodotta dalle varie fonti (Congresso,Agenzie,Corte) e l’unico compito del giurista era quello di interpretarla. SEZIONE SECONDA: LE FONTI DEL SISTEMA AMERICANO ATTUALE 1. IL SISTEMA GIUDIZIARIO Oggi gli Stati Uniti d’America si presentano come uno Stato federale,ed è dunque ovvio che esistano varie giurisdizioni,ossia quelle inerenti ai singoli Stati,e quella dello Stato federale:ad oggi esistono dunque ben 51 diversi sistemi giuridici.Il problema principale è quello della competenza tra la corte federale,e quelle dei singoli Stati.In particolare ogni Stato è organizzato secondo una tripartizione in tre gradi,comprendente al vertice la Corte Suprema federale (che per quanto appellata con nomi diversi,presenta sempre la stessa sostanza).Tale tripartizione comprende:

a) i Districts Courts che rappresentano proporzionalmente la popolazione; b) le Corti federali di Appello,organi di secondo grado; c) la Corte Suprema federale,che è posta al vertice della piramide.

La distinzione più importante è comunque quella che concerne le Corti di primo grado,definite generalmente Trials Courts,che giudicano sia in fatto,che in diritto;e quelle di secondo grado,definite Appelate Courts,che giudicano solo in diritto.Va inoltre detto che tutta la materia inerente la procedura civile americana,decisa in sede di governo federale, è stata oggi adottata uniformemente dai singoli Stati che formano l’Unione. 2. LA LEGISLAZIONE STATALE E FEDERALE PAG.193 Per quanto attiene al riparto delle competenze giuridiche e legislative tra lo Stato federale ed i singoli Stati che compongono l’Unione,si prescrive che in tutte le materie espressamente indicate dalla Costituzione,ed espresse con la nomenclatura di “commerce code”,nonché nella materia dei diritti fondamentali sia competente lo Stato federale.Proprio perché non si disconosce il potere dei singoli Stati di legiferare per alcune materie,si dispone che in tutti gli ambiti dove non intervenga la legislazione federale,possano intervenire i singoli Stati,i quali mostrano competenza anche per ciò che attiene determinate discipline non adeguatamente regolate dalla federazione,pur essendo a questa competente.Ecco perché essenzialmente nelle materie del diritto privato concorre alla legislazione la legge del singolo Stato. 3. IL PROBLEMA DI UN COMMON LAW FEDERALE PAG.195 La Corte federale sembra avere dunque competenza per tutte quelle materie assegnategli dalle previsioni costituzionali,o dalla stessa legge federale,o ancora dai trattati internazionali firmati dagli Stati.Ciò però non esaurisce le materie nelle quali tale Corte è chiamata ad intervenire in virtù della sua specifica posizione:si pensi ai casi in cui siano coinvolti in controversie ambasciatori,consoli o ministri;oppure quando sia lo stesso Stato federale ad essere coinvolto in controversie varie.Ma l’ipotesi più nota e frequente è quella che attiene al caso in cui in controversia cadano un cittadino

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ed uno straniero.Si è sempre predisposto che,nel caso in cui la legislazione di un singolo Stato non preveda una norma per regolare una caso di “diversity clause”,la Corte federale non deve ricorrere ad un principio di common law insito nella stessa legislazione dello Stato,bensì deve creare da se medesima il diritto da applicare,dando vita così al cd. federal common law,un diritto comune che unisce le decisioni dei giudici federali in tutto il territorio.Partendo dall’assunto che il diritto debba essere unitario ed unico,così come unitaria ed unica si presenta la Nazione americana,risulta necessario ricorrere ad una previsione del genere,e tutto sommato la stessa non sembra neppure troppo impossibile da realizzarsi.Eppure la stessa non ha mancato di suscitare polemiche sulla sua applicazione,fino al punto di condurre all’abbandono dell’ipotesi di adottarla,e alla dichiarazione della stessa come incostituzionale,posto che si rischiava seriamente di operare una discriminazione dei casi in base alla mancanza o meno del requisito della diversità della cittadinanza. E’ pacifica comunque la riflessione che nel momento in cui un giudice statale si trovi a dover applicare due norme,l’una statale l’altra federale,che siano divergenti lo stesso attuerà la norma federale;inoltre nel momento in cui si rende necessario operare sulla base della norma federale,risulta altrettanto consono basare le proprie scelte tenendo presente anche la produzione giurisprudenziale stessa della Corte federale,questo in previsione del fatto che,in un sistema di common law come quello americano,non solo è necessario recepire la più tipica tradizione legislativa,ma anche quella giurisprudenziale. 4. LO STARE DECISIS NEL SISTEMA ATTUALE PAG.199 Nell’ambito giurisprudenziale va detto che per un certo periodo di tempo,che va dagli anni settanta del XIX secolo agli anni trenta del XX secolo,anche negli Stati Uniti si era diffusa la pratica del precedente giurisprudenziale vincolante.La pratica dello stare decisis ha sempre previsto che le Corti dei singoli Stati si attenessero fermamente alle proprie precedenti sentenze giudiziarie,in modo da creare una certa stabilità e certezza del diritto;una simile previsione si è però subito rilevata impraticabile,in quanto essenza del federalismo è proprio la possibilità concessa ad ogni singolo Stato di adottare la giurisprudenza di un altro Stato,qualora la ritenga più consona alla sua disciplina.Le singole Corti statali,pur aderendo inizialmente a tale principio,hanno poi preferito distaccarsene,adottando la medesima misura della Corte Suprema federale:la stessa si è da sempre rifatta al principio dell’”overruling”,una pratica che consente di dissentire da precedenti posizione giudiziarie assunte,in nome della possibilità per la stessa Corte di cambiare opinione sul caso,oppure dell’aver commesso essa stessa degli errori.Va però considerato che mentre per gli organi supremi,o comunque posizionati ad un livello più elevato della scala gerarchica risulta notevolmente semplice decidere di non aderire a proprie decisioni precedentemente assunte,per coloro i quali operano il diritto ad un livello meno elevato,se non addirittura alla base della piramide risulta tendenzialmente più difficile venire meno ad una precedente disposizione giurisprudenziale,assunta da un organo di vertice,anzi lo stesso è sempre più spesso tenuto ad applicare necessariamente una simile disposizione.In virtù della tecnica dell’overruling ,va detto,ad onor di cronaca,che molte sono state le tecniche innovative adottate come espedienti alla regola dello stare decisis:basti pensare alla pratica del “prospective overruling”,ossia una pratica attraverso la quale il giudice pur riconoscendo la regola di nuova concezione,per la diramazione di quella specifica causa preferisce continuare ad adottare la regola di vecchio stampo,posto che la questione in controversia è nata principalmente sulla base di quella norma,sulle quali le parti fanno legittimo affidamento.Altra clausola che impedisce l’applicazione del principio dello stare decisis è quella che concerne le eventuali posizioni concorrenti che i giudici assumono,in formazione collegiale,nell’ambito della diramazione di una controversia;essenzialmente difettano nel sistema giudiziario americano le opinioni dissenzienti,mentre sono molto diffuse le posizioni che pur attagliandosi alla maggioranza (per lo più al fine di formarla adeguatamente),vengono però motivate in modo diametralmente opposto rispetto alle decisioni assunte dagli altri giudici.E’ chiaro che in un sistema così ordinato risulti sempre più difficile adottare la pratica dello stare decisis,in considerazione del fatto che risulta gravoso individuare il famoso precedente giudiziario,la ratio decidendi del caso;è possibile,anzi è necessario considerare il precedente vincolante come un

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parametro attraverso il quale risulta possibile predicare la certezza e la stabilità del diritto,ed anche impegnarsi per continuare a fare in modo che la stessa persista nel tempo. 5. GLI STATUTES PAG.202 Inoltre va considerato che negli Stati Uniti la legislazione ha sempre avuto il suo ruolo portante,i Parlamenti hanno sempre prodotto leggi,leggi che vengono considerate come un importante formante del diritto,tanto da dover essere tenuta in assoluta preminente considerazione dai giudici ed applicata in ogni sua forma. D’altra parte se prima la legge,e in special modo il common law venivano considerati come intoccabili ed immutabili,oggi si assiste ad una generale legislazione del diritto,tanto che lo si considera come assolutamente,e necessariamente plasmabile,in virtù della necessità di adeguarlo al vivere sociale in continuo mutamento.Esempio lampante del processo di legislazione è stata l’emanazione dell’Uniform Commercial Code (UCC),adottato quasi interamente,da tutti gli Stati dell’Unione americana.Lo stesso si presenta come un codice di leggi,nel senso europeo continentale del termine,anche se non mostra segni di dogmaticità tipici dei codici europei,ma è decisamente più sistematico.La sua struttura presenta 9 articoli,corrispondenti grosso modo a nove libri dei nostri codici,e dello stesso la National Conference,che ne ha proposta la redazione,offre una revisione ed un aggiornamento.Il punto focale però sul quale si concentra l’importanza del lavoro della Corte è quello inerente la necessità di interpretare le norme emanate,e proprio sui diversi criteri di interpretazione possibili dovrà concentrarsi la nostra analisi. 6. LA LORO INTERPPRETAZIONE PAG.206 Generalmente la emanazione di una norma di legge è operata dal Parlamento al fine di correggere un errore del common law:tali emanazioni prendono il nome di “Statute”.Qualora risulti arduo per il giurista interpretare in modo chiaro il senso letterale dello Statute,basterà che lo stesso si preoccupi di individuare l’errore insito nel common law,e che lo Statute voleva sanare,e questo risultato avrà esaurito l’operazione di interpretazione.Non così semplicistico sembra invece condurre una analisi interpretativa della Costituzione,in virtù del fatto che la stessa presenta dei principi generali,o diritti fondamentali che dir si voglia,per i quali è necessario operare una analisi più attenta e specifica.Tali principi vengono indicati come gli elementi di ogni singolo emendamento,le “clauses”,clausole generali sulle quali si stratifica la giurisprudenza della Corte federale.Tale forma di interpretazione ha fatto si che il documento della Costituzione fosse da un lato tendente a disciplinare i diritti fondamentali,anche in chiave innovativa;e dall’altro sia tendente ad assumere una posizione più attardata,più chiusa verso le nuove istanze,posto che lo strumento della Costituzione si presenta alquanto variabile.Molto spesso si verifica che il periodo di pura creazione giurisprudenziale che accompagna l’operato della Corte si arresti,per permettere un momento di consolidamento dei risultati raggiunti nell’ opera di interpretazione,così come si è compreso che la Costituzione necessita di un attività interpretativa che esuli dalla mera considerazione del principio adeguatamente applicato al caso concreto.Anzi essenzialmente l’azione di interpretazione della Corte deve assolutamente condurre alla possibilità di verificare che le regole operazionali ricavate dal testo si adeguino ai principi generali e fondamentali di cui si informa la legge dello Stato. 7. LE FONTI DI COGNIZIONE PAG.210 Per ciò che attiene all’analisi del problema delle fonti di cognizione del diritto americano,basti pensare che le stesse sono molto numerose e pongono essenzialmente problemi di classificazione.Uno degli strumenti sui quali maggiormente si concentra l’attenzione degli studiosi,e che è visto come un valido aiuto alla semplificazione del diritto è quello del Restatement,inteso come lo strumento principale attraverso il quale ricercare non può esplicitamente le regole generali del diritto,bensì gli ultimi trends evolutivi del diritto americano così come sono predisposti dalla giurisprudenza della Corte federale,e per ciò stesso raccolti in modo sistematico.Il restatement non è mai un testo giurisprudenziale,o una raccolta di casi,ma si presenta sempre come un testo legislativo,forse da poter intendere come un nostro codice civile,seppur non dotato di quella dogmaticità tipica degli stessi.Esso si presenta come uno strumento ibrido,a metà tra la legge,ed il caso giurisprudenziale;tra le fonti autoritative e quelle di cognizione,ma fondamentalmente pur

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sempre una legge.Le sentenze,copiosamente pubblicate dalla Corte federale,sono contenute in tre apposite raccolte,la più citata delle quali è la Union States Report (U.S.);per ricercare una sentenza è necessario sapere che la stessa è indicata con il nome delle parti contendenti;con il numero del catalogo di U.S. sul quale è presente;il numero del capitolo che la contiene;la data di emissione della sentenza.Il National Reporter System si preoccupa di dividere il territorio nazionale in sette circoscrizioni (escluse New York e la California,dotate di una raccolta autonoma),ognuna dotata di uno strumento di raccolta e diffusione delle sentenze.Attualmente è possibile reperire le sentenze anche attraverso l’ausilio di banche dati elettroniche:sono due i sistemi in funzione,ossia Lexis e Westlaw le quali offrono la possibilità di ricercare le sentenze della Corte nel proprio archivio elettronico,immettendo una semplice richiesta di ricerca,che il server tramuterà in una conseguente striscia di ricerca.Da tali motori di ricerca è anche possibile ricavare risorse enciclopediche o più strettamente giuridiche.Per ciò che attiene invece allo sviluppo della letteratura va detto che la trattatistica,attraverso la quale la letteratura americana è fiorita è del tutto appassita oggi,così come è venuta meno la funzione del manuale,definito Hornbook.Si sono sempre più diffusi i manuali in forma ridotta,definiti nutshells,che pur contenendo le stesse trattazioni,non riusciranno mai ad avere la stessa autorevolezza.Si contano anche i famosi Casebooks,che accanto ai casi giurisprudenziali comportano anche la trattatistica di alcuni argomenti riuscendo così a sopperire all’autorevolezza di alcuni Hornbooks. 8. GLI ORIENTAMENTI DELLA CULTURA ACCADEMICA E DELLE PROFESSIONI LEGALI PAG.215 Va detto che attraverso l’analisi economico giuridica il giurista ha sviluppato la possibilità di prevedere eventi fattuali della realtà,e di analizzare più adeguatamente il caso concreto che si presenta alla sua analisi.Eppure lo studio economico dà la possibilità di prevedere sì eventi che prima erano assolutamente fuori dalla portata del giurista,ma dà altresì la misura di quanto una simile analisi possa essere fallace,se una volta confrontata e sperimentata nella realtà si mostri assolutamente incoerente con la realtà dei fatti.Uno dei principali difetti che mostra tale dottrina è quella di non attenersi in alcun caso ai principi dell’ordinamento,ma solo di verificare le spinte economiche e sociali che si presentano nella realtà.In tutt’altra direzione sono rivolti i criticals,abbreviati in crits,che si qualificano anch’essi come strumenti di analisi del reale,ma che riescono ad assumere una posizione più aderente alla realtà e danno minori possibilità di errore.Il loro scopo è quello di condurre una analisi aderente con lo studio dei principi,analizzando quelli espressi ed inespressi della Costituzione,ponendo a base delle sue analisi i valori dell’uguaglianza e dell’equità,nonché in generale tutti quelli connessi ai diritti della personalità.Per ciò che attiene le modalità attraverso le quali si rende possibile svolgere la professione di avvocato,va detto che la stessa è finalizzata al conseguimento di una laurea (degree),che viene rilasciata dalle circa 170 law schools sparse sul territorio.E’ chiaro che un numero così elevato di scuole giuridiche crea una notevole competizione tra le stesse ed anche una forte classificazione per individuare quali siano le scuole di maggiore preminenza nel panorama americano;si distinguono dunque scuole di elite,e scuole di secondo grado. L’ammissione alle law school avviene sulla base dei punteggi ottenuti nel test svolto a base nazionale,ed uguale per tutti;colui che avrà ottenuto un punteggio alto avrà la possibilità di essere ammesso alle migliori scuole,mentre gli altri,chiaramente dovranno aspirare alle scuole di più basso rango.La differenza di grado tra le diverse scuole è principalmente dovuta al fatto che nelle scuole più prestigiose vi è la possibilità di trovare insegnanti più prestigiosi e di fama,a differenza delle altre.In questo modo si crea una sorta di circolo vizioso che condurrà ad una classificazione standardizzata delle due forme di scuola.Lo studente educato nella scuola di prestigio sarà abituato ad un ragionamento più critico ed analizzatore verso i problemi giuridici,ma sicuramente sarà altrettanto dotato di minori capacità pratiche,rispetto ai suoi colleghi,ed in via assolutamente eccezionale nel panorama giuridico pratico americano sono richieste all’avvocato poche capacità di filosofeggiare,e molta dialettica,nonché doti di diplomazia e la capacità di dialogare con due figure centrali del sistema giuridico americano,il giudice ed il burocrate.Anche i

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giudici che adiscono la Corte non sono particolarmente dotati di una cultura intellettuale,benché informati ai criteri della certezza e della stabilità del diritto. SEZIONE TERZA:BREVI CENNI ALLE ALTRE ESPERIENZE DI COMMON LAW

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Esistono anche altri paesi del mondo che implicitamente,o direttamente si rifanno alla dottrina del common law,o quanto meno permettono che essa conviva accanto alla tradizione romanistica del diritto,della quale pure godono.Tra i Paesi in esame elenchiamo alcuni dei più importanti: SCOZIA La Scozia è considerata generalmente uno Stato a tradizione giuridica di civil law,che subisce notevoli influssi dalla dottrina inglese di common law;in realtà sarebbe più corretto dire che si tratta di un diritto misto,dove ad originari influssi di common law si sono uniti anche dottrine di civil law.In effetti fino al XIII secolo la Scozia ha recepito solo ed esclusivamente diritto inglese,ma percependosi la mancanza del common law nell’adeguarsi ad alcune dottrine e prerogative del diritto scozzese gli studiosi preferirono rivolgersi ai canoni del diritto romanistica e canonistico.Il vero e proprio impatto del diritto inglese sulla tradizione giuridica scozzese avvenne con la fusione dei due regni e l’ascesa al trono di Giacomo VI di Scozia (ossia Giacomo I di Inghilterra).Per lungo periodo la House of Lords ha emesso sentenze che pur estendendosi anche al diritto scozzese non ne tengono presente le peculiarità e le particolarità tipiche di ogni diritto autoctono.La parificazione legislativa è sicuramente il più grande risultato ottenuto in questo ambito,e questo influisce moltissimo sul veicolamento di leggi di common law,che conducono a soppiantare le leggi di civil law,pur originariamente esistenti. IRLANDA DEL NORD L’Irlanda del Nord,per quanto politicamente indipendente dall’Inghilterra mutua dalla stessa le sue strutture e le sue dottrine giuridiche,riprodotte in quasi tutti i settori della vita giuridica irlandese. All’atto della dichiarazione d’indipendenza si spinse affinché potesse darsi una divisione anche delle strutture giuridiche,ma ciò in realtà non avvenne. AUSTRALIA L’Australia ha acquisito l’indipendenza dall’Inghilterra,di cui costituiva colonia,nel 1932 con l’emanazione dello Statute of Westminster;l’unico legame con la corona britannica è di tipo personale,ossia la regina d’Inghilterra è anche regina di Australia,ed è rappresentata in loco da un Governatore.Per il resto la dottrina giuridica australiana,pur essendo influenzata ed ispirata al common law inglese,vive sempre più il contatto con la più vicina America (intesa questa come gli Stati Uniti),dalla quale ha mutuato l’adozione di una Costituzione;la tecnica del judicial review;molti formanti giuridici,nonché la letteratura di tipo trattatistico.Dal punto di vista più tipicamente legislativo le leggi australiane,per quanto ispirate a quelle inglesi,presentano notevoli caratteri di diversità,dovuti al fatto che l’acquisita indipendenza ha fatto chiaramente il suo lavoro di diversificazione. NUOVA ZELANDA L’esperienza della Nuova Zelanda è invece più conforme a quella inglese,soprattutto dal punto di vista costituzionale,posto che anche questo Stato non si è dotato di una Costituzione scritta.Anche dal punto di vista legislativo si avverte moltissimo la vicinanza al diritto inglese. CANADA Il Canada fa formalmente parte del Commonwealth ed è legato alla corona britannica da un punto di vista personale,dunque i modelli giuridici sono essenzialmente quelli inglesi,per quanto la vicinanza geografica con gli Stati Uniti e la presenza dello Stato del Quebec,di chiaro stampo francofono

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(dunque anche nel diritto) creano qualche incongruenza e qualche influenza contraria di troppo.Il Canada si dota di una propria Costituzione nel 1982 e presenta una strutturazione delle Corti giudiziarie ordinate secondo due gradi di giurisdizione,cui sovrintende la Federal Court of Canada.Lo Stato è formato da 10 Province,dunque è una federazione di Stati,e si prevede una ripartita competenza giuridica in determinate materie;in particolare le materie di competenza degli Stati sono espressamente enunciate,mentre tutte le altre sono di competenza federale.Lo Stato del Quebec è riuscito a dotarsi di un proprio autonomo codice civile,anche piuttosto innovativo rispetto a quelli tipici europei;lo stesso comprende ogni possibile nuova istanza giuridica,ed ogni più attuale trend formativo.Viceversa il Canada anglofono non ha nessuna intenzione di adottare un codice civile,e fonda la sua giuridicità sul principio del precedente vincolante (principio tra l’altro non totalmente aberrato dalla parte di Canada che è invece francofona). SUD AFRICA In Sud Africa è resistito,ed ancora oggi vige,il sistema giuridico della cd. Roman Dutch law,ossia tutte quelle dottrine giuridiche vigenti nelle ex colonie olandesi,e confacenti al diritto olandese del XVII e XVIII secolo.Quando il Sud Africa divenne una colonia inglese,a poco a poco furono introdotte nuove dottrine di common law,che pur facendo rimanere formalmente in vigore il diritto fino ad allora vigente,si mescolarono a questo,conferendo al diritto sudafricano una valenza piuttosto ibrida.Attualmente è difficile affermare con certezza verso quale dei due modelli il diritto in esame potrà spingersi. STATO DI ISRAELE Fino al 1917 la Palestina è stata una colonia dell’Impero ottomano,e come tale al suo interno era da ravvedersi una dottrina giuridica ispirata alla Majalla:la stessa presentava una commistione di diritto islamico,arabo-turco,con influssi codicistici europei.Quando nel 1917 la Palestina divenne colonia inglese,questi confermarono la vigenza della Majalla,ma previdero che in caso di lacune della stessa i giudici dovessero affidarsi ai principi di common law e di equità.Nel 1948 venne costituito lo Stato di Israele,ma altri più fondanti problemi (che tra l’altro ancora oggi attanagliano questo Paese) fecero passare in secondo piano la possibilità di discutere dell’assetto giuridico da dare al Paese,facendo rimanere vigenti i sistemi fino ad allora presenti,senza considerare poi l’influsso della dottrina di civil law introdotta da giuristi che provenivano da studi in Europa continentale e che perciò l’avevano introdotta.Attualmente la polemica più in auge è quella che riguarda la necessità di codificare o meno,e benché nello Stato di Israele siano presenti delle leggi organiche su argomenti di civil law,come i contratti,la proprietà,le successioni,manca ancora la possibilità di darne una codificazione precisa;inoltre è sempre più accentuata la vicinanza alla dottrina americana statunitense,con la quale condivide l’uso della lingue inglese,qui utilizzata come seconda lingua nel lavoro. LE RADICI COMUNI DELLE ESPERIENZE DI CIVIL LAW 1. IL CONTESTO STORICO Il civil law,come dottrina giuridica non nasce dall’esperienza politica,né dagli influssi del potere,posto che proprio la crisi del potere politico rappresenta il terreno più adeguato dove il civil law è potuto svilupparsi.Va detto che in questo periodo storico,e siamo nell’alto Medioevo,molte furono le spinte innovatrici nel campo giuridico,dalla nascita del sistema feudale,all’istituzione di strutture eterne e poste da Dio,o almeno così si pensava;tutti fattori che non presentano linee di continuità con la tradizione giuridica del passato,e soprattutto con quella romana,e questo aveva posto nell’animo degli uomini la volontà,o l’illusione,di poter creare una nuova partenza del sistema giuridico,del tutto originale rispetto a quella originaria.Questo non fu però possibile,in almeno due occasioni:nell’VIII secolo l’Impero carolingio finì miseramente,così come quello romano germanico degli Ottoni,sotto le spinte centrifughe delle signorie locali,che operavano come realtà locali forti e quindi come destabilizzanti di un potere unificante.Inoltre va ricordato che in questo

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periodo si prospettava la suddivisione in classi sociali,che poi divennero dei veri e propri status cittadini,di tutta la popolazione:e tali classi sociali furono quelle del clero,dei nobili e dei lavoratori,che costituivano l’ordo cittadino.La produzione giuridica più pregevole,nata in questa congerie di situazioni storiche è quella della “scientia juris”. 2. GLI ESORDI DELLA SCIENTIA JURIS PAG.238 La prima scuola dove fu possibile apprendere la scientia juris era quella di Bologna;ed il primo docente di essa fu Irnerio,come è noto. L’afflusso di studenti stranieri che erano desiderosi di studiare il diritto fu notevole,tanto da necessitare la suddivisione degli stessi in due universitates:una di citramontani,composta da Toscani,Lombardi,Campani,Laziali;l’altra di ultramontani,che raggruppava ben tredici nationes europee.Gli studenti della scuola di Bologna erano spinti a seguire un insegnamento sistematico,che ordinasse le trame del diritto in modo da dare loro una sistemazione organica,rispondente al bisogno di ordine che abbracciava l’Europa nei secoli XI e XII. Ma era anche altrettanto vero che dalla scuola di Irnerio,e dalle altre università che sorsero per imitazione non uscivano giuristi pronti per la professione,bensì dei dottori,sapienti del diritto;anzi poiché la scuola forniva la licentia docenti,si presuppose che gli studenti della stessa fossero preparati per l’insegnamento.Nelle nuove università sorte vanno a confluire anche coloro che desideravano divenire notai,non più formati nell’ambito delle corporazioni,dove insegnavano notai più anziani e decaduti dall’incarico. 3. LA SCIENTIA JURIS ED ILPROBLEMA DELLA LEGITTIMAZIONE PAG.240 IL problema principale che si presentava per tali giuristi era quello della legittimazione:gli stessi erano indubbiamente dotti,scienziati del diritto,ma mancavano della legittimazione costituzionale a jus dicere.Lo stesso Irnerio riuscì ad acquisire autorevolezza nel momento in cui riuscì a convincere i suoi interlocutori dell’abilità intellettuale che gli era propria e che gli consentiva di ridurre in ordine tutta la scienza giuridica del tempo.In tutto il periodo illuministico l’operato dei giuristi fu indirizzato a questa conclusione:tutto poteva essere studiato mediante la ragione,in quanto esisteva nel vivere sociale un ordine insito,per il quale tutti coloro che avessero la possibilità di sfruttare il proprio intelletto potevano considerarsi capaci,e dunque legittimati ad operare secondo il diritto.La base principale del periodo che stiamo analizzando è quella inerente il ruolo del giurista stesso,che si presenta come un interprete dotto;di cui può dirsi che egli era interprete poiché non creava,né ricercava la norma,semplicemente la traeva da un testo già scritto ed autorevole;si qualifica dotto poiché la sua tecnica interpretativa si basava essenzialmente su dottrine filosofiche di stampo medioevale.Il grande merito dei giuristi dotati di tali attribuzioni era quello di interpretare un testo,non solo legittimandolo ma addirittura ergendolo a testo sacro,immediatamente vigente nell’ordine civile.E’ questo ciò che accadde con il Corpus Juris giustinianeo,che si erse a strumento venerabile e assolutamente legittimo del diritto,per quanto decisamente antico nelle esposizioni giuridiche,proprio in virtù di questa possibilità di una libera interpretazione,che permette ai giuristi di svincolarsi dalla lettera del testo,ed apportare aggiunte e modifiche,fino a creare delle realtà testuali assolutamente innovative,e del tutto inesistenti rispetto al tenore stesso della regola scritta. 4.L’INTERPRETATIO PAG.245 Va detto e specificato che il Corpus Juris giustinianeo era formato da regole e principi del diritto romano,poste in modo così sistematico e completo,che fondamentalmente potevano soddisfare le esigenze giuridiche di una realtà essenzialmente più articolata rispetto a quella medioevale.Eppure per adattare questo testo immanente alla nuova realtà politica e sociale non poche furono le correzioni tese a limitare questo strumento,a renderlo quasi irriconoscibile agli occhi degli studiosi.Fu soprattutto il bisogno di ordine che pervase i giuristi del tempo,tanto che essi si posero con un atteggiamento sistematico nei confronti di quanto indicato dal testo di legge,interpretando quel bisogno di ordine che era insito nelle coscienze del tempo;un ordine che era e doveva essere svincolato dai particolarismi locali,per essere valido in tutta la sua estensione. I giuristi medioevali

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non si preoccuparono mai di interpretare il testo,estrapolando dallo stesso la vera regola giuridica,piuttosto si preoccuparono di innovare il testo,di renderlo in una forma assolutamente libera,che una volta solidificatasi,assunse la medesima importanza sacramentale del testo originario.Il giurista medioevale si sentiva come un tramite nella società della giustizia giuridica emanata da Dio,in modo assoluto ed eterno,anche servendosi degli strumenti della scienza. 5. IL DIRITTO COME APPLICAZIONE DI NORME PAG.248 In questo contesto l’opera del giudice è quella che risente forse più delle altre l’innovazione.Basti pensare che il giudice è tenuto ad estrapolare dal caso in controversia i fatti del contendere,distinguendo nettamente tra fatto e diritto,e operando secondo un procedimento di sussunzione logica,che riconduce il fatto nella norma principale.Ciò crea un fenomeno particolare,per il quale il giudice è tenuto solo ad interpretare la norma ed ad applicarla al caso concreto,senza alcuna possibilità di inventarla,o di produrla nuovamente.Da ciò deriva altresì che la sentenza del giudice,come prodotto di un ragionamento logico preciso,potrà sempre essere motivata in modo dettagliato e coerente. 6. LA GIURISPRUDENZA COME SCIENZA PAG.249 Inoltre va puntualizzato che nell’ambito della storia di civil law è sempre esistita una sorta di contrasto tra ciò che teoreticamente veniva studiato nell’ambito del diritto,e come lo stesso dovesse poi essere applicato alla realtà dei fatti.E’ importante considerare che il diritto stesso ha sempre voluto dotarsi di una base culturale e teorica attraverso la quale attingere le situazioni sulle quali necessitava di formarsi anch’esso;è importante infatti proprio valutare come il diritto abbia sempre subito,in modo anche piuttosto forte l’influenza delle altre scienze sociali,o comunque dell’ambiente culturale che lo ha circondato,fino a modificarsi in vista dell’adeguamento a tali dottrine.Il diritto ha sempre cercato di adeguarsi,per attuarsi concretamente nel presente,sulla base di modelli scientifici esterni ad essa. 7. LA DIMENSIONE DELLA GIUSTIZIA PAG.251 Si è detto della libertà interpretativa che caratterizzava l’opera del giurista del tempo;eppure questa stessa libertà interpretativa non può essere assunta come illimitata,e dunque creativa di qualcosa di assolutamente disancorato dal testo originario.Innanzitutto la stessa opera del giurista medioevale trova dei limiti nell’affermazione che l’interpretazione parte da un testo universalmente riconosciuto e per ciò stesso assolutamente legittimo:ciò implica serie difficoltà nell’inserire elementi nuovi attraverso la strada dell’interpretazione.In secondo luogo è importante considerare che l’opera del giurista è sempre stata assolutamente intellettiva,tanto da discostarsi palesemente dai canoni della politica o del potere;ed un dato costante della dottrina di civil law è sempre stato questo suo distacco dal potere politico,più di quanto non sia accaduto nel sistema di common law,posto che il lavoro di interpretazione è sempre più intellettuale rispetto a quello di creazione del diritto tramite la sentenza,che invece si presenta più legato allo svolgimento politico. 8. L’APPORTO DELLA CHIESA E DEL DIRITTO CANONICO PAG.253 E’ da segnalarsi poi nell’XI secolo la riforma che attagliò la Chiesa,la cd. riforma gregoriana.Questo importante istituto del vivere sociale sentì il bisogno sempre più impellente di riformarsi al suo interno,creando delle regole universali sulle quali basarsi,senza ricorrere alla volontà degli uomini che a turno erano al potere,e ne rappresentavano gli organi di attuazione.La chiesa era anche molto legata alla tradizione romana,posto che la stessa era l’unica struttura resistita al crollo dell’Impero,ed allo stesso modo essa era legata all’utilizzo della lingua latina.La forza espansiva del diritto canonico creato a seguito della riforma era dovuta all’estensione capillare della

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stessa,e soprattutto dettagliata;ma era anche dovuto al fatto che la Chiesa,benché influenzata dal diritto romano,fondò la sua dottrina su alcuni precetti teoretici,di morale cristiana,che si rifacevano al rispetto dell’etica religiosa.Non rispettare tali precetti avrebbe significato porsi in una posizione fallace dinanzi a Dio ed alla comunità cristiana.Il più grande risultato ottenuto dalla Chiesa fu la rifondazione del processo:posto che nel suo ambito i due contendenti non avrebbero risparmiato colpi pur di vincere la controversia,si pose la regola per cui ogni tipo di atto processuale dovesse essere scritto,in modo da consentire una rapida visione in appello,anche a coloro che erano lontani dallo svolgimento dei fatti;nessuna altra prova risultava essere ammessa.Questa fu la base per la creazione del processo romano-canonico,fondato sulla base del pessimismo che pervadeva la Chiesa circa le possibilità dell’uomo di tenere a freno i propri istinti. 9. L’EVOLUZINE DELLA SCIENTIA YURIS PAG.257 Va detto che la scientia juris si poneva come lo strumento più adeguato di unificazione del diritto,attraverso il quale non esistevano frammentazioni o disuguaglianze,per quanto le realtà territoriali e sociali dei vari Paesi che lo adottavano potevano essere divergenti.In questo lo stesso era fortemente differenziato rispetto ai diritti locali e consuetudinari che pure fino ad allora ancora vigevano,considerato che gli stessi furono sconvolti al loro interno dall’avvento della scientia juris,tanto da presentarsi sempre più frammentati.Nonostante il raggiungimento di tale risultato non va dimenticato che le comunità del tempo vivevano in una realtà rurale dove era piuttosto agevole riscontrare la presenza di un diritto essenzialmente consuetudinario,basato su regole di vita tipiche di quella realtà rurale,regole che erano perfettamente vigenti e sino ad allora assolutamente efficienti ed operanti; regole che sfuggivano al controllo dello Stato,ma sfuggivano anche alla cultura giuridica dei dotti. 11.IL GIUSNATURALISMO PAG.264 Nel corso dei secoli XVII e XVIII,l’autorità del Corpus Juris giustinianeo venne mano a mano a scemarsi,fino a perdere tutta la sua antica vigoria;questo perché i giuristi del tempo ritenevano che la forza di una legge che dovesse governarli non poteva risiedere nella figura di un antico imperatore vissuto chissà quanti secoli prima nell’ambito di una realtà completamente differente,ma dovesse essere posta a capo di un sovrano vigente nell’immediato presente.Per sfuggire a questo tipo di formulazione,i giuristi dovevano porsi quali interpreti di una definizione diversa del legittimamente sovrano,dichiarando che la veridicità del diritto non era posta nella figura del sovrano,ma in altri elementi insiti nella figura dell’uomo.Si passò inizialmente a considerare come perfettamente operanti le regole della teologia religiosa,dunque fondate sull’etica morale;regole che in quanto immanenti all’uomo era possibile considerare come la base dei suoi rapporti giuridici,come la giustificazione stessa del suo agire.Ma in quel periodo erano sorte le guerre di religione,basate sullo scontro tra la religione cattolica e quella protestante,e sembrava assurdo che proprio sulla base di ciò che poteva considerarsi a buon motivo come l’elemento fondante la crisi del diritto,potesse poi basarsi il fondamento dello stesso.Era necessario,dunque trovare nuove risposte.Fu Ugo Grozio a fornire la risposta a questo bisogno di legittimazione della società,predicando che la legittimità dell’agire giuridico era insita nella stessa ragione dell’uomo,nel suo intelletto,posto che lo stesso nasce come animale sociale,che venuto fuori dal suo stato di natura,si preoccupa di intessere rapporti civili con gli altri soggetti del vivere sociale. 12. CRITICA E RICOSTRUZIONE DEL DIRITTO COMUNE PAG.267 Da questa concezione,che è assunta a fondamento della teoria giustificativa del diritto,parte la ormai consueta problematica del quale diritto sia più consono utilizzare nella società civile,se quello naturale o quello positivo.La Scuola del diritto naturale aveva trasmesso un modello giuridico che è tutto fondato sulla considerazione della possibilità di trarre dalla ragione stessa i fondamenti e le giustificazioni del diritto,anche se lo stesso Grozio preferì fondare le proprie indagini su una morale

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teologica e cristiana,universalmente sentita,piuttosto che impelagarsi in astratte supposizioni e deduzioni logiche.Eppure la dottrina del Giusnaturalismo,così si chiama il complesso delle teorie finora svolte,presenta tutta una serie di postulati primi,e di teorie concrete che danno la possibilità agli studiosi dello stesso di poter affermare come assolutamente rigettata una regola giuridica,posta dal Digesto,ad esempio,sulla base della sua incongruenza con i principi del diritto civile.Un elemento di innovazione,ed insieme un apporto concreto allo sviluppo del diritto,la sistematica giusnaturalista la offre proprio nel suo concetto di ordine,nel presentarsi come ben schematizzata,posto che in questo modo risulta che ogni categoria giuridica possa trovare la sua adeguata sistemazione nel mondo civile (ed è questa la base dalla quale si partirà per considerare possibile la stesura della legge nell’ambito di un solo ed unitario codice civile,realtà altrimenti assolutamente impensabile).Ma va anche detto,ad onor di cronaca,che tutti i postulati della dottrina in esame sono risultati facilmente contestabili e dunque non così specificamente eterni;senza trascurare comunque l’importante apporto offerto alla dottrina giuridico occidentale,se si pensa che quasi tutti gli istituti hanno mutato la propria fisionomia in virtù dell’influsso subito dalle dottrine giusnaturalistiche. 14.LACRISI DEL DIRITTO COMUNE PAG.273 Nel corso del XVIII secolo si assiste alla fine quasi completa dello ius comune,ossia del diritto romano fino ad allora formalmente vigente;si tratta di una crisi che attanaglia due aspetti:è una crisi di legittimazione,ed insieme una crisi di funzionamento.Le Corti create dal sovrano per controllare la corretta amministrazione della giustizia,se inizialmente erano degli organi del sovrano,di li a poco divennero delle strutture autonome,che non poche volte si posero contro le pretese dello stesso sovrano.Si attese l’importanza di conservare e perseguire una buona amministrazione dello Stato,ultimo baluardo da conservare per poter sperare di mantenere ancora in piedi la struttura del diritto comune;ma tale clausola era effettivamente troppo fragile per potersi porre con vigore,soprattutto se si considera che i processi civili si avviavano verso una durata eccessivamente lunga,e che tendenzialmente il processo romano-canonico offriva il destro per operare delle invenzioni procedurali.Ma va sottolineato anche che la buona amministrazione richiesta alle Corti,presupponeva altresì il raggiungimento di una cultura giuridica molto più estesa,e soprattutto più specialistica,che avrebbe corroso le basi formative dei giuristi,per attagliarsi su posizioni più conformi alle nuove realtà politiche;una simile procedura era assolutamente da scartare. 15. L’IDEOLOGIA DELLA LEGISLAZIONE PAG.276 Per non parlare poi dell’insuccesso della vita penale,dove la stessa supposizione che si trattava di un campo più tipicamente politico non permetteva la nascita di una valida dottrina giuridica.Va considerato che per quanto tali teorie oppositorie fossero basate anch’esse su elementi tendenzialmente infantili e poco pregnanti,rappresentavano comunque uno strumento di crisi per il diritto comune,accusato di essere troppo oscuro,incerto,privo di stabilità e troppo difficile da interpretare per il povero giurista. La dottrina del tempo,ossia il ‘700 non si sentiva più disposta ad accogliere dottrine nuove,nuovi elementi di conoscenza del diritto,e si attestava su posizioni immobili,quelle assunte nel corso del ‘500;questo rendeva agli occhi dei giuristi piuttosto chiara la situazione,considerato che si riteneva più conforme ai bisogni della prassi la teoria dei principi fondanti del Giusnaturalismo,che non la dottrina sapienziale fino ad allora formatasi.Questa adesione agli strumenti della ragione era piuttosto anticipativa di una situazione che si sarebbe verificata di lì a poco,quando nel XIX secolo si sarebbe avuta la prima rivoluzione industriale.Lo shock tecnologico che ne sarebbe conseguito non avrebbe così sconvolto più di tanto le menti della società civile dei cittadini. L’Illuminismo avrebbe creato un terreno perfettamente libero da condizionamenti pregressi,che avrebbe allo stesso modo dato la possibilità di estendere la conoscenza del diritto e di altri campi il più lontano possibile,senza freni inibitori;questo però conferiva anche una sorta di responsabilità superiore al

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sovrano,nel cui novero dei poteri veniva inclusa la necessità di formulare leggi civili nuove,e del tutto originali,che potessero assumere valore pregnante tra i cittadini. 16. RIFORME E CODIFICAZIONI ILLUMINISTICHE PAG.279 Eppure quando la cultura giuridica illuministica venne a contatto con la realtà dei vari Paesi dell’Europa essa frantumò le sue stesse aspirazioni. All’atto di attuare ciò che essa si proponeva ci si accorse subito della povertà della dottrina filosofica ad essa supposta affinché potesse realizzarsi una reale e completa integrazione nel tessuto giuridico dei vari Paesi;ed allora ogni giurista attinse a ciò che conosceva,alle dottrine presenti a livello locale,frantumando l’unicità di ciò che avrebbe dovuto crearsi.Nacque un diritto nazionalista,che pur avendo superato le difficoltà gergali e locali al suo interno,non diede comunque la possibilità di sviluppare un discorso giuridico cosmopolita;comincia a nascere da questo istante in poi la cultura del diritto nazionale,superiore ad ogni altra realtà giuridica possibile (almeno in quel momento giuridico). IL MODELLO FRANCESE

SEZIONE PRIMA:RADICI E FORMAZIONESTORICA DEL MONDO FRANCESE PAG.281 1. La nascita del modello giuridico francese si attesta all’atto della rivoluzione e della nascita dell’impero napoleonico. I principali caratteri di tale innovazione giuridica sono da ritrovarsi nel primato conferito alla legge;nel ricorso alla codificazione come strumento di ordinamento del diritto;alla composizione gerarchica dello strumento giudiziario,con al vertice la Cassazione;la distinzione tra un procedimento ordinario,ed uno amministrativo.Eppure esistono cose del diritto francese che non hanno potuto esportarsi all’estero,posto che le stesse si presentavano eccessivamente legate alla realtà storica della Francia.Ed allora si fa interessante scoprire quale sia stata l’evoluzione storica di questo Paese,tanto da influenzare i canoni del diritto.La Francia nasce come Stato da una realtà decisamente molto ristretta,posto che essa si presentava come una realtà fortemente feudale,specie dopo la caduta dell’impero carolingio.La formazione di uno Stato unitario è da attribuirsi alla presenza di un forte moto di unificazione linguistica e territoriale,che preesiste allo Stato stesso,e ad essa unificazione lo Stato è conseguente.Il sovrano si preoccupò di spogliare di tutto il proprio potere proprio i feudatari,distruggendo i loro castelli e creando così un potere accentrato nelle sue mani. 2. Al fine di limitare il potere dei feudatari il sovrano decise proprio di servirsi di esperti giuristi,i quali furono ordinati di organizzarsi secondo precise strutture,che erano già sorte,nel corso del XVI secolo in tutto il resto d’Europa,e che in Francia presero il nome di Parlaments. I giuristi che ne facevano parte si specializzavano in scuole apposite,il che dava la possibilità al sovrano di servirsi di giuristi altamente qualificati e preparati,ponendo al servizio della corona i più accreditati giuristi dell’epoca.Tali giuristi dovevano interpretare il diritto non secondo una logica loro propria,bensì basandosi sui canoni della dottrina ermeneutica,in modo da conferire il maggior grado di potere possibile al sovrano.Lo stesso assunse anche l’iniziativa di dare scrittura alle “coutumes”,ossia le consuetudini del diritto francese,tanto da condurre alla differenziazione tra paesi dove il diritto era essenzialmente a base consuetudinaria,e paesi dove lo stesso si presentava in forma scritta.La redazione per iscritto delle consuetudini pose ancor più nelle mani del sovrano la potestà di stabilire quali siano le fonti del diritto ed eventualmente di gestirle ed imporle.Inoltre la presenza di una legislazione scritta delle consuetudini non faceva altro che unificare il diritto dei territori locali,che chiaramente era tutto improntato alla consuetudine;oltretutto si creava una base di diritto consuetudinario comune,che chiaramente veniva a contrapporsi al diritto comune di stampo romano.Inoltre la redazione delle consuetudini in forma scritta produsse ancora un’ulteriore risultato positivo,quello di incrementare la produzione per via giurisprudenziale (dunque mediante

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la sentenza del giudice) del diritto consuetudinario stesso.Con l’avvento al trono di re Enrico IV e del suo ministro Sully,la situazione politica venne a modificarsi;i funzionari giuristi del re,erano solo dei pubblici impiegati e come tale potevano essere licenziati dall’incarico in qualsiasi momento,oltre ad andare semplicemente in pensione dopo la scadenza del proprio mandato;questa stessa situazione fu mantenuta in piedi da Re Luigi XIV,il quale emanò anche alcune leggi che mirarono a riformare la procedura civile;il diritto dei commerci e il diritto della navigazione marittima. 3.La successiva fusione tra la monarchia e la nobiltà e l’indecisione riformatrice nella quale versava il Parlamento comportarono l’insurrezione del ceto borghese,che si sentiva partecipe di una realtà politica e sociale alla quale però non era chiamato a partecipare in modo totale.Tutte le azioni che si ebbero come conseguenza,tra cui l’accentramento giacobino e la caduta dei centri parlamentari,si presentavano solo come la naturale continuità di un movimento di trasformazione già esistente in capo alla monarchia,e solo definiti rivoluzionari per l’impeto con il quale vennero svolti.Effettivamente la Rivoluzione francese si presenta come uno dei movimenti storici più importanti in linea generale per la storia dell’umanità,anche perché la sua influenza si è sentita nei secoli a venire.La Rivoluzione ha avuto una forza di affermazione non pari a nessuna altra istituzione politica o giuridica che sia;ha fondato la sua crescita sulla base di diritti universalmente riconosciuti;ha creato la consapevolezza di una simile realtà.Eppure la stessa non si può dire estranea ai riflessi delle situazioni politiche e giuridiche pregresse al suo sviluppo.Soprattutto due sono stati i problemi di attuazione della Rivoluzione:quello relativo a come consentire a principi così innovativi di adeguarsi ed esprimersi attraverso una realtà politica,di strutture molto arretrate,e dunque allo stesso tempo come ovviare a questa situazione in chiave evolutiva;in secondo luogo si poneva il problema di attuare degli strumenti adeguati attraverso i quali si dava la possibilità di difendere e garantire i diritti inviolabili citati. 4. IL NUOVO ORDINE PAG. 291 Caduta la Monarchia fu necessario ripensare i rapporti instauratisi tra lo Stato e la società civile,nonché all’interno della società civile stessa.Nel primo caso si apprestò uno strumento burocratico piuttosto centralizzato,il quale fosse ordinato gerarchicamente al suo interno in modo da costituire uno strumento di sicura tutela degli apparati dello Stato,e di sicura attuazione della regola giuridica più consona;mentre esternamente presentava una forte discrezionalità,che comunque si riconduceva ai canoni del rispetto di ciò che la legge era internamente.Nessun governo successivo alla caduta della monarchia si propose mai di modificare questo assetto,posto che lo stesso dava la dimensione esatta del come e dove dovessero essere collocati i rapporti tra lo Stato ed il cittadino.Proprio la configurazione in questo senso dei rapporti tra governati e governanti dà la possibilità di sperimentare il livello cui devono porsi i rapporti tra i cittadini stessi;essi sono regolati essenzialmente facendo ricorso allo strumento legislativo.Di li a poco il ricorso alla legge sarà operato per ogni tipo di questione da risolvere,posto che la stessa assumerà una valenza assoluta,in grado di gestire la produzione di regole del diritto civile.Lo stesso giudice viene visto come la figura attraverso la quale la legge viene applicata,e lo stesso non presenta possibilità creative in merito.La giustizia giudiziaria si configura come scomposta in corti di vario livello:

a) dalle corti monocratiche,disposte su tutto il territorio,e competenti per controversie di minore importanza;oltre ad un Tribunal d’Istance,che si occupa di materie più rilevanti dal punto di vista giuridico;

b) esistono poi corti di secondo livello,ossia di appello,che possono adirsi per riverificare la controversia da un punto di vista giuridico,nonché dello svolgimento dei fatti stessi.Esse assumono essenzialmente la stessa nomenclatura delle corti di primo grado;

c) esiste poi un terzo livello,di vertice,composto dal Tribunal de Cassation,un organo supremo che si preoccupa di controllare che tutte le corti di secondo grado abbiano dato conforme interpretazione ed applicazione al diritto;si tratta solo di un controllo di diritto e non anche di merito.

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5. LA CODIFICAZIONE PAG.295 Posta l’importanza della legge si palesò anche la necessità di raccoglierla in una codificazione sistematica;ciò significò dare l’avvio ai processi di stesura del codice civile,che furono sempre più ardui rispetto a quanto ci si attendesse.Un codice penale fu redatto immediatamente nel 1791,mentre la prima redazione del codice civile risale al 1793,ed era decisamente di poco stampo,se si considera che lo stesso compendiava la presenza di soli 719 articoli,in cui era compresa tutta la disciplina civilistica. Toccò dunque a Napoleone Buonaparte,codificare nel 1800 tutta la materia del codice civile,affidando il progetto ad una commissione di 4 giuristi soltanto e sottoponendo il progetto alla rigida visione del Consiglio di Stato,e del Collegio Legislativo;tutto il progetto fu terminato e redatto il 21 marzo del 1804.Il Code civil si presenta dunque articolato in 3 libri ,di cui:

a) il primo libro tratta la materia delle persone,le incapacità varie che possono colpirle,nonché affronta la materia del diritto di famiglia,come si presenta prima delle riforme in merito,ossia accentrata nelle mani del padre-marito,cui la donna deve sottostare;in materia di filiazione si registra una propensione verso il mancato riconoscimento dell’uguaglianza tra figli legittimi e naturali,cosa che invece è assicurata in materia di successioni;

b) il secondo libro affronta la tematica del diritto di proprietà e su beni reali,che disciplina tutta la materia della proprietà eludendo le difficoltà che provenivano dal confronto-contrasto tra il diritto consuetudinario e quello comune romano;

c) il terzo libro affronta la tematica delle obbligazioni e dei contratti,superando anche in questo caso,in modo piuttosto brillante,le avversità che si erano presentate.

6. ILCODE CIVIL ED IL LINGUAGGIO DELLA LEGGE PAG.298 IL code civil si compose inizialmente di 2281 articoli,quindi molto più esteso del progetto più prolisso tra quelli precedenti ad esso;ciò importava una legislazione sistematica della materia civilistica,tanto che in esso poteva cogliersi un linguaggio articolato,coeso,ma elegante,molto chiaro e preciso nella sua formulazione.La lettera del codice doveva essere formulata in modo da conservarsi a mezza strada tra la generalità dei principi,e la concretezza della attuazione sul piano concreto;infatti la norma è intesa come applicazione ad un fatto realmente accaduto,ma anche come interpretazione di un principio generale proprio dell’ordinamento.In questo contesto si rileva che la norma e la sua espressione letterale,non devono essere troppo generiche,altrimenti perderebbero la pregnanza con la realtà fattuale;esse devono conservare una generalità sopita dall’applicazione concreta,pur rendendosi possibile la loro attuazione non solo alla specifica fattispecie in esame,ma anche ad altri casi che si ripresentassero.E’ importante che la norma mantenga la sua coerenza espositiva sia nel momento in cui è interpretata,sia,e a maggior ragione,nel momento in cui la stessa trova la sua applicazione pratica. 7. LE LACUNE DEL CODE CIVIL PAG.301 Agli inizi del XIX secolo cominciò a sorgere in capo ai giuristi la considerazione che il Code potesse presentare delle lacune,dovute ai repentini cambiamenti economici e sociali,sicuramente imprevedibili ai tempi di Napoleone.Eppure non si palesa necessario ricorrere allo strumento della rivoluzione industriale intervenuta per potersi accorgere che il codice è ricco di lacune,lacune originariamente esistenti fin dalla sua emanazione. E sono molti gli esempi da addurre in questo caso:basti pensare alle incertezze circa la configurazione di quali oggetti siano da sottoporre alla disciplina della proprietà;alla difficoltà di inquadrare la nozione di colpa,sulla quale pure si basa tutta la materia della responsabilità civile. Va sottolineato che l’immagine di un codice chiaro e senza contraddizioni interne,non è ravvisabile nello studio del codice stesso,ma deve essere inteso come un prodotto dell’interpretazione della dottrina,che volendo decantare le qualità del codice stesso,proclamando una verità inesistente,ha voluto in realtà legittimare lo stesso codice.Eppure ciò che viene predicato con tanta forza dagli

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interpreti che lavorarono sul codice è cosa ben diversa da ciò che gli stessi operarono in tema di procedimenti ermeneutici.Gli interpreti erano chiamati ad interpretare la legge,che in quanto strumento della vita politica dello Stato,era l’unico settore predisposto ad una simile eventualità di studio;e gli stessi giuristi operavano soltanto nel settore del diritto civile,che più degli altri giustificava un proprio intervento.Ma i giuristi non potevano in alcun caso rappresentare una visione personalistica e discrezionale della legge,da far valere all’atto dell’interpretazione,soprattutto perché concedere loro una sorta di libertà interpretativa,significava,da un lato porre in evidenza le incongruenze tra legge e diritto,termini valutati come sinonimi,ma soprattutto significava giustificare,insieme alla loro discrezionalità anche quella dei giudici,ipotesi assolutamente intollerabile.In Francia vigeva infatti una rigida tripartizione dei poteri,scomposti tra potere legislativo,potere esecutivo e potere giudiziario.Era il popolo sovrano,in sostituzione del monarca a detenere questi poteri,che lo stesso delegava poi ai vari organi,dopo aver provveduto alla loro nomina;il popolo operava anche una sorta di controllo sulle modalità attraverso le quali si rendeva possibile operare secondo la tripartizione.Il potere giudiziario di per se stesso,poteva dirsi compiutamente operante solo se si riconosceva una sfera di autonomia intellettuale allo stesso,autonomia che lo svincola dal più specifico controllo operato dal popolo sovrano,e ciò era inaccettabile. I commentatori del codice civile francese non crearono mai problemi di ermeneutica,proprio perché dovevano attenersi alla regola della parola del legislatore,unico legittimato a legiferare dal popolo sovrano;il commentatore era impossibilitato ad esprimere qualsiasi apprezzamento giuridico proprio 8.L’ECOLE DE L’EXèGèSE .Tale gruppo di commentatori fu definito come l’Ecole de l’Exegese,intesa in senso assolutamente spregiativo,come la scuola dei giuristi che non operavano una estrapolazione autonoma dal testo,ma si basavano sempre e solo sul testo della lettera.La scuola di cui stiamo parlando visse tre momenti di sviluppo:

1) agli inizi del XIX secolo si assiste alla nascita dei suoi modelli e stilemi interpretativi;

2) si ha poi una fase di assestamento e di ulteriore sviluppo; 3) verso la fine del XIX secolo si assiste al suo declino,e alla caduta dei suoi metodi

interpretativi. Le modalità più tipiche attraverso le quali potette compiersi il lavoro della scuola esegetica sono quelle che si basano sul contrasto di opinioni,e sul commento articolo per articolo;questo lavoro permette di analizzare questioni,anche annose,poste dal codice civile,attingendo a tutta la possibile materia del sapere riguardo a quell’argomento specifico. 9.LAMESSA IN OPERA DEL CODE CIVIL PAG.309 IL lavoro degli esegeti tuttavia fu proficuo di risultati,se si pensa che essi chiarirono molti punti oscuri del testo del codice,e si preoccuparono anche di colmare alcuni vuoti.Infatti l’opera dell’esegeta lungi dall’essere finalizzata esclusivamente ad un’interpretazione letterale del testo,si pose altresì come uno strumento attraverso il quale,per via interpretativa si offrirono non pochi spunti all’ampliamento della dottrina.Molti istituti del diritto civile,mancanti nell’ambito del codice furono reintrodotti per via interpretativa dagli esegeti.Pur se dispregiati in seguito,i commentatori godettero di una grande fama,almeno temporaneamente,e le loro opere erano citate nel foro come opere di gran prestigio;inoltre il codice si presentava non solo mancante in alcuni importanti elementi,che lo rendevano poco chiaro,ma anche espresso in un linguaggio piuttosto formale,che per essere compreso necessitava dell’ausilio dello studioso del diritto. 10. FUNZIONE E STILE DELLA GIURISPRUDENZA PAG.311 La posizione dei giudici nel sistema giuridico francese è invece sempre stata piuttosto delicata,se si pensa che allo stesso è confinato il ruolo di applicare la norma giuridica al caso concreto,senza

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predisporsi per lo stesso alcuna possibilità di creare la norma giuridica;una simile eventualità porrebbe la giurisprudenza ad un livello formativo del diritto effettivamente troppo eccessivo,ossia si darebbe la possibilità di sostituirsi alla lettera della legge.Eppure la magistratura è riuscita a crearsi uno spazio dove non possano intromettersi occhi indiscreti,mediante la particolare struttura che deve assumere la sentenza.La sentenza di un giudice francese è l’esatta concretizzazione del sistema sillogistico,posto che la norma da applicare è sempre data dalla premessa maggiore,e che si riconduce il fatto concreto nella norma;tale applicazione presuppone che il giudice applichi la norma esatta,ne dia esposizione all’esterno,senza però addurre in alcun modo una valida spiegazione al perché di una simile procedura.Insomma la sentenza si dispiega in pochissime frasi,addirittura spesso una sola frase.Ciò non dà la possibilità concreta di comprendere i fatti oggetto della controversia;le posizioni delle parti che hanno adito il giudice;i motivi stessi per cui questi ha assunto una determinata posizione. 11. LA SCUOLA SCIENTIFICA PAG.314 Verso la fine del XIX secolo,ed agli inizi del XX,come si è detto si assiste ad un periodo di declino,e di definitivo abbandono della metodica esegetica dell’interpretazione:i giuristi riconoscono di non avere più capacità critiche,di esposizione di problemi,di concettualizzazione,e per questo motivo intendono ricorrere a strumenti del genere,ossia a strumenti interpretativi che non si basino sulla lettera del testo,bensì si ricolleghino alla problematizzazione di tematiche generali del diritto che consentono di comprenderlo al meglio delle sue possibilità.Può dirsi merito di François Geny il ricorso ad una dottrina del genere,a livello di metodi di interpretazione,se si pensa che questi suggerì il ritorno all’analisi delle vere e proprie problematiche,ad un metodo che mettesse in risalto l’importanza di una simile pratica,tanto da seppellire almeno in teoria la pratica del metodo esegetico.Inoltre Geny contestava alla scuola esegetica la colpa di essersi eccessivamente isolata dalle spinte culturali che caratterizzano la cultura stessa della popolazione,e questo è eccessivamente gravoso per una tecnica tesa a produrre opere che saranno utilizzate a fini di comprensione del diritto.Ma la più grande vittoria di Geny è quella che gli è arrisa quando ha stabilito l’importanza non solo della legge come fonte del diritto,ma altresì quella di altre fonti secondarie,come può essere la giurisprudenza;si pensi al dato importantissimo per cui un tentativo di ricodificazione del codice civile è andato miseramente fallito,questo vuole significare semplicemente che l’attuazione della lettera del codice anche a fattispecie che sono frutto di una evoluzione dei tempi è stata resa possibile grazie al lavoro costante della giurisprudenza.La stessa però,pur essendo stata riconosciuta formante essenziale della vita e dello sviluppo del diritto,non ha sofferto assolutamente questa posizione,non rinunciando a mantenersi sulla base di canoni assolutamente identici ai suoi tipici,ad esempio mantenendo la pratica della stringatezza particolare della sentenza emanata. SEZIONE SECONDA IL MODELLO ATTUALE PAG.318

1. A partire dalla V Repubblica,ossia dal 1958 la Francia si è dotata di una costituzione rigida,ossia non modificabile se non a seguito di un procedimento straordinario indicato dalla stessa costituzione,e di un organo costituzionale,che si occupa del controllo sulle leggi ordinarie,in modo che esse siano conformi a Costituzione.Tale organo costituzionale è il Conseil costitutionnel,il quale si occupa di verificare che i due livelli normativi previsti in Francia,ossia quello tipicamente parlamentare,e quello governativo - regolamentare non

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si sovrappongano l’uno all’altro.La possibilità di ricorrere al Consiglio è data a sessanta deputati,o senatori,ed apre la strada verso i controlli costituzionali sulla legge ordinaria,nonché pronuncia la preminenza che sta assumendo la Costituzione rispetto alla stessa legge del Parlamento.Eppure un simile procedimento di valutazione risulta ancora lungo,dato che a tutt’oggi si predica la preminenza della legge ordinaria,tant’è che un qualsiasi controllo costituzionale sarebbe possibile solo quando la legge non sia stata ancora promulgata,ma soltanto discussa ed approvata;una volta promulgata,e dunque efficacemente in vigore,non può essere condotto sulla legge alcun tipo di indagine costituzionale.Va inoltre ricordato che in Francia esiste una netta distinzione tra il potere normativo esercitato dal Parlamento,dunque quello ordinario,ed il potere normativo di stampo esecutivo,ossia esercitato dal Governo.Esiste una specifica ripartizione di competenze in merito,se si pensa che le materie di competenza del Parlamento sono espressamente nominate,mentre quelle di competenza del Governo vengono indicate fra quelle che residuano,per quanto non è da escludere una sorta di competenza concorrente tra le due.Il Governo può sollevare la questione di fiducia quando un suo progetto di legge sia in contestazione presso il Parlamento,e se la questione tra le due non si risolve pacificamente il giudizio è rimesso al Conseil.Tuttavia il Governo preferisce evitare di sollevare una simile questione,anche per materie di sua competenza,laddove un possibile emendamento del Parlamento è ben accetto,considerato che spesso esistono materie sulle quali è preferibile che si esprima la legge ordinaria soltanto,posto che i due organi concordino sulle scelte politiche al riguardo.Attualmente si assiste ad un notevole ritorno nei ranghi costituzionali,se si pensa che la preminenza è attribuita alla legge ordinaria del Parlamento,e solo in via residuale si pone il regolamento governativo;ecco che allora si verifica come sulla base della Costituzione vivente,ossia quella che effettivamente trova applicazione nel tessuto sociale esista una specifica predilezione per la normazione ordinaria.La Francia in ogni caso si presenta come uno Stato in cui ha un notevole sviluppo la burocrazia e tutto l’apparato amministrativo,ed è ben noto che laddove vige la burocrazia la normazione parte su iniziativa del Governo e si presenta sotto forma di regolamento esecutivo:ed è proprio questa tendenza ad essere stata stabilita in linea di massima dalla Costituzione del 1958,la quale si è preoccupata di dare rilevanza a questo tipo di legislazione,piuttosto che a quella proveniente dal circuito democratico rappresentativo.Accanto alla considerazione dell’esistenza di due livelli di normazione,va tenuto presente che proprio su questa base sono state operate delle modificazioni al codice civile,anzi lo stesso può definirsi decodificato,posto che molte materie di competenza dello stesso sono oggi contenuti in altri testi legislativi:si tratta essenzialmente di Testi Unici,che sono a metà tra la legge ordinaria ed il regolamento,sottoposti a continua novellazione,il che comporta l’obbligo per i giuristi di farsi continuamente portavoce di nuove dottrine giuridiche che emergono dall’innovazione del testo,senza per questo dare la possibilità di sviluppare una vera e propria interpretazione unitaria sul testo.Anche settori rilevanti come quello giurisprudenziale sono stati riformati dall’azione della legge,per quanto lo stesso non rappresenti il formante fondativo del diritto francese,e sia potuto essere stato riformato ed innovato solo laddove non sia intervenuta una legislazione troppo ampia,che non ha permesso la realizzazione del ruolo creativo del giudice.

2. LA GIURISPRUDENZA:ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA PAG.326 Dal punto di vista giudiziario il sistema francese si caratterizza per essere diviso categoricamente tra una giurisdizione ordinaria,ed una amministrativa.In caso di illecito da parte degli organi di pubblica amministrazione gli stessi subiranno solo il giudizio dei giudici delle Corti amministrative.Il sistema giudiziario amministrativo consta:

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a) di Tribunaux administratifs,i quali si ergono a giudici di primo grado,di competenza generale,ed ai quali si affiancano altre minori Corti giudiziarie,che però detengono solo una competenza eccezionale;

b) al vertice è sito il Conseil d’Etat,con le sue sezioni giurisdicenti. La giustizia amministrativa ha saputo imporsi rispetto al sistema di garanzie attribuito al cittadino,proprio perché esso è svincolato da criteri di inamovibilità,e di immunità degli amministratori pubblici,e quindi gli stessi sono sottoposti alle medesime evidenze giudiziarie cui sono sottoposti tutti gli altri soggetti del vivere civile.Questa condizione ha permesso di introdurre un principio di legalità piuttosto forte cui devono sottostare i soggetti della amministrazione pubblica. A questo proposito sono state introdotte le nozioni di “sviamento di potere” e di “abuso di potere”,intese come le clausole della sottoposizione dell’amministratore pubblico al rispetto della legge stessa.Ecco allora che il giudice amministrativo condanna con facilità il pubblico funzionario o l’intera amministrazione a risarcire gli eventuali danni commessi,in mancanza di applicazioni di discipline,o di esecuzione tardiva,o addirittura in esecuzione,di sentenze emesse dalla stessa Corte amministrativa;e nonostante questi provvedimenti è da segnalare che il fenomeno della evasione delle sentenze amministrative è ancora molto frequente. La giurisdizione ordinaria si basa anch’essa su diversi gradi di livelli:

a) esistono i Tribunaux de grand’Istance,che si qualificano come tribunali di primo grado competenti per tutte le materie di una certa rilevanza,cui si affiancano il Tribunal de proud’homme,competenti per le cause di lavoro;e quello de commerce,competente per le controversie tra commercianti.Accanto a queste si rilevano Corti minori,qualificate Tribunaux d’Istance,competenti per materie specifiche,di minore rilevanza;

b) esistono poi tribunali di secondo grado che svolgono le normali funzioni di appello; c) al vertice è posta poi la Cour de Cassation,la quale controlla in modo definitivo l’operato

delle varie Corti.Sfuggono al suo controllo esclusivamente il Tribunal de conflits e il Conseil costitutionnel.Se di quest’ultimo si è già detto,del primo va accennato che esso è composto da un numero pari di magistrati della Cassation,e del Conseil d’Etat,i quali sono competenti per decidere delle controversie riguardanti l’attribuzione dei casi giuridici,all’una o all’altra corte..

Per quanto il sistema giudiziario francese risulti articolato sulla base dell’esistenza di corti specializzate,alle stesse,così come a quelle generiche sono applicati gli stessi principi di procedura civile,ossia anche questi tribunali possono accedere alla Corte d’appello,e possono ricevere dunque direttive in merito ad uno specifico caso da organi superiori a loro.Molto spesso però il lungo protrarsi dei giudizi d’appello rende le decisioni di primo grado dei tribunali competenti quali decisioni vincolanti ed assolute,posto che ciò avviene solo nel caso in cui gli interessi da regolare nella controversia non possano attendere una giurisdizione troppo lunga in merito,almeno per ciò che attiene ai tempi. Per ciò che riguarda il reclutamento dei magistrati va detto che alla professione,che è considerata alla stregua di una qualsiasi professione di pubblico funzionario,si accede mediante concorso di ammissione all’Ecole nationale de la Magistrature,concorso aperto a due tipi di prove:quelle previste per gli studenti,anche non dotati di un diploma di diritto;e quelle riservate ai pubblici funzionari stessi. IL MODELLO TEDESCO

SEZIONE PRIMA:LA PROSPETTIVA STORICA 1.La nascita del modello tedesco non può essere in alcun modo,se non velatamente in via indiretta,collegata con lo sviluppo politico e governativo dello Stato.Fino all’avvento di Bismarck,il quale operò una unificazione dell’Impero in un unico Reich,la Germania era sempre esistita come uno Stato frammentario,composto da differenti realtà locali.Proprio la presenza di diverse realtà

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locali dava la possibilità di inquadrare il diritto vigente nel suo territorio dopo l’anno mille,come un diritto consuetudinario di stampo germanico.Questa stessa forma giuridica non poteva bastare allo stato tedesco,posto che questi si era fatto portavoce di un dottrina imperialistica,e per ciò stesso unitaria,della quale era caduta anche vittima.Eppure prima delle grandi codificazioni del ‘700 in Germania vigeva di gran lunga lo jus comune del diritto romanistico,attorno al quale si articolavano gli altri diritti locali e prettamente consuetudinari. L’unica vera vittoria del diritto tedesco del tempo era il continuare a prosperare delle università,posto che in altri paesi europei,di stampo latino,le stesse avevano esaurito la propria carica vitale. 2. LA SCUOLA STORICA TEDESCA PAG.335 Quando cominciarono a sorgere in Germania le prime richieste di adottare un codice civile unitario,il modello unico da perseguire ed imitare era indubbiamente quello francese;fu Thibaut a prospettare la necessità di produrre un codice civile unitario,deprecando l’eccessiva frammentarietà della dottrina tedesca e del suo diritto,ed almeno in sede accademica le sue dissertazioni furono accolte dal più ampio consenso.Ma fu l’opera di Savigny a mettere in crisi le sue teorizzazioni,considerando che non esisteva una dottrina giuridica autonoma dal potere politico,che potesse porsi come elemento dal quale partire per fondare il diritto.Effettivamente la scientia juris si presentava come eccessivamente legata alla vita politica dello Stato,e d’altra parte non poteva essere diversamente se si considera che l’unica legge effettivamente riconosciuta è quella emanata dall’autorità dello Stato,e quindi solo su questa è dato poggiare ogni teoria ed ogni studio.Compito di Savigny voleva essere invece quello di formulare una teoria sulla base della quale dimostrare che il diritto,la legge non è quella che proviene da una autorità sovrana,bensì quella che promana dall’intima consapevolezza dell’uomo,dalla sua stessa ragione,e si connetteva alla cultura di un intero popolo,ed al modo in cui la stessa veniva esternata verso l’esterno;pur non disdegnando però,di fornirsi di un bagaglio più tipicamente tecnico che può essere compreso e studiato solo da un giurista. 3. IL METODO DELLA SCIENTYA JURIS IN GERMANIA DOPO SAVIGNY PAG.339 Anche Puchta si preoccupò di enunciare la sua teoria sul diritto,la quale era di marca segnatamente hegeliana:infatti lo stesso parlava del diritto come del prodotto della storia,ed in quanto tale lo stesso era dotato di una forte vivacità interna,costituiva un organismo vivo;tale organismo vivo poteva essere scomposto in altre parti,altrettanto vive,che dovevano sempre potersi ricondurre all’interno del sistema,e l’intero sistema doveva sempre prevedere la presenza di queste concettualizzazioni partitiche.Ma una delle più importanti teorie di Puchta,e la più ricordata è quella della piramide concettuale,sulla quale si basa l’intera costruzione giuridica:infatti tutti i concetti giuridici possono essere posti in una scala gerarchica,dove è possibile risalire dal concetto più specifico a quello generale,oppure ridiscendere da quello più generale al concetto specifico.Qualsiasi proposizione giuridica ha valore in sé solo se sia possibile ricondurla nell’ambito di questa scala gerarchica,che ne diviene il criterio di validazione (ecco perchè il Puchta ripugna la distinzione tipica tra regola ed eccezione,indicante la regola come da applicarsi ad una fattispecie generica;e l’eccezione come quella che si applica ad una fattispecie più specifica.Secondo Puchta,le due concezioni non possono essere distinte,semplicemente perché sono poste entrambe nella stessa scala gerarchica,dove la regola è il principio generale da cui discende l’eccezione).Abbandonare un simile concetto,così radicato nella dottrina comporta indubbiamente un rischio per i giuristi tedeschi,i quali però si sono impegnati ad ergersi a creatori del nuovo,innovativo diritto,e quindi non possono non partire da posizioni piuttosto originali.Per potersi dare,però la condizione della nascita di concetti giuridici da altri concetti giuridici,è necessario che degli stessi si dia una classificazione,ed una specificazione molto dettagliata. 4.L’EVOLUZIONE DELLA PANDETTISCA PAG.342

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Una simile attività fu condotta dalla pandettistica tedesca,una scuola di interpreti e studiosi che si preoccupò di studiare in modo dettagliato i concetti generali del diritto tedesco e di indicarli in base a strutture e schemi molto ben precisi e dettagliati.La costruzione un po’ astratta poi di tutta la concezione permetteva alla stessa di attagliarsi ad ogni branca del diritto,in quanto perfettamente applicabile.Il modello pandettistico divenne quello più importante in Germania,il modello tedesco per antonomasia,quello che ebbe maggior fortuna fuori dal territorio tedesco stesso.Eppure questo grande lavoro concettuale non andò esente da grandi contraddizioni interne,perché venne a svilupparsi in un momento in cui in Germania si sentiva l’influsso di una tecnologia in piena avanzata,di mutamenti sociali ed economici pieni ed assoluti,che comportavano uno scontro troppo forte tra un modello concettuale astratto appena nato,ed una realtà che doveva essere governata da un forte potere statuale,e contro la quale la concezione pandettistica perdeva la sua forza e si frantumava inevitabilmente. D’altra parte il comune sentimento popolare escludeva ormai la formulazione del diritto come frutto delle concezioni culturali e volitive di un popolo,e preferiva discorrere di una forte legalizzazione del diritto,contribuendo così a dotare la legge di una forza immanente senza precedenti.Sulla base delle concettualizzazioni si cominciò a condurre il problema della scienza giuridica come di una scienza tutta fondata sul dibattito astratto del se da quella considerazione discendesse quella conclusione logica,e questo continuo lavorare lungo questo filone dottrinale aveva inesorabilmente allontanato i giuristi dal dibattito e dal confronto con la vita culturale del Paese.Ecco perché molti di essi si avvicinarono alla dottrina di Jhering,la cd. dottrina degli interessi,nella quale si assisteva ad una reale rivalutazione dell’opera dell’interprete,il quale ritorna ad assumere un ruolo portante nell’individuazione della fattispecie giuridica sulla quale fondare la risoluzione del caso concreto in controversia.Di li a poco la scuola pandettistica conoscerà la sua decadenza,ma la stessa non riuscirà a scomparire del tutto,né a cadere nel dimenticatoio grazie all’azione del codice civile unitario nel frattempo sorto in Germania. 5. IL BGB PAG.346 Ed è dal 1870,anno della vittoria sulla Francia,che in Germania,ad opera del partito Nazional - liberale,si comincia a parlare concretamente dell’adozione di un unitario codice civile.La prima redazione è del 1887,e lo stesso è dato dal lavoro di una commissione tecnica composta da 11 membri,di cui prevalentemente tecnici e giudici.Quando il lavoro fu presentato ci si accorse subito di trovarsi di fronte ad un lavoro che somigliava moltissimo ad un testo di Pandette,anzi che era una testo di Pandette,solo offerto in chiave legislativa.Le critiche mosse furono talmente tante da darsi la necessità di apprestare una nuova commissione,dove questa volta abbondavano i tecnici,perché revisionassero il progetto originario;la soluzione finale non fu di gran lunga differente,anzi:la nuova commissione decise di attestarsi sulle posizioni assunte dalla prima,di mantenerne intatte la struttura ed il linguaggio dell’opera,ma di addurre alcune clausole generali,ossia principi universalmente riconosciuti in dottrina (come la buona fede,i buoni costumi,gli usi commerciali) che potessero fornire una interpretazione di più ampio respiro al codice stesso.Nacque così il Burgerliches Gesetbuch (BGB),entrato in vigore il 1° gennaio 1900.Il suo linguaggio è molto arido e tecnico,irto di difficoltà comprensive a prima lettura,ma allo stesso tempo è anche assolutamente preciso,non cade mai in sciatterie inutili e vane.Il BGB si compone di 5 libri:

a) il primo libro affronta la tematica più generale dei principi generali del diritto tedesco,in una formulazione molto concettuale che si propone di raccogliere una volta per tutte le esposizioni dottrinali in materia. I giuristi tedeschi si proposero di ordinare la materia una volta per tutte;

b) il secondo libro affronta la materia delle obbligazioni,argomento fondante in una società basata sui commerci,molto più delle situazioni più classiche di appartenenza dei singoli;

c) il terzo libro affronta la problematica della proprietà e degli altri diritti reali su cosa altrui,tra cui sono ricompresi anche il pegno e l’ipoteca;

d) il quarto libro affronta il tema del diritto di famiglia; e) il quinto libro parla delle successioni.

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Il BGB è stato emanato inoltre contestualmente ad una legge di introduzione allo stesso,nella quale sono contenuti i precetti di diritto internazionale privato. 6. GLI SVILUPPI DEL DIRITTO E DELLA DOTTRINA TEDESCA DOPO IL BGB PAG.349 Quando la Germania entrò in guerra nel 1914 e fu sconfitta molte delle certezze giuridiche di allora svanirono;soprattutto svanì la fiducia nel sistema pandettistico,che era stato assunto non più come metodo interpretativo,ma come legge dello Stato e che oggi non si riusciva più a spiegare. Nell’ambito delle università allora si ebbero i primi dibattiti sul caso,e si discuteva circa la possibilità di ricercare un nuovo sistema giuridico che desse nuove possibilità di sviluppo alla dottrina ed al diritto effettivamente vigente.Nacque di li a poco la concezione che l’unificazione dello Stato nel nuovo Reich non potesse non comportare la nascita di una forte giurisprudenza,che guidasse le menti dei giuristi e che divenisse il nuovo,fondamentale formante del diritto tedesco;eppure il tutto non era così semplicistico come poteva sembrare:pur considerando che effettivamente non era solo la legge a fondare il diritto,ma anche altre fonti fondamentali,la giurisprudenza era comunque sottoposta alla legge e al diritto.Altra critica mossa al sistema giuridico tedesco del BGB è quella dell’essere troppo ancorato ancora alla realtà dei diritti individualistici borghesi,senza rendersi promotore dei diritti sociali di tutti;eppure anche questa costruzione finì con l’inaridirsi da sola,mossa da aspirazioni (come una forte legislazione in tal senso) che chiaramente non potevano trovare accordo nella dottrina.La critica forse in assoluto più costruttiva è quella mossa da Heck,il quale afferma come lo stesso BGB sia caduto in una profonda contraddizione,la stessa che ha poi contribuito alla fine del metodo esegetico in Francia.Infatti mentre da un lato il codice predica l’importanza ed il valore della legge positiva dello Stato,come l’unica che merita di essere studiata ed obbedita;allo stesso tempo riconduce la validità di ogni proposizione giuridica solo nell’ambito in cui la stessa possa riferirsi a concetti astratti e generali del diritto tedesco.Ecco perché la dottrina si è preoccupata di ribaltare del tutto alcune posizioni del BGB,anche se tutto il lavoro svolto in questo senso venne totalmente cancellato dall’avvento del nazismo,che pose per sempre fine alla dottrina ed alla tradizione della scientia juris,con il suo forte anti-legalismo. SEZIONE SECONDA:IL SISTEMA TEDESCO ATTUALE 1. Attualmente la Germania,che si presenta dal 1990 unificata nella sua parte est,ed in quello ovest è dotata di una Costituzione,la Grundgesetz (GG),anche definita Legge Fondamentale,entrata in vigore il 23 maggio 1949.Si tratta della terza Costituzione che la Germania federale conosce,e si tratta di una Costituzione rigida,per revisionare la quale è necessaria la maggioranza nelle due Camere del Parlamento,la Bundestag e la Bundesrat.Proprio perché si tratta di una Costituzione rigida si presuppone la necessità di predisporre un organo di controllo costituzionale,quale può essere il BGV,ossia il Tribunale Costituzionale Federale;questo opera due tipi di controllo:

1) un controllo astratto svincolato da un eventuale procedimento giudiziario,volto ad accertare la compatibilità formale e sostanziale del diritto dei Lander,o quello federale con la GG;

2) un controllo concreto dato nell’ambito di un preciso e specifico procedimento giudiziario,incidentale allo svolgimento di una controversia,che valuta soltanto in merito alla legge in senso formale.

Importante contenuto della GG è la presenza dei diritti fondamentali,indicati espressamente nel testo della carta;questa esigenza di espressione concreta degli stessi è ispirata allo scempio operato in epoca nazista,ma non solo,esso è dato anche come modello di imitazione del Bill of rights di stampo americano. I diritti fondamentali non sono in alcun modo modificabili,neppure con il ricorso

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a specifiche maggioranze. I cittadini possono trovare protezione in merito ai diritti fondamentali di cui pure godono grazie alla possibilità di presentare al BGV dei ricorsi costituzionali,avanzati quando un cittadino si senta leso nei suoi diritti fondamentali,e solo in previsione della tutela di questi. 2. IL SISTEMA DELLE FONTI ATTUALE PAG.356 La legislazione ordinaria poi,viene ripartita tra il Bund,ossia il governo federale,ed i Lander,ossia le federazioni di Stati presenti nel territorio. L’articolo 73 GG indica esplicitamente quali siano le materie di competenza del Bund,nell’ambito delle quali il Land può agire solo su espressa autorizzazione dello stesso Bund;esistono poi materie di competenza concorrente,ed in questo caso il Land è chiamato a legiferare solo quando lo stesso non abbia fatto il governo federale.In ogni caso la legge ordinaria del Bund prevale sempre su quella dei Lander.Per quanto attiene all’esecuzione delle direttive comunitarie anche queste sono attuate sulla base delle competenze tra Bund e Lander;sembra chiaro che la competenza legislativa dei Lander risulti tutto sommato piuttosto limitata. 3. L’ORGANIZZAZIONE DELLE CORTI E DEI TRIBUNALI PAG.357 IL sistema giudiziario tedesco,poi è basato su cinque distinte corti giudiziarie:

a) la Corte ordinaria,si occupa delle controversie in cui sia da versare un indennizzo o un risarcimento a seguito di responsabilità civile,conseguente a fatto illecito;si basa su tre gradi di giudizio ed al suo vertice è sita la BGH;

b) la Corte amministrativa è competente esclusivamente per i casi in cui siano implicati pubblici funzionari,che abbiano mancato a disposizioni di carattere pubblico;essa si basa su tre gradi di giurisdizione,al cui vertice è sita la BVG;

c) la Corte del lavoro si occupa delle controversie che nascono tra lavoratori e datori di lavoro;si basa su tre gradi di giurisdizione,al cui vertice è posta la BGA;

d) la Corte finanziaria si occupa delle controversie fiscali;si sviluppa su due gradi di giudizio al cui vertice è posta la BFH;

e) la Corte sociale si occupa di tutte quelle questioni riguardanti le pensioni,o gli assegni di disoccupazione;si basa su tre gradi di giurisdizione,al cui vertice è posta la BSG.

La composizione del sistema giudiziario tedesco in cinque distinte corti non mette in crisi tuttavia la fondamentale distinzione,per il diritto tedesco tra il diritto pubblico e quello privato. 4. IL CORPUS DELLA LEGISLAZIONE PRIVATISTICA TEDESACA PAG.359 Accanto al BGB è da ricordare la presenza di altre codificazioni,che legiferano su particolari ambiti della vita della società tedesca.Si registra la presenza dell’Handelsgesetzbuch (HGB),ossia il codice di commercio,che come già in Francia,anche in Germania si presenta distinto dal codice civile stesso. L’HGB presenta la figura del commerciante,indicato come colui che svolge una particolare attività commerciale,per poi indicare una specifica lista attraverso la quale si qualificano come commerciali alcune attività.Il codice si compone di 5 libri,indicanti:

1) il primo libro affronta la tematica dei commercianti in genere; 2) il secondo libro affronta il tema delle società commerciali; 3) il terzo libro parla dei libri commerciali; 4) il quarto libro offre una disciplina dei negozi commerciali; 5) il quinto libro approfondisce la struttura del commercio marittimo.

Accanto al codice civile ed a quello del commercio,si cita poi l’esistenza del codice di procedura civile;la Zivilprozessordung (ZPO),novellata più volte dal 1877,si presenta scandita in 10 libri. Nel corso degli ultimi anni è da registrarsi anche una accresciuta importanza della giurisprudenza tedesca.Essa è considerata come lo strumento,che indipendentemente dall’influenza della dottrina,per lo più piuttosto arida al riguardo,si preoccupa di dare concretizzazione alla legge ordinaria,applicandola al caso specifico secondo la sua giustizia,alla luce della coerenza del sistema e dei valori costituzionali.

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I MODERNI SISTEMI DI CIVIL LAW TRA INFLUENZE FRANCESI E TEDESCHE SEZIONE PRIMA: LA TRADIZIONE DI C IVIL LAW COME MONDO COMUNICANTE PAG.363 1. Lo sviluppo della codicistica europea ha posto in evidenza soprattutto che il formante

principale sul quale si basa ogni singolo Stato è quello legislativo;non è il ricorso al codice in sé ciò

che più di ogni altra cosa fa venire in risalto questa situazione,quanto il fatto che si qualifica come

tipico dello Stato interventista la produzione smodata di leggi varie.Eppure non è solo il formante

legislativo a fondare l’autorità di uno Stato,ma esistono ulteriori fonti che possono essere utilizzate

altrettanto efficacemente,tant’è che in dottrina le critiche sono state vastissime da parte degli

studiosi,i quali hanno posto l’accento sull’opportunità di rispettare tutte le realtà,soprattutto quelle

locali,che scomparirebbero se ci fosse solo ed esclusivamente la tradizione statuale. I modelli che

hanno costituito più degli altri un parametro di imitazione sono stati quelli francesi e tedeschi,non

lasciando assolutamente traccia della tradizione romanistica,seppur la stessa sia in un qualche modo

presente presso il modello giuridico tedesco.Tale influenza è stata resa possibile,attualmente più che

in ogni altro periodo,dalla situazione in cui si presenta il panorama giuridico:oggi l’integrazione tra

le varie culture giuridiche nazionali,almeno a livello europeo,è resa possibile dalla circolazione dei

modelli,dovuti all’informazione ormai assoluta.Questo fa sì che sia facile riscontrare la presenza di

questi modelli in ogni singolo sistema nazionale,e sia invece sempre più difficile riscontrare la

presenza di modelli autoctoni,tipici dello Stato in questione.Posta la situazione in questi termini è

ovvio che risulta difficile pensare che il diritto possa essere solo la meccanica applicazione di leggi

statuali alla realtà concreta dei fatti della vita sociale.

2. CIRCOLAZIONE DEL MODELLO FRANCESE

La tradizione giuridica francese ed i suoi modelli fanno parte integrante della tradizione di civil law:ciò significa che lo stesso ha potuto dialogare nell’ambito della realtà giuridica che gli compete,in modo non solo da diffondere la propria cultura,ma anche di riceverla.Eppure per il prestigio che circonda la Francia,per la conoscenza diffusa della sua lingua,si è posto all’imitazione

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di altri paesi anche istituti e strutture del diritto francese che non sono tipicamente di origine francese;dunque per modello francese deve intendersi tutto ciò che i non francesi hanno trovato in Francia,ed hanno imitato.Il primo elemento di imitazione è il Code civil,che ha potuto espandersi grazie al suo prestigio,accumulato nel corso del tempo:questo lo ha reso popolare in Belgio,Olanda,Spagna,addirittura in Argentina.Inoltre la cultura giuridica francese ha potuto espandersi per effetto della colonizzazione,tanto che molti dei suoi modelli sono stati prontamente imitati solo dopo la decolonizzazione,dai paesi che vi erano stati sottoposti.Va detto comunque che l’imitazione spesso ha riguardato solo la codificazione più specificamente,altre volte ha riguardato anche la forma di Stato;allo stesso modo la ricezione del codice civile francese alcune volte è stata integrale,spesso però è stata mutilata in qualche sua parte. 3. LA CIRCOLAZIONE DEL MODELLO TEDESCO PAG.369 Per ciò che attiene la diffusione del modello tedesco va detto che esso si è imposto come un modello che ha trasmesso innanzitutto la dottrina pandettistica,e solo marginalmente il BGB;va inoltre specificato che il modello tedesco non ha esportato l’imitazione del suo apparato amministrativo,né ha avuto modo di essere diffuso mediante colonizzazione di altri Paesi.La dottrina della pandettistica viene configurata come l’ultimo vero baluardo della scientia juris,l’ultimo prodotto dottrinale della stessa,e si qualifica per essere stato l’unico strumento in grado di dar vita a qualche concettualizzazione che va al di fuori del potere politico.La sua espansione dunque è potuta esserci solo se si pensa alla possibilità dello sviluppo congiunto con un’altra dottrina,che sia insita nel paese di ricezione,e che sia anch’essa svincolata dal potere politico.Eppure la fonte stessa della pandettistica si è presto inaridita;molti dei giovani studiosi stranieri del metodo pandettistico si sono recati in Germania per apprendere dalla fonte stessa i metodi di una simile dottrina,ed invece hanno trovato un panorama giuridico dottrinale completamente differente,mutato negli stili e nei metodi,che non ha dato loro la possibilità di abbeverarsi alla fonte stessa del sapere. SEZIONE SECONDA: LE VICENDE ITALIANE 1. LA RICEZIONE DEI MODELLI FRANCESI IN ITALIA PAG.371 La prima vicenda di ricezione che è necessario considerare è quella che attiene allo Stato italiano stesso,che ha vissuto entrambi i momenti di ricezione,quello francese e quello tedesco;possiamo così indicarne le tappe:

1) la ricezione dei modelli giuridici francesi avviene con la presa dell’Italia da parte di Napoleone nel 1796;e la presenza di tali modelli si estende a tutte le regioni d’Italia,fatta eccezione per la Sardegna e la Sicilia,a partire dal 1815.Per addurre solo due esempi importanti di imitazione delle dottrine giuridiche francesi si può ricordare che nel Regno delle Due Sicilie fu adottato un codice distinto in cinque parti che contenevano leggi civili,penali,di procedura civile,di procedura penale,e commerciali;mentre nel Regno sabaudo,in Piemonte,fu adottato un codice civile,detto albertino,del tutto simile a quello francese. D’altra parte si sentiva la necessità di dotarsi di un codice unitario,e la ricezione totale del modello francese nel Regno sabaudo aiutò non poco il processo di unificazione dello Stato italiano.Quando nel 1861 si raggiunse l’unità d’Italia,e la formazione del Regno d’Italia,sembrò del tutto naturale adottare una codificazione civilistica pari a quella francese (come accadde nel 1865,data cui si attesta la nascita del primo codice civile).Ma non furono più soltanto i modelli codicistici francesi ad estendersi in Italia,quanto anche gli elementi dottrinali,che chiaramente venivano accolti come autorità dato il fatto che essi si prestavano perfettamente ad interpretare la legge italiana (del resto del tutto simile a quella francese).Si realizzò così la traduzione in lingua italiana dell’Ecole de l’Exegese,la quale diffuse i suoi modelli interpretativi anche nel tessuto giuridico italiano.Ciò che invece non ebbe modo di

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essere imitato in Italia fu la giurisprudenza francese,che venne recepita sempre attraverso il doppio filtro,costituito dalla dottrina italiana e da quella francese stessa. I giudici italiani non si ridussero mai a motivare le proprie decisioni nella stringatezza di un solo rigo,anzi essi si preoccupavano di infiorettare pagine e pagine pur di motivare adeguatamente una loro sentenza.Dunque lo sviluppo giurisprudenziale francese non potette attuarsi in Italia,per quanto lo stesso fosse così tanto legato alla dottrina;di conseguenza si assistette,nel territorio italiano,alla nascita di una tradizione giurisprudenziale che è assolutamente svincolata dalla citazione di casi pratici,dunque dalla realtà dei fatti,e che si attiene esclusivamente alla lettera della legge stessa.Ciò ha prodotto una minore propensione dei giuristi italiani per l’allontanamento dalla lettera della legge e dalle parole del legislatore,tanto che una vera e propria cultura letteraria italiana in materia giuridica risulta configurabile solo quando si estenderanno i modelli giuridici tedeschi,i quali muteranno l’aspetto dottrinale sul quale si basa la giuridica italiana;

2. LA RICEZIONE DEI MODELLI TEDESCHI PAG.377 La diffusione dei modelli giuridici tedeschi avvenne sulla base della concezione che essi,essendo mutuati dalla storia,fossero molto più scientifici,e per questo in grado di produrre qualcosa di assolutamente svincolato rispetto alla tradizione giuridica francese,e quindi qualcosa che non era più legato alle parole del legislatore ed al testo del codice.In realtà i motivi furono ben altri e tutti fondamentalmente legati alla volontà di vedere di nuovo unite la figura del giurista e quello dello studioso di diritto (tant’è che le università fiorirono e furono popolate da docenti di chiara fama nazionale);così come era evidente desiderio quello di svincolarsi dalla dottrina esegetica,che spesso aveva provveduto a peggiorare le leggi per via interpretativa.Gli scrittori tedeschi,per quanto imitati da quelli italiani,ebbero la propria influenza in modo comunque filtrato dalla dottrina italiana,posto che lo sviluppo della pandettistica,almeno in Italia,arrivava in un momento in cui si erano a maggior ragione estese le teorie positivistiche del diritto.La dottrina pandettistica allora si estese soltanto nell’ambiente universitario,dove gli studiosi apprezzavano moltissimo il suo modo di porsi rispetto alle precedenti dottrine;ma qualsiasi strumento concettuale insegnato ha poi bisogno di un certo periodo di tempo per ricevere una adeguata classificazione nel concreto assetto di interessi,e per essere applicata in via concreta.Molto spesso,quindi,i giuristi formatisi nelle scuole pensavano di aver studiato un qualcosa di assolutamente astratto,proprio perché non esisteva un contemporaneo riferimento alla praticità dei casi.Per aversi un completo adeguamento ai nuovi modelli sarebbe stato necessario una ricodificazione dei codici,ma ciò non avvenne mai del tutto;i modelli francesi non furono abbandonati,e il prodotto più tipico della ricodificazione fu la nascita di codici civili ibridi.Non che il BGB non avesse assunto prestigio nel corso del tempo,ma i giuristi italiani,che si occuparono di riformulare la lettera del codice erano tutti concordi nell’affermare il netto rifiuto verso alcune caratteristiche tipiche del codice tedesco,come la precisa e rigorosa formulazione letterale delle leggi,o la presenza di una parte generale,che concettualizza l’intero diritto.La codificazione nuova del 1942 presenta infatti un linguaggio oscillante e sicuramente non coerente,ma che persegue la sistemazione unitaria della dottrina giuridica,specie nel settore delle obbligazioni;ciò produsse la più importante novità nel diritto italiano dell’epoca,ossia la unificazione del diritto civile e di quello commerciale che non venne più assunto nella lettera di un separato codice.Anche la giurisprudenza rimase attestata nelle sue posizioni di netto conservatorismo,non rifuggendo nella pratica delle clausole generali,che pure abbondavano nel testo del codice,ma evitando di applicare,dando così una interpretazione ed un’applicazione più generica possibile al testo del codice stesso. SEZIONE TERZA: UNO SGUARDO AI PRINCIPALI SISTEMI DI CIVIL LAW PAG.384

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Altre esperienze giuridiche si rifanno alla ricezione dei modelli francesi e tedeschi,e si elencano le varie esperienze che nei paesi europei ed extraeuropei hanno avuto modo di svilupparsi: SVIZZERA

1. Dal punto di vista storico la Svizzera operò la propria indipendenza dal Sacro Romano Impero nel XIV secolo,e dopo di ciò cominciò a sviluppare la propria storia in modo difforme da quella del resto d’Europa,per quanto,subendo la dominazione francese,si adattò,seppur solo formalmente alla codificazione francese stessa. A seguito dell’indipendenza ciascuno dei 4 Cantoni in cui è divisa la Svizzera pensò bene di dotarsi di un codice civile,e diversi furono i modelli cui gli stessi si ispirarono:i cantoni della Svizzera francofona e quelli italiani si ispirarono ai modelli di codificazione francese;i cantoni centrali seguirono il modello di codificazione austriaco;il cantone di Zurigo si rifece ai modelli insegnati alla scuola di Savigny.Di li a poco la codificazione di Zurigo divenne elemento di imitazione e diffusione in tutti gli altri cantoni della Svizzera tedesca;chiaramente tali insegnamenti dovevano assolutamente rifarsi alla scuola storica ed alla Pandettistica.La presenza di più codici civili cantonali chiaramente aggravava la già accentuata situazione di frammentarietà di cui era vittima la Svizzera,ma può dirsi che l’intero lavoro di codificazione è dato dall’opera di un solo giurista,un certo Huber,la cui presenza è stata particolarmente forte nel corso di tutti i lavori preparatori del codice,iniziati nel 1884 e protrattisi fino al 1907.Il modello dello ZGB,così è chiamato il codice svizzero,è chiaramente il BGB,per quanto dello stesso si sia rifiutato ogni riferimento dottrinale,l’uso di un linguaggio troppo raffinato e tecnicistico,l’adozione di una parte generale,sostituita da una Introduzione di soli 10 articoli.Nella formulazione dello ZGB si pone in rilievo come tutta la materia del ricorso al diritto consuetudinario,o anche alla creatività giurisprudenziale del giudice,sia da evitarsi in caso di lacune presenti nel testo del codice;va sottolineato,da ultimo,che all’interno del codice stesso vigono anche le materie riguardanti il diritto commerciale,e ciò rappresenta il primo esempio di unificazione di tutto il diritto privato in un unico codice.

2. L’ESPERIENZA AUSTRIACA PAG.388 L’Austria fu forse la prima a dotarsi di un codice civile in senso moderno,quale è individuato nell’Allgeimeines Burgerliches Gesetzbuch (ABGB),il quale entrato in vigore nel 1811,seppur più volte rimaneggiato resta in vigore ancora adesso. I sovrani settecenteschi che ne avviarono la codificazione pensarono di prolungare i lavori preparatori,da una commissione all’altra,fino a quando non si fosse giunti alla redazione di un codice effettivamente “moderno”.Ed infatti l’ABGB raccoglie solo tutta la materia del codice civile (e dunque non è un centone onnicomprensivo),e si esprime secondo un linguaggio conciso,che non si abbandona a concettualismi vari.La sua codificazione mira all’uniformazione del diritto,data dalla possibilità di operare un’azione mediana tra ciò che è la tradizione romanistica,e ciò che è stato insegnato dalla scuola del diritto naturale.Forse ciò che più sembra difettare al codice civile austriaco è un riferimento esplicito alla dottrina,che sembra come del tutto inesistente,e non si erge a guida della pratica forense,cosa che invece viene fatta dall’amministrazione governativa,mediante l’emanazione di circolari,rescritti,e documenti vari.Notevole fu poi anche l’influsso della pandettistica,la quale introdusse nel sistema giuridico austriaco un andamento altamente dogmatizzante. BELGIO PAG.390 Il Belgio nasce come un territorio facente parte dei dipartimenti francesi,e questo fece si che nel suo territorio venisse applicato essenzialmente diritto francese;ma lo stesso accadde quando nel 1815 il Belgio fu unito al Regno d’Olanda,e la codificazione francese,seppur con qualche dubbio venne ancora una volta applicata.Il Belgio recepiva la dottrina giuridica francese in modo diretto,posto che nel suo territorio si parlava francese,tanto che le sentenze della Cassazione erano seguite anche in Belgio,e lo stesso accadde per i giudici,che assumevano le medesime decisioni dei

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loro colleghi francesi.Questo almeno fino all’ultimo ventennio del XX secolo,quando la situazione si è profondamente modificata posto che la dottrina fiamminga,ormai lontana dall’utilizzo della lingua francese,si è dotata di modelli del tutto similari a quelli anglosassoni,e si è aperta alla ricezione di modelli giuridici stranieri,che però siano alquanto lontani da quelli francesi. OLANDA Il Regno di Olanda venne ricostruito nel 1814,a seguito della caduta di Napoleone Buonaparte;seguendo una secolare tradizione codicistica,anche il nuovo regno rifondato si basò sull’adozione di un codice civile,il Burgerlijk Wetboek (BW).Eppure la dottrina giuridica olandese fu influenzata dal movimento pandettistico della Germania,tanto che molti giuristi seguirono nell’interpretazione ed applicazione del diritto le indicazioni giuridiche del BGB. Ma il Regno d’Olanda fu anche il primo nel quale si avvertì l’esigenza di proporre una ricodificazione del codice civile,nel corso del secondo dopoguerra;nacque così il New Burgerlijk Wetboek (NBW),il quale si compone di ben 8 libri,contenenti la seguente disciplina:

1) il libro primo affronta la tematica del diritto della famiglia e delle persone fisiche; 2) il secondo libro affronta il tema delle persone giuridiche; 3) il terzo libro parla dei diritti patrimoniali in genere; 4) il libro quarto affronta il tema delle successioni; 5) il libro quinto affronta il tema della proprietà; 6) il libro sesto parla delle obbligazioni in generale; 7) il libro settimo parla dei singoli contratti; 8) il libro ottavo affronta la tematica del diritto dei trasporti,e solo in questa occasione il codice

si presenta più dettagliato. PAESI SCANDINAVI La storia giuridica dei paesi scandinavi,quali Danimarca,Svezia,Norvegia,Islanda e Finlandia è alquanto singolare,e sembra difficile poterla introdurre nel settore giuridico del civil law,posto che questi paesi non hanno conosciuto un sistema di codificazione alquanto moderno.Nella storia di questi Stati esistevano forme arcaiche di codici:ad esempio quello assunto dalla Danimarca ed estesosi fino in Norvegia ed Islanda,formato da 6 libri;oppure quello Svedese,che si esteso per imitazione anche alla Finlandia,trattandosi però sempre di codificazioni alquanto primitive,che sono ben lontane dalle codificazioni moderne che noi conosciamo nel resto d’Europa.In particolare i giuristi scandinavi hanno sempre ritenuto che una volta fissate le linee principali del diritto,chiaramente di diritto consuetudinario svedese e danese,spetta ai giuristi,con il ricorso alle proprie capacità intellettive,di comprendere quale legge applicare ad un caso che non sia stato espressamente disciplinato,quindi si proclama l’adozione di un diritto essenzialmente analogico.In realtà l’adeguamento ai canoni moderni della dottrina giuridica europea,avviene nei paesi scandinavi grazie al ricorso a leggi uniformi,la cui presenza ha dato l’imput alla crescita del formante legislativo come fondante il diritto scandinavo,e dunque escludendo qualsiasi altra fonte giuridica al riguardo;allo stesso modo i giudici preferiscono di gran lunga adattarsi alle parole del legislatore in merito alla decisione del caso concreto,anche se questa stessa pratica è da ritenersi poco utilizzata in virtù della vicinanza con dottrine di common law,che sembrano discostare il diritto scandinavo dai formanti del civil law,anche se nella realtà così non è nel modo più assoluto. SPAGNA In Spagna si registra la vigenza di un diritto civile uniforme,che però non può trascurare l’esistenza di altrettanti diritti consuetudinari locali,definiti fueros,che hanno un’importanza capitale nella vita del diritto spagnolo tanto che la codificazione unitaria del Codigo civil,nel 1889 si pone come un elemento solo sussidiario rispetto alla vasta branca dei diritti “forali”.Anche in Spagna è da sottolinearsi la totale discrasia tra il settore civile e quello commerciale,dotato di un proprio codice,entrambi però ispirati ai modelli francesi.La più ampia fase di modernizzazione del diritto si ha però nel 1978,a seguito dell’adozione della carta costituzionale e del ritorno a modelli di governo democratici,che hanno aperto la Spagna a novità giuridiche che avevano avuto modo di formarsi preventivamente nelle altre zone d’Europa.

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PORTOGALLO IL Portogallo si caratterizza invece per essere sempre stato un paese a diritto unitario;già nel XVII secolo esso presentava una tradizione giuridica che si basava sull’uso della legge.Nel corso della sua storia si provvide prima a codificare la materia commerciale e poi quella civile,entrambi i codici basandosi su quelli francesi corrispondenti.Eppure anche il diritto portoghese si distaccò non poco dalla dottrina del diritto francese,soprattutto quando cominciarono ad affermarsi i modelli della scuola pandettistica tedesca,che condussero ad una ricodificazione del codice.Infatti il codice civile portoghese è uno dei pochi in Europa,che sulla scia del BGB presenta una parte generale nella sua formulazione.Ma anche questa volta l’adozione di modelli pandettistici tedeschi avvenne quando ormai la stessa dottrina in patria,e in tutta Europa era volta all’inevitabile declino. PAESI LATINO-AMERICANI E’ chiaro come in questi paesi risulti essere in vigore una dottrina giuridica del tutto mutuata da quella dei paesi colonizzatori,dunque Spagna e Portogallo,in primis. Eppure,se si guarda alla dottrina giuridica dei paesi latino-americani,ci si rende conto che essa non è affatto uguale a quella del paese d’origine,cosa che normalmente accade quando un elemento giuridico originario di una nazione si scontra con la realtà sociale ed economica di un altro paese,magari di uno colonizzato.La presenza dell’esempio degli Stati Uniti d’America spinse poi tali paesi a ribellarsi al dominio coloniale,fino a quando poi gli stessi paesi liberatisi dal giogo straniero maturarono la scelta di dotarsi di un proprio codice civile.Almeno inizialmente rimasero in vigore in tutti i paesi spagnoli,nonché in Brasile,i codici che avevano caratterizzato il loro diritto sino ad allora (dunque nei paesi spagnoli restò in vigore la Ricompilacion de Indias del 1680;mentre in Brasile si aveva ancora la legislazione lusitana).Solo più tardi si avvertì l’esigenza di creare dei codici del tutto autonomi,opera per lo più di un singolo giurista.Ciò accadde in Cile,in Argentina (assunto poi a modello di codice civile per gli altri paesi),ed in Brasile,con qualche scontro in più.Va detto però che i modelli cui si ispirarono erano essenzialmente quelli tipici del civil law,dunque siamo nell’area tedesca e francese. SEZIONE QUARTA: IL RITORNO DEL JUS COMMUNE EUROPAEUN PAG.402

1. Uno degli istituti del diritto civile che più di altri si presta a darci l’idea dell’uniformazione di tutti i diritti europei è quello delle obbligazioni.La sua importanza nella dottrina di civil law è ben nota,soprattutto per ciò che attiene alle obbligazioni nascenti da contratto,cui sia la dottrina francese,sia quella tedesca danno un preminenza assoluta,indicandole come il terreno privilegiato sul quale l’operatore giuridico è chiamato ad operare.Ma il concetto di obbligazione si sta estendendo anche al diritto di common law,che riconosce tale terminologia (obligation) pur non concependola come categoria ordinante di altri elementi giuridici,come la responsabilità civile o l’ingiustificato arricchimento.Eppure il rapporto obbligatorio è inteso in senso unitario,come struttura dalla quale promanano determinati obiettivi,che sono di interesse comune ad entrambe le scuole di diritto;si pensi alla facoltà del rapporto obbligatorio di permettere la circolazione della situazione creditoria,e per quanto possibile anche di quella debitoria;si pensi ancora alla possibilità,in via di ipotesi elementare di sottoporre la stessa ad obblighi secondari;oppure ancora la possibilità di prevedere un meccanismo unitario per ogni possibile caso di inadempimento.

2. LE FONTI DI ISPIRAZIONE DEL JUS COMMUNE PAG.405 Proprio sulla base di quanto detto molti hanno prospettato l’idea di un ritorno alla produzione dello jus comune europeo.Questa tendenza si è verificata essenzialmente a seguito delle istanze uniformatici in campo commerciale,soprattutto in quei settori che conservano già una valenza transnazionale.Soprattutto è sembrato che un risultato del genere potesse essere conseguito a seguito dei processi di integrazione giuridica avviati dall’Unione europea:questa si è occupata

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soprattutto di unificare i vari e diversi diritti nazionali in ambito commerciale,operando l’unificazione dei mercati e l’adozione di politiche comuni di concorrenza e di tutela dei lavoratori. I primi anni di attività della CEE sono stati così rivolti al perseguimento di una riformulazione delle leggi nazionali in materia commerciale in modo da creare una forte integrazione tra i vari Paesi europei coinvolti.Probabilmente però,l’errore più evidente di un simile tentativo risiede nel fatto stesso che si sia ritenuto sufficiente,ai fini dell’uniformazione dei diritti,soprattutto basarsi sul formante legislativo,senza pensare di creare una base dottrinale unitaria.Infatti in sua mancanza,quando una direttiva comunitaria indica determinate pattuizioni,che però evocano dei concetti non configurabili nello stesso modo nell’ambito della dottrina giuridica del paese ricevente,lo stesso decide di non applicare la direttiva non conforme,e questo rappresenta un ostacolo all’uniformazione del diritto.La situazione ha altresì scoraggiato coloro che ben credevano nella possibilità di attuare un nuovo ritorno ad un diritto comune europeo,almeno in chiave privatistica.La cosa più importante per comprendere se esiste la possibilità o meno di operare una simile trasformazione del diritto consiste nel valutare come i giuristi “pensano”,ossia quale possa essere la loro formazione dottrinale.Da quando l’Unione europea,nel 1989 adottò una risoluzione che apriva le porte alla formazione di un codice civile europeo unitario sono sorte moltissime dispute al riguardo,soprattutto da coloro che ritengono una eventualità del genere assolutamente da deprecare,posto che il diritto,e a maggior ragione il codice civile è pura espressione della cultura di un popolo,e non può essere uniformato ad altri codici,e perdere così la sua vitalità;il suggerimento da tali giuristi offerto è quello di operare una comparazione giuridica più accentuata tra i vari modelli,in modo che i nuovi giuristi possano dialogare tra loro,comprendersi pur non perdendo la peculiarità della loro dottrina giuridica.Ma la domanda sulla quale forse è necessario porre maggiormente l’attenzione riguarda la possibilità o meno per una dottrina nascente,che sino ad ora è sempre mancata a livello europeo di fondare da sola,svincolata dal potere politico un prodotto così tanto uniformante;e se non è invece più corretto ritenere che una qualsiasi dottrina oggi sarebbe configurabile esclusivamente nella misura in cui la stessa venisse adottata a livello legislativo da un legislatore aperto alle possibili innovazioni,e solo a seguito di ciò essa potrà essere applicata.Nonostante le possibili critiche addotte al movimento va detto che l’idea in sé è assolutamente meritevole di essere presa in considerazione,ed il progetto merita di essere coltivato,ma non va dimenticato che la storia ci insegna come ogni nuova nascita codicistica deve essere accompagnata da un sostrato giuridico e dottrinale molto forte,e che anche i giuristi devono essere formati sulla base di questa dottrina,che rappresenta la cultura generale del popolo e dunque la base per la formazione giuridica.