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NOTIZIE DALLA MARIAPOLI PERMANENTE
REDAZIONE: LOPPIANO - 50064 INCISA VALDARNO (FI) - ANNO VI N. 5 - SETTEMBRE-OTTOBRE 1983 - BIMESTRALE
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO IV (70%)
Solidali con tutti
Si ha l'impressione a volte - e di ciò noi cristiani siamo spesso accusati - che, vivendo la nostra fede con coerenza e cioè in vista della Vita che verrà e in attesa della morte che le sarà porta, si conduca un'esistenza un po' disimpegnata dalla terra, dagli interessi di questo mondo, che significano molto spesso il bene dell'umanità.
La realtà è che, se si vive sempre nella profonda consapevolezza di non sapere "nè il giorno, nè l'ora", ci si concentra più facilmente nell'oggi che ci è dato, nell'affanno del giorno, nel presente che la Provvidenza ci offre da vivere. Ed in quello si accolgono e si vivono, con tutto il nostro essere, gioie e dolori, fatiche e risultati.
Ecco che in tale modo la vita di questa terra è veramente vissuta. Mentre, al contrario, senza la prospettiva che da qui prima o poi ce ne dobbiamo andare, si mena sovente un'esistenza superficiale, con sottofondo di illusioni, di sogni, di qualcosa a cui si tende sempre e che mai forse si realizzerà.
Questo vivere il presente inoltre non è che faccia dimenticare il futuro terreno o tarpi le ali nel far progetti per il bene nostro e degli altri: dei figli, della famiglia, della comunità in cui siamo inseriti, dell'umanità.
Questo vivere il presente non è nemmeno che. faccia obliare il passato col suo patrimonio di pensiero, di eroismi, di conquiste.
I cristiani infatti, se sono tali, non possono non aver in cuore l'amore verso tutti gli uomini. Questa è la loro natura, la loro prerogativa; sublimati a figli di Dio, possiedono l'amore per eccellenza, lo stesso amore che Cristo ha per il Padre: la carità.
Per essa i cristiani si sentono inseriti in tutta l'umanità come piccole pietre in un meraviglioso mosaico, in parte già composto in parte no.
Amano l'umanità di ieri come quella di oggi e quella di domani.
S'accostano a ciò che essa ha tramandato con il rispetto di chi sa d'avvicinare qualcuno e qualcosa che gli appartiene, con l'umiltà di chi è convinto di dover imparare, con la coscienza di doverlo trasmettere, arricchito dal proprio personale impegno, alle generazioni future.
Se poi, nel momento presente della loro vita, i cristiani capiscono che Dio vuole che essi pensino al domani, lo fanno con tutto l'impegno, non per sè stessi, ma per amore di chi verrà dopo - conosciuto o anonimo che sia.
Questo sentirsi uno con l'umanità passata, presente e futura, questo amare gli altri come sè, è per il cristiano la potente molla che lo rende atto e valido a costruire oggi e pianificare per il futuro una vita migliore.
Insomma è proprio la prospettiva dell'altra Vita e l'osservanza delle regole per arrivarvi - concentrate nel comando dell'amore verso tutti - che realizzano non solo cristiani perfetti, ma uomini autentici, come li desiderano l'epoca moderna e le istanze della società d'oggi, come soprattutto li vuole Dio in questo secolo.
Da: "L'essenziale di oggi" di Chiara Lubich
vita della Mariapoli
W ork-shop a Loppiano: cioè una grande "bottega di lavoro" artistico, messa su per un weekend
di fine giugno e aperta a circa quattrocento giovani o giovanissimi musicisti, mimi, cantautori, appassionati di spettacolo.
L'idea - ardita ma entusiasmante - era nata già da qualche tempo tra le quinte del Gen Verde e del Gen Rosso, i due complessi musicali internazionali della cittadella: perché non lanciare un appuntamento ai tanti amici incontrati negli spettacoli, e ritrovars'i per lavorare assieme?
Ma l'invito s'è esteso presto a tanti altri giovani, interessati al discorso. E Loppiano si è gremita, tra la sera del 23 giugno e il mattino successivo di gruppi - i più vari - di giovani 'artisti', non solo italiani, ma anche tedeschi, inglesi, spagnoli, austriaci, belgi, e addirittura israeliani, brasiliani, canadesi ...
Armati di sacco a pelo e di strumenti musicali, con tanto di scarpine da mimo, o con lo spartito sotto il braccio. Pronti per incominciare.
"Sarà l'occasione, in questi due giorni, per il Gen Rosso e per il Gen Verde di giocare a carte scoperte" annuncia Anna, solista del Gen Verde nell'aprire il workshop. E infatti è così. Si comincia con lo sfogliare assieme, in un diasfilm, le pagine della storia dei due complessi: diciassette anni densi di vita, di esperienze: dall'incontro personale di ognuno con un tipo di vita nuova, alla scelta di rischiare di più, di farsi le valigie e partire per raggiungere Loppiano, che negli anni '60, stava nascendo come cittadella e aveva bisogno di braccia che la edificassero; dalle prime canzoni-esperienze, nate alla sera nelle vecchie cascine, ai primi spettacoli, all'evoluzione artistica dei due complessi, alle loro tournees per il mondo. "Ma un punto fisso rimane lungo gli anni, ciò che ci sta maggiormente a cuore: che la nostra musica, rimanga alle sue origini, cioè a quell'idea che ci ha richiamati qui a Loppiano: realizzare un mondo unito, perché in sostanza la peculiarità, il lato più significativo del nostro fare spettacolo, che poi coincide col nostro stile di vita e che il pubblico percepisce nelle nostre serate, è questo ideale di unità vissuto fra noi fino alle ultime conseguenze e proposto come 'via' alla costruzione di un mondo nuovo".
Vivere per un mondo unito. Sembra un'utopia, e invece si può cominciare subito: in questo esperimento collettivo, che si farà di creare, danzare, suonare, mimare insieme. Ci si divide per gruppi di lavoro, e Loppiano si punteggia dei primi veri e propri workshops: l'orchestra, ai
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suoi posti di combattimento, bassisti da una parte, chitarristi classici, rock, in un'altra area, tastieristi, percussionisti, fiati ...
AI "Vivaio", un antico istituto ai piedi di Loppiano s'allestisce intanto il laboratorio di danza e mimo; negli studi del Gen Rosso e del Gen Verde, due seminari di suono e luci; mentre in altri locali si accampa il folto gruppo del coro e un nutrito pugno di cantautori.
Ma se diversi sono gli interessi e gli impegni, uguale è il clima che si comincia a respirare in ogni gruppo.
C'è una "legge", nascosta e impercettibile, che sembra regolare ogni équipe: è una spinta all'aiuto reciproco, all'ascolto e all'apertura di fronte alle idee degli altri, è lo sforzo di fare spazio all'altro, di provare a vivere davvero insieme un'esperienza di comunione di linguaggio e di espressione.
E cominciano a succedere tanti piccoli fatti: uno strumento di valore prestato senza pensarci troppo su, uno spartito condiviso nella lettura, un movimento di
Nelle foto: Alcuni giovani riuniti nei vari "gruppi di lavoro" mentre preparano quello che sarà' il festival conclusivo del work-shop.
danza accordato assieme, un testo di canzone confrontato... che sono - a guardar bene - anche grandi fatti, per quel tanto che riescono a rompere con l'abitudine all'isolamento e all'individualismo dell'artista, specie nel momento della creazione ..
Ma è un'altra creazione, forse, quella a cui tende questo workshop che - purenel pomeriggio di domenica si fa vera rappresentazione corale, festival, di quanto si è riusciti a comporre assieme nelle diverse "botteghe di lavoro". Eravamo sei o sette - racconta Enrico, 18 anni, prima di esibirsi - nel mio gruppo a fare una canzone, ero assolutamente convinto che non ne sarebbe venuto fuori niente! E invece ci siamo riusciti. t: una cosa pazzesca! Vuoi dire che non è impossibile lavorare insieme. Se dovessi dire a un mio amico cosa sono stati questi due giorni, direi che finalmente ho trovato un posto dove la gente si ai uta a vicenda, dove l'invidia è messa da parte, un
punto di partenza per migliorare il mondo che c'è attorno". "Tutta la nostra 'operazione' - si fa avanti un altro ragazzo -i momenti di caldo e le risate, i giri di basso, tutto ciò che c'è stato in questi due giorni mi ha scosso interiormente. Ho sempre sentito parlare di unità, di fratellanza ma non l'avevo mai toccata direttamente. Il mondo e la vita cominciano ad avere uno scopo per me ... "
Ed è l'esperienza più vera: perché sì, si è arrivati qui per la musica o per la danza, ma nella custodia del proprio strumento erano chiuse anche esigenze, speranze, delusioni, domande, difficili da eludere. E in questi due giorni in questo "stare insieme" per costruire, attraverso il lavoro artistico, un pezzetto di mondo unito, qualcosa ha cominciato a ribaltarsi e trovare risposta.
"All'inizio - si confida un giovane spagnolo - tutti parlavano italiano e ia non capivo, e allora stavo di più con gli altri spagnoli, ma poi. .. a poco a poco, il nostro linguaggio non era più linguistico è diventato un altro che per me è stato quello dell'amore. Questo workshop mi ha insegnafo, mi ha fatto spe�imentare la forza di un simile linguaggio, che si può
adoperare dovunque, con qualunque persona in ogni situazione". E un'altro ragazzo di 17 anni, tossicodipendente: "qui ho trovato l'amore fraterno, che non mi aspettavo più di trovare, perché nella mia città per esempio ognuno si fa gli affari suoi, anche se uno muore per la strada, non gli importa niente a nessuno; invece qua ho visto che c'è l'amore ... " "Me ne torno a casa - si apre una giovane cantautrice - con questa nuova idea che l'arte devo metterla a servizio dell'altro; e poi è vero, come dicevano ieri in sala, è proprio nel momento del dolore che più ti rendi conto che è lì la bellezza della vita: quando riesci come per incanto a trasformare il dolore in amore; è questo che voglio dare con l'arte".
Si è partiti così. Con questa grande voglia di continuare a costruire l'unità, spe-
rimentata durante il workshop: continuare così, domani, nel proprio ambiente, nella propria scuola di danza, al conservatorio, all'accademia d'arte ... Si è partiti cioè con la netta sensazione che quest'esperienza, vissuta insieme, era solo l'inizio di qualcosa: di un dialogo, di una collaborazione, di un lavoro a corpo, tutto da portare avanti.
E sarà certo uno scambio creativo: s'è già lanciata l'idea di un giornale che tenga collegati tutti i giovani interessati a una simile comunione artistica; da più parti s'è già parlato di fissare una data per un prossimo workshop, dove portare, magari, i primi frutti - tradotti in musica o in coreografia - di questo impegno comune che è tessere con la propria arte le fila di un mondo più unito.
E c'è un forte segno di speranza: una carica di vita, difficile a esprimersi a parole, in questo muoversi spontaneo di così tanti giovani, che si sono buttati a lavorare attorno alla propria comune passione per l'arte, con questo spirito d'unità. Una spinta vitale che potrà coinvolgere tanti.
a cura della redazione
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esperienza
Finalmente libera
Dia, 26 anni, olandese - una storia come quella di tanti giovani - ci racconta come è approdata alla sua nuova scelta di vita.
Sono nata 1'8 settembre, giorno in cui si festeggia la nascita di Maria e guardando indietro mi sembra
che è stata veramente lei a proteggermi nella vita. Sono la maggiore di sette figli; i miei genitori ci hanno dato un'educazione cristiana, non solo perché andavano alla Messa ogni domenica, ma sopratt�tto perché erano coerenti a questo loro Impegno di fede; in casa c'era un rapporto sereno fra noi e io vedevo che la nostra famiglia era anche aperta sul sociale.
Ho molti ricordi di un'infanzia tranquilla e felice. Tutto andava bene: ho frequentato il liceo senza difficoltà; nello sport - facevo nuoto - all'età di 16 anni ero la prima della città. Ho cominciato poi a studiare medicina in un grande centro urbano; volevo essere come gli altri giovani che avev? conosciuto lì: una stanza per conto miO, feste fuori casa fino alle sei della mattina, alcool, musica .. . I miei amici usavano la droga e, sotto l'effetto dell'hashish o del vino, si finiva per fare un po' di tutto ... : ad un certo punto, ad esempio, ho scope�to �h� per il mio ragazzo era normale divertirsI con le altre.
Forse dal di fuori la mia vita sembrava libera senza regole, ma dentro sentivo un se�so di vuoto, di delusione. Mi sentivo sempre più infelice, non avevo la pace, non ero libera di essere me stessa; solo a volte, entrando in chiesa sentivo che lì potevo essere quella che ero. . E questa crisi cresceva dentro di me giorno per giorno. Volevo .smette�e di studiare e ritornare a casa mia. Tanti non capivano il motivo: lo studio andava benissimo avevo tanti ·amici, cosa poteva mancar�i? Ma a me mancava l'essenziale, non capivo più il perché della vita e nessuno sapeva darmi una risposta.
A questo punto ho conosciut.o una ra� gazza che non era come gli altr!: .ml aiutava nello studio, non faceva distinzione fra le persone, vedeva dappertutto il positivo; la sua vita mi colpiva, mi trova� va bene con lei e volevo conoscerla di più. . . E: stato così che mi ha fatto Incontrare altre sue amiche che - ho saputo più tardi - facevano parte del Movimento dei Focolari. Quella sera mi raccontavano come cercavano di mettere l'amore alla base della loro vita e che volevano amare tutti. Ma non erano parole, come tante che avevo ascoltato. Era una "realtà" viva che potevo toccare con mano, quel rapporto tra loro così vero, autentico, quella misura d'amore che circolava fra tutte mai sperimentata prima, che. scaturiya dalle parole di Gesù: "AmatevI gli uni gli altri come lo ho amato voi ..... E allo stesso tempo, mi si presentava q�alcosa che potevo vivere anch'i�. Co�ì come ero. E questa straordinaria POSSIbilità" che, all'improvviso, mi sentivo tra
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le mani mi liberava da tutto, da me stessa, dai miei limiti, dai fallimenti, dalle angosce. Mi proiettava verso gli altri. Questa era la risposta che tanto cercavo: anch'io potevo amare e non più vivere per me stessa, ma per dare l'amore a tutto il mondo.
Il giorno dopo mi sono svegliata tutta "nuova ..... mi sono accorta che forse potevo fare qualcosa per quella signora anziana con cui dividevo la casa: salutarla ad esempio o aiutarla a fare le spese, mentre prima non la guardavo nemmeno. All'università ho cominciato a non aspettare più che qualcuno mi venisse incontro, ma attaccavo discorso io con chi era solo.
Certo non era sempre facile, qualche volta tornavo stanca dall'università e non sentivo in me la spinta di amare, ma insieme con le altre trovavo sempre la forza di ricominciare.
Mi sono buttata con tutto l'impegno.a vivere così, cercando di ribaltare la scala dei valori della mia vita mettendo DIo al primo posto, e concretame�te questo significava per me amare ?�nI persona che mi passava accanto. E plU a�davo avanti, più sentivo di aver trovato, di aver trovato quell'ideale per cui valeva la pena dare tutta la vita.
Perciò nel settembre scorso, finiti gli studi di medicina, sono venuta a Loppiano; ho sentito infatti che Gesù mi chiedeva di lasciare tutto per seguirlo.
DIA
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