spagine scritture 04 antonio zoretti

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Scritture spagine Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A.Verri Lecce, novembre 2013 - anno I Ode ai luoghi! di Antonio Zoretti Una ripresa dall’alto di Tricase porto

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L'ode ai luoghi di Antonio Zoretti

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Scritture

spaginePeriodico culturale dell’Associazione Fondo VerriUn omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A.Verri

Lecce, novembre 2013 - anno I

Ode ai luoghi!di Antonio ZorettiUna ripresa dall’alto di Tricase porto

“…Quel che non cambierà maisarà l’idea

del dialogo con la terrache l’uomo ha stabilito

dal tempo dei tempi, il grosso respiro,

il sibilo lungo…”

Antonio L. VerriLa cultura dei Tao

Finalmente. Aria d’ascoltoemessa da un microfo-no che giunge sino anoi attraversando i bi-nari e recita, questa vo-ce, l’arrivo del treno

nel capoluogo salentino che così ri-suona: Lecce, Stazione di Lecce, fi-ne corsa. Per proseguire oltre biso-gna attendere i trenini locali. Pergiungere al Capo Gagliano / Leuca(Finis Terrae) sono diciassette fer-mate, per Tricase invece se ne conta-no quattordici.

Io, in quest’ultima devo andare.Tricase, autentico incanto dell’al-

ba natale. Fulcro d’approdo d’im-menso, splendida, col suo porticcio-lo, causa del suo vanto, s’apre comeuna dolce conchiglia al primo an-nuncio del caldo. Lembo su cui si di-ce sia passato anche Ulisse. Perlad’Oriente mista a presagi s’ammantadi luce assieme alle altre ad essa ac-canto.

Antica e serena si concede ai ba-gnanti basta che questi la onorinod’amor. Il porto si stringe, si schiudee si apre a seconda delle gesta chel’altrui gente è capace, ma sempret’avvolge col suo tenero canto a que-st’ora fugace… per ritrovare il mododi restar così in vena per l’invernoche viene.

Oh, terra!Perché cadiamo sempre ai tuoi gi-

nocchi.Oh! Perché veniamo sempre ai

tuoi piedi!Sarai forse il modello della bel-

lezza! Come gli orpelli della tua ve-ste e l’antica forma del magicosplendor. Tutto riluce, la gente delposto tace, e tutti noi siam pronti atrascorrerci l’estate.

Bene. Noi siamo nati nella bel-lezza. Mi condanno a ripeterlo. E glielementi sulla cui base essa si co-struisce provengono dalla tradizionepiù antica del pensiero filosofico eu-ropeo, che fin dagli albori della filo-sofia in Grecia ha elaborato sia unadottrina della bellezza sia un insie-me di riflessioni sulle arti. Ebbenesì; sulla scorta, quindi, del grandepensiero filosofico che però pergiungervi ha dovuto impiegare mi-gliaia di anni e pagine scritte, cosache la grandissima poesia riesce arestituire in un flash, purificata datutto l’apparato descrittivo sillogi-stico.

“Così piange una donna,prostrata sul corpodello sposo, caduto

davanti ai suoi uominiper proteggere

dal giorno funestoi figli e la città.

E lei che l’ha vistodibattersi e morire

attorno a lui riversa acute le sue grida…”

OmeroOdissea 8, 523 sgg.

Non vorremmo noi un giornosvegliarci con le urla delle nostregenti e le grida delle nostre madripiangenti davanti ai nostri combat-tenti, atti a proteggere la nostra terrainvasa da mecenati dissoluti, insen-sibili e indifferenti pronti solo a fe-rire l’ambiente e offendere l’ariacon la costruzione di altri Porti inuti-li e dannosi che dal Ciolo si diparto-no per sfigurar l’arte e la bellezza,

che sin dai tempi antichi sinonimirestavano.

Noi vorremmo solo restare in pa-ce e riempir le nostre feste con unpo’d’amor che viene e che va.

AVVISO AI NAVIGANTI

O voi che siete quivi giunti, inquesta picciola stazione, rimembra-te almeno le antiche gesta e rispetta-te le usanze delle nostre genti, senzacalpestare i luoghi sacri e non aizza-tevi come se foste dentro un foco; senoi meritiamo di voi, assai o poco,mentre noi viviamo, muovetevi be-ne e l’uno di voi dica all’altro chenon siete qui giunti a mangiar solo lecozze. Ma, ad ammirar le stelle.

O voi che prima non sapevatenemmeno l’esistenza di codesto lo-co che non v’era proprio nelle vostrepicciole menti e altrettanto piccolemappe terrestri… possiate almenoun giorno ricordar l’incanto che vipervase scendendo qui un solo istan-te.

O voi, che ora i nostri luoghi sonsu tutte le guide turistiche e sono im-pressi persino dentro i cessi… o voigenti che prima non ci conoscevate eandavate in giro solo per raccontar ipiatti e le pietanze, possiate almenoriconoscere l’immensa bellezza chevi avvolge in questi luoghi, una vol-ta giunti per sempre. Se qualcosa oqualcuno resterà di noi a proteggerle perle, sia concessa comunquel’entrata, ma solo a sostanze perti-nenti. E non ad un quid che non ciconvince per niente.

Orsù, benvenuti. Bienvenu. Bien-venido. Welcome. Willkommen.

Vedi, anche le lingue abbiamoimparato. Minchia, che progresso.

«Gennarina… lu furese stae alleporte»

«Fallu trasire, cu trasa se vole!» «Comu cumanni, cuscienza vo-

stra»Non ve lo traduco, so’ cazzi no-

stri. Andiamo avanti, ch’è meglio.

Ero il primo ad essere arrivato sulposto. Le mie amiche sarebbero arri-vate più tardi. Mia sorella comun-que era sempre la prima ad esserepresente. Doveva mettere a puntoun’accoglienza travolgente.

Una strana armonia riscaldava leidee del suo progetto. Ci preparavale stanze che s’affacciavano adOriente, con ai piedi una pineta fre-sca.

Nelle prime ore ci riposammo,poi in giro andammo ed infine tra lagente sostammo. La gente del postoprovava sempre piacere nel riveder-ci, e noi ricambiavamo sempre conpalese entusiasmo. Erano sempre di-screti, non facevano domande, sape-vano stare tra la gente e con noi inparticolare. Ero io ad informarli deipassi precedenti e allora erano tut-t’orecchi a conoscere gli eventi.

Mi hanno sempre preso per ilGordon Pym del Salento, solo per ilfatto che da ragazzo, all’insaputa deimiei genitori mi nascosi nella stivadi una nave che salpò con tuttol’equipaggio portandomi con sé intutto il percorso del viaggio. Mi vo-levano mostrare riviste per vacanze,ma io ero già nel viaggio.

Un’altalena di eventi si sono suc-ceduti nei miei viaggi a ritroso cherincorrono il passato allo scopo disvelare gli abbagli del presente, sen-za per questo risolverne le numeroseincognite.

Amore e Ragione si danno quasiallegramente la mano, in queste pic-cole storie e al tempo stesso sotterra-nee e profonde, in cui la ricerca disicurezza, di pace, di serenità… pas-sa attraverso un gioco di inganni maiben rivelati, mai esauriti.

Nel Silenzio possiamo ormai tro-vare l’unico dialogo credibile, nelleossessioni erotiche cerchiamo un

Spagine n°0 - Scritture 04

Noi, siamo natinella bellezza.

Mi condannoa ripeterlo...

Non vorremmoun giorno

esseresvegliati

dalle urladelle nostre genti

e le gridadelle nostre

madri piangenti

di Antonio Zoretti

Il Ciolo

Lecce, novembre 2013 - anno I

appiglio che la normalità dei senti-menti non riesce ad offrirci. Le ondedelle navi sono assai lontane da que-sta Terra in cui, ovunque oggi, co-municare non significa più cono-scersi, ma solo approfittare dell’Al-tro per poi ricacciarlo nella sua soli-tudine.

«O miei cari, cosa volete che viracconti, in questo momento…» dis-si io alla gente «povera cosa me vidinei miei spostamenti. Ma, una cosa ècerta: che fora si more, è qui che ciconviene. Meglio un tozzo di panecostì che un’infausta fine ivi. Megliopadroni in terra natale che schiavi le-tali in luoghi lontani. Io ormai sonstanco di navigare, non più l’espe-rienza ricerco, ma un po’ d’amor perfar star bene il mio corpo e le miemembra.

Il richiamo sensoriale di questiluoghi è così forte che le mani mifremano appena avverto questo bi-sogno, e appena giunto una sensa-zione di tranquillità e calore mi ac-coglie e mi sento ricongiungere allabellezza, all’armonia e alla forzadella natura. Di più non posso e ne-anche cerco ma comunque vi rac-conto le mie ultime gesta: Io e le miecompagne a Trieste eravamo giuntiquando navigammo in quella focestretta dove tutti segnano i loro ri-guardi, e oltre l’uomo non si mette:dopo che dall’altro versante ci la-sciammo Genova e più in basso laSicilia e dall’Adriatico salimmo e iBalcani costeggiammo… E primaancora in altri continenti, sulla WestCoast americana ci eravamo spinti;al ritorno dall’Europa passammocompreso Londra, e per di più altreepoche visitammo, altri mondi inavanti da noi, ma non per questoconvincenti… O fratelli, per millemiglia abbiamo percosso l’Oriente esiamo giunti in questo picciolo por-to, e adesso cosa ne è rimasto dei no-stri sensi… non vogliamo negar

scritturel’esperienza, ma di là non è rimastoquasi niente, c’è solo un mondo sen-za gente. Considerate la vostra bel-lezza: fatti non foste a lavorar comeservi, ma per seguitar la vita e le vo-stre stelle».

I miei compagni li vidi più argutidopo questa mia orazione picciola,che appena possibile gli avrei ripe-tuto.

«Sembra più un ammenda che unresoconto del viaggio, Gordon» midissero. E forse lo era. Ma non miveniva altro. Io son sempre sincero.

«Come volete» risposi loro«adesso son stanco e vi abbandono,ci vediamo domani».

Quando il sole fu alto mia sorel-la in abito bianco ed io in completogrigio perla uscimmo ad ammirar ilpaesaggio. Gli altri incontrammo edei preparativi parlammo. Mancavapoco alla grande festa che si tenevaogni estate: era un rito solenne. Reli-gioso e sacro.

Antiche leggende e gesta lontanerifiorivano in questo luogo ancestra-le.

Mia sorella aveva preparato lemusiche: «Ben fatto» le dissi «lapartitura è tua. Ma sento che qui, og-gi, scriviamo tutti la nostra parte».Anche i musici erano arrivati, ave-vano già provato. Erano quasi pron-ti. Gli abitanti contribuivano tutti aipreparativi. Era un gran momento.Era una gran festa, per noi tutti, poi-ché non risultava sulle mappe cata-stali o sui menu turistici delle locan-de per vacanzieri. Ma, per noi erauna gran gioia, tutti aspettavanoquel momento con entusiasmo.

E venne il dì di festa. Per le stradevicino al porto petali di rose colora-vano gli usci e i battenti. Dai balconiscendevano principeschi i lauti ge-rani ed elegantemente dagli angolidelle strade spuntavano dai grandivasi le camelie che nobilitavano iluoghi.

Enormi torce e grandi lumi rie-cheggiavano agli altari e ai templidei tempi remoti ma mai dimentica-ti. Il palco s’ergeva sovrano su unapiccola altura alla vista di tutti e or-nato di piante nostrane e fiori dicampo accoglieva i suonatori coi lo-ro strumenti. Le grandi luci eranopronte ad esplodere quand’era ilmomento, per illuminar l’evento.Insomma tutto era pronto. Manca-van solo i fuochi battenti.

E l’artificio non tardò a venire:brillanti fasce colorate fenderono ilbuio entrando in coro con potenza eritmo musicale in tutto il loro splen-dor; meravigliose esplosioni di co-lori ricamavano il cielo, e come inun sogno ci stringevano in una vio-lenta passione d’amor. Era l’annun-cio del loro momento: con ligia de-vozione le ‘vestali’ il cammino in-trapresero per le vie del borgo segui-te dal corteo. Dal palco l’armoniosoordine della musica e la forza delsuono invitavano le fanciulle a unir-si all’orchestra e dare ‘inizio alledanze’. La loro voce doveva appari-re un veicolo privilegiato di unionecon le forze vitali e di unione tral’uomo e il creato, tra la terra e lestelle, un modo per sondare l’occul-to. Dovevano mettere in luce quindila virtù onto-poietica del canto. Sulpalcoscenico indi giunte s’aprironoai canti.

[…]Orsù, dalle Muse dunque

iniziamo, che a Gioveinneggiando rallegran

l’eccelsa mente in Olimpo, e dicon le cose che furono

e sono e saranno,con le parole espresse,

e dal labbro delle dive la vocefaticante scorre soave. […]

Teogonia di Esiodo – vv. 36-40

Bene. Orchestra e coro s’erano

uniti rappresentando il mitico even-to. Ben fatto; le mie amiche, quindi,erano tutte giunte e ritrovate nel can-to. Ma sento che qui, oggi, ci siamoricongiunti tutti.

Erano le donne che m’avean ac-compagnato nell’esperienza di viag-gio. Fedeli compagne inclini al voloe al sogno d’amor. Tenaci ed intrepi-de il morale sostennero. E dulcis infundo vere amiche del cor.

La notte era già alta ormai. I raggidelle stelle illuminavano il cielo, citoccavano e ci vegliavano. Quasi al-l’unisono ricordammo quella fatalecomparsa. E una volta all’anno, co-scienti tutti, senza dire niente si ripe-teva l’esperienza… che creava ungrand’entusiasmo , mantenendo vi-va la tradizione.

Appena giunta mezzanotte alporticciolo andammo e il sapore delmare ci rinfrescò la mente, ma oltrea questo piacere è il vento che pla-smò l’ultimo suono incantevole chedalla superficie ci giunse:

La Luna è tramontata con le Pleiadi.

E’ mezzanotte, trascorre l’ora e io dormo sola

Era Saffo con un suo frammento.(fr. 168 b Voigt).

Buonanotte.

Con un caloroso abbracciovi saluto.

La voce della bellezza parla so messa:

essa s’insinuasoltanto nelle anime

più deste

Friedrich Nietzsche

A. Zoretti - Fine

Io, il Gordon Pymdel Salento...

da ragazzo, al-l’insaputa

dei mieimi nascosi nella stiva

di una naveche salpò, por-

tandomicon sé

Una rappresentazione di Gordon Pynpersonaggio creato da Edgar Alan Poe