spagine della domenica 22

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s p a g i n e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri U n o m a g g i o a l l a s c r i t t u r a i n f i n i t a d i F . S . D ò d a r o e A . V e r r i d e l l a d o m e n i c a 2 2 - 3 0 m a r z o 2 0 1 4 - a n n o 2 n . 0

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Una domenica tutta da leggere...

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Page 1: Spagine della domenica 22

sp aginePeriodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un om

ag gioalla scritt ura infinitadi F.S. D

òdaro e A.Verri

della domenica 22 - 30 m

arzo 2014 - anno2 n. 0

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Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22

Diario politico

di Gigi Montonato

In Italia è in cor-so, propagan-dato come unarivoluzione, uncolossale raggi-ro degli italiani.

Si tratta della spending review,che dovrebbe portare nelle cas-se dello Stato qualche miliardodi euro nel giro di qualche anno.Detta papale-papale: tagli dispesa in ogni settore della pub-blica amministrazione, della di-fesa, della sicurezza, della sani-tà, dei trasporti, della scuola edella …stessa democrazia con lasoppressione del Senato e delleProvincie. Nello stesso tempo:privatizzazioni, dismissioni,vendite di immobili dello Stato.Insomma, una situazione di fal-limento indecoroso e completo.

A fronte di questa campagnadi “cenci alla patria” per racimo-lare qualche spicciolo, quasifossimo in tempo di guerra, cisono due fenomeni criminali,che fanno pensare a vite da na-babbi, a mattinieri tuffi nel de-naro alla Paperon de’ Paperoni.Fenomeni che da soli, se nonesistessero, basterebbero a giu-stificare una tendenza oppostadel governo, e cioè una spen-ding review al contrario per so-vrabbondanza di disponibilità. Idue fenomeni sono corruzioneed evasione fiscale, i cui datihanno dell’incredibile.

La Corte dei Conti ha quanti-ficato il costo della corruzione in60 miliardi all’anno (dico ses-santa). L’evasione fiscale, se-condo Stefano Liviadotti, unospecialista della materia chescrive per “L’Espresso”, am-monta a 180 miliardi all’anno(dico centottanta). Lo si leggenel suo libro Ladri. Gli evasori ei politici che li proteggono. Ognianno solo per queste due ano-malie l’Italia è sotto di 240 mi-liardi di euro (dico duecento-quaranta). Se li avesse a dispo-sizione potrebbe estinguere ildebito pubblico in pochi anni,potrebbe aumentare e migliora-re l’esercito, la marina, l’aero-

nautica, la sicurezza; potrebbemigliorare sanità, istruzione,trasporti, protezione civile equant’altro; potrebbe tagliare letasse ad attività imprenditorialie commerciali; potrebbe garan-tire un minimo di reddito a tuttii cittadini; potrebbe fare del-l’Italia, per dirla col Veltroni diqualche anno fa, un Paese nor-male.

Ma non voliamo con ali di ce-ra! Sappiamo che il governonon ha la bacchetta magica perrisolvere problemi così annosicome corruzione ed evasione fi-scale e che pertanto, nell’impos-sibilità di poter avere nell’im-mediato tanti miliardi, è gioco-forza procedere a vendersi per-fino le mutande. Ma se non pos-siamo volare, non possiamo

neppure rinunciare a cammina-re. E allora, quando senti chedalla vendita delle famigerateauto blu si ricavano 200 milio-ni, che dai tagli alla difesa si ri-cavano tre miliardi, che dalla ri-duzione delle forze dell’ordinesi incassano 700 milioni, e viaelemosinando, che c’è da pensa-re? Che siamo un Paese fallito,un Paese che non riesce ad evi-tare sperperi di centinaia di mi-liardi all’anno ed è costretto abarattarsi per poche decine dimiliardi nell’arco di alcuni anni.Un Paese che mette a rischio lasicurezza, che mette in crisi ser-vizi strategici, che impoveriscesettori vitali, che dequalifica lavita politica, perché non riesce afare quello che è semplicementefisiologico in un Paese normale,

è un Paese che non merita di se-dere né in G7 né in G20, sempli-cemente è un Paese da rico-struire. Magari con la forza, conle cattive. Si capisce, con le catti-ve!, dato che con le buone non siè riusciti a conservare il benes-sere raggiunto.

Corruzione ed evasione fisca-le non sono purtroppo gli unicimali che minano l’Italia. Abbia-mo quattro mafie agguerritissi-me, che fatturano miliardi e mi-liardi di euro all’anno, che ren-dono invivibile gran parte delterritorio nazionale, che impe-discono il naturale scorrere del-la vita sociale ad ogni livello.

L’incontro di Renzi con Oba-ma ha ancora una volta rimar-cato l’inadeguatezza di chi rap-presenta l’Italia. Troppa sotto-missione, troppe untuosità,troppa carenza di autoconside-razione. Non parlo tanto dellapersona. Figurarsi Renzi, che ètronfio di boria! Parlo dell’im-magine offerta dell’Italia, aggre-dita da epidemie sociali intolle-rabili, rappresentata da genteapprossimativa perfino neicomportamenti esteriori, ormaiallo stremo della propria fidu-cia. Ricordiamo l’onesto Lettapiangersi addosso e autocom-miserarsi ogni volta che incon-trava i pari grado stranieri.

Non è né facile né bello rico-noscere dei fallimenti, ma senon si può non vedere il disa-stro economico e finanziario,sociale e civile, perché rifiutarsidi stabilire un rapporto tra ciòche effettivamente abbiamo e imodi che lo hanno prodotto? Sea tanto siamo arrivati attraversouna democrazia degenerata,perché non considerare, accan-to ad una revisione della spesa,anche una revisione della no-stra democrazia?

Forse è quanto stiamo facen-do con provvedimenti dolorosiche sembrano dettati dal biso-gno immediato dell’oggi più cheda consapevole progetto per ildomani.

L’Italia, la corruzione, l’evasione fiscale, i tagli e la democrazia

Ad illustrare La famiglia del pittore (1926), di Giorgio De Chirico

Nel paese

pagina n° 2

dell’assurdo

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Stiamo assi-stendo impo-tenti al proget-to di stravolge-re la nostraCostituzione

da parte di un Parlamentoesplicitamente delegittimatodalla sentenza della Corte co-stituzionale n.1 del 2014, percreare un sistema autoritarioche dà al Presidente del Con-siglio poteri padronali.

Con la prospettiva di unmonocameralismo e la sem-plificazione accentratrice del-l’ordine amministrativo, l’Ita-lia di Matteo Renzi e di SilvioBerlusconi cambia facciamentre la stampa, i partiti e icittadini stanno attoniti (o ac-

Rischio Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22

condiscendenti) a guardare.La responsabilità del Pd èenorme poiché sta consen-tendo l’attuazione del pianoche era di Berlusconi, un pia-no persistentemente osteg-giato in passato a parole e orain sordina accolto.

Il fatto che non sia Berlu-sconi ma il leader del Pd aprendere in mano il testimo-ne della svolta autoritaria èancora più grave perché neu-tralizza l’opinione di opposi-zione. Bisogna fermare subitoquesto progetto, e farlo con lastessa determinazione con laquale si riuscì a fermarloquando Berlusconi lo ispira-va. Non è l’appartenenza a unpartito che vale a rendere giu-

sto ciò che è sbagliato.Una democrazia plebiscita-

ria non è scritta nella nostraCostituzione e non è cosa chenessun cittadino che ha ri-spetto per la sua libertà politi-ca e civile può desiderare.Quale che sia il leader che lapropone.

Primi firmatari:Nadia UrbinatiGustavo ZagrebelskySandra BonsantiStefano RodotàLorenza CarlassareAlessandro PaceRoberta De MonticelliSalvatore SettisRosetta LoyCorrado Stajano

Il populismo domina incontrastato la scena political’appello di Libertà e Giustizia

pagina n° 3

Matteo Renzi e Silvio Berlusconi

renzusconismoGiovanna BorgeseAlberto VannucciElisabetta RubiniGaetano AzzaritiCostanza FirraoAlessandro BruniSimona PeverelliSergio Materia

Il premier decisionista vor-rebbe portare a termine il di-segno e l’architettura istitu-zionale declamata per ven-t’anni da Berlusconi. Proba-bilmente i pranzi ad Arcore egli incontri per le riforme so-no serviti a questo. Ora piùche mai Renzi è vergognosa-mente nudo.

Il problema è la deriva adestra del Partito Democra-tico che in nome e per contodi una preunta governabilitàavalla ogni porcata.

Questo Parlamento è dele-gittimato a fare riforme cosìimportanti, la Corte Costitu-zionale lo ha chiarito senzaombra di dubbio. Noi non vo-gliamo che parlamentari no-minati, che un governo nomi-nato e guidato da un guittoviolentino la Carta Costitu-zionale.

Il populismo della destraberlusconiana e dell’altra de-stra che si chiama PD, assie-me a quello del movimento diCasaleggio, dominano incon-trastati la scena politica, oc-corre che le sinistre tornino adialogare, occorre ridare unsenso alla Democrazia viola-ta. Il venir meno di una sini-stra che aveva un disegno,una prospettiva d isocietà di-versa, equa, giusta, e l’ap-piattirsi sui desiderata delputtaniere di Arcore sonostati catastrofici per la De-mocrazia. Ch isi ostina a di-fendere a spada tratta un ra-gazzino borioso e supponenteè di fatto complice della deri-va populista e reazionariadell’Italia. Occorre sfiduciareil disegno di renzusconi!

G.F.http://www.libertaegiustizia.it

spagine

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Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22

Poesia

Ma qui, qui e ora, nelle città,si vuole l'uomo radicato ai solisoldi. Con l'origine e la destina-zione tradite dalle fabbriche,dall'industria mortifera, dai su-permercati-obitorio, dai diavolia portata di palmo e impazzitipolpastrelli, diavoli con pas-sword, esattori di tempo e di in-contri incarnati.

Al contatto con la terra ci pen-sa solo sorella Morte. Almenoper chi mal tollera d'essere infi-lato nei buchi degli umani e pre-ferisce la pioggia e il sole, sebbe-ne da una qualche differita.

Orsù sindaci, orsù, in partico-lare, sindaci del Sud, abbiate acuore la vita dei vostri cittadini.Abbiate a cuore la Vita. Abbiatea cuore la salute dei vostri citta-dini. Orsù, sindaci, abbiate acuore la felicità.

E la felicità è direttamenteproporzionale alla presenza dialberi, piante, parchi. Diretta-mente proporzionale al Verde.Orsù, sindaci, la cultura ha sen-so se prima i piedi camminano

scalzi su prati lontani dal ce-mento, se i bambini cresconocorrendo all'aperto e respiranoaria buona. Buona.

I polmoni, sindaco, i polmo-ni. Al di là delle birre e delle si-garette che offre la città, al di làdei fumi, dei mille veleni, al di làdei concerti, delle mostre.

Al di là, sindaco, non c'è altro.Non c'è storia fuori dalla possi-bilità, di una madre, di portare ilfiglio al parco, che sia parco enon ciuffettini d'erba sbucantida estese lastre di cemento. No-minare gli alberi, lontano dairumori di città, lontano dai vele-ni. Nominarli. Alberi, verde, fio-ri. È l'unico antidoto, sindaci,l'unico. E non siate tirchi nel-l'ora. Chiusura e apertura deiparchi in stitiche considerazionidi prudenze e salvaguardia.

Su, sindaci, guardate gli uc-celli del cielo: non seminano némietono né raccolgono nei gra-nai. Eppure il padre vostro cele-ste li nutre. Non valete forse piùdi loro?

Se non sei felice,uomo, fai qual-cosa. Lo so chenon lo sei. Faiqualcosa. Non èpiù tempo di

stare dietro gli schermi, è lì chesi è consumata l'ultima ipotesidi incontro, con te stesso, conl'altro. Smagrito di silenzio evuoto l'uomo deperisce, si ane-mica e inimica.

Smettila di rintracciare ed es-sere rintracciato, di risponderesempre all'oggetto onnipotentee piccolo. Le stelle ti corteggianoe il cielo pure, e tu non capisci,non guardi. Sequestràti occhi emento a un basso senza fondoche t'im-piglia l'anima, la vita, tisecca ogni ipotesi di fioritura,ossifica e opaca il vivido, il vivo,quel lucore agli occhi che dovre-sti pur conoscere.

Sei un animale e l'hai dimen-ticato, hai dimenticato anima eterra, sei orfano di cielo. Questaè la tua condanna. Sei orfano dicielo, di Creato. Laudati siete esiate, Creato e Creature.

Siate cose del creato. Cucite ilvostro destino alle leggi cosmi-che, ai fatti naturali, a ciò che vi-ve nel persempre, al vivo chenon muore. Non c'è altra felici-tà. Il resto è a stento. Il resto èinfelicità, condanna, spreco,perdita, sottrazione, anemia,spegnimento.

“La natura che noi definiamoselvaggia è molto più sapientedella nostra esaltata ragione”,diceva Henry David Thoreau.(Ippocrate e Avicenna, Vis me-dicatrix naturae). E quel che èpiù vivo è più selvaggio. Datemiper amici e vicini uomini selvag-gi, non addomesticati. La bruta-lità del selvaggio non è che unpallido fantasma della spaven-tosa ferocia che spinge gli uomi-ni civili l'uno contro l'altro.Sempre Thoreau. Disobbedien-za civile. Preghiera dello stare almondo senza essere del mondo.Siate come i gigli dei campi.Non lavorano e non filano, ep-pure io vi dico che nemmenoSalomone, con tutta la sua glo-ria, vestiva come uno di loro. Ladomestica di Wordsworth ri-spose: “questa è la sua bibliote-ca, ma il suo studio è là fuori, ol-tre la porta”.

L’uomodi Ilaria Seclì

pagina n°4

Basta quindi, gomiti incaro-gniti l'un contro l'altro, perspartirsi i 30 denari di una cul-tura ufficiale ferma alla polveredei centrini sugli altari o sullelapidi, ferma alla festa in pompamagna, a quello strepito di ban-da per una qualche commemo-razione. Disattenta al vivo e alfremente. Nostra madonna delpressappochismo, nostra ma-donna della superficialità. No-stro Signore Bodini all'ingressodella mostra, gamba alzata...Nemmeno la morte lo può con-solare di tanta sciatteria. La se-rietà e la cura sono un obbligo,un dovere. Impegnamoci. Ce loinsegnano cittadini di altre real-tà che costruiscono cultura,amano di un amore profondo erigoroso la storia della propriaterra, diffondono il messaggiodi uomini che l'hanno cammi-nata e resa illustre, e progettanoinsieme. Anche al di là dei fi-nanziamenti di turno, dei gua-dagni, dei ricavi. Amore per lapropria terra. Conoscenza. Lacultura non si porge come unaportata su una tavola male efrettolosamente imbandita. Ipiatti si preparano insieme, acominciare dalla raccolta di ori-gano e rosmarino nella campa-gna. A cominciare dalla salvia.Triste metafora. Ma i nostri ani-mi goderecci e gastronomicigradiranno.

Mi sto spiegando? È difficile,abituati da sempre alla guerratra poveri.

Ma possiamo migliorare,pian piano. Basta educarci alcielo, guardare in alto. I cittadi-ni più virtuosi d'Italia sono glistessi che camminano i sentieridi montagna, per ore, alla ricer-ca di un borgo. Conoscono le co-stellazioni e le nominano, gli al-beri e gli animali. La natura cirende più capaci e più eleganti,meno rozzi e egoisti, tutto qui. Èsuo l'insegnamento più grande,come quello della Memoria, leg-gi sacre e immutabili per il go-verno degli uomini e del cosmo.Suoi i suggerimenti per rifor-mulare il mondo altrimenti per-so. Persa la felicità.

L'attenzione e la cura genera-no accortezza. L'accortezza ge-nera gentilezza. La gentilezzasalverà il mondo.

e la città

Edoardo De CandiaParticolare di una rappresentazione della dinamica urbana

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spagineIl dolore, un codice della memoria

Il violino diDiodi Marcello Buttazzo

Vita che passa,scorre, velo-cemente cor-re. Porto in-quieto, mareaperto, tem-

pesta di venti, per noi animeindocili alla perenne ricercadella buona stella, della pa-rola salvifica che avviluppi ilcuore. Vita che passa, per-corre gli infinitiselciati diterra e sassi, i profumatigiardini di rose e spine,scandendo iconsolidati tor-menti in clessidre d’anima.Vita che vola, fra inevitabili-rimpianti, rossofuoco den-tro, lievi ricordi rammemo-rati per placare lericorrentirisacche. Il presente è unavita sospesa, sangue impri-gionato,desiderio scintillan-te e inespresso d’amare voltimai visti, di apprezzare ilsapore dolceamaro del tem-po.

Il presente è un camminoscosceso, un leitmotiv, untragitto a ritroso per recu-perare brandelli d’amaran-to. Questa vita attuale è tut-to ciò che abbiamo, nellagioia e nel dispiacere: essacingiamo come vessillo d’at-tesa e di speranza.

Eppure niente scordiamo. La ferita ancestrale che ci

recise il cordone ombelicaleper farci affacciare al mon-do è sempre viva, ma ha unasua virtù di suono. I colpisubiti dall’ambiente sonofendenti di scimitarra, cheaffondano nella carne, nelleossa. Ma va bene, va benecosì.

Le incomprensioni e i ri-fiuti sono cicatrici sangui-nanti, ma capire le loro ra-gioni e i loro codici d’ingres-so vuol dire apprestarsi alviaggio.

I vagiti di bimbo sono echidel violino di Dio dalle cor-de inesauste. Gli intermina-bili giochi d’infanzia sonoschegge di memoria, fanta-smagoriche perle d’inno-cenza, che colorano di az-

zurro, d’indaco, di violettola stupita iride del sogno.

Arcobaleni e arcobalenid’immutato splendore, nelcandore dell’infanzia. I de-sideri dell’adolescenza sonofanciulle con gli occhi verdi,con gli occhi di mora, chesapevano leggere fra le no-stre pieghe e tramutavano ilimiti in virtù.

Il riecheggiameto dei me-ravigliosi amori persi sonogocce di luna, fascinosi tra-monti aranciati, la faccia lu-cente delle stelle. I nostriamici sono sostentamentocontinuo, grano che nutre,la cifra più decorosa del no-stro sé. Vita che passa, flui-sce come fiume, s’arrampicasu declivi melanconici, e cifa respirare ogni suo risvol-to, fino in fondo. Ci fa accet-tare piaceri e travagli, dal

momento che ogni variantedell’esistenza è parte delgioco.

Quante volte sentimmopatimento, ma senza profe-rire lamento. “Il mio doloreè quieto, sta come me, nonva via, mi fa compagnia ilsuo caro segreto. Gli annisono in me illuminati e tri-sti, oh, perché non venisti,non tornasti, perché?”, can-ta Attilio Bertolucci.

Il dolore e l’inquietudinenon sono componenti mar-ginali nello svolgersi ordi-nario dei giorni. Tantomenoil dolore e l’inquietudinepossono essere assimilati acaratteri negativi, da rimuo-vere radicalmente.

Sono, forse, la sorgentepiù cristallina per poter vez-zeggiare il futuro, coccolarele rosee utopie, sperare in

un mondo migliore, menoegoistico e non più arrocca-to su se stesso.

Il dolore è, tra l’altro, unamansione che può essereperdurante, persistente, mapuò anche essere un codicedella memoria. Può riferirsialla esistenza che quotidia-namente conduciamo, nelqual caso l’atteggiamentopiù corretto è di non stazio-nare in esso, ma di trovarele risorse per oltrepassare laferita e approdare in nuovilidi. Ma se il dolore è remi-niscenza d’un evento tra-scorso, talvolta, possiamotranquillamente naufragarenel suo mare. Il dolore ad-dolcito per un amore passa-to è una benedizione di Dio,un canto d’usignoli, un volodi bianche colombe. Dob-biamo essere infinitamentegrati alla donna che è anda-ta via e ci ha lasciati soli.

Ci ha permesso magari dimeditare sulla gelosia, o sualtri sentimenti invalidanti,ci ha consentito di incanala-re la rabbia distruttiva inmeati di ricchezza, di positi-vità. Nel dolore del distacco,abbiamo avuto il tempo perpensare, per diventare qual-cosa d’altro, per diventarealtri uomini.

Magari migliori. Personalmente, mutuan-

do le parole del poeta Berto-lucci, penso che il mio dolo-re sia silenzioso, mi facciacompagnia, accompagnan-do teneramente i miei vissu-ti. Il dolore fa parte dellamia vita, perché la vita è an-che dolore. Fa parte di me ead esso mi rivolgo soventeper capire le cose del mon-do. Il dolore lo lambisco, locarezzo piano, lo ascolto,per tentare di essere un uo-mo meno triste.

Marc Chagall

Contemporanea

Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22 pagina n° 5

Page 6: Spagine della domenica 22

A Brett Bailey drammaturgo,disegnatore,

regista teatrale,organizzatore

di festival e direttore artistico

del Third World Bun Fight

quest’anno l’ITI ha affidato

il messaggioufficiale

L’International Theatre InstituteWorld Organization for the Performing Artsha celebrato con Astragali al Teatro Paisiello di Leccegiovedì 27 marzo la Giornata Mondiale del Teatro

Teatro

Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22

Lo spirito

Ovunque vi siauna societàumana, l’in-sopprimibileSpirito dellaPerformance

si manifesta.Sotto gli alberi in piccoli

villaggi, o sui palcosceniciipertecnologici delle metro-poli globalizzate; negli atridelle scuole, nei campi e neitempli; nei quartieri poveri,nelle piazze urbane, nei centrisociali, nei seminterrati, lepersone si raccolgono percondividere gli effimeri mon-di del teatro, che noi creiamoper esprimere la complessitàumana, la nostra diversità, lanostra vulnerabilità, nellacarne vivente, nel respiro enella voce.

Ci riuniamo per piangere ericordare, per ridere e riflet-tere, per imparare, annuncia-re e immaginare; per meravi-gliarci dell’abilità tecnica eper incarnare gli dei; per ri-prendere fiato collettivamen-te di fronte alla nostra capaci-tà di bellezza, compassione emostruosità. Veniamo per ri-prendere energia e rafforzar-ci; per celebrare la ricchezzadelle nostre differenti culturee dissolvere i confini che ci di-vidono.

Ovunque vi sia una societàumana, l’insopprimibile Spi-

rito della Performance si ma-nifesta. Nato dalla comunità,indossa le maschere e i costu-mi delle nostre diverse tradi-zioni; rinforza le nostre lin-gue, i nostri ritmi e gesti, e sifa spazio in mezzo a noi.

E noi, gli artisti che lavoria-mo con questo spirito antico,sentiamo il dovere di trasmet-terlo attraverso i nostri cuori,le nostre idee e i nostri corpiper rivelare le nostre realtà intutta la loro mondanità e nelloro splendente mistero.

Ma in quest’epoca in cuimilioni di persone lottano persopravvivere, soffrono sottoregimi oppressivi e un capita-lismo predatore, o sfuggonoconflitti e miseria; in que-st’epoca in cui la nostra vitaprivata è violata da servizi se-greti e le nostre parole sonocensurate da governi invasivi;in cui le foreste vengono di-strutte, le specie sterminate egli oceani avvelenati: che cosaci sentiamo in dovere di rive-lare?

In questo mondo di potereingiusto, nel quale diversi or-dini egemoni cercano di con-vincerci che una nazione, unarazza, un genere, una prefe-renza sessuale, una religione,una ideologia, un contestoculturale è superiore a tutti glialtri, come si può sostenereche le arti debbano esseresvincolate dalle agende socia-li?

Noi, gli artisti delle arene edei palcoscenici, ci stiamoconformando alle domandeasettiche del mercato, oppurestiamo afferrando il potereche abbiamo: per fare spazionei cuori e nelle menti dellasocietà, per raccogliere le per-sone attorno a noi, per ispira-re, incantare e informare, eper creare un mondo di spe-ranza e di sincera collabora-zione?

Brett Bailey

http://www.thirdworldbunfight.co.za/

della performance

Page 7: Spagine della domenica 22

“La performance non è un'illusioni-stica copia della realtà, nè la sua imita-zione. Non è una serie di convenzioniaccettate come un gioco di ruolo, reci-tato in una seperata realtà teatrale. L'at-tore non recita, non imita, o pretende.Egli è se stesso”.

Jerzy Grotowski

pagine n° 6 e 7

Il teatro è una tela, si fa e si disfa incessante-mente. Il teatro è il corpo delle donne e degliuomini che lo abitano, così il teatro divienela casa dei loro saperi, della loro vita – inti-ma e segreta – del loro stare al mondo inmodo obliquo e incrinato, delle loro parole,

della loro voce.Il teatro è un sapere complesso, che ha a che fare con l’oc-

chio di chi guarda, poi che se “l’attrice e l’attore sono al cen-tro, ed è l’unico luogo dove la cosa accade, ecco tutto”, con-temporaneamente “tutto accade nell’occhio di chi guarda”.

E’ solo in questa relazione, esclusiva non meno che effi-mera, sospesa, in costante divenire sempre, che il teatro ac-cade, che il teatro può accadere.

Al teatro si torna, sempre. Per dire quel che altrove non sipuò, non si riesce a dire, per trovare le parole, e un luogototalmente altro, qui ed ora.

In questo ci sono state maestre, ci hanno preso per mano,ci hanno accompagnato Maria Zambrano non meno diMarguerite Yourcenaire, Marguerite Duras, Nicole Loraux,Christa Wolf, Helen Cixous.

Il teatro è la parola scritta ma ancor di più quella detta,ma perché si possa dare è nell’oralità e nel canto che si di-pana la storia, e si rintraccia il senso.

Epifania di una energia divina forzando, ma non troppo,l’etimologia.

Voce non neutra, poi che – sempre – dell’una o dell’altro. Voce incarnata. Voce coro. Dove nessun respiro scompare, si confonde, si

annulla, piuttosto si incontra. Dove le parole prendono po-sizione. Dicono il dolore, lo sgomento.

Qui si situano, le lingue. Incessante esercizio della criti-ca.

Nell’agire e nel narrare che ri-accade, costantemente sul-la scena –per noi spesso un luogo al di fuori dei convenzio-nali edifici chiamati teatro - si mette al mondo il mondo.

E dicendolo, lo si trasforma. Per questo il teatro cheamiamo è, per forza di cose, politico. Poiché abita la città e,prendendo parola, la dice.

Infine, il teatro è, per noi, essere nella contemporaneità.Questa è la sua forza, e la sua minaccia.

Non cronaca del tempo (sebbene alcune volte possa es-serlo), non riduzione del già detto o del già visto, piuttostocritica del presente e, per questo stesso, perché la criticapossa darsi, azzardo dell’essere di lato, inattuali.

In questo, metamorphosis, canto della vita che cambia.

La Giornata Mondiale delTeatro è stata creata

a Vienna nel 1961 duranteil IX Congresso mondiale

dell'Istituto Internazionaledel Teatro su proposta

di Arvi Kivimaa a nome delCentro FinlandeseDal 27 marzo 1962,

è celebrata dai CentriNazionali dell'I.T.I.

che esistono in un centinaiodi paesi del mondo

di Carla Petrachi

Prendere la parola. Dirla!

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Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22 pagina n° 8

dei cellulari e dei relativi con-tratti di utilizzo, e, solo in subor-dine», di «vietare la pubblicitàcon persone che non usano au-ricolari o vivavoce, e ai mino-renni». Non solo.

Le compagnie dovranno avvi-sare con un sms gli utenti,quando viene superata la sogliamassima di durata oltre la qualeil rischio di ammalarsi di cancroè più alto. «È da notare - scrivo-no i ricorrenti - che oltre all’au-mento del rischio di gliomi cele-brali e neurinomi acustici, certi-ficato dalla Iarc nel 2011 e sug-gerito da studi scientifici e go-verni nazionali, l’uso prolunga-to e abituale nel tempo dei tele-foni mobili è causa dell «au-mento del rischi di altri tipi ditumore alla testa proprio nellearee più direttamente interes-

sate alla esposizione di radiazio-ni emesse durante il funziona-mento: meningiomi celebrali,tumori alle ghiandole salivari,melanomi all ‘uvea oculare e tu-mori all'epifisi e alla tiroide».

***In realtà la confusione è mol-

ta sotto il cielo, come evidenziaun altro articolo su La Repub-blica, pochissime le certezze,molti i dubbi. Nel frattempo èbene prendere piccole precau-zioni: utilizzare il cellulare soloper comunicazioni brevi, utiliz-zare maggiormente vivavoce eauricolari per tenere l’apparec-chio lontano dalla testa, spe-gnerlo la notte e comunque nontenerlo accanto al letto.

Il problema dei telefoni cellu-lari, come di moltissima nuovatecnologia, è stato il loro boom

in pochissimo tempo, senza te-starli a sufficienza, questi sono irischi della mondializzazione edella modernizzazione incon-trollata, della capacità del nuo-vo di diventare obsoleto in po-chi giorni e di offrire un nuovo"nuovo". Si costruisce, si buttasul mercato, si rende indispen-sabile e poi si vedrà. Gli erroridel passato (sigarette e alcool inprimis) che trasformavano i viziin mode non sono serviti, non cisi ferma, la produzione deveproseguire, i giornali debbonovantare il primato del consumodi telefoni cellulari in Italia, pri-mo paese al mondo per diffusio-ne. E problemi, secondo alcuniesperti, potrebbero sorgere conil wi fi diffuso ormai in moltissi-mi luoghi pubblici e case priva-te, anche qui si è andati avantiurlando che chi non ci sta è re-tro. Vuoi mica star fuori dal fu-turo? Quasi come se un cavettofosse il peggio che offre la vita.Noi siamo senza cavi, noi dob-biamo essere in rete 24 ore algiorno.

Pare che siamo arrivati nelmondo dell’evoluzione incon-trollata, anzi, dell’economiasenza freni, la mancanza di eticasi sta diffondendo con tentacolilunghissimi e avvolgenti in ognidove, senza alcun freno, dallapolitica alla produzione (am-messo che quest'ultima ne ab-bia mai avuta).

"Ai posteri l'ardua sentenza"diceva il poeta, al momento sap-piamo che lasceremo loro le cu-re per le malattie.

Leggo in un lun-go articolo sulCorriere dellaSera della ri-chiesta al go-verno Italiano

di imporre ai produttori di tele-foni cellulari la scritta, come perle sigarette, “nuoce gravementealla salute”, di vietarne la pub-blicità e l’utilizzo ai minori.

L’ esposto in tal senso è statoinoltrato al TAR del Lazio citan-do una sentenza della Cassazio-ne, che fece vincere un ricorsocontro INAIL in quanto il diri-gente d’azienda, Marcolini, siammalò di cancro, il tribunaleconfermò che la causa andavacercata nell’utilizzo del telefonocellulare.

In particolare l’articolo citatoparla dei dati, quelli riportatinel ricorso sono inquietanti.

Il rischio di incidenza di neu-rinomi acustici nel lato della te-sta dove è utilizzato il cellulare èpiù che raddoppiato negli utiliz-zatori di cellulari da circa 10 an-ni, che abbiano un tempo diesposizione giornaliero dai 16 ai32 minuti al giorno, per un tota-le di mille o duemila ore com-plessive.

E proprio sul numero di mi-nuti utilizzabili al giorno gioca-no le campagne pubblicitariedelle principali compagnie tele-foniche. Nel ricorso, riguardoquesto punto, i legali chiedono«di inibire a gestori e operatorila diffusione di offerte «infini-to», di “Minuti illimitati versotutti”, e così via.

Tra le altre richieste, ci sono«il rendere obbligatorio per ge-stori e operatori l’invio di smssulle regole di utilizzo al fine dievitare rischi cancerogeni, di in-trodurre il divieto di pubblicità

di Gianni Ferraris

Il male del telefonino

Note e notizie

Sui danni causati dall’uso del telefono cellulareLa confusione è moltasotto il cielo, pochissime le certezze, molti i dubbi. Nel frattempo è bene prendere piccole precauzioni...

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spagineCon i tagli a rischio la riabilitazione visiva.La salute non può dipendere né da dove si nasce né da dove si risiede

Com’è noto, l’ul-tima legge sullastabilità, haquasi annullatoi contributi adisposizione

delle Regioni, disposti dallalegge 284/97 per la creazione eil potenziamento dei centri diriabilitazione visiva a soli 160mila euro. I tagli creerannogravi problemi sul territorio erenderanno quasi impossibilel’attività dei centri come acca-drà per l’’Antonacci di Lecce.

La cultura della riabilitazio-ne in Italia è lunga nel tempo,infatti la legge 833 del 1978,all’articolo 26 esplicitava tra icompiti delle nascenti Asl, oltrealla prevenzione anche la ria-bilitazione sensoriale quindi vi-siva.

Le parole: prevenzione riabi-litazione erano quelle che indi-cavano la cultura di una sanitàmoderna, misurata sui proble-mi della salute come benesserepersonale, costruita sui territo-ri. I LEA infatti fissavano i li-velli essenziali di assistenza.

La riabilitazione e la preven-zione però hanno incontratomolte difficoltà, resistenze cul-turali e amministrazioni pocopreparate e poco sensibili alcambiamento della legge 833rivoluzionaria nell’organizza-zione della sanità. La strategiadella riabilitazione oggi va al-largata e potenziata: dal ciecoall’ipovedente.

Nel 2008, una Commissioneministeriale, predisposta per

Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22 pagina n° 9

di Luigi Mangia

l’aggiornamento aveva previ-sto l’inserimento della riabilita-zione visiva nei compiti dellapolitica sanitaria. Tale modifi-ca sarebbe stata utilissima an-che perché oggi gli ipovedentisono cresciuti rispetto ai ciechie non va dimenticato il cambiodemografico della popolazionesempre più vecchia e quindisempre più esposta ad avereproblemi con la vista.

Quel documento è rimastolettera morta per motivi econo-mici. Sarebbe stato invece suffi-ciente recuperare quel docu-mento della Commissione distudio per attuare l’articolo 26della legge 833 del 1978, leggetradita e mai compiuta. Un im-pegno urgente e necessario èquello di avere le linee guidasulla riabilitazione visiva checambiano da centro a centro asecondo dei territori di appar-tenenza.

La riabilitazione visiva è unproblema italiano ed europeo.

Noi vogliamo avere lineeguida uniformi sulla riabilita-zione in Italia e in Europa per-ché la salute non può dipenderené da dove si nasce né da dovesi risiede. Le elezioni europeedevono essere l’occasione perassicurare una riabilitazioneuguale per tutti i cittadini diun’Europa che faccia della soli-darietà e della salute un dirittofondamentale e non legato aiconfini dei Paesi secondo le dif-ferenze tra ricchi e poveri.

Éancora frescodi cronaca ilcaso di UliHoeness, Pre-sidente dellasocietà cui ap-

partiene lo squadrone del Ba-yern Monaco e già famosocalciatore della medesimacompagine bavarese e dellaNazionale tedesca, il quale èstato condannato dal Tribu-nale di Monaco a una pena ditre anni e sei mesi di reclusio-ne, per un evasione fiscale dioltre ventisette milioni d’euro.

A latere di tale vicenda giu-diziaria, che, ovviamente, haavuto risonanza mediatica alivello internazionale, ha pe-raltro colpito la decisione diHoeness di accettare con pie-na consapevolezza il verdettodella magistratura, rinun-ciando quindi a ogni eventua-le ricorso, di scontare incondi-zionatamente la pena, di as-sumere, infine, l'impegno diottemperare fedelmente e ri-gorosamente, di qui in avanti,ai doveri e obblighi nei con-fronti del Fisco.

In certo senso, si potrebbeparlare di desiderio, da partedel personaggio, di riscatto,sia pure postumo, sul pianomorale.

Tuttavia, in queste righe,non ci vuole soffermare sulreato e le conseguenti decisio-ni di che trattasi, giacché, inmateria, entro le frontiere delnostro paese, non dimoranopecorelle tutte candide e, anzi,

laddove i trasgressori indivi-duati, accertati e condannatisi comportassero come Hoe-ness, forse la capienza del si-stema carcerario si rivelereb-be presto viepiù insufficienterispetto alla già critica situa-zione ordinaria.

Invece, collocabile a valle,oppure a monte a seconda deipunti di vista, della richiama-ta vicenda, ricorre una nota-zione di tutt'altro genere maaltamente indicativa sul pia-no del costume collettivo.

Durante la Messa domeni-cale, in una parrocchia di Mo-naco, fra le invocazioni conte-nute nella preghiera dei fedeli,è stato dato d’ascoltare la se-guente: “ Preghiamo per colo-ro che pagano (regolarmente)le tasse e, anche, per chi haora deciso che, da questo mo-mento in poi, le pagherà”.

A buon intenditor poche pa-role, non occorrono commen-ti. E’ parso di rivedere la sce-na in cui Gesù, alla domandase fosse giusto che gli ebreiversassero i tributi all'impe-ratore romano Cesare, cosìebbe a rispondere: “ Renderea Cesare quello che è di Cesaree a Dio quello che è di Dio”(Matteo – 22,15,21).

Cioè a dire, sono millenniche la religione cattolica inse-gna anche il dovere di obbedi-re alle autorità civili e di ri-spettare le relative leggi.

di Rocco Boccadamo

Il caso di Uli Hoenesscondannato per evasionefiscale e una Messa domenicale in una parrocchia di Monaco

Spesa pubblica Cronache

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La Voce del ribelle, settimanale fondato da Massimo Finie quella indecente e anarchica di Gilbert Keith Chesterton

Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22

Letture

guardatela». E a incrociare laspada «col nemico della crea-zione» manda un ingenuo poe-ta determinato al duello in no-me di «tutte le cose comuni»(le lanterne giapponesi di Saf-fron Park, la chioma rossa del-la ragazza nel giardino, gli one-sti marinai che trincavano bir-ra lungo il dock, i suoi lealicompagni) fino alla morte.Perchè «dopo tutto - si disseSyme - io sono più che un de-monio: io sono un uomo. Ioposso fare l'unica cosa che Sa-tana stesso non può fare: possomorire». Per il maligno non c'ènulla di più pericoloso di unuomo disposto a scendere finnegli abissi della malvagità so-lo per amore. Mai distrarsi,quindi. Ogni cosa buona cheaccade nel mondo va affidata aun confratello che operi per lasua distruzione. Te ne lasciscappare una e i danni, per noi,rischiano di essere enormi.Succede.

Chesterton, questo converti-to inglese del secolo scorso tor-na con forza nelle librerie, ri-pubblicato e ridiscusso neiconvegni, affascinando soprat-tutto i laici intelligenti. Bastipensare alle dichiarazioni diamore di Italo Calvino:«Amo Chesterton perchè vole-va essere il Voltaire cattolico eio volevo essere il Chestertoncomunista», o quest'altra diJorge Luis Borges: «La let-teratura è una delle forme del-la felicità; forse nessuno scrit-tore mi ha dato tante ore felicicome Chesterton». A quasi ot-tantanni dalla morte questoeccentrico inglese ci tiene an-cora compagnia col suo umori-smo, ci sorprende con i suoiparadossi, e soprattutto ci faragionare. Infatti ebbe l'ardiredi scrivere: «Potrei dimostraretutta la dottrina cattolica se misi permettesse di partire dalvalore sommo di due cose: la

«Mi rivolgo a chinon si ricono-sca nel modellodi sviluppo oc-cidentale. L'at-tuale crac lo di-

mostra: oltre l'economia c'è ilnulla» Così esordiva Massi-mo Fini, presentando il suomensile "La voce del ribelle"(sia cartaceo che online), uncontatto quotidiano con l'in-formazione ed il pensiero nonconforme; contro la vita daschiavi, dove siamo ormai co-stretti a consumare per pro-durre, per paradosso, e nonpiù il contrario. Essa non vuoleessere una rivista ideologicacontro la Modernità, o unabattaglia di retroguardia. Essasi occupa anche di musica,principalmente per un targetgiovanile. Aspira ad aggancia-re un pubblico vasto che abbiadesiderio di trovare cose inso-lite.

L'autore di libri e pamphlet(il suo Il denaro «Sterco deldemonio») viene mosso a farqualcosa per sopperire all'ine-zia generale. E il crac economi-co rafforza il progetto. «Se haipuntato tutto sull'economia equesta crolla, non resta che ildeserto. E il nostro modo di vi-ta che è sbagliato, da schiavisalariati. Prima contadini e ar-tigiani vivevano del loro e sulloro, adesso dipendiamo dacose che non sono più sotto ilnostro controllo» egli dice.

La rivista tende a offrire allepersone meno informazioni(che amplificano l'ignoranzacon l'illusione di ridurla) e piùconoscenza. Dare strumenti,mezzi, che possano aiutare agiudicare, ad analizzare e for-mare una coscienza critica. Sa-rà anche "greco" e forse utopi-co, ma si può fare.

Massimo Fini spera che oggivenga, almeno, preso sul serio;a differenza di trent'anni fa che

era irriso e le sue idee venivanoconsiderate "un intelligenteprovocazione". Ora la realtà glidà invece ragione e forza. Ilgiornale tende a garantire unpensiero diverso e quindi fuoridalle finte polemiche, di cui sene ha le scatole piene...!

La rivista dà spazio a intelli-genze "laterali", tipo FrancoLa Cecla, autore di un ottimopamphlet Contro l'architettu-ra, e tutti coloro che abbianoqualcosa di originale e interes-sante da dire.

Massimo Fini vorrebbe che"La voce del ribelle" diventassecome il mensile di cultura "Pa-gina", fondato da egli stesso eAldo Canale, una palestraper nuovi talenti. Un "pazzo"ha finanziato l'iniziativa condiecimila euro. Al resto ci pen-sano gli iscritti al suo Movi-

mento Zero. Comunque, eglivorrebbe essere ricordato perla sua opera di scrittore, nonper l'attività da polemista. Haintenzione di fare qualcosasulla tragedia greca, sul sensodel Fato.

Supporta gli artisti viventi,quelli morti non ne hanno bi-sogno. Gia! Un classico comeShakespeare, per esempio, nelsuo Riccardo III : «Non esistebelva così tanto feroce da nonavere almeno un po' di pietà.Ma io non ne ho alcuna, ragionper cui non sono una belva. So-no un uomo». Che è peggio.

***Sulla malvagità si espresse

un altra voce indecente e anar-chica: Gilbert Keith Che-sterton, che diceva: «Se il de-monio vi dice che una cosa ètroppo terribile per guardarla,

Voci

Gilbert Keith Chesterton

Due copertine della rivista La voce del ribellediretta da Massimo Fini

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ragione e la libertà». Eppureanch'egli fu a lungo ostracizza-to. Certo, un cantore della feli-cità di esistere non poteva es-sere amato dai lamentosi cori-fei del disagio che loro provocal'essere al mondo. Egli svelavaanche l'ipocrisia di sedicentiricercatori, perchè non si cercauna cosa per cercarla, ma pertrovarla. L'uomo moderno, in-fatti, più che non vedere la ri-sposta all'enigma, «non vedel'enigma». Borges diceva che isuoi racconti racchiudevanopoesia e magia e lo collocavatra Poe e Kafka «ritraendolocome un autore che sente la fa-scinazione dell'incubo, costeg-giando spesso la vertigine del-l'abisso, coinvolgendo il lettorenei brividi di un bosco pauro-so, per poi finire però per ri-condurlo per mano a casa. Poee Kafka nel bosco ti ci lascia-no». Il personaggio letterario"Padre Brown" è un sacerdotecattolico e detective, protago-nista di diversi racconti giallidi Chesterton. In Italia è notosoprattutto attraverso l'inter-pretazione di Renato Rascelnella miniserie televisiva "Iracconti di padre Brown".

«La nostra civiltà modernamostra molti sintomi di cini-smo e decadenza» dice Che-sterton, «ma di tutti i segnalidella fragilità moderna e dellamancanza di principi morali,non c'è ne nessuno così super-ficiale o pericoloso come que-sto: che i filosofi di oggi abbia-no cominciato a dividerel'amore dalla guerra, e a collo-carli in campi opposti. Non c'èsintomo peggiore di quello chevede l'uomo, fosse pure Nietz-sche, affermare che dovremmoandare a combattere inveceche amare. Non c'è sintomopeggiore di quello che vedel'uomo, fosse pure Tolstoj, af-fermare che dovremmo amareinvece di andare a combattere.

pagine n° 10 e11 spagine

ranza radicata nel mondo, ilbene non arriverà domani, ciaccompagna fin dalla prima al-ba».

L'ignoranza, indi, può dive-nire certezza e fonte di speran-za. C'è una logica in questo.Basta farsi tentare. Togliere lebende alla rivelazione. La vitaè la vita e basta. Non c'è biso-gno di ricrearla. E' lì davanti anoi, sotto i nostri occhi. E' l'ar-monia celeste. E' il creato. Mavaglielo a dire, non hanno fe-de. E allora tanto vale star qui,attendere, e guardare Uraniala celeste. E' così bella.

***La voce del ribelle è su:http://www.ilribelle.com/

di Antonio Zoretti

Una cosa implica l'altra. Unacosa implicava l'altra nel vec-chio romanzo e nella vecchiareligione, che erano le due cosepermanenti dell'umanità. Nonsi può amare qualcosa senzavoler combattere per essa. Nonsi può combattere senza qual-cosa per cui farlo».

Bene. Mentre noi ci diamoda fare per essere figli del no-stro tempo, Chesterton andavaalla radice delle cose, in unasorta di radicalismo metafisi-co; cercando di ritrovare sestesso. «Perchè l'io non è unacosa scontata» egli diceva, ci-tando Ortodossia : «Un uomopuò conoscere l'universo eignorare se stesso. L'io può es-sere qualcosa di più distante diuna stella qualsiasi. Puoi ama-re Dio e non sapere chi sei. (...)Ignorante è l'uomo che ragio-nevolmente si rende conto che

non sa cosa sarà di lui, fra unsecondo, fra due anni, fra cin-quant'anni: non sappiamo checosa accadrà tra un minuto, loignoriamo. Eppure tutte le no-stre aspettative si rifugiano nelpensiero di un futuro miglioredel presente. Questa non èsperanza, è illusione. L'ideacomune del progresso ci illudedicendoci: le cose ora vannomale, ma vedrai, miglioreran-no. La vera idea rivoluzionaria(nel senso che mette realmen-te sottosopra quello che pensi)è che l'universo è buono anchese peggiorerà. Noi non sappia-mo come andranno a finire lecose, ma sappiamo come sonocominciate. Dio ha creato ilmondo e ha detto che era cosabuona. Questo sigillo di bontàresta nonostante tutte le catti-verie di cui l'uomo è stato, è esarà capace. Questa è la spe-

Massimo Fini e sopra la copertina di un suo libro

campofuori La Voce del ribelle, settimanale fondato da Massimo Fini

e quella indecente e anarchica di Gilbert Keith Chesterton

Vocidi Antonio Zoretti

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pagina n° 12

di Gianni Minerva

Libri “Benvenuti a Cipìernola...” di Giuse Alemanno per Città Futura Edizioni

di Don FefèI

l profumo distampa non col-ma la sete, giàtanto si conoscedal titolo del li-bro, come d’abi-

tudine dello scrittore che racco-glie e racchiude lì la vicenda, al-lora aguzzi gli occhi, alzi legger-mente un labbro e lasci sguscia-re via un sorriso. Benvenuti aCipìernola, ovvero Don Fefè eCiccillo coinvolti nell’intricatavicenda della gatta immobileBrici, la lotta di classe, la sacrareliquia di Sant’Antonio Abate ela cacciata del Satanasso Ga-sparotto e alla fine si tira un so-spiro di sollievo, prima di co-minciare il viaggio.

E voltando pagina siamo im-mersi nelle stanze di don Fefè,nel suo palazzo, tra i suoi servi-tori, con la Tecla che fa le polpet-te, il tempo “truppo” comel’umore del padrone di casa. Esono proprio le “purpetti” adaprire la vicenda, a far sì che laTecla sia la fautrice inconsape-vole della trasformazione dellagatta in animale-tramite, in fan-toccio e mistificazione, dove siincontrano la magia e la malia,le volontà si piegano e il popoli-no impazzisce prostrandosi asgranare il rosario.

***Il romanzo si divide in due

parti, nel primo si dipana la sto-ria, si tendono le fila di vari di-scorsi, si vuole guidare con ma-no sicura da affabulatore – e lo èdi sicuro il nostro autore – que-sto lettore in attesa, se già nonconosce i personaggi aleman-niani, perché non si può fare ameno di richiamare i precedentilavori, Terra nera, da una parte,e Le vicende notevoli di don Fe-fè, nobile sciupa femmine egrandissimo figlio di mam-maggiusta, e del suo fidato ser-vitore Ciccillo dall’altra, proprioperché nel corso della vicendaverranno richiamati.

Il doppio binario narrativocorre lungo tutta la prima parte,dove le vecchie vicende lasciatein sospeso nel libro precedentetrovano responso, giustificazio-ne e senso. Don Fefè e Ciccillo dauna parte, coi loro destini e le lo-ro difficoltà – ciascuno a suomodo, avrebbe detto un grandescrittore – ma non bastano arendere esilarante e amara que-sta storia, ma il bandolo vienefatto esplodere pagine e paginedopo, al cospetto di zio Leò, colsuono di questa voce che narra egetta nel silenzio e nell’incredu-lità lo spavaldo Fefè, già vinto ebastonato dal viaggio lungo tut-ta l’Italia.

In questa narrazione anche

coloro che si sono macchiati invita di nefandezze, si veda la vi-cenda legata al mutismo del sar-to Cappellino, vogliono trovareun nodo per rendere giustizia alricordo e alle malefatte, ridarecosì senso alla vita che non è so-lo momento e gaudio, bellezza epiaceri della carne, ma anche la-scito e cambiamento. E il sorrisoè sempre dietro l’angolo, o al dilà della porta, stampato sullafaccia di Ciccillo, esterrefatto econfuso.

E se qui troviamo un segretolegato alla famiglia, nella cucinadel palazzo di don Fefè si trova-no tutte le credenze e tutte le piùancestrali paure che il popolinopossa accettare. L’autore le sten-de sul panno, le batte al sole co-noscendo le molte tradizioni po-polari, la storia passata e quellanatura così terrena e atavica cheavvolge ogni religione dell’uo-mo. E don Gregorio non è certoun pretonzolo di campagna conla vocazione delle anime pie, lui

ben conosce i colpi di coda delpopolino e delle donne che ve-dono demoni e fantasmi ovun-que, di quelle stesse donne fattedi carne, sanguigne fin sotto lagonna, che non si fermano da-vanti a nulla, certe della sinceri-tà e fondatezza delle loro azionie pensieri. La fascinazione deldemonio va scacciata andandocontro anche al padrone di casastesso che poco conosce o vuolvedere. Molto interessantel’aneddoto dell’agonizzante, lospecchio e lo zolfanello, doveviene racchiusa tutta la culturadicotomica che separa i duemondi: quello ricco da una partee povero dall’altra, sapienza emagia, scienza e credenza: “ilpopolino è convinto che il mas-simo della protezione può otte-nerlo solo attraverso una totaleintegrazione dei santi nella sferadel proprio vissuto esistenziale”e ancora “il popolino difende adenti stretti il suo spazio alter-nativo ma comunque congiunto

alla chiesa, quel mescolato dicattolicesimo e magia popola-re”.

E la gatta solleva il putiferio, lagatta così immobile è capace disconvolgere un intero paese.Anche qui c’è chi trama dietro latenda, chi accumula amuleti perricavare monete, chi cospira egetta reti. Mentre in paese si in-neggia allo sciopero, scandito evoluto dal novello comunista eoratore Rocco Carone, altrove,al cospetto di zio Leone, tutt’as-sieme attorno al desco, che elo-gia l’amore dello jonico salenti-no, lasciando forse trapelarel’amore per il buon cibo da partedell’autore e la sicurezza chequel “minuto d’amore” sia bencompreso da molti lettori.

La prima parte del libro sichiude con la storia del satanas-so Gasparotto e della preoccu-pazione di Carmela e della reli-quia di Sant’Antonio abate rice-vuta per vie traverse e lì pronta aproteggere Cipìernola tutta, as-sieme al fuoco e alla preghiera.Curioso lo strizzare l’occhio al ci-nema con il dialogo dei due “ua-stasi” con il “soggettone lungo emazzo, modello canna di fiume”che richiama un altro dialogoesilarante del cinema d’autore.

E della seconda parte lascia-mo al lettore l’ardire e la parole,diremo solo che i due protagoni-sti ritornano dal viaggio, i comizie le furberie aumentano, la ten-sione sale e si rischia la som-mossa, come altrove in quei luo-ghi e in quegli anni, fino alla ve-nuta del sub commissario pre-fettizio, dell’ispettore generaledi pubblica sicurezza e dell’eser-cito e del governo tutto se fossestato necessario. E ancora dellepietre, dei fuochi, della proces-sione e delle voci.

Poi il tutto trova risposta, i no-di così intricati disegnano unarabesco e l’unico sangue che sivede è quello che galoppa nelcuore di Ciccillo, uomo nuovo eaperto al mondo, con lo sguardorivolto al cielo mentre stringe trale mani la promessa del futuro.

Nelle stanze

Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22

Giuse Alemanno con alle spalle Rina Durante ritratto alla Libreria Icaro di Leccee la copertina del libro edito da Città Futura

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Appuntazzi Gianluca Costantini ci mostra Luzzara

Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22 pagina n° 13

spagi ne

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Franco Arminio a Melpignano dal 12 al 13 aprile

Non sono un fi-losofo, non so-no uno cheproduce con-cetti. Non so-no un politico,

uno che dovrebbe risolvereproblemi. Sono uno che scri-ve, produco visioni senza l’ob-bligo che siano coerenti, sen-za il rigore e la consequenzia-lità del lavoro scientifico. Ilterreno in cui si muove dasempre la mia vita e la miascrittura è un terreno che fra-na. Sono costantemente so-speso tra ritiri autistici e slan-ci comunitari. E forse proiettoquesta mia condizione anchesui luoghi che vado a vedere oa filmare nel mio lavoro chedefinisco di paesologo. Lamia terra è una terracarne chemi appare a volte come segnodel pericolo e altre volte comesegno dell’opportunità. Incerti giorni sento che in qual-che modo forse stiamo giàguarendo, che il mondo è be-ne accordato e che qui forse lavita ha ancora un senso pro-prio perché persiste nostromalgrado una trama comuni-taria. Basta un soffio e mi ri-trovo in un’altra percezione.Mi pare che anche qui l’auti-smo corale abbiamo steso isuoi teloni, sia la serra in cuistiamo appesi a maturare lenostre indifferenze, la nostramancanza di compassione.

***Sono nato nel 1960. Ho vis-

suto dentro la comunità delpaese e dentro la comunitàdell’osteria di famiglia. Quel-la casa era un luogo del paese,ma allo stesso tempo un luogodell’altrove. Mi sono fattol’idea che oggi nei luoghi incui vivo sia accaduta una cosamolto complicata da spiegare.Mi pare che comunità e auti-smo corale stiano qui in unaforma rassegnata di infelicecompresenza. Sono, come ilnastro di Moebius, facce incui non è dato distinguerel’interno e l’esterno.

Non mi fido delle astrazionie non mi fido delle scienzeumane in generale, per ilsemplice fatto che sono ap-punto umane e mi pare che ri-sentano dello sfinmento mo-

La locandina del week end melpignanese

L’iniziativa

Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22 pagina n°14

rale e cognitivo della creatu-ra che le ha prodotte. E allo-ra invoco altre posture, in-voco un sentimento delmondo che parta da riflessipiù semplici. Per me lascrittura è un riflesso sem-plice, è un esercizio percet-tivo in cui la vecchia cassacon gli attrezzi servita finqui per indagare il mondomi pare piuttosto inutile.Abbiamo un martello chenon batte, una pinza chenon stringe, un giravite chenon avvita niente.

A me pare che il discorsosull’esistenza o meno dellacomunità sia inficiato dalfatto che alla fine noi pen-siamo sempre a un indivi-duo con uno statuto forte,un muro di cemento cheguarda il mondo come unagrande palla di cemento.Con questa ottica nessunacomunità tiene, anzi lo stareinsieme, la comunità diven-tano l’autostrada per arriva-re in modo più diretto al-l’autismo corale. Il rischiodrammatico che corriamo,che forse abbiamo già corsoè quello che un volto di unadonna, un albero, un telefo-nino, ormai siano sullo stes-so piano, appartengano allostesso ordine di cose e pos-sano farci compagnia o dar-ci solitudine, possano darciperplessità più che certezze.

Ma il problema non è ilnostro singolo cuore e la co-struzione di un cuore comu-ne, è la capacità di accettar-ci come creature sgretolatein un mondo che si sgretola.La nostra esperienza dellecose consiste nel loro peren-ne svenimento. Nel primobacio sentiamo l’ultimo.Nella parola che diciamosentiamo l’agguato di altreparole che diremo o che di-ranno altri. Non c’è tempo,non c’è salvezza se non ac-cettiamo questa nostra radi-cale disappartenenza.

Siamo estranei alla comu-nità paesi, ma siamo inqualche modo estranei an-che alla comunità di organiche costituisce il nostro cor-po. Il cuore e la mente siparlano, il fegato e lo stoma-

co si parlano, ma noi dove sia-mo, dov’è questa fantomaticacreatura che chiamiamo io?Dovremmo essere capaci diaccettare questa nostra radi-cale contumacia, questa im-possibilità di incontrare noistessi. Soltanto possiamo di-sporci verso l’esterno, comeun lenzuolo al vento. È neces-sario depensare se stessi e ilmondo, è necessario in qual-che modo depennarsi dalmondo, dimettersi dal com-mercio quotidiano in cui ilnostro io ogni giorno firmaassegni in bianco che non puòonorare. La comunità, la veracomunità è possibile solo nel-

la morte. Lì si è in un regnosenza soprusi, dove nessunoruba il fiato ad altri. In attesadi accedere a quella comunitàperfetta e se non vogliamomarcire nell’inferno dell’auti-smo corale, dobbiamo dispor-ci ad accogliere forme di co-munità provvisorie.

Franco Arminio

Comunità e autismo corale

tratto da corrieredelmezzogiorno.it25 marzo 2011

http://paesologia.corrieredelmezzogiorno.corriere.it/

Per un cuore comune

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Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22

Racconti salentini

La strada scorrefra Lecce e Pa-tù. Là ci stannole cento pietre,è un monu-mento funera-

rio utilizzato come mausoleosepolcrale per Geminario, il ge-nerale, uomo di pace, trucidatodai saraceni. Costruita con cen-to blocchi di roccia presi dallavicina Vereto, città messapica,divenne poi chiesa. È strano,pensavo, come gli uomini di pa-ce possano morire trucidati daquelli di guerra. Pare una storiainfinita.

La strada scorreva ma nonsiamo andati a vedere le centopietre, già la conoscevamo. Inrealtà non abbiamo visto nullaquel sabato sera. Arrivati inpiazza c’erano ragazzi che gio-cavano, alcuni stavano seduti araccontarsela, come succede inprimavera nei paesini, d’estatesaranno di più, e ci saranno si-gnore sedute qua e là a raccon-tarsela.

Illuminazione gialla, come siconviene ai centri storici. Pavi-mentazione in basoli. Il silenzioè quello dei paesi tranquilli delbasso Salento, pochissime au-to, voci dei ragazzi, voci di noiche parlottiamo aspettando difinire la sigaretta prima di en-trare dove dovevamo andare.

“Vieni a Patù? Cucina pie-montese” mi ha detto l’amico altelefono. Come rinunciare allacucina piemontese nel bassoSalento?

La Rua De Li Travaj si chia-ma il locale (la strada del lavo-ro). Immediato il pensiero cor-re ad un antico detto piemonte-se “scapa travaj ca riv” (scappalavoro che arrivo io), ovvia-mente dedicato agli scansafati-che.

Il locale è una trattoria, la di-citura è “cucina tipica salenti-na”. Però c’è la signora Fiorinache arriva dritta da Alba, cittàdel tartufo bianco fra Asti e Cu-neo.

***Terra di Langhe e Roero, un

tempo poverissima, ne dice Nu-to Revelli nel “Il mondo dei vin-ti” il libro che nessun piemonte-se dovrebbe ignorare, soprat-tutto quelli che lanciano stralicontro gli immigrati. Intervistòcontadini, Nuto, li fece parlaree loro dicevano parole di emi-grazione in Francia e non solo.Della povertà e dei pasti fatti dicastagne e castagne, polenta epolenta con castagne. Il mitodel tartufo sarebbe arrivato do-po. Allora c’erano le ragazze chevendevano i loro lunghi capellia chi li trasformava in parruc-che per signore nobili, ricche,belle.

Città di origine preromane,

divenne Alba romana, poi pas-sò attraverso la storia, il MedioEvo, con le sue mura fortificatedalle “cento torri”, divenne gia-cobina dopo la rivoluzionefrancese. Poi accolse Napoleo-ne in trionfo. Lui, anticipandoaltri governi del secolo XXI°,chiese un contributo per le spe-se militari pari a 123.000 liredell’epoca. Assurdo, ingiusto,esoso. Alba inviò due amba-sciatori a Parigi per trattare unacifra più equa, uno solo tornò,l’altro venne fucilato e divenneeroe (suo malgrado). Inutile di-re che dovettero pagare.

Fino ad arrivare alla Resi-stenza, l’effimera Repubblica diAlba venne raccontata da Feno-glio (I 23 giorni della città di Al-ba), poi fu medaglia d’oro per ilprezioso contributo alla libera-zione dal nazi fascismo. Altre li-bere Repubbliche in altre terreecheggiano, Nardò insegna!

Oggi è famosissima per il mi-glior tartufo bianco al mondo eper i vini d’eccellenza, nelle sueterre si bevono vini DOC (Bar-

bera, Dolcetto, Nebbiolo) eDOCG (Barbaresco e Moscato).Tradizioni culinarie eccellenti:bagna caoda, Bolliti e bagnet,Agnolotti, Fritto misto piemon-tese, Bonet, Insalata russa, Bra-sato e via dicendo.

***Fiorina a Patù si è portata

tutto il suo patrimonio e si è la-sciata contaminare da quelloche ha trovato qui. Ha cucinatoper noi ottima bagna caoda,agnolotti, bolliti con bagnettoverde, brasato (al negramaro) ebonet. Un tripudio. Tutto man-giato sotto gli occhi attenti diFelice Cavallotti che ci guarda-va da una foto, e dalle fotografiein bianco e nero appese ai muri,tempi andati di quando c’eranotabacchine e andare da Patù aLecce era viaggio vero, ci volevaun sacco di tempo.

Il prezzo è stato in linea conla quantità e qualità del cibo, te-nendo conto che non è cucinausuale.

Poi di nuovo in strada, dinuovo verso Lecce, con profu-

mi e sapori da ricordare. Pen-sando senza troppo livore ai ca-si della vita, ai non salentini checontaminano Salento con le lo-ro conoscenze, la loro musica,le loro parole scritte, volatili, af-fabili, dure come sassi, o con illoro cibo.

Ed il Salento accoglie e guar-da, insegna e impara. Abbiamocenato ed io pensavo ai casi del-la vita, l’amico medico in Salen-to per lavoro, campano di na-scita e formazione, piemontesecon i tentacoli della sua fami-glia, il nonno lo era. Io piemon-tese, per caso in Salento.

Altri amici di Lecce Lecce(come si diceva qui per indicarei cittadini), Lecce austera e fierache diceva "Poppeti" indicandochi arrivava da fuori città, dalCapo forse. E pensavo a Pavese,Fenoglio, a Davide Lajolo, scrit-tore e parlamentare del PCI,che nel 1977 pubblicò lo stu-pendo “Vedere l’erba dalla par-te delle radici” in cui raccontavadi quella notte in cui venne col-to da infarto e gli passò davantitutta la sua vita. Sopravvisse, nescrisse.

Tutti langaroli e monferrini,figli di quelle terre fatte di colli-ne dolci, sinuose, ora piene difilari, un tempo anche di ulivi inqualche parte. Terra dalla qualesi vede l’arco alpino dove il soletramonta. Campi e lavoro duro.Storia e storie.

Come in Salento, in fondo. E pensavo a chi veniva fin

quaggiù a comprare uva perrendere più corposo l’ottimo vi-no di Langa e Monferrato, agliscambi culturali. Mani che sistringono a distanza di milleKm, occhi che si guardano e im-parano a osservare. Profumi dimosto e di finocchio selvatico.E pensavo che è bello, in fondo,conoscere il sapore delle cimedi rapa e della bagna caoda, mi-schiarli nella memoria con i ri-cordi. Ed è bello bere negrama-ro con agnolotti piemontesi chefondono due culture. Anche al-la faccia dei puristi che forse sa-pranno di cucina dotta e colta,ma rischiano di scordare l’emo-zione del lasciarsi contaminare.

a PatùBagna caoda

di Gianni Ferraris

Sopra, le cose della Bagna Caoda in una illustrazione di Gabriele Geninie sotto Patù,le Centopietre

L’emozione di lasciarsi contaminare

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Lecce, 30 marzo 2014 - spagine n° 0 - della domenica 22

Copertina

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Svelata finalmentel'identità delbrand BITUME,ovvero un festivalurbano che vedenella fruizione

pubblica della fotografia la massi-ma espressione di cultura diffusa.

Bitume Photofest porta lafotografia per le strade della città,rendendo accessibile alla comuni-tà il fascino della contemporanei-tà, slegata dagli abituali contestiespositivi.

Il Bitume Photofest ospitaalcuni dei maggiori protagonistidella fotografia contemporanea innumerose esposizioni “outdoor”che invadono il tessuto storico ur-bano, dai balconi dei palazzi stori-ci alle facciate di abitazioni priva-te.

Gli esercizi commerciali delcentro cittadino ospitano inveceartisti emergenti, selezionati tra-mite open call (per maggiori in-formazioni fare click sul link), icui progetti sono presentati inmaniera insolita su supporti alter-nativi.

Il festival propone inoltre unapprofondimento storico sul pa-trimonio identitario della città, at-traverso il recupero di archivi fo-tografici locali di grande valore efascino.

Bitume Photofest rappre-senta anche un momento di stu-dio e confronto sul tema fotografi-co, con un calendario formativoche comprende workshop, semi-nari, convivi, presentazioni di li-bri e serate culturali in compagniadi buona musica.

***Per seguire il progetto tramite

la pagina Facebook:www.facebook.com/bitumepf

e per maggiori informazioniil sito ufficiale: www.bitumephotofest.org.

Cecilia Leucci

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