spagine della domenica 25

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s p a g i n e Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S: Dòdaro e A. Verri della domenica n°25 - 20 aprile 2014 - anno 2 n.0

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Ecco le Spagine della domenica di Pasqua

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spagine

Periodico culturale dell’Associazione Fondo VerriUn omaggio alla scrittura infinita di F.S: Dòdaro e A. Verri

della domenica n°25 - 20 aprile 2014 - anno 2 n.0

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Il Presidente Giorgio Napolitano

Diario politico

Lecce, 20 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 25

Il senso di una combineS

ul Corsera di ve-nerdì, 18 aprile,in prima paginacampeggia unalettera del Presi-dente della Re-

pubblica Giorgio Napolitano aldirettore del quotidiano milaneseFerruccio De Bortoli «un annodopo la rielezione». Su tutte e seile colonne un titolo che riprendein sintesi il pensiero di Napolita-no: «Ho pagato un prezzo alla fa-ziosità ma il bilancio è positivo».

Dunque la risposta precede ladomanda, che, invece, è a pag. 2.Ci sta, se la risposta è quella delPresidente della Repubblica. Cista di meno se si riconduce il fe-nomeno alla sua logica, dovendola risposta seguire e non precede-re la domanda. Qui non è soloquestione d’impaginazione, madi un combinato tra la Presidenzadella Repubblica e il maggiorquotidiano nazionale per dareuna risposta non alla domandadel direttore ma a quella di unaparte del Paese, che sale in ma-niera sempre più rumorosa. Il di-rettore del Corsera si è prestatoalla messa in scena. Si consideriche la sera precedente, giovedì,17 aprile, su La Sette, trasmissio-ne “Otto e Mezzo” di Lilly Gru-ber, c’era stato un animato con-fronto tra il prof. Paolo Becchi,considerato l’ideologo non rico-nosciuto del Movimento 5 Stelle,e il prof. Cacciari, noto filosofo egià sindaco di Venezia, difensored’ufficio di Napolitano e del nuo-vo corso politico impersonato daMatteo Renzi. Becchi è peraltroautore di un recentissimo librettoedito da Marsilio, «Colpo di Sta-to permanente. Cronache degliultimi tre anni», in cui sostieneche in Italia c’è un vero perdu-rante colpo di Stato che ha in Na-politano l’ideatore e l’esecutore.

Ma veniamo al succo: «CaroDirettore, a distanza di un an-no…». Già questo indica chel’iniziativa è partita dal Presiden-te Napolitano per fare il puntodopo un anno dalla sua rielezionealla Presidenza della Repubblica.Quale il pensiero? Napolitano èconvinto di aver operato nel giu-sto servendosi dei mezzi più leci-ti e rigorosi, pur considerandol’eccezionalità del momento po-litico. Non entra nel merito dinessun addebito specifico, ma re-

spinge in blocco ogni critica, bol-landola come «faziosità».

Non è la prima volta che Na-politano, più che respingere,stronca le critiche che gli vengo-no mosse. L’accusa più pesante èdi essere stato in questi ultimi treanni lo stratega unico della politi-ca italiana. A partire dal giugno2011, come ha dimostrato Fried-man col suo libro «Ammazziamoil gattopardo» e come rivendicaBecchi, il quale si ritiene il primoad aver denunciato il “colpo diStato”, Napolitano ha di fattosurrogato ogni altra istituzionelatitante, ed ha operato in assolu-ta libertà d’iniziativa, attento so-lo a non urtare la suscettibilità diquel potere senza volto che è or-mai il “governo europeo” del-l’Euro.

Con tutto il rispetto crediamoche Napolitano non possa essereesente da accuse, in parte fondatee in parte esagerate. Probabil-mente non è contento della situa-zione in cui si è suo malgrado ri-trovato; ma, da autentico politicoconsumato, non si è sottratto a re-sponsabilità difficili e pesanti.Ecco, più che respingere o stron-care le accuse, dovrebbe darespiegazioni. Troppe nubi si sonoaddensate sulla sua presidenza,parte delle quali ereditate, comela famigerata presunta trattativaStato-mafia.

Gli concediamo perciò le atte-nuanti generiche, ossia l’averoperato in sostituzione obbligatadi una classe politica peggio cheinesistente, squalificata e inerme;ma non quelle specifiche dellesingole scelte. Se gli va dato attodi essere rimasto solo a far frontead una gravissima emergenza,non gli si può riconoscere anchel’esclusività degli atti compiutiquasi fossero gli unici che potevacompiere. Atti che – opinionediffusa, e non solo di giornalisti epolemisti, ma anche di costitu-zionalisti di vaglia – sono statiper alcuni delle «forzature» e peraltri «borderline».

Napolitano in questi ultimi treanni è stato lasciato solo e se l’ècavata egregiamente, ma se tantoè vero – ed è vero! – bisogna an-che ammettere che l’Italia è unpaese disastrato – politicamente,economicamente, finanziaria-mente ed eticamente – alla mercédi decisioni straniere, irresponsa-

di Gigi Montonato

spagi ne

“Dopo l’anomalia Monti, ci sono state quelle di Lettae soprattutto di Renzi non si può non ammettere che la democrazia italiana è a corto di ossigeno”

L’intervista di Ferruccio De Bortoli a Giorgio Napolitano

bili, ancorché filtrate e garantitedalla massima carica dello Stato,che invece responsabile è.

Insomma se dopo l’anomaliaMonti, ci sono state quelle diLetta e soprattutto di Renzi nonsi può non ammettere che la de-mocrazia italiana è a corto di os-sigeno. Come può essere norma-le che uno diventi capo del go-verno senza essere passato dauna consultazione elettorale?Come può essere normale cheuno senza credenziale alcuna, senon quella di un continuo sprolo-quiare in abbondanza di minaccee ingiurie, possa conquistare lamassima carica dell’esecutivosecondo un percorso di normali-tà? Si può passare al vaglio attodopo atto di Napolitano e magariconstatare che ognuno è inecce-pibile sotto il profilo costituzio-nale, ma l’esito ottenuto è demo-craticamente incomprensibile. Esiccome il risultato di più attinormali non può essere che nor-

male, nel momento in cui si con-stata che comprensibile quantomeno non è, vuol dire che il per-corso ha avuto dei lati oscuri, cheha avuto passaggi viziati, che èmaturato in un ambiente torbidoe degenerato.

Di questa degenerazione poli-tica italiana Napolitano, in quan-to Presidente della Repubblica,non ha colpa specifica alcuna;ma non v’è dubbio che la gestio-ne della degenerazione nel tenta-tivo di recuperare la condizioneperduta è da attribuirla alle suescelte. Merito? Demerito? Biso-gnerebbe prima sapere e capire.

E’ su questo che si dovrebbeaprire una discussione seria eprofonda, senza accuse somma-rie alla Becchi o alla Travaglio,ma neppure senza incensamentiacritici che ricordano Plinio ilGiovane e il suo Panegirico diTraiano, ovvero la risposta a cal-co di De Bortoli alla domandaautoapologetica di Napolitano.

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S: Dòdaro e A. Verridella domenica n°25 - 20 aprile 2014 - anno 2 n.0

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Ho conosciutol’Onorevole AldoMoro e con i suoifigli: Agnese eGiovanni ho con-diviso l’impegno

politico negli anni ’80. Con Gio-vanni Moro ho fatto la battagliaper il Tribunale del diritto deimalati negli ospedali; in political’esperienza di Cittadinanza atti-va.

Il dolore della barbara mortedel padre c’era e si sentiva neinostri incontri, ma non condizio-nava la nostra riflessione politi-ca e l’impegno verso il sociale eil disegno politico della parteci-pazione dei cittadini nel governodella società. La morte di AldoMoro, dopo trentasei anni, il 9maggio e il giorno del ritrova-mento del corpo, rimane ancorauna delle pagine più scure, illeg-gibili della storia del Paese chedevono essere chiarite e ciò lopuò fare solo una Commissionedi inchiesta parlamentare.

Il libro inchiesta del giornali-sta della Stampa Francesco Gri-gnetti “la sfida” mette in eviden-za sia gli interrogativi, sia la pe-sante responsabilità della politi-ca nel fallimento della liberazio-ne di Aldo Moro: Ministro degliEsteri, Presidente del Consiglio,Presidente della DemocraziaCristiana, quindi protagonistadei processi di cambiamento so-ciale e politico della storia delnostro Paese.

Aldo Moro fu infatti il prota-gonista di quella pagina di gran-de sfida della politica capace diportare il Partito Comunista nel-l’area di Governo senza il pas-saggio delle elezioni. Questaoperazione fu giudicata grave epoliticamente irricevibile dal-l’Unione Sovietica e dai Paesidel Patto di Varsavia.

Il comunismo era in grave dif-ficoltà: c’era il fermento dellaCecoslovacchia di Dubcek,l’Ungheria la Polonia ed il fer-mento dei Paesi non allineati deiBalcani. Il PC di Berlinguer nel-l’area di Governo dell’Italia eracome alimentare la speranza di

far cambiare il comunismo so-vietico che la Russia non potevatollerare, la sorte di AlessandroDubcek fu la dimostrazione piùevidente.

Il disegno di Moro però avevamolti avversari anche in Occi-dente: gli Stati Uniti principal-mente. Il nostro Paese, nel Pattodi Alleanza Atlantica, era in unaposizione strategica sia verso iPaesi del Patto di Varsavia siaverso i Paesi Balcanici. Gli USAnon potevano assecondare la po-litica coraggiosa di Aldo Moro equindi si adoperarono per il suoimpedimento. Le Br non eranodei giovani intellettuali con nel-le vene le teorie dell’economiapolitica di Carlo Marx imparatacon lo studio nelle aule delleuniversità, ma erano un movi-mento organizzato e strutturato a

livello internazionale. Infattiavevano rapporti consolidati coni gruppi terroristici tedeschifrancesi e con l’ETA dei PaesiBassi. Più forti e più solidi eranoi loro rapporti con i palestinesidi Arafat. Il leader palestinesegodeva di grandi simpatie politi-che in Italia sia nei movimentiextraparlamentari sia nei movi-menti rivoluzionari come l’Au-tonomia operaria i nuclei armatiproletari.

Per la Palestina si raccoglie-vano medicine coperte e fondi.Nei campi palestinesi invece leBrigate Rosse tranquillamente siesercitavano alla lotta armata.L’Italia poi era alleata degli ara-bi e quindi era protetta rispettoagli attentati di quella area poli-tica in fermento. Le raccoman-dazioni di Aldo Moro, nelle sue

Lettera aperta al senatore Dario Stefàno

pagine n° 2 e 3

Aldo Moro

Dov’è la veritàdi Luigi Mangia

Contemporanea

lettere, sono la prova politicadell’influenza degli arabi nellaliberazione del Presidente dellaDC. È nota la divisione politicadei partiti tra i contrari a trattaree quelli invece favorevoli alletrattative per la liberazione delprigioniero nelle mani delle Br.

Può bastare questa divisionead essere considerata la causache ha impedito ad evitare lamorte di Aldo Moro?

E se è vero il ruolo del Mare-sciallo Tito Presidente dei Paesinon allineati perché non è riusci-to ad evitare la condanna a mortedi Moro e di chi era l’interesseperché Tito fallisse nel suo com-pito di liberare il prigioniero?

E Arafat aveva libertà di azio-ne o era al libro paga dell’Unio-ne Sovietica e quindi impegnatoa far fallire l’azione del Mare-sciallo Tito?

Infine perché il Governo ita-liano e i Servizi segreti non die-dero importanza alle informa-zioni, ben argomentate, del Co-lonnello Giovannone?

La morte di Aldo Moro è lega-ta a numerosi ed inquietanti in-terrogativi ed anche alla granderesponsabilità della politica chenon seppe promuovere le inizia-tive necessarie per evitare lamorte del leader democristiano.L’Italia è un Paese che ha moltepagine della sua storia senza ve-rità. Per questo solo una Com-missione di inchiesta parlamen-tare può far emergere la respon-sabilità e la verità sulla morte diAldo Moro. Il nostro Paese finquando non avrà la verità sullamorte di Aldo Moro non potràmai essere un Paese normale. Miappello affinchè il Senatore Da-rio Stefano voglia spendere tuttele sue energie e promuovere tut-te le iniziative per avere l’istitu-zione di una Commissione d’in-chiesta per rendere giustizia alsacrificio della vita di Aldo Mo-ro, politico salentino spesa perservire il Paese.

Per l’istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare per fare finalmente chiarezzasulla morte di Aldo Moro

spagine

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luoghi che infiammano i nervi, neiluoghi in cui sento solo avarizia esfinimento.

So che anche qui il sud ha i suoicapannoni, i suoi silos dove racco-glie accidie e rancori. Ho visto coimiei occhi la campagna piena di ri-fiuti e so che quelli a vista sono benpoca cosa rispetto a quelli che hannobuttato nelle cave.

So che la classe politica di questiluoghi pensa ancora ad infilarsi neicaselli dello sviluppismo, in un mo-mento in cui bisognerebbe usciredalla carreggiata, fare sentieri nuovi,impensati, piuttosto che allungare ilcollo di bitume al cieco bisonte dellamodernità.

Nel Salento ho incontrato moltepersone che si battono contro unastrada che dovrebbe trafiggere comeuna spada il Capo di Leuca. Nel cor-so di un incontro fatto camminando

lungo quel percorso ad un certo pun-to abbiamo trovato una grande pietrasu cui una volta si batteva il grano.Ci siamo seduti ai bordi di questapietra e abbiamo fatto silenzio e il si-lenzio ci ha fatto sentire tante cose dinoi stessi e di quello che c’è fuori. Ioho visto le formiche sulla pietra, hopensato alla malattia di mia madre,ho avvertito il sincero ardore deimiei compagni di passeggiata. Tantepersone venute a dire no a una stradainutile, tante persone animate da unamilitanza mite, capace di contestarema anche di ammirare, una militan-za in cui la voglia di cambiare ilmondo non ti fa bendare lo sguardoa quello che c’è intorno, che comun-que è sempre tanto e spesso è mira-bile.

A me pare che oggi siamo chia-mati a percepire più che a spacciareopinioni. E mi pare che la Terra ci

Lo so, è tutto fragile,confuso. La salutemorale facilmentesi dissesta, il disin-canto è più fortedell’incanto, le

meraviglie di un giorno non si repli-cano il giorno dopo.

Parlando coi ragazzi che a Mig-giano hanno frequentato un brevecorso di paesologia, ho sentito conforza che nel sud c’è una grande ca-pacità di manipolazione simbolica,di astrazione, e nello stesso tempoc’è un cuore conviviale, un’econo-mia della generosità. Da qui bisognapartire ogni giorno, dall’idea chenon è Milano la cosa che ci manca,ma siamo noi la cosa che manca aMilano.

Il Salento deve lavorare sui detta-gli. Qui più che altrove l’essenzialec’è già. Te lo dà la taranta su unaspalla, il sole in testa, il mare in gola,le case di calce, i palazzi di tufo, lapietra dolce delle chiese, i campanilidi sughero, lo zucchero filato deibalconi. Terra scoperta, penisola li-mata dal vento e dalla luce, terra sen-za tegole, senza montagne e senzacolline, dove la modernità convivecon un fiato di magia. Sono arrivatocoi nervi aggrovigliati e il cuore scu-ro, sono tornato a casa coi nervi bendistesi e il cuore più chiaro. Il Salen-to, almeno per chi viene da fuori, èuna grande farmacia: la farmacia delmare, degli orti e degli ulivi, della lu-ce.

Il sud irpino, il sud in cui vivo, èun frammento del polo incastonatonell’Appennino. Un sud scontroso,iroso, diffidente. Veniamo dalla stes-sa civiltà contadina, ma con un altroclima, con un’altra geografia. Nonabbiamo intorno a noi la cintura epi-ca del mare, abbiamo una terra mos-sa, agitata, rigata da un vento spino-so. Per me è difficile capire come fi-la la vita quotidiana salentina nellasua lunga stagione estiva. Da noil’estate è una breve apparizione. Ipaesi sono lontani e devi fare sempretante curve per trovarli. In certi postil’unica pianura è il palmo della ma-no.

Il Salento è un’altra storia, nonposso pensare di conoscerla passan-doci dentro per qualche giorno.Quello che so è che mi fa bene. Alpunto che mi fa perdere pure le paro-le (sono rimasto muto per tre ore suuno scoglio a Novaglie), perché leparole vengono più facilmente nei

di Franco Arminio

Per la sagra

Lo spazio per L’altra Europa

pagine n° 4

del futuroFranco Arminio contempla una statua di San Pio

chieda di essere guardata, ci chiedadi non essere caricata come un asi-no.

Nel Salento più che altrove l’uto-pia meridiana può essere tagliatacon lo scrupolo nordico (come av-viene nella bella masseria che mi haospitato, gestita da una coppia delnord). Il sud non si salva assolven-dosi, ribaltando cioè la sua antica ve-na vittimistica che ha ricevuto unnotevole impulso dalla vicende fu-neste che portarono all’unità d’Ita-lia. Abbiamo bisogno di guardarecome siamo, abbiamo bisogno dicongedarci dalla modernità incivilecon cui abbiamo rottamato la civiltàcontadina. È un bisogno che non de-ve riportare indietro il nostro sguar-do, ma avanti. In fondo c’è una solasagra che va bene per ogni luogo, lasagra del futuro.

Il paesologo Franco Arminio è candidato alle prossime elezioni europee nelle lista di Alexis TsiprasVi proponiamo una sua riflessione sul Salento...

Lecce, 20 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 25

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Appuntazzi Gianluca Costantini corrispondenze da Luzzara

Lecce, 20 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 25 pagina n° 5

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Lecce, 20 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 25 pagina n°6

Nei mesi scorsi ho piùvolte fatto notare al-cune anomalie nelladirezione culturaledella città di Lecceche, a mio parere,

rischiano di avere importanti riper-cussioni sulla candidatura a capitaleeuropea della cultura. Tra questeanomalie compaiono anche azioniche – da operatore culturale – nonriesco a comprendere e delle quali mipiacerebbe avere spiegazioni.

Nella fattispecie, qualche anno fa,con Determinazione dirigenziale nr.785 del 13 ottobre 2010, la GiuntaComunale approvava il progetto“SETC – Valorizzazione delle risorseculturali per lo sviluppo economico-turistico del territorio” che, a seguitodi un’attività durata più di un anno edin collaborazione con il CETMA diBrindisi, nel 2012 ha inaugurato ilPortale SETC (www.arteartigianato-lecce.it).

Il portale racchiude non solo im-portanti informazioni storico-artisti-che redatte da professionisti del set-tore culturale (tra i quali la sottoscrit-ta) e docenti dell’Accademia di BelleArti di Lecce, ma rappresenta un’ap-prezzabile piattaforma per l’artigia-nato e la cultura leccesi, sviluppandodei percorsi turistici in grado di farconoscere la città da ogni angolazio-ne: architettonica, storica, tradiziona-le e culturale. Il portale SETC (rea-lizzato anche per la specifica visua-lizzazione su smartphone e tablet)racchiude al suo interno anche diver-si esperimenti di simulazione digita-le, come virtual tour all’interno dellebotteghe artigiane o ricostruzioni 3Ddi oggetti d’artigianato storico; inol-tre, nella sezione “Infomobilità”, so-no raccolte tutte le informazioni rela-tive a trasporti pubblici, bikesharing,parcheggi d’interscambio ed info-point turistici. Tutte informazionipressoché irrintracciabili senza pre-cise indicazioni. Un portale (all’epo-ca della realizzazione) completo, uti-le, costato un bel po’ di soldi (questavolta giunti dal Ministero dell’Eco-nomia e delle Finanze), tuttavia alcambio di giunta, del portale SETCcon tutte le sue informazioni e gli uti-li dati turistici non se n’è saputo piùnulla, tanto da non comparire nem-meno sul sito istituzionale del Comu-ne.

Il portale è stato abbandonato,molte delle informazioni contenutesono diventate vetuste, alcune botte-ghe artigiane hanno persino chiuso ibattenti, alcuni siti collegati hannocambiato indirizzi, alcuni servizi so-

no scomparsi ed il portale non è maistato tradotto in inglese.

Nonostante ciò, con Deliberazio-ne di Giunta nr 646 del 26 luglio2013, il Comune ha stanziato un co-finanziamento di €10.000,00 a favo-re della Cooperativa Oasimed per larealizzazione di totem e materiali tu-ristico-informativi da diffondere incittà. Inutile sottolineare che si trattadel materiale oggetto delle numerosepolemiche degli ultimi giorni, a cau-

sa dei tanti gravi refusi presenti sullecity map.

Viene da chiedersi, dunque, se gliamministratori comunali siano alcorrente di ciò che i loro predecessorihanno realizzato e se, alternativa-mente, non sarebbe il caso di infor-marsi, prima di spendere denari pub-blici che potrebbero essere destinatiad integrare ed aggiornare servizi giàpresenti e soprattutto già pagati. Unavera capitale della cultura è anche

La triste storia del portale SETC

Lo stemma di Lecce in Piazza Duomo

La cittàdi Cecilia Leucci

Accade in città

delle anomalie

una città in grado di ottenere grandirisultati con il minimo sfruttamentodi risorse (soprattutto economiche),una città attenta al turista così comeal cittadino, capace di offrire serviziinnovativi, affidandosi a consulentied operatori attenti e competenti.Sulla base della gestione odierna,Lecce sembra, purtroppo, ben lonta-na dall’essere una “città di cultura”...figuriamoci se “europea”.

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Poesia - La città e il cambiamento - Per Lecce 2019

spagine

Spazi senza barriere,mare aperto, spruzzo d’infinitola città. Respirabile d’ossigeno.Il violetto, il rosso, il giallo, l’indacoun’iride d’incanto per i vialiper le strade virenti d’intorno.Triciclo di bambini, palloni in voloil volo dei ragazzini. Le carrozzine dei pargolii venditori di giocattoli, le coppie mano nella mano.L’eburnea fontana. Scialli gitanie lieve colore di cielo.L’artista di strada intonanenie e melodie alla malasorte.Un canto popolare s’alza,una luce d’auroraa oscurare ogni notte.La città che cambiaè come l’uomo che guarda.Guarda oltre.Il vecchio che scorge il futuro al di là di strette feritoie.Il bimbo che piangema lacrime di gioia.Pensieri senza recinzionila città che cambia.Vola, vola oltrefra arcobaleni d’amoree ipotenuse di sole.La città che cambiasquarcia velie ci fa gustareil sapore dolceamarodel tempo.

Marcello Buttazzo

Lecce, 20 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 25 pagina n° 7

I precedenti interventi su “La città e il cambiamento” sono pubblicati su: http://issuu.com/mmmotus

pagina 4, Spagine della domenica del 30 marzo 2014, La città e il cambiamento,di Ilaria Seclì

pagine 2 e 3, Spagine della domenica del 6 aprile 2014, Quando Lecce era periferia di Rudiae di Vito Antonio Conte

pagina 7, Spagine della domenica del 13 aprile 2014, Poesia - Giuseppe Semeraro

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Lecce, 20 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 24

zione era ottenuta e, il contatto, solleci-tato da vitalismo, voglia, entusiasmo.In quella strana condizione i corpi se nestavano come realtà esterne, donati allamente come diversi.

Generalmente ‘altro’ dalla simula-zione quotidiana cui son condannati,vivendo il marcio della procreazionecui son destinati, essi non erano maipresenti a se stessi, nel loro Io. Marinarichiamava episodi che non sono maistati, questi sì, indimenticabili. Insom-ma, ella, sganciata dal corpo, si dava, sioffriva con nobiltà e grandezza d’ani-mo, magnificenza, al massimo dellasua valenza. Una donna che mentreconcedeva il suo sguardo, apriva il suocuore bisognoso d’affetto, creando neipresenti, a seconda dei casi, diversesensazioni, liberandoli del tutto nelnulla. Comunque colpiva.

Questa era Marina in quella perfor-mance, la sua forza derivava dalla suaassenza (anche se c’era!), presenza/as-

senza. Col silenzio ultimo degli abissi,con i chiarimenti dell’esistere comeperformance, fino alla fine, nella parteultima di sé data all’esibizione.

***Ricordare il performer Ulay (Ulwe-

Laysiepen), divenuto suo partner nellavoro (e nella vita) per un decennio,può sembrare scontato; rivederlo nellagrande sala del MoMA, la sua presen-za fu, per Marina, amore ulteriore. Ellaera amore della performance, un amoretanto passionale da essere impetuosa-mente invasivo e istintivo, soverchio.

Il suo sguardo era diretto alla verità,senza argomenti, senza sentenze omassime, né simboli. Grandezza puradella scena Marina Abramović, eccel-lente nell’influire con impeto e furore,con un ultimo sguardo fuggente negliocchi.

***Di lei si sa tutto ormai, tutto quello-

che era in scena, sempre: Rhythm 10

del 1973; Rhythm 0, 1974; Rhythm 5,1974; Art Must Be Beautiful, 1975;Lips of Thomas, 1975; Freeing TheBody, 1975; Freeing The Memory,1976; Freeing The Voice, 1976; Im-ponderabilia, 1977; Dragon Heads,i990; The Abramovic Method, 2012.

E la filmografia: Marina Abramovic– The Artist is Present (USA, 2012) diMatthew Akers, documentario di 99minuti, una vera chicca, tributo al-l’opera d’arte Marina Abramovic.

Marina tesa a ottenere «il vuoto disé», vale a dire creare lo «spazio» peraccogliere la sensazione di ciò che av-verrà - da sola - allorché dopo lunghimomenti lo spirito si sarà dilatato e saràgiunto a uno stato di coscienza più pro-fondo di quello ordinario.

Ella aiuta a scoprire l’inadeguatezzadi ogni sforzo razionale a penetrare larealtà e delega i sensi alla conoscenzadi se stessi e degli altri. Mezzi, questi,

Marina (dall’etimo:donna venuta dalmare), tutta la sua vi-ta è stata una perfor-mance. «Bisogna vi-vere il presente, l’im-

mediato, hic et nunc» ella dice. «La co-sa più difficile per un artista è avvici-narsi al nulla. Tre cose le persone nonsopportano: il non fare, la non azione eil digiuno. Fermarsi, insomma».

***Ha ragione Marina Abramović, se la

gente si fermasse un solo istante a ri-flettere si renderebbe conto della dolo-rosa e quanto inutile esistenza senzascopo, vuota, a cui è pervenuta. E rile-verebbe la vanità e vacuità delle azioniquotidiane e proverebbe uno sconcertoche prima non sentiva.

Il lavoro di Marina vuole esplorarele relazioni tra artista e pubblico, i limi-ti del corpo e le possibilità della mente.E il pubblico, compiutamente, parteci-pa; una delle sue più grandi performan-ce fu visitata da migliaia di persone,che sedevano davanti a lei, uno allavolta, avendo a disposizione tutto iltempo che volevano fissandola negliocchi, smaniosi emettevano emozioniche se fossero stati in sé non impute-rebbero alla propria usuale comunica-zione. Quasi invasati e ammaliati dauna sorta di contagio consapevole in-vestigavano a fondo la particolarità edeccezionalità di quella esperienza.Questi momenti potevano durare un at-timo come delle ore, un via col vento ebasta o estenuanti attese come nelle cli-niche per partorienti.

Il corpo di Marina affaticato daquella condizione si lamentava, ma ellalo spingeva oltre… nella passione ab-bracciava quel momento ed era il cor-po, solo il corpo a denunciare lo stressdi quella visitazione morbosa.

Il corpo ambiva ad una sospensionemomentanea, non era una strutturaestranea, era in potere del sistema ner-voso che lo asserviva esortandolo a suamisura e fastidio. Il corpo pareva decli-nare, ritrarsi… senza evitare il viso aviso, tollerabile, che non placava laconfessione dei partecipanti. Ed è cosìche si spiegava una gremita richiesta diaspiranti a partecipare all’evento. Tuttisi piegavano alla lusinga in atto. Face-vano di tutto per essere visti (nel verosenso della parola). Marina col suosguardo faceva succedere qualcosa…a costo della sofferenza a cui si era co-stretti. Ormai giunti a debita distanzagli astanti guardavano Marina, stando-sene zitti. Votati all’esperire estremopiuttosto che servi del parlato quotidia-no divenivano essi stessi la performan-ce. Nella sua più grande esibizione,Marina fu associata a una figura stoicae fu vista con sospetto. E senza muo-versi se ne stava, annichilita come mor-ta… il rapporto era instaurato, la rela-

di Antonio Zoretti

Arte Marina Abramović, la grande madre della performance

“Dopo quarant’anni il mio lavoro è stato finalmente stimatoPrima mi credevano pazza”

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pagine n° 8 e 9

stato finalmente stimato. Prima mi cre-devano pazza». Nelle persone che han-no frequentato e visitato l’opera di Ma-rina resterà senz’altro un ricordo inde-lebile, e sconvolgenti esperienze intel-lettuali e culturali, per il suo essere di-retta, perchè chiamava ad essere séstessi, fuori dagli schemi, dalle struttu-re e sovra-strutture culturali imposte.Proponeva il nudo per sconfiggerel’imbarazzo; spingeva la voce ai limitiper farla divenire puro oggetto sonoro;espellendo le parole a raffica tentava diliberarsi da esse, come convenzionecomunicativa; far reagire lo spettatorefacendolo diventare l’oggetto dell’ese-cuzione, nei suoi riti di purificazione eautopunizione: affronta le sue penemettendo a repentaglio il proprio cor-po. Insomma, spinge il suo corpo e lasua mente a fare cose che non si potreb-bero fare normalmente.

***Marina oggi ha sessantotto anni, si

autodefinisce “grandmother of perfor-mance art”, con il suo lavoro di esplo-razione relazionale, con la sua sfida alcorpo e al pensiero - come ogni grandeartista sa fare - ha toccato il vertice. Ilsuo sguardo, il suo viso, il suo corpo, lasua mente, ormai è come se ci apparte-nessero. La sua persona ha saputo tra-smettere, in pochi attimi, più di diquanto hanno potuto fare migliaia dicontrabbandati avventurieri che fre-quentano e vivacchiano con ciò che èdetto Arte, mestieranti se ne servonoper espedire al solo scopo d’uno sfac-ciato profitto: coltivando la preoccupa-zione d’esprimersi per manifestare leloro caleidoscopiche insulsaggini.

Marina Abramović ci ha fatto uscireda tutto ciò, evitando vani imbrogli.

Quanto tutti gli altri ‘artisti’ rappre-sentano e vendono, puntualmente tol-lerato dai presenti, viene con un colpodi mano annullato da Marina, la qualefa piazza pulita di forme, significati,concetti, azioni, obbligazioni e quan-t’altro. Per questo è importante conti-nuare a parlare di questa grande figurae la capacità che ella ha di condurre lesue performance e di possedere sempreuna enorme presenza.

Originale, a volte splendida, è unapersona libera e rara. Nonostante l’etàil cuore le batte ancora forte e lo fa bat-tere agli altri.

***Fremo dalla voglia di vederla…

vorrei incontrarla un giorno, ammirarlae ascoltare qualche suo aneddoto o pro-dezza, anche se questi ultimi si posso-no dimenticare… Ma ciò che non si di-mentica è la prontezza con cui si mette-va a strepitare contro i dormienti, conlo sguardo puntato addosso, provocan-do sussulti nei loro corpi e ravvivandoe risvegliando la loro carne e i loro sen-si, una scossa intensa ed improvvisa.Quelle esibizioni di voce, silenzio esoffio vitale sono state per molti o pertutti grandi occasioni di scoprire sestessi e gli altri. Marina, nelle sue pro-vocazioni, nei suoi grandi slanci chepotevano apparire follia in un primomomento, sintetizzava per intero la suapersonalità di essere sulla scena e dinon esserci: la sua presenza/assenza.

Questo l’orizzonte della montene-grina Abramović. E l’emozione si sen-tiva sempre più forte, poiché in quellaassenza portava via tutto, tutta l’inutili-tà e restava l’essenza, il costrutto. Unadonna, a suo modo, geniale, capace ditrascinare il pubblico in galoppate in-terminabili fino a sfinirsi, esaurirsi; co-me l’esecuzione durata otto ore, in cuiella, con la testa ricoperta d’una sciarpa

nera, balla a ritmo d’un tamburo africa-no fino a crollare e cadere per terra. Ol’altra durata tre mesi, per sei giornidella settimana seduta su una sedia perricevere gli ‘ospiti’. Ella si esibiva permanifestare il mondo nella sua integri-tà. Il suo coraggio non era mancanza dipaura, ma la capacità di vincerla. E lamisura per affrontare le cose era quelladi affrontarle senza misura. Nonostan-te l’abbiano seguita per quarant’anninon l’hanno mai capita, ma soltanto lo-data o biasimata; ma, arrivati a questopunto siamo costretti a inchinarci alsuo cospetto. Ne dicano che voglionogli altri… ella ha superato se stessa, èun capolavoro vivente.

Ha torturato il suo corpo, si è sottrat-ta agli innumerevoli ruoli del quotidia-no ripetuto; si è levata ogni finzione,questa spaventosa malattia infettivache, crudele e totale, devasta le ridon-danti apparenze artistiche e l’emissio-ne d’aria che concerne il modo di ra-gionare delle copie artificiali, del tuttoidentiche, degli esseri umani, condan-nati per giudizio all’esito positivo neiluoghi deputati, esposti al pubblico daicodici statali e sociali alla triste massadella confusa, mascherata e spacciatagente.

Ella si mostrava, venerata dai suoimartiri (testimoni) che premevano peravvicinarsi al palco… e piangevano, ri-devano, s’impressionavano, restavanoattoniti, meravigliati, contenti, ammi-rati, o puliti e luminosi, direi purifica-ti… tanto che si direbbe che son felici,queste folle. Applaudivano tanto a lun-go perché durasse l’esperienza, quellarealtà, quell’ essenza, la vita di veroscopo a cui erano pervenuti. E poi, tor-nando a casa, sentivano una rivelazio-ne che prima dell’esecuzione sembra-va non sentissero… Perché noi nonsiamo altro che fuochi fatui: rappresen-tanza e rappresentazione, e proprio diquesto bisogna liberarsi. Ci illudiamodi esserci, per sopravvivere, mentendo.

Quest’Io, quest’io che divental’equivoco per eccellenza, il più frau-dolento, laborioso degli inganni. Quin-di nessuno sa niente di sé, della propriavita. Marina è una possibilità di cono-scenza, Marina ti trasmette la vita, cheè il fine più interessante rispetto alla re-sponsabilità del sé.

Una forma di conoscenza concreta,reale, esaltante, che incita a prenderneparte e che resta davvero unica comeesperienza conoscitiva.

***Marina diventa la divina, potenza di

arcana memoria: sempre cara ci è que-sta donna meravigliosa, e questa mole,che da tanta passione l’ultimo orizzon-te il suo sguardo illumina. E sedendo eosservando interminabili spazi di là daella, e soprannaturali silenzi, e vastissi-ma pace… noi ci fingevamo nel pen-siero; per non spaventare il nostro cuo-re. E come un soffio d’aria udivamo inquella sala… noi l’immenso silenzioconfrontavamo: e ci veniva in mentel’eterno, e le stagioni, e la presente/as-sente e viva, e l’amore di lei. Così traquesta immensità soffocava il nostropensiero: e lo sprofondare ci era gratoin questo vuoto.E così ella varcava ladimora del nulla… nella nostra patriaantica nel gran nulla. Cara, cara, la no-stra brava donna! La bella e affascinan-te Marina Abramović.

Lunga vita alla Signora!

più validi per raggiungere uno stato ditrasparenza che permette di scoprirsi,aprirsi e realizzarsi. Non si tratta, tutta-via, di una ricerca di sé, o di una formadi isolamento, bensì di una compene-trazione della realtà e dei rapporti uma-ni in modo che nulla e nessuno si op-ponga ad altro.

E’ una conoscenza del mondo e del-l’identità o unità dell’essere, che tra-spare nella quotidianità in cui viviamo.Ogni elemento sensibile quindi (poi-ché una sensazione incorpora tutti isensi) viene ad acquistare enorme im-portanza.

Come se Marina ci dicesse: «restateanche un solo attimo davanti a me e invoi si manifesterà il mondo nella suaintegrità».

***Marina Abramović ha dovuto aspet-

tare decenni per essere apprezzata, co-m’ella stessa dirà durante un intervista:«…dopo quarant’anni il mio lavoro è

spagine

Fermarsi

Marina

Abramović,

Rhythm 0 (1974)

Performance,

6 hr.,

Studio Morra,

Napoli

Marina Abramović. Portrait with white lamb. 2010.

Courtesy Marco Anelli e Lisson Gallery

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di Rocco Boccadamo

Lecce, 20 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 25

Racconti salentini

efficace. Concordammo comune-mente quattro nomi di amiche, reali oinventate, di viaggio o della scuola -Maria Annunziata, Silvia, Donatellae Carla – le cui iniziali corrisponde-vano ai quattro semi delle carte datressette; in pratica, a ogni nostro tur-no di giocare, chiamavamo il “palo“della carta da calare sul tavolo, pro-nunciando disinvoltamente una bre-ve frase banale, contenente il nomedella ragazza che meglio faceva alcaso. In tal modo, il gioco era fatto, disolito con successo.

Memorabile, un particolare che ri-

Queste note, anchese, come spessosuccede, abbraccia-no uno spaccato digente, vita, vicende,relazioni e ricordi

della fanciullezza e giovinezza alpaesello, sono dedicate, in modo par-ticolare, a Totò, un amico e coetaneo,o meglio dire alla sua memoria, atte-so che egli, da lungo tempo, non sfo-glia più, materialmente, i giornali,ma legge e segue gli scritti del comu-ne osservatore di strada, standoseneseduto a una scrivania, lassù.

***Totò nasce in seno a una famiglia

benestante di Marittima, ha un fratel-lo e una sorella un po’ più grandi. Ilpadre, proprietario terriero, e peròegli stesso dedito personalmente al-l'agricoltura, porta un nome di batte-simo importante, anche se, ordinaria-mente, è conosciuto e chiamato con ildiminutivo di ‘Ntinu, più completa-mente patrunu ‘Ntinu; la madre, Do-nata, è una dolce signora originariadella vicina Andrano.

Il nucleo abita in una spaziosa abi-tazione a piano terraneo, ricavata inparte dalla massiccia mole di un'anti-ca torre nobiliare (tuttora esistente alcentro del paese e detta “Torre di Al-fonso”) e, per il resto, costruita su ungiardino, conosciuto come “giardinodei baroni”, con riferimento a perso-ne benestanti, capostipiti della mede-sima famiglia di cui qui si racconta.

L’andamento tranquillo nella casain questione s'interruppe improvvisa-mente e tragicamente intorno al1950, quando, in una notte, venne amancare prematuramente la sposa emamma; una tragedia, accresciutadal particolare che il vedovo ‘Ntinunon era assolutamente in grado di ba-dare alla gestione domestica e, so-prattutto, alla cura e alla crescita deifigli. Difatti, i tre ragazzini furonotemporaneamente affidati alle sorelledella defunta, dimoranti in Andrano.

Per questo, io ripresi a vedere To-tò, ogni pomeriggio, a Marittima, so-lamente in quinta elementare, quan-do fu mandato a prepararsi agli esamidi ammissione alle medie presso ilmio maestro Alfredo.

In un’occasione, notai che egliaveva in mano una bellissima pennastilografica d'argento, mentre noicoetanei usavamo ancora aste conpennino e inchiostro, alcuni, eccezio-nalmente, le prime penne a biro. Difronte al nostro stupore, Totò confidòdi aver ricevuto il prezioso oggetto inregalo da uno zio materno, prelato omonsignore in servizio diplomaticonel Perù, nella capitale Lima, e fu la

prima volta che, personalmente, sen-tii nominare quel paese e quella città.

Passati gli esami d’ammissione,Totò fu inviato dal padre a Galatina,in un convitto con annesse scuolemedie e superiori, dove già si trova-vano il fratello e la sorella.

Tuttavia, durante la frequenza delginnasio, essendo in certo senso mu-tata la situazione nella casa paternagrazie a un secondo matrimonio con-tratto da patrunu ‘Ntinu, Totò fece ri-torno a Marittima e andò a seguire icorsi al “Capece” di Maglie: ci tro-vammo, così, insieme, nel viaggio

comune con la corriera delle Sud Est,oltre che, ovviamente, amici e com-pagni negli svaghi, principalmentenelle partite di pallone, sul fronte del-le prime sigarette fumate alla cheti-chella dai genitori e, intorno ai sedici- diciassette anni, in occasione dellepartite a carte, soprattutto a tressette,nel bar della piazza, la sera, una voltaterminati i compiti. Quotidiane sfidecontro coppie di compaesani, noidue, ovviamente, sempre compagni.

A un certo momento, sprazzod’ingegno, escogitammo uno strata-gemma, ovviamente tenuto segretis-simo, che, a onor del vero, si rivelava

Storiadi Totò

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correva ogni volta che la collabora-trice domestica di patrunu ‘Ntinu, so-prannominata Mariamarì, grande la-voratrice e moglie di un pastore diovini, era mandata a chiamare il fi-glio Totò, occupato con gli amici agiocare al pallone o al bar, oppure ariferirgli qualcosa. Immancabilmen-te, la donna si rivolgeva ad alta voceal ragazzo, già da lontano, con l’ap-pellativo “cumpare signurinu”, ag-giungendo, quindi, quanto dovevadirgli.

E tutti noi della compagnia, ci ab-bandonavamo a fragorose risate e a

pagine n° 10 e11 spagine

steggiare l’importante traguardo.

Eccoci, quindi, in gruppo, in viaVeneto, la famosa strada dei vip, de-gli attori e dei paparazzi, dove re-stammo a bighellonare per alcuneore, con intermezzi di un paio di con-sumazioni nei bar, locali di lusso maivisti in precedenza. Intorno, tantagente in quella serata, per i turisti ori-ginari di un paesello del Basso Salen-to, era la realizzazione di un sogno.

Verso mezzanotte, congedatici daTotò, risalimmo sulla “ Topolino” eall’ora di pranzo della domenica ri-mettemmo piede a Marittima.

Di lì a qualche anno, pure Totò siformò una famiglia, con una ragazzaconosciuta a Roma ma originaria del-la Calabria e nacquero due figli, unmaschio e una femmina.

In casuale analogia e coincidenzarispetto alla mia vita di impiegato re-sidente in quel periodo in Sicilia,compiendo in “500” il viaggio daMessina a Taranto e Lecce - a quel-l’epoca non c’era ancora l’autostrada- più o meno a metà percorso, transi-tavo da Cutro, nei pressi di Crotone,località che, guarda caso, era il paesenatio della moglie di Totò.

***Scorrendo le stagioni successive,

la nota saliente e più triste é che, To-tò, non fu fortunato, improvvisamen-te gli precipitò addosso una tegola ir-rimediabile e, da poco compiuti iquaranta, se ne andò.

A distanza di circa sei lustri dallasua scomparsa, io avverto ancora ilbisogno di rivedere le sembianze delcaro amico, e perciò, oltre ad andarea trovare i miei genitori, scendo, sal-tuariamente, anche le poche scaleche conducono al luogo del suo ripo-so, per un saluto a quel volto ancoragiovane.

Nella realtà residua della vita cheprosegue, invece, d'estate, m’incon-tro, talvolta, con i figli dell'amico: laragazza, che continua ad appoggiarsinell'abitazione, già del nonno ‘Ntinu,nell’antica Torre di Alfonso, il ragaz-zo, che, invece, ha voluto costruirsiuna nuova villetta, occupata insiemecon la moglie, nativa di un paese vi-cino, dentro il “giardino dei baroni”,sulla via vecchia per Andrano, dirim-petto al fondo de l’Arciana con il suofantastico Palummaru (in italiano,torre colombaia).

Ciao, Totò.

sfottere il buon Totò. Sta comunqueche il titolo di “cumpare signurinu”rimase a lungo una costante nel rife-rimento, a qualunque scopo, al no-stro amico.

***

Arrivati, rispettivamente, al diplo-ma e alla maturità classica, entrambi- sia io, che fui assunto pressoché su-bito in banca, sia Totò, che partì perRoma dove risiedeva e lavorava ilfratello maggiore - lasciammo quasiinsieme Marittima, mantenendo tut-tavia contatti epistolari e rivedendocidi tanto in tanto nella comune locali-

tà natia o per le vacanze estive o perle principali festività.

In aggiunta, Totò, una volta propo-se agli amici più stretti di andare atrovarlo a Roma, al che, prendendosubito la palla al balzo, in un sabatodi settembre, di buon mattino, salim-mo in quattro sulla “Topolino” di Ro-mano e, nel tardo pomeriggio, fum-mo già nella capitale; facile l’appun-tamento e l'incontro con l’invitante,il quale poco tempo prima aveva an-che lui assunto un impiego presso lasocietà dei telefoni e, quindi, dovevaoffrirci un “complimento” per fe-

Persone e storie marittimesi: il “cumpare signurinu”

Storiadi Totò

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pagina n° 12

MMSarteE’ in atto dal 24 marzo Art-icoliamo senza barrierenuovo percorso di poesia visuale rivolto ai bambini

di quattro classi della Scuola Primaria Leonardo Da Vinci di Cavallino e Castromediano a cura di Monica Marzano

Lecce, 20 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 25

Per Mihai, la parolarispetto, non ha con-fini. Bisogna esserein grado, per una tol-lerante e pacificaconvivenza, di ri-

spettare tutti, ma proprio tutti, perfi-

no le "persone fastidiose", facendofinta di niente, quand'anche queste"ti parlano brutto". Cercare sempredi pensare il meglio per il mondo el'intera umanità, vietandoci d'esserearroganti e imparando a riconoscerebulli e "persone cattive" che ingan-

nano, tenendoli sempre d'occhio, so-lo così si possono ottenere "bei risul-tati".

La piccola Manuela è rimasta af-fascinata dalla frase "tenere d'occhiopersone cattive". Ecco allora che ilprotagonista del suo perfetto dise-

gno è uno Sherloch holmes delle cat-tive azioni, un intraprendente inve-stigatore pronto a sorprendere chinon ha rispetto dell'ambiente e diconseguenza del suo prossimo.

Per Gabriele il concet-to di amicizia éstrettamente legato avalori di onestà e le-altà! Fare entrare nelproprio cuore nuovi

amici, non deve mai indurci a tradirele vecchie alleanze. sono incontriimprovvisi e casuali che vanno poicoltivati senza mai dimenticare chel'amicizia perfetta è un naturale e re-ciproco scambio d'avere e dare.

Alessandro col suo solare disegnomette in evidenza come grazie algioco e al divertimento comune siiniziano a stringere potenziali amici-zie. Fra una linguaccia e un paio dirisate, fra battute o slanci di genero-

sità, compaiono i primi segnali diquelle che poi saranno le amiciziepiù vere e duratura, quelle appuntonate fra i banchi di scuola o i parcogiochi.

Pensare il meglio per il Mondo

spagine

L’amicizia nella scrittura di Gabriele e nel disegno di Alessandro

Il rispetto nella scrittura di Mihai e nel disegno di Manuela

La galleria dei lavori della precedente edizione è su www.mmsarte.com

Persone e storie marittimesi: il “cumpare signurinu”

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pagina n° 13Lecce, 20 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 25

Per Lecce2019 dire maggio è dire Mese dell'Eutopia, una festa diffusalunga 31 giorni, da nord a sud del Salento. Un'occasione per rendereancora più visibile la fitta rete di relazioni intessute nei mesi tra lo staffdi candidatura e le realtà attive sul territorio, ma anche un momento diriflessione sul percorso compiuto e sul da farsi. Una celebrazione delleotto utopie. Un gioco di squadra: la rete fa la forza, crea nuove rela-zioni, rende visibile l'invisibile e traccia i contorni di un disegno sem-pre più nitido su ciò che Lecce2019 è.Partecipare è la chiave per far forte la responsabilità di un cambia-mento: “dividiamo le forze, riconosciamo punti deboli e di forza”. Per vivere le Eutopie. Insieme!

Il Mese dell'Eutopia

http://www.lecce2019.it/2019/ilmesedelleutopia.php

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Lecce, 20 aprile 2014 - spagine n° 0 - della domenica 25

Copertina

pagina n° 14

Il 24 aprile tre appuntamenti dedicati al poeta. A Casa Eutopia,al Fondo Verri,da Prosarte e... al MuSt

NOTTE bIANCAspagine

Ce n t oanni fa,il 6genna-i o1 9 1 4

nasceva a Bari, da geni-tori salentini, VittorioBodini. La notte Biancadi Lecce il 24 aprile, glirende omaggio con treappuntamenti dedicati aisuoi versi.

La voce del poeta haattraversato il tempogiungendo fino a noi erinnovando sempre l'in-terrogazione sulla naturaenigmatica e "misterica"della nostra terra.

Vittorio Bodini fupoeta del Salento, vocedell’Europa e del Medi-terraneo. Il Barocco lec-cese vive e si rafforzanella lezione poetica diBodini. I cortili, le stradedella città come le casebianche di calce dellaprovincia sono diventa-

te materia viva, eterna,nella sua riflessione poe-tica. Le campagne ordi-nate nei muri a secco, leterre disegnate nel verdedei filari delle vigne tro-vano esaltazione nei suoiversi. La vita lenta esemplice dei borghi ru-rali, come “Cocumula”,diventano oggi ispira-zione, forza innovativadi grande interesse epossiamo affermare cheBodini fu iniziatore di unmodello culturale atten-to al paesaggio rurale, aisuoi tempi, alle sue con-suetudini: quello oggisperato nelle proposizio-ni del Bid Book di Lecce2019. Amò la Spagna,Vittorio Bodini e lì trovòil suo Salento, la forzaper interpretarlo… Lec-ce, candidata a divenirenel 2019 Capitale Euro-pea della Cultura, devetrovare nell’incontro conla poesia e con i poeti le

leve necessarie per muo-vere il cambiamento pertrasformare la città in unluogo del pensiero e delfare di una comunitàcoesa e convinta dellasua peculiarità.

Il “Tu non conosci ilsud…” del poeta Vitto-rio Bodini è l’invito mi-gliore a re-inventarcisenza perdere il piaceredi scoprire i sapori dellanostra terra della suamillenaria tradizione…

Tre appuntamenti: Alle 19.00, Casa Eu-

topia, in via Federicod'Aragona, 1; “Letture albuio”, la poesia di Vitto-rio Bodini trascritta inbraille letta da LuigiMangia

Dalle 20.00, al FondoVerri, in via Santa Mariadel Paradiso, 8; “Il Sudci fu padre e nostra ma-dre l'Europa” Sulle rottedi Vittorio Bodini. Pro-logo a cura di Antonio

Lucio Giannone. Letturea cura di Simone Giorgi-no, Piero Rapanà e Mau-ro Marino

Dalle 22.00, Prosarte,in via Scarambone, 36“Controcanto Allucina-zioni poetiche per Vitto-rio Bodini”. A cura di

Mino Castrignanò.Negli spazi del MuSt

- Museo Storico di Lec-ce La mostra: “VittorioBodini – Un uomo con-dannato al coraggio”, acura del Centro StudiVittorio Bodini e di An-tonio Minelli.

Omaggioa Vittorio Bodini