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Società Agricola Fileni Srl Unipersonale - Studio di Imp. Amb., AIA e Proc.to Connessi - Allevamento Cannuccia - Integrazioni

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INDICE

1. PREMESSA 3

2. REGIONE MARCHE, SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI ED ENERGIA - POSIZIONE DI FUNZIONE VALUTAZIONI ED AUTORIZZAZIONI AMBIENTALI 3

3. ARPAM 23

4. ASUR 37

5. SOPRINTENDENZA 39

7. PROVINCIA DI ANCONA 41

8. COMUNE DI JESI 42

8.1 Servizio Assetto e Tutela del Territorio ...................................................................... 42

8.2 Servizio Tutela Ambientale ........................................................................................ 44

Per la denominazione e la codifica degli allegati al presente documento si rimanda allo specifico elenco.

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Società Agricola Fileni Srl Unipersonale - Studio di Imp. Amb., AIA e Proc.to Connessi - Allevamento Cannucci - Integrazioni

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1. PREMESSA

Di seguito sono riportate le integrazioni allo Studio di Impatto ambientale, compresa l’Autorizzazione Integrata Ambientale, nonché i procedimenti connessi del Progetto “Realizzazione Centro di allevamento Avicolo Biologico e Convenzionale” in loc.Cannuccia del comune di Jesi (AN), pervenute tramite pec dalla Regione Marche, Servizio Infrastrutture, Trasporti ed Energia - Posizione di Funzione Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali.

Tra le integrazioni, una parte riguarda approfondimenti relativi al sistema di allevamento convenzionale e biologico. In particolare sono state modificate alcune tavole di progetto per marcare il fatto che le due modalità di allevamento sono in realtà entità produttive fisicamente separate.

In fase di progettazione esecutiva saranno suddivise anche le parti impiantistiche sia elettriche che meccaniche.

2. REGIONE MARCHE, SERVIZIO INFRASTRUTTURE, TRASPORTI ED ENERGIA - POSIZIONE DI FUNZIONE VALUTAZIONI ED AUTORIZZAZIONI AMBIENTALI

1. Vengano forniti i seguenti elaborati:

a) “screening” della relazione di riferimento (suddivisa tra area a gestione biologica ed area a gestione convenzionale);

Vedi Relazione di riferimento allegata. La relazione di verifica è unica. All’interno si precisano le valutazioni separate fra convenzionale e biologico (All. A7i).

b) piano di dismissione suddiviso tra strutture a gestione biologica e strutture a gestione convenzionale;

Sono stati predisposti i due piani di dismissione per il Convenzionale e il Biologico (All. A8ai e All. A8bi).

c) specifico elaborato per la problematica amianto, come richiesto anche da ASUR;

Nel sito di progetto non ci sono strutture con coperture in amianto per le quali necessita la specifica pratica

d) Piano di Monitoraggio e Controllo dettagliato e suddiviso tra gestione biologica e gestione convenzionale;

In allegato si riportano i PMA per l’allevamento convenzionale e quello biologico (All. A6ai e All. A6bi).

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e) Illustrazione delle BAT sulla base del Final draft 2015 per il settore allevamenti.

Vedi All. A3ai e All. A3bi.

2. Vengano chiariti i seguenti aspetti:

a) inesattezze delle formule riportate a pag. 63 della Relazione tecnica AIA relative al calcolo di numero capi, metri lineari usciolo e metri quadri parchetti;

Settore a) mq superficie

interna

b) mq struttura c) N. capi d) ml usciolo

e) mq parchetti

1 480 480 4.800 19,20 19.200

2 318 318 3.180 12,72 12.720

3 317 317 3.180 12,68 12.680

4 480 480 4.800 19,20 19.200

Di seguito si riporta il calcolo corretto per ciascun capannone.

Settore a) mq

superficie interna

b) N. capi

c) ml usciolo

d) mq parchetti

1 480 4.800 19,20 19.200

2 318 3.180 12,72 12.720

3 317 3.170 12,68 12.680

4 480 4.800 19,20 19.200

Dato b: mq struttura x 10 capi/mq Dato c: (a/100) x 4 Dato d: b x 4

Il numero dei capi è leggermente superiore, pari 15.950 per capannone, per un totale di 31.900 capi contro i 31.600 capi calcolati considerati nella relazione tecnica di AIA e nel SIA. Ad ogni modo i chiarimenti del MIPAF in merito ad alcuni aspetti degli Allevamenti avicoli da ingrasso in regime di biologico inviati alla Regione Marche portano ad adottare una densità di capi pari a 5 capi/mq. Pertanto il calcolo dimensionale di un capannone in regime di biologico è il seguente:

Settore a) mq

superficie interna

b) N. capi

c) ml usciolo

d) mq parchetti

1 480 2.400 19,20 9.600

2 318 1.590 12,72 6.360

3 317 1.585 12,68 6.340

4 480 2.400 19,20 9.600

Dato b: mq struttura x 5 capi/mq Dato c: (a/100) x 4 Dato d: b x 4

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In totale sono 7.975 capi/ciclo per un capannone e 79.750 capi/ciclo per i dieci capannoni.

Pertanto le valutazioni di carattere ambientale fatte nel SIA e il calcolo delle emissioni riportate nell’AIA sono ampiamente conservative.

b) a pag. 93 della Relazione tecnica AIA si afferma che le femmine leggere saranno vendute al 35° giorno mentre i maschi al 55° giorno, mentre a pag. 150 si parla di tre scaglioni in cui escono gli animali; chiarire l’incongruenza;

Le pagine indicate come incongruenti sono la 83 e la 141.

Si conferma quanto riportato a pagina 83. A pagina 141 c’è un’informazione di carattere generale sul peso medio tra i tre scaglioni di peso considerati nella tabella del calcolo della consistenza di stalla di pagina 83.

Per precisione il calcolo del peso medio desunto dai pesi riportati nella tabella è:

35° giorno: 1,8 kg maschi e 1,6 kg femmine = media 1,7 kg;

45° giorno: 2,6 kg maschi (le femmine sono già vendute)

55° giorno: 3.4 kg maschi (alla vendita).

Per il calcolo della pollina si è comunque considerato il peso medio durante tutto il ciclo di 1 kg per t/PVM, come da normativa regionale. Esso media il peso dai pulcini al peso a fine ciclo dei maschi.

c) peso annuale della carcasse incongruente tra il dato riportato nelle tabelle di pagg. 148 e 149 della Relazione tecnica AIA e il dato indicato nelle relative descrizioni; per il convenzionale si riporta un peso di 115 t rispetto alle 94 t indicate in tabella, mentre per il biologico si riporta un peso di 8 t rispetto ai 6 indicati in tabella;

Le incongruenze sono a pagina 139-140. I dati corretti sono quelli delle tabelle, 94 t di azoto per il convenzionale e 27,65 tonnellate per il biologico.

Con la riduzione a 5 capi/mq, e correggendo il n. dei capi in relazione alla superficie utile di 1.595 mq e non 1.580 mq il peso annuale delle carcasse del biologico scende a 13,96 t.

d) indicare i Codici CER dei rifiuti di cantiere;

Parte del compendio immobiliare costituente il fondo in località Cannuccia saranno oggetto di mantenimento nello stato attuale. Essi sono i fabbricati destinati alla custodia, amministrazione, manutenzione e guardiania, quali ad esempio la casa colonica ed annessi di diretta pertinenza distinti al foglio 98 con la p.lla 212. Le altre volumetrie ex abitative (entrambi i fabbricati colonici sono inabitabili) ed accessorie saranno oggetto di demolizione per quanto attiene la p.lla 211 del foglio 98 e di mantenimento nello stato attuale per la p.lla 116 del foglio 108.

L’articolo 184, comma 3, lettera b), del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”, come modificata dall'art. 11 del d.lgs. n. 205 del 2010, classifica i rifiuti1 da demolizione e costruzione quali “rifiuti speciali”, come pure quelli derivanti dalle attività di scavo nei cantieri edili.

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Tali rifiuti, sono così identificati al capitolo 17 del C.E.R. (Codice Europeo dei Rifiuti) 2: rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione.

Dall’esame preliminare delle strutture da demolire indicate sopra e delle tipologie dei materiali risultanti da una prima analisi si possono dedurre, con approccio conservativo, i seguenti codici C.E.R.. Essi possono subire qualche modifica durante la fase di cantierizzazione.

RIFIUTI DELLE OPERAZIONI DI COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE (COMPRESO IL

TERRENO PROVENIENTE DA SITI CONTAMINATI)

CODICE CER SOTTOCATEGORIA DENOMINAZIONE

17 01 01

Cemento, mattoni, mattonelle e

ceramiche

cemento

17 01 02 mattoni

17 01 03 mattonelle e ceramiche

17 01 07 Miscugli o scorie di cemento,

mattoni, mattonelle e ceramiche

diverse da quelle di cui alla voce

17 01 06

17 02 01

Legno, vetro e plastica

Legno

17 02 02 Vetro

17 02 03 Plastica

17 04 02

metalli (incluse le loro leghe)

alluminio

17 04 05 ferro e acciaio

17 04 07 metalli misti

17 04 11 Cavi, diversi da quelli di cui alla

voce 17 04 10

17 05 04

terra (compreso il terreno

proveniente da siti contaminati),

rocce e fanghi di dragaggio

terra e rocce, diverse da quelle di

cui alla voce 17 05 03

altri rifiuti dell'attività di

costruzione e demolizione 17 09 04

rifiuti misti dell'attività di

costruzione e demolizione, diversi

da quelli di cui alle voci 17 09 01,

17 09 02 e 17 09 03

e) descrivere gli impianti alimentazione ed abbeverata dei parchetti esterni e la gestione degli stessi in termini di rotazione e delle pulizie previste nell’ambito del periodo di riposo; indicare inoltre il carico organico presumibilmente riscontrabile su tali aree;

Nei parchetti esterni l’alimentazione e l’abbeverata avviene attraverso il posizionamento di mangiatoie e beverini rialzati da terra per evitare l’accesso ai roditori. Essi sono posizionati ad un’altezza raggiungibile dai polli.

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L’approvvigionamento dell’acqua è continuo attraverso tubi e l’alimentazione avviene ciclicamente. Nelle foto che seguono si rappresento un parchetto esterno con la distribuzione delle mangiatoie e dei beverini.

I polli sono animali granivori e quindi devono essere alimentati prevalentemente con granaglie. Inoltre, nella fisiologia digestiva degli alimenti, è previsto che il cibo venga “macinato” nello stomaco muscolare che funziona come un mulino e serve a macinare i diversi alimenti. Gli alimenti da somministrare non hanno quindi una forma fisica omogenea di farine, bensì presentarsi in una forma e una consistenza eterogenea: ideali pertanto

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composti sbriciolati di cereali diversi. I polli inoltre si nutrono anche di erba e alimenti verdi, che non devono mai mancare nella razione.

Nell'allegato V del Reg CE 889/08 sono elencati tutti i prodotti ammessi per la preparazione dei mangimi.

Il pascolo rappresenta inoltre un fondamentale arricchimento naturale della dieta con interazione di carotenoidi, vitamina E, tocoferolo, polifenoli e acidi grassi omega-3 che, oltre a migliorare il benessere degli animali, rendono superiore la qualità della carne e delle uova sotto il profilo nutrizionale.

La normativa sul biologico prevede che all’interno delle aree a pascolo ci sia una rotazione delle superfici per favorire la ricrescita della copertura vegetale che deve essere sempre assicurata.

Poiché abbeverarsi e nutrirsi sono attività strettamente correlate, gli abbeveratoi si trovano vicino alle mangiatoie. Potendo scegliere, i polli preferiscono fonti d’acqua aperte, quali abbeveratoi a campana o a tazza, piuttosto che abbeveratoi a tettarella che non inducono un comportamento naturale.

Relativamente al carico organico nelle aree di razzolamento attualmente non si hanno dati rilevati per gli animali al pascolo. I dati delle deiezioni sono riferiti generalmente alla produzione di pollina che è costituita dalla lettiera e dalle deiezioni. Si possono fare delle deduzioni di apporti in base ai dati ufficiali di produzione di pollina (deizioni e lettiera), stimando una percentuale di carbonio organico del 50% sul tal quale (vedi tabella che segue rif. Fertilizzanti e piani di concimazione - Giardini 2003 - Edagricole).

Tab. 1: Composizione media orientativa dei liquami e suini e della pollina (%)

Si considera inoltre un periodo di pascolamento che può essere stimato nel 35% dell’intero ciclo, in quanto iniziano dopo a razzolare dopo 35 giorni dall’inizio del ciclo, per dare in modo ai pulcini di crescere. Si ricorda che il ciclo è di 81 giorni e che almeno 1/3 della loro vita deve essere all’aperto. Su tali basi si può fare la stima che segue.

La produzione di pollina in base al DM 25 febbraio 2016 “Criteri e nome tecniche generali per la disciplina degli effluenti e delle acque reflue, nonché per la produzione e l’utilizzo agronomico del digestato” focalizza l’attenzione sulla corretta gestione, ai fini dell’utilizzo agronomico, di effluenti di allevamento, acque reflue e del digestato ottenuto da specifiche matrici organiche derivate dall’attività agricolo-zootecnica e agroindustriale.

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Tipologia allevamento Peso vivo medio

(kg/capo)

Letame o materiale palabile

(t/t p.v. x anno

(m3/t p.v. x anno)

Polli da carne a terra con uso di lettiera (n. cicli/anno 4,5)

1 6,2 9,5

Nella tabella che segue si riporta il risultato dell’applicazione dei criteri fissati dal DM 25 febbraio 2016.

CONSISTENZA DI STALLA E DEIZIONI PRODOTTE DALL’ALLEVAMENTO BIOLOGICO NEL PROGETTO FUTURO

Categoria zootecnica

n° capi accasati in

un capannone

n° cicli anno

n° di capi

prodotti ciclo

(1)

n° di capi prodotti anno

(1)

Peso medio

capo/ciclo durante tabella

regionale

Peso vivo

medio in stalla al

netto della

mortalità

Peso capo alla

fine del ciclo

Peso totale degli animali

allevati annualmente

PVM

Deiezioni prodotte

per t di PV

Deiezioni prodotte per m

3 di

PV

Totale deiezioni prodotte

Azoto prodotto per t di PV (kg)

(kg) (t) (kg) (t) t m3

Broiler 7.950 3,5 7.553 26.434 1 7,5 4 106 6,2 t 9,5 m3 47 72 250

(1) Dato fornito al netto della mortalità del 5%

Le deiezioni prodotte nei parchetti sono 47 t x 35% dell’intero periodo = 16,45 t/anno

In base alla tabella 1 sopra riportata si considera poi che la produzione di sostanza organica è il 50-55%, pari a 9 t/anno.

Da queste si deve dedurre la lettiera che viene distribuita nei capannoni e viene stimata come segue.

kg/m2/ciclo kg/anno/capannone

Paglia 1,5 4.174

Cautelativamente si può applicare una riduzione del 50% della S.O. che risulta dall’apporto della paglia come lettiera nei capannoni, mancante nei parchetti esterni. Il risultato è pari a 4,5 t.

La superficie dei parchetti esterni è 31.800 m2 (circa 3,2 ha). L’apporto di S.O. è pertanto pari a 1,4 t/ha.

Prevedendo una distribuzione nei primi 30 cm di suolo in quanto nel periodo di riposo il parchetto esterno è oggetto di una lavorazione superficiale per facilitare il riformarsi del cotico erboso, si ha il seguente peso di suolo.

1 ha x 0.30 m x 1.3 t/m3 = = 10000 m2 x 0.30 m x 1.3 t/m3 = = 3.900 t

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L’arricchimento annuale della sostanza organica nel suolo sarà pertanto pari a (1,4 t / 3.900 t) = 0,038%.

Considerando una dotazione naturale di S.O. nel suolo del 2% in quanto area poco sfruttata per l’agricoltura, si ha un contenuto, nei primi 30 cm, di S.O. pari a 3.900 x 0,02 = 78 t.

Comnsiderando un tasso di ossidazione della S.O. nel suolo per le zone temperate del 2% si ottiene una degradazione naturale di 1,56 t/anno. L’apporto del sostanza organica è grosso modo pari a quella che depaupera naturalmente.

In pratica l’apporto si può considerare perfettamente in linea con il valore dell’ossidazione naturale della S.O. nel suolo.

f) rappresentare graficamente la suddivisione dei ricoveri interna ai capannoni a gestione biologica.

La suddivisione dei ricoveri del biologico è schematizzata nella Tavola di progetto U6 “Piante prospetti e sezioni dello stato di progetto”. La separazione fisica avviene in modo che gli animali presenti in ciascun comparto non potrano vedersi tra di loro. In pratica la separazione dei singoli spazi all’interno di ciascun capannone da adibire ad agricoltura biologica sarà netta.

La recente nota di chiarimento del MIPAF in merito ad alcuni aspetti degli Allevamenti avicoli da ingrasso in regime di biologico inviata alla Regione Marche che sottolinea:

Punto 1) Per quanto riguarda la densità degli animali in un'azienda biologica bisogna considerare che tale densità deve essere tale da non superare il limite di 170 Kg di azoto/Ha/anno o di superficie agricola utilizzata.

Il par. 3, art 3 del reg. (CE) n. 889/08 prevede che le aziende dedite alla produzione biologica possano stipulare accordi scritti di cooperazione ai fini dell'utilizzo di effluenti eccedentari provenienti dalla produzione biologica solo con altre aziende che rispettino le norme di produzione biologica.

Tale paragrafo chiarisce anche che il limite dei 170 Kg di azoto/Ha/anno, per le aziende biologiche, deve essere calcolato sulla base dell'insieme delle unità di produzione biologiche coinvolte nell' accordo di cooperazione

Per quanto detto, considerando la definizione di "unità di produzione" di cui all'art. 2 letto f) del citato reg. 889/08, si evince che ai fini del calcolo della densità degli animali, la superficie da considerare sia esclusivamente quella condotta con il metodo biologico intendendo sia la superficie biologica che quella in conversione.

Punto 2) -In relazione alle superfici coperte per gli avicoli da ingrasso, l'allegato III del Reg. 889/08 indica due parametri da rispettare contemporaneamente:

- 10 animali a metro quadro e

- 21 Kg di peso vivo.

Il secondo parametro fa riferimento al peso massimo possibile per metro quadro.

Si ritiene pertanto che il valore di 21 Kg non debba mai essere superato durante le fasi di produzione degli avicoli allevati.

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Punto 3) - Per quanto riguarda gli spazi minimi da rispettare nei ricoveri per gli avicoli bisogna riferirsi all'art.12.3 del Reg. 889/08 ed in particolare alle lettere:

e) che indica il numero massimo di avicoli che ogni ricovero può ospitare;

f) che indica la superficie totale massima dei ricoveri utilizzati per la produzione di avicoli da carne.

Da ciò deriva che gli spazi delimitati all'interno di un capannone possono ospitare un numero massimo di avicoli pari a quello previsto al punto e), mentre la superficie totale del capannone, per gli avicoli da carne, come stabilito al punto f), non deve superare i 1600 metri quadri.

Da tale parere si deduce che la separazione deve essere coerente con entrambi i criteri da rispettare sul mantenimento del numero massimo di animali a mq e sul peso vivo a mq. Tale precisazione fa si, considerando il normale accrescimento degli animali e la necessità di rispettare un ciclo di 81 gg, che il numero massimo di capi allevabili a mq non può essere superiore a 5.

3. Vengano approfonditi i seguenti aspetti normativi:

a) rispetto al Regolamento UE n. 889/08 è necessario definire come il proponente intende rispondere in termine di separazione fisica e gestionale tra sistema convenzionale e sistema biologico, comprendendo una distinta viabilità, a quanto disposto:

dall’art. 17 (che ammette la produzione simultanea di animali allevati con metodo biologico e non biologico “purché il loro allevamento abbia luogo in unità distinte, provviste di edifici e appezzamenti nettamente separati dalle unità adibite alla produzione conforme alle norme di produzione biologica, e a condizione che si tratti di animali di specie diverse”),

La norma è rispettata in quanto l’allevamento convenzionale e quello biologico sono fisicamente separati. Il progetto prevede inoltre accessi e strutture distinte fra biologico e convenzionale.

dall’art. 16 con i quali è vietata la produzione animale senza terra;

La norma è rispettata in quanto le superficie disponibili nel sito di Cannuccia coprono circa 2/3 delle necessità imposte dalla normativa sul biologico che prevede il rispetto del carico di 170 kg di azoto per ettaro di superficie agricola.

La superficie mancante viene coperta con specifici accordi volti a coinvolgere realtà produttive della filera Fileni.

dall’art. 3 che prevede la possibilità di “stipulare accordi scritti di cooperazione ai fini dell'utilizzo di effluenti eccedentari provenienti dalla produzione biologica solo con altre aziende ed imprese che rispettano le norme di produzione biologica”;

Prima dell’entrata in esercizio si formalizzeranno gli accordi per avere la disponibilità della superficie necessaria per rispondere ai requisiti richiamati dalla normativa sul biologico.

dall’art. 15 in merito alla densità degli animali nel rispetto del carico di 170 kg di azoto all’anno per ettaro di superficie agricola.

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Riprendendo il calcolo esplicitato per rispondere all’osservazione punto b), finalizzata a dimostrare il carattere non industriale dei 4 capannoni BIO standard, risulta quanto segue:

N. di capi accasati a capannone = 7.950;

PVM a capo = 1Kg

PVM a capannone = (7.950 x 1 kg) : 1.000 = 7,9 t

PVM per 10 capannoni = 79,50 t

Peso della categoria polli da carne corrispondente a 340 kg/ha di azoto (Tabella 6, Allegato 5, della Parte terza del D.lgs. 152/2006 e ss.mm.) = 1,4t. Considerando il carico di 170 kg/ha di azoto si arriva ad un peso di 0,7 t/ha.

Superficie necessaria per rispettare i requisiti dell’art. 15 del carico di 170 kg/ha di azoto:

79,5 t : 0,7 t/ha = 112.86.00 ha.

L’azienda Cannuccia ha una disponibilità di terreno destinato al biologico libero da infrastrutture pari a 61.78.30 ha. La restante superficie, pari a 51.07.70 ha sarà coperta con accordi con altre proprietà ricadenti nella filiera Fileni

b) Rispetto alle previsioni del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Ancona nell’ambito del vincolo costituito da Fasce di Continuità Naturalistica - sono da evitare interventi edificatori in zone individuate dal PRG come aree agricole “E” “fatti salvi gli interventi specifici per l'esercizio dell’attività agricola nelle zone "E" del citato D.l., di cui all’articolo 3, comma 1, della L.R. n. 13 del 08/03/ 1990 "Norme edilizie per il territorio agricolo", limitatamente alle lettere a) – b) – c) – e) – h)”. È necessario chiarire approfonditamente la natura dell’installazione rispetto alle tipologie individuate dalla L.R. n. 13/1990, come tra l’altro evidenziato dal Comune di Jesi.

Il parere con richiesta chiarimenti/integrazioni emesso dal Comune di Jesi (prot. n. 807840 del 14.11.2016) subordina all’accertamento della caratteristica di industrialità o meno di porzione dell’allevamento (tipo biologico – n.1,2,3 e 4 bio standard) in progetto, la sua compatibilità con il P.T.C.P.

Circa la caratterizzazione di NON industrialità della porzione di allevamento parleremo più avanti essendo, a nostro avviso, pienamente sostenibile ai sensi e per le finalità stabilite dalla normativa urbanistica regionale di settore (L.R.13/90), pedissequamente richiamata sia dal P.R.G. che, proprio, dal P.T.C.P.

Ma alla luce degli approfondimenti e scambi di vedute con i competenti organi istituzionali, visti gli atti e pareri espressi nella presente istruttoria, nonché alla luce di esperienze analoghe, ci appare prioritario e importante illustrare quello che a nostro avviso è il quadro di riferimento urbanistico da porre a base delle nostre valutazioni circa il rapporto attualmente vigente tra P.R.G. e P.T.C.P.

Il rapporto tra P.R.G. di Jesi e P.T.C.P.

Il P.R.G. del Comune di Jesi è stato approvato in adeguamento al P.P.A.R. ed al P.T.C.P.

Ne costituiscono prova, oltre agli ovvi atti deliberativi, i contenuti del medesimo che, in varie parti e nelle tavole grafiche, prendono atto indicando, a seconda delle casistiche (a mero titolo d’esempio l’art. 31 delle NTA, comma 3) come ed in che misura sono stati recepiti gli indirizzi che lo stesso P.T.C.P. proponeva.

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Si badi bene, indirizzi, talora immediatamente cogenti e prevalenti sui P.R.G. (come nello specifico caso del punto 1.V.7 citato nella nota di commento provinciale n. 107386/2016), nell’attesa del recepimento e della obbligata rimodulazione che il P.T.C.P. imponeva nella fase del recepimento a maggiore e naturale dettaglio che il piano comunale, per evidenti ragioni, può dare.

Nel caso del comune di Jesi, come peraltro in tutti casi dei Comuni che hanno adeguato il P.R.G. al P.T.C.P., lo strumento di riferimento diventa il P.R.G. medesimo e nessun altro.

Infatti, l’ufficio Provinciale di Pianificazione e Programmazione Territoriale chiarisce bene che la convocazione in C.d.S. era avvenuta per un refuso e che la stessa Amministrazione rappresentata “rimane esclusa dalla titolarità di “pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati””. Ciò proprio in relazione al fatto che all’avvenuto recepimento degli indirizzi di P.T.C.P. da parte del P.R.G., il ruolo previsto per l’organismo di coordinamento, che a sua volta, nella fase di recepimento, ha sovrinteso, verificato e coordinato la rispondenza del recepimento degli indirizzi del P.T.C.P. nelle nuove ed adeguate previsioni di P.R.G., viene meno.

Ciò premesso, vediamo quello che a nostro avviso è il quadro urbanistico desumibile dal P.R.G. jesino debitamente adeguato al P.T.C.P.

Il P.R.G. comunale di Jesi recepisce, in maniera diversa ed articolata, gli indirizzi che il P.T.C.P. propone per i vari contesti ambientali territoriali, urbani ed agricoli, lo fa in linea con le procedure e sotto il controllo dell’ufficio provinciale preposto che, alla fine dell’iter di adeguamento, ne ratifica la conformità.

Con riferimento alla cogenza degli indirizzi di cui al punto 1.V.7, sempre nel contesto pre-adeguamento del P.R.G. al P.T.C.P., e quindi ai soli fini di voler dare un’interpretazione corretta all’attuale quadro normativo adeguato del P.R.G., va comunque sottolineato quanto previsto all’ultimo comma dell’articolo 2.1.0 (Fasce della Continuità Naturalistica) delle previgenti N.T.A. del P.T.C.P.: esso chiarisce che “il loro contenuto (degli indirizzi, n.d.r.) ed anche il loro grado di cogenza deve essere, però, diversamente modulato a seconda delle specifiche condizioni dei territori attraversati ed è, pertanto, diversamente espresso nel contesto di ciascun A.T.O. (ambito territoriale omogeneo).

Il Comune di Jesi, adeguando il proprio strumento urbanistico al sovraordinato P.T.C.P., lo ha fatto senza creare, come diversamente hanno fatto altri Comuni, una diversa denominazioni della zonizzazione A.T.O. in relazione alla specificità del terriorio. Esso ha semplicemente rimodulando il quadro normativo delle N.T.A. delle varie zonizzazioni, già di base molto dettagliate e diversificate, inserendo ulteriori elementi che, pur non adottando la stessa terminologia, si sostanziano nella stessa finalità perseguita dal P.T.C.P. proprio per le F.C.N. (fasce della continuità naturalistica).

Questa scelta, in forme terminologicamente diverse ma sostanzialmente identiche per le finalità perseguite, è quella operata da tantissimi altri Comuni che, come Jesi, attraverso questo modus operandi, hanno inteso perseguire proprio l’obiettivo degli indirizzi di P.T.C.P., diversamente modulando le possibilità di intervento a seconda delle specifiche condizioni dei territori attraversati, diversificando gli interventi possibili nel contesto di ciascuna zonizzazione. Praticamente nessun comune ha modificato la terminologia utilizzata dal P.R.G. per le varie zonizzazioni (comprensibilmente, poiché si sarebbero dovuti stravolgere tutti gli elaborati di piano) creando gli A.T.O. indicati dal P.T.C.P. ma tutti hanno agito, attraverso le loro zonizzazioni, attraverso la modulazione della “pressione” vincolistica.

Ed ecco quindi che all’interno della F.C.N. cartografata dal P.T.C.P., tutti i Comuni interessati hanno proceduto, nella fase di adeguamento e con l’avallo dell’ufficio provinciale, ma nel pieno rispetto dell’indirizzo dell’ultimo comma dell’articolo 2.1.0 delle N.T.A. del P.T.C.P., a

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diversificare l’applicazione dell’indirizzo di tutela ammettendo, a seconda dei casi, solo edificazioni agricole, indistinte oppure limitate ad alcune tipologie, oppure antropizzazioni di tipo industriale, infrastrutturale o di altra diversa e varia tipologia, tenendo conto delle esigenze di tutela che di volta in volta, ambito per ambito, si appalesavano e rendevano obiettivamente meritevoli di tutela.

Ed anche il Comune di Jesi, con la supervisione ed il controllo dell’ufficio provinciale competente, ha inteso, in sede di adeguamento del P.R.G. al P.T.C.P., non riproporre passivamente e indistintamente gli indirizzi del P.T.C.P. per le costruzioni agricole (ivi compreso quello 1.V.7) in tutte le aree TR1 (quindi tutte quelle aree che possono essere definite agricole normali perché scevre da situazioni che meritino particolare tutela), quale quella oggetto di edificazione risulta essere.

Ed ancora, lo stesso Comune di Jesi, ha invece inteso inasprire tali indirizzi nelle aree TR3, “Corridoi Ecologici”, art.51 N.T.A. del P.R.G. di chiara derivazione dagli indirizzi di tutela derivanti dal P.P.A.R., che di fatto, a giudizio di chi scrive, costituiscono la base di partenza e la “spina dorsale di supporto” su cui l’intera area della F.C.N. poggiava nel P.T.C.P. Ma quella F.C.N. ha visto una comprensibile individuazione arealmente grossolana nel P.T.C.P. che poi, attraverso il meccanismo della taratura e regolazione degli indirizzi in sede di adeguamento dello strumento urbanistico locale, ha permesso ai vari Comuni, Jesi tra questi, con la supervisione dell’ufficio provinciale preposto, di modulare la fattibilità dei vari interventi nelle singole zone del P.R.G., sia interne che sterne alla F.C.N.

Considerato che il P.R.G. jesino zonizza in TR3 tutti i corsi d’acqua, prescindendo dalla loro iscrizione nei pubblici elenchi, e che il relativo art. 51 delle N.T.A. regolamenta tali aree attribuendo ad esse proprio quelle funzioni tipiche della F.C.N. (a loro volta ragionevolmente riconducibili ai corridoi ecologici del P.P.A.R.) imponendone, in questo caso, l’inedificabilità pressoché assoluta, appare a chi scrive totalmente sostenibile che il P.R.G. jesino abbia inteso, in sede di adeguamento al P.T.C.P. e con rato da parte dell’ufficio provinciale preposto, recepire gli indirizzi del P.T.C.P. medesimo, con riferimento alle aree agricole, secondo l’esatto impalcato normativo dettato dalle N.T.A. del P.R.G.. Il tutto tenuto conto delle distinzioni tra zone (TR1 e TR3, tra le altre) e, attraverso queste, modulare gli indirizzi nel pieno e totale rispetto dell’articolo 2.1.0 ultimo comma delle N.T.A. del P.T.C.P.

Vi è di più.

Pur non potendo sottacere l’anomalia di prevedere il passaggio in Consiglio Comunale ex art.39, comma 7, delle N.T.A. del P.R.G. (anomalia rilevata nella richiesta di parere ad un organo politico che, per sua natura, non ha prerogative decisionali tecniche), la previsione delle N.T.A. ci appare però comprensibile alla luce della particolare tematica qui in trattazione.

Un allevamento, di qualunque dimensione, è attività insalubre di prima classe. Ciò è assodato. Non è però un’industria nociva, che è altra cosa. Per sua espressa catalogazione tipologica produttiva (sempre agricola) deve essere collocata nell’ambito dell’azienda che intende realizzarla. L’allevamento non può essere delocalizzato al di fuori dell’azienda agricola, in aree programmate nella fase di stesura del P.R.G.

Ed è in questa indicazione, peraltro ribadita dal parere della Giunta Regionale, Servizio Territorio Ambiente ed Energia, P.F. Urbanistica ed Espropriazione, n.504143 del 10.08.2011, espresso a chiarimento di tematica totalmente applicabile al tema in trattazione, che può trovare giusta motivazione l’esame dell’organo consiliare comunale, il quale si esprime sulla idoneità alla destinazione d’uso, valutandone la sostenibilità e compatibilità ambientale, prescrivendo eventuali mitigazioni. Ed anche questa ulteriore previsione di verifica, che nella fattispecie si accavalla alla VIA in procedura, appare essere l’ulteriore

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tassello di verifica e di attenzione introdotto, in una maniera non generalizzante e piatta, a recepimento degli indirizzi del P.T.C.P., ivi compreso quello 1.V.7.

É appena il caso di sottolineare che quanto qui in trattazione, qualunque sia la caratterizzazione che si voglia attribuire (intensiva ex art.9 L.R.13/90 oppure non intensiva), resta sempre un’attività agricola sotto ogni profilo (urbanistico, fiscale, previdenziale, gestionale, contributivo, bancario) che deve essere esercitata in zona agricola.

La stessa zonizzazione TR1 non ha apportato aperture e facilitazioni ad altre destinazioni produttive, escludendole in toto a priori.

Il rapporto tra i 3 ambiti del progetto (convenzionale, bio + e bio standard) ai sensi del P.R.G. e della L.R. 13/90.

La parte finale della prescrizione Comunale indirizza l’analisi sulla caratterizzazione di parte dell’allevamento, tipo biologico – n.1,2,3 e 4 bio standard, ascrivendo ad essa la ragione di fattibilità o meno nell’ambito trattato.

Va precisato, innanzi tutto, che alla luce di quanto sopra espresso in ragione del recepimento del P.T.C.P. nel P.R.G., in ambito TR1, a nostro avviso, è sempre e comunque ammesso realizzare allevamenti intensivi (o di tipo industriale che dir si voglia).

Ciononostante, nella fase di redazione del progetto, e quindi in quella pre-istruttoria, il dimensionamento dell’intero centro di allevamento venne operato alla luce delle regole in uso prima dell’emanazione del parere MIPAF n.87861 del 24.11.2016. In tale contesto, alcuni parametri legati alla gestione bio assieme a situazioni di opportunità dimensionale, non suggerivano maggiori densità di allevamento in progetto. Pertanto, al fine di dislocare i manufatti in posizioni consone all’uso e di aderire ad indicazioni avute dai competenti organi, si scelse di ubicare solo 4 box (appunto quelli oggi in trattazione) all’interno della F.C.N. in adesione alle indicazioni avute.

La verifica della condizione di NON industrialità dei 4 manufatti venne esposta con dati tecnici e normativi nella relazione allegata al progetto urbanistico. Alla luce del detto parere MIPAF, e data la richiesta di approfondimento del Comune, appare opportuno ripetere, con dati aggiornati, le ragioni di NON industrialità dei 4 manufatti da verificarsi, è appena il caso di ribadire, ex L.R.13/90.

“La fattibilità dell’intervento ai sensi della Legge Regionale 13/90, articolo 3, BIO Standard:

La L.R. 13/90 contempla due tipi di allevamento: quello agricolo ordinario, di cui all’art.3, comma 1, lettera d, e quello c.d. di tipo intensivo (industriale), di cui all’articolo 9 della medesima norma.

L’ambito della proposta progettuale in esame (4 box BIO Standards posti in ambito TR1, zona Agricola Normale in F.C.N. - Fascia della Continuità Naturalistica, in P.R.G. adeguato al P.T.C.P. e quindi in area normata dalle vigenti N.T.A. del P.R.G.), rientra a pieno titolo nella prima tipologia, e cioè tra gli allevamenti agricoli ordinari e quindi di tipo NON intensivo (industriale).

Vediamo perché.

La L.R. 13/90 adotta(va), quale limite di verifica che costituisce(va) discrimine tra l’allevamento di tipo ordinario e quello di tipo intensivo (industriale), il solo rapporto peso vivo

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bestiame/superficie del fondo, e cioè il peso vivo medio allevato in rapporto alla superficie aziendale: tale rapporto non deve(doveva) superare i 40 q.li per ettaro.

Nella fattispecie:

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Note di commento alla

VERIFICA

6380 5 1,00 319,00 7,98 < 67,16 Condizione VERIFICATA

Tuttavia, vista l’evoluzione normativa di settore (che ha cassato il limite dei 40 q.li/ha) e visti alcuni orientamenti di prassi emanati per l’ambito qui in trattazione, procediamo a dimostrare la sussistenza di detta qualificazione agricola ordinaria e NON intensiva (industriale) anche attraverso altre metodologie, mutuate da indirizzi normativi emanati per finalità differenti (come peraltro era anche il limite del 40 q.li/ha), che ormai la prassi applica alla fattispecie generica degli allevamenti.

Ci si riferisce alla valutazione dell’azoto al campo, considerato ai fini dell'assimilazione degli effluenti zootecnici di varie specie codificate alle acque reflue domestiche [art. 101, settimo comma, lettera b del D.Lgs. 152/2006 nell’ambito della disciplina delle acque di scarico, come adottato, nell’impalcato normativo finalizzato alle specifiche verifiche, dalla DGR 1448 del 3/12/2007 “PROGRAMMA D’AZIONE DELLE ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA della REGIONE MARCHE (ZVN) e prime disposizioni di attuazione del D. Lgs. 152/06 e del Titolo V del D.M. 7 aprile 2006 per le ZVN] attraverso la quale la verifica dell’apporto di azoto al campo, sia esso

nei limiti (340 kg/Ha/anno per le aree NON ZVN - Zone a Vulnerabilità da Nitrati- e 170 kg/Ha/anno per le aree ZVN), o superando detti limiti, costituisce discrimine tra la classificazione di un

allevamento quale agricolo o di tipo intensivo (industriale).

L’ambito di trattazione è, come documentato nel paragrafo 2.5, Zona Agricola Potenziale NON Vulnerabile (NVII) e quindi assoggettato al limite di verifica di 340 kg/Ha/anno di apporto di azoto al campo.

Appare il caso di precisare che in questo contesto, e cioè per le finalità di cui alla L.R.13/90, il limite di azoto al campo di riferimento (340 kg/ha/anno oppure 170 kg/ha/anno) può variare solo in funzione della collocazione del sito oggetto di intervento edificatorio entro o fuori una ZVN, e non già in relazione alla caratterizzazione dell’allevamento quale biologico o convenzionale. Diversamente sussisterebbe una immotivata discriminiazione, in zone esterne alle ZVN, tra allevamento bio, penalizzato, e convenzionale, agevolato, creando un oggettivo “non senso” che penalizzerebbe la minore densità animale del bio.

Questa precisazione viene esposta solo per ragioni di correttezza di confronto, e non per il caso in esame che, come vedremo, disporrebbe di aree sufficienti alla copertura dei rapporti anche nel caso in cui fosse stato, e non lo è, in ZVN.

Nello specifico, richiamata la Tabella 6, Allegato 5, della Parte terza del D.Lgs. 152/2006 e ss.mm., dalla quale desumere il peso vivo medio corrispondente ad una produzione di 340 Kg all’anno di azoto di una determinata categoria di bestiame (nella fattispecie polli da carne), e dedotto da essa il peso corrispondente, pari a 1,40 t, si è passati alla valutazione

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del peso vivo medio presente in allevamento, in linea con quanto disposto dalla Nota a), ultimo periodo, alla Tabella 2 e 2a della DGR 1448/2007: “I valori di azoto al campo prodotti sono riferiti ad una unità di peso vivo (t) da intendersi come peso vivo mediamente presente in un posto-stalla (e non al peso vivo prodotto in 1 anno in un posto stalla).”

Tale calcolo è già stato esposto nella tabella che precede e, sulla base di quel risultato, pari a 79,00 q.li = 7,90 ton. per ognuno dei 4 box per complessive 31,60 ton., appare facile determinare la superficie necessaria alla copertura dei rapporti con i valori tabellari richiamati in questa sezione:

Pertanto, dal seguente rapporto si evince il dato:

ton 31,60

(Peso vivo medio presente in allevamento per n.4 box BIO Standard)

22,5714

Ha necessari alla

corretta copertura delle necessità di smaltimento

dell’azoto al campo

ton/Ha 1,40

(Peso vivo medio corrispondente ad una produzione di 340 Kg all’anno di azoto, inteso quale quantità smaltibile su di un Ha per

ogni anno)

La superficie aziendale, cautelativamente (anche se non richiesto) limitata a quella, esuberante, asservibile alla copertura dei rapporti planivolumetrici dei 4 box BIO Standard, è pari a Ha.67.16.35. Essa è quindi più che sufficiente al soddisfacimento dei rapporti verificati.

Alla luce dei dati citati, anche nel caso in cui si voglia procedere, tenendo conto della condizione biologica della parte di allevamento proposto, e quindi considerando che l’apporto di azoto al campo, per un allevamento bio, non deve superare i 170 kg/ha/anno, il rapporto suddetto sarebbe comunque soddisfatto come dimostrato a seguire:

ton 31,60

(Peso vivo medio presente in allevamento per n.4 box BIO Standard)

45,1428

Ha necessari alla

corretta copertura delle necessità di smaltimento

dell’azoto al campo

ton/Ha 1,40/2

(Peso vivo medio corrispondente ad una produzione di 340 Kg all’anno di azoto, inteso quale quantità smaltibile su di un Ha per

ogni anno)

Il valore di Ha 45,1428 è largamente inferiore ai 67,1635 dell’area asservibile al BIO Standard in trattazione.

Non può, infine, sempre ad avviso di chi scrive, entrare in gioco la compresenza nella stessa azienda dell’allevamento definito BIO+ e BIO standard. Ciò in quanto tale distinzione nasce da questioni squisitamente urbanistiche che, per quanto sopra esposto nella sezione che precede in riferimento alle verifiche tra P.R.G. e P.T.C.P., appaiono nemmeno più cogenti alla luce delle analisi svolte e condivise.

Ed infatti, sotto il profilo del rispetto delle norme e dei parametri d’allevamento biologico (principalmente rinvenibili nel REGOLAMENTO (CE) N. 834/2007 DEL CONSIGLIO del 28 giugno 2007, RELATIVO ALLA PRODUZIONE BIOLOGICA E ALL’ETICHETTATURA DEI PRODOTTI BIOLOGICI E CHE ABROGA IL REGOLAMENTO (CEE) N. 2092/91, al TESTO COORDINATO, ELABORATO SULLA BASE DEI SEGUENTI REGOLAMENTI 834/2007; 889/2008; 967/2008; 1235/2008; 1254/2008; 537/2009; 710/2009; 271/2010, 471/2010, come integrato con le seguenti disposizioni nazionali, DM n. 18354 del 27 NOVEMBRE 2009 (ATTUAZIONE DEI REG. CE 834/2007, 889/2008 E 1235 2008 – e successiva comunicazione n. 750 del 22 GENNAIO 2010, pubblicati su G.U. n. 31 dell’8 febbraio 2010 ed in vigore

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dal 9 febbraio 2010) e DM n. 8515 del 28 MAGGIO 2010 (MODIFICHE AL DM n. 18354), nonché, da ultimo, il parere MIPAF n. 87861 del 24.11.2016) sussiste il pieno rispetto disponendo l’azienda

di tutti gli elementi costitutivi necessari al soddisfacimento dei rapporti di legge per l’allevamento biologico in generale.

Il Proponente ritiene inserire, in questo specifico e pertinente ambito, alcune risposte a chiarimenti richiesti dal settore Urbanistica del Comune di Jesi: la numerazione subordinata al punto b) è motivata dal collegamento con l’elenco contenuto nella nota comunale. Le stesse sono riportate, in risposta alle singole osservazioni, anche nel capitolo relativo alle osservazioni del comune di Jesi al fine di dare completezza alle risposte stesse.

b1) I manufatti di progetto sono stati ricondotti, eliminando i pochi centimetri in esubero, nei limiti dell’altezza massima di R.E.C. (non oltre 180 cm di dislivello dall’intersezione tra la parete perimetrale con l’estradosso della falda di copertura ed il colmo tetto).

b2) Il sottotetto è oggettivamente inutilizzabile proprio per la presenza di attrezzature di stalla che, sollevate periodicamente nella gestione quotidiana dell’allevamento, occupano di fatto quell’ambito. Lo schema allegato alla relazione di progetto documenta quanto esposto. Oltre a ciò, ogni 9 metri al massimo, viene introdotta la vela di riduzione della sezione d’aria del box d’allevamento al quale rende ulteriormente inutilizzabile l’ambito volumetrico del manufatto. Qualora le ragioni addotte non siano ritenute sufficienti, dopo aver evidenziato che nessuna ragione di carattere speculativo può essere imputata all’uso o meno di quel volume (se fosse esteticamente possibile e strutturalmente conveniente le coperture sarebbero realizzate in orizzontale, sia per migliore gestione del clima interno che per la pulizia del locale) potrà essere utilizzata una tipologia strutturale diversa da quella a portale prevista che disponga di un tirante strutturale all’altezza dell’intradosso proposto quale limite volumetrico.

b3) Il vincolo di destinazione decennale ex art.14 della L.R.13/90 sarà stipulato prima del rilascio del titolo abilitativo edilizio.

b4) Si recepiscono le indicazioni cromatiche circa le superfici esterne e si propongono colorazioni tratte dalla scala cromatica delle terre: la proposta è tesa all’uso di colorazioni similari a quelle di cui alla foto sotto riprodotta:

b5) Il possesso della porzione di fondo sul confine nord è in via di recupero da parte dell’attuale proprietà. Ad ogni buon conto le strutture progettate sono state posizionate a 40 m dal possesso attuale, pur sussistendo la piena proprietà in capo al proponente. Per

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tale ragione la distanza minima dei fabbricati di progetto rispetto al limite di possesso è di 40 m, secondo legge.

b6) L’articolo 9, c.2, lettera b della L.R.13/90 impone il rispetto della distanza, con riferimento alle costruzioni di progetto e non al limite aziendale, di m.100 dal più vicino edificio abitativo extra aziendale. Il progetto rispetta pedissequamente, per le parti di tipo intensivo ex art.9 L.R.13/90, tale prescrizione di legge. Nella planimetria di progetto si riportano, con riferimento a quanto sopra esplicitato, le grafiche dei distacchi previsti dalla norma, debitamente rispettati.

b7) Nella porzione di area ricadente in ambito TR3, stante la caratteristica morfologica del sito, si recepisce e si attesta che ogni movimento terra terra verrà effettuato nel pieno rispetto delle norme di cui all’articolo 51, con particolare riferimento al comma 4, lettere a e b. Il tutto anche con riferimento al manufatto di attraversamento del fosso per il raggiungimento del box Bio standard oltre questo.

b8) Con riferimento alle opere di movimento terra si attesta che nessuna opera muraria di contenimento è prevista in progetto e che eventuali dislivelli, contenuti, verranno governati attraverso la creazione di scarpate in terra senza opere murarie.

c) Rispetto al PRG del Comune di Jesi l’art. 39 comma 7 delle relative NTA, come ricordata dallo stesso proponente, prevede che l’insediamento di attività industriali agricole è subordinato a una delibera del Consiglio comunale. È necessario chiarire approfonditamente la natura dell’installazione rispetto a tale previsione programmatica.

La natura dell’installazione, alla luce dei chiarimenti sopra riportati, è agricola. Anche nel caso in cui, a nostro avviso immotivatamente ed insostenibilmente per le ragioni sopra esposte, venga definita di tipo industriale, ex art.9 L.R.13/90, risulterebbe a nostro avviso comunque compatibile con l’ambito di interesse alla luce delle previsioni del P.R.G. adeguato al P.T.C.P.

In tale evenienza si innescherebbe il meccanismo della delibera di C.C. prevista ex art.39, comma 7, delle N.T.A. del P.R.G.

Nel caso di specie, il progetto proposto, è stato presentato in forma unitaria proprio al fine di dare contezza e trasparenza agli aspetti ambientali che sono alla base della V.I.A. in procedura. Facile sarebbe stato spacchettare in due o tre elementi (convenzionale, bio + e bio standard) la progettazione, proporla a nome di soggetti differenti ed agire, a seconda dei casi, per i singoli canali possibili legati alle dimensioni di ciascun blocco progettuale. La gestione finale, come emerso chiaramente in C.d.S. sarà distinta anche per espresso obbligo di legge.

Ciò non toglie che, se da un lato parte del progetto avrà caratterizzazione di tipo industriale, e dall’altro lato di tipo agricolo normale, esso non possa essere sottoposto, nella sua intierezza, al vaglio consiliare di compatibilità ambientale pur se questo giungesse a valle della V.I.A.

d) Rispetto alle problematiche connesse alla diffusione del virus aviaria come intende la ditta ottemperare a quanto previsto dalla normativa correlata, come richiesto anche da ASUR.

L’allevamento in esame è coerente con le disposizioni e le varie ordinanze che si sono succedute relativamente al controllo dell’aviaria. Infatti, la regione Marche ha individuato

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come area sensibile il tratto tra la foce dell’Esino e Castelbellino per una fascia di 200 m per lato. Il sito di Cannuccia è esterno alla fascia individuata.

4. Altre argomentazioni emerse in conferenza dei servizi

a) Chiarimenti sul codice NOSE e NACE, e su incongruenze presenti nella documentazione sulle dimensioni dei capannoni, sulle superfici impemeabilizzate tra relazione e tavole, su numero, potenza e disposizione dei ventilatori, sulla suddiviaione dei capannoni in settori, incongruenze tra i valori di pressione sonora diurno e notturno dell’impianto e aspirazione, riferimento accasamento per abbeverata convenzionale e carente riferimento al biologico.

Cod. NOSE e NACE

Impianti per allevamento pollame

Codice NOSE: 110.4 - Fermentazione enterica

Codice NACE: 01.2 - Agricoltura, allevamento di animali.

Per le altre integrazioni si rimanda alle specifiche osservazioni sui punti evidenziati ai quali si è risposto in forma scritta o con presentazione di documentazione integrativa.

b) lnoltre in merito al vincolo sul Fosso Stige, che divide le due aree oggetto di intervento, chiede di dettagliare l'attraversamento. Solleva la questione della verifica del progetto al PRG, perchè le NTA prevedono una delibera del Consiglio Comunale del Comune di Jesi per l'insediamento dell'attivita di allevamento con le caratteristiche indicate.

Vedi Tav. U9i. Per il resto si veda la risposta all’osservazione del punto 3, lettera b).

c) Incongruenze presenti nella documentazione sulle dimensioni dei capannoni, sulle superfici impermeabilizzate tra relazione e tavole,

I dati corretti sono quelli riportati nella 3.E revisionata.

Denominazione allevamento

Sup. coperta (SC) allevamento (mq)

Piano Sup. utile allevamento (mq)

SETTORE CONVENZIONALE

ALLEVAMENTO N. 1 3.271,90 T 3.139,38

ALLEVAMENTO N. 2 3.271,90 T 3.139,38

ALLEVAMENTO N. 3 3.271,90 T 3.139,38

ALLEVAMENTO N. 4 3.271,90 T 3.139,38

ALLEVAMENTO N. 5 3.271,90 T 3.139,38

ALLEVAMENTO N. 6 3.271,90 T 3.139,38

SETTORE BIOLOGICO

ALLEVAMENTO N. 1 1.688,00 T 1.595,00

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ALLEVAMENTO N. 2 1.688,00 T 1.595,00

ALLEVAMENTO N. 3 1.688,00 T 1.595,00

ALLEVAMENTO N. 4 1.688,00 T 1.595,00

ALLEVAMENTO N. 5 1.688,00 T 1.595,00

ALLEVAMENTO N. 6 1.688,00 T 1.595,00

ALLEVAMENTO N. 7 1.688,00 T 1.595,00

ALLEVAMENTO N. 8 1.688,00 T 1.595,00

ALLEVAMENTO N. 9 1.688,00 T 1.595,00

ALLEVAMENTO N. 10

1.688,00 T 1.595,00

Sup. totale insediamento 832,171mq

Sup. coperta totale = 36.511,40mq

Sup. coperta fabbricato esistente 1.273,00 mq

Totale generale coperture 37.784,40 mq

Superficie utile allevamenti 34.786,28

Superfici impermeabilizzate in asfalto/cls estensione

Capannoni BIO Sup. piazzole testata capannone BIO (16,27m x 15,00 m) x 4 + (3,0 m x 7,97 m) x 10 = 5.120,10 mq Sup. piazzole silos = 6,50 m x 3,50 m x 10 = 227,50 mq Capannoni CONVENZIONALE Sup. piazzole testata capannone CONVENZIONALE (22,00 m x 20,93 m) x 6 + (3,00 m x 11,56 m) x 6 + (14,10 m x 22,00 m) x 6 = 4.832,04 mq Sup. piazzola per cella frigorifera = 3,60 m x 8,05 m x 2 = 57,96 mq Sup. piazzole rifiuti non pericolosi = 3,00 m x 2,00 m x 2 = 12,00 mq Sup. piazzole rifiuti pericolosi = 3,00 m x 2,00 m x 2 = 12,00 mq Sup. piazzole per pesatura x 3 = 210,00 mq Sup. piazzola disinfezione = (4,00 m x 4,05 m) x 3 = 48,60 mq Totale superfici piazzole 10.520,220 mq. Viabilità e aree di manovra (pavimentate in massicciata di ghiaia) 36.318,00 mq Viabilità esistente ad uso comune 4.084,00 mq Viabilità esistente ad uso dl Bio 2.046,00 mq Totale massicciata in Ghiaia 42.488,00 mq

Laghetto: 3.324 mq

Area destinata all’impianto di alberature: 738.094,60 mq.

d) numero, potenza e disposizione dei ventilatori, sulla suddivisione dei capannoni in settori

Nei capannoni dell’allevamento convenzionale sono 14 in testata che emettono aria + 3 nell’altra testata che immettono aria all’interno.

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Nei capannoni del biologico sono 12 in testata + 2 laterali; tutti emettono aria.

Le portate considerate, come da scheda tecnica del costruttore dei ventilatori, sono di 45.500 mc/h per ventilatore nel convenzionale e di 30.000 mc/h per ventilatore del biologico.

e) incongruenze tra i valori di pressione sonora diurno e notturno dell'impianto di aspirazione, riferimento accasamento per abbeverata convenzionale e carente riferimento al biologico.

Per quanto riguarda le incongruenze di pressione sonora si rimanda all’allegato prodotto A1bi. “Stima Impatto Rumore – integrazioni (Weplan)”.

Il riferimento dell’accasamento per abbeverata del biologico è corretto come segue

Capannone Capi

accasati

File Abbeveratoi

N Abbeveratoi

(1 ogni 20 cm)

N

Capi/Abbeveratoio

1 15.950 5 file da 64 m 1.595 10

2 15.950 5 file da 64 m 1.595 10

3 15.950 5 file da 64 m 1.595 10

4 15.950 5 file da 64 m 1.595 10

5 15.950 5 file da 64 m 1.595 10

6 15.950 5 file da 64 m 1.595 10

7 15.950 5 file da 64 m 1.595 10

8 15.950 5 file da 64 m 1.595 10

9 15.950 5 file da 64 m 1.595 10

10 15.950 5 file da 64 m 1.595 10

Tab. 2.8/4: Abbeveratoi 1 ogni 20 cm

Con la riduzione della densità degli animali a 5 capi/mq, il n. di capi/abbeveratoio si raddoppia.

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3. ARPAM

MATRICE ACQUE

……………………..

Relativamente alla fase di cantiere delle opere descritte di durata presumibilemente 15-18 mesi non si prevedono impatti significativi dalle lavorazioni sulle matrici ambientali acque superficiali e sotterranee, dal momento che la maggior parte degli interventi riguarda il montaggio di strutture prefabbricate su fondazioni in cemento armato.

Con riferimento invece alla fase di esercizio dell’intervento, relativamente alla problematica della gestione dei reflui, si evidenzia che i sistemi di trattamento previsti da progetto per gli scarichi di natura civile risultano in linea con la vigente normativa tecnica ambientale di cui al D.Lgs 152/2010 – Parte terza e alle NTA regionali approvate con D.A.C.R. n. 1475/2010.

Con riferimento invece ale acque meteoriche di dilavamento delle piazzole di testata di ciascun capannone (sia per la parte di allevamento cinvenzionale che in regime biologico) utilizzate per le operazioni di carico e scarico degli animali e il carico della pollina, dovrà essere verificato ed attestato l’eventuale assoggettamento alle disposizioni della vigente normativa tecnica regionale di cui all’art. 42 delle NTA di cui sopra. Considerato inoltre il tipo di attività svolta nell’impianto e quanto riportato nella stessa normativa a parere di questo servizio si ritiene comunque opportuno prevedere in tali aree un idoneo sistema di regimazione delle acque di dilavamento, completo di sistema di trattamento prima dello smaltimento finale.

L’art. 42 delle NTA della D.A.C.R. n. 1475/2010 prevede, al comma 4, che le acque meteoriche di dilavamento di strade e piazzali non debbono essere sottoposte al trattamento. In effetti i piazzali a servizio dei capannoni sono utilizzati esclusivamente per il transito dei mezzi e la sosta necessaria alle operazioni di carico e scarico.

Le tipologie di attività svolte escludono qualsiasi contaminazione dei piazzali con sostanze prioritarie, pericolose prioritarie o con sostanze in grado di determinare effettivi pregiudizi ambientali.

Ciò premesso, considerando che le strade ed i piazzali dell’allevamento avicolo vengono utilizzate per il solo transito e le soste per le attività di carico e scarico, non si ritiene necessario prevedere alcun sistema di raccolta e trattamento specifico delle acque meteoriche prima dello scarico finale.

Per quanto riguarda infine i reflui costituiti dalle acque di lavaggio capannoni, al fine di verificarne l’adeguatezza di riutilizzo richiesta dal proponente, si ritiene necessario acquisire la scheda tecnica del prodotto disinfettante utilizzato oltre che una stima della concentrazione degli inquinanti presenti nelle stesse acque.

Come sarà precisato meglio in altre parti della presente relazione integrativa, la pulizia dei capannoni in concomitanza del vuoto sanitario non prevede che nelle acque di lavaggio ci siano prodotti disinfettanti. Infatti, l’attività prevede la rimozione della lettiera e il successivo spazzolamento del pavimento. Segue il lavaggio con acqua ad altra pressione, la quale si arricchisce, pertanto, dei residui organici residuali della lettiera.

Come ultima fase si effettua la disinfestazione delle pareti e del pavimento con acqua nebulizzata in modo che il prodotto rimanga attaccato a dette superfici e si asciughi.

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Successivamente si procede a distribuire la nuova lettiera per predisporre i capannoni ad avviare il nuovo ciclo di allevamento. In pratica non sussitono possibilità di accumulo di prodotti chimici nelle acque di lavaggio.

In merito alle schede tecniche si evidenzia che nell’operatività i principi attivi utilizzati possono variare nel tempo,

Nella relazione di riferimento allegata, per rispondere a specifica osservazione, sono indicati i possibili principi attivi utilizzati, le indicazioni e le classi di pericolo.

Inoltre si ritengono indispensabili informazioni in merito alla superficie delle aree che saranno oggetto di irrigazione/fertirrigazione.

Le superfici utilizzabili per fertirrigazione sono prioritariamente quelle interessate dalle piantumazioni previste dal progetto di inserimento ambientale e paesaggistico. Secondariamente tutte le aree verdi presenti all’interno del sito di progetto. Nel complesso, come sarà detto in seguito, le acque di lavaggio accumulate utilizzabili per fertirrigazione sono sufficiente per 1-2 ha l’anno. Le superfici a verde del biologico sono circa 67 ha e quelle del convenzionale sono circa 6,5 ha.

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MATRICE ARIA

1. Descrizione dello stato di qualità dell’aria ante-operam per gli inquinanti ritenuti significativi e delle caratteristiche meteorologiche del sito.

…………… Lo stato di qualità dell’aria ante-operam è stato descritto per le sole polveri (PM10 e PM 2,5), riportando i valori medi annuali registrati nella stazione di Chiaravalle 2 della Rete Regionale della Qualità dell’aria (RRQA)

Si ritiene che la stazione Chiaravalle 2 utilizzata come riferimento non sia rappresentativa della qualità dell’aria della zona in esame, in quanto la stazione citata risente di un traffico sostenuto, assente o quasi per il sito in questione, portando quindi stimare valori di concentrazione degli inquinanti superiori a quelli realmente presemti.

La valutazione della qualità dell’aria ante-operam, in assenza di una stima oggettiva, e per un procedimento VIA, deve quindi essere determinato mediante misure dirette, per i periodi di mediazione e per un periodo statisticamente significativo ai sensi del D.Lgs n. 155/2010 e ss.mm.ii. ed attesi perché la descrizione dello stato di qualità dell’aria ante-operam non è stata fatta per tutti gli inquinanti caratteristici ritenuti significativi dell’intera attività in esame.

La richiesta ARPAM di caratterizzare lo stato di qualità dell’aria ante operam mediante una campagna di misura diretta per un periodo statisticamente significativo ai sensi del D.Lgs n. 155/2010 e ss.mm.ii. (durata 1 anno con misure per almeno 2 settimane per stagione) è purtroppo incompatibile con le tempistiche del procedimento e pertanto al momento non sono state effettuate misure dirette conformi alle indicazioni del D.Lgs n. 155/2010 nel sito in esame.

Ad ogni modo si dichiara fin d’ora la disponibilità ad attivare detta campagna, concordandone preventivamente le modalità, a seguito dell’esito positivo del provvedimento autorizzativo in corso, in accordo con la logica del monitoraggio ambientale previsto a chiusura del procedimento VIA per le verifiche delle soluzioni progettuali adottate a valutate, finalizzate all’adozione di adeguati correttivi.

È stata comunque effettuata una campagna di misura dei principali inquinanti emessi da insediamenti simili a quello in progetto che viene descritta nella relazione tecnica integrativa n° 123/17 ATM allegata alla presente.

Al fine di cogliere in modo esauriente l’obiezione dell’ARPAM, che ritiene che la stazione Chiaravalle 2 utilizzata come riferimento non sia rappresentativa della qualità dell’aria della zona in esame, nella relazione tecnica integrativa allegata alla presente (cfr. relazione tecnica n° 124/17 ATM) viene adottata quale stazione di riferimento per la qualità dell’aria ante operam la stazione fissa di monitoraggio della qualità dell’aria della Provincia di Macerata sita nel comune di Civitanova Marche – Ippodromo assunta come riferimento per fondo rurale nel Piano di Risanamento e Mantenimento della Qualità dell’Aria Ambiente della Regione Marche.

Si evidenzia comunque che ai fini della valutazione di impatto ambientale, dovendosi riferire per diversi inquinanti a limiti normativi, si ritiene che l’adozione di una stazione con un fondo più alto del sito di interesse sia conservativo in quanto il delta oltre il quale si supera il limite stesso, è minore.

Per valutare le caratteristiche meteoclimatiche del sito il proponente ha fatto riferimento ai dati delle stazioni meto dell’ASSAM ubicate a Moie, località Casa del Vento, ed a Jesi, Via Latini, 22 (radiazioni globali ed eliofania), ritenendoli significativi per l’area in esame.

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Dalla documentazione presentata risulta che la direzione dei venti prevalente è da Sud-Ovest con frequenza non inferiore al 5% dalle altre direzioni tranne che da Sud-Est. Il campo anemologico non è stato riportato su una cartina insieme ai ricettori individuati.

La figura seguente riporta la planimetria del sito in esame e la rosa dei venti risultante dai dati della stazione meteorologica assunta come riferimento.

2. Determinazione della pressione esercitata dall’opera sulla componente atmosfera

Fase di cantiere

La fase di cantiere, che durerà circa 15-18 mesi, consisterà nella demolizione di quasi tutte le strutture esistenti e nella costruzione di nuovi capannoni con tutti gli annessi e sottoservizi. I lavori produrranno movimentazioni di terra di circa 10.185 mc. Nel progetto sono state descritte qualitativamente, ma non quantitativamente,, le emissioni di polveri derivanti dai lavori di cantiere e le emissioni di inquinanti derivanti dai mezzi d’opera e di trasporto. Non è stata stimata la pressione della fase di cantiere sull’atmosfera che invece deve essere determinata.

Nella relazione tecnica n° 124/17 ATM allegata alla presente viene analizzata anche la fase di cantiere.

Fase di esercizio

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……………Per il metano le MTD del settore allevamemto prevedono un fattore di emissione superiore a quello utilizzato dal proponente. Non sono state stimate le emissioni in atmosfera generate dalla stabulazione all’aperto nell’allevamento biologico.

Il fattore di emissione utilizzato è tratto da un censimento delle emissioni del 2013 che approfondisce i fattori di emissione in base ai dati dei contributi degli allevamenti zootecnici censiti. Lo studio suddivide i fattori di emissione fra Stabulazione e Stoccaggio. Il primo fattore è 0,006 kg/capo/anno e il secondo è 0,0079 kg/capo/anno.

Il secondo fattore è quello che riporta il riferimento IPPC – Linee Guida per l’identificazione delle migliori tecniche disponibili del 12 settembre 2005 il quale indica come valore medio nazionale 0,0079 kg/capo per anno per i broilers.

Nelle istruzioni per la compilazione della dichiarazione PRTR (art. 5 Regolamento CE n. 166/2006 per gli allevamenti intensivi di pollame e suini (codice 7.a, allegato I al Regolamento), il fattore 0,0079 si ritrova sotto la voce gestione delle deiezioni, facendo pertanto riferimento alla gestione con lo stoccaggio.

Il riferimento bibliografico adottato trova conferma nelle Best Available Techniques (BAT) Reference Document for the Intensive Rearing of Poultry or Pigs, richiamate anche in una specifica osservazione della Regione Marche come riferimento da seguire. A seguire si riporta la tabella alla quale ci si riferisce che indica per i broilers un fattore di emissione dagli allevamenti compreso fra 0,004 e 0,006 kg/capo//anno.

Relativamente al tema delle emissioni in atmosfera generate dalla stabulazione all’aperto dell’allevamento biologico, si ritiene che le stesse possano essere qualificate come emissioni odorigene diffuse.

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Al fine di caratterizzare tale tipologia di emissione diffusa sono state effettuate misure dirette su un allevamento biologico in esercizio (cfr. Relazione tecnica 17AES-001 della società MITAMBIENTE s.r.l. relativa alla campagna di monitoraggio effettuata).

Nello specifico sono stati effettuati n° 6 campionamenti di aria ambiente nell’intorno dell’allevamento, tre a monte e tre a valle dello stesso nella direzione del vento (campionamenti effettuati al limitare dell’area di razzolamento, a 100 m e 500 m dalla stessa). I campioni di aria sono stati poi sottoposti ad analisi per la determinazione della concentrazione di unità odorimetriche.

I risultati delle misure mostrano che:

- al limitare dell’area di razzolamento la concentrazione di odorigene è praticamente costante e pari a 20-21 UOE/m3;

- a 500 m dall’insediamento la concentrazione di odorigene passa da 16 a monte a 19 a valle, con un incremento di 3;

Poiché Il valore dell’incremento di concentrazione a 500 m contiene in se anche il contributo in odorigene proveniente dall’emissione convogliata dei ventilatori del capannone, si può affermare che la emissione diffusa di odorigene dall’area di stabulazione all’aperto è senz’altro trascurabile rispetto a quella convogliata dei ventilatori del capannone.

La diffusione di odorigene provenienti dai ventilatori del capannone viene presa in esame nella relazione tecnica n° 124/17 ATM allegata alla presente.

Il proponente non ha considerato l’emissione dello stoccaggio e dello spandimento della pollina perché essa sarà “immediatamente trasferita fuori azienda a fine ciclo”. La considerazione è da ritenersi corretta se la pollina stazionerà comunque nell’area, solo per i tempi necessari all’operazione.

Si conferma che la pollina stazionerà nell’area solo per i tempi necessari all’operazione. In pratica, l’attività di rimozione dai capannoni sarà contestuale al suo carico al fine di evitare doppie operazioni di carico.

Sempre nelle piazzole di testata avverrà la raccolta delle casse contenenti i polli (vedi pag. 133 SIA). Si ritiene necessario un chiarimento circa la durata della fase di raccolta delle operazioni di caricamento ed eventualmente la stima dell’emissione derivante dalla fase di raccolta e carico dei polli.

L’operazione di caricamento dei polli avviene in modo che lo stazionamento sulla piazzola è tale da non determinare emissioni significative.

Infatti il muletto entra dentro al capannone con due casse vuote e le porte si richiudono per evitare che entri luce la quale porterebbe innervosire gli animali. Una volta che le casse sono piene vengono caricate sul camion che staziona sulla piazzola. L’operazione di carico di un camion si completa in un tempo massimo di 1 h. Durante le operazioni di caricamento il motore del camion è spento.

………………

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Il traffico indotto dall’opera è stato valutato in 239 mezzi a ciclo ed al massimo 10,8 mezzi al giorno per dieci giorni a fine ciclo. Le movimentazioni interne della pollina e dei polli avverranno con bobcat. Il proponente ha ritenuto non significativa la pressione e non l’ha quindi stimata (emissione dei motori e di sollevamento di polveri generata dal traffico indotto e dal traffico all’interno dell’impianto dei mezzi adibiti alle diverse attività). A parere di questo servizio la pressione non è da ritenere trascurabile e quindi deve essere stimata.

Sulla base dei dati dichiarati si può stimare un flusso massimo di mezzi pesanti di 3 veic/h.

Nella relazione tecnica n° 124/17 ATM allegata alla presente è stato analizzato l’inquinamento atmosferico indotto dal movimento di tale flusso di mezzi da e per l’insediamento ed i risultati confermano la non rilevanza dell’impatto prodotto.

La simulazione delle ricadute delle emissioni è stata effettuata con il modello gaussiano…………… Si chiedono chiarimenti riguardo la percentuale di abbattimento delle concentrazioni delle emissioni ad opera dei deflettori, determinata sulla base della misura nello stabilimento analogo, poiché non è indicato il numero dei ventilatori in funzione e si chiede se essa è stata determinata quando in azione c’erano anche i nebulizzatori. Deve essere chiarito inoltre cosa s’intende con “se necessario” riferito all’uso dei nebulizzatori.

Sulla base di quanto indicato dai tecnici del laboratorio che hanno effettuato i campionamenti le misure sono state effettuate con 2/14 ventilatori in funzione e con nebulizzatori in funzione.

I nebulizzatori risulteranno permanentemente in funzione, al fine di garantire le percentuali di abbattimento misurate ed utilizzate nella valutazione previsionale di impatto.

Il proponente ha presentato i risultati della modellizzazione in mappe di isoconcentrazione ed in tabella, …………………………………………. Si ritiene necessario il confronto con i valori di fondo generalmente riscontrabili in aree rurali o debolmente antropizzate.

Come già indicato nella relazione tecnica integrativa allegata alla presente (cfr. relazione tecnica n° 124/17 ATM) viene adottata quale stazione di riferimentio per la qualità dell’aria ante operam la stazione fissa di monitoraggio della qualità dell’aria della Provincia di Macerata sita nel comune di Civitanova Marche – Ippodromo assunta come riferimento per fondo rurale nel Piano di Risanamento e Mantenimento della Qualità dell’Aria Ambiente della Regione Marche.

Il proponente ha poi valutato la significatività dell’impatto per PM10 e PM 2,5 considerando i valori medi annuali calcolati e facendo il confronto tra il dato calcolato (Va) e la devizione standard del fondo (SDV). Non si ritiene di poter condividere tale approccio in quanto si confrontano grandezze diverse e non tutti i periodi di mediazione sono normati.

Nella relazione tecnica integrativa allegata alla presente (cfr. relazione tecnica n° 124/17 ATM) l’analisi di significatività è stata completamente rivista secondo le indicazioni dell’ARPAM (analisi su ogni periodo di mediazione senza tener conto della normale variabilità del fondo).

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Al riguardo si ritiene utile osservare che i valori di concentrazione di inquinanti ai recettori sono inferiori, anche nelle condizioni più estreme (massimo assoluto nell’arco dell’intero anno solare), ad ogni limite prescritto dalla normativa vigente. L’eventuale giudizio di significatività stabilito sulla base delle linee guida di cui alla DGR 1600/2004 appare quanto meno contraddittorio.

Nella valutazione dell’impatto non sono inoltre stati presi in considerazione il metano prodotto dall’attività e le emissioni dovute ai generatori di calore.

La diffusione del metano non è stata affrontata in quanto il metano è un gas più leggero dell’aria (peso molecolare 16 contro 28.8) e quindi è caratterizzato da una significativa spinta di galleggiamento che ne determina la rapida dispersione in quota.

L’utilizzo di modelli di dispersione passiva, applicabili a gas con spinta di galleggiamento neutra o sostanzialmente neutra, risulterebbe pertanto non aderente al modello reale di dispersione dello stesso.

Nella relazione tecnica integrativa allegata alla presente (cfr. relazione tecnica n° 123/17 ATM) è stata effettuata la valutazione previsionale dell’impatto ai recettori per gli inquinanti emessi dai generatori di calore installati per il riscaldamento invernale dell’allevamento.

Con riguardo agli odori emessi dall’impianto il proponente ha assunto che le emissioni odorigene dell’allevamento sono sostanzialmente originate dalle emissioni dell’inquinante ammoniaca “NH3” e pertanto ha confrontato le concentrazioni dell’ammoniaca massima oraria stimata presso i recettori con il valore di concentrazione corrispondente al 50% OT, che è stato assunto pari a 19.900 ug/m3. Da tale confronto risulta che i valori stimati sono sempre inferiori a 19.900 ug/m3.

Si ritengono necessari approfondimenti relativi alla qualità dell’aria e quantità delle emissioni che saranno prodotte, in quanto la “miscela” gassosa degli scarichi connessi al ricambio d’aria dei capannoni è certamente composto anche da altre sostanze capaci di impatto odorigeno nella zona circostante. Il proponente deve indicare i riferimenti di letteratura che richiama genericamente.

Al fine di caratterizzare le emissioni odorigene provenienti dalle emissioni convogliate dei ventilatori dei capannoni sono state effettuate misure dirette su due allevamenti in esercizio, uno biologico ed uno convenzionale (cfr. Relazione tecnica 17AES-001 della società MITAMBIENTE s.r.l. relativa alla campagna di monitoraggo effettuata).

Dai valori misurati si evince che:

- per l’allevamento di tipo convenzionale la concentrazione di odorigene in uscita risulta pari a 394 UOE/m3 e 271 UOE/m3 rispettivamente a monte e valle del sistema di abbattimento;

- per l’allevamento di tipo biologico la concentrazione di odorigene in uscita risulta pari a 394 UOE/m3

Sulla base di questi valori misurati è stata effettuata l’analisi della diffusione di sostanze odorigene provenienti dalle emissioni convogliate dei capannoni dell’allevamento (cfr. relazione tecnica n° 124/17 ATM allegata alla presente).

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3. Previsione dello stato di qualità dell’aria post-operam.

Sulla base delle simulazioni proposte nello studio, lo Stato di qualità dell’aria post-operam della zona potrà subire alterazioni significative per quanto riguarda il parametro PM10 (>5% di significatività) presso i recettori R1, R2, R3, R4, R5, R6, R7, R9, R10, R11, R12, R13, R14, R15, R16, R17, R23 per i valori giornalieri. La stima d’impatto deve essere riformulata e completata a partire dello stato di qualità dell’aria ant-operam (determinato o stimato in maniera oggettiva) sulla base di tutte le pressioni (considerando anche quelle non determinate come da precedente punto 2).

La stima dell’impatto è stata riformulata sulla base delle indicazioni dell’ARPAM ed è riportata nella relazione tecnica n° 124/17 ATM allegata alla presente.

4. Classificazione dell’impatto

Sulla base delle simulazioni proposte nello studio, l’impatto sull’aria ambientale con le limitazioni evidenziate, può essere classificato come significativo per i valori massimi giornalieri per le PM10 presso i recettori R1, R2, R3, R4, R5, R6, R7, R9, R10, R11, R12, R13, R14, R15, R16, R17, R23 (confronto fatto col valore massimo giornaliero registrato dalla stazione di Chiaravalle 2 della RRQA nel 2014), mentre scarsamente significativo presso gli altri recettori (R82 = 5%) e per i valori annuali di PM2,5 e PM10 (R1 e R4 = 5%). Non può essere stimato invece NH3 e N2O e per quanto riguarda le pressioni non prese in considerazione dal proponente (evidenziate al punto 2).

La classificazione dell’impatto è stata riformulata sulla base delle indicazioni dell’ARPAM ed è riportata nella relazione tecnica n° 124/17 ATM allegata alla presente.

5. Interventi atti a mitigare e/o compensare gli impatti

Fase di cantiere

Durante la fase di cantiere la ditta ha previsto l’abbattimento delle polveri con la bagnatura periodica delle superfici di cantiere, il lavaggio giornaliero dei mezzi utilizzati in cantiere e il bagnamento o la copertura delle aree di stoccaggio. …………….

………………………………………………………

Fase di esercizio

L’applicazione delle migliori tecniche disponibili (MTD) derivate dalla normativa sull’autorizzazione integrata ambientale sono proposte come misure di mitigazione per la fase di esercizio per minimizzare l’impatto sulla componente atmosfera. Sono anche previste l’implementazione della piantumazione intorno ai nuovi capannoni e, per il contenimento delle emissioni diffuse di odori e polveri, l’installazione delle testate Est dei capannoni convenzionali ove sono presenti 14 ventilatori estrattori, di deflettori in plastica dotati di nebulizzatori di acqua “da utilizzare se necessario” per il convogliamento delle polveri a terra, con una vasca sottostante di circa 30 cm di altezza, riempita d’acqua e posizionata sotto gli estrattori, recintata da pannelli in plastica. Per il contenimento delle emissioni in fase di trasporto della pollina sarà adottata la copertura dei cassoni con telo.

Sulla base della valutazione integrativa di cui alla relazione tecnica n° 123/17 ATM allegata alla presente si ritiene che le mitigazioni adottate siano adeguate alla entità degli impatti stimati.

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MATRICE RIFIUTI/SUOLO

In merito ai rifiuti prodotti in fase di cantiere non vengono riportate le tipologie e le quantità relative alla loro produzione, inoltre non sono indicate le relative aree di stoccaggio;

Parte del compendio immobiliare costituente il fondo in località Cannuccia sarà oggetto di mantenimento nello stato attuale. Essi sono i fabbricati destinati alla custodia, amministrazione, manutenzione e guardiania, quali ad esempio la casa colonica ed annessi di diretta pertinenza distinti al foglio 98 con la p.lla 212. Le altre volumetrie ex abitative (entrambi i fabbricati colonici sono inabitabili) ed accessorie saranno oggetto di demolizione per quanto attiene la p.lla 211 del foglio 98 e di mantenimento nello stato attuale per la p.lla 116 del foglio 108.

L’articolo 184, comma 3, lettera b), del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”, come modificata dall'art. 11 del d.lgs. n. 205 del 2010, classifica i rifiuti1 da demolizione e costruzione quali “rifiuti speciali”, come pure quelli derivanti dalle attività di scavo nei cantieri edili.

Tali rifiuti, sono così identificati al capitolo 17 del C.E.R. (Codice Europeo dei Rifiuti) 2: rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione.

Dall’esame preliminare delle strutture da demolire indicate sopra e delle tipologie dei materiali risultanti da una prima analisi si possono dedurre, con approccio conservativo, i seguenti codici C.E.R.. Essi possono subire qualche modifica durante la fase di cantierizzazione.

RIFIUTI DELLE OPERAZIONI DI COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE (COMPRESO IL

TERRENO PROVENIENTE DA SITI CONTAMINATI)

CODICE CER SOTTOCATEGORIA DENOMINAZIONE

17 01 01

Cemento, mattoni, mattonelle e

ceramiche

cemento

17 01 02 mattoni

17 01 03 mattonelle e ceramiche

17 01 07 Miscugli o scorie di cemento,

mattoni, mattonelle e ceramiche

diverse da quelle di cui alla voce

17 01 06

17 02 01

Legno, vetro e plastica

Legno

17 02 02 Vetro

17 02 03 Plastica

17 04 02

metalli (incluse le loro leghe)

alluminio

17 04 05 ferro e acciaio

17 04 07 metalli misti

17 04 11 Cavi, diversi da quelli di cui alla

voce 17 04 10

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17 05 04

terra (compreso il terreno

proveniente da siti contaminati),

rocce e fanghi di dragaggio

terra e rocce, diverse da quelle di

cui alla voce 17 05 03

altri rifiuti dell'attività di

costruzione e demolizione 17 09 04

rifiuti misti dell'attività di

costruzione e demolizione, diversi

da quelli di cui alle voci 17 09 01,

17 09 02 e 17 09 03

In merito alla gestione della pollina si evidenzia che la ditta non ha indicato a quale regime intende assoggettarla e quali sono le normative specifiche che giustifichino tale scelta;

Le lettiere esauste saranno conferite ad una o più ditte specializzate nell’ambito della produzione di compost. La loro indicazione, derivando anche da condizioni di mercato, avverrà prima dell’avvio dell’attività, stante che la produzione di lettiera esausta costituisce elemento direttamente derivante dall’esercizio. Il trasporto avverrà con autocarri provvisti di telo per evitare emissioni in atmosfera.

Ad ogni buon conto vale la pena precisare che il DECRETO 25 febbraio 2016 “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’utilizzazione agronomica degli effl uenti di allevamento e delle acque reflue, nonché per la produzione e l’utilizzazione agronomica del digestato” al titolo IV, dove entra nel merito dell’utilizzo agronomico del digestato, precisa che lo stesso è ad utilizzazione agronomica se deriva (art. 22) da effluenti di allevamento come definiti all’art. 3 comma 1, lettera c) del presente decreto. Quest’ultimo cita: c) “effluente di allevamento”: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura provenienti da impianti di acqua dolce.

In pratica nella definizione degli effluenti rientra di diritto la pollina. Quest’ultima è di fatto da considerarsi esclusa dal regime dei rifiuti. Analogamente è da considerarsi esclusa dal regime dei rifiuti se viene conferita per compostaggi, in quanto non risulta la volontà di disfarsi della pollina ma di conferirla ad un operatore che la utilizzerà per produrre un ammendante organico.

In merito alle terre e rocce da scavo si evidenzia che la ditta fa riferimento a differenti tipologie di gestione quali quello del sottoprodotto di cui all’art. 184 del D.lgs 152/06 ss.mm.ii. e quello dell’esclusione di cui all’art. 185 del medesimo decreto. Si ritiene pertanto che la ditta debba chiarire quale normativa, tra quelle riportate nella documentazione, intende applicare alla gestione del materiale in oggetto. Si evidenzia inoltre che la ditta non ha attestato la sussistenza di contaminazione non avendo ricercato tutti i parametri indicati nella tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte IV del medesimo decreto.

Nella relazione tecnica sulla gestione delle terre e rocce da scavo è stato in effetti fatto riferimento sia all’art. 184 del D.Lgs. 152/2006, sia all’art. 185 del medesimo Decreto. Al fine di un chiarimento definitivo, si specifica che le terre e rocce da scavo provenienti dalle attività di cantiere, verranno gestite applicando la normativa di cui all’art. 185 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., come modificato dall’art. 13, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 205/2010 che norma l’utilizzo del materiale scavato e riutilizzato nello stesso sito di produzione.

Relativamente alla questione di non aver attestato la sussitenza della contaminazione in quanto non sono stati ricercati tutti i parametri indicati nella Tabella 1 dell’Allegato 5 al Titolo V del D.Lgs. 152/2006, si evidenzia che nessuna normativa attualmente vigente richiede, per

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poter attestare la non contaminazione di un sito, la verifica di tutti i parametri elencati nella citata Tabella. Al contrario tutte le norme in vigore (il D.Lgs. 152/2006 al Titolo V “bonifica dei siti inquinati”, Allegato 2 “criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati”; il D.M. 161/2012 “regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione delle terre e rocce da scavo” Allegato 4; nonché la bozza di DPR in itinere di approvazione “schema di DPR recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell’art. 8 del D.L. 12 settembre 2014 n. 133, convertito con modificazioni, della L. 11 novembre 2014 n. 164”, Allegato 4) prevedono la verifica di una contaminazione sulla base di un set standard di analiti, funzione della storia del sito e delle attività antropiche pregresse.

Nel progetto di gestione delle terre e rocce da scavo dell’allevamento avicolo è stato adottato un set analitico comprendente 10 composti inorganici, gli idrocarburi leggeri e pesanti; i composti aromatici ed i composti alifatici clorurati cancerogeni e non cancerogeni; si ritiene tale protocollo analitico più che esaustivo per escludere la contaminazione del sito.

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MATRICE RUMORE

…………………………..

• Però nella relazione tecnica viene dichiarato che la sorgente di rumore significativa è rappresentata dagli impianti di ventilazione e nella stima dell’impatto delle sorgenti di pertinenza dell’attività non risulta che sia stata valutata l’entità del contributo sonoro del traffico indotto riferito ai transiti in entrata ed uscita dei mezzi adibitio alle diverse attività descritte. Nella relazione viene considerato trascurabile il contributo sonoro dovuto alla rumorosità all’interno dei box durante i cicli di allevamento. Dal momento che nella relazione tecnica viene dichiarato che nell’allevamento biologico gli animali sono liberi di razzolare nel parchetto esterno, dovrà essere valutata anche l’entità del contributo sonoro prodotto dalla presenza dei capi allevati all’esterno. In pgnuno dei capannoni sono installati ventilatori/estrattori (14 aspiratori in ognuno dei capannoni del biologico e 17 estrattori in ognuno dei capannoni convenzionali); per il riscaldamento sono installate cappe radianti e generatori di calore (10 cappe e 5 generatori per ogni capannone convenzionale e 9 cappe e 3 generatori per ogni capannone biologico). Dal momento che le apparecchiature sono in funzione 24 ore su 24 ore le valutazioni hanno riguardato entrambi i periodi di riferimento.

• Nella documentazione viene indicata la classificazione acustica dell’area in cui è situata la ditta in esame, che risulta essere classe III “area di tipo misto” secondo la classificazione acustica del Comune di Jesi.

Nella relazione tecnica sono stati forniti gli esisti delle rilevazioni fonometriche diurne e notturne del clima acustico nello stato ante operam eseguite nei 7 punti di controllo, due all’interno dell’impianto, e cinque in prossimità dei 7 recettori presi in esame.

Nella relazione tecnica viene riportato l’esito di una misura eseguita in un altro sito simile a quello di progetto ad 1 metro tra due ventilatori e tale dato è stato utilizzato nelle stime previsionali per calcolare il livello i livelli di pressione sonora in corrispondenza dei 6 punti di controllo (M1- M5, e R1-R7). Nella documentazione viene dichiarato che la stima previsionale è stata eseguita tenendo conto del fatto che i ventilatori funzineranno tutti contemporaneamente senza considerare l’effetto barriera degli edifici. In merito si fa presente però he a partire dal dato formito e sulla base di distanze sorgente-recettore desunte da Google Earth da calcoli eseguiti direttamente da questo Servizio, considerando il contributo sonoro di sole 7 coppie di estrattori (relativi ad un solo capannone) i livelli risultano superiori a quelli riportati nella tabella 3 a pag. 24 della relazione tecnica. Si chiede pertanto che vengano fornite le distanze reali utilizzate tra sorgenti e recettori e vengano esplicitati i calcoli che hanno condotto ai livelli riportati nel paragrafo 3.5 distinguendo i diversi contributi (gli impianti di tutti i capannoni dell’allevamento convenzionale e del biologico, il rumore interno relativo alla totalità dei capannoni, il rumore prodotto dalla presenza degli animali all’esterno, il traffico indotto) nella modalità di funzionamento contemporaneo maggiormente cautelativo: la verifica del rispetto dei limiti di emissione, immissione assoluto e differenziale deve essere eseguito in corrispondenza dei punti già presi in esame ed in corrispondenz degli altri ambienti abitativi sopra segnalati).

Secondo quanto previsto dal DM 16/03/1998 sono stati riportati i dati di taratura presso un centro LAT della catena fonometrica e sono state fornite le informazioni in merito alle condizioni neteo e di velocità e direzione del vento durante la sessione di misura.

Per tale osservazione è stato predisposto un elaborato specifico che viene allegato e al quale si rimanda. (All. A.1bi).

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MATRICE CAMPI ELETTROMAGNETICI

Dalle planimetrie presentate si evince che verranno realizzate nuove canine elettriche di trasformazione MT/BT all’interno dell’area dell’allevamento nelle cui vicinanze non sembrano essere presenti edifici con postazioni di lavoro.

Comunque si ricorda che all’intyerno della fascia di rispetto di ciascuna cabina, secondo quanto previsto all’art. 4 della legge 36/2001, non è consentita alcuna destinazione di edifici ad uso residenziale, scolastico, sanitario, ovvero ad uso delle che comporti una permanenza non inferiore a quattro ore. Per tali cabine, non essendo stati forniti dati tecnici specifici si può ipotizzare una Dpa (Distanza di Orima Approssimazione) pari al massimo a 2,5 m dalle pareti esterne.

Per quanto riguarda i collegamenti in cavo MT dalla rete elettrica a tali cabine deve essere fornito il calcolo della fascia di rspetto e deve essere indicato il tracciato, soprattutto per quanto riguarda eventuali tratte esterne dell’allevamento che potrebbero interessare edifici esistenti, a meno che non si tratti di tipologie di linee escluse dal calcolo secondo il DM 29/05/2008 (linee aeree o interrate di cavo cordato ad elica).

Nell’allevamento saranno realizzate due cabine, la prima di consegna energia, sarà installata in prossimità dell’ingresso principale alla proprietà e conterrà i dispositivi ENEL e gli interruttori di media tensione per l’alimentazione della cabina di trasformazione MT/bt baricentrica rispetto all’allevamento.

Il collegamento tra la cabina di consegna e la rete ENEL, così come il collegamento interno tra le due cabine sarà realizzato in cavo interrato quindi con DPA trascurabile.

Nelle immediate vicinanze delle cabine, ben oltre i 2,5 m citati, non sarà prevista alcuna attività, pertanto le prescrizioni relative alle DPA saranno ampiamente rispettate.

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4. ASUR

In riferimento all'oggetto, a tutela della salute pubblica, presa visione della documentazione pervenuta, si fa presente quanto segue.

Il progetto in questione prevede la “realizzazione di centro di allevamento avicolo biologico e convenzionale ".

A tale riguardo, per quanto di specifica competenza, si ritiene che l'allevamento avicolo in parte convenzionale ed in parte biologico di progetto sia individuabile alla voce 1 ("allevamento di animali"), lett. Cl, della Parte I del DM 05/09/94 ("elenco delle industrie insalubri di cui all'art. 216 del tullss") e pertanto si ritiene che la stessa attività sia classificabile tra le industrie insalubri di (classe di cui all'elenco del precitato DM 05/09/94.

Di conseguenza, la ditta SOCIETÀ AGRICOLA FILENI SRL dovrà dare la comunicazione di cui al comma 6 del menzionato art. 216 del TULLSS al Sindaco del Comune di Jesi per la predetta attività, restando comunque fermo che, al di là del presente contributo, l'attivazione di ogni industria insalubre è subordinata al rispetto delle previsioni del PRG per la zona interessata.

Si concorda con l’osservazione e si ottempererà a quanto evidenziato

Ad ogni modo, nella conduzione del cantiere per la riqualificazione in oggetto dovranno essere adottate tutte le misure idonee a minimizzare il sollevamento di polveri durante le fasi di realizzazione delle opere, prowedendo tra l'altro ad irrorare le aree interessate da lavorazioni che generano polveri, i cumuli di materiale e le strade del cantiere, intensificando tali interventi nei periodi di massima attività anemologica o di siccità con sistemidi annaffiatura. Inoltre dovrà essere adottato un impianto di pulizia delle ruote e della scocca dei mezzi all'uscita delle aree di cantiere.

Nell'esercizio dell'allevamento, la SOCIETÀ AGRICOLA FILENI SRL dovrà adottare tutte le opportune cautele per "non arrecare nocumento alla salute del vicinato" e porre in essere le migliori tecnologie disponibili atte ad evitare o ridurre ogni impatto negativo sulle matrici ambientali circostanti. Inoltre, in ciascuna fase della gestione dell'allevamento,dovrà adottare tutte le misure necessarie per contenere eventuali emissioni diffuse odorigene, sempre in linea con le migliori tecnologie disponibili.

In particolare, in tutte le fasi di attività dell'allevamento dovranno essere adottati tutti gli accorgimenti atti a prevenire o, comunque, ridurre potenziali fenomeni di diffusione nell'aria di esalazioni maleodoranti o di polveri, con particolare riguardo a quelle che possono provenire dalla lettiera avicola (pollina), dal funzionamento degli estrattori d'aria dei capannoni e dai silos per lo stoccaggio dei mangimi. A tal fine dovrà anche essere effettuata la manutenzione e la pulizia periodica delle aree interne ed esterne dell'insediamento nonché delle strade e dei piazzali di sosta e movimentazione degli automezzi, altresì dovranno essere evitati imbratta menti delle diverse aree per perdite di materiali solidi o liquidi.

In ogni caso, durante le fasi di cantiere e di esercizio dell'insediamento i mezzi impegnati nel cantiere, quelli che conferiscono i nuovi capi da accasare, quelli che awiano gli animali al macello, quelli che comunque spostano i materiali nell'allevamento e quelli utilizzati per allontanare ad ogni fine ciclo la pollina dovranno essere adeguati alle normative europee in fatto di emissioni o, in alternativa, forniti di filtri per il particolato.

Nelle fasi di esercizio dell'allevamento zootecnico in questione dovranno essere parimenti impediti o, comunque, ridotti o compensati i possibili impatti negativi dovuti alla gestione dei rifiuti, alle

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interferenze con le acque superficiali e sotterranee ed al rumore; impatti la cui completa valutazione viene comunque rimandata agli organi tecnici competenti specificamente deputati (Uffici Tecnici e Ambiente della Provincia, dei Comuni interessati e della Regione, ARPAM ... ).

Nella fase di attività dell'impianto dovranno anche essere evitati sviluppi di ratti e/o altri animali indesiderabili, per il cui contenimento dovranno essere eseguiti periodici adeguati interventi di derattizzazione e disinfestazione

Per quanto riguarda il progetto in parola, ai sensi dell'art. 5 del DPR 380/01 ed in applicazione di quanto indicato dal D.Lgs. 81/08, si fa presente che il wc con doccia e lo spogliatoio ad uso del personale addetto all'allevamento abbiano altezza interna non inferiore a m. 2,40 e dimensioni idonee a collocare un armadietto a doppio scomparto per ogni addetto all'interno dello spogliatoio.

Si accetta la prescrizione e si ottempererà prima dell’avvio dei lavori.

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5. SOPRINTENDENZA

Ai sensi di quanto disposto dall'art.146 del nLgs. n. 42/2004 e s.m.i.; parere favorevole in rel'lzione all'esecuzione dell'intervento di cui trattasi nel suo complesso, limitatamente alla sua compatibilità con l'interesse paesaggistico tutelato ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico in quanto le opere progettate, per tipologia, forma e dimensione garantiscono la salvaguardià dei valori codificati dal provvedimento di tutela sopra richiamato.

Tuttavia, ai fine di ottimizzare l'inserimento dell'intervento nello specifico contesto pae_saggistlco sottoposto a tutela, si ritiene che il presente progetto debba essere adeguato attraverso il recepimento ddle seguenti indicazioni esecutive:

Sia valufata la possibilità di frammentare le strutture i volumi più piccoli in maniera tale da ridurre la percettibilità visiva e migliorae l’inserimento nel paesaggio tutelato dal vincolo;

le pareti delle strutture siano tinteggiate con coloriture delle terre naturali nella gamma degli ocra;

Per quanto concerne la tutela archeologica si rileva che gli interventi previsti ricadono in un’area a rischio anveologico, dovuto alla presenza di segnalazioni di emergenze ricadenti ad età preistorica e romana; non potendo questa Sovrintendenza assicurare in tempi certi e in modo continuativo l’assistenza da parte di personale tecnico proprio, si richiede quindi che tute le operazioni di scavo e cantierizzazione che prevedono movimento terra, relative a ogni intervento da eseguirsi all’interno dell’appalto in oggeto, siano condotte in regime di sorveglianza in corso d’opera, sotto la direzione scientifica di questa Soprintendenza, da parte di archeologi professionisti appositamente incaricati da codesta Committenza. L’incarico prevedrà specificatamente che il tecnico prenda accordi peventivi con questo Ufficio sullo svolgimento dei lavori, ne renda conto periodicamente comunicando tempestivamente eventuali rinvenimenti e documenti con una relazione scritta e ove necessario con foto e disegni, l’0andamento dei lavori. Tale selezione dovrà essere prodotta anche in caso di esito negativo della sorveglianza archeologica.

Dovrà essere data comunicazione, con preannuncio di almeno 15 giorni, dell’inizio dell’intervento e del nominativo della ditta o del professionista prescelto per l’incarico di sorveglianza archeologica. In caso di rinvenimenti questa Soprintendenza preovvederà a richiedere la valutazione dell’interferenza delle opere in progetto con le eventuali emergenze rinvenute tramite indagini archeologiche limitate od estese, condotte sotto la direzione scientifica di questa Soprintendenza da archeologi professionisti con oneri a carico della Committenza e con modalità e metodologie che lo scrivente Ufficio valuterà di volta in volta riservandosi il diritto di fornire ulteriori indicazioni in corso d’opera e di chiedere, se necessario ai fini di tutela, successive modifiche al progetto. Il parere definitivo sull’opera in progetto potrà in questo caso essere reso soltanto al termine delle suddette indagini archeologiche e dietro consegna della documentazione archeostratigrafica di rito redatta secondo le direttive impartite da questa Soprintendenza (giornali di scavo, schede stratigrafiche con relativo eleneco, matrix, documentazione grafica e fotografica di scavo con relativo elenco elaborati, compresa una campagna fotografica degli eventuali reperti notevoli accompagnata da relativo elenco, elenco delle cassette con relativo contenuto).

Si rammenta l'obbligo d ottemperare alle nomie del Decr. Legisl. 22 gen 2004, n. 42 "Codice dei beni colturali; e del paesaggio, che prevede -·in caso di rinvenimen ti archeologici – l’immediata sospensione dei lavori e la comunicazione entro 24 ore alla Soprintendenza competente, al Sindaco o alle Autorità di Pubblica Sicurezza (art. 90); si rammenta altresì che ogni

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danneggiamento ai beni archeologici rinvenuti si configura come reato passibile di denuncia all’Autorità giudiziaria ex art. 733 vigente Codice Penale.

Si prende atto del parere positivo e si anticipa che si ottempererà alle prescrizioni finalizzando quanto prescritto nel parere.

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7. PROVINCIA DI ANCONA

…………………………………………

“In considerazione della situazione di emergenza ambientale, la riqualificazione delle aree della bassa vallesina tra Ripa Bianca e la foce assume importanza prioritaria; tale riqualificazione deve riconoscere la prevalenza degli aspetti di tutela e valorizzazione ambientale, con riguardo anche alla sostenibilità socio economica delle scelte, …”

“Il progetto prevede che i capannoni ricadenti nella fascia della continuità naturalistica (tipo biologico - n. 1. 2, 3 e 4 bio-standard) vengano realizzati applicando l'indice edificatorio (0,03 mc/mq) previsto dall'art. 8 della L. R. 13/90 e ss.mm.ii. per le "Attrezzature e infrastrutture necessarie per il diretto svolgimento dell'attività agricola - ricoveri per bestiame" (art. 3 comma 1 lettera c) della medesima legge regionale) .

Tale porzione di impianto viene considerata infatti dal proponente non di tipo intensivo/industriale e quindi non classificabile tra gli interventi di cui all'art. 3 comma 1 lettera d).

Il Piano TerrItoriale di Coordinamento della Provincia di Ancona consente nella fascia della continuità naturalistica gli interventi di cui all'art. 3 comma 1 della L.R. 13/90 e ss.mm.ii. limitatamente a quelli di cui alle lettere a), b), c) ed h).”

e quindi il Comune:

“Per le valutazioni circa la natura non industriale della porzione di allevamento ricadente all'interno della fascia della continuità naturalistica si rimanda alle valutazioni della Struttura decentrata Agricoltura della Regione Marche, mentre perciò che concerne la conformità della stessa con gli indirizzi dettati dal PTCP si rimanda alle valutazioni di cui competenti uffici della Provincia.”

A tal proposito, si condivide pienamente la necessità che la Struttura decentrata Agricoltura della Regione Marche chiarisca la natura non industriale della porzione di intervento ricadente nell’Ambito “V” e nella Fascia della Continuità Naturalistica del PTC, aspetto dirimente sulla conformità dell’intervento al Piano medesimo, in quanto l’indirizzo interessato 1.V.7 afferma che “Nelle aree ricomprese nelle “fasce della continuità naturalistica” (si veda il punto 2.1.0), debbono essere evitati gli interventi edificatori, … Sono comunque fatti salvi gli interventi specifici per l’esercizio dell’attività agricola nelle zone “E” del citato D.I., di cui all’articolo 3, comma 1, della L.R. n. 13 del 08/03/1990 “Norme edilizie per il territorio agricolo”, limitatamente alle lettere a) - b) – c) – e) – h).”. Si noti che, ai sensi del paragrafo 4.2 – DISPOSIZIONI PER L’ATTUAZIONE -4.2.4 – CARATTERI DELLA DISCIPLINA DEL PIANO, “Gli indirizzi hanno carattere cogente nei confronti dell’attività propria della Provincia e dell’attività di pianificazione urbanistica – generale ed attuativa – dei Comuni, mentre hanno carattere indicativo nei confronti di tutti gli altri soggetti, con l’eccezione dell’indirizzo 1.V.7 che, pertanto, è immediatamente prevalente sulle previsioni degli strumenti urbanistici.”.

Va comunque osservato che – nel procedimento in oggetto - questa Amministrazione rimane esclusa dalla titolarità di “pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati” ai sensi del comma 2, Art. 14, L. 241/90; ciò nonostante, in considerazione della necessità per il procedimento di VIA di accertare tra le altre anche la conformità con i piani sovraordinati, avvalendosi degli SCA, si offre la massima disponibilità a fornire il proprio eventuale apporto al proseguo dei Lavori della Conferenza, nelle modalità che codesta Autorità Competente riterrà più opportune..

Si prende atto del contributo istruttorio.

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8. COMUNE DI JESI

8.1 Servizio Assetto e Tutela del Territorio

Per le valutazioni circa la conformita dell'intervento con gli indirizzi dettati dal PTCP, si rimanda al competente ufficio della Provincia.

Per le valutazioni circa la natura non industrials della porzione di allevamento ricadente all'interno della fascia della continuita naturalistica si rimanda alle valutazioni della Struttura decentrata Aqricoltura della Reqione Marche, mentre percio che concerne la conformita della stessa con gli indirizzi dettati dal PTCP si rimanda alle valutazioni di cui competenti uffici della Provincia;

Su questo argomento si è risposto ampiamente nella integrazione a specifica osservazione della Regione Marche Servizio Infrastrutture, Trasporti ed Energia - Posizione di Funzione Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali, punto 3 lettera b). La sintesi è che i 4 capannoni denominati Bio standard ricadenti nella Fascia di Continuità Naturlistica sono a carattere agricolo e pertanto coerenti con gli indirizzi dettati dal PTCP.

ai fini del rispetto dell'altezza massima di ml 4,50, consentita dalla L.R. n. 13/1990 per detta tipologia di costruzioni, l'altezza misurata all'estradosso della copertura in corrispondenza della linea di colmo non dovrà essere superiore di ml 1,80 quella misurata alla gronda;

I manufatti di progetto sono stati ricondotti, eliminando i pochi centimetri in esubero, nei limiti dell’altezza massima di R.E.C. (non oltre 180 cm di dislivello dall’intersezione tra la parete perimetrale con l’estradosso della falda di copertura ed il colmo tetto). Vedi tavola allegata “Piante, prospetti e sezioni”.

ai flni dell'esclusione dalla volumetria del volume tecnico di sottotetto, per lo stesso dovrà essere fornita apposita documentazione tecnica circa la effettiva inutilizzabilita dello stesso;

Il sottotetto è oggettivamente inutilizzabile proprio per la presenza di attrezzature di stalla che, sollevate periodicamente nella gestione quotidiana dell’allevamento, occupano di fatto quell’ambito. Lo schema allegato alla relazione di progetto documenta quanto esposto. Oltre a ciò, ogni 9 metri al massimo, viene introdotta la vela di riduzione della sezione d’aria del box d’allevamento al quale rende ulteriormente inutilizzabile l’ambito volumetrico del manufatto. Qualora le ragioni addotte non siano ritenute sufficienti, dopo aver evidenziato che nessuna ragione di carattere speculativo può essere imputata all’uso o meno di quel volume (se fosse esteticamente possibile e strutturalmente conveniente le coperture sarebbero realizzate in orizzontale, sia per migliore gestione del clima interno che per la pulizia del locale) potrà essere utilizzata una tipologia strutturale diversa da quella a portale prevista che disponga di un tirante strutturale all’altezza dell’intradosso proposto quale limite volumetrico.

Ai sensi dell'art. 14 de/la L. R. 19/90 e ss.mm.ii. dovrà essere istituito apposito vincolo di destinazione decennale prima del rilascio del titolo abitativo edilizio

Il vincolo di destinazione decennale ex art.14 della L.R.13/90 sarà stipulato prima del rilascio del titolo abilitativo edilizio.

le superfici perimetrali esterne degli edifici previsti dovranno essere tinteggiate con colori tenui delle terre;

Si recepiscono le indicazioni cromatiche circa le superfici esterne e si propongono colorazioni tratte dalla scala cromatica delle terre: la proposta è tesa all’uso di colorazioni similari a quelle di cui alla foto sotto riprodotta:

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occorre chiarire la natura del possesso della porzione di fondo sul confine nord, ai fini della corretta applicazione della distanza minima dei fabbricati;

Il possesso della porzione di fondo sul confine nord è in via di recupero da parte dell’attuale proprietà. Ad ogni buon conto le strutture progettate sono state posizionate a 40 m dal possesso attuale, pur sussistendo la piena proprietà in capo al proponente. Per tale ragione la distanza minima dei fabbricati di progetto rispetto al limite di possesso è di 40 m, secondo legge.

dovrà essere meglio evidenziata l'assenza di abitazioni entro 100 ml dai confini del complesso aziendale ai sensi dell'art. 9 comma 2 lettera b) della LR. 13/90;

L’articolo 9, c.2, lettera b della L.R.13/90 impone il rispetto della distanza, con riferimento alle costruzioni di progetto e non al limite aziendale, di m.100 dal più vicino edificio abitativo extra aziendale. Il progetto rispetta pedissequamente, per le parti di tipo intensivo ex art.9 L.R.13/90, tale prescrizione di legge. Nella planimetria di progetto si riportano, con riferimento a quanto sopra esplicitato, le grafiche dei distacchi previsti dalla norma, debitamente rispettati.

per la porzione d'area ricadente in TR3 "corrldolo ecologico" si prescrive il rispetto dell'articolo 51 del PRG vigente per quanta attiene in particolare l'eventuale movimentazione e sistemazione de! terreno;

Nella porzione di area ricadente in ambito TR3, stante la caratteristica morfologica del sito, si recepisce e si attesta che ogni movimento terra terra verrà effettuato nel pieno rispetto delle norme di cui all’articolo 51, con particolare riferimento al comma 4, lettere a e b. Il tutto anche con riferimento al manufatto di attraversamento del fosso per il raggiungimento del box Bio standard oltre questo.

circa le sistemazloni del terreno, è necessario precisare le caratteristiche delle opere di contenimento dello stesso a seguito di sterri e riporti, che in ogni caso non dovranno dar luogo a muri di sostegno di rilevante altezza (orientativamente non superiore a 80 cm).

Con riferimento alle opere di movimento terra si attesta che nessuna opera muraria di contenimento è prevista in progetto e che eventuali dislivelli, contenuti, verranno governati attraverso la creazione di scarpate in terra senza opere murarie.

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8.2 Servizio Tutela Ambientale

Matrice acque

specificare le tempistiche di svuotamento dei sacconi flessibili, in modo da verificare il corretto dimensionamento degli stessi, confrontandone la volumetria con il consumo idrico ipotizzato per l'esecuzione dei lavaggi per ciascun ciclo.

Verifica delle potenzialità irrigue delle acque stoccate e della compatibilità delle capacità di stoccaggio di progetto

Di seguito viene calcolata la necessità irrigua ad ettaro necessaria per verificare la superficie che si riesce ad irrigare con le acque di lavaggio dei capannoni, arricchite con le particelle organiche residuali della fase di rimozione della lettiera e successiva spazzolatura del pavimento dei capannoni.

Tali acque sono accumulate nel convenzionale all’interno di un saccone da 100 mc e un saccone da 200 mc (totale 300 mc); per il biologico le acque di lavaggio sono raccolte in due sacconi di 100 mc ciascuno e un saccone di 50 mc (totale 250 mc).

L’allevamento avrà diverse superfici verdi, costituite dal sistema di siepi e fasce boscate nel convenzionale e siepi, fasce boscate, nuclei boscati e parchetti esterni dove gli animali possono razzolare. L’accumulo dell’acqua, essendo ricca di particelle organiche e nutrienti può essere utilizzata per la fertirrigazione delle aree verdi e pertanto è necessario sapere quale è la potenziale superficie irrigabile. I terreni sono caratterizzati da una morfologia medio collinare, sono profondi e a tessitura franca.

Il lavoro è stato condotto applicando la seguente metodologia:

Calcolo dell'evapotraspirazione potenziale (ETp);

Calcolo della pioggia effettiva (Peff);

Calcolo dell'evapotraspirazione media delle colture praticate (ETcrop);

Calcolo della portata continua fittizia (Pc);

Calcolo delle necessità irrigue.

Per l'individuazione dei mesi in corrispondenza dei quali si ha un deficit idrico nei suoli è stato elaborato il bilancio idrico.

Per il calcolo dell'evapotraspirazione potenziale è stata applicata la seguente formula:

ETp = 1,6 * (10 t/I)a * K

Dove:

ETp = Evapotraspirazione potenziale;

t = Temperatura media mensile in °C;

I = Indice calorico annuo, ovverosia sommatoria dei 12 indici mensili

"i" (I = 112 i);

i = indice calorico o termico mensile;

a = funzione cubica di "i" (675 * 1-9 * I3 * 10-7 * I2 + 1792 * 10-5 * I + 0,4924);

K = Coefficiente correttivo della latitudine della stazione di rilievo meteorologico.

La Peff si riferisce alle precipitazioni effettivamente infiltrate e quindi utili per il bilancio idrologico dei suoli. Pertanto al valore delle piogge si sottrae una percentuale dovuta alla quota non infiltrata. Nel caso in esame si applicano dei coefficienti di riduzione delle precipitazioni mensili, legati alle seguenti classi di pioggia.

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1-10 mm/mese coefficiente 0,95

10-50 " " 0,90

50-100 " " 0,80

Il calcolo dell'ETcrop è legato alla fase fenologica delle colture praticate. Esso si determina applicando la seguente formula:

ETcrop = ETp * Kc

Dove: Kc = coefficiente colturale che varia con la coltura. Per il caso in esame i Kc sono stati desunti da fonti bibliografiche

I dati di Kc sono stati considerati per i mesi in cui si manifestano deficit idrici che intaccano le riserve idriche del suolo, le quali devono essere integrate. Infatti, è risaputo che la massima efficienza delle coltura si ottiene quanto l'evapotraspirazione reale (ETr) è uguale a quella potenziale.

Considerando che si tratta di aree naturali o a prato sono stati utilizzati i fattori Kc di un erbaio di medica, ritenuto più idoneo.

Esso è pertanto pari a:

Aprile: 0,4

Maggio: 0,6

Giugno: 0,8

Luglio: 1,2

Agosto: 0,8

Settembre: 0,6

Nella tabella che segue è riportato il bilancio idrico, dal quale si evidenzia che il periodo in cui ETr è inferiore a ETp, ed in cui la riserva idrica dei suoli si depaupera è da maggio a settembre. Per i mesi considerati viene anche calcolata l'irrigazione richiesta.

Tab. 1: Calcolo dell’irrigazione richiesta

Dati Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre Tot.

T in °C 4,33 6,39 8,84 12,61 17,03 21,02 23,43 23,17 19,56 14,64 10,04 5,62 13,89

Peff 39,48 38,82 51,31 54,72 46,88 53,37 40,41 60,93 57,44 56,16 59,64 49,44 608,6

Ptot 65,8 64,7 73,3 68,4 58,6 59,3 44,9 67,7 71,8 70,2 85,2 82,4 812,3

K 0,81 0,82 1,02 1,12 1,26 1,27 1,29 1,20 1,04 0,95 0,81 0,77

ETp 7,77 13,88 27,74 51,14 89,20 122,25 145,48 133,15 90,12 53,94 26,52 10,81 772,01

P-ETp 31,71 24,94 23,57 3,58 -42,32 -68,88 -105,07 -72,22 -32,68 2,22 33,12 38,63

ST 100,00 100,00 100,00 100,00 68,12 41,30 23,08 16,76 14,73 16,95 50,07 140,00

CST 0,00 0,00 0,00 0,00 -31,88 -26,82 -18,22 -6,32 -2,04 2,22 33,12 38,63

ETr 7,77 13,88 27,74 51,14 78,76 80,19 58,63 67,25 59,48 53,94 26,52 10,81

Deficit 0,00 0,00 0,00 0,00 10,44 42,06 86,85 65,90 30,65 0,00 0,00 0,00

Surplus 58,03 50,82 45,57 17,26 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 16,26 58,68 71,59

Kc 0,4 0,6 0,8 1,2 0,8 0,7

ETcrop 20,46 53,52 97,80 174,58 106,51 63,08

IRReq 6,64 44,43 134,17 45,59 5,64 230,83

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ETp = Evapotraspirazione potenziale (mm). E’ l’acqua evaporata in un periodo (mese) da un terreno coperto da vegetazione

KC = Sono i valori ai quali va moltiplicata l’ETP per ottenere il fabbisogno idrico della coltura interessata

ETr = Evapotraspirazione reale (mm);

Etcrop = Evapotraspirazione media delle colture praticate (mm);

St = Riserva idrica utile del suolo (mm);

CST = Variazione della riserva idrica utile (mm);

IRReq = Irrigazione richiesta o fabbisogno irriguo netto. Si ottiene sottraendo al fabbisogno idrico le piogge utili ed eventuali apporti di falda.

Calcolo della Portata continua fittizia nel mese più critico (Pc)

Dal bilancio idrico si può osservare che il mese critico è quello di luglio, durante il quale si ha una richiesta irrigua di 163,16 mm mensili, pari a 5,26 mm/giorno, pari a 52.632 litri/ha

La Pc è pertanto pari a:

52.632/86.400 secondi (24*60*60) = 0,6092 l/s ha

Calcolo del fabbisogno irriguo

Per il calcolo de fabbisogno irriguo durante l’intera stagione è necessario procedere considerando anche all’efficienza dell’irrigazione che viene stimata pari a 0,90. Pertanto le necessità d invaso per l’intera stagione, riferite ad 1 ha saranno pari a:

Tab. 2: Calcolo del fabbisogno irriguo di campo ad ettaro

Mese IRReq

(mm)

Efficienza

dell’irrigazione (%)

Fabbisogno

irriguo (mm)

Maggio 27,40 85 31,51

Giugno 107,43 85 123,54

Luglio 163,16 85 187,63

Agosto 150,12 85 172,64

Settembre 56,40 85 64,86

Totale 378,21 580,17

Il fabbisogno irriguo di un ettaro di verde sarà pertanto di 580,17 mm, pari a 5.801,7 mc.

In alcuni anni siccitosi potrebbero essere necessari piccoli volumi di adacquamento anche in aprile.

Gestione della risorsa idrica accumulata con il Convenzionale

Per il lavaggio dei capannoni, utilizzando un approccio conservativo, si considerano 5l/acqua/mq/ciclo. Considerando 5 cicli si ottengono 471 mc di acqua. L’attività di lavaggio avviene in due fasi; nella prima si usa acqua ad alta pressione con possibili perdite per evaporazione e assorbimenti sulle superficci in cemento. Successivamente si usa acqua nebulizzata con disinfettante che rimane sulle pareti per poi asciugarsi senza determinare scorrimento e necessità di stoccaggi.

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Della totale acqua ipotizzata si può stimare che solo il 70% andrà nello stoccaggio. Questo determina la necessità di stoccare circa 330 mc di acqua all’anno, arricchita di materiale organico. Considerato che l’irrigazione inizia normalmente a maggio e termina a settembre, si può considerare che per 7 mesi occorre stoccare 192 mc di acqua, inferiore alla capacità di stoccaggio di 300 mc.

Considerate le necessità irrigue i 330 mc di acqua stoccata sono sufficienti ad irrigare appena 1 ha di terreno per i mesi di maggio, giugno e luglio. Viste le necessità irrigue delle aree verdi evidenziate sopra, i 330 mc di acqua stoccata sono sufficienti ad irrigare appena 1 ha di terreno per i mesi di maggio, giugno e una piccola parte di luglio. Considerando che le aree verdi sono pari a a circa 6,4 ha è evidente che si sta parlando di quantità limitate di acque di lavaggio stoccate rispetto alle necessità irrigue. Nella pratica si concentreranno le risorse irrigue disponibili per fertirrigazione delle nuove piantumazioni previste nel progetto di inserimento ambientale e paesaggistico.

Gestione della risorsa idrica accumulata con il biologico

Per il lavaggio dei capannoni si utilizzano 277 mc di acqua. Considerando la percentuale di stoccaggio del 70% dell’acqua utilizzata per le motivazioni indicate sopra, si ottiene che l’acqua stoccata, arricchita di materiale organico, è pari a 193,6 mc. Considerato che l’irrigazione inizia normalmente a maggio e termina a settembre, si può considerare che per 7 mesi occorre stoccare 112,93 mc di acqua, inferiore alla capacità di stoccaggio di 250 mc.

Viste le necessità irrigue delle aree verdi evidenziate sopra, i 193,6 mc di acqua stoccata sono sufficienti ad irrigare appena 1 ha di terreno per il mese di maggio, giugno e una piccola parte di luglio. In pratica stiamo parlando di quantità limitate di acque di lavaggio stoccate. Nella pratica si concentreranno le risorse irrigue disponibili per la fertirrigazione delle nuove piantumazioni previste nel progetto di inserimento ambientale e paesaggistico.

chiarire dove i sacconi flessibili verranno effettivamente posizionati in riferimento alla Figura di pag. 80 dello Studio di Impatto ambientale che sembra collocarli all'interno di una "vasca" con telo per contenimento di sicurezza.

Il saccone viene adagiato sul terreno con letto di sabbia circostante e una quinta perimetrale di terreno. Ad esempio si riporta la figura che segue.

Modalità di messa in opera dei sacconi di contenimento delle acque di lavaggio.

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dettagliare maggiormente le caratteristiche tecniche dei pozzi che dovranno essere realizzati nell'area di al/evamento per /'approvvigionamento idrico de/l'acqua necessaria al/'attivita.

Al fine di determinare l’effettiva potenzialità delle acque sotterranee del sito, un foro di sondaggio è stato attrezzato con un tubo piezometrico pilota, sul quale è stata eseguita una prova di portata a gradini.

I risultati ottenuti con la prova hanno permesso di verificare che la falda acquifera non ha la potenzialità sufficiente a soddisfare le esigenze dell’impianto, per cui l’approvvigionamento idrico dell’allevamento non verrà effettuato attraverso l’uso di acque sotterranee.

Matrice aria

precisare il numero di ventilatori presenti per ciascun capannone e il loro esatto posizionamento, dal momento che vi sono delle discordanze tra quanto dichiarato nello Studio di Impatto Ambientale, nella valutazione di Impatto atmosferico e nella Relazione di Impatto Acustico, aggiornando eventualmente la relativa documentazione.

Nei capannoni dell’allevamento convenzionale sono 14 in testata che emettono aria + 3 nell’altra testata che immettono aria all’interno.

Nei capannoni del biologico sono 12 in testata + 2 laterali; tutti emettono aria.

Le portate considerate, come da scheda tecnica del costruttore dei ventilatori, sono di 45.500 mc/h per ventilatore nel convenzionale e di 30.000 mc/h per ventilatore del biologico.

chiarire se i deflettori verranno installati su tutti i prospetti dei capannoni dove sono presenti i ventilatori o solo su una testala.

I deflettori saranno posizionati solo su una testata.

prevedere l'automonitoraggio olfattivo delle emissioni in atmosfera intorno allo stabilimento e presso i recettori sensibili con periodica e cadenza temporale da prevedersi in apposita proposta da presentarsi da parte della ditta, al fine di verificare l'efficacia e l'efficienza delle MTD applicate e de/ sistema gestionale adottato.

Si farà il monitoraggio degli odori 1 volta/anno applicando la metodica conforme a UNI EN 13.725:2004.

Verranno effettuate misure puntuali sopra e sotto vento, sia nel settore del biologico che in quello del convenzionale nelle seguenti posizioni:

Posizioni sopravento: sul confine dell’area, a 100 metri e 500m.

Posizioni sottovento: sul confine dell’area, a 100 metri e 500m.

Si prevede di effettuare n° 3 campionamenti nell’arco della giornata, in modo da comprendere il primo mattino, verso mezzogiorno e tardo pomeriggio.

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Rifiuti

chiarire la posizione delle aree di stoccaggio dei rifiuti che nel SIA vengono indicate come 019 - D 22 ma che nella planimetria Tav. 30 non risultano indicate.

Le aree di deposito sono ubicate nella Tav. AIA 3Di allegata.

inviare le macerie edili ad idoneo impianto autorizzato per il loro recupero/smaltimento da comunicarsi preventivamente al Comune di Jesi

Parte del compendio immobiliare costituente il fondo in località Cannuccia saranno oggetto di mantenimento nello stato attuale. Essi sono i fabbricati destinati alla custodia, amministrazione, manutenzione e guardiania, quali ad esempio la casa colonica ed annessi di diretta pertinenza distinti al foglio 98 con la p.lla 212. Le altre volumetrie ex abitative (entrambi i fabbricati colonici sono inabitabili) ed accessorie saranno oggetto di demolizione per quanto attiene la p.lla 211 del foglio 98 e di mantenimento nello stato attuale per la p.lla 116 del foglio 108.

In prevalenza si tratta di macerie edili costituite dalle strutture murarie che potranno essere portate ad impianti autorizzati o trattate in situ mediante impianto mobile di frantumazione e selezione ai fini del loro riutilizzo per sottofondi e massicicate.

Analogamente saranno ricollocati in sito i terreni di scavo in quanto dalle analisi chimiche eseguite risultano idonei al riutilizzo.

Altre tipologie di macerie saranno conferite a impianti autorizzati per il loro recupero/smaltimento.

La filiera della gestione delle macerie sarà comunicata preventivamente al comune di Jesi.

Terre e Rocce da scavo

presentare una relazione tecnica che evidenzi la provenienza del quantitativo stimato di materiale scavato pari a 71.000 m3 destinati alla gradonatura e degli altri 3.000 m3 di cui non si hanno indicazioni;

Il quantitativo di materiale gestito come terre e rocce da scavo ai sensi dell’art. 185 del D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii., deriva dallo scavo dei piani di fondazione dei 6 capannoni convenzionali e dei 10 capannoni bio, determinato dettagliatamente secondo le seguenti volumetrie:

Capannoni convenzionali nn. 1-4 28.650 m3

Capannoni convenzionali nn. 5-6 15.030 m3

Capannone bio n. 1 1.556 m3

Capannone bio n. 2 703 m3

Capannone bio n. 3 1.801 m3

Capannone bio n. 4 1.686 m3

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Capannone bio n. 5 3.130 m3

Capannone bio n. 6 1.093 m3

Capannone bio nn. 7-8 6.160 m3

Capannone bio nn. 9-10 7.725 m3

Per un totale complessivo di 67.534 m3

Il materiale verrà ricollocato nello stesso sito di produzione prevedendone l’utilizzo per la realizzazione delle gradonature dei 6 capannoni convenzionali e dei capannoni bio n. 1, 2, 4, 5, 7-8, 9-10. Il volume escavato, pari a 64.640 m3, verrà completamente riutilizzato mediante adeguata compattazione per la formazione dei gradoni.

La residua volumetria di terreno risultante dallo scavo delle fondazioni dei capannoni bio n. 3 e n. 6, pari a circa 2.900 m3 complessivi, essendo questi ubicati in un contesto topografico semipianeggiante, non necessitano di significative modifiche morfologiche. Pertanto le terre di scavo verranno utilizzate per la formazione dei parchetti competenti ai singoli capannoni.

Prevedendo uno stendimento medio di spessore pari a 50 cm, la superficie complessiva sulla quale verrà sistemato il terreno escavato sarà di circa 3650 m2 per il capannone bio 3 e di circa 2250 m2 per il capannone bio 6.

Gestione della Pollina

al fine di prevenire possibili problematiche odorigene, chiarire tutti i passaggi della movimentazione della pollina, indicando per ogni step se esiste la possibilità di contatto con l'esterno e di specificare quanti giorni servono per accumulare tutta la pollina ed allontanarla definitivamente dall'allevamento; in ogni caso, si chiede che sia vietato l'accatastamento sui piazzali all'esterno dei capannoni.

La rimozione della pollina dai capannoni viene fatta a secco spostandosi sempre dalla parte pulita alla sporca e con l’aiuto di attrezzature mobili. La rimozione della pollina viene realizzata mediante impiego di mezzi meccanici (trattrici munite di pala meccanica, anteriormente o posteriormente).

Essa viene convogliata e spinta verso le aperture del capannone formando man mano dei cumuli, i quali vengono poi rimossi mediante una pala meccanica caricatrice, che carica il materiale su un autocarro per il conferimento dello stesso all’esterno dell’allevamento.

Il caricamento dei camion è contestuale alle operazioni di rimozione evitando stoccaggi che determinerebbero di riprendere il materiale due volte, con aggravio dei costi. In base a quanto sopra non sono previsti stoccaggi di pollina all’esterno dei capannoni.

Il trasporto avverrà con autocarri provvisti di telo per evitare emissioni in atmosfera.

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Società Agricola Fileni Srl Unipersonale - Studio di Imp. Amb., AIA e Proc.to Connessi - Allevamento Cannucci - Integrazioni

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Amianto

In riferimento alla rimozione delle coperture contenenti amianto la Ditta dovrà presentare all'ASUR Marche Area Vasta n. 2 - Dipartimento di Prevenzione la notifica ai sensi dell'art. 250 del D. Lgs. n. 81/2008.

Il piano sarà presentato prima dell’inizio dei lavori, una volta individuata la ditta iscritta all’albo delle imprese che effettuano la bonifica dei beni contenenti amianto.

Si osserva inoltre che nel Piano di Monitoraggio ambientale la Ditta, tra i campionamenti e le analisi da effettuare, non ha indicate la possibilità di analizzare il tenore di sostanza secca della pollina: si ritiene opportuno che tale parametro vada monitorato annualmente ai fini di un esaustivo riscontro sulla corretta gestione dell'impianto. Si chiede infine che la ditta/gestore trasmetta il riepilogo annuale del piano di Monitoraggio e Controllo anche al Comune di Jesi.

Il piano di monitoraggio è stato integrato con l’analisi del tenore di Sostanza secca della pollina. Il riepilogo annuale del piano di Monitoraggio e Controllo sarà trasmesso anche al comune di Jesi.

In ogni caso, dovrà essere garantito il rispetto delle norme igienico-sanitarie ed evitato ogni rischio di inquinamento delle varie matrici ambientali nonché ogni inconveniente derivante da rumori ed odori; in particolare, dovranno essere rispettate tutte le eventuali prescrizioni riportate all'interno dei pareri espressi sul progetto dall'ARPAM e dell'ASUR Area Vasta n. 2 competenti che si intendono interamente recepiti da parte della scrivente amministrazione.

Il perseguimento degli obiettivi di gestione dell’allevamento avicolo compatibile con il sistema ambientale e sociale del contesto territoriale di riferimento rientra tra le finalità dell’azienda. Tale obiettivo è anche strettamente legato al rispetto delle norme sul Benessere animale.