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IMPORTANTE SOLTANTO GLI ASSOCIATI AGLI AMICI DELLA FONDAZIONE GIULIETTI POTRANNO RICEVERE LA RIVISTA La quota di iscrizione annuale è di 20,00 (50,00 «sostenitori»; 100,00 «fedelissimi della Fondazione Giulietti»); da versarsi sul C/C postale n. 70343140 intestato alla «Fondazione Giulietti» - Via dei Cairoli 16/C 50131 Firenze.m Civiltà della scrittura n. 18, aprile/giugno 2010 già «Rivista degli Stenografi» fondata a Firenze nel 1877 Organo trimestrale della Fondazione Francesco e Zaira Giulietti di cultura stenografica, calligrafica, grafica e linguistica Redazione ed Amministrazione Via dei Cairoli 16/C - 50131 Firenze Tel. 339.4262820 - Fax 055.5000042 www.fondazionegiulietti.it E-mail: [email protected] Direttore responsabile Paolo A. Paganini Direttore editoriale Nerio Neri Hanno collaborato a questo numero: Riccardo Bruni Renato Corsetti Indro Neri Sergio Sapetti Anna Maria Trombetti Stampa Pegaso s.n.c. - Firenze Copia non commerciabile C/C postale N. 70343140 Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 3604 del 22/7/1987 –––––––––––– Fondazione Francesco e Zaira Giulietti per lo studio, la promozione e la divulgazione delle scritture comuni e della stenografia Gabelsberger-Noe Riconosciuta con D.P.R. n. 310 del 19-1-1983 Sede legale Via dei Cairoli 16/C - 50131 Firenze Tel. e Fax 055.5000042 Codice fiscale 94010970484 Trib. Firenze Reg. P.G. n. 65 Consiglio di Amministrazione Presidente Prof. Paolo A. Paganini Presidente onorario Prof. Andrea Innocenzi Vice Presidente Dr. Gianluca Formichi Segretario Nerio Neri Consiglieri Prof. Andrea Innocenzi Prof. Giorgio Spellucci Dr. Federico Sposato Prof.ssa Anna Maria Trombetti Collegio Revisori Dr.ssa Cristina Dattoli Dr. Gianluca Borrani Dr. Enzo Rook SOMMARIO 1 Paolo A. Paganini Firenze celebra la lingua internazionale che nel 1910 Giulietti tenne a battesimo 4 Renato Corsetti L’Esperanto compie cent’anni ma non li dimostra e oggi corre anche sul web 9 Informazioni e notizie a cura di p.a.p. 13 Mondo stenografico e dintorni a cura di Anna Maria Trombetti 14 Paolo A. Paganini Fuori la lingua 15 Riccardo Bruni e Sergio Sapetti Lezioni di grafologia - parte tredicesima In anteprima nazionale un nuovo metodo rivoluzionario d’interpretare la scrittura 19 Paolo A. Paganini Come i registi hanno (ri)letto i classici in scena quest’anno 27 La didattica (ed altro) della stenografia in una lezione di Zucchermaglio ancor oggi attuale dopo mezzo secolo 31 L’angolo dei giochi 32 Indro Neri Navigando. Sito dolce sito La collaborazione è aperta a tutti. I manoscritti e le fotografie non si restituiscono in nessun caso. Gli articoli firmati riflettono le opinioni dei loro autori: non necessariamente queste coincido- no con le opinioni della Direzione. La Direzione si riserva di ap- portare eventuali tagli agli articoli ricevuti, per motivi di spazio. CIVILTÀ DELLA SCRIT Sostieni anche tu la «Fondazione Giulietti»

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IMPORTANTESOLTANTOGLI ASSOCIATIAGLIAMICI DELLAFONDAZIONEGIULIETTIPOTRANNO RICEVERE LARIVISTA

La quota diiscrizioneannuale è di € 20,00 (€ 50,00«sostenitori»;€ 100,00«fedelissimi dellaFondazioneGiulietti»);da versarsi sulC/C postalen. 70343140intestato alla«FondazioneGiulietti» - Viadei Cairoli 16/C50131 Firenze.m

Civiltà della scritturan. 18, aprile/giugno 2010

già «Rivista degli Stenografi»fondata a Firenze nel 1877Organo trimestrale della

Fondazione Francesco e Zaira Giuliettidi cultura stenografica, calligrafica,

grafica e linguisticaRedazione ed Amministrazione

Via dei Cairoli 16/C - 50131 FirenzeTel. 339.4262820 - Fax 055.5000042

www.fondazionegiulietti.itE-mail: [email protected]

Direttore responsabilePaolo A. PaganiniDirettore editoriale

Nerio NeriHanno collaborato a questo numero:

Riccardo BruniRenato Corsetti

Indro NeriSergio Sapetti

Anna Maria Trombetti

StampaPegaso s.n.c. - Firenze

Copia non commerciabileC/C postale N. 70343140

Autorizzazione del Tribunale di Firenzen. 3604 del 22/7/1987

––––––––––––Fondazione Francesco e Zaira Giulietti

per lo studio, la promozione e la divulgazionedelle scritture comuni e della stenografia

Gabelsberger-NoeRiconosciuta con D.P.R.

n. 310 del 19-1-1983Sede legale

Via dei Cairoli 16/C - 50131 FirenzeTel. e Fax 055.5000042

Codice fiscale 94010970484Trib. Firenze Reg. P.G. n. 65

Consiglio di AmministrazionePresidente Prof. Paolo A. Paganini

Presidente onorario Prof. Andrea InnocenziVice Presidente Dr. Gianluca Formichi

Segretario Nerio NeriConsiglieri

Prof. Andrea InnocenziProf. Giorgio SpellucciDr. Federico Sposato

Prof.ssa Anna Maria Trombetti

Collegio RevisoriDr.ssa Cristina DattoliDr. Gianluca Borrani

Dr. Enzo Rook

SOMMARIO

1Paolo A. PaganiniFirenze celebra

la lingua internazionaleche nel 1910

Giulietti tenne a battesimo

4Renato Corsetti

L’Esperanto compie cent’annima non li dimostra

e oggi corre anche sul web

9Informazioni e notizie

a cura di p.a.p.

13Mondo stenografico e dintornia cura di Anna Maria Trombetti

14Paolo A. Paganini

Fuori la lingua

15Riccardo Bruni e Sergio Sapetti

Lezioni di grafologia - parte tredicesimaIn anteprima nazionale

un nuovo metodo rivoluzionariod’interpretare la scrittura

19Paolo A. Paganini

Come i registi hanno (ri)lettoi classici in scena quest’anno

27La didattica (ed altro) dellastenografia in una lezione di

Zucchermaglio ancor oggi attualedopo mezzo secolo

31L’angolo dei giochi

32Indro NeriNavigando.

Sito dolce sito

La collaborazione è aperta a tutti. I manoscritti e le fotografienon si restituiscono in nessun caso. Gli articoli firmati riflettonole opinioni dei loro autori: non necessariamente queste coincido-no con le opinioni della Direzione. La Direzione si riserva di ap-portare eventuali tagli agli articoli ricevuti, per motivi di spazio.

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di PAOLOA. PAGANINI

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FrancescoGiulietti,convintoesperantista,in una cerimoniaufficiale negli anniCinquanta

L a Stenografia corsiva di Gabelsberger è, per definizione, la più semplice e fedeleespressione “grafica” del pensiero. Parafrasando questa definizione, si può, sen-

za particolari forzature, estendere anche all’Esperanto alcuni caratteri di consangui-neità, essendo, a sua volta, la più semplice e fedele espressione “linguistica” delpensiero. Si può dunque stabilire un gemellaggio ideale, tra Esperanto e Stenografia,anche per alcuni princìpi strutturali che hanno in comune, come il principio foneti-co1. Gli stessi i tempi storici sono pressoché uguali. Nella seconda metà dell’Otto-cento2, metteva profonde radici in Italia il sistema stenografico Gabelsberger-Noe,che in breve tempo estendeva la sua ge-niale autorevolezza corsiva su tutta laPenisola. E nasceva di lì a poco il sognodell’Esperanto3, geniale strumento dicomunicazione artificiale, lingua facile,lingua elementare, lingua internaziona-le, con un numero ridottissimo di regole,che in breve infiammò i cuori di neofitied appassionati, studenti e uomini dicultura, nell’ideale universale dellacomprensione e della fratellanza dei po-poli4.

Firenze celebrala lingua internazionaleche nel 1910Giulietti tenne a

battesimo

1 L’esperanto ha 28 lettere, che corrispondonosempre ai suoni che rappresentano, come il prin-cipio stenografico, che recita: ad ogni suono unsegno (v. anche nota 4).2 L’adattamento alla lingua italiana del sistematedesco di Francesco Saverio Gabelsberger(1789-1849) è dovuto all’opera geniale di EnricoNoe (1835-1914), che pubblicò la prima edizionedel Manuale, a Trieste, nel 1865. Giunto oggi allaXXV edizione, il Manuale del Noe è il Codiceufficiale della Scuola Gabelsberger-Noe.3 Il creatore dell’Esperanto è stato il medico, lin-guista e glottologo polacco Lejzer Zamenhof(1859-1917), che pubblicò la sua prima gramma-tica nel 1887.4 Gli aspetti salienti dell’esperanto sono:– una grammatica semplificata di sole 16 regole

senza eccezioni;– un solo articolo;– una sola coniugazine verbale, un solo verbo

ausiliare e una sola desinenza verbale pertempo (le varie persone del verbo si possonodistiguere dai pronomi personali;

– solo due casi: nominativo e accusativo;– un lessico proveniente in prevalenza dalle prin-

cipali lingue di ceppo latino e germanico;– una ortografia fonetica (a ciascuna lettera cor-

risponde un solo suono);– un sistema di prefissi e suffissi che permette di

formare decine di parole derivate da una solaradice.

(da «Esperanto: Dati e Fatti», a cura di F. Ame-rio, G. Bonvecchiato, G. C. Fighiera - FEI-Fondo Marelli - Milano 2002).

In quel periodo di grandi fervori e dientusiasmi tecnicistici (siamo nel fulgoredella seconda rivoluzione industriale),

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1904: Giulietti inizia l’attività diesperantista presso l’Istituto Stenogra-fico, dove aveva intrapreso lo studiodella lingua internazionale, grazie allaconoscenza di Alberto Dattari (chescrisse nel 1907 “Corso completo diesperanto”) e di Luigi Scarselli (entu-siasta assertore dell’idea esperantista,autore di “La marcia dell’esperantista).Insieme ad altri storici esperantisti,Francesco Giulietti fondò il Gruppoesperantista fiorentino, alla cui inaugu-razione, il 30 dicembre 1904, primadella conferenza ufficiale del prof. Tor-quato Berni, tenne il discorso prelimi-nare, con il quale non mancò di raffron-tare la stenografia e la lingua interna-zionale, due mezzi, come dicevamo al-l’inizio, che forniscono la comunica-zione rapida delle idee.

1905: Giulietti lancia un appello allesocietà stenografiche italiane perchéprendano in considerazione la diffusionee lo studio dell’esperanto

1907: Conquista la Medaglia d’Oroall’Esposizione stenografica internazio-nale di Szeged (Ungheria) dove presen-ta uno studio sull’applicazione del Ga-belsberger-Noe all’esperanto, esami-nando gli alfabeti di diversi sistemi distenografia esperanto (come mostriamocon una tavola in questa pagina), in par-ticolare, di Schneeberger e di Christof-fel, in rapporto col sistema italiano Ga-belsberger-Noe5.

1907: IV Congresso stenograficointernazionale della Scuola di Gabels-berger a Graz: presenta una Relazione

l’Esperanto non poteva non colpire la cu-riosità speculativa anche dei cultori dellastenografia, che di “sublimi ideali” qual-cosa s’intendevano.

Francesco Giulietti (1883-1978), genioprecoce dell’arte stenografica, ancora

agli esordi del suo luminoso percorso disuccessi, appena ventunenne (già presi-dente dell’Istituto Stenografico Toscanoe direttore della “Rivista degli Stenogra-fi”), nel 1910, appassionato esperantista,aprì ufficialmente le porte dell’IstitutoStenografico all’Esperanto, che ebbecosì una sua sede.

Le fasi del percorso esperantista diGiulietti (per molti lettori sarà una sor-presa avvicinarsi a questo nuovo aspettodel grande maestro della stenografia)sono tutte un crescendo di iniziative.

Ricordiamole in breve.

5 Lo studio di Francesco Giulietti fu consideratol’opera massima di combinazione della linguaesperanto con la stenografia Gab.-Noe. Magi-stralmente e artisticamente autografata da AlbertoSesti, venne dedicata all’Istituto StenograficoToscano. Una prefazione espone i criteri del lavo-ro di Giulietti, che si divide in tre parti (con moltetavole ed esemplari di scrittura). L’applicazione èfedele alla stenografia Gab.-Noe, pure attuandoalcune modificazioni teoriche ed espositive che siriscontreranno poi anche in altri studi stenograficidello stesso autore. L’appendice comprende unconfronto fra gli alfabeti di diversi sistemi di ste-nografia applicati all’esperanto, raffronti specialicoi sistemi di Federico Schneeberger (sistemaStolze-Schrey) e G. Christoffel (sistema Gabels-berger) e col sistema italiano Gabelsberger-Noe,nelle sue tre parti. Vi è aggiunto anche un proget-to di numerazione stenografica.

Una tavoladimostrativadei vari alfabetistenograficiapplicatiall’esperanto

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sull’applicabilità della stenografia diGabelsberger alla lingua esperanto.

1910: L’Istituto Stenografico Tosca-no, per volontà di Giulietti, diventa laprima sede della Federazione Esperanti-sta Italiana. Nello stesso anno viene ce-lebrato il Convegno degli Eperantisti Ita-liani in Firenze.

1957: XXII Congresso Intersteno diMilano, presenta una relazione su Steno-grafia e lingua ausiliaria internazionale.Ricorda, fra l’altro, in un articolo appar-so sulla “Rivista degli Stenografi” (apri-le, 1957), la figura dello stenografo Da-niele Marignoni (1846-1910), iniziatoredel movimento esperantista in Italia eautore, nel 1890, della prima grammaticadi esperanto in lingua italiana.

O ra, a cento anni di distanza, ricor-dando quella lontana data, il 1910,

la Commissione nazionale italiana del-l’organizzazione mondiale dell’Esperan-to in collaborazione con il Comune di Fi-renze e con il patrocinio della Commis-sione nazionale italiana per l’Unesco, haorganizzato a Firenze, il 20 marzo scorso,il Convegno celebrativo del centenariodella Federazione Esperantista Italiana.

Il convegno, svoltosi in Palazzo Vec-chio, nello storico Salone dei Duecento,vetusto di glorie e di ricordi, si è apertocon i saluti augurali di autorità e studio-si, compreso, fra i primi, l’intervento delpresidente della Fondazione Giulietti,che ha ricordato la figura e l’opera diFrancesco Giulietti. Ha quindi volutoconsegnare al Presidente della Federa-zione Esperantista Italiana, Renato Cor-setti, copia di alcuni documenti storici,conservati negli archivi della stessa Fon-dazione, a memoria del lavoro svolto findagli inizi del secolo scorso dal grandestenografo ed esperantista.

I lavori dell’intensa giornata di studi,relazioni e statistiche, vengono ricordatia parte, nella cronaca che lo stesso Presi-dente Corsetti ha scritto sia per il perio-dico “L’Esperanto” sia per la nostra rivi-sta. La cronaca è pubblicata anche inversione esperanto, per la curiosità deinostri lettori e come riconoscimento del-l’inesausta attività degli esperantisti ita-liani ed internazionali.

Un intervento di Giulietti in elogio dell’esperanto,in caratteri stenografici(“La penna volante” - Settembre/ottobre 1906)

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(*) Renato Corset-ti, linguista edesperantista roma-no, presidente dellaFederazione Espe-rantista Italiana,professore di Psico-pedagogia delle lin-gue e Comunicazio-ne all’Università diRoma, ha scrittovarie opere in espe-ranto e in italianosui temi dell’espe-ranto e del bilingui-smo infantile.

(*) Renato Corset-ti, lingvisto kajroma esperantisto,prezidanto de laItala Esperanto-Fe-deracio, profesoropri Psikopedagogiode lingvoj kaj ko-munikado en laUniversitato deRomo, verkis plu-rajn verkojn enEsperanto kaj en laitala pri la temoj deEsperanto kaj deinfana dulingveco.

L’Esperantocompie cent’anni igas centjara

ma non li dimostra sed gi ne sajnas tia

e oggi corre kaj nun gi vagas

anche sul web ankau en la reto

di RENATO CORSETTI (*)ell

Il 20 marzo scorso c’era aria di festanel solenne Salone dei Duecento in

Palazzo Vecchio a Firenze, celebre operadi Arnolfo di Cambio, che costruì nel1299 per assicurare ai magistrati un’ef-ficace protezione in quei tempi turbolentie, nel contempo, per celebrarne l’impor-tanza. Anche Dante Alighieri, allora,aveva votato in favore dello storico pa-lazzo e del magnifico Salone dei Due-cento, ma, a causa dell’esilio, non potèvederne la stupenda realizzazione.

Hanno potuto invece goderne la vi-sta i circa ottanta esperantisti provenien-ti dall’Italia centrale, in particolare dal-la Toscana, ma anche da Milano, da Pa-dova, dall’Emilia, dalla Liguria, chehanno partecipato ai lavori della matti-nata per festeggiare i 100 anni della Fe-derazione Esperantista Italiana, con ilpatrocinio dell’Unesco.

Eugenio Giani, presidente del Con-siglio Comunale, ha fatto gli onori dicasa, salutando i convenuti e ricordandole ragioni ideali dell’Esperanto e le ma-nifestazioni organizzate a Firenze negliultimi anni: il Congresso Mondiale del2006 e il Convegno sui diritti linguisticidel 2008. Giani ha anche promesso diimpegnarsi per dedicare altri riconosci-menti all’esperanto a Firenze, come peresempio una strada o una piazza, in ana-logia alla Piazza delle Lingue d’Europainaugurata davanti all’Accademia dellaCrusca. Quindi il ruolo di Firenze perl’italiano, per le lingue d’Europa e perl’Esperanto dovrebbe ottenere ulterioriconferme e riconoscimenti. È stata insua presenza anche scoperta una copia

L a 20-an de marto jus pasintan estisfesta etoso en la solena Salono de la

Ducent en Palazzo Vecchio en Florenco.Gi estas fama konstru-verko de Arnolfodi Cambio, kiu konstruis gin en la jaro1299-a por doni al la urba estraro efikanprotekton en tiuj malpacaj tempoj kajsamtempe por celebri ties gravecon.Ankau Dante Alighieri, tiam, vocdonisfavore al la konstruado de tiu historia pa-laco kaj de la mirinda Salono de la Du-cent, sed pro la ekzilo li ne povis vidi laspektindan realigon.

Povis, anstataue, gui ties vidon laproksimume okdek esperantistoj venin-taj el centra Italujo, tute aparte el Toska-no, sed ankau el Milano, el Padovo, elEmiljo, el Ligurio, kiuj partoprenis la la-borojn de tiu mateno por festi la 100 ja-rojn de Itala Esperanto-Federacio, sub lapatroneco de Unesko.

Eugenio Giani, prezidanto de laurba konsilantaro, rolis kiel gastiganto,kaj salutis la kunvenintojn, memorigantepri la idealaj bazoj de Esperanto kaj prila manifestacioj organizitaj en Florencoen la lastaj jaroj: la Universala Kongresoen la jaro 2006-a kaj la Kunveno pri laLingvaj Rajtoj en 2008. Giani ankau pro-mesis klopodi por dedici pli da rekonojal Esperanto en Florenco, kiel ekzemplestrato, placo analogie al la Placo de laLingvoj de Europo (Piazza delle Lingued’Europa) inaugurita antau la Akademiode la itala lingvo (Crusca). Do, la rolo deFlorenco por la itala, por la europaj ling-voj kaj por Esperanto devus ricevi pliajnrekonojn kaj konfirmojn. Dum lia ceestoestis malkovrita kopio de la memor-tabu-

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Qui sopra:Una lezione dimostrativa dell’Esperanto.

In alto a destra:Lejzer Zamenhof (1859-1917), il glottologopolacco, creatore dell’Esperanto (1887).

Qui a lato:Una simpatica locandina dellaGioventù Esperantista Italiana.

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della lapide che verrà apposta sul palaz-zo che ospitò la prima sede della FEI,non appena saranno completate le varieautorizzazioni.

Saluti sono stati portati anche dal pre-sidente del Centro Unesco di Firenze, dot-toressa Stringa, e dal presidente della Fon-dazione “Giulietti”, professor Paganini.

Francesco Giulietti, grande steno-grafo e grande esperantista, fu all’origi-ne della fondazione della FEI a Firenze,in quanto offrì la sede presso l’IstitutoStenografico Toscano, di cui era presi-dente.

Con Giulietti, ho voluto a mia voltaricordare brevemente la storia del movi-mento esperantista italiano, sottolinean-do le particolari capacità di adattamen-to degli esperantisti nell’adeguarsi allemutate vicende politiche nel corso dellastoria. Questa capacità ci ha portati adessere un movimento giovane, dinamicoe presente su Internet, il che fa ben spe-rare per il progresso dell’Esperanto nel-l’affrontare i secondi 100 anni della FEI.

lo, kiu estos fiksita ce la vando de la pa-laco, kiu gastigis la unuan sidejon deIEF, tuj kiam oni estos ricevinta la nece-sajn permesojn.

Salutis ankau la prezidanto de laUnesko-Centro de Florenco, doktorinoStringa, kaj la prezidanto de la Fondajo“Giulietti”, profesoro Paganini.

Francesco Giulietti, granda stenogra-fiisto kaj granda esperantisto estis unu ella kauzoj de la fondo de IEF en Floren-co, car li ofertis la sidejon ce la ToskanaStenografia Instituto, kies prezidanto liestis.

Kune kun Giulietti, miavice mi volismemorigi mallonge la historion de laEspernato-movado en Italujo, kaj misubstrekis la apartajn adapto-kapablojnde esperantistoj por lauiri la sangigintajnpolitikajn situaciojn dum la historio. Citiuj kapabloj portis nin esti movado juna,dinamisma kaj ceesta en la reto. Tio igasnin esperi kun fido je la progreso deEsperanto, nun kiam ni ekatakas la duajn100 jarojn de IEF.

Il tavolo deirelatori.In primo pianoRenato Corsetti,presidente dellaFederazioneEsperantistaitaliana.

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Leonardo Pampaloni, presidente del-l’Associazione Esperantista Fiorentina,ha poi rapidamente ripercorso i rapportifra l’Esperanto e la città toscana, soffer-mandosi sulle figure di alcuni pionieri,come, tra gli altri, Francesco Giulietti,come Bruno Migliorini, linguista, espe-rantista e presidente dell’Accademia del-la Crusca. (Pampaloni ha tra l’altro cita-to una gustosa affermazione di Migliori-ni, a difesa dell’esperanto: “Tutte le lin-gue sono un po’ artificiali. Le lingue arti-ficiali lo sono solo un po’di più!”).

Sono stati quindi seguiti con grandeattenzione gli interventi dei relatori inprogramma.

Massimo Rizzardini, dell’Universitàdi Milano, ha parlato sui vari aspettidella vita culturale all’alba del Nove-cento. Razionalità e fiducia nella scienzae nel futuro convivevano con pulsionispirituali di altro tipo, come l’interesseper la teosofia ed altri movimenti artisti-ci, culturali, spirituali.

Federico Gobbo, dell’Università del-l’Insubria, e Paolo Valore, dell’Univer-sità di Milano, hanno parlato di interlin-guistica e di un progetto in atto nell’Uni-versità lombarda. Si tratta della pubbli-

Leonardo Pampaloni, prezidantode la Florenca Esperanto-Asocio, posterapide iris tra la rilatoj inter Esperantokaj la urbo Florenco, emfazante la figu-rojn de kelkaj pioniroj kiel, interalie,Francesco Giulietti, kiel Bruno Migliori-ni, lingvisto, esperantisto kaj prezidantode la Akadmeio de la itala lingvo (Cru-sca). (Pampaloni interalie citis gustople-nan aserton de Migliorini, defende deEsperanto: “Ciuj lingvoj estas iom arte-faritaj. La artefaritaj lingvoj estas iom plitiaj!”).

Estis poste tre atente auskultitajla prelegoj de la programitaj refe-rantoj.

Massimo Rizzardini, de la Univer-sitato de Milano, parolis pri la plurajaspektoj de la kultura vivo je la komencode la deknaua jarcento. Racieco kaj fidoje la scienco kaj je la estonteco kunviviskun alispecaj spiritaj pusoj, kiel interesi-go pri teozofio kaj pri aliaj movadoj arti-smaj, kulturaj, spiritaj.

Federico Gobbo, de la Universitatode Insubria, kaj Paolo Valore, de la Uni-versitato de Milano, parolis pri interling-vistiko kaj pri projekto nun plenumata enla lombardia Universitato. Temas pri la

LeonardoPampaloni,presidente degliesperantistifiorentini.

DanieleMarignoni(1846-1910),autore dellaprimagrammaticaitaliana diesperanto.

A lato:Il frontespizio delManuale (1890)di Marignoni.

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cazione di una rivista in rete, “Interling-vistikaj Kajeroj”, nella quale l’esperan-to ha il ruolo di lingua ponte, di linguadi collegamento con gli articoli nelle lin-gue nazionali, che la rivista pubblica. Larivista è scaricabile gratuitamente dallarete.

Nicola Minnaja, del Comitato Allar-me Lingua, ha illustrato i risultati di unaindagine svolta nelle scuole medie sulleparole straniere nel linguaggio dei gio-vani, con risultati di grande interesseper la conoscenza degli attuali modiespressivi nell’età scolare.

Alla Kudryashova, rappresentantedella Gioventù Esperantista Italiana (as-sociazione culturale che ha il fine di di-vulgare la lingua universale tra i giova-ni), ha sottolineato come l’Esperantocontribuisca alla formazione di una cul-tura internazionale di nuovo tipo, fonda-ta su valori positivi, come l’accoglienza,il rispetto, la convivenza pacifica, l’ar-ricchimento reciproco. I giovani attivistiitaliani dell’organizzazione ne offronoprova continua in riunioni e convegni in-ternazionali.

Nell’occasione del Convegno e incollaborazione con le Poste Italiane èstato predisposto anche uno speciale an-nullo filatelico dedicato all’Esperanto.

aperigo de reta revuo, “InterlingvistikajKajeroj”, en kiu Esperanto havas pontanrolon, ligan rolon rilate al la artikoloj ennaciaj lingvoj, kiujn la revuo aperigas.La revuon oni povas elsuti senpage el lareto.

Nicola Minnaja, de la Komitato“Allarme Lingua”, prezentis la rezultojnde esploro farita en la mezgradaj ler-nenjoj pri la fremdaj vortoj en la lingvouzata de gejunuloj, kun tre interesaj re-zultoj rilate al la kono de la nuntempajesprimmanieroj dum la lerneja ago.

Alla Kudryashova, reprezentantinode la Itala Esperanto-Junularo (kulturaasocio, kies celo estas disvastigo de launiversala lingvo inter la junularo), sub-strekis kiel Esperanto kontribuas al laformigo de internacia kulturo novspeca,kiu bazigas sur pozitivaj valoroj, kiel laakcepto, la respekto, la paca kunlogado,la reciproka ricigo. La junaj italaj aktivu-loj de ci tiu asocio prezentas dauran pru-von pri tio en kunvenoj kaj aliaj interna-ciaj renkontigoj.

Okaze de la kunveno kaj kunlaborekun la italaj postaj servoj oni pretigisankau postan filatelian stampon dedici-tan al Esperanto.

OFFERTA SPECIALE AI SOCILa Fondazione Giulietti mette a disposizione dei let-

tori i seguenti libri donati dai rispettivi editori:

– Francesco GiuliettiStoria delle scritture veloci (1968)

– Ugo ZucchermaglioDidattica della stenografia (1960)

– Guglielmo Di GiovanniAbbreviazioni Professionali libere G/N (1969)

– Enrico NoeManuale di stenografia G/N25ª edizione (1994)

– Atti del Congresso Intersteno - Roma 2004– Volume ricordo del prof. Francesco Giulietti (1979)– 1895-1995 Centenario della nascita

di Giuseppe Aliprandi

I volumi non sono commerciabili ma possono essererichiesti alla Fondazione telefonando al n. 339.4262820,fax 055.5000042.

Copia della lapide che sarà appostasul palazzo fiorentino che ospitò la prima sededella Federazione Esperantista

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informazioni Dopo il boom di iPad

anche una versione mini?

L a Apple non si ferma mai. Non con-tenta del grande successo di vendite fattosegnare nei primi giorni di diffusionedall’iPad, la casa di Cupertino starebbegià lavorando al suo successore: l’iPadnano. L’indiscrezione è stata diffusa dal-l’analista della “Digitimes Research”,Mingchi Kuo, che ha anche avanzato giàun probabile periodo di lancio del miniiPad: il primo trimestre del 2011. Kuo,citando fonti tra i produttori di compo-nenti, ha dichiarato che i mini iPad an-drebbero a posizionarsi nel mercato deidispositivi ultra-portatili, ad un prezzoinferiore ai 400 dollari. La versione minidel neo-nato tablet della Apple avrebbedimensioni fra i 5 e i 7 pollici contro i9,7 dell’attuale versione. Il nuovo pro-getto sarebbe rivolto alla fetta di mercatodi coloro che danno precedenza alla frui-zione di contenuti (audio, video o libri)in mobilità, piuttosto che alla produzionedi testi o documenti, che, viste le dimen-sioni ridotte, diventerebbero difficoltosi.

Anche la Spagna ha chiusocon la vecchia TV analogica

L a Spagna ha spento definitivamente ilsegnale analogico ed è passata al digitaleterrestre. Lo switch off totale è avvenutolo scorso Venerdì Santo. Secondo il mi-nistero spagnolo, il 93% della popolazio-ne è pronta per ricevere il nuovo segnale,ma rimane ancora una piccola percentua-le che è sprovvista del decodificatore. Danoi lo switch-off si dovrebbe completaresolo alle fine del 2012, nonostante si siaspesso parlato di anticipi sul calendario.Quello del passaggio al digitale è un pro-cesso che interessa tutto il Vecchio Con-tinente, tanto che lo spegnimento defini-tivo del segnale analogico è previsto, pertutti i Paesi europei, nella data del 31 di-cembre del 2012 (fatta eccezione per ilRegno Unito).

Un corso di laureaper “fiutare” le catastrofi

Un corso di laurea per formare “gior-nalisti tecnologici”. Il nuovo percorso distudi sarà attivato dalla Columbia Uni-

versity a partire dal 2011, con l’obiettivodi formare professionisti in grado di co-niugare la redazione di articoli di giorna-le e lo sfruttamento delle nuove tecnolo-gie. Il programma di studi sarà interdi-sciplinare e prevede due semestri pressola Scuola di Giornalismo della Columbiae tre alla Scuola di Ingegneria e ScienzeApplicate, sempre dell’universitànewyorkese. Tra i moduli di studio:“giornalismo automatizzato” (si cerceràdi individuare attività di routine per libe-rare tempo utile all’approfondimento,alle interviste e alla scrittura); un corsodi “analisi approfondita dei dati” (volto ascovare informazioni sepolte in rete e neidatabase); un corso per una nuova “ar-chitettura” di trasferimento notizie; e unaltro per insegnare a “fiutare” notiziecome epidemie e catastrofi a volte tenutevolutamente basse.

Un severo giudiziosui giornalisti italiani

«Gli italiani sono esteti. E i giornalistiitaliani, essendo italiani, tendono quindia scrivere non tanto da giornalisti quantoda scrittori. Penso per esempio agli “at-tacchi” fantasiosi, il cosiddetto “cappel-lo”. Per carità, ci vogliono: rendono piùpiacevole la lettura. Ma poi dovrebberoessere seguiti da quelli che sono i cardinidi un’informazione rigorosa. Voi, invece,la prima regola aurea, quella delle cinquedoppie W – who, what, why, when, where(chi, che cosa, perché, quando, dove) –,la ignorate sempre. Se uno legge un arti-colo che racconta gli sviluppi di un fattoavvenuto due giorni prima, rischia di noncapire nulla. O si procura il giornale delgiorno precedente o non riesce quasi maia ricostruire qual è stato l’evento origina-rio. Voi, poi, privilegiate la battuta. E nonriuscite a fare a meno del commento, an-che nello scrivere una “breve” di cronacanera. Ultimamente usate anche molti ter-mini anglossassoni, che non tutti in Italiacapiscono e che il giornalista si guardabene dal tradurre: il tutto solo per far ve-dere che si è bravi”. (Da un’intervista di AmericaOggi –11 aprile2010 – a Enrico Morresi, già giornalista e redat-tore capo al “Corriere del Ticino” di Lugano e,dal 1999, presidente della Fondazione del Consi-glio svizzero della stampa, l’organismo di autodi-sciplina della categoria).

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Le biblioteche italianeaprono le porte a Google

Dante, Ariosto, Tasso. Ma anche i capo-lavori della letteratura scientifica del Sei eSettecento e i testi popolari del Risorgi-mento, dall’Ettore Fieramosca alla Bea-trice Cenci, dalle Mie Prigioni fino all’in-dimenticabile Cuore. Le biblioteche na-zionali italiane aprono le porte a GoogleBooks con un accordo – il primo firmatoda un governo con il colosso americanodel web – che porterà in rete, a costo zeroper il Ministero della Cultura italiano, unmilione di volumi non protetti dal dirittod’autore. La trattativa, andata avanti pernove mesi pare non sia stata facile. Il ri-sultato è che Google, oltre ad impegnarsia mettere in rete gratis le opere, si accol-lerà tutte le spese e non avrà l’esclusiva. Itesti digitalizzati si potranno leggere suGoogle Books ma anche direttamente suisiti on line delle biblioteche italiane. Civorranno almeno due anni per scegliere ecatalogare i volumi (cosa che faranno lestesse biblioteche), cominciando dalle Bi-blioteche di Roma e di Firenze

Isoradio si rinnova ed oratrasmette senza interruzioni

I l canale di informazione di Isoradio103.3 (servizio radiofonico di pubblicautilità lungo la rete autostradale italiana)non solo si rinnova, ma ha incominciatodai primi di aprile a trasmettere notte egiorno. In accordo con il Ministero deiTrasporti, per la fascia notturna ci sarannonotiziari ogni 30 minuti. Il palinsesto si èarricchito di nuovi programmi e protago-nisti nell’arco della giornata: “Autoradio -dalle notizie sul viaggio al viaggio sullenotizie” di Amedeo Martorelli, “L’Edico-la”, “Falcetti on the road - per favore nonsuonatemi sul collo” di Emanuela Falcet-ti, “I graffi di Beha” di Oliviero Beha,“Spiderman” di Gioele Dix, “Controma-no” di Omar Pedrini, “Isoradio non percaso”, “Strade di carta” di Lorenzo Fo-schini e “Sms - Stiamo Meglio Svegli” diMarcello Veneziani. “Gli obiettivi di Iso-radio – ha spiegato Antonio Marano, vicedirettore generale della Rai – sono rag-giungere il target giovanile, conosceremeglio il territorio e tenere conto del cam-biamento tecnologico”.

Errata corrige A Leonardo quel che è di LeonardoMi scuso per una svista nel pezzo dedicato al ricordo diFlaviano Rodriguez, pubblicato nell’ultimo numero dellanostra Rivista. Il nostro Direttore, appresa da me telefo-nicamente la triste notizia, mi pregava di redigerlo inpoco tempo in quanto lui provvedeva a bloccare il nume-ro che stava andando in stampa ed a riservargli spazio.Nella fretta, il giorno dopo dovevo partire per presenzia-re alle esequie ed eravamo già in serata, ho citato a me-moria la frase conclusiva, attribuendola a padre Dante.Invece in questi giorni mi sono accorto che il pensiero èdi Leonardo da Vinci. Chiedo scusa a lui ed a tutti voi,con ancora un ringraziamento al prof. Paganini per lasua squisita disponibilità. (Gian Paolo Trivulzio)

HIROSHIMA 2010Ricordare sessantacinque anni dopo...

In un angolo del Giapponeche sapeva d’anticoviveva Akiko.La sua storia,che mi è rimasta nella memoria,nacque il 5 agosto 1945nel momento in cui Akiko morì.Una storia figlia di tante peneche le guerre insistono a portaresulle scene.Akiko Osato, quel dì,chiese un’arancia alla mamma,sperando in un sì.Ma, con un certo indugio,le fu negata essendo la fruttafra la scorta di cibo da portare in rifugio,nella probabilità di un’incursione.Questo poco prima. Di lì a poco la bomba atomicacancellò Hiroshima.La bimba morìfra le braccia della madre,che riuscì a sopravvivere.Per il rimorso di quel frutto,negato alla figlia,sul piccolo altare buddhistaaccanto al suo letto,giornalmente e ben in vista,c’era un cestino d’arancecome offerta imperituraper l’anima della figliola.Possiamo pensare che sempre ci siaquel cestino d’aranceper la piccola Akikoin quell’angolo del Giapponeche non sa più d’antico…

Il nostrocollaboratoreFerruccioAnnibale,sempre attentoai problemilinguistici,questa volta havoluto ricordareliricamente untragicoavvenimentostorico.Ecco il suocomponimento.

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Chiarismo in mostra a Milanocon 110 opere di De Rocchi

Si inaugura a Milano, a Palazzo Reale(16 giugno - 5 settembre) la mostra IL

CHIARISMO. OMAGGIO A DE ROCCHI Luce ecolore nella Milano degli anni trenta,promossa dal Comune di Milano e curatada Elena Pontiggia. La mostra, che com-prende centodieci opere, si divide in dueparti: la prima esamina il chiarismo; laseconda un protagonista del movimento,Francesco De Rocchi (Saronno 1902 -Milano 1978) ed è la più grande antologi-ca mai dedicata all’artista. Il terminechiarismo, coniato nel 1935 da Borgese,si riferisce a una pittura dai colori chiari edal segno leggero e intriso di luce, che ol-trepassa il chiaroscuro del Novecento innome di un colore carico di sentimento edi inquietudine. La loro è un’arte neo-ro-mantica che subentra a quella neo-classi-ca del decennio precedente. FrancescoDe Rocchi, in particolare, nei primi annitrenta dipinge opere tra le più poetichedel periodo, impostate su tonalità rosa,ocra dorato e avorio che guardano a Mo-digliani, ma anche a Simone Martini,

Luini, Gaudenzio Ferrari. Coi suoi coloridell’aurora, come vennero chiamati, creaun mondo di figure umili e stupefatte: an-geli adolescenti, castellane, bambini,contadini, ispirati a quanto vede nel pic-colo borgo di Cislago dove viveva.

Sportello USNENpubblicazioni disponibili

L’Unione stenografica napoletana ci hamandato l’elenco delle pubblicazioni di-sponibili, con i relativi prezzi di coperti-na. Si ampliano così le occasioni di repe-rire grammatiche e antologie, che moltistudenti e appassionati ormai non trova-no più nelle librerie, essendo venutemeno la stampa e la vendita dopo la bar-bara soppressione da parte dello Stato.Ecco dunque nel nostro “Sportello deiLettori” le pubblicazioni in questione, darichiedersi a USNEN, Piazza Cavour 9,80137 Napoli (tel. e fax 081.455313).

1 - Giuseppe Quitadamo – Elementi edesercizi di stenografia italiana Ga-belsberger-Noe - XXXVI edizione –euro 20.

2 - Giuseppe Quitadamo – L’abbrevia-zione logica nella stenografia italia-na G-N – XIII edizione – euro 15.

3 - Giuseppe Quitadamo – Verso la meta– antologia stenografica (I e II partedel sistema G-N) – XIX edizione –euro 20.

4 - Giuseppe Quitadamo – La meta – an-tologia stenografica (III parte del si-stema G-N) – VIII edizione – euro 15.

5 - Angelo M. Quitadamo – Antologiastenografica - sistema G-N – IV edi-zione – euro 15.

6 - Angelo M. Quitadamo – Sigle ed ab-breviature del sistema stenograficoG-N – euro 5.

7 - Angelo M. e Giuseppe Quitadamo –Elementi ed esercizi di stenografiainglese sistema G-N – euro 12.

8 - La lettura stenografica (periodicofondato nel 1922) – annate arretrate(chiedere disponibilità) – ciascunaeuro 12.

9 – Rassegna di studi stenografici - fon-data nel 1964 – annate arretrate(chiedere disponibilità) – ciascunaeuro 12.

FrancescoDe RocchiFigura delconcerto,1931olio su tela,cm 99×72

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Quando l’Esperanto era all’ombra del Vesuvio

Napoli ha sempre dato un singolarecontributo alla storia e allo sviluppo del-la stenografia. Non solo. Le arti, la cultu-ra, la letteratura, il teatro, la filosofiahanno sempre ricevuto un peculiare im-pulso dallo straordinario spirito del po-polo napoletano. Non c’è quindi da stu-pirsi se anche l’Esperanto ha avuto unparticolare fervore all’ombra del Vesu-vio. Tanto che nel 1929, vista la sua dif-fusione, venne istituita a Napoli, pressol’USNEN, l’Associazione NazionaleStenografi Esperantisti, con lo scopo didiffondere la Stenografia fra gli esperan-tisti e l’Esperanto fra gli stenografi.

Sono scomparsi

A Latina è deceduta il 4 aprile scorsoAnna Pagano vedova Forenza, a pochimesi dal compimento del secolo di vita.Sorella di Ludovico Pagano, maestra,pianista, abilitata all’insegnamento del-la Stenografia, aveva ricoperto il ruolodi insegnante elementare fino al 1962,per proseguire come docente di Steno-grafia nel Centro di Addestramento Pro-fessionale “Scuola e vita” fino al 1975.

La Fondazione Giulietti festeggerà in ottobreil proprio trentennale

La Fondazione «Francesco e Zaira Giulietti» organizzaa Firenze per il prossimo ottobre una riunione convivialeper festeggiare i propri trent’anni di vita. Il programmasarà articolato, in linea di massima, come segue. In matti-nata il presidente della Fondazione e i rappresentantidelle varie istituzioni italiane e fiorentine ricorderanno lapersonalità di Francesco Giulietti, stenografo, storicodelle scritture veloci, saggista, autore di grammatiche edi testi fondamentali, tratteggiando, peraltro, la figuradella moglie Zaira, dolce compagna ed esemplare pre-senza di attaccamento e sostegno muliebre per tutta lavita. Seguirà, quindi, un banchetto ufficiale, con una suc-cessiva tavola rotonda sui molteplici problemi relativiall’organizzazione e al rilancio della scuola stenograficaitaliana, perché non venga disperso un secolare patrimo-nio culturale e professionale. Per il programma dettaglia-to (non ancora definito) si rimanda al sito della Fondazio-ne www.fondazionegiulietti.it, dove, da settembre, saran-no pubblicate tutte le informazioni della manifestazione.

Autrice e collaboratrice di testi steno-grafici, consigliere della Società Steno-grafica Partenopea, componente del Co-mitato nazionale del sistema, iscritta nelLibro d’Oro della Stenografia ItalianaGabelsberger-Noe. Lascia due figli, Au-gusto e Gianni, ai quali va il nostro cor-doglio.

• Renato Tuccillo, deceduto il 14 mag-gio 2010 all’età di 81 anni, nota figuradel laicato cattolico, docente di Storia eFilosofia. Direttore generale delle atti-vità dell’Istituto delle Piccole Ancelle diCristo Re, diede vita a numerosi progettidi formazione e assistenza sia ai giovanisia agli anziani e agli ammalati. Ha col-laborato con l’Unione Stenografica Na-poletana Enrico Noe, che l’aveva nomi-nato Socio onorario. Lascia cinque figli,tutti professionisti. Alla moglie Luisa ealla famiglia il nostro cordoglio.

Nozze Cerini-Zhang

Il nostro giovane e stimato collaborato-re, dottor Marco Cerini, stenografo, sino-logo e interprete professionista in più am-biti linguistici, impegnato nelle attività divari enti stenografici italiani, si è unito inmatrimonio il 25 maggio u. s. a Pechinocon la dottoressa Zhang Lù, laureata ingermanistica e, anch’essa, plurilingue.Agli Sposi, che risiederanno in Italia, gliauguri e le felicitazioni della nostra reda-zione, dell’ASMI, dell’Intersteno, del-l’EUSI e di “Scripturae Munus”.

Le incredibili capacitàdel cervello del gatto

Un gruppo di ricercatori dell’Univer-sità del Michigan sta elaborando un nuo-vo tipo di microchip sulla base del cer-vello del gatto, che elaborerebbe le infor-mazioni con una tale velocità da superarequalsiasi supercomputer. Ebbene, la cosanon mi ha colpito più di tanto perché loavevo già constatato. Quando avevo ilmio gatto Tigre, un magnifico esemplaredi persiano, mi precedeva sempre in tuttoquanto stessi per fare. Una per tutte: lasera, quando a qualsiasi ora me ne fossiandato a letto, mi anticipava di qualchesecondo facendosi trovare accovacciatosulla testiera!… ( f. a.)

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ico Stenografia: prezioso strumento

in un corso di animazione teatrale

Presso l’Università di Roma-Tre, Fa-coltà di Scienze della Comunicazione, èin svolgimento un Corso di “Teatrod’Animazione” a cura della Prof.ssaGiovanna Pini, già assistente di GiorgioAlbertazzi ed erede della Cattedra cheegli istituì e mantenne fino a qualcheanno fa in codesto Ateneo. Testi, inter-venti, recitazioni, scenografie e tutti gliulteriori elementi rientranti nell’attivitàdrammaturgica che caratterizza questociclo di trenta lezioni frequentate da nu-merosi studenti, vengono stenografica-mente ripresi (dalla curatrice di questarubrica) per consentire alla docente delCorso di ricavarne un testo didattico pergli allievi. Il mezzo stenografico, infatti,che rappresenta il nerbo di questa docu-mentazione finalizzata ad inglobare unapluridimensionalità di espressioni (nonsolo quelle colte acusticamente, ma tut-ta l’imprevedibile, amplissima gammagestuale della comunicazione visiva),ha dovuto “dilatarsi” all’inverosimileper tradurre in segni grafici l’estempo-raneità dei sentimenti e delle emozioni,proveniente sia dai recitativi improvvi-sati degli “attori”, sia da quel movimen-to interno, profondo, che rende il pub-blico co-protagonista dell’azione teatra-le.

Risvolti umani e stenograficinell’odissea di Fedinando Fabi

Il giorno 13 aprile 2010, presso la Saladella Mercede, è avvenuta, in secondabattuta, la presentazione del libro diFerdinando Fabi, “La finestra su PiazzaMontecitorio. Storie di intercettazioniflessibili e di giustizia creativa”, ed.Sovenia 2009, già illustrato il 16 otto-bre dello scorso anno nella medesimasede. Luigi Ciaurro, Direttore del Ser-vizio Prerogative e Immunità della Ca-mera dei Deputati, Adriana De Angelis,Presidente dell’Associazione Pensiona-ti della Camera dei Deputati, CarloGiovanardi, Sottosegretario alla Presi-denza del Consiglio, lo stesso Autoredel volume, sono stati i relatori di que-sto nuovo incontro teso a ricavare, dallapersonale odissea di Ferdinando Fabi -

vittima nel 1993 di un’accusa infondatadi concussione rientrata definitivamen-te (assoluzione con formula piena pernon aver commesso il fatto) dopo seianni di procedimento giudiziario e didolorose conseguenze mediatiche e dicarriera - soluzioni giuridico-normativein merito a un fenomeno socialmentediffuso che pone molti interrogativisull’impostazione della Giustizia in Ita-lia. La sospensione di Fabi, per tutto iltempo del percorso processuale, dal-l’incarico di funzionario stenografoalla Camera dei Deputati, ha rappresen-tato per la Stenografia parlamentare ungrave nocumento in quanto ha impeditodi intervenire dall’interno in merito alleconseguenze della riforma del Codicedi procedura penale che, all’art. 134,“aveva ingiustamente privilegiato laStenotipia nei confronti della Stenogra-fia.” Dopo questa nota a pag. 20 del suovolume, a pag. 120, lo stesso Fabi tornasull’argomento dicendo che, alla Ca-mera: “…nel frattempo la Stenografiaera stata sostituita da un sistema checonsiste nel riascolto delle registrazio-ni e nella ripetizione – il cosiddetto re-speaking – ad un microfono collegatoad un computer dotato di un program-ma di riconoscimento vocale… Se fossistato in servizio, mi sarei peraltro op-posto alla soppressione della Stenogra-fia, perché i programmi di riconosci-mento vocale, sempre più perfetti, han-no reso obsoleta la tastiera, non la Ste-nografia”.

Gare “Scripturae Munus”

L’ Istituto “Scripturae Munus” ha indet-to il 20 giugno, a Roma, gare stenografi-che di velocità, di abilità orto-calligrafi-ca e di cultura storica. Le gare rappre-sentano un elemento di forte carica pro-mozionale nel quadro del movimento dirinascenza della Stenografia in Italia, in-trapreso da detto Istituto in linea con altrienti che hanno a cuore la formazione dinuove leve per la trasmissione e l’appli-cazione delle scritture sintetiche a tuttigli ambiti della comunicazione multime-diale. Per ulteriori notizie:[email protected] cura di

Anna MariaTrombetti

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di PAOLOA. PAGANINI

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S ul n.16 dell’Espresso (22 aprile2010), il titolo di pag. 104 esorta

“Disegnamo il mondo”. Un lettore non sispiega l’anomalia della desinenza di pri-ma persona plurale del congiuntivo pre-sente in quel verbo, “disegnare”, che, arigor di grammatica, dovrebbe uscire in“disegniamo”, con tanto di i, così comein amiamo, parliamo, vediamo eccetera.Il lettore ha perfettamente ragione. Tuttele grammatiche (e alcuni dizionari) indi-cano chiaramente come errore l’omissio-ne della i. Una per tutte, l’autorevole“Grammatica italiana”, di Dardano-Trifone, in margine alla coniugazione deiverbi in -are, chiosa categoricamente: “Iverbi uscenti in -gnare conservano la inelle esinenze -iamo, -iate dell’indicativoe del congiuntivo presente: si scrive cioèbagn-iamo, (che) sogn-iate, e non bagn-amo, (che) sogn-ate.” Di conseguenza,anche disegnare si “dovrebbe” comporta-re secondo regola. La norma grammati-cale è comunque tollerante in proposito,tanto che forme come bagnamo o sogna-te sono giudicate con indulgenza. Tral’altro, volenti o nolenti, vanno afferman-dosi sempre più senza la i. La stessa tra-dizione grammaticale è possibilista inproposito, e perfino l’autorevole Miglio-rini-Tagliavini-Fiorelli (1981) legittimala doppia grafia sogniamo e sognamo, so-gniate e sognate. In margine, riportiamouna rara annotazione dovuta alla compe-tenza d’una docente di scuola media, laquale sottilizza sulla possibilità di utiliz-zare il lemma con la i o senza la i per di-stinguere l’indicativo presente dal con-giuntivo presente. La spiegazione, un po’bizantina, ad onor del vero, è peraltro re-gistrata da un’ormai vetusta grammatica(“La lingua e lo stile” di C. A: Sambugar

– La Nuova Italia, Firenze – 1962), laquale, in nota, riporta: “Vi sono molti au-tori, tra i quali Nencioni, Pirandello,D’Annunzio, che scrivono sognamo, ac-compagnamo, se il verbo è all’indicativo,e sogniamo, sogniate se è al congiuntivo;es.: Noi sognamo, ma siam morti. (Nen-cioni) – Accompagnamo Manfredi Gravi-na all’Arsenale. (D’Annunzio)”.

Piccoli mostriciattoli crescono

L e ultime elezioni regionali hanno vistonon soltanto il trionfo della Lega, ma

anche una dilagante affermazione delcattivo gusto: volgarità di Ministri neicomizi pubblici, parolacce in libera cir-colazione sulle Tv. Ma l’importante èsalvare la faccia, è prendesela esemplar-mente con qualcuno. Vedi l’ostracismoallo scrittore Aldo Busi all’«Isola dei Fa-mosi» (ma cosa c’è andato a fare un in-tellettuale in quel pantano di medio-crità?). I giornali, ovviamente, si son datida fare per non stare troppo indietro, e sisono esibiti in incredibili slalom... A pro-posito di slalom, il “Corriere della Sera”,venerdì 22 marzo, in un articolo a firmadi Francesco Alberti, pubblica a pag. 9un articolo dedicato all’“attacco di San-toro e Luttazzi al Cavaliere” (consuetaesplosione di parolacce e porno-volga-rità di Luttazzi!), e riporta una frase diGiovanni Floris: “Dopo l’editto bulgarodel 2002 (Luttazzi) slaloma tra allusionisessuali e una citazione di Quintilia-no...”. Mah, come fare a slalomare nelcattivo gusto? Si potrebbe cominciarecon l’uso appropriato delle parole, peresempio usare: destreggiarsi, saltabecca-re, carambolare eccetera!

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Il Gruppo Editoriale Giunti ha messo a disposizionedella Fondazione le copie del volume

FRANCESCO GIULIETTISTORIA DELLE SCRITTURE VELOCIpp. 514

Chiunque fosse interessato a richiedere una copia può mettersiin contatto con la segreteria della Fondazione, telefonando al numero339.4262820, fax 055.5000042.

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In questi anni abbiamosviscerato i concetti fon-damentali di base della“GRAFOLOGIA MODERNA”.Essa trae origine dai siste-

mi grafologici storici ma è adattata alleinnovazioni caratteriali e grafiche che sisono verificate negli ultimi decenni. Or-mai la calligrafia non si insegna più daalcune generazioni di alunni, il linguag-gio italiano si è arricchito di numerosiidiomi di origine estera, contenenti lette-re alfabetiche non facenti parte della no-stra tradizione, l’uso massiccio del lin-guaggio informatico, sia tramite compu-ter, sia via sms, ha ridotto al minimo lacomunicazione scritta vergata a mano.Per simili cause, molte persone tendonoa scrivere in stampatello (sia esso maiu-scolo o minuscolo), rendendo semprepiù complessa l’applicazione delle rego-le della grafologia tradizionale.

Date queste premesse, in questa le-zione Civiltà della Scrittura propone in“anteprima nazionale” un metodo di stu-dio, in grado di agevolare l’estensione ela peculiare applicazione delle regolegrafologiche indipendentemente dal tipodi scrittura presa in esame (è tramite taleapplicazione, unita alla grafologia senso-riale di cui parlammo alcune puntate orsono, che, pur non conoscendo l’arabo, èstato possibile eseguire delle valutazionicaratteriali a partire da grafie scritte inquell’idioma).

In primo luogo occorre prendere inesame due dei concetti fondamentali inpsicologia e in astrologia psicosociale:archetipo materno e archetipo paterno.

Vediamoli in una semplice sintesi. Ma-dre e Padre sono la matrice, il substrato,l’humus, di ciò che ogni individuo inten-de per “Madre” e di ciò che intende per“Padre”, indipendentemente da chi sianorealmente i suoi genitori naturali e inquale ambiente socio-culturale egli viva.Tanto più i genitori naturali assomiglia-no all’archetipo (simbolo di perfezione)e meglio si instaura un rapporto virtuosocon questi concetti basilari della nostranatura. Invece, spesso accade che i geni-tori si discostino molto da questi ideali,obbligando l’individuo a cercarne le ca-ratteristiche in se stesso anziché in loro,in modo da ridurre i disagi e la sofferen-za generati dalle mancanze materne opaterne.

Per tutti noi, in tutto il mondo, da mi-gliaia di anni, la Madre ha questi requisi-ti: ci nutre, ci accoglie nella sua insena-tura accettandoci incondizionatamente,ci sostiene; la Madre è femminile, quindiè passiva, recettiva, sensibile, emotiva,immaginativa, fertile (perché può esserefecondata), accogliente, neutrale. Il sim-bolo della Madre è la Luna (che riflettel’irradiazione solare illuminando i sogninotturni ed è in sintonia con l’infanzia).

Il Padre è attivo, irradiante, stabiliscele regole e le fa rispettare, è il simbolodella nostra identità, utilizza dinamichemaschili, quindi è logico, analitico, con-creto, incisivo, fertile (perché è lui a fe-condare). Il simbolo del Padre è il Sole(che irraggia e illumina la realtà diurnaed è in sintonia con la piena maturità).

Il Padre è l’aratro che solca con movi-mento attivo e profondo la terra per per-

di RICCARDOBRUNI e SERGIO SAPETTI

LLEEZZIIOONNII DDII GGRRAAFFOOLLOOGGIIAA PARTE TREDICESIMA

In anteprima nazionaleun nuovo metodo

rivoluzionariod’interpretare la scrittura

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mettere al seme di fecondarla, mentre laterra è la Madre che riceve il seme e, ac-cettando ogni sorta di evento atmosferico,passivamente si fa coppa in modo che ilgerme insito nella nuova creatura possasvilupparsi secondo la propria natura e glieventi che lo circondano, la terra è neutra-le, non può far altro che fornire la sua pre-senza all’interno dei propri limiti.

La scrittura si basa su due strumentifondamentali: il terreno su cui scrivere

(roccia, papiro, pergamena, carta) e l’a-ratro con cui solcare tale terreno (scal-pello, pennello, penna, matita, biro). Per-ciò, in Grafologia Moderna, il foglio dicarta è l’aspetto femminile-materno del-la psiche, il tracciato grafico è l’aspettomaschile-paterno. Tanto più vi è la pre-senza di “bianco” tanto più la persona la-scia ampio spazio alla parte passiva, ri-cettiva, immaginativa della sua psiche;viceversa, più si riempie il foglio di scrit-tura, tanto maggiore è la tendenza ad“incidere” il mondo con comunicazioneattiva, irradiante, concreta. Il grafologoin genere esamina delle scritture giàcompletamente redatte, raramente ha ilprivilegio di osservare la persona mentrescrive, ma si tenga conto che, mentre ilgrafologo ha a disposizione un prodottofinito, lo scrivente iniziò a tracciare ilprimo segno su un foglio completamenteintonso, poi, consequenzialmente, passòa scrivere gli altri segni, secondo le rego-le linguistiche e grafiche a lui proprie. Inogni istante, chi scrive si trova in unospecifico “presente”, mentre il grafologoosserva sempre un globale “passato”. Ilgrafologo quindi dovrà valutare perchéchi scrisse lasciò quel quantitativo dibianco a sinistra e in alto, prima di redi-gere la prima parola, e così di seguito va-luterà il significato degli spazi bianchitra una parola e l’altra, tra una riga e l’al-tra, o a destra, prima di andare a capo.Tutto questo vuoto è una zona dedicataal rapporto psicologico con la Madre,mentre tutta la parte scritta è dedicata alsuo rapporto psicologico con il Padre.Un carattere “maschile”, attivo, concre-to, dinamico, traccerà dei segni profondi(quelli che in stenografia si chiamano:rafforzati), riempirà il corpo della scrit-tura con un tracciato grafico svelto, grin-toso, sviluppato sia negli allunghi supe-

Scrittura distante da tutti i margini, “interlinea”ampia, “traparole” variabile ma non ampia:rapporto fra spazio bianco - spazio scritto a favoredello spazio bianco.Si dà ampio spazio al lato materno (zona vuota) eminor spazio a quello paterno (scritto).

Scrittura vicina ai margini, “interlinea” stretta (alcu-ni allunghi superiori toccano la riga sopra), “trapa-role” variabile ma un po’ ampia:rapporto fra spazio bianco - spazio scritto a favoredello spazio scritto.Approccio alla vita tendenzialmente maschile, pater-no, attivo.

Figura 1

Figura 2Figura 3

“G” con asola ampia, ilmaschile (tratto scritto)racchiude ampio spaziovuoto (creando l’ampiaasola): esaminando esclu-sivamente questo dato, siipotizza che la personache ha scritto, tende aidealizzare e a vivere conemotività la sessualità.

“T” con asole (ricci), ilmaschile (tratto scritto) rac-chiude ampio spazio vuotonon previsto dal modellocalligrafico: si ipotizza chela persona che ha scritto,tende a idealizzare e a vive-re con emotività, in modoindividualistico, il rapportocon la comunicazione.

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riori sia in quelli inferiori; il suo scrittolascerà poco spazio ai margini, avvici-nandosi sia a sinistra sia a destra il piùpossibile al bordo del foglio. Viceversa,chi ha prioritariamente un carattere piùrecettivo ed immaginativo, distanzierà dimolto i vari tratti grafici uno dall’altro,non tenterà di conquistare il bordo delfoglio, distanziandosene e accettandone ilimiti passivamente. Le suddette due di-namiche psicologiche sono contempora-neamente presenti in tutti noi, l’alternan-za di chiaro-scuro, in base alla modalitàcon cui è stata eseguita e alla posizionein cui si trova nel foglio, ci suggerisce inche ambiti noi agiamo da “Padre-Ma-schio” e in quali da “Madre-Femmina”(il sesso della persona ha un’influenzamarginale, perché qui stiamo esaminan-do degli atteggiamenti psicologici e ca-ratteriali, non la fisicità anatomica).

Passiamo ora a ripassare alcune re-gole grafologiche con il nuovo approcciopsicologico archetipico.

Occhielli e asole: sono formati da untracciato chiuso che contiene uno spaziobianco. Perciò il maschile esteriore con-

tiene un femminile interiore. Infatti, al-l’interno dell’occhiello, io fisico, si ha ilbianco dell’io psicologico, ed ora si puòcomprendere perché in grafologia le“asole ampie” significano “fantasia”: piùc’è bianco all’interno dell’asola e più lapersona, in quella sfera caratteriale, la-scia ampio spazio all’immaginazione, ri-cettiva e passiva.

Vediamo qualche altro esempio:

Lettera “P”: potere materiale. La“p”, tracciata esattamente come nell’alfa-beto corsivo, è l’unica lettera a non avereun occhiello e contemporaneamente adapprofondirsi negli allunghi inferiori, per-ciò è un rapporto diretto con la presa dicoscienza e il controllo degli istinti, dellaconcretezza, dell’incisività, dinamichedecisamente maschili. Il potere vive di sestesso, non ha bisogno di un “io” (oc-chiello) e quindi di una morale. Ma moltepersone dotano la “p” di occhiello (comenello stampatello minuscolo) e, frequen-temente, di asole: il potere nudo e crudo èarricchito di personalizzazione (occhiello= io) e immaginazione (asola = fantasia):“mi piace il potere, ne godo, lo vivo comemio e non in modo arido e impersonale ofine a se stesso”.

Lettera “G”: sessualità. Vi è un oc-chiello iniziale (io), un allungo inferiore(potere maschile) e un’asola (fantasiafemminile). “Io lego il potere maschile ela fantasia femminile”: l’unione delle duecaratteristiche con la mia identità (oc-chiello), nel campo degli allunghi inferio-ri, è indice di un’unione fisica tra il fem-minile e il maschile, quindi: sessualità.

Lettera “L”: fantasia. Non vi è l’io(occhiello), maschile e femminile (asolacontenente un vuoto più o meno grande)si uniscono nella zona degli allunghi su-periori, perciò la sfera caratteriale inte-ressata è relativa al massimo di fantasia,idealizzazione, immaginazione.

Lettera “F”: fascino. Non vi è l’io(occhiello), vi sono due asole, una supe-riore e una inferiore: il maschile e il fem-minile, senza la personalizzazione del-l’io, uniscono la parte ideale della ses-sualità e la fantasia, mettendo in camposensualità, esteriorizzazione oggettiva,fisicità concreta (allunghi inferiori), piùo meno grande conformità alle idee (al-

Figura 4

Ma in alcuni tratti, come in questo esempio della L conasole ridottissime, la scrittura premuta e con i tratti diaggressività nel finale di parola, si evince anche la pre-senza di un “maschile” potente e grintoso.

Risultato: la persona si mostra passiva, recettiva, emoti-va e marcatamente femminile, ma, approfondendo, siscopre che possiede grinta, incisività e “secca” determi-nazione nel concretizzare ciò che desidera (scrittura con-centrata al centro: persona concentrata su se stessa).

Stessa scrittura vista nel complesso: ampi spazi vuoti tramargini e parole fanno subito visualizzare l’ampio spa-zio dedicato al “femminile”.

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lunghi superiori), significato: “come ci siuniforma in senso fisico e mentale al-l’ambiente, perciò feeling”. Per questomotivo la “F” è una delle lettere più per-sonalizzate (c’è chi la scrive con unasola asola, altri con nessuna asola, altriancora con un’asola a destra e una a sini-stra o tutte e due le asole a sinistra, qual-cuno le asole le fa grandi uguali, altri nefanno una grande e una piccola, ecc.).

Lettera “T”: comunicazione (spe-cialmente verbale). Non vi è l’io (oc-chiello), c’è un tratto verticale (poteremaschile, nel campo del mentale = allun-ghi superiori) e un taglietto orizzontaleche lo incrocia. Il taglietto indica un rap-porto attivo, tra l’io e il tu (perché è scrit-to in orizzontale), nel campo del mentale(perché è scritto in alto, nella zona degliallunghi superiori); perciò: “contattia-moci a livello mentale in modo attivo eincisivo” in sintesi è il simbolo della co-municazione.

Da questi esempi si può comprendereperché nel corsivo italiano certe let-

tere siano il simbolo di alcune modalitàdi approccio alla vita, ma si comprendo-no anche i limiti di imparare delle regolein modo troppo rigido, autolimitandosile possibilità di esaminare compiutamen-te una grafia che sia scritta in stampatel-lo, in lingua estera o addirittura con unaltro alfabeto (arabo, cinese, ecc.). Per ilneofita è abbastanza facile “guardare”una scrittura corsiva italiana e trarrequalche responso con cognizione di cau-sa, partendo dal significato simbolicodelle lettere. Però, il giorno che egli sidovesse trovare di fronte ad una scritturabreve, magari mancante di alcune lettereo scritta in carattere stampatello, l’unicomodo per districarsi e ottenere dei risul-tati professionalmente validi, sarebbequello di valutare il rapporto tra il chiaroe lo scuro, il leggero e il pesante, il flui-do e il tentennante, il tutto facente capoalla matrice: Madre-Femmina – Padre-Maschio. L’utilizzo dell’esame grafolo-gico a partire dagli “archetipi” è inoltreutilissimo per prendere in esame le gra-fie straniere e le loro specifiche lettere,ecco che ad esempio la “J” non avendol’occhiello ma possedendo un’asola (chea volte non è tracciata) e in alcuni casi unpuntino (come per la “i”), metterà in

contatto il nostro modo di intendere psi-cologicamente la nostra “levatura” (“i”)con la sensualità (asola nel campo degliallunghi inferiori): interazione con l’am-biente con equilibrio tra razionalità edemotività.

Fin qui gli archetipi Madre (Luna) ePadre (Sole), ma con l’andar del tempo el’esperienza, da questi due pilastri sipossono estrinsecare altri “miti” del no-stro inconscio: l’adolescenza e la logicamentale (aspetti mercuriali); il femmini-le e il maschile scevri dai rapporti ma-dre-padre (aspetti venusiani e marziali),la capacità organizzativa e sociale del-l’età matura integrata con una sana dia-lettica moderata (aspetti gioviani); l’au-tonomia e il pragmatismo che possonosfociare nell’immobilismo conservatoredell’anzianità (aspetto saturniano); l’in-dividualismo ribelle e innovativo (aspet-to titanico-uraniano); la spersonalizza-zione dell’io per ottenere un rapporto dicompleto confondimento con l’ambientee l’ideale (aspetto nettuniano); il rappor-to con l’istinto e l’inconscio profondo(aspetto plutoniano) e così via. Tutti que-sti aspetti sono riflessi nei nostri atteg-giamenti, l’osservazione della persona cipermette di comprendere quali dinami-che stanno agendo in quel contesto. Gliantichi umanizzarono e deificarono ognitratto del nostro carattere; oggi, noigrafologi, possiamo rivalutare quell’anti-ca cultura e adattarla agli strumenti innostro possesso, per sviluppare al meglioun metodo di valutazione caratteriale chesia applicabile in ogni contesto grafico eche ci permetta di comprendere l’indoledi chi scrive, indipendentemente dallaqualità e quantità del materiale che è anostra disposizione per l’esame. Mentrequesti “miti ancestrali” ci sono semprevicini e sono universalmente applicabili,è invece lontano il tempo in cui la grafo-logia era atta ad analizzare delle scritturebasate fondamentalmente su modelli cal-ligrafici rigidi e scarsamente personaliz-zati; oggi, in una società globalizzata,computerizzata e multietnica, sarebbeanacronistico applicare le antiquate re-gole grafologiche. La Grafologia Moder-na, tornando all’archetipo e al mito, alrapporto logico delle proporzioni, haun’applicabilità ben più vasta.

TI SEIRICORDATODI RINNOVAREL’ISCRIZIONEAGLIAMICI DELLAFONDAZIONE?

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di PAOLOA. PAGANINI

c18teatro

C’è una tendenza teatrale ormai generalizzata: quella dei registi che vogliono so-vrapporsi agli autori. Ovviamente, come in tutte le cose, è una questione di mi-

sura. Anche quando sembra che vengano scardinati i caratteri portanti del testo ori-ginale, non sempre vuol dire che se ne tradiscano i significati di fondo, siano essiestetici, filosofici, sociali, politici. D’altra parte, a girare son sempre gli stessi classi-ci, ed è pensabile che spesso venga voglia di cambiare qualcosa nella cottura dellaminestra. Quando i nostri registi, nel rispetto filologico d’un originale, operano ri-spettosi ritocchi, sostituendo termini obsoleti, limando ridondanze ed eccessi retorici,cercando di evidenziare particolari sfu-mature dei caratteri con sottolineaturescenografiche o pertinenti commenti mu-sicali o utilizzo di luci ed atmosfere, sirendono talvolta benemeriti, riuscendo arivitalizzare testi anchilosati dalla ruggi-ne del tempo. Ma per simili operazionioccorrono finezze letterarie, una specia-le sensibilità, profondità psicologiche.Occorre del genio, insomma, tanto cheregista e drammaturgo diventano quasiun tutt’uno, quasi integrandosi a vicen-da. Le memorabili regie di Strehler, peresempio, ne erano prova grandiosa. Maquando un testo continua a possedere,nonostante gli anni, una sua pregnantebellezza, quella divina ed immutabilescintilla d’eternità, diventano allora inu-tili, se non dannose e blasfeme, le libertàinnovative dei moderni allestitori, imbu-faliti nell’intaccare le delicate struttureinterne di un’opera d’arte. Purtroppo,succede con sacrilega frequenza. Origi-nalità a tutti i costi, cervellotiche e stra-lunanti invenzioni rivelano solo indispo-nente presunzione, palese ignoranza,sciocca mediocrità, offesa all’intelligen-za dello spettatore.

Qui, con alcune mini-recensioni inpillole (estrapolate dalle critiche appar-se in versione più completa sul “Corrie-re del Ticino”, il giornale sul quale l’e-stensore di questo servizio esercita una

Come

i registihanno (ri)letto i classiciin scena quest’anno

quarantennale professione di critico), siè voluto mettere in evidenza la correttez-za e il rispetto di molti registi nella lettu-ra di alcuni dei più noti allestimenti vistiquest’anno sulle scene italiane. Per altri,abbiamo inteso smascherare la sfaccia-taggine e la presunzione.

Abbiamo anche assegnato un voto dimerito “scolastico” alla capacità di ri-lettura dei classici in questione.

Sofocle va in analisi

E dipo sul lettino dello psicanalista?Non è poi un’idea da buttar via. Già

Freud aveva costruito sul mito il suo ce-lebre “complesso” (Edipo, ignaro, ucci-de il padre e sposa la madre), facendolodiventare simbolo della psicanalisi, ar-chetipica espressione di analitici percorsimentali, metodologia dell’inconscio.Inoltre, l’Edipo Re di Sofocle, esaltandoun teatro concepito sulla centralità del-l’uomo, è stato anche visto come un pre-cursore della drammaturgia occidentalemoderna. Chi è dunque Edipo? Un mo-stro? Una vittima del volere degli dei?Un ottuso incapace di leggere i segni deldestino? Un masochista della verità? Peravere una risposta ai suoi tormentati per-ché, ecco dunque Franco Branciaroli, di-steso sul canonico lettino d’uno strizza-

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per il carattere accusatorio nei confrontidi una certa ipocrisia sociale. Invisa allacensura, rifiutata dal perbenismo dellasocietà vittoriana, condannata dal quieti-smo della buona borghesia, fu, da subito,emarginata. D’altra parte, scabrosa espregiudicata per i temi trattati (sfrutta-mento della prostituzione, cannibalismocapitalistico, vacuo formalismo sociale ereligioso), La signora Warren, pur scrittain un linguaggio arguto, accattivante edalle parvenze innocenti in stile boule-vard, era assolutamente inconsueta per ilteatro vittoriano. Qui, in questa amaraSignora Warren, eccezionale per la suaspumeggiante scrittura, non si salva nes-suno. La mela è marcia, ma la si mangiacon voluttà, ridendoci sopra. (La signoradel titolo è una tenutaria di case chiuse,arricchita con lo sfruttamento di povereragazze). Va detto che questa commediaha una sua pregnante e incisiva virulenzase lasciata nel suo contesto storico. Suc-cede altrimenti come certi animali ridottiin cattività. Muoiono. Ma il regista Mar-co Bernardi, direttore dello Stabile diBolzano, lungo gli imperscrutabili sen-tieri delle scelte impossibili e delle av-venture disperate, ha voluto trasferirel’azione in una vacua ed improbabile at-mosfera anni Cinquanta (in scena c’èperfino una “Vespa”). E i velenosi livoridi Show si sono annacquati in una purpiacevole commediola borghese e sem-pliciotta.

Voto: 5

Euripide: quasi un video-game

D a una parte, il crudele e misteriosoDioniso, con le sue invasate Bac-

canti, ebbre di orgiastici furori e di sfre-nate libidini; dall’altra parte, il re diTebe, Penteo, sdegnato da tanta dissolu-tezza e ostile al culto dei misteri bacchi-ci. Una lotta tra la fragilità della ragioneumana e la ferocia del dio, con scene in-dimenticabili di orrore e di pietà. Ma an-che una lotta tra la felice libertà dellafantasia (e del teatro) e la fredda raziona-lità della vita. Queste poche righe accen-nano alla tragedia in cinque atti di Euri-pide, Le Baccanti, l’ultima opera (406a.C.), forse la più bella, del vecchio poe-ta. Al dramma euripideo si è liberamenteispirato Luigi Lo Cascio (cinematografi-

cervelli. Si tratta di una immagine-me-tafora di una potenza sconvolgente, e lascena ne è impregnata dall’inizio allafine. Ma il lavoro di scavo psicanaliticosi limita a questa simbologia. Lo spetta-colo è un altro. È la recitazione di Bran-ciaroli, uno e trino, che prende il soprav-vento: si erge nella potenza d’un re anti-co, elementare e feroce, stridulo e tenori-le; assume quindi il ruolo interlocutoriodel cieco indovino Tiresia, misterico eprofondo; si cala poi, come attraversouna ipnotica rievocazione di uno stato ditrance, nel ruolo dell’infelice madre-mo-glie Giocasta, in guepière e reggicalze.Un Sofocle fuori dai canoni, con un ge-niale regista, Antonio Calenda, negli in-cubi della psiche.

Voto: 9

Bernard Shaw in “Vespa”

F ra le cosiddette “Commedie sgrade-voli” di George Bernard Shaw, La

professione della signora Warren (1894)spicca per una sua intrinseca velenosità e

FrancoBranciaroli inguepière in unodei tre ruoli da luiinterpretati:Giocasta, Tiresiae lo stesso Edipo,in “Edipo Re” diSofocle, con laregia di AntonioCalenda

Carlo Simoni ePatrizia Milani in“La professionedella SignoraWarren” diBernard Shaw,nell’allestimentodel regista MarcoBernardi per loStabile di Bolzano

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importa più di tanto, salvo recuperare ilsenso dell’incubo e i caratteri di una co-mune follia.

Voto: 7

Cechov nostro contemporaneo

L’amministratore terriero Ivan Petrovic(Zio Vanja), non è, in fondo, l’espres-

sione di quella categoria cechoviana del-la rassegnazione, dell’incapacità di vive-re, simbolo delle tristi brughiere, dellelande desolate di una Russia rurale, chiu-sa e mediocre. Il giovane regista Giovan-ni Scacchetti, fresco di studi accademicialla “Silvio D’Amico” di Roma, hagiustamente intuito che lo Zio Vanja diCechov è più complesso del facile para-digma, della semplice equazione campa-gna=angoscia, città=felicità. (Il drammasi avviluppa intorno al sacrificio di Va-nia, che, in una ottusa devozione, ha de-dicato la vita al mantenimento e all’esal-tazione del cognato cittadino, il tronfio emediocre professor Serebrjakov, che neaveva sposato la sorella in prime nozze.Alla fine, in un disastro collettivo di sen-timenti e di stima reciproca, non rimarràche lo stordimento del lavoro. E dellarassegnazione...). L’idea dello Scacchetti– insistita però fino a sfaldarsi – è buona.Ambientando il dramma ai giorni nostri,ne ha fatto un agglomerato di insicurez-ze, di perdite della realtà, di svuotamentodi valori, dove lavoro e inutilità, culturae presunzione, sacrificio e vanagloria,amore e capriccio, fedeltà e tradimentoassumono la stessa valenza, come nellevacillanti certezze della nostra vita quo-tidiana, che fanno giustamente di Ce-chov un nostro contemporaneo.

Voto: 7

Bertolazzi da video

Nel 1953, in una limpida recensionedi Ferdinando Palmieri sul quoti-

diano La Notte di Milano, dopo la primadi Lulù (1903) di Carlo Bertolazzi, alPiccolo Teatro (regia di Strehler), scris-se, tra l’altro, questa preziosa sinopsi:“Chi è Lulù? Una ballerina che tradisceun amante ricco per un giovane non for-nito di denaro; che, persuasa d’amare ilcredulo ragazzo, continua a farsela coimigliori offerenti; che, trascinato l’inge-

camente conosciuto per I cento passi,per La meglio gioventù, per La bestia nelcuore eccetera), firmando, con Console,Mangano e Rayner, La caccia, spettaco-lo multimediale di parola, cinema di ani-mazione, suono elettronico e video d’ar-te, ma anche con una spudorata ironia,senza complessi o pregiudizi ideologici.Lo Cascio introduce perfino alcunispiazzanti spot televisivi. A interloquirescenicamente appare anche in video unostupefacente tredicenne, Pietro Rosa,saccente e spocchioso, come ironico stu-dioso del mondo greco e come assurda eridicola espressione di vacuità accademi-ca. Piacevolissimo. Con disinvolto utiliz-zo di ogni mezzo multimediale, perchécomunque della storia in sé non gliene

Luigi Lo Cascioin “La caccia”:riduzionemultimedialesotto forma dimonologo da“Le Baccanti”di Euripide

Elisabetta Ferrarie Andrea Trapaninello “Zio Vanja”di Anton Cechov,allestito daGiovanniScacchetti comeparadigma delleinsicurezze e dellosvuotamento deivaloricontemporanei

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Le protagoniste di“Pene d’amoreperdute” diShakespeare,nell’allestimentodel russo LevDodin con lacompagnia delMaly DramaTeatr di SanPietroburgo

nuo al matrimonio, finisce ammazzata,l’ingenuo non sopporta di essere cornu-to...” Quando si dice la chiarezza! Ora,della torbida vicenda s’è interessata laregista Andrée Ruth Shammah, che hasmontato il veristico drammone dell’au-tore del più noto El nost Milan, vivise-zionandolo con un bisturi chiamato “tec-nica televisiva”. Ha immaginato il palco-scenico come un set televisivo, con tantodi telecamere a vista, con una Segretariadi produzione che scandisce le scene eindica gli spostamenti degli attrezzi e deifondali, con i tecnici che interagisconocon i protagonisti, con le luci di scenache vengono via via ordinate a voce, conun Regista (che fa anche la parte dell’A-mante ricco) che interviene per spiegareo sottolineare taluni passaggi. Ma l’ap-parato bertolozziano (qui l’autore ha ab-bandonato il dialetto milanese per la lin-gua italiana) rimane in piedi, con tutto ilsuo humus d’ironia popolare, con l’ad-densarsi minaccioso d’una tragedia an-nunciata. Alla regista Shammah, onore almerito, per il coraggio della sperimenta-zione, ch’è forse l’unica strada percorri-bile, oggi, per dare ancora un senso a unaormai incartapecorita Lulù.

Voto: 6/7

Shakespeare mostra i muscoli

Quattro volenterosi giovani di bellesperanze s’impegnano solenne-

mente di rimanere casti per tre anni,per dedicarsi esclusivamente allo stu-dio. Guai a chi sgarra. Ma arrivanoquattro affascinanti pulzelle... E addio

buoni propositi. È il succo di Pene d’a-more perdute, di Shakespeare, nell’al-lestimento di Lev Dodin, direttore dellaprestigiosa compagnia Maly DramaTeatr di San Pietroburgo. Dodin, si sa,è un rivoluzionario della forma e un al-chimista della sostanza. Anche in que-sto allestimento non si smentisce. In-tanto ha enucleato l’amorosa vicendafocalizzandola su tre nobili personaggimaschili della corte di Navarra (anzi-ché su quattro) ed altrettanto ha fattocon la pariglia delle tre antagoniste del-la corte francese, giunte per una mis-sione diplomatica. Poi ha drasticamen-te abbassato l’età dei protagonisti, gio-vani anche nella realtà, poco più cheadolescenti, con il sangue ribollente dismanie amorose, pronti a scoperchiareritegno e prudenza. Infine ha impostouna recitazione corporea, “muscolare”,con ludiche prestazioni ginniche, tracapriole, posizioni yoga, mentre a pocoa poco affiora la schiuma di una soffusamalinconia. Il senso della fugacità.Quant’è bella giovinezza che si fuggetuttavia...

Voto: 8

Jorge Amado in un menu godererccio

Romanzo erotico-culinario dello scrit-tore brasiliano Jorge Amado, Dona

Flor e i suoi due mariti (1966) fu subitoconsacrato da un successo internazionaleper la garbata e gioiosa sensualità vissutadall’appassionata ed appetitosa vedovel-la Dona Flor, caliente femmina brasilera,maestra di cucina ma anche degustatricedi più intimi sapori della vita. Mortoleimprovvisamente il marito, simpatica ca-naglia sciupafemmine, giocatore, vaga-bondo, allegro e spensierato buontempo-ne, la donna, dopo un periodo di dovero-sa e inconsolabile vedovanza, sposa inseconde nozze l’innamoratissimo farma-cista del luogo, uomo metodico, preciso,abitudinario, scientifico... a giorni fissatianche sotto le lenzuola, quando invece ilprimo marito era insaziabile e fantasiosodispensatore di emozioni. Dona Florscopre quanto le manchino quelle follied’amore e, nel desiderio di non sopitevoglie di carezze, evoca l’allegro primomarito, che, invisibile a tutti, anche all’i-gnaro secondo marito, ritorna dalla don-

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Caterina Murino(già Bond girl nelfilm “CasinoRoyal”), è unacaliente vedovellabrasiliana in“Dona Flor e isuoi due mariti”,di Jorge Amado

na amata e, intrufolandosi in un menagea tre, soddisfa la caliente femmina brasi-lera... E tutti vissero felici e contenti. Ilromanzo ha avuto la sua bella versioneteatrale, portato in disinvolta libertà in-ventiva sulle scene dalla Compagnia diMario Chiocchio, con un’operazionemolto prossima all’opera buffa, con untrio d’archi in un intenso repertorio dimusiche originali, nel bell’assortimentodi chitarra, violoncello e contrabbasso.Ma è soprattutto la presenza di quattroeccezionali interpreti femminili, comi-che e scanzonate pettegole (ricordanocerte forme goderecce del varietà e dellarivista), che recitano, mimano e cantanoin una serie di siparietti assolutamenteperfetti ed esilaranti, anche se CaterinaMurino (Dona Flor) sembra più un’ane-mica gastronoma di diete televisive chenon l’esplosiva e concupita scatenatricedi desideri.

Voto: 6/7

Pirandello grottesco controvoglia

C’è poco da ridere. Vestire gli ignudi(1922) è uno dei più torbidi, in-

tensi ed inquietanti drammi di Pirandel-lo. Ipocrisia e violenza morale sono gliingredienti di una tragedia che si sarebbepotuta svolgere anche oggi sotto i nostriocchi quando vittima è la donna. ErsiliaDrei ha tentato il suicidio perché – dice –è stata abbandonata dal fidanzato e per-ché è stata ritenuta ingiustamente re-sponsabile della morte della bambina delconsole, presso cui era a servizio. Licen-ziata, sola, abbandonata, senza casa, già

prossima a battere il marciapiede, vieneraccolta dal romanziere Ludovico Nota,incuriosito da quella fosca e patetica vi-cenda. Ma la realtà è un’altra... Più vitti-ma che peccatrice, Ersilia è oggetto dellaido comportamento di uomini avidi evogliosi di usarla, di goderne a piacere,oggetto e non persona. Quindi, diceva-mo, c’è poco da ridere. Ma il registaWalter Manfrè vuol piacere, a tutti i co-sti, e gioca il dramma pirandelliano sulpiano d’un iper-realismo pletorico, ri-dondante, più grottesco che tragico, sci-vola e pencola qua e là tra il desiderio dimelodramma, l’espressionismo caricatu-rale e il lacrimevole (pietà!). Una misce-la, che, per strafare, elude l’angoscia del-la violenza femminile. Una piaga d’altritempi. O no?

Voto: 4

Furie shakespeariane di Lavia

Molto rumore per nulla è un irri-dente e geniale divertissement,

che Shakespeare scrisse nel 1599, comeuna parentesi creativa romantico-scher-zosa, con molte e disinvolte commistio-ni, che richiamano, qua e là, Romeo eGiulietta, La bisbetica domata, Pened’amore perdute. La spassosa comicità,gli intricati amori, i complotti canaglie-schi, la punizione dei ribaldi, il conclu-sivo trionfo di Cupido, da quattro seco-li, con complice simpatia, si riversanonelle platee scatenando effluvi di con-sensi, anche quando le furie inventivedei registi pigiano un po’ troppo il peda-le della buffoneria e della mascherata.Come ora ha voluto Gabriele Lavia, nelmettere in piedi un energetico Molto ru-more per nulla, in un’esplosione di gio-vanilistica vulcanicità, con inarrestabilie dilaganti performances di diciotto at-tori, che tolgono il fiato ad ogni(im)possibile visione critica dello spet-tacolo. Non se ne ha il tempo. Eppure,questa commedia shakespeariana ha an-che momenti di intensa poesia, di stu-pende litigiosità amorose, di dolorosistupori, fra dramma e farsa, perle di ala-ta bellezza letteraria. Ma la lingua ita-liana non è la lingua di Shakespeare:questa è secca, scandita, martellante,quella è morbida, sinuosa, lussureg-giante. Spesso ci capita di chiederci se

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“Un ispettore incasa Birling” diJohn B. Priestley èconsiderato unclassico delcosiddetto teatrod’indagine. Con laregia di Sepe, èstato interpretatoda Paolo Ferrari eAndrea Giordana

sarà mai possibile vedere uno Shake-speare come dio comanda. Ogni regista,tanto o poco, ci mette del suo. E lo stes-so Lavia, nell’impossibilità linguisticadi rendere a Shakespeare quel che è diShakespeare, ha fatto bene a immagina-re l’allestimento di Molto rumore pernulla come una messa in prova dellacommedia (una specie di teatro nel tea-tro), che gli ha consentito una inesaustae giustificata libertà di manovra e di in-venzioni, in siparietti comico-varietti-stici, giochi di parole, funambolici scio-glilingua, fisicità ginnico-attoriali, e poicori, danze, scherzi e incruenti duelli, erivelando una palese voglia di musicalin accattivanti e popolari motivi (condue pianoforti e una fisarmonica).

Voto: 7

Priestley “giallista” mancato

Inquietante inchiesta poliziesca... Nonè il titolo sparato da un giornale del

pomeriggio, ma, semplicemente, unasintetica definizione di Un ispettore incasa Birling (1946), un classico thrillere dramma borghese di John BoyntonPriestley, un autore inglese (1894-1984), formatosi sulla scia di HenryFielding (padre storico del romanzo eu-ropeo) e di Charles Dickens (padre sto-rico del feuilleton anglosassone). Que-sto per dire come Priesley avesse assi-milato il gusto del racconto popolare,della denuncia sociale, della difesa deipoveri, dei diseredati contro l’egoismoe l’ipocrisia dei benpensanti, il tuttomescolato a un’istintiva e vaga forma di

socialismo. Qui c’è di mezzo la mortedi una ragazza. Alla fine della comples-sa inchiesta, tutti (o quasi) sono colpe-voli, tutti sono responsabili... Lo spetta-colo è allestito da Giancarlo Sepe, regi-sta estroso e in possesso d’un passiona-le senso della teatralità. Ma il generepoliziesco ha regole ferree che intrap-polano ed escludono qualsiasi libertàregistica. I lettori di libri gialli le cono-scono alla perfezione. I registi un po’meno. Così Sepe volendo – giustamente– fare teatro, dimentica o non rispetta itempi, le scansioni, il climax del giallo.Ne esce uno spettacolo bello e vaga-mente tenebroso, che però fa storcere ilnaso ai giallisti di inveterata passionemaniacale. Pazienza.

Voto: 7

Il riso amaro di Viviani

Ogni tanto ci si imbatte in RaffaeleViviani, e lo si riscopre. Eclettico

artista napoletano (1888-1950), cantante,attore, suonatore di molti strumenti, per-fino acrobata, ma soprattutto intensouomo di teatro, anche Viviani, comeEduardo, o Peppino De Filippo, scrissedrammi e commedie per sé, attingendoalle miserie del popolo napoletano.Drammaturgo da marciapiede, scanda-gliava i “bassi”, scrutava gli anfratti diVia Toledo, faceva suo il linguaggio de-gli umili, cogliendone angoscia e ironia,annotava stupito gli ingegnosi artificidella sopravvivenza. E li rappresentavacon crudo realismo. Ora se ne scopre unaltro aspetto, svelando un suo presuntolato comico. E così viene infatti rappre-sentata la commedia La morte di Carne-vale, in un’orgia di caratteri e di carica-ture. Si ride, certo, ma si ride amaro, conquesta storia di Carnevale, che è il nomedi un vecchio usuraio, lercio, tirchio, ari-do, un tragico Shylock in salsa mediter-ranea, con contorno di popolo e popoli-no. Finalmente tira le cuoia. A chi andràla ricca eredità? Alla fedele serva di casasfiorita ma ancor belloccia concubina, oall’unico nipote, scioperato perdigiorno?La commedia è tutta qui, e, fra il deside-rio di farne una “comédie humaine” e latentazione di ricavarne una tragica farsa,il regista Salvatore Ceruti non ha avutoesitazioni nello scegliere la seconda stra-

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Una scena di“Le relazionipericolose”,dal romanzoepistolare diChoderlos deLaclos, realizzatocome unascabrosa partita ascacchi deisentimenti con laregia di SilviaGiulia Mendola

da, tra scongiuri e scaramanzie, trattandodi malattie, funerali, morti (... e resurre-zioni).

Voto: 6

De Laclos ora gioca a scacchi

Le relazioni pericolose, unico romanzo,in stile epistolare, dell’avventuroso

giacobino e militare napoleonico Cho-derlos de Laclos (1741-1803), è una del-le opere più inquietanti del Settecentofrancese. Cinica analisi della depravazio-ne del cuore umano, questo romanzo li-bertino s’intrufola nelle pieghe della per-versione, non solo come implacabile ac-cusa della corrotta nobiltà cortigiana del-la sua epoca, ma anche come denuncia,in un divenire che sa d’eterno, della mal-vagità degli uomini, in un mefitico ab-braccio di corruttori e corrotti. La mar-chesa di Merteuil (professione: vedova

depravata), ha conservato buoni rapportidi amicizia e di complicità con l’examante, visconte di Malvont (professio-ne: seduttore). La marchesa vuole vendi-carsi d’un vecchio amante che ora vuolesposare un’ingenua e illibata quindicen-ne appena uscita dal collegio. Dà l’inca-rico al collaudato conquistatore di sedur-re la fanciulla. Tutto va secondo i piani, etutto si conclude, in un catartico finale dimorte e vergogna, tra il ludibrio delleumane genti. E qui, l’impatto sul lettoretrova liberatoria consolazione nel mora-leggiante finale nel quale si assiste alladevastazione dei colpevoli. Come direche la rovina segue al male. Sappiamoche nella vita non è quasi mai così. Mafa lo stesso. Nell’adattamento e regia diSilvia Giulia Mendola, la scabrosa vi-cenda si sviluppa su una scena concepitacome una grande scacchiera, con perso-naggi – pedine nel gioco delle perversio-ni – irretiti in un fatale destino di tragi-che mosse, ed enfaticamente esasperatiin scatti disarticolati di pupi senza fili.Poi, un po’ alla volta, l’azione si dispieganel flusso di un normale naturalismo,nell’evidenza d’un inspiegabile squili-brio registico. Insondabile mistero dimolti allestimenti contemporanei, tantopiù che alcune scene sono, è vero, segui-te col fiato sospeso, a dimostrazione diuna sua intrinseca, innegabile teatralitàdel testo. Mah.

Voto: 5

Sconcia ilarità di Pirandello

L’uomo, la bestia e la virtù: già nel ti-tolo c’è tutto il sarcasmo di Piran-

dello. L’uomo è solo un pover’uomo,che tira a campà dando lezioni di latinoe intanto mette incinta la madre d’unsuo allievo; la bestia è un assente capi-tano di marina, che trascura la moglie,negandole – diciamo così – i propri do-veri coniugali, perfino le rare volte deisuoi ritorni domestici, e quindi metten-dosi tecnicamente nell’impossibilità digenerare; la virtù è l’incauta e infelicemoglie, che ora attende l’imminente ri-torno del marito “solo per una notte”.Ma, in quell’unica notte, la bestia dovràassolutamente adempiere ai propri do-veri di virilità, salvando così la virtùdella moglie, la rispettabilità del profes-

GiovanniMoschella,Stefano Randisi,Ester Cucinotti eEnzo Vetrano in“L’uomo, la bestiae la virtù” diPirandello, in unallestimentogrottesco fino allabuffoneria

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Tato Russo haridotto per ilteatro un raccontodi Dostoevskij del1859, ambientatoin Russia maintriso di cadenzenapoletane

sore, la legittimità del nascituro, addos-sandosene la futura paternità. Satira frale più impietose, tra sicule ipocrisie eboccaccesche situazioni, lo stesso auto-re riteneva che la farsa, che tale era, do-vesse “avere una faccia di buffoneria sa-lace, fin quasi alla sconcezza, vorreidire una faccia di baldracca...” Eccolopreso in parola. L’uomo, la bestia e lavirtù, portato in scena fin dal 2009 conscanzonata e irrisoria buffoneria, dalla

Compagnia del teatro stabile di Sarde-gna, esplode in un’espressionista farsadi composite irruenze, pesca nel vaude-ville, s’intorbida spudoratamente nelvariettismo, si butta a capofitto nelle piùsmaccate caricature, con l’intento cate-gorico di ridere ridere ridere, grazie allebattute del testo e a una fitta tessitura digag e d’invenzioni comiche fuori testo(che sono tante). Enzo Vetrano, nellaparte del professor Paolino, è uno scate-nato e irresistibile facitore di buffone-rie, come un’incredibile marionetta, di-sarticolata e “salace fin quasi alla scon-cezza”. Pirandello è servito.

Voto: 7

Dostoevskij alla pummarola

Con una punta di maliziosi riferi-menti socio-politici, Tato Russo –

abile manipolatore e riduttore di cartedrammaturgiche – ha preso il raccontosatirico di Dostoevskij Il villaggio di Ste-pancikovo e i suoi abitanti, del 1859, ene ha ricavato una pièce comica di treatti dal titolo Il paese degli idioti, con laregia di Alvaro Piccardi per la compa-gnia dello Stabile napoletano. Nella tra-sposizione di Tato Russo (in un’ambien-tazione russa, popolata da poveri servito-ri figli della gleba, virtuose fanciulle sen-za dote, nobili decaduti, borghesi spian-tati e scrocconi), l’impianto del raccontorimane pressoché inalterato. Ma, per sot-tolineare la variegata tavolozza umana diDostoevskij, Tato Russo ha pensato diintridere lo spettacolo di forti e accentua-te cadenze napoletane, addirittura eduar-diane, tanto che il paese degli idioti,come decanta il titolo, diventa più che al-tro un villaggio o un quartiere nostrano,dove si parla di Pietroborgo (all’italia-na), come se, da un remoto recesso diAfragola o di Spaccanapoli, si alludessea Milano o a Roma. Dato che si era inballo, tanto valeva trasformare il tutto inuna italica ambientazione, cambiandocoraggiosamente nomi e allusioni... Ma,forse, ciò facendo, si sarebbe smarrital’eteroclita miscellanea di spregiudicatiprestiti, da Eduardo a Viviani, a Molière,del quale anzi si ha il più pesante debito.

Voto: 5

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UgoZucchermaglio

“L’insegnante di stenografia di fronte al problema della psicomotricità” - Relazio-ne presentata da Ugo Zucchermaglio1 al Congresso Internazionale di Milano nel19572. - L’intervento del Maestro veronese rispecchia ovviamente la situazioneprofessionale e culturale di quegli anni. È, quindi, un interessante spaccato d’e-poca. Ma, al di là di riferimenti scolastico-professionali ormai superati e, pur-troppo, irrecuperabili, rimane sempre vivo il problema pedagogico di fondo, re-lativo alla formazione degli stenografi, cioè: come insegnare? quale metodologiaapplicare? quali sono i princìpi psicologici da approfondire e su cui poggiarel’insegnamento? Oggi si assiste a un considerevole ritorno d’interesse nei con-fronti della stenografia. Molti giovani hanno finalmente capito che è più comodoavere una matita in tasca che un aggeggio a batterie da portarsi in giro. Eccoperché il recupero delle lezioni dei nostri vecchi maestri di ieri potrà ancora es-sere utile ai molti neofiti delle scritture veloci di oggi, anche se gli studenti di ste-nografia non riempiono più le aule scolastiche. Colpe antiche e delitti recenti.Ieri, una diffusa trascuratezza di molti insegnanti, oggi la catastrofica situazionedi leggi improvvide ed ottuse. Ma ecco il limpido discorso di Ugo Zucchermaglio,che, peraltro, qua e là, ha sprazzi d’inquietante preveggenza. (p.a.p.)

La didattica (ed altro) della stenografiain una lezione di

Zucchermaglioancora oggi attualedopo mezzo secolo

1 Ugo Zucchermaglio (1890-1964), stenografo eispettore scolastico, Medaglia d’Oro Città diVerona, Cavaliere dell’Ordine al merito dellaRepubblica, autore di «Didattica della Stenogra-fia» (1960), un testo fondamentale per la prepara-zione dei candidati all’esame di abilitazioneall’insegnamento della stenografia. (L’opera èreperibile presso la Fondazione Giulietti)2 Il XXII Congresso Intersteno di stenografia edattilografia, tenuto a Milano dal 4 al 10 maggio1957, ebbe risonanza ben al di fuori dei confiniitaliani. Vi parteciparono 24 nazioni, dall’Europa,dal Giappone, dal Venezuela, dall’Algeria, dallaNuova Zelanda. È stata la più grandiosa manife-stazione stenografica mai organizzata in Italia,con la partecipazione di personalità della culturamondiale, dei massimi rappresentanti delle Scuo-le stenografiche e con la presenza di autorità euomini di Stato. Nei 7 giorni congressuali (conescursioni a Firenze e a Genova), fra i numerosiinterventi, è stata presentata anche la relazione«Stenografia e lingua ausiliaria internazionale»del Gr. Uff. Prof. Avv. Francesco Giulietti (v.servizio d’apertura in questo numero dellarivista).

Formazione degli insegnanti, pro-gramma di insegnamento ed esami di

abilitazione all’insegnamento: sono ar-gomenti che esercitano sui cultori di ste-nografia una particolare suggestione.Non manca pertanto mai nei nostri con-gressi e convegni il relatore su uno degliargomenti che, in un senso o nell’altro,interessano l’insegnamento. E come nonpotrebbe essere? Insegnanti ed allievi,insegnanti e scuola sono argomenti eter-ni, che non si esauriscono, che non han-no limiti e non hanno e non possono ave-re definitivo tramonto, che sono, al con-trario, costante oggetto di meditazione,di studio dei filosofi e, in particolare, deipedagogisti.

Noi, però, è ovvio, ci interessiamo diun particolare aspetto del problema ge-nerale, che ha però i caratteri e le sugge-stioni del tutto. Questo figlio, anzi padrespirituale, che è l’insegnamento, che sicompleta nel vasto grembo della scuola,

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ormai diffusi (se ne parla e se ne scrivein abbondanza nelle varie sedi di compe-tenza) questi nuovi ambiti dello scibile,cioè la cosiddetta psicologia pedagogicao didattica psicologica, che spazia in unavastità di studi, di dottrine e di metodolo-gie, da Jean Piaget a Hans Ablei, da JohnDewey ai nostri Castiglioni e AgostinoGemelli.

Possiamo rinunciare nel nostro inse-gnamento al prezioso apporto che ci

può recare la psicologia? Non basta chel’insegnante di stenografia conosca benela materia, non basta che la signoreggi,come si usava dire, ma oggi è sempre piùnecessario che l’insegnante sposti il suointeresse di ricerca sull’allievo stesso. Ledomande allora che ci si deve porresono: quali sono le qualità umane, intel-lettuali degli allievi ai quali dobbiamoinsegnare? come possono marciare tuttiinsieme perché siano tutti in grado diraggiungere la meta?

Come per ogni altra disciplina, unbuon tratto di strada può essere percorsoinsieme, poi, a un certo punto, avviene ildistacco, la rinuncia. Quando?

Le componenti psico-fisiche deter-minano quello che può essere definito“comportamento motorio”, che Casti-glioni definisce “l’insieme dei movimen-ti che l’uomo compie come reazione aglistimoli e per adattarli alla mente”.

Lo stenografo, nel suo lavoro, è as-sillato da un complesso di stimoli uditivi,sui quali operare in un continuo rapportodi sintesi e selezione. Il fenomeno acu-stico, così selezionato, depurato, diremo,provoca automaticamente la rispettivaimmagine muscolare, quella cioè che gliconsente l’istantaneo scatto dei movi-menti muscolari, e solo quelli, che gli fa-ranno tracciare sulla pagina bianca i se-gni: nitidi, parchi, regolari.

La psico-cronometria misura il tempodi reazione, cioè il tempo necessario perla trasformazione dello stimolo sensorioin stimolo motorio. Ma i tempi di reazio-ne non sono uguali per tutti. Nemmeno astimoli di diversa e differenziata natura.Un allievo, per esempio, può avere unapronta reazione a uno stimolo sensorio vi-sivo e una più lenta reazione a uno stimo-lo sensorio uditivo. O viceversa.

Il fenomeno di quella che è l’equa-zione personale interessa l’insegnamen-to della stenografia e incide moltissimonella resa dell’insegnamento stesso.

è sempre riconoscibile, ovunque e co-munque si compia.

Ecco perché noi diciamo, usando unluogo comune, forse superato, che la ste-nografia è disciplina formativa, appuntoperché s’inquadra nel complesso del pro-cesso educativo. Diciamo però che anchel’informazione opera sullo spirito e con-tribuisce alla formazione, così come ilbinomio istruzione/educazione. Ed è in-genuo fare distinzione tra disciplina for-mativa e disciplina informativa.

Sotto l’aspetto “informativo” è fuordi dubbio che vi sono discipline – comela stenografia – che possono assumerecarattere spiccatamente professionale.Ed è proprio questo aspetto di disciplinastenografica professionale che le confe-risce un volto pieno di fascino. Chissàper quanto tempo. Ma il tempo, si sa,mette le rughe ad ogni cosa umana. Sola-mente le cose della natura mantengonola loro freschezza, il loro incanto. Comel’albero che dà frutti ogni anno, come lagoccia di rugiada che silenziosa scende abaciare il filo d’erba.

L’altro volto della stenografia, dicia-mo pure meno affascinante, è quello re-lativo alla fatica dell’apprendimento, peril raggiungimento di quell’ultima meta,quando l’espressione del pensiero si co-niuga con la fedele rapidità della sua rea-lizzazione. Nell’uno e nell’altro caso(cioè l’aspetto professionale e quello di-dattico) la distinzione è soltanto indicati-va, perché non si tratta, in un caso, difornire conoscenza e, nell’altro caso, diconseguire l’abilità, in quanto il traguar-do dell’abilità passa inesorabilmente at-traverso la conoscenza.

In sostanza, bisogna conoscere lamateria e bisogna saperla usare. Il diret-tore d’orchestra conosce gli strumentima non li sa usare. Uno può conosceredieci sistemi di stenografia, ma ne sausare uno solo, cioè ha raggiunto l’abi-lità stenografica in un solo sistema. Nonche sia impossibile raggiungere l’abilitàstenografica in più di un sistema, ma bi-sogna vedere se il dispendio dell’energiaimpiegata è giustificato dai risultati pra-tici raggiunti ai fini della produttività.

Ma qui vorrei soprattutto soffermar-mi sull’approfondimento di quei fattoripsicologici, che agiscono positivamenteo negativamente sulla formazione dellostenografo. Di psicologia oggi si scrive esi parla molto, specie quando la si asso-cia alla pedagogia e alla didattica. Sono

IL LIBRODIDATTICADELLASTENOGRAFIADI UGOZUCCHERMAGLIOIN OFFERTASPECIALEAI SOCISI PUÒRICHIEDERE ALLAFONDAZIONETELEFONANDOAL NUMERO339.4262820

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zione su tre soggetti: un ginnasta, un piani-sta e uno stenografo. I tre soggetti hanno incomune la disciplina dei movimenti.

Il ginnasta compie i suoi esercizicon apparente leggerezza, sembra nondebba compiere nessuno sforzo, sembravolare sulla sbarra, sul trapezio, sul ca-vallo. Se ripete gli esercizi in altre gior-nate, lo vedremo compiere sempre glistessi movimenti, così l’acrobata, cosìl’equilibrista, così il giocoliere. Hannoarmonizzato i movimenti in modo chesolo determinati muscoli, e solo quelli,devono agire.

Il pianista esegue esercizi e passaggidifficili con la massima disinvoltura, ledita si muovono con eleganza e piombanosui tasti con la forza voluta, senza esita-zioni nello scorrere e sfiorare la tastiera.

Lo stenografo professionista lo vedia-mo calmo e composto dinanzi al suo

tavolino. Osserviamolo. Ne vedremo ilbraccio, l’avambraccio quasi immobili,notiamo solo qualche movimento delledita. Chi ha visto le gare di stenografia aMilano, nel 1940, il campione mondiale,dott. Giustino Madia3, era un esempioperfetto di compostezza e di movimentidisciplinati. Chi pure gli era vicino, qua-si nemmeno notava i movimenti delledita. Si dirà che quello era un campionemondiale. D’accordo. Ma noi, pur allediverse velocità, dobbiamo prenderlo adesempio. C’è naturalmente una abissaledifferenza tra un grande concertistacome Arturo Benedetti Michelangeli4 euno strimpellatore di canzonette. Masolo il primo è un pianista nel vero sensodella parola. La stessa differenza corretra un vero stenografo e uno strimpella-tore della stenografia. Il primo si muo-verà come Giustino Madia, il secondocome un arruffone che riempie con quat-tro segni una cartella, in una confusionedi immagini muscolari che rendono vanaogni speranza di miglioramento.

Non che non si possa modificare i tempidi reazione. Con un assiduo esercizio,con la ripetizione dei movimenti, è pos-sibile migliorare le proprie immaginivisive e muscolari, rendendole nitide eautomatiche e, di conseguenza, arrivan-do a una economia muscolare rapida eprecisa.

Sappiamo tutti che non sempre l’in-segnante di stenografia ha la piena con-sapevolezza del processo psicologicoche avviene nell’allievo stenografo. Secosì non fosse, non vedremmo tante sco-laresche ai tavoli di scrittura in posizioniassolutamente “antistenografiche”, per-ché i passaggi sopra accennati devonoessere facilitati dalla posizione eretta delcorpo di fronte al tavolo e delle dita noncontratte sul mezzo scrivente. Se talvoltavediamo gli allievi accusare dolori allaschiena, o alle braccia, o alle spalle, èperché hanno fatto lavorare muscoli chedovevano rimanere in assoluto riposo.Ne consegue, così, che risultano reazionivisive prima, e muscolari poi, confuse,incerte, che provocano movimenti disor-dinati e quindi segni arruffati, sporchi,che nulla hanno a che fare con lo stile, ilcarattere, il genere della scrittura steno-grafica. Bisogna invece puntare sulla di-sciplina dei movimenti, sulla chiarezzadelle immagini più che sulla veloce rea-zione agli stimoli, la quale, negli indivi-dui, è quella che è. Non si può modifica-re il comportamento motorio e l’equa-zione personale. Si può invece arrivarealla disciplina dei movimenti (dopo lasensazione uditiva) e al preciso utilizzodell’attività muscolare, che facilitanol’atto dello scrivere e contribuiscono allachiarezza delle immagini visive e mu-scolari.

Fermiamo un momento la nostra atten-

Un gruppo dipartecipanti alCongressointernazionale distenografia,svoltosi a Milanonel 1957,qui in visita aFirenze, sulPiazzaleMichelangelo,l’8 maggio

3 L'avv. Giustino Madia, dell’Unione Stenografi-ca Lombarda di Milano, raggiunse la spettacolarevelocità di 550 sillabe al minuto! Ne ebbe in pre-mio una macchina per scrivere Triumph e millelire (ma allora era l'epoca in cui si cantava “Sepotessi avere mille lire al mese”).4 1920-1995. Era dotato di un eccezionale virtuo-sismo e di una tecnica di non comuni sottigliezze,in uno scavo interpretativo esasperato, nella ricer-ca della perfezione, soprattutto timbrica, specienell’amatissimo repertorio di musiche di Chopin,Debussy, Mozart, Beethoven.

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Per arrivare all’abilità stenografica,dalla più modesta alla più elevata, occor-re che il discente acquisti padronanza as-soluta dei movimenti, cioè giunga all’au-tomazione dei movimenti, alla loro disci-plina. A ciò si giunge solo attraverso laripetizione graduale, metodica, costante.La ripetizione facilita i movimenti, quin-di il modo di agire, di dominare gli sti-moli, attraverso la ripetizione di lettere,di parole, di frasi, di brani. Ciò può riu-scire faticoso, anche noioso. Ma qual èquell’apprendimento, che si prefigga ilconseguimento di una abilità e che nonrichieda sacrificio? Forse il pianista godea rimanere inchiodato ore e ore dinanzialla tastiera a fare scale su scale? E ilginnasta e l’acrobata non ripetono millevolte lo stesso esercizio prima che riescabene?

Siamo tutti sullo stesso piano psichico.Raggiunto l’automatismo, i movi-

menti riescono semplici, chiari, precisi, ei segni risulteranno puliti, limpidi, par-chi. Il processo psichico è quello che è,ed è indiscutibile che le applicazioni pra-tiche ai fini dell’apprendimento (cioèconquista dell’abilità, dell’automatismo)devono armonizzare, non contrastarequesto processo. Per tutti i gradi di abi-lità. Diciamolo finalmente. Per tutti igradi di velocità stenografica, dalla com-merciale all’oratoria.

È evidente che se l’allievo è fatico-samente arrivato alla minima velocitàproducendo segni disordinati, scompo-sti, sporchi, ben difficilmente potrà es-sere rimesso sulla buona strada. Chi ar-riva in qualche maniera alle 60/70/80parole al minuto, difficilmente potràandare oltre. Chi si accontenta delpoco, non può che avere poco. Chi èpreso dalla fretta eccessiva del nostrotempo, senza sapersi isolare in un pro-prio rifugio di serenità e di studio, masia invece in balìa di ansie ed affanni,non potrà mai affinare una preparazio-ne stenografica metodica e ripetitiva,che è l’unica strada in grado di portare,con assiduità e sacrificio, a una dellepiù alte conquiste intellettuali dell’uo-mo di ogni tempo, compreso l’uomomoderno. E tuttavia dovrà vederselacon la macchina, che in parte, non deltutto ancora, sta sostituendo questo altostrumento dell’ingegno umano. Forsesarà fatale il tramonto di quest’arte raf-finatissima. Ancora patrimonio di po-

chi. Ma la stenografia rimarrà semprela fase più evoluta della scrittura, nellasua perpetua evoluzione di interpretedel pensiero.

Per concludere, piuttosto che insiste-re sul famoso “currant verba...”5, o suiversi danteschi “a dare intendere quantoè poco...”6, la cui interpretazione èsenz’altro interessante da un punto di vi-sta stenografico, ma che rientra nell’eru-dizione, non nella cultura, ci si dovrà de-dicare, con più profittevoli risultati, aiquesiti riguardanti i tipi di memoria, aiquali abbiamo solo accennato, cercandotutte le possibili connessioni con la ste-nografia, con quelle funzioni mentali,cioè, che sono alla base della stenogra-fia: l’associazione di idee, il giudizio, ilragionamento.

Mi è caro, pertanto, rivolgermi aigiovani, riportando una frase posta amo’ di epigrafe sull’opera immortale diGabelsberger, che qui riporto perché siamotivo di riflessione, soprattutto insi-stendo che lo studio della stenografianon può essere intrapreso con propositiche non siano della massima serietà, nécondotto senza tenacia e volontà. E ciòper evitare disillusioni, sconforto e lacaduta di troppo facili entusiasmi. Per-tanto, ricordo ai giovani le parole di Ga-belsberger: “Ma se alcune cose ti par-ranno oscure, dovrai pensare che niunascienza si può dagli scritti impararesenza interpreti e senza qualche eserci-tazione....”

Documentiamo, qui sotto, queste ultime parole,vergate dallo stesso Zucchermaglio sulla suacartella di appunti stenografici, a conclusionedella relazione ufficiale tenuta a Milano nel ’57

5 Currant verba licet, manus est velocior illis;Nundum lingua suum, dextra peregit opus.

(Marziale)6 Ed a dare ad intender quanto è poco,

la sua scrittura fin lettere mozze,che noteranno molto in parvo loco.

(Paradiso, XIX, 133-135)

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L’ang

olo

dei

giochi Quando anche Dante

si dà all’enigmistica

Ecco la solita manciata di crittografiedantesche ricavate dalla Divina Com-

media (per gentile cocessione di “Dome-nica Quiz” - Rizzoli).(Soluzioni qui sotto capovolte)

1 – Libertà va cercando ch’è si cara(Purgatorio, I-71)

2 – Ecco chi crescerà li nostri amori(Paradiso, V-105)

3 – Di ragionar ancor si mise in cura(Paradiso, XXVI-21)

4 – Trattando più color con le sue mani(Purgatorio, XXVIII-68)

5 – Le sue scritture fien lettere mozze(Paradiso, XIX-14)

6 – E muta nome perché muta lato(Purgatorio, XI-102)

PremiA quanti risolveranno i sei indovinelli inconcorso sarà inviato uno storico libro distenografia. Le soluzioni di questo numerodovranno pervenire in redazione entro lafine di agosto.

ma quelli che van giùsi contano sulle dita.

Icaro

2 – Un prode battaglioneNella mischia calò, strette le file- unite le falangi – con vigore:ecco si scaglia contro un corpo ostilequi un manipolo sferra con furore.La destrezza e la forza entrano in campoe crollerà il nemico, non c’è scampo!

Lucano

3 – Un soldato modelloOrgoglioso del proprio reggimentoquand’è di guardia all’accantonamentofa, con tant’occhi addosso, in pieno assettodei gran presentatarmi col moschetto!

Il Bulgaro

4 – GanimedeDal dì che attinse le alte sferegalantemente fa da coppiere;e a destra e a manca, sien brutte o belle,gli offrono mammole dame e donzelle.

Jorick

5 – Coppi agli inizi della carrieraCon un’azione rapida e sicuralui pedalava svelto in progressione,ma solo quando eliminò i difettimostrò d’aver la stoffa del Campione.

Ascanio

6 – Una storia un po’ tristePur se dopo più e più lesinamenti,la moretta era alfine in pianta stabile!Ma venne un tal, fece un’insinuazione...(non son fole, la cosa fu provata:si trattò di denaro). E fu rimossa.Adesso, batte pure il marciapiede...

L’Angelo

INDOVINELLI IN CONCORSO(Soluzioni sul prossimo numero)

1 – Pochi treni per il SudC’è gente che è partitacon qualche diretto in più,

SOLUZIONI DEL N. 17

Indovinelli1 – L’ombrello2 – L’orecchio3 – Il pesce4 – La porta5 – Il prete6 – Il pugile

1 – Prigioniero2 – Prole3 – Psicanalista

4 – Tintore5 – Stenografia6 – Strada

Soluzioni

REBUS (4 1 10)(Soluzione sul prossimo numero)

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di INDRO NERI

COME FARSI UN PROPRIO SITOE VIVERE FELICI E CONTENTI

B iglietti da visita, poster, pubblicitàalla radio ed alla televisione ormai

riportano inevitabilmente anche un indi-rizzo Internet, il famoso “indirizzo vuv-vuvvu” (www), che nel gergo tecnologi-co viene chiamato “nome a dominio” opiù semplicemente “dominio”.

Ma di che cosa si tratta? In parolepovere, il dominio non è altro che un in-dirizzo che identifica una particolare pa-gina elettronica ospitata su uno dei mi-liardi di computer collegati alla Rete.Proprio come in una città vera e propriaabbiamo indirizzi di case, negozi o uffi-ci, così nella Rete abbiamo nomi a domi-nio per trovare, in maniera univoca, illuogo virtuale che cerchiamo.

Tanti anni fa, si parla del 1995, na-sceva e prosperava su Internet GeoCities,un servizio online che permetteva ai visi-tatori di prendere possesso di una “casaelettronica” in una delle diverse città adisposizione, ognuna delle quali rispec-

chiava le preferenze dei propri inquilinivirtuali raggruppando tutti gli utenti incomunità dagli interessi ben definiti: nel-la Tokyo di GeoCities per esempio “abi-tavano” gli amanti dei fumetti giappone-si e dell’arte e cultura orientale, ad Hol-lywood i cinefili, ad Atene gli appassio-nati della filosofia, a Parigi gli inguaribi-li romantici e la lista comprendeva in to-tale una quarantina di possibili scelte. Inpratica questo servizio, antesignano delmoderno social networking, metteva adisposizione uno spazio personale gra-tuito e la metafora della casa permettevadi avvicinarsi al concetto di sito elettro-nico anche a chi, ed erano la maggiorparte allora, di Rete non ne aveva maisentito parlare o quasi, fornendo loro un“indirizzo” di dominio molto simile aquello di un indirizzo stradale con tantodi “numero civico” (per esempio:www.geocities.com/ Tokyo/1234).

D ieci anni dopo i nomi a dominiosono entrati nell’uso comune e non

vi è più bisogno dell’allora innovativoespediente dei “numeri civici”: il domi-nio stesso fornisce tutto l’aiuto mnemo-nico di cui uno ha bisogno per navigarein Rete ed essere felice. I computer inrealtà comunicano fra loro scambiandosiesclusivamente numeri, quindi quandodal proprio computer digitiamo “fonda-zionegiulietti.it”, questo viene convertitonella stringa numerica ad esso associata,detta indirizzo IP, ed altri computer,chiamati Domain Name System (DNS),dietro le quinte e nel giro di qualche mil-lisecondo, rimbalzando di elaboratore inelaboratore, reindirizzano la nostra“chiamata” alla destinazione corretta,per mostrarci il sito che corrisponde alloURL (Universal Resource Locator, ov-vero l’indirizzo Internet) che abbiamodigitato. Ricordarsi un indirizzo IP nu-merico che può essere anche di 11 cifre èmolto più difficile che memorizzare unasequenza di parole, appunto come nelnostro caso i due termini “fondazione” e“giulietti”.

Ma come si “legge” un indirizzo In-ternet? Lo URL di un qualunque sito ègeneralmente suddiviso in tre sezioni:partendo da destra si ha l’indicazioneprincipale, quella che solitamente indical’area geografica. Per esempio in

I computer comunicano fra loro scambiandosiesclusivamente numeri: digitando un indirizzoInternet, questo viene convertito in cifre, ed al-tri computer, chiamati Domain Name Systemreindirizzano la “chiamata” alla destinazionecorretta, per mostrare il sito che corrispondeallo URL che abbiamo digitato.

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www.fondazionegiulietti.it, il suffisso“.it” finale indica che si tratta di un sitobasato in Italia. Se prendiamo ad esem-pio www.free.fr invece, la “.fr” indica unsito francese. Alla stessa maniera, l’e-stensione “.de” denota siti tedeschi, “.es”quelli spagnoli e via dicendo. Il numerodei suffissi disponibili, da qualche anno,è aumentato per supplire alla grande do-manda di nuovi nomi a dominio, ed ac-canto ai .com (siti commerciali) è adessoanche possibile acquistare siti con esten-sione .info (informazione), .mobi (mobi-le, ovvero siti ottimizzati per essere con-sultati tramite i telefonini cellulari), .biz(business, ovvero relativi al mondo dellavoro), .name (siti intestati a nomi pro-pri), o suffissi “continentali” come .euper l’Unione Europea e .asia per il conti-nente asiatico.

La seconda parte del nome a domi-nio, sempre partendo dal fondo, è quellaesclusiva ed univoca che identifica il sitovero e proprio. Nel nostro caso si tratta

Il logo della Internet Assigned NumbersAuthority (IANA), l’organismo internazionaleche si occupa di assegnare indirizzi IP per cia-scun sito Internet. La IANA classifica i dominidi primo livello in tre tipi differenti: domininazionali usati da uno Stato o una dipendenzaterritoriale costituiti da due lettere (per esem-pio “.it” per l’Italia o “.eu” per l’Unione Euro-pea); domini generici costituiti da tre o più let-tere (per esempio “.com” per le organizzazionicommerciali; la maggior parte di questi dominisono disponibili in tutto il mondo, ma per ra-gioni storiche “.gov”, “.mil” ed “.edu” sono ri-servati rispettivamente al governo, all’esercitoe agli enti educativi statunitensi); domini diprimo livello infrastrutturali (il dominio di pri-mo livello “.arpa” è l’unico esistente).

Una vecchia pagina di GeoCities all’indirizzo1837 di HotSprings. Nato nel 1995 questo ser-vizio online permetteva ai visitatori di prende-re possesso di una “casa elettronica” in unadelle diverse città a disposizione, ognuna dellequali rispecchiava le preferenze dei propri in-quilini virtuali raggruppando tutti gli utenti incomunità dagli interessi ben definiti.

Uno zerbino che riporta l’indirizzo IP che nellinguaggio numerico dei computer corrispondea “home” (casa). Altri curiosi zerbini li trovatenella raccolta di approfondimenti online.

di “fondazionegiulietti”. I caratteri am-messi in uno URL sono tutte le cifre (0-9), le lettere (a-z) e il trattino (-). Il nomenon può iniziare o terminare con il tratti-no ed i primi quattro caratteri non posso-no essere “xn--” (sequenza riservata anomi a dominio con accenti o caratterinon-latini). Infine il nome di un dominio.it ha una lunghezza minima e una mas-sima consentita, rispettivamente 3 e 63caratteri.

Sempre da destra a sinistra abbiamoinfine la terza parte, il “www.” che inrealtà non è ormai più indispensabile:digitando indifferentemente sia http://fondazionegiulietti.it che http://www.fondazionegiulietti.it per esempiosi accede comunque al sito della Fonda-zione. L’unico caso in cui il www non ènecessario, ma anzi previene il correttocollegamento è quando il sito ha un sot-

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Una raccolta di approfondimenti suquesto articolo, incluso l’elencocompleto di tutte le estensioni dinomi a dominio, si trova all’indiriz-zo www.nerisatellite.com/navigandoselezionando il link “Sito dolce sito”.

chiama HyperText Transfer Protocol), unpo’ come se questo articolo cominciassecon la parola “Italiano” per far capire allettore a che idioma appartengano le pa-role che seguono, e serve per interpretarelo URL (www.fondazionegiulietti.it)come un indirizzo Internet, ovvero la ri-chiesta di un trasferimento ipertestuale,evitando che venga confuso, se ciò fossepossibile, con un comando di sistema.

O ttenere il proprio dominio perso-nale è un’operazione abbastanza

semplice. Prima di tutto bisogna verifi-carne la disponibilità. Per sapere se undominio .it è libero o registrato è possi-bile consultare la banca dati all’indirizzohttp:// www.nic.it/SR inserendo nell’ap-posito spazio il nome da controllare (peresempio “fondazionegiulietti.it”, senzafarlo precedere da “www”). Se il nomescelto fosse già stato preso, è semprepossibile provare con una versione leg-germente differente (per esempio fonda-zione-giulietti.it, lafondazionegiulietti.it,giuliettifoundation.it, eccetera) oppu-rencontrollare se il dominio fosse dispo-nibile con altre estensioni (per esempio:fondazionegiulietti.eu, fondazionegiu-lietti.com, fondazionegiulietti.info, ecce-tera) su siti internazionali come network-solutions.com.

Una volta ottenuto (registrato) il do-minio, si deve anche acquistare uno spa-zio fisico sul quale caricare le propriepagine elettroniche, su un computer chenon è il proprio computer di casa ma unserver che rimane acceso ed accessibile24 ore su 24. Generalmente l’opzione dihosting (così si chiama in inglese l’ac-quisto dello spazio per il proprio sito)viene offerta assieme al dominio al mo-mento della registrazione, assieme allapossibilità di usare strumenti online perla creazione vera e propria delle paginedel sito.

todominio, ovvero lo URL ha una o piùparole prima di quella esclusiva. Un in-dirizzo simile avrebbe questa forma:http://riviste.fondazionegiulietti.it dove“riviste” è il sottodominio e non richiedeil www iniziale. Cercando di collegarsi ahttp://www.riviste.fondazionegiulietti.itsi riceverebbe infatti una pagina di errore.

Infine, il prefisso “http://” che digi-tiamo prima di tutto il resto, serve alcomputer per capire con che “linguag-gio” gli stiamo parlando (il linguaggio si

Sigle fortunateAvranno poco gli abitanti di Tuvalu, ora che anche le ac-que del Pacifico per via dell’effetto serra globale stannocoprendo i ventisei chilometri quadrati dei nove atolli dicui è composta, ma se non altro il dominio Internet asse-gnato a questo piccolissimo Stato polinesiano, “.tv”, èuno dei più popolari sul mercato, e fa gola specialmenteai grandi network televisivi. Lo hanno capito subito gliamericani della ditta VeriSign, che nel 2000 hanno fonda-to dotTv, una azienda dedicata alla commercializzazionedi questa estensione ed hanno contattato il governo di Tu-valu per acquistarne i diritti. La proposta è stata accettatae per cinquanta milioni di dollari da pagarsi nell’arco didodici anni, il governo di Tuvalu ha affittato alla dotTvl’uso del lucrativo dominio. Tranne per alcune combina-zioni riservate (come “.com.tv”, “.net.tv” ed “.org.tv”)chiunque può adesso liberamente comprare un dominio“.tv” pagando una cifra che in parte viene destinata al go-verno ed agli abitanti stessi di Tuvalu. Altri domini checondividono una simile fortuna sono “.fm” (Micronesia),“.am” (Armenia), “.cd” (Repubblica Democratica delCongo, ex Zaire) e “.dj” (Gibuti) che si prestano facil-mente ad essere usati per siti Internet di aziende musicalie radiofoniche. Anche il nostro “.it” viene guardato conun occhio di riguardo dagli imprenditori anglofoni, vistoche si presta ad un semplice gioco di parole (“Buy it” peresempio in inglese significa letteralmente “Compralo” edil dominio “Buy.it” – così come “Play.it”, “Eat.it”, ecce-tera – pur essendo italiano, ha senso compiuto anche inlingua inglese).

La capitale di Tuvalu,sull’atollo di Funafuti, nell’Oceano Pacifico del Sud.