sotto tutte le bandiere
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Poesie scritte da Andrea Gerardo NappiTRANSCRIPT
Il Laboratorio - le edizioni
© 2010 Andrea Gerardo NappiSotto tutte le bandiere fa parte del progetto poeticoA mille miglia da Damasco – La voce rauca di Dio
Il Laboratorio - le edizioni80035 -Nola, Piazza Trinchese 18
Andrea Gerardo Nappi
Sotto tutte le bandiere
© 2010 Andrea Gerardo NappiSotto tutte le bandiere fa parte del progetto poeticoA mille miglia da Damasco – La voce rauca di Dio
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1
C’è qualcosa che ci sfuggeuna parolaun déjà vuuna erezione maliziosauna traccia d’incantouna verità dimenticata da anni nel taschino
C’è qualcosa che ci sfuggela vita che si ritirala gioia che più non si rammendal’amore che nemmeno a comprarselo
C’è qualcosa che ci sfuggee va sempre più veloce
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mulinello nel cervellovertigine del cuore che piùnon si rallegra
C’è qualcosa che ci sfuggeaccelera nel vuotoammassa i giorniaffolla la tristezzae niente più c’è da scoprireda inseguire
E di quel qualcosache ci sfuggeresta solo una linea di amarezza.
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Nutri il tuo sguardo di virtùDì e fa ciò che è veroAgisci per felicitàCommercia in ideali e respingi le illusioniConcedi fiducia a chi non crede in teRiempi il tuo nulla con il Verbo che tutto rivelaLascia gli specchi e mettiti in camminoLa scrittura sia il tuo unico riparoRespira il Divino ma rispetta l’Infinitoche guida i tuoi gesti
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Ricordati di santificare il dolorequando il tuo cuore è colmo di allegriaMetti il cilicio alla tua infelicitàquando tutto sembra perdutoScegli per quello che seie non per quello che presumi di valerePer dare usa le mani non il pensieroGli onori siano dati ai primii doni agli ultimi
A te basti la vita.
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Guardo la pioggia cadereNon voglio dormireNon prendo le pilloleMi stupisco che ancora qualcosa mi commuovee per incanto il dolore che mi circondacessa di esistere.
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La polvere si alzò in piedie tutte le cose vennero a noiTutto ci venne offertoper ogni sguardo c’era una scopertama ingordi e rapacicominciammo a divorare ciò che per noi era stato creato
Lo sguardo innocente diventò minacciosoandammo a caccia del Padronema Luiche sciocco non erasi rese irreperibileinvisibile
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Stanchi di guardare in altovolgemmo lo sguardo in bassoe capimmomentre precipitavamosenza trovare un appiglioche le cose non sarebberovenute più da noinessuno mai ci avrebbe regalato più nulla
Il nostro sguardo ci aveva condannatoa diventare pratici.
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Da questa vetta il mio odio vi parlaMuto è il mio cuoreI miei comandamenti li avete seppellitiall’ombra di un prunetoI miei dettati li avete fusi nell’oroNon avete ascoltatoNon avete ubbiditoVi ho liberato dalle cateneDovevate essere il mio popolo elettoma voi innalzate i cuori a idoli morti da tempoDove sono i vostri occhi?Io vi accecherò per sempreNon mi vedete perciò non mi temeteI sensi ci dividono
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Io, Dio invisibile, non vi convincoImmaginare, non vedereera il vostro compitoperché non mi amate?Non vi ho forse liberato dal Faraone?Per voi non ho aperto i mari?Forse, è arrivato il tempo che Io, Diodiventi uno di voiMi amerete?Mi rispetterete?Ho bisogno di fare quattro chiacchere fuori dal tempo e dalle regoleMi amerete?Mi rispetterete?Chi lo sa!
Come Dio non ho nulla temerecome uomo è meglio che cominci a preoccuparmi.
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Giuda, come va?Hai bevuto il cappuccino?Hai mangiato le ciambelle?
Stanotte ho sognatoche pescavosulle rive del Giordano
Ero finalmente feliceero serenonei miei occhi non c’era più sangue
Nulla mi distraevai pensieri di morte li avevo lasciati a Gerusalemme
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Tutto era fermo ed innocentecome nel primo giorno della Creazione
Immerso nelle acque fredde del torrentemi ripetevo“Prima o poi troverò la forza di agire”
Finchè ero fermo sulle rive del Giordanotu non saresti riuscito a trovarel’albero giusto a cui impiccare la tua colpa
Fermo iosalvo tu
Poi, mi è venuto da pisciaremi sono mossomi sono spostato controventoe solo allora i corvisi sono messi in volo.
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Tutto ciò che sapevoora non lo so più
Avverto smarrimenti di identitàperdite di intere memorie
Frugando nei cestini cerco di ricostruireun accettabile puzzle per questa vita che si smembrasi frantuma
Sciupo il mio tempo in gesti quotidianimangiare, bere, cercare di eiacularee non mi ricordo più
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di chi era sposa Clitennestrae confondo i romanzi di Tolstoicon quelli di Turgheniev
Tutto ciò che sapevoora non lo so piùcome se mi avessero condannato a diventare una gelatinain giacca e cravatta
Spariscono dal mio sangue gli eroi grecile ninfe e le museAgostino e PlatoneEraclito, Anassimandro e pure Anassimenee sillabando i loro nomi cerco di salvarlima nientetutto sparisce tutto va a finire nel tritacarnee di me potetese volete fare pure polpette
Ora vi è concesso.
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Le montagne si getteranno nel mareIl cielo precipiterà nell’odioI lupi divoreranno i lupi(e solo la neve coprirà il sangue dei massacri)La perfezione si trasformerà in uno sciocco ricamoIl lezionario sostituirà la coscienzaL’amore soccomberà alla viltàDi questa umanità resteranno soloframmenti di verità, esercizi di volontàe il computo dei sacrifici fatti in nome della libertàLa morte non spaventinascere è stata una follia peggiore.
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Ogni tanto incontri qualcunoche ti ha fatto dono della vitae pretende che tu lo abbraccilo chiami con voce infantilestrozzata dalla commozione“Papà” mentre l’altra dall’ospizio ti telefona “Sono la mamma, quando vieni a trovarmi?”
Ma non erano tutti morti?
Ogni tanto incontri una donnache giura che sei stato l’unico uomo della sua vita
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ma il vizietto di strizzare l’occhio al fringuello del tavolo accantonon l’ha di certo persoma finché è lei a offrire la cenapuoi sorridere delle sue innocue menzogne
Ogni tanto non incontri più nessunoe per Dio e per l’uomo l’anima, finalmente, si rasserena.
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Ti spiegherò la fedeche ho nell’inquietudineTi parlerò dell’imponderabilecon cui rammendo i miei giorniAllevo il dubbioMi addormento senza mai una certezzaDiffido del mio orecchiodei miei occhisospetto finanche delle mie maniSmetto di essere quando pensoeppure non riesco a trovare un’altra distrazione.
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L’ordine della disperazioneIl registro dei deliriIl disagio delle profeziee infine il sacrificio della verità.
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Inaudita è la mentecrea mondi, miti e passioniprende il piacere e divide il doloreInaudita è la mentecrea corpi, bellezze e libri da abitareInaudita è la mentescopre memorie e inventa numeri segreti per restare nel giro del tuttosenza mai precipitare nel nullaInaudita è la mente.
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Vivi l’erroretratta la virtù come una serva scioccae la verità come una vecchia puttanaVivi l’erroreprecipitati nel peccatocorrompi la felicità fino a trasformarla in un singhiozzoVivi l’erroretra scegliere e agire metti a dormire la ragioneVivi l’erroreIo sono ciò che non è mai esistitoe che d’ora in poi esisterà per sempreIo sono te e il tuo doppio
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io sono il nulla che ti verrà a rapireio sono la morte che nega ogni moralela fine del limite
Vivi l’erroree per un po’, ti promettoti restituirò alla vitacercando un altro passatempo.
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Ti parlo ma non ascoltidivori un gelato a fragola e limonee invii un sms a chi sa chiTi accarezzo la nuca Ti frugo con le mani sotto la gonna di tweedTi sussurro all’orecchio che sei una troiama nulla sembra più eccitartiSbavi per un altro uomo o un’altra donna?E chi controlla più i tuoi desideri!Sei così viva che mi spaventi
Io appartengo al passatoho fatto un viaggio inutilel’amore come la carne si corrompeè ora che me ne faccia una ragione.
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Accartoccio e getto nel cestinono, non nel camino, l’ultima poesiaSono quattro versi sciocchima perché buttarli via?Lascio vivere questo foglio stropicciatoche per tutti diventi la Poesia Ignotail monumento di carta di tutto ciò che è stato cancellatobruciato, scartato e mai pubblicatoLa Poesia Ignota sia affissa in ogni cittàin ogni villaggio, la si studi a scuolala si impari a memoriacon questo piglio un po’ retoricoperché Lei non cerca gloria ma solo un attimo di attenzione.
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Se fossi stato abilemeno impetuosopiù riflessivoaccettando qualche consiglioseguendo le regole del giocotrovando come tutti scorciatoielucidando qualche scarpasarei un altro o il solito fallito?Nell’attesa di una rivelazionetorno alle paroleSono loro che mi incitano a resistere.
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Appendo la caffettiera al muroe sui fornelli metto a cucinare quadri rubati all’ultima BiennaleUso la bici per attraversare il lettoi libri li ho messi tutti in frigoin attesa di leggere versi non adulteratiMi alzo alle due di nottee vado a dormire alle sei del pomeriggioLa sveglia l’ho regalata al cane del vicinoperché sappia regolarsi quando abbaiaresenza troppo disturbarmiFaccio tutto alla rovesciaper raddrizzare questa vitama il destino più non fa le fusaalla mia inquieta fantasia.
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Ho mutilato il mio corpocome Edipo mi sono accecatoe di tutti gli altri sensi mi sono privatoricorrendo all’aiuto di un esperto(pagando si ottiene sempre tutto)Ho ancora un cuoreuna mente e un respiroche vuole andare avantiPerché ho fatto scempio del mio corpo?Suicidarsi mi sembrava troppo sempliceDisfarsi di parti vitali continuando a sopravviveremi sembrava più coerente con il mio progetto:punirmi per eccesso di esistenza
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Sono un relitto eppure dentro di me avverto l’orgoglio di appartenereancora alla vita.
È grave?
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Le mie camicie non saranno messe all’astanemmeno le mia giaccheil mio vecchio pc lo getteranno in una discarica abusivacosì come i libri dei miei tre maestriUseranno di certo per anni le mie caffettieree le mie lenzuola Del mio affezionato plaid scozzesefaranno stracci per la polvereLe riserve di zucchero e i cinque kili di pasta all’uovoe l’olio speciale di Trieste se lo divideranno i becchiniSe lo porteranno a casa
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come bottino di guerra La mia collezione di cioccolato fondentese la papperà l’infermiera grassa che invanocercherà di sedurmi negli ultimi giorni di degenzaIl mio spermache con cura conservavo in freezer(per donarlo alla scienza)sarà lasciato a marcire tra ghiaccioli alla menta Di me non resterà nullané si troverà una donna o un chicchesiache per me verserà una lacrima
La morte non riscatta nullaè l’unica consolazione di cui andrò fierose riuscirò a mettere un piede nell’aldilà.
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Cos’è il desiderio?Dove si nasconde il rimpianto?Quando franerà la tua sorte?Come riuscire a fermare il “non ancora”?Chi ucciderà la superstizione?Chi sposerà la coscienza?Chi sarà il primo a naufragarenel proprio destino?Ho finito da poco l’inventario delle passioniC’è poco spazio per tenerle tutte su di girima c’è abbastanza tempoperché ognuno di noipossa negare a se stessodi essere se stesso
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La verità si rinnega quasi per difetto di esistenza
Rullano i tamburic’è un altro amante della morteche sputa in faccia a chi si nascondea chi si negaa chi non risponde
Preparate il rogo.
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Anche oggi abbiamo lavoratonavigato tra Leopardi e Schopenauerlavato i piatti, stirato le camiciefatto l’appello alla spazzaturaLa folla e l’ira ingrassano i maialie scrivere senza usare gli occhialimi appare come il mio ultimoatto di coraggio.
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Decisi di tornare alla filosofiadopo trent’anni di bagordiquando in un libro di Bukowski“Una notte niente male”edito da Guanda nel 2008trovai una “mia” poesia pubblicatadue anni prima
Bukowski aveva scritto quella poesia (che assomigliava alla mia)ventanni primaplagiandomi senza pudoreanche se agli occhi del mondo ero io il falsario
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Come potevo combattere con il mio Maestro?Sul suo passo sul suo terreno non sarei arrivatoda nessuna parte
Tornai alla filosofiapregando gli Deiche Buk dopo mortonon fosse ancora in grado di cancellare i miei versi.
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Nel tuo tempo non c’è più tempoma solo spazio che si restringeSpavalda resta solo la ricercamentre una veritàuccide un’altra veritàDove ci doveva essere potenzac’è assenzaDove ci aspettava un ruoloabbiamo deciso di non partecipare.
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Mi fanno incazzare gli scrittori di successoche si fanno intervistare davanti alle loro libreriepulite, immacolatecon i libri in fila ordinaticome se da sempre nessuno li leggesseo almeno li sfogliasseQuesti letteratibaciati dalla fortunanon si fanno mai intervistaredavanti a un piatto di spaghettisdraiati sul lettoo mentre in doccia tentano di farsi una sega
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No, le telecamere li riprendono sempre sommersida migliaia di libriMa qual’è il sensodi questa messinscena?Cosa vogliono trasmetterci?Che i loro scrittivivranno in eterno Puah, tra dieci anni nessuno si ricorderà di loroalmeno lo spero per la mia bile
L’invidia mi avvelena il sangueè ora che mi decida a comprare una libreria.
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E se ci arrendessimo adesso?Sospendendo la battagliaperché non c’è più coraggioper ingoiare un’altra sconfitta?E se restassimo fermi, chiusi in casa a consolarci con questo annuncio di gloria con questo ultimo tentativo di sfidare la sortecon la spada in mano e le pantofole ai piedi?Sì, uccidiamo l’ambizioneil fare pressuppone impegnoil mondo è già pieno di boria e proclamiArrendersi un attimo primanon è tanto disonorevole
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Che il nostro impavido sguardo la smettauna volta per tuttedi dare slancio alla vitaentusiasmo al cuore
Ma è un attimopoi torno a dare ordini
Che si preparino i cavalli e si affilino le spade
Tutto è pronto, tutto è deciso
Andremo a combattereperché non si può essereclementi verso se stessi.
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I numeri non muoionosi moltiplicanosi dividonosi appiccicano l’uno all’altrocopulando tra di loroI dispari inculano i pariin una ineguagliabile Sodoma algebrica
I numeri non si guardano mai negli occhima sempre di sbiecoNon si affrontano mai vis-à-visma sempre con un +un - un x o un :
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a separarliI numeri si odianoe ognuno si crede più importantedi quello che lo precede
I numeri soffrono di torcicolloe di gastriste ma non periscono mai
Sono i numeri che ci governanoma lo fanno con discrezionesenza dare troppo nell’occhio
Ecco perché amo i numeri.
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Vivo tra oggetti antichiIl pensiero si è fermatoun po’ di millenni faDa allora pochi passi in avantiSolo proiettandominel passatoriesco a sfidare i giganti del Pensieroalleandomi ora con l’unoora con l’altroProvo un po’ di vergognama non esito a combatteresotto tutte le bandiereMi basta restare all’angolo dell’eroedi cui la sera prima ho letto le gestaÈ vero porto il secchio e la spugna
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ma quando c’è il colpo del K.O.muovo nell’aria i pugnidisegnando colpi perfettie per un attimo sento di aver vinto anch’iopartecipe di un’infinita grandezzache mi rende immortaleper circa dieci secondi.
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Non ho migliorato il mondonon sono stato d’esempio a nessunoho giocato a dadie la posta era sempre la mia vitacontro quella di un altroNon so se ho incontrato maiun avversario che mi valessema il gioco è giocoe io ho tirato i dadiSempre ho vintosempre ho bevuto il sangue del mio avversarioscopato le loro mogliviolentato le loro figlieuccisi i loro eredi
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Sono stato spietatoma ho giocato sempre in modo lealeLe regole sono state sempre chiareo tutto o nienteOra sono riccodannatamente riccoma solo come la morte Ho ucciso anchei miei figliperché mi sembrava giustoche qualcuno pagasse i miei debitiLi ho messi al mondo li ho nutritisolo per sacrificarli agli DeiPrima o poi perderò ai dadiè scritto, è scontatoMa quel giornoci sarò io solo a giocare contro me stesso.
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Non mantengo mai un impegnoInizio mille cose e ne porto a termineal massimo una o dueNon onoro i miei debitiNon rispetto le regoleTradisco la fiducia di chi è così sciocco da concedermelaAmo per tutta la vita solo un giornoVivo nel presenteun protagonista del momento
Rido in faccia a chi mi accusadi essere incoerente
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Visto come vive l’uomosospeso tra vita e morteun po’ di svago mi è concessoSolo chi non guarda dentrola sua esistenzasi sente in dovere di essere coerente.
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Ho preso casa nell’universosì, sìcome spiegarti?Vai al nord poi gira verso sudsvolta ad ovestconta fino a millee fai una bella inversione puntando a estsì, sìhai capito benese ti perdial limite mi richiamiHo preso casa nell’universonon è grandenon è piccolanon è di lusso ma nemmeno
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la definerei modestaè come la volevopochi confort e niente tvVicini non ne hoalmeno non li vedoOgni tanto arriva qualche vocedal passato come la tuaPerché, dopo anni, ti sei ricordata di me?Vuoi sapere se ti amo ancora?Che sciocca!Sai bene che non ho mai saputo risponderea questa domandaOra che sei quasi arrivatanon distrarti con i ricordivai qui poi salta lìmuoviti a zig zag per un’oraquindi corri sempre drittosenza paura di sbagliareSe ti perdi, richiamati aspetto per colazioneQui è tutto così tranquillocosì perfettocome mai nella mia vitaMi sembra di sognare
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Vivo senza affannisenza affitti da pagaresenza sentirmi in colpaperché non pago le bolletteVivo del miosenza più ira e rancoreCara, ti sei persa?Perché non rispondi?Tranquilla, ho preso casa nell’universoPrenditela pure comoda in ogni dove mi troveraiquando prima o poi arriverai.
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Sono andato al cinemada soloVivo da soloquindi è normale che al cinemanon vada in compagniaVivo senza nessuno che mi giri intornola gente mi stremama andare al cinema da solocertifica in modo assoluto la mia perfetta solitudineAl cinema sono arrivato con un’ora di anticipoHo comprato il bigliettomi hanno assegnato un postocome sull’eurostar
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Odio i posti assegnatiho insistito per avere un posto liberouna poltrona variabilema l’addetto è stato irremovibileErano anni che non mettevo piedein un cinemaTutto è cambiatoAl bar ho ordinato da bereper tirarmi un po’ sue ingannare l’attesapoi quando hanno aperto la sala sono andato a sedermiEro l’unico spettatorema quando mi sentivo al sicuronel buio dei titoli di testaè entrata la follae lo spazio si è ristrettoe la gente era su di meaccanto a me davanti a me sopra e sotto di mepop corn, gelati, coca colae rutti da birraEra una folla assassinavolevano il mio sangue
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non c’era tempo da perderesono fuggito fuori dalla salaprima di essere soffocato per sempreIn cielo c’era un’immensa luna pienal’ho guardata fotogramma dopo fotogrammaNon era un filmma era bello lo stessoforse di piùe per un attimonel parcheggio del cineplex mi sono illusoche la luna andasse in scena solo per me.
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Mi chiedi di prendere una decisionepiù non si può aspettarecedere bisogna agli assalti della sorteMi solleciti a deciderea scegliere tra l’uno e l’altra opportunitàStare fermo non è più possibileAgire è imperativo– Vado– Sei sicuro?– No, ma vado lo stesso.
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Era notte, sempreun fuoco era acceso (sempre)Su una parete apparivano ombre di corpi nudiche si accoppiavano tra loro (sempre o quasi)
Il cinema, i dvd, sarebbero arrivati millenni dopo
Le ombre erano la realtà, l’unica
Masturbarsi era un’attività (l’unica)dove era possibile specchiarsisenza sentirsi schiavi
Un atto di libertà.
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In un sacchetto della spesaho messo tagli di prima scelta di Platonefrattaglie di Eraclitofegato di Gorgiaun litro di Pirronee i frutti ventosi di Agostinoe ho regalato tutto a LeiMusa a cui non importa un fico seccodi essere una musa
Insieme, mentre io la spogliavoe lei mi sbottonavaabbiamo riso della dialetticae delle cause finali
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Abbiamo lasciato fare ai nostri corpi
Il sacchetto preziosol’abbiamo perso nella metropolitana
Liberi dal pensierogli orgasmimi sono sembrati di una fattura specialedirei più completi.
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Chi vuole morire, muoia(prego, si accomodi pure)
Vivere è un breve malessere
Spezziamo, fratelli, insieme il TempoForse, non accadrà nullao forse riusciremo a inventare un’altra esistenzasenza una data di scadenza.
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Prometeo rubò il fuoco agli Deie lo regalò agli uominiGli Dei lo punironocon grande severitàservendosi di un’aquila
Nessun uomo corse in soccorsodi Prometeolo lasciarono da soloincatenato ad una roccia a consumare la sua condannaper l’eternità
Da alloraun fuoco restò sempre acceso
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tra gli uominima nel loro cuoreil coraggio si spense per sempre.
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Ancora?!Ancora, mi sveglio con queste erezionicon questo desiderio che diventa doloreper assenza di contattoMaledico queste dannate erezioniNon serve a nulla indossare tre mutandecontinuo ad avere erezionie questo dato di fatto mi spinge all’azioneChi comanda è il mio cazzoè lui l’imperatore dell’imperoE con sorpresa decido di usciredalla depressione
Il desiderio mi rende vivoalmeno fino al prossimo orgasmo.
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Svogliato e immacolatovivo per inerziaper incapacità a compiere atti impuriUn uomo di buona volontàall’apparenzama in realtà vittima del suo scarso impegnoUno sbaffo di vita, di coloreuna crepa del temponel grande affresco che raffigura l’universo.
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Ho il record dei fallimentiOgni giorno ne aggiungo uno di nuovoHo una dote innata nel fallireSono un talento dello sbaglioche però non è mai fatalealmeno nel mio casoIl fallimento si ripete, si rinnovasi abbellisce diventa quasi perfettoIl fallimento come arte per pochi elettiSbaglio da quando sono natoGenitori, fratelli, religione scuole, amori, amici, lavorimatrimoni, scommesse
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tutto una sfigaNon è una consolazionema nemmeno un disonoreChe ci posso fare?NullaSolo continuare a fallire
È la cosa che so fare meglio.
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Chi cospira contro chi?Chi sospira per chi?Chi si ispira dinanzi a chi?
Come sarebbe bellocontinuare a giocare con le parolese non ci fosse l’affitto da pagare.
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Quanti sì abbiamo dettoquando sarebbe stato giusto dire no?Quanti no abbiamo urlatoquando agire sarebbe stato onesto?La somma dei si e dei nomoltiplica, divideesagera, rimpicciolisce la nostra vitaNon si può tornare indietrole scelte fatte non si possono cambiarema se dire sì ci è sembrato opportunoe dire no ci ha salvato dall’angosciaallora lasciamo l’algebra sulla lavagna
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e per una voltagodiamo di noi stessisenza però troppo esagerare.
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Non ho mai capito un cazzo di nullaMi sono sempre fatto domande sbagliatee le risposte sono state un disatro annunciatoTrattenerti con la forzamio unico beneè stata una folliaOra ti lascio andaretranquillaprendo solo, per ricordo, una ciocca di capelliAspetta, posa le valigie dell’addiola porta è chiusa e la chiave ce l’ho ioDove vuoi andare?
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Non facciamo scenateNon disturbiamo i viciniTranquilla, ho promessoti lascio liberati lascio andare viamio unico benetaglio, solo per punirtii lobi delle tue orecchieNon sentirai dolorepromessoHo amato solo teTi avevo avvertito che saresti stata solo miae di nessun altroSu, su non irrigidirtinon avere pauraHo promesso ti lascio andarema fammi spiegareChissà quando avremo un’altra occasioneHo voglia di tesei così bella, così eleganteche mi sono eccitatoAnche tu lo seilo so
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Nel tuo sguardoperò, c’è odionon riesco a scoparti se mi odiScusa, ti chiudo gli occhie ti sfilo le mutandineDovrei ammazzarti per il male che mi hai fattoma sei così calda che ti perdonoFatti faredopo promessoti lascio andare viaOh cara, ti amo, ti amo, ti amoora rivestitiapro la portati lascio andare viasei liberaperché non vai?Vuoi i soldi per il taxi?Tieni, ti regalo la mia carta di creditoNon ringraziarminon dire nullanon lo sopportereiTi dovrei ammazzare per il male che mi hai fattonon muoverti
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resta ferma nella morteora tocca a mefarla finitaVorrei pregarema non lo so fare
Non ho mai capito un cazzo di nulla.
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Per vincere questo torporemi invio degli ultimatumtramite sms“Se non vai a fare la spesaoggi niente trenette al pesto”oppure, più incisivo“Se non ti alzi dal lettoniente vino per un mese”E insomma in tal modoqualcosa riesco a fareanche se cedere a questi ricattiindebolisce il mio Io
Dovrei ribellarmiesercitare il libero arbitrio
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ma non sempre ci riesco
Se abiuroè perché non so rinunciare alla cucina.
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Mi incoraggia pensareche mai tradirei i miei MaestriBruto non sononemmeno Giuda e Mocenigo mi fa davvero schifo
Mai tradirei Casanova, Madame du ChateletVoltaire, invece, sì è insopportabile
Mai tradirei Hem, BukCarver, invece, sì la sua fissa per il salmone mi incattivisce per davvero
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Mai tradirei i miei Maestrima se potessi rubare qualche loro verso inedito sarei pronto a smentire i miei princìpi.
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Fin da piccinomi frullava in testa la mania del suicidioNessun istinto di autoconservazioneera presente in meDa grande volevo fare il kamikazeintanto mi esercitavomettendo chiodi nelle prese elettrichebuttandomi nei pozzigettandomi dalle terrazzerubando il pastone a terribili mastini napoletanilanciandomi nel fuocofacendo a botte con quelli più grandi di me(prendendole di bruttoma senza mai farmene un cruccio)
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Chissà perché alla fine mi salvavo sempreCosì fu giocoforza crescereaccettare la vitale delusioni d’amorei quattro in pagellai licenziamenti in troncoNon c’era nessuno prontoa scommettere un soldo bucato sull’ipotesi remota che sarei riuscito a sopravviverePoi, qualcosa cambiòil coraggio sparì e incominciai ad amare la vitama anche a temere di perderlaLa paura di morire divenne un’ossessioneAndavo avanti con prudenza esagerataero diventato uguale agli altriChe iella!
Da poco ho ritrovato in soffitta l’album del mio coraggiole foto sbiadite in bianco e nerocon me ingessato, fasciato, incerottatocon la testa e le gambe rotte
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Che spettacolo ero da piccino!Forse, ancora posso sperare nel lieto fine
Mi sa che mi sta tornando il prurito del suicidio.
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LottiamoLottiamo contro chi ci precedecercando di sopravanzarlonella gara della vitainnescando infinite competizionisanguinose rappresaglie
“Siamo tutti misurati dai nostri atti”“Nessuno può abbandonare il proprio destino”gracchia qualcuno da un altoparlante d’altri tempi
Non serve sgomitare per stare sul palcoscenico
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Suona una sirenaLa salvezza è restare nelle retrovie
Tornate indietroma ho paura che vi siate spinti troppo in avantiperché possiate farcela.
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I miei fratelli si scopano mia mogliema non è colpa loroè lei che apre la porta
I miei fratelli rubano il mio raccoltoe sacrificano sempre e solo i miei agnellima io non protesto
I miei fratelli non sono cattiviè la loro naturasi divertono a prendermi in giroa umiliarmi a bastonarmima io porgo l’altra guancia
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e troppo non mi lamento ho una casauna donnacibo per nutrirmie va bene così
I miei fratelli lo soall’apparenza sono crudelima ribellarsi non è nelle mie corde(chi ha fratelli può capire)Essere schiavo mi dà l’ebbrezza di essere speciale
Come ha detto qualcunosono la forma umanache più si rispecchia nel nulla.
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Gli atomi mi hanno sempre spaventatoSono caparbi, determinatiirriducibili, indistruttibiliPuoi dividerli all’infinitosminuzzarlifarli in mille pezzisempre con miliardi di atomi tignositi trovi a fare i contiSono come i pidocchiil mom non servea eliminarliGli atomi si aggrappano alla vitacon tenacia
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mai riesci a liberarteneper davveroSono fin’anche nella mentee nel pensiero
Atomi prendetevi una pausasmettete una buona volta di girarmi intornodi darmi scosse
Sù, sù prendetevela comoda
Anche a voisia concessa un’ora di ricreazione.
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Socrate non scrisse nullaPirrone nemmenoeppure il loro pensierovive tra di noitra un caffè e lattee due fette biscottateTroppi secoli di frastuonodi sciocchi trombettieriamplificano le voci meravigliose del passatoUn’eco potenteche la ragione coccolae il cuore accetta ancoracon sorpresa.
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Solo due medicivale la pena di onorareNon Ippocrate né Galeno né Jenner né PasteurSugli altari dovremmo mettereLouis e Guillotingli scienziati della morte perfettaMeriterebbero sette nobel alla carrierase i premi fossero una cosa seriaSenza ipocrisiasenza specularcisenza farci tanti soldi soprahanno assolto bene al loro compitoTrecentomila teste tagliate stanno lì
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a testimoniare la bontà del loro lavoro
Un medico può solo aiutarcia morire, null’altro
Louis e Guillotinmi inchino davanti a voi.
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Imbattibili sono le lacrimeImperi e fortunesono nate grazie al misteroche accompagna il piantoTutto si risolvecon la forza delle lacrimeQuasi tutto
Ora capisco perché la morteè rappresentata senza occhi.
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Dormi tranquillanel sudore dei tuoi mille tradimentiDistesa nel mio lettosembri un angeloeppure traspiri sessoMai ti bastaNessun uomo, né due, né treriescono a tenerti testaa domartiTu li stordiscili prosciughie poi vieni a riposarticome un angiolettonel mio lettoA chi posso raccontare la mia pena?
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A dormire non riesco a dormireti guardoti accarezzo
Sei davvero mia solo quando dormi
Sei mia per una parte del giornoe questo mi è sufficienteper andare avanti.
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Chi stabilisce cosa sia giustoo ingiusto?Dov’è il bene o dove si nasconde il male?Qual è il fine del veroo la necessità del falso?Chi stabilisce cos’è l’essenza del mio essere?Dove finisce la mia morale?Chi è il padrone delle mie azioni?
Dio a volte può essere una copertaDio a volte può essere una minestraDio a volte può essere un progettoma Dio non è in me
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In me non c’è nulla che non appartengaa me
La coscienza di questo dettatomi salva, a tratti, dalla pazziadi sforbiciare il cielo.
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Fuori dalle pallechi parla per parlareI simili si mettano in filadietro i loro similiI diversi siano esclusi dal giocoma li si lasci assistereChe nessuno protestiOra, voi, i similiguardate solo meIo sono l’Eterno, il Tuttoe voi una misera partePer quanti miliardi di similipossiate esseretuttavia non siete che un infinitesimo di me
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Non siete che esseri imperfettidifetti dell’esistenzada eliminare ogni giornoperché disturbate la miaassoluta PerfezioneChi sa, tacciaChi ha capito si metta un sasso in boccaAi diversi siano dati gli avanziGodo a banchettare con l’orrore.
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Tra sentire e sentimentoc’è un filo filogicoTra amare e tramarenon vedo oneste connessioniTra giudicare e giudiziotrovo solo doloreTra fregare e fregatac’è solo un mare di scrupoli da attraversareTra controllare e dubitarec’è un legame che stressaTra certezza e ciarpamec’è un trattino di indifferenzaTra legare e legamivive una parentesi perversa
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Tra fare e fattoc’è solo un punto e a capoperché le parole inizianoquando l’uomosmette di essere immortale.
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Oggi spesaspesa grandeSono piovuti dal cielo soldisoldi verinon le solite promessei miseri accontiche rendono grigia la vita
Oggi spesaspesa grandebisogna festeggiarebrindare all’avvenire
Tutto ricominciabasta con le camere in affitto
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basta con i vestiti lisisono arrivati soldisoldi verinon le elemosine degli amicio i pacchi doni delle vecchiecompagne di scuola
Doccia, doppia docciacamicia pulitascarpe lucidatenodo alla cravattagiacca di velluto neroe soldi, soldi veri in tascache toccoper masturbarmi con il lusso
Oggi spesaspesa grandeprima ai grandi magazzinipoi a due ipermercatie infine in libreria
Voglio spendere tuttoavere tanti soldi in tascami fa andare via di testa
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Non so cosa compraresono indeciso sul da farsimeglio sarebbe aspettare i saldima noecco ho decisocompro un atto di chiarezzadue kili di evidenzacinque paia di pensieriun metro di distinzionetre minuti esatti di scienzaotto figure geometriche impacchettate(per fare i regali di Natale)un cappello pieno di favole algebrichedue confezioni di metafisica a cubettidue rasoi di Ockham per eliminare gli orpelli dai miei versi
Oggi è spesaspesa grande.
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È scoppiato il cielogli astri cadono con fragoresulle nostre povere testeCosa resterà dell’umanità?Un po’ di piscioper l’ultimo spavento.
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È quando arrivano i barbariche le donne partoriscono poeti.
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E fu così che il Nientestanco di essere nientedi non produrre alcunchèper assenza di materia e di potenzasi incazzò di bruttoe cominciò a crederea volere, a pensare, a rifletteread agiree da questa incazzattura nacque l’uomoche è un niente che crede, che vuole che pensa, che riflette, che agiscesi agita ma sempre niente restaDal niente si ritorna al nulla
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L’eterno ritorno
Ecco, appunto l’uomo che sparisce nel nulla.
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Quello che valeva ierinon vale oggiL’esperienza non è piùun salvacondottoLa morale, i desideridiventano vizi e i vizi vengono commerciaticon le virtùOgni giorno scoppia una rivoluzionenella tua menteOgni giorno ti svegli e sei diversosei nero, sei giallo, sei arianosei ebreo, sei “gentile” ma anche maleducatoe sei alto, nano, obeso
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o liscio come un grissinoIn un’ora hai cent’anni e dopo un minuto venti e sputi energia come un vulcanoTutto cambia all’improvvisoil mondo si mette a testa in giùe diventi famoso e poi pericolosoÈ un’incredibile accelerazione e scendi e salinella scala dell’evoluzioneSei squalo e sei destrieroo sei solo onnipotenteperché a nulla ti opponiTutto mutapelle, convinzioniun ateo che crede in Dioun eretico che dà fuoco alla sacra inquisizione Non c’è più sostanza, formanon c’è più dialettica tra causa ed effettotra valori ed accidentitutto diventa intermittente
L’esperienza la getti in un sacco
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La ragione la chiudi in un cassettoe tutto ciò che seinon è in relazione a ciò che eri
Tu vai a millementre gli altri vivono tranquilli
Tutto diviene intermittente.
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Ho provato grandi passioniper le paroleper tutte, nessuna esclusaMi sono svenatoper comprarlein ogni luogoParole antichee parole non ancora nateOggi le possiedo tuttedalle più pure alle più scabroseIl mondo ne è rimasto senzaun silenzio spettrale attraversa i cieli
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Sono rimastii gestia commentare la vita.
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Sei caduto di nuovo nel vizio del dubbio?Non è consentitolo sai beneOra più non sfuggirai al destinoche ti insegue
Tramonta la sceltarumoreggia l’infernoreclamando il suo pasto
Preparati!
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Tra i regali inutiliche uno ricevea guardare benec’è sempre unoche è meno inutileLa fascia oscillanteche serve anche da saunaa darmi un po’ di relaxè servita, perché negarlo?La bussola per calcolarela rotta del mio sperma inquietomi ha stupito, perché negarlo?Ma il regalo meno inutileè un telefonino di prima generazione
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un oggetto enormeche scaglio sulle paretiper comunicare alla mia isterica vicinache non è salutare per leistare sempre a far rumore
Mi devo ricordare di inviareun bigliettino di ringraziamentia chi me ne ha fatto dono.
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Il mondo era allo sbandoanche le stelle sembravano ubriacheballonzolavano nei cielicome tirate su e giùda fili di aquiloni
Uomini diventano donnedonne si impegnavano a diventare uominie nel mezzo c’era un gran viavai
Troppo rumoretroppo trambustotroppi pretendevano di sapere
Il mondo era allo sbando
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Ci voleva una guidache dettasse un modo migliore d’agireEt-AutEt-AutEt-Autmi proposi iomi scartarono subitosenza esaminare il mio c.v.
Ero stato FaraoneCesare e Marco Aurelioero stato Dantel’unico inviato a cui Dioaveva concesso in esclusivaun’intervistaEro stato Guglielmoche parlava due volteper farsi comprendereda chi di dovereEro stato l’ultimo Imperatore a cavalloma loro non vollero crederea un povero scemoche non aveva nemmenoun indirizzo email
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E fu così che l’egoismo persel’umanità
Di lampo in lampoi pc del mondo si spenserouno dopo l’altroe internet collassò su se stessosenza nemmeno un singhiozzo
Tutto divenne scompigliotutto divenne tragicosolo i lampicontinuarono a squarciare l’universo
Aprii la dispensaera pienasarei sopravvissuto al prossimo big bang
Ero stato il primo uomoil progenitore del mondoanche se non mi piaceva vantarlo in giro
Anche questa volta
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ce l’avrei fatta
Spinsi un bottone, a caso
L’impossibileera il mio campo.
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Non mi tiro indietroassolvo al mio dovereTengo fede alla parola datatolgo il disturbomi impicco a un pesco in fioreper dimostrare che sono disinvoltosia nel piacereche nel dovere.
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Cosa faròquando non ci sarò più?Avrò uno spazio tutto mio?Gli orgasmi dureranno secolio come oggi pochi istanti?Dove sarà il piacere?Il senso si separerà dalla ragione?Potrò scambiare due parolecon i miei Maestrio anche loro si faranno beffedei miei versi?È questa mancanza di informazioneche mi rende nervoso
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agitato, fragilepericolosoCosa farò quando non ci sarò più?
Nessuno risponde
L’assurdo mi tende le braccia in un disperato gesto d’affetto.
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Guardo la città dall’altoe la trovo scandalosamentesquallidaDelitti, lussuriae nuovi peccatidifficili persino da decifrare
Guardo la città dal bassoe la trovo scandalosamentebellaricca di gioie a me sconosciute
Guardo la città da dentro me stessocamminando nei
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vicoli della mortenelle calli del desiderioe la trovo scandalosamentecostruita a mia immaginee somiglianza
Ma in questa realtà che appareche cambia, che divieneanche io mi sento osservatodall’alto, dal bassoda dentro me stessoda una realtà che toccoe pur mi inganna
Tradito dai sensiconfuso dalla ragioneche trama con l’istintocapisco che non riesco piùa distinguere tra allucinazionie percezioni
L’indefinito mi inghiotte.
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Abbiamo in sortedue destiniUno terribile che ci insegueuno stupendo chetentiamo di raggiungere
Abbiamo in sorte due veritàLa ragione che si illudedi sperimentare gli oppostiLa passione che accarezza le cose del mondo
Abbiamo in sortedue Dio (non dèi)
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Un Dio positivoindifferente alla nostracondizioneUn Dio negativoche sfida il bene, il maleche ci induce in tentazioniche urta e corrompetutto quello che vive in noi
Due, sempre comunque due
In ogni, in certi e in diversiluoghi
Due all’infinitoe per tutti i secoli a venire
Tre non è il numero perfettoè solo una finzioneuna rappresentazione grottescadell’Immensoun inganno matematicoun’astuzia dialetticaper portarci fuori strada
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Due è il numeroche accompagna i nostri giorniil fratello di ogni nostra scelta
Ho deciso di vivere due voltetre sarebbe coprirsi di ridicolo.
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Passeremo da una stanza da letto ad un’altraDalla scelta di tre cusciniall’obbligo di uno
Non avvertiremo il freddoIl caldo non ci farà sudareNiente più caffèniente più appuntamenti segnati sull’agenda
Non avremo più voglia di uscirenon avremo più voglianemmeno di andare a giocareforse solo di piangere
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e ricordare
Sarà un sonno senza fineo una lunga veglia?Qualunque cosa andrà bene
Speriamo che la mortenon assomigli troppoalla vita.
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Tutto si preparaTutto viene svoltosecondo l’ordine stabilitoe la prassi degli esercizi
È un film senza immaginisolo con qualche strip di sonoro
L’apparenza sparisceL’apparire più non serveRestano gli odorii rumoriè l’apocalisse delle immagini
Dopo la torre di Babele
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ci aspetta la confusione della luce
Tutto, poi, diventerà tenebra.
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Quante parole non scritteforse le miglioriNon scritte per pigriziaper articolazione di pensiero
Quante parole non scritteforse le miglioriperché c’era poco da mangiareo perché si era mangiato troppoperché c’era tanto da scopareo perché ci si masturbava sempre
Se avessi tutti questi aborti di paroleSe avessi tutte queste parole
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mai partoritesarei il re del Limboil principe di ciò che non è e mai sarà
Sarei felice di essereun tale re
Come parola LIMBOmi sembra la parola più bella
Se ci fosse una classificauna hit paradeun concorso “Miss Parola” di sicurovoterei per Limbo.
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È chiaro tutti vengono guardatichi più chi meno:il Colosseoil Pantheonl’Acropoli di Atenei Templi di Paestumle Piramidiil Taj Mahale tutte le meraviglie del mondoma resto io l’opera più guardataammirata, fotografata, ripresadi tutti i tempi
Per difendermi dall’assalto
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dei fansmi hanno protettocon una grande muraglia di vetro
Non sono d’accordomi piace il respiro del pubblicoma il direttore ha deciso così
Ho protestato con i funzionaridi Statoe continuerò a farlofinché i tarli non mi consumeranno
Io sono la Cornicequattro semplici pezzi di legnoincollati gli uni agli altrieppure il mondo non riescea vivere senza di memi acclamami applaudesi commuoveforse, però sarebbe ora di cambiare
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qualcosa in quest’operaConvivere con questa scema (che dal centro mi sorride beffarda)non mi diverte affatto
È bruttinanon sa di sessorovina la mia immaginee quella del museo
Domani ne parlo con il direttoreio sono la Cornicemi darà ascoltodovrà farlo
Io sono l’opera più amata al mondo.
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Compro corpi usatihanno odori straniun concentrato di miseriaun distillato di puzzolineun intruglio di porcherie
Ma tant’è!Due puttane al prezzo di unanon perdo di certo l’occasione
Sono lercie, carne andata malema lo stesso mi infilocon la linguain questi corpi usati
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Lecco, ingoio, assaporoun gusto marcioche dapprima mi intristiscepoi mi rende elettricoperché ho la sensazionedi aver fatto un affare
Ora, non temo piùil bacio della morte
Peggio di questogusto marcionulla può più stomacarmi.
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Il bello delle maniè che non sanno riposare
Sempre hanno voglia di farebrigare, curiosaree a volte anche menare
Tra le dita delle manisi nascondel’eterno divenireil senso e la misura dell’anima del mondo.
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Nelle bibliotechevengono custoditi con curatutti i libri morti
Ogni autoreè catalogatoin stretto ordine alfabetico
Scrivi pagineche tentano di raccontarel’infinitoe finisci contrassegnato da un numeroe da una sigla
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Su una panchina strappo le pagine che ho scritto
Le regalo al vento
Chissà se le nuvole sanno leggere.
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Le madri degli assassinisono sempre iperprotettiveAmano alla follia il frutto del loro ventreche pur si è macchiatodi orrendi delittiNon si arrendono alla colpaurlano l’innocenza dei figlianche davantialle prove più schiaccianti alle confessioni più dettagliate
Si ha voglia di diventare assassinisolo per essere oggettodi un amore così assoluto.
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“La merda sempre merda resta”Non cambia da un anno all’altroResiste il rancorebrilla il livorema restiamo fermimotori immobiliabbracciati a questa vitail cui unico idealeè stabilire che nulla vogliamo cambiarein perfetta armonia con il primo versoche meglio ci descrive.
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Se questa vitafosse solo il prologoalla gioiosa commediache ci aspetta in premionell’al di lànon si capisce il senso tragicol’opprimente infelicitàche ci è toccata in sorteAnche se fossimo baciati dalla provvidenzaquesta vita sarebbe solo un surrogatodi quello che ci aspettaMi sa che il teatro è nato con Eschilo ed è morto con Euripide
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In giro ascolto solomonologhiche annunciano la finedi ogni dialogotra l’uomo e Dio.
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Due donne ed ioUn club sandwich in camera da lettoTutto si sparigliaSi è presenti eppure assentiattori e spettatoriin quest’orgia a pagamentoche mi sono regalatoper il mio compleannoPerò, non mi divertoOgni carezza, ogni amplessosa di falsouna volta era diversoSolo il mio spermache esplodesul volto delle due professioniste
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testimoniache oggi è un inatteso giorno di festaanche se nessuno mi ha aiutatoa spegnere le candeline.
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PreghiamoTu che sei la nostra VeritàTu con cui viviamo in comunioneTu con cui dividiamo il nostro pane quotidianoTu che racchiudi in tee dentro di noitutto ciò che èche è stato e saràTu che sei Signoredel tempo e dello spaziolasciaci un angolino dell’universosolo per noidove l’inizio diventi finesenza il timore che tutto si ripeta
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PreghiamoTu che sei Immortalelascia a noi il dolore della mortema anche il piacere della vitaTu che sei Perfettohai un vuoto dentro di te:crei l’universoma non ne godiPreghiamo che Tu non te ne accorgae ci lasci vivere senza la tua ossessiva presenza
(Impara a vivere un po’ da solo)
Tu che sei presente nei nostri errorinei nostri peccatipreghiamo perché Tunon cada in tentazioneperché noi non sapremmocome perdonartiPreghiamoperché tutto resti nell’ordine delle cose
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Preghiamo perché ognuno resti nel proprio campoPreghiamoperché Tu capisca che siamo diversicome diversi sono l’aquila e il delfinoe tali dobbiamo restareTu sei Dioe noi siamo uomininon c’è somiglianzaConvincitifattene una ragione non sei nostro Padree mai lo sarainon c’è tra noi connivenzanon c’è passaggio di conoscenza
Preghiamo perché Tu resti Onnipotentee noi limitatiPreghiamoperché ogni tantoanche Tuavverta il bisogno di pregare.
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Ristampa1 2 3 4 5
Finito di stampare nel mese di gennaio 2010.Mario Calcagni ha legato i fogli nel suo atelier di Paestum.